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Autore: Beapot    23/11/2011    4 recensioni
Ci sono 19 anni da riempire tra la fine della guerra e l'epilogo scritto dalla Rowling. Un dopoguerra non è facile neanche per i vincitori, forse soprattutto per loro. Dove si trova la forza per rinascere dalle proprie ceneri, come le fenici?
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Hermione, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Come le Fenici

 

 

CAPITOLO I

 

 

L'essenza della perfetta amicizia sta nel rivelarsi profondamente all'altro, abbandonare ogni riserva e mostrarsi per ciò che si è veramente.”

(R. Benson)

***

 

6 Maggio 1998

POV Harry

 

La guerra non perdona.
Puoi uscirne vincitore, ma non puoi evitare di perdere.
Nella guerra, così come nella vita, perdi le persone più care.
Perdi la spensieratezza dell'infanzia.
Cresci troppo in fretta, e perdi te stesso.
Nella guerra, così come nella vita, cerchi un rifugio per nasconderti.
C'è stato un momento in cui la guerra era la tua speranza di vita, poi è venuto quello in cui la tua stessa vita è diventata una guerra.
Battaglie contro te stesso, ferite provocate da qualcun altro.
Forse era meglio quando temevi il tuo nemico, perché non avevi paura di difenderti.

 

 

Parole lette e sentite chissà dove che affollano i miei pensieri.

 

«Posso entrare?»

Non rispondo.
So che quella oltre la porta è una voce amica.
La riconosco, e so che è tanto amica al punto da capire il mio silenzio.
Quella voce non mi sente tacere, lei mi ascolta.
E tace a sua volta, per venirmi incontro.
Lo spicchio di luce che investe il mio viso mentre la porta resta aperta mi fa bruciare gli occhi, ma è un istante.
Quella voce comprende il mio silenzio, e mi fa ombra prima di richiudersi la porta alle spalle.

«Sei entrata»

Non è una domanda, lo sussurro senza guardarla e mi abituo nuovamente al buio.

«Sì»

Un monosillabo mentre mi si avvicina senza far rumore, un monosillabo che mi abbraccia e mi impedisce di fingermi offeso.

«Posso sedermi?»

Ora è più vicino e riesco a sentire il suo profumo.
Fresco, pulito, quasi dimenticato.
Perché continua con le domande retoriche se sa che dovrà interpretare i miei silenzi?
Quasi mi innervosisco per questo, poi anche quella sensazione svanisce mentre ammetto che lei li interpreta nel modo giusto.
Il materasso si abbassa sotto il suo peso.
Un movimento leggero e delicato, una foglia che si posa sull'acqua immobile di un lago.

«Perché sei qui?»

Non voglio sembrare scortese ma non posso farne a meno.
La sento irrigidirsi impercettibilmente alla durezza delle mie parole, e subito me ne pento.

«Perché sei qui?»

Lo ripeto, cercando di essere più dolce.
Ovviamente non ci riesco.
Lei però si rilassa, perché oltre ad ascoltare il mio silenzio sa leggere chiaramente nelle mie intenzioni.

«Mi mancavi»

Non ha paura ad ammetterlo, lo dice con leggerezza.
Lo dice con forza, così che io possa capire quanto sia vero.
E quelle due parole mi fanno sentire bene, più leggero e più forte, proprio come il tono in cui le ha pronunciate.
Proprio come lei mi vuole far sentire

«Anche tu»

È un sussurro quasi inudibile, mormorato tra i denti, che mi costa più di quanto dovrebbe.
Lei tace, forse sapeva anche questo.
Se è qui, sa tutto.
E nel buio che ci avvolge rimaniamo in silenzio.
Il ritmo dei nostri respiri che culla i nostri pensieri.
Non pensavo che sarebbe stato possibile.

«Grazie»

Questa volta non ho bisogno di controllare la voce, parlo piano e con sincerità, come se non ci fosse niente di più spontaneo al mondo.

«Avresti dovuto chiamarmi»

Mi rimprovera tenendo la voce bassa, ma capisco di averla ferita.
Avrei quasi preferito che avesse urlato, almeno il suo grido avrebbe nascosto la delusione che c'era in quelle parole.

«Scusa»

Non lo dico a nessuno da giorni, eppure è tutto ciò che posso fare per rimediare.
La sua mano piccola si muove sulla coperta per stringersi sulla mia.
Un breve contatto che mi dice che mi ha perdonato.
Un attimo e la mia mano è di nuovo libera.
Il materasso riprende la sua forma in quello stesso istante, mentre lei si alza.

«Resta»

È quasi una supplica, non riesco a evitarlo.
Lo voglio davvero, ne ho bisogno.
Si ferma, e posso sentirla voltarsi;
l'aria spostata dal suo corpo mi porta di nuovo il suo profumo.
Fresco, pulito, finalmente ricordato.

«Perché proprio io?»

Me lo sono chiesto anche io.

Perché, tra tanti, proprio lei?

«Perché so che tu hai capito»

La risposta mi sale spontanea alle labbra e non tento neanche di fermarla.
Perché dovrei farlo, se so che è la verità?
Ho sempre saputo che lei avrebbe capito.

«Domani uscirai da qui con me»

Un ordine, con la stessa fermezza che caratterizzava le sue decisioni importanti, e io non so come contraddirla.

«Promettimelo»

Ora è la stessa supplica che le ho rivolto io poco prima.
Un desiderio tanto forte da essere mascherato da preghiera, che mi toglie la forza di oppormi.
Me lo chiede nello stesso modo, con la stessa urgenza, e allora capisco che è lei ad averne più bisogno.
Cerco la sua mano nel vuoto e la stringo.
Un altro attimo, un altro breve contatto per dirle che manterrò la promessa.
Mentre il materasso si abbassa di nuovo, riprendo coscienza del mio corpo e lo muovo per farle spazio.
Si sdraia posando la testa sulla mia spalla e ci irrigidiamo entrambi per un po', ancora in imbarazzo.
Così vicini eppure così lontani, con la paura di essere inopportuni, senza capire fino in fondo che quello che ci unisce è la cosa più pura del mondo.

«Buonanotte, Hermione»

Il respiro di lei si è fatto più pesante da un po' ormai, ma non posso fare a meno di augurarle anche questa piccola serenità.
Un angolo della sua bocca si incurva in un sorriso inconsapevole, come se nel sonno avesse avvertito la premura contenuta in quella parola.
Le nostre mani si sfiorano nel buio del conforto, ed è un contatto non cercato, genuino come l'amicizia che ci lega.
Presto chiudo gli occhi anche io, cullato dalla sua presenza, e per un attimo riesco a dimenticare tutto il dolore che mi ha oppresso fino ad ora.
Mi addormento, finalmente sereno, mentre per le strade il mondo magico si chiede che fine abbia fatto il suo eroe.

 

***

 

Apro gli occhi lentamente e sento che è ancora qui con me.

«Ciao»

Sono incerto, non so come comportarmi, e lei sussulta al suono della mia voce.

«Non avevo visto che eri sveglio»

Si giustifica, quasi imbarazzata.
Nei suoi occhi c'è qualcosa che assomiglia a senso di colpa, dolore.
All'improvviso quegli occhi si velano di lacrime.

«Che succede?»

Ora sono quasi spaventato, ma lei scuote la testa e caccia indietro le lacrime per lasciare posto a un sorriso.

«Grazie»

Non capisco perché sia lei a dirlo, quando quella parola sta per nascere dalle mie labbra.
Così, come sarebbe più giusto.

Perché mi ringrazi, quando sono io a doverti tutto?

La guardo confuso, e ora che i raggi del sole illuminano la stanza posso vedere il suo viso.
Lei continua a sorridere, ma dalle scie salate che attraversano il suo viso capisco che le lacrime che ha fermato non sono state le uniche.
Sono impacciato e goffo, perché non ho mai avuto tempo di familiarizzare con gesti così semplici e spontanei, ma allungo una mano a sfiorarle una guancia.

«E per cosa?»

Una domanda retorica, ma nonostante tutto voglio conoscere la sua risposta perché ancora una volta non sono sicuro di capire a fondo.

«Per avermi permesso di restare.»

Lo dice guardandomi negli occhi, con i suoi ancora velati di lacrime e dolore.
Lo dice spostando lo sguardo imbarazzata e fissandosi le mani.
Resto un attimo interdetto, perché se la memoria non mi inganna sono stato io a chiederle di restare e non il contrario.
Non glielo ho permesso, l'ho quasi pregata di farlo.
Guardo ancora il suo viso cercando una risposta ma lei è immobile e non dice niente, solo la sofferenza che prova mi fa capire cosa vuol dire.
Ricordo di non essere stato l'unico a implorare e a mostrarsi debole.
Capisco che lei è venuta perché aveva bisogno di me quanto io ne avevo di lei.
Le stringo una mano e lei alza di nuovo lo sguardo a incrociarlo con il mio, ma questa volta io sorrido.

 

   
 
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