A Junior piaceva quel luogo.
L’ultima volta che la mamma
lo aveva portato lì era stato
due settimane prima.
Avevano passato le giornate a giocare
in riva al lago, e
insieme al nonno aveva cercato fiori da regalare alla sua mamma.
Al mattino aveva fatto le crepes
assieme a nonno Walter, e
nel pomeriggio erano venuti a trovarli gli amici della mamma, e aveva
fatto la
lotta con lo zio Logan.
Ora era seduto nell’erba.
La mamma era accanto a lui, seduta
sulla copertina a fiori che teneva sempre in macchina per farlo stare
al caldo.
Junior stava giocando con il
cappellino di sua madre. Lo
adorava, non lo mollava mai.
La sua mamma sorrise, poi si
alzò in piedi e si avvicinò di
più al lago, guardando l’acqua calma.
Junior si alzò per
raggiungerla.
“Peter, resta
lì, tesoro. La mamma arriva subito.” gli
disse, con la sua solita voce tranquillizzante.
Junior adorava quella voce. In
realtà adorava tutto della
sua mamma. La guardò incantato.
Mentre la stava guardando
sentì uno strano rumore provenire
dal centro del lago. Lo fissò. Non molto lontano dalla riva
si formò un grande
vortice. Ma non era un vortice come quelli che vedeva quando osservava
l’acqua
andare giù dal lavandino. Era scuro, più pauroso.
Junior cercò di attirare
l’attenzione di sua madre, ma lei
non si mosse.
Qualcosa uscì da quel buco
pauroso in mezzo al lago. Junior
lo osservò bene. Sembrava un uccello. Era grandissimo, e non
era fatto di
piume.
Era fatto di fuoco, ma non era lo
stesso fuoco che guardava
nelle sere d’inverno, quando il nonno lo teneva in braccio
vicino al camino e
gli leggeva le favole. Era molto più pauroso.
Junior chiamò ancora la
mamma. Ora stava urlando, ma la
mamma non lo stava ascoltando. L’uccello pauroso si
avvicinava in volo. Ora era
molto vicino.
Con le sue grandi ali avvolse la sua
mamma.
Junior si svegliò di
colpo. Urlò e scoppiò a piangere
disperato.
Olivia arrivò di corsa,
allarmata.
“Peter… che
succede, amore mio?” gli chiese, avvicinandosi
alla culla.
Junior allungò le braccine
verso di lei per farsi prendere
in braccio.
“Mamma…
cubo…” disse, tirando su col naso.
Olivia lo prese su e lo
cullò per consolarlo.
“Un incubo? Cosa hai
sognato?” chiese lei, baciandogli
affettuosamente la fronte, su cui ricadevano i capelli, biondi come i
suoi ma
ribelli come quelli del padre.
Junior non sapeva come spiegarlo a
parole, quindi optò per
il mezzo per lui più semplice per spiegare:
poggiò la manina sulla guancia
della mamma e le trasferì il ricordo del sogno.
Lei lo strinse per qualche secondo,
poi gli sorrise
rassicurante.
“Tranquillo, amore mio, la
mamma è qui ora. Non ti lascerò
mai, lo prometto.”
Junior la strinse forte, non voleva
lasciarla più andare
via.
“Nonno sta facendo le
frittelle. Vuoi andare a cucinare con
lui?” gli chiese. Doveva farlo distrarre un po’.
Quel sogno lo aveva turbato
parecchio.
Ma aveva turbato anche lei. Qualcosa,
nelle immagini
telepatiche del bambino, l’aveva messa in allarme:
l’uccello di fuoco.
Lo aveva già visto.
Esattamente due anni prima, la notte in
cui era nato suo figlio, aveva sognato Peter… e aveva visto
quell’uccello di
fuoco.
Ma ora non poteva permettersi il
lusso di indagare, avrebbe
solo agitato inutilmente il bambino, e oggi doveva solo pensare a
divertirsi:
era il suo compleanno, e alla scuola stavano organizzando una festa
tutta per
lui.
Portò Junior in cucina, da
Walter, e glielo affidò, poi andò
ad aiutare gli altri a preparare il salone d’entrata per la
festa che ci
sarebbe stata quel pomeriggio.
Quando tutto fu pronto la festa
cominciò.
Junior correva in giro per la sala,
riuscendo ad avere
l’attenzione di tutti. In fondo era la mascotte della scuola,
il più giovane,
nato tra quelle mura e che aveva già mostrato parte dei
poteri da subito dopo
la nascita.
Il piccolo si avvicinò a
Logan e gli tirò i pantaloni per
attirare la sua attenzione.
“Nonno?” lo
chiamò.
Logan non lo sentì, e
continuò a chiacchierare con Broyles,
bevendo la sua birra.
“Nonno?”
chiamò ancora Junior.
Broyles lo guardò e
sorrise.
“Credo che il bambino ce
l’abbia con lei, signor Logan.”
Wolverine sospirò e lo
prese su.
“Dimmi un po’,
tappetto.” disse il mutante al piccolo
“Perché mi devi chiamare nonno se ti ho detto
mille volte di chiamarmi zio?”
“Io no tono
petto.” protestò il piccolo “Tu tei
petto!”
Logan sospirò. Quel
bambino era proprio un Bishop.
Lo tenne in braccio per un
po’, finché sua madre non venne a
riprenderselo.
“E’ ora della
torta!” esclamò Olivia, stringendo il figlio,
poi si avvicinò a un grande tavolo con una bella torta con
panna e crema
pasticcera, la preferita di Junior.
Il bambino spense le candeline, con
l’aiuto della mamma, poi
rivolse la sua attenzione al tavolo dei regali. C’erano tanti
pacchetti di
tanti colori. A Junior piacevano i colori.
Junior li aprì tutti, e
volle provare tutti i giocattoli.
Giocò finché la
stanchezza non ebbe la meglio, poi si
addormentò in braccio alla madre, che stava parlando con il
Professor Xavier e
altri X-Men.
Mentre parlavano, il Professore si
fece improvvisamente
cupo, e si estraniò per qualche minuto dalla conversazione.
Tutti lo fissarono
in silenzio: quando faceva così il futuro non prospettava
nulla di buono.
“Voglio tutti gli X-Men
nell’hangar del Blackbird tra
mezz’ora.” ordinò “Sta
succedendo qualcosa…”