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Autore: SimplyMe514    21/03/2012    7 recensioni
Avete presente quelle fanfiction in cui non solo i personaggi, ma perfino Hogwarts stessa non sembra più quella che conosciamo? Ecco, in questa storia potrete accompagnare i nostri eroi alla scoperta della Hogwarts alternativa, una giungla impenetrabile in cui vince solo il più forte... o il più sexy? E c'è di più: contemporaneamente, le strane creature che popolano quella giungla avranno un assaggino di com'è veramente la Scuola di Magia e Stregoneria che tutti amiamo... pronti a questo viaggio mozzafiato?
Genere: Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Contesto generale/vago
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Ora che il rischio dell'arrivo di un'altra Mary Sue era scongiurato, per i nostri eroi c'era poco o nulla da fare se non adattarsi allo stile di vita di quegli studenti a cui qualcuno sembrava aver magicamente svuotato il cervello, o almeno fingere di farlo. Tra coppiette apparentemente sotto il perenne effetto di un filtro d'amore, orde di ragazzine urlanti e pettegolezzi su tutto e su tutti che si diffondevano a velocità tale da far sospettare che qualcuno, avvalendosi della misteriosa presenza dell'elettricità, avesse installato telecamere nascoste ad ogni angolo, la pazienza era agli sgoccioli. Dovevano assolutamente trovare un modo di tornare indietro, e se c'era un vantaggio in tutte quelle ore vuote era che potevano setacciare la biblioteca, fortunatamente esistente ma sempre deserta, centimetro per centimetro. C'era ancora una buona metà della sezione di Babbanologia da controllare, e fu proprio questo che fecero, libro dopo libro, in un lento stillicidio che li vide sfogliare tonnellate di materiale completamente inutile ai loro scopi sobbalzando ogni volta che leggevano la parola “computer” o “scambio”. C'era chi era interessato, chi semplicemente desideroso di uscire da quell'inferno, chi vagamente disgustato dagli argomenti trattati dai volumi, ma ciascuno fece la propria parte, grande o piccola. L'importante era andarsene, e subito.

«A-ha!»

«Vuoi dire che ci siamo? In questo momento ti amo più del solito, sai?»

«Odio ammetterlo, ma quella faccia felice mi piace».

«Dove l'hai trovato, si può sapere?»

«Proprio in fondo alla sezione, e così in alto che nessuno si sarebbe mai preso il disturbo di cercarlo a meno che non fosse disperato. Tragedie Tecnologiche e Incidenti Interdimensionali di Hubert Webster... credo di aver appena trovato il mio nuovo autore preferito».

«Se ci tira fuori da qui, è anche il mio preferito».

«Sì, sì, felice di sapere chi è il geniaccio che ci salverà la pelle, ma ora sbrigati a spiegare. Ogni secondo passato qui è un secondo sprecato».

«Qui c'è tutta la procedura» annunciò raggiante Hermione facendo scorrere un dito lungo il paragrafo che sperava li avrebbe riportati a casa, in un gesto che era a metà tra l'intenzione di indicarlo e un'amorevole carezza. «Ma sentite cosa dice: “Ogni opera di narrativa messa a disposizione del pubblico dalla tecnologia Babbana che alteri più o meno sensibilmente la realtà a cui è ispirata crea una potenziale dimensione alternativa. Il mago o la strega che si trovi intenzionalmente o accidentalmente all'interno di una di esse dovrà avere a disposizione, per invertire il processo, una descrizione il più possibile accurata dell'universo di partenza che agisca da portale di ritorno”».

«Ti dispiacerebbe tradurre?»

«Significa che abbiamo un bel problema. Per farla semplice, siamo arrivati qui tramite una fanfiction che descriveva le nostre vite nel modo sbagliato, e per tornare indietro dobbiamo mettere le mani su qualcosa che ne parli nel modo giusto».

«Non sai quanto mi costi farti un complimento, ma detta così si capisce meglio. Peccato solo che siamo daccapo: dove diamine la troviamo una descrizione corretta qui

«Qui dentro non se ne troverà una neanche tra un secolo, ma se riuscissimo a uscire per un po', credo di aver capito cosa cercare».

«Ah, sì?»

«Pensateci: qual è la versione della nostra storia più accurata che conoscete? Chi è andato a controllare perfino gli archivi scolastici per sapere i nostri voti dei G.U.F.O.?»

«Frena un attimo. Non starai parlando di quella Maganò che è finita su tutti i giornali, vero? Perché non solo i suoi libri sono di una precisione abbastanza inquietante, ma credo proprio che chiunque abbia creato questo posto non li conosca poi tanto bene» gemette Ron, a cui la missione stava cominciando a sembrare sempre più impossibile.

«E qui sta il problema: non penso proprio che ne troveremo delle copie qui».

«E cosa suggerisci, sapientona? Afferriamo tutti i soldi che possiamo, scappiamo da questa cosa che non ho la forza di chiamare scuola, li cambiamo in denaro Babbano, compriamo i libri e torniamo indietro, il tutto senza farci beccare?»

«Più o meno sì».

«Ma io scherzavo!»

«E io no» concluse perentoria Hermione.

«Ma...»

«Abbiamo altre possibilità?» sbottò Ron, il ritratto del senso pratico, troncando ogni possibile lamentela sul nascere.

«In effetti... no. Quando andiamo?»

«A questo non ho ancora pensato».

«Sentite, qui non verrà mai anima viva, se ci Smaterializziamo facciamo in tempo e nessuno ci vedrà partire né tornare».

«Ronald Bilius Weasley, quante volte devo ripeterti che non ci si può Smaterializzare da Hogwarts?»

«Da quella che conosciamo noi» obiettò lui, gongolando visibilmente all'idea di avere un'argomentazione valida contro quell'enciclopedia ambulante. «Magari da questa si può, visto che è così diversa».

«Oh. Giusto anche questo» ammise, sconfitta.

«Dai, vale la pena di provarci».

Hermione ci provò. E ci provò ancora. E poi ancora una volta.

«Zero! Niente di niente! Ma con tutti gli errori che ha già fatto, non poteva dimenticarsi anche di questo?»

«A quanto pare no» disse Draco gelido. «Era chiedere troppo, immagino. Si torna al vecchio piano?»

«Direi di sì».

«Io penso ancora che sia un suicidio».

«Non è detto, da queste parti le regole non esistono. Ti aspetti sul serio di finire in punizione? Gli insegnanti sono praticamente spariti!»

«Sì, ma se ce ne andiamo così, di punto in bianco, mi sa che lo noteranno, non credi? Ci vorrebbe una scusa per uscire dai confini della scuola. Possiamo anche partire mezzo metro fuori dai cancelli, per quel che m'importa»

«E dove hai intenzione di trovare una scusa credibile, Malfoy?»

«Ottima domanda». Poi, come rendendosi conto in ritardo di quello che gli era appena uscito di bocca: «Se te lo stavi chiedendo, Weasley, non era un complimento».

Ma la scusa che cercavano piovve dal cielo poco dopo. Intorno alla bacheca della Sala d'Ingresso si era radunata un'emozionatissima folla – più piccola di quelle a cui erano abituati, ma almeno stavolta se ne meritava il nome – mormorante e ridacchiante. I tre lottarono per un posto nelle prime file da dove leggere quale fosse la causa di tanta eccitazione, ma non riuscirono a conquistarlo.

A malincuore (meno le rivolgeva la parola, meglio era per tutti), Hermione individuò la versione pesantemente riveduta e decisamente non corretta di Ginny e le domandò: «Che succede?»

«Ma come, non lo sai? Questo weekend si va a Hogsmeade!» Le pareva di ricordare che gli avvisi di libera uscita venissero affissi alle bacheche delle singole Sale Comuni e non a quella generale, ma forse per l'autrice era più comodo farlo sapere a tutta la scuola in un colpo solo.

«Ah, ehm... fantastico. E cos'è questo ingorgo? Hanno intenzione di andarci tutti?»

«Ma certo che sì! Sono secoli che non ci danno l'ora d'aria per andare a fare shopping! Ci sarai, vero? Vero? Dai, dai, dimmi che ci sarai...»

«Penso di sì, ma... sul serio sono tutti così felici di andare? Quelli più grandi non si sono già stufati da un po'?»

«Stufarsi di Hogsmeade? Ma quando mai? Ci sono milioni di cose troppo forti da fare!»

«Ehm... se lo dici tu...» Hermione avrebbe potuto definire Hogsmeade in tanti modi, ma per quanto fosse interessante trovarsi nell'unico villaggio abitato al cento per cento da maghi di tutta la Gran Bretagna, non era di certo un posto così fervente d'attività. Le prime visite, al terzo anno, erano sempre divertenti, ma dopo un po' anche la Burrobirra con gli amici ai Tre Manici di Scopa perdeva il suo fascino.

«Allora è deciso! Sabato shopping sfrenato!»

«Ecco, a proposito di quello... niente in contrario, figurati, ma ti secca se me ne vado un po' prima? Avrei, uhm... da fare».

«Oh, uffa! Se proprio vuoi...» E se ne andò con un'espressione delusa decisamente esagerata.

«In cosa mi sono cacciata?» chiese Hermione più a se stessa che agli altri due.

«Sei una ragazza, se è per tornarcene a casa un po' di compere le sopporterai...»

«Lei non è una ragazza come tutte le altre» ribatté svelto Ron.

«Se intendi che ha il cervello montato al contrario, me n'ero accorto».

«Faresti meglio a portare un po' di rispetto al cervello di Hermione, Malfoy, visto che è dieci volte migliore del tuo!»

«Lo sai che per me quello è il complimento che conta di più, sì?»

«Come volevasi dimostrare, è fatta al contrario».

Stavolta Hermione si difese da sola: «Se come termine di paragone prendi quelle ragazze là», e indicò un capannello di aspiranti modelle che discutevano fitto fitto dei loro futuri acquisti a Hogsmeade, «sono ben felice di essere fatta al contrario, grazie».

 

L'attesa fu un autentico dolore fisico per i nostri eroi, ma alla fine venne il gran giorno. Hermione sostituì la divisa, sempre che così si potesse chiamare, con gli abiti Babbani più rispettosi della sua idea di decenza che riuscì a trovare nella vastità dell'armadio (impresa non facile, dato che sembravano essersi ristretti), caricò le tasche di denaro al doppio scopo di essere pronta per comprare i fatidici libri e di lasciar credere a Ginny di avere una gran voglia di sperperarli tutti in altri scampoli di stoffa che con un po' di fantasia potevano essere definiti vestiti e fu pronta per quella che sperava fosse l'ultima fase della missione.

Vedere anche Draco vestito da Babbano, e non troppo maldestramente, a dir la verità, dato che – come spiegò in fretta lui stesso – il suo guardaroba sembrava un negozio d'alta moda in miniatura ed era praticamente impossibile scegliere qualcosa di inappropriato (chissà, forse lasciato a se stesso si sarebbe messo in tutta tranquillità un kilt e un poncho come quel tizio al campeggio nell'estate del Campionato di Quidditch), fu uno spettacolo ben strano, ma aveva pronta una giustificazione così perfetta che probabilmente aveva fatto le prove prima di pronunciarla: primo, gli toccava comportarsi come tutti gli altri, e secondo, quando fossero finalmente scappati avrebbero dovuto fare acquisti in una libreria Babbana, quindi era come essere già sotto copertura e non avrebbe nemmeno dovuto fermarsi a Trasfigurarsi i vestiti per l'occasione.

Si unirono all'allegra processione di vocianti fashion victim immersi in discussioni sulle ultime tendenze e presto, troppo presto, Hermione notò Ginny che si sbracciava per chiederle di unirsi a lei.

«Io vado» sospirò. «Se non mi rivedete entro un'ora, Ron verrà a salvarmi. Ora che siamo riusciti a far capire a tutti che stiamo insieme, non sarà troppo strano se il mio ragazzo mi porta via, chiunque ci veda penserà che stiamo andando a imboscarci chissà dove».

«Buona fortuna. Spero proprio di riaverti tutta intera».

«Per Merlino, Weasley! Sta andando a fare spese, non in guerra!»

«Tu non sai di cos'è capace quella là» replicò Hermione con un brivido. La cerimonia di vestizione per la festa era ancora fin troppo vivida nella sua mente.

Inframmezzando il chiacchiericcio costante di Ginny con qualche “hmm”, “sì” e “certo” dove le parevano più opportuni, ma senza ascoltarla realmente, Hermione fu finalmente fuori dai cancelli. Meditò per un istante di Smaterializzarsi sul posto e scappare prima che fosse troppo tardi, ma una promessa era una promessa, e perfino quella si sarebbe insospettita, quindi le toccava sopportare.

Di lì a poco scoprì che Ginny non aveva avuto tutti i torti a definire Hogsmeade un posto di cui era impossibile stufarsi... a patto di avere la stessa idea di divertimento che sembrava condivisa da tutti i decerebrati che popolavano la scuola. Molto semplicemente, quella non era Hogsmeade. Era più grande, tanto per cominciare, e le casette costruite chissà quanti secoli prima che stavano ancora in piedi quasi solo per magia erano state, a quanto pareva, brutalmente demolite per essere sostituite da edifici dall'aspetto più moderno e sì, doveva ammetterlo, anche un po' più solido, ma infinitamente meno pittoresco. Un'altra caratteristica che saltava all'occhio ad una più attenta osservazione era che rispetto al villaggio che conosceva c'era molta meno varietà nel genere di negozi che si aprivano, teoricamente invitanti, su quella che supponeva fosse High Street. Nel punto dove, se non aveva perso l'orientamento, avrebbe dovuto esserci l'entrata dei Tre Manici di Scopa, occhieggiava invece un inequivocabile night club. Stratchy & Sons, anche se aveva cambiato nome, era riuscito chissà come a mantenere la sua natura di negozio d'abbigliamento, ma esposti in vetrina c'erano jeans che definire “a vita bassa” sarebbe stato un eufemismo, top striminziti che nel poco spazio disponibile recavano stampate scritte molto allusive e minigonne così mini che Hermione sospettò seriamente che qualcuno le avesse rimpicciolite con un incantesimo. Non osava pensare a che aspetto avrebbe avuto il negozio di accessori Mondomago, anche se di una cosa era matematicamente certa: non sarebbe più stato il posto ideale dove divertirsi a trovare calze surreali con improbabili funzioni extra da regalare, rigorosamente spaiate, a Dobby.

«Oddio, che carino, ucciderei per averlo! Dai, entriamo!»

Hermione scoccò un'occhiata, cercando di non assumere un'aria troppo inorridita per il bene della sua piccola recita, all'abitino ridicolmente corto indicato da Ginny. Avrebbe avuto parecchio da dirle: che sperava davvero che quell'“ucciderei” fosse un'esagerazione voluta, che la stoffa era così poca che poteva anche evitare di comprarlo perché non indossare niente sarebbe stato quasi lo stesso, che le sarebbe stata eternamente grata se avesse abbassato il volume dei suoi strilli e, non da ultimo, che il suo sguardo era più o meno accidentalmente scivolato sul cartellino del prezzo ed era dolorosamente ovvio che non potesse permetterselo. Forse fu quest'ultima considerazione, più ancora dei suoi tentativi disperati di tenere su la maschera, a convincerla a tenere la bocca chiusa: sarà anche stata diversa dalla Ginny di sempre, ma con uno sforzo d'immaginazione era lei, e non voleva offenderla.

Risultò che almeno su quell'ultimo punto si era sbagliata di grosso. Le tasche di Ginny – tante, se si considerava quanto poco era vestita al momento: forse i suoi indumenti erano fatti quasi interamente di tasche, come il pastrano di Hagrid – sembravano pozzi senza fondo da cui sorgevano spontaneamente fiumi in piena di monete d'oro che la ragazza era fin troppo felice di spendere senza ritegno, caricando prima se stessa e poi la sua incredula compagna di shopping di una quantità spropositata di borse che forse, a giudicare dalla capienza, erano magiche.

L'ora, che Hermione aveva passato per la maggior parte a guardare Ginny sfilare dentro e fuori da un camerino e a darle pareri falsamente entusiasti a intervalli regolari, stava per scadere.

Curva sotto il peso di tutti quegli acquisti, ansimò: «Scusa, ho... ho bisogno di un po' d'aria fresca. Ti lascio qui la roba, così non la perdi di vista».

Le depositò non troppo gentilmente ai piedi la sua parte di carico, resistendo stoicamente alla fortissima tentazione di dire qualcosa del tipo: “Non sono la tua bestia da soma personale!”, e scappò non proprio a gambe levate, perché sarebbe stato quantomeno sospetto, ma quasi. Lasciamo al lettore il compito di immaginare quale immenso sollievo provò la nostra eroina vedendo una familiare testa rossa in attesa fuori dalla camera delle torture... ops... il negozio.

«Ti prego, Ron, salvami!»

«È andata così male?» s'informò lui, un po' premuroso e un po' scettico, accogliendola in un goffo abbraccio che aveva il doppio scopo di confortarla e di aiutarli a mescolarsi allo sfondo composto in gran parte da fidanzatini ugualmente abbarbicati l'uno all'altro.

«Lasciami fare un bel respiro profondo...»

«E perché, scusa?»

«Perché almeno qui fuori respiro aria, non consumismo allo stato puro. Per piacere, defiliamoci e scappiamo, okay?»

«Ottima idea, dobbiamo solo trovare...»

«Allora? Dai, un'ora in questo posto sono sessanta minuti di troppo, prima mi levo questi cosi più sarò felice...» Draco si era decisamente stufato dei suoi jeans. E anche del fatto di aver dovuto aspettare Hermione per un'ora intera senza nessun altro con cui parlare che Ron, dal quale perlomeno aveva dovuto mantenere un'alquanto gradita distanza di sicurezza, perché intavolare più di una conversazione ridotta all'osso faceva immediatamente scattare i sospetti che fossero una coppia.

«Stavi per dire “Malfoy”?»

«Ecco, allora abbiamo finito di cercare. Filiamocela».

Zigzagarono tra la folla fino a raggiungere il limitare del paese, dove avrebbero dato meno nell'occhio – ciò richiese una scarpinata ben più lunga del solito, ma era per una giusta causa – e si Smaterializzarono tutti insieme.

Smaniosi di farla finita il prima possibile, atterrarono senza inutili passaggi intermedi nel cortile sul retro del Paiolo Magico e si affrettarono a far aprire l'arco. Avrebbero attirato un po' di sguardi combinati così, ma la gente della Diagon Alley che conoscevano loro era abituata a vedere qualcuno in abiti Babbani ogni tanto, specie nei pressi della banca – in fondo non era troppo strano vivere in equilibrio tra i due mondi e dover spesso cambiare valuta – e, tutti e tre sarebbero stati pronti a scommetterlo, i frequentatori di questa si sarebbero stupiti ancora meno.

Di fronte alle porte dell'imponente edificio bianco ebbero un attimo di panico – l'autrice di quell'universo conosceva o no i folletti? – ma furono subito confortati dalla vista, piuttosto sgradevole in qualunque altra circostanza, delle solite creaturine. Erano addirittura più taciturne e scontrose del normale, forse perché la scrittrice misteriosa non era del tutto sicura di come farli comportare, ma c'erano e a quanto pare erano in grado di scambiare il loro oro e argento sonante con una quantità delle care vecchie sterline che a occhio e croce all'esperta della situazione sembrò equa. Un'altra fase del piano era stata completata con successo.

«Problema in vista» annunciò Draco, cercando di nascondere la nota sconsolata nella voce e fallendo miseramente, non appena furono fuori. «Dove la troviamo una libreria?»

Hermione non avrebbe voluto scoppiare a ridere, davvero, ma non poté farci niente. «Davvero conosci così poco la Londra Babbana?»

«E perché dovrei? Quando anche vado a fare spese, arrivo direttamente nel cortile o al massimo al Paiolo Magico. Perché?»

«Perché se ti prendessi il disturbo di mettere il naso fuori sapresti che ce n'è una proprio accanto al pub! Su, muoviamoci».

La previsione della ragazza, a cui anni di compere per i futuri anni scolastici prima propri e poi dei figli avevano dato un'ottima conoscenza di Charing Cross Road e dintorni, si rivelò esatta. Il negozio di dischi sull'altro lato era chiuso e aveva un grosso cartello “VENDESI” in vetrina, ma la libreria era lì in tutto il suo splendore, oggetto occasionale degli sguardi di qualche passante ignaro di cosa ci fosse tra quella e il locale vuoto.

Entrarono e, incrociando non troppo segretamente le dita, chiesero senza mezzi termini della saga di Harry Potter, pregando in silenzio che fosse disponibile almeno un esemplare di ogni volume. Suvvia, quella non era proprio Londra, era una sua copia creata dalla mente di quell'autrice, quindi anche eventuali problemucci cronologici, tipo l'ambientazione in un anno in cui non erano ancora usciti tutti e sette, non importavano affatto: lei li conosceva (definizione un po' azzardata, meglio “era al corrente della loro esistenza”), pertanto dovevano esserci. Punto. O almeno, così speravano i nostri eroi.

«Ma sicuro!» cinguettò la commessa. «E come potremmo non averli? Sono una fan perfino io, sapete, e... vi rendete conto di dove siamo? Il negozio confinante una volta vendeva dischi, me lo ricordo ancora, quindi potrebbe tranquillamente esserci qualcos'altro in mezzo, no? Sarebbe davvero da stupidi finire le scorte di Harry Potter proprio qui... oh, scusate tanto, mi sono lasciata un po' prendere... torno subito!»

Sparì da qualche parte sul retro e ne tornò con una torre pericolante in cui riconobbero quelle copertine colorate che avevano reso le loro vite un inferno. Li scaricò sul bancone ed ebbero modo di notare che, con la precisione maniacale che solo un'appassionata poteva avere, li aveva impilati in ordine cronologico, con il più recente in alto. I suoi occhi saettarono dal ritratto dei tre amici di sempre travolti da un'ondata di oggetti preziosi ai volti dei suoi clienti... e si dilatarono più o meno quanto quelli della professoressa Cooman, ma senza bisogno di occhiali.

«Oddio, ma somigliate un sacco a... a... non so se mi spiego, avreste dovuto fare i provini, voi tre... questa me la segno, poco ma sicuro...»

«Non sappiamo recitare» mentì Hermione, che pure negli ultimi tempi aveva recitato abbastanza da guadagnarsi l'Oscar, sperando che il suo tono di voce risultasse perfettamente innocente. «Ci avranno fatto notare la somiglianza centinaia di volte, ma nessuno di noi è un granché come attore».

Lasciarono a lei il compito di pagare per non far vedere alla commessa quanto fosse penosamente scarsa la loro confidenza con le sterline, si divisero più o meno equamente il sospirato bottino e se ne andarono con dei gran sorrisi che, a ben pensarci, non erano di circostanza, visto che stavano per tornare a casa. Ripiegarono in una traversa poco frequentata, e quindi perfetta per sparire senza che nessuno se ne accorgesse.

«Un momento!» li fermò Hermione un istante prima che si Smaterializzassero. Tenne aperta la microscopica borsetta abbinata ai suoi abiti Babbani che a malapena si meritavano il nome di abiti, a cui aveva saggiamente aggiunto l'ormai consueto Incantesimo Estensivo Irriconoscibile, e intimò: «Metteteli tutti qui. Non c'è modo peggiore di dare nell'occhio che presentarsi carichi di libri in un posto dove probabilmente qualcuno neanche sa leggere».

Ubbidirono prontamente e infine furono pronti a rituffarsi in quell'inferno per quella che speravano fosse l'ultima volta.

Il giretto a Hogsmeade, ufficialmente, stava finendo, anche se tra la folla c'era un gran sussurrare di festaioli incalliti che progettavano di tornare nottetempo per folleggiare in qualche locale. Si accodarono agli altri, furtivi e silenziosi, desiderando intensamente di passare inosservati. Impresa decisamente non facile.

«'Mione! Dov'eri finita? Alla faccia dell'aria fresca! Hai idea di che fatica sia stata portare tutta quella roba da sola?»

«La prossima volta compra solo quello che sei sicura di riuscire a trasportare, allora» sbottò Hermione, che normalmente avrebbe considerato molto imprudente comportarsi da sana di mente in quel mondo di pazzi, ma ormai, dato che stava per lasciarlo, sentiva di potersi permettere tutto.

«Ma... ma... c'erano tante di quelle cose carine! Lo sai che non resisto!»

«Lo shopping compulsivo è curabile, sai?»

Hermione ebbe come la sensazione che la sua borsetta stesse vibrando, ma la bollò come una falsa impressione. Da quelle parti i cellulari funzionavano, ma non ricordava di averne portato uno con sé, quindi era impossibile, no? Non c'era nient'altro lì dentro che potesse vibrare.

Ma la vibrazione aumentò man mano che si avvicinavano al castello. Una volta superati i cancelli, divenne così forte che dovette tenerla ferma perché il movimento non si notasse. Dentro l'edificio fu peggio che mai: gli altri due si erano ormai accorti da un pezzo che qualcosa non andava e la accompagnarono di corsa in biblioteca, loro guardandosi l'un l'altro perplessi senza capire cosa mai fosse quella specie di animaletto vivo che lottava nei recessi della borsa, lei con l'oggettino stretto al petto nel tentativo di non farselo sfuggire.

Soltanto quando furono soli, con le istruzioni per tornare a casa aperte su uno dei tavoli da lettura, Hermione poté liberare la cosa. O meglio, le cose, dato che i colpevoli erano proprio i sette libri della saga, che appena usciti dalla borsetta fuggirono a gambe... o pagine... levate, cercando disperatamente di non farsi acchiappare. Alcuni puntavano alla porta, altri alle finestre, ma l'intento era chiaro: volevano uscire. Hermione schiacciò due dei più piccoli, che volevano svicolare l'uno saltellando e l'altro strisciando, per costringerli a restare sul tavolo, e riuscì a raggiungere anche un terzo tomo che se ne stava andando piano piano, agitandosi convulsamente ma senza concludere molto quanto a velocità.

«Per le mutande di Merlino, Malfoy, vuoi deciderti ad aiutarci? Qui il Cercatore sei tu, ce ne sono un paio che stanno volando, vedi di arrivarci!»

Sentendosi così aspramente rimproverato, o forse perché era stato punto nel suo orgoglio di giocatore, Draco si affrettò ad afferrarne uno davvero grosso che planava spalancato in giro per la stanza, con le pagine a mo' di ali, e si gettò all'inseguimento di un altro di quelli consistenti che in effetti si comportava all'incirca come un Boccino troppo cresciuto. Lo raggiunse con un insospettabile salto niente male e si unì a Hermione con un libro sotto ciascun braccio, facendo mostra di aver fatto molta fatica.

«Tu non ti lamentare!» gli urlò Ron, che aveva decisamente ragione ad essere arrabbiato, dato che stava ingaggiando una lotta furiosa con gli ultimi due, che tentavano rispettivamente di morderlo e di prenderlo a botte in testa. Fu un incontro di wrestling due contro uno piuttosto emozionante, che alla fine il nostro eroe vinse con un grido di trionfo.

«Ma... perché... fanno... così?» annaspò.

«Non sono sicura, ma ho una mezza idea».

«Mezza è sempre meglio di nessuna, sputa il rospo» le intimò Draco.

«Secondo me», azzardò lei, «qui è tutto così diverso da quello che descrivono che i libri hanno orrore di questo posto. E sì che in biblioteca dovrebbero sentirsi a casa!»

Miracolosamente, con l'aiuto degli altri due, Hermione riuscì a liberare una mano per poter far apparire una corda con cui legarli in una sorta di pacchetto dall'aria molto ribelle. Ai ragazzi fu affidato il compito di tenerlo fermo, mentre lei seguiva scrupolosamente il paragrafo di indicazioni. C'erano movimenti di bacchetta che avevano poco da invidiare all'eleganza di un balletto e abbastanza paroloni latini da bastare per una vita intera, ma doveva aver fatto tutto come Webster comandava: la colonna di libri diede un ultimo violento scossone e finalmente si acquietò, cominciando invece a splendere dall'interno della stessa luce bianca che li aveva portati lì.

 

Un flash, qualche lacrimuccia per lo sforzo a cui avevano costretto le loro povere pupille e una puzza molto sospetta di plastica bruciata più tardi, eccoli tutti e tre, vestiti esattamente come quand'erano partiti, riuniti davanti al computer di casa Weasley-Granger. Computer che, come commentò poco cerimoniosamente Ron, era decisamente andato, ma pazienza.

«Io queste fan-cose non le leggerò mai più!»

«Fai bene, Ron. È passata la voglia anche a me».

«Be', allora io vado» annunciò Draco, girando sui tacchi.

«Ma come?» saltò su Hermione, fintamente sorpresa, dopo un'occhiata all'orologio. «Tecnicamente è passato a malapena un secondo, e tu sei appena arrivato!»

«Se questo è un secondo, è stato il secondo più lungo della mia vita. Alla prossima, se ci sarà... ne ho avuto più che abbastanza di rivangare il passato».

«Ma quello non era il nostro passato... non proprio. Allora ciao, e sta' lontano dalle fanfiction. Sono pericolose».

 

Note dell'Autrice: grazie mille a Beatrix_ e FaDiesis che hanno inserito questa storia nelle seguite.

PS: secondo il sito dove l'ho trovato, Hubert significa “mente brillante” o “intelligente”. E il cognome Webster dovrebbe essere collegato a “weaver”, cioè “tessitore”, il che molto alla lontana potrebbe anche dare l'idea di “rete”, ma in realtà l'ho scelto perché comincia con “Web”. Nel senso di Internet. Sciocchezza immane, lo so.

PPS: sì, lo so che in molte fyccy la regola “niente Smaterializzazione” viene ignorata, ma in questa no, perché... perché se no sarebbe stato troppo facile per i nostri eroi, giusto?

PPPS: ma quanto bisogna essere fissati da uno a dieci per sapere a memoria che l'entrata del Paiolo Magico è tra una libreria e un negozio di dischi su Charing Cross Road? Cosa molto realistica, tra l'altro (complimenti, zia Jo!), visto che sono i due tipi di negozi per cui quella strada è più famosa e mi sa che trovarne due vicini è fin troppo facile. Ho pensato che quello di dischi potesse essere andato in rovina perché la scena in cui viene nominato si svolge nel 1991, mentre adesso se la gente vuole della musica di solito se la scarica. Un negozietto nella mia città che io ho sempre immaginato molto simile a quello ha fatto la stessa fine, per cui mi sembrava che avesse senso.

PPPPS: la descrizione della copertina si riferisce all'edizione inglese.

PPPPPS: sono davvero tanti PS, ma questa ve la devo proprio spiegare: come avrete notato, ciascun libro si comporta in modo diverso. Il loro modo di scappare dovrebbe, in teoria, avere una ragion d'essere:

  • quello che saltella è La Pietra Filosofale, che è un po' più per bambini e quindi è come se volesse giocare;

  • quello che striscia è La Camera dei Segreti, per un motivo che se l'avete anche solo aperto indovinerete sicuramente;

  • quello che morde è Il Prigioniero di Azkaban, per via del Libro Mostro dei Mostri;

  • il Boccino gigante è il Calice di Fuoco, che per via della finale di Coppa del Mondo e dello Spinato ha un sacco di scene di volo veramente epiche;

  • quello che prende a botte in testa è L'Ordine della Fenice, che è rozzo e violento come Grop;

  • quello che si agita è Il Principe Mezzosangue, che si comporta come la scatola delle cose rubate del piccolo Tom;

  • quello che usa le pagine come ali è I Doni della Morte, che doveva essere più serioso e solenne perché, come da locandina, “It All Ends Here”.

  
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