Due
noticine proprio due, prima di lasciarvi alla storia. E' tutta l'estate
che vi annoio con la mia versione di Rose e Scorpius... beh, i miei
Rose e Scorpius prendono origine da qui. Questo è forse il
progetto più lungo con cui mi stia misurando, dato che
vorrei raccontare di come si sono evoluti i rapporti per la NG, la mia
NG.
Il punto di vista principale, che userò più o
meno per tutta la narrazione - e giuro che per me è una
tortura - sarà quello di Albus Severus Potter, con alcuni
brevissimi passaggi su Scorpius Malfoy.
Qui troverete l'origine del soprannome del peluche che avete
già conosciuto in "Pius",
e anche il momento in cui Rose ha visto per la prima volta Scorpius
torturare un prato, abitudine che gli attribuisce in "Cicale".
Verrà il momento in cui scoprirete anche l'origine de "Il
primo bacio", non temete.
Le prime due storie che ho citato hanno partecipato a dei contest: Pius
si è classificata seconda al "Rose/Scorpius: flash contest"
indetto da Zuzallove, mentre Cicale si è classificata prima
per la sezione Harry Potter al contest "One shot per l'estate" indetto
da EFP.
Se non le conoscete ancora, spero che alla fine di questo capitolo vi
verrà voglia di curiosare nel mio account.
Ancora
una cosa, prima di lasciarvi alla lettura: spero che amiate questi
personaggi come li sto amando io mentre li racconto.
Ed ora, buona lettura. Se doveste essere soddisfatti, alla fine, mi
bastano due parole per saperlo. Con due paroline mi fareste davvero
felice.
***
Capitolo
1 - Serpeverde
«Serpeverde!»
urlò il Cappello
Parlante.
Albus Severus Potter aveva
pregato insistentemente quel vecchio, bruciacchiato e malandato coso
che andava in giro fin dalla
fondazione della Scuola di non spedirlo proprio lì. Solo per
un attimo lo aveva
sfiorato l’idea che forse gli sarebbe potuto piacere passare
delle giornate
intere senza vedere i suoi parenti – tutti Grifondoro
– e di quell’attimo di
debolezza il Cappello aveva approfittato per scegliere la Casa in cui
sarebbe
stato accolto per i successivi sette anni.
Il brusio soffocato che
riempiva la sala si spense completamente all’annuncio. Un
Potter tra i
Serpeverde. Nessuno voleva crederci.
Albus sfilò il copricapo il
più velocemente possibile, e si affrettò a
raggiungere il tavolo della sua
Casa. Il tavolo più lontano da quello a cui sedevano tutti i
suoi cugini.
«Tuo padre non sarà contento,
Potter!»
Si
voltò verso la
fonte delle parole. Un
ragazzino con i capelli biondo platino e gli occhi – grigi?
Sì, grigi – grigi gli
sorrideva con disprezzo. Lo zio Ron aveva avvertito Rose di stare alla
larga da
Scorpius Malfoy, ma di certo non gli era mai passato
nell’anticamera del
cervello che suo nipote sarebbe potuto finire tra i Serpeverde.
«Mio padre non è il tuo,
Malfoy. Per lui la casa in cui sono capitato non farà alcuna
differenza.» Era
quello che gli aveva detto prima che salisse sul treno, ma…
sarebbe stato
altrettanto vero quando lo avrebbe saputo?
***
La
sua stanza nell’antro dei
Serpeverde – era una cantina, né più
né meno, e anche le camere sembravano
delle celle con le porte – era una stanza singola. Era come
se si volessero
incitare i membri della casa a non fare amicizia e a pensare ognuno al
proprio
conto. Rabbrividì.
Un conto era desiderare
starsene per fatti suoi quando i suoi fratelli o i suoi cugini gli
impedivano
di leggere un libro, un altro era… quello.
Estrasse un foglio di
pergamena dal set per la corrispondenza che la zia Hermione gli aveva
regalato
ed iniziò a scrivere qualcosa ai suoi genitori. A
metà della lettera si rese
conto che quelle poche righe di inchiostro non erano entusiaste come
loro si
sarebbero aspettati, e che probabilmente li avrebbe solo fatti
preoccupare.
Stracciò la pergamena e si infilò il pigiama.
Avrebbe scritto loro il giorno
dopo, se non l’avesse già fatto James, ovviamente.
***
Il
mattino seguente si
trascinò con fatica fino alla Sala Grande per la colazione.
Non aveva legato
con nessuno dei suoi compagni – come avrebbe potuto,
d’altronde – e si sentiva
triste al pensiero di doversi sedere solo soletto ad
un’estremità della
lunghissima tavolata con sopra intagliato lo stemma della
“Nobile Casa dei
Serpeverde”. Gli ricordava quello stupido arazzo
bruciacchiato che c’era nel
soggiorno di casa.
Lanciò un’occhiata alla tavola
dei Grifondoro, dove tutti i suoi parenti si divertivano, noncuranti
degli
sguardi imbarazzati dei loro compagni. Forse Rose e James un pochino
gli
mancavano, ma la sensazione di essere osservato no di certo.
Si sedette composto a tavola,
curandosi di lasciare libero un posto tra lui e il povero malcapitato
che
sarebbe dovuto stare al suo fianco. Era sicuro che nessuno di loro
volesse
stargli vicino. Era un Potter. E i Serpeverde odiavano i Potter.
«Che c’è, ti fa schifo sederti
al nostro fianco? Guardatelo. Potterino tenerino ha paura dei brutti
Serpeverde
cattivi! Perché non chiedi al Cappello Parlante di smistarti
da un’altra
parte?»
La stessa voce che la sera
prima a cena aveva cercato di provocarlo. Scorpius Malfoy si prendeva
gioco del
suo disagio. Eppure gli si sedette al fianco, premurandosi di occupare
quel
posto rimasto vuoto.
Albus lo fissò sorpreso per
qualche istante.
«Potter, lo so che sono bello,
mi vedo allo specchio, ma se continui a fissarmi in quel modo
comincerò a
preoccuparmi.»
Un gufo marroncino scelse
proprio quel momento per planare sulla tavola ed atterrargli quasi nel
piatto.
Mollò una lettera tra le sue mani e aspettò
qualche carezza sul collo, prima di
tornarsene da dove era venuto.
«Mammina già ti scrive per
dirti che le manchi, Potter? Oppure ti informa che presto sarai
reintegrato tra
i tuoi simili?»
«Ti hanno mai detto che sei
noioso, Malfoy?» sbottò, alzandosi da tavola.
Infilò la lettera in una tasca
della borsa di scuola e si diresse verso l’uscita della Sala
Grande.
«Al!» la voce familiare della
sua saccente cugina preferita lo raggiunse proprio mentre stava per
mettere
piede fuori dalla sala. Forse la sua famiglia non lo odiava poi
così tanto per
essere finito tra i Serpeverde.
«Ciao, Rose!» la salutò
allegro.
«Tutto bene? Non abbiamo
parlato granché da…»
«Prima dello Smistamento,
Rosie. E sinceramente non capisco cosa ci faccia tu adesso qui con me.
Ho visto
come mi ha guardato James ieri sera. E come mi ha guardato tutto il
resto della
famiglia.»
«Beh, io
non sono il resto della famiglia. E visto che abbiamo lezione
insieme, voglio andarci con te! E James lascialo perdere, lo sai
com’è fatto.
Ieri sera ha mandato un gufo alla zia Ginny per dirle che non ti voleva
più
come fratello, visto che eri stato smistato a
Serpeverde…»
«E la mamma cos’ha risposto?»
«È questo il bello. Non ha
risposto la zia Ginny, ha risposto lo zio Harry. Con una Strillettera.
Ce lo
vedi lo zio Harry a scrivere una Strillettera?»
La risposta giusta era no.
Suo padre non si sarebbe mai messo a
scrivere una Strillettera, mai e poi mai.
«Sei sicura che sia stato
papà?»
«Al cento per cento. Quando ha
visto il gufo planare di fronte a lui, James ha iniziato a borbottare
qualcosa
riguardo ai genitori appiccicosi, poi ha notato il colore della busta
ed è
impallidito. E quando ha visto che la grafia era quella dello zio Harry
ha
preso la lettera ed è fuggito dalla Sala Grande. Se non ci
avessi dato le
spalle avresti visto tutta la scena. A proposito, cosa dice la
tua?»
«La mia cosa?» chiese,
inarcando le sopracciglia.
«La tua lettera, Al!» disse
spazientita Rose. Gli ricordava tremendamente la zia Hermione con lo
zio Ron,
quando faceva così.
«Non l’ho ancora aperta.
Malfoy mi stava dando fastidio. O almeno cercava di farlo. Sono
cresciuto con
James in casa, nessuno può essere peggio di lui.»
«Sicuramente è stato un buon
allenamento, Al!» rise lei, mentre prendeva la lettera dalla
tasca della sua
borsa.
«E adesso aprila.» Gli ordinò,
sventolandogli la pergamena davanti agli occhi.
«Ti hanno mai detto che sei
prepotente?»
«Hugo me lo dice tutti i
giorni. Beh, me lo diceva. Sono sicura che si godrà questo
anno da figlio
unico.»
«È di papà!»
esclamò sorpreso
Albus. Quello che Rose aveva detto della Strillettera poteva essere
vero. Era
tipico di suo padre scrivere due lettere insieme, quando aveva iniziato
a
scriverne una. Rose assunse la posa da “te l’avevo
detto”, anche quella
ereditata da zia Hermione.
«Che dice?»
Albus lesse le parole – poche
– scritte su quel foglio, poi lo passò a sua
cugina, che scoppiò a ridere e gli
restituì la pergamena.
«Tua sorella è un genio.»
«Sì, del male. Fai solo che
James sappia cosa scrive Lily di lui…»
riaprì il foglio tra le sue mani e vi
gettò un ultimo sguardo.
Siamo
fieri di te, Al, e ti vogliamo bene. Non cambia nulla.
Papà
e mamma.
PS:
James è un cretino (Lily)
Sorrise,
prima di ripiegare il
foglio e nasconderlo di nuovo nella borsa. Adorava sua sorella.
***
La
prima lezione da studente
di Hogwarts che seguì fu Pozioni, con il professor Belby.
Aveva occupato il
banco dietro a quello di sua cugina – avrebbe voluto tanto
fare il suo esordio
come pozionista insieme a lei, ma lo trattenevano i colori diversi
dell’uniforme di Rose.
«È libero?» la solita voce
sgradevole che lo perseguitava da due giorni lo raggiunse anche in aula
poco
prima dell’inizio della lezione. Come al solito non attese
che rispondesse e si
sedette vicino a lui.
«E se fosse stato occupato?»
chiese, sgarbato. I suoi genitori si sarebbero arrabbiati parecchio se
avessero
saputo che stava trattando così un estraneo. Un Malfoy,
certo, ma pur sempre un
estraneo.
«Andiamo, Potter! La gente non
è così entusiasta di sederti di fianco, pensano
tutti che un Potter che finisce
a Serpeverde deve avere qualcosa che non va!»
«Al non ha niente che non
vada, spocchioso di un Malfoy.» Sua cugina si era voltata
prima che avesse il
tempo di dire “a”, e dal tono che aveva usato Albus
capì che non era il caso di
farle notare che si sapeva difendere benissimo da solo.
«Non sono affari che ti
riguardino, Weasley. Hai l’abitudine di origliare tutte le
conversazioni dei
tuoi compagni?»
Albus si trovò, suo malgrado,
ad osservare Scorpius mentre rispondeva a Rose. C’era
qualcosa che non lo
convinceva nel suo atteggiamento. Non che questo dubbio glielo rendesse
meno
antipatico. Solo… non lo convinceva. Tutto qui.
«Non trattare così Rose.» gli
intimò, ma non poté aggiungere altro,
perché proprio in quel momento arrivò il
professor Belby ed iniziò a fare lezione.
***
Le
due ore trascorsero
velocemente, e senza troppi incidenti, per essere il loro primo impatto
con le
pozioni. Beh, quel Thomas Firefly era riuscito a far prendere fuoco
alle
sopracciglia della sua compagna di lavoro, ma lui si sarebbe salvato
dalle
prese in giro degli altri studenti, almeno per quel giorno. E poi
Malfoy se la
cavava abbastanza bene, era davvero un ottimo compagno di banco e
probabilmente
avrebbe dato del filo da torcere a sua cugina quanto a risultati
scolastici.
Erbologia e Trasfigurazione
furono le due materie successive, con i Corvonero la prima e i
Tassorosso la
seconda. Fu così che tutti quelli del suo anno capirono che
Potter era davvero
finito a Serpeverde.
«Ti abituerai alle loro
occhiate, Potter!» gli disse Malfoy, sedendosi per
l’ennesima volta accanto a
lui, quel giorno. Tra un boccone e l’altro, seduto a pranzo,
finalmente capì
cosa non lo convinceva. Quando suo padre gli raccontava del suo primo
anno ad
Hogwarts, non mancava mai di far notare quanto Draco Malfoy fosse
sempre
circondato dagli altri Serpeverde, era una sorta di divinità
per quelli della
sua casa. Scorpius invece era come lui. Un pesce fuor
d’acqua. Completamente
isolato dal resto dei loro compagni.
«Che ne diresti di mettere da
parte i cognomi e chiamarci per nome? In fondo saremo compagni di casa
per i
prossimi sette anni!» disse, tendendogli la mano. Certo non
sarebbero diventati
amici, ma almeno avrebbe avuto qualcuno con cui fare i compiti.
«Io sono Scorpius. Non Scor.
Non Pius. Men che meno Scorpiuccio. Scorpius.»
Ad Albus venne da ridere
mentre Scorpius elencava con faccia schifata i vari nomignoli che
dovevano
avergli dato.
«Io sono Albus. Ma nessuno mi
chiama così. Beh, eccetto mia madre quando James riesce a
farle credere che
sono colpevole di qualcosa combinata da lui. Puoi chiamarmi
Al.»
«Bene, Al.
Ti va di fare i compiti con me dopo le lezioni?» propose il
ragazzino, e l’espressione impassibile sul suo viso stonava
con la tonalità
speranzosa che aveva dato alla frase.
«Mi piacerebbe davvero tanto,
ma…»
«Già. E io che per un momento
ti avevo anche creduto.» Rispose, con una voce dura che non
andava bene per un
ragazzino di quell’età. Era come se tutti gli
avessero sempre risposto di no.
Si alzò in piedi, ed iniziò a raccogliere le sue
cose.
Per un momento pensò di
portare Scorpius da Hagrid con lui, ma al vecchio guardacaccia sarebbe
preso un
accidenti se Al si fosse portato dietro un Malfoy, dopo tutto quello
che gli
avevano fatto. L’alternativa era dare buca ad Hagrid, ma
quella sì che sarebbe
stata una cosa che suo padre non gli avrebbe perdonato. Decise di dire
la
verità a Scorpius.
«Ho già preso un impegno. Beh,
sarebbe meglio dire che i miei genitori hanno preso un impegno per me.
Il
professor Hagrid ci aspetta per un tè, e non voglio
deluderli. E poi Hagrid è
un amico, non voglio deludere neanche lui.»
«Ah. Capisco. Mi stai dicendo
una cosa tipo “Non è colpa tua, è solo
che sei arrivato dopo”?»
«Più o meno. Però…»
«Però cosa?»
«Pensavo di portarti con me.
Ma non devi insultare né Hagrid né Rose. Puoi
sfogarti su mio fratello, se
vuoi.»
«E quando torniamo ci mettiamo
a fare i compiti?»
«Sei quasi peggio di Rose!»
sbuffò e scrollò le spalle
«Sì, faremo i compiti.»
«Allora va bene. Vengo con
te.»
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