Come per
il
capitolo
precedente,
vi allego un file con tutti i termini francesi,
per capire
meglio le parole di Lucien:
Capitolo 26
«Com’è
andata la giornata al mare?»
«Vuoi
la versione lunga o quella breve? Ah! Che meraviglia, continua
lì, sìì.»
Il
giorno dopo la mia avventura marina, Emile si fece perdonare
l’assenza del
giorno prima, arrivando a casa mia la sera con oli, candele e profumi
vari,
pronto a far diventare il mio soppalco la succursale di una beauty
farm! Aveva
riempito l’atmosfera con il profumo di lavanda che bruciava
nel profumatore
ambientale e mi stava riportando in vita con un massaggio delizioso,
che si
rivelò una panacea per i miei nervi tesi.
«Come
fai ad essere così bravo? Cosa non sono capaci di fare, le
tue mani!» Sentii
Emile sghignazzare soddisfatto, prima che si avvicinasse al mio
orecchio per
dirmi con voce sottile:
«Non
mi stai rispondendo.»
Un
brivido mi percorse la schiena sentendo la sua voce sibilante e per un
secondo
dimenticai anche dove fossi, beandomi di quella sensazione estatica,
finché
quella stessa voce non mi riportò alla realtà.
«Pasi?
Ci sei ancora?»
«Noo…
lasciami in Paradiso!»
«Ho
capito, non mi vuoi dire nulla… Spero che non sia accaduto
qualcosa di cui mi
debba preoccupare.» D’improvviso sentii le sue mani
che premevano più forte
sulle mie spalle e capii che si stava irrigidendo…
Chissà cosa stava
immaginando la sua mente! Sarebbe stato meglio se avessi detto qualcosa
o la
sua fantasia si sarebbe scatenata: tra Lucien e Stè aveva di
che irritarsi!
«Stai
tranquillo, non c’è stato alcun evento
particolare: abbiamo
giocato a beach volley, abbiamo fatto
una gara di nuoto e chiacchierato… una normale giornata tra
amici.»
Mi
chiesi se avesse mai vissuto una di queste “normali giornate
tra amici”… Per
quello che ne sapevo, Emile non si era
mai concesso né la compagnia di un amico, né un
giorno di svago simile!
«Capisco…
Allora perché sei così tesa? È tutto
merito mio?» Sentii la sua voce assumere
quel tono amaro di autoderisione e girai la testa (per quanto mi fosse
concesso) per guardarlo negli occhi:
«Non
essere così egocentrico, caro mio! Diciamo che ultimamente
non ho avuto delle
belle chiacchierate tranquille con chi conosco e sai che mi basta poco
per
perdere la serenità!»
Si
stava dannando l’anima già abbastanza per la
storia di Claudio e non gli
serviva affatto impantanarsi in quest’altra inutile
fissazione da “oscuro
carnefice”; negli ultimi tempi non faceva che sentirsi in
colpa nei miei
confronti e non riuscivo più a sopportarlo, mentre si
autoflagellava per delle
assurdità. Mi rivolse un sorrisetto lieve:
«Hai
ragione, è meglio se mi concentro sul mio dovere»
Riprese a rimodellare i miei
nervi con le sue mani abili e delicate.
«Che
meraviglia, dove hai imparato a fare dei massaggi così
perfetti?»
«Me
li ha insegnati una persona.»
«Una
persona? Fai il misterioso?» Lo sentii sghignazzare.
«No,
non la conosci, perciò è inutile che ti dica il
suo nome.»
«E
non c’è possibilità che io
l’incontri?» Ma perché tanto mistero, mi
stava
incuriosendo a non finire!
«Direi
di no… a meno che tu non ti trasferisca.»
«Uffa
Emile, dimmi chi è! Sto morendo di
curiosità!» Lo sentii sghignazzare ancora,
si stava divertendo un mondo a mio discapito…
«EMILE!»
«Ti
stai agitando, dovrò rifare il lavoro da capo se non ti
tranquillizzi.»
«E
allora dimmi chi è questa persona!»
«Una
ragazza che ho frequentato.»
«Una
tua ex ragazza!?»
«Se
vogliamo metterla così, sì, una mia
ex.»
Mi
sentii avviluppare da un calore improvviso, ero nel fuoco eppure
sentivo i miei
sensi congelati. Era la prima volta che Emile accennava al suo passato;
sapevo
che non ero certo l’unica della sua vita, com’era
ovvio che fosse, ma il solo
nominare un’altra donna e il pensarla accanto a lui,
destò una gelosia
terribile in me, tanto terribile quanto assurda, considerato che era
qualcosa
appartenente al passato. Ma in quel momento, quell’ultimo
pensiero nemmeno mi
sfiorò, pensai solo al modo in cui Emile aveva imparato da quella persona
ciò che
stava facendo a me.
«Pasi,
è tutto ok? Ti sei ammutolita.»
«Che
tipo è? L’amavi? È-è bella
vero? Di sicuro lo è…»
Stavo
andando nel panico, non riuscivo a pensare che a quella
persona con il mio
Emile: a cosa si erano detti, a cosa avevano vissuto insieme, a quanto
lei
aveva avuto di lui! Il mio Pel di Carota non mi rispose, ma lo sentii
distendersi accanto a me: cercò di togliermi i capelli dal
viso per guardarmi
negli occhi, ma io non riuscivo a farlo e distoglievo lo sguardo troppo
imbarazzata per guardarlo negli occhi.
«Sei
bella quando sei gelosa; è la prima volta che mi capita di
vederti così e devo
dirti che mi piace…» mi accarezzò il
viso e cercò di girarlo per farsi guardare
«…ma è del tutto inutile che ti faccia
prendere da una cosa simile streghetta
mia, credimi, non ne vale proprio la pena.»
I
suoi occhi erano sereni e di un azzurro profondo, mi guardava con
dolcezza e
amore e d’un tratto mi sentii davvero una stupida: abbassai
lo sguardo prima di
parlare.
«Sono
una scema, vero? Però ora se penso che tu abbia vissuto dei
momenti importanti
con qualcun'altra, momenti che io ho perso…»
«Forse
così mi capirai un po’ di
più.»
«Ma
Stè non è un mio ex, il rapporto tra me e lui
è diverso!»
È
un ragazzo, ed è una persona che ti conosce da tempo, Pasi,
una persona che sa
di te cose che io potrò solo immaginare… al di
là del fatto che ci sia stato un
contatto fisico tra voi o meno (che potenzialmente potrebbe avvenire da
un
momento all’altro), è l’idea che ci sia
qualcuno così speciale per te che non
sopporto, riesci a capire? Mi sento meno importante… Molto
meno importante…»
I
suoi occhi s’incupirono e abbassò lo sguardo
ritirandosi nel protettivo
silenzio che lo contraddistingueva, in attesa della mia replica.
«Tu,
meno importante? Emile tu non hai nemmeno idea del posto che occupi nel
mio
cuore e nella mia vita! Stè
è mio amico,
gli voglio tantissimo bene e non potrei mai vivere senza la sua
presenza accanto
a me, ma tu… tu sei tu salame, tu hai un posto nel mio cuore
che nessun altro
potrà mai ricoprire! Stè potrà anche
aver vissuto momenti che tu non vivrai mai
con me, ma è altrettanto vero il contrario e quello che
sento quando mi sei
accanto, quello che vivo con te, non potrò averlo mai con
nessun altro al mondo,
stupido zuccone! E sta’ sicuro che fra me e lui non ci
sarà mai nulla di
romantico!»
Rimanendo
col il capo abbassato lo vidi fare un sorriso sottile, prima di
replicare: «Dovrei
avere più fiducia in te, vero? Sono davvero uno
stupido…»
Ricordai
le parole che mi aveva detto Sofia il giorno prima: “Io
non ferirei mai una persona cara per il mio compagno, invece quel
tipo sembra trovare gusto ad infierire su Stefano”
e ripensai al malumore
che il comportamento di Emile causava all’interno del mio
gruppo di amici… Ripensai
all’ondata di gelosia che mi aveva travolto poco
prima…
«Sì,
sei stupido, ma lo sono stata anche io poco fa e forse davvero ti ho
capito un
po’ di più… Però non voglio
assolutamente che Stè debba risentirne. È una
cosa
tra me e te e vedere voi due che litigate mi fa soffrire Emile, non
voglio che
si creino malumori tra le persone che amo.»
Nonostante
non mi piacesse vederlo caricarsi di sensi di colpa nei mei confronti,
pensai
che giocarmi quella carta avrebbe potuto farlo desistere dal
manifestare quello
stupido risentimento, che creava solo dissidi inutili. Emile
alzò lo sguardo
verso di me e mi accarezzò il viso con dolcezza:
«È
questo che è accaduto ieri? Si sono lamentati del mio
comportamento verso
Stefano?»
Non
volevo farglielo sapere, ma non riuscii a negarglielo con lo sguardo.
«Non
voglio farti soffrire, cercherò in tutti i modi di
trattenermi, sperando che mi
passi questa stupida gelosia.»
Mi
avvicinai a lui e lo strinsi a me, ricordandomi di un particolare che
forse,
avrebbe potuto cogliere il segno in quel momento.
«Lucien
ti ha difeso: sembra che ti capisca e ti vuole
bene…» Lo sentii irrigidirsi, ma
non si staccò dalla mia stretta.
«La
causa Pro-Lucien continua imperterrita!»
Il
suo tono era ironico, non sembrava adirato per aver messo in mezzo quel
discorso spinoso e ne approfittai per renderlo più leggero
possibile:
sorridendo ci scherzai su.
«Mi
conosci, quando mi sta a cuore qualcosa, sono una testa
dura.»
«Già…»
restammo in silenzio per qualche secondo, e poi aggiunse:
«Tra due giorni
saremo tutti e tre a casa: mio padre ha le ferie ed io non devo andare
in
bottega… che ne dici di venire a pranzo ed aiutarmi a
sopportare la vicinanza
di quel tipo?»
*****
Ovviamente
colsi l’occasione al volo: fortuna volle che avessi il turno
serale a lavoro,
così potei cogliere la richiesta d’aiuto di Emile.
Dal canto suo, il mio Pel di
Carota non rimase con le mani in mano quel giorno: appena mi svegliai
trovai un
suo sms che mi avvertiva che aveva una riunione col
produttore… e con Claudio…
e che non sapeva nemmeno se sarebbe rientrato per pranzo. Gli risposi
che sarei
stata ugualmente a casa sua ad attenderlo e sperai che tutto andasse
per il
meglio, che l’incontro tra loro non degenerasse…
Quel
giorno avevo il desiderio che tutto andasse bene e mi diedi forza
cercando di
essere al meglio di me: indossai un completo che mi faceva sentire bene
con me
stessa e piena di buone speranze, mi diressi verso il mio pranzo in
famiglia in
casa Castoldi.
Arrivata
a destinazione, bussai alla porta di casa e venne ad aprirmi Lucien:
«Bonjour,
Pasi.» Mi accolse con un bellissimo sorriso a cui risposi di
rimando.
«Ciao
Lucien, vedo che ormai ti sei ambientato totalmente!»
Il
cugino di Emile era con noi da una settimana e in quell’arco
di tempo sembrava
essersi messo del tutto a suo agio in quel luogo a lui estraneo: era bello vederlo muoversi
con sicurezza in
quella casa, come se ne fosse un abitante da sempre, sottolineava
maggiormente
la sua appartenenza a quella famiglia.
«Oui,
del resto ho avuto molto tempo per ambientarmi.»
Eh
già, se non c’ero io a fargli compagnia o Alberto
quando non lavorava, Lucien
era praticamente lasciato solo a se stesso…
«Emile
non ha dato segni di avvicinamento, vero?» dissi sconsolata
«No…. Ma non
preoccuparti Pasi, è normale, mon cousin è un
tipo trés difficile…»
Sentendo
quelle parole, mi venne in mente il discorso che fece sulla spiaggia,
sui
caratteri difficili della sua famiglia e osai dare voce ad un pensiero
che
risiedeva nella mia mente da quel giorno:
«Lucien,
io, ecco vorrei chiederti una cosa… ma ultimamente mi sono
resa conto di essere
stata invadente con le persone e non vorrei sbagliare in quel modo
anche con
te… Quindi se non vorrai rispondermi lo
capirò.»
«Parla
pure Pasi, cosa c’è?»
«Ecco…
l’altro giorno, in spiaggia, hai detto che nella tua famiglia
ci sono persone
con lo stesso carattere chiuso di Emile…»
«Oui.»
«Ecco…
mi chiedevo se…»
«Continua
pure.»
«Mi
chiedevo se questo ti facesse soffrire, perché ho visto una
certa rassegnazione
nei tuoi occhi e ho pensato che forse avessi qualche problema in
famiglia.»
Ecco
l’avevo detto, Pasi l’Impicciona colpiva ancora.
Lucien però non sembrò
irritato, anche se vidi il suo volto incupirsi.
«Notre
famille est difficile… non sto qui a dirti tutto altrimenti
impiegherei delle
ore per farlo, però diciamo che non è facile
vivere nella stessa casa con mia
madre… Maman ha sofferto molto ed è aggressiva
con tutti perché non vuole
soffrire più… Non è un orco, sia
chiaro: sa amare, ma lo fa in modo troppo
morboso… almeno con noi figli. Un anno fa ho preso un
appartamento, ma non ci
abito sempre, perché se lasciassi casa
all’improvviso, lei ne soffrirebbe
troppo; allora ci
vado quando ho bisogno
di staccare un po’ e sentirmi più
libero… Sono abituato alle sfuriate Pasi,
ecco perché quelle di mon cousin non mi offendono.
È un modo di esprimere se
stessi anche quello.»
Rimasi
senza parole: come faceva ad essere così calmo e comprensivo con una
situazione così
tormentata a casa? Ci si può abituare anche alle sfuriate?
Forse per amore di
una madre sì… Ma allora perché io non
mi abituavo al modo in cui mi trattavano
i miei genitori?
«Non
ti nascondo però che certe volte, sento il bisogno di
fuggire… forse anche per
questo motivo sono venuto qui e mi piace stare con Oncle
Albert.»
A
quella frase sorrisi automaticamente: «Sì
è vero, Alberto rende l’aria che
respiriamo calda e accogliente, è la persona migliore che io
conosca! A
proposito, ma dov’è ora? Non dovrebbe essere in
casa?»
Lucien
mi guardò sorridente: «Oui, è in casa,
era occupato perciò sono venuto moi ad
aprire.»
«Occupato?
Allora sta armeggiando in cucina!»
Avevo
già l’acquolina in bocca al pensiero delle
prelibatezze che cucinava Alberto,
stavo per dirigermi in cucina quando Lucien mi bloccò con le
sue parole.
«No,
non è in cucina, vieni ti accompagno da lui.»
Il
cugino di Emile oltrepassò la cucina, oltrepassò
il sottoscala e continuò il
suo cammino: l’unica stanza rimasta su quel tragitto era nel
retro: l’ex serra,
il laboratorio… E fu lì che arrivammo…
Ed io ebbi una visione che non avrei mai
pensato di avere: Alberto era in piedi, con un camice addosso, intento
a
dipingere!
Era
talmente assorto da non essersi nemmeno reso conto del nostro ingresso
ed io
ero così sorpresa, da essere impossibilitata a parlare.
«Oncle
Albert, Pasi è venuta a trovarti.»
Il
padre di Emile si girò di scatto come se fosse stato
risvegliato di colpo da un
sogno e mi guardò mostrando uno dei suoi meravigliosi
sorrisi:
«Bambina
mia, che piacere vederti!» Mi venne incontro per abbracciarmi
ed io incurante
di quel camice sporco mi strinsi a lui felice più che mai.
«Stai
dipingendo!»
«Sì
piccola, oh, che ho combinato! Avevo dimenticato di avere il camice
sporco
addosso! Cambiati che ti lavo subito quei vestiti!»
«No
ma che dici, non preoccuparti, me li lavo io.»
«Assolutamente
no! Bisogna lavarli subito altrimenti il colore non andrà
via, su forza,
cambiati.»
«Ma
non ho vestiti con me!»
«Ce
ne sarà pure qualcuno in giro! Altrimenti te ne do uno di ma
chère.»
«Alberto
non preoccuparti, voglio vedere il tuo dipinto ora, al diavolo i
vestiti!»
In
verità l’idea di aver rovinato quella gonna e quel
top non mi piaceva affatto,
ma in quel momento il desiderio di vedere cosa stesse dipingendo
Alberto, per
la prima volta dopo vent’anni, fu più forte di
qualsiasi cosa.
«Sono
decisamente fuori esercizio e considera che sono anche
all’inizio… Spero
comunque di riuscire a renderlo come desidero.»
Il
dipinto era un ritratto, ma non c’erano foto o modelli
accanto da copiare,
perché sicuramente Alberto conosceva a menadito tutti
centimetri del viso di
sua moglie. Claudine era ritratta in tutta la sua persona, mentre
camminava
allegra in un campo di fiori mosso dal vento, l’intero corpo
era ancora
abbozzato, ma lo schizzo del viso era già stato ricoperto da
una prima mano di
colore: i suoi capelli castani ondeggiavano al vento, coprendo parte
del suo
viso, ma non abbastanza per celare la sua espressione felice e serena,
la luce
vitale degli occhi e un sorriso dolcissimo e pieno di amore. Quel
ritratto mi
commosse: c’era tutto l’amore di Alberto,
c’era la donna che lui amava, la
donna che era stata, quella donna unica che lui avrebbe sempre avuto
nel cuore.
«È
bellissimo!» dissi con quel fil di voce che il magone mi
permetteva «Claudine
sarebbe fiera di essere stata ritratta così!»
«Grazie,
bambina mia. È strano tornare a dipingere dopo
vent’anni di pausa, ma
stamattina mi sono svegliato con la voglia di farle un ritratto:
Claudine mi ha
fatto da modella molte volte… ma ogni volta non riuscivo a
concentrarmi troppo
sul dipinto, non so se mi spiego!» Fece una delle sue risate
allegre e
maliziose, mentre il mio volto prendeva fuoco al pensiero di Alberto
che
dipingeva la moglie in una versione casalinga di Jake e Rose in Titanic!
«Dipingere
la persona che ami è un’impresa difficile ma anche
la più gratificante, è un
omaggio a ciò che lei rappresenta per te, un omaggio a
ciò che riesce a
lasciarti dentro, al modo in cui la tua vita muta drasticamente per il
solo
fatto che lei è lì con te… glielo
dovevo.»
Quanto
amore traspariva dalle sue parole! Quel dipinto era una dedica
silenziosa
all’amore che li aveva uniti, era un omaggio a tutto
ciò che avevano condiviso
in quegli anni, a tutta la loro storia… Era un messaggio
d’amore, che riusciva
ad emozionare anche chi non aveva vissuto con loro quel sentimento.
Commossa
dalla profondità dei sentimenti di Alberto, gli passai un
braccio intorno alla
vita e mi appoggiai al suo braccio: aveva trovato un modo encomiabile
per
elaborare il suo lutto e mi sentii rilassata e serena a
quell’idea, inoltre ero
sicura che quel dipinto una volta ultimato, sarebbe stato una gioia per
gli
occhi, ma anche per il cuore, dei due uomini che più di
chiunque altro avevano
amato Claudine Flaubert.
«Sì,
Claudine sarebbe fiera di te… e lo sarà di sicuro
anche Emile!»
Non
stavo più nella pelle al pensiero di vedere il volto del mio
Pel di Carota
nello scoprire che suo padre si era riappropriato della sua arte.
«Grazie
bambina mia… ed ora vieni con me e scegliti un
vestito!»
*****
Claudine
aveva un guardaroba invidiabile: nel momento in cui Alberto mi diede
libero
accesso ad armadio e cassetti (dopo mille proteste da parte mia, che
sembravo
dover violare un terreno sacro), mi decisi ad esplorare tra gli abiti
della
madre di Emile e scoprii un mucchio di vestiti bellissimi e di gran
pregio, tra
cui molti abiti da sera, che di sicuro le erano serviti per le serate a
cui
doveva aver partecipato quando era famosa. Rimasi per quello che mi
sembrò un
tempo infinito, ad osservare estasiata quel guardaroba, prima di
chiudere
l’armadio che lo conteneva e cercare qualcosa di molto
più semplice e
quotidiano. Per mia grande sfortuna però, quando finalmente
trovai qualche
abito dallo scopo decisamente modesto, scoprii che Claudine era stata
sempre una
donna minuta… Decisamente troppo magra per i miei fianchi,
che non mi
permettevano di chiudere nemmeno un abito, o di calzare anche un solo
pantaloncino! Da un lato fui sollevata di non dover indossare alcun
vestito che
fosse appartenuto a lei, ma dall’altro, il mio orgoglio di
donna fu
terribilmente ferito dalla constatazione di essere “troppo
larga”. Scesi
sconsolata al piano inferiore, indossando di nuovo i miei abiti e
Alberto
rimase interdetto.
«Beh?
Non c’era nulla che ti piacesse?»
«Oh
sì che c’era, c’era
un’immensità di roba che mi piaceva… ma
a quanto pare, non
ho la sua stessa taglia…»
«Ah,
a questo non avevo pensato… ero convinto che ti sarebbe
andato tutto alla
perfezione! Uhm… come posso rimediare, allora?»
«Alberto
non preoccuparti, davvero, appena torno a casa li lavo io, non farti
altri
problemi.»
«Non
posso permetterlo bambina, per allora quei colori saranno asciutti e
non si
toglieranno più dalle fibre, devono essere lavati ora che
sono ancora freschi…
Allora proviamo tra qualche vestito di Emile, magari scovo qualcosa di
più piccolo
che può andarti bene!»
«Ma
no Alberto, non è il caso…»
«Pasifae,
se non vuoi che ti chiami in questo modo da ora in poi, fai silenzio e
aspetta
qui, mentre cerco qualcosa che possa andarti bene.»
Detto
questo, sparì nel piano superiore, diretto
all’armadio di Emile. Tornò dopo
poco tempo con un’espressione trionfante sul viso:
«Com’è
che si dice? “Conserva che trovi”: ho scovato uno
scatolo con gli abiti di
Emile di quando era più piccolo, rovista lì
dentro e cerca se c’è un
pantaloncino e una canottiera che possano andarti bene, ci
sarà pure qualcosa
che ti entri! Ho messo tutto in camera sua, così non ti
sentirai a disagio.»
Sconfitta
su tutti i fronti da quell’organizzazione impeccabile, mi
diressi verso la mia
sfilata casalinga improvvisata.
Per
la buona pace mia e di Alberto trovai, come aveva pronosticato lui, una
canottiera e un pantaloncino che mi andavano bene, così
potei dare al padre di
Emile i miei abiti, che finirono dritti in lavatrice, non prima di
essere stati
pretrattati.
«Per
la fine della giornata dovrebbero essere asciutti, così non
dovrai tornare a
casa tua, vestita così.» Alberto mostrò
un viso soddisfatto, mentre io
d’improvviso pensai che dopotutto, era piacevole indossare
qualcosa che fosse
appartenuto al mio Pel di Carota.
*****
«Sì,
Lucien è rimasto con me mentre dipingevo, anche se ero
così concentrato da non
rendermene nemmeno conto.»
Durante
la mia sfilata improvvisata, avevo notato la scomparsa del cugino di
Emile, ma
presa com’ero dalla sconcertante verità di essere
più grossa di Claudine, non
mi ero chiesta dove fosse. Una volta trovati gli abiti giusti, scoprii
che
Lucien era andato a far la spesa, rivelandosi del tutto a suo agio con
le
strade, nonostante fosse con noi da pochi giorni. Al suo ritorno, ci
accomodammo tutti e tre a prendere una bella granita al limone, mentre
Alberto
e suo nipote mi raccontavano la loro mattinata in comune.
«Da
piccolo osservavo spesso ma soeur disegnare: mi piaceva
perché non ho alcun talento
del genere e l’invidiavo, così quando ho visto
Oncle Albert dipingere, gli ho
chiesto se potevo restare e sono stato lì con lui mentre
lavorava.»
«Ed
io ero così concentrato che nemmeno me ne sono accorto!
È stato strano
riprendere dopo tanti anni e trovare immediatamente la concentrazione,
mi è
sembrato che fosse trascorso un solo giorno da quando ho dipinto
l’ultima
volta.»
Era
bello sentire quelle parole, ma era ancora più grande la
gioia di vedere
Alberto felice di aver ritrovato la sua arte: più mi parlava
di quella
mattinata e più sentivo crescere il desiderio che Emile
vedesse il dipinto di suo
padre. Sarebbe stata di sicuro una sorpresa bellissima per lui: se io
mi ero
emozionata, il mio Pel di Carota sarebbe rimasto tutt’altro
che indifferente!
Come
se fosse stato evocato dai miei pensieri, vidi comparire Emile
sull’uscio della
cucina: rimase per qualche secondo sulla porta ad osservarci e poi
sparì, con
un’espressione cupa sul volto.
Mi
alzai immediatamente per seguirlo e lo vidi andare nel sottoscala.
Quando lo
raggiunsi, lo trovai accomodato su un gradino, intento a guardare
davanti a
lui, verso l’anticamera della saletta.
«Torna
pure da loro, eravate un bel quadretto familiare.»
«Sarebbe
un quadro più bello e completo se ci fossi anche
tu.» mi accomodai accanto a
lui e intrecciai la mia mano alla sua e come se fosse servito a dargli
coraggio, Emile iniziò a dirmi a cosa stava pensando.
«Abbiamo
definito l’accordo.» sentii la sua mano serrarsi
sulla mia, «Claudio terminerà
le incisioni e sarà con noi durante la
tournée.» poggiai la testa sulla sua
spalla per dargli conforto, «Ma non avrà
nient’altro da me, la sua presenza nel
gruppo è limitata a queste due occasioni, sono stato
irremovibile in questo!»
«Sono
fiera di te.»
«Io
no, non lo sono affatto. Ma devo guardare avanti, non posso gettare
tutto alle
ortiche per un problema personale, quindi cercherò di
sopportare e andare
avanti… Del resto è una situazione che ho creato
io ed ora ne pago le
conseguenze.»
«Ce
la farai Emile, ne sono sicura, la tua forza di volontà ti
farà superare anche
questo e dopo potrai andare avanti con i tuoi progetti, senza altri
problemi.»
«Lo
spero davvero, Pasi…»
«Perché
ora non ti distrai un po’ e non vieni su a completare quel
quadro? Anzi… a
proposito… credo che ci sia qualcosa che tu debba
vedere.»
Mi
alzai senza staccare la mia mano dalla sua e lo condussi nel
laboratorio, dove
il quadro di Alberto accentrava la visuale con i suoi colori ancora
vivi e
freschi. Emile rimase sull’uscio per qualche secondo, con lo
sguardo fisso e
concentrato sul cavalletto.
«Stamattina
tuo padre ha ripreso a dipingere.» Sentii la sua mano
lasciare la mia mentre
mosse i passi che lo separavano dalla tela. Rimase ad osservare il
dipinto e
quando mi avvicinai a lui, vidi la commozione nei suoi occhi.
Deglutì prima di
parlare con voce roca: «Era davvero bella.»
Con
un magone improvviso mi strinsi a
lui.
«Sì,
era bellissima.» Rimanemmo in silenzio, osservando quella
silenziosa dichiarazione
d’amore, immergendoci
nel mare dei sentimenti che aveva
scatenato in noi, finché sentii Emile sospirare:
«Andiamo
a completare quel quadro, allora.»
*****
Entrando
in cucina, osservammo Alberto e Lucien che conversavano serenamente,
mentre pulivano
l’insalata e i pomodori e prima che il mio Pel di Carota
s’incupisse di nuovo,
aprii il discorso sulla tela:
«Alberto,
ho mostrato ad Emile il tuo lavoro.»
Gli
tenevo nuovamente la mano, sperando che si concentrasse sui sentimenti
positivi
di quel momento. Alberto rivolse subito lo sguardo al figlio e vidi nei
suoi
occhi una calma espressione, in attesa di conoscere la reazione di
Emile.
«Hai
dimenticato i riflessi tra i capelli.»
Il
mio Pel di Carota lo guardò con la sua solita espressione
canzonatoria, ma i
suoi occhi erano ancora lucidi e trasmettevano al padre tutto il suo
affetto.
Alberto dal canto suo si aprì in un sorriso estasiato prima
di rispondergli per
le rime:
«Ho
appena iniziato ragazzo, dammi tempo e ti faccio un
capolavoro!»
Si
spostò per prendere un altro bicchiere per la granita e
strinse a sé suo figlio
con un braccio, poggiando la mano tra quei riccioli rossi
così simili a suoi:
«Nessuno
la dimenticherà, ragazzo mio.» Emile chiuse gli
occhi per qualche secondo e
portò una mano alla schiena di suo padre ricambiando quel
mezzo abbraccio
carico di amore.
«Ora
vieni a gustarti questa granita al limone fatta dal tuo
vecchio.»
Alberto
si staccò e riempì il bicchiere di Emile, che si
appoggiò al mobile ad una
certa distanza da Lucien e dopo si rivolse a me:
«Pasi,
la tua si è sciolta, ne vuoi un altro bicchiere?»
Mi
insinuai tra i due cugini, tornando al mio ruolo di ponte di
comunicazione tra
loro: «Certamente! E dopo faccio anche il bis!»
Cosa
che non avvenne, perché il capofamiglia di quella casa ci
mise tutti al lavoro,
come tante api operaie, per preparare il nostro pranzo estivo
familiare. Solo
quando arrivò il momento di accomodarci per mangiare, Emile
si accorse di un
particolare a cui non aveva fatto caso prima:
«Pasi,
cosa ci fai con i miei vestiti addosso?»
*****
Il
pranzo si svolse in tutta tranquillità: Emile non rivolse
spesso la parola a
suo cugino, ma non si espresse nemmeno in termini aggressivi, anche se
tendeva
ad usare il suo solito tono acido… Che cercavo puntualmente
di smorzare con
qualche pizzicotto vagante diretto ai suoi fianchi! Era seduto accanto
a me e
di fronte a lui c’era suo padre: entrambi monitoravamo il suo
atteggiamento,
cercando di tenere sotto controllo quella testaccia dura che si
ritrovava.
Ma
avevo capito dal suo invito, che il mio Pel di Carota stava, seppur in
modo
riluttante, tentando di abbassare il muro difensivo, per permettere a
se stesso
e Lucien di conoscersi un po’.
A
fine pranzo, Alberto ebbe un’idea geniale: lasciando i piatti
sporchi per un
po’ a se stessi, tirò fuori da qualche recesso di
quella casa, un gioco da
tavolo da fare a squadre e arbitrariamente decise che avrei giocato con
lui,
lasciando i due cugini nello stesso team!
Fui
felicissima di quella trovata, anche se avevo una certa ansia
all’idea di dover
lasciare quei due insieme, senza poter fare da
intermediaria… Ma dovevo pur dar
fiducia ad Emile, se mi fossi sempre messa in mezzo non avrebbe mai
avuto modo
di relazionarsi direttamente a Lucien e quest’ultimo
d’altronde, non sembrava
ancora esasperato dal comportamento rabbioso di suo cugino.
Quando
Alberto mi scelse in squadra con lui, vidi Emile rivolgergli
un’occhiata
intensa carica di significati: c’era sorpresa, fastidio,
probabilmente anche un
po’ di rabbia nei suoi occhi… ma vidi anche una
luce di divertimento, che si
trasformò in un sorrisetto ironico di chi ha capito i
movimenti
dell’avversario. Vidi una luce di sfida negli occhi di
Alberto e capii che la
vera partita la stavano svolgendo quei due silenziosamente, prima
ancora
d’iniziare a giocare.
Quel
gioco da tavolo, che doveva avere almeno vent’anni e che
proveniva dalla
Francia, era una specie di gioco dell’oca, che riservava
molti modi
d’interazione tra i partecipanti: i membri della stessa
squadra spesso erano
chiamati a cooperare, si trattasse di comprendere il titolo di un film
da un
disegno, stile “Pictionary” o di riunire una serie
di versi di un testo
classico, o un breve puzzle da ricomporre… Ce
n’era per tutti i gusti e mentre
io e Alberto trovammo tra di noi un’intesa perfetta, Emile e
Lucien faticarono
un po’ per capirsi, ma il mio Pel di Carota non perse mai la
pazienza e ad un
certo punto, riuscii persino a vedere un’occhiata
d’intesa tra i due cugini!
Emile
giorni prima, mi aveva ridotto il cuore in pappa dicendomi di essersi
re-innamorato di me; in quel momento provai una sensazione simile nei
confronti
di suo padre: Alberto aveva trovato un modo splendido per avvicinare
suo figlio
e suo nipote e l’affetto e la stima profonda che sentivo per
quell’uomo,
crebbero a dismisura dentro me, quel pomeriggio.
Non
c’era nulla da fare: quei due Castoldi, mi avevano
definitivamente rubato il
cuore!
E
qualche ora più tardi, quando giunse per me il momento di
andare a lavoro, il
più grande tra i due ladri, si ritrovò con aria
mortificata a scusarsi nei miei
confronti…
«Non
sai quanto mi dispiace bambina!» …
perché le macchie di colore non erano andate
via con il lavaggio, lasciando delle tracce indelebili sui miei vestiti.
«Ma
no, Alberto! Sono stata io ad attendere, tu me l’avevi detto
che dovevo cambiarmi
subito, quindi la colpa è solo mia! Vorrà dire
che ne approfitterò per fare un
po’ di sano shopping!»
In
realtà mi piangeva il cuore a vedere quel completo rovinato,
ma come avevo appena
detto, me l’ero cercata io e del resto, la gioia di vedere
Alberto davanti ad
una tela, valeva anche il sacrificio di quegli abiti! E poi tutto
sommato, non
era detta l’ultima parola, potevo escogitare ancora qualcosa
per salvarli.
«No,
no, devo assolutamente sdebitarmi con te, non posso accettare di averti
causato
un simile danno!» Alberto sembrava irremovibile, ma la sua
ansia di riparare al
danno, mi riportò alla mente la stessa convinzione che aveva
avuto Emile, nel
volermi ripagare quando rimasi la prima volta accanto a Claudine: ora
capii da
chi avesse preso quel suo senso così forte di onore e
rispetto.
«Siete
proprio due testardi!»
Mi
ritrovai a dar voce ai pensieri e Alberto non comprese
quell’affermazione:
«Eh?»
«No,
nulla, non farci caso… volevo dire che tanto già
lo so che qualsiasi protesta
da parte mia sarà inutile, giusto?»
«Esatto
bambina, quindi preparati all’idea che sarai
ripagata.»
Alberto
mi rivolse un sorriso rassicurante e deciso e davanti a quella
risolutezza,
depositai le armi, seppur inutili, che potevo avere per contrastare
quella
presa di posizione.
*****
Ritrovandomi
senza gli abiti pronti per andare a lavoro, Emile decise di
accompagnarmi a
casa, per far sì che potessi cambiarmi, senza dover andare
in giro con il
completo macchiato di colore, o anche peggio, con i suoi vestiti di
quand’era
ragazzino!
Mi
accompagnò fin davanti alla porta di casa e mentre
armeggiavo con le chiavi,
sentii le sue mani sui miei fianchi e la sua voce sussurrante dritta
nell’orecchio:
«Sai
che non sei affatto male, con i miei abiti?»
Sentii
le sue labbra tracciare dei marchi infuocati sul mio collo e di colpo
le chiavi
mi caddero di mano: «Emile… devo andare a
lavoro…» la mia voce non era affatto
convinta, ma il mio cervello aveva ancora un angolo di
razionalità attivato,
che mi permise di ragionare ancora…
«Lo
so…» …ma non avrei scommesso sulla sua
durata.
«…per
questo ora scenderò e ti aspetterò giù
in auto: ti accompagno a lavoro, così non farai
tardi.»
Dopo
avermi dato un bacio che
mi tolse tutta
la poca voglia di fare la brava ragazza diligente, si staccò
da me, con un
sorrisetto soddisfatto sul viso e iniziò a scendere le
scale, lasciandomi come
un’idiota davanti alla porta di casa.
*****
«Testarossa,
hai pensato dove andare in vacanza?»
«In
vacanza?»
«Sì,
in vacanza… hai presente: spiaggia, amici, niente
lavoro?»
«Sì
sì, certo, ma non ho capito perché ti viene in
mente ora e qui.»
Era
trascorso un po’ di tempo dall’ultima volta in cui
io e Stè eravamo andati a
trovare Simona, così appena ci ritrovammo di nuovo un
pomeriggio libero, ne
approfittammo per riprendere quell’abitudine.
«Beh,
perché ormai siamo in pieno periodo estivo e dovremmo pur
pensarci… Chissà gli
altri che hanno in mente di fare…»
«È
vero, non mi ero nemmeno resa conto che fosse giunto il momento delle
vacanze…
e pensare che fino all’anno scorso non vedevamo
l’ora che giungesse questo
periodo!»
«Eh
già… però devi mettere anche in conto,
che in un anno sono cambiate un po’ di
cose…»
Testa
di Paglia aveva pienamente ragione, erano cambiate così
tante cose in nemmeno
un anno: non eravamo più studenti delle superiori, il cui
nostro unico pensiero
era studiare per superare le interrogazioni e nel mio caso, avevo
stravolto
così tanto la mia vita, che se solo riportavo la mente a
quella che ero stata
dodici mesi prima, mi sembrava di pensare ad un’altra persona.
«Hai
ragione Stè, quante cose sono cambiate!»
«Quindi
mi sembra doveroso farci una vacanzetta tutti insieme come al solito,
non
credi?»
«Verissimo!»
Sorrisi
all’idea di trascorrere le ferie con i miei amici in tutta
serenità, ma subito
dopo pensai alla giornata in spiaggia di qualche giorno prima e mi resi
conto
che c’era un problema di fondo, che comprendeva parte di quei
cambiamenti che
mi avevano sconvolto la vita…
«Che
c’è Testarossa? Ti sei rabbuiata
all’improvviso… si tratta di Emile? È
compreso
anche lui nel gruppo, non volevo mica lasciarlo a casa!»
Sarebbe
stato bello avere anche il mio Pel di
Carota con noi, ma allo stato attuale delle cose, avevo forti dubbi
sulla sua
presenza…
«Stè…
io volevo parlarti proprio di questo…»
«Delle
vacanze? Non vieni?»
«No,
non si tratta delle vacanze… ma di Emile… e di
come si comporta con te…»
Chinai
il capo, incapace di affrontare la sua reazione alle mie parole
«Non è stato
gentile con te l’ultima volta e mi dispiace davvero tanto,
è stato un
comportamento che mi ha mandato in bes…»
«Non
preoccuparti, Pasi.»
«Eh?»
Alzai la testa sorpresa.
«Non
è la prima volta che la nostra amicizia crea qualche
dissapore, non è vero?»
Il
mio legame con Stè, era sempre stato oggetto di contesa con i miei ex ragazzi e supposi
che anche da parte
di Testa di Paglia, ci fosse stato motivo di litigio spesso e
volentieri con le
sue ex compagne, nel vedere l’intesa che ci legava. Ma
nonostante tutto il
nostro legame era durato e probabilmente, anche in quel caso
Stè doveva essere
sicuro che il tornado della gelosia sarebbe passato, o almeno
diminuito, in
qualche modo.
«Sì…
è vero.»
«Mi
sono reso conto che Emile prova astio nei miei confronti ed
è vero che non è
piacevole sentirsi addosso le sue battute acide e la sua espressione
cupa, ma ormai sono
così abituato a ricevere gli
sguardi infastiditi dei tuoi ragazzi, che non ci faccio nemmeno
caso!» Fece una
breve risata prima di continuare «Anche a me è
capitato qualche volta e ho
sempre fatto notare alla ragazza di turno, che se io e te avessimo
voluto avere
una storia, non avremmo certo aspettato tutti questi anni,
giusto?» Feci un
cenno affermativo col capo «Perciò,
finché io e te difenderemo la nostra
amicizia, non c’è ragazzo o ragazza che possa
infastidirmi, se ne dovranno fare
una ragione, prima o poi!»
Mi
mostrò uno dei suoi sorrisi più belli e sinceri,
poggiando la sua mano sulla
mia spalla: commossa da quella manifestazione di affetto incondizionato
e dalla
fiducia che nutriva nel nostro legame, l’abbracciai forte,
sollevata all’idea
che il comportamento di Emile non lo stesse ferendo.
A
quel proposito, mi venne in mente un particolare: «Sofia ci
tiene davvero a te
Stè, non l’avrei mai immaginato di sentirla mentre
ti difendeva!»
«Sofia
ha preso le mie difese? Per la miseria, questa sì che
è una sorpresa!
Evidentemente il mio fascino colpisce ancora!»
Si fece una grande risata finché non si
fermò di colpo «Aspetta un
attimo… ma perché ha dovuto difendermi?»
«Ehm…»
ma perché non tenevo mai la bocca chiusa?!
Ero
stata così felice che Stè non avesse assistito al
battibecco tra me e Sofi ed
ora rischiavo di dovergli dire tutto all’improvviso! Sperai
che qualcosa
d’inatteso lo distraesse e mi salvasse… ma chi
poteva mai venire a salvarmi in
un cimitero?
«Bonsoir
Pasi, bonsoir Stefano.»
Se
prima avevo avuto qualche dubbio, in quel momento ne ebbi la certezza:
Lucien
era un angelo del Signore, sceso dal Cielo per salvarmi la pelle!!
«Lucien!
Che bello vederti!»
Gli
mostrai un sorriso a cinquantadue denti e lo sguardo più
grato di cui fossi
capace, prima di abbracciarlo, presa dalla gioia di essermi salvata
all’ultimo
secondo. Dal canto suo, il mio biondo salvatore rimase
interdetto dalla foga del mio abbraccio, così
mi staccai immediatamente, anche perché Stè
doveva ancora salutarlo.
«Ciao
Lucien! Che ci fai qui? Non è proprio un luogo frequentato
dai giovani!»
«Sono
venuto a portare dei fiori a Tante Claudine… volevo stare un
po’ con lei.»
«Per
la miseria ragazzi, come siamo tristi! Chi lo direbbe mai che abbiamo
vent’anni, trascorriamo più tempo nei cimiteri che
a divertirci!»
La
battuta di Stè era di una verità
sconcertante: non ricordavo più quanto tempo fosse
trascorso, dall’ultima volta
che eravamo usciti con il solo scopo di stare insieme e divertirci,
sembravamo
davvero dei cinquantenni!
«Hai
proprio ragione Testa di Paglia, dobbiamo organizzare
un’uscita, così anche Lucien
potrà divertirsi un po’»
Ancora
non mi capacitavo di come il cugino di Emile non fosse fuggito via per
troppa
noia: con il mio Pel di Carota che a stento gli rivolgeva la parola ed
io che
non sempre riuscivo a fargli compagnia, senza contare che quando
accadeva si
ritrovava immischiato in discussioni astiose o visite funebri, se fossi
stata
nei suoi panni, sarei corsa via a casa dopo qualche giorno!
«C’è
una band che si esibisce stasera al Dada,
potremmo andare a sentirli, che te ne pare? Uhm… sperando
che ad Emile
piacciano!»
Stè
si fece una grande risata ed io mi feci piccola per
l’imbarazzo: Testa di
Paglia sapeva ridere di tutto, ma quell’argomento era ancora
troppo spinoso per
me e non riuscii a sentirmi in grado di affrontarlo con la sua stessa
leggerezza.
«Beh,
se a mon cousin non piacciono, vorrà dire che li ascolteremo
da soli.» Lucien
mi mise una mano sulla spalla in segno d’incoraggiamento
mentre Stè gli dava
man forte:
«Sono
d’accordo, chi ci ama ci segue, il resto, che rimanga anche a
casa!»
Scambiandosi
un’occhiata d’intesa, quei due sorrisero
all’unisono e mi resi conto che se
Emile ci stava mettendo un po’ a legare con suo cugino,
Stè aveva accorciato le
distanze con Lucien nel giro di un battito di ciglia! Senza contare che
erano
anche accomunati dall’astio di Emile nei loro
confronti… Nonostante quel
pensiero amaro, vederli così affiatati mi fece sorridere e
mi rese felice: ero
sicura che quei due sarebbero andati d’accordo.
«Allora
è deciso! Chiamo gli altri, Testarossa, anche se ho seri
dubbi che si uniranno
a noi… Chiamo anche Sofia, ok?»
«Perfetto
Stè!»
Ovviamente,
Emile declinò l’invito, ma quella volta non
avrebbe potuto fare altrimenti:
aveva una riunione col produttore per riprendere i fili da dove erano
stati
abbandonati. C’erano ancora dei brani da registrare, le foto
da fare e tutta la
grafica dell’album da decidere e dovevano farlo anche alla
svelta, per rientrare
con i tempi di produzione… Decisamente non avrebbe potuto
essere dei nostri,
anche volendo!
«Tu,
Stefano e Lucien insieme? Avrò seri problemi a concentrarmi
stasera!»
«Ma
non ci saremo solo noi! Ci saranno anche Rita e Sofi… Fede
non ha potuto unirsi
a noi, ma gli altri ci sono tutti!»
Eravamo
a telefono e non potei vedere l’espressione del suo volto, ma
lo sentii
sospirare rassegnato:
«Non
posso che fidarmi di te… divertiti allora.»
«Lo
spero… vorrei tanto che ci fossi anche
tu…»
«Pasi,
lo sai che proprio ora non posso, anche volendo.»
«Sì
lo so, lo so, era solo uno sfogo…
In
bocca al lupo per stasera e fallo nero!»
Cercai
di non pensare al mio senso di vuoto per la sua ennesima assenza,
concentrandomi sull’appoggio che volevo sentisse da parte
mia, prima di
affrontare Claudio; non era il caso che facessi la ragazzina immatura
ed
egoista, non in quel frangente!
«Crepi…
a domani streghetta.»
«A
domani testone.»
*****
Il
Dada… sembrava trascorsa
mezza vita
dall’ultima volta che c’ero stata, quella sera in
cui sentii Emile cantare per
la prima volta…
Mi
fece uno strano effetto ritornarci: fu come
viaggiare nel tempo ma in modo alterato; guardando le pareti di quel
locale mi
venne in mente tutta l’atmosfera della volta precedente, la
folla, la mia
sensazione di attesa e lo sconvolgimento totale che subii nel momento
in cui
sentii la voce del mio Pel di Carota. Ero immersa in quei ricordi con
un
sorriso estatico sul volto, nel ripensare alla mia inutile lotta
interiore, per
combattere ciò che stava facendo breccia nel mio cuore. Se
non mi fossi
lasciata andare a ciò che provavo avrei perso tutto quello
che avevo vissuto in
quei mesi: avrei perso Claudine, avrei perso Alberto… avrei
perso Emile. E
avrei perso persino Lucien, che in quel momento mi osservava divertito:
«Qualcosa
non va, Pasi? Sembri Siddharta che raggiunge il Nirvana, hai un sorriso
estatico sul viso come se stessi ammirando qualcosa che non possiamo
vedere.»
Feci
un sorriso, pensandomi come un flaccido buddha calvo in atto di
perdersi in
meditazione.
«Ero
immersa nei miei pensieri… e nei ricordi. È qui
che ho sentito Emile cantare la
prima volta.»
«Ah!
Non sono ancora riuscito a sentirlo: è bravo?»
«Sì,
è bravo Lucien, è straordinariamente bravo!
Claudine sarebbe fiera di lui.»
«Mi
piacerebbe ascoltarlo, ma presumo che dovrò attendere che
l’album sia messo in
commercio.»
«Sarebbe
meglio se lo sentissi dal vivo, lo apprezzeresti ancora di
più, ne sono certa!
Chissà che non si esibiscano prima di iniziare il
tour!»
Mi
sarebbe piaciuto che Lucien avesse avuto la possibilità di
ascoltare suo cugino
dal vivo; ero così orgogliosa di lui, volevo che tutti
comprendessero il suo
talento al meglio delle sue capacità e nei live Emile era
inimitabile!
«Piacerebbe
anche a me, Pasi… vedremo se ci
riuscirò.»
In
quel momento percepimmo la presenza di Rita che era appena riuscita ad
entrare
e aveva ascoltato una parte della nostra conversazione:
«Quanto
ti fermi qui, Lucien?»
Il
cugino di Emile le stava simpatico: del resto Lucien riusciva ad
attrarsi le
simpatie di tutti col suo modo di fare pacato e socievole, Emile a
parte
s’intende, ovviamente…
Persino Sofi
sembrava meno acida quando c’era lui! Sembrava avere lo
stesso dono di Fede di
calmare gli animi e a quel pensiero mi intristii pensando che il mio
amico non
era dei nostri quella sera, ma aveva avuto un’emergenza in
famiglia e non
poteva lasciare: i suoi genitori erano via e una delle sue sorelle
aveva la
febbre e non poteva di certo lasciarla a se stessa, per venire a
divertirsi con
noi.
«Beh…
a dir la verità non so ancora… Oncle Albert mi ha
detto che posso restare
quanto voglio ed io sono contento di essere qui… quindi non
so.»
«Allora
rendiamo produttiva questa permanenza!»
Stè
arrivò in quel momento e portò un braccio intorno
al collo di Lucien: «Visto
che sei qui, che ne diresti di fare da insegnante a me e Testarossa?
Stiamo
cercando d’imparare il francese da soli, ma con un
madrelingua sarebbe ancora
meglio.»
«Allora
hai deciso di torturarlo, Stefano! Dovrebbe avere una pazienza degna di
un
santo con te e Pasi!» Sofia era arrivata insieme a Testa di
Paglia e come al
solito, non ebbe alcuna remora a dire la sua, per cui la stuzzicai: «Sofi
perché non ti unisci a noi? Così vedrai
quanto siamo bravi io e Stè!»
«Perché
non continuiamo il discorso comodamente seduti? Prendiamo posto, prima
che si
riempia il locale.»
In
sua mancanza, Rita faceva le veci del proprio ragazzo riportandoci
all’ordine e
con tutte le ragioni, dato che stavamo bloccando l’ingresso
del locale, quando
c’erano ancora alcuni tavoli disponibili per noi e le nostre
chiacchiere. Ci
accomodammo in un punto un po’ distante dal palco, ma che
favoriva la
conversazione, almeno finché non si fossero abbassate le
luci.
Qualche
minuto prima che si animasse il palco, mi arrivò un sms e
con tutta sorpresa mi
accorsi che era di Emile:
Sto per
entrare nella casa discografica, dimmi
che andrà tutto bene.
Sentii
una stretta al cuore, rendendomi conto che il mio Pel di Carota mi
stava chiedendo
palesemente un appoggio e ringraziai il Cielo per aver deciso di
mettere il
cellulare in bella mostra, in modo da sentire l’arrivo di
qualsiasi chiamata.
Non osai nemmeno pensare cosa sarebbe accaduto, se non avessi letto
quella
richiesta di aiuto in tempo!
Andrà
tutto bene, sono lì con te.
*****
Il
gruppo che si esibiva quella sera non era male: trascorremmo un paio di
ore in
loro compagnia e furono gradevolissime, i volti dei miei compagni erano
tutti
sereni, persino Sofi si fece trasportare dalla musica andando a tempo
con le
mani! E quando terminò l’esibizione, Lucien mi
gratificò di una confidenza:
«Ho
sempre ammirato tutte le persone dotate di talento artistico: mia
sorella è
abile nel disegno e mio fratello fa teatro… Io sono
l’unico a non aver
ereditato una tale qualità in famiglia, per questo cerco di
dare il meglio di
me nelle cose che faccio… Mi sarebbe piaciuto riuscire a
creare qualcosa o a
trasmettere qualche
sensazione a chi mi
ascolta, dev’essere appagante riuscire a trascinare il
pubblico, come ha fatto
questa bande ce soir.»
Capivo
benissimo i sentimenti di Lucien: per anni ero stata la pecora nera
della
famiglia, che guardava alla sorella amata da tutti e invidiava la sua
perfezione
agli occhi degli altri. Non doveva essere facile per lui, convivere con
due
talenti e risultare l’unico “normale” in
una famiglia di artisti… Senza
mettere in conto
che si ritrovava anche
un cugino cantante e uno zio pittore!
«Ti
capisco Lucien, anche io ammiro tutte le persone dotate di talento
artistico…
ma non devi abbatterti, ognuno di noi ha qualcosa di unico in
sé; non saremo
degli artisti, ma avremo di sicuro tante altre
qualità.»
«Oui,
c’est vrai Pasi, hai ragione… a proposito, se
volete posso darvi davvero
lezioni di Francese, tanto non ho nessun impegno.»
Mi
guardò sorridendomi sereno e fui felice di riuscire a farlo sentire utile.
«Sarebbe
bellissimo, Lucien! Con te accanto impareremmo di sicuro prima,
rispetto a quelle
tristi lezioni in DVD!» Mi girai in direzione di Testa di
Paglia per dargli la
bella notizia:
«Stè,
abbiamo un insegnate! Lucien ha accettato di aiutarci col
Francese!»
«Lucien,
sei sicuro di quello che fai? Non sai a cosa vai incontro!»
«Sofi,
ma tu da quando, sai come studiamo io e Stè?»
«Mi
basta immaginarlo Pasi, se vi conosco anche un po’ di quanto
penso, manderete
al manicomio Lucien dopo due giorni!»
«Allora
vieni anche tu, assisti a qualche lezione e vedrai quanto siamo
diligenti!»
«Non
ci penso nemmeno, il Francese lo conosco e non ho intenzione di perdere
tempo
nel risentire cose che già so.»
«Sophie,
veux-tu danser avec moi?» Lucien si era alzato
d’improvviso invitando Sofi a
ballare con lui, approfittando di una canzone lenta che era in
diffusione
all’interno del locale, ed ebbe l’effetto di far
arrossire Sofi e di zittirla
di colpo!
«Eh?
N-No… io non ballo.»
«Oh,
peccato, allora c’è qualcosa che anche tu non sai
fare.»
Lo
sguardo di Lucien era gentile, ma quella frase mi sembrò a
tutti gli effetti
una frecciatina, che riuscì a mettere la lingua lunga di
Sofi in un angolo e fece
salire di buon grado la mia stima nei suoi confronti: non so se aveva
intenzionalmente detto quella frase, per azzerare
l’acidità di Sofia o perché
voleva solo fare un commento bonario, ma il risultato che ottenne fu
grandioso,
perché non avevo mai visto Sofi così imbarazzata!
A
quel punto Rita d’improvviso si alzò:
«Pasi devo andare in bagno, vieni con me?»
Mi
guardò con un’espressione complice, che
sottintendeva che c’era qualche
chiacchierata a quattr’occhi in arrivo e senza obiettare la
seguii. Giunte nel
bagno, mi trascinò con sé nella cabina e a voce
bassa iniziò a parlare con fare
confabulatorio: «Pasi…
ho l’impressione
che a Sofia piaccia Lucien!»
«COSA???!!!»
Alzai
il volume della mia voce senza pensarci: Sofi nelle vesti di una
giovane innamorata,
non ce la vedevo proprio... e poi mi sembrava che non fosse
particolarmente
presa dal cugino di Emile!
«Ne
sei sicura, Rita? Io non vedo nulla di strano nei suoi
atteggiamenti…»
«Rifletti
bene: quand’è stata l’ultima volta che
è uscita con noi, per sentire un gruppo
musicale? Non ti sembra strano che proprio questa volta sia
venuta… Occasione
in cui casualmente, è presente anche Lucien. E hai notato
com’è arrossita,
anziché rispondergli per le rime?! Te lo dico io, Sofi si
è presa una cotta per
lui!»
Rita
conosceva Sofi senza dubbio meglio di me e di sicuro sapeva leggere nel
cuore
delle persone meglio di quanto facessi io... Se i suoi sospetti erano
veri,
quell’estate si prospettava davvero interessante!
Però questo significava anche,
che avrei dovuto indagare se Lucien ricambiasse o meno
l’interesse nei
confronti di Sofi… Avrei dovuto escogitare qualche modo per
carpirgli la verità
senza farmi scoprire… ce l’avrei fatta? Avevo
qualche dubbio in proposito, ma
la curiosità di sapere, stava avendo il sopravvento!
Per
il resto della serata feci attenzione a tutti gli atteggiamenti di Sofi
e
Lucien e notai che in effetti, la piccola del gruppo tendeva ad essere
silenziosa
quando Lucien parlava e non gli rivolgeva la parola che in rare
occasioni.
Lucien dal canto suo era gentile e cortese come al suo solito con
tutti, era
quindi difficile cercare di capire se provasse qualcosa di differente
verso
Sofi rispetto al resto del gruppo… Avrei dovuto organizzare
qualche altra
uscita, per verificare le teorie di Rita!
Impegnata
com’ero a carpire i segreti dei cuori di Sofi e Lucien, la
serata volò via in
un batter d’occhio e senza rendermene conto ci ritrovammo
presto a dover
rientrare a casa, onde evitare di avere tutti il volto di uno zombie il
giorno
dopo, per mancanza di sonno. Arrivata a casa mia mi struccai subito, mi
misi il
mio pigiamino e sdraiata comodamente nel letto, mandai un sms ad Emile,
senza
nemmeno sapere se fosse sveglio o meno:
Com’è
andata la serata? Mi
sono appena buttata sul letto… Vorrei tanto
averti accanto ora…
Lasciai
il cellulare acceso, ma dubitavo fortemente che Emile fosse ancora
sveglio:
quella riunione doveva averlo sfiancato di sicuro, togliendogli tutte
le
energie! Mi distesi nel letto, cercando una posizione comoda che mi
conciliasse
il sonno, quando sentii l’arrivo di un sms e di colpo gli
occhi si aprirono per
la sorpresa:
È andata bene,
come mi avevi detto tu: sono
riuscito a non saltargli al collo. :) Forse dopotutto,
potrò farcela a sopportarlo…
Mi manchi anche tu streghetta, appena sarò più
libero rimedierò. Sogni d’oro.
Presa
da un momento di malinconia feroce, baciai il display del mio cellulare
fermo
su quell’sms e dopo aver mandato la buonanotte al mio amato
Pel di Carota,
trovai la posizione giusta e mi addormentai.
_________________________________________________
Bonjour = Buongiorno
Oui = Si
Mon Cousin = Mio cugino
Trés difficile = Molto difficile
Notre famille est difficile = La nostra famiglia è difficile
Maman = Mamma
Oncle = Zio
Moi = Io
Ma chère = Mia cara
Soeur = Sorella
Bonsoir = Buonasera
Ce soir = Questa sera
Oui, c’est vrai = Si, è vero
Veux-tu danser avec moi? = Vuoi ballare con me?
________________________________________________
NDA
Hola mie care, come
state? Innanzitutto, vi chiedo perdono per l'attesa, mi rendo conto che
questi ultimi capitoli ve li sto facendo sudare, ma è una
fatica anche per me, perchè posso dirvi ufficialmente che
non ci sono ancora capitoli pronti! Il 27
è in fase di gestazione e spero di poterlo completare al
più presto per non farvi attendere troppo, ma siate
comprensive se ci saranno ritardi, non sempre ho tempo per mettermi a
tu per tu con Pasi ed Emile e non sempre ho l'ispirazione...
è una dura lotta, ma ce la faremo!!!
Come vi è
sembrato questo capitolo? Personalmente sono legata
alla decisione di Alberto di dipingere Claudine, perchè fa
parte della prima stesura di questa storia e perchè
è stata di forte impatto per me, mentre la scrivevo
(sorridevo come una scema xD).
Spero comunque che in
generale questo capitolo vi sia piaciuto quanto piace a me ^_^
Angolo dei Ringraziamenti
Cosa posso
dire ancora per farvi capire quanto vi adori, e quanto
il vostro interesse e la vostra partecipazione a questa storia sia
stata importante per farmi andare avanti?
Siete il mio sostegno, e mi donate tanto affetto anche solo chiedendomi
"Ma quando pubblichi?" <3
Passo quindi a
ringraziarvi tutte tesore mie:
Iloveworld/Fiorella Runco,
la mia tomodachi/beta/madrina, una presenza insostituibile <3
Saretta,
Vale,
Niky, Concy, le mie sisters sempre
presenti e pronte alla recensione fulminea, che amano i miei
bimbi con un trasporto tale da farmi commuovere!
Cicci, Ana-chan
ed Ely che mi appoggiano in differita
^ ^
Kira1983, la mia adorata admin, che in
un battibaleno si è messa alla pari delle sisters
più affezionate <3
ThePoisonofPrimula, che oltre ad aver cercato, con
pazienza e passione, di dare un volto a tutti i miei bambini, mi ha
anche fatto pubblicità permanente sul suo profilo qui su
EFP!!! <3 __ <3
Dreamer_on_heart, anche lei diventata
una delle mie sostenitrici più ferrate nel giro di un
battito di ciglia *_*
E ovviamente, grazie un milione
di volte e sempre di più a tutte voi che
avete aggiunto questa storia tra le preferite, le ricordate e le
seguite:
Crescete in continuazione e mi rendete ogni volta più felice
e soddisfatta! :D
ARIGATOU GOZAIMASU
MINNA!!!!!!!