Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |       
Autore: WYWH    09/01/2012    4 recensioni
[STORIA RIVEDUTA E MODIFICATA] Solo per un momento, Yayoi ebbe remora di firmare quella carta, e questo non passò certo inosservato a Jun o all’avvocato; ma non era perché aveva cambiato idea su qualcosa, oramai la donna aveva accettato tutto, anche per sfinimento. È solo … solo che, in una remota parte di sé, la donna ancora si ostinava a pensare che le cose si sarebbero risolte; le succedeva sempre, quando non sembrava esserci soluzione al problema: all’improvviso, nella sua testa, cominciava a sentire una musica ritmata, allegra, che la faceva sorridere.
Era una musica tratta da “L’Elisir D’amore”, forse la sua opera lirica preferita.
"Una tenera occhiatina, un sorriso, una carezza, vincer può chi più si ostina, ammollir chi più ci sprezza. Ne ho veduti tanti e tanti, presi cotti, spasimanti, che nemmanco Nemorino non potrà da me fuggir. La ricetta è il mio visino, in quest'occhi è l'elisir..."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Anche un uomo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Opera in musica

 

Prologo: Overture

 

Era stato un matrimonio felice, nessuno poteva negarlo: i cinque anni più belli della loro vita. Ma sfortunatamente ogni cosa finisce, e così accadde anche a loro, nonostante tutti erano sempre stati convinti che loro due sarebbero stati insieme anche fossero arrivati i Maya.

Sanae, in prima linea, aveva sempre fatto il tifo per loro: come sempre, lei faceva “l’invincibile paladina”, o più comunemente “lo Tsunami”, e Yayoi sorrise amara pensando che, quando sarebbe venuta a sapere quello che era successo, alla sua amica gli sarebbe venuto un colpo, per poi prendere il telefono e bombardarla di chiamate.

La porta si aprì in quel momento, e il sorriso scomparve, alzando il capo per riconoscere la figura di Jun che entrava nello studio, come al solito gl’impegni lo avevano fatto tardare, come avrebbe affermato nei secondi successivi.

-Scusate il ritardo, ho avuto un impegno di lavoro.-

Yayoi avrebbe sorriso se la situazione non fosse stata così spinosa: l’ultima firma nelle carte del divorzio, un’ultima firma e poi nessuno dei due avrebbe avuto motivo per vedere l’altro. Ma anche in quel momento, la donna conosceva bene i pensieri del marito.

O meglio, ex-marito. Sospirò, cercando di accomodarsi su quella poltrona, ma le parve fatta di spilli e chiodi.

Era strano, ma in quei momenti, mentre Jun si accomodava sulla sedia, elegante come sempre, a Yayoi veniva in mente solo il giorno che si erano conosciuti, quando lei si era presentata in classe e si era accomodata sul banco proprio accanto a quello dell’uomo, che allora era stato un ragazzino dal fragile cuore; e lei in tutti quegl’anni, aveva conosciuto a menadito ogni angolo di quel cuore, innamorandosene.

E ancora adesso Yayoi amava profondamente Jun.

Per tale motivo accettava anche questo, il divorzio.

Lanciò un’occhiata di sottecchi, per vedere l’uomo alla sua sinistra, notandone subito i pantaloni, la giacca e le scarpe, il nodo della cravatta e i gemelli sui polsini; era sempre stato un uomo ordinato ed elegante nel vestire, e una piccola delusione della donna era sempre stata quella di non poter mai aggiustare niente nel vestito di suo marito, come si vedeva nei telefilm o nelle coppie da tempo sposate. Anzi, spesso e volentieri, lei si era sentita a disagio nei suoi confronti, persino nell’abbigliamento; oltretutto la famiglia di Jun era sempre stata molto più agiata della sua, e si notava sempre quella sottile differenza

Yayoi sospirò senza fare alcun rumore, guardando l’espressione calma e seria del suo ex-marito mentre ascoltava le varie clausole dell’avvocato divorzista. Lei oramai le sapeva a memoria, era la quarta volta che si riunivano per discuterne, stomacandola completamente: Jun Misugi, delle volte, era troppo puntiglioso, oltre ad essere un gran testardo, ma la donna, anche in quel momento, non poteva negare che emanasse il solito fascino nei modi, nel rivolgersi alle persone, nel prestare loro la sua totale attenzione. Fin da piccolo aveva avuto questo talento di far sentire le persone importanti.

Al contrario, lei sembrava non sortire più alcun effetto su di lui. Forse perché era diventata solo un’ombra, e niente più.

Per questo divorziavano: Jun la stava lasciando perché lei non era più di alcuna utilità; oramai era guarito dai suoi mali fisici, e si erano sposati solo perché era un passaggio ovvio “del copione”, come oramai lei considerava la sua vita.

Ma non era stato ovvio il fatto che l’uomo si potesse stancare di quella farsa.

Yayoi, in quel caso, dava completamente ragione a Jun: era stata tutta una farsa, per tenersi buoni gli amici e colleghi, e loro l’avevano portata avanti come due bravi attori; ma ogni cosa aveva un finale, com’era giusto che sia.

Il punto era che la donna non sapeva proprio quando era cominciata, la farsa; sapeva solo che, un giorno, ad un certo punto, si era resa conto che l’affetto e l’amore dell’uomo nei suoi confronti si erano raffreddati, ed erano diventati simili all’affetto che un fratello poteva provare per sua sorella minore. Da lì in poi, le cose erano mostruosamente accelerate: le comunicazioni si fecero sempre più rade, gl’incontri si ridussero al minimo, ed ognuno si perse nella propria vita, al punto tale che, ora, quell’elenco di clausole parve inutile alla donna, la quale si limitò a chiudere gli occhi, prendendo un profondo respiro, aspettando pazientemente il suo turno di firmare.

-Ecco, una firma qui signor Misugi.-

Quando Jun prendeva una penna, ecco quello era l’unico momento in cui mostrava una certa grossolanità: era uno sportivo dopotutto, le poche volte che prendeva una penna era per firmare dei contratti di lavoro, e lo faceva sempre in modo sbrigativo e pulito. Lei, al contrario, per il diletto che provava nello scrivere, e soprattutto nel tenere in mano una penna, aveva imparato ad usarla in una certa maniera, e in quel momento quella penna elegante meritava di essere stretta in maniera rispettosa.

-Prego, signora Misugi.-

Alzò stupita lo sguardo all’avvocato, sentendosi chiamare in quel modo.

Una firma, e presto sarebbe tornata ad essere la signorina Aoba, e per quella clausola lei aveva fatto particolarmente pressione: non voleva, in nessun modo, avere legami di alcun genere con Jun, anche fosse stato il cognome. Non perché fosse arrabbiata o altro, ma perché non voleva stare male ogni volta che la chiamavano “Misugi”, un cognome che, in fondo, non le era mai appartenuto.

Non che non fosse affezionata alla famiglia, tuttavia tutto quello che erano lei non era mai riuscita ad esserlo: non era una persona particolarmente elegante, e oltretutto erano persone di un certo rango. La sua famiglia, al contrario, proveniva dalla campagna, dove tutti si conoscevano. Insomma, due mondi completamente diversi.

Ma chissà come, fino a quando non se n’erano resi conto era andato tutto bene; già, nell’adolescenza sembra sempre che tutto possa andare bene, e anche gli ostacoli più difficili possono essere superati senza problemi, com’era successo a Tsubasa e Sanae. Già, peccato che oramai erano diventati adulti, e la cecità dell’amore adolescenziale era svanita, almeno dagl’occhi di Yayoi. Forse per Jun non era mai esistita.

Eppure, solo per un momento, la donna ebbe remora di firmare quella carta, e questo non passò certo inosservato a Jun o all’avvocato; ma non era perché aveva cambiato idea su qualcosa, oramai la donna aveva accettato tutto, anche per sfinimento. È solo solo che, in una remota parte di sé, la donna ancora si ostinava a pensare che le cose si sarebbero risolte; che se magari gli avesse parlato a quattr’occhi, con calma, magari avrebbero fatto qualcosa per evitare tutto questo.

Non solo per loro stessi ...

E poi quello. Le succedeva sempre, quando non sembrava esserci soluzione al problema: all’improvviso, nella sua testa, cominciava a sentire una musica ritmata, allegra, che la faceva sorridere. Era una musica tratta da “L’Elisir D’amore”, forse la sua opera lirica preferita.

Jun, invece, non sopportava la lirica. E non sopportava gl’indecisi, ne coloro che cambiavano idea all’ultimo momento, proprio come era lei ora.

Al passato non si torna, così era solito dire Jun Misugi, e oramai quella formula era diventata parte di Yayoi; premette con forza la penna sulla carta, e con la sua veloce firma, la donna fermò il giradischi della sua testa.

Eh no, questa volta, cara Yayoi, non c’era possibilità che le cose si sistemassero, anche in quella situazione. Ma era giusto così, le cose dovevano andare così.

-Ecco a lei avvocato.-

-Grazie, signora. Bene, posso annunciare ad entrambi che il divorzio è fatto, vi manderò una copia dei documenti al più presto.-

-La ringraziamo avvocato.-

La donna si voltò verso l’uomo, che si stava alzando in piedi a stringere la mano all’avvocato. Ah, la cortesia di Jun: faceva sempre così quando erano in due davanti ad una persona estranea, l’uomo ringraziava, salutava e si scusava per entrambi, anche quando l’errore non era suo ma di Yayoi. E la donna ne aveva fatto di sbagli.

Entrambi strinsero la mano all’avvocato, uscendo fuori dallo studio in silenzio, come due perfetti estranei; oltre la porta elegante, Yayoi strinse le mani innervosita, sapendo che quella era l’ultima volta che vedeva suo suo marito.

Gli rivolse lo sguardo, e ancora una volta riconobbe quelle iridi color cacao, ora in un’espressione gentile ma distaccata, tipica di Misugi quando trattava con con estranei.

Oramai la tristezza era entrata dentro di lei già da tempo, ma quando vide quell’atteggiamento, proprio nei suoi confronti, sentì che il tempo uggioso fuori dal palazzo entrava dentro e avvolgeva i due sul pianerottolo.

-Bene Yayoi, spero spero tu possa avere una vita serena.-

-L’avrò Jun, tranquillo. Grazie di tutto.-

-Ciao Yayoi.-

Lui si sporse, regalandole un ultimo bacio sulla guancia, prima di andarsene di gran carriera, evidentemente aveva altri impegni: oltre ad essere calciatore era anche medico sportivo. La donna lo vide scendere le scale dell’edificio, e sulla rampa ne ammirò la schiena, coperta dalla sua bella giacca nera.

Ancora una volta la donna si prese un profondo respiro, e strinse la mano, gelida, sulla ringhiera, osservando l’uomo sparire dalla sua vista; non lasciò che la tristezza la facesse piangere, né alla rabbia di farla gridare. Non sarebbe servito a niente, l’uomo non sarebbe tornato indietro.

- addio, Jun Misugi. Andrà tutto bene.-

 

Tu, tu piccolo iddio!

Amore, amore mio,
fior di giglio e di rosa.
Non saperlo mai
per te, per i tuoi puri
occhi, muor Butterfly
perché tu possa andare
di là dal mare
senza che ti rimorda ai dì maturi,
il materno abbandono.

O a me, sceso dal trono

dell'alto paradiso,
guarda ben fiso, fiso
di tua madre la faccia!...
che te n' resti una traccia.

Addio! piccolo amor!

(Madama Butterfly, Terzo Atto, ultima scena)

 

**

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: WYWH