-Sono sicuro che andrà tutto bene.-
Disse, dopo un po’, scendendo dalla macchina ed incamminandosi verso la porta di casa al suo fianco.
Donghae poggiò la schiena al muro, poco più lontano dal leader, ed aspettò.
-Siwon, scusa se ti disturbo ma...-
Si bloccò.
Pietrificato, a guardare qualcosa davanti a lui.
Siate gentili, è la mia pirma EunHae ^^"

Fanfiction scritta a quattro mani da me e eos_92. Spero vi piaccia ^-^
Siwon si era sempre sentito solo.Continuava a pregare Dio, perché mettesse fine a quel patimento.
E così fu.
(...)
Eunhyuk aprì la bocca per dirgli qualcosa, ma il suono della campanella di fine intervallo lo lasciò di sasso, facendolo rendere conto di non aver toccato la merenda.
Tuttavia non disse nulla, sorrise gentile come sempre e prese la mano di Siwon nella sua, spingendolo verso di lui.
-Vieni, almeno le ultime ore le passiamo insieme.-
-Cosa?! Non ci penso nemmeno!-
(...)
Gli sussurrò all’ orecchio, posando la mano nell’ interno del braccio all’ altezza del gomito.
Siwon seguì il suo sguardo, posandolo sul quello che, presuppose, dovesse essere l’ angelo che Hyoyeon e le sue amiche avrebbero dovuto usare per convincerlo ad andare alla festa.

Inciampò in uno sgabello lasciato da chissà chi e cadde riverso a terra con un botto che poteva essere scambiato con un bombardamento.
Inspirò a fondo quell’ aria nuova, che fino a poco prima gli era sembrata solo un sogno, con quel sorriso che sembrava dedicato solo a lui.
(...)
Allungò le mani, andandosi a toccare la patta dei pantaloni, per poi slacciarli.
Quell’ odore stava iniziando a fargli uno strano effetto, e si chiese da dove provenisse, dato che prima, quando era entrato ed aveva chiuso tutte le persiane, non c’ erano tracce di fiori o di deodoranti per l’ ambiente.
(...)
Era un fiore, di questo ne era certo. Il profumo era delicato, ma colpiva dritto alle narici, quindi doveva essere una grande quantità, forse in tutta la stanza.
-Dongahe...-

-Ho detto che sei un fottuto bastardo.-
Ringhia, dopo un attimo di esitazione, costringendo un gemito a morirgli in gola.(...)Sapeva che era rischioso, ma aveva preso una decisione, e quella era l’ occasione giusta per mettere in atto il loro piano.
-Mi pare ovvio.-
Bofonchiò Eunhyuk, mentre sul suo viso si dipingeva un broncio dolcissimo.
-Qui, tutti si divertono e nessuno mi degna di uno sguardo, non mi invitano nemmeno.-
-Allora perché non ti unisci a noi? Gia che sei qui potremmo...-

Eunhyuk si rigirò per l’ ennesima volta nel letto, massaggiandosi la pancia, dolente a causa dei continui inspiegabili crampi.Si buttò seduto, sbattendo il sedere contro il pavimento, prendendosi la testa tra le mani e piegando le ginocchia, portandole al petto.
Si mise a piangere.
(...)
E gli venne spontaneo tirare un pugno allo specchio, frantumandolo, immaginando che quella fosse la faccia di Donghae.La porta di casa si aprì, richiudendosi silenziosamente.
Sentì qualcuno camminare in punta di piedi, sussurrando il suo nome, e poi un tonfo ed un imprecazione.
Sussultò, scattando a mettersi seduto, ma non si mosse, ne parlò.
-Eunhyuk! Sei sveglio?-

Leeteuk sembrò a disagio, immobile in quell’ angolino della stanza, che giocava nervosamente coi bottoni della giacca, silenzioso.Sapeva perché, ultimamente, Leeteuk si comportava in modo strano.
La colpa era sua e del suo comportamento infantile.
Donghae si affacciò dalla porta, per poi entrare con un’ espressione torva.
-Oh, no no! Esci immediatamente, sai cosa devi fare, ne abbiamo parlato per tre giorni a casa, più le quattro ora di viaggio per arrivare qui. Non avrai intenzione di rimanere zitto e continuare ad evitarlo?-
Il ragazzo si arrotolò nelle lenzuola. Profumavano di lui.
(...)
Un violento bussare lo riscosse da quel torpore, facendolo scattare in piedi, ma, a causa dell’ acqua scrosciante della doccia, scivolò e batté la testa contro il muro.

-Perché me lo dici solo ora?-
Sussurrò, torturando i bordi della lettera ancora stretta nelle sue mani.
-Ti supplico, non mi odiare.-
Si alzò lentamente, aiutandosi poggiando una mano sul bordo del tavolinetto provvisto di specchio con le luci.
L’ altro gli si avvicininò, posando l’ asciugamano sul tavolino, levandogli la giacca nera, troppo leggera per quel settembre piovoso e freddo.
-Dovresti vestirti più pesantemente.-
Gli disse, districando la lettera dalla sua mano, per poi levargli la maglietta di cotone.

No, quel posto non gli apparteneva affatto.
Lui era nato e cresciuto nei quartieri alti, se i suoi genitori lo avessero visto lì, a quell’ ora tarda della notte, lo avrebbero riportato a casa e suo padre lo avrebbe chiuso nella sua stanza, chiamando il manager e dicendogli che la carriera di cantante del figlio sarebbe finita, anche se iniziata da poco.
Non se lo poteva permettere, doveva fare attenzione, o avrebbe perso anche l’ unica scusa per stare accanto a lui.

-Quale parte di “Ora esci, mi devo fare il bagno” non hai capito?-
Il sorriso del biondo si accentuò.
-“Esci”.-