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Autore: nightswimming    04/02/2012    4 recensioni
Svegliati, Dom, al mondo non esistono i buoni samaritani. Specialmente quando si tratta di sesso. Non l’ha fatto per altruismo, l’ha fatto perché lo voleva quanto se non più di te.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note: i membri dei Muse e Tom Kirk (facciamo i membri dei Muse e basta, va’, che dopo “I would like to thank Charles Darwin” Kirky è definitivamente in da friendship) non mi appartengono, non sono miei, proprio, zero, tutto quel che segue è più falso della faccia di Patty Pravo e io non ne guadagno nulla (anche se vorrei ç_ç).
…Ho messo Patty Pravo e i Muse nello stesso periodo. That’s quite something. XDDD
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spostò il peso da un piede all’altro e tirò un lungo, nervoso sospiro davanti alla porta.
- Con tutta la scelta che c’era, proprio da quella più stronza della classe dovevamo andare? – mugolò affranto.
Accanto a lui Andy  raccolse le sue numerose treccine in una voluminosa coda e prese a fissare il campanello con aria corrucciata.
- Scherzi, Matt? Tutto torna. – Appoggiò il dito sul pulsante e lo schiacciò brevemente tre volte.
- Emma Howard ha sempre creduto di essere il centro dell’universo. Una cosa così istituzionale e ridicola come l’anniversario della maturità si poteva fare solo da lei. – spiegò in tono ragionevole.
La vide mordicchiarsi il labbro, in attesa. Matt prese a far dondolare spazientito la bottiglia di spumante che teneva in mano.
- Rievochiamo qualche storiella sul professor Harlow, ci scoliamo tutto l’alcool che riusciamo umanamente a contenere senza rimettere l’anima e prima di mezzanotte siamo a casa. Ok? –
Andy sorrise senza guardarlo, giocherellando coi propri anelli.
- Davvero preferisci quella lagna della tua fidanzata a un party in casa di Emma Howard? Mio Dio, Mattie, devi esserti proprio costretto a venire qua. – disse in tono più innocente possibile.
Lo sentì sbuffare e rovistarsi nelle tasche.
- Andy, per favore, in questo momento ci manca solo ricominciare a discutere su Kate. – Tamburellò nervosamente le dita sul muro. - Ma quanto ci mette quella stupida ad aprire?! – sbottò ad alta voce.
- Non lo so, d’altronde è sempre stata defi… Emma, mio Dio, quanto tempo! –
- Andrea, tesooooro! –
Matt piegò le labbra in una smorfia schifata. Se Andy aveva finto entusiasmo giusto il minimo indispensabile per non sembrare maleducata, Emma le era praticamente saltata al collo e le stava miagolando convenevoli commossi come se fosse davvero contenta di vederla dopo tutti quegli anni.
E ora sarebbe toccata per forza anche a lui.
- Matthew! – Sobbalzò al suono acuto della sua voce, alzando su di lei uno sguardo che sperava sembrasse abbastanza neutro. Non era cambiata per niente: sempre bionda, sempre scollata fino all’ombelico, sempre con quell’espressione sfacciata e impicciona in faccia. Lo stereotipo fatto e finito della gallina di successo, insomma. – Come sei ingrassato, Matthew! E questi occhiali? Hai optato definitivamente per il look intellettuale? –
Matt borbottò un “Merda!” sottovoce e si sfilò gli occhiali dal naso, ficcandoseli goffamente in tasca. Al lavoro era costretto a tenerli sempre addosso e per la fretta si era dimenticato di toglierseli.
- No no, io, ecco, li ho sempre od- Come stai? – Si interruppe a metà della frase, pensando che non gliene doveva fregare proprio un accidenti del rapporto che aveva coi suoi occhiali. Si scambiarono due baci sulla guancia, Matt imbarazzatissimo, lei ridacchiante come una cretina. – Ho portato dello spumante. – disse, sollevando il braccio che reggeva la bottiglia a mo’ di garanzia.
- Oooooh, ma non dovevi! Non dovevate! – Fece un passo indietro e liberò loro la via, un sorriso eccitato che le andava da un orecchio all’altro. – Dentro, dentro, che sono già arrivati quasi tutti e non vedono l’ora di vedervi! –
Sì, non vedono l’ora di ricominciare a riempirmi di coppini fino a farmi bruciare il collo. Scommetto che nel vuoto e nella noia delle loro vite di adesso gli è mancato un sacco.
Andy sfoderò il sorriso più falso del suo repertorio.
- Bene! Anche noi. – e la seguì all’interno della casa, ridacchiando quando Matt le sillabò silenziosamente “disgustoso” senza che Emma potesse vederli.
 
*
 
Matthew non era andato a casa degli Howard nemmeno una volta in cinque anni di liceo – d’altronde sarebbe mai stato possibile, lui, lo sfigato, a prendere il tè dalla ragazza più popolare della scuola?... - e fu costretto ad ammettere con una punta di fastidio che era molto bella. Il soggiorno era amplissimo e luminoso, arredato con mobili antichi che si sposavano benissimo con le vecchie stampe alle pareti e con quattro imponenti piante di beniamino poste davanti alle grandi finestre. Lì, allineati in piedi davanti a un lunghissimo tavolo di legno scuro coperto di ogni ben di dio, stavano tutti i suoi ex-compagni di liceo in piena fase di chiacchiera selvaggia.
L’inferno dantesco, praticamente.
- Guardate chi è arrivatoooo! – strillò entusiasta la padrona di casa, sventolando le braccia in aria come una tifosa particolarmente agguerrita. Matt intercettò lo sguardo già esausto che Andy aveva rivolto al cielo: ma perché doveva dire ogni cosa come se annunciasse la novità più eccitante del momento?
- Mio Dio, Bellamy, non ci posso credere. – sussurrò genuinamente stupefatto Miles Crawford, un uomo grande come un armadio che gli aveva reso impossibile il ritorno a casa per cinque terribili anni. – Sei finalmente riuscito a vincere l’anoressia? – disse, tutto soddisfatto della sua brillante battuta, stringendogli le dita fino a fargliele scrocchiare. La maggior parte dei maschi e qualche ragazza, che era oca al liceo e oca era rimasta anche alla soglia dei trent’anni, risero divertiti; Matt gli rivolse una smorfia compassionevole.
- Miles, che piacere. Vedo che invece le tue menomazioni cerebrali continuano a darti problemi. –
Andy mascherò un sogghigno vittorioso dietro al suo bicchiere di vino. Il sorriso dell’uomo si incrinò leggermente.
- Sei sempre stato uno stronzetto arrogante, Bellamy. – ringhiò, passandogli una bottiglia di birra con fare minaccioso. Matt lo ringraziò sottovoce e la alzò per un brindisi.
- E tu un gran coglione. Ben ritrovati! – disse sarcastico, e cominciò la sua opera di ubriacamento.
 
*
 
- A quanto sei? – gli sussurrò Andy con la migliore delle sue voci strascicate. Matt sbattè più volte le palpebre.
- Tre birre, mezzo litro di vino, un bicchiere di whisky. –
- Idem, più o meno. –
- Ma è ancora troppo poco. –
- Non me lo dire. Georgiana e la sua cricca di amichette imbecilli hanno appena finito di parlare dei loro figli, e io ero indecisa se mettermi due dita in gola o provare pietà nei confronti di quelle povere creature. –
Matt lasciò andare la testa contro la poltrona e ridacchiò piano, gli occhi chiusi. Andy riprese a parlare concitata, le guance rosse per l’alcool e lo sguardo stralunato.
- Ah, e Jimmy Cowell mi ha chiesto il numero di telefono! Mi ha chiesto di uscire insieme, per parlare dei vecchi tempi! Non so come ho fatto a non scoppiargli a ridere in faccia. –
Matt ora sghignazzava senza controllo. Jimmy Cowell, un figlio di papà con il quoziente intellettivo di un cucchiaino da caffè, ci aveva provato con Andy a intervalli regolari per tutti gli anni del liceo, sempre in maniera a dir poco grezza – e di fronte ad ogni puntuale rifiuto aveva reagito spargendo in giro la voce che lei era frigida e incapace persino a baciare senza lingua. Il fatto che non gli fosse ancora passata quella fissa senza speranza e che ancora credesse di avere qualche possibilità con lei dopo averle rovinato di proposito la reputazione plurime volte lo faceva piegare in due dalle risate.
- Mezz’ora e poi ce la filiamo. Non ce la faccio più. – disse, bevendo tre lunghi sorsi dalla sua quarta birra. Andy annuì freneticamente.
- Sì, per carità. Ci conviene comunque andare a parlare con- -
- Giuro su Dio, Em, è l’ultima volta che ti faccio da schiavo! –
Entrambi alzarono la testa incuriositi. Un ragazzo biondo era appena sbucato dal corridoio, portando in ciascuna mano due voluminosi sacchetti della spesa che, a giudicare dal rumore che facevano contro le sue gambe, dovevano essere pieni di ulteriore alcool.
Matt non riusciva a vedergli bene la faccia perché era coperta per metà da una pesante sciarpa ma, a giudicare dal colore dei capelli e dal tono famigliare con cui la insultava, doveva essere il fratello di Emma.
Questa gli trotterellava dietro sui tacchi alti miagolando ringraziamenti acutissimi.
- Dommie, oh, sei un angelo, grazie grazie grazie! Abbiamo già finito tutto! –
- Non ci posso credere. – sussurrò basita Andy. Matt si girò a guardarla confuso. – Cazzo, non ci posso credere! – ripetè in tono eccitato.
- Che c’è di tanto pazzesco, Andy? – chiese lui, notando che le brillavano gli occhi. Lei sospirò teatralmente.
- Dominic Howard. – tubò deliziata. Matt arricciò il naso.
- Il fratello di Emma Howard. Sì, mi dispiace un sacco per lui. – commentò, sarcastico. Andy alzò gli occhi al cielo.
- Ma dai, Matt, non ti ricordi? Ti ho fatto una testa così con lui in terza! Avevo una cotta allucinante! –
Matt riportò lo sguardo sull’oggetto della loro conversazione, che aveva appoggiato le borse sul tavolo e distribuiva bottiglie e lattine a tutti beccandosi ringraziamenti particolarmente sentiti da parte della componente femminile. Si era tolto il cappotto e la sciarpa: notò che era magro, non particolarmente alto, e che i vestiti gli stavano addosso molto bene, dandogli un’aria di elegante disinvoltura.
- Se dovessi mettermi a ricordare tutti quelli per cui ti eri presa una sbandata, Andy… - ribatté, bevendo un’ulteriore sorso della sua birra. A qualche metro di distanza Dominic ne aprì una a sua volta e si accese una sigaretta, ascoltando con un sorriso le chiacchiere dei suoi compagni di scuola. Incrociarono velocemente lo sguardo.
Ha gli occhi grigi, pensò distrattamente Matt, lo sguardo  immediatamente fisso sul tappeto per un motivo che non sapeva bene spiegarsi. Non ho mai incontrato nessuno con gli occhi grigi.
- E’ ancora più bello di quando aveva diciott’anni, se possibile. – gorgheggiò Andy con aria sognante. Matt la guardò sconvolto: era quella la stessa ragazza cinica e disinibita che usava gli uomini come fazzolettini usa e getta?
- Sei regredita a quindici anni? Vuoi rimetterti ad ascoltare gli Spandau Ballet?... – la provocò con una risata, mettendole un braccio attorno alle spalle. Lei arrossì e gli rubò la bottiglia di birra.
- Ah, sarebbe tutta fatica sprecata, comunque. – Mandò giù un breve sorso con aria afflitta, facendo tintinnare i numerosi braccialetti che portava ai polsi. – Oggi come allora. –
Matt vide Dominic fare lo sgambetto a sua sorella e acchiapparla all’ultimo prima che volasse con la faccia sul pavimento. Troppo buono.
- Perché? – chiese, sovrappensiero. Andy gli rivolse un sorriso supponente.
- Vivevi proprio fuori dal mondo, eh, Matt? Già il fatto che tu non ti ricordi di lui ha dell’assurdo. Era uno dei più popolari, a scuola. –
Lui fece un gesto con la mano che voleva dire “avrebbe dovuto importarmi qualcosa?” e lei sbuffò.
- E’ gay. – disse solennemente, come se avesse appena annunciato una terribile tragedia. “Che spreco” la sentì poi aggiungere sottovoce, finendo in un sorso il contenuto della bottiglia.
 
*
 
Matt mosse lentamente il collo avanti e indietro. Doveva subito bere qualcos’altro: l’effetto esilarante dell’alcool stava cominciando a scemare, Andy era stata catturata nel vortice dei pettegolezzi femminili e lui aveva ripreso ad annoiarsi terribilmente.
Si sporse per rovistare tra le varie bottiglie accumulate sul tavolo, in cerca di una che fosse minimamente piena. Finalmente trovò del whisky e se ne versò un generoso bicchiere con un verso soddisfatto.
- Ci vuoi dell’acqua? –
Si girò: Dominic Howard gli sorrideva gentile con una bottiglia di plastica in mano.
- Sì, grazie. – rispose educatamente, allungandogli un bicchiere vuoto. Lui lo riempì, se ne riempì uno a sua volta e alzò in aria il suo whisky per un brindisi.
- Alla fine di questa orrenda serata. – dichiarò con una smorfia provocatoria sul viso. Matt ridacchiò e fece scontrare i due bicchieri con soddisfazione.
- Dio, sì, alla fine di questa orrenda serrata. –
Bevvero in silenzio. Dominic emise un verso soddisfatto e gli tese una mano.
- Piacere, Dominic. E scusami per il comportamento poco consono a un padrone di casa, ma ho visto che ti annoiavi e ho pensato che dovevi essere uno a posto. –
Matt sorrise davanti al calore delle sue parole e gli strinse la mano a sua volta.
- Matthew, piacere mio. – Si sedettero. – E hai perfettamente ragione. Nel senso, - si corresse subito,  impacciato - non sul fatto che sono un tipo a posto ma… beh… rispetto alla noia, ecco. –
Dominic rise e lui arrossì fino alla punta dei capelli. Maledetto nervosismo da socializzazione, gli aveva sempre reso la vita un inferno.
- Beh, l’ho detto io che sembri un tipo a posto, quindi penso di essere abbastanza d’accordo anche su quel punto. A meno di non essere verbalmente dissociato. –
Matt ridacchiò a sua volta. Dominic lo guardava con aria tranquilla, bevendo di tanto in tanto un sorso del suo whisky, e il suo atteggiamento amichevole lo stava aiutando a rilassarsi per la prima volta nel corso della serata.
- Conosci qualcuno di loro? – chiese, abbracciando con un gesto della mano la stanza vociante. Lui scosse la testa.
- Non particolarmente, ma ho sempre pensato che mia sorella avesse una classe del cazzo. La gente che portava a casa era impresentabile. –
- Ah, sì, io li odiavo tutti. O quasi. –
Rivolse uno sguardo affettuoso ad Andy, che era imprigionata in una sorta di circolo del cucito con in faccia un’espressione sofferente da martire cattolica.
Dominic seguì i suoi occhi e sorrise.
- E’ molto carina, la tua amica. – disse alzando le sopracciglia in un gesto eloquente dietro il suo bicchiere di whisky.  – Ecco, lei rimpiango che non sia mai venuta a studiare a casa nostra. –
Matt annuì meccanicamente.
Ma non era gay?
- Almeno avrei avuto qualcosa di bello da guardare. –
Calò un breve silenzio. Matt non sapeva cosa dire: doveva proseguire nel commentare l’avvenenza di Andy? No, sarebbe sembrato forzato. C’era un motivo per cui era sempre stata la sua migliore amica e niente di più.
Decise di andare sul classico.
- Allora, cosa fai nella vita? – chiese, facendo ruotare il whisky nel bicchiere per cercare di darsi un contegno. Dominic accavallò le gambe con un gesto fluido e si sistemò meglio sulla sedia.
- Gestisco un bar con un mio amico. – rispose con un sorriso soddisfatto; doveva piacergli molto il suo lavoro. Matt si trovò a invidiarlo selvaggiamente.
Le rotelle del suo cervello presero a girare in maniera frenetica.
Dai, digli qualcosa di brillante e spiritoso. Fai bella figura con un estraneo per una volta nella tua vita.
- Cocktail, aperitivi, quel campo lì? – si ritrovò a semi-balbettare, una mano nervosamente affondata nei capelli. Dominic rise di gusto e a Matt venne voglia di sprofondare nel pavimento.
Complimenti alla tua iimprevedibilità, Bellamy.
- Sì, proprio quel campo lì. E tu? – chiese, un’espressione di educata curiosità sul viso.
Matt sentì le spalle precipitargli verso il suolo.
- Lavoro in una libreria. – borbottò, lo sguardo fisso sulle proprie mani che stavano torturando impietosamente i bordi del bicchiere. – E… - Si interruppe immediatamente. Ma che cosa gli saltava in testa di scaricare le sue frustrazioni addosso all’unica persona piacevole che avesse incontrato quella sera? - …E basta. –
Dominic annuì con quello che sembrava sincero interesse.
- Bello! Mi è sempre piaciuto avere libri intorno. Mi piace il calore che trasmettono alle stanze. –
- Sì… Anche a me. –
E di nuovo non sapeva cosa dire.
Accavallò le gambe anche lui, a disagio, e quasi sobbalzò quando riudì la voce profonda di Dominic.
- Mi guarderesti in faccia, se non ti dispiace? –
Cominciò a sudare freddo. Non sembrava scocciato, dal tono. Sembrava soltanto molto curioso.
Gli obbedì arrossendo. Lui analizzò con estremo interesse qualcosa sul suo viso per qualche secondo, poi sorrise lentamente.
- Ah, ecco. Mi ero sbagliato. – disse sottovoce.
Matt si sporse in avanti senza rendersene conto.
- Su che cosa? – domandò, incerto. Dominic si schiarì la gola e si sistemò il colletto della camicia con un gesto misurato.
- Hai gli occhi azzurri. Mi erano sembrati verdi, in un primo momento. – disse in tono sicuro.
Matt arrossì senza sapere davvero perché.
- B-beh, sì. – Che altro poteva dire a riguardo? – Sì, sono azzurri. –
- Sono molto belli. –
Ecco, adesso sì che sapeva perché arrossire.
Una gioia inaspettata, esaltante gli si fece strada nel petto a quel commento. Per quale motivo quel commento gli faceva tanto piacere? Sapeva che Dominic era gay, avrebbe dovuto sentirsi intimorito e minacciato da un suo approccio così diretto.  A lui mica interessavano gli-
- Strano, perché… Perché la prima cosa che ho pensato di te è che non avevo mai visto degli occhi come i tuoi. – Respirò velocemente, cercando di non accavallare le parole per l’eccitazione. – Non credevo esistessero davvero gli occhi grigi. –
Ma che mi prende? Che sto dicendo? Meglio tagliarla qui, prima che il whisky faccia ulteriori danni.
Rialzò lo sguardo su di lui. Sembrava piacevolmente colpito dalle sue parole.
- Io… Grazie, lo prendo come un complimento. – mormorò, i tanto citati occhi grigi fissi su di lui.
Matt deglutì a fatica. Il suo sguardo era esplicito ed esitante a un tempo, come se sapesse esattamente dove e in che maniera fissarsi ma avesse delle riserve nel farlo.
Ed era decisamente troppo per lui.
- Vado in bagno. – fu la sua brusca risposta.
 
*
 
Chiuse le mani a coppa sotto il getto del rubinetto e si buttò sulla faccia dell’acqua così gelata che rabbrividì da capo a piedi.
Ma una doccia fredda gli faceva solo bene.
Perché le gambe gli tremavano? Perché sorrideva come un imbecille? Perché gli veniva voglia di tirare fino a mattina in casa della persona più irritante del pianeta, solo per poter parlare di banalità con suo fratello?
Perché mi sembra che i pantaloni si siano ristretti di due taglie buone?
Si guardò allo specchio. Era rosso in faccia, e spettinato. Con un mugugno tentò di rimediare, passandosi le dita fra i capelli, ma gli sembrò di star solo peggiorando la situazione.
Sobbalzò leggermente sentendo la porta aprirsi. Si girò: era Dominic.
Dominic che sorrideva timidamente e chiudeva la porta a chiave con un gesto cauto.
Tornò a rivolgere lo sguardo verso le specchio, un singolo, squisito brivido che gli scorreva lunga la schiena come una scossa elettrica.
- Non spaventarti, ti prego, non voglio farti nulla. – lo sentì cominciare in tono sommesso, quasi impaurito. Doveva temere una sua reazione incontrollata – una preoccupazione comprensibile, per un gay che decida di chiudersi nel bagno di casa sua con uno sconosciuto dalla sessualità non meglio pervenuta.
Prese un lungo respiro di naso e decise di non incontrare i suoi occhi nello specchio, non ancora.
Per quanto si sentisse stupido a fissare il lavandino in un momento come quello.
- Immagino che debba ringraziare l’alcool. – proseguì Dominic, ridacchiando piano e passandosi una mano fra i capelli. – O forse no, forse l’avrei fatto comunque. – dichiarò con rinnovata sicurezza, forse più a sé stesso che a lui. - Non riesco a staccarti gli occhi di dosso. – Fece una brevissima pausa, ed entrambi trattennero il respiro. – Non volevo che te ne andassi senza sapere che ti trovo… bellissimo, e… e… -
Matt chiuse gli occhi e deglutì rumorosamente, sentendosi molto leggero. Quando li riaprì Dominic era due centimetri dietro di lui, le mani accanto alle sue sul lavandino. 
Sentì il suo respiro irregolare sui capelli e alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi allo specchio.
Erano grandissimi, vivi, e lo guardavano ansiosi. Tutto il suo viso sembrava concentrato nell’attesa di una sua qualsiasi parola, o anche di un semplice gesto, che gli desse il via libera.
Ma lui per ora non riusciva nemmeno a pensare. Era tutto troppo inaspettato, e troppo bello, perché fosse capace di reagire in qualsiasi maniera.
Sentì le sue dita sfiorargli la mano destra, quasi impercettibili.
- Non sapevo se ti avrei più rivisto. – gli sussurrò all’orecchio. – N-non sapevo se tu… Se potevo… -
Il suo tono esitante ruppe qualsiasi sua esitazione. Abbandonò la testa sulla sua spalla con un gemito sollevato e lo sentì immediatamente premersi contro di lui, le braccia che si stringevano sul suo stomaco con una rigidezza che tradiva la voglia tenuta a freno.
Sentì che lo baciava sul collo e gemette ancora. Al primo bacio seguì un secondo, un terzo, un quarto, e prima di rendersene conto lo stava stringendo a sua volta inarcandosi all’indietro contro il suo inguine, la testa meravigliosamente leggera e il cuore che minacciava di uscirgli dal petto.
Riaprì gli occhi. Nello specchio, Dominic lo cingeva per la vita con una mano e con l’altra gli stringeva i capelli in un pugno per fargli chinare ancora di più la testa, il viso arrossato premuto sul suo collo. Vide la sua lingua leccare lentamente il lembo di pelle sotto al suo orecchio e la fitta di piacere che sentì quando lui cominciò a succhiare sembrò svegliarlo dal suo intorpidimento.
- Non… Non posso. - mormorò facendosi una violenza incredibile. La testa di Dominic scattò subito in alto e i suoi occhi si incatenarono ai suoi. Respirava veloce.
- Come? – chiese pianissimo, allentando di un poco la stretta. Matt percepì subito il vuoto provocato dall’improvvisa assenza di calore farsi strada in ogni parte del suo corpo.
Si voltò con lentezza e appoggiò la schiena al marmo freddo del lavandino.
- Sono impegnato. – ammise a malincuore, alzando velocemente gli occhi per incontrare il suo sguardo.
Sembrava andare oltre al semplice dispiacere; avvertì qualcosa di più intenso che gli fece stringere lo stomaco.
- Scusami. – lo sentì sussurrare dopo alcuni secondi di pesantissimo silenzio. Matt allungò meccanicamente le mani in avanti e lo afferrò per le braccia.
- No, non scusarti! E’ stato… - niente. Nemmeno un bacio. Ma Cristo se questo niente è stato bello. - …Fantastico. – Lo vide sorridere debolmente. – E credimi, ti ho fermato unicamente per scrupoli morali. –
Dominic rise piano, una risata che sembrava grattargli dolorosamente la gola per lo sforzo.
- Io… Dovevo provarci, tutto qui. –
Matt ritirò con cautela le mani dal suo corpo. Si guardarono in silenzio, frustrati.
- Senti, lo so che non dovrei ma… Posso baciarti? Solo una volta. – sbottò Dominic, gli occhi lucidi. – Voglio sapere come sarebbe stato se… Non devi neanche ricambiare, se non ti senti. Solo… -
Si interruppe a metà lasciandosi sfuggire un verso esasperato e gli prese entrambe le guance fra le mani, praticamente invitato a nozze dallo sguardo implorante di Matt. Che tentò di obbedirgli, almeno all’inizio, ma mandò tutti i suoi maledetti scrupoli morali all’aria quando Dominic si fece strada fra le sue labbra con la lingua.
Si aggrappò alle sue spalle e gli si spinse addosso con tutta la passione che aveva. Non aveva mai provato tanto piacere per un semplice bacio, non si era mai sentito sciogliere in un abbraccio. Lo tirò a sé per i fianchi e gemette contro il suo collo quando le loro erezioni si sfregarono l’una contro l’altra, allontanandosi di scatto.
- Non posso. – ripetè in un lamento. Lanciò un ultimo sguardo addolorato a Dominic, mimò un “mi dispiace” con le labbra e afferrò la chiave della porta per uscire da quel bagno più in fretta che poteva.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: allora, la verità è abbastanza semplice: non voglio finire Entropy. È acclarato XDDD, quella storia sta per concludersi e io non voglio assolutamente che ciò accada, per cui le provo tutte per distrarmi – prima il porn bieco e becero, ora il fluff sfarfalleggiante.
Perché quello che avete appena letto è solo il primo capitolo del diabete fatto storia. Davvero, tutti alla fine si amano, tutti si vogliono bene e viva l’happy ending e che l’amore trionfi, YAY!
(Scusate, sono le tre del mattino e sono in generale un po’ turbata da come questa storia sa venendo fuori. Cioè, Dom barista e Matt libraio. NON SO SE CI STIAMO CAPENDO XDDD)
(La verità è che devo smetterla di leggere il fandom straniero, ha una bruttissima influenza su di me)
È con viva e vibrante soddisfazione che ringrazio megalomania per il betaggio, anche se mi ha fatto passare l’ultimo quarto d’ora a correggere tutte le e maiuscole accentate che io prima scrivevo con l’apostrofo – disonore su di me, disonore sulla mia mucca! – invece che con il simbolo apposito che Word tiene in serbo per i puri di cuore. Ora dovrò rileggere tutte le mie storie e cambiare ogni fottutissima e *si strappa i capelli*
Sara si merita il mio amore anche per la sua creatività in fatto di titoli: sua è stata infatti l’idea di mandare in shuffle l’iPod fino a trovare qualcosa di appropriato, e questa storia ha rischiato di chiamarsi, in ordine
 
- Katherine Kiss Me (lol)
- Public Pervert
- Green Eyes (seems legit, dopo tutta la pappardella sul grigio e l’azzurro)
- Bathroom Acoustics
 
fino ad approdare, thank God, ai nostri ragazzi con Yes Please.
Aspetto trepidante le vostre reazioni *-*
(No, in realtà ho paura delle vostre reazioni XDDD)
 
 
:***
   
 
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