She will be loved or not?

di LoveJulie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici. ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette. ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto. ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannove. ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti. ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno. ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue. ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitre. ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattro. ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinque. ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisei. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Come ci si sente ad essere stata lasciata niente poco di meno che da Harry Styles, il ragazzo più carino e conteso della scuola?
Una merda, sul serio. Però se analizziamo attentamente la realtà dei fatti, si arriva ad una conclusione: io non sono stata affatto mollata.
Ah no, allora sei stata tu a mollare lui? Sei grande! Chissà come si sarà sentito…
Frena, non è vero nemmeno questo.
Dai, dimmi come stanno realmente le cose, in fondo sono qui per conoscere la storia, non per giudicarti. Prometto che starò muta come un pesce.
Va bene, ti racconterò tutto, ma se provi a ridere, smetto. Non c’è molto da dire. In realtà io e Styles non siamo mai stati assieme, e no, il nostro non è nemmeno stato un rapporto aperto. Diciamo che non eravamo nulla, anche se posso dire che lui mi conosceva. Ora ti spiego. Hai presente com’è Harry Styles? Il classico ragazzo bello, affascinante e intrigante, che sa di esserlo e coglie sempre l’occasione per sottolinearlo a tutti noi. Insomma, il classico ragazzo alle quali, noi ragazze ingenue, caschiamo letteralmente ai piedi. Ma qui c’è da fare una considerazione: la colpa non è nostra, ma sua. È proprio Harry, che attraverso un preciso piano ingegnoso, fa innamorare le ragazze, ci esce assieme qualche volta, magari se le scopa anche e poi le molla.
Anche io, pur credendomi più matura e intelligente delle altre ragazze dell’istituto, sono stata abbindolata. È adesso però che arriva la parte imbarazzante… devo proprio continuare?
Certamente. Non ti preoccupare, non sono qui per giudicarti.
Va bene. È qui che entro in scena io. Ovviamente già conoscevo il tipo di ragazzo che era ed è attualmente Styles. Diciamo che la sua fama lo ha preceduto. La mia amica Melanie era già cotta di lui.
Lo vedo da vicino per la prima volta in detenzione. Ci sono finita per uno stupido litigio avuto con l’insegnante di letteratura; per sbaglio gli ho dato dell’idiota, ma passiamo avanti.
È così carino, penso appena lo vedo. Con quei suoi morbidi riccioli castani e gli occhi verde brillante, proprio come piacciono a me. È amore a prima vista, almeno dal mio punto di vista. Lui ovviamente non si accorge di me, la ragazzina nell’ultimo banco in fondo all’aula che lo guarda come si guarderebbe un barattolo di nutella durante una dieta. Sguardo desideroso. La ragazzina impacciata dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi, proprio come i suoi. Magari non così brillanti (i miei, più che assomigliare a smeraldi, assomigliano più al verde delle foglie in autunno, vuol dire un verde quasi marcio).
Non ti ho mica chiesto di presentarti fisicamente…
Magari ai lettori interessa. Ora lasciami continuare... Dove eravamo rimasti? Giusto, quell’aula detenzione.
Lui, più che preso dai miei occhi era preso dalla scollatura piuttosto profonda di Natalia Jones, più comunemente chiamata da me e le mie amiche mangia uomini. È naturale che Styles sia attratto da lei, visto che non lascia spazio all’immaginazione per quanto riguarda il modo di vestire. Voglio proprio vedere come mi guarderebbero tutti i ragazzi se anche io andassi in giro con una magliettina super scollata e magari anche trasparente.
Non credo che l’effetto risulterebbe lo stesso, vedi lei ha qualcosa in più che tu non hai; qualcosa che non so spiegarti…
Fammi indovinare, seno? Puoi evitare di fare questi commenti? La mia autostima è già a livelli molto bassi, e tu non migliori le cose…
Scusami.
Ora però smettila di interrompermi, altrimenti non ti racconto nulla. Per farti capire come sono davvero andate le cose, dovrò tornare indietro, ad almeno tre mesi fa...  













Spazio autrice:

Salve ragazze! Questa è la mia prima FF, spero vi piaccia:) per ora è solamente un piccolo prologo, quindi se volete sapere il continuo, non vi resta che seguire. Accetto qualunque tipo di critica, sul serio, negativa o positiva che sia. Come mi è venuta in mente? Niente poco di meno che da un sogno, e sì, in quel sogno ero stata mollata da Styles. Abbastanza penoso. Ora vi lascio, un beso!

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Capitolo uno.

 

 

Avete presente quelle mattinate in cui vi alzate tranquille, quasi entusiaste? Siete così in pace con il mondo e con voi stesse che riuscite addirittura a sentire in lontananza gli uccellini canticchiare mentre vi lavate i denti e vi spazzolate i lunghi e setosi capelli. 

 

No? Nemmeno io. 

Ogni mattina per me è un’agonia. Doversi svegliare alle sette e mezza per dirigersi all’inferno non è esattamente quello che amo fare. Oggi, come ogni santa mattina, l’urlo di mia madre mi fa letteralmente cadere dal letto. Mi alzo di malavoglia massaggiandomi la chiappa destra e imprecando tra me e me. Dopo aver dato al mio viso un aspetto decente, scendo per fare colazione. Entro in cucina con gli occhi mezzi chiusi e mi metto seduta. 

- Buongiorno tesoro. - Mi dice mia madre porgendomi una tazza di latte fumante.

- Ma che buongiorno! Io mi chiedo come faccia tu ogni mattina ad urlare. Alle sette mamma, alle sette! 

Per tutta risposta si mette a ridere. Non ho mai visto una persona così gioiosa e positiva come mia madre, almeno non la mattina prima delle dieci. A volte mi sorprendo a chiedermi se siamo davvero imparentate. Poi, appena vedo entrare in cucina mio padre, conciato peggio di uno zombie cadavere, capisco di essere figlia sua. Anzi, in confronto a lui, la mattina io sono docile e gentile. Mio padre non risponde nemmeno ai buongiorno, se non con un grugnito appena percettibile. 

Mentre io e mio padre facciamo colazione con rispettivamente latte e caffè, mia madre lava i piatti come fosse Biancaneve nella casa dei sette nani; cantando melodiose canzoncine che potrebbero far innervosire chiunque, chiunque tranne mio padre, che è ancora nel suo stato di catalessi pre lavoro. 

- Mamma, la puoi smettere di cantare per favore? Ti capirei se avessi una voce intonata, ma ti manca proprio quella. - Alle mie parole mia madre sembra non farci caso, così finisco l’ultima sorsata del mio latte caldo e mi alzo per andare a cambiarmi, prima che Melanie venga a suonare al campanello. 

Salgo in camera mia e indosso una paio di pantaloni di jeans e un maglione pesante. Il tempo a Londra è piuttosto variabile, e non mi va di trovarmi a casa con la febbre con mia madre intorno. È una donna già piuttosto apprensiva, e quando mi ammalo tende sempre ad esagerare. Della serie che l’anno scorso avevo l’influenza e per lei ero contaminata. Sembrava quasi avessi la peste. Da quel giorno ho sempre cercato di non ammalarmi.  

Mentre sto prendendo la borsa, sento il campanello suonare. Guardo l’ora: Melanie stamattina è addirittura in anticipo. Scendo velocemente e la saluto i miei genitori prima di uscire di casa, diretta all’inferno, più comunemente chiamato scuola. 

- Buongiorno Mel! - Dico alla mia amica, l’unica a cui degno il saluto la mattina. 

- Buongiorno Elle, come stai?

- Come credi che stia alle otto di un lunedì mattino? 

- Giusto. 

Mentre andiamo a scuola chiacchieriamo del più e del meno. Devo passare il maggior tempo possibile con lei, visto che non frequentiamo nessuna lezione assieme. Lei è un anno più grande di me. Cioè, il suo cervello è sviluppato quanto il mio, ma lei è più grande. Ovviamente non lo dico in senso negativo, solo i lati positivi. Lei è la migliore amica che si possa avere, e non mi permetterei mai di insultarla.

- Guarda chi c’è, Elle… - Mi dice tirandomi per il braccio.

- Chi? 

Punta il dito cercando di non farsi notare. Io lo seguo. Sta indicando un ragazzo alto, con capelli castani e occhi azzurri, che ride con degli amici. Mai visto in vita mia.

- E chi sarebbe quello?

- Come chi sarebbe? È il ragazzo più carino della scuola, in assoluto.

- Sei sicura che tu stia guardando bene? Quello non è Styles.

- Lo so, non sono mica idiota. Da ieri sera Harry non mi piace più, ora mi piace quello là.

Tipico di Mel. Ogni giorno una nuova fiamma. 

- E sai come si chiama, almeno?

- Non ancora, ma lo scoprirò. - Mi dice ammiccando e trascinandomi verso l’entrata al mattatoio. Ho proprio un’alta considerazione di quella che dovrebbe formare la mia educazione e permettermi di trovare un lavoro. 

Appena entriamo, ci dirigiamo ai nostri armadietti. Ovviamente Melanie non fa altro che parlare di questo nuovo ragazzo che le piace da impazzire. Solo una come lei è capace di cambiare idea da un giorno all’altro. Fino a ieri pomeriggio non faceva altro che raccontarmi di tutti gli incontri ravvicinati con Harry Styles, che sono piuttosto  frequenti visto che frequentano lo stesso corso di biologia. Voi immaginatevi Mel durante le pause pranzo. Mi raccontava ogni singola cosa che faceva Harry.

- …Poi si è girato, per un secondo ha incontrato il mio sguardo, poi l’ha spostato e ha ricominciato a seguire la lezione. 

- Bene. E quante volte ha respirato? - Le chiedo io sarcastica in tono disinteressato, mentre mangiucchio quelle che dovrebbero essere patatine fritte. 

- Mi stai per caso prendendo in giro Elizabeth?

Assolutamente no. Non potrei mai. 

Ora so già che succederà la stessa cosa, solo che al posto del nome di Harry ci sarà qualcosa del tipo “ragazzo sconosciuto dalla bellezza disarmante che ho visto per la prima volta davanti alla scuola in una fredda giornata d’autunno”. Sì, è capace di dare nomi così lunghi, ve lo assicuro.  

Prima di andare ognuna nelle rispettive classi, ci mettiamo d’accordo per incontrarci durante la pausa pranzo, assieme alla nostra amica Jessica. Tra tutti gli amici che ho Jessica, detta Jess, è direi la più normale. Diciamo che fa da bilancia tra me e Mel. È una ragazza tranquilla il più delle volte, divertente e molto intelligente. Un ottimo aiuto durante le verifiche di biologia. 

Dopo aver salutato Mel, sento la campanella suonare. Se arrivo un’altra volta in ritardo il nostro professore non me lo perdonerà. Prendo dall’armadietto i libri, e dimenticandomi completamente di chiuderlo, salgo le scale fino alla classe. Arrivo alla velocità della luce e trovando la porta ancora spalancata, tiro un sospiro di sollievo. Fortunatamente il signor Jones, il mostro di matematica, non è ancora arrivato.

-  Per questa volta farò finta di non averla vista, signorina. - Non c’è nemmeno bisogno che mi giri per capire chi mi sta parlando. Mi giro e faccio un sorriso un po’ tirato. Lui mi guarda dall’alto verso il basso, e mi intima di entrare. Ovviamente seguo subito il suo “consiglio” che sembra più un imposizione. 

Vado poi a sedermi vicino a Jess. 

- Dove eri finita? - Bisbiglia la mia amica per non farsi sentire da Jones. 

- Mel. - Le dico roteando gli occhi. Ovviamente lei capisce e mi lancia un’occhiata eloquente. - Ha appena incontrato almeno in settantacinquesimo amore della sua vita. 

A queste parole la mia amica si mette a ridere. 

- Scommettiamo che questa dura più della cotta per Styles. 

- Non credo proprio. Quella per lui andava avanti almeno dall’anno scorso. 

- È carino almeno? - Mi chiede curiosa.

- Non credo sia il tuo tipo.

Solo oggi mi accorgo di quanto mi sbagliavo, quel lontano giorno. 

Dopo le prime ore di lezione di matematica, arriva il momento della lezione di letteratura, la mia materia preferita. Peccato che non possa dire la stessa cosa dell’insegnante. Credo proprio che il signor Brown ce l’abbia con me. Trova sempre un pretesto per richiamarmi, e poi pretende che io me ne stia buona al mio posto. Solitamente riesco ad essere una ragazza abbastanza tranquilla, almeno finché non mi fanno arrabbiare sul serio, e lui lo fa molto spesso. 

Entra mentre sto chiacchierando tranquillamente con Jess. Nonostante ci sia un caos generale, lui mi riprende subito. 

- Signorina Grant, la vuole smettere di parlare di futilità con la sua compagna di classe? In questo modo me la distrae. - Dice con il suo solito tono minaccioso.

Io mi impongo di stare calma. 

- Scusi prof, ma con tutti compagni che stanno piacevolmente chiacchierando, proprio con me se la deve prendere? 

- Ovviamente. Riesco solamente a sentire la sua voce starnazzante, che si distingue da quella di tutti gli altri.

Tutti i miei compagni si mettono a ridere, inclusa Jess. Poi io le lancio uno sguardo di fuoco e lei smette immediatamente. 

- E lei ha la voce talmente da idiota che ascoltarla durante le lezioni è un agonia. - Mi lascio scappare, tappandomi subito dopo la bocca. Questa volta credo proprio di non averlo solamente pensato.

- Cosa ha detto? - Mi dice l’insegnante. 

Bene, ora è anche sordo. 

- Mmm, niente. 

- Ho sentito bene quello che ha detto. Mi ha dato dell’idiota. Questa volta una bella ora nell’aula detenzione non te la leva nessuno. - Mi dice prendendo una penna e scrivendo qualcosa su un foglietto colorato.

Vaffanculo.

Poi lo strappa e me lo porge. Davanti a tutti i miei compagni, categoricamente in silenzio, mi alzo e vado verso la cattedra. Il signor Brown mi porge il foglietto e io lo prendo dalla sua mano in malo modo. Esco dalla classe e sbatto la porta di proposito. Oramai il danno è fatto, quindi tanto vale fare quello che voglio. 

Mi dirigo nell’ufficio del preside dove mi becco una sonora sgridata per quanto riguarda i comportamenti da tenere in classe con gli insegnanti e poi vado in aula detenzione. 

Appena arrivo davanti all’aula mi fermo per un secondo e prendo un lungo respiro. Poi busso ed entro. Appena richiudo la porta alle mie spalle e mi giro, tutti gli alunni che sono seduti mi guardano. Io abbasso lo sguardo intimidita e mi avvicino alla cattedra, consegnando il foglietto all’insegnante e andandomi a sedere in uno dei banchi vuoti in fondo all’aula. 

- Voglio assoluto silenzio. - Dice l’insegnante prima di rimettersi a leggere una stupida rivista di gossip.

No guarda, pensavo di intavolare un interessante conversazione sul tempo con me stessa, penso andando a sedermi. 

I primi minuti della punizione li passo a guardarmi le unghie perfettamente laccate  di bordeaux. Dopo un po’ alzo lo sguardo ed è in quel momento che lo vedo. È seduto qualche banco davanti al mio. Non l’ho mai visto da così vicino. Ora capisco come la mia amica Mel sia stata cotta di lui, almeno fino a ieri sera. I ricci castani sono perfetti, e gli occhi verdi sono molto espressivi. È meraviglioso. Rimango per qualche secondo immobile a guardarlo, dimenticandomi persino di respirare. Purtroppo la ragazza con cui lui sta “piacevolmente conservando”, (se per conversare intendete guardare le tette, sì, stanno conversando) nota che sono imbambolata. Mi guarda con un espressione strana in volto, e subito dopo Harry si gira a guardarmi. Io arrossisco violentemente e mi giro dall’altro lato, a guardare la finestra. Che vergogna. 

Il resto dell’ora lo passo a guardarlo con la coda dell’occhio. Quella ragazza, Natalia, non sa quanto la sto invidiando. Quanto vorrei che Harry guardasse il mio di seno; nel senso, sarebbe meglio che lui guardasse i miei occhi, ma visto il tipo mi posso anche accontentare, dico sul serio. Appena suona la campanella della fine dell’ora, sembra che il mio cervello non risponda ai miei comandi. Non fa altro che dire Harry, Harry, Harry. Lui nel frattempo si è già alzato e se n’è andato.










Spazio autrice:

Lo so, sono in un ritardo pazzesco. Probabilmente qualcuno di voi mi vuole addirittura morta. Scusate l'enorme ritardo, ma ho avuto, diciamo, "problemi tecnici", sì, chiamiamoli così. Per farmi perdonare da voi giuovani fanciulle, posterò due capitoli :) (diciamo anche che è il mio regalo, per voi, per il compleanno che ho fatto qualche giorno fa; esatto ora sono una diciassettenne) Lo so, non frega a nessuno! Vi lascio con questo capitolo e metto il secondo tra poco, un beso!

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


Capitolo due.
 
Quel pomeriggio, mentre sto facendo la strada di casa, completamente da sola, penso a cosa dire ai miei genitori. O almeno, ci sto provando. Quasi tutti i miei pensieri hanno come titolo Harry Styles oppure Harold Styles. Insomma, avete capito, alla fine la persona è la stessa.
Appena metto piede in casa, vengo raggiunta dall’uragano chiamato mamma. Sembra sempre che capisca quello che è successo prima ancora che glielo dica.
- Bentornata tesoro, com’è andata a scuola?
- B-benissimo mamma. Non è successo nulla. Giornata meravigliosa. Non mi sono mai divertita tanto come oggi. - Sto iniziando a farneticare, cosa che succede spesso quando sono molto nervosa. Mi conviene raccontarle tutto e subito, prima che lo venga a sapere da qualcun altro.
- Senti mamma, devo dirti una cosa.
- Dimmi pure.
Quando sto per aprir bocca sento la porta d’ingresso aprirsi e mio padre entrare. È arrivato nel momento giusto. Al contrario di mia madre lui sa essere più indulgente con me a proposito della scuola.
- Eccoti papà! - Gli dico abbracciandolo come se non lo vedessi da tempo. - Devo parlare con te e mamma, perché non ci sediamo tutti insieme sul divano?
- Cos’è successo Ellybelly?
Non sopporto quando mia madre mi chiama così. 
- Sentite, quello che sto per dirvi è piuttosto delicato, ma prima che continui, vi dico che io non ho fatto assolutamente nulla. Diciamo che sono stata istigata…
- Cosa diavolo hai combinato? - Mi chiede mia madre un’altra volta.
- Sonostatamandataindetenzioneperchéhodatodell’idiotaalprofdiletteratura. - Dico tutto d’un fiato, chiudendo gli occhi. - Ma ho imparato la lezione, sul serio…
- Non ho capito assolutamente nulla di quello che hai detto, ripeti.
- Okay. Oggi sono stata mandata in detenzione perché….
- Cosa? - Urla mia madre.
- Non volevo, davvero.
- Amore calmati - tenta di dire mio padre - non è tanto grave. Cosa hai fatto Elle?
Amo mio padre, davvero, è l’uomo migliore del mondo.
- Ho dato dell’idiota al prof. Cioè, lui non mi sopporta e oggi non ha fatto altro che prendersi gioco di me, allora io sono scoppiata e gli ho dato dell’idiota.
- Hai fatto bene, devi importi. Non è possibile che i professori si prendano gioco degli alunni, anche loro devono fare il loro lavoro, e non consiste nell’urlare dietro ai ragazzi.
L’ho già detto che amo mio padre? Se sì, ribadisco il concetto.
- Come non è grave, come deve imporsi? - Mia madre è tornata all’attacco. Ti rendi conto di quello che stai dicendo Richard? Non possiamo insegnare queste cose a nostra figlia, non siamo più nei primi anni sessanta dove gli studenti si imponevano sui professori. Non lo ammetto questo, non da parte di mia figlia! - Ci risiamo. Perché a mia madre non va mai bene nulla? Mio padre ha ragione, non è grave quello che ho fatto, in fondo, il professore se lo meritava proprio.
- Vedi il lato positivo tesoro, almeno nostra figlia è venuta a dircelo a noi, senza aspettare che la scuola chiamasse. È un gran passo avanti, non trovi?
Mia madre lo guarda con uno sguardo di truce e si prepara per il contrattacco. Bene, ora il mio momento è finito. Adesso è arrabbiata con lui. Io posso anche andarmene. Mi allontano lentamente, e sto per uscire dal soggiorno quando vengo fermata da lei.
- Torna subito qui Olive Grant! - Non sopporto quando mia madre mi chiama per secondo nome, cioè tutte le volte che è infuriata. - Non ho finito con te. Sei in punizione! Una settimana.  
- Una settimana?!
Tento di obiettare.
- Se dici qualcos’altro le settimane diventano due!
Io me ne vado in camera mia arrabbiata. Una settimana! Solo per aver insultato uno stupido, idiota, deficiente, insopportabile professore!
 
Una settimana più tardi dall’incontro con il mio Dio Greco, non faccio altro che pensare a lui. Mi alzo la mattina con il suo viso in testa, durante le lezioni penso ai suoi occhi verdi, e la sera prima di dormire mi faccio film mentali su di lui. Sono proprio senza speranze. Come se uno come lui potesse mai mettersi assieme ad una come me. Non c’è confronto.
Quella mattina a scuola, appena suonata l’ora della pausa pranzo esco immediatamente dalla mia classe e mi dirigo nell’aula ristoro. A metà strada incontro Jess, e assieme andiamo a mensa. Dopo aver preso da mangiare ci dirigiamo al nostro solito tavolo, dove Mel è già seduta ad attenderci.
- Alla buon ora! - Ci dice mentre ci sediamo.
- Sei tu che sei troppo svelta, non noi che siamo lente.
- Dai, dai! Devo dirvi una cosa.
- Fammi indovinare, riguarda quel ragazzo della settimana scorsa…
Sembra che Mel si sia proprio innamorata nel nuovo e misterioso ragazzo dell’altro giorno. Non fa altro che parlare di lui e ogni volta che lo vede in lontananza mi tira per un braccio e me lo indica, come se mi interessasse. E fin qui può anche andare bene. Sappiamo tutte come sono fatte le adolescenti innamorate, sono pazze. Vorrei solamente che non mi creasse tutti quei lividi ogni volta che lo vede. Praticamente il mio braccio destro è diventato di un colore violaceo.
- Esatto! L’ho rivisto, è proprio lì. - Ci dice indicando un tavolo nel quale ci sono un bel po’ di ragazzi e qualche ragazza che parlano tranquillamente. Riconosco subito il ragazzo misterioso e lo mostro a Jess.
Lei lo osserva senza dire una parola. Brutto segno. Questo potrebbe voler dire due cose: o è interessata ad un ragazzo, oppure non mi sta proprio ascoltando; ma, se non mi sta ascoltando, vuol dire che è interessata ad un ragazzo.
Mierda, come direbbero gli spagnoli.
- Allora Jess, che ne pensi? - Chiede Mel con un sorriso sulle labbra.
- È carino, sì, mi piace.
Mierda un'altra volta. Ora Melanie potrà invischiare la mia amica nei suoi piani, e questo vuol dire invischiare anche la sottoscritta.
- Perfetto. Andiamo a parlargli. - Dice la mia amica tutta contenta.
- Non ci penso nemmeno! Non puoi mica andare da un ragazzo sconosciuto e presentarti come se niente fosse. Dille qualcosa, per favore, Jess.
- Invece si può. È carino, e voglio assolutamente sapere come si chiama. - Questo esce dalla bocca dell’amica che un tempo consideravo tranquilla e non pazza, come Mel.
- Bene. Sappiate che io non mi farò influenzare da voi, ne tantomeno parteciperò al vostro stupido piano. - Dico imponendomi, e per rafforzare la frase, intreccio le braccia. 
Ma a quanto pare alle mie amiche non frega proprio niente del mio parere. Difatti si sono già alzate e si stanno avvicinando pericolosamente al tavolo dei ragazzi. Mi chiedo dove la trovano tutta la forza per fare una cosa simile. E soprattutto, dove trovano la sicurezza in loro stesse. Questo lo so. Il fatto è che sono tutte e tue molto carine.
Melanie è alta, ha ricci capelli color miele e profondi occhi color cioccolato, molto espressivi. Mentre Jessica, pur non essendo tanto alta, ha setosi capelli neri, e due occhi azzurri molto intensi. Ecco dove lo trovano il coraggio, nel loro fantastico aspetto.
Giusto per non rimanere a mangiare da sola, mi alzo in piedi e seguo le mie amiche. Ancora non ci credo che stanno per farlo. Voglio proprio vedere cosa diavolo racconteranno a questo fantastico ragazzo.
- Siete proprio sicure di quello che state facendo?
Annuiscono entrambe.
- Quindi non c’è nessuna speranza che cambiate idea in questi pochi metri che ci dividono da loro, giusto?
- Esattamente.  Mi dicono tutte e due in coro. Ora tanto vale arrendersi.
Mentre si avvicinano le seguo con un’espressione da funerale in volto. 
Quando siamo piuttosto vicine al tavolo, noto che tra tutti ragazzi c’è proprio lui. Harry Styles in persona. Senza nemmeno una ragazza intorno. Sta sorridendo, e mostra i suoi denti splendidi, per non parlare delle sue fossette che rendono il viso angelico. Credo di stare per svenire. Allora è così essere innamorati, insomma non è esattamente amore ma credo che ci vada vicino, molto vicino a giudicare dal mio cuore che galoppa all’impazzata.
- Senti Jess, c’è Harry, non posso andare vicino. Credo che il mio cuore esploderà da un momento all’altro.
- Non ti preoccupare, anzi, sarà il momento perfetto per presentarti. Non credi?
In effetti ha ragione.
Dopo quelli che sembrano secondi interminabili, arriviamo davanti al loro tavolo. I primi istanti sono molto imbarazzanti, anche perché nessuno dei ragazzi si è girato a guardarci. Ora voglio proprio vedere cosa si inventerà la mia amica.
- Ciao, scusami se ti disturbo. Mi sono accorta che fai parte dell’assemblea sindacale scolastica.
Il ragazzo alza un attimo lo sguardo e la osserva per qualche secondo in silenzio. Nel frattempo gli amichetti se la stanno spassando. Cosa trovano di divertente in questo non lo capisco proprio. D’altronde, sono ragazzi.
- Esatto. - Risponde lui. Devo ammettere che la sua voce è piuttosto sexy. Profonda e maschile, proprio come piace a me.
- Bene. Vorrei entrare a farne parte, sai, tengo molto hai diritti degli studenti di questa scuola.
Si capisce lontano un miglio che sta mentendo spudoratamente. Ma a quanto pare quel ragazzo non se n’è accorto. Difatti sta sorridendo.
- Davvero? È sempre bello che ci sia qualche studente interessato agli altri. - Dice alzandosi in piedi. - Piacere, io sono David.
- Sono Melanie, piacere mio. - Dice lei con un sorriso compiaciuto in volto. Ce l’ha fatta, si è fatta dire il nome del ragazzo dei suoi sogni. Come la invidio. Non sapete cosa darei per riuscire semplicemente a salutare Harry. 
Mentre i due chiacchierano piacevolmente, io e Jess ci guardiamo intorno. Io osservo tutti i ragazzi di quel tavolo, indugiando il mio sguardo su Harry sonoundiogreco Styles.  Per un secondo, forse anche di meno, Harry incontra il mio sguardo. Prontamente, un po’ per vergogna e un po’ perché non me lo aspettavo, sposto subito lo sguardo e arrossisco. Speriamo che non se ne sia accorto. Riprendo subito dopo a guardarlo e sta sorridendo: uno di quei sorrisi alla “So di essere bello e sono abituato al fatto che le ragazze mi muoiano dietro e arrossiscono ogni volta che le guardo”. Ha ragione, assolutamente.
Dopo qualche minuto finalmente Mel finisce di parlare con David e ce ne torniamo al nostro tavolo.
- Ci vedremo tra qualche giorno. - Dice subito dopo che ci siamo sedute.
- Cioè, ti ha già chiesto di uscire? - Chiede Jess sorpresa.
- Ma che dici! Ho deciso che mi candiderò anche io all’assemblea studentesca così potrò stargli il più vicino possibile. - Dice con occhi sognanti.
Io e Jess ci guardiamo, chissà quanto durerà questa sua ennesima cotta. Appena saremo da sole vedremo di scommettere qualcosa.
- Avete visto quanto è carino Harry? - Mi lascio sfuggire mentre finisco il mio pranzo.
- Avresti almeno potuto salutarlo. Tanto oramai eravamo lì.
- Non sono fuori di testa come te, Mel. - Ribatto io.










Spazio autrice:

Eccomi con un nuovo capitolo, dopo praticamente anni. Spero che vi piaccia, e, qualunque cosa vi passa per la testa, scrivetemelo in una recensione. Un beso :D

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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre.
 
A volte vorrei che la mia vita fosse un telefilm. Uno di quelli che iniziano con una canzone orecchiabile e travolgente, dove la ragazza si alza come se non fosse mai andata a letto.
Un telefilm nel quale la protagonista, nonostante sia stata tutta la notte a festeggiare con gli amici dove, ovviamente, ha rimorchiato, si sveglia fresca come una rosa, con pelle perfetta, senza occhiaie e con i capelli assolutamente in ordine; e se vogliamo esagerare, anche truccata.
Ovviamente con una sveltezza degna di Superman. Della serie che si alza, e cinque secondi più tardi ha già fatto colazione, si è già vestita ed è già a scuola, pronta per una nuova ed entusiasmante giornata, ricca di emozioni. E per emozioni non intendo il nervosismo dopo l’ennesima litigata con il professore di letteratura.
Vorrei che la mia vita fosse così: “La nostra protagonista, Elizabeth Grant, dopo aver passato la notte nel più esclusivo pub di Londra, e dove ha finalmente incontrato l’Amore della sua vita, quello con la A maiuscola, è tornata a casa molto stanca, e dopo essersi coricata a letto, si è addormentata subito. La mattina dopo non c’è traccia della festa nel suo viso. I meravigliosi occhi verdi sono brillanti, e la pelle è liscia e levigata… Fin da subito sa che oggi a scuola verrà accolta da tutti gli studenti come una vera star…”
Mentre in realtà è così: “La nostra protagonista, Elizabeth Grant, dopo aver passato un’entusiasmante serata davanti alla televisione a guardare un film horror in compagnia di un padre che dormiva e di una ciotola di pop corn imburrati, è andata a letto trascinando pesantemente le sue membra. Ha passato una notte in compagnia degli incubi scaturiti dalla visione di quel film horror. Quando la mattina dopo si è svegliata, guardandosi allo specchio si è accorta di un orribile verità: oltre ad avere delle profonde occhiaie, le è spuntato un brufolo.
Da subito sa già che a scuola non la degneranno nemmeno di uno sguardo…
Diciamo che non c’è confronto. E per la cronaca, ho davvero un brufolo, proprio in mezzo alla fronte. Al diavolo, stupidi pop corn colmi di burro. La sfortuna vuole che fosse proprio quel giorno, il mio giorno. Il fatidico giorno in cui salutai per la prima volta il mio dio greco.
Un’altra settimana di scuola è passata e finalmente la mia punizione si è conclusa. Purtroppo, grazie alla mia lingua lunga, le settimane di punizione erano diventate due. Mi è quasi sembrato di stare peggio che in una prigione.
Quando quel giorno torno da sola, pranzo velocemente e mi cambio. Oggi devo vedermi con Mel e Jess. Esco da casa e mi dirigo verso quella della mia amica, poco lontano dalla mia.
Appena vi arrivo suono il campanello e attendo. Alla porta vi viene ad aprire la sorella di Melanie, più grande lei di qualche anno.
- Ciao Elizabeth, Melanie ha detto di entrare ad aspettarla. Si sta cambiando.
Annuisco. È strano che ci metta così tanto, solitamente in due minuti è pronta. Mi siedo sul grande divano del soggiorno e l’attendo. Solamente dieci minuti più tardi Mel scende le scale e mi raggiunge.
- Perché cavolo ci hai messo così tanto? - Le chiedo prima ancora di vederla in faccia. Quando finalmente si fa vedere rimango con la bocca aperta. Indossa un vestito nero molto carino con un paio di scarpe basse eleganti. I capelli sono lasciati sciolti sulla schiena ed è addirittura truccata.
- Mi sono per caso persa la parte in cui hai detto che si saremo dovute vestire eleganti? - Le chiedo guardando quello che indosso io, vale a dire una maglietta degli AC DC un giubbotto grigio e jeans, spostando poi lo sguardo nella sua fantastica tenuta.
- Perché? Mi sono vestita normalmente. - Prova a dire.
- Scommetto che ci hai passato tutto il pomeriggio a pensare cosa metterti.
- Tu sei pazza.
- Si certo. - Le dico mentre usciamo da casa sua. - Vuoi dirmi cosa c’è sotto, per favore? Hai un appuntamento con qualcuno?
- Abbiamo.
Cosa vuole dire con questo abbiamo?
- Cosa, cosa, cosa? - Urlo io.
Nel frattempo siamo già arrivate a casa di Jess, e Melanie ha suonato al campanello. In due secondi la nostra amica ci apre la porta. Anche lei indossa vestiti simili a miei. Tiro un sospiro di sollievo, almeno Mel non ha preso in giro solamente me. La reazione di Jesse alla vista della nostra amica è più o meno uguale alla mia. Prima un lungo silenzio e poi un “ma come diavolo ti sei vestita e soprattutto perché” detto tutto d’un fiato.
- A quanto pare la qui presente Mel ha un appuntamento con… non lo so nemmeno e ci ha invischiate in questa storia. A quanto pare io dovrò uscire con qualcuno, e forse anche tu Jesse.
Jesse sposta il suo sguardo su Mel che annuisce con un sorriso nervoso.
- Almeno è carino il ragazzo con cui uscirò? - Chiede Jess.
- Molto. È un amico di David e si chiama Thomas. Vedrai che ti piacerà un sacco. Saremo un po’ di persone. Io e David, tu e Thomas, Elle e Andrew e qualche altra coppia.
- E chi sarebbe questo Andrew? - Chiedo io.
- Uno dei ragazzi seduti al tavolo in cui siamo andate per parlare con David, due settimane fa. David mi ha riferito che Andrew gli ha detto che ti ha trovata piuttosto carina. Gli piacciono le ragazze timide.
- Ma io non sono timida. - Protesto.
- A lui sei sembrata timida e impacciata.
- Gli faccio vedere io quanto sono timida e impacciata a quello là! - Dico in tono di sfida. - Mi comporterò in modo così spudorato, egoista e disinvolto che avrà voglia di non vedermi più.
- E se è carino?
- Be’, in quel caso cercherò di rimanere me stessa.
- Allora ragazze, visto che Mel ha appena detto che ho un appuntamento, forse è meglio se rientro a casa e mi cambio. Se ti va ti presto qualcosa di carino, Elle.
- Non ci penso nemmeno a cambiarmi.
Magari metto solamente un filo di mascara e un lucidalabbra, giusto per essere un po’ presentabile.
E così rientriamo a casa di Jess e ci fiondiamo in camera sua. Ci mette solamente pochi minuti per scegliere ciò che vuole indossare, nel frattempo io mi trucco quel che basta e Melanie si guarda allo specchio per vedere se è ancora in ordine. Quindici minuti più tardi usciamo da casa di Jess e ci dirigiamo al parco dove ci dobbiamo incontrare con i ragazzi. Quando arriviamo ad Hyde Park e Melanie riconosce David corre verso di lui felicissima e lo bacia. Aspetta un attimo, a questo non ci ero arrivata. Non sapevo che Mel e David stessero già assieme. Devo farmi raccontare un paio di cosette dalla mia amica. Io e Jess li raggiungiamo qualche secondo più tardi. Assieme a David ci sono altri tre ragazzi e una ragazza.
- Ciao. - Ci dice David a me e Jess. - Questi sono Thomas, Matt e Andrew.
Stringo la mano ai primi due e mi soffermo su Andrew. È un ragazzo comunissimo e sembra non avere niente di speciale. Speriamo almeno che sia simpatico. Fatto sta che mi guarda come se non avesse mai visto una ragazza in vita sua. È quasi inquietante. Guardo per un secondo Jess ma sta già piacevolmente chiacchierando con Thomas. Lui si che è carino, e ha un sorriso meraviglioso. Lancio un occhiataccia a Mel che viene intercettata anche da David. Possibile che solo attiro ragazzi come Andrew?
Un pomeriggio, solamente un pomeriggio, mi dico. Riuscirò a resistere. Spero.
- Prima di andare a fare un giro dobbiamo aspettare l’ultima coppia. Hazza come al solito è in ritardo. - Ci annuncia David.
Chi sarebbe questo Hazza? Non credo sia nulla di buono con il nome ridicolo che si ritrova, penso io. Scommetto che è anche peggio del mio “pretendente”.
- Sai di essere proprio carina? - Mi sento dire improvvisamente alle mie spalle. Mi giro lentamente sperando di non trovare chi penso. Invece è proprio lui, Andrew. Mimo un sorriso falsissimo e sto per ringraziarlo, ma poi mi blocco. Oggi non sono Elizabeth la ragazza gentile e timida, oggi sono Elle la ragazza egoista e sicura di sé.
- Certamente, non sei il primo a dirmelo e non sarai nemmeno l’ultimo. - Dico sorridendo. Lui mi guarda confuso per un secondo e poi mi sorride flebilmente. Uno a zero per Elizabeth.
E non è finita qui.
- Eccoli, stanno arrivando. - Sento dire da David. Seguo il suo sguardo e vedo due persone in lontananza che si tengono per mano. Riesco a riconoscere il ragazzo solamente quando sono molto vicini. Harry Styles. Lo guardo con gli occhi strabuzzati e la mandibola  praticamente a terra. Non credo di essere molto affascinante e sensuale in questo preciso istante. 
- Eccoti Hazza! - Dice David salutandolo. - Vedo che ti sei portato dietro la tua ragazza.
- Esattamente. Lei è Julie.
Guardo la ragazza. È carina, ovviamente.
- Vieni qui che ti presento gli altri.
Harry sorride, (con quel meraviglioso sorriso e quelle fossette dolcissime) e si avvicina a Melanie, stringendole la mano. Poi passa a Jess, e infine viene verso di me. Il mio cuore inizia a battere forte, temo che possa addirittura esplodermi in petto. Allunga la sua mano perfetta verso di me e io faccio lo stesso. Le sue mani stranamente calde riscaldano le mie fredde come ghiaccioli. Il contatto dura meno di un secondo, ma ne terrò il ricordo per sempre. Credo che non mi laverò più la mano destra.
- Piacere, Harry.
- Pi-piacere, Elizabeth. Elle per gli amici. - Che uscita. Cosa gliene può fregare se mi faccio chiamare Elle dagli amici? Cavolo di timidezza che mi fa parlare a sproposito.
Lui comunque non sembra stranito dalla mia frase e mi sorride per un attimo, tornando poi a stringere la mano della sua ragazza. Già, la sua ragazza. Che fortuna. David non poteva organizzare un appuntamento, che ne so, solo tra me ed Harry? Senza nessun Andrew e nessuna Julie.
Dopo le varie presentazioni iniziamo ad incamminarci per le strade di Londra. Andrew mi sta addosso facendomi qualunque tipo di domanda. “Quanto sei alta?” “Hai il ragazzo?” “Preferisci i biondi o i mori?”. Patetico.
- Senti Andrew, ho capito che ti interesso palesemente, sì insomma, a chi potrei non piacere? Però non c’è bisogno che tu mi stia tanto addosso. Sei parecchio fastidioso. Non è così che i ragazzi riescono a conquistarmi. - Gli dico per sottolineare ancora una volta il fatto che non sono affatto timida ed impacciata. Due a zero per me.
Credo però di averlo detto a voce troppo alta perché vedo che Harry si gira a guardarmi per un attimo. Come per cercare di capire da chi diavolo è uscita questa frase. Io lo guardo per il secondo e poi distolgo lo sguardo, ritornando su Andrew. Non so nemmeno io da dove mi è uscita questa sicurezza improvvisa. Devo congratularmi con me stessa.
Mentre stiamo camminando e chiacchierando tranquillamente, inizia a piovere. Dapprima piccole gocce poco fastidiose, poi il ritmo aumenta. Ovviamente nessuno si è portato un ombrello. Decidiamo quindi di entrare da Starbucks a berci qualcosa di caldo. Ne incontriamo subito uno lungo la strada. Vi entriamo subito ed occupiamo l’unico tavolo libero che c’è. Io mi siedo subito e vicino a me si siede Andrew, purtroppo. Poi vicino a lui si mettono Thomas e Jess. Di fronte a me invece ho Harry, vicino a lui la sua ragazza, poi Mel e David e infine Matt e la sua ragazza. Proprio di fronte a me doveva capire il dio greco? Non so quanto io possa riuscire a resistere e quanto riesca a comportarmi da stronza con Andrew. Perché vedete, lui riesce a mandarmi il cervello in tilt solamente standomi vicino. 








Spazio autrice:

Ladies and Gentlement, ecco il nuovo capitolo!Avevo intenzione di aspettare qualche giorno, ma non ce l'ho fatta. Non stavo più nella pelle ;) 
come al solito vi chiedo di recensire, potete scrivere qualunque cosa, basta che riguardi la storia xD Vi lascio dai, un BESO CHICAS!

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro. ***


Capitolo quattro.
 
Dopo aver attentamente studiato il menu, decido di prendere una cioccolata calda con panna, mi ci vuole proprio per riscaldarmi.
- Bene, io prendo la cioccolata calda, e voi?
- Elle, è da mezz’ora che sei su quel menu e noi abbiamo già ordinato. - Mi dice Jess in tono ovvio. Diamine, non me n’ero nemmeno accorta.
- Scusate. È che ci sono così tante cose qua. - Dice sorridendo imbarazzata. Ora Harry penserà di me che, oltre ad essere stronza, sono anche stupida. Perfetto.
Quando la cameriera porta gli ordini a tutti gli altri io le dico il mio.
- Se vuoi ti aspetto tesoro. - Mi dice Andrew prima di iniziare a bere il suo tè caldo.
- No, grazie. - Dico in tono fermo e torvo. - Non vorrei mai che il tuo tè si raffreddi. - Aggiungo poi, con un sorriso falso. Come se mi importasse del suo stupido tè caldo.
Lui mi sorride.
Cinque minuti più tardi la cameriera di prima mi porta la mia ordinazione e io inizio a bere avidamente. Purtroppo do una sorsata troppo veloce e finisco col bruciarmi la lingua. Oggi è proprio un giorno orribile. Tra il mio brufolo, Andrew e questa cioccolata ustionante.
- Tutto a posto tesoro? - Mi chiede Andrew preoccupato.
Se mi chiama un'altra volta tesoro giuro che gliela faccio pagare.
- Sto benissimo, non ti preoccupare. - Gli dico senza nemmeno guardarlo in faccia. Non ho il coraggio di alzare lo sguardo, altrimenti potrei incontrare quegli occhi verdi e non riuscirei a distogliere i miei occhi da quel viso così perfetto.
Mentre sto sorseggiando lentamente la mia cioccolata, guardo verso Jess che ha preso la mia stessa ordinazione, ma con dei biscottini che sembrano deliziosi.
- Sembrano buonissimi quei biscotti Jess. Non è che me ne daresti uno? - Le chiedo supplichevole. Cosa non farei per il cibo.
- Assolutamente no. - Mi dice la mia amica ridendo.
Stronza.
- Vuoi che te ne prenda qualcuno, tesoro? - Andrew, un'altra volta.
- Non ce n’è bisogno, sul serio. Non è che potresti evitare di chiamarmi tesoro? Sei insopportabile. E lasciami respirare. - Ringhio io, alzandomi subito dopo. Non starò qua dentro un secondo di più, altrimenti potrei commettere un omicidio.
- Scusate ma mi sono appena ricordata di avere un impegno. - Mi invento. Indosso la giacca e lascio cinque sterline sul tavolo. Dovrebbero bastare.
- Vuoi che ti accompagno a casa? - Mi chiede Andrew.
- No! - Dico urlando. Tutto il bar si è girato a guardarmi, ma non mi importa. - Mmm, ci vediamo in giro. - Dico al resto del gruppo, escluso Andrew, prima di uscire.
Purtroppo sta ancora piovendo, anche più di prima. Metto il cappuccio e mi incammino verso casa. Non credo che rivedrò o riparlerò mai più con Harry. Gli sarò sembrata una squilibrata affetta da bipolarismo, e come dargli torto.
Circa una decina di minuti più tardi provo ad aprire la porta d’ingresso di casa. È chiusa a chiave. Suono il campanello e non ricevo alcuna risposta. Diamine, non ho nemmeno le chiavi. Potrei provare ad arrampicarmi e vedere se la finestra di camera mia è aperta ma credo che i vicini si potrebbero insospettire. Bene: non solo oggi ho avuto un pomeriggio d’inferno, ma adesso sono anche rimasta fuori da casa mia. Come se tutte le cose che mi sono successe non fossero abbastanza. Sono sicura che là sopra qualcuno mi vuole male.
Cerco il cellulare nella tasca e mi accorgo di non averlo. Per la troppa fretta l’ho dimenticato sul tavolo del bar. Che giornata. L’unica cosa buona è stata aver incontrato Harry ed essersi presentata. Mi sono accorta che ha delle dita bellissime, lunghe affusolate, da pianista. E anche un’altra: non devo per forza stare sotto la pioggia perché abbiamo un piccolo portico davanti alla porta. Ho meno possibilità di ammalarmi e dover passare i giorni a casa con mia madre. A volte riesco ad essere molto ottimista.
Non so bene quanto tempo ho passato sotto quel portico. Potrebbe essere pochi minuti o qualche ora. Fortunatamente in tasca avevo il mio Ipod e ho potuto passare il tempo ascoltando la musica.
Mentre sto facendo un esibizione live davanti a casa mia, mi sento toccare la spalla. Mi giro e mi trovo davanti mio padre. Lo abbraccio subito.
- Ero già arrivata a pensare che mi avevate abbandonato, dico sul serio.
- Idea allettante, ma avresti fatto troppo casino e i vicini si sarebbero insospettiti. - Risponde mio padre, con un sorriso beffardo in volto. Quanto amore paterno.
- Come sei divertente, papà. - Gli dico io, seria.
- Avresti dovuto portarti le chiavi di casa, tua madre ti aveva avvertita.
- Me ne sono dimenticata.
- Come al solito.
- Sai che ho preso dal migliore in quanto a dimenticanze e svogliatezza. - Ribatto alludendo a lui.
- Non sono sicuro che il carattere si trasmetta da padre in figlia…
- Io invece sì. Che rimanga tra noi quel che è successo. Sai com’è fatta la mamma, me ne direbbe dietro tante.
- Assolutamente. E poi se la prenderebbe con me.
Dopo essermi concordata con mio padre mi fiondo in bagno a farmi una doccia calda. Sto sotto l’acqua per almeno venti minuti e più tardi, quando esco e mi rivesto mia madre è già tornata a casa. Riesco a sentire la sua voce provenire dalla cucina nonostante io sia al piano superiore. Indosso una tuta calda e un cappellino per non rischiare di ammalarmi e scendo in salotto.
- Ciao mamma, che si mangia per cena? - Chiedo entrano in cucina.
- Perché non mi aiuti a mettere in ordine la spesa e a preparare la cena? Vedrai che il tempo passerà molto più velocemente.
Non avendo nient’altro di meglio da fare accetto e inizio a riordinare il cibo negli scaffali. Nel frattempo chiacchiero con mia madre.
- Com’è andato il pomeriggio assieme alla tua amica, Ellybelly?
- Mamma, non mi chiamare più così. Non sono più piccola e ora ho imparato a dire il mio nome. - Alla mia affermazione mia madre si mette a ridere.
Ricordo che quando ero piccola non sapevo pronunciare il mio nome. Quando le persone mi chiedevano come mi chiamassi rispondevo non lo so, oppure dicevo il mio secondo nome, Olive. Poi verso i quattro anni ho iniziato a dire che mi chiamavo Ellybelly, e da lì tutta la mia famiglia ha iniziato a chiamarmi proprio così. Ogni Natale per me è una tortura: essere circondata da parenti che non fanno altro che chiamarmi con quel nome ridicolo e a trattarmi da bambina piccola è davvero stremante.
- Allora, com’è andata?
Grugnisco.
- Un pomeriggio così brutto?
- No, di più. Quando sono arrivata da Mel mi ha detto che saremmo uscite con dei “ragazzi carini”…
- Che cosa bella, hai trovato l’amore della tua vita?
- No, mamma. Mel ha trovato ragazzi carini solamente per lei e Jess. Il mio, oltre a non essere una meraviglia, era insopportabile e non faceva altro che chiamarmi tesoro.
- Che ragazzo dolce.
- Che ragazzo appiccicoso vorrai dire.
- Affatto. Avrei voluto anche io che mio padre mi chiamasse tesoro e si fosse innamorato di me a prima vista. Per conquistarlo ho dovuto faticare per anni. Si è accorto che gli andavo dietro solamente quando lui era all’ultimo anno di superiori e io al terzo. Ricordo che…
- Scusami se interrompo il tuo racconto che risale ai tempi preistorici, ma stavamo parlando di me se non ti dispiace.
- Va’ avanti.
- Dopo l’ennesima volta in qui mi sono sentita chiamare tesoro  non ce l’ho fatta più e sono scoppiata. Non l’ho insultato ma in compenso me ne sono andata, lasciando tutti lì spiazzati. Almeno credo. Mi sono anche dimenticata il cellulare, ma non ti preoccupare, me lo farò portare lunedì mattina da Mel o da Jess. Quando sono tornata a casa non avevo nemmeno le chiavi e sono rimasta…
O cavolo, questa parte dovevo saltarla.
- Cosa vuol dire che hai lasciato le chiavi a casa? Sei rimasta fuori casa? Tuo padre non c’era?
- Mmm, sì, certo che c’era! - Dico evitando di guardarla negli occhi. Spero che non capisca che le sto mentendo. Altrimenti come minimo mi becco un’altra settimana di punizione.
- Richard! - Urla lei dalla cucina. Vorrà sicuramente avere conferma da mio padre.
- Che succede? - Chiede lui appena ci raggiunge.
- Nostra figlia è rimasta fuori di casa oggi?
- Chi te l’ha detto? - Chiede lui. Senza farmi vedere da mia madre cerco di mimargli qualcosa. Stai zitto papà, altrimenti sono fottuta. E tu pure, aggiungerei.
- No! Assolutamente no! Come potrei lasciare nostra figlia fuori di casa. Se fosse così a quest’ora sarebbe già…
Non lo lascio finire e starnutisco. Accidenti.
- …malata. - Finisce lui la frase. Lo sguardo di mia madre è adirato.
- Colpa della polvere! - Urlo prima che mia madre possa aprir bocca. - In questa cucina c’è un sacco di polvere. - Dovrebbe credere a questa balla, perché in effetti sono allergica alla polvere. Però riesco a riconoscere uno starnuto da polvere e uno da raffreddore imminente. E questo era decisamente da raffreddore imminente.
- Allora domani dovrò pulire tutto, un'altra volta.
Bene, ci ha creduto.
Dopo questa piccola pausa che fortunatamente non è sfociata in discussione, io e mia madre finiamo di preparare la cena. Visto che si è messa in testa di dimagrire ha ben deciso di rendere partecipe tutta la famiglia. Della serie che se un giorno decidesse di voler diventare vegana, io e mio padre dovremo appoggiarla, e si conseguenza diventare vegani anche noi. Quindi la nostra cena, da una settimana a questa parte, consiste in insalata scondita, con un pizzico di sale se vogliamo esagerare. Io e mio padre abbiamo però trovato il modo di cavarcela, per esempio l’altra sera, dopo che mia madre è andata a letto abbiamo ordinato pizza ai peperoni e ce la siamo mangiata davanti alla televisione nel buio del salotto.
Dopo aver consumato la nostra cena assieme, aiuto mia madre ha sparecchiare e salgo in camera mia per studiare un po’ prima di andare a letto. Normalmente sarei andata a casa di Melanie o di Jessica ma per oggi ne ho già avuto abbastanza di uscite varie. Mentre sono sdraiata sul letto il telefono di casa inizia a squillare. Qualche secondo più tardi mia madre entra in camera mia e me lo porge. Appena lo avvicino all’orecchio sento l’urlo della mia amica.
- Elle! Dove diavolo sei finita?!
- Calmati Mel, sono tutta intera.
- Perché oggi te ne sei andata via così? Sembrava ci stessimo divertendo tutti così tanto.
- Parla per te. Se non me ne fossi andata credo che avrei commesso un omicidio. Con Andrew non è nemmeno bastato il metodo stronza.
- Ma se era così gentile e carino.
- E appiccicoso, insostenibile, leccacul…
- Va bene, ho capito.
- Avrei voluto uscire con Harry e non con Andrew. - Dico sbuffando.
- Magari potresti provarci.
- Non potrei mai essere all’altezza di quella Julie…

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque. ***


Capitolo cinque.
 
Lunedì mattina quando mi alzo e mi guardo allo specchio, scoprendo una cosa positiva. Il mio brufolo è letteralmente scomparso e la mia pelle sembra più luminosa del solito. Vedo che non sempre le cose mi vanno male. Dopo essermi fatta una doccia scendo per fare colazione. Tutto è come al solito: mio padre è nel suo stato comatoso e mia madre nel suo stato iperattivo. Quando quest’ultima mi porge il latte caldo lo bevo velocemente e torno in camera mia per cambiarmi. Indosso i primi abiti che mi ritrovo davanti all’armadio e mi faccio una coda volutamente spettinata. Mezz’ora più tardi suonano alla porta. Deve essere Melanie.
- Apro io! - Dico mentre scendo le scale e mi dirigo alla porta.
- Buona giornata, Ellybelly. - Sento dire di mia madre prima che possa uscire.
Appena richiudo la porta alle mie spalle la mia amica mi stringe in un abbraccio affettuoso.
- Buongiorno Mel, come mai così dolce di prima mattina? - Le dico sorridente.
Lei mi guarda con circospetto.
- Potrei farti la stessa domanda. Solitamente la mattina non dici così tante parole.
- Oggi è un nuovo giorno, è nata la nuova Elizabeth Olive Grant. Come la fenice risorge dalle ceneri, io sono risorta da… sono risorta e basta.
- Ho capito perché sei così felice… ti sei accorta quanto in realtà Andrew sia carino e non vedi l’ora di rivederlo, confessa.
Io scoppio in una risata sguaiata. I ragazzi che come noi si stanno dirigendo a scuola mi guardano come fossi psicopatica. Come dargli torto.
- Assolutamente no. A proposito di venerdì pomeriggio, come l’hanno presa in generale la mia fuga?
- Andrew è rimasto a bocca aperta. Jess aveva intenzione di seguirti ma io le ho detto di lasciare stare…
- E poi? - Le chiedo. Voglio sapere come ha reagito il mio Harryuccio.
- Poi cosa?
- Qualcun altro ha detto qualcosa?
- Ah sì - finalmente ha capito che voglio sapere del mio dio greco - David si è preoccupato che stessi male. Sapessi, è una perla di ragazzo, il fidanzato perfetto…
- Cosa vuoi che mi importi di lui. Harry, cosa ha detto lui?
- Niente.
Il cuore smette di battere per un secondo. Ci sono rimasta male, ma non importa, davvero. Il prossimo passo sarà solamente il suicidio, se non posso essere amata da lui è inutile che io continui a vivere.
Forse sto esagerando.
- Okay.
Nel frattempo siamo arrivate davanti a scuola. Visto che la campanella è già suonata io e Melanie ci dobbiamo salutare. Devo assolutamente ricordarmi di chiederle se ha trovato il mio cellulare. Non posso resistere a lungo senza. Potrebbe venirmi una grave forma di astinenza da messaggini. E se nel frattempo qualcuno mi scrivesse? Magari quel ragazzo carino a cui avevo dato il mio numero qualche mese fa. Con questo pensiero nella testa mi dirigo alla mia classe. Per la prima volta nella mia vita scolastica non sono in ritardo. Quando entro nell’aula trovo la mia amica già seduta che chiacchiera con qualche nostra compagna di classe.
- Ciao Jess, me belle. - La saluto io con una pessima pronuncia francese.
- Elizabeth? Così attiva a quest’ora? - Mi chiede mettendomi la mano sulla fronte come per controllare che non stessi male.
- Ma che avete tutti stamattina? Prima Mel e ora te. Non sono malata di nessuna malattia terminale, non ti preoccupare. Diciamo solo che oggi mi sono alzata con il piede giusto e niente e nessuno mi rovinerà la giornata.
- Buongiorno classe - sentiamo dire dal professore di biologia - oggi interrogazione a sorpresa. Vediamo un po’… Grant! È da un po’ che non ci onori della tua presenza.
Come non detto. Possibile che ci deve sempre essere qualcosa che mi fa andare la giornata storta? Forse nel mio destino non esiste la parola felicità.
Mi alzo dalla sedia controvoglia e vado verso la cattedra. Il professore mi accoglie con un sorriso indulgente. Vaffanculo, io non mi faccio incantare dal tuo sorriso.
Un’ora più tardi quando la campanella è suonata sono stremata. Non so come il professore mi abbia dato una sufficienza. Sono una schiappa in biologia. D’ora in poi lo guarderò con occhi diversi, migliori.
Le ore prima della pausa pranzo passano velocemente. Appena suona la campanella prendo Jess per un braccio e la trascino in aula ristoro. Ho una fame tremenda. Dopo aver preso da mangiare, invece di andare al nostro solito tavolo, Jess mi prende per un braccio e mi porta in un altro tavolo, quello dei “ragazzi carini”. Io cerco di oppormi.
- Non voglio, dai Jess lasciami. E se dovessi incontrare di nuovo Andrew? Potrei seriamente diventare pazza.
- Perché, non lo sei già?
- Di-ver-ten-te. - Le dico guardandola seccata.
- Per favore Elle, fallo per me. Prometto che Andrew non ti darà fastidio. Sai, io e Thomas ci siamo trovati talmente bene uno con l’altro. È così carino, e abbiamo talmente tante cose in comune.
- Ma ti ha già chiesto di uscire?
- Non ancora. - Mi rivela Jess. - Ma d’altronde ci conosciamo solamente da due giorni.
- Come sei fortunata. Dai su, andiamo dagli altri.
Alla fine mi sono arresa al volere della mia amica. Le voglio troppo bene per deluderla in questo modo. Così un paio di minuti più tardi ci ritroviamo nel tavolo dei ragazzi. Melanie è già là, e anche Andrew. Ma non può volatilizzarsi? Evaporare? Qualcosa del genere.
Mi siedo il più lontano possibile da lui e inizio a consumare il mio pranzo. Pochi minuti più tardi veniamo raggiunti anche da Harry, che passa dietro di me e mi si siede vicino, sfiorandomi per sbaglio il braccio. Il mio corpo viene percorso da brividi e mi viene la pelle d’oca. Deglutisco e continuo a comportarmi come se niente fosse.
- Ciao a tutti. - Saluta lui. Io non rispondo perché sono intenta a masticare il mio sandwich senza fare disastri. - Anche a te, Elle.
Mi ha chiamato Elle, come gli avevo suggerito di fare. È così sexy mentre pronuncia il mio nome. Per la sorpresa mi va di traverso il panino e inizio a tossicchiare. Mi alzo velocemente e corro a prendere una bottiglietta d’acqua. Dopo averne bevuto una lunga sorsata mi sento meglio e torno dal gruppo.
- Tutto okay? - Mi chiede Mel preoccupata.
- Sì, non ti preoccupare. Mi era andato di traverso il panino.
Alle mie parole Harry ride sotto i baffi. Sa benissimo che è colpa sua.
Ricomincio a mangiare il mio panino tranquillamente, mentre ascolto gli altri parlare. Melanie e David si guardano con sguardi amorosi. Come sono carini assieme, mi danno il voltastomaco per la troppa sdolcinatezza, ma devo ammettere che sono proprio carini. Per la troppa sorpresa scaturitomi dalla vista di Styles, non mi sono nemmeno accorta che non c’è Julie. Strano. Di certo io non sono triste. Se non c’è lei potrò guardare il mio dio greco senza dare troppo dell’occhio. Okay, forse non posso farlo altrimenti se ne accorgerebbe di sicuro, visto e considerato che è seduto affianco a me.
Vorrà dire che mi accontenterò di sentire i suoi peli del braccio che mi sfiorano. Sono davvero arrivata a pensare una cosa del genere? Sono una squilibrata, anzi, peggio. Non credo che in questo universo esista qualcuno a cui piace sentire i peli del braccio del ragazzo che da cui si è attratte. Oppure sì?
Poco prima che la campanella suona mi viene in mente che devo chiedere ai ragazzi se hanno visto il mio cellulare.
- Scusate. L’altro giorno quando me ne sono andata, non avete visto un cellulare? Credo proprio di averlo scordato in quella caffetteria.
Tutti scuotono la testa, tranne Andrew.
- E tu Andrew, l’hai visto?
Il ragazzo alza la testa dal suo piatto e per qualche secondo mi guarda senza proferire parola. Sembra nervoso.
- No.
Farò finta di credergli, per adesso. Ora non ne ho proprio voglia di fare una scenata. Ma non è finita qui di sicuro.
Dopo pranzo torno in classe assieme a Jess per frequentare le ultime lezioni pomeridiane prima di tornare a casa. Fortunatamente anche questa volta le ore passano velocemente. Appena suona la campanella dell’ultima ora mi dirigo al mio armadietto per prendere i libri e portarli a casa. Appena lo apro noto che c’è il mio cellulare dentro. Lo prendo in mano e inizio a saltare. L’ho trovato! Evviva! Ora sì che sono la ragazza più felice del mondo. Aspetta un secondo, perché il mio cellulare è nel mio armadietto? Io ricordo benissimo di averlo lasciato al bar, non a scuola. Lasciamo perdere.
Prendo i libri che devo portare a casa, chiudo l’armadietto ed esco da scuola.
Dieci minuti più tardi sono finalmente a casa. Butto i miei libri sul tavolo del salotto e vado a salutare mia madre che sta spolverando. Non fa altro che pulire
- Ciao mamma. Oggi ho trovato il mio cellulare.
- Bene. - Mi dice disinteressata. Io alzo le spalle e vado in camera mia.
Prendo il mio cellulare dalla tasca e controllo se qualcuno mi ha scritto qualcosa. Ovviamente nessuno, ma non importa. Scorrendo i numeri sulla rubrica, trovo una cosa strana. Qualcuno ha salvato un numero e ha scritto Chiamami. Aggrotto le sopracciglia. Deve essere lo stesso che ha messo il mio cellulare nell’armadietto. Andrew. Ora gliela faccio vedere io. Non ha capito che non mi interessa affatto? Ora non solo mi prende il cellulare, ma impone anche che lo chiami. Non lo farò.
Non mi faccio incantare così facilmente da qualcuno, io non sono mai stata una ragazza troppo curiosa. Mi sono contenere, dico davvero. Nessuno è mai stata così poco interessato a certe faccende meglio di me.
Butto il cellulare sul letto e cerco di interessarmi a qualcos’altro. Mentre mi sto mordendo le unghie, riguardo il mio cellulare. Sembra quasi che mi chiami e dica “Chiama quel numero, digliene quattro a quel Andrew, altrimenti non te lo scrollerai mai di dosso”.
Il mio cellulare ha proprio ragione, non si può continuare così. Lo prendo e vado sulla rubrica. Appena arrivo alla C premo il tastino verde e attendo. Andrew risponde solamente al terzo squillo. Non solo mi rompe le scatole, ma si fa anche attendere. È proprio insopportabile.
- Pronto?
- Senti Andrew, ti ha mai detti nessuno quanto tu sia davvero rompipalle? Forse non hai capito quanto io non ti voglia assolutamente conoscere, figurati avere il tuo numero. Ti ho chiamato solamente per il gusto di poterti insultare all’infinito, ma visto che non sono una ragazza stronza non lo faccio.
- Be’, in realtà venerdì pomeriggio un po’ stronza lo sei sembrata, non trovi?
Ha ragione.
- Non è vero! Ti ho solamente detto la verità, io sono fantastica e tu non mi meriti assolutamente. Ci sono ragazzi molto più carini nella nostra scuola. Te ne posso elencare almeno cinque.
- Me ne bastano tre.
Questo ragazzo ha proprio voglia di essere mandato affanculo oggi. Be’, io non ne faccio problema, sono dispostissima a farlo.
- C’è Ed, quello dell’ultimo anno, lui è molto carino.
- Ne mancano due. - Mi sento dire dall’altro capo del telefono. Non si stanca proprio di mandarmi fuori di testa.
- Vediamo… il ragazzo nuovo, quello del primo anno. È piccolo ma sono sicura che crescerà piuttosto bene. Se mette su un po’ di massa muscolare sarà un semidio.
- Ora ne manca solo uno.
Non c’è nemmeno bisogno che ci pensi su.
- Ovviamente Harry Styles. Quello non lo batte assolutamente nessuno. Ha degli occhi meravigliosi, ho sempre amato il verde. E i suoi capelli sono…
Ora sto davvero divagando.
- Be’, hai capito.
Dall’altro capo del telefono sento una risata che mi fa raggelare il sangue nelle vene. Io quella risata l’ho già sentita da qualche parte, e sono estremamente sicura che non sia di quel fesso di Andrew. È troppo bella e cristallina per essere la sua.









Spazio autrice:
Salve a tutti, ed eccomi con un nuovo capitolo:) Spero che vi piaccia, e non esitate a dirmi quello che vi salta per la testa!
Ringrazio tutti per le recensioni, mi hanno davvero fatto piacere:)
Un beso!

P.S.: Ieri ho scritto una OS per celebrare la tanto attesa "fine del mondo", se vi va di darle un occhiata e di recensirla mi farebbe piacere. Eccola:
World's End.

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Capitolo 7
*** Capitolo sei. ***


Capitolo sei.

- Mierda. - Mi lascio scappare dalla sorpresa.
Quella non è la voce di Andrew, ma quella di Harry sonoundiogreco Styles. La riconoscerei tra mille. E perché non l’hai capito sin dall’inizio? Sta’ zitta parte razionale del mio cervello.
Senza pensarci due volte riattacco e rimango ammutolita. Sarò rimasta in quella posizione per almeno mezz’ora. Pensando a come avrò il coraggio di guardare di nuovo Harry in faccia, senza diventare più rossa di quanto non mi succeda di solito. Diciamocelo, sono fottuta. Perché diavolo ho il numero di Styles? Sarà stato lui a ritrovare il mio cellulare ma non mi ha detto nulla? Impossibile. Forse sono solamente così tanto presa da lui che lo vedo e lo sento da tutte le parti. Sì, deve essere così. Quindi l’unica cosa che devo fare ora è scoprire chi ha preso il mio cellulare e chiedergli perché. Devo necessariamente chiederlo ad Andrew, credo fermamente che sia stato lui.
Dopo questa situazione cerco di concentrarmi mentre faccio i compiti. È difficile poiché continua a frullarmi per la testa quello che è appena successo. Certo di concentrarmi sullo studio fino all’ora di cena. Oggi mia madre ha preparato insalata scondita. Che novità. Mentre siamo cena io e mio padre ci guardiamo complici. Stiamo già decidendo mentalmente che pizza prendere stasera. Oramai il fattorino ci conosce, e devo anche ammettere che è piuttosto carino.
Dopo aver consumato la nostra micro porzione di insalata, io mi alzo e vado ad infilarmi il pigiama, anche mia madre dopo aver lavato i piatti si prepara per andare a letto, mentre mio padre va in salotto a guardare un po’ di televisione. Dopo essermi cambiata vado davanti allo specchio e inizio a spazzolarmi i capelli cento volte. Ho sentito dire che li rende più morbidi. Anche se devo confessare che in cinque anni di vita in cui lo faccio i miei capelli non sono cambiati di una virgola. Forse è meglio che io la smetta. Novantasette, novantotto, novantanove, cento. Finito. Dopo aver finito scendo giù in salotto e trovo mio padre al telefono.
- La solita? - Mi chiede tenendo il ricevitore.
- Certamente.
Sta già ordinando le pizze. Lui si che mi capisce. Forse più avanti, quando mia madre non vedrà che stiamo dimagrendo capirà tutto, ma per adesso non ci poniamo nemmeno il problema. Magari potremmo dirle che abbiamo problemi alla tiroide, o cagate del genere.
Mezz’ora più tardi arrivano le nostre pizze. Ci mettiamo comodamente seduti sul divano a divorarle come se non avessimo mangiato da mesi.
- Ha i suoi lati positivi quest’assurda dieta che ci sta facendo fare la mamma. - Dico a mio padre con la bocca piena.
- Finché tua madre non lo scoprirà. A quel punto non mi lascerà nemmeno il portafoglio.
- Quando quel momento arriverà potremo sempre usare i soldi che io ho da parte.
- E quanti sarebbero scusa?
Nemmeno dieci sterline.
- Moltissimi.
Dopo aver mangiato la nostra pizza clandestinamente, saluto mio padre è mi fiondo in camera per una bella dormita. Sono così piena che appena tocco il letto mi addormento come un sasso.
La mattina dopo sento il suono insistente della mia sveglia. Strano, non mi ricordavo fosse questa la suoneria che aveva. Mi alzo cercando di spegnerla con una mano, ma quando la tocco noto che non è accesa e la poso di nuovo sul comodino. Strano. Nonostante questo continuo a sentire uno scampanellio insistente. Il campanello! Corro giù per le scale come non avevo mai fatto prima e apro la porta. È Melanie.
- Che ci fai così presto? Sono appena le… - inizio a dire controllando le ore. - Le nove meno un quarto, merda!
- Cos’è, una nuova moda o sei ancora in pigiama? - Mi chiede la mia amica mentre la faccio entrare in casa.
- Non sei affatto divertente, sono super in ritardo.
Corro in camera dei miei ma noto che non c’è nessuno. Me lo avevano detto che oggi sarebbero usciti di casa molto presto, ma la mia mente non è così allenata da ricordarsi cose futili come questa.
- Non è che mi aiuteresti a prepararmi? - Prego la mia amica.
- Giuro che se arriviamo in ritardo ti ammazzo, Elle.
Così, mentre io mi sto lavando i denti, la mia amica mi sta pettinando i capelli. Invece, mentre io mi sto cambiando lei mi prepara la colazione. Quando scendo in cucina trovo sul tavolo un bicchiere di succo d’arancia.
- E questa sarebbe la mi colazione?
- Tu pensi che abbiamo tempo per fare colazione? Muoviti a bere il tuo succo e andiamocene!
Faccio quello che mi dice e alle nove meno cinque siamo fuori da casa. Prima di andare chiudo a chiave e ci mettiamo a correre.
- Non è molto sicuro che io corra dopo aver bevuto succo. - Le dico quasi senza fiato. - Potrei vomitarlo tutto da un momento all’altro.
- E invece no, non hai tempo per vomitare!
Melanie è proprio fuori.
Circa sette minuti più tardi ci troviamo davanti alla scuola. Un tempo record devo dire. Sono esattamente le nove e due minuti. I professori non possono metterci in punizione per due minuti di ritardo. Spero. Sto per salire le scale verso la mia classe quando vengo bloccata dalla mia amica.
- Dove vai Elle? Devo andare al mio armadietto, mi serve il libro di filosofia.
Faccio dietrofront e ci dirigiamo agli armadietti. È il minimo che possa fare per lei visto quello che ha fatto oggi per aiutarmi.
Dopo aver preso il libro in fretta e furia, ci salutiamo e andiamo nelle rispettive classi. Appena arrivo davanti alla mia la trovo chiusa. Ovviamente è già arrivato il professore. Apro la porta chiedendo permesso e tutti i miei compagni mi fissano. Come se fosse entrato un alieno o robe simili.
Non faccio in tempo ad arrivare alla cattedra che il professore inizia a sventolare un foglietto. Sta per aprire bocca quando lo blocco.
- Detenzione, ho capito. - Dico strappandogli il foglietto di mano e uscendo dalla classe. È impossibile che qui non tollerino nemmeno pochi minuti di ritardo. Nemmeno fossimo un collegio di suore. Forse lì sono molto più indulgenti, righelli a parte. Non so quanto sopporterei di essere picchiata con il righello sulle mani. Anche se non sono sicura che si faccia ancora.
Mi dirigo verso l’aula detenzione, e quando entro è quasi vuota. Ci sono solamente il professore e.. Melanie. Le sorrido e la raggiungo.
- Anche te detenzione?
- Per colpa di una certa ragazza. - Mi fa notare. Io mi metto a ridere. Sono contenta di non essere da sola. E poi è da un po’ di tempo che volevo rimanere assieme a lei, senza nessun David. Le devo chiedere un paio di cosette.
- Visto che rimarremo qui per un’ora intera, che ne dici se mi racconti come, quando, dove, perché ti sei messa con Daviduccio?
- Non chiamarlo Daviduccio.
- Perché no? È troppo carino Daviduccio.
Alla mia affermazione lei mi lancia un’occhiataccia.
- Scherzavo. Dai, racconta.
- Va bene. Hai presente il giorno in cui ci ho parlato, dicendogli che ero interessata a tutto ciò che riguardava noi studenti?
Annuisco.
- Be’, ovviamente non era vero. - Ne ero sicura. - Comunque, ci siamo visti il pomeriggio stesso e siamo andati a fare una passeggiata mentre lui mi spiegava bene il modo per partecipare a queste assemblee. Io non lo ascoltavo, ero troppo presa dai suoi meravigliosi occhi…
- Ragazze, silenzio. - Ci sentiamo dire dal professore che sembra essersi svegliato solamente ora da un coma.
Invece di smettere Melanie abbassa la voce.
- Abbiamo passato tutto il pomeriggio a parlare. Non so come siamo arrivati a organizzare un uscita per il giorno dopo perché lui voleva parlarmi di ulteriori dettagli. - Dice mentre mima le virgolette. - Ovviamente era un pretesto per provarci. Il giorno dopo quindi ci siamo incontrati al parco. Abbiamo parlato per un po’ di tempo, poi io non ce l’ho più fatta e l’ho baciato. È stato meraviglioso. Lui non se l’aspettava, ma poi si è fatto trasportare dalle emozioni. Quello stesso giorno mi ha riaccompagnata a casa, e proprio mentre stavo entrando mi ha baciata un'altra volta, ti rendi conto? È stato un vero gentiluomo. Nessun ragazzo mi ha mai trattata così bene.
Melanie è una di quelle ragazze che l’occasione la crea, lei non crede nel destino. Se vuole  davvero un ragazzo fa di tutto per conquistarlo. L’unico con cui non ha fatto niente è Styles e ancora non capisco perché. È pazza. Se fosse stato per me avrei già fatto cadere Harry ai miei piedi. Peccato che non ne sia capace.
- E da lì in poi siamo usciti quasi tutti i giorni, fino ad ora.
- Quindi state insieme?
- Praticamente sì. Ancora non me lo ha chiesto, ma sono sicura che lo farà tra poco.
- Sono così felice per te, Mel. Siete così carini insieme, tu e Daviduccio. Ora però possiamo parlare di me? Ho un piccolo problemino che devo risolvere molto urgentemente.
- Cosa riguarda?
- Il mio cellulare, che tra parentesi, ho ritrovato.
- Finalmente. E dove?
- Nel mio armadietto.
- Sei la solita svampita Elle.
- Non è vero. Io sono assolutamente sicura di non averlo dimenticato nell’armadietto. Sono distratta ma non così tanto.
Invece di rispondermi mi lancia un occhiata eloquente.
- Non è che mi faresti finire il mio discorso, per favore?
- Va bene.
Così le racconto tutto quello che è successo da quando ho ritrovato il mio cellulare. Le dico che ho trovato un numero sconosciuto e che l’ho chiamato.
- Ti giuro, per un primo momento ho pensato che fosse davvero stato Harry a lasciarmi il suo numero. Solo che dopo sono tornata nel mondo reale. Troppo bello per essere vero. Non sono così fortunata, Mel.





Spazio autrice:

Spero vi
 piaccia il capitolo:)
Ho scritto una OS per celebrare la tanto attesa "fine del mondo", se vi va di darle un occhiata e di recensirla mi farebbe piacere. Eccola: World's End.

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Capitolo 8
*** Capitolo sette. ***


Capitolo sette.
 
- Perché non potrebbe essere stato lui?
- Semplicemente perché questa è la realtà, non un libro di Federico Moccia. E poi nono sono così carina da attirare l’attenzione del dio greco in persona.
- Questo non è vero. Hai degli occhi bellissimi, da cerbiatto.
- Non mi aiuta a tirarmi su il morale. Harry non guarda gli occhi delle ragazze. Ho deciso che oggi stanerò Andrew dovunque sia e mi farò dire la verità. Nessuno mi prende in giro e poi la passa liscia, chiaro?
- Sai cosa dovresti fare? Se Andrew dice di non essere colpevole, potrebbe davvero essere stato Harry. Potresti provare a fargli uno squillo quando siamo tutti assieme, e vedere cosa accade.
Ingegnoso. Potrei davvero farlo.
- Mi hai convinta, lo farò. Prima però devo parlare con Andrew.
- Parlare, solo parlare.
- Certamente. Cos’altro vuoi che possa fargli?
- Ti conosco troppo bene Elle, potresti benissimo iniziare a prenderlo a sberle  senza nemmeno accorgertene. - Mi dice la mia amica.
Ha ragione.
Appena la campanella pone fine alla prima ora, io e Mel usciamo in fretta da quell’aula e ci dirigiamo ognuno nella propria classe.
- Ci vediamo durante la pausa pranzo! - Mi urla la mia amica prima che io possa essere troppo lontana. Senza nemmeno girarmi le rispondo.
- Contaci!
In meno di trenta secondi arrivo in classe. Ovviamente c’è Jess che mi accoglie col sorriso appena mi siedo affianco a lei.
- Come mai ritardo?
- Non mi è suonata la sveglia.
Dopo le ore di lezione corriamo in aula ristoro. Oramai non provo nemmeno a sedermi al nostro solito posto. Ho capito che Mel e Jess sono troppo prese dai loro rispettivi ragazzi per permettermi di sedermi dove voglio. Dopo aver preso da mangiare ci dirigiamo al nostro nuovo tavolo. Harry è già lì, e ovviamente tutti gli altri. Appena lo vedo il mio cuore fa una capriola e i battiti aumentano. A volte temo che si possa addirittura sentire per quanto va veloce. Tra tutti gli altri c’è anche Andrew. Mi sembra il momento adatto per parlargli, ovviamente da sola. Appena arriviamo io lascio il mio vassoio sul tavolo e mi siedo. Questa volta non sono vicino ad Harry poiché si è portato dietro una nuova amichetta. Questa, al contrario di Julie, questa ha lunghi capelli ramati, occhi scuri e ben piazzata. Sembra che a quel ragazzo piacciano solamente le ragazze con un grande seno. Il contrario di me in poche parole. L’unico posto libero è proprio vicino alla nuova fiamma di Harry. Come se mi andasse di sedermi vicina alla ragazza che possiede il ragazzo dei miei sogni.
Dopo i primi minuti di incertezza e un segno di Mel, decido di parlare con Andrew.
- Senti Andrew ho proprio bisogno di parlarti, puoi venire un secondo qua fuori con me?
Lui mi guarda stupefatto. Spero che non si metti in testa chissà che cosa. Annuisce e si alza.
- Torniamo subito. - Faccio sapere a tutti.
Andrew mi segue e usciamo nel piccolo giardino della scuola dove solitamente si sta durante l’intervallo.
- Cosa devi dirmi?
- Devo chiederti una cosa…
- Sì?
- Voglio solamente che tu sia sincero. L’altro giorno quando me ne sono andata via in quel modo dal bar ho dimenticato il mio cellulare, ricordi?
- Certamente.
- Bene. Proprio ieri l’ho ritrovato nel mio armadietto.
- Che bella notizia. - Mi dice in tono nervoso.
- Non fare finta di niente. - Inizio a dire in tono arrabbiato. - Perché diavolo mi hai lasciato il tuo numero?
- Ma di cosa stai parlando?
- Non ci casco. Ieri ti ho chiamato e hai fatto di tutto per non farmi capire che eri tu. Ma io non sono stupida come credi e l’ho capito subito. Allora, che diavolo vuoi da me?
- Elizabeth, guarda che io non ho fatto assolutamente nulla. Ho capito che non ti interesso e mi sono arreso.
- Allora si può sapere chi è che ho chiamato ieri sera? - Dico più a me stessa che ha lui.
- Forse io lo so.
A questa affermazione alzo lo sguardo verso di lui, incuriosita.
- E cosa aspetti a dirmelo?
- Non ne sono sicuro, ma credo che sia stato Styles.
Io scoppio in una risata fragorosa, come se fosse la cosa più divertente del mondo. Non venendolo ridere a sua volta torno seria.
- Styles? Quale Styles?
- Harry.
- Harry, Harold?
- Esattamente.
- E come lo sai?
- Te l’ho detto, non ne sono sicuro. Prova a chiamarlo e senti se il suo cellulare squilla. Però se non vuoi farti scoprire ti conviene chiamarlo con lo sconosciuto.
Ha ragione. Non è così stupido come sembra.
- Ovviamente ci avevo già pensato.
Sì, come no.
- Scusa per averti attaccato in questo modo Andrew, sul serio.
- Non importa. Fammi sapere se si trattava di lui.
- Perché dovrei?
- Scherzavo.
Dopo aver chiarito le cose con Andrew, rientriamo a scuola e torniamo a sederci con gli altri. Appena mi appoggio sulla sedia noto che tutti mi stanno guardando con uno sguardo strano negli occhi. E fanno la stessa cosa con Andrew. Non penseranno mica che io e lui…
- Che c’è? - Chiedo infastidita.
- Assolutamente nulla. - Mi dice David spostando lo sguardo sulle sue patatine fritte.
Dopo aver finito di mangiare prendo in mano il mio cellulare. Non so cosa fare, se provare a chiamarlo ora o più tardi. Non sono sicura che, ammesso fosse lui, Harry risponderebbe o proverebbe a prendere il cellulare, visto l’interesse alla nuova fiamma. Voglio assolutamente scoprire se è lui. Poi, nel caso lo fosse, potrò sotterrare la mia testa dalla vergogna. Non mi sembra che oggi mi abbia guardata come se fosse pazza o cose del genere, ma non si sa mai.
Appena prendo coraggio e decido di chiamarlo, la campanella suona. Sempre nei momenti meno adatti, ovviamente. Controvoglia mi alzo e mi preparo per le lezioni pomeridiane.
Quando finalmente alle tre esatte suona la campanella di fine giornata, mi alzo e assieme a Jessica ci dirigiamo all’uscita. Nell’ultima ora, di inglese, le ho raccontato tutto quello che è successo e le ho anche spiegato quello che Andrew e Melanie avevano in mente di fare.
All’uscita andiamo verso il gruppetto per chiedere a Mel se torna a casa con noi.
Appena mi avvicino noto che c’è Harry, stranamente da solo.
- Io credo che tu debba farlo adesso. - Mi dice Jessica a bassa voce.
- Meglio di no.
Non so perché ma ho paura di farlo. Non voglio davvero sapere se è stato lui a darmi il suo numero perché credo che se non fosse così ci rimarrei male. Anche perché ho iniziato a farmi dei film mentali su me e lui, insieme. Alcuni dei quali hanno perfino il bollino rosso.
Rimaniamo lì a parlare per qualche minuto, poi Jess mi chiede il cellulare.
- Devo assolutamente chiamare mia madre per dirle che ho dimenticato le chiavi a casa.
- Va bene, tieni.
Mi prende il cellulare dalle mani e si allontana un po’ dal gruppetto. Mentre Harry sta raccontando una cosa a David, si ferma e guarda il cellulare e poi mi guarda. Ovviamente io faccio da figura della deficiente perché appena mi guarda negli occhi abbasso lo sguardo. Poi mi giro verso Jess. Di nuovo verso Harry, e poi ancora verso Jess. Improvvisamente mi si accende una lampadina. Lo sta chiamando! Cioè, sta chiamando il numero che mi hanno lasciato, ed è lui. Corro verso Jess e le strappo il telefono di mano.
- Cosa diavolo stai facendo?
- Chi, io? Mmm, niente.
Mi porto gli occhi a fessura.
- Hai chiamato quel maledetto numero!
- E tu come lo sai?
- Perché ad Harry è suonato il telefono e lui mi ha guardato.
- Questo vuol dire che il ragazzo misterioso è lui! - Dice la mia amica felice.
Capisco solamente ora quello che sta succedendo. La mia amica ha ragione. È lui! Perché lo ha fatto? I primi momenti li passo sorpresa, poi confusa, dopo felice e alla fine imbarazzata.
Lui mi ha preso il cellulare, lui me lo ha messo nell’armadietto e sempre a lui ho detto che è uno dei ragazzi più carini della scuola. O. Mamma. Mia. Non potrò mai più farmi vedere da lui, altrimenti sprofonderei di vergogna. Merda. Perché ho la lingua lunga? Perché non imparo a stare un po’ zitta, soprattutto mentre sono al telefono con uno sconosciuto?
- Forse ora è meglio se torno a casa. Senti Jess, salutami Melanie e dille che sono dovuta scappare. - Le dico con uno sguardo assente.
- Aspettami Elle, lascia almeno che torno a casa con te.
- No, vorrei stare sola.
Così saluto la mia amica e torno verso gli altri, visto che l’uscita è vicina a loro. Quando ci passo accanto lancio un occhiata ad Harry. Lui ricambia il mio sguardo senza però sorridere. Perché si comporta così? Io davvero non riesco a capirlo. Insomma, perché ha fatto tutto questo, cosa vuole ottenere? L’unica cosa che io ho ottenuto da questa storia è una tremenda confusione in testa. Come se già prima non avessi avuto troppi pensieri per la mente.
Appena metto piede in casa mi guardo intorno. Mia madre è in salotto e sta lavorando al computer. Faccio piano e salgo subito su per le scale. Non mi va di raccontare tutto a mia madre e sono sicurissima che me lo chiederebbe. È molto brava a comprendere quando di mezzo ci sono “questioni amorose”. Se la mia si può definire così.
Dopo aver poggiato la borsa sulla scrivania vado a farmi una doccia calda per distendere i muscoli, e ovviamente per pensare. Mentre sono sotto la doccia e sto facendo scorrere l’acqua, immersa nei miei pensieri, qualcuno bussa alla porta.
- Elizabeth, sei tu?
- No, sono uno sconosciuto che è venuto a fare la doccia in casa tua. Mamma, che domande fai? - La risposta di mia madre a questa affermazione è una risata.
- Non ti avevo sentita entrare, tutto qui.
Dice richiudendo la porta.
Dopo aver fatto la doccia faccio i compiti e rimango in camera mia tutto il pomeriggio. Quando prendo il cellulare vedo che ci sono due chiamate di Jess. Non sono arrabbiata con lei, solo che in questo momento non ho voglia di parlare con nessuno.
Senza cenare mi metto a letto fino ad addormentarmi.

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Capitolo 9
*** Capitolo otto. ***


Capitolo otto.
 
La mattina dopo mi sveglio prima del solito. Ieri sera sono andata a letto talmente presto che stamattina non ho nemmeno avuto bisogno di una sveglia. Praticamente un miracolo. Mi alzo lentamente e mi dirigo in bagno per la solita routine. Poi scendo per fare colazione.
«Buongiorno tesoro.»
«‘Giorno.» Dico sbadigliando.
«Come mai ieri sera non hai cenato?»
«Mmm, avevo un sacco di cose da studiare, e neanche troppa fame.»
Diciamo che la seconda parte è vera. Solitamente quando scopro cose del genere mi si chiude lo stomaco. Nemmeno oggi ho voglia di fare colazione, ma se non la faccio avrò un calo di zuccheri durante le lezioni. Così mi faccio preparare un bicchiere di tè caldo al limone e sgranocchio un paio di biscottini. Devo proprio essere in forze se voglio incontrare Harry e non svenire per la troppa emozione.
Dopo aver fatto colazione salgo in camera mia e mi cambio velocemente. Oggi Londra si è svegliata con la pioggia, ma visto che non sopporto gli ombrelli, non lo porterò. Mi farò bastare il cappuccio della giacca.
Prima di uscire mando un messaggio a Melanie con scritto di non venirmi a prendere. Oggi la nostra Elizabeth ha bisogno di stare un po’ da sola e schiarirsi le idee.
Lo so, è strano parlare di sé stessi in terza persona, ma a me piace molto; rende il mio racconto molto più solenne. Appena mi chiudo la porta alle spalle alzo il cappuccio e cerco di coprirmi il più possibile, mentre mi dirigo verso la scuola. Per non annoiarmi ascolto un po’ di musica.
Dieci minuti più tardi arrivo davanti alla scuola, che è completamente deserta, strano. Mi siedo su un muretto e aspetto. Forse mi hanno detto che oggi la scuola è chiusa e me ne sono completamente scordata. Ce lo si può aspettare da una svogliata come me. Scendo dal muretto e faccio per tornare a casa quando riconosco qualche ragazzo della mia scuola. Prendo il cellulare e controllo l’ora, sono solamente le otto e quaranta. Ecco svelato il mistero: sono solamente uscita di casa troppo presto, che stupida.
Faccio dietrofront e ritorno alla mia postazione, dove posso vedere chiunque arrivi fin in fondo alla strada. Quando qualche minuto più tardi inizia ad arrivare gente, noto immediatamente che in un gruppetto di sei ragazzi c’è Harry. Merda, non voglio farmi vedere, non voglio incontrarlo ne doverlo salutare. Scendo dal muretto e mi allontano il più possibile dalla sua visuale.
Okay, lo so, sono una stupida ragazzina che ha paura di qualunque cosa.
Noto che Harry si ferma un po’ distante da me e comincia a scherzare con i suoi amici. In un impeto di non so cosa, molto simile alla pazzia, vengo folgorata da coraggio. Perché dovrei stare qua a far nulla quando posso andare da Harry, parlare con lui e chiedergli spiegazioni? Alla fine sono solo io che ci rimetto. Se non mi levo questo pensiero dalla mente credo proprio che impazzirò del tutto. Così tanto che avrò bisogno di ricoverarmi d’urgenza in un centro psichiatrico specializzato in follia adolescenziale.
Con passo e sguardo deciso mi avvicino al gruppetto.
Ce la puoi fare, tu hai le tre I, incanto, intelletto e interesse, tutti i ragazzi ti cadono ai piedi ma tu non ti accontenti, tu vuoi solo il meglio, ed Harry, è il meglio!Mi sento dire da una vocina nel cervello. È ottimo per la mia autostima. Mentre mi dirigo verso di lui mi sento quasi in quelle scene da film: canzone che ti mette energia, video a rallentatore, voce fuori campo che mi dice che è il mio momento e non c’è niente che possa fermarmi.
Come non detto.
Quando sto per avvicinarmi vedo una ragazza che va verso di lui e lo bacia, sulle labbra. Sono a pochi metri di distanza da lui e cambio direzione. Credo che Harry abbia capito che stavo andando verso di lui perché si è girato un attimo verso di me.
Sarò sembrata una stupida, ma di certo non voglio andare da lui e aspettare finché la sua lingua e quella della ragazza (una nuova fiamma a quanto pare) non si stacchino per respirare. Anche la mia vocina incitatrice a lasciato spazio ad una voce che mi dice di allontanarmi il più possibile. Bisogna sempre seguire ciò che la testa ti dice.
Anche se la campanella non è ancora suonata entro nell’istituto e mi dirigo al mio armadietto per prendere i miei libri e lasciarvi dentro la mia borsa. Dopo aver preso tutto l’occorrente mi dirigo alla classe di biologia e mi siedo. È strano stare in classe quando non c’è assolutamente nessuno. Tutti quei banchi vuoti mi fanno una certa impressione.
Dopo questa considerazione sento la campanella suonare e tempo qualche minuto la mia classe si riempie. Appena entra Jess guarda verso di me e mi raggiunge velocemente.
«Elle! Sei arrabbiata con me? Scusa, scusa, scusa. Io l’ho fatto solamente per il tuo bene, volevo che ricevessi una bella notizia una volta tanto. Perdonami per favore, sei una delle amiche più care che ho e non mi va di perderti!» Mi dice lei improvvisamente. Io tento di dire qualcosa ma non mi lascia rispondere poiché parla a manetta.
«…Sai come sono fatta, sono una ragazza impulsiva. Io l’ho fatto per il tuo bene. Io te ne voglio tanto di bene, capisci? Lo sai vero che sei fantastica, meravigliosa e che un ragazzo come Harry, nel caso non sia interessato a te non ti merita? Se invece è interessato, ti merita eccome! Sei tutto che fai girare il mondo di tutti con la tua allegria, spontaneità…»
«Jess, fermati per un secondo! Io non sono mai stata arrabbiata con te, non ti devi preoccupare. Ieri sono solamente rimasta un po’ sotto shock. Smettila di vomitare parole. E per favore non parlare a voce alta della mia cotta per Styles, non voglio che si sappia in giro…»
Credo però che per quest’ultimo particolare riguardante Styles abbia parlato troppo tardi perché tutti i nostri compagni ci stanno guardando incuriositi e straniti. Perché Jess ha parlato a voce alta?!
«Che nessuno lo vada raccontare in giro!» Dico io riferita a tutti i miei compagni. Anche se dubito che qualcuno farà quello che ho detto. Qui persino i muri hanno orecchie per sentire e bocca per riferire. Le voci girano un po’ troppo. Tanto oramai la reputazione con Styles me la sono già giocata, fin dall’inizio devo ammettere.
«Davvero non sei arrabbiata?»
«No, dico sul serio.» Sorrido e lei fa lo stesso, poi mi stringe in un tenero abbraccio.
«Bene. È che stamattina Mel mi ha detto che lei hai mandato un messaggio con scritto che non volevi andare a scuola con lei, e mi sono preoccupata. Non mi piace vederti giù di morale, soprattutto se è per colpa mia.»
«Ti ringrazio.»
«Per cosa?»
«Per aver chiamato quel numero. Ora non mi sento esattamente felice, però so che se non lo avessi fatto tu io non avrei mai avuto il coraggio di chiamare. Per la paura di scoprire che non era Harry il ragazzo che ha chiamato.»
«Invece era proprio lui. Allora, ci hai già parlato per chiedere spiegazioni?»
«Non ancora.» Ammetto.
«E cosa aspetti? Vuoi che lo faccia io?»
«No, meglio non complicare ulteriormente le cose, non trovi?»
«Hai ragione.»
Mentre chiacchieriamo l’insegnante entra il classe e si siede, pronto per iniziare la noiosa lezione di oggi che io ho già deciso che non seguirò. Come faccio sempre. Lascio comunque la mia amica stare attenta altrimenti nelle verifiche nessuna delle due se la caverà.
Dopo le varie ore mattutine Jess cerca di convincermi ad andare a mangiare al solito tavolo dove è molto probabile trovare Harry.
«No grazie. Non voglio vedere Harry, e farmi vedere da lui. Questa volta passo. Ma non ti preoccupare, tu vai pure con gli altri, io mangerò con qualche gruppetto in mensa.»
«Sicura?»
«Sicurissima.»
Così, appena prima di entrare in mensa, saluto la mia amica come se non la dovrò vedere per molto tempo. Lei mi saluta con la stessa enfasi e va verso il suo tavolo. La guardo allontanarsi con una punta di tristezza. Mi spiace non passare tempo con lei e Mel.
Prendo da mangiare e vado al tavolo dove ci sono delle mie compagne di classe. Mi annoio tutto il tempo visto e considerato che continuano a farmi domande su Harry. Tipo: “da quanto ti piace? Pensi che tu piacerai mai a lui? Perché non gli dici quello che provi?”. Insopportabili.
Dopo pranzo ritorno in classe dove rincontro la mia amica.
«Allora com’è andato il pranzo senza di me?» Chiedo.
«Noioso.»
Come no.
«Harry era in compagnia di qualche ragazza?»
«Sì, una nuova.»
Sicuramente quella di stamattina. Forse è meglio cambiare discorso.
Dopo le ore pomeridiane, nelle quali mi annoio molto, usciamo da scuola. Esco da scuola, saluto Melanie e Jess che a quanto pare devono fare un’uscita a quattro con i rispettivi “pretendenti” o che dir si voglia. Auguro un buon pomeriggio a tutte e due.
Prima di tornare a casa mi metto le cuffie e mi immergo nel mondo della musica. Mentre sto camminando veloce verso casa sento chiamare il mio nome. Strano. Faccio finta di niente e continuo spedita. Di nuovo sento una voce che mi chiama. Mi tolgo le cuffie e mi giro. In lontananza vedo colui che non mi sarei mai aspettata: Harry.
Penso che non stia chiamando me. Magari sto solamente sognando. Mi rigiro e rimetto le cuffie all’orecchie. Quando mi fermo per aspettare che il semaforo diventi verde, sento qualcuno toccarmi la spalla. Per la sorpresa lancio un urlo e mi giro.
«Elle, sono io.»
«Harry! Scusami, non me lo aspettavo.» Dico imbarazzata.
«È da un po’ che cercavo di chiamarti.»
«Musica.» Lo informo indicando le mie cuffiette.
«Okay. Senti, ti va se andiamo a bere qualcosa in uno Starbucks? Ho bisogno di parlarti.
«Non devi uscire con una delle tue ragazze?» Dico impulsivamente per poi pentirmene subito. Mi tappo la bocca e arrossisco. «S-scusami.»
Per tutta risposta lui si mette a ridere.
«Brutta giornata oggi?» Mi chiede premuroso.
«Come lo hai capito?» Ribatto sarcastica.
«Allora, hai qualcosa da fare ora?» Mi chiede, io indugio un po’. «Spero che tu non mi dica di no, perché per chiedertelo ho dovuto seguirti fino a qui. Io abito dal lato opposto della città.
«Così mi fai sentire in colpa. Accetto solamente se vieni a casa mia» inizio a dire «perché devo lasciare la mia borsa! Non volevo chiederti niente di sconcio…» Dichiaro, poi mi accorgo di quello che ho appena detto e arrossisco fino alla punta dei capelli.
«Lo avevo capito, non ti preoccupare.»
Così iniziamo a fare la strada verso casa assieme.
«Senti, mi puoi spiegare perché ti rendo così tanto nervosa?» Mi chiede improvvisamente. Sì, come se non lo sapesse. Dai, stiamo al gioco.
«Non credere di essere privilegiato. Il fatto è che qualunque ragazzo mi rende nervosa. Sono una ragazza piuttosto timida.» Come no.
«Quel giorno in cui siamo usciti non mi sei sembrata esattamente timida.»
«Diciamo che quel giorno non ero me stessa. Era solamente un piano anti-Andrew.»
«Capisco.»
Appena arriviamo a casa mia fortunatamente mia madre non c’è, altrimenti avrebbe fatto il terzo grado ad Harry. Sarebbe stato davvero imbarazzante.
Lascio la borsa in camera mia ed esco seguita da Harry.

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Capitolo 10
*** Capitolo nove. ***


Capitolo nove.
 
Non ricordo di essermi mai trovata da sola con un ragazzo così carino come Harry. Mi fa un certo effetto uscire con lui. Se  non inizio a farne l’abitudine sicuramente il mio cuore uscirà dal mio petto. Solamente averlo vicino mi fa questo effetto, figuratevi poi guardarlo o parlarci. Non so proprio cosa dire mentre, uno di fianco all’altro, ci dirigiamo verso una caffetteria. Però non voglio che mi reputi una ragazza silenziosa che non sa fare nemmeno un minimo di conversazione. Voglio essere interessante, non noiosa.
«Allora, dove mi stai portando?» Chiedo. Sembra quasi che sia un appuntamento, quando in realtà non è nulla di simile, e non gli si avvicina neanche minimamente.
«Stavo pensando di andare alla caffetteria dell’altro giorno, se per te va bene.»
«Forse è meglio di no. Ho deciso che là dentro non ci metterò più piede. Ho fatto una figuraccia quel giorno, e non mi va di ricordarlo.»
«Hai ragione. Tu hai un idea migliore?»
«Be’, siamo a Londra, ci saranno almeno un migliaio di caffetterie. Entriamo nella prima che ci capita a tiro.» Propongo, e così facciamo.
Appena troviamo una caffetteria carina e non troppo affollata vi entriamo. Ci sediamo in un tavolino lontano da occhi indiscreti (come se dovessimo fare chissà che cosa). Qualche minuto più tardi si avvicina una ragazza e ci porta i menu. Inizio a sfogliarlo tranquillamente, e qualche secondo dopo mi accorgo che Harry mi sta guardando. Arrossisco lievemente e spero che lui non se ne sia accorto.
«Non ordini?» Chiedo cercando di nascondere l’evidente imbarazzo.
«Già fatto.»
«Sul serio?»
«Sì.»
Ma sono solamente io che ci metto tanto a scegliere ciò che devo prendere? Il fatto è che il menu è pieno di cose buone che c’è l’imbarazzo della scelta. L’altro problema è che non voglio esagerare con il cibo. Non voglio far credere ad Harry di essere una fogna, anche se in realtà lo sono.
«Credo che prenderò solo una cioccolata calda.» Dichiaro.
La cameriera prende la mia ordinazione e si allontana. Qualche minuto più tardi torna con le nostre ordinazioni e iniziamo a bere, in totale silenzio. Dentro di me sento che sto per scoppiare dalla curiosità. Cosa vuole dirmi? Vorrei chiederglielo ma non mi va di sembrare una ragazzina fin troppo curiosa o addirittura petulante.
«Non muori dalla voglia di sapere quello che ho da dirti?» Mi dice improvvisamente Harry, con un sorriso sornione. Credo fermamente che mi legga nella mente.
«Io sto aspettando che tu inizi.» Ribatto, sorridendo.
«Bene. In realtà quello che ho da dirti non è molto lungo, solo che avevo voglia di portarti a bere qualcosa e non di dirtelo a scuola.»
«Aspetta un secondo. Forse è meglio che sia io la prima a spiegarmi.»
«Non credo. Non vuoi sapere il motivo per il quale ti ho lasciato il numero?»
«Be’, sì.»
«In realtà per quello che ho fatto non c’è una spiegazione. Diciamo che quando ti ho visto quel giorno con Andrew, mi sembrata una ragazza interessante. Insopportabile, ma anche interessante.»
«Non sono insopportabile!» Protesto io.
«Hai ragione scusa, quello era il piano anti-Andrew.»
«Esatto. Mi sono comportata in quel modo solo per togliermelo dai piedi, e ha funzionato. Ora non mi rompe più le palle. Comunque, per quello che ho detto al telefono l’altro giorno…» Inizio a dire con la voce nervosa.
«Non ti preoccupare, tutto dimenticato.»
«Cosa vorresti dire con tutto dimenticato?»
«Mi sembra un argomento fin troppo delicato per una ragazza come te. Diciamo che ti ringrazio per il complimento, e poi farò finta che non sia mai successo.»
Le idee di questo ragazzo sono bizzarre, bizzarre ma efficaci.
«Perfetto. Rimaniamo d’accordo così. C’è per caso qualcosa che hai fatto e che vuoi che io dimentichi?»
«Mmm, tutta quella storia del cellulare. Volevo conoscerti ma tu sembravi un po’ restia a fare lo stesso, così quando ho trovato il tuo cellulare ho voluto lasciarti il mio numero e aspettare che mi chiamassi…»
«E tu come facevi a sapere che lo avrei fatto?»
«Semplicemente perché lo avrei fatto anche io.» Ammette sorridendomi.
«Okay…. Comunque, ho rimosso tutto. Non è che tu potresti anche dimenticare il giorno in cui ci siamo incontrati? Non ero me stessa e non voglio essere ricordata in quel modo, se non da Andrew.»
- Certamente. Piacere, io sono Harry, Harry Styles.» Dice porgendomi la mano. Alle sue parole mi metto a ridere e lo guardo. Lui ha il volto serio. «Allora, non ti presenti?»
«Sì, scusami. Io sono Elizabeth Grant, se ti va puoi chiamarmi Elle.»
«Mi piace il soprannome Elle, credo proprio che ti chiamerò così.»
Continuiamo poi a sorseggiare le nostre cioccolate  e intanto chiacchieriamo del più e del meno. Quando controllo l’ora noto che si sono già fatte le cinque.
«Ora devo scappare. Sicuramente mia madre mi farà una predica sull’argomento “prima di uscire con gli amici devi avvertirmi”.»
«Quindi siamo già amici?» Mi chiede Harry, sorridendomi.
«Be’, potremmo diventarlo.»
«Senti se ti va ti accompagno a casa.» Mi dice lui mentre ci dirigiamo al bancone per pagare le nostre ordinazioni.
«Volentieri, ma solo ad una condizione. Pago io le cioccolate.»
«Non ho mai incontrato una ragazza a cui piace pagare per gli altri.»
«Lo so, sono piuttosto strana. Accetti o no il compromesso?»
«Affare fatto. Però la prossima volta offro io.»
Il mio piccolo cuoricino indifeso si ferma per un secondo di troppo. Vuol dire che non sarà l’ultima volta in cui uscirò assieme al mio dio greco. Sarà piuttosto strano essere amica di Styles, ma per stare insieme a lui farei di tutto.
Così dopo aver pagato il conto ed essere usciti ci dirigiamo verso casa mia.
«Come mai oggi non ti sei seduta assieme a noi durante l’ora di pranzo?» Mi chiede quando stiamo per arrivare a casa mia.
«Devo dirti la bugia inventata al momento o la verità?» Chiedo sarcastica.
«Tu che dici?»
«Ho capito, verità. Non sono venuta perché mi vergognavo di quello che era successo, quando Jess con il mio cellulare ti ha chiamato. Lo so è una cosa stupida.»
«Non fa niente, l’importante è che da domani verrai a sederti insieme a noi altri.»
«Sì, finché Andrew non mi infastidirà verrò.»
«Bene.» Mi dice sorridente.
«Siamo arrivati.» Dico, davanti alla porta di casa mia.
«Okay, allora ci vediamo domani.»
«Va bene a domani.»
Vedo che sta per avvicinarsi, sicuramente per darmi un bacio sulla guancia. Solo che io odio le cose del genere. Mi sarebbe troppo difficile cercare di non baciarlo sulle labbra. Sono una persona che normalmente non si sa contenere, quindi meglio evitare.
«Scusa ma devo scappare.» Dico aprendo la porta di casa mia ed entrandoci velocemente.» Ci si vede a scuola.»
Poi chiudo la porta e corro verso camera mia, ma vengo intercettata da mia madre che mi chiede dove sono stata.
«Sono rimasta a scuola a studiare con.. alcune amiche.»
«Va bene, ma la prossima volta devi avvertirmi prima.»
«Certo mamma!»
Salgo in camera mia e mi cambio con un paio di jeans slavati, un maglioncino nero e stivaletti borchiati. Poi mando un messaggio a Mel e mi autoinvito a casa sua. Oramai è una cosa che facciamo sempre. Scendo e vado in cucina dove c’è mia madre che si sta preparando un tè caldo.
«Mamma vado a cena da Melanie.»
«Ma non avete appena finito di studiare a scuola?»
«Mmm, certamente. Ora infatti devo andare da lei per divertirmi.»
«Va bene.»
Non vedo l’ora di raccontare tutto a Melanie. Ancora non ci credo di essere uscita con Harry, di averci parlato, di avere risolto ma soprattutto di aver stretto di nuovo la sua calda mano. Mi sembra quasi di vivere un sogno. Cinque minuti più tardi, quando sono ancora immersa nel pensiero di Harry, arrivo davanti a casa di Mel. Suono e mi viene ad aprire sua sorella, ancora una volta.
«Ciao Elizabeth, Melanie ti aspetta in camera sua.»
«Grazie Becky.»
Salgo le scale  e mi dirigo subito in camera sua. Entro senza bussare e la trovo sdraiata sul suo letto al computer. Mi butto di fianco a lei e l’abbraccio. Lei ricambia.
«Elle! Pensavo fossi arrabbiata stamattina. Non ci siamo nemmeno viste.»
«No, avevo solamente bisogno di stare un po’ da sola, e adesso sto molto meglio.»
Le dico sorridendo e mettendomi a pancia in su sul letto. Tiro poi un lungo sospiro. Quelli che in genere fanno le ragazze innamorate. Rumorosi e fastidiosi, in poche parole.
«C’è per caso qualcosa che ti sei dimenticata di dirmi?» Mi chiede la mia amica mentre sta navigando in internet, un po’ annoiata.
«Te lo dico solamente se spegni quel dannato computer.» Lei mi ascolta, lo chiude e lo rimette sulla scrivania, per poi tornare a sdraiarsi accanto a me sul letto.
«Oggi sono uscita con Harry…» Inizio a dire, con finta indifferenza.
«Cosa?» Mi dice urlando. «Come, quando, dove, perché e soprattutto, vi siete baciati?»
Il suo urlo e i suoi movimenti troppo improvvisi mi fanno letteralmente cadere dal letto. Mi rialzo dolorante e torno a sdraiarmi.
«Non è come pensi.» Dichiaro risoluta. «Siamo diventati solo amici.»
«E perché?»
«Perché è proprio questo che voglio io.» Dico spostando lo sguardo sulla parete arancione riempita di nostre foto. Con la coda dell’occhio noto che Melanie assottiglia gli occhi.
«Inventatene una migliore, non sono così stupida.»
«Okay. Non so il perché, forse è perché non gli piaccio fisicamente. Non sono bella come le altre ragazze con cui è stato fino ad ora. Però non mi importa, perché mi farò bastare la sua amicizia.»
«Non credo che resisterai a lungo. Ti conosco molto bene, e sei una persona che si fa prendere dagli impulsi molto facilmente.»
«Non è vero. Sono sicura che questa volta riuscirò a resistere. Parola mia.»
«Ti conviene non scommettere niente, altrimenti perderesti.»
Io guardo la mia amica con sguardo di sfida e prendo il telecomando. «Guardiamoci qualcosa. Ho già detto a mia madre che resto a cena da te.»
«Perfetto. Pizza?»
«No, per favore. È da giorni che non faccio altro che mangiare quello. Possiamo cambiare?»
«Certamente. Indiano?»
«Vada per l’indiano.»
Così Mel chiama il ristorante che in poco più di mezz’ora ci porta la cena, che mangiamo in camera sua mentre guardiamo un film d’azione, i nostri preferiti. Solo se c’è Tom Cruise però.

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci. ***


Capitolo dieci.
 
Non sono mai stata tanto felice come in questo periodo. Sono passate circa due settimane da quando io ed Harry abbiamo parlato in quella caffetteria e adesso siamo diventati amici. Cos’altro è cambiato? Assolutamente nulla, perché io sono ancora stracotta di lui. Melanie aveva ragione, sta diventando sempre più complicato parlare con lui e resistere dal baciarlo. Devo però dire che non ha più provato a darmi un bacio sulla guancia da quando mi ha riaccompagnato a casa. Avrà capito che non potrei resistere.
La mia amica Mel continua a pensare che io sia una pazza e che prima o poi uno di noi due rovinerà il rapporto (più io che Harry) se mai si farà avanti, e adesso è felicemente fidanzata con Daviduccio. Mentre Jess sta uscendo con Thomas, ma è in crisi perché dice che non la tratta molto da ragazza. Non l’ha ancora portata fuori per un vero appuntamento e questo a Jess pesa molto. Diciamo che per la prima volta in sedici anni di vita non sono io quella con i problemi più grande, mi posso ritenere fortunata.
Oggi Harry verrà a prendermi e insieme agli altri andremo sul London Eye. Sembra che io sia l’unica che non ci sia mai stata. Ed è una cosa comica visto che vivo a Londra da tutta una vita.
Quando qualche giorno fa l’ho detto agli altri e sono tutti scoppiati a ridere. Io ho fatto la faccia offesa, ma nessuno si è curato di guardarmi.
«Ma come non sei mai stata sul London Eye?» Mi ha chiesto David appena si è calmato dopo la sua risata convulsa.
«Mai. Da piccola soffrivo di vertigini, cosa che credo sia sparita con la crescita, ma nonostante tutto non ho mai avuto l’occasione di salirci.»
«Be’, potremmo andarci» propone Harry. Io lo guardo felice.
«Sul serio? Dai, dai, dai, andiamoci!»
»Non è male come idea» inizia a dire Thomas, prima che lo fermo con un abbraccio.
Dopo aver ricevuto un’occhiataccia di Jess, mi stacco.
«Scusa, è stato impulsivo.» Cerco di giustificarmi.
«Allora è deciso. Questo sabato andremo tutti sul London Eye.»
Anche all’uscita di scuola, chiacchierando con Harry abbiamo continuato a parlare dello stesso argomento.
«Allora sei contenta di poterci andare?» Mi chiede lui, sorridendo.
«Assolutamente!» Dico raggiante. «So già che sarà fantastico, non trovi?»
«Certamente.»
«Senti Harry, non ti porterai dietro nessuna ragazza, vero?» Gli chiedo io a bassa voce, perché troppo in imbarazzo. Non mi va che lui passi tutto il giorno a pomiciare con un'altra, perché dovrà essere il mio giorno sabato. Alla mia domanda noto con la coda dell’occhio che le sue labbra si aprono in un sorriso.
« Be’, ci penserò.» Dichiara con un’espressione sorniona.
«Come ci penserai?»
«Perché ti interessa tanto se mi porto o no dietro una ragazza?»
Merda, non so che dire. Devo trovarmi una scusa che regga. «Be’, perché… perché voglio passare un pomeriggio con i miei amici, e con nessun altro al di fuori del nostro gruppo.»
Credo che possa reggere come scusa.
«Se la metti così va bene, dirò a Mary che non potrà venire con noi.»
«So che ti sei inventato al momento quel nome, non mi freghi carino.»
«Peccato. Passo a prenderti sabato?»
«Non è che perché non ci sono mai stata vuol dire che non conosco la strada per il London Eye, riesco a vederlo dalla finestra di camera mia.»
«Ne sono sicuro, ma forse è meglio che ti passi a prendere lo stesso, non si sa mai cosa possa succedere, si sa che Londra è una città grande.» Mi dice sorridendo.
«D’accordo, passa a prendermi. Ma sii puntuale, io non aspetto nessuno.»
Peccato che poi sia successo il contrario.
 
Sabato mattina verso le dieci e mezza sono in camera mia che scelgo cosa indossare.
«Mamma, secondo te cosa si indossa per andare sul London Eye?» Chiedo quando la vedo entrare in camera mia.
«Non credo che ci sia un abbigliamento in particolare per andarci.»
«Hai ragione.» Ammetto, buttando sul pavimento l’ennesima maglietta.
«Come mai oggi sei così attenta al tua abbigliamento?»
«Non lo so nemmeno io perché. Solo, non voglio sbagliare.»
«Va bene. L’unica cosa che io posso dirti è ricordati di mettere un maglione pesante perché fa freddo.» Mi dice prima di uscire da camera mia.
Ora si che ho le idee molto chiare, come se non sapessi che fa freddo.
Qualche minuto dopo mentre sono in mutande e mi sto infilando un paio di pantaloni neri sento il campanello suonare. Diamine, Harry è già qui! Faccio per dirigermi alla porta quando ricordo di essere ancora mezza nuda. Apro la porta di camera mia e urlo a mia madre di andare ad aprire.
«Digli che sarò pronta a minuti.» Urlo.
Poi rientro e mi infilo velocemente una maglietta grigia con una stampa e la mia giacca di pelle. Ai piedi calzo un paio di Vans nere, prendo una borsa a caso, ma poi cambio idea e la ributto sul letto. Le borse non mi sono mai piaciute. Prendo il mio cellulare e scendo.
Quando entro in soggiorno trovo Harry seduto sul divano e mia madre che gli sta facendo qualche domanda. Quando mi sentono entrare smette subito di parlare. Io mi porto gli occhi a fessura e guardo mia madre, non oso immaginare cosa gli abbia chiesto.
«Allora, andiamo?»
«Con piacere!» Dice Harry fin troppo felice, pentendosene subito dopo. «Ehm, signora Grant è stato un vero piacere fare la sua conoscenza, e riporterò a casa sua figlia sana e salva.»
«Lo spero per te.» Risponde lei.
«Mamma!» Protesto.
Non può iniziare a minacciare i miei amici già dalla prima volta in cui li ha incontrati, neanche Harry fosse il mio ragazzo. Prima che lei possa aggiungere qualcosa prendo Harry per un braccio e ci dirigiamo fuori da casa.
«Scusala, è fuori di testa.» Gli dico appena siamo abbastanza lontani da casa mia.
«Non ti preoccupare. Allora, sei pronta per la tua prima volta?
Questo può suonare un po’ equivoco.
«Inutile che stai in silenzio, hai capito in che senso.» Aggiunge poi, visibilmente arrossito. Io scoppio in una risata fragorosa mentre lui cerca di calmarmi.
»Styles, sei arrossito.» Riesco a dire dopo essermi calmata.
«Non è vero.»
«Sì che è vero.»
«Impossibile, sei tu che ci vedi male.»
«Io ci vedo benissimo e tu sei arrossito.»
«Credi quello che vuoi.»
«Bene.»
«Bene.»
Entrambi rimaniamo in silenzio per un bel po’ di minuti.
«Siamo sembrati dei bambini.» Mi dice Harry tra le risate.
«Direi di sì.
Dieci minuti più tardi raggiungiamo gli altro poco lontano dal London Eye. Ci sono Mel e David, Jess e Thomas e a sorpresa, Andrew accompagnato da una ragazza. Se non fosse che non si assomigliano per niente, avrei detto che è sua sorella. Mi sembra strano che lui abbia una ragazza. Parli te che sei cotta di un ragazzo che non ti vede di più che come un’amica. Mi sento dire da una vocina nel cervello. A volte non riesco proprio a sopportare la mia coscienza. Se fosse possibile la farei stare zitta. Anche se non credo sia possibile farle del male senza farlo automaticamente a me stessa.
Ma davvero sto pensando a queste scemenze? Forse è meglio tornare nel mondo reale.
«Finalmente siete arrivati, pensavamo che Elle fosse scappata dalla paura di salire sulla ruota panoramica.» Dice Jess, ridendo.
Come siamo divertenti.
«La colpa è di Elle che mi ha lasciato ad aspettarla per almeno dieci minuti.
«Non è colpa mia se quando hai suonato ero ancora in mutande!» Urlo, tappandomi la bocca subito dopo. Qualche ragazzo si è girato e mi sta guardando divertito.
«Ma devi sempre raccontare i tuoi dettagli personali alla gente?» Mi chiede Harry.
«Non è colpa mia se sono una ragazza impulsiva.» Mi giustifico.
«Se avete finito di battibeccare io inizierei ad andare, la ruota non aspetta.» Dice Thomas prendendo Jess per mano e iniziando a dirigersi verso il fiume. Tutti noi lo seguiamo a ruota. Mentre stiamo camminando mi accorgo che Andrew non ci ha ancora presentato la sua nuova fiamma. Lo faccio notare ad Harry che annuisce e mi da ragione. Così ci avviciniamo piano ad Andrew e ci mettiamo di fianco a lui.
«Chi è la ragazza che ti sei portato dietro, amico? - Chiede Harry sorridendo sornione.
«Voglio sapere la stessa cosa. - Dico entrando nel discorso. Andrew arrossisce.
«Be’, lei è Sarah.»
«Bene, Sarah chi?»
«Sarah e basta.»
«E sarebbe la tua nuova ragazza?»
«Be’, si può dire che…»
«Su, non fare il sostenuto!»
«Okay, sì è la mia nuova ragazza.»
Deve essere una santa per mettersi assieme a lui.
«Carina.» Diciamo io ed Harry all’unisono. Andrew ci sorride.
«Grazie.»
Dopo questa piccola osservazione, io ed Harry torniamo indietro e lasciamo quei due di nuovo soli. Sembra proprio che oggi si siano tutti portati dietro una ragazza. Persino Jess e Thomas stranamente vanno d’accordo attualmente. Io so cos’è, è il potere del London Eye.
Lo so, sto dicendo tante cazzate. Ma voi assecondatemi. È così che si fa con i pazzi, giusto?
Solamente io ed Harry non stiamo insieme… Magari oggi è il giorno giusto per provarci, perché no? Forse lui non resisterà al mio fascino e cadrà ai miei piedi. Sì, sarà sicuramente così. Devo farlo. Oggi o mai più.
Mentre sto ponderando il mio piano di conquista, guardo Harry con un sorriso furbo. Tra poco sarai mio, bello.
«A cosa stai pensando?» Mi chiede interrompendo il corso dei miei pensieri.
«Niente, assolutamente a niente. Solo che non sto più nella pelle, voglio salire su quell’aggeggio.»
«Ma sei proprio sicura che le vertigini ti siano passate?»
Ci penso un attimo. «Be’, credo di sì.»
«Lo spero per te, perché è proprio alto lassù.»
Le parole di Harry mi spaventano un tantino. Cioè, penso che la mia fobia per l’altezza sia definitivamente passata da quando ho viaggiato in aereo per la prima volta qualche anno fa. Ma c’è da dire che ho dormito tutto il tempo, quindi non sono proprio sicura che sia vero. In un momento di panico, mi blocco.
«Che ti succede?» Mi chiede Harry fermandosi vicino a me.
«Non voglio andarci lassù.» Dico. Il tono della mia voce tradisce panico.
«Cosa?»
«Non voglio più andarci lassù. Hai ragione, la paura non mi è ancora passata. Sono sicura che appena saremo nel punto più alto della ruota panoramica, la nostra navicella si staccherà e cadremo tutti nel Tamigi. Riportami a casa.»

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Capitolo 12
*** Capitolo undici. ***


Capitolo undici.
 
«Ragazzi, fermiamoci un secondo. Abbiamo una ragazza in crisi.» Avverte Harry.
«Che succede?» Chiede Mel avvicinandosi a me.
«Non voglio salire lassù. Perché non andiamo subito a mangiarci un boccone e magari ci facciamo un giro in centro?» Domando, sperando in una risposta affermativa.
«Sei arrivata fin qui e adesso vuoi arrenderti? Mi spiace carina, ma noi siamo in maggioranza, e la maggioranza vince. Tu salirai su quella  ruota panoramica, ti divertirai e poi ci ringrazierai per la fantastica giornata, che lo voglia oppure no.» Solamente Mel sa che per farmi fare certe cose ci vuole imposizione. Ha ragione, devo farlo.
«E va bene, andiamoci. Ma se succede qualcosa non venite a lamentarvi da me, perché io vi avevo avvertito.»
«Anche se fosse vero non credo che potremmo lamentarci, anche perché saremo tutti all’altro mondo. Non si sopravvive ad una caduta del genere.»
«Vaffanculo Mel, non mi puoi mettere più paura di quanta io non ne abbia già.» Protesto.
«Te la sei cercata.»
Qualche minuto più tardi arriviamo davanti all’enorme costruzione. C’è un sacco di gente, ma se ci mettiamo in fila prima o poi arriverà il nostro turno. Più poi che prima. Mezz’ora di coda più tardi ancora non siamo saliti nella nostra bolla, navicella o che dir si voglia.
Quarantacinque minuti più tardi finalmente è quasi il nostro turno.
«Odio i turisti. È solamente per colpa loro che ci mettiamo così tanto.» Mi lamento io, ricevendo per tutta risposta occhiatacce da diverse persone attorno a me. Tutti quanti turisti, immagino.
«Certo che tu non sai mai qual è il momento di stare zitta.» Mi dice Styles.
«Lascia perdere va.»
Finalmente è il nostro turno. Saliamo tutti assieme e oltre al nostro gruppetto c’è qualche altro turista.
Lentamente si alza in aria. Io chiudo gli occhi e trattengo il respiro. Il mio stomaco inizia a percepire che ci stiamo alzando.
Non deve essere così dura, in fondo io non devo fare assolutamente nulla, solamente stare ferma e imitare gli altri che sembrano godersi la salita.
«Guarda, il panorama è fantastico.» Mi dice Harry dandomi una leggera gomitata per farmi aprire gli occhi.
«Sei sicuro?» Il tono della mia voce tradisce nervosismo.
«Certamente. Non ti accadrà nulla, stai tranquilla.»
La sua voce è rassicurante. Lentamente tolgo le mani da davanti gli occhi e li apro. Per qualche secondo rimango senza parole. È davvero meraviglioso. Da quassù si vede tutta Londra, la mia bella Londra. È uno spettacolo. Harry sta guardando la mia reazione. Io lo guardo a mia volta e sorrido. Insieme continuiamo a guardare il panorama mozzafiato. Come fossi una bambina, indico il London Bridge, L’House Of Parlament e sorrido, come non avevo mai fatto fino ad ora.
Quello è stato uno dei momenti più belli che io abbia mai passato. E la presenza di Harry non fa che migliorare le cose. È così bello poter stare vicino a lui. Anche se sarebbe tutto più bello se potessi tenerlo per mano e magari baciarlo sulle labbra. Peccato che non si possa avere tutto.
Quando per tutto distogliamo entrambi lo sguardo dal panorama, notiamo una cosa piuttosto imbarazzante. Tutti, ma proprio tutti i nostri amici si stanno baciando. Dovevano scegliere proprio questo momento per farlo? Non potevano aspettare, che ne so, di essere tutti quanti da qualche altra parte?
Io e Harry ci guardiamo. Ovviamente io sono molto imbarazzata. Forse è arrivato il momento, di provarci, di baciarlo. Non c’è niente di più romantico nel London Eye e nel panorama londinese. Senza farmi notare sposto lo sguardo sulle labbra perfette di quel ragazzo e deglutisco rumorosamente. E un’altra volta nella mia testa parte la canzone incitatrice, tutto si ferma a parte noi due, e una voce fuori campo dice che posso dare il meglio di me e che questa è un occasione da non sprecare.
«Senti Harry…» Inizio a dire attirando la sua attenzione.
I suoi occhi chiari si spostano dal panorama ai miei. «Sì?»
Sto per parlare quando sento il mio cellulare suonare. Giusto in tempo, guarda. Alzo gli occhi al cielo e faccio finta di non sentirlo. Cosa piuttosto difficile considerato che ho una suoneria piuttosto rumorosa e soprattutto fastidiosa.
«Non rispondi?» Mi chiede Harry.
«Che?» Chiedo guardandolo ebete.
«Ti sta suonando il cellulare.»
Okay, fare finta di nulla non è servito. Se n’è accorto anche lui.
«Mmm, certamente.»
Prendo il cellulare dalla tasca e vedo che è mia madre. Chi altro poteva disturbarmi in un momento così tanto cruciale? Riattacco e torno a guardare Harry, che nel frattempo ha ricominciato ag osservare il panorama intorno a noi. L’atmosfera è rovinata del tutto.
«Cosa dovevi dirmi?» Mi chiede lui mentre la ruota si sta muovendo, tra poco dovremmo di nuovo toccare terra. A meno che non succeda niente nei minuti che ci dividono dal terreno..
«Niente di importante.» Mento.
Quando finalmente i miei piedi toccano di nuovo terra, il mio umore fa lo stesso. Sono a terra, insomma. Ho avuto l’occasione di baciare quelle labbra che agognavo da tempo e non l’ho fatto. Mi sento come se avessi sprecato un occasione preziosa.
Dopo questo giro sulla ruota, Jess propone di andare a mangiare un boccone e tutti accettano di buon grado, compreso il mio stomaco. Ho passato così tanto tempo stamattina a decidere cosa mettermi che mi sono completamente dimenticata di fare colazione, e ora ne sto pagando le conseguenze. È proprio vero che ad ogni azione corrisponde una reazione, anche se credo che chiunque l’abbia inventata non intendesse proprio questo tipo di reazioni.
Così, andiamo a mangiare in un Bistrot molto carino che conosce Mel, il Jessie’s. È poco distante da dove ci troviamo noi in questo momento e anche all’interno non è male. È decorato con stile americano anni cinquanta e ha comodissime poltrone imbottite.
Appena ci accomodiamo il cameriere ci porta i menu. Inizio a studiare attentamente il mio e alla fine decido di prendere hamburger con patatine. Questa volta sono stata rapida. Il cameriere torna e lo gli diamo le nostre ordinazioni.
Mentre aspettiamo i nostri piatti, continuo a pensare a quello che è appena accaduto, o meglio, a quello che sarebbe potuto accadere. Ora ce l’ho con me stessa, ma soprattutto con mia madre. Appena tornerò a casa le farò una ramanzina, ovviamente. Tralasciando però il motivo per il quale mi sono arrabbiata, non ho voglia di raccontarle la situazione Elizabeth - Harry. Anche perché poi cercherà in tutti i modi a indurre Harry ad uscire con me, e non voglio uscire con un ragazzo perché obbligato da lei.
Mentre ho la testa tra le nuvole, noto che Harry, seduto davanti a me, cerca di riportarmi al pianeta Terra.
«Elle, ci sei?»
«Mmm? Sì sì, ci sono.»
«Sei diventata improvvisamente strana da quando siamo scesi dalla ruota panoramica, è successo qualcosa? Hai per caso ricevuto cattive notizie al telefono?»
Sì, sei tu che mi fai succedere tutto. È solamente colpa tua se ho sempre la testa fra le nuvole, colpa dei tuoi incredibili occhi verdi e delle tue labbra perfette. E anche del tuo sorriso, e dei tuoi capelli, e del modo in cui mi tratti, come scherzi con me, come ti preoccupi come in questo momento. È solamente colpa tua, Styles.
«No, non ti devi preoccupare.»
«Difficile non farlo.»
Che carino.
«Perché ti preoccupi tanto Styles? Sono grande, vaccinata e so cavarmela da sola.»
«Che sei grande è vero, ma non sai cavartela da sola, cara.»
«Costa stai insinuando, che non ho il cervello sviluppato come il tuo?»
«Quello era sottinteso.» Mi dice mettendosi a ridere.
«Questa me la paghi, carissimo il mio Styles.»
«E cosa pensi di farmi, carissima la mia Grant, prendermi a pugni?»
«Meglio!» Gli dico tirandogli un calcio sul ginocchio e scoppiando a ridere malvagiamente.
«Non vale! Io non picchio le ragazze.» Si lamenta lui.
«Inventati una scusa migliore. La verità è che non hai le palle!»
Harry sta per ribattere quando veniamo entrambi fermati da Mel.
«Avete finito di fare i bambini, voi due?»
Non rispondiamo e ci guardiamo solamente, sorridendo. Il nostro sguardo si scoglie quando il cameriere torna con le nostre ordinazioni. Finalmente il mio stomaco si potrà riempire.
«Sei sicura di non aver esagerato?» Mi chiede Harry indicando il mio enorme hamburger.
«Assolutamente no. È da settimane che non mangio un pasto decente, ho bisogno di rimettere su massa muscolare.»
«Sì certo, massa muscolare.» Risponde mettendosi a ridere.
«Stai forse insinuando che non ho massa muscolare ma ciccia?»
«Ciccia no, ma neanche muscoli. Io non vedo nulla.»
«Solo perché è tutto nascosto sotto questo strato di vestiti.» Butto lì. Ovviamente non è affatto vero, non ho muscoli.
«Farò finta di crederci.»
«E io farò finta di non aver sentito assolutamente nulla.»
Dopo aver finito di pranzare, tutti propongono di andare a fare un giro in centro. Io non me la sento, non mi va di passare altre ore a vedere tutte le coppiette che si prendono per mano e non poter fare lo stesso con Harry. Anche se probabilmente questo sarà il mio destino, rimanere per sempre sola e guardare il mio dio greco da lontano, mentre bacia ragazze mille volte più belle e affascinanti di me.
«Io vorrei proprio rimanere, ma devo tornare a casa. Non vi dispiace, vero? Mia madre mi vuole a casa immediatamente.»
«Se proprio devi andare, vai. Ci sentiamo stasera?» Mi chiede Mel.
«Certamente. Ci vediamo lunedì ragazzi, e grazie della nuova ed elettrizzante esperienza sul London Eye. Non credo ci tornerò un’altra volta.» Dico sorridendo e dirigendomi verso casa. Improvvisamente, come in una sorta di flashback, mi ricordo di Harry. Mi giro per salutarlo come si deve ma vedo che i ragazzi si stanno già dirigendo verso il centro di Londra.
«Mi stavi per caso cercando?» Chiede una voce profonda alle mie spalle. Per la sorpresa mi metto praticamente ad urlare.
«Ma c’è sempre bisogno di spaventarmi, Harry?»
«È divertente.»
«Affatto. Che ci fai qui?»
«Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. Ti ho chiesto se ti sei girata perché mi stavi cercando.»
«Ti piacerebbe. Volevo solamente salutare Mel, Jess e tutti gli altri, come si deve. Tutti tranne te, ovviamente. Ora rispondi tu alla mia domanda, che ci fai qui?»
«Pensavi davvero che sarei rimasto a fare il terzo in comodo di ogni coppia? Non sono il tipo. Finché c’eri anche tu potevamo passare il tempo insieme, ma da solo con tutti gli altri no, assolutamente.»
«Be’, potresti andare a casa.»
«Voglio prima accompagnare te a casa.»
«Me la cavo benissimo da sola, come continuo a ripeterti.» Ribatto, ma dentro di me prego che Harry mi accompagni a casa.
«Non sono stupido, ho capito quanto ti faccia piacere la mia compagnia.»
«Hai ragione. Mi piace avere qualcuno da sfottere mentre torno a casa o vado in giro con i miei amici.» Rispondo cinica.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici. ***


Capitolo dodici.

«Come sei simpatica Grant.»
«Lo so.» Ribatto, sorridendo sorniona.
«Allora vuoi o no che ti accompagno a casa? Se non ti va di stare in compagnia dimmelo. Tornerò a casa da solo.»
«Evabeneaccompagnamiacasaharry.»Dico tutto d’un fiato quasi impercettibilmente.
«Scusa ma non ho capito.»
Vuole proprio che dica ad alta voce che mi fa fin troppo piacere passare del tempo con lui, e che se fosse per me non lo lascerei mai andare via?
«Accompagnami a casa, Styles. Non dirò una parola di più, chiaro?»
«Assolutamente.»
Così ci avviamo insieme verso casa mia.
I primi minuti li passiamo in silenzio. È forse proprio quello il momento in cui capisco che Harry è forse il primo ragazzo di cui provo qualcosa di molto simile all’amore; non è un sentimento così forte, ma ci va vicino. Ed è un piccolo dettaglio a farmi capire tutto: mentre camminiamo, nonostante siamo in silenzio, io non mi sento per niente a disagio, e a giudicare dal volto rilassato nemmeno Harry. È un silenzio che non ha bisogno di essere riempito con parole senza una logica.
È come se in questo momento, comunichiamo con gli occhi e con la mente, senza utilizzare le labbra e le parole. Ed è tutto bellissimo. Senza quasi accorgermene, mi scappa un sorriso.
«Perché sorridi?» Mi chiede lui, incuriosito.
«Niente in particolare.»
«Allora, sei contenta di essere stata sul London Eye?»
«Assolutamente. Una delle esperienze più belle ed emozionanti della mia vita. Mai provato nulla di simile; Londra è una bellissima città, e vista dall’alto lo è ancora di più. Sono contenta di viverci.
«Anche io. L’unico momento imbarazzante di oggi è stato quando tutti si baciavano.
Alle sue parole arrossisco, ma cerco di non farlo notare.
«Già, hai ragione. È forse un posto fin troppo romantico per andarci assieme a degli amici.
«Allora spero per te che il tuo ragazzo un giorno ti ci porti. »
Sospiro. «Lo spero anche io. »
«Sei sicura che non dovevi dirmi nulla d’importante questa mattina? Dal tuo tono di voce mi è sembrato che dovessi quasi liberarti di un peso che ti opprimeva.
Come fa a capire così tante cose di me? Sembro un libro aperto per lui.
«In effetti non te l’ho detto perché mi è passato di mente. » Mi invento.
«Sei sempre la solita, Grant.»
«E ti piaccio proprio per questo, Styles.»
«Già, sei una buona amica.»
Amica, amica, amica, solo una buona e inutile amica. Non me ne faccio assolutamente nulla dell’appellativo “amica”. Io voglio essere la tua ragazza, la tua fottuta ragazza. Scusate il termine, ma non riesco ad essere romantica e sdolcinata per troppo tempo, altrimenti mi viene da vomitare.
«Siamo arrivati.» Dico quando siamo a pochi metri di distanza da casa mia. «Grazie per avermi accompagnato, e per la bella giornata. Mi spiace non essere rimasta ancora.»
«Non importa, ci saranno altre volte. Ci vediamo lunedì.»
«A lunedì.»
Dico rientrando a casa. Appena mi richiudo la porta alle mie spalle mi precipito in soggiorno per cercare mia madre. Non ho ancora dimenticato che lei mi ha rovinato il piano di conquista.
La trovo seduta sul divano che lavora al portatile.
«Mamma! Perché cavolo mi hai chiamato al cellulare prima? Hai rovinato un momento cruciale della mia vita da adolescente. Possibile che tu sappia sempre quando e come rovinare le cose?»
«Elizabeth! Dove sei stata e perché non rispondi al cellulare?»
«Ho fatto prima io la domanda.» Dichiaro sotto il petto.
«Sentiamo, quale momento ho rovinato sul più bello?»
Ridacchio nervosa. «Mmm, nessuno. Stavo scherzando!»
Le dico andandomene. Non voglio assolutamente dirle nulla di quello che è successo. Non deve assolutamente sapere nulla, né di Harry né di altro che riguarda la mia vita adolescenziale. Salgo in camera mia e mi butto a peso morto sul letto, prendendo il mio lettore mp3. Devo definire la mia colonna sonora del momento.
Qualche canzone che parli di rimpianti magari.
 
Lunedì mattina vengo svegliata da un messaggio mandatomi da Mel. Prima di leggerlo la insulto mentalmente. Sa benissimo quanto mi dia fastidio essere svegliata, soprattutto se sto facendo un meraviglioso sogno in cui sono felicemente fidanzata con Harry Styles.
Appunto, un sogno.
Sblocco il cellulare e vengo accecata dalla sua luce. I miei occhi sono molto delicati la mattina presto. Il messaggio dice che oggi non mi passerà a prendere perché deve andare ad una piccola visita guidata al museo nazionale. Bene, dovrò passare un altro giorno da sola. Di malavoglia mi alzo e vado a fare una doccia veloce, dopodiché mi cambio e scendo a fare colazione. Trovo come al solito la mia tazza di latte fumante e qualche biscottino.
«Buongiorno Ellybelly.»
«‘Giorno.»
Non mi va proprio di discutere con mia madre di prima mattina, quindi eviterò di dirle che non sopporto quel soprannome orrendo.
Dopo la colazione prendo la mia borsa e mi dirigo verso la scuola. Appena entro in classe vengo fermata dall’uragano Jess.
«Ciao Elle! Come stai?»
«Bene grazie, tu?»
«Benissimo! Ieri sera ho parlato con Thomas dei nostri problemi e sembra che abbia capito. Mi ha addirittura invitato fuori a cena, in un ristorante elegante di Londra! Non vedo l’ora di passare del tempo da sola con lui… Non perché mi annoi con voi altri, ma non riusciamo mai a stare davvero da soli. Anche durante la pausa pranzo.
«Hai ragione. Perché oggi non state da soli? Potreste sedervi in un altro tavolo, così da passare un po’ di tempo senza noi altri.»
«Davvero saresti d’accordo?» Mi chiede sorridente.
«Certamente, perché non dovrei? Se per una volta non passiamo il pranzo assieme non succede nulla, e sai che farei di tutto per renderti felice, Jess.»
«Grazie mille.» Mi dice, schioccandomi poi un bacio sulla guancia. Io le sorrido.
Le prime ore di lezione passano lente e inesorabili e quando finalmente suona la campanella che sancisce l’inizio della pausa pranzo, mi sembra di essere stata seduta per un eternità. Mi alzo lentamente e mi sgranchisco le gambe. Sto per chiedere a Jess di andare assieme nell’aula ristoro quando vedo Thomas fuori dalla classe che aspetta la sua donzella. Come non detto. Vorrà dire che dovrò andare in mensa da sola.
Dopo aver fatto la fila e aver preso da mangiare, mi dirigo al nostro solito tavolo, ma lo trovo completamente vuoto. Strano. È molto probabile che anche gli altri siano andati alla visita guidata di cui mi ha parlato Melanie stamattina. Perfetto.
Inizio a mangiare in silenzio, quando noto Andrew ed Harry in lontananza che vengono verso di me.
«Ciao ragazzi! Pensavo di essere rimasta da sola quest’oggi.»
«Dove sono tutti gli altri?» Chiede Andrew.
«Visita guidata. Invece Jess e Thomas hanno intenzione di passare la pausa pranzo da soli.
«Così sei rimasta sola.» Mi dice Harry con un sorrisetto sotto i baffi.
«Non più Styles. Per una volta posso anche accontentarmi della vostra compagnia.» Ribatto sarcastica.
«Voi due non fate altro che infastidirvi a vicenda, ma vi divertite?» Ci chiede Andrew.
Io e Harry ci guardiamo per qualche secondo, e insieme annuiamo. Lui ci guarda stranito e alza le spalle. Ricominciamo poi a chiacchierare del più e del meno, fino al suono della campanella. Saluto tutti e mi dirigo verso la mia classe. Appena arrivo incontro Jess, reduce dal suo pranzetto romantico.
«Allora, com’è andata?»
«Benissimo. E tu ti sei divertita?»
«Direi proprio di sì. Eravamo solamente io, Harry ed Andrew. Se non ci fosse stato quest’ultimo sarebbe stato ancora meglio. Vedi Jess, sento che tra me ed Harry c’è qualcosa di astratto che ci unisce, che ci rende complici. Sono sicurissima che come coppia saremmo fantastici. Non avevo mai provato qualcosa del genere con un ragazzo.»
«Sei proprio cotta amica mia.»
In tutta risposta sospiro e appoggio il mento sul pugno chiuso. «Credo proprio di sì.»
Dopo le diverse ore pomeridiane finalmente suona la campanella di fine lezioni. Mi alzo e mi dirigo all’armadietto per prendere i libri con cui devo studiare poi esco dall’istituto.
Quando sono fuori noto Harry da solo, vicino al cancello. Gli vado in contro.
«Harry, come mai tutto solo?»
«Ti stavo aspettando. Oggi devo andare verso casa tua, vuoi che ti accompagni?»
«Se proprio devi passare da casa mia, certamente.»
Così ci dirigiamo assieme. È sempre così carino con me Harry. Mi accompagna sempre a casa. Se continuiamo così potrebbe anche iniziare a venire a prendermi. Non sarebbe un’idea cattiva.
Iniziamo ad incamminarci e dieci minuti più tardi, quando siamo vicino alla via di casa mia, Harry si ferma.
«Ti scoccia se ti lascio qua? Ho un appuntamento importante e non vorrei arrivare in ritardo.
Dentro di me ribollisco di rabbia. Harry mi lascia per uscire con un’altra stupida e insignificante ragazza. Non è me che devi lasciare per un'altra persona!
«Non c’è problema… Allora, ci vediamo domani?»
«Certamente.»
Per un secondo rimaniamo fermi e ci sorridiamo. Poi dentro di me qualcosa scatta. Qualcosa di molto simili alla schizofrenia e alla gelosia. Già, molto simile.
Il mio cuore inizia battere velocemente, e sento che lo stomaco mi si contorce dall’ansia.
«Scusami Harry.» Sussurro, poi mi avvicino e lo bacio. Appoggio le mie labbra sulle sue, calde e morbidissime. Il contatto dura solamente qualche secondo, ma dentro di me sento come se il cuore mi si stesse infiammando d’amore.
Senza aspettare alcuna risposta da parte sua, mi stacco e mi mordo nervosamente il labbro inferiore. Da Harry ancora nessun riscontro. Gli ha fatto schifo il mio bacio, ne sono sicura. Ma che diavolo mi è preso, perché l’ho fatto? E soprattutto, perché cavolo mi sono scusata prima di farlo?
Con il viso impacciato, sposto lo sguardo. «Scusami, è-è stato…»
Senza finire la frase mi giro dall’altra parte e mi allontano il più velocemente possibile, senza però correre. Non voglio sembrare più strana di quanto giù pensi.
Appena torno a casa chiudo la porta alle mie spalle e prendo un respiro profondo. Appoggio una mano fredda sulla fronte accaldata.
Sono una deficiente senza cervello. come diavolo ho potuto agire così impulsivamente? Era da tempo che aspettavo questo momento, ma adesso mi pento di averlo fatto. Capirei Harry se non mi volesse più avere come amica. Sconsolata raccolgo la borsa che ho buttato sul pavimenti dall’agitazione e mi dirigo nella mia stanza.
Credo proprio che mia vita sarà sempre caratterizzata dal succedersi di questi eventi. Prima combinerò qualcosa di altamente imbarazzante, poi cercherò di scappare di evitare Harry. Alla fine ci incontreremo e sistemeremo tutto. Anche se questa volta credo che questo ultimo dettaglio non avverrà.













Spazio autrice:

Alzi la mano chi aspettava questo bacio da tempo. Io, io, io! Hahhahaha, okay, la smetto. Volevo solamente ringraziare chi ha recensito e chi ha aggiunto questa storie tra le preferite/seguite/ricordate. Non sapete quanto mi rendiate felice :) Ora vado, e sarei contenta se voleste recensire, giusto per sapere se state gradendo.
Un beso chicas!

 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici. ***


Capitolo tredici.
 
Tutto il pomeriggio e gran parte della sera li passo avvolta nella mia coperta preferita, rannicchiata sul divano a mangiare carote (ancora per quell’assurda dieta imposta da mia madre) e guardando una commedia romantica adolescenziale anni ottanta come “Un compleanno da ricordare”, uno dei miei film preferiti tra l’altro. Mi aiuta a sperare che un giorno anche io avrò il mio bel Jake Ryan (alias Harry Styles) che si accorgerà di quanto sono interessante in confronto a tutte quelle ragazze superficiali con cui esce. Continuo a sperare, insomma.
Intanto sono qui a rimuginare a quello che è accaduto questo pomeriggio, o meglio, a quello che io ho fatto accadere. Tutta colpa della mia impulsività. Devo comunque parlarne con qualcuno, magari Melanie. Vorrei chiederle se è un brutto segno il fatto che Harry non abbia risposto al bacio.
Appena ci sono i titoli di coda dell’ennesimo film romantico, prendo il telefono e compongo il numero della mia amica.
«Pronto?»
«Sono io, Mel.»
«Ciao Elle! Come stai?»
«Male. Ho fatto l’ennesima cazzata.» Dichiaro.
«Fammi indovinare, riguarda Harry.» Mi sento dire dall’altro capo del telefono.
«E tu come lo sai? Sei tipo una veggente?» Le chiedo, divertita.
- Perché in queste ultime settimane mi chiami solamente per parlarmi di lui.»
Alle sue parole ridacchio. «Hai ragione.»
«Cosa hai fatto questa volta?»
Così le racconto in modo dettagliato il mio emozionante pomeriggio, fino ad arrivare al momento in cui l’ho chiamata.
«…Se non fosse per l’assurda dieta che mia madre mi ha imposto, che prevede solamente verdure, a quest’ora sarei già ingrassata di venti chili a furia di mangiare dal nervosismo. È da quando sono tornata a casa che mi ingozzo.» Le dico parlando a macchinetta.
Calmati Elle, calmati!»
«Come puoi dirmi di calmarmi? Ho fatto una stupidaggine e non posso tornare indietro. Secondo te cosa significa che non abbia risposto al bacio?» Le chiedo sperando in una risposta positiva e piena di speranza. Della serie: gli piace talmente tanto che non ha ricambiato il bacio, per paura che ti spaventassi da tanta sicurezza. Dall’altro capo non sento risposta.
«So che sei lì Mel, ti sento respirare! Dimmi la verità.»
«Ti dico solo che non credo che sia una cosa positiva, ma puoi sempre sperare.»
«Ho capito, non ho speranze. Domani non ti conviene passare a prendermi, perché ho deciso che non tornerò più a scuola.»
«Non dire cavolate, non puoi nasconderti come se avessi commesso il reato peggiore del mondo, non è così. Hai solamente baciato un ragazzo.»
«Sì, uno dei ragazzi più carini della scuola che va a presso solamente alle ragazze più carine della scuola, e sottolineo le più carine! Non le più bisognose d’affetto o le più schizofreniche. Perché se fosse così Harry me lo sarei fatto da un pezzo! Oramai ho preso la mia decisione, continuerò lo studio a casa con un insegnante privato. Spero solo che mi verrai a trovare, qualche volta.» Le dico in modo teatrale.
 «Sai di essere fin troppo pessimista? Ora però devo scappare, David è passato a prendermi e devo uscire a cena con lui. Ci vediamo a scuola, anzi no, non ci vedremo più a scuola.»
«Va bene, vai dal tuo Daviduccio. Io rimarrò qui da sola a piangermi addosso.»
«Ci si vede!» Dice riattaccandomi il telefono in faccia. Ottimo, queste sono le persone che più mi vogliono bene.
Butto il telefono di fianco a me sul divano e ricomincio un nuovo film, finché non mi addormento. Mi risveglio verso le tre di notte, mi alzo e salgo in camera mia per poi riaddormentarmi sul mio comodo letto.
 
La mattina dopo vengo svegliata dalle urla di mia madre. Senza nemmeno risponderle, mi giro dall’altra parte, mi metto un cuscino sulla testa e cerco di riprendere sonno. Ho detto che a scuola non ci torno, e nessuno mi farà cambiare idea.
Quando sono in dormiveglia, sento il campanello di casa suonare. Senza farci caso mi sistemo le coperte e cerco di addormentarmi. Qualche minuto più tardi la porta di casa mia si spalanca, e qualcuno si siede sul letto. Mia madre.
«Mamma, inutile che cerci di farmi alzare, tanto non vado da nessuna parte.»
«Non sono tua madre, alzati!» Dice una voce maschile. Harry? Dalla sorpresa mi tolgo la coperta dalla faccia e mi alzo di scatto.
«Come mai ti sei alzata così nervosamente? Pensavi che fossi qualcun altro?» Mi chiede Melanie con un sorriso sornione sulle labbra.
Sono messa proprio male, ora sento addirittura la sua voce. Qualcuno chiami uno psicoanalista.
«Mel, cosa vuoi?»
«Sono passata a prenderti come ogni mattina, anzi» dice guardando l’ora «oggi sono anche in anticipo. Sapevo che ci avrei messo un po’ a convincerti. Dai, alzati. Vai a farti una doccia mentre io guardo cosa puoi indossare.»
«Devo proprio?» Chiedo in tono lamentoso.
«E me lo chiedi anche?»
Senza risponderle mi alzo e stancamente mi dirigo verso il bagno, dove mi faccio una doccia tiepida per svegliarmi un po’. Dopodiché esco dal bagno e trovo vestiti perfettamente piegati sul mio letto. La mia amica è un angelo. Ha scelto proprio ciò che avevo intenzione di mettere. Dopo essermi cambiata, scendo in cucina e ritrovo Mel che chiacchiera tranquillamente con i miei genitori. È addirittura riuscita a far dire a mio padre una frase di senso compiuto. Piuttosto difficile prima delle dieci.
Mi avvicino alla combriccola e mia madre mi porge un bicchiere di succo d’arancia.
«Stamattina accontentati, sei già in ritardo.»
Bevo velocemente il mio succo, e poi assieme a Mel mi dirigo verso la scuola. Ovviamente il nostro discorso principale riguarda Harry.
«E se poi lo vedo? Non saprei proprio come comportarmi.» Ammetto.
«Guarda il lato positivo. La nostra scuola è grande, ti potrai nascondere molto bene.»
«Grazie Mel, tu si che sei un valido aiuto nel momento del bisogno.» Le dico sarcastica.
«Non c’è di che.» Risponde Melanie senza nemmeno guardarmi in volto e continuando imperterrita la strada verso la nostra scuola.
Quando finalmente (o sfortunatamente) arriviamo davanti alla scuola, Melanie intercetta subito David e fa per andare verso di lui, quando viene bloccata dal mio braccio.
«Dove credi di andare?» Le chiedo guardandola truce.
«Dal mio ragazzo, vieni con me.»
Schiocco la lingua contrariata. «Assolutamente no, tra di loro c’è anche Harry. Fai venire David qui.» Le dico.
«E perché dovrei?» Ribatte lei, corrugando la fronte.
«Tu mi hai convinto a venire a scuola e tu fai quello che ti chiedo, chiaro?»
«E va bene.»
Così Mel va verso David e insieme tornano verso di me.
«Ciao Elle, come stai?»
«Bene grazie, tu?»
«Bene. Mel mi ha raccontato tutto. Non ti dovresti preoccupare della cosa, quello che devi fare è parlare con Harry, se non risolvete la cosa sarà sempre peggio.»
Doveva proprio raccontare tutto a David, Melanie? Non ci si può fidare di lui, in fondo è amico di Harry. Magari andrà a raccontargli tutto quello che dirò.
«Vedremo.» Rispondo vaga e sposto lo sguardo. «Merda, Harry mi ha visto!»
Urlo, notando che proprio lui sta venendo verso di me.
«Nascondetemi!» Aggiungo poi, mettendomi dietro a Daviduccio. Non che mi copra molto visto che è magro come un chiodo.
«Senti Elle, credo che nasconderti non servirà a nulla, ti ha proprio vista. Sta ancora venendo verso di noi, o meglio, verso di te. Comportati da persona civile e normale.» Dice, calcando sull’ultima parola.
«E ora che faccio?» Chiedo mentre sono ancora nascosta. Fortunatamente in quello stesso istante suona la campanella di inizio lezioni. Senza dire una parola, mi fiondo a scuola, e mi dirigo al mio armadietto. Lo so, mi sto comportando da bambina, ma non ci posso fare nulla, non trovo altra soluzione che scappare. “Molto maturo da parte tua”  mi sento dire dalla vocina che aleggia nella mia testa. Sa esattamente quando è il momento sbagliato per fare commenti.
Dopo aver preso i libri per le lezioni, mi dirigo verso la mia classe, controllando ovviamente di evitare una certa chioma castana. Passo praticamente tutta la giornata scolastica nascosta. A pranzo mangio assieme a delle mie compagne di scuola, in giardino, nonostante il freddo e all’uscita vado a casa senza aspettare nessuno. Tiro un sospiro di sollievo solamente quando chiudo la porta di casa al mio arrivo.
 
I giorni successivi sono più o meno uguali. Sono diventata molto brava a nascondermi; il prossimo passo sarà farmi reclutare dalla regina come sua spia personale.
Okay, smetto di sparare cazzate.
È giovedì pomeriggio e io e Melanie siamo a casa di Jess, pronte per andare nella biblioteca della scuola pronte per studiare e fare un paio di ricerche. Abbiamo deciso di andarci così da non essere distratte da nulla. Ci conosciamo troppo bene, se studiamo assieme  non combiniamo assolutamente nulla.
Dopo aver preso i libri necessari, ci avviamo tutte assieme verso la scuola. È un miracolo che siamo riuscite ad avere un momento di libertà, anzi, se loro sono riuscite ad avere un momento di libertà. Da quando hanno i ragazzi non fanno altro che uscire con Daviduccio e Thomasuccio e non hanno mai tempo per me.
«Allora, come va la storia con Harry?» Mi chiede Jess.
«Harry chi? Non ricordo di conoscere qualcuno con questo nome.» Dico. «Avete visto? Il mio piano “fare finta di non conoscere Harry” sta funzionando alla grande, non trovate?»
Le mie amiche mi guardano come se fossi appena uscita da un ospedale psichiatrico.
«Va bene, la smetto.»
Qualche minuto dopo arriviamo davanti alla scuola ed entriamo. L’interno è deserto. Be’ ovviamente, nessuno va a scuola alle cinque del pomeriggio.
«Sembra di essere nell’incipit di un film horror. Tra poco qualcuno ci attaccherà.» Dice Jess guardandosi attorno turbata, io e Mel la guardiamo con un sopracciglio alzato.
«Ti vedi troppi film horror, chica.» Esclama la mia amica. Io annuisco.
Quando entriamo in biblioteca, notiamo che molti tavoli sono occupati. Non siamo le uniche che cercano un po’ di pace nella biblioteca.
Troviamo un tavolo libero e ci sediamo.
«Bene ragazze, possiamo iniziare. Allora Mel, tu che materia hai?»
«Verifica di fisica. Devo assolutamente mettermi a studiare altrimenti quella stronza della prof non me la fa passare liscia. Quindi ragazze, niente chiacchiere.»
«Ovviamente, siamo in una biblioteca.» Risponde Jess ovvia.
«Non sei divertente.»
Mentre Mel studia fisica e Jess fa esercizi di matematica, io dovrei studiare letteratura. Prendo il libro dalla borsa e apro alla pagina di Shakespeare. È ora di studiare questo grande poeta. Dopo circa un’ora di studio, durante la quale stranamente nessuna di noi tre fa una pausa, stacco un attimo gli occhi dal libro e sbadiglio. Lo so, ho una soglia di attenzione piuttosto bassa. Mi guardo intorno per controllare la situazione generale, quando vengo, in un tavolo poco lontano, Harry chinato su un libro che cerca di studiare, che carino.
«Merda ragazze, c’è Harry!» Dico cercando di contenere la mia voce. Una ragazza seduta nel tavolo di fronte al mio mi prega di stare in silenzio. 

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici. ***


Capitolo quattordici.
 
«Ora che faccio?»
Non sapevo che anche Harry venisse a studiare qui in biblioteca, non ci voleva.
«Non ti ha ancora vista, fai finta di nulla.» Suggerisce Mel.
«Va bene.»
Così le mie amiche riprendono a studiare. Nel frattempo ci provo anche io, ma sono fin troppo nervosa. E se dovesse vedermi? E se decidesse di raggiungermi? Non saprei cosa dire, proprio no.
Mentre sto leggendo, noto con la coda dell’occhio che Harry ha alzato la testa dal libro. Io prendo il mio e cerco di nascondermi, senza però esagerare. Perché altrimenti potrei finire per attirare la sua attenzione. Forse dovrei alzarmi e allontanarmi. Potrei andare a fare un giro tra i libri di questa vecchia biblioteca.
«Ragazze, vado a farmi un giro. Magari tra poco Harry se ne va.» Faccio sapere alle altre due. Loro annuiscono. Ripongo il libro nella mia borsa e mi alzo, cercando di fare meno rumore possibile. Per un secondo mi sembra che Harry mi abbia notato. Trattengo il respiro e mi avvio verso i libri di filosofia, poi mi giro e controllo il suo tavolo. Sta di nuovo studiando, direi che non si è accorto della mia presenza. Tiro un sospiro di sollievo e inizio a guardarmi intorno, cercando qualche titolo o poeta interessanti. Passo almeno quindici minuti tra i libri, poi decido di tornare dalle mie amiche. Se Harry è ancora lì me ne vado, penso tra me e me.
Proprio quando mi risiedo, noto una cascata di riccioli castani che si allontana dall’aula, sparendo poi dietro la porta.
«Se n’è andato.» Dico alle mie amiche, tirando un sospiro di sollievo.
«Ora è meglio se ti rimetti a studiare.» Mi consiglia Jess. Che ragazza diligente.
Dopo circa un’altra mezz’ora passata sui libri, Melanie si alza di scatto con in mano il suo cellulare.
«Tra poco David verrà a prendermi, meglio se mi preparo.»
«Hai finito i tuoi compiti di matematica?» Le chiede Jess.
«Certamente.» Risponde Melanie, sicura.
«Allora puoi andare.»
La nostra amica ci saluta e poi se ne va.
«Sei una brava insegnante.» Dico a Jess. Per tutta risposta si mette a ridere.
«Sarò anche una brava insegnante, ma anche noi prima o poi ci stanchiamo. Andiamo?»
«Devo finire un ultima cosa, ma se vuoi tu puoi iniziare ad andare. Ci vediamo domani a scuola.» Le rispondo. In realtà voglio rimanere un attimo sola.  
«Va bene, a domani.» Mi saluta la mia amica, andandosene. Ora sono rimasta sola. Leggo ancora un paio di pagine del libro di letteratura e poi mi alzo. Sono stanchissima, non credo di aver mai studiato così tanto la letteratura. Mi stiracchio e prima di andare via, vado a prendere un libro dalla biblioteca, già che sono qui.
Dopo averlo scelto lo ripongo nella borsa e mi dirigo verso l’uscita mentre mi infilo le cuffiette per un po’ di rilassante musica.
Appena richiudo la porta dell’istituto alle mie spalle, vengo travolta da un ondata di gelo londinese. Mi sistemo il cappotto e la sciarpa e mi dirigo verso il cancello. Non faccio in tempo a  fare un paio di passi che noto che appoggiato al muretto c’è colui che non mi sarei aspettata di trovare: Harry.
Merda, perché diavolo è ancora qua? È uscito quasi un’ora fa dalla biblioteca.
Decido immediatamente di fare finta di nulla, certamente non potrei cambiare strada, anche perché il cancello è solo da quella parte. Prendo un respiro profondo e lo trattengo finché non passo davanti ad Harry. Magari, incappucciata come sono non capirà nemmeno che sono io. Già, speriamo.
«È inutile che cerchi di nasconderti, ho capito che sei te.» Mi sento dire alle spalle poco dopo aver superato il ragazzo. Ovviamente è lui, e sta sicuramente parlando con me. Impreco mentalmente e mi giro, esibendo uno dei miei migliori sorrisi.
«Ciao Harry, non ti avevo notato! Scusami ma ora sono in ritardo, per il… dentista! Già, mi fa molto male il dente.» Ovviamente avrei potuto inventarmene una migliore, ma si sa, l’improvvisazione non è il mio forte.
Harry mi guarda per un attimo in silenzio, dopodiché annuisce serio. «Certamente.»
Bene, ha abboccato.
Lo saluto e inizio ad incamminarmi verso casa, quando vengo affiancata da lui.
«Che c’è?»
«Oh, assolutamente nulla. Ho pensato, visto che non hai tempo per me perché hai quell’appuntamento dal dentista, ho deciso di accompagnarti. Così possiamo parlare.»
«Non abbiamo niente di cui parlare.» Tento di dire continuando a camminare imperterrita.
«Io credo di sì.» Ignoro il cinismo con cui mi ha risposto e cambio discorso.
«Perché non te ne sei andato?» Chiedo, leggermente infastidita dal suo comportamento.
«Ti stavo aspettando. Credevi che non ti avessi visto, ma invece ti ho notato appena ti sei alzata dalla sedia. Non sei passata molto inosservata.»
Merito della grazia di un pachiderma  che possiedo, ereditata da mio padre.
Io e lui iniziamo a camminare in silenzio, fianco a fianco. Chiudo gli occhi per un attimo e prendo un respiro profondo; era da un po’ di tempo che non mi trovavo assieme a lui, e devo ammettere che mi mancavano momenti come questi, durante i quali sento come un calore che si propaga dalla testa alle dita dei piedi; dovuto ovviamente alla vicinanza con Harry.
«Allora, parlo io o parli te?» Mi chiede Harry, rompendo il silenzio che si era creato fino a questo momento.
«Io preferisco stare in silenzio.» Ribatto.
«Be’, allora vorrà dire che sarò io a parlare. Ovviamente credo che tu sappia il motivo per cui dobbiamo assolutamente parlare. Quel giorno quando tu mi…»
«Senti, non potresti saltare tutta la storia? Sai, la conosco fin troppo bene.»
Dannato nervosismo.
«Come vuoi. Da quel famoso giorno, tu mi hai evitato prontamente.»
«Ma chi, io? Non ti ho affatto evitato, solo che non abbiamo avuto un momento libero e non ci siamo incontrati.» Dico, spostando lo sguardo imbarazzata. Salviamo il salvabile.
«Che casualità che proprio da quel giorno non abbiamo avuto il piacere di incontrarci, nemmeno qualche mattina a scuola, quando ti ho visto mentre ti nascondevi e sono venuto verso di te…»
«Peccato che poi sia suonata la campanella!» Continuo la sua frase, ridendo nervosamente.
«Già, peccato.»
Il silenzio cade di nuovo tra di noi. Cosa vorrà dirmi Harry, che il bacio gli ha fatto schifo e che preferisce non avere più niente a che fare con me? Lo capirei.
«Aspetta un attimo, Elizabeth.» Mi dice prendendomi la mano e fermandomi. Quel contatto così improvviso mi provoca i brividi. Mi giro e lo guardo negli occhi. Ha lo sguardo deciso e il tono con cui ha detto il mio nome mi fa avvampare.
«Dobbiamo parlare. Ascoltami, per favore.»
Io mi arrendo. «Va bene.»
Così andiamo nel parco più vicino e ci sediamo sulla panchina. Deve proprio essere una cosa importante che non mi ha voluto dire nulla fino a questo momento. Abbiamo passato tutto il tragitto in silenzio. Io ascoltavo musica, ed Harry aveva lo sguardo lontano. Impossibile capire a cosa pensasse in quel momento.
«Allora?» Chiedo appena ci sediamo.
«Devo sempre essere io a parlare?» Chiede, accennando un sorriso.
«Sei tu che mi hai fermato, e sempre tu mi hai portato fin qui. Mi sembra il minimo.»
«Va bene.» Dice prendendo un respiro profondo. Se non lo conoscessi direi che mi sembra… preoccupato, imbarazzato. «Quel venerdì, quando ti ho accompagnato a casa, tu mi hai baciato. Giusto?»
Annuisco.
«Okay. Diciamo che mi hai lasciato senza parole. Non mi sono accorto di quello che era successo finché non te ne sei andata.»
Comprensibile. Nemmeno io mi sono accorta di quello che ho fatto finché non sono arrivata a casa, praticamente disperata.
«Mi dispiace.» Sussurro. Sono davvero dispiaciuta, di aver creato questa situazione, fin troppo imbarazzante per i miei gusti.
«Non ti scusare.» Mi dice sorridendo flebilmente. «Lo avevi detto chiaro e tondo quel giorno al telefono che mi trovavi carino.
«In teoria quello che è successo quel giorno avresti dovuto rimuoverlo. Non ricordi i patti?»
«Hai ragione, ma la colpa è tua. Ora dimmi seriamente qual è il vero motivo per cui mi hai baciato. Le spiegazioni possono essere molte.»
«I-io l’ho fatto perché…»
Il mio cuore inizia a correre all’impazzata e le mani iniziano a tremare. Vorrei riuscire a controllare tutto questo, ma so che non posso, non ne sono capace. È arrivato il momento della verità. Se dico tutto ad Harry mi toglierò un peso enorme dal cuore. Mi sentirò sicuramente più leggera e soprattutto più libera. Ci potranno anche essere ripercussioni negative su tutto questo, ma non importa. Devo farlo.
«Io l’ho fatto per…» inizio a dire in tono molto più decisa.
«Per curiosità, no?» Mi risponde lui prima che io finisca la frase. Aggrotto le sopracciglia. Curiosità. Sta parlando sul serio? Possibile che i ragazzi siano così ciechi e stupidi?
«Curiosità?»
«Sì, curiosità. Non sentimento, curiosità. Anche a me capita sempre. Se vedo una ragazza carina sono curioso di sapere come bacia.»
Sta avvenendo sul serio questa conversazione? Io non ci credo. Curiosità. Se io bacio un ragazzo non è perché sono curiosa. È perché mi piace da impazzire, nient’altro. E questo viene a dirmi che lui bacerebbe le ragazze per curiosità. Pura e semplice curiosità.
Dentro di me sento che qualcosa si spezza. Abbasso lo sguardo.
«Sì, curiosità.»
«Ne ero sicuro. Allora, abbiamo chiarito?»
«Certamente. Scusami per averlo fatto, e per essere scappata soprattutto. E anche per averti evitato… e tutto il resto.»
«Non ti preoccupare, amici come prima?»
«Certo, amici. scusami ma adesso devo proprio andare, non ho il dentista, ma un altro impegno sì.» Gli dico alzandomi. Lui mi imita.
«Ti accompagno?»
«Non serve. Non voglio farti fare strada in più per nessun motivo. In fondo, so cavarmela da sola, non trovi?»
«Certamente.» Mi dice sorridendomi teneramente. Io sorrido a mia volta, lo saluto e mi affretto ad uscire da questo parco. Aumento il passo mano a mano che mi allontano, finché non mi ritrovo a correre verso casa, sconsolata. Non può davvero pensare che lo abbia baciato per quello stupido motivo, non ne sarei capace. Sento gli occhi pizzicare, ma mi sembra così stupido piangere per questo, non devo farlo. Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, poi apro la porta di casa.
Appena ci metto piede sento mia madre che mi saluta dalla cucina. Senza nemmeno risponderle mi dirigo in camera mia, lascio la borsa sul pavimento e mi butto a pancia in giù sul mio letto.
Sono depressa. Harry pensa che io sia una di quelle ragazze facili a cui piace fare “nuove esperienze” e baciare qualunque ragazzo carino che le si pari davanti. Peccato che non sia affatto vero. Non sono come loro. Io ci metto sentimento in tutto quello che faccio, qualunque cosa. Ho messo sentimento anche quando ho baciato Harry, altroché se l’ho fatto.











Spazio autrice:

Okay, premetto che questo capitolo non mi piace affatto, ma non importa. A volte la vita è molto dura (?) E poi, non avevo altro in mente, e non volevo farvi aspettare oltree:) Spero davvero vi piaccia, e se vi va lasciatemi qualche recensione! Sarebbe fantastico:) A presto! P.S.: Se avete voglia di un po' di Larry, passate a leggere questa storia, è davvero bella e scritta benissimo: We could be a beautiful miracle. 
Oh, c'è anche questa storia che mi piace molto: Red.
Adioooos! :)

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici. ***


Capitolo quindici.
 
È passata una settimana dal giorno in cui io ed Harry abbiamo “risolto”. Ovviamente questo vale solamente per lui, perché per me non abbiamo risolto assolutamente nulla.
 Io non gli sto quasi più parlando, cioè, lo saluto e mentre lui parla sorriso e cerco di seguire il discorso, ma niente di più. Non scherziamo più come una volta, e ogni volta che passiamo del tempo assieme, sento come se stessi soffocando. È una situazione piuttosto asfissiante, ma a quanto pare sono l’unica dei due che se n’è resa conto. Per lui la vita scorre come al solito, nulla di nuovo, nulla di diverso. E questo mi infastidisce, molto.
Comunque, è un sabato pomeriggio e sono seduta sul divano, assieme a mia madre. Mi ha praticamente costretto a raccontarle tutto. Non so nemmeno come abbia scoperto che stavo male. Cioè, forse sì. Ho passato tutta la settimana come uno zombie, sorridendo poco e parlando anche di meno.
Quando oggi a pranzo le ho detto che non aveva fame, mi ha misurato la febbre e mi ha obbligato a sdraiarmi sul divano, con una coperta pesante e il termometro in bocca. Fortunatamente non sono a terra fisicamente, solo psicologicamente, le ho detto. Si è incuriosita e mi ha fatto parlare con la forza.
«…Capisci? Pensava che io fossi semplicemente curiosa di baciare un bel ragazzo, ma non è così. A me lui piace sul serio.» Le dico tutto d’un fiato, trattenendo a stento le lacrime.
Mia madre si alza senza dirmi nulla, e qualche minuto dopo il campanello suona.
«Mamma vai tu.»
Urlo io dal salotto. Dalla porta compare Melanie.
«Che ci fai tu qui?» Le chiedo stupita.
«Da quando in qua non posso venire a trovare la mia più cara amica?» Mi chiede raggiungendomi sul divano. «Da quando hai parlato con Harry non sei più la stessa, e non credere che non me ne sia accorta. Ci stai così male?»
«Molto.» Ammetto, con il termometro ancora in bocca.
Mentre parliamo ci raggiunge mia madre, con un sacchetto di cioccolatini in mano.
«Quello è cioccolato vero o sto sognando?» Le chiedo con gli occhi che mi si sono illuminati dalla sorpresa e dalla felicità.
«Cioccolato vero. Lo tengo da parte per i momenti critici, e questo lo è eccome.» Mi risponde passandomi il sacchetto. Io ne prendo subito uno e poi lo passo a Mel, che fa lo stesso. Dieci minuti più tardi, tutte e tre siamo ancora sedute sul divano, una affianco all’altra, mentre il sacchetto di cioccolatini è sul pavimento, vuoto.
«Ho una teoria.» Dice improvvisamente Mel, con la bocca piena. Io e mia madre ci giriamo a guardarla. «Lo so che probabilmente non ti piacerà sentirlo, ma le amiche si dicono la verità, giusto?»
«Certamente.»
«Ne ho parlato con David» oramai gli racconta qualunque cosa mi riguarda, a quanto pare «e  ha detto che molto probabilmente Harry, non volendo perdere la tua amicizia e nonostante abbia capito quello che provi per lui, ti abbia detto quelle cose per evitare che tu rivelassi i tuoi sentimenti.» Il suo discorso non fa una piega. Anche mia madre sta annuendo.
«Lo so che può essere difficile per te da assimilare, però devi capire che non sempre si può piacere a qualcuno. Questo non vuol dire che tu non sia una ragazza molto carina, e non te lo dico solo perché sono tua madre…»
«Confermo. Sei bellissima. E non te lo dico perché sono tua amica.»
«E invece sì, siete tutte e due di parte.» Ribatto, incrociando le braccia al petto.
«Non è vero.»
Sbuffo. Il discorso di Mel, anzi di David, non fa una piega, ma di certo non mi tira su di morale. Non capisco perché io debba sempre essere “l’amica” e non possa mai essere “la ragazza”.
«Non sopporto vederti giù di morale, Ellybelly.» Mi dice mia madre.
«Tua madre ha ragione, anche io odio vederti triste. Devi riprenderti, uscire. Harry non è l’unico ragazzo sulla faccia della terra, chiaro? Io conosco almeno un milione di ragazzi più belli, con gli occhi più verdi e riccioli castani. Sai cosa tu dico? Oggi si esce. Andiamo da qualche parte, non ti lascerò qui a piangerti addosso. Non servirà a farti sentire meglio, anzi.»
«Esatto. Perché stasera non andate da qualche parte?» Propone mia madre.
«Per esempio?» Dico io con espressione mogia.
«Potremmo andare a mangiarci una pizza, e magari poi andiamo da qualche altra parte. Vedrai che ci divertiremo.»
Io corrugo la fronte. Non so se ho voglia di uscire. Preferisco stare a casa a guardarmi un film strappalacrime in compagnia di pop corn al burro e i miei genitori.
«E se invece ce ne restassimo a casa? Tu e Jess potreste rimanere a dormire qui. Possiamo guardare un film, parlare tra di noi.»
«Assolutamente no. Stasera avevo in programma di uscire con David. Andremo io, tu e lui. Poi potremmo far venire con noi anche Jess e Thomas, che ne dici?»
«Che meraviglia! Passerò un'altra serata come terzo in comodo. Non sto più nella pelle, guarda.» Ribatto sarcastica.
«Non fai altro che lamentarti, Elle. Preferisci venire con noi e passare una bella serata o rimanere a casa e deprimerti?» Sto per rispondere quando vengo bloccata. «E non dire la seconda!»
«E va bene, verrò! Ma se inizierò ad annoiarmi chiamerò mia madre e mi farò venire a prendere, va bene?»
«Va bene.»
«Assolutamente no.» Dice mia madre. «Visto che hai deciso di uscire io e tuo padre passeremo una serata romantica, e non vogliamo assolutamente essere disturbati.»
«Va bene. Andrò assieme a loro e nel caso mi annoiassi tornerò in metropolitana, da sola, con uomini di cui non ci si può fidare, al freddo eccetera eccetera.»
Mia madre non mi sta nemmeno ascoltando. È uscita dalla stanza da un pezzo, credo.
«Allora stasera si esce, guapa. Lo faccio sapere a David e gli altri.»
«Perfetto.»
Verso le sei io e la mia amica saliamo in camera mia per scegliere cosa farmi indossare. Ovviamente niente di esagerato. Rischierei di non sentirmi a mio agio. Mentre Mel sceglie cosa farmi indossare, io sono sdraiata sul mio letto e la sto guardando rovistare il mio armadio. Improvvisamente mi arriva in faccia un vestito. Lo prendo tra le mani e lo guardo.
«Non mi vorrai mica far indossare questo?» Le dico alzando un sopracciglio.
«Perché no? Ti sta molto bene, ricordo quando quest’estate lo indossavi sempre al mare; e poi usciamo perché tu devi cuccare, rimorchiare, flirtare come preferisci.»
«Posso benissimo farlo senza indossare un vestito corto.»
«Be’, vedilo come un incentivo. Ti sarà tutto più facile se lo indossi.»
«Non ci penso nemmeno!»
«Va bene, va bene. Scegli tu cosa indossare.»
«Bene.»
La raggiungo al mio armadio e inizio a setacciarlo da cima a fondo. Qualcosa dovrò pur trovare. Sto per arrendermi quando trovo un paio di pantaloncini neri che non indosso da una vita. Sorrido e li mostro alla mia amica.
«Non fa un po’ troppo freddi per quelli?» Mi chiede la mia amica, scettica.
«Calze collant.»
«Sei un genio.»
«Lo so.» Le dico rigirandomi e cercando una maglietta da abbinare. Alla fine riesco a trovarla e mi precipito a fare una doccia. In cinque minuti finisco e mi cambio. Sopra la maglietta, bianca con delle stampe carine, metto un gilet di jeans e una giacca di pelle nera. Giusto per proteggermi il più possibile dal freddo. Ai piedi metto un paio di anfibi neri. Torno in camera mia e trovo Mel che guarda meravigliata il vestito che poco prima voleva far indossare a me.
«Perché non te lo metti?» Le chiedo.
«Davvero me lo permetteresti?»
«Certamente. Una delle due deve pur far girare qualche testa.»
«Sì, peccato che questa ragazza sia felicemente fidanzata. Comunque non importa, lo indosserò. Ci divertiremo un sacco stasera.»
«Hai già deciso dove andremo?»
«In una pizzeria in centro, David e gli altri ci aspettano lì.»
«Bene. Ci facciamo accompagnare da mia madre.»
Dopo esserci sistemate e dopo che mi sono pettinata i capelli alla bell’è e meglio, scendiamo in soggiorno e chiediamo a mia madre di accompagnarci.
«Certamente. Sei molto carina con quel vestito Mel.» Dice alla mia amica. «Anche tu avresti dovuto indossare qualcosa di simile, Elly.»
Non le rispondo nemmeno, sarebbe fiato sprecato.
Tempo cinque minuti e io e la mia amica siamo in macchina, pronte per andare. Durante il tragitto mia madre ci fa tutte le raccomandazioni possibili, e noi non facciamo altro che rispondere “sì, va bene, non accadrà”. Poi le faccio sapere che sia Jess che Mel verranno a dormire da me.
Dieci minuti più tardi, mia madre ci lascia all’entrata della pizzeria, piuttosto piena.
«Divertitevi!» Ci dice prima di ripartire in quarta, senza aspettare un nostro saluto. Io e Mel ci guardiamo, ridiamo e poi entriamo in pizzeria. Non appena mettiamo piede dentro, vediamo David alzarsi dal tavolo in fondo alla pizzeria e venire verso di noi.
«Ciao ragazze, finalmente siete arrivate.» Ci saluta noi. «Siete molto carine.» Aggiunge, guardando solamente Mel. Certamente, come no. Alzo gli occhi al cielo e mi dirigo verso il nostro tavolo. Appena arrivo Jess si alza in piedi e mi abbraccia.
«Sono contenta che tu sia venuta, speravo l’avresti fatto. Sarebbe stato stupido stare a casa a deprimersi.» Mi sussurra all’orecchio mentre siamo ancora abbracciate.
«Non sei la prima a dirmelo. Ciao Thomas.»
«Ciao Elle, siediti pure.» Mi dice lui, facendomi spazio. Mi siedo, Thomas si siede vicino a me e Jess vicino a lui. Finisco sempre nell’angolino più remoto. Ora se dovrò uscire dovrò praticamente volare sopra tutti. Davanti a me si siede David e vicino a lui la sua ragazza.
«Allora, ordiniamo?» Chiedo. «Sono affamata.»
Ci facciamo portare il menu dal cameriere e iniziamo a sfogliarlo. Alzo la testa per un secondo e guardo gli altri. Tutte e due le coppie stanno scegliendo la loro cena assieme. Questo è il lato negativo dell’uscire con amici fidanzati. Sposto di nuovo gli occhi sul menu e scelgo la mia pizza. Ovviamente, peperoni. Quando il cameriere ci raggiunge di nuovo, comunichiamo le nostre ordinazioni.
Il locale è piuttosto pieno, soprattutto di ragazzi carini. Ma non me la sento assolutamente di alzarmi e andare da qualcuno. Sapete di cosa ho bisogno? Del programma “Plane Jane”, dove aiutano una ragazza a superare le paure, le indecisioni e l’imbarazzo attraverso delle prove, così che lei possa finalmente dichiararsi all’amico che ama da tempo.
Poco prima che le nostre pizze arrivano, sento una voce famigliare vicino al nostro tavolo. Alzo lo sguardo e incontro quello di Harry. Le mani iniziano a tremarmi. Perché è qua? Assieme a lui c’è anche una splendida ragazza.
Dirigo il mio sguardo verso Mel e la guardo afflitta. Lui non doveva esserci, non stasera. David mi guarda, cercando poi di scusarsi. Harry sembra non accorgersi della situazione che si è venuta a creare dopo il suo arrivo.
Assieme alla sua ragazza si siede affianco a Mel e si mette a parlare tranquillamente.

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici. ***


Capitolo sedici.
 
Non è possibile che sia anche qua. Non poteva prendere la sua stupida ragazza e andarsene in qualche altra pizzeria? Ce ne sono così tante qui a Londra. Se poi contiamo anche ristoranti stranieri o inglesi, ce ne sono a bizzeffe.
Pensavo già di divertirmi ma questo complica un po’ le cose. Mentre Harry conversa tranquillamente con gli altri io lo guardo, in silenzio. Non incontra il mio sguardo nemmeno una volta, come se capisse di non doverlo fare. Quando il cameriere porta le prime pizze, Harry e la sua ragazza ordinano. Dieci minuti più tardi stiamo tutti mangiando la nostra pizza. Almeno posso dire di mangiare una pizza buona; l’unica cosa positiva finora. Vista la mia reazione all’inizio, David e Mel cercando di chiacchierare con me, così da farmi distrarre. Sono fantastici.
Per un buon quarto d’ora riesco anche a divertirmi, visto che è come se non sentissi la presenza di quei due. Quando lo capiranno che non sono graditi, almeno a me? Mentre sto mangiando una fetta di pizza, alzo gli occhi e proprio in quel momento i due si baciano. Chiudo gli occhi per un istante, poi capisco di non potercela fare allora mi alzo.
«Scusate, devo andare in bagno.» Dico, cercando di trattenere le lacrime. Essendo in fondo al tavolo, devo praticamente spostare tutti per riuscire ad uscire. Per un attimo incontro lo sguardo di Harry. Mi guarda corrucciando la fronte. Io sposto lo sguardo e mi dirigo verso il bagno.
Sono così triste per quel bacio che continuo a guardare il pavimento ininterrottamente e ho le braccia conserte, come se pensassi intensamente. Improvvisamente sento dire un “attenta” e  subito dopo sbatto contro qualcuno.
«Merda.» Mi lascio sfuggire quando vedo la maglietta di un ragazzo davanti a me, completamente fradicia.
«Come siamo fini.» Risponde lui. Alzo lo sguardo e sto per ribattere, quando noto che il ragazzo sta sorridendo. Sorrido a mia volta.
«Non volevo, davvero.»
«Ora le persone penseranno che sono un alcolista e che non mi so contenere, fantastico.»
«Quella era birra?» Chiedo.
«Esattamente.»
«Be’, la colpa è tua. No avresti dovuto prendere la birra. Avresti dovuto prendere una coca, come ho fatto io.» Lui mi guarda con il sopracciglio alzato. «Ovviamente scherzo. Mi dispiace, dico sul serio. Posso fare qualcosa per te?»
«Se hai una maglietta maschile di ricambio, sì.»
«Ho solamente questa, e credo che sia un po’ piccola per te, mi spiace.» Gli dico indicando la mia e alzando le spalle.
«Non importa, non mi permetterei mai di lasciarti prendere freddo. L’avrei fatto solamente se tu fossi stata un ragazzo.» Mi dice facendomi l’occhiolino. Io sorrido.
«Scusa se ti lascio sistemare i miei danni da solo, ma dovrei andare in bagno.»
«Fai pure. Ma stai attenta quando esci, perché potrei decidere di volermi vendicare.»
«Grazie per avermi informato, starò molto attenta.» Gli dico, dirigendomi poi in bagno.
Quando vi entro mi dirigo al lavandino e mi do una lavata veloce alle mani. Alzo poi lo sguardo verso lo specchio e mi guardo. Ogni traccia della tristezza di poco prima se n’era andata, lasciando spazio ad un sorriso. Quel ragazzo sembrava piuttosto simpatico, oltre che molto carino. Alto, capelli biondo cenere e profondi occhi scuri. Mi piacerebbe tornare a parlarci, ma non sono assolutamente il tipo capace di fare il primo passo.
Dopo essermi data un ultima occhiata, torno dentro. Spero di rivedere il ragazzo, ma di lui nessuna traccia. Sarà in bagno a sistemare ciò che ho combinato. Raggiungo gli altri e torno a sedermi. “Tutto okay?” mima Mel con le labbra. Io sorrido e annuisco.
Dopo aver finito la pizza ordiniamo il dolce. Non avendo più fame io non prendo nulla. Mentre sto aspettando che gli altri finiscano i loro dolci, veniamo raggiunti dal ragazzo di prima. È sicuramente venuto a cercarmi, visto che mi sta guardando.
«Scusate se disturbo la vostra cena, ma vorrei parlare con una certa ragazza che qualche minuto fa ha osato rovesciarmi della birra sulla maglietta, è per caso disponibile? Dovremmo fare un discorso piuttosto serio.»
A queste parole mi metto a ridere.
«Sono stata io, mi ha beccato. Devo proprio seguirla?»
«Certamente. Dovrà pagare per ciò che ha fatto.»
«E va bene. Scusate ragazzi, arrivo tra un po’.» Dico, alzandomi.
Tutti guardano la scena un po’ straniti, mentre Mel ha gli occhi che le si illuminano. Prima che io possa andarmene mima un “wow”. Io sorrido e scuoto la testa divertita.
«Allora, cosa intende farmi?» Chiedo quando ci siamo allontanati abbastanza.
«Era solamente un pretesto.»
«Credo di averlo capito.» Rispondo. « E credo anche che mia madre non sarebbe d’accordo se sapesse che parlo con ragazzi di cui non conosco nemmeno il nome…» Aggiungo, in tono scherzoso.
Anche se in realtà, è proprio vero.
«Se mia madre invece sapesse che dovrà lavare una maglietta per colpa di un ragazza che non si è nemmeno degnata di dirmi il suo nome, si arrabbierebbe.»
«Touschè! Sono Elizabeth, tu?»                                                                                 
«Io sono Jake, piacere mio. Sono contento di averti trovata, sono venuta a cercarti appena ti ho vista al tavolo.» Mi dice, sorridendo teneramente. «Sembravi sollevata quando ti ho portata via.»
«Mi hai osservata fin troppo. Senti, come le chiami questo tipo di cose? Io stalking.»
«Io preferisco chiamarle “tecniche di adescamento”. Funzionano?»
«Non saprei dire… continua a non convincermi questa tecnica. Non so assolutamente niente di te, come faccio a fidarmi?» Lo dico scherzando, ma sono un filo preoccupata.
«Guardami, ti sembro un ragazzo di cui non ci si può fidare?»
«Be’, a giudicare dall’odore di birra che sento, non so se dovrei fidarmi. A mia madre non piacciono i ragazzi che bevono troppo.»
«E alla mia le ragazze con senso dell’umorismo pungente.» A questa affermazione Jake si mette a ridere.
«Okay, hai vinto tu. Con quante altre ragazze ci hai provato, stasera, prima di trovare l’allocca di turno che ha abboccato?»
«Con nessuna più carina di te.»
«Puoi anche smettere di utilizzare i tuoi trucchetti.»
«Va bene. E comunque non ci ho provato con nessun altra, sono rimasto colpito solamente da te.» A queste parole sorrido imbarazzata.
Mentre stiamo chiacchierando tranquillamente, vengo raggiunta da Harry e la sua ragazza.
«Scusa se vi disturbo, ma dovremmo andare noi.» Dice Harry, guardandomi con un occhiata torva e per niente simpatica. Io lo guardo con un sopracciglio alzato. Ma cosa vuole? Sto per ribattere quando veniamo raggiunti anche da Mel e gli altri.
«Noi andiamo, tu vuoi restare qui?» Mi chiede la mia amica.
Guardo Jake, e scuoto la testa. «Meglio se torno a casa.»
«Aspetta. Come faccio a rivederti?» Mi chiede.
«Be’, potresti sperare di essere tanto fortunato che ci incontreremo casualmente in giro per Londra.» Sì, come se fosse una città piccola.
«Oppure» dice, sottolineando la parola. «potrei essere così fortunato da avere il tuo numero.» Mi dice sorridendo speranzoso. Non sono abituata a questo tipo di cose. Arrossisco lievemente. Anche perché mentre io e Jake parliamo, tutti i miei amici ci guardano curiosi.
«Facciamo che vi raggiungo tra poco.» Dico a Mel. Lei mi sorride maliziosa e prende David per mano, poi si allontana assieme a tutti gli altri. Harry sta per dirmi qualcosa, quando la sua ragazza lo prende per mano e si allontana.
«Allora, mi dai il tuo numero? Non per altro, ma dovrò chiamarti per darti la ricevuta della tintoria. Questa maglietta non si lava da sola.»
«Be’, se è solamente per questo, certamente.» Dico sarcastica, prendendo il cellulare dalla tasca e dandogli il mio numero.
«Lo custodirò gelosamente, promesso.»
«Forse è meglio se ora raggiungo gli altri, ci si sente. E scusami ancora per la maglietta. Prometto che se non si lava bene te ne compro una nuova.»
«Ci conto.» Mi dice tornando dal suo gruppo di amici. quando li raggiunge uno di loro gli da il cinque. Tipico dei ragazzi vantarsi con gli amici dopo una “conquista”. Scuoto la testa e mi precipito verso l’uscita della pizzeria.
Mel e David sono fuori che mi aspettano. «Eccomi ragazzi. Dove sono gli altri?»
«Sono andati in qualche locale. Noi che vogliamo fare?» Chiede David.
«Quello che volete.» Rispondo, sorridendo ebete. Sono contenta di aver conosciuto Jake, mi ha distratto dalla faccenda Harry.
«Era piuttosto carino quel ragazzo. Com’è che si chiama?»
«Jake, si chiama Jake.»
«Alla fine gli hai dato il tuo numero?»
«Certamente.»
«Hai visto? È non è stata una bella serata?»
«Assolutamente. Quello che voglio sapere, è perché c’era anche Harry.»
«Colpa mia.» Dice David. «Ho detto ad Harry che stasera sarei andato in pizzeria e molto probabilmente l’ha preso come un invito.»
«Non importa. L’unica cosa che mi ha dato fastidio è stata la sciacquetta che si è portato dietro e il fatto che continuasse a guardarmi torvo. Che cosa gli ho fatto io? Sono io quella che deve guardarlo male, non lui.» Dico sbuffando. «Lasciamo perdere va.» Aggiungo.
Insieme decidiamo di raggiungere gli altri nel pub in cui sono andati. Mando un messaggio a Jess e mi faccio dire dove sono. Dieci minuti più tardi li raggiungiamo in un vecchi pub, molto carino che fa musica dal vivo, jazz e soul.
Appena vi entriamo noto la mia amica e la raggiungo, seguita da Mel e David.
«Eccovi!» Dice Jess. «Allora, com’è andata con quel ragazzo carino?»
«Niente di che» inizio a dire con finta indifferenza - gli ho solamente dato il mio numero.»
La mia amica mi abbraccia. È sempre la solita, gioisce per nulla. Io sorrido.
«Finalmente hai trovato anche tu un ragazzo. Ora potremmo uscire tutti e sei, assieme.»
«Non mi ha nemmeno richiamato e ci conosciamo da poco più di un’ora, non credo che potrei già definirmi felicemente fidanzata.»
«Presto sarà così.» Ribatte Mel.
Dopo aver passato quasi un paio d’ore al pub, i ragazzi ci riaccompagnano a casa mia.
Appena apriamo lentamente la porta di casa, veniamo praticamente investite dall’arrivo di mia madre.
«È quasi mezzanotte! Pensavo foste state rapite.» Ci dice mia madre, preoccupatissima.
«Appunto mamma, è solamente quasi mezzanotte. Di solito la gente torna a casa molto più tardi.» Per tutta risposta le mie amiche annuiscono. Mia madre scuote la testa, ci da la buonanotte e sale in camera sua.
Dopo esserci cambiate velocemente, andiamo in salotto e ci mettiamo a guardare un film, perché non abbiamo per niente sonno. Dopo aver finito il film saliamo in camera mia e tiro fuori i sacchi a pelo per le mie amiche. Dormirei anche io per terra, ma purtroppo non abbiamo un altro sacco a pelo.
«Immagino quanto tu sia rattristata di dover dormire in un comodo e caldo letto.» Mi dice Mel sarcastica.
«Già, a volta la vita è davvero dura per me.» Rispondo mettendomi comoda sul letto. Per tutta risposta mi arriva una cuscinata in testa.
Dopo aver parlato per un po’, tutte e tre ci addormentiamo, stanchissime.









Spazio autrice:

Salve a tutti :) Ho preso una decisione: d'ora in poi aggiornerò molto più spesso. Tipo ogni quattro-cinque giorni. Anche perché è da inizio novembre che mando avanti questa FF, non che non mi piaccia farlo, ma non voglio farvi aspettare troppo :). Spero che il capitolo vi piaccia, a me non convince molto, ma non importa. Fatemi sapere se vi piace! A presto :)

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette. ***


Capitolo diciassette.
 
Apro gli occhi e mi guardo attorno. Sono su una collina, intorno a me il nulla, davanti a me il mare. Il cielo è grigio, e del sole non c’è traccia. Le onde del mare si infrangono contro scogli frastagliati provocando un rumore che mi giunge alle orecchie e mi rilassa. Improvvisamente sento in lontananza della musica classica. I violini, il pianoforte e un contrabbasso. Questa melodia mi suona famigliare. Mi avvicino al dirupo e guardo in basso, improvvisamente vengo spinta da qualcuno. Poco prima di cadere incontro due occhi verdi vitrei, che mi guardano torvi.
Finisco contro gli scogli e apro gli occhi, sono viva, ma questa volta mi trovo in camera mia, sul pavimento. Era soltanto un sogno, anzi, un incubo. Continuo a sentire la melodia, proviene dal comodino. Lentamente mi alzo con gli occhi ancora assonati.
«Rispondi, maledizione.» Mi sento dire da Melanie, comodamente sdraiata sul mio letto. Un momento, che ci fa sul mio letto? Assieme a lei c’è anche Jess, rannicchiata su se stessa.
Prima di fare domande a quelle due prendo il cellulare e risposto, con la voce ancora impastata dal sonno.
«Ti ho svegliata?» Mi sento dire da una voce maschile. Merda, è Jake.
«No, affatto.» Dico, cercando di avere un tono di voce normale e non da ragazza appena svegliata bruscamente. Purtroppo il mio corpo non risponde e sbadiglio.
«Scusami, non volevo svegliarti. È che sono le undici e pensavo fossi già in piedi, se vuoi ti richiamo più tardi.»
«No, non ti preoccupare. Scusami tu. Solitamente la domenica mattina mi alzo anche piuttosto presto, ma stanotte non ho praticamente chiuso occhio. Mi hai chiamata per un motivo in particolare?» Chiedo sorridendo. Nel frattempo Mel si è svegliata e mi sta guardando incuriosita. È piuttosto buffa, con i capelli scompigliati e il trucco sbavato.
«Certamente. Ho qua la ricevuta della tintoria e vorrei un risarcimento, il più presto possibile. Ovviamente con risarcimento intendo appuntamento.» Aggiunge poi, ridendo.
«Non lo so, sono una ragazza piuttosto impegnata. Controllo un attimo l’agenda.»
«E invece non controlli niente. Voglio uscire con te.»
«E va bene. Ma sono sul serio una ragazza molto impegnata. Vado a scuola.»
«Anche io. Se ti va ti passo a prendere uno di questi giorni e potremmo andare a fare qualunque cosa tu voglia.»
«Qualunque?»
«Certamente.» Mi sembra quasi di vederlo sorridere dall’altra capo del telefono.
«Va bene, mi hai convinto. Mercoledì?»
«Perfetto. Che scuola frequenti?»
«Posso fidarmi e dirtelo?»
«Certamente. Non sono mica uno stalker. Altrimenti in questo momento sarei fuori da casa tua e starei cercando di scoprire il più possibile su di te. A proposito, non guardare fuori dalla finestra.» Mi dice. Io strabuzzo gli occhi e mi dirigo subito alla finestra, ma non vedo nessuno.
- Scommetto che l’hai fatto.»
«Già.» Ammetto ridacchiando.
«Allora ci vediamo mercoledì…»
«Alle due.»
«Alle due, va bene. Mi riconoscerai?»
«Ovviamente. Non sono io quella che ieri sera ha bevuto fin troppo.» Per tutta risposta scoppia a ridere.
«Be’, nel caso te ne fossi dimenticata, io sono il ragazzo dagli occhi scuri e da i capelli biondi, ricorda.»
«Certo, come se fossi l’unico.»
«Mi riconoscerai, perché sono quello dal sorriso meraviglioso.»
«E megalomane. Mi ricorderò di sicuro.»
«Ti lascio tornare a dormire, ci vediamo mercoledì.»
«A mercoledì.» Dico riattaccando.
«Allora uscite mercoledì.» Mi dice Mel tutta agitata mentre va da un opposta all’altro della stanza, sorridendo come una psicopatica. Io annuisco.
«Cosa diavolo ci facevi nel mio letto e perché mi hai spinto per terra?!» Le chiedo ricordandomi la brutta caduta di pochi minuti fa.
«Ero scomoda sul pavimento, e faceva freddo. Io e Jess siamo pur sempre ospiti. Avresti dovuto dormire tu, sul freddo pavimento fino a farti congelare le chiappe!»
«E invece no. La casa mia e le decisioni le prendo io. Ora se non ti dispiace vado in bagno e mi faccio una doccia.»
«Assolutamente no, prima gli ospiti!» Mi sento dire dalla mia amica, e prima che possa dire qualcosa lei corre fuori dalla mia stanza e si dirige in bagno. È sempre la solita.
Ne esce dieci minuti più tardi, fresca come una rosa, e con addosso i vestiti che ieri indossava prima di mettere il mio vestito.
«Ora tocca a me, nel frattempo tu sveglia la bella addormentata.» Le dico alludendo a Jess.
Quando quindici minuti più tardi torno in camera, Jess sta ancora dormendo rannicchiata sul letto, ma questa volta è avvolta da una coperta e Mel si diverte al mio computer.
«Non mi sembra di averti detto di rimboccare le coperte a Jess.»
 Sai com’è Jess, è difficile svegliarla.»
«Di certo non possiamo lasciarla dormire fino a tardi. Dai, dammi una mano.» Sbuffando Mel si alza e mi raggiunge ai piedi del letto, proprio dove si trova Jess.
«Jess, svegliati.» Le dico scuotendola leggermente.
«Sei fin troppo dolce con lei.» Mi dice Mel praticamente spingendomi dall’altro lato della stanza. «Jess! Alza le tue chiappe d’oro dal letto, l’ora di dormire è passata da un pezzo.» Le dice urlando. Dalla nostra amica non riceviamo alcun cenno.
«Al tre la buttiamo giù dal letto. Uno, due…»
«Meglio di no Mel, potrebbe farsi male.»
«Tre!» Senza nemmeno ascoltarmi Mel sta per buttare Jess giù dal letto, quando la nostra amica si sveglia di scatto e strabuzza gli occhi alla vista di Mel che la guarda come se fosse posseduta.
«Finalmente ti sei svegliata.»
«Perché che ore sono?»
«Mancano quindici minuti a mezzogiorno.» Le comunico.
«È così tardi?!» Dice alzandosi e stiracchiandosi. «Scusa se ho dormito per così tanto, e scusa per averti espropriata del tuo letto. Mel mi ha praticamente obbligato.»
«Non importa. Vai a farti una doccia alla svelta, così possiamo andare a fare colazione. La cucina non rimarrà aperta a lungo.»
«Agli ordini.»
Mi dice la mia amica dirigendosi verso l’uscita della mia camera. Io e Mel sistemiamo la mia camera e aspettiamo il ritorno di Jess. Dieci minuti più tardi ci raggiunge e assieme andiamo in cucina. Mia madre è ai fornelli e ci prepara una colazione all’inglese doc. Perfetto, perché sto morendo di fame. Qualche minuto dopo mia madre ci mette davanti al naso piatti pieni di schifezze/meraviglie/bombe caloriche. Per un giorno abbiamo saltato la nostra assurda dieta, solamente perché ci sono ospiti.
Dopo la colazione io, Mel e Jess andiamo in salotto e ci sediamo sul divano a guardare la televisione. Giusto per smaltire la nostra colazione.
Durante il pranzo, ci ritroviamo tutte a parlare di Jake
«È super carino, quel Jake.»
«Assolutamente. Ed è anche molto preso da te. Hai visto come ti guardava mentre parlavi?»
«Non esagerate ragazze.» Dico arrossendo.
«Non stiamo affatto esagerando.»
«Preferisco cambiare discorso. Stanotte ho fatto un sogno piuttosto strano, molto inquietante, su Harry.»
«Ancora con questo Harry?» Mi dicono le mie amiche insieme.
«Non è colpa mia, è il  mio subconscio che non fa altro che pensare a lui. E poi, una cotta non passa in uno schiocco di dita. A me piace ancora, e uscire con Jake mi farà bene. Almeno credo. Voglio dimenticare quello stronzo e concentrarmi su altro.»
«Ben detto! È così che si parla. Devi uscire, divertirti ed eliminare dai tuoi pensieri quegli occhi…»
«Così verdi e intensi, ho sempre amato il verde. E quei riccioli così, così…» Inizio a dire, incantata dal ricordo di quel ragazzo perfetto.
«Elle, torna sul pianeta terra e scordati il pianeta Harry.»
«Sì, scusate. Non è perfetto, è stronzo. E ieri si è comportato peggio del solito.»
Dopo pranzo accompagno lei mie amiche alla porta e le saluto con abbraccio piuttosto lungo. Hanno organizzato un appuntamento a quattro e mi hanno chiesto se ho voglia di andare con loro, ovviamente ho detto di no. Sono stata il terzo in comodo fin troppe volte.
«Ci vediamo domattina a scuola.»
«Certamente.» Dicono allontanandosi.
Dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, raggiungo mia madre in cucina e la aiuto a sparecchiare e a mettere i piatti in lavastoviglie.
«Com’è andata la serata, ieri?» Mi chiede sorridendo mentre le passo le posate.
Alzo le spalle. «Normale.»
Mia madre alza gli occhi al cielo. «Ma perché voi adolescenti non fate altro che rispondere “normale”? Non vuol dire assolutamente nulla quella parola. Io ti chiedo: com’è andata la scuola e tu “normale”, com’è andata l’interrogazione? E tu di nuovo: “normale”.»
«Okay mamma. Mi sono divertita molto ieri sera. Abbiamo mangiato la pizza, abbiamo parlato e mercoledì ho anche un appuntamento.» Le dico.
«Cosa, cosa, cosa? Un vero appuntamento?»
Perché è così stupita? Non può credere che anche io possa trovare un ragazzo?
«Già. Ma non ti esaltare.»
«Ma è fantastico, meraviglioso. Come si chiama il fortunato? Quanti anni ha? Un attimo» dice mia madre perdendo tutta la gioia che sprizzava fino a quel momento «Io lo conosco? Non dirmi che lo hai incontrato in giro e non lo conosci bene. Non voglio che esci con ragazzi di cui sai solamente il nome.»
«Mamma, per favore. Non mi rovinare questo momento. Il ragazzo che ho conosciuto sembra simpatico ed è a posto. Prima di lasciargli il mio numero gli ho fatto il test antidroga e gli ho misurato il livello di alcool presente nel sangue, non ti preoccupare.» Le dico sarcastica.
«Sarà meglio accertarsene. Quando verrà a prenderti gli farò qualche domanda.»
«Fai quello che vuoi.» Tanto mi verrà a prendere a scuola, ma questo mia madre non lo sa. Sembra che scherzi ma sono sicura che sarebbe capace di farlo sul serio.
Mentre chiacchieriamo mio padre entra in cucina. La domenica è forse l’unico giorno in cui si sveglia senza sembrare un cadavere. Forse perché dorme fino a dopo l’ora di pranzo.
«Buongiorno bellezze.» Ci saluta, stampando un bacio sulle labbra a mia madre che sorride come una quindicenne. Nemmeno io a quindici anni mi comportavo così, e non lo faccio nemmeno adesso che di anni ne ho sedici.
«Di cosa stavate parlando?»
«Niente.» Tento di dire.
«Nostra figlia mercoledì uscirà con un ragazzo.» Afferma subito mia madre.
«Un ragazzo? E chi sarebbe, lo conosco?»
«A meno che tu sia la regina d’Inghilterra o vada ancora a scuola, non credo che lo conosci.»

«Allora dovrei conoscerlo. Io non mando mia figlia in giro per Londra con ragazzi sconosciuti.» Non mi degno nemmeno di rispondere a questa affermazione, mi accontento di alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa.










Spazio autrice:
Hei bellezzeee! Avete visto quanto sono stata veloce a postare il capitolo? Non succede niente di che, a parte il fatto che Jake chiede ad Elle di uscire. E' carino, non trovate? Niente in confronto ad Harry, ma per adesso, ci accontentiamo! :) Spero che vi piaccia il capitolo, e il prossimo lo mettero prestissimo, l'ho già scritto ;) A prestissimo!

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto. ***


Capitolo diciotto.
 
Avete presente la domanda che vi ho fatto qualche settimana fa? Quella che riguardava lo svegliarsi la mattina, felici come una pasqua? Ecco, stamattina mi sono svegliata felice. Cosa che per altro non mi è mai successi in sedici anni di vita. Credo però che potrei abituarmi ci fin da subito.
Oggi è mercoledì, quindi questo vuol dire appuntamento con Jake. Rivederlo, e sperare di dimenticare quello stronzo, antipatico e stupido di Harry. È stata Mel a suggerirmi di insultarlo ogni volta che penso a lui, sembra che questo mi aiuterà a dimenticarlo in fretta.
Chissà se funziona sul serio. Stiamo a vedere.
Essendo ancora a letto, mi alzo velocemente e vado a farmi una doccia. Dopo essere uscita, mi asciugo i capelli accuratamente e li spazzolo altrettanto bene. Devo o non devo essere perfetta oggi?
Dopo i capelli, torno in camera mia e apro l’armadio. Non posso semplicemente prendere i primi vestiti che mi capitano a tiro. Non voglio fare alcuna brutta figura con Jake. Jake. Jake. Il suo nome mi risuona nella testa.
Dopo qualche minuto riesco finalmente a prendere una decisione: oggi mi metterò una gonna. Ne ho una piuttosto carina, rossa e nera. Riesco a trovarla subito, la prendo assieme ad una maglietta bianca e un paio di calze collant nere, pesanti.
Dopo essermi cambiata, mi metto un filo di mascara, prendo la borsa e scendo in cucina, dove mi aspetta un bicchiere di latte per la colazione.
Mentre sto mangiando, con la coda dell’occhio noto mia madre che mi sta fissando. Faccio finta di niente per un po’, ma poi inizia ad essere piuttosto fastidiosa. Alzo la testa.
«Cosa c’è? »
«Sei truccata.» Nota mia madre, portando gli occhi a fessura.
«Sì, allora? Non è la prima volta che mi metto il mascara.»
«Non lo hai mai messo per andare a scuola. Un motivo in particolare?» Continua.
«Mamma, perché mi stai torchiando così? »
«Voglio solamente sapere. »
«E io non voglio fartelo sapere, d’accordo?» Le dico alzandomi e poggiando la tazza sul lavello. Mia madre sta per rispondermi, quando sento il campanello suonare. Finalmente.
«Meglio se vado mamma.» Le dico mentre mi infilo la giacca di pelle. «Dimenticavo, questo pomeriggio torno più tardi.»
«Posso sapere il motivo, oppure anche quello è segreto?»
«Devo uscire con degli amici.» Le dico vaga, dopodiché apro la porta ed esco.
La mia amica mi sta aspettando impaziente.
«Andiamo Elle. »
«Come mai tanta fretta?»  Le chiedo porgendole una cuffietta e mettendo la musica.
«Ho freddo, ecco perché voglio arrivare a scuola in fretta e furia.»
Dopo aver indossato le cuffiette le porgo il mio lettore e le faccio scegliere la canzone.
«Oggi ho voglia di scatenarmi.» Mi dice optando per Celebrity Skin.
«Ottima scelta.»
Mentre ci dirigiamo verso la scuola iniziamo a canticchiare quella canzone, eseguendo ogni tanto qualche passo a ritmo di musica. Per chiunque non ci conoscesse potremmo sembrare fuori di testa, e non possiamo dargli torto.
«Mel, la gente ci sta guardando male.» Le sussurro dopo un po’.
«E che ti importa?» Risponde continuando a canticchiare. Io non ribatto nemmeno, meglio lasciar perdere.
Dopo qualche canzone e qualche occhiataccia, arriviamo davanti alla scuola, dove notiamo subito la presenza di David e di Jess. Quest’ultima appena mi nota mi indica incredula. Io la guardo stranita, e ora che cos’ha?
«Elizabeth Olive Grant! Indossi la gonna?» Dice la mia amica praticamente urlando e attirando l’attenzione di chiunque nel raggio di chilometri. In poche parole anche i Russi l’hanno sentita.
«Già.» Le dico appena sono vicino a lei, tappandole poi la bocca. - Deve proprio venire a saperlo tutta la scuola?»
«Stai benissimo! Come sei carina con la gonna.» Mi dice sorridente, come se fosse la prima volta che la indosso.
«Grazie mille.» Rispondo abbracciandola.
«Ovviamente l’ha indossata per un motivo in particolare. - Le dice Mel facendomi l’occhiolino. Quante insinuazioni. La campanella suona.
«Dai entriamo, va’.» Dico prendendo Jess sottobraccio e dirigendomi verso l’entrata della scuola. «Ci vediamo a mensa, Mel.»
«Dov’è il tuo Romeo, mia Giulietta?» Le chiedo alludendo a Thomas.
«Si è preso la febbre.» Mi risponde mogia.
«Allora dopo tanto tempo potrò averti tutta per me.» Le dico dandole un buffetto sulla guancia ed entrando in classe.
La prima ora abbiamo letteratura. Da quando ho insultato il professore non fa altro che guardarmi in cagnesco e commentare qualunque cosa sbagliata io faccia. Si può dire che sia peggiorato, ma meglio evitare di insultarlo un'altra volta. Giusto perché non mi va di sorbirmi un’altra sgridata di mia madre.
Dopo tutte le ore mattutine arriva quella del pranzo. Senza nemmeno aspettare che la mia amica sistemi i libri in borsa, la prendo e corro verso la mensa. Sto davvero morendo di fame, e tutto è incentivato dal nervosismo dato dall’appuntamento di questo pomeriggio. Quando sono nervosa non faccio altro che mangiare, ed è un male. Normalmente quando le persone sono nervose perdono l’appetito. Be’, io lo acquisisco.
Per pranzo prendo doppia razione di patatine fritte, e sto per prendere anche due hamburger, ma purtroppo vengo fermata dalla mia amica che mi guarda severa e mi induce a cambiare idea.
«Mangiare come un maiale non ti farà sentire meno preoccupata per oggi.» Ha ragione.
Dopo questa perla di saggezza ci dirigiamo verso il nostro tavolo, dove ci stanno aspettando tutti. Tutti tranne quel deficiente patentato di Harry e la sua ragazza di turno. Ancora insulti.
Quando ci sediamo, mi fiondo subito sulle mie patatine fritte. Qualche minuto dopo veniamo raggiunti da Harry, che stranamente e assieme alla stessa perfetta ragazza dell’altro giorno, quella della pizzeria. Non mi ricordo nemmeno di averla mai vista nella nostra scuola.
Lui ci saluta e si siede, mentre io riesco a malapena a parlare con la bocca piena. Il mio saluto sembra più il lamento di un animale in agonia, ma non importa.
L’accompagnatrice di Harry mi guarda disgustata, ma io farò finta di nulla, non mi va di tirare fuori un putiferio.
Mentre noi chiacchieriamo, Mel sposta il discorso su di me.
«Tu piuttosto, Elle, sei pronta per questo pomeriggio?» Mi chiede sorridendo sorniona. Io le lancio un occhiataccia. Dobbiamo proprio parlarne qui, adesso?
«Prontissima.» Rispondo, cercando poi di svitare il discorso su qualcos’altro. «Comunque…»
La ragazza non mi fa nemmeno parlare.
«Chissà come sarà contento quel ragazzo, di vederti. Come hai detto che si chiamava?»
«Jake.» Biascico, lanciandole un’occhiata eloquente. Dovrebbe capire che non ne ho molta voglia di parlarne, non davanti a tutti.
«Impossibile che non sia dolce e carino. Tutti i Jake sono dolci e carini.»
«Hei! Guarda che hai il tuo ragazzo vicino.» Le fa notare David.
«Ovviamente i David lo sono di più.» Aggiunge, sorridendo dolce al suo innamorato. Io scuoto semplicemente la testa.
«Jake è il ragazzo che hai incontrato in pizzeria?» Mi chiede Harry. Sposto il mio sguardo su di lui e incontro i suoi occhi verdi che mi scrutano incuriositi.
«Esatto. Il ragazzo con cui stavo parlando quando mi hai bruscamente disturbata. - Aggiungo cinica. Magari capisce di avere sbagliato quel giorno.
«Ah, quello la.» Dice annoiato spostando lo sguardo e sussurrando poi qualcosa che non riesco a sentire.
«Hai per caso detto qualcosa?» Gli chiedo, infastidita dal suo comportamento da ragazzino immaturo.
«Sì.» Mi risponde con uno sguardo carico di sfida. «Ma non mi va di ripeterlo ad alta voce. Non voglio far fare brutta figura al tuo amichetto.»
«Se hai qualcosa da dire su Jake fai pure.» Continuo io. Perché diavolo è diventato così ostile e scontroso con me? Mentre stiamo parlando suona la campanella. Tutti si alzano velocemente come se avessero fretta di andarsene.
Rimaniamo solamente io, Harry e la sua ragazza ficcanaso.
«Allora, puoi ripetere quello che hai detto?» Chiedo, cercando di avere un tono gentile.
Mi impongo di non perdere il controllo.
«Ho solamente detto che mi sembra leggermente sfigato.» Mi risponde come se mi avesse lanciato un guanto di sfida. «L’unico posto in cui riesce a trovare una ragazza disponibile è in una pizzeria.»
«Vaffanculo Harry, con tutto il cuore.» Sbraito alzandomi e precipitandomi fuori dalla mensa.
Perché diavolo mi deve trattare in questo modo? Non lo sopporto, mi piace ancora, ma non lo sopporto affatto. Quello che voglio fare ora è uscire con Jake e divertirmi.
Aspetto quel momento con ansia, durante tutte le ore pomeridiane. Alle due esatte la campanella suona. Saluto Jess che mi augura buona fortuna e mi dirigo verso il mio armadietto per lasciare i libri che non mi servono. Dopo aver sistemato l’armadietto e essermi sistemata i capelli allo specchio dei bagni femminili, corro verso l’uscita.
Appena sono fuori non notando Jake, lo aspetto davanti all’entrata. Puntualmente si mette a piovere, e avendo dimenticato l’ombrello devo per forza mettermi il cappuccio.
Mentre aspetto noto in lontananza un ragazzo biondo che si guarda intorno spaesato, deve proprio essere lui.
Mi dirigo verso di lui, però rincontro Harry che prima mi guarda e poi segue il mio sguardo, venendo anche lui Jake.
Prima di andare via, gli dico un ultima cosa.
«Sì, me ne vado con lo sfigato. Ma è sempre meglio essere come lui che essere uno stronzo senza cuore come te. Come hai potuto insultarmi? Quello che hai detto mi ha ferita. Davvero credi che io sia l’unica ragazza disponibile e che mi faccia abbindolare da qualunque ragazzo? Bella considerazione che hai di me, sul serio.»
Dopo queste parole me ne vado senza nemmeno lasciarlo rispondere, e raggiungo Jake che è girato.
«È forse me che stai cercando?» Gli chiedo. Lui si gira e mi sorride.
«In realtà stavo cercando un'altra ragazza, ma tu sei mille volte più carina di lei. Andiamocene presto, così non se ne accorge.»
- Non sarebbe troppo cattivo da parte tua fare una cosa del genere? Lei ci potrebbe rimanere davvero male.» Dichiaro, stando al gioco.
«Non è colpa mia. Non ti sei portata un ombrello?» Mi chiede poi. E senza aspettare risposta apre il suo.
«Grazie mille, bel giovanotto.» Rispondo, facendo scivolare, molto casualmente s’intende, il mio braccio in mezzo al suo, rimanendo a braccetto.
Proprio come i vecchi.
Dopo questo piccolo scambio di battute iniziamo ad incamminarci.
«Allora, cosa hai voglia di fare, adesso che siamo insieme?»
«Ma come, non ti sei preparato una lista di cose da fare?»
«Nah, non mi piacere programmare tutto prima. Mi piace dare libera scelta.»
«Meglio così. Anche se stavolta dovrai scegliere tu, perché io sono brava a decidere dove andare. Sembra che persino i turisti conoscano Londra meglio di me.»
«Nessun problema. Conosco questa città come le mie tasche.»










Spazio autrice:

Eccomi, chicas! Che ne dite del capitolo? A me non piace molto, come al solito, ma non importa... Non volevo farvi aspettare troppo c: Come avete notato Harry è diventato un po', come dire, stronzo e insopportabile... chissà perchè c: Hahahaha. Oooookay, non ho niente da aggiungere, fatemi sapere cose ne pensate, mi farebbe mooolto piacere (: Ci sentiamo al prossimo aggiornamento, che arriverà prima di quanto voi crediate! Un beso c:

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannove. ***


Capitolo diciannove.
 
Camminiamo per le strade di Londra, chiacchierando e scherzando. Non abbiamo una meta precisa, ma non importa perché ci stiamo divertendo un sacco. Jake è davvero un ragazzo simpatico e divertente, e non sembra vergognarsi mentre si comporta in modo buffo. Che carino.
«Hai fame?» Mi chiede.
«Sì, ma è meglio che io non mangi.» Non si sa mai quanto potrei mangiare. In queste occasioni sono una buco senza fondo.
«E come mai?» Domanda, stranito dalle mie parole.
«Semplicemente perché sono nervosa. E quando sono nervosa ho una fame incontrollabile. E ti assicuro che non è un bello spettacolo vedermi in queste circostanze.» Gli dico sorridendo. Lui mi guarda con uno strano sorriso sulle labbra, un po’ sornione.
«Cosa c’è? Ho detto qualcosa di strano?»
«Sei nervosa. Come mai sei nervosa?» Mi dice continuando a sorridere in quel modo. Io arrossisco fino alla punta dei capelli.
«Nessun motivo in particolare.» Mento, spostando lo sguardo.
«Davvero? Pensavo che fosse la mia presenza a renderti nervosa.
«Affatto.
«Meglio così.» Mi dice. «Comunque io ho fame, quindi andiamo a mangiare.»
«Ai suoi ordini.» Rispondo scherzosa.
Entriamo nel primo Starbucks che incontriamo lungo la strada e mentre io vado a sedermi, lui va ad ordinare cioccolata per due e biscotti. Nel frattempo mi riprometto di controllarmi. Mangiare piano, bere altrettanto piano e soprattutto evitare di fare figuracce, non al primo appuntamento, almeno. Più avanti se ne riparlerà, a meno che ci sia un altro appuntamento tra me e Jake.
Cinque minuti più tardi, mentre sono immersa nei miei pensieri e sto guardando la pioggia che cade sull’asfalto, Jake torna con le ordinazioni e si siede davanti a me. Sono così concentrata a guardare le gocce che cadono che non mi accorgo del suo arrivo.
Lui mi guarda divertito.
«Ci sei Effy?» Mi chiede sventolandomi una mano davanti al viso. Io torno sulla terra e gli sorrido.
«Sì, scusami.»
«Non ti preoccupare. Ti infastidisce se ti chiamo Effy?»
«Affatto.» Dichiaro sorridendo e iniziando a sorseggiare la mia cioccolata calda. Ci voleva proprio con un tempo del genere. Anche lui mi imita e nel frattempo ci mettiamo a parlare di qualunque cosa. Jake fa sempre battutine che mi fanno morire dal ridere. Non so come ci ritroviamo a parlare della sera in cui ci siamo incontrati.
«Volevo chiederti scusa per Harry, che è venuto ad infastidirci.»
«Harry è il tuo amico, quello riccio?»
«Non è mio amico.» Rispondo truce, ritornando in me subito dopo. «Scusami.»
«Non importa. Non fai altro che scusarti per qualunque cosa.»
«Sì, scusa. Ops, l’ho fatto un'altra volta.»
«Non hai niente da perdonare, soprattutto a me, chiaro? Io invece ti devo ringraziare di essere uscita con me oggi, mi sto divertendo molto.»
«Anche io. E ti devo ringraziare per avermi portato via quella sera. Se fossi rimasta qualche minuto di più sarei scoppiata e avrei fatto una strage.» Partendo sicuramente da Chelsea, l’amichetta di Harry.
«L’ho fatto con piacere. Mi sembravi piuttosto annoiata quanto ti ho raggiunto al tavolo.»
«Più che annoiata ero disperata. Te l’ho detto, non avrei resistito un secondo in più.»
«E come mai?»
«La colpa è tutta del riccio, ma non mi va di parlarne in questo momento. Deprimerei te e anche me. Meglio cambiare discorso.»
«Certamente. Te l’ho già detto che sei carina?» Mi chiede sorridendo dolcemente.
Fingo di pensarci per qualche secondo. «Mmm, vediamo. Almeno trecento volte. E io ti ho già ringraziato e detto che mi metti in imbarazzo continuando a dirmelo?»
«Certo, almeno trecento volte.» Risponde a sua volta. «Hai già finito la tua cioccolata?» Mi chiede poi, sorpreso.
«Ti avevo avvertito, caro mio.»
«Vuoi qualcos’altro?»
«No grazie. Finisci velocemente la tua e andiamo a farci un giro lungo il Tamigi.»
«Con questa pioggia?»
«Certamente. La pioggia non mi ha mai fermato, e non lo farà nemmeno stavolta. Se ti fai fermare dal tempo atmosferico e dall’umidità non sei un vero londinese. Dovresti esserci abituato.»
«In realtà io non sono di Londra. Vengo dagli Stati Uniti, ma mi sono trasferito qui quando avevo soltanto cinque anni.
«Avrei dovuto capirlo dall’accento lievemente americano. Da quale parte degli Stati Uniti ti sei trasferito?»
«California.»
«Che meraviglia. Anche io vorrei vivere in un posto del genere. Dove c’è il sole praticamente tutto l’anno e dove posso andare a fare un giro in spiaggia quando ne ho voglia. Magari con i pattini, come mostrano nei film.»
«Be’, anche qui c’è il mare.» Dice lui, pratico.
«Ma non c’è confronto con quello in California.»
«Hai ragione.»
Dopo che anche Jake ha finito la sua cioccolata ci andiamo ed andiamo a pagare. Lui si offre per pagare anche la mia cioccolata, ma io mi rifiuto. Anzi, pago per entrambi.
«È frustrante non poter pagare la propria cioccolata e farsi offrire dagli altri.» Mi dice appena usciamo dallo Starbucks e ci dirigiamo verso il Tamigi.
«Ora sai come ci sentiamo noi ragazze, ogni volta che usciamo con voi. O almeno, con quelli più educati di voi uomini. Non tutti ti offrono la cena.»
«Cioè, voi ragazze vi offendete se un ragazzo non vi offre la cena al primo appuntamento, ma se paga per voi fate di tutto per contestare la cosa. Siete proprio strane.»
«Esatto. È una mente complicata la nostra.» Rispondo ridendo.
Quando dieci minuti più tardi arriviamo davanti al Tamigi, ci sediamo su una panchina, nonostante sia piuttosto fradicia e continuiamo a parlare. Non credo di aver mai rivelato così tante cose di me, ad un ragazzo. Anche se la maggior parte dei nostri discorsi, riguarda cose di poco conto.
«Raccontami un po’ della tua famiglia. » Mi chiede poi.
«Non è niente di speciale, la mia famiglia. Non veniamo dall’altra parte del mondo, come la tua.
«Non importa, parlamene. Hai fratelli, sorelle, cani, gatti?» Mi chiede. Sembra veramente interessato a sapere quante più cose sul mio conto.
«Sono figlia unica. Però la cosa non mi è mai pesata. Solitamente i figli unici vivono un infanzia abbastanza solitaria, ma io ho passato molto tempo con mia madre e con alcune amiche. Molte volte, avendo passato diverso tempo con i miei genitori, le persone che mi incontravano dicevano che ero piuttosto matura per la mia età. Anche se ora a giudicare da come mi comporto, non sembro più grande.» Gli dico ridendo. « Comunque, non ho animali di nessun genere. Mia madre andrebbe fuori di testa.»
Forse l’unica cosa interessante della mia famiglia sono le origini di mio padre.
«E quali sarebbero?»
«La madre di mio padre, mia nonna,  è Norvegese.»
«Norvegia. Non è quel paese a nord dove fa abbastanza freddo, e dove di notte puoi vedere l’aurora boreale?»
«Esattamente.»
«Ma di solito le norvegesi non sono alte, con occhi azzurri e capelli biondi?
« Be’, diciamo che ho preso dalla famiglia di mia madre.
«Ed è un bene. Preferisco le more occhi verdi che le bionde occhi azzurri.» Mi dice sorridendo teneramente. Si può flirtare così spudoratamente, ma nello stesso tempo in modo così carino? Mi chiedo. «Sai per caso qualche parola in norvegese?»
«Be’, qualcosa sì.»
«Dimmi qualunque cosa.»
«Jer er virkelig nyter det.» Gli dico. «Vuol dire mi sto divertendo molto.»
«Mi piace il norvegese. E come si dice, sei carina?
«Devo proprio dirtelo?
«Certamente.»
«Du er søt. Non mi chiedere nient’altro.» Gli dico poi, sbrigativa.
«Va bene.» Mi dice, poi si alza e si avvicina alla riva del fiume. Io lo imito e assieme guardiamo quell’acqua che sembra aver assunto un colore grigiastro, quasi come il colore del cielo nuvoloso. Per un attimo rimaniamo in silenzio, ognuno con i propri pensieri per la testa.
«Comunque…» Inizia a dirmi Jake dopo un po’.
«Sì?»
«Du er søt.» Mi dice, cercando di avere un accento il più possibile norvegese. Io sorrido.
«Grazie, ma ora siamo arrivati a trecentouno.»
«Be’, non è più romantico se te lo dico nella tua lingua d’origine?»
Ha ragione. È maledettamente romantico. Gli sorrido, e sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Ora inizia a farmi male. Questo vuol dire che ho voglia di baciarlo? Ho un po’ di paura. Ci sono casi in cui non riesco a reagire impulsivamente, e questo è uno di quelli. Non so cosa fare, e inizio a picchiettare con l’unghia sulla ringhiera di ferro. Prima inizio piano, poi aumento sempre di più, quasi convulsamente.
Improvvisamente Jake mette la sua mano calda sulla mia, e mi ferma.
«Anche questo è dovuto al nervosismo?» Mi chiede.
«Penso proprio di sì, anzi ne sono sicura.»
«Non ti devi preoccupare, dico sul serio.» Peccato che sia molto più facile dirlo, che farlo. Nonostante io abbia smesso di picchiettare con l’unghia, Jake continua a tenere la sua mano sopra la mia. Io la guardo e sorrido.
«Dal tuo sorriso devo dedurre che non ti infastidisce se lascio la mia mano sopra la tua.» Alle sue parole arrossisco lievemente.
«Pensavo che non mi stessi guardando.
«Non faccio altro da quando sono venuto a prenderti a scuola. - Mi dice. Io lo guardo nei suoi occhi scuri, e lui si avvicina e mi bacia.
Al contatto, io chiudo gli occhi. Le sue labbra sono morbide e calde, mi sento una meraviglia. Improvvisamente però, mentre continuiamo a baciarci, mi accorgo di pensare ad Harry. Mi torna in mente il giorno in cui l’ho baciato. Stacco le mie labbra dalle sue e cerco di riprendermi.
«Che c’è, ti ho morso?» Mi chiede lui, ritraendosi. «A volte mi capita senza accorgermene.» Aggiunge. A queste parole scoppio in una risata convulsa. Lui mi guarda offeso.
«Non avevo mai sentito nessuno che “mordeva per sbaglio”.» Gli dico, ancora tra le risate. «Comunque no, non mi hai morso. Sono quasi le sei, mi riaccompagni a casa?» Gli chiedo, prendendolo per mano. Al contatto lui mi guarda e mi sorride, annuendo.
Camminiamo per quasi venti minuti, finché finalmente raggiungiamo casa mia. Non mi ero nemmeno accorta che ci eravamo allontanati così tanto dal centro. Prima di entrare, do un ultimo bacio a Jake e lo ringrazio per il bel pomeriggio passato assieme. Lui mi sorride e se ne va. Lo guardo allontanarsi un po’ e poi chiudo la porta di casa.











Spazio autrice:

Saaaalve a tutte :)
Scusate il ritardo con il capitolo, avevo promesso che l'avrei messo massimo in quattro giorni, ma non l'ho fatto. Non si ripeterà più questo madornale errore, promesso. Hahahha
Coooooomunque, che ne dite dell'uscita tra loro? Siete Team Jake o Team Harry? Io non posso dire nulla... Il bacio è stato carino, no? Non amo molto le cose romantiche, quindi non mi sono sbilanciata molto con la descrizione... Nel prossimo capitolo leggerete cosa Harry ne pensa di Jake, se non lo avete già intuito c: Ricordatevi di Chelsea, perché nei prossimi capitoli comparirà spesso...
Perdonate quella "roba" sulla Norvegia, solo che io amo la Norvegia. E' un paese talmente affascinante, che ho deciso che Elizabeth ha parenti norvegesi c: è una cosa carina, no?
Ora vi lascio, al prossimo capitolo! Un beso ragazze ;D

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Capitolo 21
*** Capitolo venti. ***


Capitolo venti.
 
Non appena chiudo la porta di casa, facendo un lieve rumore, mia madre mi raggiunge all’ingresso. Nella mano destra ha un coltello e nella sinistra mezza carota. In un primo momento mi spavento a quella vista.
«Mamma! Non puoi apparire davanti alla porta in questo modo. Non è normale!» Esclamo, levandomi la giacca e appendendola all’entrata.
«Mi è sembrato di sentire una voce maschile, Elizabeth.» Domanda mia madre in tono indagatore, assottigliando gli occhi.
«Impossibile, sono uscita con Mel e con Jess. Non c’era nessun ragazzo.» Mi invento. Lei annuisce e torna a preparare la cena. Nel frattempo salgo le scale e mi dirigo in camera mia. Ho le gambe a pezzi. Prima di fare qualunque cosa che necessita un minimo di sforzo, mi butto sul letto a peso morto. Mi sembra quasi di essere su una nuvola per quanto il mio letto sia comodo. Rimango in questa posizione circa una ventina di minuti, finché non sento il cellulare vibrare.
Con la poca forza che ho riacquistato, recupero il mio cellulare dalla borsa e vedo che mi è arrivato un messaggio da Mel. Dice che sarà da me a minuti. Non perdo tempo a risponderle, perché anche se le dicessi che sono occupata verrebbe lo stesso.
Cinque minuti più tardi sento suonare il campanello. Mi ritornano le energie e scendo velocemente. Peccato che venga intercettata da mia madre, che arriva una manciata di secondi prima di me e apre la porta.
«Melanie, ciao.» La saluta calorosamente. «Dai, entra. Ma tu e Elizabeth non vi siete appena viste?» Domanda poi, stranita.
La mia amica sta per rispondere, ma poi mi guarda capisce che deve stare zitta.
«Sì mamma, ci siamo appena viste. Ma le avevo detto di passare e di rimanere a cena.»
«Esatto.» Dichiara Melanie. Un sorriso affabile sulle labbra, in grado di convincere chiunque. «Non sai che pomeriggio meraviglioso abbiamo passato io ed Elle. Ci siamo divertite moltissimo.»
«Ma non dovevate mica studiare?»
«Sì mamma, ci siamo divertite a studiare. Forse è meglio se io e Mel saliamo in camera mia, chiamaci quando si cena.»
«Va bene ragazze.»
Praticamente prendo la mia amica con la forza e la porto in camera mia. Appena chiudo la porta alle mie spalle, la attacco subito.
«Potevi evitare di inventare balle su balle, così a caso, no?» Sibilo, cercando di mantenere un tono di voce basso, così che mia madre non ci senta.
«Più le bugie sono dettagliate, meglio è. Tu almeno potevi avvertirmi che non avevi detto a tua madre di Jake, no?»
Mi tranquillizzo. «Hai ragione.»
«Allora com’è andata?» Un sorriso malizioso si disegna sulle labbra di Melanie.
«Alla grande per la maggior parte dell’appuntamento.»
«Perché non durante tutto l’appuntamento?»
«Be’ vedo, lui mi ha baciata e…»
Mel non mi fa finire la frase e mi prende le mani, iniziando a girare per tutta la stanza, come se fosse una bambina che ha appena ricevuto la notizia più bella del mondo.
«Fermati per un secondo, Mel. No ho finito. Quando mi ha baciato, pensavo ad…» Tento di dirle, mentre stiamo ancora girando freneticamente per tutta la stanza.
«Harry.» Finisce la frase lei, smettendo anche di girare. Io annuisco sconsolata.
«Come faccio a levarmelo dalla testa? Oggi mi ha trattata malissimo, ma nemmeno questo è servito. C’è l’ho a morte con lui, lo odio, ma niente. Nemmeno l’odio diminuisce ciò che provo. È grave?» Domando, alzando gli occhi su di lei.
«Non è così semplice dimenticare un ragazzo, mi hja.» Ogni volta che io e Mel iniziamo a parlare di cose serie, mi da nomignoli affettuosi in spagnolo. «Harry ti piace tanto, e non sempre basta trovare un altro ragazzo che ti faccia sentire speciale per dimenticare colui che ti fa battere il cuore. Ci vuole un po’ di tempo, e soprattutto buona volontà. Vuoi o no dimenticare Harry?»
Indugio un attimo prima di rispondere. «Be’, sì.»
«E allora continua ad uscire con Jake, divertiti, bacialo e prima o poi smetterai di pensare ad Harry, sotto qualunque punto di vista. Va bene?»
Annuisco e sorrido. - Grazie mille.
Melanie mi abbraccia e poi si fionda sul mio computer. È praticamente la prima cosa che fa ogni volta che viene a casa mia. Dice che a casa sua non riesce a connettersi al social network in santa pace, visto il via vai della sua famiglia. In effetti stare a casa di Mel è come stare in un ostello per la gioventù, considerati tutti i fratelli e sorelle che ha.
Navighiamo su internet per una buona mezz’oretta, poi sentiamo mia madre che ci chiama per la cena. Senza farcelo ripetere due volte, ci dirigiamo in sala da pranzo.
Mio padre è già seduto che aspetta la cena, mentre mia madre è ancora in cucina. Ci raggiunge poco dopo, portando in tavola cibo indiano. Ma non dovevamo rimanere in forma noi? Sicuramente lo ha fatto perché ci sono ospiti. Credo che dovrei invitare qualche amico molto più spesso.
Dopo cena aiuto mia madre a sparecchiare e poi riaccompagno a casa Mel.
«Sicura di non voler rimanere a dormire da me, stanotte?»
«Non posso chica. Devo assolutamente finire di studiare fisica per domani, altrimenti la verifica mi andrà uno schifo. Sappiamo bene quando sia semplice per me distrarmi, se poi stiamo assieme sono sicura che non studierei nulla.»
«Va bene, allora ci vediamo domani.» Le dico quando siamo sulla soglia della porta di casa sua. «Grazie mille per tutti i consigli che mi hai dato, sei una cara amica.»
«Lo sai che ti sono vicina per ogni cosa, importante o stupida che sia.» Risponde Mel, sorridendomi dolcemente. Io le sorrido a mia volta e l’abbraccio.
«A domani.» Le dico allontanandomi.
Quando un’ora più tardi sono sotto le coperte ripenso alla giornata appena passata. È stata carina, a parte i momenti passati con Harry. E aver pensato a lui mentre baciavo un altro.
Non deve per forza essere una cosa negativa il fatto che pensavo ad un altro mentre baciavo Jake, oppure sì? Magari dipende dai punti di vista.
Ma chi sto prendendo in giro? La mia amica me lo ha detto chiaro e tondo.
Riesco ad addormentarmi solamente venti minuti dopo, con questo chiodo fisso in testa.
 
La mattina di qualche giorno dopo mi sveglio stranamente puntuale. Con una camminata degna di uno zombie mi alzo e mi dirigo verso il bagno, pronta per una doccia calda e rilassante. Dopo esserci uscita mi dirigo al mio armadio per scegliere cosa indossare. Oramai siamo agli inizi di dicembre, e il tempo si sta facendo sempre più freddo. Anche se a me non importa, anzi mi piace molto l’inverno, soprattutto perché vado matta per i capelli, adoro indossarli. Dopo essermi vestita scendo per fare colazione, prima di andare via con Melanie.
Mentre sto per finire il mio bicchiere di latte, suona il campanello. Mi alzo e vado ad aprire. Mi trovo davanti Mel, David e Jake che mi sorridono.
«Guarda un po’ chi ti abbiamo portato.» Esordisce Melanie indicando Jake.  «Be’, adesso noi andiamo e vi lasciamo soli.» Aggiunge, facendomi l’occhiolino.
Non faccio nemmeno in tempo a dire una parola che vedo i due che si allontanano verso la scuola. Sposto il mio sguardo su Jake e sorrido.
«E tu che ci fai qui?» Chiedo sorpresa.
«Ti da fastidio la mia presenza?»
«Ma che domande fai? Ti ho chiesto cosa ci fai qui perché so che anche tu vai a scuola.
«Giorno libero, ti accompagno.» Dice semplicemente porgendomi la sua mano.
Prima di fare qualunque mossa controllo se mia madre o mio padre mi stanno guardando dalla finestra. Non voglio che si impiccino molto nelle mie faccende private. Non venendo nessuno mi lascio andare e gli stringo la mano, che è calda.
Mi sento alquanto in imbarazzo mentre ci dirigiamo a scuola. Trovandoci completamente in silenzio, prendo il mio lettore mp3 e gli porgo una cuffietta.
«Credo sia arrivato per te il momento di sapere cosa mi piace ascoltare. È un momento importante e solenne.» Dico, soffocando una risata. Alle mie parole lui mi guarda stranito, ma poi sorride e prende la cuffietta dalle mie mani, infilandosela.
Sempre tenendoci per mano, iniziamo ad ascoltare musica. Scelgo una canzone di Ed Sheeran e mi lascio trasportare dalla musica, iniziando a canticchiare.
Bene. Se fossimo in uno di quei telefilm dove scoprono un prodigio oppure su X Factor, ascoltando la mia voce, tutti rimarrebbero colpiti dalla melodia e mi scritturerebbero per il prossimo America’s Got Talent, e riceverei un sacco di standing ovation.  Peccato che qui siamo nella vita reale. Mentre canto sembro una corvo. Uno di quelli che di trovano sulla Torre di Londra, per intenderci.
«Perdona la mia voce orrenda Jake, solo che mi piace molto cantare e lo faccio senza preoccuparmi delle orecchie delle persone che mi circondano.»
«Non importa. Non sarai intonata, ma sei carina e simpatica.» Io gli sorrido e lo bacio, ricordandomi quello che mi aveva detto Mel qualche giorno prima. Più baci e divertimento, questo è quello che ci vuole.
Nel frattempo arriviamo davanti alla mia scuola.
«Puoi farmi compagnia finché non suona la campanella?»
«Certamente.»
Mentre io e Jake chiacchieriamo, veniamo raggiunti da Mel, il suo ragazzo e tutti gli altri, che salutano calorosamente. Qualche secondo più tardi a noi si aggiungono da Harry, seguito a ruota da Chelsea. Sembra che quest’ultima fiamma durerà molto più a lungo del normale, noto alzando un sopracciglio e guardando la ragazza.
«Ora che ci penso non vi ho ancora presentato Jake come si deve e viceversa.» Dico a tutti. «Allora, loro sono Jess, Thomas, David, Mel, lui è Harry e lei è… Aspetta, come hai detto che ti chiami? Ah giusto, non lo hai proprio detto.» Dico il tono leggermente infastidito ed ironico con un sorriso falso sulle labbra, alla bionda, che ricambia con un sorriso altrettanto falso.
«Hai ragione, mi sono presentata a tutti tranne che a te, che sbadata. Non mi ero proprio accorta della tua presenza.» Dice lei. Stronza. «Io sono Chelsea.» Aggiunge, stringendo la mano a Jake, che le sorride educatamente.
Io sbuffo. Sia Harry che Chelsea devono ringraziarmi se ho voluto presentare anche loro. Se fosse stato per me avrei fatto finta che non esistessero, solo che non volevo sembrare scortese. Dopo aver stretto la mano a Chelsea, Jake passa a tutti gli altri, e quando arriva ad Harry quest’ultimo prima fa finta di nulla, poi gliela stringe distrattamente senza nemmeno ricambiare il sorriso che il biondo gli ha fatto. È proprio uno stronzo, non c’è che dire. Mentre Jake cerca di intavolare una conversazione, Harry non fa altro che sbuffare e roteare gli occhi, oppure lo guarda annoiato.
Giuro che quando mi troverò da sola con lui gliela farò pagare.
Dopo qualche minuto suona la campanella. Saluto Jake con un lungo bacio sulle labbra e quando ci stacchiamo mi guarda malizioso e soddisfatto. Mi piace renderlo felice per così poco, come d’altronde lui fa con me. Gli prometto poi di chiamarlo appena torno a casa e inizio a dirigermi verso l’entrata dell’istituto. Jess e Mel mi affiancano subito e si mettono a discutere su ciò che è appena successo.
«Hai visto come si è comportato Harry per tutto il tempo?» Mi chiede Melanie.
«Difficile non notarlo.» Commenta Jess.
«Ve l’ho detto ragazze, quello stronzo di Styles pensa che Jake sia uno sfigato. Ecco perché lo ha trattato in quel modo.»
«Può anche darsi, ma così mi sembra fin troppo eccessivo, secondo me c’è qualcosa sotto, anzi, ne sono sicura.» Dice Mel prima di dirigersi nella sua classe.










Spazio autrice:

Hei ragazze, buon pomeriggio! Il tempo qui da me è sempre nuvoloso e piovoso... a volte mi sembra di essere a Londra. Peccato che non sia affatto così...
Coooomunque, ecco il capitolo. Harry continua a fare lo stronzo, ma nel prossimo capitolo qualcosa cambierà, altroché se cambierà c:. Non vedo l'ora di farvelo leggere, davvero! c: Volevo ringraziare tutte voi che leggete, recensite, preferite, ricordate, seguite questa storia. Non sapete quanto mi fate piacere, davvero **
Stavo pensando... qualcuna di voi ha qualche storia da farmi leggere? Se sì, lasciatemi il link, io adoro leggere nuove storie! c:
Vi è piaciuto il capitolo? A me non convince troppo... come al solito, lol.

Okay, meglio se ora mi dileguo, a prrrrresto! :D

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Capitolo 22
*** Capitolo ventuno. ***


Capitolo ventuno.
 
Circa un paio di giorni più tardi, sono di fronte all’entrata della scuola. È da poco suonata la campanella, e dopo aver preso i miei libri sono uscita per aspettare l’arrivo di Jake. Ieri sera mi ha chiamato dicendomi che gli mancavo molto e aveva voglia di uscire assieme, come la prima volta, aveva sottolineato. Quindi oggi mi viene a prendere e mi porta in un paesino poco fuori Londra, che mi ha detto essere bellissimo. Non vedo l’ora di passare un po’ di tempo con lui.
Ora come ora però è in ritardo, fa freddo, e non mi piace stare qui ad aspettare da sola come se fossi una reietta della società. Mi sento sola, sola e depressa. Stanca di stare in piedi, mi siedo sul terzo gradino delle scale poste all’entrata ed aspetto. Se avessi saputo che Jake sarebbe attivato in ritardo avrei chiesto a Mel di aspettare assieme a me.
Qualche minuto dopo, mentre sono ancora seduta sulle gradinate, vedo uscire Harry, seguito a ruota da Chelsea melatiroperchéposso. Mi viene l’istinto irrefrenabile di alzarmi e andare a parlare con lui. A insultarlo ed urlargli contro, più che parlare.
Mi alzo, scordandomi completamente di prendere la mia borsa che rimane abbandonata sui gradini, e mi avvicino alla coppietta felice.
«Ma ciao ragazzi, che piacere vedervi.» Dico per attirare l’attenzione di entrambi. C’è una punta di sarcasmo nel tono della mia voce. Chelsea mi guarda stizzita, ed Harry leggermente stupito.
«Non so cosa state facendo e cosa ho interrotto, ma ho un bisogno urgente di parlare con il tuo ragazzo, in privato.» La ragazza punta un dito contro di me e sta per dirmi qualcosa, quando viene fermata da Harry, che inaspettatamente acconsente immediatamente di parlare con me. Sia io che Chelsea lo guardiamo con un sopracciglio alzato. Io per stupore, lei sicuramente per stizza.
La ragazza prende Harry per mano e si allontanano un po’. Io intanto aspetto di potergli parlare; non sa nemmeno ciò che ho intenzione di dirgli. Voglio proprio vedere se avrà ancora voglia di prendermi in giro, insultarmi, o semplicemente di parlare con me dopo la sfuriata che gli farò.
Finalmente Chelsea ed Harry si salutano, molto passionalmente devo aggiungere. Lui torna da me.
«Allora, cosa dovevi dirmi?» Chiede. Sembra piuttosto interessato a ciò che ho da dire. «Non è meglio se andiamo da qualche altra parte, a… parlare? O qualunque cosa tu voglia fare.»
«Non andiamo da nessuna parte, noi due.» Lo attacco subito. «Non ho tempo da perdere con te. Ho solamente qualche cosa da mettere in chiaro. Prima di tutto, Jake può starti antipatico quando vuoi, puoi pensare che lui sia uno sfigato di prima categoria, ma questo non ti da il diritto di trattarlo come hai fatto qualche giorno fa…»
«Be’, nemmeno tu hai il diritto di trattare Chelsea come hai fatto l’altro giorno. Fare finta di non ricordare il suo nome, è stupido, oltre che infantile.»
«Davvero mi stai dando dell’immatura? Quello che hai fatto tu quindi, non è da immaturi? Ti rinfresco la memoria. L’altro giorno mi hai dato della senza speranza, poi ti prendi gioco del ragazzo che sto frequentando e adesso mi hai addirittura dato della stupida. Bravo Styles, questo sì che è essere maturi.»
«Ti do della stupida non perché tu lo sia, ma perché ti stai comportando da stupida. Stai facendo degli errori.»
«E tu che ne sai? Quello che sto cercando di fare è dimenticarti, Harry.» Dico tutto d’un fiato, accorgendomi troppo tardi di ciò che è uscito dalla mia bocca. Nonostante tutto, continuo a guardarlo fisso negli occhi chiari, cercando di non distogliere lo sguardo.
«Dimenticarmi?» Mi chiede, leggermente stupito. «Con l’aiuto di quell’idiota di Jake? Pensi davvero che lui sia realmente interessato a te e a quello che sei veramente, dentro di te?»
Quella che sono veramente. E lui come fa a sapere come sono davvero? Quello che provo in determinati momenti? Lui non mi conosce affatto. Crede di aver capito tutto di me, solamente perché sembro una persona cristallina, facile da abbindolare, da far innamorare, da rendere felice. Be’, ha capito male.
«Ti sembra così strano che qualcuno sia interessato a me, Harry? Solo perché non sono il classico stereotipo che attira attenzioni maschili?  Io davvero non riesco a capirti. Prima ti bacio, poi ti inventi tutte quelle cazzate sulla curiosità, io cerco di dimenticarti e puntualmente torni a infastidirmi, a giudicarmi in base alle persone che frequento? Sembra che tu lo faccia apposta.
E hai capito bene, cerco di dimenticarti. Perché tu mi piaci, mi sei sempre piaciuto. E credo anche che tu l’abbia inteso, ma a quanto pare non sono abbastanza per te. Di solito esci con ragazze di livelli più alti fisicamente, ma molto più bassi mentalmente. Quindi, lasciami in pace Harry, non voglio avere niente a che fare con te, non più.»
Gli dico, guardandolo truce. Ero stanca di tenere tutto dentro di me, di soffrire ogni volta che lo vedevo in compagnia di qualche ragazze, tutte sempre bellissime. Sembra che lui guardi solamente l’aspetto fisico delle persone. Non ho mai sentito una sua fiamma parlare di qualcosa che non sia trucco, ragazzi, baci e quant’altro. È possibile che dentro la testa di alcune ragazze ci sia solo questo?
Dopo questa sfuriata/confessione, volto le spalle ad Harry e me ne torno a sedermi.
La mia borsa fortunatamente è ancora lì. Prendo il cellulare e controllo l’ora. Sono quasi le due e mezza e di Jake neanche l’ombra. Non si è nemmeno degnato di lasciarmi un messaggio, di avvertire che sarebbe arrivato in ritardo, o che addirittura non sarebbe venuto. Mi alzo, prendo la borsa, e inizio ad incamminarmi verso casa, sconsolata. Parlare con Harry non mi ha fatto sentire meglio, anzi. Sembra che la mia confessione gli sia scivolata sulla pelle, come se non mi avesse nemmeno ascoltata. D’altra parte che se ne fa dell’ennesima ragazza che gli dice di provare qualcosa per lui? Assolutamente nulla, le sarebbe solamente di intralcio.
«Perché sei triste?» Mi sento dire improvvisamente. Mi fermo e per un attimo sento come se il cuore fosse stato risucchiato temporaneamente da un vortice di emozioni.
Mi giro e mi trovo davanti Harry, con un espressione strana in volto. Sta aspettando una mia risposta, che sembra non voler arrivare. Non mi ero nemmeno accorta che mi avesse seguito fino a qui.
«Per tutto Harry.» Dico impercettibilmente, non sbraitando come avevo fatto poco prima. «Perché dovevo vedermi con Jake  ma non è venuto. Perché sembra che quello che ti abbia detto non ti abbia toccato nemmeno un po’. Perché mi hai insultato, perché pensi che io non sia alla tua altezza. Ecco perché.»
«Mi dispiace. Io non volevo offenderti, non so cosa mi sia preso. Non ho motivo di farlo, anzi. E non è vero che non ti giudico alla mia altezza.»
Mentre mi parla io continuo a camminare. Lui mi sta dietro, senza nemmeno affiancarmi.
«Il vero Harry, non quello che hai sentito fin’ora, ti avrebbe detto che ti trova fantastica. Lui pensa che i tuoi siano gli occhi più belli che abbia mai visto. Non ha mai visto quella tonalità di verde, così scura, così profonda. Ecco cosa ti direbbe.»
Mi giro e lo guardo. Ha detto che ho degli occhi bellissimi. Senza quasi rendermene conto, arrossisco lievemente. Sento le guance che mi vanno in fiamme. Nessuno mi aveva mai detto quelle cose sui miei occhi. Nessuno li aveva mai definiti profondi.
«Puoi dire al vero Harry che è davvero gentile da parte sua, ma che non basta per riavermi indietro, per essere di nuovo sua amica? Non sono i complimenti che cerco, cioè possono essere un inizio, ma non sono tutto.»
Lui sorride. «E chi ha detto che il vero Harry la voglia come amica?»
Chiede avvicinandosi a me. Io trattengo il respiro. Lui si avvicina ancora di più e con un gesto deciso ma delicato, mi prende il mento con entrambe le mani, quasi volesse farmi percepire ancora di più la sua vicinanza. Per farmi capire che quello che sta per fare lo vuole davvero. A contatto con il mio mento, le sue mani sono calde, e vengo oltrepassata da un brivido, non per il freddo, ma per le emozioni che il suo contatto mi provoca.
Nell’attesa il mio cuore inizia a pulsare molto forte. Mi appoggio una mano al petto, pur non distogliendo lo sguardo di Harry. Voglio vedere ogni sfumatura verdognola dei suoi occhi. Dopo un attimo di esitazione, le sua labbra toccano le mie. Riecco quella calda sensazione di completezza che ho sentito la prima volta che l’ho baciato. Ma questa volta è diverso; lui sta baciando me e io sto facendo lo stesso. Lo vogliamo entrambi.
Quando Harry stacca le sue labbra dalle mie, percepisco immediatamente una sensazione di vuoto, di freddo.
«E questo cosa significa?» Chiedo ingenuamente, ancora stordita dal bacio.
«Prova da indovinare.» Risponde lui in tono vago, con un sorrisetto sulle labbra. Non mi lascia il tempo di aprir bocca e si allontana lasciandomi lì, intontita, con le labbra ancora dischiuse sia dalla sorpresa che dal bacio.
Una manciata di minuti più tardi, vengo risvegliata dalla vibrazione del mio cellulare. Lo prendo e vedo che Jake mi sta chiamando. Per un istante sono tentata di non rispondere, ma poi riprendo totalmente il controllo di me stessa e premo il tastino verde.
«Scusami, scusami, scusami.» Sento dire da Jake in tono supplichevole.
Non è lui che dovrebbe scusarsi. Mi sono sentita bene solamente quando io ed Harry ci siamo baciati, ora l’unica cosa che provo è un grande senso di pentimento.
«Non importa Jake.» Dico con un filo di voce.
«E invece sì che importa. Sono stato trattenuto per una questione importante, e non ho nemmeno pensato di avvertirti. Sono il ragazzo peggiore del mondo.»
«Quindi non potrai venire a prendermi oggi?»
«Sfortunatamente no.» Sembra realmente dispiaciuto.
Prendo un respiro profondo. «Va bene, torno a casa.»
«Mi hai aspettato fino a quest’ora? Ora mi sento ancora di più in colpa.»
«Te l’ho detto, non importa. Ci potremo vedere un altro giorno, e andare in quella cittadina fuori Londra di cui mi hai tanto parlato. Di certo non scappa.
«Non so come tu sia così fantastica Effy. Qualunque altra ragazza avrebbe come minimo passato un quarto d’ora ad insultarmi, per cominciare. Poi me l’avrebbe fatta pagare in qualunque modo. Sei troppo buona, dolce e bella.»
Be’, lui non sa che ho passato i primi minuti ad insultarlo. Mentalmente, ma l’ho fatto. E non sa nemmeno ciò che è successo mentre non c’era... Non ci devo pensare, non ora per lo meno, mi dico scuotendo la testa.
«I tuoi complimenti mi fanno arrossire, smettila.»
«Mi piacerebbe tanto vedere il tuo sorriso imbarazzato, in questo momento.» Dichiara lui, dolce come sempre. Mi scappa un sorriso.
«Meglio di no. Sapere che ti piaccio quando sono in imbarazzo, mi metterebbe ancora di più in imbarazzo. Capito il giro di parole?»
«Certamente. Ora ti lascio, ti chiamo stasera, così magari domani ti vengo a prendere.»
«Va bene, l’importante è che non mi lasci ad aspettare al gelo. Promesso?» Sembro una bambina mentre gli dico quelle parole.
«Promesso.»
Lo saluto e riattacco, continuando con passo spedito verso casa. Mi sento fin troppo confusa in questo preciso momento. Baciare un ragazzo mentre se ne sta frequentando un altro è tradimento? Non ne sarei tanto sicura, in fondo io e Jake uscivamo e basta. Non mi ha mai chiesto di essere la sua ragazza. O per i ragazzi è sotto intenso?
Sto andando in panico. Mi conviene parlarne al più presto con qualcuno, altrimenti potrei seriamente impazzire.
Dieci minuti più tardi, con mille domande che mi tormentano, rientro finalmente a casa, al calduccio. Mi tolgo il giubbotto, lascio la borsa all’ingresso e mi dirigo a passo svelto verso la stufetta in soggiorno. Quando mia madre mi raggiunge, nota che sono imbambolata a guardare il fuoco, mogia.
«Qui urge una cioccolata calda con panna.» Dice mia madre, prima di dirigersi verso la cucina.
Io le sorrido lievemente e annuisco. Fin da quando ero piccola la cioccolata è l’unica cosa che mi aiuta a stare meglio, d’inverno.











Spazio autrice:

Sorpreeeeeeeeeesa! Ora alzi la mano chi si aspettava ciò che è successo.
*Alza la mano* Hahaha, okay, la smetto.
Buonsalve a tutte, carissime! Vi è piaciuto il capitolo, siete rimaste senza parole? E’? Be’, lo spero. Volevo chiedervi una piccola cosuccia: vi sembra che stia andando troppo velocemente con la storia, o va bene così? Cioè, non sto facendo accadere tutto in fretta? fatemi sapere, se è così cerco di andare un po’ più piano. Cioè, siamo già al capitolo ventuno :')
Come al solito non sono molto convinta di questo capitolo… cioè, non sono una ragazza molto sdolcinata o cose simili, quindi quello che ho scritto, rileggendolo mi sembra ridicolo. Spero non sia così… e fatemi sapere se vi piace o no. :)
Oh, un’altra cosa: 9 recensioni nello scorso capitolo?! Sono rimasta senza parole, davvero!
Cioè, siete fantastiche ** vi adoro tutte, tanto tanto! mi volete morta dalla felicità? Hahaha.
Che ne dite di passare da questa carota? Sta scrivendo una storia davvero molto carina c:
Baby, I was wrong, I'll change my mind.
Come al solito ringrazio tutte coloro che leggono questa storia, siete meravigliose! A prrrresto :)

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidue. ***


Capitolo ventidue.
 
Senza perdere tempo, mia madre si dirige in cucina a prepararmi una tazza di cioccolata calda. Io continuo a guardare il fuoco scoppiettante, sospirando rumorosamente di tanto in tanto. Qualche minuto più tardi mia madre rientra con due tazze di cioccolata. Nella mia c’è anche una spruzzata di panna e del cacao. Me la passa e va a sedersi sul divano.
«Non ti si congeleranno le chiappe se rimani seduta sul pavimento? Il marmo non scalda un granché.» Dichiara mia madre.
«Be’, è comodo.»
«Il marmo, certo.» Ribatte, guardandomi perplessa.
Non le rispondo nemmeno e inizio a sorseggiare la mia cioccolata calda. Sono indecisa sul chiamare o no Mel. Mi vergogno un po’ per quello che è successo, e non mi va che la mia amica mi possa giudicare male.
«Mamma, ho bisogno di un consiglio. C’è questa mia amica che…»
«Chi è la tua amica?» Mi chiede, come se fosse importante.
«Non la conosci.» Dichiaro risoluta.
«Impossibile. Conosco tutte le tue amiche e le tue compagne di classe.»
Come no. Perché mia madre si deve sempre soffermare su punti così poco importanti? «Si chiama Penny e frequentiamo lo stesso corso di biologia.» Mento, dicendole il primo nome che mi passa per la mente.
«Me la ricordo. Ma non mi avevi mica detto che vi odiavate e che se ti avesse parlato le avresti tirato un pugno?» Ma come diavolo fa mia madre a ricordarsi queste cose?
Nemmeno io me le ricordo.
«Ho detto Penny?» Chiedo con un finto tono sorpreso. «Volevo dire Jess. Sì, è lei che ha un piccolo problema che vorrebbe risolvere.»
Sembra soddisfatta della mia risposta. «Va bene, dimmi.»
«Jess in questo momento sta frequentando un ragazzo, non sono ufficialmente assieme, ma stanno solamente uscendo. Non stanno assieme ma non sono nemmeno solo amici, insomma si piacciono. Più o meno. Il problema arriva adesso. A Jess piace un altro ragazzo, che però sembrava non calcolarla, fino ad ora. Questo pomeriggio lui l’ha baciata, e a quanto pare, se Jess ha capito bene, a lui piace. Ora lei è combattuta tra questi due ragazzi. Ovviamente le interessano entrambi, ma diciamo, in modo differente uno dall’altro.
Si trova molto bene con il primo ragazzo, ma il secondo le fa provare cose che non ha mai provato. Sentimenti che pensava non avrebbe mai provato con nessuno. Ovviamente non lo ama, però è legata a lui da qualcosa di forte. Come i fili rossi, che simboleggiano il legame profondo di due persone.»
«È piuttosto combattuta Jess, no?»
«Moltissimo.» Dichiaro, mordendomi l’interno guancia.
«Secondo me, parlo per esperienza personale, Jess dovrebbe prima capire se questo ragazzo che l’ha baciata è davvero interessato a lei, e se la risposta è sì sicuramente dovrà smettere di frequentare l’altro. Non sarebbe giusto nei confronti di nessuno di loro.»
Mia madre ha ragione. Non sarebbe giusto nei confronti di Harry, e soprattutto di Jake.
«Mm, grazie. Lo farò sapere subito a Jess.» Affermo alzandomi dal freddo pavimento per portare la tazza ormai vuota in cucina.
«Potresti dire a Jess che se ha bisogno di altri consigli di venire a parlarne liberamente con me? Magari può sentirsi un po’ in imbarazzo per quello che ha fatto, ma si deve ricordare che tutti sbagliano, nessuno è perfetto. E gli errori servono ad imparare.»
Io annuisco ed esco dal soggiorno, pensierosa. In un primo momento non capisco il riferimento che mia madre ha fatto, ma poi intuisco. Ha capito benissimo che stavo parlando di me. Non le sfugge proprio nulla.
«A proposito» inizia a dire mia madre dal salotto, mentre sto mettendo la tazza vuota nel lavello «come si  chiama il fortunato, anzi i fortunati?» Alle sue parole mi metto a ridere.
«Jess non vuole che si sappia come si chiamano.»
«Peccato». Risponde lei, ridacchiando.
Dopo questo piccolo scambio di battute, prendo la borsa che ho abbandonato all’ingresso e salgo in camera mia, dove mi butto a peso morto sul letto e sospiro per l’ennesima volta. A volte mi sembra che la vita ce l’abbia con me. Non sto dicendo che la mia vita fa schifo e non ho amici. Solo che le cose belle succedono solamente nei momenti sbagliati. Tipo il bacio di oggi. Sono davvero contenta che anche Harry ricambia i miei sentimenti, solo che c’è Jake. Non so cosa fare, ho una grande confusione in testa.
 
I giorni successivi al bacio tra me ed Harry li passo quasi fossi sospesa per aria. Sono così felice quando penso a lui, che mi sembra che i miei piedi non tocchino terra.
Purtroppo siamo stati entrambi così impegnati che non ci siamo praticamente visti, se non qualche volta all’uscita da scuola, solamente per qualche secondo.
Non so bene come ci comporteremo uno con l’altro. O almeno io con lui. Ogni volta che penso al bacio che ci siamo scambiati le guance si imporporano e inizio a straparlare. L’altro giorno è successo proprio mentre il professore mi stava interrogando in letteratura.
Credo persino di aver confuso Shakespeare e di averlo chiamato Harry. Fortunatamente non se n’è accorto nessuno. Stavano praticamente tutti dormendo.
Le uniche che sembrano non essersi accorte di niente sono Mel e Jess. O perlomeno, non mi hanno chiesto assolutamente nulla. Non gli ho raccontato niente di quello che è successo, e per ora non intendo farlo.
La mia priorità è seguire il consiglio di mia madre. Capire se Harry è davvero interessato a me, oppure mi ha solo preso in giro. Se davvero fosse così, non lo perdonerei mai. Alcuni di voi staranno pensando: e Jake? Già, Jake. Da quel giorno siamo usciti un paio di volte, nelle quali ho cercato di comportarmi in modo più naturale possibile.
Quel sentimento che provavo prima del bacio con Harry, sembra proprio essere scomparso a causa di quest’ultimo. È brutto da dire, ma è così. Il ricciolino mi ha proprio stregato, non c’è che dire.
Proprio in questo momento sono a casa di Jess assieme a Mel. Io sono sdraiata sul letto della mia amica, a pancia in su con la testa fuori dal bordo, all’ingiù e le gambe appoggiate al muro. Mel invece è seduta su di una poltrona color corallo in una posa improponibile. A quanto pare è comoda. Invece Jess e seduta di fianco a me.
In teoria dovremmo aiutare Jess a scegliere cosa indossare per l’appuntamento di stasera con Thomas. A quanto pare lui le vuole presentare sua madre.
Quando Jess è venuta a raccontarcelo tutta contenta io e Mel ci siamo ci siamo lanciate uno sguardo perplesso. Thomas e lei stanno assieme da poche settimane, ma il vero problema è che non passano un giorno senza litigare. Si saranno lasciati almeno cinque o sei volte dal giorno in cui si sono messi insieme. Ma comunque, la decisione spetta a loro.
In teoria io e Mel siamo qui per aiutarla a scegliere, in pratica in camera di Jess regna il silenzio ed ognuno di noi ha la testa occupata da qualche pensiero.
Una volta ci capita addirittura di sospirare tutte e tre, nello stesso momento.
«Siete strane oggi, ragazze.» Esordisce Mel, chiudendo la rivista che poco prima stava sfogliando distrattamente e rompendo il silenzio che si era creato nella stanza.
«Voi due siete strane, io no.» Ribatto.
«Io invece sono solamente nervosa.» Dichiara Jess, alzandosi dal letto e dirigendosi verso l’armadio. «Allora cosa posso indossare? Sono quasi le cinque e mezza, Thomas ha detto che passa a prendermi alle sei e venti per andare a cena.»
«Prima di tutto devi stare tranquilla. Prendi un bel respiro profondo. Io ti aiuterò col trucco, mentre Elle provvederà alla scelta del vestito. Perché sì, ti metterai un vestito.»
«Agli ordini, führer.» Scherza Jess, sedendosi sulla poltroncina posta davanti ad un grande specchio.
«Potevi anche non rispondere, non era una domanda, bensì un ordine.»
«Devo proprio andare io a scegliere il vestito? Non ho voglia di alzarmi.» Mi lamento.
Anche se so che non servirà  a molto. Con Mel non si discute. Senza ribattere ulteriormente mi alzo e mi dirigo all’armadio della mia amica, iniziando ad esaminarlo attentamente.
Qualche minuto dopo trovo un vestito nero, carino, non troppo corto e nemmeno troppo lungo. Lo mostro alle due ragazze. Jess sembra entusiasta della mia scelta, ma quando incontro gli occhi di Mel, mi guardano truci.
«Va bene, cerco qualcos’altro.» Le dico sulla difensiva, ributtato il vestito nel mucchio.
Nel frattempo Jess ha quasi finito di essere truccata. Sta molto bene. Mel le ha raccolto i capelli scuri in uno chignon sbarazzino che risalta ancora di più i suoi grandi occhi chiari, sottolineati ulteriormente da una riga di eyeliner non troppo spessa.
Dopo vari tentativi, riesco finalmente a pescare un vestito che va bene sia per Mel che per Jess. Quelle due hanno idee fin troppo contrastanti, ed è sempre un impresa riuscire a farle concordare su qualunque cosa.
Dopo aver completato il trucco e parrucco, Jess indossa il vestito che le abbiamo scelto e si mostra a noi.
«Sei fantastica chica.» Commenta Mel, fiera del suo lavoro.
«Concordo. Thomas rimarrà a bocca aperta, tu farai un figurone con sua madre e vivrete tutti felici e contenti, sicuro.»
Successivamente, mentre aspettiamo con ansia l’arrivo di Thomas, torniamo tutti alle nostre posizioni iniziali e continuiamo a chiacchierare. Per lo meno Jess e Mel parlano, mentre i miei pensieri corrono di nuovo ad Harry e al nostro bacio. Mi manca il contatto con le sue labbra. Per la centesima volta in quel giorno sospiro.
«…quel giorno è stato carinissimo David. Non sei d’accordo Elle?»
«Cosa? Harry dove?» Mi lascio scappare, riprendendomi all’improvviso.
«Harry? Stavamo parlando di David.» Mi dice Jess, trattenendo a stento una risata.
«Non ho detto Harry, avete capito male.» Mento.
«Sì certo, come no. Ti abbiamo colta con le mani nel sacco, bella mia. Possiamo sapere come mai stavi pensando ad Harryuccio?» Domanda Mel, una punta di scherno nella voce.
«Non chiamarlo Harryuccio.» Mi lamento.
«Ti ricordo mi hija, che tu facevi la stessa cosa con David.»
«Be’… non lo chiamo più Daviduccio da un po’.»
«Come mai ti da tanto fastidio se lo chiamo così? Mica gli avevi dichiarato guerra? Se non ricordo male era stato lui a trattarti malissimo, ad insultare Jake e tutto il resto.»
Diamine, ora dovrò raccontare tutto alle mie amiche. «Sì è vero, solo che…»
«Cosa ci stai nascondendo, Elizabeth?» Chiede Mel in tono indagatore. Anche Jess non aspetta altro che una mia risposta.
«Io? Niente. Assolutamente niente. Penso ancora che Styles sia stronzo, insopportabile e, e…» Sto iniziando a balbettare. Diventa difficile insultare un ragazzo, quando l’unica cosa che vorresti fargli è riempirlo di baci.
«Sappiamo bene a quanto Elle piaccia Harry. È ovvio che le riesce difficile insultarlo e non pensare a lui.» Dichiara Jess riferendosi a Mel, poi sposta lo sguardo e l’attenzione su di me. «Non ti preoccupare Elle, prima o poi ti dimenticherai di quell’individuo. A proposito, come sta andando con Jake?»
«Mm, molto bene.» Affermo sorridendo poco convinta e lanciando un’occhiata a Mel che ricambia con uno sguardo indagatore, come se non fosse del tutto soddisfatta della mia risposta.
Sta per aprir bocca quando il campanello suona.
«È qui!»
«È arrivato!»
«Eccolo!» Ognuno di noi esclama qualcosa dallo stupore.
Io e Mel prendiamo le nostre borse. Tutte e tre scendiamo per aprire la porta.
Melanie apre la porta e Thomas, sicuro di vedere Jess, si avvicina e fa per prenderle la mano.
«Fermo bello, sono già impegnata, e anche tu se non ricordo male.» Gli dice Mel, indicando Jess che è dietro di noi e trattiene a stento le risate. Thomas si spaventa e arrossisce. Io e Mel ci dileguiamo prima che lui apra la bocca.
«Divertitevi piccioncini!» Urla Mel prima che possa tapparle la bocca.












Spazio autrice:

Buon pomeriggio (inoltrato) a tutti! :)
I miei propositi di aggiornare ogni quattro/cinque giorni sono andati a farsi benedire, lol. Però, eccomi qui. Lo so, non succede assolutamente nulla in questo capitolo. E' solo di passaggio perché nel prossimo... Aspettate, perché dovrei dirvi cosa succede nel prossimo? Niente spoiler c: 
Insultatemi pure, perché sì, mi fa abbastanza schifo questo capitolo. Che novità, penserete. Sono sempre iper critica per quanto riguarda i miei capitoli. Non ci credo che siamo già al capitolo ventidue :,), sono molto commossa. Se qualcuno se lo sta chiedendo no, non mancano pochi capitoli alla fine. Devono prima succedere un bel po' di cose... Bocca cucita, comunque.
Indovinate un po': ho aggiunto una storia. Yessss, mi sono finalmente decisa. E tipo... se avete voglia di fare un salto a leggerla, mi farebbe molto piacere! :) Eccola:
Another chance.
Prima di congedarmi volevo come al solito ringraziare tutti quelli che leggono, preferiscono, seguono, ricordano questa storiella. Siete fantastiche. Un ringraziamento speciale a quelle ragazze che recensiscono ogni capitolo senza mai stancarsi, riempiendomi di complimenti (che non credo di meritare), ma che comunque fanno. Siete fantastiche, grazie mille! 

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Capitolo 24
*** Capitolo ventitre. ***


Capitolo ventitre.

Dopo aver riaccompagnato a casa Mel ed essere rimasta a cena da lei, me ne torno nella mia umile dimora. Appena metto piede in casa mia madre mi chiama dalla cucina.
«Ciao Ellybelly, com’è andata da Jess?» Mi chiede appena la raggiungo.
«Molto bene mamma. Come mai tutto questo ordine, non avete cenato te e papà?» Chiedo stranita.
«Non ancora. Stiamo per andare a mangiare fuori, in qualche ristorantino elegante.
«Perfetto. Anche se ho già mangiato da Mel sto comunque morendo di fame. Praticamente ho dovuto condividere il mio piatto con Coraline e Matthew.» Dico a mia madre alludendo ai due fratellini della mia amica, che non facevano altro che rubarmi il cibo dal piatto.
«Chi ha parlato di te? Dobbiamo andarci io e tuo padre. Lui ha un importante cena di lavoro, e mi ha chiesto di accompagnarlo.»
«Vuol dire che rimarrò a casa, completamente sola?» Bella considerazione che hanno i miei genitori di me, davvero.
«Certamente. Sei o non sei cresciuta ormai? Non hai più dieci anni.» Odio quando mia madre ha pienamente ragione.
«Va bene, lasciatemi a casa da sola. Ma ve ne pentirete molto quando tornerete a casa e scoprirete che ho organizzato una festa, dove ci sarà mezza Londra e fiumi di alcool.»
«Se fossi in te Claudia, io non me ne preoccuperei.» Afferma mio padre entrando in cucina. « Questa casa è troppo piccola per contenere mezza Londra.» Dichiara in tono canzonatorio.
«Non sei affatto divertente.» Dico a mio padre guardandolo torva.
Una mezz’ora più tardi i miei genitori escono di casa e io rimango completamente sola. Solitamente non mi crea alcun fastidio rimanere a casa da sola, ma in questi giorni mi crea qualche problema.
Più rimango da sola e più penso ad Harry Styles. Al fatto che dobbiamo parlare, capire ciò che ognuno prova, e soprattutto metterci assieme come in tutti i miei sogni ricorrenti.
Visto che ho ancora fame, prendo il telefono di casa e ordino una pizza. Dovrei avere ancora qualche spicciolo risalente alla mia ultima paghetta. Qualcosa per sfamarmi, almeno.
Circa venti minuti più tardi, mentre sono seduta sul divano con una fetta di pizza nella mano destra e il telecomando nella sinistra, mi suona il cellulare che ho lasciato sul tavolo. Immediatamente ributto la fetta di pizza nella scatola e mi precipito a rispondere.
«Pronto?»
«Ciao Effy, disturbo?»
«Affatto Jake.» Dico con la bocca piena.
«Avevo voglia di sentire la tua voce.» Ammette.
«Non credo tu riesca a capire qualcosa di quello che sto dicendo.» Cerco di essere il più chiara possibile, ma il boccone non me lo permette. «Sto mangiando.»
«Sono quasi le nove. Mica gli inglesi mangiano verso le sei?»
«Certamente, ma io sono diversa. Molto spesso faccio due cene.» Dico ridendo.
«Be’, ti capisco. Ti va se domani ti passo a prendere, questa volta davvero, e andiamo a mangiare da qualche parte? Ti farò mangiare così tanto che non avrai bisogno di cenare nemmeno una volta.»
«Allora ci sto. Non ti da fastidio se mangiamo assieme ai miei amici? Avevo promesso loro di fargli compagnia.
«Ci sarà anche Harry?» Mi chiede lui.
«Molto probabilmente. Se ti crea disturbo possiamo anche non vederci con loro.»
Dall’altra parte del telefono non arriva risposta. Per un attimo penso addirittura che Jake abbia riattaccato.
«No, va benissimo. Mi stanno simpatici i tuoi amici.»
«Non devi dirlo per forza, guarda che non mi offendo.»
«Okay, mi stanno tutti simpatici tranne quel Harry. Sembra che non mi sopporti.»
Forse è così?
«Già.» Rispondo io flebilmente.
Diamine, non ci avevo pensato. Se domani Jake viene mi ritroverò con tutti e due i ragazzi. Se Harry si porta dietro la sua amichetta giuro che la faccio fuori.
«Allora siamo d’accordo. Mangiamo assieme a loro, ci passiamo un po’ di tempo, ma poi ti rapisco e ti porto dove mi pare, va bene?»
«Certamente, mio caro.»
«Allora ci vediamo domani.»
«Vedi di arrivare puntuale.
«Te lo prometto.» Mi sembra quasi di vederlo sorridere dall’altro capo del telefono.
Lo saluto, e dopo aver riattaccato mi fiondo di nuovo sulla mia pizza e sul film che stavo guardando poco prima che mi chiamasse. Senza nemmeno accorgermene mi addormento, e vengo svegliata qualche ora dopo dalla porta di casa che chiude sbattendo violentemente. Mi spavento, finché non sento delle risate femminili provenire dall’ingresso. Sicuramente è mia madre.
Mi alzo lentamente e mi dirigo verso l’ingresso. Mia madre è appoggiata a mio padre e non  fa altro che ridere sguaiatamente. La guardo quasi scioccata.
«Sei ancora sveglia? - Chiede mio padre, cercando di frenare le risate di mia madre.
«Già. Ma non eravate mica andate ad una cena di lavoro?» Chiedo a mio padre guardando mia madre con un sopracciglio alzato.
- Tua madre ha bevuto fin troppi bicchieri di champagne.
- Fortunatamente, solo in teoria a quanto pare, sareste voi gli adulti, qui. - Dico perplessa. - Forse è meglio che vado a dormire, e farò finta che questo è solamente un sogno.
- Forse è meglio così. Ma ti conviene ricordarti di quello che hai appena visto, potresti sempre usarlo per ricattare tua madre. - Dice mio padre, sarcastico. Sul mio volto compare un sorriso sornione. Mio padre ha proprio ragione. Gli do la buonanotte e salgo in camera mia, trascinandomi dietro la mia adorata coperta rossa.
La mattina dopo, dopo la solita routine, suona il campanello. Prendo la borsa, saluto i miei genitori avvertendoli che non ci sarò, ed esco. Melanie mi sta aspettando, e assieme a lei c’è anche Jess.
«Buongiorno ragazze, come state? - Chiedo loro mentre ci dirigiamo verso la scuola.
«Molto bene.» Ci dice Mel. Io non sto più nella pelle, voglio sapere ogni dettaglio della serata di Jess di ieri.
«Allora Jess, com’è andata ieri sera?» Le chiede Mel come se mi avesse letto nel pensiero.
Io so cos’è, sesto senso tra amiche.
«Mah, bene.» Afferma lei alzando le spalle e continuando a camminare, imperterrita.
«Cosa vuol dire “mah, bene”? È andata solo bene?
«Okay ragazze, è andata alla grande! Sembrava che piacessi davvero a sua madre. Mi ha trattata molto bene, è stata gentile e disponibile. Poi ogni due minuti mi diceva che ero molto carina, simpatica e dolce. È stata una bella cena, e il cibo non era affatto male.»
«Che meraviglia.» Esclamiamo io e Mel assieme, sospirando profondamente.
«E tu Mel, ancora nulla?»
«Sembra che David non vedi l’ora di conoscere la mia famiglia, io invece sono un po’ più restia. Non sono sicura di voler far incontrare David e mio padre. Non vi ricordate cos’è successo l’ultima volta che ho presentato il mio ragazzo alla mia famiglia? È stato un completo disastro.
In effetti ha ragione. L’ultima volta che ha portato il suo fidanzato, sarà stato più o meno un anno fa. Lui era piuttosto carino, ma fin troppo narcisista, e cinico devo aggiungere. La famiglia di Mel è tutt’altro che cinica, anzi, piuttosto vivace e allegra. Quindi non sono andati affatto d’accordo.
E non è solamente quello il problema, c’è anche suo padre. Lui è piuttosto geloso della sua piccola Melanie, così cerca sempre in tutti i modi possibili, di importunare talmente tanto il ragazzo della mia amica finché non riesce a farlo mandare completamente fuori di testa.
«Be’, dovresti solamente trovare il momento giusto. Magari quando tuo padre e i tuoi fratelli maggiori non sono in casa. Magari anche quando non ci sono Coraline e Matthew. Quei due possono diventare davvero appiccicosi e fastidiosi quando vogliono.» Convengo.
«Allora non succederà mai.»
«E lui ti ha presentato la sua?»
«No. Mi ha detto che prima vuole conoscere la mia. In poche parole mi ha ricattato.
Nel frattempo, siamo già arrivate a scuola. Il cortile è ancora colmo di ragazzi mezzi addormentati che chiacchierano prima di passare delle ore a scuola. Tra tutti riesco a notare Harry. È poco lontano da me, e sta parlando con alcuni suoi amici, che però io non conosco. Se ci fosse stato almeno David, avrei convinto  Mel ad andare da lui.
Forse potrei passare di lì come se niente fosse, e controllare se Harry si accorge della mia presenza.
«…Allora per te va bene Elle? Elle? Terra chiama pianeta Elle.» Mi dice Jess, passandomi una mano davanti al viso, come per risvegliarmi dai pensieri che mi assillano.
«Cosa?» Riesco a dire dopo un attimo.
«Elle, ci stai preoccupando. In questi giorni sei piuttosto strana.
- Jess ha ragione. Se ti conosco bene stai penando ad un ragazzo. Magari uno che ha come lettera iniziale J e come lettera finale E.
«J? Non conosco nessuno che inizia con la J, a parte Jess.»
«Elizabeth, ti sei dimenticata che stai frequentando un ragazzo che si chiama Jake?»
«Giusto, Jake. Mi sono dimenticata di avvertirvi che oggi pomeriggio ci sarà anche lui, non vi da fastidio, vero?»
«Affatto. È simpatico.»
«Bene.» Peccato che non durerà a lungo. Cioè, dipende tutto da Harry. Credo.
Mentre chiacchieriamo sentiamo il suono della campanella che sancisce l’inizio delle lezioni.
Stancamente, ci trasciniamo dentro l’istituto e ci dirigiamo verso i nostri armadietti e dopo aver preso i nostri libri, salutiamo Mel e andiamo nella nostra classe. Io passo tutte le ore a guardare l’orologio, desiderosa  ma nello stesso momento ansiosa per il pomeriggio che sta per arrivare. Mancano solamente quaranta minuti.
Alle due in punto la campanella suona. Velocemente prendo la mia borsa e mi dirigo fuori dall’istituto, seguita da Jess.
«Thomas e gli altri hanno detto che ci aspettano fuori. Poi tutti assieme scegliamo dove andare a mangiare.»
«Perfetto. Spero solamente che Jake sia già…» Non faccio in tempo a finire la frase che mi arriva un messaggio. Il mittente è proprio Jake. Istintivamente un sorriso mi compare sulle labbra. Mi ha scritto che è già fuori da scuola, e questa volta è addirittura in anticipo.
«Jake è già arrivato.» Dico raggiante.
Appena varchiamo la soglia di uscita, vedo da lontano il sorriso di Jake. Gli vado incontro e lui mi bacia. Non me lo aspettavo questo gesto così improvviso, difatti ricambio il bacio solamente dopo un attimo di esitazione.
Quando le nostre labbra si staccano lui mi guarda sorridente, mentre io guardo gli altri. Mel mi guarda sorridendo maliziosa, mentre alcuni sono addirittura imbarazzati. Io sorrido imbarazzata a mia volta, poi assieme a Jake ci uniamo al gruppo. Stranamente non c’è Harry, ma non sono rattristata, anzi, mi sento sollevata.
Risparmierò momenti di imbarazzo.
«Bene, allora dove si va a mangiare?» Chiedo. Sono piuttosto affamata.
«Dobbiamo aspettare Harry.» Avverte David. Come non detto. «E anche Chelsea.»
Chelsea? Non voglio passare nemmeno un momento con quella stronza ossigenata. Sorriso falsamente a David, e noto che anche Jake non è esattamente entusiasta di dover passare del tempo con Harry. Lo capisco.
«Allora, aspettiamo anche gli ultimi.» Dico con finta allegria. 
 
Harry assieme a Chelsea. Sono sicura che passerò un pomeriggio d’inferno se viene anche quell’ochetta ossigenata. Sono agitata, agitata e impaziente. Voglio vedere Harry, scoprire cosa succederà. Da quando ci siamo baciati, non abbiamo avuto un momento libero, per parlare o fare altro. In questi giorni non abbiamo fatto altro che lanciarci occhiate furtive. Be’, può essere una cosa positiva, no?
Meglio però non essere troppo positivi, altrimenti finisce tutto male. Mentre aspettiamo, mi vado a sedere sui gradini della scuola, seguita da Jake.
«Te l’ho già detto che sei bellissima oggi?» Mi sussurra Jake. Io lo guardo sorridente e con finto rimprovero, e lui mi lancia un occhiata di finto disinteresse.
- Oggi no, ma ieri sera al telefono me lo hai detto si e no venti volte, e ti possono assicurare che ero tutto al di fuori di bella. Indossavo un pigiama informe e avevo occhiaie fin troppo profonde. Non ero affatto un bello spettacolo.
«Per me lo sei sempre, Effy.» A queste parole mi metto a ridere, comportandomi quasi da ragazzina di dodici anni nel pieno della pubertà.
«Ei voi due» ci dice una voce, distraendoci «gli ultimi sono arrivati, andiamo.»
Jake si alza e mi prende la mano, aiutandomi a sua volta a mettermi in piedi. Noto subito che tra il piccolo gruppetto che si è creato c’è Harry. Non mi ero nemmeno accorta che fosse uscito dall’istituto. Sorrido, e ripensando per l’ennesima volta al bacio, un rossore mi sale sulle guance. Il sorriso mi si spegne sulla labbra appena vedo Chelsea che con una mossa astuta intreccia la sua mano a quella di Harry. Non è giusto, sono io quella che deve sentire il calore delle sue mano, non quell’oca.
Inizio a ribollire dalla rabbia. Gelosia, pura e semplice gelosia. Difficile da gestire.
La situazione peggiora quando noto che Harry non le lascia la mano. Mi lancia un occhiata veloce, e si rigira subito, continuando a parlare con Chelsea.
Mi impongo di mantenere la calma. Prendo un respiro profondo e mi stringo ancora di più a Jake, che non mi ha lasciato la mano da quando ci siamo alzati dalla gradinata. Peccato che io me ne sia accorta solamente adesso.
«Quale sarebbe la nostra destinazione, se posso chiedere?» Domando agli altri.
«Messicano.» Mi comunica Mel. Perfetto, amo il messicano.
Circa quindici minuti più tardi, non siamo ancora arrivato al piccolo ristorante messicano. Mi sembra di aver camminato un’eternità.
«Io non ce la faccio più. Ho fame, freddo, e mi sta venendo sonno.» Inizio a lamentarmi. Chi mi conosce sa che sono insopportabile quando mi lamento.
«Vuoi che ti dia la mia giacca?» Chiede Jake, premuroso.
Sto per rispondergli, ma vengo preceduta da Harry che sembra non aver fatto altro che ascoltare qualunque cosa Jake dicesse.
«Non credo che le serva.» Dice in tono astioso. «È la fame che le fa venire freddo.»
Jake prima guarda Harry altrettanto ostile, poi posa il suo sguardo su di me e mi guarda interrogativo.
«Purtroppo ha ragione. La fame mi fa venire freddo, il freddo mi fa venire sonno e il sonno mi fa venire fame. È un circolo vizioso.» Gli dico io, sorridendo divertita dalle mie stesse parole. Peccato che siano vere.
«Va bene.» Risponde cercando di nascondere un sorriso incerto.
Dieci minuti e mille lamentele più tardi, arriviamo finalmente davanti al messicano. Buffo, si chiama proprio “Messicano”.
Non appena vi entriamo, mi dirigo al tavolo più grande e più vicino alla finestra.
Fin da piccola ho sempre preferito i tavoli vicino alle finestre, come se mi servisse più luce possibile per rimpinzarmi. Ci sono cose della mia vita e sui miei modi di fare che non capirò mai, e questa è una di quelle.
Qualche minuto più tardi, mentre ci siamo tutti sistemati comodamente sui comodi divani di pelle, il cameriere ci raggiunge, porgendoci alcuni menu. È solo in quel momento che mi accorgo che davanti a me si è seduto Harry. Trattengo per un secondo il respiro e gli lancio un occhiata furtiva, che lui non coglie. Accanto a me si è seduto Jake, e ovviamente accanto a lui c’è quella sanguisuga di Chelsea. Ma non può sedersi tipo, che ne so, fuori da questo ristorante, a distanza di chilometri da Harry e da me?
Quindici minuti più tardi, stiamo piacevolmente pranzando.
Io ho ordinato tacos, e finalmente la mia pancia ha smesso di brontolare impaziente.
Improvvisamente, dopo aver dato un morso al mio taco, sento qualcuno, o qualcosa, che mi accarezza la gamba da sotto il tavolo. Mi irrigidisco e inizio a tossire senza riuscire a fermarmi, finché Jake non mi porge un bicchiere d’acqua.
Quando il colpo di tosse è passato, guardo Harry. Mi sta sorridendo malizioso. È stato lui. Per un attimo avvampo ma esigo al mio incarnato di ritornare nella sua tonalità naturale.
Guardo Harry che continua a sorridermi sornione, e gli impongo con lo sguardo di stare fermo.
Sembra però non aver recepito il messaggio, e se prima potevo pensare che non fosse intenzionale, ora sono sicura del contrario. Se continua in questo modo non resisto, mi alzo e lo bacio, ho deciso.
Se fossimo in telefilm credo proprio che avrei accidentalmente fatto cadere qualcosa sul pavimento, così da poter parlare tranquillamente, solo io e lui. Solo che credo che attireremmo fin troppo l’attenzione di tutti.
Al terzo “tocco accidentale” di Harry, che devo ammettere non mi spiace affatto, anche se non credo che sia il contesto adatto, lascio sul piatto il taco che sto mangiando, e mi alzo per andare in bagno.
«Arrivo tra un attimo ragazzi.» Avverto, praticamente avventandomi verso il bagno. Qualche minuto dopo mi sono sciacquata il viso con acqua fredda, giusto per calmarmi un attimo. Qualunque risultato volesse raggiungere Harry, ci è riuscito.
Sto per uscire dal bagno quando la porta si apre e ne entra un Harry sorridente, come se niente fosse.
«Che ci fai qui Harry, ti sei perso?» Chiedo con espressione tra lo stupito e il divertito.
«Affatto. Stavo cercando te.»
«Perché cavolo ti stai comportando in questo modo, Harry?» Chiedo alludendo a poco prima. «Ci mancava poco per farmi soffocare.»
«Perché, non ti è piaciuto?» Mi chiede, guardandomi come un bambino. Sembra che i suoi siano diventati ancora più chiari, in un solo istante.
«Be’…» inizio a dire distogliendo lo sguardo e sorridendo impercettibilmente.
«Ammettilo, ti è piaciuto.» Dice avvicinandosi velocemente a me e dandomi un piccolo bacio sulle labbra, quasi non volesse superare quel limite.
«Quindi, non hai cambiato idea?» Chiedo, con tono insicuro dopo le nostre labbra si sono divise.
«E perché avrei dovuto? Tu piuttosto, hai cambiato idea?»
«Sarebbe impossibile, Harry.» Ammetto sorridendo, più sicura di un attimo fa. Lui ricambia il mio sorriso. «Ma evita di fare… quello che stavi facendo poco fa. Meglio non rischiare.»
«Va bene, ma tu evita di prendere quel Jake per mano, e soprattutto non baciarlo.»
«E tu evita qualunque tipo di contatto con quell’oca. Altrimenti potrei farle davvero male.»
«Mi piaci aggressiva, Grant.»
«E non mi hai vista nel pieno della rabbia, te lo assicuro.» Ammetto, avvicinandomi per un altro bacio. Le nostre labbra stanno per toccarsi, quando la porta del bagno si apre, e ne entra una donna anziana, che dopo aver guardato Harry stranita, fa per uscire dal bagno.
«No signora, il ragazzo qui presente stava per uscire. - Le dico, sorridendo al ricciolino.
«Esatto, scusi… il disturbo.» Dice Harry rivolto alla donna, stranito dalle sue stesse parole. Sposta poi lo sguardo su di me. «Mi raccomando, fai quello che ho detto.»
«Anche tu!» Dico prima che possa essere uscito dal bagno femminile. La donna continua a guardarmi, sempre più stranita dal comportamento di noi giovani d’oggi, immagino.
Prima di tornare al tavolo aspetto un altro po’. Giusto per non destare sospetti da parte dei ragazzi. Appena mi risiedo, mi guardo intorno. Harry è di nuovo al suo posto, e nessuno sembra essere stranito dal nostro comportamento, perfetto.
«Tutto bene?» Mi sussurra Jake vedendomi guardare intorno.
«A meraviglia, grazie.» Rispondo, ricordandomi dell’ultimo dolce bacio di Harry.
Mi sento in colpa per quello che è successo, ma è difficile non esserne contenta.
Ora, il prossimo passo con Harry sarà DTR, Definire il tipo di relazione.
Durante tutto il resto del pranzo, io ed Harry ci lanciamo degli sguardi fin troppo complici. Dopo l’ennesimo sguardo, Chelsea sembra accorgersene. Prende con la mano il viso di Harry e gli impone di guardarla. Giuro che se lo bacia non rispondo di me. Vedo che lo sta per avvicinare, ma io, impulsivamente, tiro un calcio ad Harry, così sta distoglierlo.
Mi dispiace avergli fatto male, ma sicuramente niente e nessuno avrebbe fermato quella vipera dai capelli cotonati
Appena Harry mi lancia l’ennesimo sguardo, mimo un mi dispiace, e lui mi sorride accondiscende. Chelsea sembra aver recepito il messaggio, perché non tenta più di baciare Harry. Anche perché, se lo facesse, questa volta il mio calcio sarebbe diretto a lei. Penso, sorridendo maligna. Manca solamente la risata malvagia.
Dopo aver gustato il piatto principale, ordiniamo tutto un dolce tipicamente messicano, e dopo aver finito anche quello, paghiamo il conto e usciamo dal ristorante.
«Che si fa adesso?» Chiede qualcuno mentre ci dirigiamo di nuovo verso Londra centro.
Jake mi ha ripreso la mano quasi senza che io me ne sia accorta. Guardo Harry, che per il momento non si è accorto di nulla. Certo, quell’oca gli mette il suo davanzale davanti agli occhi, come fa a vedere tutto ciò che lo circonda? Giuro che la uccido.
Lancio un rapido sguardo al mio “davanzale”, constatando che non è affatto un davanzale, bensì niente. Esatto, non è niente. Sospiro frustrata, cercando di distogliere lo sguardo dalla visuale di Chelsea, e concentrandomi sul panorama londinese.
Dopo aver raggiungiamo di nuovo Piccadilly Circus - la strada di tutte le strade - decidiamo di andare a fare un giro ad Hyde Park.
«Dobbiamo proprio camminare ancora?» Chiedo a Mel, colei che ha deciso di andare al parco. «Non possiamo, che ne so, fermarci qui a prendere fiato?» Aggiungo.
«Assolutamente no. Dobbiamo smaltire tutto il cibo che abbiamo mangiato oggi. Io sarò ingrassata di almeno dieci chili, mangiando solamente tacos, tortillas, nachos e chili.
Sbuffo senza nemmeno rispondere. Tanto sarebbe praticamente inutile.
«Se ti va noi ci fermiamo in qualche panchina.» Propone Jake. A questa dichiarazione segue un mio lungo silenzio. Guardo Harry.
«Meglio di no. Mel non ha tutti i torti.»
Così ci dirigiamo tutti verso Hyde Park. Non appena vi mettiamo piede, nella mia mente si istaura un pensiero che mi fa sorridere quasi involontariamente. Questo è lo stesso parco dove io ed Harry ci siamo presentati per la prima volta.
Mi sento un po’ stupida a fare queste considerazioni, sembro un’adolescente che rimembra l’incontro con l’amore della sua vita; Harry non è mica l’amore della mia vita. Comunque non ci posso fare assolutamente nulla. L’immagine della calda mano di Harry che stringe la mia e il sorriso che mi ha riservato non vogliono andarsene dalla mia testa.
Meccanicamente volgo il mio sguardo ad Harry, e noto che mi sta guardando.
Starà pensando anche lui al nostro primo incontro ufficiale?
Ci spero tanto.
Dopo un lungo giro al parco, il buio inizia ad insinuarsi per le strade di Londra. Controllo le ore e decido che è meglio tornare a casa, prima che mia madre mi chiami in preda al panico. Potrebbe credere qualunque cosa, persino che sono annegata nelle acqua del Tamigi. A volte riesce ad essere fin troppo apprensiva la donna che ho come madre.
 









Spazio autrice:

Saaaaalve a tutte, ragazze belle.
Avete notato? Il capitolo era luuuuungo. In realtà, dovevano essere due capitoli, ma visto e considerato che il capitolo precedente era solo di passaggio, non ho voluto dividerlo ancora... quindi spero tanto vi sia piaciuto. Anche se a me non convince... che novità, è? Hahahah, ci fosse anche solo un capitolo di quelli che scrivo che mi piace.
Prima di andare volevo ringraziare tutte voi, che nello scorso capitolo mi avete fatto raggiungere 10 recensioni. Sapete che non ci credo? 10 recensioni? Sono tantissime! E ci stiamo pericolosamente avvicinando alle 100 recensioni totali... Oddio, sarebbe troppo bello se raggiungessimo 100 in questo capitolo. Be'... sta a voi hahahaha. Vi ringrazio per la milionesima volta, soprattutto quelle ragazze che mi hanno aggiunto come scrittrice preferita, vale a dire:
gloria horan, _Diane5_ e love_for_styles. Vi ringrazio per averlo fatto, mi avete reso felicissima. 
Al prossimo capitolo bellezze! Much love.

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Capitolo 25
*** Capitolo ventiquattro. ***


Capitolo ventiquattro.
 
«Ragazzi devo andare a casa. Se non arrivo entro mezz’ora mia madre non mi farà più uscire di casa, ne sono sicura.» Annuncio. «Jake, ti dispiace riaccompagnarmi a casa?»
«Affatto, dai andiamo.» Sorride. Sembra quasi sollevato.
«Allora ci vediamo a scuola.» Dico a tutti, indugiando il mio sguardo su Harry, più del previsto. Lui ricambia con la stessa intensità, e io mi ritrovo con le guancie imporporate.
Prima di andare, Jake mi prende la mano e assieme iniziamo ad allontanarci. Volgo un'altra volta il mio sguardo su Harry, che mi guarda mentre mi allontano.
Appena siamo fuori da Hyde Park, Jake fa un respiro di sollievo.
«Non vedevo l’ora di passare un po’ di tempo da solo con te. Peccato che ora tu debba tornare a casa.»
«Già, peccato.» Dico quasi sussurrando.
Nonostante tutto quello che è successo con Harry, il contatto della sua mano calda sulla mia mi provoca piacere, sorrido quasi involontariamente.
«Che c’è, perché sorridi?»
«E tu come hai fatto ad accorgertene?» Chiedo divertita.
«Lo sai meglio di me che spio ogni tuo movimento ed espressione. » Dice sorridendomi.
«Ragazzo mio, a volte riesci davvero ad inquietarmi.» Ammetto dopo un attimo di silenzio.
«Il fatto è che» inizia a dire, obbligandomi a fermarmi e guardandomi intensamente negli occhi. «Sei tu che mi hai reso così, Effy. Sei entrata nella mia vita improvvisamente, assieme ad una birra rovesciata ed una maglietta bagnata. Mi hai colpito fin dall’inizio, con tuoi occhi così chiari ma comunque così scuri. Sai cosa mi piace dei tuoi occhi? Che per notare il verde intenso bisogna guardarti da vicino. Ed è fantastico che io abbia avuto il piacere di farlo.» Rimango senza parole. Nessuno mi aveva mai detto parole così dolci.
«Non so cosa dire, Jake.» Riesco a pronunciare, dopo qualche secondo di silenzio.
Dentro di me qualcosa inizia a vibrare. È così che ci si sente, quando di è innamorati, intendo. Non sapevo di essere innamorata di Jake, io pensavo di provare qualcosa per Harry. Ma evidentemente il mio ventricolo destro e il mio ventricolo sinistro la pensano in modo differente. Sento come una vibrazione, che arriva dalla tasca posteriore dei miei jeans. Un momento, non è il mio corpo che mi lancia segni, è il mio cellulare! Che stupida che sono.
Prendo il cellulare e sul display noto l’arrivo di un messaggio. Mi scuso con Jake  e lo apro. È Harry. Proprio il ragazzo a cui stavo pensando in questo momento. “Spero che Jake ti abbia già riaccompagnata a casa e che non abbia provato a baciarti o cose simili”.
Ignoro il messaggio e torno a guardare Jake. Non so cosa dirgli, non mi sarei mai aspettata una situazione del genere. Ho davanti a me un ragazzo che confessa di amare i miei occhi, e io non so cosa dire.
«Grazie.» Dico imbarazzata, riprendendo a camminare verso casa. Lui mi segue dopo un attimo di spaesamento. Cosa avrei dovuto dirgli? Grazie è sempre meglio di “mi dispiace ma sono interessata ad Harry” oppure “lui è un baciatore più bravo di te, sorry”. Non sono così stronza.
Ma forse, anche solamente pensare che Harry baci meglio di Jake mi fa apparire una stronza, almeno a me stessa. Lui mi raggiunge subito e accostandosi vicino a me. In volto un espressione seria, fin troppo. Mi sento talmente in colpa, che decido di prenderlo per mano, per cercare di ristabilire un minimo di contatto.
Lui continua a guardare avanti senza guardarmi, ma noto che i muscoli delle spalle si sono rilassati e mi stringe la mano.
Quando arriviamo davanti a casa mia, ci fermiamo davanti alla porta.
«Allora…» Inizio a dire. Lui si avvicina per baciarmi, ma io lo fermo. Mi guarda stranito.
«C’è mia madre che mi sta spiando dalla finestra, guarda.» Gli dico indicandogli un punto dove la tenda del salotto è scostata «riesco a vedere il suo sguardo curioso.»
Jake la nota e si mette a ridere. «Va bene. Allora… ti chiamo?»
«Certamente.» Dico sorridendo.
Lui si allontana, ma poco prima che io possa aprire la porta si casa si rigira. «Ricordati che mi devi un bacio, Elizabeth Grant.» Urla. Io sorrido ed entro.
Non faccio in tempo a richiudermi la porta alle spalle, perché mia madre mi ha raggiunta all’ingresso.
«Elizabeth, chi era quel ragazzo biondo?» Mi chiede, sospettosa.
«Ciao anche a te mamma! È bello sapere che ti interessi di come sto.» Le rispondo sarcastica, avvicinandomi alla tromba delle scale.
«Non cambiare discorso signorina. Allora, chi è?»
«Nessuno mamma, dico sul serio. Se fosse davvero importante, non credi che te lo avrei già presentato?» Le dico, sincera. Le mie parole sono forti, ma tremendamente vere. Jake non è più nulla per me; non mi fa battere il cuore come Harry.
Mia madre mi guarda per qualche secondo, dopodiché mi lancia un veloce sorriso e torna in cucina.
 
La mattina del giorno dopo, verso le dieci, sono seduta in cucina, sorseggiando un bicchiere di succo all’arancia e mangiando uova strapazzate, completamente sola. I miei genitori stamattina sono usciti presto, per andare a fare una piccola escursione. Penso che stiamo passando una crisi di mezza età prematura, o robe del genere.
Improvvisamente, mentre sono ancora in pigiama, suona il campanello. Dallo spavento la forchetta mi cade letteralmente dalla mano. Mi alzo imprecando tra me e me, e mi dirigo verso il salotto, così da sbirciare dalla finestra. Spero solamente che non sia Jake. Non mi farei mai vedere da lui in questo stato.
Appena vedo chi è, sorrido e mi dirigo alla porta.
«Ciao ragazze!» Dico, facendole entrare. Loro ricambiano il mio saluto con la stessa enfasi, e si dirigono verso la cucina, dove c’è ancora il mio piatto.
«Abbiamo disturbato la tua colazione?» Chiede Melanie, aprendo il frigorifero in cerca di cibo da mettere sotto i denti.
«Nel primo scaffale a sinistra, puoi trovare un sacchetto di muffin al cioccolato.» Le dico. Lei si fionda immediatamente, e dopo averne tirati fuori tre, ne passa uno a Jess.
«Allora, che ci fate il sabato mattina, in piedi a quest’ora?»
«A casa mia non si può dormire fino a tardi, visto il via vai di bambinetti che non fanno altro che urlare, da mattina a sera.» Ammette Mel con la bocca piena.
«Io invece avevo voglia di vederti.» Dice Jess, sorridendo teneramente.
«Non credere alle cose che ti dice Jess» mi sento dire da Mel. «Siamo qui per un motivo preciso. Dobbiamo farti un paio di domande, mija.» Io le guardo entrambe, corrucciando la fronte. Cosa dovranno dirmi? Glielo chiedo.
«Finisci prima la colazione, poi ti diremo tutto.» Faccio come mi dice, e velocemente termino le mie uova in un paio di forchettate, e il succo in un solo lungo sorso. Dopodiché ripongo tutto sul lavello, e mi faccio seguire dalle mie amiche in camera mia. Ognuna di noi assume la sua solita posizione, e prima che Mel possa chiedermi qualcosa, le indico il computer portatile, che giace sotto una montagna di vestiti da lavare.
«Grazie mille.» Mi dice, andando a prenderlo. Ritorna poi alla scrivania e lo accende.
Un paio di minuti più tardi, Jess sta leggendo una rivista che ha trovato sul pavimento, e Mel naviga su internet.
«Allora, non avevate mica qualcosa da dirmi?» Chiedo impaziente.
«Hai ragione» mi dice Jess, chiudendo la rivista e rimettendola dove l’aveva trovata. «Volevamo solamente chiederti una piccola cosa. Niente di importante. Solo che…»
«Dai, andiamo. Bando alle ciance. Che diavolo succede tra te ed Harry?» Si intromette Mel, abbassando il computer e sorridendo maliziosa.
Avvampo per un secondo, imponendomi di tornare normale. Poi assumo un volto stupito e stranito allo stesso tempo. Credo possa andare.
«Tra me e Harry?» chiedo ingenua.«Perché dovrebbe esserci qualcosa tra me e lui? Solo odio c’è. Io non sopporto lui e lui non sopporta me. Semplice.»
«Non mi freghi, tesoro. Secondo me, e anche secondo Jess, qualcosa è cambiato tra voi, in questo ultimo periodo. Basta pensare agli sguardi che vi siete lanciati eri, per tutto il pomeriggio. Noi altri potevamo benissimo non esserci, bastavate voi due.» Alle sue parole arrossisco, cercando di non darlo a vedere.
Lancio un occhiata a Jess, che annuisce. Bene, ora sono in trappola.
«Be’, vedete… Io e Harry... ci siamo baciati.» Ammetto, nascondendomi il viso tra le mani. A dispetto di quello che ho detto e delle mie aspettative, non sento nessun urletto o cose del genere. Tolgo le mani dagli occhi, e guardo le mie amiche. Mi sembra di aver parlato del tempo, non di me ed Harry.
«Era ora che tu ce lo dicessi, Elle.» Mi dice Melanie raggiungendomi sul letto e sdraiandosi vicino a me. Anche Jess ci imita.
«E voi come lo avete capito, ragazze? E soprattutto quando?»
«Era da un po’ che ti comportavi in modo strano, Elle. In qualunque discorso, ti capitava di mettere casualmente il nome Harry. Ci è bastato fare due più due. Ieri il vostro comportamento non ha fatto altro che sottolineare di più la cosa. »
«Oh. E si è notato molto?» Chiedo cauta.
«Noi siamo tue amiche, e ovviamente lo abbiamo capito; e poi siamo ragazze. Le ragazze capiscono sempre tutto. Gli altri non se ne sono accorti.» Mi dice Jess.
«Forse quell’oca di Chelsea sospetta qualcosa. Quando sei tornata dal bagno non ha fatto altro che attaccarsi come una cozza ad Harry.»
«È per questo motivo che mi è “accidentalmente” scappato un calcio rivolto ad Harry.» Dico alle mie amiche, e tutte e tre scoppiamo a ridere.
«Un ultima cosa ragazze» chiedo. «Mi potete dire nel dettaglio quello che è successo dopo che io e Jake ce ne siamo andati?»
«Harry non ha fatto altro che guardarti andare via, forse perché Jake ti stringeva la mano. Chelsea se n’è accorta, allora non ha fatto altro che stargli appresso, mostrargli le tette e baciarlo.»
La mia espressione cambia: da tranquilla diventa adirata. «Baciarlo? Quell’oca ha baciato Harry?» Chiedo, rivolta alle mie amiche.
«Be’, sì.» Ammette Jess. «Ma stai tranquilla, lui cercava in tutti i modi di levarsela di dosso.»
«Esatto. Si vedeva lontano un miglio che non era preso da lei. Sicuramente non ha fatto altro che pensare a te, tutto il tempo.» Dice Mel, sorridendomi e infondendomi un po’ di sicurezza. Jess annuisce. «Forse avete ragione. E poi non ho nessuna precedenza su di lui. Non stiamo nemmeno assieme. Non posso mica aspettarmi che non baci altre ragazze, considerando poi com’è Chelsea. È il mio opposto. Alta, affascinante, e soprattutto con le tette. Proprio quello che manca  a me, ragazze.»
«Smettila di dire cavolate, Elle. Quell’oca non è affatto affascinante, e non lo sarà mai. Puoi essere bella quanto vuoi, ma è difficile essere affascinante, e ti assicuro che lei non è affatto. E poi ho visto come Harry ti guardava, e sono sicura che ti reputa bellissima.»
Io guardo la mia amica, sorridendo. «Grazie mille, ora mi sento molto meglio.»
«Secondo me dovresti parlare con lui, Elle. Non potete andare avanti così, senza aver DTR. Sembra una cosa banale, ma non lo è, soprattutto per noi ragazze. Finché non capite quello che siete non riuscirete mai ad essere felici. E soprattutto, tu devi smettere di uscire con Jake, e lui lo stesso.»
«Deve smettere di uscire con Jake anche lui?» Chiedo, cercando di trattenere le risate. La mia amica mi lancia un’occhiataccia, ma poi si mette a ridere anche lei, seguita a ruota da Jess.












Spazio autrice:

Buon pomeriggio ragazze! **
Allora, lo so che anche questo è uno (stupido) capitolo di passaggio, ma...
nei prossimi capitolo succederanno cose che vi lascieranno a bocca aperta (almeno spero).
Vi dico solo che le cose inizieranno ad andare a rotoli per Elle. Ma non voglio dire altro.
Ho appena finito di scrivere il capitolo più triste di tutta la storia... e sinceramente non vedo l'ora di farvelo leggere c:
Domani è il mio ultimo giorno di scuola, e sono così felice che... che potrei esplodere (?).
Finalmente l'inferno si è concluso.
Ora vi lascio, e grazie alle splendide ragazze che recensiscono/leggono/preferiscono questa storia.
Assolutamente fantastiche!
A presto ragazze! :)

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Capitolo 26
*** Capitolo venticinque. ***


Capitolo venticinque.
 
La mattina di qualche giorno più tardi, mentre sto indossando la prima maglietta che ho pescato dall’armadio, sento il campanello suonare. Tra venti minuti devo essere a scuola e sono ancora in mutande.
«Mamma, apri!» Urlo dalla camera. Non arriva nessuna risposta. Solo dopo la terza volta che suonano al campanello ricordo che anche stamane i miei sono usciti presto, quindi sono a casa completamente da sola. Infilo la maglietta e corro ad aprire. È Megan.
Dopo aver richiuso la porta, le faccio strada verso la cucina. «Hai intenzione di indossare i pantaloni oppure stai seguendo una nuova moda?» Mi chiede, notando che sono ancora in mutande.
«Sono in ritardo. Se ti va potresti prepararmi la colazione mentre io finisco di vestirmi.»
«Che novità.» Afferma, prima che io salga le scale verso camera mia.
Dieci minuti più tardi la raggiungo in cucina e la ritrovo mangiare un muffin, preso dalla riserva segreta di mia madre. Appena mi vede mi da un bicchiere di succo e un muffin.
Dopo la colazione prendo la borsa e assieme ci dirigiamo verso la scuola.
«Allora, hai già parlato con Harry?» Mi chiede mentre mi porge una cuffietta.
Scuoto la testa. «Non ci vediamo ne sentiamo da venerdì pomeriggio, ma ho intenzione di parlargli seriamente, prima o poi.»
«Il prima possibile, voglio sperare.» Mi dice Melanie. Non sentendomi rispondere, blocca la musica e mi guarda. «Giusto Elle?»
Sorrido incerta. «Certo. In fondo, che ci vuole? Appena lo vedo lo prendo per mano e lo porto in un posto appartato, e dopo avergli dato un lungo e intenso bacio sulle labbra gli dico qualcosa d’effetto. Magari una frase presa da qualche film famoso. Hai idee?»
«Ora come ora no. A meno che non ti accontenti di frasi tipo: Il mio nome è Grant, Elle Grant. Sarebbe un buon inizio, non credi?»
«Può darsi. La terremo in considerazione. Tanto non è ancora il momento.»
«Ne sei proprio sicura?» Mi chiede Mel, quando siamo poco distanti dall’entrata della scuola. Sta guardando davanti a sé. Seguo il suo sguardo e noto subito una massa di capelli ricci, castani e ricci. Purtroppo questa massa di capelli vagante non è sola, ma seguita da un'altra massa di capelli, bionda per essere precisi.
Chelsea.
«Possibile che quell’oca non faccia altro che seguire Harry, qualunque posto si trovi?» Dico furente di rabbia. È inconcepibile che quella vipera gli ronzi sempre intorno.
«Vai da lui, Elle.» Mi incoraggia sorridendo.
«Stai scherzando vero? Non ci penso nemmeno. Men che meno se assieme a lui c’è Chelsea. Potrei non riuscire a frenare la mia rabbia e saltarle addosso. Tipo quando gli animali della giungla litigano per il territorio. Diciamo che, in questa occasione Harry è il mio territorio. Di mia proprietà.»
Mi immagino già la scena: io mi avvicino a Chelsea che inizierà a gridare. Come una scimmia. Io invece sarò un elegante tigre, assetata di sangue. In quattro e quattr’otto le salterò addosso, e la sbranerò. Poi Harry, che in questo caso sarà un elegante zebra, si avvicinerà a me.
Mel, che sembra mi abbia letto nel pensiero, mi guarda stranita. «Ma le tigri non se le mangiano le zebre?»
«E come sai a quello che sto pensando?» Chiedo, guardandola come se fosse posseduta da un demone.
«Lo hai detto ad alta voce, Elle.» Dichiara con fare ovvio. Possibile che non me ne sia accorta minimamente?
«Ah.» Dico, cercando di cambiare discorso. «Dia Mel, la campanella è suonata. Entriamo. Parlerò con Harry un'altra volta, quando ce ne sarà la possibilità e il tempo.»
«Va bene, ma ti conviene non trascinare tutto questo per troppo tempo. Le cose possono solo peggiorare Elle, te lo assicuro.» Afferma seguendomi verso l’entrata della scuola. Le sue pillole di saggezza mi spiazzano sempre per quanto sono vere. Ovvio, altrimenti non le considererei pillole di saggezza, no?
Mentre ci dirigiamo verso l’entrata della scuola, passo davanti ad Harry e Chelsea e a quest’ultima lancio uno sguardo torvo. Lei lo ricambia con la stessa intensità, dopodiché si avvicina ad Harry e lo prende per mano. Giuro che la faccio fuori.
«Guardala!» Dico rivolta a Mel. «Non solo si prende gioco di me, ma fa anche apposta a prenderlo per mano quando io le passo davanti. Inaccettabile, è davvero inaccettabile. Dimmi come posso stare tranquilla se ho a che fare con quella.»
«Te l’ho detto Elle, devi parlare con Harry. Se gli piaci davvero, dovresti chiedergli di lasciare Chelsea, e di mettersi con te ufficialmente, semplice.» Dichiara la mia amica mentre ci dirigiamo verso gli armadietti. Io la ascolto in silenzio, ripensando alle sue parole.
Ha ragione. Dovrei affrettarmi a parlare con Harry, risolvere la situazione. Dovrei proporgli di lasciare Chelsea, mentre io lascerò Jake. Così la situazione si sistemerà, e noi due potremo finalmente stare insieme.
Durante l’ora di pranzo, dopo diverse ore di lezione, riesco finalmente ad incrociare Harry. Mentre tutti i miei amici stanno piacevolmente chiacchierando, io sto giocherellando con la pasta che ho nel piatto, immersa nei miei pensieri. Mi accorgo a malapena di ciò che mi succede intorno, e tutto è peggiorato dalla presenza di Chelsea, attaccata a Harry.
Per l’ennesima volta in quella mezz’ora sbuffo sonoramente. Alzando un attimo la testa mi accorgo che Harry mi sta guardando. Non ho nemmeno il coraggio di incrociare i miei occhi ai suoi, davvero. Più lo guardo però, più sento il bisogno di stare con lui, di averlo tutto per me e non dividerlo con nessuno.
Ho deciso, oggi pomeriggio parlerò con Jake.
Senza nemmeno finire di mangiare mi alzo, salutando i ragazzi distrattamente e portando via il vassoio. Il resto delle ore scolastiche le passo a pensare al discorso che farò a Jake, quando questo pomeriggio gli dirò tutto. Senza quasi accorgermene suona la campanella e mentre tutti i miei compagni preparano velocemente borse e cartelle, io rimango un attimo ferma, poi prendo un respiro profondo e mi alzo.
Dopo aver riposto i libri nell’armadietto e aver preso quelli che mi serviranno per lo studio, mi dirigo fuori dalla scuola.
Ho deciso, oggi pomeriggio parlerò con Jake.
Senza nemmeno finire di mangiare mi alzo, salutando i ragazzi distrattamente e portando via il vassoio. Il resto delle ore scolastiche le passo a pensare al discorso che farò a Jake, quando questo pomeriggio gli dirò tutto. Senza quasi accorgermene suona la campanella e mentre tutti i miei compagni preparano velocemente borse e cartelle, io rimango un attimo ferma, poi prendo un respiro profondo e mi alzo. Dopo aver riposto i libri nell’armadietto e aver preso quelli che mi serviranno per lo studio, mi dirigo fuori dalla scuola. A parte qualche ultimo ragazzo in ritardo, l’entrata della scuola è semivuota. Velocemente sistemo la sciarpa attorno al collo e scendo gli scalini, diretta al cancello. Mentre sto camminando mi accorgo che poco lontano da me c’è Harry. È poggiato ad un muretto, ed è completamente solo.
Solo per la prima volta dopo secoli, dovrei aggiungere.
Sorrido e decido di andare da lui. Mi mancavo le sue labbra morbide, ed è da giorni che non parliamo. Faccio per avvicinarmi - anche Harry si è accorto di me adesso, e mi sta raggiungendo - quando sento una voce famigliare che mi chiama. Proprio davanti al cancello c’è Jake, che sventola la mano per attirare la mia attenzione.
Lancio una veloce occhiata ad Harry, poi mi dirigo dalla parte opposta, verso Jake.
«Ma che ci fai qui?» Gli chiedo, esibendo uno dei miei migliori e più falsi sorrisi.
«Avevo voglia di vederti, Effy.» Ammette lui, schioccandomi un bacio sulla guancia non appena lo raggiungo. «Allora, hai voglia di andare via con me?» Mi chiede, sorridendomi dolce. Mi mordo le labbra per qualche secondo, dopodiché annuisco. Forse è arrivato il momento giusto per parlare.
Mentre ci dirigiamo verso un piccolo parco poco lontano dalla scuola, Jake fa scivolare la sua mano nella mia, senza nemmeno guardarmi in volto. Arrossisco lievemente per l’inaspettato gesto, ma nonostante tutto non lo lascio andare. È strano che effetto mi faccia questo ragazzo, mi fa sentire al sicuro, in un certo senso.
Non è come quando sono con Harry. Perché con lui riesco sempre a sentirmi inadeguata, non abbastanza bella, né abbastanza simpatica, né abbastanza dolce. A parte che quando sono con Harry si può parlare di tutto tranne che di dolcezza. A volte vorrei essere io quella ragazza, quella che finalmente lo farà innamorare, che lo farà cambiare in meglio. Sarebbe una cosa meravigliosa.
È sempre stato estremamente dolce con tutte le ragazze che ha avuto, ma il problema era che si stancava molto presto, che non aveva il coraggio di fare il passo successivo, di rendere la storia più seria. Ecco perché non è stato etichettato come il puttaniere della scuola, perché lui non lo è. È molto più profondo e dolce degli altri ragazzi, deve solamente trovare la ragazza giusta.
E se me lo permetterà - quando finalmente ci metteremo assieme - sarò io la ragazza che lo cambierà e lo renderà un ragazzo migliore, ne sono sicura.
Sarò conosciuta come Elizabeth, la ragazza che lo fece innamorare. La donna che cambiò per sempre la sua vita, in meglio.
Okay, ora è meglio non continuare, altrimenti mi monto la testa.
Solo che, il pensiero che tra poco io ed Harry saremo una vera e propria coppia, be’, mi rende felice e mi fa sognare.
«Effy, ci sei?» La voce di Jake mi fa tornare alla realtà. Siamo seduti in una panchina del parco, e a quanto pare lui mi sta parlando. Non che abbia capito qualcosa di quello che ha detto. Il pensiero di me ed Harry finalmente assieme continua a riempirmi i pensieri.
«Mm? Si scusa, stavo pensando.»
«Sai Effy, oggi sei strana.» Ammette Jake, dopo un attimo di silenzio. Non riesce nemmeno a guardarmi negli occhi, e non distoglie lo sguardo da alcuni bambini, che poco lontano stanno giocando assieme. Mi mordo il labbro inferiore, nervosa.
Il momento è arrivato.
«Jake... c’è una cosa che devo dirti.» Ammetto, in un sussurro.
«Fammi indovinare Elizabeth, ciò che mi devi dire riguarda noi.»
Non mi aveva mai chiamato Elizabeth, per lui ero sempre stata Effy, Effy e nient’altro.
Non sentendomi rispondere, Jake si gira verso di me, puntando i suoi occhi chiari e profondi nei miei. Lentamente annuisco, continuando a non proferire parola.
«Ne ero sicuro. È maledettamente semplice capire che c’è qualcosa che non va, quando sono con te. Sei una persona molto trasparente.»
Alle sue parole faccio un mezzo sorriso, pensando a quanta gente non ha fatto altro che ripetermelo, di quanto io sia facile da capire. «Non sei il primo a dirmelo. Comunque…»
«Oh, no aspetta a continuare.» Il tono di voce di Jake si è fatto un po’ più alto, duro ed estremamente sarcastico. «Lasciami prima continuare, questa sottospecie di indovinello. Devo prima capire di cosa vuoi parlarmi.»
«Jake, per favore, smettila…» Tento di dire. Mi sento da schifo già per conto mio. Se poi ci si mette Jake, con la sua voglia di comportarsi da bambino immaturo, le cose non andranno per niente bene.
Il biondo si alza, girandosi subito dopo verso di me. «Hai deciso di voler chiudere questa nostra relazione, giusto? Ti sei forse stancata, io non ti piacevo abbastanza?»
«È vero che voglio chiudere questa mezza storia, ma ti stai sbagliando di grosso, Jake. Non mi sono affatto stancata di te. In realtà ti trovo ancora carino, simpatico, divertente ma…»
«Ma io non sono Harry.» Sibila lui, distogliendo lo sguardo amareggiato. «Era chiaro come il sole, Elizabeth, che ti interessava Harry ed è successo qualcosa tra di voi, sin dall’inizio. E io ho stupidamente pensato che avrei potuto fartelo dimenticare. Ho creduto che - visto il modo in cui ti aveva sicuramente trattato - forse, tu non avresti voluto stare con uno come lui, che avresti cercato di meglio. Ma sembra che le mie conclusioni erano un po’ troppo affrettate. Che stupido che sono stato, davvero uno stupido.»
«Mi dispiace tanto Jake, davvero. Io… avrei voluto dimenticare Harry, ma non ce l’ho fatta. Nonostante mi abbia trattato in quel modo, be’, gli volevo ancora bene. E gli voglio bene tutt’ora, senza alcuna riserva.»
«Be’, dovrei essere felice. Almeno mi hai detto la verità.» Dichiara, per poi allontanarsi e lasciarmi lì, senza girarsi e guardarmi nemmeno una volta.










Spazio autrice:

Buonasera/buongiorno/buon pomeriggio, a seconda dell'ora in cui avete letto il capitolo sovrastante. 
Alllllllora, ecco ciò che avevo in precedenza definito "colpo di scena". Fa schifo? Sì, lo so. Quindi vi prego di perdonarmi.
Non sono molto brava a descrivere litigi e cose varie, così non ho potuto fare meglio di così, ma prometto che nel litigio del prossimo capitolo cercherò di fare meglio. Okay, non so se viene siete accorte, ma vi ho appena lasciato un piccolissimo spoiler, quasi senza volerlo. Volevo avvisarvi che non so quando aggiornerò non penso tardi perché il capitolo l'ho quasi finito, perché ho iniziato un maledettissimo stage, che mi prende otto ore al giorno! Devo stare in piedi otto ore al giorno, ma non importa... Lol. Sono tutti davvero molto simpatici con me, a parte il fatto che sono dei pervertiti e fanno battute squallide. Ma sorvoliamo.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, e ci sentiamo al prossimo! Vi ringrazio tanto per le recensioni carinissime che mi lasciate, che ogni tanto mi vado a rileggere e piango come una fontana :'). Dovreste vedermi, sono esilarante! 
Oh, volevo ringraziare
Giorgiakjn (dovreste passare dalla sua ff Take me Home, è molto carina) e _Love1D_ per avermi aggiunta agli autori preferiti! Mi avete reso felicissima! 
Ora vi lascio. Peace!

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Capitolo 27
*** Capitolo ventisei. ***


Capitolo ventisette.
 
Ho passato una settimana a sentirmi in colpa per ciò che avevo fatto a Jake. Mia madre ha detto che è normale che mi senta così male. Lasciare una persona è sempre una cosa dolorosa per entrambe le parti. 
La mattina di qualche giorno dopo, mentre stiamo andando a scuola, ne parlo con Melanie. 
«…È stato orribile dover lasciare Jake, ma ora…»
«Ora potrai finalmente metterti assieme ad Harry!» Esclama la mia amica, raggiante. 
Io ci penso un po’ su, come se fino a quel momento non mi fosse passato per la testa. Io ed Harry, finalmente. Sorrido involontariamente. 
«Avete già parlato?» Chiede Melanie, appoggiandosi ad un muretto mentre siamo davanti all’entrata della scuola, ancora semideserta. 
«Parlato di che?» Domando, come se fossi appena tornata dal mondo dei sogni. La mia amica mi guarda eloquente. 
«Indovina, Elle? Dovresti dire ad Harry che hai finalmente lasciato Jake, e che ora lui deve lasciare Chelsea la stronza, e metterti assieme a lui. Così vivrete felici e contenti.»
La mia amica ha ragione. Oggi, non appena vedrò Harry, andrò dritta da lui, in qualunque posto si trovi, lo prenderò per le spalle, lo bacerò con trasporto… Prima però dovrò portarlo alla mia altezza. Altrimenti l’unica cosa che bacerò di lui sarà il petto. Comunque, poi gli dirò chiaro e tondo di lasciare quella stupida oca bionda e mettersi con la sottoscritta.
«Mia madre sapeva che Jake non sarebbe bastato per dimenticare Harry. Dice che non bisogna sforzare una cotta. Perché l’amore arriva quando meno te lo aspetti, magari in un momento in cui credi che tutto vada male, che nessuno ti amerà mai.»
«Be’, tua madre ha ragione.» Conviene Melanie. «Vedi per esempio te ed Harry. Chi l’avrebbe mai detto che ti sarebbe cominciato a piacere un ragazzo come lui?»
«Già. All’inizio era tutto ciò che in un ragazzo non sopportavo. Adesso invece, lo voglio più di ogni altra cosa. Ho scoperto un lato di lui che fino a qualche mese fa non pensavo nemmeno potesse avere.»
Melanie mi guarda accennando un sorriso, che non sembra essere molto convinto. La guardo corrugando la fronte. Capisco che c’è qualcosa che non mi dice, ma muore la voglia di fare. «Mel, a cosa stai pensando?» La incito, cercando di non farle notare il mio tono leggermente preoccupato. Ho capito che c’è qualcosa che non va. La mia amica sembra essere cambiata da un momento all’altro.
«Mm? No nulla, Elle, non ti preoccupare. Stavo solamente pensando...»
«Pensando a cosa?» Le chiedo. Nel frattempo la campanella e suonata, e assieme alla mia amica mi dirigo verso gli armadietti, posti al secondo piano dell’istituto. La ragazza al mio fianco continua a rimanere in silenzio, pensierosa. Dopo aver preso i miei libri, l’accompagno a prendere i suoi.
«Senti Elle, potrò sembrarti dura, ma ho bisogno di dirtele queste cose. Di avvertirti. Harry può sembrarti cambiato quanto vuoi, può sembrarti un ragazzo serio, non quello che vuole divertirsi, come ha dimostrato fino ad adesso. Non voglio che tu ci rimanga male. Quindi, evita di farti coinvolgere troppo. Lo dico per il tuo bene, davvero… Harry è stato con tante ragazze di questa scuola, e trovo difficile il fatto che cambi da un giorno all’altro. Tutto qui.»
«Tu… tu non sai cosa mi ha detto, quel giorno in cui ci siamo baciati per la prima volta Melanie» le dico. Il tono della mia voce si è leggermente indurito, quasi involontariamente. «Non puoi sputare sentenze così, senza conoscere davvero una persona. Io lo conosco Harry, e non è più il ragazzo che tutti voi pensate che sia. Io, credo di averlo cambiato.» L’ultima frase la sussurro. 
Credo di averlo cambiato. Sì, io l’ho cambiato. L’ho reso il fantastico ragazzo che è ora. In realtà lo è sempre stato, ma ci è voluto un po’ prima che questa parte di lui uscisse allo scoperto. Con questi pensieri per la mente mi allontano verso la classe di biologia, lanciando un ultima occhiata a Melanie, che ricambia, dispiaciuta.
 
Non ci posso credere che quella che pensavo fosse la mia migliore amica, abbia detto quelle cose. 
Durante le prime ore di lezione, la mia mente è completamente occupata dalle parole di Melanie a proposito, che non fanno altro che girare vorticosamente, confondendomi. Non mi sembra vero che abbia detto quelle cose… non sapevo che avesse quella considerazione di lui, che la pensasse così, non me ne aveva mai parlato e non mi era sembrata restia a vedere me ed Harry, assieme. 
Certo, Jake le piaceva, ma era stata proprio lei a spronarmi a lasciarlo se non ero felice assieme a lui… Possibile che… no, sono passati mesi ormai da quando Mel mi aveva confessato la sua cotta per il riccio, da quando non faceva altro che parlarmi di lui, del numero delle volte in cui respirare giornalmente. Non può provare qualcosa per lui. Sta assieme a David adesso, e sono felici per quanto ne so.
Non può essere…
Scuoto la testa, come per scacciare quel pensiero dalla mente. Che stupida che sono, a Melanie non più proprio Harry, non credo che…
«Non è d’accordo con l’affermazione di Edgar Allan Poe, signorina Grant?» Il professore si posizione davanti al mio banco, guardandomi contrariato. «È per caso diventata un filosofo?» Dopo le parole del professore, ancora immersa nei miei pensieri, rimango in silenzio. Dopo un attimo, torno alla vita reale. «Harry che?» Mi lascio scappare, mordendomi subito dopo la lingua.
«Edgar Allan Poe, le ho detto.» Mi risponde il professore, visibilmente scocciato.
È la seconda volta che mi scappa il nome di Harry in un momento e contesto, poco appropriati. Direi che quel ragazzo non fa bene alla mia salute mentale, già molto precaria di suo.
 
Fortunatamente riesco ad evitare altre figuracce per il resto delle ore antecedenti alla pausa pranzo. Quando la campanella suona mi alzo velocemente e mi dirigo verso l’aula ristoro, al nostro solito tavolo, che raggiungo dopo qualche minuto. Man mano che mi avvicino riesco a distinguere Jess e Thomas, David, Melanie e ovviamente - l’ho notato prima di tutti - Harry. Questa volta, da solo. Sul mio volto compare un sorriso luminoso. È la prima volta dopo settimane che accanto a lui non c’è Chelsea la cozza. 
È praticamente un miracolo. 
Qualcuno lassù mi deve amare proprio tanto, penso alzando gli occhi al cielo in un gesto di ringraziamento. 
Dopo aver preso da mangiare, mi dirigo di nuovo perso il tavolo dei ragazzi, con un largo sorriso stampato in volto. Mi siederò vicino ad Harry, lo bacerò come se niente fosse e tutto andrà bene.
Il sorriso mi muore sulle labbra quando noto Chelsea la stronza, seduta al mio posto. Non è possibile che Harry la voglia ancora attorno. Fino a trenta secondi fa non c’era, e potevo definirmi la ragazza più felice e più fortunata del mondo. 
Ora se mai sono la più sfigata, e anche la più arrabbiata, devo aggiungere.
A passi pesanti mi dirigo verso il tavolo dove sono gli altri, sbatto letteralmente il vassoio, facendo saltare Jess dallo spavento, e attirando l’attenzione degli altri.
«Elle! Mi hai fatto prendere un colpo!» Esclama la mia amica, ancora con una mano sul petto.
«Scusami.» Rispondo distratta, iniziando a mangiucchiare ciò che ho nel piatto. Non che abbia fame. Mi è passata non appena ho visto Chelsea. Mi si è proprio chiuso lo stomaco.
Non sono gelosa, comunque. Affatto. 
Voglio solamente prenderla per i capelli e… e… 
Ah, è così che pensa una ragazza gelosa? Okay, okay. Mi calmo. 
Chiudo un attimo gli occhi e prendo un respiro profondo. 
È la peggior pausa pranzo della mia vita. 
Melanie non parla, e ovviamente io non parlo a lei. Si limita a lanciarmi sguardi di scusa. Harry ha probabilmente capito che sono arrabbiata con lui, oltre che con Chelsea, ovviamente. Non capisce come mi sento ogni volta che li vedo assieme, quando lei cerca di baciarlo, gli si avvinghia come un polpo. È fastidiosa, molto fastidiosa.
David cerca in vano di parlare con la sua ragazza, senza ottenere nulla. Invece Jess e Thomas continuano a spostare lo sguardo da me a Mel, ad Harry, perplessi.
Se non fossi arrabbiata questa scena sarebbe davvero esilarante.
Dopo vari minuti passati in silenzio, Harry si gira verso di me, sorridendomi. «Che ti prende Elle?» Mi sussurra. In risposta gli lancio uno sguardo torvo, come ad intimargli di stare zitto. Senza dire una parola il riccio si alza, intimandomi di fare lo stesso. Scuto la testa. Col cavolo che lo seguo. «Dio, per favore Elle, non comportarti da bambina.» Dice in tono irritato. 
Okay, forse ha ragione, ma questo non gli da il diritto di mettermi in imbarazzo davanti a chiunque, con quelle parole. Lentamente mi alzo, e mentre Chelsea ci guarda sbalordita senza dire una parola, io ed Harry ci dirigiamo verso il giardino della scuola.
«Allora, cosa ti succede Elle? Perché ce l’hai con chiunque?»
 «Be’, da dove vogliamo incominciare?» Chiedo, con un tono di voce leggermente sarcastico. «Ce l’ho con Chelsea perché continua a starti attorno, quando l’unica cosa che dovrebbe fare è sparire dalla faccia della terra. Ce l’ho con Melanie perché ha insinuato che...» Mi blocco.
«Ha insinuato che cosa?» Mi domanda Harry. Non riesco a dire altro.
«Niente di importante.» Mento. Gli occhi del ragazzo che ho davanti nascondono un velo di preoccupazione, e questo mi fa sorridere. Il fatto che si preoccupi per me mi scalda il cuore, ogni volta. Sul mio volto spunta un lieve sorriso. Mi avvicino a lui, gli metti una mano dietro il collo e lo avvicino a me, regalandogli un dolce bacio a fior di labbra. 
«E questo cosa significa?» Mi chiede lui.
«Significa che ho lasciato Jake, perché l’unico ragazzo con cui voglio stare sei tu, Harry. Fin dall’inizio.» Ammetto, aspettando una qualunque risposta da parte sua.
Il riccio davanti a me socchiude le labbra come se stesse per dire qualcosa, dopodiché le richiude e sposta lo sguardo dai miei occhi, portandolo in un punto indefinito del giardino. Dopo quel suo semplice movimento, il mio cuore inizia a battere all’impazzata, come se già sapessi cosa sta per dirmi il ragazzo. Mi allontano leggermente da lui, iniziando a mordermi nervosamente il labbro inferiore. «Harry per favore, dì qualcosa. Qualunque cosa.» Lo supplico.
«Io… senti Elizabeth. Non sono sicuro di ciò che è successo. Perché hai lasciato Jake? Perché non me lo hai detto prima di fare tutto questo?» Le sue parole bruciano come uno schiaffo. Chiudo un attimo gli occhi, poi li riapro e li inchiodo ai suoi. «Come perché ho lasciato Jake? Mi sembra che fosse la cosa più giusta, ma soprattutto ciò che volevamo entrambi. Mi stai dicendo che non volevi arrivassi a fare ciò?»
«Non ti sto dicendo questo. Solo che... non so se potresti mai essere felice con me. Tu mi piaci molto, ma sei diversa da tutte le ragazze con cui sono uscito. Non voglio farti soffrire, tutto qui.» Dichiara, poi cerca di avvicinarsi a me. Faccio un passo indietro, cercando di trattenere le lacrime che stanno per uscire. 
«Non vuoi farmi soffrire? Lo hai fatto Harry, da quando hai lasciato che ti baciassi per la prima volta.» Gli dico, cercando di mantenere un tono di voce basso.
«Io... mi dispiace.»
Gli dispiace, è solo quello che sa dirmi? Senza lasciarlo finire mi allontano, tornando in mensa. Lui mi segue a sua volta, cercando in tutti i modi di fermarmi. Appena entriamo di nuovo nella mensa, mi avvicino al tavolo, raccolgo distrattamente le mie cose, ignorando gli sguardi straniti di tutti i presenti. «Che ti prende Elle?» Mi sussurra Jesse. Non le rispondo.
Nel frattempo Harry ci ha di nuovo raggiunti. «Aspetta un attimo, Elle. Non te ne andare ti prego, lascia che ti spieghi meglio.»
«Non c’è niente da spiegare Harry, lasciami in pace.» Questa volta urlo, attirando l’attenzione della maggior parte delle persone attorno a me. 
Dopo aver raccolto le mie cose, mi allontano da quel luogo diventato opprimente, trattenendo a stento le lacrime. 










Spazio autrice:

Lo so, sono in ritardo. Un immenso ritardo, e mi dispiace. Mi dispiace anche per il capitolo, perché non è una meraviglia. 
Oh, e mi dispiace anche per quello che è successo nel capitolo, però ve lo avevo accennato in precedenza, no? 
E si capiva che sarebbe successo anche leggendo il piccolo prologo, ve lo ricordate? :) Ecco, praticamente questo è ciò che Elle ha raccontato.
Però, non è finita qui! :D Non potrei maaai lasciare la povera Elle così triste e sola... quindi continuerà ;) 
Be', spero che le cose per lei si mettano meglio, e spero che vi sia piaciuto almeno un pochino! Prima di lasciarvi, devo per forza ringraziare quelle ragazze che mi hanno aggiunta agli autori preferiti ** ossia, Carlotta Bucks, Stocazzoxx e Sere_Styles. Mi avete fatto piangere dalla felicità. :') Già che ci sono, consiglio a tutte di passare dalle loro storie, tutte molto diverse e soprattutto molto originali! :)
Ultima ma non meno importante, ingrazio sempre le ragazze che leggono, recensiscono e tutto il resto! A presto (questa volta sul serio)! :D

 

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