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Autore: alicerovai    15/01/2012    4 recensioni
Un'intensa nebbia angoscia gli abitanti di Duckburg. C'è paura, malinconia: è come se dovesse accadere qualcosa, ma nessuno riesce a capire cosa. Un agonia terribile attanaglia tutti.
Cosa accadrà? Riusciranno a ritrovare la luce?
Nota: i personaggi sono visti come umani. Di conseguenza le emozioni sono più intense, più reali.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Questa è la mia prima fic con questo account (lasciamo perdere gli altri). Però possiamo anche dire che è la mia prima fanfiction sui personaggi Disney (Paperone, Paperino, Paperina, Qui Quo e Qua ecc....) e che questa devo dire che mi sto divertendo a scriverla. Dunque, una volta che avrete iniziato a leggerla, direte: Ma che Cavolo...?

Bhe, qui i personaggi Disney sono umani perché io li vedo così. E, di conseguenza, i loro nomi non saranno “Paperone” o “Paperino” perché... ehm, avete mai conosciuto una persona che si chiama Paperone? Fa ridere. Allora ho deciso di dargli i loro nomi originali, quelli inglesi, ovvero, per Paperone, diventerà Scrooge, e via discorrendo per gli altri. Tutto qui.

Alcuni la troveranno noiosa magari, ma voi recensite, sia in male che in bene! Tanto non ci vuole nulla, solo volontà (eh, lo so, è la più dura a trovarsi...)

Ma tant'è.

Allora, buona lettura!

 

-Spheater

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

« Ahahahah! E tu ci credi?! »

 

Quando, quando imparerò a star zitto?

Donald indugiò di più con la spugna nella pentola, strofinando e strofinando, come se volesse scaricare tutta la sua furia in un gesto.

Ma la pentola gli scivolò dalle mani e ricadde nell'acquaio, rompendo un bicchiere.

Stava per cacciare un urlo isterico, quando tre vocine all'unisono lo interruppero.

« Tutto bene, zio Donald? »

Si voltò, la cannella aperta e lo sguardo paonazzo. « Certo. Tutto benissimo. Non si vede? »

Tornò a strofinare i piatti, con la stessa furia di prima.

Huey, Dewey e Louie si guardarono perplessi, per poi tornare in salotto a fare i compiti.

Donald, appena sentiti svanire i passi dei nipotini, trasse un lungo sospiro, piegando la testa in giù.

Perché, perché e perché non mi sto mai zitto, e perché dico sempre le cose sbagliate?

Raccolse uno per uno i cocci di vetro del bicchiere, poi li buttò nel cestino.

E perché, non ne combino mai una giusta?

Immerse le mani nell'acqua calda, tornando a pulire i piatti.

Guardò fuori dalla finestra: una fitta nebbia copriva la strada e le macchine, si vedeva solo la lieve luce del lampione sul marciapiede.

Quelli non possono averla vinta. Non possono aver avuto ragione.

Chiuse l'acqua, ripose al loro posto i guanti gialli e coprì la finestra con la tenda.

Accese la radio e alzò il volume di tre tacche.

Ora voglio proprio sentire.

Il notiziario era iniziato da tre minuti esatti. Una voce di donna stava annunciando il meteo.

« … per quanto riguarda il clima del Calisota in questi giorni, si prevedono nubi e banchi di nebbia molto vasti, e per adesso non possiamo dire esattamente quando svaniranno entrambi »

« Al diavolo » Donald fece una smorfia.

« … e questo è tutto al momento. Il prossimo notiziario fra un'ora. Buona serata »

La musichetta di turno seguì, e Donald spense la radio.

« Nebbia, nebbia, nebbia, nubi e ancora nubi! Tutto grigio. Alla fine diventeremo grigi anche noi. Non si può andare avanti così »

Passò davanti alla finestra che prima aveva oscurato. Scostò un po' la tenda, si affacciò e la richiuse subito, sbuffando.

« Cos'hai, zio? »

Huey si era affacciato nuovamente alla cucina con un'aria preoccupata.

« Ehi! Hai finito i compiti? » Donald non aveva nessuna voglia di rispondere alla sua domanda.

Dietro a Huey, apparvero anche Dewey e Louie.

« Li abbiamo finiti adesso. Ma abbiamo potuto sentire il notiziario »

I tre nipotini si misero a sedere a tavola, ognuno al suo rispettivo posto di sempre. Tutti e tre guardarono lo zio, che era appoggiato all'acquaio, con uno sguardo a dir poco irritato.

« Ebbene? » domandò spazientito. « Cosa c'è? »

« Oh, niente. Tu piuttosto, cos'hai? Sei nervoso. Più nervoso » si corresse Dewey.

Donald rimase a braccia incrociate appoggiato fermo dov'era, e non aveva nessuna intenzione di rispondere a domande a cui non avrebbe saputo rispondere.

Perché queste tre pesti riescono sempre a mettermi in difficoltà?

Ma si rese conto che il silenzio si stava prolungando troppo. Non riuscì a far altro che tirar fuori una voce seccata e un argomento che non c'entrava niente.

« La prossima volta, rigovernerete voi! Ah, e c'è anche da falciare il prato. Appena questa maledetta nebbia svanirà, dovrà essere subito fatto e lo farete voi! Io ho altri impegni » sebbene queste parole non lo convincessero affatto, riuscì a mantenere uno sguardo solido per più di un secondo.

« Zio, perché non vuoi risponderci? »

Donald cercò di elaborare una frase che deviasse la domanda, ma sapeva bene che non sarebbe stato affatto facile.

Proprio quando ce n'era bisogno, il campanello suonò con il solito suono sordo e acuto. Donald corse alla porta, rincuorato, senza chiedersi nemmeno chi fosse, bastava solo che distraesse i nipotini.

« Donald? »

Daisy apparve sulla soglia della porta con un'aria spaurita e circospetta. Indossava un lungo cappotto color miele e aveva i capelli corti e biondi stranamente in disordine.

La ragazza entrò, chiudendosi la porta alle spalle e guardando Donald come a chiedergli conferma di essere al sicuro da qualcosa, qualcosa che lui non riusciva a decifrare.

La osservò levarsi il cappotto, appenderlo all'appendiabiti e tirarsi i capelli sparsi sulla fronte all'indietro, con un'espressione ansiosa.

« Cara, che succede? Come mai sei qui? » Donald dette una fugace occhiata ai nipotini in cucina, che si sbrigarono a salire su per le scale diretti nella propria camera.

« Devo... devo bere qualcosa » farfugliò lei, mettendosi a sedere sulla poltrona.

Donald non capiva, ma si sbrigò a portarle un bicchier d'acqua.

« Grazie, io... spero di non averti disturbato » Daisy bevve tutto d'un sorso l'acqua.

« Ma no, certo che no. Non avevo nulla da fare » Donald non riusciva a farle la domanda principale, gli sembrava di avere gli occhi fissi su di lei e di non poterli staccare. Era una situazione assai seccante.

Dato che Daisy non proferiva parola, decise di farle la domanda.

« Sembri, anzi, sei stravolta. Cosa è successo? Perché sei venuta qui a quest'ora e con questo tempo? »

Daisy deglutì, tormentandosi un ricciolo ribelle. « Proprio del tempo ti volevo parlare. Io... non ridere, ti prego. » alzò lo sguardo verso di lui. « Io ho paura, Donald, tantissima paura... questa nebbia non se ne va! Ormai è un mese che è così, anche la gente se ne rende conto, e... »

una pausa. « … E... ti ricordi quando dissero della... fine del mondo? Bhe, tu ti mettesti a ridere, ma... ricordo bene che annunciarono che prima della fine ci sarebbe stata tanta, tanta nebbia, e tanto freddo... e... e... adesso fa freddo e c'è nebbia! Eccome, se ce n'è... » adesso Daisy si sfiorava le mani, come se volesse spazzare via il freddo da di esse.

I due si guardarono, entrambi in silenzio. Poi Daisy emise una risatina, di quelle imbarazzate e improvvise.

« Sembro... sembro una cretina, a parlare così! Ma... ti assicuro che non sono la sola. Tu ti metterai a ridere di nuovo, come l'altra volta, e non mi arrabbierò, però... ho paura, sul serio »

Donald si alzò, le mani in tasca e lo sguardo basso.

La sua risata, il suo tono canzonatorio di quella volta, lo ricordava bene. Ricordava di aver riso non a presa di giro di Daisy (che gli aveva notoriamente sbattuto la borsa in faccia), ma per prendere in giro gli esperti, gli studiosi, quelli che “se ne intendevano”. Come avevano potuto anche solo pensare una cosa del genere, aveva pensato? Quante, quante volte la fine del mondo era già stata predetta, eppure lui e tutti quegli esperti erano ancora lì? Donald si era messo a ridere perché non aveva saputo trovare niente di meglio da fare, ed aveva avuto le sue ragioni.

« Daisy, lo sai, il mondo doveva doveva finire anche dodici anni fa, nel 2000. Ma anche nel 1999, se non sbaglio, e anche prima, e aspetta solo che ricordi la data e... »

« Lo so, lo so! C'ero anch'io, me lo ricordo benissimo!! Ma stavolta è diverso » Daisy si alzò di scatto, agitata. « Stavolta, la nebbia, e il freddo, ci sono »

Donald alzò gli occhi al cielo. « Daisy, è inverno. Credo che adesso la nebbia e il freddo siano la prassi, non ti pare? Inoltre, perché mai la nebbia, il freddo e le nubi dovrebbero causare la fine del mondo? Non ti pare un po' assurdo? »

Donald credeva a ogni parola che stava dicendo, ma il suo animo non era tranquillo come voleva far credere. Sapeva che sì, in effetti, non poteva tornare assolutamente: ma... certo non poteva negare che quella nebbia perenne inquietasse il suo animo e quello di tutte le altre persone. Era un grigio continuo, continuo, sembrava che potesse durare per anni... mai un cambiamento, mai un miglioramento né un peggioramento. Mai.

Era inverno, sì, ma c'era comunque qualcosa che non andava.

Gli esperti avevano annunciato che praticamente sarebbe stata la nebbia a causare la fine del mondo, solo perché c'era. Diciamocelo, era una terribile castroneria.

Ma non si poteva non dire che la nebbia fosse l'antefatto alla fine del mondo. Di certo, non aiutava la gente a star tranquilla, che già era spaventata dalle superstizioni.

Donald sapeva che gli esperti avevano sbagliato, ma non poteva negare a sé stesso che... quella nebbia era strana, che c'era comunque qualcosa che non andava.

Non lo poteva negare a sé stesso, ma lo poteva negare a Daisy.

« Devi rilassarti, Daisy, vedrai che questa nebbia svanirà prima o poi. E ricorda che è inverno; e che il solo fatto che gli esperti abbiano intuito che adesso ci fosse nebbia... bhe... » si girò a guardarla.

« … che facciamo, gli diamo il Nobel? Voglio dire, è il loro unico compito. Che la facciano finita »

A questo punto, Donald avrebbe dovuto sentire la convinzione farsi presente dentro di sé, ma non accadde, non sentì proprio niente, se non un grande vuoto.

La cosa lo inquietò, ma non mutò espressione.

Daisy non pareva affatto convinta. Anzi, il dubbio sembrava addirittura aumentato sul suo volto.

Con un sospiro, le si mise a sedere accanto, cingendole le spalle.

« E dai, cara... se proprio ci credi, non pensarci, non adesso almeno. È tardi, sono quasi le otto, se vuoi puoi mangiare qui. Basta che tu ti distragga, almeno per stasera »

Daisy lo guardò; le stava sorridendo.

In realtà, però, Donald non era affatto tranquillo.

« D'accordo, d'accordo » Daisy appoggiò la testa sulla spalla di Donald. « Per stasera hai vinto tu. Rimango qui » e sorrise.

 

 

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

 

 

« Battista »

« Sì, signore? »

Scrooge alzò lo sguardo. « Battista, spiegami che sta accadendo »

Il maggiordomo rimase interdetto. « Signore...? »

Scrooge si alzò dalla poltrona, girò attorno al maggiordomo e si affacciò alla finestra, con le mani cinte dietro la schiena.

« Spiegami perché i miei colleghi d'affari, in questi giorni, sono spariti. E perché il club dei miliardari è chiuso! È sparito perfino il pivello. Sono l'unico che lavora? Mi sembra di si, visto che sui giornali non ci sono nuove notizie ». Un attimo di silenzio.

« A che pro tutto questo? Io che ci faccio qui, se non c'è nessuno che mi ostacola? Sembra che si siano ritirati tutti. E non è affatto periodo di festa! »

Battista non sapeva cosa dire. Ma non perché ignorasse la causa di tutto ciò, anzi: ne era perfettamente al corrente, solo che non era così sicuro di volerlo riferire al principale.

« Bhe, un periodo di ferie non fa mai male a nessuno... » disse alla fine.

Scrooge si girò, con un'aria truce sul volto. « Dici così perché lo vorresti te, il periodo di ferie »

Battista lo osservò tornare alla scrivania. « Effettivamente sì, signore. Ma non era questo lo scopo del discorso, se mi permette » ribatté.

Scrooge poggiò i piedi sulla scrivania, con un'aria da sfida. « E dunque, qual è, questo tuo scopo? »

Il maggiordomo sospirò. « Lo scopo sarebbe quello di farle capire che lei ha bisogno di una vacanza, non io »

Scrooge fece un sorriso amaro. « Ma fammi il favore. Abbiamo già affrontato tante volte questo discorso! E troppe volte tu e il nipotame siete riusciti a convincermi. Ma, adesso no, Battista, io non andrò da nessuna parte! Starò qui a lavorare. Puoi andare, adesso »

Battista non si aspettava di essere congedato così in fretta. Rimase un po' interdetto, poi si decise a uscire dall'ufficio, anche se malvolentieri.

In quei giorni, il principale era davvero insopportabile: non che gli altri giorni si perdesse in gentilezze, ma, questo era davvero troppo perfino per Battista, una delle persone più pazienti al mondo. E siccome conosceva molto bene Scrooge, sapeva che il suo atteggiamento era a causa del nervosismo che era preso al principale da qualche giorno: la causa del suo essere così nervoso, però, gli era ignota.

Mentre afferrava il ferro da stiro e cominciava a passarlo sopra una camicia, Battista pensò che presto gli sarebbe passato, come del resto tante altre cose in altri tempi.

 

 

Al diavolo. Al diavolo, al diavolo e al diavolo!

Scrooge sbatté i fogli sulla scrivania, lasciandosi poi abbandonare sulla poltrona in pelle.

Al diavolo.

Scrooge era nervoso, non capiva cosa gli stesse accadendo. Sapeva solo che aveva una gran voglia di urlare, sia che da solo o con qualcuno, bastava che si sfogasse.

Ma anche lo sfogarsi, così, senza sapere il perché, gli dava ancora più ai nervi, e aumentava la sua voglia di urlare senza un preciso perché.

La sera prima aveva pensato che il suo nervosismo improvviso fosse causato dall'improvvisa sparizione dei suoi colleghi-rivali, ma aveva finito per smentire. Non era quella la causa.

E allora, qual è?, si era domandato. Forse la stanchezza? Il troppo lavoro?

No.

E allora cosa, maledizione?! Perché ho come un tamburo dentro lo stomaco, che non smette di fare bum bum per un solo minuto...? Perché dentro sono improvvisamente vuoto?

Fece un sorriso amaro, quando ricordò la voce di Battista che gli diceva: lo scopo sarebbe quello di farle capire che lei ha bisogno di una vacanza, non io.

Una vacanza! Per lui era qualcosa di inconcepibile.

Tutte le volte che era andato in vacanza, non si era mai rilassato, mai.

Una volta, poi, sulla nave da crociera vi aveva trovato Brigitta, e le cose erano andate peggio che mai.

Bhe, a dire il vero, non fu poi un disastro. Con quel travestimento riuscii a non farmi riconoscere... fino alla fine della crociera, quando mi tradii.

Ripensò all'espressione di Brigitta quando lo riconobbe e urlò “Scrooge!”, entusiasta e sorpresa alle stesso tempo. Poi pensò ai tanti momenti di vincita passati sulla nave, dove avevano vinto un sacco di premi, e quando, poco prima dello sbarco, con quel sole splendente nel cielo, le si era avvicinato e le stava giusto per dire chi fosse, quando un'onda non lo aveva completamente sommerso.

Stranamente, pensava, in quel momento, il suo cuore aveva decisamente accelerato e lui le si era avvicinato molto.

Fortuna che c'era quell'onda... pensò, ma sorrise al ricordo.

Dunque, nella sua vita, c'erano stati dei momenti da ricordare.

E allora perché, tutto insieme, adesso, non riusciva che a provare rabbia?

Cosa mi succede? Che cosa ho?

Chiuse gli occhi, stringendoli forte fino a sentir male. Poi li riaprì, ma non era cambiato niente, né dentro né fuori di lui.

Con un gran sospiro, li richiuse e li aprì subito. Poi, a gran voce, urlò:

« Battista! »

Il maggiordomo apparve dopo tre secondi. « Sì? »

Scrooge si alzò, avanzò verso il maggiordomo e lo sorpassò, dicendo:

« Per oggi ho smesso di lavorare. Fammi un the, riciclato, al solito »

Battista sorrise, un po' sollevato. Si girò per dire qualcosa a Scrooge, ma era già sparito.

  
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