Capitolo 23
«Pasi?
Che ci fai qui?»
«Ciao
Sofi, avevo un po’ di tempo libero e sono passata a
trovarti.»
«Hai
litigato di nuovo con Emile?»
«No,
sono venuta solo per vedere te.»
«Ah…
prego, accomodati.»
Sofia
era rimasta di sasso. La sua reazione confermò
ciò che da un po’ di tempo
temevo: la lasciavamo troppo in disparte e non si aspettava di essere
considerata al pari del resto del gruppo… almeno per quanto
mi riguardava.
Rita
la conosceva da anni, era stata lei il tramite cui avevamo conosciuto
Sofi: il
padre di quest’ultima era un grande amico dei genitori della
nostra amica e loro
due si conoscevano da quando erano bambine. Rita, col suo modo di fare
pacato e
dolce era riuscita ad entrare subito in sintonia con quella ragazzina
taciturna
e poco socievole e ovviamente, lo stesso era capitato a Fede. Come al
solito
eravamo io e Stè ad avere qualche problema di comunicazione
con lei, perché non
riuscivamo proprio a capire quel suo modo di essere così
solitario e
tendenzialmente acido. Nonostante conoscessimo anche le sue buone
qualità e il
suo saper guardare alle cose della vita con raziocinio, senza
distorsioni
emotive, per me e Stè era difficoltoso riuscire a comunicare
con lei e difatti,
era raro che la cercassimo. Sofi però
era una buona amica, se avevamo bisogno di lei era sempre
disponibile a
dare una mano (impegni permettendo) ed ogni volta che trascorrevamo del
tempo
con lei, finivamo con l’imparare qualcosa che aveva appreso
dai suoi amati libri…
per questi motivi decisi di andare a trovarla e di cercare di
instaurare un
vero rapporto d’amicizia con lei. Dalla morte di Simona mi
ero ripromessa di
non dare più per scontate le persone care, di non attendere
per avvicinarle e
conoscerle e la morte di Claudine aveva rafforzato questa mia
convinzione.
Non
volevo più mettere in disparte nessuno, non dovevo
più attendere per avere un
vero rapporto umano con chi mi era accanto.
«Pasi…
sicura che non hai litigato con Emile? Sei stranamente
silenziosa.»
«Cosa?
Oh! Sì, sì, scusami Sofi, ero
sovrappensiero…»
Ci
eravamo accomodate in camera sua, un piccolo spazio abitato circondato
da
mensole piene di libri: non c’era una foto o un poster alle
pareti perché
queste erano totalmente occupate dagli scaffali! L’atmosfera
generale di quella
camera da letto era di austerità, che ben delineava il
carattere della mia
amica, ma che mi metteva improvvisamente a disagio: io ero abituata al
caos, ad
una stanza fortemente vissuta (che
aveva costituito una fonte per i migliori mal di testa di mia madre) e
trovarmi
nella camera da letto di una ragazza che, seppur solo di un anno, era
più
piccola di me ma riusciva a vivere nell’ordine più
asettico, mi faceva sentire
fortemente in soggezione e non era quello lo stato d’animo
con cui volevo parlarle.
«Sofi,
che ne diresti se uscissimo a prenderci un gelato?»
*****
«Mmm,
quant’è buono!»
Sono
sempre stata una golosa, una zucchero-dipendente maniaca del
cioccolato:
probabilmente quando hanno distribuito le manie e le scelte
gastronomiche, ero
a corto di felicità o c’era troppa amarezza nella
mia vita; sta di fatto che
quando vedo una tavoletta di cioccolato, soprattutto se è al
latte e con
qualche cereale sparso all’interno, io vado totalmente in
estasi! E quel gelato
era l’apoteosi del piacere, in grado di rivaleggiare solo con
i baci di Emile…
O
forse no…
A
quel pensiero mi bloccai e sentii di essere diventata improvvisamente
color
rubino!
«Pasi,
stai bene? Sei tutta rossa.»
Sofia
mi osservava sempre più sorpresa: non le avevo detto ancora
nulla, in attesa di
trovare un tavolo, una panchina o un qualsiasi ripiano cui appoggiarci
per
finire quella delizia e parlare. Il suo era un gelato molto estivo: papaya e ananas,
rigorosamente due gusti alla
frutta che non mettevano chili qua e là. Osservai il mio
cono che strabordava
cioccolato e cereali e mi sentii d’improvviso
un’ingorda insaziabile, mentre
sul viso di Sofia fece capolino un’espressione
d’insofferenza.
«Pasi
ma che hai oggi? Piombi a casa mia, dicendomi di voler stare con me ma
poi
usciamo e una volta qui, continui a non parlarmi… Cosa ti
è successo di così
difficile da dire? Ti sei innamorata di un altro e non riesci a dirlo
ad Emile?
L’hai tradito forse?»
Come
le veniva in mente una cosa del genere?
«Ma
certo che no, Sofi! Non tradirei mai Emile, per niente al
mondo!»
Come
poteva solo pensare che avessi potuto fare una cosa tanto vile?
«Mai
essere sicuri di qualcosa Pasi, non dare mai alcuna verità
per certa, perché
nel momento in cui lo fai, essa cambia.» Ecco la parte
più odiosa di Sofia:
l’uccellaccio del malaugurio, sempre pronta a vedere il lato
cinico della vita…
«Sei
sempre rincuorante Sofi… ma perché stiamo
parlando di questo ora? Tra me ed
Emile va tutto bene e non sono venuta per farmi jellare da
te!» Quella
conversazione stava prendendo una piega totalmente opposta a quella che
volevo…
parlare con Sofia era davvero difficile per me!
«Se
fai scena muta, allora non posso che improvvisare e cercare di capire
il motivo
della tua venuta… ancora non sono riuscita a comprendere il
perché tu abbia
voluto vedermi.»
«Hai
ragione Sofi, scusami… ecco io sono venuta proprio per
questo… per scusarmi con
te.»
«Scusarti
con me? E di cosa?»
«Per
averti messo sempre ai margini, per non essere una buona
amica… L’altra sera
quando ti ho chiamato… mi sono resa conto che non
t’interpello mai, che quando
ho bisogno di stare con qualcuno chiamo sempre Stè o Rita o
Fede, ma con te non
lo faccio mai… Tu invece sei sempre pronta ad
ascoltarmi… Ti chiedo scusa!»
Ero
così mortificata da non riuscire nemmeno a tenere il capo
alzato, più le
parlavo e più mi rendevo conto di quanto poco
l’avessi tenuta in considerazione in quei
quattro anni di conoscenza.
«Hai
fumato qualcosa, ieri?»
La
risposta di Sofi mi lasciò così interdetta da
farmi alzare la testa di scatto:
«Cosa?»
Il suo viso era sorpreso e dubbioso, come se stesse valutando la
veridicità
delle mie parole.
«Sofi
io sto benissimo! Sono totalmente in me, è in piena
coscienza che sono venuta a
parlarti!»
Non
sapevo se essere offesa da quella risposta o farmi una risata: era
talmente
strano per lei, pensare che mi fossi resa conto di essere stata
così cattiva
come amica nei suoi confronti? Che considerazione aveva di me?
«Scusami
Pasi… è solo che mi sembra così strano
questo tuo atteggiamento… Non capisco
perché tu voglia scusarti per un comportamento che hai da
quando ci conosciamo
e che a me risulta del tutto normale e ovvio.»
«E
a te sta bene che mi comporti così?»
«Non
saprei… è da quando ti conosco che sei
così, del resto conoscevi già gli altri
ed è normale che tu abbia più confidenza con loro
che con me… Certo non ti
nascondo che alcune volte ci sono rimasta male per essere stata
estromessa, ma
del resto è una situazione che mi cerco io. Non sono proprio
“l’anima della festa”
e tante volte sono stata io a negarmi a voi, quindi è
normale che dopo un po’
di tempo iniziaste a non includermi più nei vostri
incontri… Quindi tutto
sommato, non ho nulla da rimproverarti.»
Incredibile…
certe volte quella ragazza sembrava priva di sentimenti umani,
così imbrigliata
nella sua fredda logica al punto da non alterarsi nemmeno quando si
sentiva
offesa… Come facesse a restare così impassibile,
sarebbe stato sempre un
mistero per me, che ero il suo esatto contrario!
«Sofi
sei un enigma per me!»
«Ma
no Pasi, quale enigma! Siamo semplicemente diverse, pensa a tutto
ciò che tu
non sei e troverai me!»
Sofi fece un
mezzo sorriso e mi resi conto di quanto fosse raro vederla sorridere
del tutto,
così ricordai un particolare della sua vita, che in qualche
modo l’accomunava
ad Emile:
«Sofi…
da quanto tempo non vedi tua madre?»
Erano
anni che lei e suo padre vivevano da soli e Sofia non parlava mai di
sua madre,
mentre mostrava sempre un grande rispetto per suo padre…
rispetto… ma non
amore. Ed era peggio nei confronti di sua madre, che aveva abbandonato
la
famiglia quando lei era piccola e si era rifatta una vita lontano da
loro.
Forse quella razionalità estrema era nata proprio in quel
periodo, come difesa
per il dolore di vedere la propria famiglia spezzata…
«E
cosa c’entra questo, ora?»
Immediatamente
alzò delle barriere, la stessa reazione che ebbe durante il
nostro pigiama
party quando insinuai che fosse troppo acida verso i
ragazzi… perché in quattro
anni non mi ero resa conto di una realtà, che iniziava ad
essere così evidente
ai miei occhi in quel momento? Sofi si teneva al riparo dal dolore
dietro la
razionalità, aveva chiuso a chiave le sue emozioni
all’interno della logica,
per non dover soffrire a causa di qualcuno… Come
probabilmente era successo
quando i genitori si erano separati…
«Niente
scusami, era una stupida curiosità… sai dopo la
morte di Claudine, ho pensato a
mia madre e mi sono resa conto che anche tu non la vedi mai…
Forse volevo solo
consolarmi, dicendomi che non ero l’unica ad averla ancora in
vita e a non
vederla… se penso che Emile non potrà mai
più rivederla, mentre le nostre madri
sono vive e noi le abbiamo allontanate… Mi sento
un’ingrata, ecco tutto.»
Quel
particolare non l’accomunava solo ad Emile… mi
resi conto mentre glielo dicevo:
io e Sofia avevamo deliberatamente lasciato andare i nostri genitori,
anche se
io attendevo ancora un gesto d’affetto da parte dei miei,
mentre nel suo caso
era lei a non voler nulla da loro.
«Mia
madre non merita il mio interesse. Mi dispiace per la signora Claudine,
non
l’ho mai vista ma doveva essere una bella persona,
considerato l’amore e il
dolore che ho visto sul volto di Emile e di suo padre… ma
mia madre non merita
di certo le mie lacrime.» Il viso di Sofia, mentre parlava in
quel modo così
duro di sua madre era paradossalmente tranquillo e rilassato, come se
stesse
raccontando una favola e non stesse parlando con rabbia di un genitore
che non
voleva riconoscere come tale.
«Ma
è pur sempre tua madre, Sofi! Come puoi dire una cosa
simile?» Si girò a
guardarmi e in quei profondi occhi scuri vidi l’espressione
di una persona
abituata ad essere guardata con costernazione… Evidentemente
dovevo essere una
goccia nel mare della “gente comune” che non
riusciva a capirla e la giudicava.
«Non
mi aspetto che tu mi capisca, ma è ciò che provo
Pasi: il legame di sangue che
unisce me e quella donna è l’unica cosa che
può ancora dire che siamo madre e
figlia, ma è solo un dato biologico e genetico, io non la
considero più tale da
anni ormai.»
«Hai
ragione Sofi, io non ti capisco. Non riuscirei mai a parlare con tanto
distacco
dei miei genitori: anche se con loro non vado affatto
d’accordo, anche se non
hanno mai mostrato un po’ di orgoglio per me, io li amo, e
per me saranno
sempre due persone preziose perché mi hanno dato la luce e
mi hanno cresciuto…»
«È
proprio quello il punto Pasi, ti hanno cresciuto. Anche se non nel modo
che
avresti voluto, ma ci sono stati per te, ti hanno accompagnato durante
la tua
crescita e se ora sei lontana da loro è stato per una tua
scelta, non perché
loro ti hanno abbandonato.»
Quello
era vero e non potevo permettermi di giudicare Sofia, perché
probabilmente
avrei sviluppato anch’io del rancore verso i miei genitori,
se uno di loro mi
avesse lasciato senza curarsi più di me… Emile
aveva vissuto una situazione
simile, ma in lui non era nato odio, non era nata
indifferenza… Anche se di
certo non era in uno stato migliore di Sofi…
Ecco
perché ora la capivo! Attraverso il dolore di Emile, avevo
finalmente compreso
quello simile di Sofia! Forse avrei potuto aiutarla a
sfogarlo…
«Sofi…
e se provassi ad affrontarla? Se le dicessi cosa provi per lei, una
volta per
tutte? Magari in seguito ti sentiresti meglio, ti sentiresti
più sollevata…
anche Emile tende a tenere tutto dentro e…»
«Pasi,
non siamo tutti uguali! E non ho proprio nulla da
sfogare! Sapevo che non avresti capito, come
tutti del resto! Lasciamo perdere questo discorso, tanto non porta a
nulla.»
«Sì
certo, anche Emile diceva così, invece ne aveva da
sfog…»
«La
smetti di paragonarmi a lui?! Io sono io, sono un’altra
persona e non pensare
di avermi compreso, solo perché ho qualcosa in comune con
quel tuo ragazzo
problematico e lunatico! Io non sono come lui, non sono come nessuno di
voi!»
Detto
questo si alzò e si allontanò, lasciandomi del
tutto stupefatta. Mi alzai in
fretta decisa a seguirla e la raggiunsi in breve tempo:
«Sofi
non mi sembra il caso di reagire così, io volevo solo
aiutarti!»
«E
chi ti ha chiesto aiuto, Pasi? Da quando sei diventata Madre Teresa? Io
sto
bene, se vuoi aiutare qualche povero bisognoso hai il centro, non
c’è bisogno
che tu venga a dare fastidio a me!»
«Ah,
quindi ti do fastidio! Beh allora scusami tanto, scusami se volevo
rimediare
alla mia totale assenza e volevo essere un’amica migliore di
quanto sia mai
stata!»
Mi
fermai mentre le urlavo contro la mia rabbia per essere stata
rifiutata: Sofia
procedette per un po’ e ad un paio di metri di distanza si
fermò, si girò in
mia direzione e con calma mi raggiunse:
«Hai
detto bene, sono quattro anni e non puoi recuperarli in un giorno solo!
Soprattutto
non in questo modo!»
Con
quelle parole tornò sui suoi passi
andandosene via verso casa sua.
*****
«Non
pensavo che avrebbe reagito così, ero andata con le migliori
intenzioni e invece
ho solo fatto un casino… Ultimamente sembra che riesca solo
a complicare la
vita delle persone!»
Ero
davvero delusa e frustrata da come erano andate le cose con
Sofia… all’inizio
mi sentii più che altro furiosa con lei perché
non aveva compreso il mio gesto,
ma poi le sue parole iniziarono a farmi capire quanto fossi in torto e
quanto
patetica fossi risultata… Dovevo cambiare atteggiamento con
lei, se volevo
davvero esserle amica… ammesso che lei lo volesse!
«Sono
stata troppo aggressiva con lei, vero? Pensavo che funzionasse: quando
lo
faccio con te, alla fine ti apri, mi parli… forse ha ragione
lei, davvero non
la conosco e pensavo invece di averla capita!»
«…»
«Emile?
Ma mi stai ascoltando?»
Eravamo
a casa mia (quanto mi piaceva quell’idea!) e stavo preparando
la nostra cena
lamentandomi di Sofia ma mi resi conto solo dopo aver detto tutto
quello che mi
passava per la testa, che il mio interlocutore non aveva detto mezza
parola…
«Emile!»
«Eh?
Hai detto qualcosa?» Mi affacciai in sua direzione per capire
cosa stesse
combinando: doveva essere impegnato in qualcosa di grosso, visto che
con tutta
evidenza, non aveva sentito una sola vocale di tutto ciò che
avevo detto! Lo
vidi a terra a gambe incrociate, con un foglio davanti e un auricolare
in un
orecchio: probabilmente stava scrivendo ed era così preso da
non ascoltare la
mia minima lagna!
«Uff,
no niente, continua pure.» tornai alle mie mansioni da
perfetta casalinga
pensando alle risate che si sarebbe fatto Stè guardandomi:
avevo un grembiulino
appositamente preso per le mie serate da chef e i capelli raccolti con
mille
mollette per evitare di farli cadere nel piatto: ci tenevo a mostrarmi
una
brava cuoca e non avrei mai voluto rovinare il mio operato guarnendo
uno dei
miei piatti con un liscio capello nero! Testa di Paglia non avrebbe mai
dovuto
sapere, e soprattutto vedere, in che condizioni ero quella sera, o il
“Cabaret
Pasi” sarebbe continuato per altri vent’anni, solo
su quell’aneddoto!
D’un
tratto sentimmo squillare un cellulare, era quello di Emile: la sua
suoneria
era riconoscibilissima, chi altri avrebbe messo un Capriccio di
Paganini nel
ricevere le telefonate altrui?
Il
mio Pel di Carota rispose subito, ma poi sentii solo un innaturale
silenzio che
mi agitò istintivamente. Smisi di armeggiare in cucina e
andai verso di lui:
era in piedi e serrava la mano libera in un pugno, mentre quella che
manteneva
il cellulare dava l’impressione di volerlo rompere in un solo
colpo… Il viso
era una maschera di rabbia.
«Arrivo
subito.» terminò la comunicazione con quella frase
lapidaria, che a stento
trattenne l’ira che vedevo salirgli sempre più in
viso.
«Emile,
cosa dia…»
«Devo
andarmene da qui!»
Si
chinò a prendere il foglio su cui stava scrivendo ma gli
sfuggì di mano e lo
vidi trattenersi, artigliando la mano che aveva fallito la
presa… Rinunciò alla
lotta con quel pezzo di carta e prese il resto delle sue cose, mentre cercai di
capire cosa fosse successo:
«Emile…»
«Non
ora Pasi! Non ora… devo andarmene.»
Mi
guardò chiedendomi silenziosamente scusa per quella fuga
improvvisa, ma vidi
sul suo volto che stava per scoppiare di rabbia e probabilmente, non
voleva
farlo in mia presenza… Gli feci un cenno di assenso col capo
e si chiuse la
porta alle spalle, lasciandomi con un grande punto interrogativo sul
viso.
Raccolsi
il foglio su cui stava scrivendo: da un lato c’era un elenco
di nomi e alcuni
di essi erano stati depennati; probabilmente erano gli aspiranti
batteristi che
stavano sostenendo le audizioni. Dall’altro lato del foglio
invece, c’erano delle
scribacchiature che sembravano essere il testo di qualche canzone;
avrei dovuto
restituirgli quel foglio il prima possibile, così lo
conservai gelosamente,
pronta a ridarglielo appena avrei potuto.
Emile
era la seconda persona in due giorni che andava via mentre cercavo di
parlare e
avevo anche un mucchio di cibo pronto per essere cucinato…
Dovevo assolutamente
chiacchierare con qualcuno disposto a sentirmi… e a
mangiare!
*****
«Testarossa
sei da incorniciare!»
Stupida
Pasi. Avevo invitato proprio l’unica persona che avevo
giurato non dovesse
vedermi in quelle condizioni e non mi ero presa nemmeno la briga di
togliermi
quel grembiule! Ero talmente in pensiero per Emile, che non mi resi
conto di
dover celare quell’abbigliamento.
«Stè,
se dici ad anima viva ciò che hai visto oggi, ti
giuro…»
«Tranquilla,
sto zitto, il tuo segreto morirà con me!»
Mi fece un occhiolino e sorrise bonariamente, riuscendo
come sempre a
rilassarmi. «Sono curioso di vedere cosa stavi preparando per
il tuo Emile! A
proposito, sei sicura che non torni affatto stasera?»
«Dall’espressione
che gli ho visto sul viso, credo che non tornerà nemmeno a
casa sua per
prossimi cent’anni!»
«Addirittura?
Doveva essere davvero furioso… Quel ragazzo dovrebbe farsi
una cura di camomilla,
è sempre così teso!»
«Già…
sembra quasi che gli sia impedito dall’alto di
rilassarsi!» Ogni volta che lo
vedevo più sereno e tranquillo, puntualmente capitava
qualcosa che tornava ad
innervosirlo… Emile doveva avere davvero un brutto Karma!
«Spero
solo che di qualsiasi cosa si tratti, sia risolvibile.»
Purtroppo, temevo di
sapere che la realtà dei fatti fosse ben diversa…
«Allora,
che hai combinato con Sofia?»
Le
parole di Testa di Paglia mi distolsero dai pensieri su Emile e mi
fecero
tornare al mio cruccio precedente:
«Stè
sono un disastro! Sono andata da lei per parlale con
sincerità, volevo
chiederle scusa per non essermi mai comportata da amica e alla fine
sono
risultata una stupida impicciona e l’ho fatta solo
arrabbiare!»
«Scusa
ma, per quale motivo sei andata a fare un mea
culpa che non esiste? Sofia ha mai detto qualcosa contro di
te?»
«Come,
non esiste? Stè quella ragazza è sempre messa
all’angolo, io non mi sono mai
curata di lei in quattro anni che la conosciamo, sono sempre stata
presa dai
miei problemi e non le ho mai chiesto nulla dei suoi… ed ora
temo di essere
arrivata tardi!»
«Pasi,
Sofia è taciturna di carattere, non parla con anima viva
né tantomeno si
confida! Forse Rita e Fede riescono ad avere un qualche ascendente su
di lei,
ma sono l’unica eccezione, non puoi flagellarti se lei non
sente di voler
parlare con te.»
«No
Stè, non è così…
è vero che è chiusa, ma io non ho nemmeno provato
a farla
aprire! Non mi sono mai interessata a lei, non le ho mai chiesto se
soffriva
per i suoi genitori, per un’amica, per un ragazzo! Mi sento
davvero un schifo!»
«Ma
dai! Non farla così tragica, non mi sembra che Sofia abbia
mai mostrato
ostilità nei tuoi confronti, secondo me sono solo tuoi sensi
di colpa, stai
vedendo qualcosa di tragico che non c’è.»
«Non
sono convinta Stè… Sofia mi ha chiaramente detto
che non potevo recuperare
quattro anni di assenza in un solo giorno, quindi l’ha
sentita anche lei la mia
mancanza, non è solo un mio senso di colpa… Io
l’ho trascurata, come ho
trascurato Simona, sempre presa dai miei problemi!»
«L’unica
cosa da fare allora, se sei così convinta, è di
tornare a parlarle. Per fortuna
Sofia è ancora viva e puoi evitare con lei la situazione che
si è creata con
tua sorella.»
«Hai
ragione Stè… ma perché combino solo
disastri?» Testa di Paglia mi venne accanto
e mi abbracciò:
«Semplice,
sei una Testarossa, l’hai dimenticato forse?»
Feci
un sorriso e mi beai del confortante abbraccio di Testa di Paglia,
sempre in
grado di donarmi un po’ di pace e tranquillità.
Eravamo
a fine pasto a raccontarci alcuni aneddoti del passato, quando
squillò il mio
cellulare: era Emile.
«Pronto?»
«Dormivi?
Ti disturbo?»
«Ma
no che dici, quale disturbo?! È tutto a posto?»
«Non
proprio… Volevo scusar…»
«Testarossa
ce l’hai un liquorino?»
«Scusami
un attimo… No Stè, mi mancano ancora…
forse c’è una birra in frigo…»
«C’è
Stefano?»
«Sì,
è venuto a farmi compagnia… stavi
dicendo?»
«…»
«Emile?
Mi senti?»
«Sì…»
«Cosa
mi stavi dicendo?» Silenzio e poi un sospiro
«Volevo chiederti scusa per il
modo in cui sono andato via da casa tua… tutto
qui.»
«Non
preoccuparti, ho capito che c’era qualcosa di grosso
sotto… non mi vuoi dire
cos’è accaduto?»
«No…
almeno non oggi e soprattutto non ora. Devo andare, buonanotte
Pasi.»
«Buonanotte…»
Appena
staccai la telefonata, feci un sospiro che echeggiò quello
precedente di Emile:
doveva essere davvero di pessimo umore e per concludere in bellezza, si
era
anche incupito nel sapere della presenza di Stè…
c’era un limite al peggio
ormai?
No,
non c’era. Ma l’avrei scoperto solo in seguito.
*****
Con
tutto quel parlare di legami familiari negli ultimi giorni, mi venne
naturale
andare col pensiero ai miei genitori, così decisi di tornare
a trovarli. Era
trascorso del tempo dall’ultima volta che l’avevo
fatto e per telefono non
riuscivo a parlare con loro serenamente… Non che ci
riuscissi molto nemmeno di
persona, ma tramite cellulare sentivo maggiormente la distanza tra di
noi ed
era l’esatto contrario di ciò che volevo stabilire
con loro.
Emile
dal canto suo si stava negando da qualche giorno, dicendo di essere
troppo
impegnato e ormai avevo capito che c’era qualcosa sotto di
cui non voleva
rendermi partecipe… Ero stata così felice di
sentirlo aprirsi a me e invece
eravamo tornati indietro, e purtroppo iniziai ad essere sempre
più certa, che
dietro quell’assenza e quel mutismo ci fosse
Claudio… Cos’altro stava
macchinando?! Il
mio senso di colpa mai
assopito tornò ad invadermi e sapendo di essere del tutto
inerme in quel
momento e di non poter far nulla per aiutare Emile, decisi di concentrarmi sul
desiderio di rivedere la
mia famiglia. Mi sarei distratta e avrei, nelle migliori e
più rosee
previsioni, fatto un altro piccolo passo verso la comprensione
reciproca tra me,
Adele e Vittorio.
Quella
volta fu proprio quest’ultimo ad accogliermi. Avrei preferito
vedere mia madre,
l’ultima volta c’era stato un piccolo
impercettibile avvicinamento tra noi e
speravo di ripartire da lì… con mio padre invece
c’era ancora l’astio del nostro
ultimo colloquio di mesi fa e dire che ci fosse un baratro tra noi
anche prima di
allora, sarebbe descrivere una piccola percentuale della distanza che
ci
divideva…
«A
cosa dobbiamo l’onore?»
Quello
fu il suo caldo benvenuto: mio padre era impeccabile come sempre, con
il viso
curato, senza un filo di barba, i capelli ordinati e l’aria
tipica di un professore
di lettere qual egli era… Avrei potuto pensare che in lui
non ci fosse affatto
la sofferenza che mi aveva descritto mia madre qualche tempo prima, ma
ad
un’occhiata più attenta notai i profondi solchi
scuri che aveva sotto gli occhi
e capii che le notti di mio padre non erano più
così serene.
«Ciao…
papà… sono venuta a trovarvi; mancavo da un
po’…»
«Tua
madre non c’è, è ancora a scuola, ha
una riunione degli insegnanti in corso.»
«Tu
però ci sei… o stai per uscire?»
«No…
io non devo uscire… io non esco.»
Ricordai
le parole di mia madre: “Siamo in
lutto,
non possiamo mostrarci impegnati in qualcosa o addirittura come una
coppia
felice che va in vacanza, non sarebbe corretto!” e
capii a cosa si riferisse
mio padre con quel “Io non esco”; sarebbe stata un
conversazione difficile,
come sempre.
«Posso
entrare? Disturbo?»
Stavo
cercando di mantenere la tranquillità il più
possibile, non volevo adirarmi,
dovevo avvicinarlo e con la rabbia non ci sarei mai
riuscita… Sapevo che sarei
durata poco, ma sperai di riuscire a restare calma e ragionevole quel
tanto che
bastava per avere un dialogo di qualsiasi genere con lui. Ma
già il fatto che
mi stesse facendo accomodare in salotto, come un estranea in visita,
minò profondamente
il mio autocontrollo.
«Papà
non c’è bisogno che ci accomodiamo qui,
non...» calma Pasi, calmati o non
riuscirai nemmeno a sederti che sarai già
fuori da queste pareti. «…come
stai?» Dissi sedendomi, in attesa che si
accomodasse di fronte a me.
«Bene
Pasifae, se non vogliamo contare che ho perso una figlia e
l’altra ha
chiaramente fatto capire, di non voler essere considerata parte di
questa
famiglia...» Serrai la mascella, cercando di ingoiare le
parole velenose che mi
stavano salendo alla gola e ignorai la sua risposta.
«Papà,
io non sono venuta qui per litigare.»
«E
cosa ti fa pensare che io voglia farlo? Non accetti la
verità quando te la si
mostra senza veli? Non è forse vero che hai preferito andare
ad elemosinare un
tetto da una tua amica, piuttosto che stare qui nella casa in cui sei
cresciuta,
pur di non averci tra i piedi?»
«Ho
una casa mia ora, ero da Rita solo provvisoriamente e non ho
elemosinato
proprio nulla, non sono stata un peso per lei, mi ha accolto con
gioia… Cosa
che voi non avete mai fatto!»
Ecco,
era fatta, il mio autocontrollo aveva resistito anche troppo e si era
dovuto
ritirare con la coda fra le gambe, nuovamente sconfitto dalle dure
parole di
mio padre.
«Quanto
sei infantile Pasifae! Non esistono solo la gioia e i sorrisi per
dimostrare
affetto! Credi che noi non ti amiamo, per il solo fatto che non ti
sorridiamo
ogni volta che ci vedi? Ma in quale mondo fantastico credi di vivere?
La vita
non è solo gioia e abbracci, devi saper guardare anche oltre
questi stupidi
desideri infantili.»
«Ricevere
affetto non è un capriccio infantile! Tutti abbiamo bisogno
di sentirci amati,
tutti abbiamo bisogno di un sorriso e di un abbraccio, papà!
Chiedi a mamma
come si sente, chiedile se non abbia bisogno di ricevere un tuo
sorriso, un tuo
abbraccio di conforto, una tua parola di sostegno! Ma l’hai
vista? Quando sono
venuta qui l’ultima volta, era uno scheletro! Il dolore la
sta consumando e tu
non le stai accanto, non l’aiuti, non condividi la sofferenza
con lei! Forse
non ne saprò molto della vita, ma so che una coppia deve
sostenersi fino alla
fine, so quanto l’amore possa far del bene e quanto possa
aiutare ad essere
forti! E tu stai fallendo come marito!»
Probabilmente
mi ero lasciata andare un po’ troppo, dire a mio padre che
fosse un fallito
come marito era la cosa più azzardata e offensiva che gli
avessi mai detto e
ovviamente, non potevo pensare di uscirne illesa. Mio padre si
alzò dal divano
e mi diede un schiaffo
in pieno viso:
«Non
ti permetto di venire a sentenziare in casa mia sui miei comportamenti,
sono
ancora tuo padre fino a prova contraria e mi devi rispetto, piccola
insolente!
Il rapporto tra me e tua madre non è affar tuo, soprattutto
considerato che hai
abbandonato la tua famiglia!»
«Io
non vi ho abbandonato! Ho cercato il mio posto nel mondo, ho iniziato a
vivere
per conto mio per sentirmi indipendente e adulta… Non
è forse questo che vuole
ogni genitore dal proprio figlio? Non volete sapere che sono in grado
di badare
a me stessa? Che sono capace di reggermi sulle mie gambe? Preferivi che
stessi
ancora qui, a casa, sulle vostre spalle, a fare la studiosa, vero?
Questo
importa per te, solo che io prenda un titolo di studio che ti renda
orgoglioso,
un pezzo di carta di cui vantarti con i colleghi, ecco cosa vuoi da me!
Non
t’importa di sapermi felice, non t’importa un
accidenti di niente di sapere
come sto, di sapere di me, del vuoto che sento perché non ho
più una sorella e
perché non riesco ad avere i miei genitori accanto a me, non
t’importa sapere
che ho dovuto veder morire un’altra persona cara e ho dovuto
sopportare di
vedere altro dolore intorno a me che non potevo mandare via…
Lo so che la vita
non è solo sorrisi e abbracci, lo so benissimo! E se solo ti
fossi fermato un
nanosecondo ad ascoltarmi, invece che bearti del tuo orgoglio offeso,
sapresti
quanto io so delle sofferenze della vita e quanto un abbraccio sia
davvero di
conforto!»
Ormai
la rabbia mi stava consumando e parlavo senza più freni,
davvero non c’era
speranza di avere un confronto calmo e sincero con lui…
L’amarezza e la
delusione tornarono ad invadermi come l’ultima volta che ci
confrontammo e mi
resi conto che, se con mia madre potevo minimamente sperare di avere un
qualsivoglia rapporto, con mio padre era sempre più palese
che potevo solo
contare i chilometri di baratro che mi separavano da lui.
Mi
guardò con rabbia contenuta, vedevo nei suoi occhi il
desiderio di dire altro,
di inveire contro di me, ma sapevo che non l’avrebbe fatto:
urlare avrebbe
significato farsi sentire dai vicini, destare la loro
curiosità e quello non
era un comportamento degno del compìto ed impeccabile
Vittorio Isoardi… No, non
si sarebbe mai abbassato a fare le piazzate pubbliche tipiche di quella
sua
vergognosa figlia.
«Non
abbiamo più niente da dirci Pasifae, se vuoi attendere tua
madre fai pure, io
vado nel mio studio.» Mi volse le spalle e sparì
in quella che era diventata la
sua personale torre, entro cui rifugiarsi per isolarsi dal mondo: come
faceva
mia madre a vivere in quella casa, con quell’atmosfera
glaciale?
Mi
sentii tremendamente a disagio e terribilmente sola in quel salotto
freddo e
vuoto; ripromettendomi di chiamare la prossima volta, per sapere quando
mia
madre fosse in casa, presi la direzione della porta e uscii da
quell’abitazione
così fredda e triste.
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NDA
Per fortuna dovrei riuscire a completarlo a breve, per cui non mi resta che concentrarmi sull'ultimo capitolo...
Insomma spero di non farvi attendere troppo proprio sul finale, pregate la Musa con me! *me fa gli occhi dolci*
Per quanto riguarda questo capitolo, non ho particolari considerazioni di sorta, a parte il fatto che la gente intorno a Pasi sembra aver deciso di non voler parlare tranquillamente con lei... o è Pasina che non sa quando smettere di cercare una comunicazione con chi non vuol farlo?
Lascio le considerazioni a voi ^ ^
Sono trascorsi tre mesi da quando ho deciso di pubblicare questa storia e da quel giorno l'entusiasmo che avete avuto verso i capitoli che ho pubblicato è sempre stato grande, senza il minimo sbalzo. Non posso quindi che continuare a dirvi quanto siate state preziose voi sorelle che mi avete appoggiato sin dall'inizio:
Altrettanto preziose siete voi che avete aggiunto la mia storia tra le preferite, le ricordate e le seguite:
kiki0882, lorenzabu, samyolivieri, Tattii, Thebeautifulpeople, Aly_Swag, ArchiviandoSogni_, green apple,