Opera
in musica
Prologo:
Overture
Era
stato un matrimonio felice,
nessuno poteva negarlo: i cinque anni più belli della loro
vita. Ma
sfortunatamente ogni cosa finisce, e così accadde anche a
loro, nonostante
tutti erano sempre stati convinti che loro due sarebbero stati insieme
anche
fossero arrivati i Maya.
Sanae,
in prima linea, aveva sempre
fatto il tifo per loro: come sempre, lei faceva
“l’invincibile paladina”, o
più
comunemente “lo Tsunami”, e Yayoi sorrise amara
pensando che, quando sarebbe
venuta a sapere quello che era successo, alla sua amica gli sarebbe
venuto un
colpo, per poi prendere il telefono e bombardarla di chiamate.
La
porta si aprì in quel momento, e
il sorriso scomparve, alzando il capo per riconoscere la figura di Jun
che
entrava nello studio, come al solito gl’impegni lo avevano
fatto tardare, come
avrebbe affermato nei secondi successivi.
-Scusate
il ritardo, ho avuto un
impegno di lavoro.-
Yayoi
avrebbe sorriso se la
situazione non fosse stata così spinosa: l’ultima
firma nelle carte del
divorzio, un’ultima firma e poi nessuno dei due avrebbe avuto
motivo per vedere
l’altro. Ma anche in quel momento, la donna conosceva bene i
pensieri del
marito.
O
meglio, ex-marito. Sospirò,
cercando di accomodarsi su quella poltrona, ma le parve fatta di spilli
e
chiodi.
Era
strano, ma in quei momenti,
mentre Jun si accomodava sulla sedia, elegante come sempre, a Yayoi
veniva in
mente solo il giorno che si erano conosciuti, quando lei si era
presentata in
classe e si era accomodata sul banco proprio accanto a quello
dell’uomo, che
allora era stato un ragazzino dal fragile cuore; e lei in tutti
quegl’anni, aveva
conosciuto a menadito ogni angolo di quel cuore, innamorandosene.
E
ancora adesso Yayoi amava
profondamente Jun.
Per
tale motivo accettava anche
questo, il divorzio.
Lanciò
un’occhiata di sottecchi, per
vedere l’uomo alla sua sinistra, notandone subito i
pantaloni, la giacca e le
scarpe, il nodo della cravatta e i gemelli sui polsini; era sempre
stato un
uomo ordinato ed elegante nel vestire, e una piccola delusione della
donna era
sempre stata quella di non poter mai aggiustare niente nel vestito di
suo
marito, come si vedeva nei telefilm o nelle coppie da tempo sposate.
Anzi,
spesso e volentieri, lei si era sentita a disagio nei suoi confronti,
persino
nell’abbigliamento; oltretutto la famiglia di Jun era sempre
stata molto più
agiata della sua, e si notava sempre quella sottile differenza
Yayoi
sospirò senza fare alcun
rumore, guardando l’espressione calma e seria del suo …
ex-marito mentre
ascoltava le varie clausole dell’avvocato divorzista. Lei
oramai le sapeva a
memoria, era la quarta volta che si riunivano per discuterne,
stomacandola
completamente: Jun Misugi, delle volte, era troppo puntiglioso, oltre
ad essere
un gran testardo, ma la donna, anche in quel momento, non poteva negare
che
emanasse il solito fascino nei modi, nel rivolgersi alle persone, nel
prestare
loro la sua totale attenzione. Fin da piccolo aveva avuto questo
talento di far
sentire le persone …
importanti.
Al
contrario, lei sembrava non
sortire più alcun effetto su di lui. Forse perché
era diventata solo …
un’ombra, e
niente più.
Per
questo divorziavano: Jun la stava
lasciando …
perché lei
non era più di alcuna utilità; oramai era guarito
dai suoi mali fisici, e si
erano sposati solo perché era un passaggio ovvio
“del copione”, come oramai lei
considerava la sua vita.
Ma
non era stato ovvio il fatto che
l’uomo si potesse stancare di quella farsa.
Yayoi,
in quel caso, dava
completamente ragione a Jun: era stata tutta una farsa, per tenersi
buoni gli
amici e colleghi, e loro l’avevano portata avanti come due
bravi attori; ma
ogni cosa aveva un finale, com’era giusto che sia.
Il
punto era …
che la donna
non sapeva proprio quando era cominciata, la farsa; sapeva solo che, un
giorno,
ad un certo punto, si era resa conto che l’affetto e
l’amore dell’uomo nei suoi
confronti si erano raffreddati, ed erano diventati simili
all’affetto che un
fratello poteva provare per sua sorella minore. Da lì in
poi, le cose erano
mostruosamente accelerate: le comunicazioni si fecero sempre
più rade,
gl’incontri si ridussero al minimo, ed ognuno si perse nella
propria vita, al
punto tale che, ora, quell’elenco di clausole parve inutile
alla donna, la
quale si limitò a chiudere gli occhi, prendendo un profondo
respiro, aspettando
pazientemente il suo turno di firmare.
-Ecco,
una firma qui signor Misugi.-
Quando
Jun prendeva una penna, ecco
quello era l’unico momento in cui mostrava una certa
grossolanità: era uno
sportivo dopotutto, le poche volte che prendeva una penna era per
firmare dei
contratti di lavoro, e lo faceva sempre in modo sbrigativo e pulito.
Lei, al
contrario, per il diletto che provava nello scrivere, e soprattutto nel
tenere
in mano una penna, aveva imparato ad usarla in una certa maniera, e in
quel
momento quella penna elegante meritava di essere stretta in maniera
rispettosa.
-Prego,
signora Misugi.-
Alzò
stupita lo sguardo all’avvocato,
sentendosi chiamare in quel modo.
Una
firma, e presto sarebbe tornata
ad essere la signorina Aoba, e per quella clausola lei aveva fatto
particolarmente pressione: non voleva, in nessun modo, avere legami di
alcun
genere con Jun, anche fosse stato il cognome. Non perché
fosse arrabbiata o
altro, ma perché non voleva stare male ogni volta che la
chiamavano “Misugi”,
un cognome che, in fondo, non le era mai appartenuto.
Non
che non fosse affezionata alla
famiglia, tuttavia tutto quello che erano …
lei non era mai riuscita ad esserlo:
non era una persona particolarmente elegante, e oltretutto erano
persone di un
certo rango. La sua famiglia, al contrario, proveniva dalla campagna,
dove
tutti si conoscevano. Insomma, due mondi completamente diversi.
Ma
chissà come, fino a quando non se
n’erano resi conto era andato tutto bene; già,
nell’adolescenza sembra sempre
che tutto possa andare bene, e anche gli ostacoli più
difficili possono essere
superati senza problemi, com’era successo a Tsubasa e Sanae.
Già, peccato che
oramai erano diventati adulti, e la cecità
dell’amore adolescenziale era
svanita, almeno dagl’occhi di Yayoi. Forse per Jun non era
mai esistita.
Eppure,
solo per un momento, la donna
ebbe remora di firmare quella carta, e questo non passò
certo inosservato a Jun
o all’avvocato; ma non era perché aveva cambiato
idea su qualcosa, oramai la
donna aveva accettato tutto, anche per sfinimento. È solo …
solo che, in
una remota parte di sé, la donna ancora si ostinava a
pensare che le cose si
sarebbero risolte; che se magari gli avesse parlato a
quattr’occhi, con calma,
magari avrebbero fatto qualcosa per evitare tutto questo.
Non
solo per loro stessi ...
E
poi quello. Le succedeva sempre,
quando non sembrava esserci soluzione al problema:
all’improvviso, nella sua
testa, cominciava a sentire una musica ritmata, allegra, che la faceva
sorridere. Era una musica tratta da “L’Elisir
D’amore”, forse la sua opera
lirica preferita.
Jun,
invece, non sopportava la
lirica. E non sopportava gl’indecisi, ne coloro che
cambiavano idea all’ultimo
momento, proprio come era lei ora.
Al
passato non si torna, così era
solito dire Jun Misugi, e oramai quella formula era diventata parte di
Yayoi; premette
con forza la penna sulla carta, e con la sua veloce firma, la donna
fermò il
giradischi della sua testa.
Eh
no, questa volta, cara Yayoi, non
c’era possibilità che le cose si sistemassero,
anche in quella situazione. Ma
era giusto così, le cose dovevano andare così.
-Ecco
a lei avvocato.-
-Grazie,
signora. Bene, posso
annunciare ad entrambi che il divorzio è fatto, vi
manderò una copia dei
documenti al più presto.-
-La
ringraziamo avvocato.-
La
donna si voltò verso l’uomo, che
si stava alzando in piedi a stringere la mano all’avvocato.
Ah, la cortesia di
Jun: faceva sempre così quando erano in due davanti ad una
persona estranea,
l’uomo ringraziava, salutava e si scusava per entrambi, anche
quando l’errore
non era suo ma di Yayoi. E la donna ne aveva fatto di sbagli.
Entrambi
strinsero la mano all’avvocato,
uscendo fuori dallo studio in silenzio, come due perfetti estranei;
oltre la
porta elegante, Yayoi strinse le mani innervosita, sapendo che quella
era
l’ultima volta che vedeva suo …
suo marito.
Gli
rivolse lo sguardo, e ancora una
volta riconobbe quelle iridi color cacao, ora in
un’espressione gentile ma
distaccata, tipica di Misugi quando trattava con …
con estranei.
Oramai
la tristezza era entrata
dentro di lei già da tempo, ma quando vide
quell’atteggiamento, proprio nei
suoi confronti, sentì che il tempo uggioso fuori dal palazzo
entrava dentro e
avvolgeva i due sul pianerottolo.
-Bene
Yayoi, spero …
spero tu
possa avere una vita serena.-
-…
L’avrò
Jun, tranquillo. Grazie
di tutto.-
-Ciao
Yayoi.-
Lui
si sporse, regalandole un ultimo
bacio sulla guancia, prima di andarsene di gran carriera, evidentemente
aveva
altri impegni: oltre ad essere calciatore era anche medico sportivo. La
donna lo
vide scendere le scale dell’edificio, e sulla rampa ne
ammirò la schiena,
coperta dalla sua bella giacca nera.
Ancora
una volta la donna si prese un
profondo respiro, e strinse la mano, gelida, sulla ringhiera,
osservando l’uomo
sparire dalla sua vista; non lasciò che la tristezza la
facesse piangere, né
alla rabbia di farla gridare. Non sarebbe servito a niente,
l’uomo non sarebbe
tornato indietro.
-…
addio, Jun Misugi. Andrà tutto bene.-
Amore, amore mio,
fior di giglio e di rosa.
Non saperlo mai
per te, per i tuoi puri
occhi, muor Butterfly
perché tu possa andare
di là dal mare
senza che ti rimorda ai dì maturi,
il materno abbandono.
O a me, sceso dal trono
dell'alto paradiso,
guarda ben fiso, fiso
di tua madre la faccia!...
che te n' resti una traccia.
Addio! piccolo amor!
(Madama
Butterfly, Terzo Atto, ultima scena)
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