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Autore: Lyra Lancaster    20/11/2011    0 recensioni
Cos'era successo quell'assolato pomeriggio di novembre?
Non ci voleva un mago per indovinarlo: il suo fantasma si era fatto strada tra i muri di piombo della mia memoria per sbucarmi davanti all'improvviso.
Così non va bene, Haru.
Il sangue mi era ribollito nelle vene, aveva pulsato nella mia testa e mi sono ritrovata quasi accecata dall'ira verso me stessa, perchè quella situazione era tutta colpa mia.
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aoi, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Fiori di Primavera 6

-Capitolo 6-

Fiori di Primavera


Durante la lettura di questo capitolo consiglio l'ascolto del brano "Closure" degli Arcana. 


La candela sopra il comodino ardeva felice nell'oscurità soffusa e la sua fiamma color oro si allungava verso l'alto emanando ogni tanto qualche sbuffo di fumo.
Yuu ci soffiò sopra e la spense.
Poi si distese al mio fianco sul letto e mi baciò con avidità, quasi temesse che potessi scomparire.
Io risposi accarezzandogli il volto e affondando le dita fra i suoi capelli di seta e lasciando che lui sfiorasse con le mani ogni centimetro del mio volto, delle mie spalle, del mio seno, per poi leccarmi le labbra e passare la lingua sulla mia giugulare pulsante e posarvici sopra mille e cento baci.
Mi guardò e io gli sorrisi, capendo cosa volesse chiedermi il bagliore lunare nei suoi occhi.
Sorrise a sua volta e mi levò il maglioncino di cotone, prima di impossessarsi nuovamente delle mie labbra e far scorrere i suoi polpastrelli sulla mia pelle nuda, mentre io gli sbottonavo la camicia lentamente.
Fui io, questa volta, ad interrompere il bacio per farlo stendere e sedermi a cavalcioni sopra di lui; poi gli posai uno, due, dice, venti piccoli marchi di fuoco sul suo torace, accompagnandoli con la mia mano che serpeggiava sulle sue costole e sui suoi muscoli.
Una volta posato l'ultimo bacio sul ventre, mi ci vollero pochi secondi, per slifare la sua cintura di cuoio e slacciare i suoi jeans. Quindi mi risedetti accanto a lui per dargli una mano a slifarli del tutto.
Inclinai un poco la testa, mentre lui si posizionava tra le mie cosce e mi liberava dei jeans, e attesi il momento in cui si chinò sopra di me e mi baciò il collo, per accarezzare il suo fisico tonico.
Mi slacciò il reggiseno e fece scorrere il medio sopra il mio petto.
Sorrise e vi posò sopra un bacio, vi passò sopra la lingua, fino alla mia clavicola, poi arpionò di nuovo le mie labbra, mentre la sua mano si insinuava tra la mia biancheria intima; quindi si scostò per levarmela.
Io colsi l'occasione per togliere i suoi boxer e passare le mie dita sulla sua erezione.
Fu lui a gemere di piacere e a rituffarsi sopra di me per baciarmi il ventre, il seno e le labbra.
Io allacciai le gambe ai suoi fianchi e lui entrò dentro di me.
Il cuore mi batteva all'impazzata, sentivo solo il suo rombo unito ai nostri ansimi.
Il sogno si concluse così.
Perchè certo era un sogno, dal momento che accanto a me non c'era nessuno. Ormai erano tre notti che la sua immagine mi appariva in sogno.
Stesi il braccio affianco a me e osservai la sua figura stagliarsi sul copriletto bianco, creando un contrasto dimensionale, oltre che cromatico.
L'alba stava sorgendo e un po' di luce filtrava dalla finestra del mio appartamento mentre fuori gli uccelli già cantavano.
Aprile era arrivato striscando fra gli ultimi aliti di gelo di un inverno tenace; i primi germogli avevano fatto caplino prepotentemente e motli fiori atavano già sbocciando.
Recuperai il lenzuolo che era finito ai piedi del letto durante la notte e me lo tirai sopra la testa ancora per pochi minuti, finchè non suonò la sveglia.
Cominciava così una giornata come le altre, ma anche nuova.
Sorrisi allo specchio, che restituì la mia nuda immagine longilinea, e mi diressi in bagno.
Quando uscii di casa il sole era ormai sorto e illuminava con i suoi raggi le rade foglioline degli alberi, che sembravano piccoli cocci di bottiglia.
Ci misi poco per raggiungere la stazione e il binario su cui stava per arrivare il mio treno.
"Il treno diretto a Tokyo è in arrivo sul binario 1. Si prega di allontanarsi dalla linea gialla."
 
Avvisò lo speaker della stazione.
L'aria immobile era fresca e piena di profumi delicati ma non stucchevoli. Semplicemente erano sottili e poco invasivi, si insinuavano nelle narici con gentilezza, senza disturbare; e proprio per questo erano sublimi.
La radio diede una delle sue canzoni, nonchè una delle mie preferite, "Without a Trace", e le note riempirono la stazione e le mie orecchie.
Poi lo vidi.
Era lui!
Sul treno, al binario opposto, quello diretto a Nagasaki.
Il mio cuore prese a galoppare all'impazzata, tanto da far male, e le mie orecchie si otturarono.
Dopo tanto attendere lo rincontravo!
Cosa dovevo fare? Dovevo chiamarlo?
Provai ad urlare il suo nome, ma lui non si voltava.
Yuu, Yuu, YUU!
Ovvio che non mi sentiva, era dall'altra parte della stazione.
E il suo treno stava per partire. Se ne sarebbe andato e chissà quando l'avrei rivisto.
Mi guardai intorno.
Nessuna traccia del mio treno. A volte capitava che fosse in ritardo e quella sembrava essere una di quelle mattine.
Con un salto agile fui sui binari.
Lui non si era ancora girato. Continuava a guardare fisso davanti a sè.
"Yuu!Yuu!" Urlai a squarciagola. Perchè non si voltava, dannazione!
Poi sentii un fischio acuto, penetrante, quasi un rombo, che riempì l'ambiente con il suo stridio assordante a cui si accompagnava una luce accecante che occupava la mia visuale.
L'ultima cosa che sentii fu il profumo dei fiori di primavera.

Zeijakuna ishiki wo hagare
Yukkuri to ashioto o tatezu ni
Hai ni nari konagona ni chiru
Soredake... soredake...
Without a trace


Lo sapevo che sarebbe successa una cosa simile.
Non che si sarebbe buttata sotto un treno, ma quasi.
Oggi, giorno del suo funerale, poive a dirotto e io rifletto.
Penso al mutismo e alla tristezza in cui era piombata da quando aveva scoperto ciò che provava per Yuu.
Era diventata strana.
Avevo perso la mia Haru.
Rimorso e malinconia l'avevano fatta piombare nella depressione.
E la depressione, malattia dell'anima, l'aveva condotta alla follia.
Schizofrenia, per la precisione, come diagnosticò una mia amica psicologa un po' di tempo fa, quando io non avrei potuto fare comunque più nulla, se non cercare di riportarla alla realtà coinvolgendola in qualsiasi altro discorso che non fosse lui.
Ma non è servito.
Lei non è mai tornata.


The End

Ebbene sì.
Niente lieto fine. u.u
E se leggendo le ultime due parole vi siete immaginati lo sparo che si sente alla fine di "The End", sappiate che l'effetto è voluto.
Se non l'avete sentito, dormirete comunque sonni tranquilli.
  Ringraziamenti:
  Coloro che mi hanno incoraggiata a continuare a scrivere
  Coloro che hanno recensito
  Coloro che hanno inserito questo delirio organizzato tra le storie preferite/da ricordare
  Coloro che hanno l'hanno semplicemente letto
  Coloro che stanno sopportando i ringraziamenti
  Reila per esserci (come disse Parmenide)


Alla prossima!
  























  
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