Margot non aveva mai visto Nathan. Ma sapeva che era ciò che lei aspettava da tempo. Sarebbe stato il suo respiro dopo l'apnea.

mi misi in ginocchio davanti a lei e le toccai una guancia fredda. Sul suo viso si formò uno sguardo di stupore.
D: che cosa fai?
Io: posso aiutarti e lo farò.
Le misi il polso davanti alla bocca e lei fece segno di no con la testa.
D: no no vattene non farlo. Potrei ucciderti.
Io: fallo!
Avevo una paura tremenda ma il mio cuore mi diceva di aiutarla.
Io: se avessi voluto uccidermi...lo avresti già fatto.
Sorrise

[Robert Sheehan]
Ero a Londra da ormai tre mesi , mi mancava casa ma l'essere distante da essa mi faceva scorrere l'adrenalina nelle vene e come sensazione mi piaceva quindi mi ero promessa di restare e incominciare a vivere. Proprio quando decisi di vivere incontrai lui che rivoluzionó tutto.

[Robert Sheehan]
[Robert Sheehan]
Mi mancava, un'amica.
Un'amica vera.
Una con cui puoi parlare di tutto, a cui non importa chi sei ma come sei.
A cui non importa quanti soldi prendi a fine mese.
A cui non importa essere scambiata dai tabloid per una nuova ragazza.
Be', in realtà, non l'ho proprio mai avuta, un'amica vera.
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Tra i lussuosi quartieri di Notting Hill e Kensington si snoda la vicenda di "Londoners" che racconterà in prima persona la nuova realtà che Cloe si ritrova ad affrontare nella capitale dell'Inghilterra. Nuova vita, nuove amicizie, nuovi ragazzi e nuovi problemi. Uno dei quali risponde alla voce "Ed". O meglio, Robert Sheehan.

[Robert Sheehan]
Era tipo una fanatica di Halloween da sempre e nonostante i suoi quasi vent’anni non rinunciava a travestirsi nei modi più assurdi e ad andare a far festa in giro.

[Robert Sheehan]
Si avvicinò ancora di più e con una mano mi mise i capelli dietro l’orecchio. Dopo la presa divenne più decisa e avvicinò il viso. Potevo sentire il suo respiro sulle mie labbra. Mi strinse al petto. Mi guardò un attimo negli occhi e fu tutto chiaro. Ogni paura svanì, così come le incertezze. Sapevo quello che volevo. Il tempo e lo spazio sparirono, mi sentivo incorporea. Come una leggerissima piuma bianca sospesa in un immenso vuoto. In questo vuoto c’era solo un rumore. Il battito di un cuore, anzi, due. Il mio e il suo, che come strumenti di un’orchestra suonavano sincronizzati una dolcissima e chiarissima melodia, chissà se la sentiva anche lui, la musica dei nostri cuori.