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Autore: itsjjoy    27/02/2012    8 recensioni
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2018. Adam è sposato con Sauli, abita a New York e sta per adottare un bambino. Ma dopo 5 anni, Isaac torna a bussare alla sua porta e gli dice solo 3 parole: ‘è per Tommy’. Questo basta per far correre Adam a Burbank da quel ragazzo che già una volta gli aveva fatto riconsiderare tutte le proprie convinzioni e l'aveva cambiato da cima a fondo, e chissà che non l’avrebbe fatto ancora. La storia di due anime gemelle che la vita ha portato ad incontrarsi per poi separarsi ancora e di quel loro legame irrimediabilmente indissolubile che li porta, dopo essersi rivisti, ad un percorso di riscoperta di sé stessi, dei propri sentimenti, delle proprie passioni e delle proprie priorità. Un percorso difficile fatto di debolezza, ostinazione, rifiuto, fiducia, speranza, pentimento, affetto, perdono e accettazione; un percorso che forse non li porterà a tornare quelli di prima, a riavere indietro ciò che avevano, ma certamente li cambierà nel profondo.
[Adam/Tommy; Adam/Sauli; Isaac/Sophie]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Adam Lambert, Isaac Carpenter, Tommy Joe Ratliff, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto:
2018. Adam è sposato con Sauli, abita a New York e sta per adottare un bambino. Ma dopo 5 anni, Isaac torna a bussare alla sua porta e gli dice solo 3 parole: ‘è per Tommy’. Questo basta per far correre Adam a Burbank da quel ragazzo che già una volta gli aveva fatto riconsiderare tutte le proprie convinzioni e l'aveva cambiato da cima a fondo, e chissà che non l’avrebbe fatto ancora. La storia di due anime gemelle che la vita ha portato ad incontrarsi per poi separarsi ancora e di quel loro legame irrimediabilmente indissolubile che li porta, dopo essersi rivisti, ad un percorso di riscoperta di sé stessi, dei propri sentimenti, delle proprie passioni e delle proprie priorità. Un percorso difficile fatto di debolezza, ostinazione, rifiuto, fiducia, speranza, pentimento, affetto, perdono e accettazione; un percorso che forse non li porterà a tornare quelli di prima, a riavere indietro ciò che avevano, ma certamente li cambierà nel profondo.

"Isaac lo vedeva rannicchiarsi in un angolo, ansimante, pallido, gli occhi sgranati con il terrore dipinto dentro e quando provava ad avvicinarsi Tommy lo mandava via, e lui non si sarebbe mai perdonato se davvero l’amico avesse ceduto alla malattia. Se Adam era il morbo, lui sarebbe stato la cura, doveva esserlo, o non ce l’avrebbe fatta mai più a guardarsi allo specchio."


Note: Ho perso le mie bellissime noticine, quindi vi dovrete accontentare di questi ringraziamenti un po' meno appassionati. Grazie alla volenterosa Stefania che si è offerta di betare la storia, a tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono le mie storie e a quelli che sono qui per caso ma soprattutto un grazie alle bellissime personcine a cui è dedicata questa long, ovvero alla mia Frankie e alle ragazze della C.A.S.A! :D






Bright Lights

Io ti ho amato, André, e non saprei immaginare come si possa amare di più. Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che andasse in pezzi pur di stare con te. Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce ad immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. E' scoppiata tutto d'un colpo. C'erano cocci ovunque, e tagliavano come lame.”

Alessandro Baricco




01 Prick of Conscience



Silenzio.
Quanto diamine era straziante quel silenzio?
Mentre dentro di sé il cuore pareva gemere di dolore ad ogni lacerante battito, senza che lui stesso riuscisse a spiegarsene il motivo, pregava silenziosamente il ragazzo seduto accanto a lui di fare qualcosa, di rompere quel terribile mutismo. Lo vedeva per la prima volta dopo cinque lunghi anni, e tutto ciò che aveva saputo dirgli era stato ‘È per Tommy’: tre parole che erano bastate perché lui acconsentisse a seguirlo subito a Los Angeles, lasciando New York, in cui abitava.
Cinque lunghissimi anni: la sua vita era cambiata dall’ultima volta che lo aveva visto, e dall’ultima volta che aveva visto Tommy. Era sposato adesso, era un cantante di grande successo, stava lavorando al suo quarto album che già gli prometteva introiti per milioni e milioni di dollari, e stava per adottare un bambino assieme a suo marito. Aveva messo la testa a posto ed era felice, davvero!
Però gli mancavano i suoi amici: senza Isaac, senza Cam, senza Ash, senza Taylor, Terrance, Sasha, senza Tommy, senza la sua glamily la fama non era più la stessa cosa. Aveva ancora quei periodi bui, sempre più frequentemente e non aveva nessuno da cui andare se non Sauli, o suo fratello, o sua madre. Perfino il rapporto con suo padre non era più lo stesso; per quanto Eber negasse e ripetesse che non era cambiato nulla, Adam poteva chiaramente percepire che qualcosa si era infranto dopo quel fatidico addio. Un addio che aveva cambiato totalmente la sua vita.
Credeva di avere degli amici fedeli, che non l’avrebbero abbandonato mai, ma dopo che ebbe messo fine a quel malsano rapporto che c’era tra lui e Tommy, e il biondo se n’era andato, tutti gli altri lo avevano seguito un po’ alla volta, l’uno dopo l’altro.
“Dimmi qualcosa, Isaac.”
Gli occhi verdi dell’altro lo fulminarono.
“Cosa vuoi che ti dica?” rispose, stizzoso, guardando fuori dal finestrino con una smorfia infastidita.
“Perché siamo su un aereo per LA, magari? Cos’ha Tommy e cosa c’entro io?” replicò lui, senza preoccuparsi di abbassare la voce. Si sistemò la giacca con un gesto nervoso.
Isaac era stato il primo ad andarsene. Non gli aveva mai perdonato di aver allontanato Tommy, gli aveva detto che non voleva passare un secondo in più assieme ad un ingrato come lui, aveva dato le dimissioni ed era sparito dalla sua vita. Cinque anni dopo bussava alla sua porta perché a Tommy era successo chissà che cosa, lo trascinava con sé e lo trattava anche male. Che poi, a lui cosa importava di Tommy? Dopo cinque anni in cui non si erano visti né sentiti, dopo averlo invitato al proprio matrimonio e aver sperato che si presentasse fino all’ultimo istante, inutilmente, perché avrebbe dovuto fregargliene qualcosa?
“Siamo su un aereo per LA perché è ora che tu ti assuma le tue responsabilità per quello che hai fatto al mio migliore amico.” rispose il suo ex-batterista, freddamente.
Adam sbuffò. “Io non gli ho fatto nulla.”
Ed era vero: insomma, aveva 30 anni e non sapeva accettare di essere stato mollato? Capitava a tutti, ci si riprendeva, era impossibile che dopo cinque anni ci stesse ancora male!
Gli si strinse lo stomaco all’idea e per un istante ebbe una folle, quanto fortissima, voglia di abbracciare il suo biondino. Fu un flash, un’immagine del ragazzo di cui si era innamorato con una tale intensità che nulla aveva più avuto senso. Poi era passato, e si era sentito stupido: era finita, ed andava bene così.
Se Adam non fosse stato perso nei propri pensieri nostalgici e incoerenti, avrebbe certamente notato il viso del suo interlocutore contratto nello sforzo di non prenderlo a pugni fino a che di lui non fosse rimasta che un’inerme poltiglia. Non si rendeva conto di quello che aveva fatto?!
“Nulla? Non hai fatto nulla?!” Isaac sibilò, rabbioso. “Se solo tu potessi vedere cosa ha passato... se solo tu fossi stato lì! Due anni. Due anni ci sono voluti perché si riprendesse almeno un po’ da ciò che gli hai fatto passare!” la voce di Isaac era divenuta praticamente un ringhio e il ragazzo lo guardava negli occhi, il dito puntato contro di lui. “Solo dopo due anni è stato capace di lavorare di nuovo, ti rendi conto? Dopo nove mesi di antidepressivi ed un anno e mezzo di terapia era a stento capace di fare un dannatissimo scontrino!”
Adam ascoltava le parole dell’altro, ma non le capiva. Tommy, lo stesso Tommy che aveva conosciuto lui? Quello che nulla avrebbe mai fermato, quello che sapeva sorridere anche nei momenti più bui, quello inaffondabile? Stavano parlando della stessa persona? I suoi occhi vacui vagavano sul viso di Isaac e coglievano piccole rughe che non erano lì l’ultima volta che l’aveva visto e tanti più capelli bianchi di quanti ne ricordasse, che a quanto pareva l’ex batterista non si preoccupava di coprire. Ma ciò che lo colpì maggiormente fu il viso stanco di Isaac.

Il suo viso sembrava quello logoro e triste di un impiegato scontento del proprio lavoro e della propria vita, che va avanti per forza di inerzia. Ma, in tutto ciò, nulla nel suo viso gli lasciava intuire che stesse mentendo. Possibile che fosse vero quello che gli raccontava?
Sentiva una sensazione terribile, di vuoto, di impotenza, crescergli nello stomaco e gonfiarsi come una bolla colma d’aria. Tommy si era ripreso, vero? Le lacrime che Isaac insisteva a trattenere raccontavano un’altra storia, ma Adam pose lo stesso quella domanda, per la prima volta parlando senza essere brusco o scortese.
“Ora sta bene, non è così?” domandò con un tono speranzoso ma poco convinto.
Isaac sorrise senza traccia di gioia negli occhi. Pareva che i muscoli del suo viso si muovessero per un fatto abitudinario, come se fosse costretto a sorridere sempre e, col tempo, avesse imparato a farlo con naturalezza in risposta a qualunque domanda.
“Tu cosa pensi?”
Nulla. Adam non pensava proprio nulla.

–   –   –   –

Scese dall’aereo con mille domande che gli riecheggiavano nella testa. Tommy era lì ad aspettarlo? Era cambiato? Era davvero così grave come Isaac gli aveva lasciato intendere? Cosa avrebbe provato quando l’avrebbe rivisto? Perché lo aveva mandato via cinque anni prima? Perché adesso era tornato da lui?
“Perché mi hai fatto venire qui?”
Isaac finse di non aver sentito, mentre tirava giù la valigia dal nastro trasportatore con quello che sembrò uno sforzo enorme. Adam fece lo stesso col proprio bagaglio e fu mentre si dirigevano fuori che finalmente Isaac gli rispose.
“Vuole vederti. Non so come mai, è raro che parli di te a me o a Sophie, lo fa solo con lo psicoterapeuta. Ma è oramai un mese che si sveglia dicendo il tuo nome, e ripete che vuole vederti, ci chiede di portarlo a New York.”
Isaac aveva gli occhi spenti. Quando parlava di Tommy lo faceva con delicatezza, con un tono piatto e triste, gli occhi bassi e con parole morbide, innocue, come un abbraccio caldo e materno, quasi fosse certo che termini troppo duri lo avrebbero spezzato. Sembrava parlasse di un bambino per la dolcezza e l’affetto profondo di cui riempiva quelle frasi.
“Lo psicoterapeuta ci ha sconsigliato di venire lì, non sappiamo come potrebbe reagire ad un viaggio né a te, e poi non può interrompere le sedute; ci ha sconsigliato proprio di farvi incontrare, a dire la verità, ma non sono riuscito a dire di no a Tommy.”
Sembrava che il racconto dovesse continuare ma Isaac non aggiunse più nulla. Serrò le labbra e restò in silenzio.
Vide la prima ombra di sorriso in quegli occhi tanto familiari quanto estranei quando, in lontananza, scorsero la figura di Sophie. Quando si avvicinarono, Adam notò che era dimagrita e che sembrava molto più vecchia. Anche il suo viso appariva stanco, sfibrato, sebbene decisamente meno di quello del suo consorte; ciò che la tradiva era l’espressione, le labbra serrate e contratte in una smorfia preoccupata, che le conferiva di certo qualche anno in più.
Non erano più le stesse persone che aveva conosciuto e si domandò se non sarebbe stato lo stesso per Tommy. Il senso di colpa gli attanagliò lo stomaco: era causa sua? Era stato quello che aveva fatto a Tommy a ridurli tutti in quello stato?
Cercò di scacciare via quel terribile pensiero sostituendolo con la propria impazienza di vedere il biondo, di capire come stesse. Forse vederlo gli avrebbe fatto bene, forse sarebbe finalmente stato capace di lasciarselo alle spalle una volta per tutte, di smettere sinceramente di provare nostalgia per quello che avevano avuto.
“L’hai lasciato solo?!” Isaac mormorò spaventato, ma non a voce abbastanza bassa da impedire ad Adam di sentirlo e di riscuotersi dai propri pensieri. L’ex batterista si era rivolto a Sophie guardandola negli occhi, e lei scosse la testa. “Psicoterapeuta.” rispose telegraficamente per poi rivolgergli un sorriso affettuoso. Isaac ricambiò con un abbraccio avvolgente, che scaldò il cuore di Adam per quanti sentimenti fu capace di trasmettergli. Chissà se lui e Sauli facevano lo stesso effetto a chi li guardava.
Sophie rivolse ad Adam uno sguardo freddo e lo salutò con un cenno. No, non era decisamente il benvenuto, lì. La donna gli si avvicinò e gli ficcò in mano un foglio.
“Qui ci sono i nostri numeri di cellulare e l’indirizzo dell’albergo dove sarebbe opprtuno tu restassi. Ci vediamo.”
Si voltò e chiuse la stretta della mano attorno al polso del marito, tirandolo delicatamente con sé e facendogli segno di andare. Isaac esitò, restando indietro a guardare Adam che aveva un’aria avvilita quanto sconvolta: lo avevano portato lì di fretta e furia per poi lasciarlo solo in una camera d’albergo, senza sapere cosa fare, ad aspettare loro?! Ebbe l’impulso improvviso di tornare immediatamente a casa, nel suo salone profumato e colorato, luminoso e allegro, a godersi la vita che meritava e che si era guadagnato, senza quegli ingiustificati sensi di colpa che lo assalivano a minuti alterni. Ma qualcosa, qualcosa in quel foglio che stringeva in mano, qualcosa nello sguardo di Isaac e soprattutto quella sensazione di insistente nostalgia che si dimenava nel suo stomaco, gli fece capire che non ne sarebbe più stato capace: ogni singola volta che la vita di Tommy incontrava la sua, anche solo per caso, qualcosa cambiava. E una volta che era cambiata non si tornava indietro.
“Poi ti chiamiamo.”
Isaac lo guardò negli occhi per assicurarsi che avesse capito, poi cedette alla moglie e la seguì, senza più voltarsi.
Adam si sentiva solo, perso, non sapeva cosa fare né dove andare, non perché non conoscesse il posto, piuttosto perché non riusciva a pensare, lì, in piedi, a guardarli andare via. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il suo ex ragazzo, il suo ex migliore amico. Era una situazione tremendamente familiare, ma gli ci volle qualche minuto perché ricordasse quando qualcosa di simile si era verificato. In un flash, l’espressione di shock che Tommy aveva sul viso l’ultima volta che l’aveva visto gli si presentò davanti, quasi come se lui fosse lì, e si sentì perso. Era così che si era sentito lui quando Adam lo aveva lasciato? Smarrito? Vuoto?
Come aveva potuto trattarlo a quel modo? Lo aveva mandato via come se non gli importasse nulla di lui, ma non era affatto così! Era solo che c’erano dei momenti nella vita in cui bisognava scegliere, e quella scelta era stata così difficile per lui... Aveva deciso di sentirsi al sicuro, di lasciarlo andare e di continuare per la propria strada, perché credeva che fosse quella la cosa migliore per entrambi. Ed ancora ci credeva. Lui era nato per cantare, non per mandare tutto a puttane per amore.
Ma quando si era reso conto che non riusciva a lasciarlo andare in alcun modo, aveva dovuto sbattergli una porta in faccia con violenza inaudita per assicurarsi che fosse Tommy a non tornare mai più indietro o lui avrebbe ceduto. Cos’altro poteva fare?

–   –   –   –

Il telefono squillò mentre era in taxi. Adam lo estrasse di scatto, pensando si trattasse di Isaac, ma il numero sul display era quello di Sauli, sicuramente preoccupato di non aver ancora ricevuto sue notizie dopo un’ora dal previsto atterraggio. Sospirò. Se non fosse stato per Sauli, Adam avrebbe spesso dimenticato anche di vestirsi.
Rispose con un sorriso sereno, già figurandosi cosa l’altro gli avrebbe detto. “Pronto?”
“Amore, ma Isaac ti ha rapito o cosa?”
Adam scoppiò a ridere. Dall’altro capo del telefono c’era il solito Sauli, sempre accomodante e gentile, sempre affettuoso ma mai sdolcinato.
“No, macché rapito, mi ha già scaricato nel primo albergo!” rise Adam gettando un'occhiata al guidatore del taxi che pareva particolarmente interessato alla conversazione.
“Uhm, capisco... Sicuro che hai voglia di stare lì solo soletto? Vuoi che venga a farti compagnia?” il sorriso malizioso di Sauli si poteva ben percepire anche senza vederlo, ma Adam sapeva che se da un lato il ragazzo voleva provocarlo, lo avrebbe raggiunto davvero se solo lui glielo avesse chiesto. Era così, cercava di passare quanto più tempo possibile con lui, ma si era più volte dimostrato capace anche di concedergli i suoi spazi. Ad esempio, non era stato particolarmente d’accordo con la sua decisione di partire per Los Angeles da un giorno all’altro per via del suo ex, ma alla fine glielo aveva permesso, ovviamente con le dovute raccomandazioni. Era o non era quella una grande dimostrazione di fiducia e d’amore?
Esitò per un secondo. Si rese conto che desiderava averlo lì con sé tanto quanto avrebbe desiderato un tumore, ed era una cosa terribile da pensare del proprio marito. Provò improvvisamente disagio, sentì di non meritare nulla di ciò che aveva.
Per dissimulare quelle sensazioni – che Sauli era fin troppo abile a cogliere – scoppiò a ridere, tentando di tenere la conversazione su quel tono poco serio con cui era cominciata.
“Sauli, sono capace di passare qualche notte senza scopare!” esclamò, fingendosi offeso e scatenando l’indignazione dell’autista che sembrò finalmente tornare a porre l’attenzione sulla strada.
Dall’altro capo del telefono, suo marito ridacchiò. “Lo so, lo so...”  mormorò, e poi fece una breve pausa, come se stesse riflettendo su qualcosa. “Hai visto Tommy? Come sta?”
Non era su quello che stava riflettendo, e non era quello che gli interessava, il cantante lo sapeva. Ma rispose lo stesso, gli resse il gioco, sapeva che non ci avrebbe messo molto ad arrivare al punto. E probabilmente Adam sapeva anche quale fosse, quel punto.
“No, non l’ho visto, ma sembra stia proprio male...” Adam non aggiunse altro, avvertendo un po’ di tensione. Sapeva che a Sauli non interessava minimamente come stesse Tommy – d’altronde non è che tra i due scorresse proprio buon sangue – e forse sentir nominare il suo nome con affetto non era stata una cosa piacevole. Ma erano passati anni, ormai, pensava fosse acqua passata!
“Non vorrei sembrare scortese, ma a te cosa importa di lui? Cioè... Non è neppure venuto al nostro matrimonio, non gliene frega più nulla di te!”
Adam scosse la testa e sospirò. Se lo chiedeva anche lui, ad essere sinceri.
“Eravamo migliori amici, Sauli... Gli voglio ancora bene, nonostante tutto.”
“Eravate amanti, Adam.” sbottò l’altro.
“Da dove spunta fuori tutta questa gelosia, mh?” scherzò Adam, anche se quell’ultima frase lo aveva particolarmente infastidito. Cosa ne voleva sapere lui di ciò che erano stati lui e Tommy?
“Torna a casa, Adam... Mi manchi già...” borbottò Sauli in risposta, aggirando la domanda, che per quanto posta in maniera scherzosa non era affatto retorica.
“Mi manchi anche tu...” mormorò Adam dolcemente. Nonostante la sua gelosia fosse esasperante, Adam si riteneva fortunato ad aver trovato un ragazzo come lui con cui passare il resto della vita. Avrebbe potuto chiedere di meglio?
“Tornerò presto, okay? Domani mattina ti chiamo, promesso.”
Sauli sospirò e fece un mugolio di assenso. Per quanto restio a chiudere lì la discussione, capì che l’altro non aveva intenzione di assecondarlo oltre. “D’accordo. Ti amo, buonanotte.”
“Anche io! ‘Notte...”
Adam terminò la chiamata, passandosi una mano sul viso. Era stanchissimo, diamine. Intravide l’albergo e tirò un sospiro di sollievo. Non vedeva l’ora di farsi una bella dormita.

–   –   –   –

Magari fosse riuscito a dormire.
Guardava il soffitto della camera, pensieroso, e rifletteva. In realtà le uniche frasi di senso compiuto che riuscisse a formulare il suo cervello erano domande, domande e ancora domande, quando il senso di colpa non lo assaliva fino a diventare soffocante. Non sapeva da quanto era lì steso immobile, ma doveva essere qualche ora. Non voleva disfare la valigia, né muoversi da quel letto, voleva solo ricordare un motivo valido – almeno uno che non sembrasse una scusa – per il quale aveva chiuso con Tommy in quella maniera. Ma non riusciva a trovarne nessuno.

Le labbra del biondo si incresparono in un sorriso. “Bugiardo! Io so a cosa stai pensando adesso, e non è il concerto...” mormorò Tommy malizioso, mentre le sue mani accarezzavano delicate il corpo dell’altro che giaceva al suo fianco.
“Hai ragione... In realtà pensavo alle tue labbra...” replicò Adam, baciandogli la bocca con passione, abbeverandosi di quel sorriso come l’assetato fa con l’acqua fresca di una fonte.
Tommy rise malizioso. “Sì, pensavi alle mie labbra da qualche parte lì sotto...”

Adam si premette le mani sulla faccia, lamentandosi flebilmente mentre cercava con tutto se stesso di scacciare quei ricordi così terribilmente vividi, nascosti nei recessi della sua mente per tutto quel tempo, e che ora ritornavano vivi come se non fossero mai andati via. Come se una diga fosse crollata giù e avesse permesso al fiume di memorie indesiderate di invadergli la mente.
Si mise supino e si frugò nelle tasche, tirando fuori il foglietto stropicciato su cui la grafia ordinata e femminile di Sophie aveva annotato l’indirizzo dell’albergo e i due numeri di telefono. Se lo girò tra le mani con l’intenzione di salvare i recapiti in rubrica quando, sul retro, notò una grafia che non era di certo quella della donna.
Era vagamente familiare, ma la riconobbe solo grazie a quella T dalla forma inconfondibile. Per il resto la grafia di Tommy era cambiata, era più appiattita, spigolosa e calcata. Ci mise un attimo a riconoscerla, e qualche secondo in più a decifrarla.

Ti amo









   
 
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