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Autore: Oscar_    16/11/2011    3 recensioni
Sottratto da un misterioso giovane alla propria catastrofica situazione familiare, il piccolo William si ritrova a combattere coi fantasmi di un passato oscuro, celato fra le innumerevoli ed abnormi camere della dimora di questo suo 'benefattore'.
Cosa nasconde Oscar? Per quale motivo benché riceva proiettili in corpo e coltellate al collo egli non muore? E come mai ha scelto proprio William?
{ I personaggi sono OC; la storia è completamente inventata. }
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Silver tears

 
 
 
 
 
 
 
0. Introduction
 
 
 
 
 
 
 
 
L’odore amaro e penetrante del fumo si avvertiva sin da remoti luoghi lontani da esso; nessuno vi prestava attenzione perché in quella zona era cosa comune che si fumasse spesso e quasi con dipendenza. Ma vi era una particolarità in chi reggeva tra le dita congelate e immobili la sigaretta; i suoi occhi brillavano celati dal colletto di un giaccone scuro e di un cappello calato sin oltre la fronte. Un sorriso increspava le sue sottili labbra, intento a osservare da una calcolata distanza un conflitto coniugale in un appartamento al piano terra d’uno dei tanti comuni palazzi della grande capitale d’Italia.
- Hai osato tradirmi ancora! Quando la smetterai? Ecco! Forse non smetterai! Già, credo che stavolta sia la buona volta che chiedo la separazione! – Urlò una voce femminile da dentro la dimora.
- No, no amore, ti prego! Sono mortificato per l’accaduto, ti giuro, ti giuro che ero ubriaco! Non accadrà più, per favore... – Si scusò una voce maschile, il coniuge probabilmente della donna che aveva parlato in precedenza. Un rumore di vetri infranti indicò che la figura femminile del litigio aveva scagliato qualcosa alla finestra da cui lo sconosciuto con la sigaretta osservava, frantumandola e rivelando il suo profilo nascosto dalla penombra notturna. Nessuno dei due litiganti però parve farci caso, infatti ripresero l’animato litigio.
D’improvviso però, dai meandri dell’appartamento scaturì una piccola figura, in silenzio, che si appostò alla porta socchiusa osservando i coniugi litigare: un bambino dai grandi occhi neri e i capelli del medesimo colore, con la pelle così bianca da risaltare terribilmente con l’intonaco che avrebbe dovuto essere di quel colore ma che quasi pareva giallo a confronto. Fissava i genitori con sguardo timoroso, quasi indeciso se intervenire o meno nella lite. Probabilmente non era la prima volta che i due discutevano così animatamente. L’uomo fuori dalla dimora, nel frattempo, continuava silenziosamente, come il bambino, a sorvegliare la discussione, fumando lentamente la sigaretta ed assaporandone l’inteso aroma.
- Ora basta! Me ne vado! – Esclamò ad un tratto la donna, prendendo giacca e borsa e dirigendosi alla porta; nell’incrociare il bambino sussultò, immobilizzandosi all’istante. E così fece pure l’uomo, osservando sconcertato il figlio.
- P-piccolo... Che ci fai qui in piedi a quest’ora? È tardi, su, torna al letto... – Tentò di tranquillizzarlo la madre, sorridendo nervosamente.
- Dove vai, mamma? – Domandò con voce estremamente flebile il ragazzino, puntando i grandi occhi neri in quelli della figura materna.
- Oh! Mamma sta uscendo per qualche ora, poi torna, va bene? – Rispose la donna, carezzando con movimenti delicati la piccola testa del figlio, con fare affettuoso. Il piccolo annuì poco convinto, facendo per tornare nella propria camera.
Proprio allora dalla finestra provennero dei proiettili mirati, che distrussero ogni fonte di luce nel salone dell’appartamento. Dalla finestra fece la sua apparizione lo sconosciuto, che dopo aver comodamente spento il mozzicone della sigaretta, si apprestò ad avvicinarsi ai tre, ora riuniti in un angolo della dimora.
- Vi pare questa la maniera di continuare? Con un bambino d’appena quattro anni da accudire? – Domandò una voce suadente e profonda, con una punta d’ironia nel tono serio e controllato. Il sorriso non smetteva di possedere le sue labbra, profumanti ancora di tabacco. – Questo bambino necessiterebbe d’affetto e cure. E voi? Voi vi vivete la vostra vita in tranquillità, mentendo a voi stessi su come le cose continuino il loro corso. Lei, signor Silvestri, non fa altro che tradire sua moglie mentendole sulla sua meta ogni notte, dopo il lavoro. Sempre che vi vada al lavoro! Solitamente spende il proprio tempo ed il proprio denaro, che non è nemmeno così tanto, giocando nel casinò qui all’angolo.  E lei, signora D’Orlandi! Lei che mente a sé stessa e alla sua famiglia, senza rivelargli che tutte le notti che può si dirige nei pub più malfamati di questa città per scolarsi intere bottiglie di liquori e vini d’ogni genere. Così facendo, vostro figlio è costantemente solo a casa. A quattro anni, signori, un bambino non può stare da solo in casa. E non può tornare da solo da scuola a casa. Come vi permettete di credere di poter andare avanti a questa maniera? Non nego che voi gli siate affezionati, essendo comunque i loro genitori. Ma sarò costretto a sequestrarvelo. Per le suddette ragioni. In seguito, forse chissà, nemmeno fra troppo tempo, vi sarà restituito. – Il discorso rapido e diretto dello sconosciuto liberò lo sgomento generale nella famiglia. Il signor Silvestri, senza indugiare oltre, si diresse dinnanzi al caminetto, tirandone giù il fucile da caccia, sempre carico per evenienze come quella.
- Chi diavolo è lei? Come si permette d’entrare in casa mia a quest’ora e senza nemmeno bussare?! – Gridò adirato, puntando l’arma contro l’uomo, che non si smosse d’un passo.
- Questo non è un discorso che desidero approfondire. Se vorrà opporre resistenza sarò lieto di reprimerla. Ed ora mi consegni suo figlio, per favore. –
- Lei è pazzo! Non le lascerò portar via mio figlio, sporco figlio di puttana! – E sparò tre colpi di seguito. La donna si gettò sul figlio, celando i suoi bei occhi ad uno spettacolo tanto cruento.
Gli spari attraversarono il corpo dello sconosciuto, facendolo sussultare e poi stramazzare al suolo. Il signor Silvestri scoppiò in una sonora risata.
- Ma chi si credeva di essere, eh? Il nuovo paladino della giustizia? – E sputò sopra il corpo dell’uomo. – Non è altro che un verme. – E ripose il fucile sopra il camino, senza accorgersi che lo sconosciuto cui aveva appena sputato, si stava lentamente rialzando; nemmeno la donna vi prestò attenzione, troppo impegnata a scostarsi dal figlio, che invece notò i movimenti lenti dell’uomo, intento ad alzarsi. Egli posò un dito sulle labbra nascoste dal giaccone, in segno di silenzio; il costante sorriso continuava ad accompagnarlo. Il piccolo fece come richiesto, annuendo in cenno d’assenso.
Lo sconosciuto, una volta in piedi, assestò un colpo alla nuca del signor Silvestri e lo stesso alla signora D’Orlando, facendoli cadere a terra come bambole in pochi secondi. In seguito si avvicinò al bambino, chinandosi dinnanzi a lui, il cappotto ancora fumante, reduce dei proiettili ricevuti.
- Sei pronto ad andare, William? – Sussurrò lo sconosciuto, porgendogli una mano guantata.
- Mi chiamo Guglielmo... – Ribadì il piccolo, tentando di scorgere il viso dell’uomo nascosto dalla penombra notturna che tutto avvolgeva tranne il proprio viso, protetto dal chiarore lunare.
- Il tuo vero nome è William. Ti piace? – Domandò divertito l’uomo, mantenendo la mano tesa, in attesa della stretta del bambino.
- Che ha fatto a mamma e papà? – Rispose il piccolo, voltando lo sguardo verso i due corpi svenuti dei genitori. Lo sconosciuto si decise a ritrarre la mano, sospirando appena e creando una voluta biancastra di fumo per via del freddo penetrato dalla finestra nell’abitazione.
- Così poco che entro qualche minuto si sveglieranno. Dunque, sei pronto, William? – Ripeté, divertito.
- Non so per cosa, signore. – Confessò il piccolo, stringendosi nelle esili spalle. L’uomo scoppiò a ridere e prese il bambino in braccio, avvolgendogli attorno un’enorme sciarpa tirata fuori dal proprio cappotto.
- Vedrai... Sono sicuro che ti piacerà divenire il mio successore. – Sussurrò misteriosamente, facendo un occhiolino che il piccolo non notò per via del suo viso coperto e in costante penombra; si domandò come mai tutte quelle precauzioni, intrigato dagli sconosciuti tratti fisionomici dell’uomo. Egli si diresse alla finestra infranta e ne saltò fuori, rivelando per un istante alla luce del lampione la parte inferiore del viso, di un pallore innaturale, con le sottili labbra incurvate in un ghigno.
Il bambino si tenne stretto al colletto della giacca di quello sconosciuto salvatore, sì, salvatore; mesi erano oramai che sopportava in silenzio conflitti ed avversità in famiglia, patendone sempre e solo lui le estreme conseguenze. Aveva ben prestato attenzione alle parole dell’uomo, e vi aveva finalmente scoperto la cruda verità. Ma lo aveva sempre saputo.
Si domandò che altro potesse accadere in quella notte così oscura eppure ai suoi occhi, infantili e in quel momento gioiosi, così brillante. Il suo futuro, celato come il volto di quell’uomo dalla lingua affilata e il corpo indistruttibile, ancora non si delineava oltre i confini notturni; perciò nulla, il piccolo William, poteva aspettarsi. Nulla che conoscesse.
 
 ***
 
Oh, premetto che questa storia non era prevista. Ho aperto Word tanto per ed ho iniziato a scrivere. Ed è uscito ‘sto personaggio misterioso ed intrigante, del quale nemmeno io ho ancora perfettamente concordato il ruolo e la funzione, ma che certamente diverrà il mio miglior compagno in questi monotoni giorni di novembre se a voi lettori piacerà la storiella.
Mi auguro che lasciate numerose recensioni, anche per commenti negativi o di correzione e... A presto~
   
 
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