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Autore: MerylSilversburgh    17/08/2006    6 recensioni
La morte. Il vero amore. La guerra. La vita di tutti i giorni. Tra l'incubo del mondo digitale e quello del mondo reale. La seconda parte, la prima pubblicata, di una trilogia sui digimon.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I PENSIERI DI TAKERU

I PENSIERI DI TAKERU

Tk era sdraiato sul suo letto con gli occhi fissi sul soffitto. Era quasi sera ormai e dalla finestra si potevano scorgere le luci del tramonto scomparire per lasciare spazio all’oscurità.

“Perché non ci riesco? Perché non riesco a farmene una ragione, a rifarmi una vita o magari a dimenticare tutto? Forse lo so perché…perché è impossibile per me dimenticare quanto ti volevo bene, quanto eri importante per me, che nella mia vita ho dovuto fare a meno di avere una famiglia, una vera famiglia. Ma questo a me non importava perché c’eri tu a compensare questo dolore. Ma come posso dimenticare? Come posso dimenticare tutto ciò che è accaduto a causa della tua morte, quanto ho sofferto, quanto hanno sofferto gli altri e tutto ciò che ho perso per i miei insulsi comportamenti. Se solo fossi qui, se solo quel giorno tu e quella maledetta moto non vi foste scontrati con quel maledetto camion…forse saremmo ancora qui a ridere insieme, Yamato.

Ora mi sento in colpa, terribilmente in colpa, tutti i tuoi amici si sentono in colpa, ognuno per motivi diversi, ognuno che sa che avrebbe potuto darti di più. Ormai il famoso spirito di gruppo dei digiprescelti è solo un ricordo, dopo che te ne sei andato ci siamo allontanati, non riuscivamo neppure a parlare di un argomento tranquillamente che spuntavano fuori ricordi…e rimorsi. Per non parlare di digiworld, chi ci aveva più messo piede? Solo Taichi aveva avuto il coraggio di andare per informare i nostri digimon dell’accaduto, e per riferirgli che probabilmente non saremmo mai più tornati, salvo emergenze particolari. Taichi…il tuo eterno rivale. Ricordo ancora quella volta, quando avevo solo 8 anni e tu avevi capito che non ero più un bambino, quando ti allontanasti dal gruppo e tornasti per sfidarlo. Avevi capito che era sbagliato, ma sapevi che se non l’avessi fatto non saresti mai riuscito a stare in pace con te stesso. Nonostante tu non sia qui con me e nonostante la brutta situazione che sto affrontando riesco ancora ad avere un pensiero buono nella mia mente, anzi a dire la verità, un pensiero stupendo. Quando mi sento così e tutto mi sembra irrisolvibile penso a lei e per un attimo mi trovo in paradiso. Penso proprio a te, Hikari, la mia Hikari, la cosa più bella che mi sia mai capitata, la mia felicità. Ma ho rovinato anche quel pensiero, ho rovinato la mia unica ragione di vita idiota che non sono altro! Perché maledizione, perche? Solo qualche mese fa non sarei mai riuscito a pensare di farti una cosa del genere amore mio, di farti soffrire in quel modo. Quella volta…Mi ubriacai pensando a Matt e per quello che mi avevi detto la mattina precedente “Sono andata a letto con Davis, Tk” quelle parole che mi suscitarono solo rabbia, quelle parole che mi fecero morire. Forse ero anche arrabbiato con te Kari, forse è per quello che poco dopo essermi sbronzato per bene venni a casa tua, tu mi apristi la porta pensando che io volessi solo parlarti, ma invece ti presi per le spalle e ti sbattei violentemente al muro. Quando cercasti di divincolarti ti tirai due sonori schiaffi e ti gettai sul pavimento, volevo riavere quello che io avevo avuto per primo e che quel bastardo di Daisuke mi aveva sottratto, ma tu riuscisti a tirarti su e dirigerti verso la porta per scappare e io (quanto avrei voluto non farlo) presi il vaso che avevo visto sul tavolo e lo tirai mirando alla tua testa. Per fortuna riuscisti a scostarti e il vaso colpì la porta, anche se alcune delle schegge ferirono sia me che te dolce Kari, e per fortuna, subito dopo, arrivò Tai a fermare la mia furia e a sbattermi a pugni fuori dalla casa, lasciandomi insanguinato e dolorante fuori sotto la pioggia, che mi guidò al cimitero, alla tomba di mio fratello, a riflettere sulle mie azioni. Dal quel giorno sono passati tre mesi e non ho più rivisto Kari, né sono uscito di casa tranne che per mangiare, visto che mia madre rientra di sera, ma oggi sento di farlo, sento di dover riavere ciò che amo di più, altrimenti potrei perderla per sempre. E perché mi sento perso senza di lei, mi sento solo, senza mio padre, che dopo la morte di Matt è sparito chissà dove, senza mia madre, che ormai è sull’orlo di una crisi di nervi, senza mio fratello e senza nessuno dei miei amici. A soli 17 anni sono maledettamente solo.”

  
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