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Autore: Sylphs    19/03/2012    3 recensioni
Ehilà! Ho scritto questa favola un po' folle quando avevo 14 anni ed è in assoluto il primo romanzo che ho finito a quell'epoca, perciò ho deciso di tentare la sorte e pubblicarlo su efp, confido nella vostra pietà :) la storia si ispira alla mia fiaba preferita, "La bella e la bestia", salvo che la protagonista è un peperino ed è tutto fuorché una graziosa fanciulla. Spero che qualcuno leggerà!
Genere: Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 12

 
 
 
 
 
 
Ad Isadora Soledad parve un luogo che sapeva di passato. Osservò la cittadina della sua infanzia farsi sempre più vicina via via che i cavalli si avvicinavano al galoppo e provò una morsa di senso di colpa e di dolore.
“Perché mi hanno fatto questo? Io stavo così bene…” l’unica cosa che le impediva di ribellarsi era che probabilmente suo padre credeva di aver fatto il suo bene. Ma che c’entrava Lord Fox? Perché voleva sposarla? E perché aveva escogitato quel piano? Il suo bacio le bruciava ancora sulle labbra.
La magione del marchese era sontuosa come ricordava, un mosaico di marmo bianco che brillava al sole. Tuttavia, con sua grande sorpresa, Isadora non provò alcuna gioia nel rivederla. Non poteva accettare di aver involontariamente pugnalato dritto al cuore Katrina, ma soprattutto l’orco. La sua espressione piena di una rabbia disperata, la delusione con cui l’aveva guardata, le straziavano il cuore con sadismo, e doveva lottare con le lacrime. Era insopportabile. Capì che, a dispetto di quanto aveva anelato a tornare a Soledad, ora considerava il maniero la sua vera casa, e l’orco…
“Ho sempre saputo di essere diversa da tutte le altre” pensò tristemente: “Ho sempre saputo di non essere come Anastasia, Genoveffa e la ragazza della scarpetta…”
L’allegria obbligata di Soledad le diede fastidio. Quel maledetto sole che non se ne andava mai, quella gente vestita sontuosamente che sorrideva sempre, quei bambini che non piangevano mai, ma soprattutto quelle case costruite in modo da sfiorare l’ostentazione, con porte che sembravano una bocca sorridente e finestre che somigliavano ad occhi. Sembrava tutto così finto, così poco reale…un quadro fisso in cui ognuno recitava il suo ruolo. Lei, Isadora, non ne aveva mai davvero fatto parte, proprio come sua madre, che era fuggita prima che Soledad l’inglobasse nella sua allegria forzata. Il mondo non era così. Con quel viso pallido, quell’espressione triste, stonava in quel quadro di gioia.
Osservando Lord Fox, capì che abbandonarsi a simili pensieri non serviva a nulla: era finito tutto. Il marchese e Lord Fox fermarono i cavalli di fronte alla magione, poi aiutarono la ragazza a scendere. Il marchese, con un largo sorriso stampato sul faccione, si tese per abbracciarla: “Bentornata a casa, Isa…”
Ma lei si scostò di scatto, lasciandolo ad abbracciare l’aria. Perplesso e mortificato insieme, lui la fissò, interrogativo. Il volto addolorato di Isadora era scuro di rabbia: “Che bisogno c’era di inscenare quella pantomima?”
Il marchese rimase a bocca spalancata. Per un po’ la guardò battendo le palpebre, poi balbettò: “Non…non sei felice di essere finalmente libera?”
“Certo che lo è” ghignò Lord Fox agguantandola per la vita. Isadora digrignò i denti: perché suo padre permetteva a quell’uomo di metterle le mani addosso? Le dita di Lord Fox le affondavano nella carne fin quasi a farle male: “Era necessario fingere, marchesina. Altrimenti quell’orco orribile non ti avrebbe mai lasciata andare”.
“Non è affatto orribile!” urlò Isadora, ritraendosi con uno strattone e fissandolo con gli occhi accesi da fiamme di rabbia. Lei stessa fu stupita da quella furia violenta: il marchese la osservava attonito, perché non l’aveva mai vista così furibonda. Ma Lord Fox non rimase affatto impressionato. Con il suo solito sogghigno, le sfiorò la linea della mandibola con le lunghe dita curate: “Suppongo che tu sia un po’…confusa, Isadora”.
“Siete uno spregevole…” sibilò lei. Per tutta risposta, Lord Fox scoppiò a ridere: “Sono il tuo salvatore. In ogni storia raccontata, è dovere di una dama darsi al suo salvatore. Io ti ho liberata con l’astuzia dal maniero dell’orco cattivo, e ora, beh…ci vuole il lieto fine sull’altare”.
“Non vi sposerò mai!” replicò lei beffarda. Lord Fox ampliò il sogghigno: “Oh, invece lo farai: non hai altra scelta. Questa è la nostra favola, tu sei la principessa…e, che tu lo voglia o no, io sono il principe. Vedrai, saremo molto felici insieme, tu e io…finché durerà”.
Quelle parole le misero addosso un terrore profondo, perché scoprì che erano vere. In qualche modo, doveva sposare Lord Fox. Gliel’avrebbe imposto suo padre, o lo stesso pretendente…se avesse continuato a opporsi, l’avrebbero distrutta. Sentì gli occhi pizzicarle: “Perché mi hai fatto questo?”
“Per liberarti, tesoro” replicò spavaldo Lord Fox: “Saresti ancora a languire in quella casa degli orrori, se non l’avessi fatto”.
Le labbra della giovane tremarono. Rimase un istante ancora in piedi davanti a Lord Fox, poi emise un singulto, gli voltò le spalle e corse dentro alla magione.
Ritrovare la strada per la sua camera da letto fu straordinariamente facile, ma quando si fu chiusa dentro, non provò il solito senso di sollievo. Osservò con occhi vuoti il gran letto a baldacchino con sopra tutti i suoi vecchi pupazzi, l’armadio colorato stipato di vestiti, il comodino con sopra la spazzola d’argento e i gioielli, i quadri lussureggianti appesi alla parete, uniti a disegni e fogli di diario che aveva completato negli anni. Li osservò come se non li riconoscesse. Ora avrebbe dovuto buttarsi a peso morto sul letto, abbracciare uno dei pupazzi e affondare la faccia sul cuscino. Ma non lo fece.
Si accasciò con la schiena contro la porta a cui era attaccato un messaggio di avvertimento a chi si intrometteva, e si lasciò scivolare fino a rimanervi seduta contro. Al che appoggiò le braccia sulle ginocchia, ci premette il viso e prese a piangere disperatamente. Ma stavolta non era il pianto capriccioso di una ragazzina: stavolta era davvero addolorata. Il cuore le faceva male.
Armageddon le scivolò fuori dalla manica e si arrampicò goffamente sulla sua spalla, guardandola con aria dispiaciuta. Non poteva consolarla, non più. Isadora, senza smettere di piangere, sollevò il viso e guardò il topolino: “È andato tutto storto, Armageddon” singhiozzò: “Tutto storto…” gli fece posto nell’ansa del braccio, su cui il topolino si accoccolò docilmente: “Vedrai” mormorò: “Andrà tutto…andrà…”
Ma non sarebbe andato tutto bene. Non stavolta. Mai più. Armageddon le sfiorò la guancia bagnata con il musetto fremente. Allora Isadora accennò un sorriso tremulo: “Tu lo sai che non ho mai finto, vero, Armageddon?” sussurrò: “Io e te ci conosciamo da quando siamo nati, non possiamo mentirci l’un l’altra. Se ci fosse anche il più minimo fondo di verità in ciò che ha detto Lord Fox te ne accorgeresti…sì, forse all’inizio non vedevo l’ora di tornare a Soledad, ma poi è cambiato tutto…io detesto chi finge, se fosse andata come diceva quello spregevole, allora l’avrei messo in chiaro da subito, senza mentire…”
“Isadora?” disse il marchese aprendo delicatamente la porta. La ragazza sobbalzò, si scansò da dov’era e si rannicchiò su se stessa. Il padre entrò nella stanza e, quando la vide che piangeva, un’ombra di dispiacere gli passò sul volto: “Oh, Isa, perché fai così? Io pensavo che tu volessi essere liberata…”
“Tu non puoi capire” replicò lei guardando da un’altra parte: “Non puoi e non potrai mai capire”.
“Cosa c’è da capire? Ti lasciai disperata in quel maniero orribile, nelle grinfie di quei due aguzzini…”
“Tu non capisci. Tu, che vivi con quella strega…” sibilò la figlia. Il marchese si inginocchiò accanto a lei, tolse un fazzoletto dal taschino e le asciugò le lacrime. Lei sobbalzò, ma lo lasciò fare senza opporsi. Poi lui la prese per il mento, contemplandola affettuosamente: “La sola cosa che capisco è che sono davvero felice di riaverti, Isa. Perché non vuoi sposare Lord Fox? È ricco, attraente, e con una bella parlantina…”
“Non lo amo. Ed è viscido come un serpente” rispose lei. Il marchese emise uno sbuffo divertito: “Secondo me, se ci metti un po’ d’impegno, te lo farai piacere. E poi scusa, non lo ami, ma sei addirittura andata in sposa a un orco!”
Sul viso di Isadora passò di nuovo quell’ombra: “Tu non puoi capire”.
“Invece capisco. Sta a sentire: l’unica cosa che desidero è la tua felicità. E so che, se sposi Lord Fox, la otterrai. Io sento che sarete una coppia perfetta. Dammi ascolto. Fallo per me”.
“È quello che dici sempre” rispose lei aspra: “Fallo per me. Ecco come mi sono ridotta pur di darti ascolto. Ma perché lo faccio? Perché mi sforzo sempre di ottenere la tua approvazione? Io non sono come te. Tu sbagli e non impari mai, io imparo fin troppo. Tu non conosci il dolore, io sì. Non voglio essere come te, buttarmi da ogni dirupo attraente sperando poi che arrivi qualcuno a darmi la mano per tirarmi su”.
“Però mi vuoi bene” disse lui. Isadora lo fissò con una smorfia. Già. Era questa la sua rovina. Gli voleva bene. Lei aveva bisogno di quel goffo marchese ciccione. La sua felicità per lei era motivo di gioia. Il suo silenzio fu una risposta sufficiente per il marchese: “Isa, sono tuo padre, voglio il tuo bene. Lord Fox ti ama davvero”.
“Ha uno strano modo di dimostrarlo” borbottò Isadora. Il marchese scosse la testa: “Pensaci: si è scomodato per te, è venuto qui per te, tutto quanto per te. Sei stata scortese con lui. Avrebbe potuto mollarti, ma non l’ha fatto”.
Quelle parole fecero scattare qualcosa nella testa di Isadora. Odiava Lord Fox e la sua opinione su di lui restava invariata…pensava all’orco. Lui non si era fidato. Si era lasciato ingannare da Lord Fox, e non le aveva creduto. Provò all’improvviso un guizzo di rabbia, quasi un desiderio di ripicca. Esitò sull’orlo del precipizio…ma tanto ora non aveva più nulla da perdere. Decise di buttarsi, anche se sapeva che si sarebbe sfracellata. Disse con infinita rassegnazione: “E sia. Lo sposerò”.
 
Natalie era in visibilio: “Domani è il grande giorno, Isadora”.
Erano nella camera della ragazza, due giorni dopo che lei aveva accettato di sposare Lord Fox. Lui le aveva fatto doni preziosissimi: la camera era stipata di gioielli, scatole di cioccolatini pregiati, nastri colorati e diademi. Isadora stava facendo le prove del suo nuovo abito da sposa, quello che lui le aveva scelto senza consultarla: era fatto completamente di paillette argentate che luccicavano come scaglie di un pesce, col bustino incastonato di pietre preziose. Isadora sembrava un astronauta. Il velo era fissato sulla testa da un cerchietto di paillette con delle strane lucine a intermittenza. Il bouquet era di orchidee bianche. Si sentiva a disagio in quell’armatura luccicante, e per di più aveva il cuore gravato da un grande sconforto.
Natalie si era vantata con tutte le amiche della fortuna capitata alla figliastra: “Lord Fox, capite? Ah, ma io lo sapevo che Isadora avrebbe fatto strada” e le rivolgeva la prima occhiata affettuosa da quando era arrivata in famiglia. Anastasia e Genoveffa erano diventate verdi di invidia, ma lei avrebbe volentieri fatto cambio con una di loro.
Si muoveva come in trance. Si era lasciata prendere le misure, vestire, pettinare e toccare completamente inerte. Inerte si sarebbe fatta mettere l’anello da Lord Fox. Lui non voleva delle volgari fedi: aveva preso due anelloni con incastonati diamanti grossi come meloni.
“Stai d’incanto” disse Natalie, ammirandola con chiara approvazione. Isadora si fissò tristemente allo specchio, scrutandosi rinchiusa in quella trappola di paillette. Obiettò mogiamente: “Non è un po’ troppo esagerato?”
“Ma cosa dici! Magari l’avessi potuto indossare io!” disse Natalie scandalizzata. Le si avvicinò, le scostò il velo e le prese tra le mani una ciocca di capelli biondi: “Più tardi andremo da Madame Cheveaux. Li dobbiamo arricciare. Hai presente la pettinatura di Riccioli d’Oro il giorno del compleanno dei tre orsi? Ecco, li facciamo così, che ne dici?”
Isadora non disse nulla. Natalie passò al viso, prendendoglielo fra le mani: “Cielo, sei troppo pallida! Non osare ammalarti! Dopo Madame Cheveaux, domani passiamo di volata dalla Signora Ombretta per farti il trucco. Ci andremo duri col fard, così avrai un colorito decente…magari un bel rossetto rosso fuoco sulle labbra…no, forse meglio rosa shocking, non voglio che la gente si faccia idee sbagliate…e per gli occhi…uhm…ehi! Te la ricordi la Bella Addormentata alla fiera di Soledad? No? Comunque, aveva gli occhi truccati di turchino, noi ce li facciamo uguali…” fece una piccola smorfia: “Peccato che tu non abbia il viso di Rosaspina. Hai questi maledetti tratti marcati…è obbligatorio addolcirli. Sì, un bel po’ di color turchino, e una spolverata d’insieme di quella soluzione ai brillantini che rende la pelle brillante”.
“Non è che alla fine sembrerò un pagliaccio?” mormorò Isadora. Natalie scosse decisamente il capo: “Ci si sposa una sola volta, Isadora”.
“Credi?” pensò la ragazza. Natalie annuì, finalmente soddisfatta: “Perfetto. Capelli alla Riccioli d’Oro, trucco alla Bella Addormentata, vestito alla Principessa sul Pisello. Un miscuglio ottimo”.
“Qualcosa alla Isadora no, eh?” pensò la sposina. Natalie era quasi commossa: “Sarai come tutte le altre, finalmente. La smetterò di vergognarmi di te”.
“Grazie” disse Isadora, aspra. Natalie però non captò il sarcasmo: “Di niente. Scusami un attimo, cara, vado a fissare un appuntamento da Madame Cheveaux” si ritirò in fretta.
Rimasta sola, Isadora sospirò e tornò a guardarsi allo specchio. Luccicava come un faro, ma solo all’apparenza. Si toccò la chioma: “Capelli alla Riccioli d’Oro” il viso: “Trucco alla Bella Addormentata” le paillette: “Vestito alla Principessa sul Pisello”. Era la sua favola. Come l’avrebbero ricordata? Come si sarebbe chiamata? Marchesa Fox? Lady Volpe?
Mentre andava alla finestra, accompagnata dal fruscio delle paillette, incontrò lo sguardo di Armageddon, appollaiato sul comodino. La guardava severamente. Isadora si sentì punta sul vivo: “Cosa c’è adesso?! Cosa vuoi che faccia?! È questo il mio destino. Non colpevolizzarmi!”
Ma Armageddon continuava a rivolgerle uno sguardo severo. Allora gli voltò le spalle, e si incamminò alla finestra: “Natalie aveva ragione. Natalie aveva ragione su tutto. Sono stanca di cercare di essere qualcosa di diverso” abbassò gli occhi: “È questo il mio ruolo in fondo”.
Già. Appoggiò una mano sul vetro: fuori, erano stati appesi striscioni e ghirlande con la sua iniziale e quella di Lord Fox. La coppia del mese. Tutti i cantastorie stavano già raccontando le gesta dell’intrepido Fox, e di come, con un astuto piano, avesse sottratto la sua bella al suo carcere. Tutti si sarebbero ricordati di lei come della  fanciulla prigioniera che non vedeva l’ora di esser liberata dal suo cavaliere.
“Chi sono io per impedirglielo?”
Tuttavia, non poté impedirsi di provare un senso di terrore al pensiero che l’indomani avrebbe sposato l’ambiguo Fox.
 
“Siete stato a dir poco eroico!”
Michael si sperticava in lodi, saltellando intorno ad un compiaciuto Lord Fox che si sistemava il completo di paillette allo specchio con le lucine. Aveva i capelli pettinati all’indietro con una lozione che glieli appiattiva e un orecchino con un diamante al lobo destro. Brillava tutto nella giacca e nei calzoni di paillette. Sorrise appena, con sufficienza.
“Dico sul serio” proseguì Michael: “Tutti parlano di voi e di come avete liberato la marchesina. Contro un orco! Ma come avete fatto?”
“Segreto del mestiere” rispose tronfio Lord Fox: “Sai, finora non ero mai entrato in una favola. Devo ammettere che è divertente. Domani, tutti crederanno che quello sarà il tanto atteso happy end. Non sanno che in realtà…”
“Non sanno che in realtà tra una settimana voi porterete la vostra neo consorte in un bosco immenso, a Borgofiorito, e che con la scusa di cercare legna da ardere la abbandonerete lì al suo destino!” gongolò Michael. Lord Fox sorrise e annuì: “Esatto. Per una storia fiabesca ci vuole una conclusione fiabesca. Nessuna mollica di pane o sassolino la salverà! In quel bosco vive un gigante che sarà ben lieto di spiaccicarla”.
“E voi erediterete i suoi cinquecento fiorini!” esclamò Michael. Lord Fox, però, fece una piccola smorfia: “Stavolta non si tratta solo dei soldi, Mike. Stavolta ci tengo davvero a vederla morire. È in assoluto la preda più interessante che mi sia capitato di accalappiare” fece una piccola pausa: “Domani sarà un grande giorno. Assisterà tutta Soledad. Niente al mondo potrà rovinarlo”.
Guardando fuori dalla finestra, sogghignò, perché sapeva che anche la sua vittima lo stava facendo.

 
  
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