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Autore: Talesteller    03/01/2012    0 recensioni
Questa cosa è andata ben oltre dove speravo andasse.
E questo ci ha portati alla catastrofe.
Ma la gente deve sapere perché ora sono qui, in questa cella, ad attendere la fucilazione.
Ciò che ho fatto non deve morire con me e con i miei.
Questi sono i miei diari.
Queste sono le origini del più grande movimento anarchico della Galassia.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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29 dicembre 15026, data locale, Sirio
Post dal blog “A Syrian’s Life”, ora locale 23.55
Post rimosso per propaganda controproducente all’Impero, incitamento alla rivolta e rivelazione di segreto militare
Blog sospeso fino a nuovo ordine
Provenienza: IP 356.089.664.
 
L’unica luce è quella pallida dei riflettori sopra la mia finestra, i riflettori che rischiarano l’esercito di veicoli immobili per le strade, sui trecento metri sotto la mia finestra.
La nube blocca qualsiasi altra luce, e con il passare del tempo lo farà sempre di più, finché noi qua sotto non arriveremo ad essere completamente dipendenti da questi fari bianchi.
Sempre che non decidano di interrompere le linee che gli alimentano.
Potrete non essere d’accordo, ma questo pianeta è uno schifo.
Sono appena stato fuori.
Racconterò ciò che ho visto in strada.
Il mio appartamento da su un corridoio leggermente maleodorante. Fortunatamente, la mia porta è a chiusura ermetica. Il pavimento è costituito da una grata a fori sottili, sotto scorrono tubi di ogni genere. Di tanto in tanto compare qualche robot della manutenzione, a sostituire i tubi o ripararli, ma oggi era deserto. Il soffitto sarà alto un metro più di me, neanche. È un’uniforme lastra di metallo grigio, ai cui margini corrono due file di lampade tubolari che rischiarano il corridoio.
C’è solo un abitante, oltre me, su quel corridoio.
E non l’ho mai visto.
So che abita lì perché all’ingresso di ogni modulo abitativo, e quindi anche del mio corridoio, c’è un display su cui vengono aggiornati in tempo reale gli abitanti di ogni appartamento di quel modulo. Oltre al mio, c’era un solo nome, che dovrei andare a rileggere per ricordarmi.
Quell’uomo non l’ho mai visto.
C’era un periodo in cui uscivo spesso, nell’inutile speranza di trovare un’occupazione stabile. Non l’ho mai visto fuori, e l’unica volta in cui ho suonato alla sua porta non ha aperto.
Una corta rampa di scale collega il mio corridoio alla strada.
Prima della strada vera e propria ci sono le aiuole, che corrono ai lati di tutte le strade di Sirio, comprese quelle aeree, interrompendosi solo in corrispondenza delle connessioni con i moduli abitativi, che prevedono gli appartamenti e posti per i veicoli, che di solito danno direttamente sulle strade.
Il mio non ha mai visto un veicolo.
Lo usavo con un paio di miei compagni come laboratorio quando andavo all’ASTI, più tardi diventò un deposito dove accumulavo gli oggetti che in casa mia cessavano di essere utili e che non avevo voglia di eliminare.
Giusto per avere un motivo per stare fuori più a lungo, controllai che fosse tutto in ordine.
Lo era. Le pile di scatole erano ammucchiate nel giusto ordine, le impilavo e numeravo con una sequenza di mia invenzione, e le bombole d’azoto con cui rifornivo il mio depuratore portatile erano al loro posto. Richiusi la saracinesca e mi avviai lungo le aiuole.
Aiuole di terra importata.
Sirio è il primo importatore di terra dell’Impero.
La città occupa quasi tutto il pianeta, tanto che non ha nemmeno un nome suo. È semplicemente chiamata Sirio.
Quel poco che non è occupato dalla città è protetto da diecimila decreti e sorvegliato meglio del Palazzo Imperiale. Penso che se qualcuno si recasse là e prelevasse della terra lo fucilerebbero, così, senza processo.
Che inutile falsità.
Sommergere di acciaio e cemento il pianeta, e poi rendere i pochi giardini rimasti delle fortezze.
Quei giardini a terra non sarebbero sufficienti ad eliminare i gas prodotti della città, per questo con la terra che importiamo in quantità colossali hanno costruito un migliaio di giardini sparsi per la città, dentro enormi bocce di un qualche materiale trasparente, tenute sopra il livello della nube da pilastri che ospitano centinaia di appartamenti.
In ciascuna di quelle bocce è ricostruito un clima differente, quello di varie zone del pianeta prima che la città le sommergesse tutte. Quell’epoca risale a non meno di cinquemila anni fa, e alcune delle piante nei giardini sul pianeta non sono mai esistite, prima che iniziassero ad importarle.
Recuperare informazioni sulle piante esistenti prima che la città sommergesse tutto è troppo faticoso, quindi vengono importate piante simili a quelle sopravvissute nelle “oasi”, questo il nome con cui vengono descritti i terreni conservati, e vengono spacciate per quelle esistenti sul pianeta cinquemila anni fa.
Nelle aiuole ai bordi delle strade non c’è niente di quello che c’è nei giardini sopraelevati.
Nelle aiuole non c’è niente.
Terra secca e spaccata, e residui consumati di ceppi di alberi morti da tempo.
Anche se la nube è un livello, una decina di metri, più sopra, qui si respirano già i suoi gas, anche se in concentrazioni minori, e c’è una foschia giallognola costante.
Sopra questa strada c’è un solo livello di strade, e non ovunque, quindi guardando in alto riesco a vedere qualcosa, finché i palazzi non si perdono nella nube. Le pareti sono di due tipi: quelle d’acciaio, ondulate e rivestite di resina, sono le più vecchie, e non sono nemmeno più regolamentari. Quelle più recenti sono muri di vetro.
Oltre i quali tutto ciò che si vede sono gli oscuranti abbassati, il più delle volte, ma qualcuno che li tiene alzati si vede ancora, molto raramente. Quasi nessuno usa i vetri oscurati, sono terribilmente antiestetici e ci vuole il permesso dell’amministratore del modulo o del palazzo.
In alto, tutto ciò che si vede è la nube.
Secondo gli scienziati i cui rilevamenti sono stati pubblicati, il livello degli altri gas al suo interno è talmente alto che l’azoto corrisponde al 10-15%. In tutto il resto dell’atmosfera di Sirio è il 75% o poco più.
Concentrazioni simili esistevano solo sul pianeta originario dei terrestri, peccato che l’abbiamo usato come tiro al bersaglio per i nostri cannoni orbitali.
Le strade sono completamente deserte.
Agli angoli è accumulato un abbondante strato di non so bene che, sporcizia varia. Polvere, particelle pesanti, la carta che qualcuno ancora usa… tutto accumulato in un indefinibile grigiore che nemmeno i robot si degnano di pulire.
La pavimentazione stradale è di un arancione tendente al rosa, le linee di separazione delle corsie non sono nemmeno più visibili. Di tanto in tanto passa un veicolo della sorveglianza, o di qualche corriere di vario genere.
La gente non si muove più, almeno noi, al di sotto della nube.
Ormai rimane solo la gente del centro, dei grattacieli che svettano dalla nube, che si sposta, nei suoi veicoli fiammanti o con i velivoli che sfiorano la mach-2.
Gente che fa a gara col vicino per chi possiede più ville nei sistemi vicini, per chi ha il caccia più veloce.
La gente grazie alla quale Sirio è lo schifo che è adesso.
Gente che neanche si rende conto di quanto il governo ci stia schiacciando.
Ma loro vivono lassù, nei grattacieli di cui non vediamo nemmeno la base.
E probabilmente questo post sarà rimosso prima che abbiano il tempo di digitare il nome di questo blog.
Chi vive qui sotto non potrebbe neanche arrivarci, lassù.
La nube ce lo impedisce.
E quando è stato dato l’annuncio della sua tossicità, cos’ha fatto il governo?
Ha fatto chiudere e quindi abbattere tutte le strade che l’attraversano.
C’è un solo modo per chi vive qui sotto di andare di sopra.
Ovviamente, per chi non ha un velivolo, perché chiunque ne possegga uno e abbia un minimo di buon senso se ne andrebbe il prima possibile a vivere in un grattacielo, più in alto possibile sopra la nube.
Chi non ha un velivolo potrebbe passare da sotto a sopra la nube attraverso i tunnel ventilati.
Ce ne sono un milione o giù di lì su tutto il pianeta.
E sono chiusi.
E presidiati da torrette automatizzate, programmate per sparare a qualsiasi cosa si avvicini a meno di dieci metri.
Il governo vuole che chi si trova sotto la nube ci resti.
E ci resteremo, e a lungo, se continuiamo ad accettare questo.
Continuiamo a non uscire mai dalle nostre case, continuiamo a leggere le notizie dai forum governativi e dai notiziari televisivi.
Non arriveremo mai a capire che ci stanno schiacciando, e non riusciremo mai a fare nulla per fermarli.
Per la strada soffia costantemente un leggero vento, che di tanto in tanto alza qualcosa dalla strada.
Nei giorni di vento forte c’è una tempesta costante di pezzi di carta e strati di sporcizia grigia varia, ma la nebbia sta sempre al suo posto.
Ho camminato con la mia musica nelle orecchie, senza guardare in nessuna direzione particolare, senza pensare a nient’altro che la musica, fino al tunnel.
C’è una grossa piazza desolata, con al centro un bar chiuso da tempo.
Dall’altra parte c’è una doppia saracinesca di una lega di ferro e titanio, e ai lati tre metri di cannoni al plasma, puntati ad altezza d’uomo.
Per alcuni mesi ho studiato la tecnologia bellica del governo, so più o meno cosa sparano quei mostri.
Fasci di energia pura, sostanzialmente fulmini stabilizzati.
Attraversano un corpo siriano da parte a parte in pochi secondi.
Quella piazza segna la fine della mia uscita.
Sulla piazza si aprono solo moduli abitativi, e non ho alcun interesse ad entrare in casa della gente.
Ho perso interesse nella gente dopo l’IFAG, da quando l’unica persona verso cui nutrivo un vero interesse è morta.
Morta.
Scomparsa.
Non esiste più, punto.
Non credo nella seconda vita di Hybrjaal, non credo che ora la sua anima stia vagando per le rovine del più antico edificio della Galassia.
Suppongo che da quando il suo cervello ha cessato di funzionare lei non esista più.
Spero solo che sia morta senza rimpianti.
Soprattutto senza rimpiangere me, o chiunque altro.
Quando ho saputo che era morta, avevo quasi pensato di fare visita hai suoi. Ho accantonato l’idea all’istante.
Non mi avevano mai visto ed ero certo che lei non gli avesse mai parlato di me.
Così rimasi per un paio di giorni da solo con la forte sensazione che la mia vita avesse di colpo perso significato.
Ma non sono qui per parlarvi di lei, ne’ di me, suppongo di avervi già tediato abbastanza.
Ma perché immagino di rivolgermi a qualcuno, se questo post non verrà mai letto?
Insomma, questo è quello che ho visto in strada.
Niente.
Aiuole morte, strade vuote, nebbia gialla e finestre chiuse. Un foglio svolazzante che probabilmente faceva parte di un quotidiano d’informazione.
Se non avete un velivolo che sfiora la mach-2 e i soldi per un appartamento di lusso, non venite su Sirio.
Quel tunnel, quel dannato tunnel, se qualcuno aprisse gli occhi potremmo liberarci da quest’oppressione, lasciare questi bassifondi nauseanti.
Per alzarci dobbiamo renderci conto, tutti, di quello che ci stanno facendo.
Renderci conto che non siamo altro che ciò che gli altri vogliono che siamo, è tempo di svegliarci e capire chi siamo.
Io l’ho fatto, perché non avevo nessuno a cui adeguarmi, ho convissuto per decine di anni esclusivamente con me stesso. Sono chi voglio e so di essere.
Neanche tre pagine di post. Tutto quello che c’è fuori dal mio appartamento non occupa neanche tre pagine di post.
Ci stanno schiacciando, opprimendo, tra mille anni non solo non sarà più necessario, ma non sarà neanche più possibile uscire di casa.
Dobbiamo fermare questa cosa ora.
Ora è il momento di distruggere questa città di delusioni ed abbattere questi muri.
  
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