Capitolo 27
Trascorse
qualche giorno da quella sera al Dada
e mi resi conto che le cose ad Emile iniziavano a girare per il verso
giusto, per
il semplice fatto che non lo vedevo più. Stava recuperando
il tempo perso
dietro i problemi creati da Claudio e tra il lavoro in bottega e le
riunioni in
studio, comprese di registrazioni, aveva a mala pena il tempo di darmi
la
buonanotte la sera.
Non
era facile per me saperlo così preso e distante, ma a
differenza delle
occasioni precedenti, ero davvero felice che fosse così
impegnato: Emile non
poteva vivere senza la musica, non poteva essere diviso dal suo
obiettivo e
quando lavorava per raggiungerlo era più sereno,
più appagato, più forte. Ed
era quell’Emile che volevo vedere, quello che aveva il fuoco
nello sguardo,
quello che non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di raggiungere i
suoi
propositi. Non volevo più vederlo abbattuto e sconfitto e
con l’immancabile
senso di colpa nello sguardo: anche se era lontano da me in quelle
sere, sapevo
che stava lavorando per mandare via quell’aria sconfitta
dalla sua anima e ne
ero felice. Ed era con quel pensiero che mi facevo forza, aspettando
pazientemente il momento, in cui ci sarebbe stato posto anche per me.
Decisi
quindi di concentrarmi su altre questioni per non farmi prendere dalla
malinconia.
E
l’argomento che più mi stava interessando in quei
giorni era l’idea di Sofia
innamorata. Morivo dalla voglia di sapere se i sospetti di Rita fossero
veri,
ma non potevo chiedere a Sofi di punto in bianco: “Scusa, ma per caso ti piace Lucien?”;
di sicuro stavolta mi avrebbe
chiuso la porta di casa in faccia per non aprirla più!
Pensai persino di
parlarne direttamente con Lucien, ma sarei stata di nuovo una grande
impicciona
in quel modo…
Mi
stavo arrovellando su come comportarmi quando mi venne in mente il mio
completo
rovinato dai colori di Alberto: Sofia era una perfetta casalinga
risparmiatrice
e probabilmente avrebbe potuto aiutarmi a trovare un modo di recuperare
quei
vestiti senza doverli buttare… £ magari nel
frattempo, sarei riuscita a carpire
qualche informazione dalla mia criptica amica!
Mi
congratulai con me stessa per quel colpo di genio e mi diressi da Sofi,
approfittando del pomeriggio libero: avevo il turno notturno a lavoro e
potevo
concedermi qualche ora di svago prima di andare a chiudermi in quella
rovente
cucina… Lavorare accanto ai fornelli, al chiuso, durante la
stagione estiva,
non era affatto piacevole e mai come in quei giorni avevo desiderato
l’arrivo
del freddo!
Quando
bussai alla porta di casa di Sofi, venne ad aprire suo padre:
«Oh,
ciao Pasi, che piacere vederti qui.»
Non
avendo frequentato quella casa molto spesso, erano state poche le
occasioni in
cui avevo incontrato quell’uomo, ma ogni volta mi faceva
sempre lo stesso
effetto. Il padre di Sofia era stato schiacciato dalla vita, era un
uomo
dall’aspetto minuto e il suo atteggiamento generale era di
totale remissività.
Il divorzio dalla moglie doveva averlo distrutto e a distanza di tanti
anni,
ancora non riusciva a riprendersi da quel colpo che doveva aver minato
tutte le
sue fondamenta. Sofi non amava parlare di lui, quindi sapevo ben poco
al
riguardo, ma per quello che riuscivo a percepire da
quell’uomo, sentivo in lui
un carattere remissivo e poco incline alla rabbia e probabilmente sua
figlia
doveva aver ereditato da lui quel suo modo tranquillo di vivere la
vita. Ma
Sofi aveva anche una determinazione nello sguardo che invece era
totalmente
assente in quello del padre, che sembrava voler chiedere scusa al mondo
per la
sua esistenza. Provai pena per lui e mi chiesi come vivesse la sua vita
e come
Sofi vivesse quella situazione familiare disastrata… ma
sapevo che queste domande
non avrebbero avuto risposte, almeno non nell’immediato
futuro, se volevo
continuare ad avere Sofia come amica.
«Buonasera,
c’è Sofia?»
Che
domanda inutile, era ovvio che fosse in casa, ma proprio non avevo
argomenti
con quell’uomo, mi sentivo a disagio con lui.
«Certo,
entra pure, Sofia è in camera sua.»
Sorridendo,
mi accomiatai da suo padre e mi diressi verso la tana di Sofi, il luogo
in cui
amava trascorrere le sue giornate. La trovai intenta a leggere: era
arrotolata
su se stessa, seduta di traverso sulla poltrona in camera in sua, talmente assorta dalla
lettura, da non
essersi nemmeno resa conto che fossi entrata! Schiarii la voce per annunciarmi ma
non sortii alcun
effetto, allora mi avvicinai riprovando ad annunciarmi ma ottenni lo
stesso
risultato…
Iniziai
a pensare che si fosse addormentata in quella posizione, vinta dal
caldo
pomeridiano… Allungai una mano davanti al suo viso,
spostandola in alto e in
basso per disturbarle la visuale e la vidi saltare per la sorpresa:
«Ma
che dia… Pasi!!! Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Mi
sono annunciata due volte, Sofi! Sei diventata sorda per
caso?»
«Ma
no, avevo gli mp3
nelle orecchie, vedi?» Mi
mostrò gli auricolari, che stava
repentinamente staccando dalle sue orecchie.
«Ah,
ecco spiegato perché non mi sentivi! Ma leggi e ascolti
musica
contemporaneamente?»
«Sì,
la musica mi fa da sottofondo per isolarmi da tutto il
resto… e dai programmi
idioti che mio padre vede in tv!»
«Ah…capito…»
Ecco la nota sarcastica puntuale come sempre… iniziavo a
preoccuparmi
sentendola così gentile e conciliante!
Eppure
c’erano dei momenti in cui Sofi sapeva essere davvero una
persona tranquilla e
pacifica, ma ultimamente stava proprio dando il peggio di sé
con l’acidità!
Forse derivava dal momento che stava attraversando… ammesso
che ci fosse un
momento particolare nella sua vita in quel periodo! Mi esplose nella
mente il
nome Lucien , ma cercai di accantonarlo: ero lì per chiedere
un aiuto a Sofi, o
almeno quello doveva risultare il motivo principale e non potevo usare
la
parola Lucien prima di averle chiesto se potesse salvarmi gli abiti.
«Pasi…
perché ogni volta che vieni qui, t’incanti? Inizio
a pensare che casa mia sia
stregata, non è possibile che riesca ad ammutolirti in
questo modo!» Sofia
come al solito mi destò dai miei
pensieri e mi affrettai a risponderle:
«Sì,
scusami… ero sovrappensiero…»
Mi
guardò in silenzio studiandomi per qualche secondo.
«Qual
buon vento ti porta da queste parti? Vuoi continuare il discorso
iniziato sulla
spiaggia?»
Avevo
del tutto dimenticato i miei propositi di parlarle di
quell’evento! Presa dalla
mia curiosità nei suoi confronti e risollevata dalla
consapevolezza che Stè non
fosse ferito dalle parole aspre di Emile, non avevo più dato
peso all’idea di
parlare anche con Sofia, in merito a quella spiacevole
discussione… Anche se
dirle che Stè non era ferito, come lei melodrammaticamente
aveva suggerito,
poteva essere una piccola rivincita nei suoi confronti.
«Diciamo
che è incluso nel pacchetto, ma il motivo principale
è un altro: ho bisogno di
un aiuto casalingo!»
*****
«Uhm…
questi abiti sono conciati davvero male… hai ridipinto
casa?»
«No,
non ero io a dipingere… Alberto sta facendo un ritratto di
Claudine!»
Lo
dissi orgogliosa e piena di gioia e il mio sorriso doveva essere
davvero ampio,
perché vidi alleggerire quell’espressione
perennemente seria su volto di Sofi .
«Alberto
è il padre di Emile, giusto?»
«Sì,
è lui e non dipingeva da vent’anni!»
«Capisco…
quindi ti sei gettata su di lui, incurante che fosse sporco di pittura
e questa
è la conseguenza!»
«Sì…
ero troppo felice di vederlo dipingere di nuovo e come se non bastasse,
stava
facendo un ritratto alla donna che amava… l’amore
della sua vita… È così
romantico!»
Sofi
mi guardò interdetta e in seguito abbassò lo
sguardo, facendo un mezzo
sorrisino: «Sembri una bambina quanto ti entusiasmi per
queste romanticherie.»
«E
come potrei non farlo, Sofi! Alberto ha un amore così
grande, così sconfinato
per sua moglie… Anche ora che Claudine non
c’è più, lui la porta sempre nel
cuore: cosa c’è di più bello e
romantico?»
«Ah
nulla, certo… Se fossi una persona romantica probabilmente
ora starei
saltellando per la casa insieme a te, ma non è questo il
caso, quindi mi limito
ad osservare te e a prendere atto degli eventi.»
Certe
volte con le sue parole, Sofi riusciva ad inaridire qualsiasi
situazione…
«Scusa
un attimo, ma tu non eri quella che ci ha raccontato della leggenda del
Filo
Rosso del Destino? Non eri quella che sosteneva che alcune persone,
sono
destinate ad avere un legame per sempre?»
«Quante
volte te lo devo dire, Pasi? Sì, è vero che
alcune persone sono destinate a
legarsi, ma questo non significa che quel legame porterà
felicità, o che sia il
legame del “Grande ed Eterno Amore”…
bisogna essere realistici nella vita,
Pasi, i legami di coppia non sono eterni, anzi, sono quelli
più fragili in
assoluto!»
«Tu
non credi all’amore, Sofi?»
Mi
venne spontaneo farle una domanda simile, non avevo nemmeno pensato che
la sua
risposta potesse portarmi a saperne di più su ciò
che provava per Lucien
(ammesso che Rita avesse visto giusto) e me ne resi conto solo in
seguito.
«Credo
che uomini e donne siano fatalmente attratti gli uni dalle altre e
viceversa,
ma non riesco a vedere gioia in questo Pasi: i legami di coppia sono
devastanti
quando non funzionano e di solito quest’ultimo è
il caso più frequente.»
Con
l’esempio che aveva in famiglia, di una madre totalmente
assente e un padre che
ancora soffriva per l’abbandono della moglie, Sofia non
poteva che avere un
concetto triste e depressivo dell’amore.
«E
se ti capitasse d’innamorarti, cosa faresti?»
Probabilmente
con quella domanda mi ero giocata le confidenze di Sofia, era
un’invadenza non
richiesta in un campo del tutto personale, ma eravamo pur sempre amiche
e mi
aveva detto che avrebbe fatto uno sforzo per aprirsi di più
a me… Così sperai
in quel dieci per cento di probabilità che avevo, di
riuscire ad ottenere una
risposta da Sofi, che non fosse un “Questo
non ti riguarda”. Vidi però il suo volto
irrigidirsi e farsi più cupo… mi
sembrò persino che fosse arrossita… Forse Rita
non era davvero andata lontano
dalla verità!
«Spero
che non mi accada… che non accada mai!»
Il
suo tono era terribilmente serio e determinato: Sofi aveva paura
d’innamorarsi!
In
quel momento mi resi conto di riuscire a capirla: prima
d’incontrare Emile
avevo la sua stessa paura, lo stesso terrore di perdermi in un
sentimento che
mi annullasse, che mi portasse ad essere chi non volevo e che mi
devastasse
psicologicamente com’era accaduto nei casi precedenti: Sofia
aveva visto in che
stato ero, aveva visto la sofferenza di Rita quando lei e Fede si erano
lasciati e vedeva il dolore di suo padre da decenni!
«Ti
capisco sai? Forse questa è l’unica cosa che ci
avvicina davvero: avevo la tua
stessa identica paura anche io, ricordi?»
«Sì,
lo so, Pasi… ma risparmiami la solfa dell’amore
vero che ci salva dalle paure,
perché ad essere sincera, io non vedo come un tipo come
Emile possa farti
davvero felice!»
«Se
è per quello, non vedevi di buon occhio nemmeno che Fede e
Rita tornassero
insieme! E invece guarda come sono felici!»
Ignorai
volutamente quell’accusa verso Emile, non volevo litigare di
nuovo con Sofi,
proprio ora che sentivo una maggiore vicinanza tra noi. Ma la mia amica
era un
osso duro e sorrise sarcasticamente alla mia ultima frase.
«È
troppo presto ora, sono insieme da pochi mesi… I problemi si
vedranno col tempo.»
«Sei
troppo dura Sofi, io invece credo che questa sia la volta buona per
loro… e
credo che nel momento in cui incontrerai anche tu la persona giusta,
cambierai
finalmente idea!»
«Ammesso
che esista, questa “persona giusta”…
cosa a cui non credo minimamente.»
«Vedrai
che quando meno te l’aspetti, ti pioverà dal
cielo!» E chissà che non
sia già qui!
«Quel
giorno allora, me ne starò chiusa in casa!»
«Uffa
Sofi, come sei negativa! Essere innamorati non è mica solo
sofferenza! È un
rimestamento interno e
arrivi a provare
cose che normalmente non riusciresti mai a sentire… E la
gioia che sa darti il
solo pensare alla persona che ami… È vero ci sono
momenti di totale sconforto,
perché si vive tutto intensamente, anche i litigi e i
momenti tristi, ma se il legame
che unisce due persone è forte, tutto si supera e dopo ci si
sente ancora più
uniti di prima! È bello essere indipendenti Sofi, ma
è ancora più bello essere
in due e sapere che qualsiasi cosa accadrà nella tua vita,
avrai sempre almeno
una persona accanto, che ti sosterrà in qualsiasi
momento.»
«Ci
sono gli amici, per quello… sono molto più
affidabili loro, di un ragazzo!»
«Proprio
non riesco a farti cambiare idea, vero? I ragazzi non sono tutte belve,
ne esistono
anche di gentili, pazienti e che ti restano accanto… ad
esempio, penso che
Lucien sia così.»
Mi
congratulai con me stessa per essere riuscita ad infilare il nome del
cugino di
Emile nel discorso, con totale nonchalance: era vero ciò che
stavo dicendo e se
fossi anche riuscita a carpire qualcosa dalla reazione di Sofi, mi
sarei
sentita fiera di me come se avessi vinto un Nobel!
«Cosa
c’entra Lucien, ora?»
Eccola
la reazione che cercavo! La stessa che ebbe quando nominai sua
madre… Lucien
era un argomento scottante, allora! Rita aveva visto bene!
«Era
un esempio, Sofi, non scaldarti… pensa a quanto è
paziente con Emile, al fatto
che l’abbia persino difeso, nonostante fosse stato trattato
male da lui i
giorni precedenti… Secondo me, Lucien è una
persona che quando vuole bene a
qualcuno, fa di tutto per mantenere quel legame.»
«Puoi
dire quello che vuoi, ma non m’interessa, il discorso per me
è chiuso qui.
Vediamo di concentrarci su questi vestiti, ora!»
Per
il resto del pomeriggio, non sollevammo più
l’argomento e dimenticai persino di
dirle che avevo parlato con Stè. Ero troppo raggiante,
perché avevo ricevuto la
mia risposta: quella reazione e quel suo voler tagliar corto su Lucien,
mi
avevano rivelato ciò che le sue parole non volevano fare ed
ora non mi restava
che sondare l’altra metà della mela, il biondo
cugino di Emile.
E
mentre io elucubravo piani diabolici d’aspirante Cupido, Sofi trovò un
modo per salvarmi gli abiti:
colorarli del tutto! Grazie alla Provvidenza aveva uno di quei
coloranti per
abiti, che si usano direttamente in lavatrice e si offrì di
usarlo sui miei vestiti
bianchi, che in quel modo avrebbero ricevuto un omogeneo color blu notte, nascondendo le
macchie dei colori
di Alberto ed io avrei avuto due capi come nuovi! Purtroppo non avevo
il tempo
necessario ad attendere il lavaggio, l’asciugatura e la
stiratura, così le
lasciai in consegna il lavoro, ringraziandola ripetutamente e
promettendole di
tornare al più presto per recuperate i miei vestiti.
*****
Purtroppo
il mio buonumore si spense nel momento in cui iniziai il mio turno
lavorativo.
«Oddio
che caldo qui dentro!»
Ogni
giorno era peggio, lavorare al chiuso di una cucina d’estate,
era un vero e
proprio incubo. Poco aiutava il fatto che fosse sera e che il sole
fosse
calato, il calore accumulatosi intorno ai fornelli e alle friggitrici
non aveva
modo di andare via, perché l’aria esterna era
troppo calda per dissipare quella
interna e non aiutava nemmeno il fatto che in quella cucina,
l’unica finestra
fosse piccola e posta in alto, ovvero inavvicinabile per la
sottoscritta!
L’unica soluzione era quella di mantenere la porta di
servizio aperta, ma con
l’andirivieni di auto che c’era
all’esterno, non era una condizione fattibile,
a meno che non volessimo ritrovarci qualche estraneo
all’improvviso nelle
cucine! Di conseguenza, non ci restava che sudare e sperare che la
serata
terminasse il prima possibile.
«È
infernale il caldo in questa stanza, come diavolo fate a
rimanerci?»
«Secondo
te? Dobbiamo rimanerci, si chiama
lavorare!»
Serena
era l’unica in tutto quel locale, che aveva la
capacità d’irritarmi a morte:
era una delle cameriere, ma probabilmente, era l’unica a non
aver capito come
fare il suo lavoro: perdeva quasi tutto il tempo a parlare con i
clienti, con
il risultato che le sue ordinazioni erano sempre quelle più
in ritardo e
caotiche. Eppure era ancora lì a lavorare, perché
la ragazza era provvista di tinti
capelli biondi e ricci e di un “airbag”
personale che rendeva le sue argomentazioni davvero interessanti agli
occhi dei
clienti, che raramente si lamentavano del servizio. Senza contare che
il nostro
datore di lavoro, dimenticava presto le mancanze della sua sottoposta.
E mentre
lei ogni giorno faceva la sua sfilata di moda e intratteneva il
pubblico
pagante, io e i miei poveri sfigati colleghi, sgobbavamo in
quell’inferno fatto
di patatine fritte e hamburger di tutti i tipi… Mai una
volta che chiedessero
le insalate!
«Come
sei acida stasera, Pasi! Hai problemi con il tuo ragazzo,
forse?»
«Cosa?»
Mi
girai con sguardo furente verso quella babbea che osava fare certe
insinuazioni… Già dovevo patire il caldo in quel
modo infernale, ci mancava
solo che mi ricordasse quanto mi mancasse Emile!
«Uhm,
mi sa che ho centrato in pieno il problema, eh? Meglio che me ne
vada!» Serena
si diresse verso la sala con un sorrisetto soddisfatto e si chiuse la
porta
della cucina alle spalle, lasciandomi
sola con la voglia di metterle le mani al collo.
«Quell’oca
giuliva! Solo lei e le sue insinuazione stupide ci volevano,
oggi!»
«Pasi,
penso che tu debba fare un disegnino a Serena per spiegarle cosa
significhi
lavorare, quella ragazza è
capace solo
di fare pettegolezzi.»
«Sarebbe
inutile, Stella, non capirebbe nemmeno quello!»
«Hai
ragione, è un caso disperato, per fortuna non
dobbiamo lavorarci insieme più di tanto, pensa
ai poveracci che hanno a
che fare con lei, in sala!»
La
mia collega aveva pienamente ragione: io, lei e Paolo lavoravamo al
sicuro in
cucina e anche se era un inferno in quel periodo, non era paragonabile
al
lavoro in sala, soprattutto per quelli che dovevano accollarsi anche i
tavoli
che Serena dimenticava puntualmente di servire!
«Perché
vi accanite sempre contro quella ragazza? Siete proprio due
perfide.»
«Oh
andiamo, ma se nemmeno tu la sopporti!
Oppure
ho perso qualche news?»
Paolo
era uno di quei tipi felicemente singles, che si godevano tutti i
privilegi del
caso. In poche parole, ogni scusa era buona per portarsi a letto una
nuova
ragazza e iniziavo a pensare che Serena fosse entrata a far parte della
lista.
«Beh,
in effetti è meglio se chiude la bocca, ma ha altre doti non
indifferenti.»
«Che
ti dicevo io, Pasi? Non se ne salva una! Siamo rimaste solo io e te,
ormai.»
«Che
ci posso fare, scusate? Le ragazze sono belle e mi piacciono e
finché anche io
piacerò loro, che male c’è se ci
divertiamo un po’?»
«Ordinazione
in arrivo, ragazzi!»
Stella
interruppe il nostro battibecco, vedendo arrivare
un’ordinazione che ci riportò
subito al dovere, ma nel frattempo Serena tornò in cucina
per prendere altro
ketchup e iniziai sospettare che quella nuova celerità fosse
dovuta ad un suo
improvviso interesse nel tornare il
più possibile in quella stanza… Avevo paura che
nelle prossime sere non ce la
saremmo tolta di dosso! E infatti la vidi muoversi in modo sinuoso
intorno a
Paolo lanciandogli occhiate languide, prima di tornare in sala: il mio
collega
le lanciò un bacio volante ed io tornai al mio dovere
disgustata.
«Sei
caduto davvero in basso, avrà anche mille doti nascoste, ma
è così irritante!
Mi vien voglia di strozzarla ogni volta che la vedo!»
«Potrei
pensare che tu sia gelosa.»
«Io?
Ma fammi il piacere! Sono felice per conto mio e non ho certo bisogno
di venire
ad elemosinare le tue attenzioni, né di dividerti con Serena!»
Calcai
la voce con un tono di disgusto, sull’ultima parola: se anche
lontanamente,
Paolo fosse stato il mio tipo e non fossi stata impegnata con Emile, il
solo
pensiero che fosse stato con quella bionda monocellulare, mi faceva
passare
qualsiasi voglia di farci alcunché.
«Ah
già, dimenticavo, tu hai il tuo Emile!»
«Ora
il geloso sembri tu!» Stella intervenne al momento giusto,
con quella battuta
che mi salvò dal saltare addosso a Paolo: evidentemente
Serena gli faceva un
brutto effetto, perché non si era mai rivolto a me con lo
stesso tono
canzonatorio che avevo sentito nella voce della bionda poco prima; era
già la
seconda volta che si metteva in mezzo Emile quella sera e
già non ne potevo
più!
«Geloso,
io? Assolutamente no, non so nemmeno se esiste questo tipo.»
«Cosa
diav...»
Mi
stava facendo davvero alterare e se non fosse stato per
l’intromissione
tempestiva di Stella, avrei davvero attaccato Paolo e le sue
insinuazioni da
quattro soldi!
«Calmati
Pasi e mettiamoci al lavoro, altrimenti faremo tardi con le
ordinazioni.»
Per
fortuna il lavoro ci assorbì per tutto il tempo susseguente
e gli irritanti
discorsi su Serena ed Emile non furono più aperti. Dal canto
mio, evitai altri
commenti ogni volta che quella
tipa
entrava in cucina e cercai di ritrovare il mio buonumore andato a farsi
friggere insieme alle patatine, pensando al nuovo aspetto di Sofia che
avevo
visto nel pomeriggio.
Era
bello saperla interessata a qualcuno ed ero davvero felice che quel
qualcuno
fosse Lucien, speravo che ciò che le stava nascendo nel
cuore sarebbe stato
capace di darle una nuova speranza nel futuro, che le riportasse il
sorriso sul
viso. Una parte di me mi stava dicendo che m’impicciavo
troppo, ma l’altra era
così felice, così speranzosa di vedere Sofia
finalmente felice e serena, che
non riuscivo a darmi una calmata, così mi dissi che quella
notte, avrei potuto
anche concedermi di far spaziare la fantasia, un po’ per
distrarmi e un po’ per
crogiolarmi nell’idea di Sofi innamorata.
L’indomani avrei cercato di
moderarmi, ma quella sera avevo bisogno di una buona notizia per
sopportare
quelle ore infernali.
«Pasiiiiii,
allora mi vuoi sentire?»
Possibile
che nemmeno Sofia riusciva a vincere la voce irritante di Serena? Cosa
diavolo
voleva da me ora? «Cosa c’è!? Si
può sapere che ci fai di nuovo in cucina?!»
«Che
modi antipatici! Ti sto chiamando da un pezzo, non è colpa
mia se non mi senti!»
«Ero
concentrata, qui dentro si lavora, se non te ne fossi resa
conto.»
Serena
incrociò le braccia al petto indispettita: «Mi
vien voglia di non parlarti
affatto! Se non fosse che aspettano risposte là
fuori!»
Risposte?
Forse qualche cliente aveva da lamentarsi? Dovevo aver combinato
qualche
disastro mentre ero sovrappensiero…
«Cos’è
successo? Cos’è andato storto?»
«Nulla,
spero… per te. Perché anche se tu non mi
sopporti, a me non stai antipatica e
non ti augu…»
«Serena,
devo lavorare, non ho tutto il tempo, dimmi quello che devi e lasciami
continuare!» Rimase stupita dalla mia brusca interruzione: mi
guardò con astio
e con lo stesso tono, finalmente mi spiegò il motivo che
l’aveva condotta per
l’ennesima volta in quella cucina.
«C’è
una, là fuori, che vuole vederti.»
«Vuol
vedere me?»
«Sì…»
Vidi
Serena assumere un atteggiamento più rilassato.
«L’ho
sentita mentre parlava con una accanto a lei che nominava un certo
Emile e le
ho detto che il mondo è davvero piccolo, visto che
è la seconda persona che
incontro che conosce un tipo con questo nome… e allora lei
mi ha chiesto chi
conoscevo io e le ho parlato di te.»
Era
spettacolare il modo naturale in cui Serena non manteneva il riserbo
sulla vita
privata altrui… Chi mai poteva essere, questa tipa che
chiedeva di me? E come
faceva a conoscere Emile? Del resto dubitavo che fosse un caso di
omonimia:
quanti Emile potevano esserci nei dintorni? Morivo dalla
curiosità di sapere
l’identità di questa sconosciuta, ma non era il
momento adatto per fare nuove
conoscenze.
«Io
sto lavorando ora, non posso fermarmi per parlare.»
«Allora
le dico di passare all’esterno e di bussare alla porta di
servizio.»
Senza
nemmeno sentire la mia replica, Serena uscì dalla cucina,
decisa a farmi
incontrare la Donna del Mistero.
«Visto
che non è un orco? Serena sa essere anche gentile, quando
vuole.» Paolo fece un
sorriso soddisfatto verso di me.
«Tu
sei di parte, sono gli ormoni che parlano per te, ora!»
Tuttavia,
nonostante la mia risposta, dovevo ammettere che quella ragazza
insopportabile,
non era poi così insopportabile… Forse ero stata
precipitosa nel giudicarla…
forse.
Trascorsero
una decina di minuti e della tipa misteriosa non si sentì
più parlare e presa
dal lavoro, me ne dimenticai totalmente. Ma dopo un paio
d’ore (o almeno
credetti che fosse trascorso quel lasso di tempo), quando la cucina fu
finalmente nella fase calante con le ordinazioni, sentii bussare alla
porta di
servizio.
Io
e Stella ci guardammo curiose, mentre Paolo andò aprire
guardandomi con
un’espressione ironica: ero certa che si aspettasse una
scenata del tipo: “Sta’
lontana dal mio Emile” ed io
speravo con tutto il cuore che non fosse quella l’occasione,
perché iniziavo a
temere la portata della mia gelosia.
«Buonasera,
cosa posso fare per te?»
Sentii
la voce di Paolo in “modalità
cascamorto” e compresi che la Donna del Mistero
doveva essere una ragazza graziata dalla Natura… ma che
evidentemente non era
affatto interessata alle avances del mio collega.
«Mi
hanno detto che qui potevo trovare la ragazza di Emile Castoldi,
è vero?»
Mi
precipitai verso la porta, liberando quella tipa dalla presenza
ingombrante di
Paolo, curiosa come non mai di vedere chi fosse: «Sono
io.»
La
Donna del Mistero, era una ragazza alta e snella dai lunghi capelli
lisci e
neri, dagli occhi scuri e da un trucco pesante che s’intonava
al suo
abbigliamento dark.
«Oh,
che piacere conoscerti, Pasi!»
Il
suo aspetto cambiò all’improvviso quando,
guardandomi finalmente in viso, mi
rivolse un sorriso sereno e lieto.
«Io
sono Iulia, piacere di conoscerti!»
Mi
affrettai a presentarmi allungando la mano
verso quella in attesa di Iulia e rendendomi conto che conosceva
già il nome,
mi chiesi chi diavolo fosse quella ragazza! Il suo sorriso non
presagiva brutte
notizie e la scenata tanto attesa da Paolo, ma a quel punto davvero non
riuscivo a immaginare chi fosse, perché conoscesse Emile,
perché sapesse il mio
nome e cosa volesse da me.
«Scusa
se ho insistito per vederti mentre lavoravi, ma ho sentito parlare
tanto di te
e non ho la più pallida idea di quando avremmo potuto
incontrarci, così non ho
voluto perdere l’occasione!»
Continuò
a sorridermi come se si aspettasse che la
riconoscessi, ma evidentemente il mio viso doveva avere
l’aspetto di un punto
interrogativo, poiché continuò a presentarsi.
«Oh,
hai ragione, non mi sono ancora presentata come si deve, immagino che
Franz non
ti abbia mai parlato di me.»
Franz?
CHI diavolo era Franz!?
«Come
scusa? Chi…»
«Francesco,
il chitarrista dei GAUS; lo conosci, vero?»
Francesco!
Ma certo!
Ora
iniziavo a vedere la luce in quel buio, ecco perché
conosceva il mio nome,
Francesco le aveva parlato di me!
«Certo
che lo conosco! Lui e Filippo sono una coppia spassosissima, se non
fosse per
loro in quel gruppo non si riderebbe mai!»
«Hai
completamente ragione! E scusami se te lo dico, ma ad iniziare dal
frontman,
sono sempre tutti così seri e pesanti! Per fortuna che il
mio Franz non si è
fatto influenzare!»
“Il
mio Franz!”: la luce si faceva sempre più ampia,
finalmente avevo capito tutto:
«Sei la ragazza di Francesco!»
«Risposta
esatta!»
Iulia
mi sorrise soddisfatta e la vidi armeggiare nella sua borsetta in
stoffa:
piccola, senza fronzoli e rigorosamente nera.
«Come
premio, ti regalo questo.» Mi porse un sacchettino fatto ad
uncinetto. «Dovevo
consegnarlo ad una mia cliente, ma ha disdetto proprio oggi e visto che
ormai
ce l’avevo, lo regalo a te. Dentro c’è
il mio numero di telefono, mi piacerebbe
vederti qualche volta, quindi aspetto una tua telefonata quando sarai
libera,
se ti va.»
Totalmente
senza parole, presi il regalo inatteso e la guardai con
l’espressione più
sorpresa della terra.
«Ora
vado, non voglio farti trovare nei guai mentre lavori, aspetto che mi
chiami,
ok? A presto.»
Salutandomi
con una mano, si allontanò senza darmi nemmeno la
possibilità di replicare e
per la prima volta in vita mia, rimasi senza parole,
sull’uscio di quella
cucina.
*****
Tornai
a casa stanca morta: il calore infernale di quella cucina riusciva a
debilitarmi
più del lavoro in sé e per sé e solo
nel momento in cui varcai la soglia di
casa, ricordai del pacchetto di Iulia. Ma c’era ancora una
cosa da fare, prima
di cedere alla curiosità: accesi il cellulare, lasciato
spento mentre lavoravo
e vi trovai due chiamate perse di Emile. Mi si strinse il cuore per la
tristezza: era la seconda sera di fila che non riuscivamo a parlare,
perché quando
avevo il turno notturno era impossibile riuscire ad essere disponibile,
per sentirci
prima di andare a dormire.
Senza
molte speranze gli feci uno squillo e trovai il cellulare acceso, ma
dopo una
serie di ulteriori squilli desistetti: se non mi aveva ancora risposto,
probabilmente si era addormentato con il telefono acceso e non volevo
disturbare il suo sonno. Lasciai comunque il mio cellulare acceso,
augurandomi
che quella settimana trascorresse il più in fretta possibile
in modo da cambiare
il mio turno di lavoro e mi decisi ad aprire il pacchetto di Iulia:
come aveva
detto lei, nel sacchetto c’era un foglietto arrotolato con un
numero di
telefono, più un ciondolo fatto in uno di quei materiali
nuovi, quelle
ceramiche sintetiche in cui avevo visto molti bijoux. Aveva un ciottolo
in
vetro al centro ed era decorato da un disegno astratto che si estendeva
in basso
con una serie di
intrecci, la pasta
usata era rigorosamente nera e il ciottolo sembrava viola. Ricordai la
frase di
Iulia: “Dovevo consegnarlo ad una
mia
cliente” e ipotizzai che il ciondolo fosse opera
sua, un’altra artista!
Quella
ragazza mi aveva incuriosito con il suo modo di fare e mi ripromisi di
chiamarla, appena avessi avuto del tempo libero e sicuramente dopo che
avessi
visto Emile, perché vedendo il display del mio cellulare
spietatamente scuro,
senza un segno di chiamate, tirai un sospiro di rassegnazione e mi
decisi a
chiudere quella giornata.
*****
«Pasi
che hai, ti vedo pensierosa.»
«Eh?
No…non è niente Fede, davvero.»
Il
pomeriggio successivo al mio incontro con Iulia, andai al centro,
decisa ad
occuparmi un po’ delle mia stanza, che avevo trascurato fin
troppo. Decisi di
dare una ripulita ed una sistemata sugli scaffali, o meglio, quella era
stata
la mia intenzione iniziale, perché quando Fede mi
riportò alla realtà, mi resi
conto di essere rimasta ferma con dei libri in mano per un
po’ di tempo.
«Lo
sai che non puoi mentirmi, sei pensierosa, c’è
qualcosa che ti preoccupa?»
Sapevo
di non poter reggere il gioco per molto tempo e del resto,
perché mai avrei
dovuto? Fede era mio amico e potevo tranquillamente sfogare le mie
ansie con
lui.
«Sono
un po’ giù di morale perché mi manca
Emile, anche se da un altro verso, sono al
settimo cielo per un’altra situazione… e poi ieri
ho conosciuto una tipa strana
che mi ha incuriosito…»
«Uhm,
la tua vita è movimentata come sempre, eh?» Fede
mi fece un sorriso rassicurante,
venendomi incontro.
«Coraggio,
siediti e dimmi cosa c’è che non va.»
Ovviamente
colsi la palla al balzo: mi accoccolai su una delle sedie poste davanti
alla
mia scrivania, accanto al mio amico e gli raccontai
dell’incontro con Iulia e
dei due giorni trascorsi senza nemmeno sentire il mio Pel di Carota.
Fede mi
ascoltò senza battere ciglio e senza alcuna interruzione.
Cercai di non
accennare alla storia di Sofia, perché volevo esserne sicura
prima di
spifferare le mie ipotesi al vento, ma avevo dimenticato due
particolari che
vennero alla luce appena terminai mio lungo discorso: il primo, era che
Fede mi
leggeva come un libro aperto…
«E
quella situazione che ti fa stare al settimo cielo, immagino sia
inerente a
Sofia.» … e due, se io avevo il ruolo di Sherlock
in quella situazione, lui era
il ragazzo del mio Watson.
«Rita
ne ha parlato anche con te?!»
«Rita
sa mantenere un segreto a tutti tranne a me e dato che io non
c’ero quella sera,
ha sentito il bisogno di aggiornarmi.»
Il
sorriso di Fede nel parlare della sua ragazza era dolce e traspariva da
esso
tutto l’amore, che il mio amico provava per lei: Rita a volte
era infantile
proprio come una bambina e quel tratto della sua personalità
che a molti
avrebbe dato fastidio, per Fede era un piccolo difettuccio che la
rendeva
ancora più bella ai suoi occhi.
«Posso
darti un consiglio a questo proposito? Conosco Sofia da anni e so
quanto sia riservata,
quindi per quanto tu e Rita siate emozionate all’idea che la
nostra piccola amica
abbia trovato un po’ di tenerezza nel suo cuore, rispettate
la sua riservatezza
ed evitate di inondarla di domande o di frasi sibilline. Sofia ha un
carattere
particolare e il vostro intervento non richiesto la farebbe chiudere
ancora più
in se stessa.»
«Ci
avevo già pensato Fede e dato che io e lei abbiamo
già dei trascorsi, non
voglio intromettermi più di tanto… ho solo
cercato di appurare la teoria di
Rita fosse vera…»
Terminai
quindi il mio lungo discorso, raccontando al mio amico delle
conclusioni a cui
ero giunta.
«Credo
che tu e Rita abbiate visto nella giusta direzione e a maggior ragione,
cerca
di non esagerare, Pasi.»
«Non
lo farò, promesso!» Mi guardò con un
sorriso soddisfatto.
«Bene.
Per quanto riguarda questa Iulia, non ho granché da
consigliarti: se ti va
d’incontrala fallo, altrimenti a quanto ho capito, avrai
ugualmente modo di
conoscerla prima o poi. Sull’argomento
Emile
invece, posso solo dirti che dovrai fartene una ragione,
perché questa è la
vita che vuole fare e ci saranno tanti altri periodi impegnativi come
questo,
lo sai. A meno che tu non decida di vivere in funzione dei suoi
impegni,
dovrete trascorrere molti momenti lontani e separati ed è
bene che te ne renda
conto subito, perché se non ce la fai a sopportarlo,
è meglio che chiudiate ora
la vostra storia prima, che le cose diventino più complicate
e profonde.»
Fede
aveva pienamente ragione, ma nel momento in cui aveva pronunciato la
parola “chiudiate”,
avevo sentito una fitta a centro del mio cuore che mi aveva tolto il
respiro
per qualche secondo: non era minimamente concepibile per me
un’idea simile,
anche se razionalmente avrei dovuto considerarla. Ma il mio cuore, da
troppo
tempo mi diceva che il mio destino era negli occhi di Emile e che
qualsiasi
fosse stato il problema, l’avremmo superato insieme. Non
avrei mai potuto
lasciarlo, anche se questo mi fosse costato settimane e settimane
sottolineate
dalla sua assenza.
«No
Fede, ce la faccio, sono in grado di aspettare; probabilmente non mi
abituerò
mai alla sua assenza, ma so che devo farmene una ragione…
tanto posso sfogarmi
con voi quando mi manca, vero?»
Gli
rivolsi un sorriso carico di speranza, perché
l’appoggio dei miei amici, come
sempre, era la colonna portante di tutta la mia esistenza e non avrei
mai
potuto rinunciare a loro.
Fede
poggiò la mano su un mio ginocchio rassicurante:
«Ma certo, altrimenti che ci siamo
a fare?»
Gli
sorrisi grata e in quel momento, pensando all’appoggio che mi
aveva appena
confermato, mi rabbuiai ricordando l’episodio in cui quel
sostegno era
improvvisamente venuto a mancare:
«Fede…
anche tu hai una
cattiva opinione di
Emile?»
Federico
era sempre stato, tra i miei amici, quello in grado di gestire gli
umori
ballerini del mio Pel di Carota ed era anche l’unico che
riusciva a parlarci
facilmente: avevo sempre dato per scontato che lo capisse,
probabilmente anche
meglio di quanto facessi io, ma alla luce del discorso di Sofi sulla
spiaggia e
alla reazione di Rita, avevo iniziato ad avere dei dubbi anche su di
lui.
In
risposta alla mia domanda, mi sorrise gentile e mi guardò
con tenerezza, come
si guarda una sorella minore, o un bambino:
«Ti riferisci al discorso sulla spiaggia,
vero?»
«Sì…
Sofi e Rita mi hanno lasciato intendere che sono d’accordo
nel giudizio su di
lui… Con Stè ho parlato e non è
arrabbiato con Emile, quindi mi chiedevo se
anche tu fossi d’accordo con le ragazze, oppure
no…»
Ero
tesa, temevo il momento in cui mi avrebbe risposto, perché
l’idea che il mio
Pel di Carota non piacesse ai miei amici era terribile e
destabilizzante e lo
sarebbe stata ancor di più se anche Fede fosse stato dello
stesso avviso,
poiché raramente si sbagliava sulle persone. Non riuscivo a
vedere Emile
nell’ottica di Sofi e Rita, non potevo assolutamente credere
che mi facesse
soffrire volontariamente, non dopo quello che mi aveva detto, non dopo
tutti
sensi di colpa che aveva nei miei confronti!
Fede
si prese una piccola pausa per ponderare bene la sua risposta e mi
guardò con
serietà.
«Non
è mia abitudine dare dei giudizi sulle persone,
perché negli atteggiamenti di
tutti c’è sempre un punto di vista buono e uno
cattivo e spesso, vediamo ciò
che vogliamo vedere, o ciò che è molto
più vicino al nostro modo di pensare. È
vero anche però, che ho avuto modo di conoscere un
po’ Emile e quello che ho
capito di lui è che è una persona ferita, che
difficilmente si apre agli altri
e spesso non riesce a gestire ciò che sente. Non credo che
abbia voluto farti
del male consapevolmente, il suo attacco era diretto solo verso Stefano
e in
questo non è stato diverso dagli altri che lo hanno
preceduto. Probabilmente
Sofia e Rita hanno reagito in quel modo perché sono
preoccupate per te, perché
vorrebbero vederti accanto a qualcuno meno ombroso e più
socievole, qualcuno
più simile a te.»
«Quindi
non hai una cattiva opinione di Emile!»
Fede
sorrise, comprese cosa volevo sentirmi dire con tutto il cuore e mi
diede la
risposta che cercavo:
«No,
non ho una cattiva opinione del tuo ragazzo: è un normale
maschio geloso, con
l’aggravante che è poco socievole.»
«Oh
Fede, non sai quanto mi fai felice!»
Saltai
letteralmente al collo del mio amico per abbracciarlo, presa dalla
gioia di non
aver perso del tutto l’appoggio dei miei amici.
I
miei genitori potevano criticarmi fino alla fine dei miei giorni e ci
sarei
stata di sicuro male, ma l’avrei sopportato a testa alta, se
invece le critiche
provenivano dai miei amici, mi si apriva uno squarcio sotto i piedi e
all’interno della mia anima, perché loro erano il
mio appoggio incondizionato,
erano la famiglia che avevo scelto, erano il mio sostegno e non avrei
mai
potuto sopportare i loro sguardi accusatori o un clima teso
all’interno del
nostro gruppo. Inoltre, Emile faceva parte a pieno titolo di quella
famiglia che
stavo costruendo intorno a me e non sarei sopravvissuta ad
un’altra spaccatura
familiare, non tra di loro!
Fede
iniziò a ridere e ricambiò l’abbraccio,
prima di tornare ad assumere un tono
lievemente più serio.
«Non
arrabbiarti con Rita e Sofia, hanno reagito in quel modo solo
perché tengono sia
a te che a Stefano; del resto lo sai cosa accade quando entra un
estraneo in un
gruppo: deve superare qualche prova prima di poter essere
accettato.»
«Hai
ragione, forse ho preso l’accaduto un po’ troppo
drammaticamente, ma voi per me
siete davvero importanti e il solo pensiero di avere Emile da una parte
e voi
dall’altra senza potervi unire, mi ha diviso il
cuore in due parti, mi sono sentita persa.»
«Lo
so Pasi, ho visto quanto ci stavi male, per questo ho fatto capire a
Sofia che
era giunto il momento di smetterla; anche lei quando inizia a dare
addosso a
qualcuno, non si ferma se non viene bloccata.»
«Io
lo dicevo che è simile ad Emile! E lei invece non lo vuole
ammettere!»
Mi
staccai di colpo dall’abbraccio di Fede, presa da quel
discorso che mi mandava
in bestia.
«Sì,
è molto simile ad Emile ed è per questo che non
vuole ammetterlo, non potrebbe
mai sopportare l’idea di somigliare a qualcuno che non le
è simpatico!» Fede
fece un sorrisetto ironico diretto alla nostra amica e tra il divertito
e il
pensieroso aggiunse: «Certo che se si è innamorata
davvero, sono proprio
curioso di vedere come si comporterà!»
*****
«Mais
no, Pasi, la pronuncia è sbagliata e qui Stefano, hai
sbagliato l’accento…»
«Te
l’avevo detto io che ci serviva un insegnante, Testarossa, ho
l’impressione che
abbiamo sbagliato tutto!»
«Lo
so Stè… mi sembra di essere tornati a
scuola!»
«Mi
state ascoltando?»
«Sissignore!»
«Sissignore!»
Sì,
era davvero come tornare a scuola, incluso il modo mio e di
Stè di rispondere
all’unisono.
Ogni
volta che avevamo potuto farlo, ci eravamo scelti come compagni di
banco e
Lucien nel suo modo preciso di fare le cose, aveva deciso di
comportarsi
proprio come un insegnante, dandoci dei compiti e facendoci sedere una
accanto
all’altro mentre li controllava, proprio come un professore
davanti ai suoi
alunni. E in quel momento io e Testa di Paglia, ci stavamo tristemente
rendendo
conto, che da soli non avremmo mai potuto imparare come si deve una
lingua
straniera.
Lucien
era un insegnate paziente e sempre disponibile a ripetere
ciò che ci spiegava,
ma io e Stè messi vicini, non eravamo proprio
l’esempio della concentrazione e
spesso era costretto ad alzare la voce per farsi sentire. Mi resi conto
che
Sofi aveva visto lungo: ci conosceva talmente bene da sapere, senza
nemmeno
aver mai assistito una volta, quanto io e Stè fossimo poco
capaci di fare
silenzio e ascoltare quando eravamo insieme…
«Da
quanto tempo state studiando in queste condizioni?»
Lucien
era in piedi, appoggiato alla scrivania di Stè con
un’aria sconfortata mentre
guardava noi due seduti vicini, di fronte a lui: la scrivania era
troppo
piccola per ospitarci tutti e tre e sin dal primo momento optammo per
una
disposizione dei posti più “dinamica”,
che in quel caso permetteva al nostro
insegnante di osservarci e riportarci all’ordine.
«Uhm…
vediamo… qualche mese, vero Testarossa?»
«Più
di qualche mese, Stè… sarà trascorso
metà anno ormai!»
«Mon
Dieu! E nessuno vi ha mai controllato in questi mesi?»
«In
che senso, Lucien? Non è che marinavamo le lezioni: se non
volevamo studiare,
non lo facevamo e basta!» Stè come al solito
tentava di alleggerire la
situazione con una battuta…
«No
Lucien, abbiamo deciso da soli di iniziare a studiare e credevamo di
essere in
grado di farcela…»
…mentre io abbassai
vergognosa la testa, consapevole di aver creduto troppo nelle nostre
capacità.
«Quindi
non avete chiesto aiuto nemmeno a mon cousin?»
«Proprio
perché tuo cugino non era disponibile, abbiamo deciso di
fare da soli!»
«Volevamo
capire le canzoni di Claudine, ecco perché abbiamo
iniziato…» dissi, facendomi
ancora più piccola…
«E
Sophie? Non ha detto che conosce anche lei le
français?»
«Sofia
non ha la minima pazienza, con noi non reggerebbe che qualche
secondo!»
«Ah…
J’ai compris… Bien, cercherò di
aiutarvi quanto posso, ma quando sarò andato
via, avrete bisogno di qualcuno che vi aiuti… pardonnnez-moi
se ve le dico, ma
siete un disastro!»
Stè
si fece una grande risata: «Lo sapevo Testarossa,
è proprio come tornare a
scuola!»
«Questo
non mi consola Stè, anzi… mi sento
un’incapace!»
«Mais
no, Pasi, avete solo bisogno di esercizio e di disciplina…
Vi servirebbe
qualcuno che vi preparasse dei programmi, delle lezioni…
qualcuno che vi
facesse concentrare…»
«Un
professore!» Disse Stè bonariamente ,«Se
solo ce lo potessimo permettere…»
«Mais
no… basterebbe solo qualcuno che abbia un po’ di
senso pratico.»
«Una…
come Sofi?»
Buttai
l’esca al momento opportuno: mi stava balzando alla testa
un’idea per
continuare le mie moderate indagini
alla Sherlock “Cupido” Holmes.
«Oui,
Sophie potrebbe andar bene, se volesse aiutarvi…»
«All…»
«A
proposito di Sofia, Lucien sei stato grande l’altra sera!
Solo Federico riesce a
zittirla in quel modo!»
Preso
dall’entusiasmo, Stè non mi diede il tempo di
continuare il mio discorso e
quella sua invadenza di campo mi urtò, perché mi
stava rovinando i piani; ma in
compenso nominando anche lui Sofi, mi aveva dato un altro tipo di
possibilità
per carpire informazioni da Lucien.
«Ti
riferisci a quando ha detto che non balla?»
«Esatto!
Come diavolo facevi a sapere che Sofia non si muove nemmeno sotto
tortura?»
Vidi
Lucien fare un sorrisino soddisfatto prima di rispondere: «In
verità non lo
sapevo… ma visto che l’atmosfera iniziava a farsi
tesa, ho provato a vedere se
riuscivo a distrarla… e volevo anche accertarmi di una
cosa.»
Il
sorriso di Lucien si fece ancora più soddisfatto, ed iniziai
a vedere un nuovo
aspetto del suo carattere: quell’espressione aveva qualcosa
di vagamente
canzonatorio… Lucien aveva messo alla prova volontariamente,
Sofi? E se sì, per
quale motivo? A quel punto non ce la feci a restare in silenzio ed
espressi
tutta la mia curiosità:
«Di
cosa, Lucien?»
«Nulla
d’importante Pasi, avendo in famiglia dei caratteri
complicati, ho iniziato a
capire le persone che si celano dietro le maschere e volevo accertarmi
di aver
individuato il carattere di Sophie.»
«E
cosa hai capito?»
Stè
era curioso quanto me, aveva lo sguardo luminoso e
concentrato… altro che
quando studiavamo francese!
«Perché
io la conosco da quattro anni e non ho ancora capito un accidenti di
lei… Per
me Sofia è un mistero, l’accetto così
com’è ovviamente, ma ho rinunciato a
capirla!»
Lucien
si fece una risatina bonaria al commento di Stè.
«Beh
in effetti siete molti diversi... Sophie non è
così aperta come toi.»
«E
tu credi di essere riuscito a capirla nelle due occasioni in cui
l’hai vista?»
Stè
era sbalordito e sembrava anche ammirare quel ragazzo, che in poco
tempo era
riuscito dove noi avevamo fallito miseramente… come col
francese!
«Oui…
et non. Non posso certo dire di conoscerla, ma credo di aver capito che
tipo è,
cosa la fa arrabbiare e cosa invece calma quel suo lato
aggressivo.»
«Allora
potresti convincerla a farci da insegnante!»
Sputai la mia idea geniale il più in fretta
possibile, prima che Stè mi
rubasse di nuovo la scena: se Lucien avesse accolto la mia proposta,
avrebbe
avuto modo d’incontrare di nuovo Sofi e nella migliore delle
ipotesi avremmo
anche ricevuto un’insegnante capace, una volta che il cugino
di Emile se ne
fosse andato… Pensiero che iniziava a mettermi una certa
malinconia addosso…
«Mais
oui, o meglio, posso provarci… se ho capito
com’è fatta, non credo che Sophie
sia tanto disponibile a fare qualcosa quando non ne ha minimamente
voglia.»
«Mi
fido di te, Lucien!» E di
ciò che ho
visto nello sguardo di Sofi!
«Merci
beaucoup Pasi, sono onorato di tanta fiducia!
Comunque sia, les chansonnes de Tante Claudine ve le
potrei tradurre io,
se volete.»
«Davvero
lo faresti?!» Per la sorpresa e la gentilezza di quel gesto,
mi alzai di colpo
dalla sedia felice come non mai. Iniziavo a credere che non sarei mai
riuscita
a conoscere quella lingua abbastanza da poter tradurre quelle canzoni e
l’offerta di Lucien fu un raggio di sole improvviso.
«Certainement!
Non mi costa affatto fatica, mi piace ascoltarla e non
impiegherò molto a
tradurvi ses chansonnes.»
«Oh
Lucien, tu sei davvero un angelo!»
Mi
lanciai felice ad abbracciarlo, troppo
presa dalla gioia per contenermi, nonostante sapessi che il cugino di
Emile non
fosse abituato a certe dimostrazioni d’affetto
così espansive.
«Testarossa
fallo respirare, lo stai soffocando!»
*****
«Lucien,
come sta Emile?»
La
nostra lezione di Francese era terminata: io e il cugino del mio Pel di
Carota
eravamo appena usciti dalla casa di Stè e prima di separami
da lui, sentii il
bisogno di sapere qualcosa di Emile. Era surreale che dovessi chiederlo
a suo
cugino, ma in quel periodo per quanti pochi contatti potessero avere
quei due,
erano di certo maggiori di quanto riuscivamo ad averne noi due.
«Mon
cousin? Uhm, non lo vedo molto spesso, a volte ci incrociamo la
mattina, ma poi
lui sparisce tout le jour e torna la sera très
tard…»
«Quindi
nemmeno tu riesci a vederlo!?»
Le
mie poche speranze di sapere qualcosa su di lui si frantumarono,
lasciandomi un
peso sulle spalle che mi portò ad abbassarle automaticamente.
«No…
mais, per quel poco che lo vedo, posso dirti che è stanco, i
suoi occhi hanno
un alone scuro e probabilmente non dorme molto…
Però ho notato che oltre alla
stanchezza nei suoi occhi si alterna anche una luce di sicurezza, come
se ci
fosse una lotta dentro di lui… Non so se ti aiuta a capire
qualcosa, ma è ciò
che sono riuscito a vedere.»
«Grazie
mille Lucien, qualsiasi cosa tu veda è sempre più
di quanto riesca a fare io!»
«Coraggio
Pasi, passerà questo brutto periodo.»
«Sì
hai ragione, devo solo avere pazienza e attendere che passi…
A proposito di
pazienza, come si sta comportando con te?»
Lucien
rimase pensieroso per un po’, prima di rispondermi:
«Diciamo che c’è poco modo
di parlare con lui visto quanto poco ci vediamo ma… credo
che si stia abituando
alla mia presenza in casa! Quando ci saluta le matin non sento alcuna
differenza di tono nel suo saluto tra moi e Oncle Albert, come se fossi
sempre
stato lì.»
Lucien
fece un sorriso raggiante: era davvero una piccola concessione da parte
di
Emile, ma la reazione che aveva scatenato in suo cugino, mi fece capire
quanto quest’ultimo,
ci tenesse ad avere un vero rapporto con lui e il suo affetto
incondizionato mi
commosse ancora una volta. Emile era fortunato ed era il solito testone
cocciuto a non voler rendersene conto!
*****
Ogni
notte di quella settimana si ripeté uguale
all’altra: tornavo a casa, accendevo
il cellulare, trovavo le chiamate di Emile, gli rispondevo e mi
riaddormentavo.
La nostra comunicazione si era ridotta ad uno squillo del cellulare e
persino
quello era in differita! Era davvero una situazione insostenibile e
quando
giunse la fine di quei sei turni notturni, tirai finalmente un gran
sospiro di
sollievo: finalmente il giorno dopo sarei riuscita a sentire il mio Pel
di
Carota e se fossi stata fortunata, magari avrei potuto avere anche la
possibilità di vederlo. Persino le case discografiche
dovevano avere un giorno
festivo!
Corroborata
da quel pensiero arrivai al pianerottolo del mio appartamento con
più forza
fisica di quanta ne avessi in realtà, ma appena giunsi a
destinazione, le
chiavi mi caddero di mano: Emile
era lì,
seduto a terra davanti alla mia porta, con gli auricolari nelle
orecchie e
dormiva. Mi salirono le lacrime agli occhi per la felicità
di averlo rivisto,
dopo quelli che mi erano sembrati dei giorni interminabili ed ero ancor
più
commossa dal fatto che non trovandomi in casa, avesse deciso di
aspettarmi fuori,
arrivando ad addormentarsi!
Mi
avvicinai a lui e
mi accovacciai, per
essere all’altezza del suo viso: era davvero segnato da
profondi solchi scuri,
doveva essere stanchissimo. Mi sarebbe bastato anche svegliarlo per
metterlo a
letto: anche il solo dormire accanto a lui e risvegliarmi guardando il
suo
volto, mi avrebbe risarcito di quella settimana infernale! Gli tolsi
gli
auricolari e accarezzai il suo viso, quel viso che tanto amavo e lo
chiamai per
destarlo dal suo sonno:
«Sveglia
bell’addormentato, in questa posizione non riposerai
affatto.»
Nel
momento in cui aprì gli occhi, sentii il mio viso rilassarsi
con un sorriso di
gioia: quanto mi era mancato quel grigio-azzurro del suo sguardo!
Appena mise a
fuoco il mio volto, mi fece un sorriso e mi strinse a sé e
restammo così, senza
dirci nulla, gioendo per un po’ solo di quel contatto tanto
desiderato: sentivo
il calore del suo corpo, le sue braccia che mi stringevano e il battito
del suo
cuore proprio a portata delle mie orecchie e finalmente, finalmente,
sentii
nuovamente il suo odore. Era di nuovo con me, ero di nuovo con lui e
per poco
non scoppiai in lacrime per la felicità.
«Mi
sei mancato tantissimo.» Mi strinsi a lui per esorcizzare il
vuoto che avevo
sentito nel dirgli quella frase.
«Anche
tu mi sei mancata streghetta, mi sei mancata ogni giorno di
più.» Emile
rafforzò la sua stretta e di colpo mi sentii
sollevata da tutte le pesantezze di quella settimana: ero
tra le sue
braccia, amata e protetta, non
potevo
chiedere altro dalla vita.
«Resterei
ore abbracciato a
te, ma inizio a
sentirmi un po’ scomodo qui a terra… che ne dici
se ci mettiamo comodi in casa?»
«Mmm
nooo! Restiamo cosììì!» Mi
strinsi ancora di più a lui, riluttante a separarmi
dal suo abbraccio, ma dopo qualche istante considerai che il mio Pel di
Carota
doveva aver trascorso delle ore in quella posizione, e mi decisi
finalmente ad
alzarmi per farci accomodare in casa.
Appena
varcammo la soglia di casa, Emile si gettò sul divano
distrutto.
«Ah,
qui sì che si sta bene.»
«Devo
metterne uno anche fuori allora, così la prossima volta
sarai comodo!»
«Spero
che non ci sia una prossima volta! Questa settimana è stata
interminabile… e
non solo questa.»
Una
volta depositate borsa e chiavi di casa, mi accomodai accanto a lui e
tornai ad
abbracciarlo, desiderosa di tornare all’intimità
di prima.
«Come
procedono le registrazioni?»
«Sono
terminate, per fortuna.»
Emile
tornò a stringermi a sé, ma lasciò
andare il capo all’indietro in un
atteggiamento di totale stanchezza. «È stata
davvero dura aver a che fare con quello
senza mettergli le mani addosso,
oggi stavo rischiando grosso.»
«Ha
fatto qualcosa di troppo?»
«Niente
in particolare: lo detesto. Odio la sua voce, il suo modo di parlare e
di
porsi, odio tutto ciò che dice
e per
poco non sono arrivato ad odiare ogni singolo colpo delle sue bacchette
mentre
registravamo! Ci sono dei giorni in cui sento di non farcela e al solo
pensiero
di dover condividere un intero tour con lui…»
Abbassai
lo sguardo e appoggiai la mia testa al suo petto per sentire i battiti
del suo
cuore. Adoravo quel contatto così primordiale, era come
avvicinarsi alla sua
essenza: sotto il mio orecchio sentivo pulsare la vita di Emile e mi
sembrava
di sentirla scorrere sotto le mie mani, di poterla avere con me.
«So
che puoi farcela.»
«È
solo per lei che lo faccio, Pasi… perché non
posso venirle meno…» abbassò il
capo sulla mia testa, prima di continuare «… come
fai a non odiarmi? Io a
malapena riesco a guardarmi in faccia! Ma non posso cedere, non posso
permettermi di farlo…»
Alzai
una mano in direzione del suo viso per accarezzarlo e spostai la testa
per
poterlo guardare negli occhi: «Non
potrei mai odiarti Emile, tienilo ben presente, mai, per nessuna
ragione al
mondo.»
Mi
guardò intensamente, vidi i suoi occhi farsi più
scuri mentre mi accarezzava
una guancia, finché non avvicinò il suo viso al
mio e mi baciò. E dopo tutto
quel tempo in cui eravamo stati separati, quei baci furono come una droga deliziosa
per entrambi: ci
ritrovammo avvinghiati in pochi istanti, intenti a consumare quella
fame
reciproca di noi.
Fare
l’amore con Emile per me, costituiva sempre
un’emozione intensa: in ogni suo
bacio c’era una parola non detta, ogni sua carezza era un
dono d’amore che non
riusciva ad esprimere a parole. Attraverso il contatto dei nostri
corpi, con la
sensazione della pelle sulla pelle, sentivo il suo cuore vicino e
riuscivo a
leggerlo meglio di quanto riuscissi a farlo a parole. Quando faceva
l’amore con
me, Emile mi donava una parte di sé e riusciva a dirmi con
il suo corpo, ciò
che la mente era incapace di esprimere.
E
quella notte riuscì anche a liberare la sua anima da una
delle gabbie che la
serravano da anni: ero in procinto di addormentarmi serena e
soddisfatta,
quando sentii il suo braccio avvolgersi intorno alla mia vita da dietro
le mie
spalle. Rimase in silenzio per qualche secondo e sentii il suo viso
poggiarsi
dietro la mia testa prima di parlare:
«Tu
non mi abbandonerai?»
Capii
immediatamente a cosa, o meglio, a chi si riferisse: Claudine sarebbe
stata una
ferita suppurante per il resto della sua vita e per quanto avesse
tentato di
andare avanti e rimarginarla, quel dolore era ormai parte della sua
anima, così
come quella solitudine che si portava dietro da quando era nato.
Poggiai
il braccio sul suo e cercai di mantenere la voce ferma e decisa:
«Mai
in questa vita e nemmeno in un’altra, se ci
sarà»
Il
suo braccio serrò la presa intorno alla mia vita:
«Lei
alla fine se n’è andata ed è stata la
donna che ho amato di più, da quando sono
al mondo. Ora ci sei solo tu… e temo che un giorno potrei
ferirti al punto da
perdere anche te, com’è accaduto a lei.»
«Emile
tu non mi perderai. Io e te siamo legati da un filo sottile e
indistruttibile,
non potrei mai vivere senza averti accanto. Potrai anche ferirmi, ma
non potrai
mai farlo al punto da tagliare quel filo.»
Sentii
il suo viso poggiarsi sulla mia testa per darmi un bacio dolce, lento e
carico
di tutto ciò che si stava agitando dentro di lui.
Stanca
di dargli le spalle, accesi la luce e mi girai in sua direzione, per
vedere
l’espressione del suo viso: mi stava guardando come se
volesse scavarmi dentro
l’anima. Vidi la limpidezza di quegli occhi e la
vulnerabilità di quell’anima
che mi aveva mostrato una delle sue paure più grandi: Emile
era spaventato, era
ancora terribilmente spaventato da ciò che sentiva per me e
dalla sua paura di
perdermi e di essere ferito al punto da non riuscire a rimettersi in
piedi.
Gli
presi le mani e le strinsi tra le mie…
«Tu
sei la mia vita Emile.» … e decisa a togliergli
quella paura dallo sguardo, portai
la sua mano sul mio cuore. «Lo senti come batte? Senti come
sta accelerando? È
per te, perché ti sto guardando negli occhi e mi sta
scoppiando di felicità,
solo perché tu sei qui, perché sei vicino a me.
Stare senza di te per una
settimana è stato un inferno ed io non voglio più
tornarci. Ti voglio qui,
accanto a me, così come siamo ora, finché anche
tu lo vorrai.»
Gli
occhi di Emile si fecero ancora più limpidi, ma li vidi solo
per un attimo
perché mi strinse forte a sé, senza darmi tempo
nemmeno di respirare. Non parlò
più, ma la sua mano che premeva sulla mia schiena a tratti
decisa, a tratti
tremante, fu più esplicita di mille parole e mi venne alla
mente ciò che mi
aveva detto Lucien:
“Oltre alla
stanchezza nei suoi occhi si
alterna anche una luce di sicurezza, come se ci fosse una lotta dentro
di lui”.
Il
mio Emile aveva un’anima inquieta ed ero io la sua ancora si
salvezza, il suo
porto sicuro. Prima di chiudere gli occhi e lasciarmi andare al sonno,
giurai a
me stessa di non venir mai meno a quel ruolo.
________________________________________________________________________
Mais no = Ma noMon Dieu! = Mio Dio!
Mon cousin = Mio cugino
Le Français = Il Francese
J’ai compris = Ho capito
Bien = Bene
Pardonnez-moi = Perdonatemi
Toi = Te
Oui… et non = Si… e no
Mais oui = Ma sì
Merci beaucoup = Grazie mille
Les chansonnes = Le canzoni
Tante = Zia
Certainement = Certamente
Ses chansonnes = Le sue canzoni
Tout le jour = Tutto il giorno
Très tard = Molto tardi
Le matin = Il mattino
Moi = Me
Oncle = Zio
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NDA
Ho concluso questo capitolo Domenica pomeriggio (anche se con la revisione ho aggiunto un altro pezzettino il giorno dopo) e probabilmente, quel giorno dovevo avere gli ormoni particolarmente sfasati, dato che mi sono commossa per ogni piccola romanticheria letta.
Sta di fatto che la mattina in auto ho ascoltato una canzone dei Submersed che avevo già sentito altre volte, ma che in quel preciso istante mi ha rapito il cuore... e non mi ha lasciato più! Inoltre, una volta tornata a casa, ho letto il testo e mi sono resa conto che è diabete puro! E così, mentre scrivevo l'ultimo pezzo di questo capitolo, tenendo alla mente quella canzone, mentre Pasi porta la mano di Emile sul suo cuore, mi è salito un magone tale che la vostra emotiva autrice ha finito col lacrimare! xD
Credo di essere stata posseduta da Pasi in quel preciso istante, perché mi sono ritrovata irrimediabilmente innamorata di Emile e non come una madre premurosa *_*
Per chi fosse curiosa di sentire questa song del mio scombussolamento ormonale, si chiama "At First Sight" e al link che vi ho messo troverete il video provvisto di lyrics, nonché la mia personale traduzione in italiano del testo originale. :P
Intanto giusto perché non mi sto ossessionando, vi riporto il ritornello che già da solo è zucchero puro per me:
"Con questo onore
Mi reggo su ginocchia deboli
Rese forti dalle tue mani"
(Ancora mi commuovo!)
Bene, e con questo, chiudo il mio angolo di deliri e spero di essermi guadagnata il vostro perdono per il ritardo nella pubblicazione: mi dispiace avervi fatto attendere 10 giorni prima di pubblicare, ma ho cercato di essere più veloce possibile nello scrivere il capitolo, ricontrollarlo e farlo revisionare alla mia adorata Beta. E appena lei mia ha dato il via a procedere, mi sono fiondata a pubblicarlo ^ ^
PS.
Sotto consiglio di ThePoisonofPrimula, mentre scrivevo questo capitolo, ho iniziato a scribacchiare le prime righe di una specie di costola di questa storia, focalizzata su Sofia e su ciò che sta iniziando a sentire nel suo cuore verso Lucien. Per chi fosse interessata all'idea, appena sarà pronto il primo capitolo, vi renderò partecipi della nascita di quest'altra creatura, che a dir la verità, mi sto divertendo a mettere su. ^ ^
E con questo chiudo davvero :D
Angolo dei Ringraziamenti
Come sempre, la prima in
classifica tra i miei ringraziamenti è la mia adorata
Tomodachi-Beta Iloveworld/Fiorella
Runco, che dipana ogni
mia insicurezza ogni volta che legge in anteprima i capitoli, con il
suo
incontenibile entusiasmo: grazie mille sorellina mia, io, Emile e Pasi
ti dobbiamo molto <3
Così come dobbiamo
molto anche alle mie sisters Concy,
Vale, Saretta, Niky, che dal
primo capitolo di questa storia mi seguono con affetto e
partecipazione, sempre pronte ad immedesimarsi nei miei bambini. Grazie
tesore mie, senza di voi sarei persa! <3
Un grazie speciale alla mia Cicci,
che
è stata ligia al suo ruolo di "dura" facendomi una bella
ramanzina (che oserei chiamare un vero e proprio cazziatone) quando ha
letto di Claudine, ricordandomi quanto sia stata fortunata ad
essere ancora viva dopo la piccola strage che ho messo su. *me si
rimette l'armatura a scanso di equivoci*
Ana-chan
ed Ely, grazie anche a voi per il
vostro sostegno, che si sente anche quando è in stasi :****
Grazie mille alla mia adorata
admin Kira1983, a ThePoisonofPrimula,
a Dreamer_on_heart, che mi
seguono con lo stesso affetto delle altre e mi hanno mostrato
un'empatia e un interesse verso i miei bambini, davvero meravigliosa e
speciale. Grazie ragazze, ogni vostra parola è un dono
prezioso per me! *_*
Rigraziamenti speciali anche a tutti voi che avete inserito la mia storia tra le preferite, le ricordate e le seguite:
Come sempre ARIGATOU GOZAIMASU a tutti voi!!!!!