Sanzo si voltò verso di lui, muovendosi sullo sgabello. Lo fissò a lungo con i suoi profondi occhi viola. Gojyo si sentì rubare l’anima da quello sguardo. Ormai aveva capito perfettamente le parole di Hakkai.
“Forse non sono bravo a controllare i miei istinti e credo di non essere neanche un granché con le parole. Ma ci so fare con i fatti.”

Nel buio gli occhi viola del monaco si spalancarono, abituandosi dopo qualche secondo all'oscurità. Non sapeva definire quel richiamo o le parole pronunciate. Come una sirena nella mente, a intervalli ripetuti, il richiamo si faceva più forte. Non poteva dire di non provare inquietudine a volte, specie quando l’urlo lo raggiungeva la notte, durante il sonno, e si fondeva con i suoi sogni. O con i suoi incubi.
C’è qualcuno là fuori?

“Noi non saremo infelici”, gli disse con un sorriso sincero.
“Come fai a dirlo?”, domandò Sanzo, lasciando che il fumo uscisse dalle belle labbra sottili.
“Perché siamo disposti a scambiarci di posto per far soffrire di meno l’altro”, si avvicinò a lui, passò il dorso delle dita sulla sua fronte, poi sugli zigomi. “Quanti sarebbero disposti a prendere il tuo dolore e la mia solitudine?”

Cercò dentro di sé la fede. Cercò dentro di sé Dio. Cercò dentro di sé la motivazione.
Lasciò il dubbio nell'angolo del cuore dove Sanzo l’aveva toccato, con la sua fredda e accecante luce che sapeva tanto di razionalità.

“Voglio scappare da qui, fingere che per un attimo siamo nella nostra città, nel nostro paese, lì, in mezzo a quella strada dove ti trovai mezzo morto e dove ti raccolsi, sotto una pioggia torrenziale come questa.”
“Perché?”
“Perché ti devo parlare.”

“Un ragazzo biondo? Sì, si è preso una camera di sopra, dopo aver ordinato una birra. Non aveva una bella cera e non ce l’hai neanche tu. È tuo amico, per caso?” (...) “Vi ho visto discutere fuori. Senti, ti do la copia della chiave solo se mi assicuri che non vi mettete a fare casino nella mia locanda.”
Gojyo fece un sorrisetto malizioso, alzando le sopracciglia: se la questione si fosse risolta come sperava sarebbe stato Sanzo a fare molto rumore.

“Vai su letto a dormire, Gildar.”
“Gilder, ancora non hai imparato a pronunciarlo bene?” (...)
“Ma mi piace sai? Come lo dici…Gildar non fare questo! Gildar! Non credo che permetterei ad altri di chiamarmi così e con quel tono…”
Sacha lo guardò, lasciando le sue braccia e alzandosi in piedi. Si sentiva il viso caldo, era forse arrossito?
“Farnetichi?”
Gilder rise e Sacha, suo malgrado, lo trovò affascinante.

[Fanfic sulla serie original "Moonlight Sonata" dell'autrice Homicidal Maniac]
Era quello di cui aveva bisogno: il calore di un altro corpo, il calore di un amico. Non il suo affetto, non il suo amore, ma qualcosa che scacciasse il freddo inverno che gli era entrato nelle vene, corrompendolo fin nelle ossa.

“Che c’è da ridere?”, chiese piuttosto gentilmente la bionda.
“Scusami…”, Saika ridacchiò ancora, dandosi poi una calmata, coprendosi pudicamente la bocca con la mano. “Somigli molto a uno che conoscevo tempo fa, nel senso, lo ricordi molto; parli come lui, sei decisa come lui, fumi persino come lui. È buffo, tutto qui.”
“Buffo”, ripeté l’altra con una scrollata di spalle. “So di essere un po’ un maschiaccio ma non pensavo addirittura di ricordare un uomo.”
“Oh, non in quel senso!”, si affrettò Saika a giustificarsi, arrossendo furiosamente.
“Tranquilla, ho capito in che senso.”

Si passò la spazzola tra i capelli rosa pallido ancora una volta, osservando il suo femmineo volto stanco riflesso nello specchio. Aveva pianto, i suoi occhi erano ancora rossi e gonfi, era assolutamente impresentabile per i clienti di quella sera. Sospirò ripensando al bacio di Xanthe.
Perché doveva essere così difficile per loro?

Il loro era un amore imperfetto.
Non era romantico, non vi erano spesso sussurri appassionati, regali e dimostrazioni d’affetto.
Era anche un amore violento, rude, fatto di sesso, parolacce e minacce.
Un amore nato dall’antipatia, dal non sopportarsi a vicenda, ma non potevano negare che il sentimento che li legava fosse proprio quello.

[Raccolta di cinquanta frasi sulla coppia Thor/Loki]
16 Languore
A Loki non capitava spesso di rilassarsi a tal punto da provare una dolce sensazione di abbandono, un qualcosa che non si poteva chiamare sonno, perché non era accompagnato da un’irritante stanchezza che lo spingeva a chiudere gli occhi; era qualcosa di più, era il voler chiudere gli occhi tra le sue braccia e sentirsi al sicuro.

Sul mondo terrestre vi è un luogo che ha visto nascere un amore insolito, un amore che doveva rimanere nascosto agli occhi degli dèi, un amore che non è stato ricordato nelle cronache del Tenkai.
Ma, alla fine, a due come Tenpou e Kenren non importava che la gente sapesse o meno, che li prendessero in giro per il loro rapporto ambiguo. La cosa importante era godere di quel sentimento il più possibile.

[Raccolta di cinquanta frasi sulla coppia Gojyo/Sanzo]
12 Desiderio
Forse era troppa la foga con cui lui gli tolse la canottiera nera di dosso, forse era troppa la violenza con cui gli graffiò la schiena con le unghie, affondando nella pelle scura mentre il mezzo-demone si appropriava del suo corpo l’ennesima volta ma non ci poteva fare niente, il desiderio, un vero e proprio tabù per lui, monaco buddhista di più alta carica, era diventato una droga; il desiderio di Gojyo era pura dipendenza.

[Raccolta di cinquanta frasi sulla coppia Sanzo/Goku.]
1 Anima
Pur essendo un monaco non aveva mai creduto nell’anima, nel concetto trascendentale di spirito che aspetta la reincarnazione, ma da quando aveva liberato quel piccolo animaletto petulante, che aveva detto di averlo chiamato dal profondo del suo cuore, tutto era cambiato; Goku era diventato lo specchio della sua anima infranta.