La punizione di Scorpius Malfoy

di gaccia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa delle stelle ***
Capitolo 2: *** Quando si dice Dolce Risveglio ***
Capitolo 3: *** Sono spacciato! ***
Capitolo 4: *** Neanche Voldemort torturava così ***
Capitolo 5: *** Sotto il vestito... tutto ***
Capitolo 6: *** Tutta la verità... o quasi ***
Capitolo 7: *** Trauma a una chiappa! ***
Capitolo 8: *** Una strana tenda canadese ***
Capitolo 9: *** Una conclusione sbagliata! ***
Capitolo 10: *** Il camino azzurro ***
Capitolo 11: *** Incontri di mezzanotte ***
Capitolo 12: *** Il ballo di Halloween ***
Capitolo 13: *** Shaula l'eroe del Quiddich ***
Capitolo 14: *** Sì, è vero sono io ***
Capitolo 15: *** Gli occhiali degli Auror ***
Capitolo 16: *** Clerodendro purpurea rea ***
Capitolo 17: *** Aggressione negli spogliatoi ***
Capitolo 18: *** Sette colli sul petto ***
Capitolo 19: *** I bagni dei segreti ***
Capitolo 20: *** Baci, baci, baci ***
Capitolo 21: *** Crazy for you ***
Capitolo 22: *** Anche i muri hanno le orecchie ***
Capitolo 23: *** La foto sul comodino ***
Capitolo 24: *** Il tradimento ***
Capitolo 25: *** La condanna di Scorpius Malfoy ***



Capitolo 1
*** La festa delle stelle ***


 
Salve a tutti!
sono nuova di questa sezione (normalmente scrivo su Twilight e ho finito una originale Romantico). Da qualche tempo leggo le storie pubblicate su Harry Potter.
Come era già successo nell’altra sezione, ho trovato storie interessanti, belle, ben scritte e originali nella trama.
Ho scoperto il filone che preferisco (coppie storiche e nuove generazioni) e mi sono dilettata a buttare giù una traccia per una storiella veloce.
Devo essere onesta: sfrutterò una idea che ho usato in Twilight e che mi ha dato grandi soddisfazioni.
Il mio intento è ridere e far ridere perché a questo mondo di cose serie ce ne sono troppe.
Un’altra mia peculiarità è l’interattività. Accolgo e molto spesso utilizzo i suggerimenti di chi recensisce. Addirittura chiedo consigli e idee, quindi invito a partecipare.
 
Adesso devo lasciare la classica dichiarazione: DICHIARO DI NON AVER BUONE INTENZIONI… no, non era questa… ah, sì… DICHIARO CHE I PERSONAGGI DI QUESTA STORIA SONO DI PROPRIETA’ DELLA SIGNORA J. K. ROWLING (tranne quelli che non compaiono nei suoi libri che sono miei).
 
Per ora vi lascio al primo capitolo un po’ cortino, rossiccio e serio. Tranquilli, il registro cambierà presto. e inserisco un banner fresco di stampa da parte di Elenri (grazie)
 photo BannerstileBeastly_zpsb6c09140.jpg E ora, BUONA LETTURA!
 
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Lo specchio rimandava l’immagine del mio fisico in maniera impeccabile.
Se anche avessi fatto un incantesimo per aumentarne il valore estetico, non sarei riuscito a farmi più bello di così.
Mi seccava ammetterlo ma anche i consigli babbani avevano il loro merito nella mia figura.
Dopo che mi ero trovato tra le mani un testo sul fitness e pesi mi ero applicato di nascosto e devo dire che i muscoli che mi erano spuntati avevano accresciuto i miei punti in conquiste femminile del trecentocinquanta per cento.
Un ottimo allenamento anche per il mio ruolo di cacciatore nel Quiddich.
Se poi ci sommavo i capelli biondissimi, gli occhi grigi dallo sguardo algido e un viso aristocratico e cesellato, ecco che compariva il più bel ragazzo di Hogwarts… e dintorni. Scorpius Malfoy.
 
Sistemai la camicia nera nei jeans, lasciando alcuni bottoni slacciati e ammiccai alla mia figura.
Questa sera avrei potuto avere chiunque alla festa di Blake. Mi ero persino accordato perché mi lasciasse una camera da letto libera, tanto non lo sarebbe stata per molto.
Scesi le scale dirigendomi in salotto al camino che mi avrebbe portato alla Zabini Manor.
 
«E poi non si dovrebbe arrestarle e mandarle ad Azkaban queste pazze? Ai miei tempi una che lanciava delle maledizioni mortali spettava il bacio del dissennatore, non un ricovero nel reparto psichiatrico del San Mungo!» sentì esclamare suo padre mentre sfogliava la Gazzetta.
«Caro, non ti agitare… lo sai, la pressione…» pigolò sua madre, probabilmente intenta a ricamare nell’angolo della stanza, vicino alla finestra.
«Queste storie mi fanno impazzire! Io sono qui che devo giustificarmi da anni perché mio padre mi ha imposto il marchio dei Mangiamorte e secondo molti avrei dovuto essere condannato, e quella lancia fatture che fanno morire chi è stato colpito dopo un anno e non ha passato un giorno in galera!... scommetto che è una mezzosangue!» disse ancora Draco Malfoy, gettando il giornale sul tavolino accanto alla poltrona in pelle dove stava comodamente seduto.
«Non dire così…» provò ancora a intervenire Astoria.
Sua madre era sempre stata succube di suo padre. Era come un dolce ninnolo da mostrare in pubblico ma senza alcuna sostanza né diritto alla parola. Gli elfi domestici avevano più diritti in quella casa… e questo da quando quella sporca mezzo sangue di Hermione Granger-Weasley aveva messo piede al Ministero.
Sì, conosceva tutta la storia e non avrebbe retto un’altra mezz’ora a sentire i risentimenti che covava Draco Malfoy nei confronti del magico trio, sebbene gli avessero anche salvato la pelle.
 
«Mamma, io vado da Blake per la festa delle stelle. Non aspettarmi alzata». Con lui era sempre stata affettuosa. Mai un rimprovero, mai uno schiaffo facendo così da contraltare al padre ‘lievemente’ dispotico.
«Scorpius, non ti sembra di dedicarti troppo ai divertimenti? L’anno prossimo sarà quello dei M.A.G.O. e voglio che tu abbia tutti i voti necessari per fare una brillante carriera» intervenne suo padre. Ecco che ricominciava: “Scorpius, studia!”, “Scorpius, devi tornare a dare lustro al nome dei Malfoy e lo potrai fare con una brillante carriera al ministero!”, “Scorpius, sei stato di nuovo superato da quella Weasley! Sei un Malfoy per Merlino!”.
Ed ecco che si tornava alla rossa Weasley, zannuta Grifondoro che strappava tutti Eccezionale in qualsiasi materia facendo sembrare gli altri degli emeriti cretini.
Non che ci avesse mai parlato e neanche lo desiderava, chiatta com’era!
Poi a lui mica interessava studiare, l’importante era cavarsela e segnare più tacche possibili sulla testiera del suo letto prima degli esami finali.
Ne andava della sua reputazione e della somma di mille galeoni scommessa con altri Serpeverde al suo terzo anno.
«Siamo in vacanza e sono avanti con il ripasso. Non preoccuparti. Oggi è il 10 agosto! È festa!» replicai cercando di sorridere più apertamente, prima di correre alla polvere volante e gridare forte «Zabini Manor!» sparendo in un turbine verde.
 
«Ehi, Blake, Lucinda… smettetela di saltarvi addosso ogni tre secondi o mi bloccherete la crescita!» salutai scrollando la polvere appena uscito dal camino dell’elegante salotto di Zabini.
«Sei solo geloso... come se tu non avessi mai provato...» rispose il mio amico staccandosi un attimo dal volto della bionda per poi rituffarsi sul suo collo.
Cacchio! Non erano ancora le dieci di sera e il padrone di casa stava già partendo per libidinolandia! Beh, meglio per lui e le altre donzelle prede per me!
«Hai ragione, non ho mai provato con Lucinda ma se vuoi rimediare... Lucy, a tua disposizione» mi offrii mentre mi versavo un goccio di liquido ambrato presente su un tavolino. La bionda ridacchiò socchiudendo gli occhi, per poi rispondere con un gemito agli assalti del mio amico.
«La prossima volta, Scorp» sospirò la McNair e da parte mia decisi di lasciare quella stanza che cominciava ad avere una atmosfera pesante. Un bordello babbano sarebbe stato più allegro.
Non che sapessi come fossero (non è vero... ma non avrei mai confessato di divertirmi a bazzicare per la Londra babbana nonostante i moniti di mio padre).
 
Passai attraverso altre stanze riccamente arredate, mentre mi avvicinavo al patio dove avrei trovato la piscina e le decorazioni preparate per la festa delle stelle.
Il cielo stava diventando color inchiostro trapuntato di cristalli e tra qualche ora sarebbero state visibili le cascate di stelle filanti che avrebbero attraversato la volta celeste, rilasciando la loro magia ad alimentare le bacchette che fossero state mostrate alla loro luce.
Quasi tutti i maghi sarebbero usciti alla luce delle stelle ed avrebbero alzato al cielo la loro bacchetta per ricaricarne l'essenza, per noi giovani era solo un'altra scusa per fare baldoria.
«Ben arrivato, Scorpius, stavo giusto cercando un aiuto per la musica» esordì Nigel Spees appena mi vide uscire nella veranda.
«Tipo? Sai che non sopporto le tue band da stupro ai timpani, non sono il mio genere» commentai mentre ammiravo ancora le decorazioni fluttuanti che Blake aveva organizzato per la serata.
«Non essere il solito snob, altrimenti potrei trovare un sistema per sbatterti fuori da Serpeverde e prendermi la spilla da prefetto» minacciò scherzoso. Risi in risposta.
I miei compagni di casa erano i più melliflui, ambiziosi, spietati e assolutamente complici, bastava solo  essere abbastanza svegli da guardarsi le spalle e avevi trovato dei veri amici.
Stancante? Forse, per chi non ci era abituato. Per me era normale amministrazione e niente mi rilassava più di ritrovarmi circondato dalle serpi verde argento.
 
«Gli altri?» domandai. In giro non si vedevano Claire e Cassandra Nott e neanche Delphina Budstrong. Tyson Rockwood e Theodore Goyle ero sicuro di trovarli accanto al buffet.
«Le gemelle e Delphina si stanno preparando di sopra e le due fogne sono a trincarsi una bottiglia di qualcosa» indicò Nigel col pollice alle sue spalle. Come volevasi dimostrare, niente di nuovo.
Tra poco sarebbero arrivate le tre ragazze dal fisico statuario, strizzate in vestiti sicuramente stregati per poter contenere tutto il loro ben di dio, mentre gli altri, alticci, avrebbero provato a sbavare su qualsiasi paio di gambe che fosse passato davanti ai loro nasi.
In nome della scommessa, tutti noi eravamo alla ricerca di selvaggina scopabile. In fin dei conti eravamo in sette ancora in gara, visto che Zabini e McNair avevano deciso di restare monogami per buona parte dell’anno e novemila galeoni d’oro non facevano schifo a nessuno di noi.
 
Steso su un lettino in attesa degli altri invitati e ascoltando le prove acustiche di Spees chiesi: «Chi altri deve arrivare?».
«I soliti, praticamente tutto il parentado purosangue e i figli degli impiegati al Ministero con i loro parenti e amici. In pratica Blake si troverà in mezzo come quel Mosè babbano tra le acque e noi dovremo dargli una mano per far funzionare il tutto» sospirò rassegnato.
Come al solito quando si organizzavano questi party ci si doveva inventare il sistema per far socializzare persone che non si sarebbero mai frequentate neanche sotto la minaccia di un cruciatus.
Ovviamente Zabini doveva invitare gli altri purosangue perché si trattava di mantenere un certo livello e doveva invitare i ragazzi legati al ministero per un discorso di prestigio e legami politici.
Che poi queste due fazioni mal si integrassero a vicenda pareva non interessasse a nessuno, tranne che al padrone di casa che per l’occasione schiavizzava i suoi amici.
Strano a dirsi, in quelle occasioni e nonostante gli inviti, nessuno della beneamata società Weasley Potter si era mai presentato.
 
Due ore dopo la serata era al suo culmine.
Tyson e Theodore facevano la spola tra le ragazze sedute sui divanetti e la postazione dei beveraggi. Nessuno poteva credere che fossero maghi: un semplice ‘Acciò whiskey’ avrebbe risolto il problema del continuo imbarazzante barcollamento.
Dovevo essere onesto ammettendo che quella sera erano arrivate alcune ragazze degne di nota ed io iniziavo a scaldarmi, pronto ad incrementare il mio record personale.
«Tieni, questo ti tirerà ancora più su» disse Nigel, consegnandomi tra le mani un bicchiere di liquido trasparente dall’odore altamente alcoolico. Tracannai il contenuto in un fiato e feci un piccolo sorriso invitandolo a riempirmi ancora il calice.
La musica mi stava tramortendo ancora più dei liquori colorati che scorrevano a fiumi e neanche agitarmi sull’improvvisata pista da ballo riusciva a farmi tornare nel mondo dei senzienti.
Ogni tanto sentivo urletti estasiati rivolti alle stelle che trapuntavano il cielo con il loro tragitto trasversale ma non mi ero ancora deciso a tirare fuori la mia bacchetta.
Sbuffai sorridendo in modo idiota.
Lo sapevo di star facendo la figura del fesso ma non riuscivo a tornare in me.
 
A distanza di qualche metro, defilata rispetto al patio e quasi ai margini del giardino, vidi una bionda mozzafiato che teneva sollevata la bacchetta verso il cielo scuro.
Ad essere sincero non riuscivo a vederla bene, la sua figura sembrava coperta da un vetro smerigliato che confondeva i contorni… probabilmente era la sbronza che faceva effetto anche ai bulbi oculari.
Ghignai mentre alzavo in aria la mia bacchetta e sentita la vibrazione della ‘ricarica’, la agitai elegante verso la figura che mi aveva attirato. La gonna si sollevò fluttuando dolcemente sino a scoprire un lembo delle mutandine e un paio di gambe che avrebbero risvegliato anche un mago ricoverato nel reparto degli inguaribili del San Mungo.
 
«Scorpius Malfoy» mormorò dolcemente la ragazza voltandosi. Era davvero una visione, pur opaca che mi risultasse.
Barcollai verso di lei. «Sono qui per soddisfarti, mia ninfetta» biascicai per poi stringerla a me e baciarla con foga.
Quella sera mi sarei guadagnato un’altra tacca al mio letto e un passo in più verso la vittoria finale.
 
Se già prima vedevo sfocato e capivo poco, dopo il bacio capii ancora meno e per evitare nausee, vomito e mal di testa, chiusi gli occhi. Fortuna che la ragazza era disponibile ancora più di me, visto che mi trascinò subito verso casa.
«Scommetto che Zabini ha riservato una camera per te» disse ridacchiando e strusciandosi addosso al sottoscritto.
«Con un letto comodissimo e tutti i comfort possibili, mia ninfetta...» risposi cercando di non incespicare nelle parole.
«Allora andiamo a fare conoscenza» terminò soffiandomi nell'orecchio le parole che desideravo sentire.
Da quel momento avrebbero parlato i nostri corpi, uniti nella danza che tutti gli uomini conoscevano dall'inizio dei tempi.
Mi passai la lingua sulle labbra, pregustando il banchetto di pelle e gemiti che mi sarei gustato da lì a poco.
 
Salire l'enorme scalinata che portava al primo piano e relative camere, era stata una faticaccia ma la mia compagna sembrava parecchio forte, tanto da sostenermi senza apparente fatica. (probabilmente grazie a un incantesimo non verbale).
Stranamente non incontrammo nessuno dei miei amici ai quali mostrare la mia prossima vittima. Peccato, avrei sopperito con i miei ricordi versati nel piccolo pensatoio di Cassandra. Nelle regole avevamo stabilito che le prove potevano essere anche quelli, supportati da trofei, quindi mi sarei tenuto anche le mutandine.
Avanzammo nel corridoio in penombra, sino a una porta dove campeggiava disegnato uno scorpione nero. Simpatico Blake! Sicuramente era stata una sua idea, beh, poco male. Mi aveva risparmiato un sacco di tempo nella ricerca.
Appena entrati nella stanza sbattei la ragazza contro la porta chiusa ed iniziai a baciarla, cercando contemporaneamente la cerniera di quel vestitino così provocante. Ero sicuro che sotto ci fosse una montagna di curve da far venire un attacco di cuore dall'emozione.
 
Strano. Solitamente a quel punto la mia mente si snebbiava a pari passo con l’alzabandiera dei miei piani bassi ed io iniziavo a ritornare lucido e pronto per una memorabile sessione si sesso. Questa volta, invece non riuscivo a schiarirmi le idee, tanto meno la vista che mi risultava ancora confusa.
Pazienza. Avrei risolto con il tatto.
Il vestito frusciò a terra e la bionda mi spinse verso il letto rispondendo famelica al mio bacio e strappandomi la camicia.
Non appena si chinò per baciarmi il petto presi la mia bacchetta e mormorai un incantesimo contraccettivo. Ubriaco sì, scemo no. Prima di riempire il mondo di piccoli Malfoy sarebbe passato parecchio tempo e parecchie vagine diverse attorno al mio pene.
Lanciai la bacchetta sul pavimento e mi slacciai i pantaloni con grande difficoltà. Che rottura quando le dita non ti rispondevano prontamente.
 
«Ehi, bionda, aiutami con questi cosi» ordinai indicando i miei boxer e i jeans afflosciati alle ginocchia.
Lei rise allegra. Era una bella risata la sua, mi eccitò ancora di più di quanto non fossi.
«Subito, Scorpius» miagolò e in un attimo mi trovai nudo con lei in ginocchio che leccava il mio sesso. Ah! Decisamente brava la strega.
«Sì… così…» mugolai. Immediatamente allungai la mano sulla sua testa e presi a muovermi dentro la sua bocca spingendola contro di me e nello stesso tempo muovendo il bacino.
Sentivo la lingua, il risucchio, la saliva e i denti che strusciavano e vezzeggiavano il mio fallo.
A volte un pompino era meglio che inserirmi nella fica della ragazza in questione ma non quella volta, volevo sentirla tutta questa tizia che mi stava spompando.
 
«Vieni…» ordinai. La trascinai  con me sul materasso e feci sparire il reggiseno infilandolo in un cassetto aperto del comodino. Sarebbe stata la mia prova per l’indomani. Stracciai direttamente le culottes e mi posizionai in mezzo alle gambe chilometriche della ragazza.
Mi fiondai sui capezzoli già protesi verso me e li succhiai con forza, facendola gemere tanto da arrivare al mio limite.
Volevo l’orgasmo, ora, subito e d’impeto entrai in lei ed iniziai a spingere velocemente come un disperato.
La ragazza rispondeva ai miei assalti allargandosi di più e avvolgendo le gambe ai miei fianchi.
Dopo pochi istanti venni, spargendo dentro di lei il mio orgasmo.
 
Era stata un’ottima scopata. Non la migliore ma decisamente ottima.
Crollai soddisfatto sul suo petto, cercando di recuperare il fiato.
«Grazie» mormorai sorridendo, poi mi sollevai finendo coricato sull’altro lato del letto a guardare il soffitto a cassettoni dorati di quella camera.
«E io?... hai già finito?» gracidò la bionda sgranando gli occhi stupita.
«Sono venuto, no? Ho finito e ti ho ringraziato… puoi anche andare adesso, sono troppo ubriaco per fare il bis, sarà per un’altra volta, ninfetta» borbottai assonnato per poi girarmi su un fianco e cadere nel sonno dei giusti.
Sentii ancora lo sbuffo di frustrazione poi l’immobilità della mia occasionale amante mi conciliò il sonno e scivolai tra le braccia di Morfea.
 
Il mattino dopo un raggio di sole impietoso mi sbatté tutta la sua gloria in faccia, strappandomi dal delizioso ronfare. Subito un lancinante mal di testa mi fece desiderare il ritorno al dolce dormire o, in alternativa, uno schiantesimo per ridurmi all’incoscienza.
Necessitavo subito della pozione per il giorno dopo. Sicuramente Blake ne aveva un barile pronto in cucina.
Sperai che il mio caro amico avesse dato chiari ordini agli elfi domestici perché non sarei stato in grado di trascinarmi sino al piano terra e preferivo essere direttamente servito a letto.
In più c’era questo odore pestilenziale che si spandeva direttamente sulla mia faccia. Sembravano uova marce accompagnate da una buona dose di aglio e olio rancido.
Mi chiesi a chi potesse venire in mente di fare una colazione con simili condimenti e decisi di controllare facendo un enorme sforzo nel sollevare una palpebra.
 
Accanto al mio cuscino c’era una massa incolta di capelli scuri e opachi che coprivano interamente la faccia del soggetto.
Dov’era la bionda? La ninfetta di questa notte?
Con sommo sforzo mi misi seduto e scrollai quell’ammasso avvolto dalle lenzuola cercando di capirci qualcosa.
«Ehi! Sveglia!» ordinai bilanciando la voce al fastidio della mia testa pulsante.
Sentii mugugnare e muoversi accanto a me e diedi un’altra scrollata energica che fece definitivamente svegliare il tizio. Purtroppo si alzò anche facendomi vedere tutta la sua gloria nuda… e urlai.
 
«Ah!» ero agghiacciato!
Davanti a me, seduta, vi era una ragazza la cui bruttezza poteva fare solo concorrenza ai più vecchi e raccapriccianti elfi domestici… no, a ben pensarci non ne avevo mai visti di così brutti.
I suoi capelli marroni e ispidi sembravano non aver mai fatto conoscenza di un pettine e viaggiavano in ogni direzione.
Già dalla faccia si intuiva una notevole pinguedine, accentuata dal doppio mento e dai vari rotoloni di grasso che si distribuivano sul suo corpo. Altro che maniglie dell’amore, quelli erano maniglioni antipanico! In mezzo alle pieghe di ciccia c’era anche qualcosa di tondo con un paio di noccioline sopra in mezzo al petto. Anatomicamente parlando, intuii che fosse il seno ma non ci avrei messo la mano sul fuoco, visto che le curve sparivano in altre curve.
La faccia era inguardabile con la pelle deturpata dall’acne, sopracciglia cespugliose, denti sporgenti dalle labbra grosse e volgari, naso leggermente storto e un leggero strabismo che nulla aveva a che fare con quello più sensuale di Venere.
Insomma, se avessi potuto immaginare una donna più brutta e meno affascinante, l’avrei immaginata così.
 
Iniziai a urlare sconvolto e arrabbiato. Che cazzo ci faceva quel cesso ambulante nel mio letto?
«Chi sei? Cosa sei?» gridai coprendo il mio torace come a proteggermi da quello schifo.
Lei sorrise (fece una smorfia a dire il vero) e mi rispose «Sono la tua ninfetta, non ti ricordi?».
Le mie vene si ghiacciarono. Mai più alcool. Mai più in vita mia! Lo giuro sulla mia bacchetta, sul mio sangue puro… sul mio piccolo amico che non mi faccia più avere un orgasmo!
«Che cazzo dici? Ma sei scema? Io sarei venuto a letto con te? Una racchia talmente forte da far schifo ai maiali? Posso avere tutte le ragazze più belle del mondo e mi farei una merda come te?» non riuscivo a fermare gli insulti che mi venivano fuori. Il mio cervello non riusciva a concepire che le mie mani, le mie labbra… oddio! Il mio uccello… che si fosse infilato in quel buco… e nella bocca…
Mi venne un conato di vomito e per poco non vuotai lo stomaco sulle lenzuola di seta.
«Esci immediatamente! Fai talmente schifo che avrò gli incubi per una settimana, come minimo!» .
 
Ero disperato, come avrei risolto quel problema? Non potevo farmi beccare con uno sgorbio del genere, ne andava della mia reputazione!
Sentii dei passi concitati fuori dalla porta «Scorpius… Scorpius, stai bene? Ti abbiamo sentito urlare…» Blake e probabilmente Lucinda, erano nel corridoio che bussavano preoccupati.
«Un incubo, non preoccuparti» urlai massaggiandomi la tempia e guardando il mio “incubo” che mi fissava arrabbiato. Come se ne avesse motivo!
Poteva solo ringraziare che non ero in me la sera prima, altrimenti col cavolo che ci sarei andato a letto! Non l’avrei toccata neanche con i guanti di drago che usava quel rompicoglioni di Hagrid per coltivare il suo orto.
 
«Così sarei una merda? Una racchia? E tu che non ti sei neanche preoccupato se fossi stata bene con te? Chi ti credi di essere? Sei così importante? Bello? No! Tu sei marcio dentro! E non ci sai fare a letto… e non mi dire che eri ubriaco! Sei tu che mi hai portata qui».
«Non urlare e non rompere il cazzo! Sei uno sgorbio e non voglio più vedere la tua faccia, quindi evapora immediatamente prima che ti faccia sparire io» ordinai guardandola torvo.
«Maghi più forti e potenti di te hanno provato a comandarmi e nessuno c’è mai riuscito» vidi che prendeva la sua bacchetta e per un istante ebbi paura. Voleva schiantarmi? Uccidermi? Quella era pazza oltre che brutta.
Fece ondeggiare la bacchetta, come se ci giocasse «Vediamo se davvero sei così affascinante come credi. Hai un anno di tempo per amare davvero e farti amare da una ragazza, altrimenti non potrai più fare quello che più ti piace» un sorriso diabolico le rischiarò il volto creandomi brividi nella schiena. Che stava facendo?
«Sai che sfida! Posso far questo e altro e con meno tempo a disposizione…» cercai di rimanere spavaldo e non far trasparire un filo di ansia.
«Non prenderla alla leggera… Sai, gli Auror mi cercano con molto impegno perché venga messa a tacere con le mie… profezie. A volte la gente… sparisce se non ha raggiunto lo scopo della sfida» il suo sorriso si allargò ulteriormente mentre un lampo blu mi colpiva al petto scatenando un gran bruciore.
Caddi tra i cuscini per il contraccolpo e chiusi gli occhi aspettando altro dolore. Sentii solo un debole ‘pop’ e mi rialzai di scatto aprendo nuovamente gli occhi. La nausea mi stava uccidendo. Avevo bisogno subito dell’anti sbornia!
Accanto a me non c’era più nessuno e alcun vestito femminile era sparso per il resto della stanza.
La presenza di quel cesso era stata completamente debellata, tranne nel piccolo segno rotondo che mi segnava il centro del petto, proprio sopra il cuore.
 
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Angolino mio:
ero indecisa se continuare con il capitolo o fermarmi qui, poi ho pensato che la botta doveva arrivare nel prossimo oppure mi sarei giocata la storia in tre capitoli.
 
Ho letto HP almeno tre volte ma non mi sono mai soffermata sui nomi e sugli incantesimi quindi avrò sicuramente bisogno di un aiuto da parte vostra. Cerco di essere una purista e di utilizzare personaggi della Rowling per quanto possibile e anche qui chiedo aiuto e venia in caso di errore.
 
Per adesso vi lascio immaginare cosa succederà a Scorpius.
Vorrei che mi suggeriste l’abbigliamento più strano e allucinante che una ragazza possa indossare per andare a scuola (prima della divisa per intenderci).
 
Per chi volesse cimentarsi con un banner… Alex Pettyfer è lo Scorpius per eccellenza (con rispetto per Tom Felton ma lui lo trovo più bello) e la ragazza… una rossa, ovvio.
Però se riusciste a trovarmi un Alex travestito stile Drag queen sarebbe ancora meglio!
 
Per ora vi rimando al prossimo capitolo che arriverà tra una quindicina di giorni (ah, il lavoro…)
Grazie per l’attenzione
Alla prossima
Baciotti

 
 

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Capitolo 2
*** Quando si dice Dolce Risveglio ***


Ciao a tutti,
pensavo di fare un capitolo più lungo ma ho pensato che in questo modo sarebbe stato più di effetto.
Mi hanno fatto notare che la storia ricorda Beastley con Alex Pettifer.
Beh, Beastley è una rivitazione di La Bella e la Bestia, quindi sì, può ricordare anche quel film. Aggiungo un altro banner sempre di Elenri che si è sbizzarrita (a ri grazie)
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Adesso vi lascio al capitolo… ci risentiamo in fondo.
BUONA LETTURA!
 
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finalmente mi ero liberato di quel mostro con cui mi ero svegliato quella mattina.
Adesso necessitavo della pozione anti-sbornia per ritrovare la lucidità dei miei pensieri e far terminare quel continuo tam tam sulle tempie.
«Netty!» chiamai l’elfa che normalmente mi serviva quando soggiornavo a Zabini Manor.
Con un soffocato ‘pop’ comparve un esserino raggrinzito e miserevole, scuro nella sua pelle rugosa, coperta da un vestitino floscio a fiorellini giallo ocra.
«Signorino Malfoy» replicò deferente facendo sfiorare il suo naso appuntito al pavimento.
«Portami la pozione… gli altri sono già scesi?» non potevo credere di essere l’ultimo a svegliarmi.
«Le signorine Nott e il padroncino con la signorina McNair stanno facendo colazione. Gli altri dormono ancora. Le porto subito la pozione» e con un nuovo inchino sparì dalla mia vista.
 
Mi sforzai e caracollai verso il bagno. Una doccia era proprio quello che mi ci voleva per rimettermi quasi al mondo. Almeno speravo.
L’acqua che scorreva sul mio corpo mi ripuliva e mi cancellava segni e pensieri. Mi sentivo in una bolla di pace.
Con calma ripensai a quanto era successo nella notte.
Come era possibile che non avessi visto che razza di sgorbio era quella ragazza? Poi mi sembrava bionda, mentre al risveglio era mora.
E se fosse stata una pozione polisucco? Era un intruglio difficile da preparare ma, dall’epoca della seconda guerra magica, sembrava più comune dell’aspirina babbana. L’avevo usata anche io per sedurre una ragazza fidanzatissima. Lo sapevo che era una cosa pessima ma la volevo disperatamente e lei non si decideva nonostante apprezzasse le mie avances.
Poi, quando mi sono ritrasformato mentre ero a letto con lei, mica si è arrabbiata o offesa, anzi, ha continuato a farsi sbattere con gridolini estatici per poi confessarmi che era praticamente sicura che non fossi il suo ragazzo perché ero troppo bravo.
Fedeli e infelici con un somaro nel letto. Valle a capire le donne!
 
Tornando all’ultima scopata… no, non era pozione polisucco perché ci eravamo divertiti per ben più di un’ora e lei non aveva bevuto nulla nella stanza.
Magia di disillusione? Poteva variare un pochino i lineamenti ma non creare una dea da una racchia.
Come era potuto succedere?
Davvero era stata solo la sbornia a ridurmi in quel modo?
E poi cos’era quella storia di aver tempo un anno per far innamorare di me una ragazza? Cosa voleva dire che non sarei più riuscito a fare quel che più mi piaceva?
Mi tornò in mente l’articolo di giornale che aveva commentato al mattino mio padre.
“…quella lancia fatture che fanno morire chi è stato colpito dopo un anno…”
Non era possibile, non c’erano fatture o maledizioni che agissero a rallentatore… pozioni sì, anche io ne avevo studiate diverse a scuola, ma incantesimi con la bacchetta? Impossibile.
 
Fissai la mia immagine allo specchio del bagno. Ero sempre io, bellissimo e prestante.
Il segno lasciato da quel fascio di luce blu sul mio petto si stava affievolendo, segno che non era niente di grave, visto che ogni anatema si sarebbe ingigantito e non ridotto.
Dovevo smetterla di pensarci e farmi venire l’ansia.
Avevo scopato con una matta e avevo incrementato il mio record. Ormai era un testa a testa con Nigel, Delphina e me e sicuramente quella sera non era cambiato nulla, avrei scommesso che anche loro due avevano beccato.
«Andiamo a far colazione» mi dissi a voce alta e mi recai nella sala da pranzo preparandomi a rispondere alle domande curiose dei miei amici.
 
«Scorpius! Amico mio, come è andata la nottata?» come volevasi dimostrare, la curiosità di Blake era peggio di una comare. Ma non poteva rivolgersi a Lucinda al posto di scavare nelle mie pluffe?
«Benissimo!» sorrisi cercando di allargare le labbra il più possibile.
Mi sentivo quasi in imbarazzo a pensare a quell’essere che mi ero scopato questa notte.
Negare, negare sempre e comunque.
«Dici solo questo? Strano, normalmente ti vanti in modo che mi sembra di essere stato lì» si lamentò il mio amico.
«Cos’è? Lucy non ti fa volare abbastanza?» ghignai malefico, sicuro che l’attenzione si sarebbe spostata rispetto alla mia persona.
«Blake!» strillò la mora al suo fianco. Era una ragazza dolce ma assolutamente letale se mettevi in dubbio le sue arti.
Zabini iniziò ad agitare le mani davanti a sé «No… Lucinda, ti giuro che non penso niente di quello che dice quell’idiota! Sei incredibile, fantastica e non mi sognerei mai di cercare altro in qualsiasi altro posto» una confessione accorata, niente da dire.
 
«Si può sapere cosa vuoi coprire per cambiare argomento in questo modo?» chiese Lucy rivolgendosi a me ed evitando di rispondere alla prostrazione del suo ragazzo.
Mi ero scordato quanto fosse sottile la sua mente. Sbuffai.
«Niente di che, mi sono infrattato con una e ho aggiunto una tacca. Tutto lì» nicchiai.
«Infrattato? Da quando usi questi termini? Ti è proprio andata così male?» sbottò Blake ridendo. Ecco l’appiglio che mi serviva  per salvare il mio bel faccino.
«Non ti dico… E’ stata orribile, talmente rigida che una scopa firebolt nel culo non avrebbe fatto lo stesso effetto… vi giuro che ho dovuto faticare sette vestiti da cerimonia per riuscire a venire e dire che ero ubriaco e su di giri per conto mio».
Come mi sentivo ad aver detto una palla dopo l’altra? Benissimo e senza problemi.
Ed ero anche convincente, visto che i miei amici più intuitivi se la stavano bevendo con tutto il calderone. Neanche con il veritaserum sarei stato così convincente e in linea con le mie normali confidenze.
A questo punto potevo anche spingermi ad approfondire alcuni aspetti fisici e di atteggiamento che non mi avrebbero più scoperto.
Grazie al cielo non mi chiesero altro ed io mi rilassai bevendo finalmente la pozione anti post sbornia che anelavo da quando mi ero svegliato.
 
Nel giro di un paio di ore, spuntarono gli altri del gruppo e ad ogni comparsa mi toccò raccontare della mia nottata lussuriosa. Beh, non che non lo fosse stata. In fin dei conti avevo avuto soddisfazione. La cosa che mi sconvolgeva di più era con chi l’avevo avuta, ma questo dettaglio era e doveva rimanere irrilevante.
«E pensa che si è pure lamentata e mi ha lanciato un anatema!» dissi ridendo verso Nigel che mi aveva appena raccontato della rossa della nottata precedente e di come gli aveva chiesto di sculacciarla con la cravatta. Certe streghe hanno delle pulsioni strane.
«Come un anatema?» chiese preoccupata Cassandra.
Da quando l’avevo conosciuta avevo sempre pensato che questo nome procurasse solo guai a chi lo portava e chi ci girava intorno.
Già quella della guerra di Troia, nota nata babbana con il dono della veggente, doveva fare da monito alle future generazioni, ma niente sembrava far demordere i maghi che si ostinavano a dare quel nome alle nuove figlie, assegnando magicamente anche il dono della vista nel peggiore dei casi o di un formidabile intuito, tormentando chiunque parlasse con loro ad ascoltare le loro nefaste opinioni.
«Niente di che. Mi ha solo detto che entro un anno dovrò far innamorare di me una ragazza o non potrò più fare le cose che mi piacciono di più… ma dico che razza di minacce sono?» cercai di minimizzare.
Onestamente non mi piaceva molto questa storia ma tutto sembrava portare a un macabro scherzo e niente altro.
«In effetti dire che non potrai più fare quello che ti piace mi sembra vago. A te piace fare talmente tante cose che riunirle sotto un’unica voce non si riesce» intervenne Delphina.
«Non è vero! Direi che cazzeggio è il termine corretto che riassume il tutto» disse Blake ricevendo i mugugni di approvazione da Rockwood e Goyle che si stavano di nuovo ingozzando.
«Non è vero! Scorpius non è solo un cazzeggiatore, è molto di più! È un gran cazzeggiatore» alzò la voce Claire facendo scoppiare a ridere tutta la compagnia.
Mi sorse quasi il dubbio che non avessero una grande opinione di me, ma d’altronde neanche io ne avevo nei loro confronti.
 
La giornata passò tranquilla tra risate e altri divertimenti intorno alla piscina che la sera prima era stata teatro del party per le stelle e i tentativi di Cassandra di tornare a parlare della minaccia dello sgorbio andarono persi nell’aria.
Le decorazioni erano sparite ma in compenso fluttuavano bicchieri di cocktail colorati, ombrelloni colorati che si spostavano dove veniva richiesta l’ombra e materassini galleggianti per deliziarci in acqua.
«Questo caldo è tremendo» si lamentò Claire agitando la bacchetta in modo che le spirasse addosso un leggero e fresco venticello.
«Allora dovresti rinfrescarti meglio» rispose Theodore scatenando un’onda anomala che si rovesciò impietosa sulle gemelle Nott.
«Goyle!» urlò Cassandra «Inizia a volare!» e si lanciò contro il muscoloso gorilla che rideva sguaiato.
Io, Nigel e Blake ridevamo appollaiati attorno al bar mentre le ragazze cercavano di trasfigurare Goyle lanciandogli incantesimi a raffica.
«Basta, Nott. Che cavolo! Pensavo di farti un favore! Se sudi ancora un pochino ti sciogli e diventi trasparente come Mirtilla Malcontenta» protestò il ragazzo quando metà dei suoi capelli divennero di un bel rosa confetto.
«Mi stai dicendo che sono scheletrica?» ringhiò Claire.
«Sei perfetta e assolutamente sexy, Claire. Non ci far caso a quello che dice Theodore, è il classico anello mancante tra noi e le scimmie» ribatté Spees, facendo arrossire la ragazza.
 
Tra scherzi e bevute arrivò l’ora di tornare a casa e stanco ma decisamente soddisfatto per la festa, salutai tutti e passai nel camino diretto a Malfoy Manor e dopo aver salutato i miei genitori, andai subito a dormire.
Il mattino dopo, davanti allo specchio la macchia sul mio petto, che aveva lasciato quel raggio blu, era ancora più piccola.
 
§§§
 
I giorni successivi passarono lenti e tranquilli, quasi noiosi quando mi toccava interagire con mio padre e le sue stucchevoli regole per il mantenimento del sangue puro e dello status al top delle classi sociali.
Ormai quello che era successo la notte del dieci agosto era passato nel dimenticatoio, coperto da altri ricordi molto più freschi ed eccitanti (e per la cronaca le tacche erano proporzionalmente aumentata).
«Scorpius, domani mattina andiamo a Diagon Alley. Ormai manca solo una decina di giorni all’inizio della scuola e dobbiamo controllare di avere tutto quello che serve per l’ultimo anno» annunciò mia madre a colazione una mattina di sole.
In effetti mancavano pochissimi giorni e sarei tornato in quell’acquario che era Hogwarth con i miei compagni di casa, le partite di quiddich, i professori rombipluffe, le ronde di notte per i prefetti come me e le imboscate a tutte le ragazze appetibili e disponibili della scuola, indipendentemente dalla casa di appartenenza.
Non mi facevo mica scrupoli se dovevo sedurre una corvonero rispetto a una griffondoro! Tanto avevo scoperto che sotto la divisa le forme fondamentali erano le stesse per tutte.
Anche le professoresse erano uguali, come avevo appurato personalmente quando ero stato con la giovane supplente di Erbologia l’anno precedente.
Peccato che dopo un paio di mesi di San Mungo, il vicepreside Paciock fosse tornato alle sue normali mansioni di insegnante… e lui di certo non era il mio tipo.
 
«Allora ci vediamo domani davanti al Ghirigoro, così mi aggiorni su quanto hai fatto in Svezia la scorsa settimana» dissi all’immagine di Nigel immersa nei carboni del camino. Io proprio non riuscivo a comunicare in quel modo, mi faceva senso mettere la mia faccia a contatto con la cenere e il fuoco vivo, avevo sempre paura che l’incantesimo non funzionasse a dovere e mi scottassi la mia bellissima pelle. Con tutto quello che avevo fatto negli anni per evitare brufoli e punti neri, non avrei sprecato il mio tempo per poi ridurmi in poltiglia sanguinolenta e maculata.
«Affare fatto, adesso devo andare. Ci sono i miei cugini alla porta che chiedono di entrare… meno male che domani se ne vanno, non li sopportavo più!» e detto questo, fece sparire la sua faccia dalle braci chiudendo la comunicazione.
Chissà se davvero la Svezia era così libertina come lasciavano intendere i libri.
 
Scrollai le spalle e mi rimisi a controllare gli oggetti che mi sarebbero serviti per il nuovo anno scolastico.
Non mi piaceva studiare, preferivo divertirmi con gli amici e le ragazze. Ero un normalissimo giovane mago neomaggiorenne. Ma tutto questo era niente per mio padre.
Lui, in me vedeva solo la sua occasione di rivincita sul mondo magico che lo aveva messo alla berlina. I Malfoy, pur essendo rispettati, non erano più potenti come una volta.
Anche Draco, che lavorava al Ministero come pozionista, non poteva avere incarichi di responsabilità in quanto gli erano ufficiosamente preclusi.
Non si poteva dire a voce alta che non ci si fidava, sarebbe stato incivile. Però non ci si fidava e mio padre era costretto a lavorare sottoposto a gente molto più ignorante di lui.
Io dovevo dar lustro nuovo al nostro casato.
Dovevo farmi valere in tutte le attività che intraprendevo: miglior studente, miglior giocatore di quiddich, miglior specialista in magisprudenza, miglior marito per la mia futura moglie perfetta e dal sangue più puro dell’oro zecchino.
Volendo potevo già immaginarmi vecchio decrepito seduto su una poltroncina sotto un portico con vista sull’oceano a guardare in lontananza i gabbiani e desiderare di essere stato libero come loro.
 
Sbattei le palpebre e tornai ai miei libri.
A scuola me la cavavo discretamente ma non ero sicuramente al livello della rossa zannuta della Weasley figlia degli eroi.
Era sempre lei che prendeva il premio per miglior allievo da sei anni a questa parte, tanto che ormai mi ero rassegnato alle sfuriate di mio padre.
 
Finii di scrivere l’elenco del materiale che mi sarebbe servito per la scuola e vista l’ora tarda mi cambiai e andai a dormire.
L’ultima occhiata al mio torace, allo specchio del bagno, mi confermava che il segno sul mio petto era praticamente sparito e il giorno dopo anche quello non sarebbe stato altro che un ricordo.
 
Un raggio di sole, infiltratosi tra gli scuri, mi colpì il volto strappandomi dal sogno licenzioso che stavo facendo. Peccato che non valessero anche questi per il punteggio di fine anno, altrimenti sarei stato ampiamente in testa. In quei momenti mi sentivo come un ormone ambulante.
Aprii gli occhi e scostai dei fili scuri che mi impedivano di vedere bene la mia stanza in penombra.
Sbuffai, probabilmente avevo di nuovo sfilacciato il copriletto e mi sarei dovuto sorbire le critiche di mia madre sul poco rispetto che avessi nei confronti degli oggetti di grande valore.
Cercai di mettere a fuoco le cose che mi circondavano ma vedevo solo macchie opalescenti.
Stropicciai ancora le palpebre.
Che strano, la cosa non migliorava.
A tentoni presi la bacchetta ed evocai un qualsiasi oggetto che mi consentisse di vedere chiaramente, poi avrei pensato come risolvere il problema.
Nella mia mano comparve una specie di binocolo con le stanghette che mi affrettai a infilare sul naso.
«E luce fu» borbottai con voce acuta.
 
Voce? Sibilo da cornacchia piuttosto.  Quella non era assolutamente la mia voce. Io ero più caldo, roco, sexy…
Mi schiarii ancora e provai nuovamente.
«Uno, due, tre, stella». Niente, quella era una voce acuta e stridula stile unghie sulla lavagna.
Mi facevano accapponare anche i peli delle ascelle.
A proposito di ascelle… avevo decisamente bisogno di una doccia, puzzavo come un montone a luglio prima della tosatura e dopo essersi rotolato nel fango… o altro.
Scesi dal letto e osservai distrattamente le mie gambe. Strano. Avevo sempre avuto peli biondi e ora ero cosparso da una miriade di striature nere che deturpavano il candore della mia pelle.
Chissà quale incantesimo avevo lanciato nel sonno.
Mi trascinai in bagno e accesi la luce dopo essermi posizionato davanti al lavandino con lo specchio di fronte al mio naso.
La luce mi accecò un secondo, poi misi a fuoco la mia immagine e urlai.
 
Davanti a me c’era una ragazza… oddio, definirla di genere femminile era abbastanza coraggioso.
Aveva capelli color grigio topo scuro, un naso aquilino che faceva invidia al ritratto di Piton a Hogwarts, denti storti con un canino che spuntava dalle labbra sottili e molli, un bel paio di baffetti sul labbro superiore e brufoli in ordine sparso su tutta la faccia.
Gettai uno sguardo sul resto della mia figura, visto che  ero in boxer potevo guardare tutto e speravo di riscontrare la normalità e che fosse solo una distorsione dei binocoli che, allo specchio, si erano rivelati dei veri e propri fondi di bottiglia come solo la Cooman usava portare.
Sul mio petto spuntavano un paio di tettine che potevano tranquillamente sfidare la forza di gravità senza problemi, in quanto senza peso (in pratica una seconda scarsa). Più sotto spuntava una pancetta di tutto rispetto e (tastai) sul retro un sedere sporgente che associato alle cosce faceva sembrare la mia figura una pera.
La pelle era olivastra, totalmente diversa dal solito.
Solo gli occhi erano rimasti uguali, di quel grigio argento tipico di mio padre e dal taglio leggermente allungato ereditato da mia madre. Peccato che fossero coperti da quei vetri che davano la sensazione di averli spalancati in eterna sorpresa.
 
Continuavo a urlare, mentre mi tastavo.
«Ah!». Cazzo, ho le tette. Fossero almeno decenti!
«Ah!». Cazzo, ho un culo enorme! Avrò bisogno di uno scompartimento da solo sull’espresso per la scuola.
«Ah!». Merda, ho i baffi! Mi sono sempre rasato e adesso ho i baffi!
«Ah!». Cellulite? Pure?
«Ah!». L’alluce valgo? E perché non ho la gobba?
«Ah!». Che cazzo è successo?
 
Il mio vocabolario era diventato monosillabico e non riuscivo a dire niente altro se non suoni inarticolati.
Che era successo? Chi era quel mostro orrendo che mi guardava alla specchio?
Urgeva una contro fattura.
Bacchetta! Avevo bisogno della bacchetta!
Incespicai per lo scatto che feci verso il comodino dove giaceva e mi trovai lungo disteso sul tappeto dove, la sera prima avevo inavvertitamente dimenticato un decantatore di peltro.
Quando la sfiga colpisce è peggio di un cecchino e i miei gioiellini, in quel momento, ne riconobbero l’ineluttabile realtà.
«Ah!». Porco Merlino! L’unica cosa che era rimasta normale la colpivo in quella maniera rischiando la castrazione? Avevo le lacrime agli occhi! Morgana! Che dolore incommensurabile!
Strisciai sui gomiti fino al comodino e lì mi tirai su in ginocchio.
Quello era stato il peggior risveglio di tutta la mia vita!
Neanche quando mi ero risvegliato con quello scorfano nel letto ero tanto traumatizzato.
 
Cacchio! Io, proprio io, il più bel ragazzo di Inghilterra, con un’arte amatoria da far invidia a tutti i super dotati del globo terrestre, ai cui piedi cadevano ragazze e donne di ogni tipo, età ed estrazione sociale come se fosse una pandemia, mi trovavo nel corpo di una donna? Per di più orrida?
Avrei preferito essere trasfigurato in un profilattico! Almeno sarei “entrato” nel mio elemento!
 
Come si dice? I guai non vengono mai soli.
In quel momento, mentre stringevo la mia bacchetta e pensavo a quale contro incantesimo fare su me stesso per ritornare quello di sempre, attirati dalle mie grida da ippogrifo, irruppero come dei tornado nella mia camera e ancora prima che potessi spiegarmi o solo alzare la bacchetta mio padre urlò con voce tonante «Stupeficium!».
Accidenti! Il mio vecchio era ancora in gamba, visto il volo che mi fece fare prima di atterrare al muro accanto la parete e far cascare il quadro di una venere nuda, direttamente sulla mia testa.
Immaginai di avere quel corpo invece di questo… mica male!
Poi tutto divenne nero.

 
---ooOoo---
Angolino mio:
In questo capitolo abbiamo un’immagine più ampia di Scorpius, con i suoi problemi sul rapporto con il padre. Ma lui è comunque uno che vuole divertirsi, quindi poca pietà, prego.
 
Nel prossimo capitolo vedremo le reazioni dei Malfoy…
Da qui inizia la nostra storia comica, quella dove si ride… invito chi voglia suggerire cose strane da far fare a Scorpius, sono a disposizione…
 
Grazie per l’attenzione, alla prossima
Baciotti
 
 

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Capitolo 3
*** Sono spacciato! ***


 

Ciao a tutti!

Due settimane di ritardo sulla tabella di marcia ma ce l’ho fatta! (lavoro e famiglia… accoppiata nefasta per la creazione!)

 

Devo ammettere che questa sezione è davvero molto dura! È la prima volta in tre anni di scritti (alcuni di vero successo con trenta commenti per capitolo) che mi ritrovo con uno zero per recensione.

Beh, pazienza, io scrivo per prima cosa per me stessa, poi per gli altri (anche se mi piacerebbe scambiare qualche opinione)

 

Tornando a questo capitolo, credo si possa definire di transizione. Non aggiunge nulla se non portare Scorpius dove volevo.

Lo so, a volte mi perdo in descrizioni inutili ma saltare direttamente a scuola non mi sembrava corretto, prima dovevo passare da questo esame. Inserisco di nuovo il banner di Elenri perché mi piace davvero tanto

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Spero che il capitolo vi piaccia lo stesso e adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Il buio mi avvolgeva ed era una sensazione rassicurante. Stavo dormendo tranquillo nel mio letto, tra poco mi sarei svegliato e mi sarei trovato assolutamente normale e fantastico, pronto per andare a Diagon Alley e continuare la mia solita eccitante vita.

 

«Innerva» sentii dire e a giudicare dal tono era mio padre e sembrava irritato.

“Perché mi sveglia con l'incantesimo contro lo svenimento?” mi chiesi distrattamente mentre i miei occhi si spalancavano a risposta immediata dell'ordine imposto.

«Ciao, pa...» iniziai a parlare ma venni subito interrotto da un urlo stridulo di mia madre.

«Chi sei? Dov'è Scorpius?».

Spalancai gli occhi atterrito. Non ero tornato normale, non era un sogno! Ero nel corpo di una donna!

Di un essere che non poteva essere più lontano da me.

«No... sono io...» cercai di dire ma venni sollevato da un incantesimo non verbale e sbattuto nuovamente contro il muro.

Certo che mio padre poteva trovare anche un altro posto dove spiaccicarmi, accidenti! Continuando in questo modo avrei fatto il buco nella parete!

«Dov'è Scorpius?» domandò ancora mia madre, alzando il tono di voce e rasentando l'isteria.

«E' quello che sto cercando di dire!» sbraitai «Se non fosse per lui che mi sta pestando come una nocciolina!» e indicai mio padre.

 

Draco Malfoy aveva appena rialzato la bacchetta ma, alle mie parole, si bloccò a mezz'aria e con tono minaccioso intimò «Allora dicci qualche cosa di sensato!».

«Sono io! Scorpius!» urlai agitando le mie braccia grassocce.

Per un attimo neppure un fiato girava per la stanza. Potevo persino sentire un paio di formiche che correvano nell'angolo della finestra, poi mio padre si mise a ridere mentre mia madre iniziava a squittire come se si fosse trasfigurata in uno scoiattolo.

«Studiane un'altra! Sei una ragazza e dubito che mio figlio si metta a bere pozione polisucco per diventare un... sei sicura di essere una ragazza? Sei davvero...».

«Dillo pure! Sono orrido. Io una del genere non me la farei neanche sotto imperius» sbottai.

Forse il mio tono irritato e deciso mise a tacere i miei genitori in un colpo solo, troppo sconvolti anche solo per pensare a questa opportunità.

 

«Stai... stai dicendo sul serio?» sussurrò Astoria con occhi sgranati e lucidi.

Forse ero riuscito a creare una breccia nel muro di incredulità dei miei genitori.

«Sì» risposi con voce ferma e decisa, per quanto potesse esserlo quella specie di stridio che mi usciva dalle corde vocali.

Il mio augusto padre scoppiò in una sonora risata «Vuoi dire che tu sei nostro figlio Scorpius?» e continuò a lungo singhiozzando.

«Credo di non averti mai sentito ridere così a lungo e con tale gusto» ribattei irritato dopo aver atteso paziente che smettesse.

Doveva essere una gran bella battuta la mia per bloccare la risata di mio padre in un secondo.

«Decisamente per come rispondi, devi proprio essere Scorpius» ammise dopo avermi squadrato per un minuto buono.

Poi scoppiò di nuovo in una grassa risata che si calmò dopo parecchio tempo e lacrime da parte sua.

 

«Hai finito?» chiesi irritato a morte mentre mia madre passava il suo sguardo apprensivo da uno all’altro senza sapere come intervenire.

«Adesso sì» sospirò soddisfatto poi mi guardò fisso e iniziò quello che doveva essere un interrogatorio teso a scoprire tutti i retroscena di quel risultato.

 

Gli raccontai tutto quello che sapevo, dal momento in cui ero arrivato alla festa, all'incontro con quella strega che mi era apparsa come una figa da paura per poi rivelarsi solo una paura e basta.

Raccontai anche degli insulti e infine della minaccia che mi aveva lanciato.

«Così questa ragazza ti ha detto che hai tempo un anno...» borbottò mio padre.

Anche da mezza stanza di distanza riuscivo a sentire le sue rotelle girare come delle trottole, ma non riuscivo a immaginare quale soluzione potesse arrivare per risolvere questo problema.

Ogni tanto volgevo lo sguardo allo specchio e rabbrividivo anche solo alla prima sbirciata.

«Dobbiamo provare con il San Mungo» propose mia madre torcendosi le mani.

«Prima proviamo qualche pozione tra quelle della mia produzione». Ecco che spuntava il pozionista professionista con la sua boria da “risolvo tutto io”.

 

Non che avessi tutta questa fiducia nelle arti della precisione paterna, ma piuttosto che rimanere questo cesso che mi copriva le membra, mi sarei anche prostrato alla famiglia Potter, compreso quella testa di cazzo, pieno di sé di James Sirius.

«Prova questa» mi consegnò una fialetta dal colore lilla e dal profumo di torta di mele. Beh, almeno ispirava... a parte il sapore di aceto!

«Ma che schifo!» strillai acuto.

Quella voce era sempre più fastidiosa!

«Adesso dovremo aspettare... due o tre min...».

No, probabilmente anche meno visto che cominciai subito a sudare per poi cadere in ginocchio sul tappeto.

Immediatamente la mia pelle assunse un colorito di un verde pisello tenue e i miei capelli iniziarono a crescere centimetro dopo centimetro.

«Cosa succede, padre?» il mio urlo era ancora più isterico.

«Non so! Questo filtro serve per ripristinare le sembianze precedenti a qualsiasi pozione polisucco o similari».

Beh, visto che ormai i miei capelli color topo stavano invadendo tutti i pertugi della stanza facendo sembrare il pavimento un lungo e movimentato lago di peli, era meglio trovare un altra alternativa e alla svelta! Prima di affogare…

 

«Bevi questo!» color rosso rubino e odore di sudore... gusto alla pesca... perché mai non poteva esserci un qualcosa che facesse convergere colore, odore e gusto in qualcosa di complessivamente gradevole.

La pelle ritornò olivastra ma si ricoprì di squame, i capelli scomparvero ma si allungarono le unghie facendomi sembrare un fachiro. Gran risultato, visto cosa già sembravo “al naturale”.

«Padre... qualcosa di più efficace? Magari senza trasformarmi in un drago?» commentai acido e tossicchiando cominciai inspiegabilmente a sputacchiare fumo nero.

«Ehm... per il drago, stavo scherzando!» protestai.

La pozione successiva mi trasformò in una zucca... forse mi ci voleva la madrina di Cenerentola...

 

Nell'arco della giornata continuai a ingurgitare liquidi che andavano a essere sempre più viscosi e drammaticamente inefficaci.

Uno mi trasformò addirittura in una copia di mio padre e mia madre, ovviamente, esultò di gioia nel vedere raddoppiato l'immagine del suo amore! Ma non gliene bastava uno di Draco Malfoy? Il fatto di desiderarne un altro uguale era quantomeno masochistico! Un buon psicomago era indispensabile secondo me! Si doveva preservare la sua sanità mentale!

La pozione successiva era quanto mai ridicola! Mi ritrovai a squittire, piccolo, bianco e peloso, con una lunga coda morbida.

«Guarda, tesoro! Un furetto! Esattamente come te a scuola!» mormorò nostalgica mia madre, guadagnandosi un’occhiata che avrebbe incendiato il polo sud.

Certe umiliazioni sono dure da dimenticare e con quello che mi stava succedendo in quel momento, iniziavo a capirne veramente la portata devastante.

«Mi hai fatto venire le emorroidi!» urlai con la voce ammazza cristalli.

 

Dopo una giornata a provare queste pozioni e ad assistere i danni che si auto imponevano i nostri elfi domestici per solidarietà famigliare, il tutto senza arrivare a una soluzione soddisfacente (mi era spuntato l'apparecchio ai denti... perlomeno il sorriso migliorerà!) mio padre si arrese.

«Non so più cosa fare» mormorò crollando a terra sudato fradicio come se fosse stato lui a sopportare tutti gli intrugli e le trasformazioni a cui mi aveva sottoposto.

«Caro, vai a farti una doccia e riposati… non puoi continuare così anche domani» mia madre gli carezzò i capelli con dolcezza e mi montò la mosca al naso.

«Scusatemi tanto per il disturbo arrecato! Sono assolutamente distrutto dal rimorso di aver scombinato i vostri affari!» sbraitai arrabbiato.

Iniziai a prendere oggetti e a scagliarli contro le pareti riducendo la mia camera alla stregua di un campo di battaglia con innumerevoli feriti.

Non riuscivo neanche a sentire i richiami di mio padre che abbracciava e proteggeva mia madre dalla mia devastazione.

Quando le mie mani non trovarono più nulla da lanciare mi accasciai tra i cocci sul tappeto ed iniziai a piangere.

La dura realtà della mia situazione mi era piombata addosso con violenza non appena Draco Malfoy si era arreso. Non sarei mai più tornato come prima.

Sarei rimasto quella sbiadita, viscida, ributtante immagine di racchia che mi guardava impaurita dallo specchio incrinato. Forse era più bella in questo modo, riflessa a pezzi piuttosto che intera.

 

«Adesso calmiamoci tutti e andiamo a dormire. Domani mattina andremo da qualche medimago capace di invertire questa maledizione, non ha senso scatenarci in questo modo e accusarci a vicenda». Incredibilmente fu Astoria a prendere in mano la situazione con piglio deciso.

Raramente la sentivo con quel polso e non mi venne in mente di obbiettare nulla, poteva nascondere altre virtù segrete che avrebbero peggiorato il mio stato attuale.

Anche mio padre annuì provato e silenziosamente uscirono entrambi dalla mia camera mentre io mi gettavo sul letto sfatto e macchiato.

 

Il mattino dopo venni svegliato da una manina rugosa che mi scuoteva delicatamente una spalla.

«Signorino… padroncino si svegli… la colazione è pronta e tra un’ora ha un appuntamento alla clinica privata svizzera».

«Arrivo, Bor» borbottai, poi, aperti gli occhi e notato che ero ancora nelle vesti di quella sottospecie di ragazza mi voltai stupito «Ma tu mi riconosci?». Come poteva capire chi ero? Ieri non l’avevo visto in camera e teoricamente avrebbe dovuto aver paura di trovare un’altra persona nel mio letto… anche se in realtà ero davvero io…

Meglio non ragionare troppo su questa cosa o sarebbe scoppiato un mal di testa da guinness.

«Certo, padroncino. So perfettamente che siete padron Scorpius, anche se leggermente cambiato» ammise guardandomi timoroso, come se potessi scatenare la mia ira solo per le sue parole.

Mi sentii quasi in colpa e voltandomi vidi la mia stanza perfettamente in ordine e restaurata dallo tsunami che avevo scatenato la sera prima.

«Sei stato tu a mettere in ordine?».

L’elfo sorrise e si batté il pugno sul petto con orgoglio «Ho messo tutto a posto, così il signorino non si feriva quando si svegliava e scendeva dal letto» spiegò.

«Ti ringrazio, Bor» risposi cercando di sorridere in modo riconoscente.

Il solo gesto fece venire gli occhi lucidi al mio elfo ed io mi affrettai a correre in bagno per lavarmi e vestirmi.

 

Ricordavo ancora chiaramente la storia di come l’elfo domestico Dobby avesse aiutato Harry Potter e tradito mio nonno. Rammentavo anche gli ammonimenti di mio padre sulla giustizia e la cortesia che erano necessari così come la severità e da allora avevo sempre cercato di comportarmi in maniera decisa, ferma ma educata. Bastone e carota come dicevano i babbani.

Certo che non ero pronto a consolare un elfo scioccato per due parole gentili.

 

Adesso il mio problema principale era il vestito: cosa avrei dovuto mettere? Tutti i miei abiti erano maschili e non è che morissi dalla voglia di indossare una gonna, anche perché i peli delle mie gambe avrebbero causato un caso internazionale di cattivo gusto con la conseguenza espulsione da tutte le boutique del mondo magico e non.

«Scorpius, tesoro, ho portato un vestito, prova a vedere come ti sta» sentii mia madre fuori dalla porta mentre mi infilavo l’accappatoio azzurro polvere.

Meno male che lei ci aveva pensato.

Uscii più fiducioso e mi trovai, stesi sul letto, una moltitudine di pezzi di stoffa colorati, dal giallo sole al rosso fuoco, dal verde prato al blu oltremare all’arancione tramonto.

Neanche nei miei sogni più arditi avevo visto una marea di colori come quelli. L’arcobaleno era decisamente sopravvalutato rispetto ad Astoria Malfoy.

«Provati questo» disse alzando una tunica da strega color fucsia e argento.

La guardai spaventato. Cosa aveva intenzione di fare?

«Stai tranquillo, questo colore non ti sbatterà in faccia. Ormai la tua carnagione olivastra ha bisogno di colori decisi». Decisamente partita.

Che la maledizione fosse contagiosa?

«Mamma… un paio di pantaloni e una maglia non andrebbero bene?» suggerii cauto.

«Assolutamente no! Sei comunque sempre un Malfoy… anche se leggermente modificato. Devi mantenere un certo contegno!» e mi gettò tra le braccia quella specie di tenda canadese.

«Spero di riuscire a capire come infilarlo… di solito io queste cose le tolgo alle ragazze» borbottai sottovoce e mi rinchiusi in bagno per completare la mia vestizione. Se non altro i boxer erano sempre gli stessi!

 

«Accidenti» sbottai cercando di capire dove era posizionata la mia testa, mentre le braccia uscivano tutte e due attraverso uno stretto pertugio argenteo.

«Non ci capisco niente» continuai spingendo le braccia sempre più in alto.

Mi sentivo quasi una foca che doveva entrare in un tutù senza neanche usare le pinne!

«Scorpius, sto entrando» annunciò perentoria la mia augusta genitrice.

Neanche la privacy della mia nudità!

Nel momento in cui la porta si aprì riuscii a togliermi quella specie di palandrana e me la posizionai davanti al petto strillando acuto.

«Madre! Sono nudo!».

«Scorpius, caro, ti voglio ricordare che ti ho partorito, ti ho anche allattato nonostante non fosse signorile e quel che più conta, in questo caso, ti ho fatto il bagnetto e ti ho visto nudo!» e senza aggiungere altro mi strappò di mano il vestito con un abile gesto di bacchetta e lo fece levitare sopra la mia testa in maniera perfettamente verticale.

Subito mi strinsi le braccia al petto per poi maledirmi per aver avuto lo scatto impulsivo di coprire le mie piccole tette, che poi non erano neanche mie ma cresciute per effetto della maledizione. Quasi avevo i pettorali più grossi.

«Allora anche io ho visto il vostro petto, questo non vuol dire che abbia ancora diritto a vedervi nuda» sibilai.

«Scorpius, dovresti deciderti a parlare con me rivolgendoti con il tu, non è necessario il voi» sorrise benevola sorvolando sul mio appunto.

«Questione di educazione» replicai.

«Che a volte dimentichi, quindi ti concedo di scordartene del tutto... e adesso alza le braccia» e così dicendo mi fece scivolare addosso quella veste da strega. Merlino! Come ero caduto in basso!

 

«Oh, ma come ti sta bene!» squittì mia madre ma io inorridii guardandomi allo specchio.

Questa specie di vestaglia fucsia con cintura e bordi argentati, svasata e lunga sino ai piedi mi ricordava tanto i modelli indossati dalla preside McGranitt (a parte il colore, per inteso).

«Ma per piacere! Sembro un pagliaccio!» protestai.

«D'accordo, passiamo ad un altro modello, passa nell'altra stanza» ordinò lei.

Come per il giorno prima con le pozioni di mio padre, iniziai a mettere e togliere vestiti a ripetizione.

Stretti, larghi, molli, gonfi, a sbuffo, a raclan, stile kimono... non capivo neanche perché ci fossero tanti modi per mettere insieme delle stoffe.

«Mamma, non ti devi rifarmi il guardaroba, dobbiamo solo andare da un medico che non farà caso ai miei vestiti» finalmente mi ascoltò e cedette acconsentendo a farmi rimanere con l'ultimo vestito che mi aveva fatto indossare.

Quando mio padre lo vide ebbe la stessa mia reazione: conati di vomito causati dal vestito rosso fuoco con spesse bordure dorate.

 

«Verde e argento non andava bene?» borbottò contrariato.

«Il verde è troppo smorto, lo sbatte. Il rosso gli sta meglio» rispose piccata mia madre.

Bene! Mi aveva appena trasformato in un nuovo griffondoro...

«Andiamo?» invitò poi indicando elegantemente il camino.

 

Lo studio del luminare era asettico, minimalista, vuoto di tutti gli oggetti ad eccezione della scrivania e delle quattro poltroncine che la attorniavano.

Nessuna libreria, nessun attestato di merito, nessun quadro con ritratti famosi deturpavano il candore accecante delle pareti che rifletteva il paesaggio innevato delle montagne svizzere, mostrate nel loro immenso splendore dalle grandi finestre posizionate sul lato sud della stanza, alle nostre spalle.

Tutta la nostra attenzione era focalizzata sul mago basso e tracagnotto dalla veste color prugna che continuava a passare la sua bacchetta su un pezzo di cartoncino giallo e blu e mormorava una litania inquietante e fastidiosa.

Passammo mezz'ora di attesa silenziosa, dove io continuavo a sporgermi sempre più verso il medimago. Alla fine ero praticamente sdraiato a quindici centimetri dal naso dell'omuncolo ad aspettare la sentenza che, avevo il sospetto, non sarebbe stata per niente buona.

 

Quando si schiarì la voce sobbalzammo tutti ed io mi ricomposi sulla poltrona in attesa del verdetto.

«Signori Malfoy, mi dispiace molto, ho provato tutti i contro incantesimi del prontuario e anche qualcuno sperimentale ma non mi sembra che vi siano state variazioni» terminò indicandomi.

«Non ha fatto niente!» protestai alzandomi e mio padre mi trattenne e mi indicò nuovamente la poltrona.

«Suo padre mi aveva già inviato l'elenco di tutte le pozioni utilizzate ieri e io avevo già preparato il resto degli incantesimi che potevamo provare. Credo che tutto quello che era e non era umanamente possibile è già stato tentato». La sentenza era stata peggiore di quanto pensassi.

«Quindi cosa dovrei fare? Rassegnarmi?». Il mio strillo terribilmente acuto fece incrinare il vetro della finestra.

«Credo dovrebbe prendere in considerazione l'altra soluzione, quella prospettata dalla strega. Trovi una ragazza e si innamori... oppure... si prepari a rimanere in questo stato». Neanche un lampo di comprensione attraversò lo sguardo del medimago mentre snocciolava quelle parole che mi condannavano.

 

«Andiamo, Scorpius» disse mio padre alzandosi.

«Ma... non può essere! Ci fermiamo così? Senza provare niente altro? Ci arrendiamo a questo?» chiesi indicando me stesso.

«No. In questo momento però non possiamo fare altro... la ringrazio per il suo impegno» terminò tendendo la mano al medimago ed uscì dalla stanza con uno svolazzo di mantello, seguito mestamente da mia madre e da me.

Che diavolo voleva fare adesso? Mi stava abbandonando? Voleva lavarsene le mani? Cosa mai poteva capitarmi alla fine dell'anno concessomi? Sarei rimasto quella specie di mostro oppure sarei morto come le altre vittime? Questa minaccia sulla testa era terribile.

 

Durante il tragitto non ci rivolgemmo una parola ma arrivati in salotto al Manor, mio padre mi mise le mani sulle spalle «Non voglio arrendermi» disse «Proverò ancora e ancora. Tu sei mio figlio e non  mi arrenderò prima di averti salvato».

Era la prima volta che sentivo il suo amore nei miei confronti e ne fui immensamente commosso.

«Cosa dobbiamo fare ora?» chiesi a mia volta.

«Ti prenderò dei campioni di sangue e sperimenterò ancora. Nel frattempo è imperativo fare delle ricerche più approfondite e gli unici posti dove possiamo avere qualche possibilità sono il Ministero e...» qui si interruppe imbarazzato.

Quale altro posto poteva esserci? Un posto dove la conoscenza superava ogni immaginazione...

«No! Io non posso tornarci in questo modo, sarei lo zimbello di tutti!».

«Scorpius, non possiamo evitarlo! Lo vorrei tanto ma devi per forza tornare lì e cercare nella biblioteca. Quello è l'unico posto, assieme ai tuoi insegnanti, dove è possibile trovare qualche indizio per arrivare alla soluzione e alla tua salvezza» rispose Draco.

«Mi stai chiedendo di tornare a Hogwarts in questo stato?» chiesi per sicurezza ma quando lui annuì mi sentii mancare il fiato.

Si prospettava un anno decisamente difficile.

 

«A questo punto dobbiamo davvero rifarci il guardaroba» annunciò sorridente mia madre.

Sia io che mio padre la guardavamo come se fosse impazzita.

«Ho sempre desiderato avere una bambina e adesso il mio desiderio è stato realizzato!» la sua affermazione fu come un fulmine a ciel sereno.

«E' completamente partita» borbottai.

Niente mi avrebbe preparato alla sessione di shopping che si sarebbe aperta per me nelle giornate successive.

 

«Dobbiamo anche andare dalla preside McGranitt per concordare il tuo rientro a scuola» proseguì mio padre, rinunciando a replicare alle affermazioni balzane di Astoria.

Le mie spalle, prima dritte e fiere e ora già curve, intrappolate in quello sgorbio di corpo, si ingobbirono ancora di più, schiacciate dalla consapevolezza che mi aspettavano umiliazioni che sarebbero andate ben oltre ogni immaginazione.

«Non ti abbattere! Sei un Malfoy e devi avere la consapevolezza e l’orgoglio per questo nome» disse mia madre con voce ferma.

 

Era vero.

Dovevo rimettermi in piedi, alzare la testa ed affrontare questa prova.

Ero un Malfoy, la nostra famiglia aveva affrontato la crisi più nera dopo la caduta del Signore Oscuro e molte porte erano state sbattute in faccia nonostante i processi conclusi positivamente nei confronti di mia nonna e mio padre.

Dovevamo avere l’orgoglio di rialzarsi e superare la paura.

In ogni caso, queste erano le mie carte… quindi inutile recriminare, dovevo giocarmela al meglio.

«Hai ragione! Sono un Malfoy e dimostrerò a quella brutta strega che ci vuole ben altro per abbattermi» e che Morgana e Merlino me la mandassero buona!

 

---ooOoo---

Angolino mio:

dunque siamo arrivati alla fine di questo capitolo.

Ormai non ci sono più dubbi: non si può far niente contro questa maledizione che ha trasformato quel bel pezzo di manzo di Scorpius in una orrida ragazza che farà raddrizzare tutti i peli della scuola non appena si mostrerà in tutta la sua gloria.

Se non altro è sempre al centro dell’attenzione.

 

Ritento l’interattività con una nuova domanda:

shopping con mammà? Si o no? Perché onestamente l’idea di fargli provare dei reggiseni mi esalta…

entrata a Hogwarts? Sulla barca come quelli di prima o sul calesse? O farsi trovare direttamente nell’aula grande?

 

Spero che la storia vi piaccia,

ringrazio per l’attenzione e arrivederci tra quindici giorni.

baciotti

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Capitolo 4
*** Neanche Voldemort torturava così ***


Ciao a tutti!

Per questa volta sono stata puntuale (c’è quasi da gridare al miracolo).

Ho deciso di seguire la mia testa e di fare di questa storia quello che ho già fatto con le mie altre comiche.

 

Questa è e sarà una storia interattiva, dove, pur avendo una traccia della trama, chiunque può suggerire scene divertenti da inserire, o rispondere alle domande di sondaggio (come in questo capitolo: shopping con mamma sì o no?) e ha vinto il sì, ovviamente.

 

Ringrazio chi ha inserito questa storiella tra le preferite e le seguite e un particolare ringraziamento a chi ha recensito. Come faccio di solito in questo genere, troverete i vostri nick in grassetto all’interno del capitolo a imperitura memoria della mia gratitudine per le vostre parole.

 

Bene, spero che la cosa vi diverta perché io mi trovo davvero bene in questo modo (non avete idea di quello che si può pensare partendo da un nick).

Per ora vi lascio al capitolo e spero che mi supporterete in futuro. Inserisco anche se in ritardo, il secondo banner che mi ha fatto Elenri (Teresa) la maga del Photoshop! (io non so neanche cosa sia) dovreste poi scegliere quale piace di più!

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BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

«Hai ragione! Sono un Malfoy e dimostrerò a quella brutta strega che ci vuole ben altro per abbattermi» e che Morgana e Merlino me la mandassero buona!

Queste erano sicuramente belle parole molto coraggiose, peccato che non avessi tenuto conto della mia deliziosa signora madre.

Astoria credo che avrebbe causato seri danni mentali a chiunque si fosse azzardato a fare shopping con lei.

Io ne fui sicuramente una vittima, tanto che mi impegnai a superare il trauma per i giorni successivi.

Ecco cosa successe il giorno dopo.

 

«Scorpius, tesoro. Svegliati... caro, svegliati... è ora di andare». La mia spalla dapprima scossa amorevolmente, veniva man mano strattonata con forza crescente, sino a sentire alcuni colpi.

«Madre...» borbottai sbadigliando.

Avevo solo un occhio aperto ma non riuscivo a credere che quella forza demolitrice della mia clavicola e della mia scapola, fosse la tenera e delicata manina bianca di mia madre.

«Coraggio... sono le cinque e mezza e dobbiamo prepararci per andare a Diagon Alley per gli acquisti che avevamo deciso di fare» annunciò con piglio deciso.

Cinque e mezza del mattino? Cosa diavolo dovevamo fare alle cinque e mezza del mattino?

Guardai quasi spaventato quella donna che sembrava posseduta.

 

«Madre, perché dobbiamo alzarci così presto? E poi cosa intendi per prepararci?» avevo il sentore che quella giornata sarebbe stata davvero lunghissima.

«Ovviamente devi ripulirti prima di uscire, poi dobbiamo andare da una magiestetista che sappia alcune magie specifiche, visto che sembra che qualsiasi cosa facciamo i tuoi peli peggiorano».

«Grazie, madre» borbottai mentre mi spingeva sotto la doccia e faceva evanescere il mio pigiama. Ma era una persecuzione! Di nuovo nudo... cioè nuda, davanti a mia madre.

Tra coprire la parte sopra (che forse non mi appartenevano molto) e quella sotto (che sentivo più mia) scelsi la seconda con una mano, mentre l'altra chiudevo l'anta davanti al naso della mia genitrice.

 

Ero davvero peloso, con una pelle olivastra piena di acne... in effetti, visto che mio padre non era riuscito a risolvere neanche il più piccolo problema, una visitina da una magiestetista non sarebbe stato malaccio.

Quando finii di lavarmi e asciugarmi, mia madre tornò con un paio di pantaloni e una maglietta a maniche lunghe.

«Ti sei convertita all'abbigliamento sportivo?» chiesi sarcastico.

«Penso solo che questo ci consenta un viaggio più comodo, poi vedremo come variare» il sorriso che mi rivolse prometteva risvolti drammatici.

Sospirai rassegnato. Inutile cercare di svicolare dal tragico destino che mi attendeva, fosse il fatto di essere travestito da donna, fosse il fatto di fare shopping con una strega esaltata dal fatto di poter vestire una ragazza come aveva sempre desiderato se avesse avuto una figlia.

 

«Sono pronto» annunciai.

«Scorpius, tesoro. Dobbiamo fare qualcosa per questo tuo porti verso te stesso» mi fissò seria.

Il tuo porti verso te stesso? Cos'era, una nuova cosa stile new age? Oppure induista? Aveva di nuovo scoperto una nuova setta che faceva della meditazione trascendentale un appiglio per far salire la propria aura al livello superiore? Oppure...

«Scorpius, sto solo dicendo che sei una ragazza e non puoi riferirti a te stesso dicendo “sono pronto” se vuoi che nessuno capisca che ci sono dei problemi. Tutti capirebbero che c'è qualcosa che non va se ti poni al maschile». Okay, la cosa era molto più semplice e prosaica.

«Quindi?» meglio far fare a lei, tanto, ero sicuro che aveva già pensato a tutto ancora prima di svegliarmi questa mattina.

 

«Ho pensato alla tua storia» esordì battendo le mani eccitata e sperando di non trovarmi più in difficoltà più di quanto non fossi già adesso, feci un gesto di invito a continuare.

«Pensavo di farti chiamare...» pausa ad effetto brivido «Shaula Girtab» eh?

«Shaula Girtab, due tra le stelle più luminose della costellazione dello scorpione. Ho pensato che non ti sarebbero sembrate così estranee. Potremmo raccontare che sei una lontana parente della nonna di Lucius. Sai che la sorella si era sposata con quel principe turco e si erano trasferiti negli emirati. Nulla impedisce che i Malfoy abbiano deciso di ospitare una lontana parente che vuole completare i suoi studi nella prestigiosa Inghilterra» terminò compiaciuta.

«Devi esserti applicata parecchio» borbottai.

Shaula... non era male come nome, evocava mistero e profumi speziati... Shaula... sì, decisamente poteva andare. Girtab? Nah! Era davvero un cognome pessimo, soprattutto se, come spesso accadeva, dovessi essere chiamato usandolo. E chi si girava? Era brutto! Brutto come la mia immagine che rifletteva lo specchio.

Guardando mia madre che stava aspettando ansiosa la mia reazione mi rassegnai ad accettare le sue idee, in fin dei conti non avevo mica tanta voglia di pensare a una storia adatta a giustificare la mia venuta a Hogwarts e tanto meno studiare un nome e cognome adatto.

«Va benissimo» annuii «Grazie, mamma» e fui ripagato da un enorme sorriso soddisfatto che mi fece sentire meno in colpa per non apprezzare sino in fondo i suoi sforzi.

 

«Andiamo, sono pronta» ripetei calandomi nel nuovo ruolo.

«Perfetto. Come ti chiami?» test prima di uscire? Faceva tanto agente segreto.

«Shaula Girtab, piacere. Vengo dalla Turchia e sono parente di Draco Malfoy» la mia voce gracchiante sembrava adatta a questa fantomatica ragazza straniera. Sì decisamente avevo trovato il nome adatto.

«Perfetto, adesso andiamo, si è fatto tardi» a questa affermazione gettai una occhiata all'orologio sul camino. Segnava ancora le sette e quaranta cinque. Perché dovessimo già uscire a quell'ora per andare per negozi rimaneva un mistero.

 

Astoria prese una manciata di polvere volante e si voltò verso di me per chiarirmi la destinazione.

«Cominceremo con la magiestetista. Abbiamo appuntamento alle otto e credo che ci vorrà parecchio per riuscire a fare qualcosa di positivo». Avrei potuto anche offendermi ma onestamente dovevo ammettere che aveva ragione, era piuttosto difficile estrarre qualche cosa di buono da questo corpo.

Entrò con decisione nel camino del salotto e dichiarò il nome ad alta voce “IpseDixit, cosa che feci anche io subito dopo scandendo chiaramente le parole nonostante non avessi la più pallida idea di cosa fosse. Sperai solo di non ritrovarmi nello Zimbawe, sarebbe stato faticoso tornare a casa.

Subito mi sentii strattonare e stringere le spalle mentre passavo attraverso i camini in una continua luce verde.

Quando sbucai in ginocchio nel camino mi trovai ad essere fissato da almeno cinque paia di occhi.

«Per Morgana. Qui ci vorrà un miracolo!» esclamò una donna dagli improponibili capelli verdi e dalle ciglia lunghe mezza faccia che la facevano apparire decisamente addormentata.

«Oh, MandyCri ma tu sai sicuramente come operare questo miracolo» la blandì una piccoletta dai capelli arancioni cotonati a forma di zucca rotonda. Ci mancava solo la fiammella in mezzo e sarebbe stata perfetta per Halloween senza neanche mascherarsi.

«Babyramone! Non cercare di adularmi tanto le ferie per andare a Zanzibar con il tuo maghetto non te le do! Devi ancora ripagarmi del disastro che hai fatto con quella signora...».

 

Mi sentivo leggermente escluso ed ignorato. Se ero io che dovevo essere seguito, perché nessuno mi guardava? E dove era mia madre? Forse avevo sbagliato indirizzo?

«Shaula, tesoro! Eccoti, cominciavo a pensare che ti fossi persa. Sapete? Questa è una principessa araba, parente di mio marito» ed ecco che spuntava mia madre da dietro un paravento, con una strana poltiglia grigia sulla faccia. Se non fosse stata per la voce non l'avrei riconosciuta.

«Sicuramente andava in giro con il burqa, visto i peli che ha in faccia» borbottò Babyramone facendo sghignazzare una collega che le stava accanto.

«Attenta a te! Più rispetto altrimenti andrai in ferie in maniera permanente!» minacciò MandyCri che evidentemente era la proprietaria del salone.

Sorrisi, non male l'idea del burqa, magari potevano consentire a farmelo indossare a Hogwarts, sarebbe stata una soluzione!

«A noi signorina Shaula! Vedremo di renderla presentabile anche in Inghilterra» più che una promessa sembrava una minaccia.

 

Per prima cosa parlarono di pelle grassa e pori dilatati. Che fosse grassa questa forma l’avevo intuito anche io, con le chiappe abnormi che mi ritrovavo!

Mi schiaffarono praticamente in mutande dentro a una stanza fumosa, umidissima e dall’aria irrespirabile. Iniziai a grondare sudore. Di più che grondare! Probabilmente facevo lo stesso effetto di un rubinetto aperto! Se questo serviva per togliermi il grasso da dosso però non sarebbe bastato un mese. Ero una enorme palla.

Non mi lasciarono lì un mese, ma neanche quindici minuti. Ero praticamente svenuto e mezzo affogato in una pozza d’acqua quando mi tirarono fuori da quel forno.

Non contenti di avermi spossato fisicamente e moralmente, mi gettarono senza riguardi in una vasca con acqua gelida, procurandomi uno shock termico di dimensioni epiche, un principio di assideramento e una futura certissima broncopolmonite.

Mi fecero entrare e uscire dall’acqua tre volte, come se fossi stata una bustina per il te. Volevano forse essenza di Malfoy?

Se questo era l’inizio avevo quasi paura di quello che sarebbe accaduto più tardi.

 

«Shaula, cara, come ti senti?» mi giunse la voce di Astoria, ovattata e lontana. Perché?

Oh, giusto. Mi era appena stato ficcato in testa una specie di casco con un sacco di ventose che sembravano risucchiare i miei capelli color topo. Che dolore. Quanto mi mancava la chioma biondo platino a cui ero abituato. Era il mio biglietto da visita, non passavo mai inosservato grazie a quello.

«Bene, grazie, ma… Astoria, cara». Allenamento.

Mi fecero stendere su un lettino ed iniziarono ad impiastrarmi il viso con una poltiglia viscida e nauseabonda che pizzicava in modo allucinante. Volevo grattarmi tutta la pelle. Era una tortura.

Ma davvero le donne subivano questi trattamenti? Per sembrare belle? Cominciavo ad essere pieno di ammirazione per lo spirito di sacrificio del genere femminile.

 

Tolta la roba disgustosa iniziarono a schiacciare piccoli lembi di pelle come pizzichi fatti con unghie. Una cosa dolorosissima.

«Devi usare meglio la bacchetta. Dobbiamo far uscire tutto il nero dai pori».

“Era per questo? No, vi prego! Lasciatemi pure tutto il nero ma fermate questa tortura” pensai con le lacrime agli occhi. Era qualcosa di tremendo.

Per tutto il periodo non ricevetti nemmeno un piccolo accenno di pietà da parte di qualche persona tra quelle che mi stavano bistrattando. Probabilmente erano abituate ad agire come aguzzini.

Un attimo di pace e rilassamento mi fece emettere un leggero gemito di piacere quando mi passarono sulla pelle arrossata dei batuffoli di cotone con una lozione rinfrescante.

«Dobbiamo pensare ai peli». Nuovo ordine del generale.

Quasi mi mettevo a tremare.

 

Iniziarono a stendere sulle mie gambe, braccia, sopra il labbro e sopraciglia delle garze leggermente calde. Non era affatto fastidioso e rimasi tranquillo aspettando la prossima mossa, fiducioso che il peggio fosse passato.

Povero cuore ingenuo il mio!

Non appena la prima striscia di garza venne strappata dalla mia pelle dove sembrava incollata con la super magicolla mi misi a imprecare davvero in turco, intervallando a più semplici esclamazioni inglesi.

«Porco Merlino e quella zoccola di Morgana a ingrufarsi nella tana del Bianconiglio di Babbo Natale piegato a novanta davanti all’ultimo troll di montagna rotolato nel fango soporifero di un Ungaro spinato con lo scorbuto!».

«Complimenti signorina Shaula! Questa mi mancava!» esclamò ridendo una commessa mentre mi scendevano copiose lacrime.

Possibile che nessuno si muovesse a pietà per una pozione antidolore?

Insomma, a Hogwarts l’infermiera riusciva a far ricrescere le ossa, togliere le fatture, ripristinare i lineamenti facciali, correggere gli incantesimi e le trasfigurazioni andate male e sapevo, per esperienza personale, che non si soffriva neanche un decimo di quanto sopportavo adesso.

Se al posto dei mangiamorte, Voldemort avesse avuto queste donne come tirapiedi, neanche Harry Potter sarebbe sopravvissuto a questa tortura.

Avrei potuto tranquillamente paragonarla alla maledizione cruciatus, che mi lascerà devastanti drammatici traumi sin che avrò vita!

 

«Forza, non faccia la bambina. Abbiamo quasi finito» mi esortò un’altra voce.

Altre creme ustionanti e altre passate di cotone rinfrescante dopo, mi fu concesso di accomodarmi su una poltrona per seguire seduta il mio miglioramento.

Passarono ancora il decespugliatore per le mie sopracciglia, visto che la garza non aveva funzionato in modo completo. Mi sentivo quasi una pianta!

 

La tortura continuò ancora per un tempo talmente lungo che mi sembrò aver occupato tutto il giorno.

«Eccoci qui! Tutto quello che era magicamente possibile è stato fatto» annunciò la proprietaria del negozio «Dovrà applicare questi prodotti tutti i giorni per mantenere la pelle in una situazione di stasi ottimale e dovrà passare da noi una volta al mese per tenere sotto controllo tutto il resto».

Guardai allo specchio la figura che rifletteva, la me stessa dopo quelle ore di agonia.

La pelle era leggermente migliorata. L’acne era stato decimato del cinquanta per cento, i baffetti sul labbro erano stati ridotti a piccole ombre, le sopracciglia non erano più eccessive e spesse, i punti neri erano stati quasi totalmente debellati.

Nel complesso se prima ero un mostro, ora potevo definirmi solamente orribile.

«MandyCri! Sul bancone ho trovato la pozione antidolore… a chi devo somministrarla?» chiese cortese una giovane donna che era sempre stata lontana dalla mia persona.

Tutti guardammo in faccia tutti. Io con particolare odio.

Avrei scommesso tutte le figurine delle cioccorane esistenti su questa terra che quella pozione era per me!

Avevo sofferto come un cane e la pozione era a tre metri dalla mia persona?

Tutte le commesse fecero due passi indietro guardando solo i miei occhi. Probabilmente mi si era anche rotto qualche capillare perché vedevo letteralmente rosso.

 

«Signorina Shaula, noi abbiamo finito. Sistemeremo il conto con la signora Malfoy… spero si sia trovata bene da noi» pigolò piano la proprietaria.

Se lo sguardo poteva uccidere, non ci sarebbe più stato neanche un granello di polvere di quella donna.

«Complimenti per la forza! Io non ce l’avrei mai fatta a sopportare tutto quel dolore» sussurrò allegra la testa di zucca.

«Astoria, cara. Ti prego usciamo da qui… mi sento soffocare e non vorrei fare qualche cosa di avventato» sibilai e mi trascinai fuori da quel antro di dannati.

L’unica cosa positiva è che avendo lavorato solo al di sotto del ginocchio, braccia e testa non si erano minimamente accorte della strana protuberanza tra le gambe. Almeno qui il mio segreto era salvo.

 

Uscimmo da lì con una fretta impressionante. Dovevo riuscire a calmarmi prima di avadakedravrizzare tutte quelle stronze! Possibile? Era la prima volta che trattavano una cliente? Dimenticarsi della pozione antidolore? Con quello che fanno?

I babbani nel medioevo avevano imparato da loro i sofisticati sistemi di tortura, ne ero certo!

«Shaula, tesoro, non correre, non sta bene per una ragazza!» sbuffò come una vaporiera mia madre alle mie spalle. Faticai un attimo a ricordare perché c’era questa Shaula di mezzo poi rammentai che era il mio nuovo nome. Dovevo abituarmi, aveva ragione a chiamarmi sempre così.

Rallentai il passo e la attesi. Non ero in condizione di una smaterializzazione e, in ogni caso, dovevamo ancora passare ad acquistare qualche vestito per la scuola e alcuni libri e penne che mi mancavano.

 

«Benissimo, possiamo passare un attimo al negozio di biancheria, prima di procedere all’atelier di Madame McClan» certo, se dovevamo prendere dei vestiti mica potevamo rivolgerci a un qualsiasi negozio più alla mano e fuori dal giro dove nessuno mi avrebbe visto! Noi eravamo Malfoy e dovevamo per forza andare in un luogo dove tutti potevano vedermi in quelle condizioni e decretare il decesso definitivo della mia vita sociale.

Sperai che almeno la boutique di biancheria fosse più defilata.

 

Poteva andare qualcosa per il verso giusto quel giorno? Lascio immaginare.

Nella strada principale di Diagon Alley, stretto tra le vetrine di Olivander fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C., e quelle di Modern Clip Clap, sala da ballo per tutti i generi, si trovava la sontuosa mostra di mutandoni della nonna con tanto di trine ingiallite e accompagnate da corsetti con stecche di balena. “Sireine, lingerie da tutto il mondo” recitava l’insegna.

Entrammo e uno scampanellio fastidioso ci accolse.

Subito spuntarono, dagli angoli più impensati, quattro commesse vestite di nero con il colletto inamidato e una severa crocchia. Erano tutte rugose, giallognole e con le mani adunche. Sembravano… identiche!

Nella mia vita avevo conosciuto alcuni gemelli: le Nott, i Mclaggen di Tasso Rosso, i due Scamander, ma vederne quattro insieme mi sembrava… bizzarro.

 

Sobbalzai quando, con un sonoro pop, una di loro sembrò svanire e la sua immagine traslucida posizionarsi sino a fondersi con la gemella vicina. Un altro pop e un’altra gemella sparì sotto i miei occhi sempre più perplessi. Infine fu il turno dell’ultima e ne restò soltanto una che ci guardava piuttosto seccata.

«Scusate, stavo facendo pulizia e questo trucchetto dello sdoppiamento è molto utile per fare il tutto in un quarto di tempo. Con i miei pizzi non posso usare la magia gratta e netta oppure si danneggerebbero» spiegò prima di voltarsi e avanzare lentamente verso il bancone.

Una volta posizionata correttamente si voltò ossequiosa verso mia madre e disse con il miglior tono servile «Come posso esserle utile signora Malfoy?».

 

Mi voltavo intorno leggermente inquieto. Ero praticamente sicuro che le mutande potessero andarmi bene quelle già portavo, sorvolando sul fatto che in quel particolare punto non avevo subito cambiamenti sostanziali, rimanendo, di fatto, inalterato e funzionante.

«Vorremmo alcuni reggiseni per la signorina Shaula, una nostra lontana cugina, e anche delle camicie da notte».

Camicie da notte? E poi mi voleva dare anche una papalina da mettere per andare a dormire? Io dormivo in boxer e dorso nudo. Al limite pigiama se non volevo sconvolgere nonna Narcissa quando veniva a trovarci, ma camicioni da notte proprio no!

Per i reggiseni… ero costretto ad approvare. Anche se a me avere le tette cascanti o meno, poco interessava. Volevo solo farle sparire.

 

La strega si riscosse immediatamente, sembrò quasi annusasse l’aria pregna di galeoni. Beh, certamente non eravamo venuti a rubare!

Cominciò a cercare nei corridoio creati da alte scaffalature. Mi era già capitato di accompagnare una cara amica presso un negozio di intimo (i camerini erano discreti, con un semplice incantesimo imperturbante avevamo avuto un intenso e soddisfacente scambio di… opinioni). A quanto ricordo c’erano articoli appesi, in mostra e tutti colorati. Qui non si trovava nulla che non fosse chiuso in una scatola che poteva anche essere coperta da quattro dita di polvere.

«Certamente signora… direi questa… poi questa… e anche questa… questa?... no. Questa sì…» sembrava scegliesse le carte da gioco. Dopo dieci minuti buoni cominciò ad aprire le scatole e a disporre sul tavolo accanto al bancone gli articoli che aveva scovato.

Sorpresa! A dire la verità non mi aspettavo questo gusto quasi eccentrico e questa… sfrontatezza: anche mia madre arrossì di fronte a un reggiseno completamente trasparente in pizzo e tulle.

«Ho pensato che pezzi giovanili potessero andare. Questi sono quelli più venduti. Tra le ragazze di Hogwarts, Potterina1993 fa davvero furore» disse con un sorriso complice mentre mi mostrava un insieme di raso e merletti che facevano pensare a eccitanti notti a luci rosse.

Ricordavo vagamente di aver tolto un pezzo di stoffa del genere dal petto di una Tassorosso e se loro si potevano ritenere ordinarie… cosa potevo mettermi io?

«Decisamente appropriato» approvai sollevando un reggiseno in pura seta cinese.

 

«Prego, si accomodi dietro il separé». La signora Sireine mi indicò un paravento nero lacca intarsiato con avorio e madreperla. Un pezzo unico sicuramente antico.

Provai un pezzo dietro l’altro e finalmente capii perché le ragazze ci mettevano tanto a vestirsi. Se per mettersi un reggiseno si rischiava di slogarsi la spalla e ancora non si riusciva ad agganciare quegli stramaledettissimi gancetti.

Provai anche ad usare la bacchetta ma era evidente che l’intimo femminile fosse difficile anche per lei, visto che si afflosciò su se stessa sprizzando tristi  scintille rosse e facendomi rimanere con il reggipetto slacciato.

Possibile che riuscivo a sganciare facilmente qualsiasi indumento addosso a una donna e non riuscivo ad agganciarne uno addosso a me? Provai a infilarlo già chiuso e, questa volta, mi lussai davvero una spalla rimanendo impigliato con un braccio piegato ad uncino in una coppa, l’altra sul mio occhio e l’altro braccio teso verso l’alto che annaspava.

Perché usare un incantesimo di pastoie? Questi strumenti di satana erano più che sufficienti per immobilizzare chiunque. Quasi quasi mi lasciavo le poppe al vento. Faceva tanto nature!

 

«Ha bisogno di un aiuto?» chiese premurosa madame.

«No si figuri… riuscirò senz’altro… a rimanere segata in due… sa, al mio paese non si usano…» mi giustificai. Sentii mormorare qualcosa e magicamente il pezzo andò a coprire e sostenere quel che doveva in modo corretto. Mi guardai allo specchio e vidi accanto a me mia madre che mi guardava con occhio lucido.

«Ti sostiene bene? Lo senti stringere qui o senti il petto a posto?» chiese sottovoce.

Che razza di domanda!

«Che ne so? Sembra che vada bene» risposi perplesso.

«Preferisci con il ferretto?» ma se ne avevo provato solo uno e con gran fatica. L’idea di uscire di lì per rientrare dentro un altro nido di serpenti elastici mi faceva accapponare la pelle.

«Direi di prenderne un paio di ogni tipo» suggerii. Stiamo sul vago e ci salviamo le chiappe!

Guardai mia madre che tornava dopo aver riportato l’ordine a una giuliva signora Sireine e notai che aveva l’occhio lucido.

«Cosa c’è?» chiesi leggermente preoccupato.

«Ho sempre desiderato vestire la mia bambina» squittì.

Okay, potevo ufficialmente dare per disperso il cervello di mia madre.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci arrivati in fondo.

Giornata estetista e shopping, spero vi sia piaciuta. Io mi sono divertita a pensare come un ragazzo sottoposto a trattamenti sconosciuti.

Pensavo, per il prossimo capitolo di provare i vestiti e poi i trucchi, magari incontrando qualcuno.

 

Qualche suggerimento su quali vestiti provare e chi incontrare?

 

Aspetto le vostre idee, nel frattempo vi ringrazio per il tempo che avete dedicato alla lettura di questa storiella e per quello che eventualmente spenderete per il commento e parti celebrali.

 

Posterò il prossimo capitolo tra due settimane.

Per ora, alla prossima

Baciotti

 

Ora un pochino di pubblicità, concedetemela, è tanto che non la faccio.

in questi tre anni ho scritto molto e nell’ultimo mi sono pure diversificata.

Ecco le mie altre storie:

 

La punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane Malfoy alle prese con una maledizione che lo trasforma in una donna. In corso. fa parte di una serie di storie indipendenti (I trasformisti) dove troverete altre storie sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi, uomo-donna. Tutti umani. Concluse.

 

7mi Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni dopo, i giochi ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora è il turno della figlia dei Mellark. In corso.

 

Fidanzato in prova (Romantico) storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In corso. Sequel di AAA Offresi Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa. Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca della donna da amare.

 

Si dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere tra Bella e Edward per una tenuta vinicola. In corso.

 

AAA Affittasi Moglie (Twilight) cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad affittare una moglie? In corso.

 

Twiligh delle caverne (Twilight) parodia della storia nella preistoria. Mini fic. in corso.

 

Dottore dei tubi (Twilight) commedia su sei amici al bar e un racconto su cosa è successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.

 

Mini fic Twilight, Concluse. Come Andromeda e Acqua che cade entrambe storie fantasy (senza vampiri).

 

Sakura – Fiore di ciliegio (Twilight) Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906 partendo da Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa

 

Fu la prima volta che… e Déjà vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot rosse. Umani.

Prima di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere di fumare (Twilight) tre shot leggere. Umani.

 

Dovessi chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la mole è notevole. Ovvio che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità e il motivo di avermi entusiasmata (forse le rosse le eviterei, ho provato ma sono davvero una piaga in quelle descrizioni)

Comunque potete accedere direttamente cliccando sul titolo scritto in colore.

Fatemi sapere se e cosa ne pensate.

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Capitolo 5
*** Sotto il vestito... tutto ***


 

Ciao a tutti!

Eccoci di nuovo con un capitolo di questa storiella divertente (spero) e senza pretese.

Anche questa volta troverete i nick di chi ha recensito in grassetto a ringraziamento dei suggerimenti e apprezzamenti.

 

Grazie in particolare a Elenri (Teresa) mia personale bannerista che mi ha fornito questa immagine davvero inquietante. Grazie davvero!

 

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Adesso vi lascio al capitolo… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Le camicie da notte erano sottanoni svasati in raso, seta, pizzo e tulle. Niente a che vedere con quello che immaginavo indossasse mio nonno! Più che pigiami sembravano negligé e ed erano il sogno proibito di tutti i maschietti che conoscevo (cioè poter togliere quelle cose dal corpo voglioso di una ragazza tutta curve). Solo quelli erano una perenne tentazione.

«Riguardo ai reggiseni…» bisbigliò mia madre «Non dire a tuo padre che abbiamo acquistato quelli di Potterina, sai come reagisce quando sente parlare di Weasley, Potter o Granger».

Ridacchiai. Probabilmente gli spuntavano tutti i brufoli che avevano tolto a me qualche ora prima.

 

«Che ne dici di questo?» mi mostrò un modello color cipria.

«Non sarebbe male ma non credi che debba mettermi qualcosa di più coprente... sai, vado a scuola tra ragazzi e di certo non mi metterò a far sfilate in giro per Hogwarts con il rischio che mi scoprano». Non volevo essere maleducato ma mia madre doveva rendersi conto che non stava vestendo la sua bambina ma un ragazzo maledetto che doveva sopravvivere a un anno scolastico. Forse lei non si ricordava com'era ma io sì. Ne ero uno dei fautori! Onestamente la storia di subire quello che, sino all'anno scorso, procuravo agli altri non era per niente esaltante.

Più o meno avevo idea di quello che mi aspettava ma la necessità di notizie che potevo recepire dalla biblioteca era di gran lunga più importante.

 

«Hai ragione, non ti serviranno a nulla questi. Meglio i classici pigiami felpati che ti copriranno per il freddo» suggerì piegando i negligé con cura e rimpianto.

«Veramente preferirei qualcosa di più leggero» ribattei a beneficio di Madame Sireine «Lo sai che dormo in pantaloncini e a Serpeverde fa sempre freddo. Non ho bisogno di altro calore» aggiunsi poi sottovoce.

«Pigiami di cotone andranno benissimo» confermò mia madre alla signora del negozio che si affrettò a cercare le scatole per farci ammirare i pigiami che, anche se dallo spirito dozzinale, saranno sicuramente raffinati e di classe.

«Che ne dici di passare all'abbigliamento vero e proprio?» mi chiese Astoria. Avevo quasi paura di capire a cosa si riferisse, ma delle semplici divise con camicie, maglioncini e le toghe nere non erano poi così drammatiche. In fin dei conti avevo già affrontato i problemi relativi alla biancheria intima e peggio di quella non poteva esserci nulla.

«Certo, da che parte iniziamo?» chiesi deciso.

«Ovviamente Madame McClan». Ovviamente. Sarebbe già stata una fortuna se non avessi trovato nessuno di Hogwarts e in tal caso, c’era da chiedersi se la signora stesse per andare in fallimento.

Come se fossi destinato al patibolo, seguii mia madre fuori dal negozio e svoltammo verso Il Ghirigoro.

 

Non mancava molto all'inizio della scuola e la strada era piena di studenti, metà dei quali non conoscevo, mentre dall'altra metà cercavo di nascondermi. Sapevo già che non potevo continuare in eterno ma almeno per i prossimi giorni avrei voluto vivere tranquillo.

«Signora Malfoy, buon pomeriggio» squittì Claire Nott in compagnia di Blaike e Nigel. Sobbalzai spaventato e, come un riflesso condizionato, iniziai a correre a rotta di collo verso la vetrina del Ghirigoro e, trovando aperta la porta, mi ci infilai dentro, cercando di sparire tra gli scaffali.

Non avevo proprio intenzione di farmi vedere dai miei amici prima di quando fosse strettamente necessario.

Mi infilai dietro a uno scaffale ed iniziai a guardare i titoli esposti cercando di frenare la voglia di accucciarmi sotto una catasta di libri.

 

«Albus Severus Potter! Smettila di trapanarmi i timpani con i tuoi commenti sul quiddich. Ho capito ma non ho voglia di pensarci adesso. Quando sarà il momento deciderò se fare il provino per la squadra oppure no» sentii alle mie spalle.

Avevo la sensazione di conoscere quella voce e, sicuramente, sapevo con chi stava parlando. Il santo figlio del bambino (non più tale) che era sopravvissuto, il ragazzo che, pur non avendo i capelli rossi, tendeva ad essere esuberante esattamente come il resto della tribù Weasley.

«Rose, manchi solo tu! Lo sai che da quando James ha finito la scuola abbiamo dovuto rimaneggiare la squadra. La soluzione sarebbe un nuovo portiere e Hugo non vuole neanche provarci. Tu sei l’unica che può salvarci». Questa poi! Da quando la rossa zannuta era così brava?

Le uniche cose che le avevo visto fare era stare china sui libri e alzare la mano per rispondere, come se nella spalla fosse nascosta una molla.

 

Mi feci più piccolo e mi schiacciai contro il muro e lo scaffale polveroso che conteneva tomi di... romanzi babbani. Ecco perché erano così vecchi e dall'aria abbandonata.

Una serie di scalpiccii mi fece drizzare le orecchie e sperai che nessuno passasse lì in fondo al negozio.

«Rose, Albus... avete già preso i vostri libri? Sto cercando il testo di pozioni avanzate e non riesco a trovarlo... c'è troppa gente qui dentro!» una ragazza più giovane si stava lamentando.

«Lily, piantala. Sei normodotata, puoi anche usare le manine e cavartela a cercare da sola». La voce di Rose si fece piccata nei confronti della piccola Potter. Mi ricordavo la piccoletta tutta pepe che assieme alle cugine, facevano disperare anche il professor Paciock dei giorni più tranquilli.

«Appunto, se ci fosse un commesso libero, avrei già finito gli acquisti e potrei andare al negozio da zio George. Roxanne e Lucy mi stanno aspettando per fare scorta di caccabombe e i nuovi fischi svenevoli... poi ci sono le liquirizie esplosive! Hai idea di cosa succede se ne metti una nel succo di zucca a colazione?». Con un po' di fantasia riuscii ad immaginarmi una gran bella scena e sorrisi. Decisamente una peperina la piccoletta Potter.

 

«Prendi qualche giochetto esplosivo anche per me. Il libro di pozioni te lo cerco io». Mi sorpresi non poco. La signorina Rose Weasley, studentessa con lode di Hogwarts che pensava di creare scompiglio nelle sacre aule del sapere? Il mondo aveva iniziato a girare al contrario?

«Vuoi anche le merendine marinare o sei a posto?» chiese ancora la Potter.

COSA? Cosa sentivano le mie ingenue orecchie? La signorina Weasley che prendeva le merendine marinare per saltare la scuola? Non mi ero mai accorto che avesse bigiato qualche lezione, ma era vero che non frequentavamo le stesse ore e quindi poteva anche essere così e io non saperlo.

«No, quelle ne ho a sufficienza. Mi servono i fuochi e qualche oggettino per spaventare... oh, prendimi anche un pochino di buio pesto peruviano, non si sa mai». Quello era decisamente un mondo nuovo.

«A buon rendere... accidenti, c'è troppa gente, meglio che passo di qua!» sentii i passi avvicinarsi e abbassati la testa incassandola tra le spalle.

 

«Oh, ciao... non c'è mai nessuno in questa parte del Ghirigoro» disse subito una piccoletta dai capelli rossi lunghi e una manciata di lentiggini sul naso e sotto gli occhi scuri.

Vagamente mi ricordavo della piccola di casa Potter, un tornado di schiamazzi!

Ricordavo ancora quanto aveva urlato il professor Paciock quando si era trovato una palude melmosa e maleodorante nel bel mezzo della serra dove crescevano le piante carnivore della siberia.

Il risultato fu la morte precoce dell'ottanta per cento dei licheni assassini per troppa umidità e lo sviluppo di cinque nuove specie di funghi parassiti che, scoprirono dopo qualche esperimento, avevano poteri digestivi e soporiferi.

Morale? Cento punti in meno a Grifondoro per il danno e centocinquanta punti in più per il merito della scoperta.

 

«Volevo trovare questo volume» risposi prendendo in mano il primo tomo che avevo a portata di dita.

«Oh! Le opere complete di Jane Austen! Anche mia zia l'ha letto e mi ha detto che sono dei romanzi bellissimi» disse, al che guardai meglio la copertina.

“I sei romanzi di Jane Austen: Orgoglio e pregiudizio, Ragione e sentimento, Emma, L'abbazia di Northanger, Persuasione, Mansfield Park. Commento e prefazione di DarkViolet92” un libro di circa quindici centimetri di spessore! E mi sembrava anche una raccolta di classici romanzi rosa dove le ragazze sospiravano e sognavano tra le pagine scritte in piccolo.

Non potevano vendere i fumetti di Thor? Riuscii a fare un sorriso tirato e poco convinto.

«Sì, non vedevo l'ora di leggerlo» pigolai.

 

In quel momento imbarazzante la mia attenzione venne attirata da una figura che era comparsa alle spalle della Potter, all'inizio della corsia. Una rossa alta, con degli splendidi occhi azzurri circondati da lunghe ciglia nere, una boccuccia rosea carnosa tutta da mordere, un viso dai lineamenti regolari e cesellati contornato una fiammata di capelli lunghissimi. Vestiva con un maglione verde bottiglia e un paio di jeans sdruciti.

Mi trovai ad analizzare centimetro dopo centimetro la figura di Rose Weasley, mentre il mio cervello continuava a urlare “Ma come hai fatto a non notarla prima?” e a darmi del coglione.

«Lily, hai bisogno di altro o ti basta pozioni?». Che voce musicale...

Da quando, la rossa, non aveva più la voce irritante da saputella? E che fine avevano fatto le zanne che si trovava al posto dei denti?

Il suo sorriso era splendido e gentile, quasi modesto e assolutamente perfetto.

 

Lily si girò verso la cugina per risponderle.

«Se riesci anche a trovarmi un libretto di quei temi già fatti per incantesimi, eviterei di rompere le scatole a te e Albus per il resto dell'anno... altrimenti no. Sono a posto... mi ero fermata solo un attimo con...?» si voltò di nuovo verso di me, aspettando il mio nome, ma, in quel momento non sarei riuscito a sostenere lo sguardo curioso di Rose, perciò mi precipitai verso l'uscita prima che mi potessero fermare ed osservare con attenzione borbottando un veloce «Scusami devo andare».

 

Peccato che al momento dell'attraversamento della porta di entrata del negozio, mi accorsi di avere ancora il libro in mano e di non averlo pagato. Di questo se ne accorse anche la sirena automatica antitaccheggio, che iniziò a urlare “al ladro” nel bel mezzo di Diagon Alley creando non poco scompiglio agli altri e imbarazzo a me.

«Shaula, cara, ti stavo cercando» accorse trafelata Astoria, gettando sulle mie spalle una lunga e larga stola grigia che mi affrettai a drappeggiare sulla testa e davanti al viso. Troppi occhi ad osservarmi non erano sicuramente benvenuti.

Già da solo mi consideravo un mostro, non era il caso che lo pensassero da subito anche gli altri.

 

«Oh, signora Malfoy! Lei conosce questa ragazza? Sa, il nostro allarme è tra i più sofisticati di tutto il mondo magico, e la ragazza è uscita senza pagare il libro...» il commesso era leggermente proteso verso mia madre, con le mani giunte sul davanti e la schiena curva in segno servile. Mi ricordava un elfo domestico.

«E' stato un errore in buona fede. Ci eravamo perse di vista e nostra cugina mi stava cercando appunto per pagare questo manoscritto» rispose accomodante «Perdonatela, viene dalla Turchia e non è avvezza alle nostre usanze».

«In Turchia non pagano?» chiese scettica una voce che riconobbi appartenere ad Albus Potter.

«Pagano i miei servi, io non porto mai denaro con me» risposi seccato. La voce risultò acuta e stridula, tanto che vidi anche un paio di persone portarsi le mani alle orecchie.

«Albus, smettila di fare il polemico e torniamo dentro a finire le nostre compere» sibilò Rose agguantando il braccio del cugino e strattonandolo all'interno del Ghirigoro, facendo sciogliere il crocchio di gente curiosa che si era formato.

 

«Beh, almeno non sei stata arrestata. Pensa che bella scena se avessi detto a tuo padre che doveva venire a riprenderti dai proprietari del Ghirigoro per convincerli a non mandarti ad Azkaban per furto» ridacchiò mia madre.

La guardai sconvolto. Ma dove le venivano queste idee malsane?

«Andiamo ad acquistare i vestiti?» mi invitò indicando la vetrina di Madame McClan lì accanto.

Mi rassegnai a entrare, consegnando ad Astoria il libro che avevo acquistato e che mi sarei rifiutato categoricamente di leggere.

 

«Buongiorno, signora Malfoy. Bentornata!» una commessa vestita con un tailleur doppiopetto color malva ci venne incontro con un sorriso che sembrava sottointendere il gusto della provvigione che avrebbe guadagnato da lì a poco, sulle vendite.

«Buongiorno, Sofia, madame è disponibile oppure non può riceverci?» chiese cortese mia madre mentre il sorriso gelava sulle labbra della ragazza.

«Oh, certo. Avviso subito madame, sarà da lei tra pochissimo» rassicurò prima di affrettarsi sul retro della boutique ad avvisare la titolare.

Seguii mia madre verso il centro della stanza, cercando di non fissare nessuno e di risultare trasparente, cosa difficile vista la mia notevole mole.

 

«Oh, mia cara signora Malfoy» cinguettò una donna dai capelli grigi, acconciati in morbide onde. Mia madre sorrise e tese le mani, subito afferrate dalla McClan che scambiò un bacio su ogni guancia, senza neanche sfiorare la pelle. Erano quelle scene talmente ridicole da farmi scoppiare a ridere senza ritegno, salvo il fatto che non era il momento adatto.

«Per quale motivo siete qui, mia cara? Posso fare qualche cosa per voi?» chiese ancora la grigia con tono affabile.

«Dobbiamo vestire questa ragazza con tutto quello che serve per Hogwarts, e anche per le gite a Hogsmeade, i momenti liberi, i momenti di attività fisica, le serate ufficiali dei balli scolastici e tutto quello che serve a una signorina a modo» terminò battendo le mani eccitata mentre io sgranavo gli occhi sempre più. Ma non dovevo solo acquistare camicie, maglioni e toghe scolastiche?

Ingenuo io! Di nuovo! Avevo pensato che l'esperienza dell'estetista e della biancheria fosse il peggio che mi potesse capitare, ma forse qui era ancora peggio, se possibile. Alla sola idea stavo rabbrividendo.

 

Madame McClan batté le mani e magicamente (proprio in senso stretto) apparvero due ragazze vestite del tailleur color malva di ordinanza.

«Accompagnate la signorina...».

«Shaula Girtab... è turca, una lontana cugina di mia suocera» spiegò mia madre.

«Accompagnate la signorina Girtab nel camerino 7 e cominciamo con i vestiti da giorno, le gonne e le divise complete scolastiche e i maglioni di Hogwarts» ordinò la grigia alle altre due che, con un gesto elegante, mi invitarono a seguirle verso il camerino indicato.

«Detto tra noi, i maglioni sono davvero orribili, ma non sono ancora riuscita a far capire alla preside McGranitt che quel grigio topo è pessimo, oltre che avere una lavorazione che non tiene la forma neanche con un incantesimo di piega permanente» riuscii solo a sentire un ultimo commento prima di essere risucchiato nella stanza destinatami.

 

Armate di bacchetta e senza dire una parola al di fuori degli incantesimi strettamente necessari, le due ragazze mi fecero evanescere i vestiti, sino a ridurmi in mutande e sottoveste. Fortuna che questa era abbastanza lunga da coprire il mio amico carissimo, altrimenti sarebbe venuto un colpo a queste due e allora sì che si sarebbero messe a parlare o anche peggio.

«Proviamo questa camicia» annunciò madame McClan entrando nel camerino, accompagnata da mia madre e le braccia stracolme di pezzi di stoffa colorate.

Mi infilarono uno straccetto tutto volants violetto ed iniziarono a girarmi attorno come avvoltoi.

«Oh, delizioso».

«Splendida».

Guardai quelle quattro leggermente preoccupato. Ma ci vedevano bene? Sembravo una melanzana che voleva ballare la macarena! Ero orribile!

 

«Che ne dite di una gonna?» mi mise una cosa stretta e corta davanti alle gambe.

“Stiamo scherzando?” pensai guardando inorridito. Una minigonna? Ma se avevo i polpacci di una lottatrice di sumo!

«Su, vediamo come ti sta!» incoraggiò Astoria e in men che non si dica ero diventata una intera melanzana con aspirazioni da ballerina di samba con la ciclettes come hobby. Ero pronto per carnevale.

«Adesso proviamo questa!» propose una commessa mostrando una maglietta e una gonna a pieghe.

Me li infilarono a forza e gioirono del risultato.

Secondo me non era solo mia madre che aveva bisogno di un paio di occhiali belli forti. Qualcuno aveva lanciato un incantesimo confundus a tutte loro.

 

«Le camicie e le gonne della divisa!» Oh, no! Adesso ricordo! A Hogwarts le ragazze mettevano la gonna a pieghe. Quella cosa abominevole degli anni dell'inquisizione spagnola dove nessuno di noi era ancora nato.

«Ehm… non si possono avere dei pantaloni come i ragazzi?» proposi intimidito e sentii una specie di commento alle mie spalle da parte di una commessa “Ha ragione… visto le gambe che si ritrova…”. Per lo meno era nel pieno delle sue facoltà mentali per aver notato queste cose.

«No, tesoro… dobbiamo provare queste e…» tirò fuori le camicie bianche rigide «E queste» e mi infilò il nuovo vestiario.

Una botte. Mi sentivo e mi vedevo come una botte infagottata.

«Meravigliosa!».

«Splendida!».

Qui il problema di sanità mentale era più grave di quanto pensassi.

 

«Dobbiamo anche prendere le misure per le toghe… cotone per l’autunno e la primavera e lana per l’inverno… almeno tre cambi».

Madame McClan parlava a voce alta mentre girava attorno a me come l’ape Maia attorno un fiore, solo dovevo ancora capire dove era il mio nettare… probabilmente del portafoglio di mia madre.

«Teresias Elenri quantibus» annunciò solenne facendo due giri con la bacchetta e indicando la mia figura.

Il metro cominciò a fluttuare e il taccuino ad annotare tutte le misure della mia persona.

 

«E’ la prima volta che sento questo incantesimo» mormorò incuriosita mia madre.

Vidi la grigia che sorrideva indulgente ed iniziava a spiegare «E’ l’incantesimo che permette di misurare, annotare e successivamente tagliare e cucire su misura. L’inventrice era poco modesta, visto che ci ha inserito il suo nome dentro, ma è assolutamente efficace, considerato che con un solo movimento si gestiscono tutti i passaggi sino al lavoro finito. Ovviamente deve essere fatto da una sarta esperta oppure le conseguenze possono essere disastrose».

Intanto il metro si era fermato come se fosse rimasto perplesso dalla misurazione del mio bacino, altezza anche.

«Cosa abbiamo qui?» chiese a nessuno in particolare madame McClan.

Il taccuino mostrò le sue annotazioni e la signora aggrottò la fronte.

«Non è possibile… qui c’è qualche cosa che non quadra» commentò.

Oh, oh!

 

«Sembra quasi che ci sia qualcosa in mezzo alle…». Madame McClan stava facendo le sue considerazioni e si stava avvicinando pericolosamente alla verità.

«Oh, mi sono dimenticata di dirglielo… sa, è una cosa un pochino delicata…» intervenne precipitosamente mia madre tirando la grigia per un braccio e portandola in un angolo del camerino.

Capita l’antifona, le commesse uscirono ed io mi avvicinai per capire cosa si era inventata Astoria per far passare la mia… ehm… protuberanza, come una cosa normale.

 

«Vede… Shaula è una nobile, promessa a un principe arabo. In quella parte del mondo le donne devono obbligatoriamente essere illibate… così suo padre… oh, Merlino, come è difficile…» sembrava fosse impossibile trovare le parole, ci avrei creduto anche io… salvo per il fatto che stavo per capire a cosa si riferiva.

«In sostanza. Shaula ha una specie di cintura di castità che le copre interamente la parte davanti in modo che sia impossibile per lei fare sesso» parlò frettolosamente ed io cercai di non collassare.

Cintura di castità? Più che altro direi pene…

In quel momento vidi un piccolo movimento del polso di mia madre e… mi ritrovai con il mio amichetto e relative mutande come se fossero state cementate.

Mia madre mi aveva pietrificato le palle!

 

«Se vuole toccare, vedrà quello che le ho detto. La poverina può fare i suoi bisogni corporali ma non può, come dire? Appartarsi con un ragazzo. Il manufatto è stregato con una fattura antica che solo il padre della ragazza può sciogliere». Sembrava contrita e affaticata nel parlare. Quasi in lacrime, come lo ero io a sentire il mio amichetto così maltrattato.

«Oh, povera cara! Come sono retrogradi in quella parte del mondo» pigolò madame McClan con uno sguardo compassionevole rivolto alla mia persona.

Non che ci mettessi molto a sembrare disperato. Per poco non mi misi a piangere e lei lo interpretò come un sintomo di disperazione per la costrizione alla quale ero stato colpito.

Mi consolò e mi diede alcuni dolcetti per tirarmi su il morale, poi proseguì il suo lavoro senza accennare più al fatto della mia “cintura”

 

Se non avete mai sopportato una vostra parte dei piani bassi, completamente pietrificata, non potrete capire cosa furono quelle tre ore nel camerino numero 7, senza neanche potermi grattare le palle!

«Abbiamo finito» accolsi questa affermazione trattenendo grida di giubilo «Gli abiti da giorno, adesso ci vogliono quelli da sera» e tornai ad afflosciarmi distrutto.

 

Continuammo ancora per qualche ora. Fuori dal negozio era buio pesto, le serrande erano serrate e solo pochi maghi passeggiavano per la strada. Mai più shopping! Era stancante e come minimo ci voleva il fisico e un’intensa attività di ginnastica per riuscire a sopportarlo.

«Che ne dite di questo color lilla? È scollato dietro e giro all’americana davanti». Mi trovai infilato in un abito lungo in satin, girocollo, con un corpetto aderente e una frusciante gonna lunga ai piedi.

Mi sentii sollevare e le mie comode scarpe guadagnarono qualcosa come dieci centimetri facendomi sentire un cammello tra i trampoli.

«Provate a camminare» mi incitò Madame.

Camminare? Con quei cosi ai piedi? Era più semplice volare per quanto ne sapevo, anche senza scopa!

Provai a fare qualche passo e mi trovai a fluttuare come se avanzassi su un cuscino d’aria.

«Incantesimo permanente auto levitante. Per camminare con i tacchi anche se non ci si è abituati» spiegò orgogliosa la grigia.

Avanzai titubante. Va beh, camminavo ma sembravo più un orso ubriaco rispetto a una ragazza ancheggiante.

«La mia bambina!» sospirò emozionata Astoria.

 

Era stata una giornata estenuante! Fortuna che era finita, anche se tra qualche giorno sarebbe iniziata la parte più difficile: affrontare la scuola di Hogwarts.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine. Ho voluto far incontrare subito Rose e Scorpius.

Anche se quella che gli si è avvicinata di più è Lily. Certo che tutti i cugini Weasley sono un po’ fissati con gli scherzi. Mi sa che il gene di Fred e George non si è limitato ai soli Fred Junior e Roxanne, e anche gli ordinativi di Rose ne sono una dimostrazione!

Ringrazio Potterina1993 e IpseDixit per il suggerimenti incontri e vestiario.

Per i leggins leopardati li inserisco nel prossimo capitolo ma li metto, come suggerito da Elenri, così come i trucchi… in pratica ancora mezzo capitolo di vestizione e trucco e poi via per Hogwarts.

 

Avete qualche cosa da suggerire? Visita alla McGranitt e poi viaggio in treno o facciamo fermare Scorpius direttamente al castello ad aspettare gli altri?

 

Per ora vi ringrazio dell’attenzione e vi aspetto tra quindi giorni. Mi raccomando recensite e ditemi le vostre idee.

Ringrazio, alla prossima

Baciotti

 

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Capitolo 6
*** Tutta la verità... o quasi ***


Ciao a tutti!

Eccomi tornata in queste pagine.

Nella storia, Scorpius doveva arrivare all’espresso per Hogwarts, ma la storia ha preso una piega imprevista… ho seguito comunque le indicazioni delle recensioni e vedrete il risultato.

 

Per ora ringrazio chi recensisce con costanza e passione, chi ha inserito questa storiella nelle liste dei preferiti, ricordati e seguiti e chi semplicemente legge e spero anche apprezzi.

Ringrazio, come sempre, Elenri per il banner bellissimo, grazie.

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E ora… BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Il rientro a casa fu ancora più traumatizzante se possibile.

Vero che la faccia che fece mio padre quando mi vide in vestiti da donna fu impagabile. Sembrava che avesse ingerito una pozione al gusto di muco caccoloso. La sua smorfia era da ricordo.

Purtroppo era la stessa smorfia che vedevo sulla mia faccia quando mi scontravo con uno specchio e mi accorgevo che quel mostro femmina ero io.

«Dai, Malfoy, non essere così schifato!» dissi sogghignando con la mia vocina acuta.

Lui mi guardò intensamente e poi si voltò verso il salotto, lasciandomi nel vestibolo con mia madre e le borse incantate che ci avevano seguito.

 

Mia madre era ancora più perplessa di me e si affrettò a seguire mio padre, per poi bloccarsi sulla porta «Draco, caro, cosa…» e si interruppe.

Io la seguii e mi trovai spiazzato davanti a un paio di persone comodamente sedute sul divano di casa mia.

«Mie care, venite pure. Astoria, ricordi il capo Auror Harry Potter e il suo collega Ronald Weasley?». Neanche un ettolitro di olio di ricino avrebbe creato la stessa faccia contrita che aveva Draco Malfoy in quel momento, come il dover ripetere con voce amabile il nome dei suoi antichi rivali.

Non vi erano più motivi di odio, se non il rimpianto di tutto quel che di bello poteva essere e non era successo, ma per mio padre i ricordi erano comunque di un sapore acre.

Subito Potter si alzò e tese la mano verso mia madre. «E’ un piacere vederla. La trovo bene».

Abbozzò un leggero inchino e si voltò verso di me.

 

Trattenni un piccolo sorriso quando vidi che allargava leggermente gli occhi, ma a parte questo niente fece trasparire la sorpresa e i suoi pensieri sulla mia mostruosità. Come capivo quello che gli passava per la testa.

«Piacere Harry Potter, signorina…».

«Shaula Girtab» mi presentai con il solito tono acuto rompi timpani.

«Nostra lontana cugina. È una principessa turca» intervenne mio padre suscitando un sogghigno da parte del signor Weasley.

«Non poteva che essere di sangue blu, in caso contrario sarebbe entrata dalla porta della cucina» borbottò divertito e guadagnandosi un’occhiataccia dal padrone di casa.

 

Avrei voluto rifugiarmi in camera, ma ero estremamente curioso di ascoltare quello che i due auror erano venuti a raccontare o chiedere a mio padre.

Mi accomodai su una poltrona e sollevai il polpaccio sopra il ginocchio. Certo che quella gonna era un pochino stretta per quella posizione.

Subito mia madre si mise a tossicchiare e indicarmi di unire le gambe. La guardai perplesso prima di capire che probabilmente avevo dato una panoramica completa dei miei orifizi e genitali. Mi apprettai a mettermi composta come una signorina e il signor Weasley ridacchiò per poi commentare sottovoce «Pensavo non ci fosse nessuno peggio di Roxanne… George ne sarà felice».

 

Mio padre si schiarì la voce «Allora, Harry, mi stavi dicendo quale era il motivo della tua visita» disse invitando il capo Auror a parlare.

«Come avevo cominciato a dirti, abbiamo saputo che hai preso questi prodotti dalle scorte del ministero e volevamo chiederti a cosa ti servivano» rispose mostrando un pezzo di pergamena con alcune annotazioni.

«Servivano per delle pozioni… perché mai sono stati scomodati degli Auror della vostra importanza per la sparizione di qualche oggetto? C’è qualcosa che non so?». Mio padre aveva centrato il punto.

Io guardavo alternativamente gli uomini e cercavo di capire cosa ci fosse sotto questa visita, perché aveva sicuramente ragione mio padre: non erano qui solo per qualche ingrediente sparito.

 

«Quello che hai preso sono alcuni degli ingredienti più rari che servono per fare la pozione più potente che ci sia contro le trasformazioni. Ti servivano per questo?» incalza Harry Potter serio.

Ron Weasley è attento a non lasciarsi sfuggire nessuna espressione di mio padre.

«Potrebbe essere… mi era stato chiesto di sperimentare una pozione per invertire una maledizione».

«Chi e quale maledizione?».

«Non credo abbia importanza, più che altro serve sapere perché è così importante» rispose mio padre.

«Avremo la tua collaborazione?» intervenne il signor Weasley.

«Completa collaborazione e discrezione assoluta» asserì mio padre e Ron Weasley annuì all’indirizzo di Potter.

 

«Stiamo cercando la strega che lancia maledizioni come se fossero caramelle. Hai letto i giornali?» annuimmo tutti mentre io mi facevo più attento ad ascoltare. Stavano cercando quella pazza! Quella che mi aveva trasformato!

«Questa strega sta lanciando maledizioni dove le vittime vengono trasformate in forme completamente contrarie a quello che sono. Un uomo è stato trasformato in un cane, una donna è stata trasformata in una rana, un ragazzo è stato trasformato in uno spazzacamino dove non riuscivano a togliere la fuliggine, a una ragazza sono cresciuti i baffi e i peli sul petto, di casi ne abbiamo avuti tanti e abbiamo la sensazione che, vista la natura delle trasformazioni, molti non si facciano neanche riconoscere».

Pensai alla mia situazione e non potei far altro che dar ragione al capo Auror.

«Il problema non sarebbe neanche questo, se non fosse il fatto che queste persone, dopo un anno la loro trasformazione diventa permanente e il novanta per cento dei casi…» si interruppe improvvisamente e mi si gelò il sangue. Quello che stava per dire era terribile, sicuramente.

«Cosa?» incitò mio padre.

«Nel novanta per cento dei casi le persone si trasformano in statue e dopo una settimana si sbriciolano definitivamente» dice con voce lugubre.

 

Mia madre scattò in piedi e mise le mani sulla bocca ad impedire l’uscita dell’urlo che aveva chiuso in gola. Era sconvolta ed io con lei.

Avevo un anno di vita. Un solo anno per trovare il modo per non morire.

Cosa aveva detto quella tizia? Trovare l’amore, una ragazza da amare e che mi amasse. Come avrei potuto trovare una che mi amasse con questo corpo? Doveva essere lesbica e pure cieca.

«Non c’è nessuna cura?» chiese mio padre, completamente concentrato su quanto aveva detto l’auror.

«Abbiamo già provato pozioni e incantesimi, ma per ora non c’è niente da fare» ammette Harry Potter «Abbiamo dato incarico ai nostri migliori ozionisti e maghi per trovare una soluzione. Anche a Hogwarts i professori stanno lavorando a questo incarico».

 

«Hai qualche informazione da aggiungere?» chiese Ronald Weasley. 

Guardai mio padre. Era palese che cercasse una soluzione, indeciso se parlare o meno.

Presi la decisione in un secondo ed intervenni io.

«Io. Sono stata trasformata in questo mostro» dichiarai.

I due auror mi guardarono stupefatti poi Weasley borbottò qualcosa tipo “Meno male, avevo paura fosse nata così cessa”.

«La tua storia? Ehm… Shaula?». Cortesemente Potter ricordò il mio nome fittizio.

Cosa avrei dovuto dire ora? Confessare che ero Scorpius o addolcire quello che mi era successo?

 

«Ho conosciuto una strega a una festa. Sembrava fosse una bellissima bionda, ma riuscivo a vederla come dietro un vetro smerigliato. Poi ci siamo addormentati e quando mi sono svegliata ero accanto a una ragazza bruttissima che ha cominciato a insultarmi. Mi sono accorta che avevo un segno sul petto che ha cominciato a sparire dopo qualche giorno. Quando è sparito del tutto mi sono ritrovata così».

«E’ per lei che hai provato a fare la pozione?» chiese conferma Potter a mio padre il quale annuì.

«Ti ha detto qualcosa? Ti ha spiegato come rompere l’incantesimo o come ha fatto a farlo? Ti ha fatto bere qualcosa?». Weasley iniziò a incalzarmi con le domande.

«Mi ha detto che avevo un anno di tempo perché mi innamorassi di una persona e che questa si innamorasse di me. Tutto qui» risposi.

 

«Che strega romantica» borbottò Weasley.

«Non hai capito come ha fatto a farti trasformare?» chiese ancora Potter.

«No, mi dispiace. Non ho bevuto con lei e non ho visto se ha fatto un incantesimo visto che stavo dormendo». Era meglio non dire che ci ero andato a letto, altrimenti avrei dovuto svelare che ero Scorpius e non ero assolutamente pronto a questa umiliazione.

«Hai ottenuto qualche risultato?» domandò ancora Potter a mio padre.

«Nessuno. Da quando è arrivata trasformata ho provato tutto quello che sapevo e sono andato anche da un esperto in Svizzera, ma non ho tirato fuori un ragno dal buco».

 

«Adesso cosa avete intenzione di fare?» chiese Weasley.

«Vorrei andare a Hogwarts, così completerò i miei studi e nello stesso tempo potrò fare delle ricerche. Se è vero che gli insegnanti stanno cercando potrei essere utile» proposi e vidi gli auror annuire approvando.

«Che fine ha fatto Scorpius?» chiese poi il capo auror Potter. Mia madre trattenne il fiato ma fu mio padre che risponse tranquillamente.

«Stava diventando dissoluto e ingestibile» guardai mio padre. Era questo che pensava di me? «l’abbiamo mandato in Oriente, a casa di Shaula. Diciamo che là non è proprio una casa da mille e una notte. Dovrà lavorare e studiare. Sicuramente, se vivrà bene e con impegno questa storia, migliorerà e diventerà un Malfoy di cui il nostro mondo magico potrà andare fiero come lo siamo noi ora».

 

Era una dichiarazione di amore come non ne avevo mai sentite da Draco Malfoy. Parole che mi toccarono il cuore e si incisero a fuoco nella mia memoria. In quel momento promisi a me stesso che lui sarebbe stato fiero di me, ancora più di adesso.

«Ci sono altre persone che rischiano la vita come Shaula?». Ecco la prima volta che sentivo la voce di mia madre da quando era iniziata questa visita.

Già, chissà se c’era qualche altro mago nelle mie stesse condizioni?

«Che sappiamo noi ci sono un paio di persone. Un vecchio mago che è stato trasformato in una quaglia e una donna che è stata trasformata in un gorilla. Siamo preoccupati per il mago, visto che il suo anno è quasi scaduto. La donna ha ancora otto mesi davanti. Voi?».

«Praticamente un anno meno due settimane. Sono appena stata trasformata».

 

Rimasi seduto sulla poltrona, quasi assente mentre gli altri si scambiavano informazioni e notizie e facevano congetture per non so neanche quanto tempo. Mi risvegliai dal mio stato di trance solo quando sentii Potter salutare mio padre.

«Salutami la professoressa McGranitt e dille che andrò a trovarla entro la fine del mese di settembre per riferire le novità… Malfoy, riceverai un incarico per collaborare con noi a questo caso. Credo che ti interessi da vicino e quindi è meglio che condividiamo le informazioni. Parteciperai ai nostri summit… Astoria, nonostante le circostanza, incontrarla è stato un piacere. Togliamo il disturbo, Malfoy, Shaula». Harry Potter salutò tutti quanti e fece cenno a Ronald Weasley di seguirlo. Dopo aver salutato si avviarono verso il camino del salotto e sparirono tra le fiamme verdi.

 

«Dovremo mandare subito un gufo alla preside McGranitt per la tua iscrizione e organizzare il tuo arrivo a scuola» disse allora mio padre rivolgendosi a me. Annuii e mia madre cominciò a salire portando con sé le borse del nostro shopping.

Mancavano pochissimi giorni al ritorno a scuola e ormai ero impaziente di andare a Hogwarts per poter continuare le ricerche su come risolvere il mio problema. E, nota lieta, il mio inferno personale per trovare vestiti e intimo era finito, con mio grande sollievo.

 

La mia grande convinzione venne messa a tacere il giorno dopo, quando mancavano solo quattro giorni al primo di settembre, e mia madre entrò in camera annunciando «Dobbiamo andare ad acquistare i trucchi e gli ultimi indumenti che ti servono per andare a scuola». Crollarono le spalle, le gambe e la testa. Che male avevo fatto per essere così costantemente sodomizzato in questo modo?

Provai a protestare ma Astoria non ascoltò ragioni e mi costrinse ad entrare nel camino e andare nuovamente a Diagon Alley, o così credevo.

«Benvenute. Madame Malfoy, signorina… abbiamo preparato la postazione… potete andare con Katrina». Una donna dai capelli nerissimi e dal viso truccato pesantemente.

Cosa avevano in mente adesso?

Mia madre mi guardò perplessa poi fece un movimento della bacchetta e mi trovai senza jeans e maglione ma con una magliettina bordeaux che rivelava tutti i miei rotolii di grasso e dei leggins leopardati color ocra e marrone. Mi guardai quasi sconvolto: le mie gambe erano talmente grosse che le macchie più che di felino mi ricordavano quelle delle giraffe. Avevo un aspetto orribile!

«Perché?» chiesi perplesso.

«Diciamo che è un abbigliamento comodo per casa… per evitare di sporcare quello ufficiale». Meno male che non dovevo farmi vedere vestito così, era da seppellirsi vivo dalla vergogna.

Mi guardai attorno e vidi almeno una trentina di persone occupate in varie operazione di trucco e parrucco.

Beh, quasi visto da nessuno…

 

«Si accomodi» mi invitò davanti a una toletta con un enorme specchio illuminato.

Iniziarono a girarmi attorno come tanti api con un fiore.

Polveri leggere, compatte, chiare e scure, creme schiarenti, scurenti. Io ero già pallido di mio, mi fecero diventare un fantasma. Il Barone Sanguinario era più vivo del mio incarnato.

Tirarono fuori un arcobaleno di colori di ombretti. Scuri, chiari, azzurri, grigi, blu, indaco, viola, marroni, rosa, pesca, gialli, ocra, verde, oliva, rosso, corallo, beige, nero, bianco e anche qualche colore di cui non conoscevo neanche il nome.

Cominciarono a tingermi e ripulirmi le palpebre per trovare la combinazione migliore. Ovviamente a me non chiesero mai niente, continuarono a farmi gli occhi pesti come se mi avessero tirato tantissimi pugni, oppure giallognoli come se avessi il fegato spappolato, o ancora verdi da colorito mal di mare. Qualcosa di normale? Mica dovevo andare chissà dove? Ero a scuola e dovevo rendere un pochino più piacevole la faccia nuova che mi trovavo.

 

«Che ne dite di questo?» chiedevano ad Astoria.

«Sì, direi che va… No, questo no, è troppo marcato… uhmmm, questo va meglio» rispondeva lei.

Chiedere a me? Meglio di no, io tutte le volte che fissavo la mia immagine allo specchio mi spaventavo! Una drug queen di tutto rispetto, di un inquietante che, probabilmente, avrei sognato diverse notti di seguito. Neanche la peggiore festa di Halloween poteva creare tanti mostri più brutti di quello che vedevo.

È così che sarei diventato invisibile come era mio desiderio? Io non volevo essere notato, non mettermi in mostra… o mostro.

 

La mia pelle prese un colorito più scuro e lucido, le labbra più decise, gli occhi più profondi e meno acquosi. Gli occhiali dovevo tenermeli perché anche le lenti a contatto avevano paura delle mie pupille, tanto che si scioglievano nel momento in cui me le avvicinavo alla faccia, però i fondi di bottiglia vennero sostituiti con una montatura tutta strass.

All’improvviso le luci vennero spente ed io mi trovai immerso nel buio totale. Non si distingueva una persona da un mobile. Altre mani gelide mi sfioravano la faccia e mi sentivo impaurito. Cosa stavano facendo? Mi volevano trasformare senza neanche vedere quello che facevano?

 

Quando la luce tornò mi trovai riflesso nello specchio con un’altra faccia accanto alla mia. Mia madre si era chinata verso di me e fissava la mia immagine accanto alla sua.

«Siamo come sorelle» cinguettò entusiasta. Eh? Ma se ero completamente diversa!

Ormai ne ero sicuro, questa storia avrebbe avuto una vittima illustre: mia madre stava completamente impazzendo. Non pensavo che fosse così desiderosa di avere una figlia femmina.

In un certo senso ero abbastanza depresso per essere questa delusione per mia madre.

«Madre, se abbiamo finito possiamo andare». Mi guardavo allo specchio e non ero poi tanto male. I colori che avevano usato erano meno violenti delle prime prove e decisamente più dolci.

Non ero proprio una figa ma se non altro potevo camminare in mezzo agli altri. Più o meno.

 

Mi insegnarono gli incantesimi che servivano per rifare fedelmente il trucco che mi avevano applicato adesso. Mi sembrava di avere un centimetro di calce su ogni poro della mia pelle ma, se non altro, il risultato era abbastanza apprezzabile.

«Bene, adesso abbiamo finalmente finito. Sei pronto per andare a scuola» annunciò Astoria appena arrivati al Manor.

«Perfetto, così, appena ti sarai cambiato, possiamo andare a colloquio dalla preside McGranitt. È appena arrivato un gufo. Ci aspettano ad Hogwarts per parlare della tua iscrizione» disse subito mio padre e a me cedettero le gambe.

La vecchia gatta mi stava aspettando?

 

Voleva farmi a brandelli come non era mai riuscita a fare in questi anni?

«Non le abbiamo detto chi sei veramente ma è meglio per tutti che almeno lei lo sappia, per poterti proteggere al meglio» aggiunse.

Aveva ragione, prima di trovarmi in situazioni più assurde di quanto non ci fossi adesso, era meglio che almeno la preside fosse a conoscenza del mio segreto.

 

Avevamo avuto il permesso per il camino che si trovava direttamente nello studio della preside perciò ci mettemmo in ordine e cominciammo a passare nel camino, io per ultimo… forse per preparare psicologicamente la vecchia gatta.

«Come le avevo annunciato, ecco la lontana cugina di Lucius, Shaula Girtab» annunciò quando uscii dal camino.

Nonostante fossi abbastanza vivace, in tutti gli anni che ero andato a scuola, non avevo mai avuto l’onore di frequentare l’ufficio della signora preside.

La McGranitt, era stata nominata alla fine della seconda guerra magica e aveva traghettato la famosa e prestigiosa scuola di Hogwarts verso la ricostruzione e la successiva ricostituzione della fama e del programma scolastico.

I professori erano stati scelti tra i migliori del mondo magico e questo spiegava la richiesta di aiuto nelle ricerche magiche fatte dagli auror agli studiosi di questo castello.

E certo che nulla di quello che vedeva e sentiva, avrebbe scalfito la tempra granitica di questa donna che aveva superato di tutto, compreso una vecchiaia impegnata nel dirigere la scuola, senza avere neanche idea di ritirarsi per andare in pensione.

 

«Benissimo. Dopo questa presentazione e la vostra entrata ad effetto, gradirei sapere il perché di questa vostra richiesta per un incontro privato» esordì la preside inarcando un sopracciglio. Unico movimento della sua faccia rugosa altrimenti immobile.

«Come le ho anticipato era per l’iscrizione di nostra cugina» ripeté Draco.

«Che potevate fare via gufo. Cosa c’è sotto, Signor Malfoy?». Vidi mio padre trasalire e probabilmente era per il ricordo di quante volte era stato apostrofato con quel tono dalla vecchia gatta.

Adesso non insegnava più e si limitava al suo lavoro organizzativo ma all’epoca doveva essere una professoressa terribile, a giudicare dal piglio che aveva e dall’aura di rispetto che emanava.

 

«In realtà siamo qui per Scorpius» pigolò mia madre e si avvicinò circondando con un braccio le mie spalle. Cosa abbastanza scomoda visto che io ero più alto di lei di almeno venti centimetri.

«Appunto, Scorpius. Mi hanno comunicato che lo avete ritirato da scuola per uno scambio culturale in oriente, con questa signorina» confermò la preside alzando un foglio vergato in una fitta calligrafia.

«In realtà non lo abbiamo ritirato. Vorremmo che continuasse qui anche l’ultimo anno e si diplomasse ad Hogwarts» disse mio padre e, a quel punto, dovette sostenere lo sguardo perplesso della donna.

«Questo non è un problema, il posto di Scorpius non è stato ancora riassegnato e anche per la qui presente signorina Girtab. Dovrà sottoporsi alla scelta del cappello parlante ma non ci saranno problemi. Siamo più che attrezzati per includere un’altra studentessa nelle nostre classi. Dovrete solo farmi avere le valutazioni della sua vecchia scuola per valutare eventuali corsi aggiuntivi di aggiornamento in caso sia in ritardo con i nostri programmi».

 

«E’ qui che sta il problema» borbottai io.

«Vuol dire che ha studiato a casa con un precettore privato? Dovrà semplicemente affrontare un esame di ammissione per valutare il grado di preparazione e la classe dove essere inserita. Capisco che, a volte questo genere di cose possono essere antipatiche, soprattutto se ci si ritrova in una classe con persone più piccole rispetto alla propria età, ma non prendiamo una pozione prima di avere la malattia. Proviamo e vedremo come andrà» disse accomodante la McGranitt.

Si stava comportando egregiamente, smussando ed annullando tutti i problemi che potevano sorgere nel nostro pensiero per rendere meno indolore possibile l’entrata nella scuola di una nuova studentessa.

Peccato che di nuovo c’era ben poco ed era quello che dovevamo farle digerire.

 

«Forse dovrebbe sedersi…» mormorò mia madre agitata.

«Signora Malfoy, siamo già tutti seduti e non creda che quello che voi potete dirmi possa in qualche modo sconvolgermi» dichiarò la vecchia gatta, soffiando irritata.

«Ha sentito delle storie sulle maledizioni lanciate da una strega che trasformano le persone e dopo un anno causano la morte?» chiese di getto mio padre facendo trasalire la preside.

«Certo… ma voi cosa ne sapete di questa cosa?».

I miei genitori si guardarono e poi guardarono me e mio padre fece un gesto di invito a parlare, quindi sganciai la bomba.

«Io sono stato trasformato. Sono io Scorpius Malfoy».

Subito dopo sentii un gran trambusto e mi alzai per aiutare la preside: le gambe della poltrona erano sparite e la vecchia gatta mi guardava dal basso verso l’alto, seduta per terra.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qui a commentare la fine del capitolo.

Abbiamo sconvolto la McGranitt! E ora sappiamo che il brutto scherzo della maledizione è un pochino più pericoloso di quanto sembri.

 

Nel prossimo capitolo finiamo il discorso con la vecchia gatta e saliremo sul treno nelle nuove spoglie di Shaula.

Qui chi gli facciamo incontrare? E soprattutto, quali situazioni imbarazzanti potremo fargli vivere tra i vagoni del treno?

Suggerite, sono aperta alle vostre idee!

Ovviamente (per chi non lo sapesse) inserimento del nick nella storia a chi recensisce per la prima volta (così ringrazio direttamente e non alla fine della storia).

 

Vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

baciotti

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Capitolo 7
*** Trauma a una chiappa! ***


 

ciao a tutti!

Credo che siano due anni che avevo accantonato questa storia, ma, come vedete, sono tornata sul luogo del delitto. Ho avuto un enorme calo dell'ispirazione. Meno male che avevo già scritto la traccia della storia e quindi ho dovuto solo riprendere in mano i passati capitoli e rileggerli per ritrovare il filo.

In caso non abbiate mai letto questa storia si riassume nella maledizione lanciata a Scorpius che lo trasforma in una donna. Da qui, situazioni assurde e ridicole si susseguono allegramente.  

So che magari non ve ne ricordate neanche, ma ringrazio chi, a suo tempo, aveva lasciato le recensioni. Nel tessuto della storia troverete i due nick dei nuovi recensori, a perenne memoria per essere intervenuti.

Spero che chi ha inserito questa storia tra i preferiti, i seguiti o i ricordati, siano felici di ritrovare aggiornato il nuovo capitolo per tornare a leggere e a divertisi.

Grazie a elenri per il banner (sempre inquietante) e ora

 

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buona lettura...

 

---ooOoo---

 

«Io sono stato trasformato. Sono io Scorpius Malfoy».

Subito dopo sentii un gran trambusto e mi alzai per aiutare la preside: le gambe della poltrona erano sparite e la vecchia gatta mi guardava dal basso verso l'alto, seduta per terra.

 

Tesi una mano e l'aiutai ad alzarsi. Era molto più agile di quanto avessi immaginato.

«L'avevo detto che questa poltrona era troppo sensibile agli umori di chi si siede! Era ora di cambiarla parecchio tempo fa» borbottò spolverandosi la veste scozzese con le mani ossute e raggrinzite.

«Sta bene?» chiesi con la mia solita vocina acuta. Lei mi guardò come se avesse ingoiato un rospo e agitò una mano come a sotto intendere “non dica sciocchezze”.

«Direi che qui ci sono questioni più importanti rispetto al mio stare in salute. Dunque lei è Scorpius Malfoy?» il suo sopracciglio sottile e rado tremava leggermente.

«Sì. Sono io» confermai.

 

«Beh, questa è davvero una sorpresa. Come è successo?».

«Come ha detto lei prima, una strega mi ha fatto una maledizione e mi sono ritrovato in queste condizioni» allargai le mie braccia flaccide e mi feci dare una ampia panoramica del mio fisico da urlo (di terrore). La McGranitt strinse le labbra in una smorfia dura, poi non riuscì a trattenersi ed iniziò a ridere come mai le era accaduto prima. Estrasse dalla manica un fazzolettino bianco ricamato ed iniziò a tamponarsi gli occhi mentre continuava a singhiozzare.

Sia io che i miei genitori aspettammo impazienti che la smettesse, ma ogni volta che sembrava sul punto di tornare seria, un altro preside ritratto nei dipinti appesi alle pareti dell'ufficio di presidenza, si metteva a ridere, contribuendo il rinfocolare dell'ilarità generale.

«Non credo di averla mai visto ridere in questo modo, Piton» borbottò mio padre all'indirizzo dell'ultimo preside al tempo della seconda guerra magica. L'uomo con i capelli unti, il naso adunco e l'incarnato malaticcio fissò il suo ex alunno con uno scuro cipiglio, ma si poteva vedere dal sobbalzare delle spalle che stava ancora ridendo.

Draco sbuffò e si accomodò meglio sulla sedia, incrociando le braccia e rassegnandosi ad aspettare che i presidi si fossero calmati.

«Vi rendete conto che sto rischiando di morire?» sbottai infuriato sbattendo la mia mano gonfia e leggermente squamosa sul tavolo.

«Il ragazzo ha ragione, colleghi. Dobbiamo cercare di salvarlo, non ridere di lui» disse allora il dipinto di Albus Silente. Anche da una immagine la sua voce aveva qualche cosa di solenne e poco per volta tutto l'ufficio tornò al silenzio originario.

 

«Mi scusi signor Malfoy. Signora Malfoy... il nostro comportamento è stato inqualificabile, ma, a parte il pericolo... la trasformazione di cui è oggetto Scorpius è davvero... inusuale» cercò di giustificarsi la vecchia gatta rognosa. L'avevo sempre odiata prima, quando mi mandavano lì per dare più peso ai provvedimenti disciplinari, ma ora davvero esagerava! Ridere al posto di trovare una soluzione... sbuffai cercando di calmarmi. Non avrei risolto nulla iniziando una diatriba con l'autorità di Hogwarts.

«D'accordo... ehm... affrontiamo i problemi ora» annunciò la McGranitt. «Il signor Scorpius verrà reintegrato in Serpeverde e gli verrà assegnata una stanza singola per...» ma venne subito interrotta da un leggero tossicchiare che proveniva dal muro.

«Perdonami, Minerva. Non credo sia una buona idea far scoprire che il signor Malfoy è stato trasformato. In caso che la strega sia in contatto con qualcuno qui dentro potrebbe essere pericoloso. Da come vengono trasformate le vittime, sembra un caso che Scorpius sia diventato una donna, visto che abbiamo anche degli animali. Ritengo che dobbiamo mantenere il segreto e cercare nelle nostre conoscenze per sconfiggerla. Proporrei di condurre qui il ragazzo come Shaula e farla assegnare alla sua casa con la solita cerimonia. Sembrerebbe più verosimile». Silente terminò la sua arringa e tutti restarono in silenzio per assimilare il consiglio.

 

«Sottostare alla cerimonia di assegnazione? Infilarmi di nuovo quel cappellaccio sulla testa? Come se avessi ancora undici anni? Siete pazzi? Io sono un Malfoy, un serpeverde. Perché dovremmo rifare quello che sappiamo già?» sbottai infine. Non avevo alcuna intenzione di trovarmi in mezzo a dei piccoli nanetti, con tutti gli occhi addosso. Fossi stata una gran gnocca, non me ne sarebbe importato, ma ero un mostro di bruttezza epica, mostrarmi in quel modo era molto più che umiliante. E poi ero sicurissimo che il cappello parlante puzzasse. Con tutte le teste sporche dove si era posato. Magari non lo lavavano da più di cinquecento anni. Se la prima volta ero riuscito a evitare i pidocchi, questa volta avevo paura anche delle zecche e delle piattole. Mi ci mancavano solo i parassiti.

«Io sono d'accordo con Silente. Occorre procedere come se fosse un normale alunno» obiettò Piton.

«Mi spiace dirlo ma sono concorde anche io» intervenne mio padre e a quel punto capii che nulla mi avrebbe evitato anche questa tortura.

«Pensa, Shaula, attraverserai di nuovo il lago con le barchette!» squittì mia madre. Sospirai ancora più rassegnato. L'unica nota positiva di tutta questa storia è che mi sarei allontanato da quella pazza che ormai non riusciva più a frenare nessuno. Non invidiavo mio padre. Chissà se avrebbe convinto anche lui a vestirsi con colori accesi.

 

A questo punto, la preside tornò efficiente come lo era sempre stata e cominciò a snocciolare nozioni e informazioni su come comportarsi per il nuovo inserimento della allieva turca appena trasferita in Inghilterra.

Si misero d'accordo con i dettagli che venivano in mente man mano. Concordarono che era necessario che Shaula avesse una stanza singola, in modo da non farsi scoprire con i compagni di corso.

Tutto questo portò via tutta la giornata e ormai si trattava di salutare i miei genitori e ritirarmi nella stanza assegnatami, in attesa dell'inizio delle lezioni.

«No Signor Malfoy, non può rimanere qui. Per mantenere la copertura dovrà arrivare come tutti sul treno in partenza domani e attraversare il lago con i nuovi studenti» ribadì ancora una volta la gatta malefica.

Maledizione!

Rassegnato mi posizionai davanti al camino come il resto della mia famiglia e scandii 'Malfoy Manor' con la mia voce rompi cristalli. Le fiamme verdi mi avvolsero e venni risucchiato nella canna fumaria per pochi secondi sino ad atterrare tra la cenere del salotto di casa mia.

 

Nella camera era pronto il baule con i vestiti ordinari, più i porta abiti per i vestiti più eleganti, tre cappelliere, una piccola scarpiera contenente almeno dieci paia di scarpe di vari generi, il beauty pieno di prodotti per aumentare la bellezza... no, diminuire la bruttezza della sua faccia (in assenza di un vero e proprio miracolo bisognava accontentarsi). In più erano stati recapitati i libri e tutto il materiale scolastico che occupava un altro baule.

«Non vi sembra di aver esagerato?» chiesi indicando l'ammasso ingombrante di cianfrusaglie che dovevo portare al binario 9 e ¾ per Hogwarts. Come avrei potuto trasportare tutto quanto era un bel mistero.

«Assolutamente no! Anzi, il resto della tua roba te la farò recapitare man mano. Con tutti gli acquisti che abbiamo fatto due bauli non bastavano proprio».

Rabbrividii. Ormai era chiaro che mia madre era partita per la tangente. Speravo che con la distanza rinsavisse e , sopratutto di riuscire a spezzare l'incantesimo e tornare il bellissimo figo che ero, anche se per lei sarebbe stata una delusione. Pareva preferirmi in tettine, rotoloni di ciccia, acne e tutto il resto.

Evitai di guardare in faccia mio padre, dopo averlo sentito rantolare. Anche lui era perplesso per come si comportava sua moglie?

L'indomani sarebbe arrivato presto e con lui, l'inizio del mio personale inferno.

 

Erano le cinque e mezza quando mia madre iniziò a spalancare le finestre per farmi alzare. Ma dico! Dovevamo partire entro le dieci per essere comodamente in stazione per la partenza del treno, perché dovevo alzarmi ancor prima dell’alba?

«Forza!» urlò allegra quella donna che non riconoscevo più. «Abbiamo giusto il tempo di prepararci prima di partire… non sei eccitata?» e con un sorriso enorme e leggermente psicopatico, a mio parere, uscì quasi saltellando dalla porta, lasciandomi solo con l’elfo Bor.

«Signorina, è ora di lavarsi, così potrà prepararsi per partire per la scuola» squittì l’indaffaratissima creaturina. ‘Signorina’?

«Bor, tu sai che sono Scorpius. Perché mi hai chiamato signorina?».

«La sua venerabile signora madre ci ha ordinato di chiamarla così. È molto felice la sua signora madre» rispose compito, prima di sparire nel bagno a preparare la mia augusta vasca.

Allucinante. Non pensavo che mia madre avesse sofferto così tanto per la mancanza di una figlia femmina. Avrebbe potuto provare a fare un altro pargolo, magari le riusciva meglio del presente.

Rinunciai a soffermarmici troppo e mi adattai al compiere le mie abluzioni.

Dovevo anche abituarmi a truccarmi da solo per evitare che altre persone intuissero quanto c’era di strano in me.

 

Dopo il bagno profumato in una mistura indecente e vomitevole (mi sembrava di essere un insieme di pallina di zucchero in mezzo a un campo di rose, gigli e violette. Anche il mio cane, un alano di nome Zeus, sarebbe fuggito disgustato dopo la prima annusata), iniziai con l’armamentario della magi-cosmesi.

Iniziai con un velo di fondotinta, simile alla calcina. Probabilmente era così che i babbani ricoprivano le case: con l’intonaco. Mormorai l’incantesimo di stesura per la polvere “simi462” di finitura, che mi si infilò nel naso facendomi starnutire e scatarrare qualche cosa di verde viscido e nauseabondo, direttamente sullo specchio.

Un veloce gratta e netta prima del mio conato di vomito e continuai leggendo le istruzioni che mi erano state rilasciate dall’estetista.

“ciglia? Perché devo mettermi delle ciglia finte?” pensai mentre avvicinavo quel ragnatele fluttuanti alla mia faccia, facendole levitare con la bacchetta.

Mi avvicinai bene per poterle applicare e… mi infilai la bacchetta nell’occhio.

«Porco di un Merlino strabico, bitorzoluto e affatturato da un fricchettone senza mutande con le palle arrotolate a merletto sul pomo d’adamo gigante!».  Il mio occhio era diventato una grossa palla rosso sangue.

 

«Decisamente quel colore non sta bene con la tua pelle» esordì mia madre entrando subito dopo l’urlo belluino.

«Ti prego… risparmiami!». Stavo cercando di evitare di accecarmi con la matita e visto il rischio delle ciglia era meglio restare concentrati.

Andò decisamente meglio con l’ombretto da sfumare e la matita per le labbra, se non fosse stato per la riga trasversale che mi ero fatto per lo spavento della comparsa di Bor, ammesso che lui fosse più brutto di me, il che era tutto da dimostrare.

Tra fare e disfare e rifare, quello che le estetiste erano riuscite a terminare in un’ora, io ne misi due e mezzo ed erano le nove passate quando terminai tutto il rifacimento facciale.

Nessun mago ci avrebbe mai messo tanto per trasformarsi, trasfigurare o rifare qualche cosa. Ero sempre più depresso.

«Coraggio, con la pratica andrai sempre meglio» mi consolò mia madre.

Macché meglio! Io non volevo imparare! Volevo tornare ad essere il Malfoy bello e cazzuto!

Per tutti i maghi dei filtri d’amore! Vi scongiuro! Salvatemi!

A costo di svaligiare tutto il negozio di scherzi dei Weasley, dovevo far scorta di filtri d’amore e cioccolatini. Quale ragazza avrebbe resistito a dei bonbon a forma di cuore, corretti d’amore?

«E’ ora i vestiti!» esultò la donna al mio fianco, che guardava estatica dentro lo specchio il mio riflesso.

Giuro, o si riprendeva o divorziavo dai genitori!

 

Guardai con palese disgusto il vestito a fiori macro fluo con maniche e gonna a sbuffo, lungo fino ai polpacci che mia madre aveva disteso sul letto. Accanto a un reggiseno-tortura totalmente inutile per la mia seconda scarsa.

«Siete impazzita? Ma un paio di pantaloni e una maglia?».

«E poi ti lamenti del culone! Questo modello snellisce!» ribatté.

E qui sorgeva una domanda: come faceva a snellire una palandrana simile al tendone di un circo con dei colori che passavano dal giallo limone al verde acido al fucsia come se fosse una raccolta di pennarelli evidenziatori babbani? Sicuramente nessuno mi avrebbe investito, neanche con la nebbia.

«Comincia a mettere il reggiseno. Ho scelto quello con il ferretto che così sostiene meglio».

Ma sostiene che? Questi specie di aranci rachitici?

Imprecai mentalmente quando il ferretto tentò di perforarmi il polmone.

Ormai ero convinto a organizzare una petizione mondiale per debellare quelle armi di distruzione di massa. Avevo sempre pensato che i reggiseni erano uno dei pezzi più sexy su una donna, ma vista la sofferenza questa cosa andava seriamente rivalutata.

Non dissi nulla per il pezzo sotto, ma il vestito era davvero inguardabile e lo feci evanescere per poi prendere un completo camicia e gonna longuette viola.

La camicia aveva un po’ troppi volants e la gonna un audace spacco che arrivava a metà coscia, ma decisi che forse mi ero fatto troppi problemi sulle mie gambe. In fin dei conti, con la depilazione, senza vene varicose e con i magi collants contenitivi, potevo anche provarci. Cominciavo anche a capire come coprire la cellulite galoppante che avevo anche agli alluci.

«Perfetta... assolutamente perfetta» pigolò mia madre con gli occhi lucidi.

Mi arresi e sorrisi. Non potevo farci nulla, se non essere contento per la sua contentezza.

Meglio trovare qualche cosa di positivo prima di uccidermi il fegato con la rabbia. Forse mia madre ci era arrivata prima di me.

 

La Londra babbana era sempre caotica e, nonostante il lussuoso magi-taxi più comodo di una limousine, il viaggio era pieno di scossoni, inchiodate e curve a gomito.

«Se non fosse per i bauli, mi sarei premunito la smaterializzazione! Tutti gli anni ci capita e tutti gli anni mi riprometto di trovare un mezzo di trasporto migliore. Anche una scopa è meglio di questo trabiccolo» si lamentò mio padre battendo il bastone da passeggio sul pianale dell'auto.

«Shaula, le gambe unite o accavallate. Non vuoi mica che ti vedano... la patatina?» mi richiamò la genitrice. Avvampai.

«La... la 'patatina'?». Ero allibito. Quello là sotto era l'unica cosa a posto di tutto questo casino! Mi volevano trasformare anche quello? Meglio non reagire. Chiusi le ginocchia stringendole sino a farmi male. Forse sarebbe stato meglio infilare un paio di pantaloni, così la patatina sarebbe stata salva da sguardi indiscreti.

Guardai distrattamente fuori dal finestrino, e ridacchiai, ormai i babbani ci copiavano in tutto anche senza saperlo, avevano messo il manifesto di una nuova birra: la butterbeer. Chissà se era come la nostra. Ne dubitavo.

«Imitatori». La smorfia di Draco Marfoy non lasciava dubbi su chi avesse parlato.

 

Arrivammo alla stazione di King Cross, appena in tempo per la partenza.

Camminando veloce ci avvicinammo alla barriera. Con la coda dell'occhio vedevo parecchie persone che mi lanciavano sguardi perplessi, forse per i bauli che spingevo piuttosto che per la mia... ehm... figura.

Davanti al muro mi fermai. Al di là iniziava il binario che mi avrebbe portato a scuola.

«Coraggio, figliolo. Finora sei stato molto più forte di quanto potessi essere io alla tua età. Ce la farai anche in questo» disse mio padre. Era gratificante sentire la sua stima, cosa che non aveva mai dimostrato in tutti gli anni trascorsi. «Qualsiasi cosa accada, sono fiero di te».

Respirai a fondo e diedi una vigorosa spinta attraversando la barriera e tornando nel mondo magico.

Accanto ai binari feci levitare i bauli sistemandoli negli appositi vagoni bagagli, tenendo solo il cambio e la divisa da indossare prima di scendere all'arrivo.

Sulla banchina c'era la solita folla di genitori che salutava i propri figli, le solite raccomandazioni, la solita folle cacofonia che quasi sovrastava lo sbuffare della locomotiva.

«Bene, Shaula, siamo arrivati alla partenza. Troviamo un scompartimento vuoto in modo che ti possa sistemare» disse mia madre accompagnandomi verso i posti a sedere.

 

Accanto a me passarono le gemelle Nott ed io sorrisi alzando una mano a mo' di saluto. Vidi Claire che si avvicinava all'orecchio della sorella e le diceva ridendo «Ma chi è quella? Guarda quanto è brutta!».

«Chissà in quale casa sarà? Non serpeverde, abbasserebbe la media».

«Sarà una anonima tassorosso. L'unico modo che ha per farsi notare è farsi vedere!».

«E quando mai i tassorosso si fanno vedere?» rise di rimando Cassandra.

Poco più avanti si riunirono a Blaike, Lucinda e Nigel e, facendo alcuni segni nella mia direzione, ricominciarono a ridere tutti insieme.

L'avrei fatto anche io se mi fossi trovato con loro, ma esserne il bersaglio non era molto piacevole.

Strinsi le labbra e raddrizzai le spalle, procedendo verso uno scompartimento libero che avevo localizzato a fine treno.

Salutai calorosamente i miei genitori e salii, pronto ad affrontare il mio prossimo (forse ultimo) anno di vita scolastica.

 

Il treno era partito.

Mi accomodai nel mio scompartimento ed accavallai le gambe cicciotte. Il mio adipe sballonzolava sulle cosce. Tirai fuori lo specchietto controllando che l'intonaco facciale fosse ancora integro o avesse bisogno di un restauro. Ricordavo che le ragazze lo facevano sempre e lo trovavo un gesto stupido e vanesio. Forse anche questo andava rivalutato.

«E' libero» affermò qualcuno. Sobbalzai leggermente terrorizzato e mi voltai verso l'origine della voce. La ragazzina Potter, con i capelli rossi, lentiggini e sorrisone stava entrando come un tornado, seguita da Roxanne e Hugo Weasley.

«Dobbiamo organizzarci» disse l'altra rossa.

«Albus ci stava seguendo. Meglio fare con calma quando saremo a scuola» disse il ragazzo cospiratore.

«Credi che la McGranitt non immaginerebbe che siamo stati noi?» borbottò ironica Lily.

«A me di sicuro! Con quello che ha combinato papà e poi Fred con James, mi ha fatto la prima ramanzina ancora prima che calzassi il cappello parlante» replicò Roxanne.

«Quindi non abbiamo possibilità... dovremo giocare di astuzia». In quel momento Hugo sembrava un generale che studiava le grandi manovre.

Sentirli parlare senza neanche accorgersi della mia presenza era... destabilizzante. Non ero abituato a essere ignorato in questo modo, né come Scorpius il malefico Malfoy, né come Shaula il cesso.

 

«Ho preso le porte finte che immettono direttamente nella tempera pruriginosa. Ho una scatola di paludi portatili e di pozzanghere puzzolenti. Sette petardi moltiplicanti e una borsa di merendine marinare e pastiglie vomitose  e i relativi rimedi. Se serve qualcosa me la farò spedire di nascosto da Fred» promise Roxy. «Da non credere, quando era a scuola mio padre era un vulcano di scherzi e idee e adesso mette il suo estro solo nel lavoro e per il resto è peggio di un mastino! Che ingiustizia!».

«Dici bene tu! Io che mi trovo con una sorella che sembra la reincarnazione di mia madre e poi... mi mette sempre nei guai! Quest'anno ho deciso di fare tutto da solo, almeno se prendo un rimprovero me lo sarò guadagnato».

«Io non ho questo problema, con quello che ha combinato James, i miei si sono abituati» ridacchiò Lily dando una spallata alla cugina.

Era rilassante vedere questi tre ragazzini che si organizzavano per divertirsi nel prossimo anno. Per me sarebbe stato decisamente peggio.

Sospirai e in quel momento sobbalzarono accorgendosi di me.

Roxanne si mise le mani sulla bocca e sgranò gli occhi. Lily lanciò un piccolo urlo e Hugo non riuscì a trattenere la solita smorfia di orrore che vedevo così spesso nelle facce degli altri.

 

«Salve» dissi alzando la mano per saluto. Il mio tono stridulo li fece fremere e Roxy tolse le mani dalla bocca per metterle sulle orecchie.

«Ma cosa hai mangiato per avere una voce simile? Unghie limate su una lavagna?».

Hugo mi fissò intensamente per una decina di secondi poi intervenne «Mai pensato di passare dal dentista per quei denti storti? Un buon apparecchio potrebbe fare miracoli».

«Uffa, Hug,sempre a pensare ai denti! Siamo maghi, li curiamo con un colpo di bacchetta i denti, non dobbiamo mica usare quel trapano di cui hai parlato».

«I miei nonni sono dentisti e nel mondo babbano si guadagna bene con quel lavoro. Poi se veramente fosse così, lei non sembrerebbe un cavallo, ti pare?».

«Su questo hai ragione. A parte che vestita così di viola, più che un cavallo, sembra una melanzana» notò la Potter.

«Guarda cosa ha in faccia. È talmente truccata da sembrare una maschera. Neanche Vicky si trucca così» rincarò Roxy.

«Sì, ma lei è bellissima non come...» ma Hugo si interruppe prima di riferirsi a me ed arrossì fino a diventare completamente rosso pomodoro.

Sbuffai ed uscii dallo scompartimento. Non aveva senso continuare a sentire insulti sulla mia figura. Sapevo da solo di essere inguardabile. Sentii solo Lily e Roxanne che sgridavano Hugo per il poco tatto. Come se loro si fossero comportate meglio.

 

Nel corridoio probabilmente c'era tutta Hogwarts. Ma sedersi comodamente nei vari posti? Insomma, sono sette ore in piedi! Possibile che avessero tutta questa energia da spendere?

Cercando di non guardare in faccia nessuno, avanzai faticosamente nel tentativo di cercare la donnina con il carrello. Avevo la gola completamente riarsa e volevo bere qualche cosa prima di svenire per disidratazione.

Trattenni il fiato quando mi trovai davanti tutta la mia compagnia.

Altri ragazzi grandi e più piccoli (quelli che avevo tiranneggiato in quegli anni) ridacchiavano e facevano versi strani al mio passaggio, ma erano i ragazzi che avevo davanti quelli che mi facevano più paura. Forse perché sapevo di che cosa fossero capaci.

«Oh. Mio. Dio» gracidò Lucinda squadrandomi dalla testa ai piedi.

«Ma da quale zoo è uscita?». Nigel era sempre un bastardo.

«La domanda più importante è: la faranno entrare a Hogwarts? Magari è il nuovo animale di compagnia di Hagrid» ridacchiò Blaike.

Le gemelle, Dephina, Tyson e Goyle risero sguaiatamente e passandomi accanto mi spinsero malamente contro la parete.

Man mano che mi passavano vicino ridevano e mi sentivo sempre più arrossire dalla rabbia e dalla vergogna.

Alzai il viso e vidi poco distante lunghi capelli rossi e penetranti occhi azzurri che mi squadravano.

Rose alzò leggermente il mento e mi strizzò l'occhio per poi entrare nello scompartimento dove si sentivano parlare altri grifondoro.

Dovevo reagire! La rossa aveva ragione. Alzai la testa e proseguii la mia camminata senza curarmi di quello che avevo attorno.

«Cielo! Sei proprio una bella topolona... hai un culo che parla!» sussurrò una voce conosciuta.

Oddio! Mi voltai per sincerarmi che fosse davvero quel gorilla mancato di Theodore Goyle, nello stesso momento in cui lui mi strizzava il culo e mi rivolgeva un sorriso a trentaquattro carati e diciotto carie.

Tremai! Tra tutti quanti, dovevo affascinare proprio chi era ancora fermo al primo gradino dell'evoluzione. Mi sentivo violentata la chiappa sinistra. Avrei dovuto usare un potente disinfettante per superare lo schifo e chiedere il consulto di uno psicologo per superare il trauma!

Pregai che il treno arrivasse presto.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

povero Scorpius, dopo aver lasciato la protezione dei suoi genitori si ritrova gettato nella mischia.

Si sa, i ragazzini sono cattivissimi. Negli anni scolastici bevono succo e veleno, hanno questa malvagità congenita che prende di mira i più deboli e li spolpano come gli avvoltoi.

Prima Scorpius era l'avvoltoio, adesso è la carogna.

Anche i Weasley di quindici anni (Lily, Roxanne e Hugo) non sono molto gentili con lui.

L'unica che si è dimostrata un pochino più amichevole è stata Rose, incitandolo ad avere più coraggio.

Però, onestamente, trovarsi Goyle che ti palpa il culo... che trauma!

 

Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto.

Ringrazio i commenti e i suggerimenti dello scorso capitolo.

Nel prossimo ci troveremo alla cerimonia di smistamento.

Secondo voi cosa succederà? In quale casa andrà a finire la nostra Shaula? Ovviamente camera singola...

aspetto i vostri suggerimenti e vi auguro buona domenica e alla prossima settimana.

In effetti, se riesco, continuerò a postare settimanalmente sino alla fine della storia.

 

Grazie per l'attenzione

alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 8
*** Una strana tenda canadese ***


 

Sono consapevole di stupirvi!

Non ci crederete ma sono tornata come promesso con un nuovo capitolo e molto prima del previsto.

Dobbiamo affrontare Hogwarts e non riuscivo a non immaginarmelo perciò ho messo nero su bianco.

Ringrazio chi ha recensito e chi ha inserito la storia tra le sue preferite, ricordate e seguite in modo da non perdere nessuna parola nuova.

Ringrazio Elenri per il suo banner (inquietante)

 

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buona lettura...

 

---ooOoo---

 

«Ragazzi del primo anno da questa parte! Oh, ciao Albus! Anne! Lucy! Quelli del primo anno da questa parte!». Hagrid richiamava i primini spaventati e salutava i ragazzi che più avevano legato con lui. Agitava la sua manona come una pala e chi era nelle vicinanze rischiava di volare. Letteralmente.

Quasi in punta di piedi mi allineai agli altri che dovevano salire sulle carrozze ed ero quasi arrivato al mio obbiettivo, quando il vocione mi richiamò.

«Girbit! Shaula Girtab! Vieni con noi sulle barche! Girbit!».

Ed ecco che tutti gli occhi erano su di me. Per Merlino! E io che volevo passare inosservato.

«Stanno chiamando te, credo» disse una voce alle mie spalle.

Lily Potter mi aveva raggiunto saltellando. Si fermò accanto a me e mi fissò seria.

«Scusaci per prima, non volevamo offendere» dichiarò.

«Lo so. Siete solo rimasti sorpresi dalla mia avvenenza» risposi trattenendo un sorriso che invece illuminò il viso della piccola Potter.

«Hai ragione! Sei forte! Auguri per l'assegnazione» e se ne andò seguita dai suoi cugini che mi salutarono intimiditi.

Incredibile, non avrei mai pensato di parlare per primi con i rappresentanti della tribù Weasley e derivati.

 

Trottai veloce verso Hagrid che aspettava impaziente accanto a una marea di bambini alti un metro e un pollice. Mi sentivo un fungo alto in mezzo al prato.

«Oh, signorina Girtab, sei arrivata. Bene. Possiamo attraversare il lago. Venite con me».

Ci incamminammo tutti insieme verso le barchette. Gli altri salirono in gruppi da tre o quattro. Io e Hagrid ci accomodammo su una barca 'singola'.

Ricordavo ancora la prima volta che attraversai il lago. Era una notte scura come questa, punteggiata di stelle e senza luna.

Le barche si staccarono dolcemente dalla riva e silenziose seguirono la prima dove il mezzo gigante aspettava di giungere dalla parte opposta. Gli altri erano tutti zitti e attenti a non fare movimenti strani per paura di cadere nelle acque limacciose. Chissà perché, ma a tutti faceva lo stesso effetto.

 

Arrivati al castello salimmo sulla gradinata che portava alla sala grande. Io cercavo di stare defilato ma avevo tutti gli occhi fastidiosamente puntati addosso e un costante brusio di commenti nelle orecchie.

«Signori, siamo pronti per la cerimonia di smistamento. Da questa parte, prego». Il professor Paciock aveva sostituito la McGranitt quando questa era stata nominata preside. Lui era diventato anche il professore responsabile della casa di Grifondoro, nonostante me lo fossi immaginato sempre più adatto a Tassorosso.

Paciock ci fece entrare in ordine alfabetico, così mi trovai nel bel mezzo di una ciurma di nanetti nella quale spiccavo con il mio metro e ottantacinque.

Questa volta la mia 'leggiadra' figura era sotto gli occhi di tutti gli studenti di tutte le case di Hogwarts. Sentivo i brusii di Corvonero e Tassorosso che erano più vicini, ma più in là le risate di scherno di Serpeverde e Grifondoro alzavano il volume di questa cacofonia.

Anche i professori stavano commentando al loro tavolo d'onore. La preside mi guardava con un misto di compassione e sfida.

Paciock provò un paio di volte a chiedere il silenzio, sino a quando, incredibile, perse la pazienza e utilizzò il sonorus urlando un potentissimo «Silenzio!» che fece tremare i vetri e il cielo incantato della sala.

Subito tutti furono zittiti e lui continuò come se nulla fosse accaduto. «Ora vi chiamerò, vi metterò il cappello parlante in testa e scoprirete a quale casa siete destinati» spiegò quasi con tenerezza.

La stessa che aveva usato anche quando ero stato smistato sei anni fa. All'epoca ero agitato ma sicuro che sarei stato smistato a Serpeverde. Percepivo che era una cosa importante e subivo il fascino dell'evento. Ora non più. La ritenevo una semplice formalità.

Solo il mio fisico era cambiato. Io ero lo stesso Malfoy di allora e come tale mi sarei ritrovato nella mia solita casa dai riflessi verdognoli, sotto il lago.

«Andalson Jude». Cominciò un ragazzino dai capelli nerissimi che venne destinato a Corvonero.

Subito il tavolo esplose esultante per il nuovo compagno e lui corse a sedersi accanto agli altri.

«Arthois Bree». La ragazza venne destinata a Tassorosso.

Lentamente i ragazzini venivano assegnati.

Dopo due Serpeverde, tre Tassorosso, due Corvonero e un Grifondoro, sentii il mio nome.

«Girtab Shaula».

 

Tutta la sala ammutolì e seguì i miei passi verso il seggiolino.

Era più alto sei anni fa! Adesso dovevo quasi accucciarmi.

Mi sedetti e mi posò sulla testa il cappellaccio floscio. Questa volta non mi cadeva sugli occhi, sembrava che si fosse ristretto (o che fossi cresciuto io, il che era più probabile).

All'improvviso sentii una voce roca e sottile. Sei anni fa non avevo sentito nulla. 

«Scorpius Malfoy! Che sorpresa... che ci fai con un reggiseno? Ero convinto che non ne avessi bisogno, sei anni fa. Hai fatto qualche operazione di trasformazione?». Le risate sguaiate riverberarono nella mia testa.

«Ti pare che mi faccio fare una operazione per diventare una donna? Per lo meno sarei diventato una bella donna, non un rospo!» borbottai contrariato.

«In effetti... no... ti sei fatto affatturare» concesse.

«Bravo».

«Gran brutta maledizione devo dire. Così ti devo riassegnare?».

Capii che era il cappello a parlare nella mia testa. Mi guardai intorno, gli altri mi fissavano ma non avevano capito chi ero. Forse lo sentivo solo io ridacchiare divertito in questo modo.

“Mandami a Serpeverde e facciamola finita” pensai.

«Mandami a Serpeverde... certo, potresti starci bene... ma in te vedo anche intelligenza e... oh! Coraggio» ribatté sorpreso.

“Coraggio? E dove? Sei sicuro di non aver bisogno degli occhiali, oltre che di una falda nuova?”.

«Coraggio, lealtà e senso di giustizia... sei sicuro di essere un Malfoy?».

“Comincio a dubitarne anche io. Io sono codardo, approfittatore e subdolo”.

«Allora qui abbiamo un problema di autocomprensione, perché se questo era vero sei anni fa ora queste caratteristiche sono davvero diminuite e ne sono cresciute altre».

“Ti prego, non pensare neanche di mandarmi da altre parti! Ti farò lavare nella migliore lavanderia del mondo magico. Ti farò rattoppare da madame McClan. Ti farò mettere sulla falda le piume più belle del gallo cedrone più grasso dell'intero mondo. Ci aggiungo anche tre penne di Pavone delle pianure del piano astrale”.

Il cappello rise. «Stai cercando di corrompermi, Malfoy? Beh, non mi interessa molto quello che puoi offrire. Ora devo mandarti nella casa che più può aiutarti a vincere la maledizione... Tassorosso sarebbero solidali ma non sono abbastanza afferrati in queste conoscenze. Corvonero è sicuramente meglio e anche Serpeverde potrebbe aiutarti ma tu hai dimostrato davvero coraggio a presentarti qui oggi e perciò ho deciso» annunciò, per poi urlare «Grifondoro!».

 

Tutti nella sala erano gelati.

Non si udiva nessuno che esultava e per qualche secondo immaginai che il cappello dovesse ancora decidere. Poi iniziarono alcune risate dal tavolo dei Serpeverde, seguiti poi dai Corvonero e dai Tassorosso. Gli unici che ancora non fiatavano erano i Grifondoro. Poi Lily Potter si alzò ed iniziò ad applaudire, seguita subito da Rose e Roxanne Weasley. A poco a poco tutta la tribù Weasley che era approdata a Grifondoro si unì alle ragazze e via via tutti gli altri, sino a quando l'esultanza del tavolo superò gli scherni degli altri tre.

Nonostante lo stupore mi sentii rinfrancato da questa accoglienza e, con una occhiata grata il professor Paciock, che mi sorrideva stringendomi la mano e sussurrando un «Benvenuta nella mia casa», mi spinse verso i miei nuovi compagni.

Al tavolo delle maestranze, la direttrice McGranitt boccheggiava sconvolta. Anche lei era estremamente sorpresa nello scoprire dove ero finito. E ora?

Avrei sofferto di vertigini a dover salire nella torre del dormitorio al posto di scendere nelle umide segrete? E poi il mio guardaroba? Le mie sciarpe? Le cuffie e i guanti? Avrei dovuto cambiare i colori di tutti i gagliardetti che avevo appesi in camera. Ero sconvolto.

La cerimonia continuò mentre io mi accomodavo accanto ai miei nuovi compagni.

 

«Ciao, io sono Rose Weasley. Tu sei all'ultimo anno come noi, giusto?» si presentò subito la rossa secchiona. La guardai attentamente. Era la prima volta che la vedevo così da vicino.

Aveva delle deliziose leggere lentiggini sul naso e sotto gli occhi. I capelli erano lunghi sino in vita e trattenuti da un cerchietto che scopriva la fronte alta e gli occhi dell'azzurro più intenso che avessi mai visto. Il suo fisico era celato dalla divisa ma ricordavo perfettamente come le stava la maglietta e i jeans quando l'avevo incontrata al Ghirigoro. Lei aprì le labbra rosa a un sorriso allegro e mi tese la mano che strinsi senza esitare.

Come avevo potuto non notarla in tutti quegli anni? Eppure con quei capelli rossi doveva sembrare un faro e attirare tutti gli sguardi. 

«Sono Shaula Girtab e vengo dalla Turchia. Lì andiamo a scuola negli Emirati Arabi ma volevo avere una istruzione più internazionale e mi sono trasferita dai miei cugini» risposi tenendo a mente la storia che avevamo concordato.

«Io sono Albus Potter. Chi sono i tuoi cugini? Forse li conosciamo» intervenne il cugino, figlio del salvatore del mondo magico. Somigliava anche molto a suo padre, con gli stessi capelli e gli stessi occhi. L'unica cosa che lo distingueva era l'assenza di occhiali e cicatrice.

«I Malfoy. Mia nonna era una sorella di Lucius Malfoy e ha sposato un mago principe dell'Anatolia».

Come previsto si irrigidirono tutti, stupiti. Rose fu la prima a riprendersi.

«E' evidente che hai poco da spartire con loro, altrimenti non saresti stato smistato in Grifondoro. Benvenuta».

«Ciao, Shaula!» urlò Lily sbracciandosi qualche posto più in là. Roxanne la imitò subito rovesciando il bicchiere al suo vicino di panca ed iniziando a litigare su chi fosse la colpa. Sorrisi divertito.

«Allora, loro sono Daisy Smith, Anne Darthwood e Meredith Walsh e sono le nostre compagne di dormitorio» mi presentò Rose alle ragazze vicine.

Subito notai il sorriso dolce e comprensivo di Daisy, una ragazza bruna non particolarmente bella. Probabilmente si sentiva solidale con il sottoscritto. Adesso avrebbe avuto una compagna che era più brutta di lei.

Le altre due fecero un cenno e si alzarono incamminandosi verso l’inizio del tavolo dove si stavano sedendo i nuovi arrivati. In effetti erano due ragazze molto carine e mi sembrava di ricordare che Meredith fosse anche parecchio dotata. Almeno due anni prima. Come mi era corsa dietro all’epoca!

Adesso non riusciva neanche a guardarmi. I tempi cambiano.

 

«Scusale. Saranno anche delle coraggiose Grifondoro, ma sono vanesie in modo imbarazzante» sottolineò Daisy e Rose sospirò pesantemente borbottando un “Insopportabile vorrai dire”

«Shaula, come te la cavi a Quiddich?» chiese Albus.

La parolina magica fece voltare dalla nostra parte gli altri ragazzi.

«Albus, ti prego! Prima presenta come si deve, te e i tuoi compagni» lo redarguì Rose.

«Agli ordini, comandante!» fece il saluto militare e poi iniziò a indicare uno per uno i suoi tre compagni di dormitorio. «Dean Thomas Junior, Edward Baston e Nicholas Jones. Io Albus Potter». A turno salutarono impacciati ed io risposi con un gesto secco. Ma quanto erano formali questi Grifondoro.

«Allora? Quiddich?».

Sorrisi modesto. «Me la cavo come cacciatore. Ho provato a fare il cercatore ma non mi veniva naturale». Era vero. Mio padre ci avrebbe tenuto a farmi giocare come cercatore e mi aveva anche fatto allenare appositamente da un grande campione. Finché il suddetto campione non aveva scoperto che ero insuperabile come cacciatore. La presa sicura della pluffa e la mira con la quale segnavo erano diventati leggenda a Hogwarts. Non c’era un portiere capace di fermarmi. Un paio di partite eravamo riusciti a vincere nonostante il boccino catturato dalle mani avversarie.

«Allora dovresti presentarti ai provini. Quest'anno abbiamo bisogno di un cercatore e di un portiere perché James e Fred hanno conseguito i MAGO l'anno passato. A me piacerebbe prendere il posto di James e quindi ci sarebbe un posto da cacciatore libero. Puoi sempre vedere se ci riesci» propose Albus. Sorrisi grato ma mi affrettai a richiudere la bocca quando vidi alcuni rabbrividire. Ero davvero un caso disperato se solo guardarmi in faccia facevo questo effetto.

 

Ormai l'assegnazione alle case era finita. Grifondoro aveva guadagnato una dozzina di nuove entrate, così come Serpeverde. Otto nuovi alunni erano confluiti a Corvonero e quindici a Tassorosso.

Il cappello parlante aveva fatto il suo discorso sull'unità delle case per aumentare la conoscenza e il prestigio di una cosa sola, cioè Hogwarts. La conoscenza doveva servire per contrastare i pericoli che nel mondo magico erano sempre in agguato per minare la pace faticosamente raggiunta.

La preside McGranitt aveva preso la parola per raccomandarsi sulle regole. Non si doveva andare nella foresta proibita. Ovvio, se era proibita era vietata e lei lo ripeteva tutti gli anni. Erano vietati tutti gli scherzi dei Tiri Vispi Weasley (e questo era stato detto guardando fisso Roxanne) e, per ultimo, non si poteva uscire dai dormitori dopo le undici di sera. I prefetti e i caposcuola erano responsabili del coprifuoco.

Infine era arrivata la cena, opulenta e sostanziosa come al solito. Gli elfi domestici delle cucine facevano davvero magie con le pentole.

 

Alla fine della cena, tutti gli studenti furono invitati a ritirarsi nel loro dormitorio per la notte. L'indomani sarebbero iniziate le lezioni e dopo il viaggio in treno eravamo tutti stremati.

Mi incamminai dietro agli altri della mia casa.

I più grandi erano i primi della fila poi arrivavano i primini accompagnati dai prefetti, Albus e Meredith.

Mi voltai e vidi Lily a pochi passi da me.

«Sei anche tu un prefetto?» chiesi cercando di tenere la voce bassa.

Lei rise allegra. «Neanche per idea! Con tutti i guai che ho combinato, non avrebbero mai potuto nominarmi prefetto. Nel mio anno sono Thomas e Alice. Lui è di una noia mortale! Non respira se non è secondo le regole. Fortuna che c'è Alice. Lei è forte, anche se è la figlia di Paciock e non può scatenarsi come faccio io. Ti svelo un segreto, ma mi raccomando...».

«Giuro che non aprirò bocca» risposi sottovoce divertito da questo fiume in piena.

«Ci fa da palo. Così evitiamo i controlli dei prefetti e di Rose» terminò con tono cospiratore.

«Cosa centra Rose?».

Si avvicinò ancora di più «E' Caposcuola. Non vorrà che io e gli altri ci lanciamo alla demolizione della scuola, come dice zia Hermione. Io sono dell'opinione che se non c'è riuscito Voldemort a distruggere Hogwarts, senza dubbio non ci riusciremo noi».

Cominciavo quasi a pentirmi di essermi accostato alla piccola Potter. Era lievemente logorroica e mi riempiva di nozioni in tre secondi. Però era simpatica e intuii che saremmo diventati buoni amici, anche una volta tornato normale.

Perché io ero sicuro di tornare normale. Non potevo pensare che la mia vita finisse a diciotto anni.

Guardai Lily immaginandomi assieme a lei come compagna. No. Non ci riuscivo. Non sentivo niente se non simpatia. C'era ancora tempo.

 

La sala comune dei Grifondoro era un tripudio di rosso, oro, marrone e colori caldi. Il fuoco scoppiettava nel grande camino e scaldava tutto l'ambiente. Tavoli e sedie, poltrone e divani erano sparsi in tutta la stanza in una ordinata cacofonia di angoli relax. Totalmente diverso dalla sala dei Serpeverde, molto più seria, inquadrata e 'nobile'.

Ero piuttosto perplesso. Avevo sempre pensato di amare la stanza comune dei Serpeverde, e invece, adesso, non mi dispiaceva neanche qui. Stavo cambiando come il mio sesso? Brividi di repulsione! “Io sono e resterò sempre un Serpeverde!” Il cappellaccio sfrondato aveva preso una gran cantonata!

«Forza, ragazzi, andiamo a dormire che domani iniziano le lezioni» gridò Rose avvicinandosi alla scala per il dormitorio.

Non sapendo dove fosse la mia stanza privata, la seguii, sperando che le scale incantate non si accorgessero delle mie peculiarità e non mi facessero scivolare verso il basso. Anche a Serpeverde le cose funzionavano nello stesso modo... solo che noi eravamo più furbi... Presi in mano la bacchetta, pronto a fare un incantesimo di blocco o di levitazione.

«Vieni, Shaula. I nostri bauli sono già in camera» annunciò entrando nella stanza circolare. «La disposizione è rimasta quella dell'anno scorso, quindi il tuo letto è quello vicino alla porta del bagno» disse lei, indicandomi il letto a baldacchino con le tende rosso scuro.

Sbiancai. Dov'era la mia camera privata? La McGranitt mi aveva assicurato la privacy, e adesso come avrei fatto?

 

Dopo aver chiuso la porta, Rose cominciò a togliersi la divisa della scuola. «Sono davvero stanca. Il viaggio sul treno è sempre massacrante. Non vedo l’ora di dormire». La maglia seguì la divisa sulla sedia e le sue mani andarono alla cintura della gonna a pieghe.

Io cominciavo a sentire caldo. Rose si stava spogliando davanti a me. Oddio, la sua canotta era talmente tesa sulle rotondità superiori. Mi prudevano le mani.

«Cos’hai, Shaula? Sei tutta rossa» chiese mentre la gonna scivolava lungo le gambe, lasciando scoperta la metà inferiore del suo corpo peccaminoso. Per Merlino!

Cos’avevo? Un aneurisma che si stava formando a velocità della luce. Un infarto al cuore che pompava impazzito. Il mio amichetto là sotto che si stava alzando… cazzo! Appunto!

«Shaula, stai male?» chiese più preoccupata, avvicinandosi.

No! No! No! Così svestita non doveva venirmi vicino o non avrei risposto più di me!

Raccolsi in fretta il pigiama e corsi in bagno bofonchiando qualche cosa che neanche io riuscivo a capire.

A porta chiusa appoggiai le mani al bordo del lavandino e mi guardai in viso. Avevo il fiato corto come se avessi corso per chilometri. Accidenti!

Aprii l’acqua e mi lavai la faccia, togliendo tutto il trucco. Non mi sarebbe tornata la faccia normale, ma almeno avrei tolto tutto l’intonaco che oramai tirava la pelle.

Il mio amichetto del sud era ancora sull’attenti, felicissimo della visione di prima.

Cielo! Rose era tenera e arrapante. Sembrava non si fosse accorta di quanto era sexy mentre faceva quell’inconsapevole spogliarello. Bellissima!

Però dovevo metterlo a riposo, non potevo uscire di lì con il pisello gonfio e non avevo niente per coprirlo efficacemente.

 

L’unica soluzione era il fai da te, per svuotarlo in modo naturale e… soddisfacente.

Porca Morgana! Erano anni che non mi facevo una sega.

Iniziai a smanettare davanti alla vasca, in modo da non sporcare in giro. Appoggiai la mano al muro e chiusi gli occhi, immaginando che fosse la mano di Rose a toccarmi in quel modo.

La fantasia è una cosa potente. La sentivo vicina a me, con la voce soffocata che mi chiamava.

«Shaula, Shaula, stai bene?» diceva.

«Benissimo, continua» risposi roco. La mano correva più veloce e sentivo l’orgasmo montare.

«Shaula, mi stai preoccupando. Vieni fuori» ordinò e io… ubbidii eiaculando mentre dicevo con un sospiro «Vengo!».

Ci vollero alcuni istanti perché riuscissi di nuovo a connettere. Cazzo che sega!

«Allora? Devo entrare?». Ora Rose sembrava ugualmente seccata e preoccupata.

«No!» urlai, mentre mi affrettavo a risciacquare la vasca e a fare pipì, prima di tirarmi su i pantaloni del pigiama sul mio amichetto a riposo (finalmente).

Quando aprii la porta mi trovai davanti tutte e quattro le ragazze che mi squadravano preoccupate.

«Stai bene?» chiese ancora Rose prendendomi il braccio per andare ad accomodarmi sul letto che mi era stato destinato.

«Sì… si, avevo solo un pochino di nausea, ma ora è passato».

Mamma mia che situazione!

«Hai vomitato nel water, vero? Meglio che lo disinfettiamo prima di sederci» disse Daisy sbrigativa mentre entrava in bagno e si occupava di mettere in ordine.

«Non ho vomitato» mormorai io.

«C’è la tavoletta alzata e si sentivano versi strani» rispose Anne che si guardava alla specchio sistemandosi per la notte, dentro una cosina praticamente trasparente dove potevo distinguere i capezzoli e il micro tanga che portava sotto.

«Era per… per precauzione. A... avevo conati...» rantolai flebile mentre tentavo di cercare un po’ di saliva da inghiottire, nella mia bocca più arida del sahara.

Cazzo! Non ce la potevo fare! E se l’avessi presa di notte? Magari potevo dire che ero sonnambulo.

 

Nonostante Anne e Meredith (che era vestita o meglio, spogliata, nello stesso modo) facessero lavorare a mille il mio cervello e le mie sinapsi, il mio amichetto non reagiva. Stranamente era rimasto soddisfatto dell’auto lavoretto di mano che mi ero procurato prima. Meglio per me, almeno non dovevo nascondere qualche cosa di strano.

Rose mi scrutava ancora. «Sei sicura di stare bene ora?».

Annuii con vigore, per non rischiare di parlare e scoprire di avere una voce roca ed eccitata.

«Bene, allora noi finiamo di prepararci e poi a letto!».

«Sai, Shaula, credevo che tu ti mettessi uno di quei vestitini tutto veli orientali per dormire» ridacchiò Meredith, subito seguita da Anne.

«No, a me non stanno bene» risposi alzando le spalle. Non mi interessava se mi prendevano in giro ora, avevo un bellissimo panorama con cui distrarmi.

«Hai ragione» confermò Anne.

«Anne!» la richiamò Rose scandalizzata.

«L’ha detto lei, Weasley. Adesso non fare la fanatica corretta. Andiamo a dormire, su» e con questo Meredith chiuse l’argomento e, una volta che tutte le ragazze ebbero raggiunto i propri letti, spense la luce con un colpo di bacchetta e tutto il dormitorio piombò nel sonno.

 

Nonostante fossi nervoso per quello che era appena successo, non tardai ad abbandonarmi alla pace delle braccia di Morfeo. Avevo bisogno di riposarmi per affrontare quello che mi aspettava e non potevo certo permettermi di pensare alle donne di cui ero circondato.

Convintissimo presi un lungo respiro e mi rilassai.

In effetti non sognai le donne, solo una. Rose.

Una Rose disinibita, con la camiciola trasparente di Anne e niente sotto.

Distinguevo la linea del seno, rotondo e pieno. L'ombra più scura dei capezzoli proporzionati e perfetti, eretti per me. Più sotto intuivo l'ombra scura dei riccioli all'apice delle gambe che coprivano il punto più segreto, lo scrigno dei desideri che ogni uomo di sani appetiti era desideroso di aprire ed impossessarsi.

Me la immaginavo contro di me, morbidissima come un insieme di piume, che strusciava delicata sul mio viso e sul mio torace. Gemevo al sentire le sue carezze di lino e seta e pregavo che mi prendesse anche più in basso dove il mio amichetto si era svegliato ansioso di un secondo round. Abbassai la mano verso di lui, ansimando. Ero partito per libidinolandia onirica. Era una vita che non avevo un sogno così realistico con una ragazza che non mi ero ancora fatta.

 

«Shaula, che hai?» chiese una voce sonnacchiosa. Spalancai gli occhi sobbalzando e capii che le carezze che sentivo erano gli strusciamenti del cuscino che stavo sprimacciando.

«Sta facendo le cosacce, non senti?». Questa era Meredith. La sua voce altera ed antipatica l'avrei riconosciuta ovunque.

«Con cosa? Lumos» ordinò Anne.

Ansimai ancora. Questa volta per lo spavento.

Non potevano dormire più profondamente? Sbirciai la finestra e vidi che stava lentamente ingrigendo. Era quasi l'alba.

«Ehi! Cos'hai lì?» chiese Anne indicando... la specie di tenda canadese che avevo all'altezza dell'inguine.

Mio Dio! Avevo l'alzabandiera! E adesso?

“Giù! A cuccia! Ti amo più di me stesso, ma se non ti distendi, ti taglio!” mi concentrai telepaticamente sul mio fallo, ma lui non voleva proprio capire. Testa di cazzo!

«Hai un vibratore? Io non l'ho mai usato, ma credo che a volte funzioni meglio di alcuni maghi che conosco... me lo presti dopo? Non ti preoccupare, lo disinfetto prima e dopo» promise Anne.

Daisy e Rose erano sedute nel loro letto e boccheggiavano come pesci, (rossi per l'esattezza) sentendo tutte quelle battute dalle altre due.

«Fallo vedere anche a me. Sono curiosa di sapere se quello arabo è diverso da un vibratore inglese» rincarò Meredith.  «Magari è più lungo, ho sentito dire che gli orientali sono da guinness dei primati!».

Ormai non sapevo più dove guardare, ma sicuramente non avrei mai ammesso di avere un vibratore tra le gambe. Io avevo un membro... anzi, Il Membro! Il trapanatore per eccellenza e senza batterie!

«E' solo una coperta attorcigliata sulla mia pancia!» strillai cercando di sembrare offesa e mettendo una mano per appiattire il mio recalcitrante amico.

Mi misi a pensare intensamente a qualcuno che mi calmasse. Sicuramente Rose non era la più indicata, quindi mi scusai mentalmente e pensai a Daisy. Non era il mio sogno erotico e il mio pene fu d'accordo con me e si accucciò deluso.

 

Erano deluse anche le due porcelline che cercavano emozioni forti. «Uffa! Peccato!».

«Ehm... visto che siamo sveglie, tanto vale prepararsi per la giornata» disse Rose alzandosi per andare in bagno.

Sul comodino era comparso l'orario completo delle lezioni.

Vidi che ero segnato negli stessi corsi che avevo scelto l'anno precedente. Volevo diventare avvocato ed esercitare nel Wizengamot e con gli anni, diventare un potente mago e quindi il presidente del tribunale supremo.

La prima ora era con Madame Ballioi, professoressa di babbanologia. Non era la mia materia preferita, ma occorreva avere conoscenza delle leggi del mondo babbano per poter integrare le nostre. Nonostante tutto me la cavavo abbastanza bene.

Appena libero corsi in bagno e decisi di mettermi il parapalle. Almeno avrei impedito imbarazzanti erezioni durante la giornata. Sperando per il meglio.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ed eccoci alla fine del capitolo.

In grassetto il nome della professoressa di babbanologia. È il ringraziamento per Balli01, con una piccola variazione (licenza poetica), per aver recensito il precedente capitolo e spero anche questo e il prossimo. (come ho già detto chi recensisce si troverà nominato nel tessuto della storia, a perenne memoria di ringraziamento per il contributo dato).

 

In questo capitolo sparo diverse cartucce di episodi divertenti.

Primo lo smistamento. Nonostante il tentativo di corruzione (grazie Elenri per il suggerimento) il cappello parlante destina Scorpius a Grifondoro.

Qui troviamo una Lily più amichevole e conosciamo i compagni di corso del settimo anno.

La camera singola? Non c'è. Scorpius si trova nel dormitorio con le altre quattro ragazze e Rose che, tranquilla, si spoglia davanti a quella che ritiene una ragazza, quindi senza la vergogna che avrebbe provato davanti a un ragazzo.

E Scorpius? Si eccita e va a chiudersi in bagno per il fai da te. In più dimentica la tavoletta alzata, tipica dei maschietti. Fortuna che nessuna l'ha capito.

Per non farci mancare nulla, un sogno a luci rosse e un imbarazzante alzabandiera che fa sembrare la coperta un tepee indiano mi fa squartare dalle risate. E le due porcelline che credono sia un vibratore?

 

Non ho resistito e una parola dopo l'altra il capitolo si è scritto in pochissimo tempo.

Spero non vi dispiaccia se posto prima , ma tenete sempre presente che non sarò sempre così celere. L'appuntamento resta comunque una volta la settimana, se posto prima meglio per voi.

Per ora spero mi lascerete le vostre opinioni e i vostri suggerimenti su cosa può capitare a Scorpius/Shaula la prima giornata di scuola.

 

Grazie per l'attenzione

alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 9
*** Una conclusione sbagliata! ***


 

Buongiorno a tutti!

Eccomi di nuovo su queste pagine con una nuova puntata della punizione di Scorpius. Che poi, forse, tanta punizione non è. Comunque vedremo come si comporterà questa mattina.

Colazione, lezioni e...

Ringrazio chi ha inserito la storia nelle loro raccolte speciali e chi ha recensito.

Particolare ringraziamento a Elenri per i due banner che alterno all'inizio capitolo (anche questi ispirano) e ora...

 

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Buona lettura!

---ooOoo---

 

Meno male che era l'alba quando mi sono chiuso nel bagno, perché ci misi un'ora buona per rendermi quanto meno presentabile. Per quanto mi riguardava un risultato notevole era il fatto di non essermi accecato con matite o bacchetta. Facevo progressi! Avrei potuto avere un futuro come truccatore. Infilai quattro paia di calze prima di riuscire a farle salire senza smagliarle. Anche utilizzando la magia, riuscivo a fare dei buchi come se ci fosse passata non solo un dito ma una intera mano. Se continuavo in questo modo, avrei mandato mio padre sul lastrico.

Una volta preparata e adeguatamente coperta, uscii con le mie vittime in mano.

«Cosa hai combinato?» chiese Rose sorridendo.

«Ho ucciso quattro paia di calze. Sono un disastro» borbottai contrito. Come per i reggiseni, mi era più facile togliere che mettere.

«Lascia fare a me, mia nonna mi ha insegnato a riparare in modo che sembrino nuove. Così non le devi sempre comperare» replicò. Poi le prese e le dispose ordinate sul letto appena rifatto.

«Ma come ci sei riuscita?» domandò scoppiando a ridere.

«Sono loro che ce l'hanno con me! Io ho solo cercato di infilarle con la bacchetta ma anche così non riuscivo a non romperle».

«Devi essere più delicata. Dai, adesso ripariamo. Eugyando» enunciò chiara, facendo roteare la bacchetta con un elegante semicerchio. Subito i fili cominciarono a muoversi e a tendersi, a incrociarsi e ad annodarsi sino a ripristinare perfettamente il tessuto di seta e nylon.

«Eugyando. Me lo devo ricordare».

 

«Secondo me, Shaula, potresti anche evitare di restare in bagno tutto questo tempo» intervenne Anne in quel momento. «Tanto non migliori di molto. Anzi, sembri più una drag queen». Un travestito! Come aveva fatto a scoprirlo? Sentii sudare i palmi delle mani, poi, guardandola meglio mi tranquillizzai. Non intendeva quello ma solo il fatto che ero pesantemente truccato.

«Anne! Smettila di essere tanto antipatica!» replicò secca Daisy.

«Certo, tu la difendi perché ti senti solidale con lei. In fin dei conti non sei molto meglio».

Quelle due avevano mangiato pane e veleno dal lunedì al venerdì e veleno e pane il weekend per tutti i giorni della loro vita. Erano così maligne che mi venne spontaneo chiedere.

«Ma siete sicure di essere dei Grifondoro? Mi sembrate più adatte a Serpeverde».

«Non direi. Siamo entrambe nate babbane e Salazar non avrebbe sopportato un tale sangue sporco. Poi qui ci troviamo bene» ribatté tranquilla Meredith.

«Lascia stare. Andiamo a fare colazione» esortò Daisy uscendo dalla camera.

Raccolsi i libri che mi servivano per le prime ore della mattinata ed uscii seguendo la mia nuova compagna. L'aria nel dormitorio stava diventando pesante.

 

Quando giungemmo in sala grande i tavoli erano pieni solo a metà. Era ancora molto presto e parecchi studenti si stavano appena alzando. Le frittelle facevano bella mostra di sé, così come i muffin e i succhi.

Io, Daisy e Rose sedemmo vicino ed iniziammo a parlare delle lezioni da seguire.

«L'unica pecca è in pozioni» disse Rose. «So che è una materia dove la precisione è fondamentale, ma sono convinta che ci voglia anche dell'estro e dell'intuito. Se tutti fossero precisi, non si inventerebbero delle pozioni nuove, giusto?».

«Infatti» risposi alla domanda retorica.

«Io voglio diventare una storica. Mi piace scavare nel passato, per migliorare il futuro. E poi è affascinante andare per il mondo a scavare e scoprire nuovi manufatti» confidò Daisy.

«Archeologa» commentò Rose. «Io invece, voglio diventare Guaritore. Mi piace l'idea di aiutare a guarire i malati. Aiuto sempre miss Warner in infermeria, così faccio un pochino di pratica».

«Sarai sicuramente un medico eccezionale» la incoraggiai. Avrei volentieri giocato al dottore con lei e sarei stato felice di candidarmi come paziente.

«E tu, Shaula? Cosa farai dopo i MAGO?» incalzò Daisy.

«Ho intenzione di studiare legge per entrare al Wizengamot». Era la prima volta che lo dicevo a voce alta. Neanche mio padre aveva idea dei miei desideri e sogni.

«Un giudicatore quindi».

«Più un avvocato simile a quelli babbani» chiarii.

 

In quel momento sentii il bubolare di Apollo, il mio gufo grigio. Alzai lo sguardo verso l’animale che stava planando dolcemente verso il mio posto, aggirando abilmente le tazze, i piatti e i bicchieri pieni di cibo e bevande. Tra zampe teneva un pacco lungo e abbastanza voluminoso.

«Ma quello non è il gufo di Malfoy?». La voce proveniva dal tavolo dei Serpeverde. In effetti conoscevano molto bene Apollo, visto che lo prestavo spesso ai miei amici.

«Chissà che fine ha fatto?» borbottò Rose sovrapensiero. Apollo si appollaiò di fronte a me e mi tese la zampetta per liberarlo del pacco. Nove a uno che era di mia madre. Non riusciva a lasciarmi in pace neanche un giorno?

«Ce ne siamo liberati, questo è l’importante» sghignazzò Daisy alla mia destra. Sbuffai. D’accordo che non si poteva piacere a tutti ma sembrava che neanche Scorpius fosse ben accetto.

Lessi il mittente. Mia madre. Ovvio.

Cara, hai dimenticato alcuni oggetti di cancelleria carinissimi che ti ho spedito. Le ragazze devono essere alla moda! Abbiamo saputo che sei stata assegnata a Grifondoro ma non siamo delusi. Siamo sempre orgogliosi di te!  Baci. Astoria M.’

«Dai, facci vedere cos’è?». Rose sorrideva e quasi saltellava sulla panca. Sembrava una bambina davanti ai regali di Natale.

«Curiosa?».

«Da morire».

Scartai il pacco e le due ragazze iniziarono a ridere. Sparsi sul tavolo c’erano piume fucsia, verde acido, con i brillantini e le lucette intermittenti e boccette di bianchetto a forma di orsetto. C’erano dei guanti colorati di rosso e oro e due sciarpe tessute con lana che brillava. Cosa credeva mia madre? Che mi sarei messo quella roba per sembrare una lampadina?

«Notevole» mormorò Rose.

«E’ pazza» ribattei io mentre infilavo tutto nel borsone dei libri. «Meglio che parliamo d’altro» e cercai di dirottare gli argomenti di conversazione su altri lidi, mentre Apollo, dopo aver sbocconcellato un muffin al cioccolato, ritornava a Malfoy Manor.

 

Le chiacchiere avevano fatto tardare ed ora i tavoli erano completamente pieni di studenti che mangiavano e bevevano.

«Ciao, Rose. Shaula. Daisy». Era arrivata anche Lily seguita subito da Roxanne e Hugo che avevano salutato con gran agitare di braccia. Accanto a noi si accasciarono sulla panca, Albus, Nicholas e Thomas. Edward si era diretto verso una biondina seduta al tavolo dei Corvonero.

«Edward sta con Agatha Green del sesto anno» spiegò Albus senza che avessi materialmente il tempo di chiedere.

«Okay» mormorai facendo spallucce. Che dovevo dire? Mica mi interessava. Io non ero omosessuale, i maschi non mi interessavano. Per niente.

«Oggi non ho proprio voglia di fare babbanologia. Tra tutte le materie, proprio questa dovevano fare per prima? Se sento ancora descrivere come funziona il rito del pranzo in famiglia la domenica, giuro che mi metto a urlare» dichiarò Thomas. «Io vedo già i miei nonni che fanno questo rito. Cosa devo sapere ancora?».

Era divertente sentire i commenti sulle lezioni e i professori. Niente di diverso rispetto a quello che accadeva a Serpeverde. Direi che era consolante.

 

Qualche posto più in là, si sedettero Meredith e Anne per la loro colazione. Era passato parecchio da quando erano usciti dal dormitorio. Chissà come avevano passato questo tempo?

Lily e Roxanne si alzarono per andare a lezione e ci passarono accanto, lasciando un bicchiere di succo di zucca mezzo pieno sul tavolo. «Ci vediamo a pranzo» salutarono allegramente.

Continuammo a chiacchierare ancora per qualche minuto, prima di deciderci ad andare a lezione.

In quel momento sentimmo una lieve esplosione provenire poco distante da noi e quando ci voltammo... vidi Anne e Meredith coperte da una ondata anomala di succo di zucca che gli impiastricciava capelli, viso e vestiti.

«Potter! Questa ce la paghi!» urlò Anne precipitandosi verso la porta della sala dove Hugo stava osservando la scena, ridendo a crepapelle.

«Dove sono le tue cuginette?» chiese gridando una Meredith decisamente arrabbiata.

«Non so, è da parecchio che hanno finito la colazione. Saranno già in classe» e senza aggiungere altro si voltò per andare alla sua prima lezione della giornata.

«Caccabomba a innesco ritardato» sussurrò al mio orecchio Rose, chiarendomi il perché dell'intervallo di tempo. In questo modo sarebbe stato più complicato riuscire a dare la colpa alle due cuginette pestifere.

Osservai le due compagne uscire infuriate e sorrisi. Adesso sì che mi sentivo meglio!

Stavo per uscire dalla sala grande, in gruppo con Rose, Daisy, Thomas, Edward e Agatha per andare a babbanologia, quando ci scontrammo con il mio vecchio gruppo di Serpeverde.

 

Sperai sino all’ultimo di poterli evitare ma ci fermarono proprio sulla porta.

«Guarda, guarda. I coraggiosi Grifondoro! Adesso sono sicuro che ne avete di fegato a portarvi dietro quella lì» fece Delphina.

Nigel ridacchiò e mi fece l’occhiolino. «Scommetto che non ha mai provato un vero mago. Che ne dici? Posso sempre metterti un sacchetto in testa…».

«Prima però dovete fare qualche cosa per Goyle» risposi io con la mia vocina acuta. Non sia mai che mi facevo ancora mettere i piedi in testa. Li conoscevo troppo bene per consentirgli di vessarmi troppo.

«Cosa c’è tesoro? Vuoi provarci tu?» chiese Blaike staccandosi un attimo da Lucinda.

«Credo che per avvicinarsi a qualcuno di voi occorra mettere una tuta anticontaminante. Non si sa mai. Adesso andiamo altrimenti facciamo tardi» intervenne Rose, regalando una spallata a Speers e superando l’ostacolo.

Dietro di lei ci incolonnammo tutti e io chiudevo la fila.

«Ciao, bella topolona!» soffiò nel mio orecchio il sopracitato energumeno con meno cervello di tutta Hogwarts. La mano scivolò veloce sul mio enorme fondoschiena e provò a dare un pizzicotto.

Per fortuna che le mie chiappe erano troppo piene per poter essere pizzicate, così potei correre via senza dover reagire.

Maledizione! Con tutte le persone che c’erano in quella scuola, proprio a Goyle dovevo interessare?

 

«Non devi pensarci. Sono solo dei cretini» mi consolò Daisy. Rose non disse nulla se non rivolgermi un sorriso incoraggiante che mi fece più bene di qualsiasi parola.

La mattina passò senza che me ne accorgessi. Dopo babbanologia, che seguivamo con i Tassorosso (che si erano contenuti dal prendermi in giro, limitandosi a qualche risolino e battute sottovoce), passammo a due soporifere ore con storia della magia. Il professor Ruf aveva un tono da encefalogramma di un morto: ossia piatto. D’altronde lui era un fantasma e non si poteva pretendere che avesse delle botte di vita.

Per questa lezione ci raggiunsero anche Albus e Nicholas e prima di entrare scegliemmo chi tra di noi doveva stare attento e prendere appunti da distribuire al resto della casa. Era davvero un buon modo per non costringerci tutti ad ascoltare quella nenia farcita di date e fatti persi nelle pieghe del tempo. L’unico momento di interesse generale era quando la lezione verteva sulla prima e la seconda guerra magica, con le avventure dei Potter e Weasley, dove io mi sentivo umiliato per il ruolo da mangiamorte di mio nonno e Rose e Albus arrossivano e cercavano di nascondersi dietro un libro. In quei momenti tutta la classe ascoltava incantata. Per il resto era apatia assoluta.

«No!» sbottò Edward, scegliendo la pagliuzza più corta. Questa volta toccava a lui stare attento, invece di sonnecchiare e pensare alla sua Agatha.

«Coraggio, Ed. Ti aiuterò io a prendere appunti» si offrì Rose, spingendolo al primo banco dell’aula e mettendosi al suo fianco.

«Crocerossina samaritana» borbottò Albus accomodandosi più indietro e posizionandosi comodo per la solita pennichella.

Quella lezione era insieme ai Corvonero, ma, nonostante la loro intelligenza e voglia di imparare, anche loro erano più propensi a farsi un sonnellino piuttosto che stare svegli ad ascoltare.

 

Durante la lezione, Albus mi passò un biglietto con uno schema di Quiddich chiedendo cosa ne pensavo. Molto meglio studiare questo che storia. Iniziai a guardare le linee dritte e curve che coprivano il foglietto, con uno schema di attacco che non avrebbe capito neanche il grande Victor Krum dei tempi migliori, senza un dizionario. Eppure io lo capivo e mi stupii per questo.

Ripassai il biglietto con l’annotazione ‘Come pensi di coprire l’anello destro senza il battitore in posizione centrale? Il cacciatore rimarrebbe sbilanciato e il cercatore senza supporto’.

Appena ebbe letto, Albus mi fissò con occhi sbarrati, prima di aprirsi a un enorme sorriso come se avesse scoperto un tesoro inestimabile e volesse gioirne con il mondo intero.

Il resto della lezione lo passai scrivendo correzioni sugli schemi che il Potter mi sottoponeva a getto continuo. Probabilmente si era studiato a memoria il mki90 (Migliore Kermesse Internazionali del 1990. annali di Quiddich) dove venivano descritte le dodici partite di quell’anno che, a detta di tutti gli sportivi, erano state le migliori mai disputate da centocinquanta anni a oggi.

Vedevo riportati gli schemi degli argentini, degli spagnoli, rumeni, cinesi, irlandesi, inglesi, russi, americani e della costa d’avorio. Ricordavo le pagine patinate di quel libro, con le divise antiquate dei giocatori, ma le singole azioni, e le partite in generale, erano entrate nella leggenda. Chiunque volesse intendersi un poco di quiddich, non poteva ignorare quel libro e pareva che Potter ne avesse fatto la sua bibbia.

Dopo due ore e quindici schemi di attacco e difesa, uscimmo dalla lezione.

Albus era sempre più entusiasta di aver scoperto una persona così informata sul suo gioco preferito.

Non smise un attimo di esaltare il nostro scambio con le nuove soluzioni che avevo trovato, per poi terminare con un convinto: «Devi per forza far parte della squadra di Grifondoro».

 

Mi sentivo davvero bene! Avevo cominciato a legare con questo gruppo di persone e, sebbene la mia figura fosse sgraziata e ributtante, non me lo facevano pesare. Ed era il primo giorno! Cominciai a guardare al futuro con più ottimismo. Forse sarei riuscito a passare indenne lo strazio di quell’anno.

Dopo il pranzo che passammo tutti insieme, comprese Anne e Meredith ripulite e pinte, ci dividemmo per andare nelle varie lezioni del pomeriggio. Io ero l’unico ad avere lezione di legismagia, un corso avanzato dove si studiavano le leggi nazionali e internazionali del mondo magico. Eravamo solo in cinque del mio anno a seguire questo corso e la preside aveva ritenuto inutile suddividerci per case. Infatti, insieme a me c’erano un Tassorosso (Kevin McCallum) tre Corvonero (Lisette e Moira Johnson e Troy Barton) e un Serpeverde, colui che più mi preoccupava perché poteva riconoscermi in un nanosecondo, visto che mi conosceva da quando eravamo in fasce: Blaike Zabini, il mio migliore amico. Colui che evitavo di contattare da almeno un mese e a cui mi facevo sistematicamente negare. Dovevo rispolverare le mie doti di attore e sperare di fare una performance da oscar o sarei stato fottuto.

«Ragazzi, bentornati!» tubò il professor Laurentius Rabbit.

In effetti a un coniglio ci somigliava davvero, con i suo naso a punta e gli incisivi superiori leggermente sporgenti. Vestiva sempre con una giacca scozzese nei toni verdi e pantaloni di velluto marrone a coste ed era decisamente, inequivocabilmente, irrimediabilmente gay.

Aveva una predilezione quasi morbosa per me e Zabini. Vuoi per il nostro fascino serpentese, vuoi per i nostri fisici prestanti, fatto sta che continuava a incoraggiarci, interrogarci e a favorirci da quando, nel sesto anno, avevamo iniziato il suo corso.

«Quest’anno il signor Malfoy ci ha abbandonato per completare gli studi negli Emirati Arabi» annunciò Rabbit accompagnando l’affermazione con un sonoro sospiro di rimpianto. «Al suo posto ci è stata mandata questa… signorina. Shaula Girtab» annunciò con tono un pochino schifato.

Un altro che non era mio estimatore.

Nonostante tutto, però, dovevo ammettere, mio malgrado, che era un professore estremamente competente e informato. Era un avvocato che lavorava nel Wizengamot e passava due giorni a settimana a Hogwarts per le lezioni. Da lui potevamo solo imparare il meglio.

 

«Ehi! Hai idea che fine abbia fatto Scorpius? Sto cercando di parlargli ma non riesco a contattarlo, sembra che sia scomparso dalla faccia della terra» mi bisbigliò subito Blaike dopo che venne a sedersi accanto a me. Ma guarda questo, prima mi insulta e poi vuole dei favori.

«Parli con me?» non riuscii a restare zitto. «Ti rendi conto che stai parlando con una che hanno fatto entrare come animale da compagnia per Hagrid?» dissi riferendomi alla sua battuta sul treno.

«Quanto la fai lunga. Sei una cozza e lo sai. E allora? Non sarò io a fare il finto buonista. Adesso voglio sapere di Scorpius. Dove lo hanno spedito e perché. Sei sua cugina ho sentito dire, quindi saprai sicuramente qualche cosa». Vedevo i suoi occhi brillare come onice. Sì, decisamente non era un diplomatico.

«Ci siamo scambiati la scuola. Lui si è trasferito perché si era messo nei guai e doveva cambiare aria. Così io ne ho approfittato» e che pensasse quello che voleva!

«Questo l’avevo capito anche io, ma ho bisogno di parlargli. Posso contattarlo in qualche modo?» era insistente e mi pareva anche preoccupato. Si stava comportando come avrei fatto io al suo posto. Purtroppo non potevo dargli speranze o la mia copertura sarebbe saltata.

«Per il momento no. La nostra scuola vieta i contatti con l’esterno… per non contaminare l’ambiente». La sparai grossa e sperai che mi credesse.

Il professore ci tacitò subito dopo e per mia fortuna il colloquio con il mio amico e ex compagno di casa finì lì. Passammo il resto del pomeriggio a prendere appunti e verso sera Rabbit ci congedò con un tema di settanta centimetri di pergamena sulle differenze giuridiche tra le fatture ordinarie e le maledizioni da preparare per la lezione successiva. Sommate alla ricerca da fare per babbanologia e il tema sulla storia dei troll del 1300 eravamo sistemati sin dal primo giorno.

 

Appena usciti dall’aula venni intercettato da Rose con un messaggio da parte della preside McGranitt che mi convocava nel suo ufficio.

«Andiamo» incitò la rossa. La guardai interrogativo e lei mi spiegò «Sono stata convocata come Caposcuola e compagna di casa». Chissà che voleva la vecchia gatta rognosa?

Camminammo fianco a fianco e arrivammo in pochi minuti davanti ai gargoyles che, spostandosi, lasciavano accedere alla scala che portava direttamente alla porta dell'ufficio.

Bussammo alla porta e attendemmo il permesso per entrare.

«Avanti». Era da quando mi ero presentato alla preside come Malfoy che non vedevo la McGranitt. Erano tre giorni ma sembravano tre anni.

«Signorina Girbit, abbiamo predisposto la stanza singola per la sua permanenza nel dormitorio della casa di Godric Grifondoro. Signorina Weasley, disponga affinché la signorina Shaula possa trasferirsi questa sera stessa nella sua stanza» ordinò la vecchia gatta, senza dare la possibilità di rispondere.

Almeno aveva cercato di essere di parola e mi aveva assegnato la stanza singola. Non avrei dovuto sottopormi di nuovo alla tortura della sera precedente. Non mi sarei più dovuto stare attento agli alzabandiera mattutini e potevo anche girare nudo nella stanza. Sarebbe stato davvero rilassante.

 

«Non può farlo, preside!» protestò Rose con veemenza.

«Cosa intende dire, signorina Weasley?». La gatta corrugò la fronte.

«Che Shaula si è appena trasferita ed è stata assegnata a Grifondoro al settimo anno. È entrata in un gruppo con le sue dinamiche, se vuole integrarsi con noi non può isolarsi».

In effetti non aveva totalmente torto, ma la necessità di una stanza unica era ancora primaria.

«Rose, ti ringrazio per questo pensiero, ma io... davvero ho bisogno di una stanza da sola» cercai di dire, senza scoprirmi troppo.

«Perché? Siamo state bene ieri, ti pare?».

«Certo, ma io ho una cultura diversa e ho bisogno di gestirmi da sola... sai, cose personali...». Difficile dire e non dire.

«Ma come potresti conoscerci meglio e diventare amiche? Potremmo fare tutto quello che fanno le compagne: si aiutano nei compiti, fanno commenti sui ragazzi, si scambiano gli assorbenti» elencò con tono casuale. L'accenno agli assorbenti mi fece arrossire. Certo, ci mancava solo questo. Sarei diventato un fenomeno.

«Io non ho bisogno degli assorbenti» replicai automaticamente.

La preside seduta alla sua scrivania e gli altri presidi nei loro ritratti, ascoltavano attentamente il nostro dialogo.

«Era per modo di dire, potremo prestarci gli assorbenti tra qualche giorno, quando ti verrà il ciclo».

«No! Io non ho bisogno di assorbenti». Non so perché mi fossi messo a puntualizzare così fortemente questa cosa, ma lo feci ed ebbi la sensazione immediata di essermi messo nei guai.

«In che senso non hai bisogno di assorbenti?» chiese decisamente perplessa, poi mi fissò come se avesse scoperto tutto. «Sei incinta!».

Oddio! Questo era peggio del peggio che mi potesse capitare.

 

Mi guardai la pancia e misi le mani aperte sul ventre. Ma come le era venuta in mente una assurdità simile. Dietro la preside si sentiva qualcuno che rideva cercando di soffocare i singhiozzi.

«Per Merlino e Morgana! È per questo che ti sei trasferita a Hogwarts? Per poter avere il bambino in pace? Di quanti mesi sei? Non ti preoccupare, qui sarai al sicuro». Rose sembrava un fiume in piena.

«No, Rosie, non sono incinta... » pigolai, ma lei non mi ascoltava più.

«Dovremo organizzarci. Hai già fatto l'ecografia? Dovrai mangiare molto più sano per contribuire allo sviluppo del bambino. Acido folico. Devo prenderne in infermeria. Serve per le sue ossa. Che ne è del padre?». Ottima domanda!

A parte che, se continuava in questo modo, avrei avuto tutti i sintomi di una gravidanza... isterica! Riguardo al padre, potevo sempre essere come le lumache che oltre ad avere gli organi maschili hanno anche quelli femminili e possono ingravidarsi da sole! Scorpius l'ermafrodita!

Boccheggiavo e arrossivo come non mai, ma, nonostante i miei sforzi, Rose era inarrestabile.

«Signorina Weasley, si calmi!» intervenne la McGranitt. «Capisce che questa notizia deve rimanere segreta. Non ne faccia parola con nessuno. Se la notizia verrà sparsa, lei rischia l'espulsione. Ci siamo capiti? Adesso vada, devo parlare con la signorina Girtab da sola» terminò abbassando gli occhiali sulla punta del naso e fissando truce il viso della rossa.

«Non si preoccupi, non dirò una parola. Però non faccia andare Shaula in una stanza tutta sola. In questo momento ha bisogno di compagnia». Rose pregò ancora una volta la preside. Prima di uscire mi fece una carezza sul braccio.

 

Appena uscita, l'ufficio esplose in una fragorosa risata, anche da parte della preside.

«Non avrei mai creduto di assistere a una scena simile in tutta la mia vita! Adesso posso morire felice» singhiozzò la McGranitt, asciugandosi gli occhi.

«Bene, mi fa piacere che si diverta, ma adesso io come faccio con il bambino?» e indicai la mia pancia prominente.

Pazienza fingersi donna, ma dover girare per Hogwarts con pancione e vestiti premaman era troppo per chiunque.

Mai affrettarsi alle conclusioni, al novanta per cento  erano quelle sbagliate.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

una parola mal detta ed ecco che... Scorpius è incinta.

Questa svolta non era prevista ma ieri ho letto di assorbenti ed ho pensato a Shaula che avendo ancora i genitali maschili non avrebbe avuto bisogno degli assorbenti e mi sono chiesta chi non ne ha bisogno tra le donne? Quelle incinte e applicando il pensiero a Scorpius mi ha scatenato una ilarità che non ho potuto fare niente altro che scriverlo.

 

Come se la caverà? Riuscirà a togliersi da questo impiccio o dovrà far finta di avere le nausee? Si aspettano opinioni.

 

Il resto del capitolo è un passaggio dove vengono messe le basi per i nuovi rapporti tra i ragazzi. Ho seguito il commento di Eugyando (che è diventata un incantesimo per rimagliare le calze) e ho cercato di avvicinare Zabini, facendolo comportare in maniera meno antipatica. Magari lo farò collaborare più avanti. Grazie.

Mki90 è diventata un libro di quiddich e come uso del nick sono fiera di me, mi piace come ho risolto questo problema. Riguardo a Rosie Malfoy, il tuo è fin troppo ovvio ma ci vorrà qualche altro capitolo prima di usarlo, mentre ho intenzione di usare il tuo suggerimento già il prossimo capitolo. Grazie.

 

Attendo vostri commenti e ci risentiamo al prossimo capitolo.

Ancora una volta non voglio illudervi, non scriverò sempre così in fretta perché non ho quasi mai tempo.

Per ora ringrazio per l'attenzione

alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 10
*** Il camino azzurro ***


 

Ed eccoci ancora qui per il capitolo numero 10. Ho un rapporto di amore maniacale per il 5 e i suoi multipli (quindi 5, 10, 15, ecc.) normalmente termino le storie con questo numero dei capitoli (addirittura, una long intitolata Sakura, che ora ho cancellato, era di 55 capitoli. Sempre il 5). Le storie simili a questa, normalmente mi durano 20 capitoli, quindi si può dire che siamo a metà.

Abbiamo lasciato Scorpius alle prese con una spinosa questione di gravidanza. Vedremo come si sviluppa questo nuovo aspetto.

 

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate e chi ha recensito lasciando il suo suggerimento o semplicemente chi ha letto e, spero, apprezzato la storia.

Ringrazio ancora una volta Elenri per i banner e auguro a tutti  BUONA LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Incinto? Adesso ero pure incinto?

«Signor Malfoy, vorrei ricordarle il motivo della sua venuta qui a Horgwarts» esordì Piton dal suo ritratto. Lo guardai interrogativo. A cosa si riferiva? Avevo così tante cose per la testa che in questo momento mi sfuggiva il punto.

«Scorpius, nipote, tu sei qui per cercare qualche contro maledizione tra le nostre conoscenze del sapere magico. Hai a disposizione la più grande biblioteca che esista, dovresti cominciare a consultare qualche testo» intervenne Phineas Black, l’antenato preside di Serpeverde, membro della famiglia Black al pari di mia nonna.

Avevano ragione. Quando questa maledizione fosse stata debellata, avrebbe ritrovato il suo aspetto originario e tutto sarebbe andato per il meglio.

Chinai il capo in segno di assenso e mi diressi verso l’uscita, ma prima ancora di poter dire ‘buongiorno’ la McGranitt mi fermò.

 

«Ancora un attimo, signor Malfoy. È ovvio che non riusciremo a farla trasferire in una stanza singola. A prescindere che la invito caldamente a rettificare le convinzioni della signorina Weasley sulla sua condizione, non credo che la nostra caposcuola la lascerebbe andare da un’altra parte. Pare che l’abbia preso in simpatia» commentò. «E questo ci riporta al problema principale: Lei ha l’aspetto di una ragazza ma ha gli attributi di un maschio. Non posso consentire che attenti alla virtù delle sue compagne di dormitorio» dichiarò perentoria.

«Cosa? Ha paura che seduca una di loro? E come potrei fare in questo corpo? Gli faccio schifo anche da ragazza!». Allargai le braccia. Come poteva pensare quello?

«Cosa hai in mente, Minerva?» chiese cortese Silente.

«Un voto infrangibile» dichiarò nel silenzio assoluto della stanza.

Un voto infrangibile, una promessa che se non veniva mantenuta significava morte a colui che non era stato di parola. Potevo farlo? Alzai il mento in un moto orgoglioso e allungai il braccio verso la preside perché procedesse all’incantesimo. Non avevo nulla da nascondere e non volevo che si pensasse male di me. Non avevo intenzione di saltare addosso alle mie compagne di dormitorio mentre dormivano nei loro letti e prometterlo in questo modo non sarebbe stato un problema.

«Benissimo, procediamo».

In quel momento entrò l’infermiera della scuola. «Ho chiamato la signora Warner come Suggello  della magia che ci serve». Era una donna bassa ed estremamente robusta. Zampettava al posto di camminare ed era estremamente materna nella cura delle persone. Avevo usufruito diverse volte delle sue conoscenze e delle sue caramelle al miele che elargiva a piene mani.

Guardai curioso le due donne. Cosa sapeva di me, esattamente?

«Signor Malfoy, buongiorno. La trovo abbastanza bene per essere un maledetto». Al suo saluto sgranai gli occhi e lei mi sorrise bonaria, riempiendo il suo viso di una rete fitta di rughe di espressione. «Non si preoccupi, non dirò nulla. Sono stata informata per il fatto che, se dovesse rendersi necessario ricoverarla in infermeria, non avrei avuto… ehm… sorprese. Sono già stata contattata anche dall’ufficio Auror del Ministero ma, purtroppo, tra le mie conoscenze, non vi sono rimedi per il danno che la affligge».

Mi sgonfiai come una bolla di sapone.

 

«Allora, Preside, in cosa posso esserle utile?» chiese la donna avvicinandosi a noi.

«Il signor Malfoy deve pronunciare un Voto Infrangibile» snocciolò, incurante dell’espressione spaventata dell’infermiera.

«Lei… lei è d’accordo, signor Malfoy?» pigolò, per niente rassicurata al mio assentire. Non poteva far nulla, comunque, perciò tirò fuori la bacchetta e iniziò a far circondare i polsi miei e della preside McGranitt con una fune di fiamma, simile a un serpente che avviluppava le sue vittime.

«Scorpius Malfoy, giuri con questo Voto Infrangibile, che non attenterai alla virtù né sedurrai le tue compagne di corso all’interno del dormitorio della casa di Godric Grifondoro, pena la morte?» disse la preside con voce stentorea

«Lo giuro» dissi con voce altrettanto ferma.

La signora Warner pronunciò sottovoce la formula e la fune divenne ancora più brillante prima di sparire nel nulla.

Per alcuni minuti nessuno fiatò, presi dall'importanza del momento. Avevo messo la mia vita in gioco, promettendo di non provarci con nessuna. Proprio io che ne avevo bisogno per mettere fine alla maledizione, non potevo toccare una ragazza. Assurdo.

«Beh, credo di poter andare a cena. Buona serata». Salutai e uscii dall'ufficio.

Non incontrai nessuno sino alla casa di Grifondoro. Non avevo fame e decisi di usare i biscotti che avevo portato da casa per sfamarmi senza scendere in sala grande. Non avevo voglia di incontrare nessuno. Entrai nel dormitorio e mi cambiai. Sbocconcellai qualche biscotto e subito a dormire.

Era stata una giornata intensa e non avevo voglia di sentire o parlare. Volevo solo annullarmi e dormire. Sognare di essere me stesso e non prigioniero di questo corpo.

 

«Dorme» bisbigliò qualcuno. Il soffio delle parole mi sottrasse dall'atmosfera onirica dove ero piombato.

«Doveva essere parecchio stanca».

«Cosa aveva da dire la McGranitt?».

«Voleva che andasse in una stanza da sola, ma credo di averla convinta a restare con noi».

«E perché non l'hai lasciata fare?».

«Perché non mi sembrava giusto. Potreste fare un piccolo sforzo con lei».

«Non so se ne vale la pena. Vedremo più avanti».

«Snob».

«Buona notte, capo».

«Ah, ah, ah».

«Notte, Daisy». I sussurri si interruppero e dopo pochi minuti i respiri si fecero lenti e pesanti. Con un angolo della mente realizzai che Rose non aveva detto nulla su quello che credeva. Con il sottofondo del dormitorio, anche io tornai ad addormentarmi.

 

I giorni a seguire si fecero ancora più pesanti sul versante studio. I professori, a ogni lezione, ci ricordavano che quello era l'anno dei M.A.G.O. Era un monito continuo che diventava un martellamento al cervello peggiore dello studio. Avevo già visto un paio di ragazze mettersi a piangere e correre fuori dalla classe. I nervi erano sempre più tesi, ed eravamo solo all'inizio.

Tre giorni dopo, anche io ero esasperato e sul limite di una crisi di nervi che neanche una novella mestruata ci poteva arrivare. La causa però, non erano i professori ma l'esimia caposcuola, miss Rose Weasley. Il perché era presto detto: ogni qual volta mi vedeva, si affiancava e cominciava a chiedermi come stavo, con una costanza encomiabile, se non fosse che mi dava sui nervi peggio di una fattura orcovolante.  Addirittura prima della lezione di pozioni avanzate, mi aveva costretto a indossare una mascherina perché le esalazioni dei calderoni potevano essere pericolose per io-sapevo-chi (e giuro non ero incinto di Voldemort, ma un avada kedavra lo avrei lanciato volentieri alla rossa).

Era talmente ossessiva e premurosa nei miei confronti che Anne cominciò a prenderci in giro accusando Rose di essere lesbica e di avere una storia con me. In realtà non ci sarebbe stato niente di più naturale se non fosse che nessuno sapeva che ero un maschio e che il mio amichetto del sud era sempre molto molto allegro quando c'era la Weasley nelle vicinanze. Cosa che ultimamente capitava troppo spesso, i miei testicoli si stavano per impiccare negli elastici del parapalle!

Ormai avevo i calli da smanettamento, ero diventato abilissimo a ripulire la vasca dal mio 'prodotto', e una volta su quattro ricordavo di abbassare la tavoletta. In compenso il parapalle stringeva parecchio e era un continuo prurito e 'sistemamento' delle parti basse in posizioni pseudo comode.

Per non parlare dei sogni, perennemente a luci rosse, vietate ai minori di trenta anni (perché diciassette era davvero troppo poco). E adesso ero incinto!

Decisi di accantonare i miei problemi ormonali e testosteronici e cercare di mettere la parola fine alla mia maledizione. La conseguenza era solo una: biblioteca. Sarei andato a saccheggiare i volumi presenti nella sezione ordinaria e sopratutto nella sezione proibita. Quella notte il mio obiettivo era il secondo.

Presa la decisione, cenai allegramente con gli altri Grifondoro e venni avvicinato da Albus.

«Shaula, la prossima settimana ci saranno le prove per la squadra di quiddich. Abbiamo deciso di fare l'audizione a tutti per tutti i ruoli, così chi è già della squadra dovrà dimostrare di essere all'altezza e magari scopriamo qualcuno di forte. Quest'anno dobbiamo vincere la coppa! L'anno scorso siamo stati battuti come dei novellini da Corvonero e Serpeverde ci ha soffiato la vittoria finale. Quest'anno voglio dimostrare che anche senza James e Fred possiamo farcela!» disse digrignando i denti il piccolo Potter. Sì, ricordavo ancora come erano andate le partite l'anno scorso. Avevamo vinto facilmente contro Tassorosso e più tenacemente contro Corvonero, proprio grazie alla differenza reti. Ma era stata la partita con Grifondoro che aveva fatto la storia: il nostro battitore aveva colpito la coda della scopa del cercatore James Potter sbilanciandolo proprio mentre il nostro aveva visto e afferrato il boccino, il tutto in neanche due minuti. Avevo avuto giusto il tempo di fare un goal.

Cercai di non gongolare e annuii. «Ci sarò» promisi.

Subito intervenne Rose, il mio dolce incubo. «Sei sicura? Non credi che possa essere pericoloso? E se ti urti con un bolide? E se cadi dalla scopa? Magari non si riesce a proteggerti in modo adeguato, potresti farti male seriamente».

«Potrebbe ammazzarsi anche scendendo le scale» la prese in giro Daisy.

Rose sgranò gli occhi come se le fosse venuto in mente qualche cosa. «Per Morgana! A questo non avevo pensato!» e mi guardò ancora più preoccupata.

«Cosa vorresti fare? Installare uno di quei aggeggi babbani che la prof. ha chiamato ascensori?» ribattei ridendo. Adesso stava proprio esagerando. Ancora un po' e mi avrebbe messo uno scafandro imbottito tutto attorno al mio corpo, facendomi sembrare ancora più tonta e sgraziata di quanto non fossi già. Per non parlare delle vitamine e altre pastiglie e pozioni non meglio identificate che erano spuntate sul mio comodino. Non ne potevo più. Se non la smetteva, avrei chiamato il camino azzurro, per chiedere protezione e aiuto contro questa pazza! Ma che lo facesse lei un bimbo! E mi lasciasse stare il mio! Mio? Non esisteva neanche il mio! Ecco! La dimostrazione che stavo diventando scemo anche io!

 

Rose si avvicinò e mi trascinò più lontano dagli altri. «Sei sicura di stare bene? Mi sembri un pochino agitata in questi giorni».

«Rosie, devi smetterla di essere così protettiva. Sei asfissiante» risposi incrociando le braccia sul petto pressoché inesistente.

«Solo i miei nonni mi chiamano Rosie» mormorò fissando il pavimento. Rimasi perplesso e subito sentii una stretta allo stomaco.

«Scusami, non volevo offenderti. Mi è scappato...». In fin dei conti era stata solo premurosa nei miei confronti, non volevo mica turbarla.

«Non ti preoccupare. È solo che quando nonno Arthur mi chiama così mi fa sentire ancora piccola, una bimba da coccolare» spiegò arrossendo. Sorrisi.

«Ma tu sei una bimba piccola tutta da coccolare» risposi. Neanche mi accorsi della mano che volò sulla sua guancia sino a quando non sentii la pelle liscia, scorrere lentamente sotto il mio palmo.

Per un istante rimanemmo occhi negli occhi, in silenzio, isolati da tutto il resto del mondo, come se avessero lanciato un incantesimo tacitante tutto attorno a noi, finendo in una bolla di pace.

Sobbalzai quando sentii sbraitare Daisy contro Albus e lo stesso fece Rose, sciogliendo il contatto visivo e arrossendo ancora di più. «Non sono piccolina! Non sarò altissima come mio padre, ma ho superato la mamma di un bel pezzo!».

«Essere qualche centimetro in più del metro e settanta, non vuol dire essere un gigante» ribattei ghignando, visto che la superavo abbondantemente.

«Okay. Comunque cercherò di non starti troppo appiccicata, se tu prometti di stare attenta. Va bene?». Riuscire a strapparle questa concessione era già qualche cosa. Alzai la mano solenne e dissi «Lo giuro» come avevo visto fare nelle televisioni babbane.

 

«Allora, Shaula, farai il provino per la squadra?». Albus tornò alla carica non appena tornammo dagli altri. In sala comune erano tutti agitati e con la speranza di giocare per la squadra, davanti a tutta la scuola. Anche i primini sgomitavano per prendere un posto. Forse Albus aveva esagerato scatenando quel caos.

«Ragazzi!» urlò la rossa ma non la sentì nessuno. «Ragazzi!» provò più forte ma le voci concitate sovrastavano la sua. Roxanne si avvicinò a lei sorridendo e le mimò un 'lascia fare a me'. Un istante dopo scoppiò una caccabomba puzzolente che fece scappare tutti gli studenti con una velocità impressionante.

«Stefaniad ventus» enunciò Lily, l'unica rimasta assieme a noi e ripulì tutta l'aria in un istante.

«Roxy, mi serviva farli tacere, non fuggire». Ma la caposcuola non era arrabbiata, rideva allegra. La cugina fece spallucce. «A volte non capiscono le buone maniere. Buona notte, Rose. Andiamo Lily».

«Notte, Rose. Notte, Shaula» saltellò la piccola Potter, salendo le scale che conducevano ai dormitori.

Guardai sorridendo la rossa che sistemava i cuscini dei divani e delle poltrone, cosa che non avevo mai fatto visto che al Manor c'erano sempre stati gli elfi domestici che se ne occupavano. Per una sera poteva farne a meno anche lei, anche perché doveva addormentarsi in fretta, visto la mia intenzione di andare in biblioteca. La presi per mano. «Andiamo a dormire» e cominciai a trascinarla verso le scale. Stranamente non protestò e potei rifugiarmi sotto le coperte poco tempo dopo.

 

Trascorsi almeno un'ora con gli occhi fissi al soffitto del mio baldacchino, facendo attenzione al respiro delle mie compagne. Quando fui sicuro che fossero tutte addormentate, mi alzai silenziosamente e mi vestii infilando maglia e jeans direttamente sul pigiama.

I corridoi erano bui e silenziosi. «Lumos» bisbigliai per non continuare alla cieca.

I quadri appesi alle pareti si lamentarono per essere svegliati e mi affrettai alla biblioteca per non scatenare una sommossa generale. I dipinti erano proprio permalosi!

Arrivato alla porta, scivolai all'interno e mi diressi subito verso il reparto proibito. Esattamente non sapevo neanche cosa cercare. Erano migliaia di tomi, dentro cui si nascondeva il sapere più oscuro del mondo magico e anche il contro incantesimo in grado di salvarmi la vita.

Sospirai e mi misi subito all'opera.

Evitai i libri che tremavano, magari all'interno c'erano delle creature pronte a uscire dalle pagine. Meglio non rischiare per ora.

Presi un libro con la copertina vecchissima, mi accomodai a un tavolino ed iniziai a sfogliare.

Magie per succhiare il sangue, per succhiare la forza, per succhiare la magia, per succhiare la pelle, per succhiare la linfa, per succhiare... mi si incrociavano anche gli occhi. Quello era un libro sul vampirismo! Guardai di nuovo la copertina e scoprii con raccapriccio che i segni sulla copertina non erano vecchiume ma macchie di sangue. 'Bleah' pensai intensamente.

Tornai a sfogliare il libro. Non mi interessava che fosse ributtante, quanto che mi fornisse una soluzione al mio problema. Magari la strega aveva sfruttato un incantesimo dove si succhiava la bellezza degli altri.

Le ore passavano lentamente ed io, dopo tre di quelle passate nella polvere irritante di libri mai aperti, tornai nel dormitorio a cercare di riposare abbastanza per affrontare un nuovo giorno.

 

Decisi di andare in biblioteca in giorni alterni per non stancarmi troppo passando tutte le notti in bianco. Già dopo due notti avevo delle occhiaie viola che neanche il trucco più magico di questa terra avrebbe potuto cancellare. Ero quasi tentato di chiedere una giratempo al ministero per poter avere una notte di sonno completa.

 

Se la notte era decisamente pesante per la ricerca e le veglie, i giorni non erano meglio visto le lezioni, i compiti e i rapporti sempre più tesi con alcuni studenti di Hogwarts.

Tre settimane dopo l'inizio della scuola, stavo attraversando il corridoio del terzo piano per andare a lezione di Difesa contro le Arti Oscure quando venni agguantato e sbattuto poco carinamente contro il muro in pietra. Il colpo mi mozzò il fiato e ancora di più lo fece il tappo labiale con cui chiuse la mia bocca.

Oh Cielo di Merlino, mezzo acciaccato nel vomito di un vampiro anemico bagnato dall'acqua putrida di una palude aramaica con i vermicoli fritti di contorno!

Aprii gli occhi e, dopo non poca fatica, riuscii a distinguere la faccia davanti al mio naso.

Era quel energumeno deficiente di Theodore Goyle e stava cercando di entrare con la lingua nella mia cavità orale e violentarmi le tonsille! Sentivo l'acidità del mio stomaco montare verso l'esofago. Tra poco sarebbe stato una lotta tra chi tentava di entrare e chi tentava di uscire.

«Uhmm» protestai. Dovevo mettermi di nuovo a fare pesi! Quel gorilla era senza cervello ma con una forza animale inversamente proporzionale alla sua intelligenza. Infatti, appena sentì il mio verso, si staccò e disse felice «Lo so! Piace anche a me».

E in quel momento realizzai che era davvero senza cervello! E chiunque avesse inteso il contrario era da ricovero al San Mungo sezione psichiatrica. Esattamente come l'armadio che mi era davanti.

«A me no! Togliti subito, emerito imbecille!» sbraitai cercando di spingerlo lontano da me con tutte le mie forze.

Accidenti! Ero sempre circondato da persone che ridevano della mia immagine e mi additavano come un fenomeno da circo e adesso non c'era nessuno che potesse darmi una mano?

«Shaula, ti ho pensata tanto dal primo momento che ti ho vista» confessò Theodore, lasciandomi interdetto.

«Perché, tu pensi?» mi sfuggì. Non era molto carino, lo so. Ma se non copiava i compiti prendeva regolarmente T in tutte le materie. Come facevo a capire che in realtà pensava?

«Io ti amo, Shaula!» mi confessò ed io trasecolai.

«Non riesco a pensare a niente altro che a te». Oh. Mio. Dio.

«Non riesco neanche a mangiare». Questo mi era difficile pensarlo.

«Sogno solo di noi due assieme». Sempre detto che non aveva contatti con la realtà.

«Ti prego, dimmi che mi ami e staremo insieme per sempre». Dichiarazione in piena regola, doveva solo mettersi in ginocchio, invece di stringermi le braccia. E poi, cacchio! Era una ragazza che doveva innamorarsi di me, non un troll di montagna! Adesso il camino azzurro lo avrei chiamato davvero!

«Goyle, non puoi aggredirmi in questo modo e poi dirmi che mi ami!» cercai di spiegare. Lui aggrottò la fronte come se cercasse di capire le mie parole. «Dici?».

Non riuscì a dire altro perché una voce echeggiò nel corridoio: «Stupeficium!» e Goyle, colpito dalla luce, cadeva a terra come una pera, mentre arrivava di corsa un affannato Albus Severus Potter.

 

«Scusa, ero in ritardo per la lezione e ti ho visto alle prese con...» indicò l'ammasso informe per terra. «Quello». La smorfia schifata che accompagnò le sue parole era tutto un programma.

«Ti ringrazio! Mi ha bloccato prima che potessi reagire» confessai poi tremai al pensiero del bacio che era riuscito a strapparmi. Il mio primo bacio da ragazza!

Albus fraintese i miei tremiti e mi ritrovai abbracciata a lui che mi carezzava lentamente la schiena. Adesso sapevo che la caratteristica del fraintendimento era insita nei geni della tribù Weasley. Ai tempi scolastici di Harry Potter, si sarebbe chiamato intuito, ma adesso la caratteristica era decisamente morta a favore di altro.

«Coraggio, Shaula, adesso è tutto passato. Su, non piangere, è solo la tensione che sta calando». La sua mano era calda e calma sulla mia schiena. Mi sentivo quasi un gattino, speravo che non volesse le fusa!

«Albus, non sono sconvolta, credimi. Adesso andiamo. Siamo già parecchio in ritardo». Riuscii a togliermi dall'abbraccio, raccattare i miei libri e scavalcare Goyle per correre a lezione in un nanosecondo.

«Signorina Girtab, signor Potter, siete in ritardo» disse con voce dura Vladimir Chanikojakoslakovinsko (che noi chiamavamo V_chan molto più semplicemente).

«Professore, Shaula è stata aggredita da Goyle! Io l'ho schiantato e adesso è qui fuori svenuto» intervenne subito Albus.

Il professor Chan corse fuori e, sollevato il gorilla, lo fece levitare portandolo al primo piano, in infermeria dalla signora Warner.

Quella era una delle lezioni più difficili, visto che eravamo in compagnia dei Serpeverde. Appena il professore chiuse la porta fummo assaliti da tutti i presenti in cerca di spiegazioni e pettegolezzi.

«Perché hai aggredito Goyle?» accusò subito Speers prendendo Potter per la collottola. Subito mi intromisi.

«Lascialo, Nigel! Albus mi ha solo difeso. È Theo che ha esagerato». Mi sentii strattonare da un'altra mano.

«Lui non ti avrebbe mai sfiorata! Casomai non te ne fossi accorta, non sei una bellezza!» si intromise Delphina.

«Ehm» si schiarì la voce Tyson «In realtà, Theo è abbastanza preso da lei. Continua a parlarne. Giuro che se non l'ho affatturato è solo perché è il mio migliore amico, ma è davvero pesante da sopportare in questo momento».

«Visto? E lasciami!» sibilò Albus.

Le voci, le domande e le facce continuarono a variare davanti al mio viso, ma io ero bloccato su Blaike. Lui se ne stava zitto e mi fissava. Conoscevo bene quell'espressione. Ce l'aveva quando cercava di afferrare qualche concetto che gli sfuggiva. Stava ragionando su di me.

«Tu stai bene? Va tutto bene?» chiese Rose con enfasi, sottolineando il tutto. Sì, si riferiva al fantomatico bambino.

«Tranquilla, va tutto benissimo» risposi e lei mi abbracciò di slancio.

Il suo profumo di distrasse da tutto quello che non era il suo corpo allacciato al mio. Per Merlino! Come avrei potuto trattenermi per tutto l'anno scolastico, quando lei era così morbida e arrendevole tra le mie braccia? Eppure avevo giurato e ne andava della mia vita.

«Non ti lasceremo più da sola. Ti accompagneremo da tutte le parti, così non avrai più assalti» promise Albus abbracciando tutte e due.

«Oh, un cavaliere! Shaula, stai facendo strage di cuori» ridacchiò Blaike, staccandosi dal muro a cui era appoggiato e tornando a sedersi, seguito subito da Lucinda.

Poco per volta tornarono tutti al loro posto e prima che il professor Chan tornasse, eravamo già composti, pronti per due intense ore di lezione.

 

La sorpresa, però, non fu il ritorno del professore, ma con lui, la venuta della preside.

«Signorina Girtab, il professor Chanikojakoslakovinsko mi ha riferito quello che è successo. Ringrazio il signor Potter per il suo indispensabile aiuto e assegno cinquanta punti a Grifondoro per la difesa dei deboli» disse la McGranitt, scatenando gli applausi degli altri ragazzi che si ritrovavano in testa nella coppa delle case.

«E ora, signorina Girtab, le chiedo, intende sporgere denuncia contro il signor Goyle? Ho intenzione di richiamare gli Auror per...». No! Non che Theo se lo meritasse, ma non potevo farlo espellere e tanto meno farlo finire ad Azkaban.

«No, preside. È stata una ragazzata, una scommessa persa e Albus... volevo dire, Potter, non ha capito la situazione» tentai di raffazzonare una spiegazione.

«Vuol dire che Goyle non l'ha aggredita?».

«E' stato uno scontro ma niente di così...» non sapevo più cosa dire. Per fortuna la vecchia gatta era anche furba e aveva capito cosa avevo intenzione di fare.

«Ho capito. Bene, provvederò a comminare una punizione a Goyle, in accordo con il suo rappresentante della casa. Adesso tornate al vostro studio» e dicendo questo, uscì in modo regale dalla classe.

Mi voltai consapevole di aver tutti gli occhi addosso. Rose e Albus erano ammirati, alcuni erano perplessi, altri mostravano tutto il loro odio, ma era lo sguardo enigmatico di Blaike quello che mi preoccupava di più. Non si sarebbe vendicato, lo sapevo, ma avrebbe cercato in qualsiasi modo di scoprire il perché mi ero comportato così. E quando si metteva in testa qualche cosa era un vero mastino.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine del capitolo. Questo è forse un pochino più serio dei precedenti. Ci saranno ancora alcune scene da spanciarsi ma non si può essere sempre allegri con una minaccia simile sulla testa!

Per ora abbiamo già un voto infrangibile, un assalto all'arma bianca di Goyle, Blaike che non capisce cosa ma sente che qualche cosa non va. Albus fa il cavaliere e Rose è peggio di una madre ansiosa. Magari chiamerà davvero il camino azzurro!

Il tutto mentre il tempo scorre. Le ricerche in biblioteca non danno frutti per ora e Shaula/Scorpius cerca di barcamenarsi.

 

In questa marea di cose, avendo messo i presupposti per il prossimo capitolo vi chiedo cosa preferireste prima:

l'incontro in biblioteca di notte tra Rose e Shaula oppure i provini di Quiddich? Un nuovo incontro con Goyle e come? Chiede scusa o prova di nuovo a palparla?

 

Aspetto le vostre opinioni, ringrazio per l'attenzione e vi rimando al prossimo capitolo tra qualche giorno.

Alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 11
*** Incontri di mezzanotte ***


 

Ciao a tutti,

ed eccomi qui, per un nuovo capitolo.

Ringrazio chi ha messo la storia tra i preferiti, ricordati e seguiti e chi ha recensito o semplicemente letto.

Elenri per il suo banner.

E ora, BUONA LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Devo dire che le cose stavano migliorando. In quei due mesi di scuola gli studenti avevano cominciato a smettere gli scherni e gli sberleffi.

Gli unici che davvero non demordevano erano... i fantasmi.

Incredibile ma vero, erano proprio i fantasmi che avevano iniziato a rendermi la vita impossibile. Capitanati da Pix il poltergeist, continuavano a passarmi tra i polpacci per farmi inciampare e far vedere le gambe. Ormai avevo preso l'abitudine di mettere dei calzoncini sopra il parapalle, in modo che anche se Pix mi metteva a testa in giù, non si sarebbe visto nulla.

«Ecco la cugina di Scorpius Malfoy! Facci vedere le gambe!» urlava impazzito lo spiritello, prima di farmi levitare a testa in giù. I suoi attacchi erano fulminei così come le sue ritirate, per evitare le risposte e gli schiantesimi di Rose, Daisy o Albus che ormai mi accompagnavano da tutte le parti.

«Ma perché il Barone Sanguinario non fa qualche cosa per quel mostro?» chiesi a nessuno in particolare, mentre mi rialzavo da terra e raccattavo tutti i libri.

«Non credo che intenda tenere a bada Pix. Al massimo lo farebbe per uno studente di Serpeverde, ma uno particolarmente simpatico» commentò Rose che mi accompagnava in quel momento.

Già, un Serpeverde simpatico. Io avevo avuto sempre un buon rapporto con il nostro fantasma, ma adesso che ero passato alla casa avversaria per antonomasia, chissà come l'avrebbe presa questa richiesta di aiuto.

In quel momento passò il Frate Grasso di Tassorosso e iniziò a ridere facendo sballonzolare la sua enorme pancia.

Subito dopo passò Nick quasi senza Testa.

«Nick, mi sai dire dove si trova il Barone Sanguinario?» chiesi. Dovevo fare qualche cosa, non potevo resistere per altri sette mesi alle prese con Pix.

«Oh! Mia cara signorina Girtab. Ancora importunata dal nostro poltergeist? Il Barone... l'ho visto che andava nei sotterranei. Probabilmente nella sala comune dei Serpeverde». Piegò la testa in segno di saluto e questa scivolò di lato, facendoci vedere tutte le viscere al di sotto del collo semi mozzato. Non ero convinto che il Barone con tutto il suo sangue argentato addosso, fosse più pauroso di Sir Nicholas.

«Non pensarci neanche!» disse subito Rose, perentoria. «Tu non andrai nei sotterranei, con il rischio di incontrare Goyle o qualche altro Serpeverde ed io non ho alcuna intenzione di accompagnarti». Con le mani piazzate sui fianchi e il cipiglio battagliero era davvero paurosa… o adorabile. Io propendevo per la seconda.

«Rose, smettila. Devo parlare un attimo con il fantasma dei Serpeverde e hai ragione, tu non puoi venire. Se dovesse succedermi qualche cosa, stai tranquilla che saprò difendermi».

«Come le ultime volte?». Ironia portami via. Sospirai.

«No. Ho un pulsante che avvisa immediatamente la preside. Me l’ha fornito dopo l’incontro con Theo. Non preoccuparti. davvero…» poi guardai stupito dietro la sua spalla. «Cos’è quello?» urlai.

Lei si girò di scatto ed io corsi dal lato opposto in direzione delle scale.

«Shaula!» fu l’unica cosa che sentii. Ero più veloce di Rose e certamente non sarebbe riuscita a raggiungermi in tempi brevi.

 

Corsi tre rampe di scale al massimo delle mie forze. Scendere era decisamente più facile che salire. In pochi istanti arrivai al corridoio dei sotterranei che portava alla sala comune dei Serpeverde.

Girato l'angolo vidi fluttuare l'ectoplasma che mi serviva. Scattai verso la sua figura e mi fermai a pochi centimetri da lui. Come una boa in balia delle onde, si girò come un birillo e mi fissò truce senza dire una parola.

«Barone, perdonatemi infinitamente. Dovete aiutarmi a bloccare Pix». Il mio era un appello accorato al limite della sopportazione umana.

«Perché dovrei aiutarti? Non sei della mia casa» rispose il Barone. La sua voce sembrava uscita da una caverna sommersa da millenni.

«Per Scorpius Malfoy» risposi.

«So che sei Scorpius Malfoy, così come lo sanno tutti i fantasmi. Non potete ingannarci, sappiamo riconoscere i segnali. La preside ha minacciato di esorcizzarci e noi abbiamo promesso di non tradirti. Però non puoi pretendere che non ci divertiamo». Rimasi a bocca aperta.

Certo che per essere un segreto, la mia trasformazione sembrava più nota dell'ultimo pettegolezzo su una star babbana.

«Sei figlio di Salazar e per questo mio compagno. Corri via, stanno arrivando altri Serpeverde e tu non sei nella condizione migliore per difenderti… parlerò con Pix ma non ti assicuro niente». La sua voce andò scemando mentre lui si allontanava.

Sospirai. Era già stata una conquista riuscire a parlargli. In sei anni mi aveva rivolto la parola due volte e questa era una delle due. Per essere il fantasma di casa non era molto espansivo neanche con noi. Forse era per questo che il poltergeist ne aveva così paura.

 

Tornai sui miei passi. Non avevo risolto molto ma ero comunque felice di essere là sotto. Quelle segrete buie ed umide, erano state contorni della mia vita per sei anni, non potevo semplicemente dimenticarle. Accarezzai la pietra che nascondeva l’entrata della sala comune dei miei ex compagni e mi sentii bruciare le dita per la prima volta. Tolsi subito la mano arrossata e pulsante. Strano. Era la prima volta che mi capitava. Anche i muri là sotto, sapevano che non ero più una Serpe. Ormai ero un Grifone, studiavo, giocavo, guadagnavo punti per la casa rosso-oro. Ero stato maledetto e niente era più come prima. Lì sotto c’erano solo ricordi. Là sopra la speranza di avere una vita dopo il settimo anno a Hogwarts.

Risoluto marciai verso le scale quando mi imbattei nel mio pretendente numero uno: Goyle.

Mio Dio! Che sfiga! Ancora quattro gradini e non ci saremmo incontrati. Alzai il mento e feci finta di niente passandogli accanto.

«Ciao, Shaula» disse lui, tirandomi poi una gran manata sulla spalla. Oddio! Avevo sentito ‘crack’? mi si era lussata l’articolazione? Proprio adesso che avrei dovuto giocare a quiddich contro i Tassorosso tra una settimana?

«Per Merlino! Theo! Ma un pochino di delicatezza?» gracchiai roteando il braccio.

«Oh! Anche Scorpius diceva la stessa cosa quando lo salutavo» rise lui.

«Genio! Siamo cugini, rispondiamo nello stesso modo!» replicai. Dubitavo che si mettesse a riflettere su quello che aveva detto, ma era comunque meglio confonderlo.

«Scusami per quella volta del bacio. Blaike mi ha spiegato che è solo grazie a te se non mi hanno espulso» borbottò poi.

«L’importante è che non ci riprovi un’altra volta!». Anche perché il mio stomaco non avrebbe retto.

«Prometto, se tu vieni con me al ballo di Halloween» propose.

Cosa?!? Era impazzito? E adesso come ne uscivo? Il mio cervello macinava a velocità super, mentre il mio pretendente mi fissava ansioso.

«Ehm… mi dispiace ma ho già un accompagnatore». Ero nella merda! Mancavano solo tre giorni al trentuno di ottobre! Dove lo trovavo un ragazzo solo che mi accompagnasse e che fosse meglio di Goyle? Non che ci volesse tanto, ma rischiavo di finire dalla padella alla brace.

«Oh. Beh, peccato. Ci vedremo là, allora. Però voglio lo stesso un appuntamento! La prossima gita ad Hogsmeade». Avrei potuto trovare una scusa più avanti.

«Okay. Ora scusami ma devo andare!» dissi superandolo e… rimasi di nuovo bloccato. Questa volta era il soggetto che volevo assolutamente evitare: Blaike Zabini.

 

«Guarda guarda! Shaula Girtab, la nuova cacciatrice di Grifondoro. Sono davvero ansioso di vederti in campo. Tuo cugino era davvero un portento in quel ruolo, ma so che negli Emirati Arabi le ragazze non giocano. Tu come hai imparato?». Si era appoggiato al muro e mi scrutava attentamente. Odiavo quando mi guardava come se fossi sotto esame.

«Ho imparato durante alcune vacanze proprio da Scorpius» risposi decisa.

«Strano. Abbiamo passato la maggior parte delle vacanze insieme e tu… non c’eri. Bah! Verrò a vederti. Stanne certa!» sibilò al mio orecchio, dirigendosi verso la sala comune dei Serpeverde. Con la mano alzata salutai Goyle e mi misi a correre verso la torre e il mio dormitorio.

Avevo combinato qualche guaio? Più che probabile.

Adesso che ci pensavo, entrare nella squadra di quiddich di Grifondoro, non era stata una bella pensata, visto come mi stava addosso Blaike. Conosceva il mio modo di giocare meglio di me stesso. Molto probabilmente avrebbe capito tutto già nella prima azione. Dovevo cercare di confondere le acque, come ero riuscito a fare un mese prima, quando Albus aveva riunito tutti per i provini.

 

Era una giornata abbastanza calda e soleggiata.

Albus era in agitazione già da una settimana, zampettando e veleggiando tra i divani e le poltrone della sala comune con una cartellina appresso, su cui continuava a scrivere con foga febbrile. E adesso era arrivato il momento. Eravamo tutti lì, una ventina di ragazzi per candidarci ai sette posti disponibili della squadra di quiddich del Grifondoro.

Sugli spalti erano presenti tutti gli altri compagni di casa, ognuno a fare il tifo per il suo amico preferito. Io mi ero fatto recapitare la mia Firebolt 2020 deluxe. Era una edizione limitata ma non potevo farne a meno, mi trovavo troppo bene a volare lì sopra.

«Primi a provare i cacciatori!» urlò Albus a centro campo.

Prima ancora che riuscissi a inforcare la scopa, Rose era al mio fianco.

«Sei sicura di voler provare? Se dovessi cadere o farti male? Ricordati che non sei più sola! Devi pensare per tu-sai-chi». Giuro che non avrei retto ancora per molto e l’avrei affatturata.

«Concorri anche tu!» la invitai.

«Certo che no! Non sarebbe onorevole. Sono una caposcuola» protestò nascondendosi dietro la sua carica.

«Anche i caposcuola hanno diritto di giocare. Provaci e io potrei ritirarmi prima di giocare una partita» la stuzzicai. Era atletica e svelta ma non sarebbe mai riuscita a entrare in squadra. Era troppo carina e delicata.

«Ti ritirerai se io gioco?» mi sfidò.

«Mi ritirerò se tu verrai selezionata» specificai. Ero in una botte di ferro.

Si spostò e mi fece passare. Inforcai la scopa e mi diedi la spinta verso l’alto. Eravamo in sette a dover essere scrutinati. I due cacciatori della passata stagione avrebbero fatto da contorno per provinare i candidati nuovi.

«Avanti!» urlò Albus passando la pluffa al cacciatore più vicino.

Cominciammo a volare velocissimo a turno. Si dovevano fare quattro giri di campo con relativi passaggi, scartare due bolidi e segnare almeno tre volte.

«Forza, Shaula! Forza, Shaula!» urlava Lily dagli spalti, agitando quello che sembrava essere uno striscione con il mio nome a lettere cangianti. Ma quando l’aveva preparato? Vicino a lei, Lucy si agitava quanto la cugina mentre Molly stava leggendo e pigramente muoveva sopra di lei la bacchetta.

«Lily si è organizzata per fare il tifo» spiegò Roxanne, mentre mi volava vicino, pronta con la sua mazza per i bolidi.

Quando Albus diede l’ordine per me, partii come un fulmine, accucciandomi sul bastone della mia scopa per essere più aerodinamico possibile. Presi la pluffa durante una giravolta e lo rilanciai mentre scendevo in picchiata per evitare un bolide, risalii in quota e svoltai repentino a destra mentre riprendevo la pluffa e la lanciavo nel cerchio in alto. Nessuno avrebbe potuto prenderla. L’azione era stata così veloce che dovetti richiamare gli altri due cacciatori per continuare. Continuai a volare spedito, feci finta di perdere la presa durante il terzo giro e la ripresi dopo una terrificante picchiata. Sbagliai a bella posta il terzo cerchio, finendo il mio provino con un due su tre.

Albus mi guardò estremamente soddisfatto e passò a provinare altri candidati.

«Forza, Louis! Forza, Louis!» urlava Lily. Questa volta lo striscione aveva cambiato nome con quello del cugino.

Anche lui fece davvero una bella prova, riuscendo a fare tre centri su tre e senza perdere mai la presa sulla pluffa. I suoi passaggi erano precisi, diretti ed efficaci. Era davvero un gran giocatore.

«Credo che Louis sarà riconfermato» sussurrò Rose.

I provini dei cacciatori finirono poco dopo e Albus ricominciò a incitare i battitori.

Loro dovevano provare a colpire un bersaglio molto piccolo, e volare in tondo per il campo, alternandosi nelle battute e incrociandosi con i cacciatori.

L’unica davvero forte fu Roxanne. Hugo provò ma venne battuto dal battitore titolare dell’anno scorso e che, con ogni probabilità, avrebbe mantenuto il suo posto in squadra.

«Portieri!». A quella voce, Rose, Nicholas, e altri tre ragazzi del sesto anno si disposero davanti ai cerchi.

A turno, i cacciatori, iniziarono a lanciare verso di loro e i portieri provarono a parare.

Dopo alcuni minuti cominciai ad avere dei dubbi sulla inettitudine di Rose. Accidenti! Sembrava non avesse mai fatto altro che parare le pluffe. Non gliene scappava una. Man mano che il provino procedeva, i candidati venivano eliminati, fino ad arrivare a un testa a testa tra Rose e Nicholas.

«Forza, Rose! Forza, Rose». Lily si agitava come non mai. Anche Molly aveva lasciato il suo libro e partecipava a fare il tifo con sua sorella Lucy.

I tiri erano sempre più forti, precisi e i portieri sempre più bravi.

«Credo che Rose possa farcela» dissi a Roxy che galleggiava vicino a me con la scopa.

«Non avevo dubbi! È sempre stata la più brava in porta. L’ha allenata suo padre e lui è stato il portiere dei Grifondoro a scuola e dopo la guerra ha anche giocato nei professionisti per un paio d’anni. Quando ci troviamo tutti insieme e decidiamo di fare una partita sono loro due che stanno in porta». Quindi mi ero illuso che la rossa non fosse capace.

Proprio quando mi misi a pensare intensamente a Nicholas, che vincesse la sfida, questo perse la presa e il cerchio centrale fu infilato. Rose aveva vinto e io, se avessi guadagnato il posto, avrei dovuto rinunciare. Porco Merlino!

Per ultimo cinque Grifondoro (tra cui Albus) provarono a fare il cercatore, ma era evidente che il boccino amava letteralmente i Potter e Albus dimostrò di essere il degno successore di suo fratello James.

Due giorni dopo vennero affissi nella sala comune, i nomi dei titolari della squadra e le riserve.

Cacciatori, Shaula Girtab, Louis Weasley e James Percy Holmes del sesto anno.

Battitori, Roxanne Weasley e Oliver Trislot.

Portiere, Rose Weasley.

Cercatore, Albus Potter.

Riserve, Hugo Weasley battitore, Nicholas Jones portiere, Wendy Wolpert e Marcus Belby Jr cacciatori, Robert Madley cercatore.

 

«Sono entrata in squadra. Ora tu devi rinunciare» esordì Rose, qualche giorno dopo. Era già un miracolo che non fosse corsa da me subito dopo aver letto i nomi della lista.

«Dai, Rose. Hai visto che volo bene. Non ti devi preoccupare» cercai di blandirla, ma era come cercare di ammansire un ippogrifo con una unghia incarnita nello zoccolo.

«No. Abbiamo scommesso e hai perso».

«E se trovassi il modo per essere perfettamente al sicuro?». Dovevo riuscire a far entrare in quella testa rossa e testarda che non aspettavo nessun bambino!

«Dubito che tu ci possa riuscire. Provaci. Se mi convinci… accetterò che tu giochi».

Sembrava di essere alle grandi manovre di diplomazia. Ed io non ero mai stato un gran diplomatico!

 

Da quel momento non era cambiato niente: Rose cercava di convincermi ed io nicchiavo. Adesso, a un mese di distanza e a qualche giorno prima della partita contro Tassorosso, con Blaike che mi aspettava al varco, ero sempre più convinto che forse era meglio ascoltare la rossa e rinunciare alla partita.

Avrei deciso domani mattina, ora era il momento di correre in biblioteca. Come al solito aspettai che tutte le mie compagne fossero nel mondo dei sogni, e quando sentii il respiro pesante del sonno, mi vestii, scesi al terzo piano e mi infilai nella sala stracolma di libri.

Era più di un mese che tornavo in biblioteca a cercare controincantesimi. Non ero ancora riuscito a trovare niente che mi salvasse dalla maledizione, se non un accenno a un potere nato dall'odio che poteva essere incanalato in un amuleto oscuro. Non era difficile capire che tutto questo pasticcio era nato dall'odio. Se non avesse provato odio non avrebbe mutato degli esseri umani in sembianze animali e non avrebbe dato una scadenza di un anno per poi morire.

Andai nel reparto proibito e ricominciai a leggere il libro codice Pad_19 da dove avevo interrotto la volta precedente. Ormai ero diventato un esperto con i codici con cui erano ordinati i libri. Mi ero fatto anche una lista in modo da non saltare niente di importante. Se mi fossi salvato, potevo sempre chiedere di essere assunto come bibliotecario. Credo che nessuno passasse più tempo di me lì dentro anche se nessuno lo sapeva.

Due giorni prima, c'era mancato davvero poco che mi scoprissero i prefetti durante il giro di ronda. Questa volta ero stato più attento e mi ero mantenuto nel buio, procedendo solo grazie alla luce della luna che filtrava dalle finestre. Neanche i dipinti mi avevano notato, continuando a sonnecchiare durante tutto il percorso.

Il libro era particolarmente difficile e dovevo fare molta attenzione a quello che leggevo. Lentamente il tempo passò, senza che mi accorgessi del suo trascorrere.

Ero così concentrato che non mi accorsi della sua presenza sino a quando non fu accanto a me e la sua ombra oscurò la pagina che stavo leggendo, seduto sul pavimento.

Sobbalzai e alzai il viso spaventato.

«Ciao, Shaula» disse Rose, guardandomi dall'alto. Miseriaccia! Cosa dovevo fare ora? Come potevo spiegarle che avevo il permesso della preside per essere lì a quell'ora di notte e che le mie ricerche erano fatte con il beneplacito del Ministero e degli Auror?

«Ciao, Rose» risposi, senza trovare altro da dire. Feci passare alcuni minuti, poi visto che non parlava, mi arresi. «Come hai fatto a trovarmi?».

«Credevi che non mi fossi accorta di tutte quelle notti che ti alzavi? È da una settimana che so che vieni qui».

«Come hai fatto?». Questa era ammirazione. Ero convinto di essere stato davvero prudente e lei mi aveva battuto.

«Due settimane fa mi sono svegliata e tu non c'eri, poi ti ho seguito da lontano, ma adesso ero davvero curiosa di sapere cosa leggevi di così interessante, visto che non ti sei neanche accorto che ero così vicina» e si sporse per leggere le pagine ingiallite.

«Uh. Libri del reparto proibito. Ho sempre desiderato metterci le mani sopra» sospirò.

«Sono molto noiosi, te lo assicuro» risposi voltando pagina.

«Cosa stai cercando?» chiese. Ecco la domanda che mi aspettavo fin dall'inizio e che non avrei mai voluto ascoltare.

«Una soluzione» risposi cercando di essere evasivo. Era un tentativo inutile e lo sapevo, ma non riuscivo a risolvermi di dirle tutta la verità. Si era presa a cuore la mia situazione sin da quando ero arrivato a Hogwarts. Cosa avrebbe fatto se avesse saputo che ero maledetto e che avevo i giorni contati? Non volevo la sua pietà. Il suo spirito di sacrificio, tipico della sua famiglia, si sarebbe immolata alla mia causa e io non volevo la compassione di nessuno. Preferivo la lotta. In questo ero molto più Grifondoro di quanto avessi mai potuto immaginare.

«Quale soluzione? Per cosa?» la sua voce cominciò ad avere un tono preoccupato, poi allungò le mani e mi strappò il libro aperto dalle ginocchia. Cominciò a sfogliarlo, sino ad arrivare a un punto e farsi scappare un gemito inorridito.

«Stai cercando di abortire? Shaula, non puoi! Non è una soluzione, questa! Uccidere il tuo bambino è un abominio!» strepitò sconvolta, rischiando di svegliare tutti gli abitanti del castello.

Per la barba di Merlino, Paracelso e Circe! Cosa aveva pensato adesso questa pazza scatenata, antiabortista?

«Cosa?» chiesi. Rose mi fece vedere il libro che era aperto su una pagina che insegnava a far uscire il bambino dal corpo della madre, senza l'intervento di pozioni e senza bisogno di medimaghi e guaritori, uccidendo il feto senza alcun danno per la madre. Era un intervento orribile e misericordioso allo stesso tempo. Ma cosa pensassi io, non era una cosa che mi servisse.

«Rose, non so come fartelo capire, ma io non aspetto alcun bambino» dissi per l'ennesima volta. L'avevo ripetuto allo sfinimento ma lei rifiutava di assimilare il concetto, dicendo che stavo mentendo per paura. Da dove le venisse tutta questa sicurezza volevo proprio saperlo.

Provò a parlare ma la interruppi.

«Ragiona. Sono qui da due mesi. Se fossi stata davvero incinta, non sarei ingrassata? È vero che sono grassa, ma sarei aumentata e invece sono sempre uguale». La vidi sgranare gli occhi e le sue guance arrossirono. Nel suo sguardo iniziò a sorgere un barlume di comprensione e perplessità insieme. Il dubbio.

«Davvero non sei incinta?».

«No. Non sono incinta» risposi secco. Forse ero riuscito a incrinare le sue certezze.

«Ma... ma... come... cosa....?». In effetti questa rivelazione creava più domande che risposte e rischiavo di tornare al dramma di partenza. Cosa dovevo dire?

«Non sono incinta e non ho bisogno di assorbenti» feci il riassunto.

«Quindi? Cosa c'è che non va?».

«Diciamo che è una maledizione e sto cercando l'antidoto» confessai.

«Ma i professori non possono darti una mano? Lo sanno?».

«La McGranitt lo sa. Gli altri sanno qualche cosa ma non tutto».

«Di cosa si tratta?». Ecco che arrivava il momento x.

«Rose, non è che non mi fidi di te, ma potrei confessarti tutto un'altra volta?».

«Potrei aiutarti. Sono brava con le ricerche ed essendo Caposcuola, posso sicuramente eludere le ronde e venire in biblioteca senza rischi. Dimmi come posso aiutarti».

Rimasi qualche minuto a guardare il pavimento, senza vedere nulla.

«Ti dirò tutto, ma non ora. Devo... devo pensarci, non è una cosa che riguarda solo me. Se riterranno che tu possa essere di aiuto, te lo dirò. Promesso». Forse avevo trovato un buon compromesso. «Continuiamo a cercare». Presi un altro libro ed iniziai a sfogliarlo.

«Cerchiamo una maledizione?».

«Sì. Trasformazione» confermai.

Trascorremmo un paio d'ore in quel modo, consultandoci quando trovavamo qualche cosa di interessante, ma niente che servisse al mio problema.

Guardai l'ora, quando iniziò a farmi male la schiena. «E' ora di andare». La rossa annuì e sbadigliò stiracchiandosi.

 

Tornammo al dormitorio dei Grifondoro, senza incontrare nessuno, neanche i fantasmi che bazzicavano sempre nei corridoi a quelle ore notturne.

«Rose, tra tre giorni è Halloween» dissi. Mi ero appena ricordato del problema di Goyle.

«Sì».

«Ci sarà il ballo la sera» continuai.

«Sì».

«Tu ci andrai con qualcuno?» chiesi.

«Sì. Ci andrò con Nicholas. Me l'ha chiesto dopo che ha perso il provino per il quiddich. Ha detto che aveva bisogno di essere consolato» rispose ridendo.

A me la cosa non faceva molto ridere. A dire tutta la verità, mi dava un pochino fastidio, ma sorvolai sulla questione. Avevo cose più importanti da discutere.

«Ho un problema» annunciai.

«Solo uno?» ridacchiò di rimando.

«Goyle mi ha invitato al ballo» sparai e sentii un singhiozzo di risposta.

«Cosa gli hai risposto?» chiese poco dopo.

«Di no».

«Meno male» e continuò a camminare tranquilla verso la torre Grifondoro.

«Però gli ho anche detto che ci andavo con un altro».

«E con chi?».

«Non lo so».

«Come non lo sai?». Bloccò la sua camminata nel corridoio davanti alla Signora Grassa che stava sonnecchiando nel dipinto.

«Gli ho detto che ci andavo con un altro per evitare di andarci con lui. Ma cosa posso fare ora? Devo trovare qualcuno! Mi puoi aiutare?» pregai a mani giunte. Tutto pur di sfuggire a Goyle.

«A tre giorni dalla festa, chi voleva andarci accompagnato è già impegnato. È impossibile trovare qualcuno» replicò sconsolata.

«Se mi presento senza nessuno, avrò Theo appiccicato tutta la sera oltre a far la figura della bugiarda. Non è che Albus è libero?» chiesi speranzosa.

Rose si mise a ridere. «Ha ricevuto inviti appena entrati a settembre. Credo che ci vada con una ragazza di Corvonero... possiamo chiedere» fece spallucce.

«Pensaci. Chi altri c'è? Alla festa possono intervenire quelli sino al quinto anno».

«Un sacco di gente impegnata. Anche Lily e Roxanne hanno un ragazzo per la festa. Louis ci va addirittura con Honey Abbott quella bellissima di Tassorosso del settimo anno». Sgranai gli occhi. Complimenti al piccolo Weasley del sesto anno! Aveva beccato la più bella di tutta la scuola. Anche io ci avevo fatto più di un pensierino ma quella era davvero un sogno irraggiungibile.

«Michael, Robert, Finn, Justin, Christopher?» elencai.

«Forse è rimasto Ruben Biggs Junior» rispose titubante.

Soffocai un urlo terrorizzato. Ruben era un ragazzo basso, rachitico e brufoloso. L'immagine vivente nel nerd più nerd dell'intero mondo, magico e non.

Fossi stato più debole, sarei svenuto.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

finalmente Rose ha capito che Shaula non è incinta. Certo, questo implica che, se non aspetta un bambino, ci sono altri problemi e sarà difficile per Scorpius non confessare.

Ci sarà il confronto? Shaula confesserà?

Per ora dobbiamo risolvere il problema di Scorpius per il ballo di Halloween. Riuscirà a trovare un ragazzo disposto ad accompagnarlo? Io ho già una soluzione, vediamo se indovinate quale?

 

Riassumiamo i fatti: abbiamo un ballo di halloween e una partita di quiddich. Qualche altra idea prima delle vacanze di Natale?

 

Ringrazio per le recensioni che danno sempre la carica, spero che l’utilizzo dei nick vi piaccia. Grazie ai vostri suggerimenti per le scuse di Goyle (in particolare la pacca sulle spalle opera vostra). Ringrazio comunque chi legge e grazie per l'attenzione.

Alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 12
*** Il ballo di Halloween ***


Eccomi per il capitolo 12! due settimane dopo il mio ricominciare.

Pat, pat. Mi faccio i complimenti da sola autobattendomi sulla spalla.

Come al solito ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e che recensiscono regalando le loro opinioni e anche i suggerimenti per le prossime scene. Divertitevi, la storia sta diventando sempre più calda!

Ringrazio Elenri per il banner. Sono due e li alterno. Mi piacciono perché, anche visivamente, mi aiutano a restare sempre sul pezzo. Io non penso ai protagonisti con quelle facce, per me i racconti che leggo aprono la fantasia ma in questo caso credo che siano azzeccati e di aiuto.

 

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Adesso, BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Adesso sì che non sapevo più cosa fare!

Il giorno dopo mi ero svegliato presto e insieme a Rose e Daisy, avevamo cominciato a cercare qualche ragazzo disposto a portarmi al ballo.

Anne e Meredith ridevano come matte, guardando i nostri sforzi e i no che collezionavamo con più successo delle figurine delle cioccorane.

«Shaula, smettila! Anche Daisy è riuscita a trovare un ragazzo con cui andare al ballo! Lo troverai anche tu» mi incoraggiò Rose.

«Certo! Se pensi a Marcus Flitt terzo come a un troll forse gli fai un complimento» rimbeccò Anne.

«Mi hanno raccontato che suo padre era una montagna senza cervello. È stato anche bocciato! Certo che il figlio non è molto meglio» aggiunse Meredith.

«Anzi, direi che è peggio» terminò l’amica con cattiveria.

Ero sempre più convinto che quelle due avessero bisogno di una bella lezione. Daisy era mortificata e stava zitta in un angolo della stanza.

«Non prendertela. Sai che sono fatte male quelle due. Tu almeno hai qualcuno con cui andare al ballo, io, al massimo posso chiedere a un elfo domestico…» terminai con voce fievole mentre prendeva forma un’idea nella mia mente.

«No. Non pensarci neanche! Un elfo? Dove lo trovi un elfo domestico? Poi lo dovresti vestire e loro vengono liberati con i vestiti!» mi fece ragionare Rose ma ormai ero lanciato.

«Non quelli di Hogwarts. Sono stipendiati, dovrei solo trovarne uno disponibile. Non siamo forse per la parità dei soggetti magici?» chiesi.

Okay, anche io sapevo che era un’idea balzana ma se non riuscivo a trovare una soluzione… le conseguenze sarebbero state catastrofiche. Dovevo rimediare qualcuno in fretta.

«Senti… facciamo ancora un tentativo con quelli di Serpeverde» propose Daisy, subito zittita da un 'no!' mio e di Rose.

«Theo è di Serpeverde, non sarebbe onesto rivolgermi a qualcuno lì» risposi.

«Perché? Mentire dicendo che avevi un cavaliere è onesto?» ribatté Daisy. Non aveva tutti i torti.

«E se chiedessimo a Sir Nicholas? È il suo complemorte, al posto della festa potrebbe fargli piacere mescolarsi con noi» propose Rose.

«Io non sono mai andata a una festa di complemorte». Era una curiosità che non mi ero ancora tolto.

«E ti consiglio caldamente di evitare. Mio padre e mia madre con lo zio Harry, hanno partecipato durante il loro secondo anno ed è stato orribile! Sono letteralmente scappati». Se il grande Harry Potter era fuggito, doveva essere davvero una cosa mostruosa. Lui aveva digerito di tutto durante i suoi anni a Hogwarts.

«Okay, niente complemorte» acconsentii. «Quindi dici che potrei andarci con un fantasma? Caspita, mi mancano i giganti e le banshee e saremo al completo!».

«Proviamo con qualcuno dei Tassorosso… sono più disponibili» nicchiò Daisy.

 

«Cosa? Con quella…». Gli occhi di questo ragazzo erano grandi come delle palle da calcio babbano!

«Occhio a quello che dici, Sean!» minacciò Rose puntandogli il dito addosso.

Il ragazzino del quinto anno Corvonero, arrossì e balbettò.

«Non oserei mai… solo che non posso proprio. Devo andare al ballo con…» si guardò attorno con occhi pieni di panico prima di indicare una ragazza che passava in quel momento. «Con lei» e scappò dietro alla sua preda. Guardammo il congiungersi le mani e i balbettii. Stava pregando per non portarci me.

«Brutto bugiardo!» sibilò Rose facendo il gesto di inseguirlo. La bloccai appena in tempo.

«Lascia stare. Io ho fatto la stessa cosa con Goyle. Sarei da affatturare anche io». Rose guardò la mia mano sul suo braccio ed arrossì, per poi rispondermi non appena l’ebbi tolta.

«Sì, ma poteva dirlo subito, ti pare?».

Anche io ero d’accordo ma non si poteva uccidere nessuno per questo, meglio rivolgersi ad altre persone. Hogwarts era enorme! Ci doveva essere qualche anima pia disponibile!

«Hagrid!» urlò Rose. Il nostro guardiacaccia che faceva sentire nanetti anche quelli alti due metri? Il guardiano del parco che aveva quasi ottant’anni? Colui che aveva la stessa grazia di un elefante in un negozio di cristalleria? Quel Hagrid?

«Ma è un vecchio!» protestai. Non che ci fosse niente di male, ma non volevo che mi additassero come assistente del reparto geriatrico.

«O così, o Sir Nicholas quasi senza testa. A meno che non vuoi trovarti in compagnia di un professore...». Merlino me ne scampi! Rose ridacchiò mentre io ero sempre più depresso.

 

Prima in compagnia di Rose, poi con la caritatevole Daisy, rivissi la scena del ragazzo Corvonero con altri sei studenti. Si poteva dire che stavo facendo un servizio pubblico, visto che tutti quelli interpellati erano riusciti a trovare una ragazza da portare al ballo. Quest'anno non ci sarebbe stata nessuna fanciulla a fare tappezzeria e tutto per merito mio e di Goyle. Solo per questo, meritavo di essere incoronato re del ballo... regina del ballo... ermafrodita del ballo.

Quei tre giorni passarono con una velocità folle, come se il tempo si fosse divertito a correre più in fretta per farmi dispetto. Quella sera ci sarebbe stato il ballo di Halloween e per la prima volta in tutti gli anni di Hogwarts mi sarei presentato senza ragazza... ragazzo... santo incantesimo di lunga vita! Ero talmente confuso che non mi capivo neanche più.

«Albus, dovresti prepararti per andare a prendere Sally. Non è carino arrivare in ritardo dalla propria dama» disse Lily mentre aspettava che il proprio cavaliere arrivasse.

Roxanne rise ammiccando verso il ragazzo. «Come? Non lo sai? Ieri è inciampata in uno zaino lasciato in mezzo alla stanza a lezione di Pozioni, è caduta direttamente in un calderone. Peccato che fosse quello di Flitt, che non è esattamente un genio. È ricoverata in infermeria con tutta la faccia coperta di bolle verdi e gialle».

«Quindi, caro cuginetto, sei solo!» affermò Rose, sorridendo. Albus sollevò il viso e guardò terrorizzato le cugine e la sorella che si erano messe in circolo davanti a lui.

«Albus, abbiamo bisogno di te» annunciò Lily.

«Devi salvare una fanciulla» specificò Rose e Roxy annuì con enfasi.

Ed ecco che le Weasley si precipitarono nella stanza ed iniziarono a tirare fuori tutti i miei vestiti dal baule.

«Che fate?» chiesi.

«Preparati, Cenerentola! Questa sera vai al ballo. Albus ti aspetta di sotto» rispose Rose, mettendo un vestito tutto veli sul mio letto.

«Ma non doveva andare con una di Corvonero?».

«Incidente. Lei è ricoverata in infermeria e tu hai uno dei ragazzi più ambiti a disposizione per il ballo. È fantastico!» gridò festosa Rose.

Non che fosse così 'fantastico'. Avevo cercato per giorni un ragazzo per andare al ballo e adesso che ero sistemato mi sentivo fuori posto. Io ero Scorpius, ma più mi guardavo allo specchio e meno ricordavo il mio vero volto. Ero un uomo ma mi sentivo anche una donna. Ero un soggetto che prendeva in giro gli altri e adesso ero lo sberleffo degli altri e non mi piaceva.

Presi il vestito e mi chiusi nel bagno. A parte che sembravo una cartina da svolgere, il risultato finale di trucco, parrucco e vestiario era passabile.

Quando scesi nella sala comune trovai quasi tutti i Grifondoro assiepati ad assistere la mia entrata. Appena arrivai in mezzo ai divani tutti iniziarono a urlare festosi, come se avessimo vinto la coppa delle case e la coppa di quiddich tutto in una volta.

«Vai, Shaula!». «Forza, Grifondoro!». «Urrà!».

La porta si aprì e una marea di Grifoni si riversò nei corridoi di Hogwarts.

 

La sala comune era tappezzata da ragnatele dove erano incastonate delle lucine che illuminavano le zucche disposte ai lati e i tavoli, oltre che la pista da ballo e il palco dove suonava la band dei MagicFire. Sul soffitto incantato svolazzavano dei pipistrelli cangianti che facevano brillare la volta come se fosse trapuntata di stelle. Nel complesso era davvero spettacolare, soprattutto il fatto che le zucche erano davvero enormi.

Entrai nella sala al braccio di Albus Potter e tutti quelli vicino all'entrata ammutolirono. Avevamo tutti gli occhi addosso. Con la scusa di non superare il mio cavaliere in altezza, avevo ottenuto di indossare delle scarpe basse ed eravamo allo stesso piano. Adesso ringraziavo tutti i maghi passati, presenti e futuri per non rischiare di andare lungo disteso, spalmato sul pavimento di marmo.

«Albus Potter e Shaula Girtab. Bellissima coppia. Congratulazioni!» esordì Delphina dopo qualche minuto in cui tutti erano ancora senza parole. Ma cosa c'era di strano? Erano due compagni di casa che si facevano compagnia, che cavolo! Mica stavamo per sposarci! Non appena l'idea sfiorò la mia mente mi vennero conati di vomito! Un incubo peggiore di quello in cui vivevo. Nulla contro gli uomini che stanno con altri uomini, ma non faceva per me. Io volevo curve, pelle morbida, labbra rosee, capelli rossi e lunghi... reset! Qui stavamo andando in zone proibite ed era meglio fermarsi prima di mostrare una imbarazzante erezione che neanche mister parapalle in titanio sarebbe riuscita a contenere.

«Signorina Girtab, Signor Potter, buonasera» salutò la preside, mostrando un leggero fremito all'angolo della bocca. Poteva forse essere un sorriso? Boh!

Altri studenti arrivavano nella sala e noi decidemmo di avvicinarci al buffet per cominciare a mangiare qualche stuzzichino. Albus si guardava attorno interessato, pur tenendo fermamente il mio braccio, quasi avesse paura di perdermi tra la folla. Cosa che reputavo impossibile visto che brillavo di luce propria per bruttezza e goffaggine.

Alle prime note di una famosa canzone si voltò verso di me. «Vuoi ballare?».

«Stai scherzando?». Voleva davvero farsi vedere da tutti con me al centro della pista?

«Assolutamente no. Sei la mia dama, devo ballare con te».

«E se non sapessi ballare?»

«Ho già fatto un incantesimo antischiacciamento ai piedi quindi non corro rischi» rispose sorridendo incoraggiante. Mi tese la mano e io la presi senza pensare. Avrei ballato con un uomo. Brividi!

Albus salutò Alice e Lily che chiacchieravano con i loro cavalieri a bordo pista e mi condusse al centro, prima di abbracciarmi e cominciare a volteggiare.

Puf! Volteggiare? Diciamo passare dalla casella sei alla sette, alla otto e ritornare alla sei. Complessivamente uno spazio di circa ottanta centimetri quadrati. Il mago ballerino John Stravolto era lontano millenni luce. Decisamente il ballo non faceva per il piccolo Potter che era distratto da sua sorella sempre parcheggiata a bordo pista.

«Lily sta bene» dissi incoraggiante. Fratellone geloso. Un genere che io avevo conosciuto solo come potenziale pestatore del mio faccino quando seducevo la sorella. Non esattamente un potenziale amico.

«Lily? Oh, sì. Certo» rispose distratto.

Se non era per Lily, a chi stava dedicando tanta attenzione?

«Ho sentito dire che Tu-Sai-Chi, ha aperto una gelateria a Hogsmeade». Provammo a tastare la sua reattività celebrale.

«Oh, sì. Certo». Reattività piatta.

«Tuo padre è appena entrato in sala ed è vestito con solo le mutande a pallini». Ultimo tentativo prima del ricovero al San Mungo.

«Oh, sì. Certo». Aveva vinto un biglietto di sola andata.

«Cosa hai bevuto prima di venire qui? Qualcuno ti ha fatto la maledizione imperius?» chiesi.

«Cosa?». Forse si era svegliato.

«Sei qui che stai ballando con me e non ci sarebbe nessun valido motivo se non una imperius per costringerti» risposi.

«Sono tuo amico e mi fa piacere» rispose facendo spallucce.

«Allora perché stai fissando tua sorella come se volessi essere là? Lily è in grado di difendersi da sola da qualsiasi polipo voglia allungare le mani. Io mi preoccuperei di più per i ragazzi lì attorno!».

«Non è Lily... è...». Oh! Momento da confessionale!

«Alice» conclusi per lui. Albus mi guardò sgranando gli occhi e arrossendo.

«No... non è...» non riuscì a finire che interruppi la giustificazione pietosa, tanto non l'avrebbe creduta neanche Goyle, il che era tutto dire.

«E' carina. Perché non la inviti a ballare?».

«E' qui con un altro» rispose lui.

«Ma non sta ballando e da come batte il piede sul pavimento ne ha voglia. Buttati!» ordinai e lo trascinai a prendere la sua nuova dama, tanto io avevo già fatto la mia entrata e non avevo intenzione di ballare con altri ragazzi. Non ero capace a farmi condurre. Forse avrei potuto invitare qualche ragazza, tanto per tenermi in esercizio. Non era strano che due donne ballassero assieme, vero?

Non appena venni lasciato solo da Albus, Goyle comparve accanto a me. Uau! Neanche da maschio ero così desiderato! «Shaula, amore. Vuoi ballare con me?» chiese Theodore, poi, senza neanche aspettare la risposta negativa, mi trascinò sulla pista e mi agguantò pronto a dare visione delle sue abilità circensi.

In effetti, ballare con Goyle era come essere in bilico su una corda, i passi erano talmente veloci da rischiare l'inciampo continuamente. Era un esercizio immane di equilibrio. Quasi mi facevo i complimenti da solo per riuscire a non cadere.

Avevo il fiatone per lo sforzo che quasi non mi accorsi quando la sua mano scivolò verso il basso sino ad arrestarsi sulle mie natiche. Quasi. In quel momento rimpiansi di essermi imposto le unghie corte perché avrei gradito immensamente ficcargliele sulle braccia sino a farlo sanguinare. Ma un cruciatus poteva dare la stessa soddisfazione.

«Toglimi quella lurida mano di dosso o ti faccio baciare da un dissennatore!» sibilai abbassandomi leggermente al suo orecchio. La mano tornò magicamente ad altezze consone, anche più su se proprio dovevamo essere precisi, mi sembrava di essere appeso per le ascelle! Sorrisi tra me, non avevo perso il mio piglio!

«Adesso sono stanca, vado a cercare il mio cavaliere» dissi non appena la musica cambiò con un nuovo pezzo. Lungi da me l’idea di continuare con quel martirio! Albus aveva fatto un incantesimo per salvare i suoi piedi ma io no! E i miei alluci mi stavano maledicendo per la mia dimenticanza.

 

Mi allontanai quasi correndo.

Naturalmente di Albus e Alice non c’era traccia alcuna e mi sarei stupito del contrario, oltre a fargli una lavata di capo per l’occasione persa. Se non altro non era un totale stupido il piccolo Potter.

Era da qualche minuto che sorseggiavo un succo di zucca, quando si materializzò accanto a me una Rose semplicemente meravigliosa. Il vestito verde scuro faceva risaltare la pelle chiara e dava profondità ai suoi occhi azzurro cielo. La scollatura, pur non essendo accentuata, esaltava la rotondità del seno e la vita stretta. La gonna lunga, larga e fluttuante, si apriva birichina ad ogni passo, mostrando il polpaccio tonico e la caviglia sottile alla quale era appesa una catenella che scatenava maliziosi pensieri ad ogni maschio presente. O almeno a me, che sarei partito proprio da quel punto per toglierle tutto e poi… fermarmi prima che la cosa diventasse palese e imbarazzante per tutti.

«Ciao, Shaula. Ho visto che eri alle prese con Goyle. Uffa, che sete!». Prese un bicchiere e cominciò a sorseggiare anche lei.

«Io invece non ti ho vista con Nicholas. Dove l’hai nascosto?» chiesi ridacchiando.

«E’ già fortunato che non l’abbia spedito al San Mungo. Pensa che ha provato a toccarmi e baciarmi. Prima ero in compagnia di un amico e subito dopo con il figlio della piovra gigante del lago nero».

Raccontò il fatto con leggerezza, come se fosse normale. Io invece, già dalla prima sillaba, sentivo una rabbia cieca avvolgermi e stringermi. Avrei voluto prendere a pugni Nicholas fino a ucciderlo, per aver osato toccare quella ragazza che mi era stata accanto dal primo momento. Rimasi spaventato dall’intensità dei miei pensieri. Avrei davvero fatto tanto male a una persona? Sì, per Rose l’avrei fatto. Era mia amica e meritava tutta la mia protezione.

 

«Buona sera, ragazze». Ci voltammo a salutare a nostra volta e ci trovammo davanti quella strana creatura che era la professoressa Cooman, insegnante di divinazione. Ormai era arrivata a una certa età, ma nulla le impediva di riempirsi di scialli, di braccialetti rumorosi e di portare quegli orribili occhiali che ingrandivano i suoi occhi e la facevano sembrare a un lungo, magro insetto.

«Buona sera, professoressa Cooman» rispose secca la rossa. Non aveva mai avuto molta considerazione di quella donna. Era una delle poche cose che avevo sempre saputo di Rose Weasley. Forse perché neanche sua madre era una fan delle arti divinatorie.

«Oh! Shaula Girtab, lei non è mai stata a una mia lezione… peccato, un vero peccato. Lei che viene dall’oriente potrebbe avere l’occhio! Io ho ereditato la Vista dalla mia bisnonna… mi faccia vedere il bicchiere, mia cara» e ancora prima che lo lanciassi via, la Cooman aveva artigliato il cristallo e lo stava squadrando come se ne andasse della sua vita.

Avevo frequentato le sue lezioni solo per un anno, per poi abbandonarle. La divinazione non mi interessava e passare un’ora nella sua classe, se all’inizio era divertente, alla lunga mi aveva annoiato. Appurato che non possedevo nessuna Vista, avevo lasciato il suo corso senza rimpianti. A quel che sapevo, Rose non si era mai neanche presentata.

«Oh! Povero, povero caro ragazzo!» esordì la professoressa, facendomi una lieve carezza sulla guancia. Rimasi perplesso e spaventato. Mi aveva chiamato ragazzo! «Povero Scorpius Malfoy. Così giovane e così segnato… pochi sono i mesi che lo separano dalla sua fine… solo… un nome…» fissò ancora più intensamente il fondo del bicchiere, come un ubriacone (forse erano vere le dicerie che la facevano amante dello sherry) «Rosie Malfoy… no…» sospirò e mi guardò fisso «Morte» disse prima di restituirmi il bicchiere e andare al tavolo a prendere qualche cosa di più forte.

In quel momento la invidiai. Anche io avevo bisogno di qualche cosa di forte. Guardai Rose che guardò me.

«Probabilmente sono la trentesima persona a cui predice la morte quest’anno» provai a dire.

«La morte di Scorpius» mormorò Rose senza staccare lo sguardo dai miei occhi. «Chi è questa Malfoy che ha nominato? Un’altra cugina?» chiese infine, prima di sospirare e voltarsi verso la pista da ballo, dove Albus faceva bella mostra di sé, allacciato alla piccola Paciock.

«Forse, non conosco tutti i parenti di Scorpius» risposi. In un certo senso era vero.

Non c’erano molti cugini tra i purosangue, visto che quasi tutti erano figli unici, ma eravamo tutti imparentati e quindi potevano esserci dei cugini di grado molto molto lontano, di cui non conoscevo l’esistenza.

«Andiamo a ballare» dissi cambiando argomento.

«Con chi? Non ci sono ragazzi qui» rispose Rose ritrovando il sorriso. Un meraviglioso, dolcissimo sorriso allegro, quello che avrei voluto vedere sempre sul suo viso.

«Insieme noi due. Almeno non ci saranno bestioni senza cervello che ci palpano come se fossimo quarti di manzo». Risi e Rose mi prese la mano seguendomi sulla pista da ballo. Essendo più alto, la parte dell’uomo spettava a me e niente mi fece più piacere che sentirmi quasi me stesso mentre ondeggiavo e volteggiavo con la rossa a tempo di musica.

Come tutti i Malfoy ero stato costretto a prendere lezioni di ballo, ma nessuna dama era stata così leggiadra come Rose, anche quando mi pestò il piede… probabilmente perché avevo voltato troppo in fretta e lei aveva perso l’equilibrio… oppure quando mi presi una gomitata nel costato, ma anche lì era stata spinta… oppure quando…

No, decisamente non era una brava ballerina e doveva fare parecchia pratica prima di essere a un livello accettabile. Per ora sembrava un troll con la zampogna, ma un troll molto carino e simpatico. Una vera amica.

 

Appena divenne un poco più tardi, i balli classici lasciarono spazio a quelli per i giovani maghi. I professori si ritirarono discretamente lasciandoci palco libero e noi ci scatenammo saltando come cavallette. Per precauzione le lezioni del mattino dopo erano sospese e non fu difficile fare le ore piccole. Per me ancora meno, visto che ero abituato.

Alle tre di notte, cominciammo a tornare nei vari dormitori. La McGranitt non era molto propensa a far fare più tardi di così e sapevamo che potevano esserci serie conseguenze se ci facevamo trovare in giro oltre quell’orario.

La festa continuò ancora per mezz’ora nella sala comune, prima che, poco per volta, tutti i Grifondoro, andassero a dormire.

Ero ormai uno degli ultimi, e stavo cercando di svegliare Louis per aiutarlo a salire in camera, quando vidi una forma strana nel camino della sala. Lasciai il Weasley a dormire scomposto e mi avvicinai.

«Shaula! Shaula Girtab?» disse una voce proveniente dai carboni ardenti del camino. Quando mi inginocchiai davanti alle fiamme vidi distintamente le fattezze facciali di Harry Potter, Auror del Ministero.

«Salve, Signor Potter» risposi cercando di trattenere a un sussurro la mia voce acutissima.

«Come procede la tua ricerca?».

«Niente di nuovo. Continuo a sfogliare libri su libri ma non ho trovato ancora niente. So solo che occorre incanalare l’odio in un amuleto e che questa magia dovrebbe essere originaria della Grecia, per ora non so altro. Voi?» chiesi con una punta di speranza.

«Sappiamo che c’è qualcuno a Hogwarts implicato in queste magie. Pare che la strega che compie queste nefandezze abbia una complice».

«Non avete idea di chi possa essere? È una ragazza? Piccola o grande?». L’eccitazione della scoperta mi stava prendendo.

«Non sappiamo altro. Il mago è morto prima di poterci dire tutto» sospirò Potter. «Continueremo a indagare e tu stai attento».

«Certo» replicai deluso. Poi mi venne in mente un altro problema. «Ho una cosa da chiedere. Mentre ero in biblioteca mi ha beccato Rose».

Udii una voce orgogliosa proveniente da dentro le fiamme.

«Lo sapevo che mia figlia non si sarebbe fatta infinocchiare. Tutta sua madre quella ragazza!». Era Ron Weasley, senza dubbio.

«Vuole aiutarmi nelle ricerche».

Il viso di Potter sparì e comparve una faccia diversa in mezzo alle fiamme. «Scordatelo! Mia figlia non deve avere niente a che fare con questa storia. È pericoloso e non voglio che le capiti niente. È già brutto non poter intervenire per scoprire chi sia e se veramente esiste questa ragazza, non voglio peggiorare ulteriormente le cose» protestò veemente il padre di Rose.

«Ron, credo che Scorpius intendesse cercare sui libri» sentii Potter che cercava di farlo ragionare.

«Appunto» aggiunsi. «Non sarebbe niente altro che cercare in biblioteca. Se le spiegassi qualche cosa potremmo cercare meglio e fare prima. Io da solo non sono arrivato neanche alla decima parte dei libri da consultare». Volevo essere ragionevole, anche se permettere a Rose di partecipare alla mia ricerca, un pochino mi preoccupava.  Se davvero c’era una ragazza pericolosa tra noi, poteva essere davvero un problema essere troppo vicino alla rossa.

«Non voglio» si impuntò Weasley.

«Credi davvero che riuscirai a tenere Rose lontana da Shaula? Se è così non conosci tua figlia, mi dispiace. Lei è come Hermione. Come te. Quando un amico è in difficoltà si dà una mano e questo è quello che farà mia nipote, mi ci gioco la bacchetta». Potter aveva ragione, Rose non si sarebbe tirata indietro per niente al mondo. Avevamo già concordato l’appuntamento della notte dopo e non avrei potuto impedirlo.

Il viso di Weasley scomparve e ritornò Harry Potter. «Ti chiedo solo il massimo riserbo. Se mio figlio e mia nipote volessero aiutarti nelle ricerche, ti prego solo di spiegare bene loro i rischi. Dovete essere il più preparati possibile» dopo di che il camino tornò silenzioso.

Mi guardai attorno, sincerandomi che non ci fosse nessuno che avesse ascoltato quella conversazione e rimasi bloccato: davanti alle scale che portavano alle stanze dei dormitori c’erano Albus Severus Potter e Rose Weasley che mi fissavano.

«Cosa…» deglutii «Cosa avete sentito?» chiesi.

«Che io assomiglio a mia madre e mio padre e che tu ci devi spiegare qualche cosa che ha a che fare con gli Auror del Ministero della Magia» rispose fredda Rose.

«Evvai! Ho sempre desiderato emulare mio padre e adesso abbiamo un mistero tra le mani! Che si fa?». La reazione di Albus era quanto di più strano potesse esserci.

Ma tant’era. Stavamo per ricreare un magico trio.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ed eccoci qui, al momento della verità o quasi.

Non ho intenzione di scoprire tutte le carte, anche se ormai sembra chiaro e semplice. Come minimo mancano ancora 8 capitoli, se corressi verso la conclusione ne scriverei solo la metà.

 

In questo capitolo abbiamo un accenno importante. Come tutti i libri HP e le storie che si rispettino la soluzione del mistero evolverà in fretta nelle ultime pagine quindi prima ci godremo…

 

Ron è sempre protettivo e orgoglioso della sua bambina, ma Harry capisce che non riuscirà a tenerla fuori da questa storia, come a suo tempo lui aveva trascinato Hermione e il suo migliore amico nella lotta contro Voldemort. Anzi, da il permesso di coinvolgere anche Albus che risulta l’unico entusiasta di buttarsi a capofitto in una avventura stile Harry Potter. Difficile crescere all’ombra di un tale uomo. Nessuno ha sentito che Shaula è Scorpius e quindi…

 

Prossimo capitolo? Confessione o non confessione? Quiddich e… propongo un compleanno visto che saremo nel mese di novembre e nel segno dello scorpione. Qualcuno mi sa suggerire un giorno?

 

Ringrazio per i commenti e spero che tutti apprezziate questa storia. Io mi sto davvero divertendo a scriverla. Lunedì il capitolo 13.

Grazie per l’attenzione

Baciotti

 

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Capitolo 13
*** Shaula l'eroe del Quiddich ***


 

Nuovo giorno, nuovo capitolo!

Eccoci qui insieme ad affrontare le avventure nel nostro nuovo trio.

Grazie a chi seleziona questa storia, legge e recensisce. Grazie a Elenri per i banner, grazie a voi per la pazienza che avete con i miei strafalcioni (rileggo, ma di sicuro qualche cosa mi sfugge, quindi chiedo scusa per il martoriare della lingua italiana)

 

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E adesso? BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Era il cinque di novembre. Domenica. Ore 14,30. campo di quiddich. Prima partita di campionato scolastico Grifondoro contro Tassorosso.

La mia prima partita da giocatore con i colori rossooro che avevo sempre cordialmente odiato. E ora me li ero cuciti addosso e la cosa non mi dava neanche tanto fastidio.

Erano quattro giorni che dormivo pochissimo. Più a causa di quanto era successo nella notte del trentuno di ottobre che per le veglie con il naso immerso nei libri del reparto proibito della biblioteca o l’agitazione per la partita stessa.

Nello spogliatoio si respirava aria di agitazione per l'imminente partita. Ci eravamo cambiati e aspettavamo l'entrata in campo, eppure la mia mente correva a quattro giorni prima.

 

«Ci devi spiegare qualche cosa che riguarda gli Auror e il Ministero della Magia, allora parla!» aveva detto Rose sedendosi sul tappeto davanti al camino.

«Rose, per favore» pregai.

«Adesso parli!» ordinò perentoria. Albus si era seduto accanto a lei e ascoltava attentamente con un ampio sorriso soddisfatto che era contenuto solo dalle orecchie.

«Sai che sto cercando un controincantesimo per una maledizione. È una trasformazione fatta da una strega potentissima. Chi è colpito da questa maledizione ha solo un anno di vita per trovare una soluzione». Il riassunto era decisamente scarno e non teneva conto dei sentimenti delle persone colpite. Il fatto di essere pressoché sicuro di avere solo un anno per fare tutto quanto si voglia e si possa, era devastante.

«Tu, sei stata trasformata?» chiese Albus.

«Ho subito una trasformazione, sì» confermai a malincuore.

«Quanto ti resta?».

«Agosto» risposi secco.

«Cosa dobbiamo fare?». Cominciarono le domande a raffica da parte dei due.

«Hai già scoperto qualche cosa?»

«Con chi abbiamo a che fare?»

«Siamo in pericolo anche qui, a Hogwarts?».

«Dovremo combattere come nella battaglia?».

«Fermi, fermi! Una domanda per volta!» cercai di bloccarli.

«Allora cerca di rispondere» replicò Rose impaziente.

«Va bene. Va bene. Come ti ho già spiegato, Rose, sto cercando nella biblioteca la contromaledizione. Da quanto sono riuscito a scoprire, è odio. Un amuleto convoglia il potere di questo odio e lo direziona contro la vittima. Credo che la trasformazione sia casuale. Due maghi sono stati trasformati in animali. Questo incantesimo deve essere originario della Grecia, almeno è da lì che arrivano i riferimenti».

«Quindi noi ti serviamo?» chiese Albus, ma a questo rispose la rossa.

«Perché siamo tre paia di occhi e possiamo passare in rassegna più libri rispetto a una persona sola».

«Saremo il club dei book_lovers! Parleremo in codice! Ognuno di noi avrà un soprannome per agire in segreto! Ogni minuto libero andremo in biblioteca. Durante il giorno indagheremo sui libri di consultazione comune e la notte nel reparto proibito. Credo che quest'anno leggerò più testi di quanto abbia fatto in sei anni di scuola» commentò Albus, un po' esagitato.

«Non dobbiamo farci notare però. Tuo padre mi ha detto che nella scuola c'è una ragazza che è complice della strega».

«Non sappiamo chi sia?».

«Potrebbe essere chiunque» strinsi le spalle.

«Sei in pericolo?» chiese Rose posandomi una mano sul braccio, prima di arrossire e toglierla subito dopo. Chissà perché arrossiva.

«Non credo. Più di così è un po' difficile. Sono un essere con una scadenza certa. Voi invece potreste essere in pericolo se questa ragazza si accorge del vostro ruolo. Se ti capitasse qualcosa, tuo padre accorcerebbe di parecchio la mia vita» terminai guardando Rose, ma lei scosse la testa, facendo danzare i riccioli che si erano sfilati dalla acconciatura della serata.

«Non farò niente di pericoloso. Staremo a leggere e basta».

«Oltre a scoprire il controincantesimo, non c'è un altro modo? Cioè... tu sei destinata a...». La voce di Albus andò a spegnersi ma il senso della frase era ben chiaro a tutti e tre.

Sorrisi amaramente. «La soluzione è l'amore, come dice sempre il grande Harry Potter».

«L'amore» ripeté Rose arrossendo.

«Mi... mi devo innamorare e far innamorare di me» mormorai fissando le fiamme. Ero imbarazzato e scoraggiato. Chi poteva provare qualche cosa di così profondo per un essere ripugnante come me?

«Oh! Shaula... mi dispiace... io...» balbettò Albus distraendomi dai miei foschi pensieri. Lo guardai in faccia e scoppiai in una risata. Era impagabile, imbarazzato e con un'aria vagamente colpevole.

«Albus, non ti chiederei mai un sacrificio simile. E poi, all'amor non si comanda, giusto?» e gli diedi una gran pacca sulla schiena, tanto che crollò lungo sul tappeto. Sarò stata una fanciulla ma non del tutto indifesa.

«Meno male! Cioè, non che non volessi ma...».

«Ti prego, Albus, non continuare» disse Rose scoppiando a ridere. «Nessuno ti sta chiedendo di fare l'innamorato di Shaula».

Continuammo a parlare della maledizione e di quanto fosse coinvolto il Ministero. Le vittime non erano molte, solo quattro sino a quel momento. Non si poteva parlare di strage, né di un pericolo capace di far scatenare il panico tra la gente.

Quando la pendola suonò le cinque del mattino, decidemmo di andare a dormire. Stancamente iniziai a sistemarmi per la notte. Oramai ero diventato bravissimo a togliere e mettere tutti quegli intrugli. Davo anche dei consigli alle mie compagne di stanza sulla pelle! Con questa storia mi si aprivano una infinità di opportunità di lavoro nel futuro.

Quando uscii dal bagno, Rose si stava ancora togliendo le forcine dai capelli.

«Dai, ti aiuto» le dissi, posizionandomi dietro di lei e cominciando a sfilarne a una a una sino a liberare tutta la massa rossa di capelli lunghissimi. Appena finito, lei si alzò di scatto e, preso il pigiama, si chiuse in bagno mormorando un flebile 'grazie'.

Cosa era successo? Adesso che sapeva che ero maledetto mi stava evitando? In quei mesi capitava di vedere le ragazze girarmi davanti in mutande e canotta. Dopo le prime due settimane non mi faceva neanche più effetto. A volte anche Rose si cambiava in camera ma, sopratutto non aveva mai mostrato del disagio con me. Adesso sentivo che qualcosa era cambiato, e non capivo cosa.

Quando uscì si infilò subito sotto le coperte ed io feci lo stesso. «Buonanotte» e il piccolo lumicino venne spento in un soffio lasciandomi inquieto al buio.

La sera dopo andammo tutti in biblioteca e cominciammo a dividerci i libri (io dovevo finire quello con il codice nemy1990, davvero incredibile la fantasia e il nesso logico della nostra bibliotecaria!) e, grazie proprio a Rose, riuscimmo a consultarne ben più di quanti ne avrebbero letti tre Shaula da sole.

 

Poi Albus ci impose un ultimo allenamento intensivo per la partita contro i Tassorosso e ora eccoci qui, tutti in fila con le scope in mano per entrare in campo. Dietro le mie spalle, Rose stava cercando di respirare con calma ma sentivo che era molto agitata. Rischiava di far agitare anche me.

«Rose, andrà tutto bene. Coraggio».

«Parli bene tu. È la prima volta che gioco davanti a una tribuna. E se sbaglio? Se non paro neanche una pluffa?». Stava diventando isterica!

«Anche io sono nelle stesse condizioni» più o meno. «Ma credo che a questo punto si possa fare solo del proprio meglio. Andrà tutto bene, vedrai».

In quel momento le porte si aprirono e sentii solo un suo 'grazie' prima che il gioco ci prendesse la concentrazione.

«Non voglio colpi bassi, scorrettezze e fregature! Tenete ritirate le bacchette e non fate sciocchezze! Tutto chiaro?». Il nostro baffuto professore di attività ludiche e sportive, era serissimo. Tenuto conto che era di animo simpatico e gigione, rendeva l’atmosfera ancora più pesante e piena di pathos.  «Capitani, stringetevi la mano!». Albus e Macmillan si strinsero la mano e si batterono sulle spalle come se fossero grandi amici.

«Si conoscono da piccoli. Il padre di Macmillan era uno dei ragazzi che ha combattuto nella seconda guerra magica la battaglia qui a Hogwarts» mi sussurrò Roxanne come se avesse sentito il mio cervello fare domande. Era fantastica questa ragazzina, sapeva tutto di tutti, secondo me sarebbe stata una giornalista con i fiocchi, non fosse per la sua propensione agli scherzi e una vivacità congenita in famiglia, troppo forte da controllare.

«Inforcate le scope!» ordinò il prof. che fungeva da arbitro, «E… liberate le palle e il boccino! Via!» e la partita iniziò.

Diedi una spinta veloce e afferrai subito la pluffa, dirigendomi a gran velocità verso i cerchi avversari. Due secondi dopo centravo i primi dieci punti della partita.

Un’ovazione dagli spalti accolse il mio trionfo ed io alzai la mano verso la tribuna tinta di rosso e oro.

«Centro da parte di Shaula Girtab di Grifondoro! Cacciatrice d’oriente e dieci punti a Grifondoro!» sbraitò lo speaker al microfono sovrastando l’ululato del pubblico.

Voltai lo sguardo verso Albus che era concentrato a scovare il boccino e non si curava neanche di quello che succedeva più in basso. La pluffa venne rilanciata e afferrata dalla cacciatrice del Tassorosso. Se non ricordavo male, lei aveva sempre avuto la tendenza a passare alla sua destra appena attraversato la metà del campo. Fu facile intercettare il passaggio e partire al contrattacco.

«La cacciatrice d’oriente intercetta al pluffa e la passa a Weasley che tira e centra il cerchio centrale! Venti punti a Grifondoro, zero Tassorosso!». La partita era iniziata nel migliore dei modi.

Riuscimmo a fare ancora un centro e Rose a parare un paio di pluffe prima di incassare il primo goal. Era impossibile riuscire a parare ma Rose lo prese come un affronto personale e si dispose a proteggere i suoi cerchi come una vera leonessa rossooro.

Gli incitamenti da parte delle tifoserie rosse e oro e giallonere si sprecavano. A stento si sentiva lo speaker che faceva la radiocronaca della partita. Albus volteggiava ancora cercando di localizzare il boccino. Eravamo a sessanta a venti. Dovevamo avvantaggiarci. Magari fossimo arrivati a un vantaggio di centocinquanta, anche a perdere il boccino avremmo vinto lo stesso. E per questo dovevo darmi da fare.

«La cacciatrice d'oriente intercetta la pluffa e si lancia verso il centro campo avversario». E volai più forte per poi lanciare con precisione dentro il cerchio di sinistra. «Ed è goal! Settanta a venti per i Grifoni!». A fasi alterne la partita continuò per un'altra mezz'ora. I battitori di Tassorosso avevano capito che ero pericoloso e cercavano di colpirmi. Diverse volte dovetti fare un arresto veloce e una giravolta a vite ascendente (la mia manovra preferita) per evitare di essere atterrato.

«Splendida azione da parte del portiere di Grifondoro. La nostra Caposcuola difende la porta da un altro temibile tiro di Macmillan!».

Avevo già visto Albus scattare indiavolato e avevo sperato che non fosse solo una azione diversiva ma il boccino d’oro ancora non si vedeva.

 

«Tieni, Shaula!» urlò Rose, rilanciando la pluffa verso di me.

Allungai il braccio e afferrai la sfera rosso scuro. Accanto a me sibilò un bolide proprio mentre mi scostavo. La boccia però, proseguì la sua linea beccando in pieno la pancia della rossa.

«Rose!» gridai, mollando la pluffa mentre mi lanciavo ad afferrare il nostro portiere che stava precipitando al suolo, svenuta.

Nello istante sentii un boato tra il pubblico mentre lo speaker gridava «Potter ha visto il boccino e lo sta raggiungendo… ecco che lo prende… Grifondoro vince la prima partita della stagione contro Tassorosso!».

In altre occasioni avrei gioito ma in quel momento ero troppo occupato. Riuscii ad abbracciare Rose poco prima che toccasse terra e mi lasciai scivolare in basso in modo che cadesse su di me. Il colpo che ricevetti alla schiena contro il terreno duro del campo, mi mozzò il fiato mentre il corpo inerte della rossa si adagiava sulla mia pancia. Era la prima volta da quando mi ero trasformato in quell’ammasso di grasso, cellulite e bruttezza che ero grato per essere così ‘tanto’. Il mio corpo attutì il colpo evitando gravi conseguenze, o così disse la signora Warner quando trasportammo il corpo di Rose in infermeria.

«Vada pure, Signorina Girtab. La signorina Weasley dovrà restare in infermeria almeno sino a domani per essere certi che non ci siano problemi» disse l’infermiera dopo aver invitato tutti i Grifondoro a uscire.

«Se non le spiace, vorrei restare. Voglio essere qui quando si sveglierà» risposi guardando il viso pallido di Rose, in netto contrasto con il fuoco dei suoi capelli. «E’ sicura che non vi siano conseguenze per il colpo del bolide? Era molto forte».

L’infermiera sorrise comprensiva «Stia tranquillo, non ha nulla se non un brutto livido e un gran indolenzimento che sentirà molto domani. Niente che non si possa curare con una buona pozione».

Meno male che non si era fatta niente. Mi sentivo responsabile e in colpa per il suo incidente. Se non fosse stato per me, per sfidarmi a ritirarmi, lei non avrebbe giocato e non si sarebbe fatta male. Era tutta colpa mia e non riuscivo a pensare ad altro che a come fare per farla stare meglio.

Quando l’infermiera si allontanò, asciugai la lacrima che minacciava di scendere sulle guance. Ero un uomo, non dovevo piangere, ma, chissà perché, questo fatto non mi faceva sentire meno virile. Erano lacrime di colpa e sollievo e non me ne vergognavo.

«Rose, mi dispiace così tanto» mormorai stringendole la mano.

Dopo alcuni istanti sentii come un tremolio e le sue guance diventarono più rosee. Una voce flebile che non sembrava neanche la sua, rispose: «Non devi. Colpa mia… non attenta… vinto?».

Risi e annuii vigorosamente. «Quando sei stata colpita, Albus ha preso il boccino. Li abbiamo stracciati grazie a te».

«E anche… te».

«Dormi adesso. Io vado dagli altri ad avvisarli che stai meglio. Buona notte, Rosie» e le diedi un bacio sulla guancia per poi uscire a riferire a tutta la tribù Weasley che, sicuramente, attendeva in ansia.

 

Per fortuna Rose, rimase in infermeria solo per un ventiquattro ore e già due giorni dopo era a bacchettarci per non essere andati avanti con la nostra ricerca in biblioteca.

«Vorrei che mio padre mi avesse lasciato il mantello dell'invisibilità» sospirò Albus con il naso affondato nei libri. «Lui l'ha usato parecchio a scuola. A noi l'ha sempre vietato».

«Perché sapeva che tu e James ne avreste abusato» replicò Rose, senza neanche guardarlo.

«Adesso sarebbe comodo» replicò lui.

«Se vuoi ho trovato la formula per la tintura. Qui dice di bagnarci per tre mesi il filato e poi tessere il mantello. Rimane efficace per almeno venti anni... non male» commentai.

Albus si alzò di corsa e mi strappò il libro dalle mani appoggiandolo al tavolo «Fammi vedere!» e iniziò a prendere appunti.

«Cosa vuoi fare? Vuoi diventare un produttore di mantelli invisibili?» chiesi ridendo.

«No, volevo solo provare. Magari riesco a fare un regalo interessante» ribatté continuando a scrivere su una pergamena. «Che cos'è un ‘Jaded’?».

«Non ne ho idea» risposi aprendo un altro libro.

«Che cavolo! Come faccio a fare dei guanti invisibili senza questo coso?» protestò gettando la piuma con stizza.

«Perché vuoi fare dei guanti invisibili?» chiesi fissandolo. Qui c'era qualche cosa in più della semplice curiosità.

«Niente, niente» rispose per poi riprendere la penna e terminare di ricopiare il procedimento.

Non riuscimmo a far confessare Albus neanche con minacce di affatturazioni stile Ginny Potter, che, a quanto mi risultava, erano le più potenti che venissero prodotte nell'intera tribù.

Alla fine rinunciammo, come rinunciammo a continuare la ricerca, visto l'orario tardo. Potter tirò fuori la mappa del malandrino di Hogwarts e enunciò la formula sfiorando la vecchia pergamena con la bacchetta. «Giuro solennemente di non avere buone intenzioni» e subito comparvero le linee che disegnavano i locali del castello. Veloce Albus controllò che non ci fossero prefetti o professori nei corridoi che dovevamo attraversare e velocemente tornammo alla torre dei Grifondoro.

A giorni alterni questo rituale si ripeté preciso, compresa la curiosità di Albus su tecniche e oggettistiche particolari, come se cercasse qualche cosa di particolare per colpire qualcuno. Sicuramente stava colpendo noi con la sua ricerca, anche perché non ci diceva a cosa servivano i suoi appunti. Stava creando una nuova biblioteca in camera sua.

 

I giorni scivolavano via, come ciliegie, una dietro l'altra.

Si scandivano con lezioni, studio, magia, ricerche, biblioteca, allenamenti di quiddich, colazione, pranzo, cena.

Una settimana dopo ci fu la partita di Serpeverde contro Corvonero. La mia ex squadra aveva perso un buon giocatore per guadagnarne uno decisamente più scarso e si era dimostrato nella conta dei centri fatti, con una percentuale di realizzi del quaranta per cento in meno rispetto all'anno passato.

Dopo una partita tiratissima i Corvonero erano arrivati al successo con la cattura del boccino d'oro. Tornando al castello mi ero sentito osservato e guardandomi intorno vidi Blaike che seguiva i miei passi. Sospettava qualcosa, lo sentivo, lo vedevo nel suo atteggiamento e non sapevo cosa fare per distrarlo. Potevo solo sperare che non arrivasse alla verità.

 

La mattina del venti novembre scesi in sala grande per la colazione, senza soffermarmi al significato di questa giornata. In compagnia di Daisy, attraversai i corridoi e scesi le scale, distratto dalle nostre chiacchiere.

«Come mai ti vedo sempre con Albus e Rose? Non è che stai cercando di conquistare Potter?».

«Non credo sia possibile, lui è già impegnato».

«Con chi? Non mi sono accorta di niente!».

«Direi che è prematuro. Anche lui non ha detto ancora niente alla ragazza che gli piace, però secondo me è proprio andato» ridacchiai ripensando a tutte le volte che io e Rose facevamo qualche accenno a Alice Paciock. Il nostro Potter perdeva il lume della ragione, balbettava e chiedeva di mangiare i carciofi quando sul tavolo c'erano spinaci.

In quei momenti avrei potuto farmi fare i compiti di una settimana senza che lui si opponesse, salvo poi sbagliarli completamente perché era distratto.

«Mi spieghi una cosa?» chiese Daisy mentre ci avvicinavamo alla sala. «Perché Zabini ti fissa sempre?».

«Bella domanda. Forse gli ricordo mio cugino» risposi cercando di essere divertente. In realtà speravo che smettesse di guardarmi. Era inquietante.

Nel frattempo eravamo arrivati alla sala grande. Non appena varcai la soglia mi sembrò di essere tornato all'inizio della scuola, quando tutti mi guardavano con smorfie e risatine. Con lo sguardo percorsi tutta la sala, soffermandomi brevemente su chi mi stava guardando, cercando di capire quale fosse il problema. Il trucco? Fatto. Avevo anche cercato di usare quel coso strano a forma di cavatappi senza vite che serviva per piegare le ciglia che mi ero annerito con mano ferma. Ero diventato un perfetto truccatore. Anche la calcina che usavo sulla pelle era più morbida e non mi sentivo più rigido come all'inizio.

Controllai le gambe, casomai avessi dimenticato le strisce togli peli che mi ero applicato la sera prima. Era stato un delirio. Avevo usato la bacchetta tra i denti mentre strappavo il pezzo di carta dalla pelle per evitare di urlare e sfogare il dolore incommensurabile in qualche modo. Oltre a togliermi peli, pelle morta e pelle viva, avevo fatto un movimento strano e dalla punta della bacchetta erano partite delle scintille che si erano concretizzate in ciuffi nerissimi e folti di sopracciglia. Maledizione! Togliere quelli era stato un inferno. Avevo mandato maledizioni senza perdono a tutti i maghi trapassati, andando in ordine alfabetico e poi per importanza, secondo il mio personale giudizio (dove Merlino era meno importante di Circe e dove Io ero più importante di Morgana).

Comunque non era la ceretta, non era il trucco, avevo domato i capelli con frusta, gel e mollette in titanio, avevo messo il wonderbra push up che mi faceva risaltare il seno, passando da una seconda scarsa (detta anche prima abbondante) in una seconda quasi piena (detta anche una prima molto abbondante), avevo anche provato la panciera che mia madre mi aveva procurato qualche giorno prima, per provare ad avere un vitino da vespa obesa, ma più vitino di prima. Niente, tutto normale. Quindi decisi: petto in fuori, pancia in dentro, culo in fuori, passeggiata sexy a papera e avanzai verso il tavolo di Grifondoro cercando di essere più disinvolto possibile.

 

Appena seduto, Rose accorse accanto a me e Albus si sedette dalla parte opposta.

«Shaula, non vai a vedere?» chiese Albus con curiosità. Vedere cosa? Fissai il mio amico in attesa che mi spiegasse cosa voleva dire.

Rose indicò l'inizio del tavolo, dove vi era un mucchio di pacchi e pacchetti colorati.

«Sembra che qualcuno abbia ricevuto dei regali» spiegò la rossa.

«Per chi sono?» chiesi, sebbene mi fosse balenato un dubbio e sperassi di essermi sbagliato.

«Per te» rispose ed io ebbi la conferma delle mie paure. Cosa avevano combinato i miei genitori? Mi diressi con passo malfermo verso la catasta di scatole. In nome di Merlino supremo, cosa diavolo gli era venuto in mente?

A vedere quei colori mi era venuto in mente che giorno fosse: il mio compleanno. Il venti novembre era il giorno del mio compleanno. Questo era il metodo migliore per farmi scoprire.

«Quale è l'occasione?» chiese Lily guardando i pacchi con velato desiderio.

«Sono curiosa di vedere quello che c'è dentro» rincarò Rose accanto a me.

Una terza voce si unì al coro, ma non era quella di Albus come avrei creduto. «Perché tutti questi regali? I Malfoy si sono confusi con tuo cugino?». Blaike continuò a camminare sino ad arrivare ai miei pacchetti e cominciò a spostarli, soppesarli e leggere i mittenti. «Allora?»

«Lascia stare. Non sono regali tuoi» intervenne Rose togliendo un pacchettino azzurro dalle mani curiose di Zabini.

«Ma io non li volevo. Mi stavo solo chiedendo perché Astoria Malfoy manda tutti questi pacchi regalo a Shaula, quando oggi è il compleanno di Scorpius. Dubito che si sia dimenticata che Scorp non è qui» terminò incrociando le braccia sul petto e aspettando una mia risposta.

«Io compio gli anni tra due giorni e abbiamo sempre festeggiato insieme» risposi di getto.

Lui mi guardò scettico, prima di voltarsi e tornare al suo tavolo. Non lo avevo convinto ma non sapevo proprio cosa fare di meglio.

«Rose, Albus, aiutatemi a portare queste scatole in sala comune» proposi ai miei compagni.

In pochi istanti stavamo trasportando il tutto verso la torre di Grifondoro. Stavo mentalmente maledicendo i miei genitori. Cosa pensavano quando mi spedivano i regali, non  credevano che gli altri studenti potevano collegare le date e chiedersi che fine avesse fatto Scorpius? Era come mettermi una freccia al neon sulla testa!

Cominciai ad aprire il pacco più grosso e ne uscì una grande torta pronta per essere azzannata dai miei compagni di casa. Zuccotti di zucca, api frizzole, caramelle tutti gusti, c’era di tutto. In pratica la colazione si era spostata in sala comune.

Tutti i Grifoni fecero onore alle scorte inviate dai Malfoy e mi fecero gli auguri per il compleanno.

«Sei la più grande di noi» fece notare Rose. «Io compio gli anni a marzo. Tu sei vecchia» disse scoppiando a ridere.

Sorrisi anche io «Più rispetto agli anziani, bambina! Hai solo diciassette anni! Io ne compio diciotto!».

«Un abiffo di fita ed espefienfe» commentò Albus a bocca piena.

«Anche io vorrei avere diciassette anni» disse Alice mentre prendeva uno zuccotto.

«No. Goditi i G.U.F.O. prima, altrimenti ti perdi tutto il divertimento» risposi sadico tanto per distrarre dall’attenzione su Albus che stava boccheggiando completamente rapito dalla ragazzina.

La mia festa estemporanea continuò per una buona mezz’ora prima che la nostra Caposcuola si accorgesse che stavano per iniziare le lezioni.

Stavo per ritirare quello che era rimasto dei pacchi, dove avevo trovato libri rari sul quiddich, un nuovo set per il pozionista avanzato, un cofanetto intagliato per riporre oggetti, maglioni e anche un paio di abiti femminili (tanto per non farmi dimenticare che ero Shaula e non Scorpius).

Tra le scatole ne trovai una piccolina azzurro polvere, dall’aria molto antica. Lo aprii incuriosito e trovai una pergamena ripiegata più volte, che copriva un anello prezioso, che avevo visto qualche volta al dito di mio padre, in occasioni molto importanti. Probabilmente era un cimelio di famiglia.

Lo smeraldo e i diamanti brillarono mentre mi avvicinavo a una delle finestre per leggere il biglietto che accompagnava il regalo.

Era di mio padre. Sull’esterno recava la scritta ‘Leggere in privato’

Visto che attorno a me non c’era nessuno, iniziai la lettura.

Caro Scorpius,

se leggi questo messaggio vuol dire che hai trovato l’anello dei Malfoy, il simbolo della nostra casata e il legame con la nostra magia. È un anello che si perde nella notte dei tempi, pieno di ammaccature ma anche di vite passate, un legame forte, un contratto magico. È prezioso per tutti noi.

Questo è il regalo che mio padre fece a me per i miei M.A.G.O. e che suo padre fece a lui e così nei tempi. Io ho deciso di fartene dono adesso, perché nessuno è stato più degno di te nel portarlo. Non è un premio per un diploma. È il tuo essere uomo e nessuno è più uomo di te.

Io sono orgoglioso di essere tuo padre.

Combatti per la tua vita.

Ti siamo vicini

Mamma e Papà.

Non mi aspettavo queste parole e mi sorpresi a versare alcune lacrime su quel foglietto scritto con il cuore da un uomo che avevo sempre reputato freddo. Sorrisi e riposi tutto. Avrei tenuto quel cimelio con tutta la cura possibile, perché significava davvero tanto per i miei famigliari e per me stesso.

 

Era tardi, era ora di correre a lezione.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

commossi? Io sì. Volevo far sentire Draco vicino al figlio con un simbolo e facendogli sapere di essere orgoglioso di lui. In fin dei conti ci vuole coraggio per andare in giro in quello stato. (per questo che è finito a Grifondoro). Ricordate questo anello, servirà alla fine della storia.

 

Adesso siamo arrivati dove volevo! Nel prossimo capitolo faremo un salto temporale e in men che non si dica ci troveremo sul treno verso casa per le vacanze di Natale.

Non perdetevelo, è fondamentale! È tutto quello che stavate aspettando.

 

Volevo informarvi che in internet c’è davvero di tutto (ho scoperto l’acqua calda) compresa una descrizione dettagliata del castello di Hogwarts con le aule situate ai vari piani. È quello di Harry Potter wikia ed io utilizzo le sue dislocazioni, quindi quando mi riferisco alla infermeria al primo piano o la biblioteca al terzo è perché sono lì che vengono indicate. Cerco sempre di fare ricerche per essere il più accurata possibile. Tendo a essere una purista indefessa.

 

Ringrazio tutti per le recensioni e le idee che mi passate. Vi sfido! So che non si dovrebbe fare e in generale non mi piace, ma sono andata avanti tanto, sto cominciando a scrivere il capitolo 15 e in questo modo non riesco a far entrare i suggerimenti che mi passate e mi sembra di perdere delle occasioni per rendere la storia più bella. Quindi vi sfido: lasciatemi almeno 8 recensioni (non sono ingorda) e io vi posto il prossimo capitolo prima. Aiutatemi e aiutatevi.

Alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 14
*** Sì, è vero sono io ***


Capitolo 14, fondamentale!

Dopo i doverosi ringraziamenti per leggere, recensire, inserire nelle liste, a Elenri per i banner, vi auguro buona lettura!

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---ooOoo---

 

La neve aveva imbiancato tutta la scuola, i giardini, il campo da quiddich e la foresta proibita. Anche la prima gita a Hogsmeade era stata annullata a causa della eccezionale nevicata che era arrivata improvvisa i primi giorni di dicembre.

Le lezioni erano sempre più intense. Avevamo anche cominciato a creare un Incanto Patronus, non che fosse obbligatorio ma alzava i crediti ai M.A.G.O. e poteva essere utile anche per comunicare.

Eravamo destinati all'aula 1C accanto alla sala dei duelli al primo piano.

Il professor V. Chan ci spiegò l'esatto modo per evocare un patronus corporeo e, concentrandoci e urlando 'Expecto Patronum'. Trovare un ricordo oltremodo felice era già più difficile, convogliarlo e usarlo per creare un Patronus corporeo era quasi impossibile.

Il professore aveva intenzione di dedicare una settimana a questa prova, prima di dedicarsi al resto del programma.

Ovviamente, di tutti gli studenti, Rose Weasley e Albus Potter furono i primi a generare un Patronus corporeo. Albus, più che ammirazione, generò risate, quando, dalla sua bacchetta prese forma un orso. Non un grizzly temibile, ma una specie di panda, tenero, dolce e coccoloso.

«Quello dovrebbe disperdere dei dissennatori? Sei sicuro che ti proteggerà?» chiese Tyson ridendo.

«Ragazzi, provate a imitare il signor Potter, non a prenderlo in giro. Lui è riuscito a produrre un Patronus, voi no» ci ricordò il professore. «Congratulazioni, signor Potter. Ma certo non potevo aspettarmi niente di meno dal figlio di Harry Potter. Lui ha prodotto un perfetto Patronus a quattordici anni» lo lodò, senza notare lo sbuffo che fece il mio amico al sentirsi paragonare al padre. Probabilmente gli capitava molto più spesso di quanto immaginassi e non sempre era una cosa che faceva piacere. Lo sapevo per esperienza visto quello che dicevano a me per mio padre e mio nonno.

Rose, invece, aveva prodotto un Patronus un po' inquietante. Sulle prime nessuno aveva capito cosa fosse, poi, guardandolo meglio, capii che era uno scorpione. Un grosso scorpione con forti tenaglie.

«Bravissima, signorina Weasley. Forza ragazzi, provate ancora. Abbiamo a disposizione ancora mezz'ora prima del pranzo».

Nonostante gli sforzi, non mi riuscì di fare nulla, se non un leggero filo di fumo dalla punta della bacchetta. Non ero proprio un insieme di pensieri felici in quel periodo. Ero molto frustrato. Nonostante fossero più di due mesi che cercavo nel libri del reparto proibito e con l'aiuto di Rose e Albus, non avevamo raggiunto alcun risultato. Niente informazioni nuove rispetto a quanto avevo già scoperto e nessuna notizia da parte degli Auror.

 

La neve non accennava a smettere e ormai arrivava a coprire metà delle finestre del piano terreno. Il gelo serrava il castello di Hogwarts come una morsa. Nonostante l'impianto di aria calda a ricircolo magico, non si riusciva a scaldare tutto e gli studenti stavano bene solo nelle sale comuni o nella sala grande dove si consumavano i pasti.

Era quasi metà mese quando la professoressa Ballioi decise di ampliare le lezioni di babbanologia con esempi pratici di attività extra, in modo che sfogassimo l'energia in eccesso che non potevamo usare all'esterno del castello.

«Ragazzi, ho pensato che sia il momento di insegnarvi cosa fanno i babbani nel tempo libero. Nei tempi moderni c'è una grande cura del corpo e i babbani vanno in luoghi che loro chiamano palestre, per muoversi, scaricarsi e dimagrire» annunciò, accompagnandoci in una delle aule accanto. Quando aprì la porta, ci trovammo davanti a un enorme stanzone pieno di attrezzi che conoscevo molto bene e con un grosso spazio sul fondo. Da un lato c'erano ampie finestre che mostravano il tempo uggioso e la neve che scendeva copiosa.

«I ragazzi potranno usare questi attrezzi. Servono per sviluppare i muscoli. Questi oggetti servono per camminare e correre» continuava a spiegare. Un assistente che avevo già visto nell'ufficio del preside, stava mostrando visivamente come fare l'esercizio.

«Perché dovremmo camminare o correre? Abbiamo le scope per volare oppure ci possiamo smaterializzare. Perché faticare?» chiese una voce alle mie spalle. In effetti era la stessa domanda che mi ero posto anche io tempo prima, quando avevo iniziato a usare questi strumenti. Poi avevo iniziato ad apprezzare e da lì non avevo più smesso e il mio fisico ne aveva risentito positivamente, diventando più tonico e muscoloso.

«I ragazzi e le ragazze potranno trasfigurare i vestiti per avere un abbigliamento più simile a questi disegni» disse la prof. e ci mostrò canottiere e pantaloncini, top corti e leggins, con fasce per capelli colorate e calzettoni con i buchi in fondo per far uscire i piedi, per svolgere adeguatamente la lezione.

Tutti quanti ci mettemmo a trasfigurare gli abiti e io mi ritrovai vestita con due toppini di colore verde acido e arancione fluo e un paio di pantaloni aderenti leopardati in tonalità gialle e marroni, che lasciavano scoperto l'ombelico, sempre che si fosse capito dove era nascosto.

La professoressa lasciò i ragazzi alle prese con i bilancieri, che io stavo occhieggiando con desiderio e nostalgia, e condusse 'noi' ragazze nello spiazzo libero dove erano disposti dei tappetini.

«Noi faremo una lezione di pilates» annunciò sprizzando gioia da tutti i pori.

Cosa c'era di divertente nel fare le contorsioni dovevano spiegarmelo. Io già le facevo quando mi infilavo i reggiseni, era necessario anche adesso?

«Prima due minuti di corsa per il riscaldamento» e cominciò a saltellare sul bordo dello spiazzo girando attorno, tenendo i gomiti alzati e le gambe flesse. Cercando di imitarla mi sentivo come in balia del mare, con il grasso che mi saliva su e poi scendeva giù. Ripeto, era proprio necessario?

«Coricatevi e piegate il ginocchio» mostrandoci come, manovrando le gambe di Daisy. Ero sicuro che da qualche parte là sotto ci fosse anche il mio di ginocchio. Ne avevo sentito parlare tempo addietro. L'avevo pure visto! Ma adesso sembrava sparito all'interno della pinguedine che mi avvolgeva come una coperta. Dopo vari esercizi, comparvero delle piccole panchette e ci fecero salire e scendere a tempo di musica dei MusicFire. I miei pori piangevano dallo sforzo. Secondo me stavano affogando con tutto il sudore che producevo! Accanto, Rose stava ridendo e si stava divertendo. Ma come faceva? Io ero sull'orlo di un collasso! Sbuffavo come una locomotiva, sentivo il cuore battere sordo e le orecchie fischiare.

«Shaula, forza cara, ancora una serie» incitò l'insegnante.

«Forza, Shaula» scimmiottò Meredith mentre saltellava agilmente. «Pensa a Goyle, quanto vorrebbe vederti conciata così… sexy».

«Per oggi basta!» annunciò una voce lontana. Un istante dopo ero stramazzato a terra. Qualcuno di caritatevole mi passò una bottiglietta d'acqua, ma onestamente avrei preferito una doccia.

Ancora il giorno dopo avevo dolore in posti impensabili, dove non sapevo neanche di avere dei muscoli. Anche il mio amichetto del sud era traumatizzato, si era addirittura rifiutato di fare l’alza bandiera del mattino. Avevo paura si fosse rotto.

 

Ormai era l'ultimo giorno di scuola prima delle feste natalizie. Dopo una notte sui libri senza aver trovato niente di utile per la nostra ricerca, ci trovammo tutti e tre al tavolo dei Grifondoro per la colazione.

«L'ultimo giorno di scuola. Non ce la facevo più con questo ritmo. Ho bisogno di una settimana di sonno altrimenti non ce la farò ad arrivare vivo a giugno» commentò Albus, regalandoci una panoramica completa alle sue tonsille mentre sbadigliava.

«Hai ragione, ma mi fa rabbia non approfittare di questi giorni per continuare le ricerche nel reparto proibito. Abbiamo già consultato quasi metà dei volumi» disse Rose.

«Grazie a te, siamo anche riusciti a consultare quasi la metà di tutto ciò che è presente la dentro» replicai addentando un panino al burro.

«E quando sei stato quasi azzannato da quella figura di mandrillo?» ridacchiò Albus allegro.

«Shaula, davvero non puoi fermarti?» chiese ancora Rose. Negai scuotendo la testa. Mia madre mi stava aspettando con ansia, non avrei potuto deluderla.

«Verrai a trovarci alla tana? Il Natale è davvero una festa splendida, ci troviamo tutti nella vecchia casa dei nonni e noi ragazzi andiamo a dormire nella tenda di nonno Arthur in giardino. È come fare campeggio». Albus era entusiasta e stava contagiando anche me. Sarebbe stato possibile fare una visita?

«State assieme per tutta la durata delle feste?» chiesi incuriosito.

«Sì, ci trasferiamo tutti lì, anche chi va al lavoro torna dai nonni» rispose Rose.

Magari sarei riuscito a passare qualche giorno con i miei nuovi amici. Gli anni passati andavo sempre a Zabini Manor dopo Natale per passare gli ultimi giorni di festa con i compagni di casa, ma quest'anno sarebbe stato impossibile. La tribù Weasley sarebbe stato un buon compromesso.

«Questa notte niente uscite dalle coperte, dobbiamo preparare i bauli e dormire per domani» ordinò Rose, alzandosi per andare a lezione di Aritmanzia avanzata e ci salutò masticando l'ultimo pezzo di muffin.

Quel giorno avevamo tutti lezioni diverse e ci trovammo insieme solo a cena, troppo stanchi anche per fare conversazione. Il mattino dopo salimmo sul treno per Londra scovando uno scompartimento tutto per noi. A scuola non era rimasto praticamente nessuno mentre il treno era pieno.

«Hai qualche cioccorana? Ho voglia di uno spuntino» chiese Albus dopo aver finito una manciata di api frizzole.

«Sei un pozzo senza fondo! Se continui così ingrasserai e Alice non ti vorrà più» lo ammonì Rose, passandogli il pacchettino.

«Non è proprio così. Se ad Alice piace, piacerà anche se diventerà una botte!» ridacchiai e Albus mi batté un cinque a mano aperta come mi aveva abituato in quei mesi.

«Grazie, amico» esclamò lasciandomi interdetto. Non era la prima volta che si rivolgeva a me al maschile e non riuscivo a capire se fosse solo un lapsus o se sapesse qualche cosa in più. Come al solito non mi soffermai e ridendo passai oltre. Dopo qualche minuto Albus si alzò e cominciò a sfilarsi la divisa.

«Dobbiamo cambiarci. Non ho intenzione di arrivare a casa con questi pantaloni grigi» disse. «Non sono i miei colori, non mi fanno più bello».

Risi allegro e lo imitai, dimenticando di essere una ragazza. A volte ci capitava di essere così naturali da non ricordare esattamente i nostri ruoli. Certo non sarei rimasto in mutande davanti a loro, non lo facevo mai! Inaspettatamente fu Rose ad arrossire e a mettersi le mani sulla faccia «Ti prego, no!».

Cosa stava succedendo? Albus non si faceva scrupoli di comportarsi come un ragazzo anche sboccato, e Rose era sempre in imbarazzo, non potevo più sfiorarla e se ci capitava di abbracciarci per una piccola conquista fatta nella nostra ricerca, lei diventava di brace, balbettava e si allontanava subito. Stava succedendo qualche cosa e non sapevo cosa.

«Volete spiegarvi? Cosa c'è che non va?» chiesi piccato. Ero davvero irritato per il questo comportamento.

«Beh, ecco. Non è corretto che tu ti cambi qui... cioè, dovremmo andare nel bagno... ma c'è la fila... esco io» disse Rose balbettando.

«Non è questo. Io ho l'aspetto di una ragazza, come te. Perché sei così imbarazzata? Non ti importava quando ci siamo conosciute... E tu, Albus, ti comporti come se fossi un tuo compagno di dormitorio. Volete spiegarmi cosa succede?»

I cugini si guardarono, poi Rose sospirò e annuì.

«Io so che tu sei... Scorpius...» disse.

«Sei Malfoy» aggiunse in contemporanea Albus.

Sbiancai. «Come... come lo avete capito?»

«Quando mi hai confessato che non eri incinta» disse Rose.

Albus scoppiò in una risata tonante. «Credevi che fosse incinta?». Continuò a ridere per un bel pezzo, trascinando anche noi nella sua ilarità. In effetti era parecchio comica la situazione.

«Avevo qualche sospetto, Shaula e Girtab sono stelle luminose della costellazione dello scorpione e lasciava la tavoletta alzata nel bagno, camminava a gambe larghe e poi devi sentire come geme la notte mentre si agita con... con quel... coso» disse tutta rossa, indicando vagamente qualche cosa sulle mie cosce.

Potter sgranò gli occhi. «Scorpius! Vuoi dirmi che ti masturbi nel dormitorio?».

«Provaci tu a guardare quelle che ti passano davanti. Sai che Anne e Meredith vanno a dormire praticamente nude?» mi giustificai.

«Come ti capisco! A me capita di vedere solo Thomas e Nicholas. Dovresti vedere come è peloso Edward. Non è decisamente la stessa cosa!».

«Siete due porci!» ci accusò Rose.

La ragazza era stata decisamente intelligente a capire tutto. Ecco perché non mi aveva fatto altre domande.

«E tu? Come sei riuscito a scoprirmi?».

«Beh, molto semplice. La mappa del malandrino di mio nonno mostra tutti quelli che sono presenti a Hogwarts. Non c'è mai stato il cartiglio di Shaula ma accanto a noi c'era sempre Scorpius Malfoy. Tu hai detto che hai subito una trasformazione ed io ho pensato che ti avessero cambiato così. Mio padre mi ha spiegato che la mappa non sbaglia e anche con altre sembianze, la pergamena ti fa vedere chi si è realmente». Terminò facendo spallucce come se non fosse merito suo aver capito.

«E in tutto questo tempo non mi avete detto niente?».

«Se volevi che lo sapessimo ce lo avresti detto» rispose Albus.

«Credevo che non volessi essere messo in ulteriore imbarazzo. Deve essere stato pesante per te, tornare… così» aggiunse Rose.

«Non avete idea. Tutta questa cosa, io a Grifondoro è stato uno shock, poi il trucco e i miei amici che mi prendono in giro» mi lamentai.

«O che ti vogliono palpare» ridacchiò Potter ricordando Goyle al ballo.

«Il bacio!» rise Rose e a me vennero conati di vomito. Che ricordo disgustoso.

«Quindi io sono salvo!» disse ad un tratto Albus. Noi lo guardammo interrogativi e lui ci spiegò come se avesse a che fare con bambini piccoli.

«E’ chiaro che lui è Scorpius ed è un ragazzo. Non può innamorarsi di un ragazzo come me, quindi, per sconfiggere la maledizione dovremo trovargli una ragazza».

«C’è solo un piccolo problema: io ho l’aspetto di una ragazza, non posso presentarmi dicendo “Ciao io sono Scorpius”. Mi prenderebbero per matto».

«Probabile. Ma se non ho capito male hai gli attributi giusti».

«Di sicuro! Dovresti vedere al mattino come si alza la coperta!» esclamò Rose per poi tapparsi la bocca con le mani e spalancando gli occhi, diventando rossa quanto i capelli.

«Rose! Piccola porcellina! Cosa direbbe tuo padre se sapesse quello che guardi con tanto interesse?» la prese in giro Albus mentre io, dopo un secondo di perplessità, mi mettevo a ridere a più non posso. E così la rossa mi guardava? Interessante…

«Tutto sapere accademico» borbottò irritata.

 

Il viaggio in treno proseguì allegramente, con il racconto delle mie avventure dall’estetista. Sarebbero rimaste nei miei ricordi per sempre.

«E così non ti hanno dato la pozione antidolore?» chiese Albus inorridito.

«No» risposi sorridendo.

«Amico, sei il ragazzo più coraggioso che conosca. Una volta Lily ha provato a usare una striscia strappa peli su di me. Ho urlato che mi ha sentito nonno Arthur a distanza di dieci chilometri. Un dolore immenso. Chissà perché le ragazze si sottopongono a questa tortura».

«Non credo che ti piacerebbe carezzare le gambe di una ragazza pelosa» rispose Rose.

«Vuoi dire che soffrite così per noi?» chiesi malizioso. Adesso che erano cadute le barriere e sapevano chi ero, si era scatenato anche il mio naturale spirito di cacciatore di ragazze. Era più forte di me, dovevo affascinare chiunque avesse il cromosoma X.

«Illuso. Lo facciamo per noi stesse, perché ci piace sentirci bene e in ordine. Non ti illudere e non mi sorridere in quel modo, che non ti riesce neanche bene» puntualizzò la rossa.

«E’ vero, Scorpius. Sei un po’ inquietante se ti comporti da sciupa femmine».

«Vuoi uno specchio? Sei una ragazza! Devi affascinare con il tuo cervello e i tuoi sentimenti, non con il tuo aspetto!». Rose infieriva duro quando era irritata.

«Anche perché l’aspetto non ce l’hai» rincarò la dose Albus.

«E voi siete incoraggianti come una lezione di Ruf» sbuffai. Ma avevano ragione. E poi, Rose era una amica, non una possibile scaldaletto.

All’improvviso udimmo una forte detonazione nel corridoio del treno e ci precipitammo fuori.

Dal fumo nero emersero i visi sporchi di Lily, Roxanne e Hugo mentre ridevano a crepapelle.

«Cosa succede?» chiese Rose in modalità Caposcuola.

«Niente. Solo che abbiamo sentito le serpi organizzare uno scherzo a Shaula e abbiamo pensato che non potevamo permettere che un Grifondoro subisse un attentato» spiegò Roxy sorridendo.

«Cosa avete combinato?».

«Solo una piccola detonazione con polvere istantanea di sogni svegli. Dormiranno per almeno mezz’ora, poi si troveranno tutti coperti di penne arancioni… sai, sogneranno papere» rise Lily ancora più forte.

Scoppiai a ridere anche io, immaginando i miei amici coperti di piume.

Fissai i Weasley che mi salutavano e andavano a nascondersi prima di essere presi dai sorveglianti. Era bello sentirsi parte di un gruppo così affiatato. Avevano fatto quello scherzo per proteggermi e io non avevo fatto niente per loro, se non prendere la loro amicizia. Non avevo dovuto pagare o elargire favori, non avevo dovuto essere un Malfoy, ma solo io, in tutta la mia imperfezione.

 

Quando arrivammo alla stazione, vidi i miei genitori non appena scendemmo dal treno. Erano accanto ai Potter e stavano fissando ansiosi dalla mia parte. Poi mia madre si aprì in un sorriso sollevato e mi corse incontro.

«Scorpius, quanto sono felice di vederti sano e salvo. Avevo così paura» sussurrò sottovoce contro la mia gola.

«Mamma» mormorai stringendola. Non mi ero reso conto di quanto amassi quella donna pazza e stralunata, sino a quel momento.

Anche mio padre si era avvicinato. Non mi abbracciò ma aveva gli occhi lucidi di chi è commosso.

«Padre» sillabai in silenzio. Lui annuì e, come se si rendesse conto solo in quel momento della presenza delle altre persone, si voltò verso Harry Potter che era venuto a prendere Albus e Lily.

«Ci vediamo in questi giorni, per quella faccenda».

«Malfoy, visto che Shaula è compagna di Albus e Rose, che ne diresti di permetterle di passare qualche giorno a casa Weasley? Sempre che non sia troppo informale» propose l’eroe del mondo magico, come se avesse ascoltato le nostre conversazioni sul treno. Come poteva sapere? Forse era davvero un grandissimo mago.

«Vedremo, se le farà piacere, verrà» promise mio padre.

Sorrisi a Rose e mi avvicinai. «Ti saluto e ti auguro buon Natale. Posso abbracciarti?» e lei fece un piccolo cenno di assenso diventando rossa mentre io la avvolgevo e la inglobavo nelle mie pieghe di lardo.

«Lasciala respirare che la soffochi!» strillò una voce maschile e una mano mi tirò indietro rivelando la faccia irritata di Ron Weasley come proprietario dell’arto che mi aveva afferrato.

«Ciao, Shaula» dissero Albus e suo padre scuotendo la testa di fronte alla reazione del padre di Rose.

Ci allontanammo ognuno verso le proprie vetture. Sentivo la tribù dietro le mie spalle.

«Allora, cosa avete combinato sul treno per essere così sporchi?». Harry Potter con tono rassegnato, indagava sulle ultime malefatte dei soggetti più vivaci.

«Niente, solo un ricordo…» rispose Lily correndo via.

Un ululato proveniente dalla coda del treno zittì tutti i maghi presenti sulla banchina del binario «Potter! Questa me la paghi!». Una deliziosa Delphina Budstrong e un colorato Tyson Rockwood agitavano i pugni in aria e si staccavano penne arancioni dalla faccia. La scena era davvero comica e non riuscimmo ad evitare le risate, anche se era poco carino ridere alle spalle delle persone… ma tanto io lo subivo sempre, un po’ di vendetta era fortificante.

«Ciao, Topolona!» accanto a me passò Goyle accompagnato dalla madre.

Io sobbalzai mentre la mia adorabile mamma, squittiva felice: «Hai fatto conquiste! Oh, cara, lo sapevo che con il tuo charme e la tua avvenenza avresti trovato il ragazzo!».

Primo. Charme? Avvenenza? Ma aveva bisogno degli occhiali?

Secondo. Trovare un ragazzo? Ma si era bevuto tutta la raccolta di whiskey incendiario stravecchio barricato di nonno Lucius?

«Per favore, non farmi vomitare» l’ammonii.

«Il solo pensiero farebbe vomitare anche me, figliolo» rincarò mio padre.

«Cosa credi? Di poter comandare tuo figlio anche su questo? Se il suo cuore si è aperto all’amore per quel delizioso ragazzo, tu non devi permetterti di interferire!» scattò subito la mamma.

«Io non voglio interferire e se Scorpius volesse Theo, lo appoggerei indipendentemente da tutto. Ma lui non ama Goyle. Non lo hai visto con…» e qui si bloccò imbarazzato.

«Con chi?» chiesi perplesso, poi mi venne in mente. «Non ti riferirai a Rose, vero? È solo una amica! Caspita, non devo obbligatoriamente farmi tutte quelle che respirano la mia stessa aria!».

Mia madre mi guardò spalancando gli occhi e mio padre ebbe il buon gusto di apparire mortificato. Per Merlino eunuco! L’avevo solo abbracciata e lei era arrossita come le capitava sempre ultimamente. Ma era solo perché io dovevo comportarmi da donna e lei sapeva che ero un maschio. Chiunque ci avesse visto di più non sarebbe stato normale.

«Andiamo a casa» esortò allora mio padre e salimmo sul magitaxi per il ritorno rifacendo per l’ennesima volta il nostro solito rito di prendere quella vettura e lamentarci della scomodità del viaggio, ripromettendoci di non rifare più un errore del genere. Erano piccole cose che mi facevano sentire normale.

 

I giorni a Malfoy Manor, passarono velocemente e arrivò la vigilia di Natale.

Forse era il giorno che più trovavo stressante. Dover passare la serata insieme a tutta la cosiddetta nobiltà dei maghi. I purosangue. Vecchi bacucchi stoccafissi che sedevano rigidi sugli scranni come se fossero reali invece che semplici infelici a sognare un mondo che non sarà mai.

La cosa peggiore di tutte era che tra gli invitati mi sarei trovato davanti Blaike. Era l'unico ragazzo della mia età presente. Normalmente il giorno dopo partivo per Zabini Manor a passare il resto delle vacanze con i nostri amici mentre i suoi genitori andavano in Francia dalla sorella maggiore che si era sposata con un comte français che abitava in un castello della Provenza.

Erano i giorni di vacanza che preferivo. Una festa continua con Blaike, Tyson, Nigel, Theo, Delphina, Cassandra, Claire e Lucinda. In quei momenti ero felice ed adesso mi sentivo come se quelle sensazioni fossero lontane anni luce da me.

«Buonasera, Shaula, buon Natale». La voce di Blaike mi fece sobbalzare, nonostante aspettassi il suo arrivo, mi sorprese lo stesso.

«Ciao, Blaike» risposi.

«Dov'è Scorpius? Credevo che fosse qui ad aspettarmi. Sono ansioso di sapere come si è trovato negli Emirati Arabi» disse lui appoggiandosi al camino dal quale era uscito.

«Non è a casa» risposi «E' rimasto là perché... perché ha trovato una ragazza». Sperai che la mia scusa fosse accolta senza ulteriori parole.

«Non ci credo» si limitò a rispondere «Scorpius può trovare qui tutte le donne che vuole. Non è rimasto negli Emirati per questo. C'è qualche cosa sotto e io scoprirò cosa. Avevo già deciso che me ne sarei andato se non ci fosse stato Scorp. Non resterò qui oltre, salutami i signori Malfoy e noi ci rivediamo a scuola. Spero che per allora tu saprai darmi delle risposte più coerenti». Ritornò nel camino e scomparve in una fiammata verde.

Non mi piaceva come ero costretto ad agire nei confronti di quello che era ancora il mio migliore amico. Avevamo passato insieme tanti bei momenti ed essere costretto a tenerlo a distanza in questo modo era davvero brutto. Il non riuscire a trovare una soluzione che non comportasse raccontare la verità e metterlo in pericolo sembrava impossibile.

«Non te la prendere, quanto tutto sarà finito, lui capirà e tornerete amici» disse mio padre battendo sulla spalla. Le sue parole non mi erano di consolazione ma le accettai e annuii.

Il resto della serata fu la più tetra e noiosa che memoria d'uomo potesse ricordare e solo il sollievo della sua fine fu la consolazione di un essere sopravvissuto.

Mia madre fece del suo meglio per farmi sentire a mio agio, ma oramai non ne ero più in grado. Frequentando persone con stili molto diversi dal mio, mi ero adeguato e onestamente i rapporti più schietti e meno artefatti mi piacevano di più. Riconobbi, comunque, che i miei genitori avevano una intelligenza superiore, o una ottima connessione con i miei pensieri, visto quel che mi dissero subito prima di andare a dormire.

«I tuoi bauli sono pronti e i signori Weasley sono stati avvisati. Potrai andare da loro per il resto delle tue vacanze».

«Sappiamo che non ti diverti qui a casa e non vogliamo obbligarti. Così potrai parlare con gli Auror ed essere aggiornato sugli sviluppi del caso» aggiunse mio padre.

«Scorpius, ti vogliamo bene» terminò mia madre con un bacio. Mio padre la seguì dopo avermi salutato ed io andai a dormire.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

sono arrivata alla fine del capitolo più importante: la confessione al trio. Blaike cerca ancora Scorpius ma lui non c'è. Ho la sensazione che Zabini non si darà per vinto.

Rose sapeva già tutto, per questo non aveva insistito sul segreto di Shaula. Albus invece aveva capito tramite la mappa del malandrino. Per vie traverse i ragazzi erano arrivati alla stessa soluzione.

E ora Shaula/Scorpius si troverà nel bel mezzo della famiglia Weasley, ma vi avviso già che ci sarà una sorpresa.

Non mi sono dilungata molto sui Malfoy perché mi sarei ridotta a ribadire le pazzie fuori di testa di Astoria e direi che la battuta su Goyle fosse più che sufficiente.

Ringrazio per i suggerimenti che mi passate, ma queste scene erano già tracciate in questo modo, quindi, anche se non sono quelle che speravate, spero che vi piacciano lo stesso.

 

Grazie per l'attenzione e alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 15
*** Gli occhiali degli Auror ***


eccoci di nuovo qui!

Grazie per aver letto, commentato, inserito nelle liste e apprezzato questa storia. Grazie a Elenri per i suoi favolosi banner e... BUONA LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Passai ancora il giorno di Natale con i miei genitori, aprendo i regali e ringraziando per quanto ricevuto. Anche quell'anno erano stati molto generosi ma io avevo ben altro per la testa e anche loro. La mia vita era in pericolo e ne avevo la netta sensazione adesso che ero a casa. Mi pareva che a Hogwarts il problema fosse lontano, ma qui, tra queste mura, nel silenzio della casa, sentivo che la vita mi stava sfuggendo e mi si mozzava il fiato. Era panico. Paura di morire. Tutti devono morire, è una cosa che si sa da quando si nasce, ma è un evento talmente lontano e inconsistente che sembra destinato sempre ad altri e mai a te. E così vivi. Invece io mi trovavo ad avere una scadenza e ogni giorno mi avvicinava a quello. Era terribile. Dovevo distrarmi e quando mi preparai per andare alla tana Weasley era anche per fuggire al panico che mi attanagliava il cuore. Se non altro ci sarebbero stati una marea di teste rosse a rallegrarmi.

Io e mio padre ci smaterializzammo nello spazio adiacente alla casa, e da lì ci avvicinammo a suonare il campanello. Guardando la costruzione mi trovai a spalancare la bocca allibito. Era una delle case più strane che avessi mai visto, con pezzi aggiunti in epoche diverse che pareva un miracolo non fosse già crollata. Quella era la manifestazione pubblica della magia. Chissà cosa vedevano i babbani che passavano da quelle parti.

Suonai il campanello e sentii un rumore drammatico all'interno della casa. Rumore di pentole, mobili, sedie strisciate, strilli e tonfi. Io e mio padre ci guardammo increduli e aspettammo pazientemente mentre i minuti scorrevano. Avevo quasi perso le speranze ed ecco che la porta si aprì e una donna vagamente famigliare mi sorrise calorosa per poi gelarsi non appena girò il viso verso mio padre.

«Malfoy! Quale onore vederti a casa Weasley. Un tempo non ti saresti mai sognato di suonare questo campanello» commentò ironica.

«Le cose cambiano, come sai bene, Granger... ops, Weasley. Non mi abituerò mai nonostante tutti questi anni» salutò di rimando mio padre.

«Entrate pure, vi stavamo aspettando» e si spostò per farci entrare.

«Grazie, signora. Abbiamo lasciato i bagagli fuori, spero vada bene» dissi un pochino intimidito. Quella era la mamma di Rose, la grande Hermione Granger. La donna che lavorava al Ministero nell'Ufficio delle Applicazioni Magiche.

«Non preoccuparti, Shaula, ci penserà James a portarli nella tenda in giardino. Venite, Ron e Harry vogliono parlarvi» e ci accompagnò lungo l'ingresso sino a un salotto pieno di poltrone e divani scompagnati. Seduti sulle poltrone vicino al caminetto c'erano i due Auror che si alzarono subito quando entrammo nella stanza.

«Scorpius! Sono felice che tu sia arrivato tanto presto. Abbiamo parecchio di cui parlare» esordì Harry, indicando il divano dove ci sedemmo, pronti ad ascoltare. Hermione andò accanto a suo marito e gli posò una mano sulla spalla e tutti quanti attendemmo il racconto delle novità.

«Avete scoperto qualche cosa dai libri di Hogwarts?» chiese subito Ron. Scossi la testa.

«Niente. Con Rose e Albus abbiamo consultato quasi la metà dei libri presenti nel reparto proibito e in quello normale. Niente a parte quello che le avevo già riferito».

«Noi abbiamo avuto altri due casi. Una maga molto bella che faceva la modella per i babbani è stata trasformata in un vecchio rugoso e un uomo di mezza età è stato trasformato in un cagnolino da compagnia».

«Ci sono stati altri morti?».

«Per ora no. Teniamo sotto controllo quelli colpiti ma non c'è niente di nuovo. In compenso abbiamo scoperto dalla conversazione avuta con la modella che la complice, la ragazza che sta a scuola, quest'anno ha degli esami».

«Quindi ha la nostra età. Deve fare i MAGO» conclusi, cominciando a pensare a chi potesse essere.

«Non è detto. Potrebbero essere i GUFO. Sappiamo che sono esami ma non quali» mi corresse Potter.

«Quindi dobbiamo stare attenti alle ragazze del nostro anno e a quelle del quinto, le compagne di Lily e Hugo» conclusi.

«Meglio non farne parola con loro o sarebbero capaci di trasformarsi in Auror prima di avere studiato. Si metterebbero nei guai in men che non si dica» sospirò la signora Granger preoccupata.

«Perché Rose e Albus non sono qui con noi?» chiesi a quel punto. Eravamo una squadra ormai, che senso aveva tenerci separati?

«Sappiamo che dirai tutto anche a loro, ma preferiamo non dare ufficialità alla cosa, altrimenti si sentirebbero autorizzati a compiere azioni che li metterebbero nei guai più di quanto non possano oggi».

«Dissero i tre ragazzini che non ascoltavano nessuno durante i loro anni di scuola, diventando gli studenti meno disciplinati di tutti i tempi. Se i vostri figli somigliano la metà di quello che eravate voi, siete già nei guai» intervenne mio padre, con tono seccato.

«Lo sappiamo, come sappiamo che se lo vietassimo avremmo solo l'effetto contrario. Cerchiamo di fidarci del buon senso dei nostri figli, sperando per il meglio» replicò stanco il signor Potter.

«Ma se questa ragazza è pericolosa, non dovreste chiudere la scuola? Per proteggere gli studenti» obbiettai.

«Non ha mai partecipato con attore ma solo da supporto. Non è pericolosa in senso stretto, ci consentirebbe solo di catturare la criminale» spiegò Weasley. Mio padre non intervenne e capii che aveva già discusso di questa faccenda con i due Auror e niente di quello che era stato detto era nuovo per lui.

«Vi chiediamo solo di fare attenzione e chiamarci anche in caso di sospetti. Ci penseremo noi al resto».

In quel momento entrò una donna bassa, tonda, con parecchi capelli bianchi e un viso rugoso e rotondo, con un sorriso dolce e un cucchiaio di legno in mano.

«Cari, la colazione è pronta da parecchio. Se non mangiate adesso, la salterete completamente» e tornò in quella che doveva essere la cucina.

«Volete unirvi a noi?» chiese Harry Potter con cortesia.

«Non credo sia il caso. Io ho già mangiato e Astoria mi sta aspettando a casa» rispose mio padre, alzandosi. Nello stesso tempo si avvicinò la signora Granger.

«Draco, faremo tutto quello che serve per aiutare tuo figlio, proprio come se fosse il nostro» e tese la mano. Mio padre la strinse accennando un sorriso.

«Da voi tre non mi aspetto niente di meno. Grazie, Hermione».

Pochi istanti dopo si era smaterializzato ed io ero rimasto nella casa dei Weasley.

 

Mi diressi in quella che sembrava una cucina e appena entrai venni letteralmente assalito da una marea di capelli rossi mischiati a qualcuno scuro o biondo.

«Ciao, Scorpius!».

«Benvenuto a casa Weasley».

«Benvenuto alla tana».

«Accomodati, caro» disse la signora Weasley, la nonna.

Mi guardai attorno. C'erano Louis, Roxanne, Hugo e qualche adulto che mi stava osservando in attesa delle mie reazioni. In quel momento entrarono Rose e Albus tranquilli come se fossero ignari di tutto. Mi avevano tradito. Avevano spiattellato a tutti che ero Scorpius e adesso lo avrebbe saputo tutta la scuola.

«Ciao, Shaula, sei già qui?» disse allegramente la rossa. La sua calma mi fece saltare la mosca al naso.

«Come osi? Hai detto a tutti che sono Scorpius! Credevo di potermi fidare di te, invece sei una sporca spiona!».

«Ehi! Rimangiati quello che hai detto! Non ho mai detto niente!» si difese Rose, arrossendo dalla rabbia.

«E prima che accusiate me, neanche io ho detto niente a nessuno!» aggiunse Albus.

Quel che era strano è che, da quando avevamo iniziato a urlare e litigare, gli adulti avevano rivolto le loro attenzioni alla colazione, senza curarsi delle nostre parole. Gli unici attenti erano degli allibiti Ron e Hermione Weasley e Harry Potter. Anche loro non  ne sapevano nulla.

A quel punto intervenne Louis. «Prima che accusi qualche altra persona» disse indicando con un movimento di testa il magico trio. «Sono stato io. Dovresti stare più attento a parlare nella sala comune. Potrebbe esserci qualcuno che sta sonnecchiando ma non è completamente addormentato da non sentire» terminò mettendosi le mani in tasca.

«Così Louis ci ha detto tutto e noi abbiamo indagato per conto nostro» aggiunse Molly, alzando il viso dal libro che stava leggendo. «Anche io ho controllato alcuni libri, tra quelli che ci sono nella sala professori. So che lì non siete passati».

«Noi abbiamo tenuto d'occhio le ragazze e ci siamo segnati i comportamenti strani» aggiunse Lily estraendo dalla tasca delle felpa una pergamena e srotolandola per diversi metri sul pavimento.

«Siamo un nuovo Ordine della Fenice» intervenne allegra Roxy.

«Non pensateci neanche. Vedete Scorpius? Può essere pericoloso!» disse Harry indicando me.

«Harry ha ragione» disse un uomo con il viso sfigurato da una lunga cicatrice. Doveva essere stato molto bello prima della ferita. «Non dovete mettervi in pericolo. Capisco che vogliate aiutare il vostro compagno, ma potreste incorrere nello stesso problema. Ho cercato tra gli incantesimi antichi della Grecia ma non ho trovato ancora niente di quello che mi avete detto e questo mi fa pensare a qualche cosa di estremamente pericoloso»

«Ciao, Scorpius, sono Percy Weasley, il papà di Molly e Lucy. Io ho contattato i ministeri degli esteri per la cooperazione magica internazionale, ma loro non hanno casi simili. L'ultimo al quale sono risalito è accaduto quarantasette anni fa in Francia».

«Quindi mi ritrovo con i cognati che stanno lavorando a questo caso a fianco degli Auror?» sbuffò Potter senior.

«Harry, non farla tanto lunga. Quando i nostri figli ci hanno contattato non potevamo ignorarli» si giustificò lo sfregiato.

Con un sonoro pop, si materializzarono due persone, un Weasley altissimo con un orecchio mozzato e una donna dalla carnagione scura «Ciao, famiglia! Ho portato una cosina, così possiamo interagire meglio con il nostro ospite» annunciò, tirando fuori dalla tasca un paio di occhiali da sole coperti di strass sulla montatura fucsia. Li infilò e guardò la donna accanto «Mia cara, sei sempre una visione».

«Stupido» rispose la donna tirando uno schiaffo alla nuca dell'uomo.

«Dammi qua, zio George» disse Albus volando ad afferrare gli occhiali scuri e inforcandoli velocemente per poi guardarmi curioso. Mi fissò a bocca aperta per poi abbassare il viso per guardare anche il resto di me, arrossendo man mano che scendeva verso i piedi. Cosa stava vedendo?

«Per Merlino, Scorpius, sei proprio tu! Ma... ma... oh! Ma quanti muscoli hai? E... per il piccolo Cupido, sei nudo, copriti!» esclamò, togliendosi gli occhiali.

Rimasi a bocca aperta, e mi guardai. Avevo un vestito azzurro che ricordava la tenda di un circo e che mi arrivava sino ai piedi. «Ma che dici?».

«Dammi!» disse Roxy e prima che Albus potesse bloccarle la mano aveva già messo sul naso quegli occhiali assurdi. «Ragazzo! Sei pura poesia per gli occhi! Giuro che d'ora in avanti non vorrò nessun ragazzo che sia meno fornito di te!».

George riprese gli occhiali e se li mise «Roxanne, non parlare in questo modo... oh! Però! Malfoy sei davvero uno spettacolo. Io sono un uomo ma se fossi una donna su di te ci farei un pensierino».

Ormai non sapevo più dove guardare e le mie mani erano posizionate sul mio amichetto. Era davvero imbarazzante sapere che ero nudo davanti a loro.

«Zio George, posso?» chiese Rose. Io iniziai a scuotere la testa. No, lei no. Ma Ron mi anticipò.

«Non pensarci neanche. Non voglio che lo guardi nudo. Non voglio che guardi nessun ragazzo nudo!».

Se il padre fu veloce con le parole non lo fu con la bacchetta. «Acciò occhiali!» disse e gli occhiali brillantinati volarono tra le sue mani e subito sui suoi occhi.

La rossa si voltò rapida verso di me e mi guardò in faccia. «Scorpius... sei proprio tu» esalò e rimase lì a fissarmi scrutando ogni millimetro del mio viso. Mi rilassai ancora di più quando mi carezzò la guancia, prima che suo padre la allontanasse da me.

«Rose, via subito quegli occhiali!» ordinò Hermione. La rossa si affrettò a toglierli, ma al posto di restituirli se li fece scivolare in tasca.

 

«Scusatemi, ho trovato quegli occhiali tra i manufatti dei prototipi per gli Auror. Dovrebbero essere a prova di trasfigurazione ma non credevo che avrebbero avuto questo effetto» si giustificò George.

«Sono ancora da testare, immagino» replicò sarcastico Harry.

«Il mio laboratorio li aveva appena assemblati e mi sembrava fosse una buona idea usarli».

«Ma non distribuirli impunemente, farò subito un interpello al ministero per vietarne la vendita» disse Hermione e Percy si mise subito al suo fianco. «Approvo e sottoscrivo. Questi occhiali devono essere utilizzati solo da persone autorizzate per i controlli magici, altrimenti si rischierebbe il caos».

I due si lanciarono in discussioni politiche a cui si aggiunse lo sfregiato e io mi trovai attorniato dai ragazzi che già conoscevo a scuola. Potter e Weasley uscirono sbuffando e gli altri adulti si sparpagliarono nella casa o si dedicarono alla cucina dove la nonna non aveva fatto altro che mescolare e affettare. Alla fine erano rimaste la nonna, quella che sembrava la mamma di Lily e la moglie di quello pomposo.

«Scorpius» cinguettò Lily abbracciandomi.

Sorrisi. «Così sapete tutti chi sono? Perché avete tenuto il segreto?».

In quel momento due ragazzi e una ragazza entrarono in quella stanza che ormai stentava a contenere tutte quelle persone.

«James, Fred, Dominique, venite a salutare Scorpius, il nostro ospite» li chiamò Roxanne, posizionandosi al mio fianco.

«Il piccolo Malfoy-sono-troppo-figo?» chiese James Potter sedendosi come se niente fosse e avventandosi su una colonna di pancake.

«Il grande scopatore della casa Serpeverde?» si sedette anche Fred accanto a James.

«Per favore! Se Malfoy fosse qui lo raperei a zero! Quello che ha fatto passare a Nancy e Susan è stato davvero un incubo. Non l'hanno ancora superata» aggiunse Dominique accorgendosi poi di me e tendendomi la mano. «Ciao, io sono la sorella di Louis. Dominique Weasley e tu?».

Una piccola parte del mio cervello si stava chiedendo chi erano Nancy e Susan. Non ricordavo questi nomi tra le mie 'amiche' e io mi vantavo di ricordarmi almeno quello delle ragazze. Dunque quella ragazza era arrabbiata con me per queste due fanciulle che non avrei rispettato?

«Scorpius Malfoy» risposi stringendole la mano.

Dominique rimase basita, prima di scoppiare a ridere. «Ma smettila».

«In realtà, Dom, lei è davvero Scorpius Malfoy. È stato maledetto e ha subito una trasformazione» spiegò brevemente Albus.

Dominque smise di ridere, mentre James e Fred si alzavano di scatto e mi guardavano attenti, pronti a sfoderare le bacchette.

«Stai scherzando, fratellino?».

«Non sta scherzando. Una strega sta distribuendo maledizioni come noccioline e chi ne è colpito ha solo un anno di vita prima di morire. Ti sembra abbastanza punitivo, Dom, o vuoi aggiungere altro?» chiese Rose secca.

Non volevo che litigassero per colpa mia. In cucina era sceso il silenzio. Anche le signore Weasley avevano smesso di cucinare. «Sentite, non sono orgoglioso di quello che ho fatto in passato. Volevo solo divertirmi ma non ho mai cercato di fare del male a qualcuno. Adesso questa strega mi ha punito e se non trovo la contromaledizione, morirò ad agosto l'anno prossimo. Alla festa delle stelle».

«E resterai così sino ad allora?» chiese James, cercando di trattenere una smorfia.

«Sì».

A quel punto i tre ragazzi si guardarono e scoppiarono in una risata sguaiata.

«Per Merlino! Malfoy, non ho mai visto una femmina più brutta di te» singhiozzò Fred.

A quel punto ridacchiai anche io. «Grazie. Neanche io. Non sai che trauma la prima volta che mi sono guardato allo specchio».

Continuarono a ridere per un bel pezzo, lasciando che gli altri presenti li guardassero allibiti.

«Così sei entrato a Grifondoro?» chiese Dominique.

«Nonostante abbia cercato di corrompere il cappellaccio, quello non ha mollato» risposi e mi guadagnai una gomitata nel costato.

«Non me lo avevi detto che non volevi venire a Grifondoro» protestò Rose.

«Rossa, ero un ex Serpeverde che aveva conosciuto solo quella casa, era il settimo anno, cosa dovevo scegliere secondo te? Sono un Malfoy».

«Un Malfoy coraggioso e impavido se il cappello parlante di ha riconosciuto come Grifone. Cari, andate a sistemare la tenda. È quasi ora di pranzo!» annunciò allora la nonna, facendo terminare le nostre chiacchiere.

 

Fuori, nel grande giardino disseminato di gnomi, era stata piantata una piccola tenda verde che si mimetizzava con l'erba alta. Appena entrato mi stupii dell'ampiezza. Ero un mago, conoscevo la magia, sapevo come funzionava questo incantesimo estensivo eppure mi meravigliavo ancora.

«Abbiamo quattro camerate qui, ci dobbiamo suddividere per i letti» disse Dominique gettandosi sul divano.

«Siamo in dodici, quindi sarebbe normale tre per stanza, salvo che siamo cinque maschi, sei femmine e uno a metà strada. Come ci organizziamo?».

«Io, Roxy e Hugo dormiamo insieme» disse Lily.

«Io dormo con Dominique e mia sorella» disse veloce Molly, sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso.

«Louis, vieni con noi?» propose Fred appoggiandosi a James.

«A questo punto io, Albus e Scorpius divideremo la stanza» concluse Rose.

«Stai tranquilla, non diremo niente a zio Ron, altrimenti il Malfoy rischia l'evirazione. Ma tanto dormite già nello stesso dormitorio, giusto?» disse James ridendo.

«Grazie» sibilò la rossa.

Era la prima volta che avremmo dormito insieme dopo il chiarimento sul treno. Sentivo di dover dire qualche cosa. «Sai che puoi stare tranquilla, vero? Non ti toccherei mai. Sei mia amica» bisbigliai vicino a Rose che mi guardò leggermente arrabbiata.

«Non ti ci mettere anche tu. Lo so che non mi toccheresti mai» rispose, poi si voltò e andò nella camera lasciandomi come un allocco alla mercé degli altri Weasley.

«Donne! Non sai mai cosa fare con loro» disse James cercando di darsi un tono «Però, se le dici che non la toccheresti mai, in pratica le stai dicendo che ti fa schifo». 

«Ma non è così» protestai. Com'era complicato parlare. Era meglio agire e basta.

«Okay, okay. Adesso sistemiamoci che tra poco è ora di pranzo, dopo ci saranno da aprire i regali... non vedo l'ora!» concluse il grande Potter fregandosi le mani.

«Sempre il solito, quando sono regali non vedi mai l'ora!» replicò Fred.

I cugini ribatterono colpo su colpo, chiacchierando e discutendo di cose assurde come solo in una famiglia unita si poteva. Mi sentivo travolto da questa allegria e non rimpiangevo nemmeno un briciolo del silenzio di Malfoy Manor.

 

La tavola era stracolma di ogni piatto inventato nel creato. C'era di tutto e per tutti i gusti. Anche chi era completamente vegano poteva sfamarsi in abbondanza. Erano arrivati anche Teddy Lupin e la sua nuova mogliettina Victoire Weasley, figlia di Bill che io chiamavo sfregiato nella mia mente. Era presente anche una celebrità, visto come gli facevano festa da quando si era materializzato. Rose mi aveva spiegato che il rosso seduto accanto al nonno era lo zio Charlie, quello che lavorava in Romania con i draghi. In effetti aveva parecchie cicatrici da bruciature sulle braccia e i capelli erano molto corti, oltre a essere completamente senza sopracciglia.

Albus continuava a passarmi piatti da cui mi servivo per poi passarli a Rose. Era un circuito continuo. La nonna guardava tutti con affetto e soddisfazione, sospirando ogni tre minuti di quanto fosse felice di avere tutta la famiglia riunita.

Il pranzo fu lungo, calorico e caotico. Quando finalmente riuscimmo ad alzarci, stentavo quasi a rimanere in piedi. Sarebbe stato meglio spostarmi rotolando.

Chiacchierando, la truppa si spostò in una sala dove facevano bella mostra i regali di Natale.

«Perché li aprite oggi? Natale era ieri» chiesi a Albus.

«Ieri noi eravamo a casa nostra, zio Bill e la sua famiglia erano in Francia, dagli suoceri, così come zio Ron, zio Percy e zio George. Abbiamo deciso di festeggiare un Natale ritardato per trovarci tutti insieme».

«Bello» dissi solo. Io non avevo mai avuto problemi in tal senso. I nonni Malfoy erano rintanati in un castello lontano. Pur essendo scampati all’incarcerazione, nessuno voleva aver a che fare con loro e per il bene del casato, avevano optato per l’esilio volontario. A casa restavamo solo noi e i nostri invitati. La famiglia serviva solo per apparire, altrimenti non era necessaria. Qui si sentiva un calore quasi soffocante e, senza dubbio, avvolgente.

I chiacchiericci e le esclamazioni estatiche per i regali trovati si sprecavano.

Libri, dolci, oggetti più o meno utili e preziosi e una serie infinita di maglioni, fecero la loro comparsa, lasciando sul pavimento intere montagne di carta colorata.

«Tieni» fece Albus depositando sulle mie ginocchia alcuni pacchetti.

«Cosa?» chiesi stupito.

«Sono alcuni pensierini per te. C’è anche il maglione Weasley della nonna, quindi anche se ti fa schifo devi apprezzarlo lo stesso» sussurrò Rose al mio orecchio, provocando un brivido che nulla aveva a che fare con il freddo. Cacchio! Ero nei guai!

La mano sotto i pacchetti si sincerò che il parapalle fosse al suo posto, reprimendo ogni tentativo di liberazione del mio amichetto.

«Ma io non vi ho portato niente» protestai.

«Ci sei tu, va bene» mi fece tacere senza appello e si rivolse a sua madre per scambiarsi piccoli pacchetti.

«Ma fate regali a tutti? Sono una montagna!» osservai.

«In realtà i regali vengono estratti in una grande cena che si svolge prima della partenza per la scuola» mi rispose Albus. «Solo i nonni fanno i regali a tutti, sono i maglioni. Gli altri di noi estraggono un nome della famiglia e faranno il regalo a lui. È concesso fare regali ai propri genitori e ai propri fratelli».

Certo che come concetto era davvero interessante. Così non si sprecavano energie. Era stancante pensare sempre che regalo fare a tutti gli amici. Oltre al fatto che i miei amici aveva già tutto quello che serviva o che desideravano. Quest'anno era stato più tranquillo da quel punto di vista. Con quello che avevo da pensare, non mi ero preoccupato di recapitare regali agli altri e nessuno di loro aveva pensato a me. Guardai sulle mie ginocchia il libro di quiddich, le caramelle, un paio di guanti e un maglione in morbida lana. Regali semplici ma davvero graditi.

«Il libro è da parte mia. I guanti li ha fatti Rose» mi confidò Albus. «Ti ha regalato anche le caramelle per depistarti. In realtà si è fatta spiegare tutto il procedimento via gufo da nonna Molly».

«Non mi sono accorto che lavorasse a maglia» replicai un po' stupito. Eravamo sempre insieme, avrei visto se aveva degli aghi in mano.

«In realtà lavorava al mattino, quando aveva ore buche e tu eri a lezione» spiegò.

Mi voltai a guardare la rossa che rideva a una battuta di Fred. Il cuore si strinse come se una mano lo avesse preso.

Ero nei guai. Erano quattro mesi che vedevo quella ragazza tutti i giorni. Era bellissima, ma questo lo avevo pensato sin da subito. Adesso pensavo che era dolce, gentile, testarda, simpatica e... più di una amica.

In quel momento si voltò e mi sorrise allegra. Il mio stomaco ebbe un sobbalzo anomalo.

Sì, ero decisamente nei guai.

 

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Angolino mio:

abbiamo Scorpius tra i Weasley. E qui scopriamo che il suo segreto, in realtà lo conoscevano tutti. Louis aveva sentito la conversazione via camino. Se vi ricordate l'avevamo lasciato sul divano mentre Shaula tentava di riportarlo a dormire.

La voce si è sparsa tra gli altri cugini e i genitori di questi. Così abbiamo tutti quanti che lavorano al caso di Malfoy.

Ci pensate a Lily e Roxy che spiano le compagne di scuola? Devono aver fatto un lavoro accurato per aver compilato metri di pergamena.

Arrivando alle ultime righe, Scorpius è nei guai. Guarda Rose e gli si smuove qualche cosa dentro. Sono quattro mesi che stanno gomito a gomito e lui ha imparato a conoscere la ragazza al di fuori della figura della rigida caposcuola. E gli piace.

 

Prossimo capitolo: ritorno a scuola e cos’altro?

 

Grazie a tutti per l'attenzione e alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 16
*** Clerodendro purpurea rea ***


nuovo capitolo! Con qualche ora di anticipo rispetto al solito.

Velocissimi ci avviciniamo sempre di più alla fine.

Grazie a chi inserisce la storia nelle liste, a chi recensisce e a chi semplicemente legge e apprezza. Grazie a Elenri per il suo lavoro da copertina e BUONA LETTURA!

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---ooOoo---

 

Le giornate alla tana passarono veloci.

I ragazzi più grandi erano rimasti a casa. Anche le specializzazioni avevano chiuso per le feste. I genitori, invece, andavano al lavoro e a casa rimanevamo solo noi e i nonni. Una autentica pacchia.

Nonostante la severità di nonna Molly, non riusciva a stare dietro a dodici scalmanati e ci guardava dalle finestre di casa con sospiri rassegnati.

Non che facessimo troppi danni. Provare l'auto incantata del nonno o giocare a birilli con gli gnomi, scavare buche per vermicoli nell'orto e veder sparire le piantine, o rompere il vetro di una finestra per colpa di un bolide impazzito erano all'ordine del giorno. E tutte le volte ci toccava rimediare, visto che metà di noi potevano fare magie senza incorrere nelle punizioni del Ministero.

Erano i più piccoli ad approfittarsene, capitanati da uno scatenatissimo Louis.

«Lily, Roxy! Smettetela!» urlò Dominique dopo aver riparato l'ennesima finestra. In quel momento si sentì un altro tonfo. «Ops» fece Hugo prima di correre via. Questa volta toccava a me, prima che nonno Arthur se ne accorgesse.

«Non vedo l'ora che arrivino mamma e papà, così si arrangeranno loro e noi potremo riposare» si lamentò Rose, accanto a me.

«Andiamo» suggerii, poi le presi la mano e scappai dentro la tenda, diretto nella nostra camera dove mi lanciai sul letto.

«Perché siamo qui?» chiese Rose sedendosi accanto a me.

«Non abbiamo ancora parlato del fatto che io sia Scorpius. Cosa ne pensi, come ti senti... cioè, so che sei in imbarazzo e non vorrei peggiorare la situazione. Se vuoi mi faccio assegnare una stanza da solo quando torniamo a Hogwarts. La McGranitt me l'aveva promessa...» dissi sedendomi accanto a lei.

«E' stata colpa mia se non ti sei trasferito. Non volevo che ti sentissi sola e mi sembrava che dormire nella stessa camerata fosse il modo migliore per integrarsi» spiegò la rossa.

«Grazie, ma adesso? Non sarà troppo strano?».

«Nah. Mi ci sono abituata. Ti cambi sempre in bagno, ripulisci tutto ogni volta che lo usi, ultimamente ci stai anche dei tempi ragionevoli...» elencò sorridendo. Se avesse saputo la ragione per la quale ripulivo tutto, non sarebbe stata così condiscendente.

«Sono diventato bravo con il trucco, se vuoi posso farlo anche con te» proposi.

«Credi ne abbia bisogno?» chiese lei mettendosi le mani sulle guance.

«No» sorrisi. «Sei bella al naturale» ed ebbi il piacere di vederla arrossire molto più intensamente di altre volte. I complimenti le piacevano evidentemente. Buono a sapersi.

Ad un tratto Rose sospirò. «Non stiamo facendo progressi nelle ricerche» constatò sconsolata.

«Non direi. Abbiamo l'aiuto di tutti, non credo che nessuno possa sfuggire a tua cugina. Hai visto quanti metri di pergamena? Ma avranno anche controllato quante volte andavano al bagno?».

«Anche quante volte hanno respirato! Non sono tante le ragazze del quinto e del settimo!» disse Rose.

«Per la biblioteca? Continuiamo così?».

«Dobbiamo finire tutti i libri. È un lavoraccio ma ci conviene controllare anche quello».

«Poi, potrei sempre affascinare una fanciulla e trovare la mia anima gemella» replicai e Rose rimase di sale per alcuni istanti, prima di iniziare a ridere.

«Hai già qualcuna in mente? Magari Meredith o Anne? Ti vogliono talmente bene!» propose.

«Veramente pensavo a Honey Abbott. È una ragazza stupenda» risposi. La piccola smorfia che passò veloce sulla sua faccia fu quasi impagabile, ma, così come era arrivata, fu svelta a mascherarla. «Però credo di aver più possibilità con Daisy».

«Credo anche io. Lei è sempre dolce, nonostante quello che ha passato». Questa era una novità. Cosa aveva passato?

La guardai interrogativo e lei continuò a raccontare. «E' stata abbandonata da piccola. Sua madre era sposata con un mago che è scappato con la donna con cui aveva una relazione da anni. Quando è tornato, l'amante gli aveva ripulito la camera blindata e sua madre l'ha ripreso in casa e l'ha perdonato. Peccato che nel periodo dove lui non c’era la madre fosse rimasta senza soldi e senza l’aiuto della famiglia, visto che era orfana. Ha fatto la fame».

«E' terribile».

«Suo padre non se lo è mai perdonato».

«Alla fine mi sento fortunato anche nella mia famiglia di pinguini» commentai.

«Pinguini?» chiese.

«Hai presente come camminano? Come si presentano?». Mi alzai e feci qualche passetto rigido facendola ridere fino alle lacrime.

«Rigidi come pinguini!».

In quel momento entrò Albus e si gettò sull'altro letto. «Non posso crederci!».

Visto che non rispondeva fummo costretti a chiedere che cosa.

«Lily ha pedinato anche Alice! Si conoscono da quando erano nella pancia delle mamme. Hanno passato quasi tutte le vacanze assieme, passano insieme tutto il tempo a scuola e lei ha controllato tutti i suoi movimenti! Io non sapevo neanche che andasse nelle sale dei duelli una volta a settimana ad allenarsi, o che scrivesse a casa sei volte al mese».

«O che le piacesse il capitano della squadra di quiddich del tassorosso» disse Rose.

«Cosa? Le piace Macmillan? Ma cosa ci trova in lui? È un troll vestito da mago con l’intelligenza di una nocciolina e la bellezza di uno snaso!» esclamò sconvolto, prima di accorgersi che la rossa stava ridendo.

«Mi prendi in giro?».

«Primo, tu sei amico di Macmillan, o te lo sei dimenticato? Secondo Macmillan non è brutto o scemo» lo corresse lei.

«Ma…» intervenni e Rose annuì.

«Ma ad Alice non piace Macmillan… probabilmente le piace un altro capitano di quiddich» disse intenzionalmente e io ridacchiai.

«Chi sarebbe? Serpeverde? Corvonero?» chiese Albus sempre più agitato.

«Mai pensato al capitano di Grifondoro?» chiesi retorico.

«Il capitano di Grifondoro sarei io… Lo credete davvero?».

«Adesso capisco perché ti è uscito un panda peluscioso come patronus. Un po’ di grinta e coraggio? Te lo sei perso sotto il cappello parlante?».

Albus sbuffò ma poi si mise a ridere. «Sono ridicolo, vero?».

«Un pochino» ammise Rose.

«Ho paura che mi dica di no» rispose lui.

«Se mai glielo chiedi lei non potrà dirti di no. Tu rimarrai con il dubbio e magari ti perderai una cosa bella. Se invece ti dirà di no… beh, per lo meno non perderai altro tempo e testa» gli chiarii io.

«Come sei saggio, Scorpius».

«Se fossi stato saggio, non mi troverei in questa situazione» risposi mesto.

«Non ci hai mai raccontato cosa è successo e come sei stato trasformato» constatò Albus, sedendosi sul suo letto e fissando Shaula.

«Non è una cosa di cui andar fieri. Preferirei non rispondere» dissi io. Vidi la faccia delusa dei miei amici ma mi stavo davvero vergognando, non riuscivo a dirgli tutto.

«E' stato doloroso?» chiese allora Rose.

«No. Sono andato a dormire che ero io e mi sono svegliato che ero... così».

All'improvviso la rossa si illuminò come se le fosse venuta in mente un'idea interessante. «Come ti sei trasformato? Cioè sei stato colpito da un fascio di luce? Hai sentito qualcuno recitare una formula? Ti hanno dato una pozione? Che sciocca che sono! Non te l'ho mai chiesto ma era indispensabile saperlo per poter agire».

Ci pensai a fondo. Già, neanche io mi ricordavo come era successo. Non pensavo di aver preso una pozione. Una formula per un incantesimo? Non mi pare... però... ricordai all'improvviso il segno blu sul petto che pian piano si era ritirato e quando era sparito... mi ero trasformato! Cercai di ricordare come fosse nato quel livido. Mi era venuto quando... certo! La luce, l'incantesimo che mi ha colpito. Lei lo ha lanciato e io, dopo due settimane sono diventato così. «Dal momento che sono stato colpito mi è venuta una macchia blu al centro del petto. Poi, quando questa è scomparsa, il mattino dopo mi sono trovato trasformato».

«Una macchia blu, hai detto?». Rose continuò a meditarci sopra per qualche minuto, poi prese un blocchetto e prese alcuni appunti prima di riporlo nella sua borsa.

«Hai in mente qualche cosa?» chiesi ma lei scosse la testa borbottando qualche cosa del tipo 'Devo vedere in biblioteca a Hogwarts'.

 

Qualche minuto dopo andammo a pranzo. Anche Ron, Hermione e Percy con Audrey arrivarono a unirsi a noi. In complesso eravamo sempre una grande compagnia che tenevamo allegri e insieme ci stavamo preparando per una memorabile festa i capodanno.

«Alice verrà da noi e partiremo insieme per Hogwarts. Sarà un San Silvestro esplosivo! Roxy ha trafugato alcuni dei fuochi più belli del negozio di zio George» annunciò Lily la sera prima dell’ultimo dell’anno. «Tu, Albus, sei pronto per accogliere i nostri ospiti?» chiese ghignando.

Piccola Potter colpiva duro.

Albus arrossì vistosamente. «Certo che sono pronto» confermò

Se tutti insieme i Weasley e derivati erano ventisei, quasi raddoppiavano quando attiravano i loro amici per una festicciola intima e raccolta, diventavano una specie di succursale di uno stadio alla finale della coppa mondiale di quiddich quando allargavano il loro invito.

Già dal mattino fervevano i preparativi. Venne tolta la nostra tenda e impiantato un tendone immenso e riscaldato per contenere tutti quanti.

Quaranta tavolini furono dislocati intorno a tutta la pista centrale. Un lato era occupato da un immenso impianto stereo di quelli che si vedevano nei film babbani che Rose e Albus mi avevano obbligato a guardare in quelle feste.

«Dove dormiremo questa notte?» chiesi guardandomi attorno.

«In casa. I nonni hanno preparato due stanze con tantissimi letti a castello. Non ci entrerà neanche una puffola, ma noi avremo i materassi» mi rassicurò Albus.

In quei giorni mi ero comportato come Scorpius. Tutti erano a conoscenza del mio nome e non sconvolgeva nessuno che mi infilassi dei pantaloni e dei maglioni sbilenchi. Ora, invece, avrei dovuto sentirmi di nuovo donna. Se riuscivo a tornare me stesso senza salutare la mia sanità mentale sarebbe stato un miracolo di San Merlino!

La cena pantagruelica e il successivo ballo scatenato, furono indimenticabili. La compagnia era davvero simpatica e, nonostante ci fossero anche molti compagni di Hogwarts di varie case, non venni deriso neanche quando mi trovai steso per terra, con una Rose seduta sulla mia pancia dove era atterrata per avermi spintonato.

«Scusa, scusa, scusa! Non volevo» continuava a ripetere anche dopo che ci eravamo rialzati. Decisamente il ballo non faceva per lei. Sopravvivere era una impresa improba. Rose sulle note della musica era più pericolosa di Voldemort.

«Non fa niente, sono sopravvissuto» risi.

I fuochi furono davvero memorabili e quando finirono eravamo tutti soddisfatti da quello spettacolo. Era quasi l'alba quando ci trovammo nelle camerate per dormire. Faticai a spogliarmi e mettermi il pigiama. Qualcuno stava dormendo ancora vestito con gli abiti da sera. Non appena toccai il materasso mi addormentai di botto. Mi accorsi vagamente che nel letto accanto, Rose posava sul comodino degli strani occhiali.

Dopo una giornata dedicata a riprendersi, il due di gennaio ci ritrovammo tutti al treno per tornare a scuola.

Gli auror ci riunirono e ci raccomandarono di fare attenzione. La priorità erano le ricerche sui libri, anche se ero convinto che Lily e Roxy non avrebbero desistito dal controllo sulle compagne.

«Albus, ho visto che l'altra notte guardavi i fuochi accanto a Alice. Hai concluso qualche cosa?» chiesi cercando di avere un tono leggero.

Albus arrossì «Non... non è successo niente. Stavamo solo guardando i fuochi!» protestò.

«Per essere un Grifondoro, hai qualche problema! Non dovevi far altro che mettere un braccio sulle sue spalle. Se si fosse ritratta era il segnale che non ce n'era, altrimenti sarebbe rimasta lì e allora avresti continuato a starle vicino fino ad arrivare a baciarla» spiegai.

«E' così che circuivi le ragazze?» chiese allora Rose con un cipiglio lievemente irritato.

Ops. Che avevo fatto ora? «Beh... in qualche modo dovevo rompere il ghiaccio» borbottai «Ma non saltavo addosso alle ragazze! Sono sempre stato rispettoso... più o meno». Posizione indifendibile, meglio ripiegare. «I pranzi che ha preparato vostra nonna in queste feste sono stati decisamente abbondanti. Avrò preso almeno cinque chili in questi giorni».

«Adesso chi è Grifondoro?» ghignò Albus.

L'arrivo a Hogwarts fu quanto di più ordinato potesse esserci. L'idea di tornare a studiare come folli per tutti i prossimi mesi sino a giugno era deprimente. Per noi del settimo anno e per quelli del quinto si prospettava un periodo davvero duro.

 

Ci vollero almeno tre giorni per riprendere il ritmo e ricominciare a passare in biblioteca. Rose sembrava ansiosa di passare nel reparto proibito, come se si ricordasse qualche cosa di importante che doveva controllare. Infatti, non appena entrati, la quarta notte dal nostro ritorno, corse letteralmente verso il reparto dei libri di erbologia. Strano, erano quelli normalmente disponibili. Prese con sicurezza il libro codificato Vin94, e cominciò a sfogliarlo febbrilmente.

«Rose, cosa...?» provai ma lei mi interruppe con la mano mentre continuava a sfogliare con l'altra.

Finalmente si fermò. «Ah! Lo sapevo! Clerodendro purpurea rea! La pianta, originaria della Cina e del Giappone, è un arbusto con foglie filiforme, alta 2 o 3 metri... foglie filiformi dentellate... fiori viola che si producono in pannocchie... ecco qui! Ai fiori appassiti seguono delle bacche molto decorative che in questa varietà sono di colore viola – bluastro. Da queste bacche schiacciate si ottiene un semiprodotto dal nome “Nerazzurra oleastra”. Questo succo deve essere ulteriormente raffinato per essere utilizzato nella magicosmesi. La nerazzurra allo stato grezzo lascia una macchia blu che viene assorbita dalla pelle in quindici giorni. Il liquido non è velenoso ma può produrre alcune reazioni allergiche, occorre quindi utilizzare il vaccino per le piante orientali per poter maneggiare la pianta... Questa pianta si presta a numerosi incroci apportando sostanziali caratteristiche differenti alle bacche... attualmente sono allo studio della ditta giusycfilo, con sede a Little Hangleton, almeno quindici varianti di questa specie...» terminò di leggere con un sospiro soddisfatto, «Trovato!» esultò puntando il dito.

«Ma… la nerazzurra è solo un succo che si usa nella magicosmesi. Qui dice che non è velenoso, come può aver fatto questo?» chiesi indicandomi.

«Non ne ho idea, ma mi è venuto in mente quando hai detto di una macchia blu che si è assorbita in quindici giorni».

«Somigliava a un livido» mormorai ancora incredulo che fosse davvero quello l’indizio che cercavamo. Pareva troppo semplice e complesso nello stesso tempo.

«E' probabile che quella ditta di Little Hangleton faccia esperimenti su questa pianta. Magari hanno trovato un incrocio e hanno creato una pianta che può fare queste trasformazioni» ipotizzò Albus.

«Ma non mi hanno somministrato una pozione e anche le indagini al San Mungo hanno escluso sostanze».

«Però l'effetto del succo sulla pelle è uguale. Dobbiamo guardare anche quel riferimento all'amuleto risalente alla Grecia» disse Rose, accantonando il tomo e corredo a prendere quello sulle arti oscure elleniche. Dopo alcuni minuti, tornò indietro a mani vuote.

«Ti ricordi dove avevi messo quel libro?» chiese.

«In quello scaffale lì, dove è sempre stato» rispose Albus.

Mi alzai e anticipai Rose andando al ripiano dove era sempre stato. Cominciai a scorrere i titoli, prendendo in mano alcuni volumi per controllarli meglio. Niente. Ricordavo perfettamente di aver messo il volume tra “Humanis Mortem” e “La Turchia nelle Magie”. Adesso quel volume in pelle rossa non c'era più.

«Ti ricordi cosa c'era scritto? Era un libro che non ho letto» chiese Rose guardandomi ansiosa.

«Ho preso appunti, sono nel dormitorio» risposi.

La rossa sospirò. «Okay, propongo di controllare ancora qualche libro di erbologia e poi andare a dormire. I tuoi appunti li possiamo controllare domani» propose. Fummo subito concordi.

Le altre due ore le trascorremmo a cercare altri libri che trattassero della  Clerodendro purpurea rea o dell'utilizzo della Nerazzurra. Non trovammo altro e contenti delle informazioni raccolte tornammo ai nostri dormitori.

«Ragazzi, ricordate che da domani iniziamo con gli allenamenti di quiddich. La prossima partita è tra dieci giorni contro Serpeverde. Se  vogliamo vincere la coppa dobbiamo stracciarli... senza offesa, Scorpius» disse Albus dopo aver controllato sulla mappa che non vi fossero ronde o professori in giro per i corridoi.

«Guarda che io gioco con voi e voglio vincere per la mia casa» risposi. Non ero arrabbiato con i Serpeverdi che mi avevano scansato, né con i miei vecchi amici. Non mi avevano riconosciuto e non potevo dar loro torto. Forse mi sarei comportato anche io così. Ma dal momento della trasformazione, anche io ero cambiato e il cappello parlante se ne era accorto, o sarei finito nella stessa casa di prima. Invece aveva intuito il mio coraggio, la mia forza più che le altre qualità che mi facevano gradito a Serpeverde. Non mi sentivo come un traditore, ero un Grifondoro e avrei giocato per la mia nuova squadra e per la mia nuova casa.

Albus annuì e sorrise.

 

Appena entrammo nel dormitorio mi diressi subito al mio letto e presi il pigiama per poi rifugiarmi in bagno. Non osai sollevare lo sguardo su Rose che si era seduta sul suo. Sapevo che, nel frattempo che io mi cambiavo, lei faceva altrettanto in camera. Il solo pensiero mi  faceva tremare di anticipazione. Chissà com'era la sua pelle? Sarebbe stata morbida, serica, granulosa? Il suo incarnato così pallido eppure colorato dalle lentiggini. Le gambe lunghissime, il seno pieno, i fianchi tondi.

Sentii la consueta stretta alle parti basse. Ormai il solo pensiero di Rose mi smuoveva di tutto dentro... e anche fuori, a dar retta a quanto si agitava il mio amichetto del sud. Sbuffai.

«Stai buono, tanto non possiamo far niente con lei. È una amica e non vogliamo obbligarla, vero?».

Il sobbalzare del mio fallo in tiro mi fece sentire ancora più pazzo.

«Se non la smetti di agitarti senza scopo, giuro che ti imbriglio di nuovo nel parapalle». Mi ero ridotto a parlare con il mio cazzo. Cazzo!

«Hai detto qualcosa?» soffiò la voce di Rose appena fuori la porta.

«Ho ancora bisogno di cinque minuti» risposi, prima di rassegnarmi a fare un nuovo lavoro di mano per alleggerirmi la tensione. Non che il mio amichetto fosse così felice dell'autoproduzione, ma in mancanza di altra materia prima, tutto faceva brodo. Pensai intensamente alla rossa e... sporcai la vasca per l'ennesima volta. Era tremendo. L'astinenza per la quale Blaike e Nigel mi prendevano sempre in giro, era davvero dura. Da almeno tre anni avevo ritmi totalmente diversi.

Ripulii tutto in fretta e, completamente paludato nel pigiamone felpato, tornai in camera e mi infilai sotto le coperte, mentre Rose mi dava il cambio e si occupava delle sue abluzioni.

Chiusi gli occhi e regolai il respiro. Non volevo parlare con lei, non dopo che mi sentivo così sporco per essermi masturbato con il suo pensiero in testa. Lei era bella, pura e io la sporcavo ogni volta che non resistevo e mi davo soddisfazione da solo.

Sentii uscire Rose e avvicinarsi a me. Tenni gli occhi chiusi e finsi di dormire. Non riuscivo ad affrontarla nella nostra camera.

La sentii armeggiare con il comodino e sedersi accanto a me, sul materasso.

«Oh, Scorpius» sospirò piano. Mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte. «Come sei bello».

A sentire quelle parole aprii gli occhi di scatto e la fissai come se fosse impazzita. Poi vidi i famigerati occhiali fucsia con gli strass brillanti.

«Rose...» mi stava guardando con gli occhi più dolci che avessi mai visto.

La rossa sobbalzò e si tolse gli occhiali. «Scusami. È stupido guardarti con queste lenti. Tu sei Scorpius ma sei anche Shaula. Lo so. Ma...» fece un sorriso birichino. «Sei davvero uno spettacolo nella forma di prima».

Fu automatico coprire il mio amichetto con le mani, per poi prendere il cuscino e sbatterlo su una Rose che sghignazzava allegra.

«Vai a dormire, pervertita!» sibilai ridendo.

«Buonanotte, Shaula».

«Buonanotte, Rossa».

E fu davvero una buona notte, se non altro perché, se è vero che i sogni son desideri, nei miei avevo tutto quello che desideravo e anche quello che non sapevo di desiderare ma che mi faceva immensamente felice avere. Avevo vita, salute, famiglia, amore... una vita tutta in rosso.

Giocavo anche in una squadra famosa di quiddich e avevo migliaia di fans che dovevo tenere a distanza per evitare che mia moglie diventasse ancora più gelosa. Poi una giornalista che somigliava molto a Roxanne Weasley mi chiese: «Lei è veramente bravo e praticamente imbattibile. Non ha registrato una sola sconfitta in tutta la sua carriera sportiva. Ci spiega cosa successe nell'ultima sua partita contro i Serpeverde nella famosa scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, quando la squadra dei Grifondoro perse ignobilmente, a causa della sua scadente prestazione in campo?».

A quella domanda mi svegliai di scatto in un bagno di sudore.

Porco Merlino scoperto gay da una Morgana spogliata nuda e messa a novanta che neanche la caga, caduto in un letamaio di gorgosprizzi fantasmi e cariati di bubboni pestiferi e neri!

Era un sogno tanto bello! Perché cavolo me lo dovevo rovinare alla fine?

 

Quando scesi in sala grande, con Rose e Albus al mio fianco e a cui non avevo ancora rivolto la parola, sembrò che potessi rilassarmi un pochino. Ma era una mera illusione: poco dopo arrivò Zabini accompagnato da Speers e Rockwood e mi sussurrò urtandomi la spalla per passare: «Ancora nove giorni e vedremo chi sarà più bravo. Schiacceremo a terra la Cacciatrice d'Oriente e torneremo ad avere il nostro Scorpius, ci puoi scommettere».

Rabbrividii e guardai Albus per avere sostegno. Al cenno negativo del ragazzo mi diressi verso il nostro tavolo senza fare altre deviazioni o soste.

«Ragazzi, dobbiamo stare attenti. Blaike ha appena minacciato Shaula di farla cadere» comunicò Albus alla squadra che, a poca distanza, stava facendo colazione.

«Non ti preoccupare. Proteggeremo il nostro cacciatore da qualsiasi bolide furfante, puoi scommetterci» dichiarò Roxanne bellicosa.

«Non vi preoccupate e giocate come al solito. Se vi focalizzate su di me, rischiate di lasciare scoperti gli altri o il cercatore. Se si concentrano su di me, forse può essere un vantaggio. In tal modo saranno distratti e potremo vincere facilmente» suggerii.

«Non permetterò che ti facciano del male. Piuttosto mi metto io a fare il battitore direttamente con la scopa» sibilò Rose, addentando un toast.

Accanto a me si gettò Lily, letteralmente stremata di prima mattina. «Gente, famiglia, aiuto» cercò di parlare nonostante il fiatone.

«Cosa hai combinato? Sembra che hai corso per tutti i corridoi di Hogwarts» disse Louis guardando incuriosito la cuginetta.

«Ho seguito...». Lily si guardò attorno e abbassò il volume della voce. «Ho seguito un paio di Corvonero del mio anno che andavano... scendevano nel seminterrato al posto di venire a fare colazione». Il suo tono cospiratorio mi faceva quasi venire da ridere. Voleva giocare alla zero zero strega.

«E cosa hai scoperto» chiesi curioso.

A questo punto Lily sbuffò «Niente», ma aveva le guance rosse e forse non era proprio la verità.

«Dai, parla» ordinò Hugo.

«Hanno una relazione con due Tassorosso del sesto anno» confessò alla fine, facendoci fare una grassa risata. Con lei la privacy era una cosa sottovalutata o superflua.

Finita la colazione Albus, Rose e io ci trovammo ad andare a lezione i Difesa contro le Arti Oscure. «Hai trovato gli appunti?» chiese Albus.

«Li ha Rose, erano nel primo cassetto della scrivania» risposi tranquillo.

«No. Non c'erano» affermò Rose bloccandosi a metà corridoio. «Io pensavo che li avessi già presi tu».

«No. Non li ho» risposi, poi mi si gelò il sangue per diversi motivi. «Questo vuol dire due cose: che la complice sa cosa stiamo facendo e sa chi siamo. Ha preso gli appunti e il libro. È qui, a Hogwarts» terminai con tono lugubre. Fino a ora non avevo realizzato sino in fondo quanto fosse reale questa persona.

Erano in pericolo. Rose era in pericolo. Se le fosse capitato qualche cosa non se lo sarebbe mai perdonato.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

quindi, siamo tornati a scuola e ci siamo trovati in biblioteca.

Abbiamo trovato un nuovo indizio, ma nessuno ha notato una cosa?

Chi, secondo voi, è il Weasley più sveglio che noterà questa cosa angosciante? E soprattutto, chi di voi ha avuto un brivido leggendo questa cosa? (vediamo se siete svegli)

Rose guarda Scorpius con gli occhiali. Un pochino inquietante. E un pochino porcellina... ma dalle torto!

 

Ai tre recensori, spero che il vostro nick, così come è stato utilizzato vi sia piaciuto.

Vi rimando alla prossima puntata.

Baciotti

 

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Capitolo 17
*** Aggressione negli spogliatoi ***


 

Ed eccomi qui, per un nuovo capitolo!

Oggi sono arrivata a 8 recensioni (9 con Pad_19 e la sua piccina picciò) perciò, ho deciso di postare questo capitolo che è troppo caldo per lasciarlo sulla mia chiavetta.

Grazie a chi legge, recensisce, suggerisce, inserisce nelle liste e apprezza questa storiella. Grazie a Teresa (Elenri) per i banner e a tutti voi.

 

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BUONA LETTURA!

---ooOoo---

Cercammo in tutto il dormitorio e poi in tutta la torre dei Grifondoro, ma dei miei appunti sul libro dove avevo trovato il primo indizio sulla maledizione che mi aveva colpito, non trovammo alcuna traccia.

«Spariti» dissi mesto gettandomi sul divano davanti al camino nella sala comune.

Rose aggrottò la fronte. «Cosa ti ricordi?» chiese.

Eravamo nell'ora libera subito dopo pranzo. Louis e Roxanne erano seduti sul tappeto, Lily accanto a me e Albus in piedi accanto al camino. Hugo e Rose dividevano la poltrona accanto, mentre Molly e Lucy erano appoggiate alla spalliera dietro di noi.

«A cosa vi riferite? Al libro sulle magie della Grecia Antica?» chiese Hugo. Rose annuì.

«Posso confermare che non si trova nell'ufficio degli insegnanti, né in quello del custode» disse Molly.

«E' stato sottratto dalla biblioteca. Da quel che mi ricordo, si trattava di un amuleto rotondo con una pietra quadrata al centro. Sembrava che questo oggetto fosse una specie di lente che faceva convergere l'odio di una persona e lanciava un raggio contro una determinata persona, al fine di causarne la morte» spiegai.

«Una specie di maledizione senza perdono?».

«In un certo senso, sì. Poi ieri sera Rose ha trovato un libro che tratta di una pianta che produce fiori che, una volta secchi, si trasformano in bacche a pannocchie. Da queste si estrae un succo. Sembra che ci vogliano due settimane per far assorbire il colore di questo succo sulla pelle, esattamente come è successo a me».

«Quindi pensi che abbia unito la forza dell'amuleto con questo succo?» chiese Louis.

«Secondo noi, è più che probabile» si intromise Rose. «C'è una ditta che sta sperimentando degli incroci di piante per ottenere delle varianti del succo di queste bacche. Può darsi che abbiano trovato qualche cosa che assieme a quell'amuleto, possa dare questo risultato» terminò indicandomi.

«Possiamo contattarli e chiedere notizie sui loro esperimenti. Dove si trova questa ditta?» chiese Roxanne.

«Little Hangleton» rispose Albus.  Avevo la strana sensazione di conoscere questo luogo ma non riuscivo a ricordare dove l'avevo sentito. Qualcun altro singhiozzò a sentirlo.

«Il paese di origine di Voldemort?» pigolò la voce tremante di Lucy.

«Ecco! Non riuscivo a ricordare dove l'avevo già sentito» dissi battendomi il palmo sulla fonte.

«Hai ragione, Lucy!» confermò Albus.

«Come ho fatto a non collegare?» borbottò Rose.

«Credete che centri Voldemort? Qualcuno dei mangiamorte sopravvissuti?». La voce di Lily rese l'idea della paura che serpeggiava tra la tribù in quel momento.

È vero che erano figli degli eroi, di una famiglia che aveva lottato attivamente per liberare il mondo magico, ma avevano pagato il prezzo del sangue e questo era da monito all'esaltazione dell'avventura. Era bella ma c'era anche il rischio da non sottovalutare.

«Non credo, altrimenti non sarei stato colpito, in quanto Serpeverde oppure, se voleva vendicarsi della mia famiglia mi avrebbe ucciso, non trasformato in questo» cercai di stare tranquillo, anche se avevo un brivido di paura che mi scorreva lungo la schiena.

«Allora dovremo indagare sulla pianta?» chiese Hugo.

«Potremmo cominciare a chiedere al professor Paciock. Neville non ci negherà una risposta» propose Albus. Io annuii concorde e così anche gli altri.

Ci organizzammo per i giorni successivi. Lily, Roxy, Hugo e Molly, con l'aiuto della mappa dei Potter, avrebbero controllato nei dormitori, per trovare il libro. Lucy e Louis avrebbero cercato negli uffici e nelle aule. Io, Rose e Albus avremmo interrogato Neville Paciock e avremmo continuato a cercare notizie in biblioteca. Eravamo tutti d'accordo che, se l'origine della maledizione era Little Hangleton, il complice poteva essere una ragazza che frequentava Serpeverde. Se fosse stato vero, mi sarei sentito tradito.

 

Nei giorni successivi ci trovammo a intervalli regolari per sentire i rapporti delle indagini di ciascun gruppo. Obbiettivamente i più divertenti erano Lily e Roxy che costringevano Hugo a fare da palo con il mantello invisibile, che si erano fatti inviare da Harry Potter, per poter introdursi nei vari dormitori. Più di una volta furono quasi sorpresi a perquisire le varie stanze.

Entrare in Corvonero era stata un'impresa non da poco, visto che erano sgattaiolati insieme a uno della casa. Si erano messi a guardare dentro il dormitorio delle ragazze con Albus ai piedi della scala. Lì avevano beccato una coppia di ragazze in atteggiamenti intimi e si erano “godute” le loro evoluzioni per tutto un pomeriggio.

«Giuro che mi è venuta la nausea. Se una ragazza mi si avvicina più di tre metri, giuro che la affatturo» esclamò Roxanne dopo il racconto agli altri. Esplose un risolino più o meno allegro da parte di tutti.

«Ma che snob che sei! Se quelle due si amano, chi siamo noi per dire il contrario?» dissi in un ampio spirito liberale.

«Non è per loro. Hanno tutta la mia stima... ma stare lì ad ascoltare come una guardona, non è il massimo della vita!» disse Lily dando man forte alla sua compagna di sventura.

Setacciarono completamente i dormitori femminili di Tassorosso e Corvonero ma non trovarono nulla.

Nel frattempo ci trovavamo a seguire lezioni sempre più impegnative, studi sempre più estenuanti e allenamenti sempre più sfiancanti.

I giorni passavano e ci si avvicinava alla partita contro Serpeverde. Blaike non mi aveva più minacciato. Anzi, non l'avevo più incontrato neanche a lezione. Non era malato ma non si faceva vedere in giro. Pareva non fosse più nella scuola.

 

Sembrava quasi un sogno quando arrivammo agli spogliatoi. Se mi avessero chiesto un resoconto dettagliato di quello che avevo fatto negli ultimi giorni o anche solo nelle ultime ore, non avrei saputo rispondere. Era tutto confuso e nebuloso. Ero stanco. Dannatamente stanco. Erano ormai dei mesi che dormivo poco e male. E con l'impegno aggiuntivo del quiddich, rischiavo davvero di crollare da un momento all'altro.

Una volta che fummo tutti in fila, pronti a entrare in campo, Albus fece le ultime raccomandazioni. Stancamente. Ci eravamo spremuti come limoni agli allenamenti e ora ci trovavamo a gareggiare con le energie al lumicino.

«Inforcate le scope! Liberate il boccino, i bolidi... la pluffa!».

Non appena la palla rossa volò in aria mi affrettai ad afferrarla e partii diretto alla porta avversaria, deciso a strappare un centro nei primissimi minuti della gara. E a difendere i cerchi mi trovai davanti il capitano: Blaike. Era tornato e mi aspettava.

Lo vedevo seguire fermo i miei movimenti e le mie finte. Lanciai con rabbia nel cerchio di destra e lui si gettò a intercettare la pluffa che finì facilmente nelle sue mani.

Rilanciata, dovetti inseguire i cacciatori e riprendere la palla, strappandola quasi dalle mani di chi aveva preso il mio posto in squadra.

Mi gettai a capofitto, interrompendo la picchiata con un avvitamento ascendente sulla destra. Questa manovra mi permetteva di sbilanciare il portiere che si spostava a coprire il cerchio corrispondente, mentre io, con un tiro molto angolato, centravo il cerchio di sinistra.

«Goal! Dieci punti a Grifondoro!» esclamò lo speaker. «Primo centro della partita grazie a una sorprendente azione della cacciatrice d'oriente! Solo una volta avevo visto una cosa simile: era una manovra di Scorpius Malfoy, ma d'altronde, i due sono cugini! Buon sangue non mente!».

Maledizione! Se continuavo in questo modo, mi avrebbero scoperto.

Infatti Blaike si bloccò un attimo e mi guardò fisso, prima di riprendere a concentrarsi sulla partita.

I minuti sembrarono rallentare, inversamente alle azioni e ai miei pensieri che invece erano velocissimi. Passavo la pluffa, la riprendevo, ostacolavo i cacciatori avversari, sviavo i bolidi e segnavo nei cerchi avversari passando accanto a uno Zabini sempre più irritato.

Dopo venti minuti eravamo quaranta a trenta per i Grifondoro. Eravamo veloci ma non brillanti come nella prima gara contro i Tassorosso. Louis era un pochino appannato e James Percy sembrava non essersi completamente ripreso dalla brutta influenza che aveva appena passato.

Mi stava arrivando un bolide addosso ed io avevo preso troppa velocità per fermarmi, così cambiai direzione con una giravolta avvitata. Alcuni movimenti sulla scopa mi venivano molto più naturali di altri.

Finalmente si sentì un boato di eccitazione mentre vedevo i due cercatori fiondarsi su un punto. Sperai con tutto il cuore che fosse il boccino, in modo da finire con quella partita terribile. Louis segnò in quel momento e guardai verso il portiere di Serpeverde. Blaike aveva le sopracciglia aggrottate e le labbra strette, espressione tipica di quando era furente, ma guardava me. Non osservava niente altro, né Louis che esultava per l'ultimo goal, né i cercatori che stavano per raggiungere il boccino, né la pluffa che doveva recuperare.

«Sessanta a trenta per i Grifondoro, ma ecco che Biggs e Potter si lanciano per catturare il boccino d'oro. Sembra che Biggs sia più vicino ma Potter è a un'incollatura. Stanno spingendo come forsennati su quelle scope... forza ragazzi! Ecco il boccino, le mani si allungano e...».

Chiusi gli occhi per un istante, pregando che Albus riuscisse nell'impresa. Era dietro di una decina di centimetri ma aveva più velocità, poteva farcela.

«Biggs cattura il boccino! Serpeverde vince contro Grifondoro, centottanta a sessanta!».

Riaprii gli occhi deluso e planai dolcemente a terra nello stadio, attorniato dai miei compagni di scuola.

«Non importa Albus. Abbiamo vinto con Tassorosso e perso con Serpeverde. Se vinciamo con Corvonero abbiamo buone opportunità. Serpeverde aveva perso l'altra partita». Oliver Trislot blaterava di classifiche e partite ma noi eravamo più depressi.

Sia io che Roxanne e Louis eravamo stanchissimi, per non parlare di Albus che trascinava i piedi come se fosse stato sveglio tutto il tempo degli ultimi quindici giorni e probabilmente era così. Questa ricerca sulla mia maledizione era estenuante per tutti noi e ci stava rimettendo anche il quiddich e lo studio in generale: Rose aveva preso una O (oltre ogni previsione) per Rune Antiche abbassando i suoi soliti E (eccezionale). Dovevamo assolutamente sospendere le incursioni notturne in biblioteca, almeno per qualche tempo, prima di crollare del tutto.

 

Entrando negli spogliatoi, come al solito, lasciai a Rose e Roxy l'uso delle docce e mi spogliai infilandomi l'accappatoio per essere pronto al cambio, non appena loro fossero uscite per vestirsi. In quel modo evitavamo momenti imbarazzanti e pelli scoperte.

Mi ero appena infilato l'accappatoio che la porta dello spogliatoio si spalancò con un tonfo e un Blaike furioso entrò di slancio e mi si avventò contro.

Prese i risvolti dell'accappatoio e strinse avvicinando il mio naso al suo. «Dimmi cosa ne hai fatto!» ordinò. «So che è dentro di te. Come spirito, anima o qualcosa altro ma so che c'è! Tiralo fuori!».

«Blaike» provai a dire ma di nuovo mi interruppe.

«Non parlarmi con quella voce! Io voglio parlare con Scorpius! Tira fuori Scorpius!» disse ancora stringendo la spugna.

Sentii il tonfo leggero dei piedi e riconobbi il profumo di Rose.

«Lascialo, Zabini! Non può far uscire Scorpius!». Il braccio chiaro della rossa si infilò tra di noi e cercò di allontanare Blaike da me.

Arrossato dalla rabbia, prese il suo polso e la strattonò, facendo slacciare l'asciugamano che la copriva in modo precario e lasciandola nuda.

«Lasciala, Blaike!» urlai spingendolo lontano e avvolgendo Rose tra le mie braccia. «Tutto bene?» sussurrai carezzandole il polso arrossato. Lei si limitò ad annuire. Mi voltai ancora verso Zabini e feci scivolare Rose dietro le mie spalle per coprirla.

«Allora lasciami parlare con Scorpius» mi sfidò lui.

Roxanne entrò in quel momento e corse a portare un asciugamano alla cugina che tremava dietro di me.

«Sono io Scorpius, emerito imbecille!». Blaike rimase a bocca aperta, di sale, fermo e incredulo a guardare la mia faccia, prima di mettersi a ridere.

«Smettila di prendermi per il culo!» urlò ancora il mio amico.

«Non ti sto prendendo in giro. Vuoi che ti dica qualche cosa che sappiamo solo noi? Tipo che prima i metterti con Lucinda ti eri scopato sua madre? E che poi eri terrorizzato che lei lo venisse a sapere? Sono Scorpius e ora te lo dimostrerò» urlai di rimando, arrabbiato. Mi voltai di scatto verso Rose che si era appena ricoperta e la presi di nuovo tra le braccia prima di baciarla con tutta foga e la voglia che avevo alimentato per tutti quei mesi.

 

Socchiusi gli occhi e vidi che lei li aveva ancora spalancati per la sorpresa. Dopo qualche secondo le vidi abbassare le palpebre e lasciarsi andare.

Le sue labbra erano morbidissime e cedevoli e io cominciai a sentirmi molto coinvolto. Non mi interessava più chi stava a guardare. Potevano fare quel che volevano. Io ero lì, in uno spazio onirico con la ragazza dei miei sogni tra le braccia.

Feci una leggera pressione con la lingua e lei socchiuse la bocca consentendomi l’entrata. Il bacio si fece ancora più profondo e più torrido. Le braccia di Rose mi avevano circondato il collo, appoggiando le dita alla nuca. Il suo asciugamano si era slacciato di nuovo ed era sostenuto solo dai nostri corpi attaccati e dalle mie mani che vagavano febbrili sulla sua schiena.

Quando fummo in debito di ossigeno, mi staccai lentamente, mantenendo gli occhi chiusi per gustarmi ancora il suo sapore e la sensazione di essere un normale ragazzo che baciava la ragazza che gli piaceva.

«Scorpius» sospirò Rose a mezza voce.

Era come la rottura di un incantesimo. Aprii gli occhi di scatto, convinto di vedere i suoi ancora chiusi ad immaginarsi una figura che non c’era. Questo faceva male, perché sembrava affascinata da me solo quando mi guardava attraverso quelle maledette lenti. Volevo essere io, con tutti i miei difetti, non il mio corpo perfetto e il mio faccino dannatamente bello. Ormai non ero più io quello.

Invece lei era lì e mi guardava con gli stessi occhi di qualche sera fa, carezzandomi la guancia come aveva fatto alla tana. Per la prima volta mi guardava senza occhiali magici.

Il mio cuore diede una accelerata di colpi, così repentina che a distanza di anni ancora mi chiedo come abbia fatto a non morire sul colpo per un infarto. E fu il mio turno di arrossire furiosamente.

«Rose…». Cosa potevo dirle? Che non volevo? Non ero tanto imbecille da dire una bestialità simile, perché io lo volevo con tutto il cuore. Era stato un errore? Neanche per idea! Mi ero approfittato di lei? Questo sì ed era per questo che ero mortificato. Non avrei dovuto prendere l’iniziativa e violarla in questo modo.

Ci stavamo guardando negli occhi mentre i nostri respiri si stavano normalizzando. Piccoli ansimi fievoli uscivano dalle sue labbra rosse e gonfie per colpa mia. Feci scorrere il pollice sul labbro inferiore e lei sorrise. Forse non si sentiva tanto violata, allora.

 

«Ehm…» si schiarì la voce Blaike.

Entrambi ci girammo verso il nostro pubblico. Zabini aveva un sorrisino lievemente sardonico e dalla luce dei suoi occhi, compresi che mi aveva creduto su tutta la linea. Roxy era ancora a bocca aperta stile pesciolino rosso.

E per lei fu Rose a intervenire. «Roxanne, chiudi la bocca».

«Bello spettacolo, Scorpius. Potevate anche essere lesbiche per quanto mi riguarda… a pensarci bene mi sono anche un po’ eccitato. Ma sicuramente nessuno sapeva di me e Geltrude» fece un sorriso prima di rannuvolarsi ancora. «Si può sapere cosa diavolo è successo? Come fai a essere così? Sapevo che non eri andato nella scuola degli Emirati Arabi. La scorsa settimana sono andato là a indagare».

«Cosa hai fatto?» berciai rimanendo allibito. Blaike aveva lasciato la scuola per cercarmi?

«C’era qualche cosa che non quadrava e tu non rispondevi ai miei gufo. Questi tornavano indietro con la dicitura ‘destinatario sconosciuto’ non ci capivo più niente! Così ho chiesto un permesso e mi sono fatto accordare una passaporta per la scuola fondata da Abdul Alhazred, la più grande e di prestigio di quella zona. Non saresti andato a frequentare niente di meno».

«Accidenti! Hai studiato» commentò Rose, sempre accanto a me. Mi sembrava così naturale avere il braccio attorno alla sua vita che non lo avevo ancora rimosso e lei non si era scostata. Sorrisi pensando a quello che avevo detto a suo cugino e Blaike sembrò capire il filo dei miei pensieri perché fece un piccolo sorriso sornione guardando la mano appoggiata alla sua figura poi si inchinò.

«Grazie madamigella. Comunque la preside Manaar Favah non ha mai sentito parlare di Shaula Girtab e neanche di Scorpius Malfoy… ma mi ha fatto notare una cosa che non avevo collegato: Shaula e Girtab sono due stelle della costellazione dello  scorpione… è stata tua madre, vero?».

«Sicuro di non essere un Corvonero travestito?» chiese Roxanne svegliandosi dalla trans dove era caduta alla vista del bacio.

Rose cominciò a tremare leggermente tenendosi l’asciugamano più stretto al suo corpo.

«Meglio che fai rivestire la tua ragazza, Scorp, noi parleremo dopo» disse subito Blaike e uscì veloce come quando era entrato.

Mi voltai a guardare Rose che era arrossita furiosamente.

«Ha ragione, stai tremando. Io vado a farmi la doccia, voi due asciugatevi e vestitevi in fretta. Abbiamo tutti bisogno di qualche cosa di caldo» mormorai frizionando le braccia nude della rossa. Poi corsi letteralmente in bagno prima di fare qualche cosa di cui mi sarei immensamente pentito.

 

Ci misi un bel po' prima di uscire dal bagno. Non avevo il coraggio di affrontare Rose. Cosa potevo dirle? Che era una splendida ragazza? Che mi piaceva? Bah! Un grosso sospiro di incoraggiamento non fu così incoraggiante, ma non potevo restare rintanato qui in eterno, perciò presi coraggio ed uscii arrivando nella stanza dove... non mi aspettava nessuno. Ridacchiai. Mi ero fatto tanti problemi e invece le altre erano già andate al castello. Avevano fatto bene. Avevano preso tanto freddo e dovevano scaldarsi in fretta, prima di ammalarsi seriamente.

Mi cambiai in fretta e corsi al castello. Non incontrai nessuno fino all'atrio dove, da dietro una colonna, spuntò Blaike.

«Vieni con me» ordinò solo e mi spinse verso l'aula undici che una volta era stata usata da un centauro assunto come professore di divinazione.

«Raccontami tutto» disse una volta chiusa la porta.

«Mi fa piacere che vuoi così tanto la mia compagnia» dissi ironico.

Poi cominciai a raccontare «E' successo tutto alla festa delle stelle. Ho visto una ragazza bellissima ma credevo di essere ubriaco perso. Mi sembrava di guardarla come se fosse dietro un vetro smerigliato: i suoi contorni non erano distinguibili e non riuscivo a vedere chiaramente i suoi lineamenti. Avevo un'immagine di insieme dove quella bionda era davvero una gran figa» descrissi agitando le braccia grassocce.

«Gran figa? Adesso ti riconosco» disse soddisfatto il mio amico.

«Comunque me la sono fatta. Solo che il mattino dopo era davvero una cessa. Oltretutto era bruna, scura e brutta come una crosta marcescente. Una cosa ributtante» conclusi.

«Conoscendoti, mattina dopo sbronza e cesso nel letto, direi che non ti sei comportato da gentiluomo. Sbaglio?».

«Colpito in pieno. L'ho insultata e derisa e l'ho sbattuta fuori dal letto. Lei in risposta mi ha detto che avevo un anno per far innamorare una ragazza di me e innamorarmi a mia volta, altrimenti sarei rimasto così, impossibilitato a fare ciò che mi piaceva. Io pensavo che si limitasse a questo aspetto, invece ho scoperto che alla fine dell'anno mi aspetta madama morte» dissi tetro.

«Ti ha fatto bere una pozione?».

«No. È stata una luce blu che mi ha colpito al centro del petto. Mi è venuto un livido ma non è successo niente, sino a quando non si è assorbito tutto, dopo circa quindici giorni. Allora sono andato a dormire e al mattino mi sono trovato così».

«E da quel momento non ti sei più fatto vedere né sentire. Non credi che avremmo potuto aiutarti? Cercare la soluzione con te? Esserti amico. Hai allontanato anche me e noi ci conosciamo da tutta la vita!» protestò.

«Blaike, per favore! Tu mi saresti stato vicino ma gli altri mi avrebbero solo preso in giro e allontanato come un essere che non era più degno della vostra attenzione» replicai.

«Forse gli altri sì... ma Goyle, no» e si mise a ridere.

«Allora lo sai?» chiesi.

«Che ti ha baciato? Puoi giurarci! Ha fatto venire una crisi isterica a Nigel e Lucinda. Abbiamo anche dovuto promettere di trattarti bene e non vessarti troppo».

«Cosa che non ti ha esentato dal minacciarmi» gli ricordai. Lui fece spallucce incurante.

«Non so a cosa ti stai riferendo. Io volevo solo trovare il mio amico» disse e, con un gesto impulsivo decisamente strano per lui, mi abbracciò fraterno.

«Mi sei mancato» mormorò.

«Mi sei mancato anche tu» risposi a lui e al suo abbraccio.

Chiacchierammo ancora un poco di cosa era accaduto nella casa dei Serpeverde.

«E così sei un Grifondoro? Davvero Scorp?».

«Ho provato anche a corrompere il cappellaccio ma lui non ha desistito e mi ha mandato nella casa rossa» feci spallucce concludendo.

«In effetti, mostrarsi in questo stato, ci vuole coraggio e anche tanto. Ma sei nel dormitorio femminile?». Appena annuii lui scoppiò in una grassa risata battendomi una manata sulla spalla.

«Grande! Tutte quelle chiappette sode e quelle tettine che ti ballano davanti al naso. Quasi ti invidio. Che poi la Weasley non mi sembra neanche piatta. Ottimo gusto» concluse.

«Ci credi che non mi fa più effetto? È come aver avuto l'indigestione, non riesco più a arraparmi neanche davanti a Meredith e Anne e ti assicuro che loro girano per il dormitorio più nude di un verme».

«Neanche la Weasley? Da come l'hai baciata, quella ti ha smosso molte cose dentro e fuori» disse sornione.

Sospirai. «Rose è diversa. È una Grifondoro con i controfiocchi, generosa e coraggiosa, testarda e accomodante e molto intelligente».

«E ti piace, non solo per farci un giro» concluse ovvio.

«Non posso. Lei si fida di me e si sta dedicando con tutta se stessa a cercare la soluzione per eliminare questa maledizione. Non posso approfittarmi di lei in questo modo, non sarebbe onesto».

«Hai detto che ti devi innamorare e far innamorare di te. Hai trovato una ragazza perfetta, cosa c'è di sbagliato o disonesto?».

«Farei leva sul suo spirito Grifondoro e non voglio. Se deve innamorarsi voglio che sia per me, non per salvarmi».

«Orgoglio stupido. Adesso capisco perché sei finito tra i grifoni! Torniamo al problema principale. Cosa posso fare per aiutarti».

Gli raccontai tutto quello che avevamo scoperto in biblioteca e il fatto di avere parecchi volontari ad aiutarmi.

«Tutti i Weasley? Ecco perché la piccola Potter me la trovo dappertutto. È fastidiosa come una zecca».

«Forse segue Lucinda e le altre» le spiegai.

«Quindi mi dici che è sparito il libro dove avevi trovato alcuni indizi? E anche gli appunti che avevi preso?». Annuii.

«Posso controllare nel dormitorio dei Serpeverde» si offrì.

«Sarebbe perfetto, visto che Roxanne e Hugo non sono riusciti a entrare lì dentro» confermai.

Continuammo a parlare ancora per qualche minuto poi ci avvicinammo alla porta e uscimmo, il braccio di Blaike sulle mie spalle, io e lui che ci sorridevamo complici, finalmente amici ritrovati. E in questa immagine idilliaca ci trovammo davanti Lucinda McNair, Claire Nott e Theodore Goyle che ci guardavano allibiti.

 

Dopo qualche secondo di silenzio, Lucinda sibilò infuriata: «Togli quel braccio».

«Non è come sembra» tentò di difendersi Blaike, togliendo immediatamente il braccio dalle mie spalle. Mi ero appena raccomandato di non dire niente a nessuno, neanche alla sua ragazza e adesso, quasi me ne pentivo. Lucinda riusciva a essere spietata e lui avrebbe sofferto parecchio prima di riuscire a rientrare nelle sue grazie.

«Se Scorpius avesse avuto tanti galeoni quante le volte che ha ripetuto questa frase, sarebbe diventato più ricco di Creso e credo che tu abbia imparato troppo da lui» commentò Claire. A quelle parole mi venne da ridere, sebbene cercassi di contenermi.

«Taci tu, prostituta! Lui è il mio ragazzo e tu non hai diritto di mettere i tuoi luridi artigli sopra» urlò Lucinda perdendo ogni traccia di calma.

«Tu, Shaula. Pensavo ci fosse qualche cosa tra noi, invece hai giocato con il mio cuore. Sei una stronza» sbottò Theo con gli occhi lucidi mentre mi guardava con delusione.

Se da un lato mi sarei liberato di quella piattola, non volevo che Blaike ci andasse di mezzo. Nonostante il suo modo leggero di comportarsi, ci teneva davvero tanto a Lucinda e non aveva più guardato nessuna altra da quando si era messo insieme a lei. Dovevo trovare una soluzione.

«Non voglio Zabini, non è il mio tipo. Io sono innamorata di un'altra persona».

«Chi?» chiese Goyle speranzoso.

«Rose Weasley» intervenne Blaike.

Tutti spalancarono la bocca. Anche io.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

okay, cominciamo dal fondo. Blaike si è difeso e Scorpius si è trovato nei guai. Adesso è lesbica.

Il bacio tra lui e Rose?

E lui assurdamente onesto che non vuole approfittarsi di Rose. Ma davvero si approfitterebbe?

Nessuno si è ricordato del paese dove vivevano i Riddle. Come Scorpius ha escluso subito che si tratti di un Serpeverde. Forse ha ragione, forse no…

 

Aspetto vostri commenti per questo capitolo. Dubito di postare presto il prossimo capitolo. Sono in fase di meditazione e non sarà pronto tra due giorni.

Alla prossima

baciotti

 

 

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Capitolo 18
*** Sette colli sul petto ***


 

Nuovo capitolo, passo avanti.

Credevo di metterci di più e invece sono stata nei tempi giusti.

Grazie per aver letto, commentato, suggerito, inserito nelle liste e, spero, apprezzato questa storia. Grazie a Elenri per i banner che ci accompagnano e aiutano visivamente la storia e...

 

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beh, BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Ma cosa aveva in mente Blaike? Segatura?

«Allora, Shaula, sei lesbica?» chiese Claire sogghignando.

No, pazienza il grasso, la bruttezza, il trucco, la depilazione, gli occhiali, la cellulite, i vestiti enormi ma anche essere tacciata come lesbica? Questo no. Mi rifiutavo e Zabini, il mio nuovo ex amico, me l'avrebbe pagata.

Abbracciai il busto del mio amico guardando sorridente gli altri «Avevo bisogno di un consiglio e Scorpius mi ha detto che lui era il migliore per poter chiedere, così sono venuta a cercarlo. Grazie, caro» pigolai adorante per poi schioccargli un bacio sonoro sulla guancia.

Alle mie spalle sentii ringhiare distintamente e soffiai nell'orecchio di Blaike «Adesso sono tutti problemi tuoi».

«Blaike, torniamo nel dormitorio» ordinò Lucinda inviperita. «Subito!».

Il ragazzo si slacciò da me e mi passò a fianco sillabando un ‘Questa me la paghi’. Appena ritrovati e già ai ferri corti. Direi che questo era quasi un record. Cercai di trattenere il sorriso che mi stava uscendo e forse nessuno si accorse degli angoli della bocca tirati all’insù. Ero quasi sicuro che non mi avrebbe fatto nulla. Quasi sicuro…

 

Mi diressi verso la torre dei Grifondoro al settimo piano. Dovevo assolutamente parlare con Rose di quanto era accaduto e rassicurarla della mia buona fede. Non le avrei mai imposto niente.

In realtà ero un po' agitato. Se prima non mi risolvevo ad uscire dalla doccia, ora le scale mi sembravano ostacoli difficili da superare.

L'energia che avevo sentito parlando con Blaike era sparita. Mi ero sentito sicuro con lui, ma adesso, affrontare Rose e quello che era successo... il coraggio era andato a farsi benedire parecchio lontano da qui. Quando arrivai davanti al ritratto della Dama Grassa, ero senza fiato e, nel momento in cui soffiai la parola d'ordine, il quadro era vuoto. E adesso come entravo?

«Problemi, Malfoy?» cincischiò Pix volteggiando sopra la mia testa. Oh, mamma! Con tutti quelli che potevo incontrare, proprio Pix? Quello che ci godeva così tanto a rompermi le pluffe?

«Pix... caro amico» cercai di blandirlo.

«Amico? Non sei tu che hai chiesto al barone di non tormentarti più?».

Già, quella non me la ricordavo. Non credevo che avesse ascoltato, ma era vero, da allora non si era più messo sulla mia strada, come se mi avesse evitato apposta.

«Però adesso c'è un anno nuovo e le promesse vecchie non valgono più!» ghignò il poiltergeist e mi gettò addosso un calderone pieno di una sostanza giallastra e puzzolente.

«Signorina, che succede» fece la voce stridula della Signora Grassa, appena tornata. Diciamo che la voce del ritratto faceva concorrenza alla mia. Se volevamo far accapponare la pelle, bastava cantare in coppia.

«E' stato Pix!» sbraitai indicando per aria.

«Dove?». Guardai in giro, in alto e per controllo, anche sotto la sottana (non si sapeva mai dove poteva spuntare) ma il poiltergeist non c'era più.

In compenso mi erano cresciute delle strane protuberanze in varie parti del corpo. Oddio, cosa era successo?

«Moontastic» dissi la parola d'ordine e non appena il ritratto si aprì e liberò il buco di entrata mi fiondai dentro. Il brusio che mi accolse venne tacitato in pochi secondi mentre i compagni di casa si giravano a guardarmi.

«Girtab, chi è stato?» chiese un primino cercando di trattenere un risolino.

«A fare cosa?» squittii.

«A farti diventare il sogno proibito di tutti i maschi di questa terra... o di tutti i neonati» ululò Thomas dall'altra parte della sala.

Cosa era successo adesso?

Corsi nella camera e mi fiondai nel bagno davanti allo specchio.

Era possibile peggiorare? Non lo credevo ma la risposta era proprio un sì.

 

«Cosa succede, Shaula?». Era la voce di Daisy dietro la porta. Subito corsi a chiuderla.

«Posso entrare?». Oh, no! Proprio no!

«Non sono presentabile» gracchiai. Ero tutto sudato. E adesso come potevo fare? Come potevo uscire da lì?

«Shaula, ti prego. Mi scappa!» piagnucolò. Che fare? Rischiare una perdita maleodorante in camera o una umiliazione ulteriore per il sottoscritto.

Un sospiro accompagnò l'apertura dell'anta e la brunetta poté guardarmi in tutto il mio nuovo splendore.

«Ahrgh!» urlò spaventata.

«Calma, Daisy» provai, ma lei girò gli occhi e cadde a terra come un salame.

«Che succede?» chiese Anne entrando in camera e vedendo subito Daisy riversa sul pavimento.

«E’ svenuta» risposi ovvio.

«Perch…» non riuscì a finire di fare la domanda che subito iniziò a ridere come una pazzoide schizzata, quale era la sua vera natura, secondo la mia modesta opinione.

«Ah, ah, ah, ah» continuò in questo modo per almeno cinque minuti, asciugando di tanto in tanto le guance dalle lacrime copiose che scendevano dagli occhi e la facevano sembrare a un panda triste per tutto il mascara sciolto.

«Piantala» ordinai annoiato. Ero talmente abituato agli scherni degli altri che ormai neanche le risate sguaiate mi facevano effetto. Quelle di Anne un pochino sì, ma questo perché lei era congenitamente antipatica.

In quel momento entrò anche Rose che si bloccò sulla porta ad osservare l’intera scena. Di tutte le persone che avrei voluto vedere in quel momento lei era decisamente l’ultima.

«Daisy… è svenuta sul pavimento» mormorò come se quella fosse la cosa più strana di tutte. Okay, forse era la più preoccupante, ma anche io non stavo tanto bene. Oltretutto mi sentivo ancora maleodorante e appiccicaticcio per la brodaglia gialla che mi aveva lanciato Pix.

«Sì, scusami… è solo che guardandola… non si resiste…» singhiozzo Anne, facendosi superare da Rose che si inginocchiava sul pavimento per soccorrere la brunetta.

«Reinnerva» dichiarò la rossa e Daisy iniziò subito a sbattere gli occhi.

«Oh, cielo. Sono svenuta guardando Shaula» mormorò contrita prima di voltarsi verso di me «Scusami… non volevo essere maleducata».

«Non ti preoccupare, direi che battere Anne è molto difficile» sibilai guardando l’altra in tralice, ma lei sembrò non darsene peso.

«Ti senti bene o vuoi andare in infermeria?» chiese Rose preoccupata.

Daisy scosse la testa rialzandosi lentamente «No, sto bene».

Mi guardò intensamente ancora per un attimo, stringendo le labbra, quasi a voler dire qualche cosa, poi cedette. «Meglio che ci porti lei».

«Certo» aggiunse la rossa in fretta, prima di prendermi per la manica che non era macchiata e trascinarmi fuori dal dormitorio.

 

Non disse una parola durante la discesa nella Sala Comune e neanche uscendo nel corridoio del settimo piano, tenendo il passo sostenuto.

«Rallenta, Rose. Con tutta questa ‘cosa’ non riesco a correre» protestai.

A quel punto si voltò verso di me e incrociò le braccia con un cipiglio scuro tra l’accusatorio e il preoccupato.

«Cosa ti è successo questa volta? Hai incontrato di nuovo la strega o la sua complice? Oppure sentivi che ti mancava qualche cosa da quando sei stato trasformato?» chiese indicandomi vagamente.

«Non credi che apprezzerei di più su qualcun altro che non su di me?» feci io di rimando. «E’ stato Pix. Mi ha versato una cosa puzzolente addosso» borbottai.

«Beh, allora credo che in infermeria ti sistemeranno. Andiamo» incitò e riprese a scendere sino ad arrivare alla porta che immetteva nel reparto sanitario di Hogwarts.

«Signora Warner?» chiamò appena entrata.

Subito la donna trotterellò verso di noi e si bloccò a qualche metro di distanza, prima di scoppiare a ridere. Pure lei non si tratteneva? Che fine aveva fatto la professionalità delle persone?

«Mio Merlino! Cosa le è successo signorina Girtab?» chiese cercando di contenere le risate.

«Pix. Mi ha rovesciato addosso il contenuto di un calderone» risposi secco.

«Che le ha fatto crescere… quante? Sette mammelle enormi?» biascicò cercando di restare seria.

Se prima il mio petto era quasi una tavola piatta, con la mia prima, con la quale i reggiseni erano un optional di cui potevo fare a meno, adesso mi trovavo con un insieme di poppe da sesta, che mi riempivano tutto il tronco. In più i capezzoli mi stavano dando il tormento a forza di sfregare la stoffa della camicia dove erano costretti.

«La prego, me li tolga prima che si mettano anche a produrre latte!». L’ultima cosa che avrei voluto era essere munto come una mucca.

«In effetti credo che dovrebbe essere quello che le capiterà tra poco. Se non sbaglio questa è la pozione inventata da una donna che non aveva latte per i suoi gemelli. Così si fece crescere altre mammelle e produsse abbastanza latte per loro».

«Mi dica che ha allattato solo per pochissimo tempo!». Non osavo pensare di trovarmi con quell’armamentario sul davanti per mesi.

«Otto mesi se non ricordo male» rispose sorridendo l’infermiera.

Io sbiancai e Rose scoppiò a ridere con allegria. Grazie per la comprensione.

«Non… non dovrò tenermele per otto mesi… vero?» balbettai con le lacrime agli occhi. Avrei anche giurato un pellegrinaggio a piedi a Camelot, purché qualcuno mi liberasse da tutto questo!

«Meglio che vada, visto che è in buone mani» disse allora Rose, mentre la signora Warner mi invitava a togliermi i vestiti. «Verrò a trovarti domani» promise, prima di chiudere la porta dietro di sé.

«La signorina Weasley sa chi è lei in realtà?».

«Sì. Tutti i Weasley ne sono a conoscenza. Mi hanno scoperto o hanno sentito il signor Potter parlarmi attraverso il camino».

Ormai ero a torso nudo e non avevo mai visto niente di così osceno. Se davvero il seno grosso era il sogno di ogni ragazzo al mondo, decisamente sette poppe insieme facevano davvero senso. Non avrei mai più apprezzato la vista di un paio di zizze come prima. Beh, forse quelle di qualcuna di particolarmente carina, sì…

«Beva questo e poi si spalmi questa pomata su tutto il petto. Quando ha finito mi chiami che la devo fasciare» mi disse, consegnandomi la fialetta e il vaso e tornando nel suo ufficio.

Se Pix ci aveva messo tre secondi netti per ridurmi in questo stato, avevo il sentore che ci sarebbe voluto più tempo per risolvere la situazione.

Intanto non ero riuscito a parlare con Rose. Maledizione!

 

Erano alcune ore che ero coricato nel letto, senza riuscire a dormire. La pozione aveva interrotto la lattificazione e la pomata stava sgonfiando le zinne poco per volta. Ogni due ore dovevo spalmare l’impiastro e rifare la fasciatura. Una operazione lunga e noiosa che sarebbe continuata per tutta la notte.

Questa volta Pix l’avrebbe pagata cara, a costo di esorcizzare tutto il castello!

Gli elfi mi avevano portato il carrello della cena, dove tutto quello che potevo mangiare era di colore giallo.

«Non possiamo cambiare colore del cibo sino a quando gli effetti della pozione non saranno passati» spiegò brevemente la signora Warner, zampettando via subito dopo.

Ero arrivato a una quarta abbondante, quindi ci sarebbero volute parecchie ore prima di poter mangiare della cioccolata, ad esempio.

Guardare il vassoio faceva venire l’itterizia. Presi solo un pezzetto di pane al mais, di un caldo dorato e lasciai la minestrina, il succo e quella cosa molliccia che sembrava quasi mobile. Bleah!

All’improvviso sentii dei passi concitati nel corridoio del piano. Chissà chi stava per arrivare a quest’ora. Era quasi mezzanotte e non doveva esserci nessuno in giro per Hogwarts, tranne qualche prefetto per la solita ronda. Di certo nessuno che avesse ragione di correre in quel modo.

Quando sentii il portone aprirsi, mi rifugiai svelto dietro un paravento in modo che nessuno potesse vedermi. Molto probabilmente ero già su tutte le bocche del castello che si erano riuniti nella Sala Grande per la cena e solo per merito dei Grifondoro. Meglio non esagerare con qualche altro studente impressionabile.

 

«Signora Warner! Venga presto!» gridò la voce di Nigel. Che ci faceva Speers in infermeria di notte? Era successo qualche cosa nel dormitorio dei Serpeverde? Lucinda aveva affatturato Blaike? Il solo pensiero mi faceva ridere di gusto.

Trattenni il fiato per ascoltare meglio quello che dicevano al di là del paravento.

«Signor Speers, cosa è accaduto al signor Zabini?».

Blaike? Davvero la sua ragazza l’aveva ridotto in infermeria? La cosa mi lasciava perplesso. Va bene minacciare ma la McNair non sarebbe stata in grado di ridurre il mio amico a mal partito in questo modo.

«L’abbiamo trovato coperto di fuliggine e svenuto nel dormitorio. Non siamo riusciti a capire cosa sia capitato e l’abbiamo portato qui» disse una voce troppo simile a Tyson.

«Vero. Era sdraiato accanto al suo baule. Credo abbia battuto la testa. Starà bene quando si sveglierà? Tornerà subito da noi?» aggiunse Theo Goyle.

Perfetto, tutti i miei amici e compagni di Serpeverde erano qui.

Sperai che l’infermiera non facesse cenno alla mia presenza.

«D’accordo. Posatelo lì sulla brandina. Adesso potete andare via. Lo terrò in osservazione questa notte. Domani mattina verrà a colazione con voi. Promesso» rispose la Warner.

Sentii i passi strascicati che si allontanavano e voci soffocate che protestavano. Di certo i miei amici non erano felici di lasciare Blaike in infermeria da solo.

«Buona notte, signori» concluse chiudendo la porta dietro di loro.

In quel momento uscii dal mio nascondiglio e mi precipitai vicino al mio amico.

Sebbene fosse di carnagione scura, non era mai stato così nero. Passai un dito sulla sua guancia e me la trovai sporca di fuliggine, come avevano detto gli altri.

«Signor Malfoy, torni dietro il paravento. Devo far rinvenire il signor Zabini e non credo che voglia farsi vedere da lui».

«Non si preoccupi. Anche Blaike conosce il mio segreto» risposi.

«Dubito che si possa ancora definire tale, viste le persone che ne sono a conoscenza» ribatté la donna.

«Crede che sia stato una maledizione?».

«Un semplice schiantesimo, direi» disse poi, presa la bacchetta la posizionò contro di lui e dichiarò a voce alta «Innerva!».

Immediatamente aprì gli occhi e mi guardò incuriosito, perplesso e poi allegro, fino a scoppiare a ridere.

«Dimmi che questa cosa non è un effetto collaterale di quella maledizione!».

«No. È una pozione di Pix. Tu, piuttosto, stai bene? Che è successo?» chiesi.

Blaike tentò di sedersi ma la signora Warner lo costrinse a restare supino.

«Ero appena riuscito a tranquillizzare Lucinda. Era davvero arrabbiata con me e con te. Mi ha minacciato di evirazione se ti parlo ancora. Le ho giurato che tra noi non c’è niente ma lei non mi vuole credere… pensare io con te? Scusami tanto Scorp ma è davvero ributtante come idea, anche se tu fossi una donna. Comunque ti dicevo che ho dovuto implorare il suo perdono per quello che non ho fatto e neanche pensato e…». Decisamente logorroico.

«Blaike!» lo interruppi.

«Signor Zabini» intervenne la Warner. «Non ci interessano le sue questioni sentimentali. Vogliamo sapere come mai è stato schiantato e perché è coperto di cenere».

Accigliato, si passò una mano sulla faccia, con il risultato di spargere ancora di più il nero e di sporcarsi le dita.

«Non lo so. Stavo guardando nel mio baule per preparare il tema di pozioni che dobbiamo presentare dopodomani e cercavo un paio di pergamene nuove. Ne avevo trovata una sul fondo, quando mi sono venute in mano un blocco di pergamene con la tua calligrafia. Mi sono messo a leggerle e sembravano appunti su un amuleto» disse guardandomi con intenzione.

Subito mi agitai. Aveva trovato i miei appunti? Nel dormitorio di Serpeverde?

«Li hai ancora lì?» chiesi ma lui scosse la testa.

«Non credo. Ero intento a leggere alcune frasi per capire esattamente di cosa si trattasse, quando ho sentito aprire la porta, ma non ho fatto in tempo a voltarmi che è diventato tutto buio… come se qualcuno avesse risucchiato la luce in un vortice nero».

«Oppure avesse nascosto tutto in una nuvola di polvere. La Buio Pesto Peruviana» dissi. Qualcuno l’aveva nominata qualche mese prima, ma non ricordavo chi.

«Ecco perché sono così sporco! Era tutto nero e poi una luce rossa mi è venuta addosso e mi sono ritrovato qui a guardare le tue tette nuove» terminò ridacchiando.

«Non hai idea se ci sono ancora gli appunti?».

«Credo di no. Li avevo in mano e se ci fossero ancora, adesso sarebbero qui, invece ho solo questo» e mi mostrò due angoli di pergamena che, evidentemente, aveva stretto ancora in mano quando era stato portato in infermeria.

«Maledizione!» borbottai. Eravamo così vicini e poi di nuovo lontani.

«Mi spiace che tu sia stato attaccato» dissi stringendo la mano del mio amico.

«Spiace di più a me. Credevo di aver trovato subito il modo di aiutarti e invece sono stato gabbato».

 

«Amore! Sono corsa appena ho saputo!» urlò un turbine biondo mentre io e Blaike eravamo ancora mano nella mano.

Ma perché queste cose dovevano capitare proprio a me?

Lentamente il mio amico si voltò verso la sua ragazza. “Merda!” sillabò silenzioso.

Lucinda corse verso di noi e si bloccò a pochi passi, sbiancando nel realizzare la situazione.

Poco distante, la signora Warner prese a riavvolgere alcune bende sfatte. «Signorina McNair, non si fermi molto. Il signor Zabini deve riposare». Ma la ragazza non diede segno di averla sentita.

In compenso cominciò a tremarle il mento e ad avere l’occhio troppo lucido.

«Blaike… è per lei che sei qui?» chiese con voce rotta.

«Luce, mi hanno schiantato. Lei era già ricoverata» spiegò preoccupato ma sembrò che le sue parole non fossero state neanche udite.

«Cos’ha lei più di me?» chiese ancora con voce più alta.

A queste parole mi venne quasi da ridere: bastava guardarmi il petto! Insomma, sebbene nel complesso facessero schifo, erano pur sempre sette tette!

«Stai scherzando?». Appunto. Questo era un inizio di risposta che era meglio evitare, visto che anche i suoi occhi si abbassarono sul mio petto e una lacrima le uscì dalle ciglia.

«Lei non è degna di stare neanche a tre metri da te! Non ti potrebbe pulire le scarpe. Tu sei bella, sei dolce, sei la mia ragazza e io ti amo! Lo vuoi capire? Non sto con te solo per il sesso! Mettitelo in testa una buona volta! Sei la ragazza che sogno la notte, che voglio al mio fianco di giorno e se io parlo con qualche altra non devi pensare che ci sia niente di male, perché io penso e respiro solo te!».

Io e la signora Warner sospirammo.

Era la prima volta che sentivo Blaike fare una dichiarazione di amore del genere. Lui era un giocherellone come me, ma da quando si era messo con Lucinda, si era dato una regolata. Solo che non credevo che fosse coinvolto sino a questo punto. Come non sospettavo minimamente che lei fosse così irrazionalmente gelosa. Vero che i trascorsi del mio amico non deponevano a suo favore, ma tutti potevamo cambiare e migliorare ed era evidente che lui aveva messo la testa a posto.

«Oh, Blaky!» pigolò lanciandosi tra le braccia tese del suo ragazzo.

Lui la strinse e rimasero così allacciati per diversi minuti.

Blaky? Questa me la dovevo segnare e lui non si sarebbe più liberato da questo nomignolo. Ghignai e lui mi vide e, in meno di tre secondi, capì a cosa mi riferivo e alzò lo sguardo al soffitto.

«Signorina McNair, adesso deve proprio andare. È mezzanotte passata e deve tornare al suo dormitorio, prima che le faccia rapporto» minacciò bonariamente la signora Warner.

Lucinda si sollevò e annuì, fissando sempre con amore il suo Blaky. «Ti amo anche io» sussurrò prima di baciarlo per poi uscire.

«Non ti facevo così romantico» dissi per stemperare l’atmosfera, mentre lui sospirava profondamente.

«Neanche io credevo di esserlo, ma con lei tutto è semplice e mi viene naturale» confessò.

«Riposiamoci, ne abbiamo bisogno tutti e due» e l’infermiera fu più che d’accordo nello spegnere la luce e farci riposare qualche ora nei nostri lettini.

Avevo parecchio a cui pensare. Avevo ritrovato Blaike e lui mi aveva offerto il suo aiuto. Incredibile, aveva trovato subito i miei appunti sul libro delle magie della Grecia antica e subito gli erano stati tolti. Erano stati nascosti nel suo baule, nel dormitorio Serpeverde.

Avevo sempre creduto che la complice della strega fosse una ragazza di Corvonero o Grifondoro (magari una delle due simpaticone del mio anno) ma ora non ne ero più tanto sicuro. Anche Serpeverde aveva ragazze che avrebbero avuto degli esami quest’anno. Avevo escluso a priori la mia ex casa dai colpevoli, ma forse ero stato troppo affrettato. Entrare nei dormitori era diventato troppo semplice per chiunque.

 

La notte non dormii bene. Ogni due ore l’infermiera mi svegliava per cambiare la medicazione al mio petto. Così mi interrompevo il sonno e al mattino ero più stanco che se avessi passato tutta la notte sveglio.

Blaike, invece, era fresco e riposato, senza alcun strascico dello stupeficium che lo aveva colpito la sera prima. Beato lui.

Io ero ancora un pochino gonfio (diciamo che avevo ancora una seconda abbondante da smaltire) ma ancora qualche ora e sarei stato pronto per dare la caccia a Pix.

«Sei riuscito a parlare con la Weasley?» chiese Blaike mentre stavamo facendo colazione. Aveva deciso di farmi compagnia e andare direttamente a lezione, visto che io non potevo ancora muovermi.

«Non ancora. Mi sono gonfiato prima di poterle parlare».

«Beh, una piccola interruzione sulla tabella di marcia. L’importante è che le parli il prima possibile e ti ci metti insieme, così fai terminare questa cosa e io riavrò il mio miglior amico» dichiarò battendomi una pacca sulla spalla.

Anche io avrei voluto finirla con questa faccenda, ma non così. Approfittando della buona fede di Rose, non era possibile e neanche fattibile. Probabilmente non avrebbe neanche funzionato.

 

Quando fu pronto per uscire, Blaike mi salutò, promettendomi di controllare ancora il dormitorio nel caso ci fossero rimasti degli indizi e mi lasciò ai miei pensieri e alle mie pomate.

In ogni caso, non rimasi a lungo solo. Rose arrivò poco dopo a controllare le mie condizioni di salute e normalità.

«Vedo che ti stai rimettendo» constatò subito contenta.

Era l’occasione giusta. Non c’era nessuno. Anche la signora Warner era andata a parlare con la preside ed eravamo completamente soli.

Dovevamo parlare di quello che era accaduto il giorno prima nello spogliatoio. Del bacio che le avevo dato e al quale lei aveva risposto con tanto entusiasmo.

Fissai le mie mani strette a pugno sul lenzuolo bianco poi alzai lo sguardo nei suoi occhi dell’azzurro più incredibile che avessi mai visto.

«Dobbiamo parlare di ieri» esordii. Non so per quale ragione ma lei trattenne il fiato ed io mi agitai ancora di più. Non sapevo che cosa aspettarmi.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

volevo far parlare subito Scorpius e Rose ma Pix mi si è messo in mezzo e l’idea di avere tante tette è stata troppo divertente. La scena della gelosia di Luce è fantastica (che cos’ha più di me? Prova a indovinare!) però Blaike è stato bravo e dolce a fare una dichiarazione simile. Anche l’infermiera sospirava.

Però hanno rubato gli appunti, di nuovo. Erano nel dormitorio di Serpeverde e hanno usato la polvere buio pesto peruviana. Chi si ricorda chi l’aveva nominata?

 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi rimando alla prossima dove Rose e Scorpius parleranno e…

Baciotti

 

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Capitolo 19
*** I bagni dei segreti ***


Eccoci!

Ringrazio sempre chi legge, recensisce, suggerisce, inserisce questa storia nelle liste speciali e apprezza lo scritto. Ringrazio Elenri per i banner e vi lascio al nuovo capitolo augurando…

 

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BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

«Rose, dobbiamo parlare di quello che è accaduto ieri» ripetei, visto che lei non aveva alcuna reazione.

Sembrò smuoversi in quel momento perché sospirò e si sedette sulla poltroncina accanto alla branda «Lo so» disse solo.

Sospirai pesante. «Non so da che parte cominciare» esordii.

«Magari potresti spiegarmi cosa ti è preso ieri pomeriggio. Ti ho lasciato a cambiarti e ti ritrovo con Zabini al collo che dice di tirare fuori Scorpius. Tu gli dici qualcosa, di cui non voglio sapere niente, e poi…» la sua voce divenne flebile e si zittì. In compenso le sue guance presero una bella tonalità di rosso che faceva concorrenza ai suoi capelli.

«Poi ti ho baciata. All’inizio per far capire qualche cosa a Blaike, ma poi…» anche io mi interruppi.

Sembrava che non riuscissimo a finire una frase. Bella coppia!

Rose sospirò guardando il pavimento e stringendo le mani tra loro. «Cosa volevi dimostrare?» chiese.

Sorrisi al pensiero stupido che mi era venuto in mente il giorno prima. «Pensavo che, visto che conosco Blaike da quando eravamo bambini, mi avrebbe riconosciuto dal modo di… baciare».

Lei alzò la testa di scatto e mi guardò perplessa. «Ti ricordo che hai baciato me, non lui. Ammesso che tu abbia mai baciato Zabini».

«No che non l’ho mai baciato!» protestai.

«Beh, almeno su questo la tua fama è corretta» commentò.

«Cosa intendi?».

«Che sei etero. Con tutti quelli che ti baci, qualche dubbio potrebbe anche venire!».

«Io bacio solo ragazze!» protestai.

«E Goyle».

«Incidente di percorso! Non è colpa mia se si è preso una cotta per il sottoscritto». La mia mano si agitò come a scacciare una mosca e quel pensiero molesto.

«Che in questo momento è una sottoscritta» mi ricordò. Sembrava che si stesse scaldando, non era neanche più rossa, era solo irritata.

«Non fare la saccente!».

«Non faccio la saccente, ti ricordo solo come stanno le cose. E tornando al discorso di prima, non hai mai baciato Zabini ma pensavi che guardando mentre mi baciavi, capisse che tu eri Scorpius»

«Pensavo che riconoscesse la posa e il modo di… muovermi» dissi quasi a disagio. In effetti la cosa sembrava stupida adesso.

«Ti rendi conto di quanto sia malato questo discorso? Cosa fate, vi guardate mentre limonate con altre ragazze per imparare i trucchi del mestiere?».

Ghignai. «Anche».

«Oddio! Per Merlino salvatore di Artù! Ma questa è perversione! Devi farti curare da uno bravo, ma davvero molto, molto bravo» replicò.

Già, detto in questo modo era un pochino inquietante. In realtà le cose erano molto più cameratesche di quanto si potesse supporre. «E’ solo capitato quando eravamo ragazzini di descriverci i modi di baciare, come mettere le mani e la bocca… non ci siamo mai baciati tra di noi, ma so per certo che Tyson e Theo hanno usato il dorso di una mano» dissi, cercando di trattenere le risate, poi cercai di tornare serio. L’argomento che dovevamo affrontare meritava tutta la nostra attenzione.

«Così ti ho baciata e all’improvviso non c’era più nessun altro».

«Cioè? Ti sei sentito strano?». Non mi era mai successo di dover analizzare un singolo bacio così a fondo. Erano sensazioni, modi di essere, pensieri che si affastellavano nella mente mentre le mani si inseguivano sul corpo. Erano sentimenti o mancanza di essi. Erano cose reali quanto evanescenti. Difficile descrivere concretamente una sensazione così diversa dalle altre.

«Quando ho iniziato a baciarti… non so. È come se avessi trovato la mia dimensione. È difficile da spiegare. Mi sono sentito… in pace».

Rose mi guardò. Lo vedevo dal suo sguardo che cercava di capire quello che stavo dicendo e speravo che fosse sufficiente.

«Quindi io sono una specie di… pozione?».

Scoppiai a ridere. Più che altro, pensarla dentro un pentolone enorme mentre qualcuno la mescolava.

«Non credo proprio. Anche perché sei molto più solida di qualsiasi cosa abbia mai bevuto in questi anni» dichiarai. «Accidenti, Rose! Siamo compagni di camera da quattro mesi, sai chi sono, credi davvero che vorrei farti del male?».

«Non credo che tu voglia farmi del male, ma non è che attaccandoti alla mia bocca tu ti stia comportando bene».

«Qui non stiamo arrivando a niente» borbottai.

«Perché? Dove vuoi arrivare?».

«Onestamente? Non lo so. Quello di cui sono consapevole è che ad agosto morirò se non trovo la soluzione di questo pasticcio» dissi indicandomi.

«Oppure se non ti innamorerai».

«Non credo di potermi innamorare a comando. Il pensiero di avere una soluzione semplice a portata di mano mi potrebbe portare a prendere in giro me stesso e l’altra persona. Non voglio far male a nessuno» spiegai.

«Certamente il cappello parlante si era sbagliato quando ti ha mandato a Serpeverde a undici anni. Sei molto generoso».

«O molto stupido. A undici anni, e devo ammetterlo, sino a qualche mese fa, il mio credo era egoismo. Non sono mai stato altruista come in questo momento, dove per poter sopravvivere dovrei passare sull’anima di tutti gli altri. Quasi non mi riconosco e certamente non mi riconoscono i miei compagni».

«E’ l’influenza positiva dei Grifondoro» scherzò Rose.

«E’ l’influenza positiva di voi Weasley» corressi. Lei sorrise ed arrossì leggermente.

Era bello essere più rilassati.

«Quindi questo dove ci porta? Intendo il bacio» disse dopo qualche istante di silenzio.

Era una domanda da un milione di galeoni d’oro. Era LA domanda.

Decisi immediatamente di sminuire quello che era successo. Non perché non fosse importante. Per me lo era stato, eccome. Mi ero perso su quelle labbra e avrei voluto perdermici ancora. Ma lei? Potevo far forza sulla sua pietà? Forse lei non aveva provato quel che avevo sentito io. E inoltre, come avevo detto, non avrei potuto costringerla ad amarmi e magari lei lo avrebbe fatto per il suo maledetto spirito Grifondoro.

«Da nessuna parte. Non volevo dargli un significato diverso dalla semplice dimostrazione a Blaike. Perché tu? Che significato avresti dato?» chiesi a mia volta.

In quel momento speravo dicesse qualche cosa di romantico, che ci permettesse un nuovo assaggio. Se la decisione fosse stata sua, avrei avuto meno problemi nel farmi avanti. Trattenni il fiato mentre lei rispondeva.

«Nessun significato. Sono solo rimasta sorpresa, tutto lì. Ma adesso che so che non vuol dire niente mi sento sollevata. Sai, sarebbe stato imbarazzante credere che ci fosse chissà cosa tra noi, quando in realtà siamo solo… amici?».

Trattenni il fiato mentre lei rispondeva ed espirai aria e cuore in pezzi quando lei terminò.

Così eravamo solo amici. Non aveva significato niente per lei. Era stato solo un bel bacio. Cercai di sorridere, ma onestamente, ero convinto che la smorfia che mi era uscita non aveva niente di allegro.

«Certo che siamo amici. Puoi giurarci». Il mio finto entusiasmo era alle stelle, o precipitato negli abissi a seconda della preferenza.

Anche il suo viso non era dei più allegri. Sembrava avesse ingoiato un limone, giallo come la mia cena, e anche a lei era rimasto sullo stomaco.

«Amici» sussurrò.

«Amici» confermai.

«Devo andare a lezione, mancano pochi minuti all’inizio. Credo che oggi potrai venire a pozioni» cambiò argomento e si alzò di scatto.

«Certo. Miss Warner ha detto che sarò perfetto a mezzogiorno. Pronto per il pranzo» assicurai.

Rose mi diede un piccolo bacio sulla guancia e si diresse alla porta. «Ci vediamo dopo, allora» concluse uscendo. E io rimasi lì a fissare il battente scuro con tutto il rammarico che potevo sentire dentro il petto.

 

La permanenza in infermeria aveva di nuovo cambiato rotta alla mia vita. Un fatto così insignificante aveva sconvolto tutte le carte che, fino a quel momento, erano sul tavolo da gioco.

Mi ero ripromesso di vendicarmi di Pix, ma nelle settimane successive non riuscii a portare un vero attacco al poltergeist che spariva non appena riuscivo a localizzarlo e a sfoderare la bacchetta. Era guerra aperta. Per me un modo di sfogare la frustrazione che sentivo dal momento in cui Rose aveva chiuso quella porta.

Non eravamo più tornati sull’argomento bacio. Lei rideva, parlava, leggeva libri e cercava in biblioteca con me accanto ma non era mai stata così lontana. Evitava di restare sola con me. La trovavo sempre con Daisy o Albus, addirittura in comunella con Lily, Roxanne e Hugo a fare imboscate agli ignari studenti, che si trovavano immersi sino alla vita nella melma delle paludi portatili che ogni tanto spuntavano nei corridoi. Abilissima sfuggiva a tutti i controlli e alle reprimende che regolarmente beccavano gli altri tre, sia dagli insegnanti, sia dai genitori. In un certo senso la ammiravo per la sua abilità, considerando che era anche Caposcuola e avrebbe dovuto dare il buon esempio.

In compenso Blaike era più che felice di aver ritrovato il suo amico e, contemporaneamente, una ragazza con la quale fare battute che facevano spavento a tutte le matricole del castello. Non appena Lucinda voltava le spalle, Blaike si faceva avanti, assestandomi gran pacche sulle spalle, ridendo del mio sballonzolamento di ciccia, parlando a gran voce di fantomatiche scopate fatte da Scorpius come a raccontarmi pettegolezzi succulenti sul mio cuginetto. Per Merlino! Che imbarazzo! Il fatto era che più del cinquanta per cento di quello che raccontava era vero e che anche Rose aveva sentito e ora ogni volta mi lanciava sguardi accusatori che mi facevano vergognare ancora di più.

Lucinda invece, mi tendeva agguati quando ero da solo. Lei, in compagnia di Delphina, mi minacciavano di stare lontano da Blaike perché lui era impegnato e non avrebbe avuto storie da tradimento con me.

Quindi, riassumendo ero frustrato, appestato, preso in giro e vessato. Una favola di vita, insomma.

 

Erano trascorse due settimane in questo modo e l’unica cosa degna di nota era la vittoria di Tassorosso su Corvonero a Quiddich. La coppa era ancora alla portata di tutte le case. Dovevamo solo vincere la prossima partita contro i Corvonero con un buon scarto di punti e avremmo trionfato. Peccato che lo stesso pensiero fosse nella mente di tutte le altre squadre e gli allenamenti intensivi, in vista delle partite di marzo e aprile, erano davvero massacranti.

In quei momenti non riconoscevo più Albus. Un mastino era un tenero orsacchiotto in confronto al nostro capitano.

Quelli erano gli unici momenti in cui riuscivo ad avvicinarmi a Rose. Seppure in presenza di Roxanne, che cercava sempre di uscire o almeno di allontanarsi discretamente in modo che io e la cuginetta caposcuola potessimo parlare.

 

«Rose, ti prego. Non puoi ignorarmi in questo modo per tutto il resto della scuola» protestai un giorno di fine gennaio.

Avevamo appena terminato un altro massacro in pluffe, bolidi e boccini e ci stavamo cambiando. Roxy non era venuta all'allenamento a causa di una leggera influenza e un paio di temi da consegnare il giorno dopo.

«Shaula, cosa vuoi?» sbuffò la rossa, legandosi i capelli in un nodo in testa e senza guardarmi in faccia.

«Sono Scorpius. Possibile che non riesci più neanche a dirlo? Da quando sono stato in infermeria dopo l'attacco di Pix mi stai evitando come se fossi una malattia altamente infettiva! Non ti faccio venire mica il vaiolo!» sbottai irritato.

«Il vaiolo è stato debellato secoli fa. E io non ti sto evitando» protestò.

«A no? “Albus, dobbiamo andare con Shaula in biblioteca, non puoi studiare per il compito di Trasfigurazione di domani”» scimmiottai il suo modo di parlare, in quello che aveva detto tre giorni prima a suo cugino.

«Infatti dobbiamo andarci insieme tutti e tre, no?».

«Certo, ma Albus aveva le mani sfasciate per le bruciature della lezione di pozioni! Non poteva neanche girare una pagina! Come faceva ad aiutarci?».

«Poteva mettersi a fare il palo».

«Oppure poteva lasciarci andare da soli e questa conversazione ci sarebbe stata prima».

«Non voglio parlare con te».

«Per essere una persona che non mi vuole evitare sei piena di contraddizioni» le feci notare.

«Senti, siamo amici, no? Non dobbiamo obbligatoriamente stare insieme. Ho anche una vita, io!».

«Oh, scusa se ti distraggo dai tuoi numerosi impegni!».

«In realtà non sono poi tanti impegni, ma devo trovare anche il tempo per vedermi con Scott» rispose.

«Scott? Chi è Scott?». Cosa stava succedendo? Perché stavamo parlando di un altro ragazzo invece di discutere della nostra situazione.

«Scott Clancy di Corvonero del nostro anno. Ricordi? Moro, carino. Mi ha chiesto di uscire e io ho accettato di andare con lui alla prossima gita a Hogsmeade» mi gridò in faccia.

«Oh» esalai «Non sapevo che ti vedessi con qualcuno».

«Se tu fossi meno preso da te stesso te ne saresti accorto!» mi rimproverò. Meno preso da me stesso? Ma stavamo sempre assieme! Come facevo ad accorgermi che frequentava qualcuno.

«Comunque non per questo devi tenermi alla larga. Io non voglio mettermi in mezzo alla tua grande storia d’amore» replicai con ironia. Sentivo un grumo di acido che mi stava corrodendo lo stomaco. Scott Clancy. Sapevo vagamente chi era. Uno cervellone di Corvonero sempre con i libri in mano, abbastanza carino per avere qualche ammiratrice ma niente a che vedere con il sottoscritto dei tempi d’oro!

Il mio stomaco rimescolò ancora di più, stringendosi e rischiando di far traboccare la bile che mi scorreva dentro. Scott Clancy… sarebbe stato distrutto! Non poteva mettere le sue luride manacce sulla mia Rose.

«Hai finito adesso di parlarmi? Possiamo andare? Dovrei trovarmi con Scott per cena» disse la rossa facendomi trasalire. Mi ero distratto e lei si era già preparata per tornare al castello.

«Voglio solo che torniamo amici come prima del… bacio» a quella mia affermazione la vidi distintamente sobbalzare. «So che per te non ha significato niente e ti chiedo scusa per averti obbligato a subirlo. Tutto lì. Volevo solo che chiarissimo e tornassimo con gli stessi rapporti di prima. Ti auguro tanta felicità con il tuo Scott e non farti problemi a nasconderlo, visto che ormai so che esiste».

Non volli ascoltare la sua replica e raccolsi veloce la mia sacca, correndo fuori dagli spogliatoi verso il castello. Non potevo crederci. Aveva bellamente messo fine alle mie speranze, o ogni piccola speranza che potesse vedere qualcosa di me oltre all’orrido involucro che mi conteneva. Ero convinto che, guardando me senza gli occhiali, avesse superato l’esteriorità, invece no. O mi guardava con quelle maledette lenti oppure non vedeva niente se non l’orribile Shaula.

E adesso c’era Scott.

Dovevo trovare qualche Weasley e chiedere anche loro. Magari mi avrebbero chiarito che cosa mi ero perso.

 

Qualche ora dopo, avendo girato in lungo e in largo per il castello, finalmente incontrai Roxanne che passeggiava tranquilla verso di me. Doveva essere già passata l’ora di cena, visto che stava mangiucchiando un pezzo di torta.

«Ciao, Shaula!» disse allegramente. «Come mai non eri a cena? Questa sera c’era un arrosto da far svenire! Ti aspettavamo. Dobbiamo organizzare una nuova riunione per fare il punto della situazione e comunicare con zio Harry».

«Mi spiace… Rose era con voi?». Non riuscii a trattenermi.

«A dire il vero, no. Era seduta al tavolo dei Corvonero. Albus mi ha detto che doveva parlare con uno… Un certo Bob» rispose facendo spallucce.

«Scott?» la corressi automaticamente e vidi che le brillavano gli occhi e tratteneva il sorriso. Merda! Mi aveva teso una trappola per vedere la mia reazione e io ci ero cascato con tutte le scarpe.

«Certo. Scott».

«Allora? Quando ci sarà la riunione?» chiesi cercando di cambiare argomento, ma Roxy non era tipo di lasciare l’osso, quando gradiva tanto mordicchiarlo.

«Come mai non eri con Rose? Credevo che dopo aver parlato oggi pomeriggio vi foste chiariti. Rischiare di farvi da parafulmine tutte le volte che siete troppo vicini, mi sta stressando! Ho paura di perdere i capelli!».

«Non credo di essere tanto spaventoso, a meno che non mi incontri al buio e mezza addormentata. Questa riunione?». Una lotta di volontà. Chissà chi avrebbe vinto.

«Domani sera» si arrese.

«Chiamerò anche Blaike» dissi guardando la smorfia che Roxanne mostrò per alcuni istanti. Non piaceva a nessuno dei Grifondoro che fossi tornato ad essere amico di un Serpeverde. Mi sentii in dovere di difendere le mie convinzioni. Blaike meritava la mia fiducia. «E’ dalla mia parte e ha controllato tutto il dormitorio delle serpi, cosa che tu, Lily e Hugo non eravate riusciti a fare. Ci sta aiutando».

Vidi Roxy annuire e cedere.

«Cerca di chiarirti con Rose. Avervi così divisi è davvero difficile da gestire» e con queste parole la piccola Weasley proseguì il suo viaggio verso il settimo piano e la torre dei Grifondoro.

Decisi di proseguire anche io verso il settimo piano, magari sarei riuscito a salire alla torre di Astronomia e godermi un po’ di pace prima di tornare nella sala comune.

 

Passai indenne tre rampe di scale e quattro corridoi senza incontrare nessuno. Ormai ero arrivato al sesto piano e stavo passando accanto al bagno dismesso quando sentii delle voci provenire all’interno del locale. Incuriosito mi misi a origliare. Sapevo benissimo che non era una cosa corretta ma nel sentire il tono concitato, l’educazione andò a farsi benedire.

«Devi controllarli meglio. Tu sei lì per guardare e riferire». Una donna con la voce leggermente distorta stava parlando con tono decisamente duro.

«So quello che devo fare…». La risposta era stata detta in un tono così basso che dovetti sforzarmi solo per capire le parole e non riuscii a riconoscere la voce sospirata.

«E allora fallo! Non deve salvarsi. Deve soccombere come tutti quei traditori» sbraitò irata la prima voce.

Chi non doveva salvarsi? Forse io? Qualcun altro? Quanti erano in pericolo?

«Anche lui pagherà per il tradimento originale, come tutti gli altri» sospirò sottovoce la seconda voce.

«Sono orgogliosa di te. Sei la luce nella mia vita buia. Solo tu porti la vita. Sarei persa senza di te. Sai quello che abbiamo passato. Chi si comporta come lui deve essere punito e noi puniremo». Ormai la prima voce stava esaltando. Il suo sembrava un proclama di guerra.

«Lo so». La risposta mi arrivò talmente lieve che quasi la immaginai. Ma aveva risposto. La strega e la complice erano lì.

Strinsi tra le mani la bacchetta e mi preparai ad affacciarmi al bagno, quando alle mie spalle il maledetto poltergeist urlò. Mi voltai di scatto e lanciai uno stupeficium al soffitto. Nello stesso istante un corpo mi urtò alle spalle e mi fece sbattere addosso al muro di fronte la porta.

Scuotendo la testa mi sollevai. Mi sentivo tramortito e, voltando la testa in direzione della corsa che la complice faceva risuonare nel corridoio, vidi solo un lembo della divisa.

Mi alzai velocemente e corsi dietro la figura che scappava. Era lontana e voltava l’angolo non appena lo voltavo io. Non riuscivo a distinguere chi fosse. Sembrava alta nella media ma non ero riuscito neanche a distinguere chiaramente il colore dei capelli.

Quando svoltai l’ultimo corridoio prima delle rampe delle scale, non trovai nessuno. Era sparita, dissolta nell’aria come il fumo di una sigaretta babbana.

Sbattei un pugno contro il muro, a fianco di un quadro con scena agreste, dove i contadini mi guardarono male e protestarono per il rischio di essere rotti.

Non c’era altro da fare che tornare alla sala comune dei Grifondoro e consultarmi con Albus e, se Rose era disponibile, anche con lei.

So che ero ingiusto nei suoi confronti, ma pensarla insieme a un altro ragazzo, proprio non lo digerivo.

Chi era quella persona che avevo sentito parlare?

La donna sembrava arrabbiata con il mondo. Ce l’aveva con qualcuno che l’aveva tradita, cosa che io non avevo assolutamente fatto. Avevo sempre evitato persone molto più grandi di me. Poi la complice. Avevo afferrato a stento le parole che diceva e non ero riuscito a individuare neanche l’intonazione, figuriamoci a capire chi poteva essere.

Perché ero andato di mezzo in questo vespaio? Cosa poteva succedere di peggio?

La complice doveva sorvegliarmi. E se avesse fatto del male a qualche Weasley perché mi stavano vicino? Potevo rischiare le loro vite?

Veloce arrivai davanti al ritratto della Signora Grassa e recitai la parola d’ordine.

Con un grazioso cenno del capo, il ritratto si fece da parte e mi lasciò accedere alla sala comune.

Subito mi voltai per cercare Albus o qualcun altro ma trovai solo la Divoralibri, come Hugo chiamava Molly Weasley, perennemente con il naso dentro a qualche tomo. Ero sicuro che avesse controllato tutti i libri esistenti al di fuori della biblioteca. La lotta del sapere tra lei e Rose era epica. Mi sembrava molto strano che fosse approdata a Grifondoro, considerando le sue peculiarità. O forse essere Weasley significava automaticamente essere assegnata alla casa del leone rampante.

Ero indeciso se salire nel dormitorio maschile o cercare Rose in quello femminile. Poi pensai che i compagni di Albus non avrebbero gradito la mia intromissione. Quasi dimenticavo che per gli altri io ero Shaula Girtab, studentessa orrida ma femmina.

Decisi quindi di salire al dormitorio femminile che dividevo con le mie compagne di stanza. Con Rose avremmo deciso come comportarci per discutere di quanto avevo appena scoperto in un luogo appartato e lontano da orecchie indiscrete.

 

Nella stanza non c’era nessuno ma sentii delle voci nel bagno, che era rimasto con la porta socchiusa.

Quella era decisamente la serata delle occasioni per origliare.

Non appena mi avvicinai, riconobbi subito la voce di Rose.

«Non so come uscirne, ora». Aveva un tono dolente. Cosa era successo? Quel bassotto aveva fatto qualche cosa di male? Le aveva fatto male? Al solo pensiero mi prudevano le mani e la bacchetta. La prima intenzione era di interrompere il colloquio e comunicare le novità, ma l’interesse che avevo per la rossa mi fece dimenticare tutto il resto.

«Hai combinato un bel pasticcio. Secondo me Scorpius è geloso marcio. Dovevi vedere come parlava prima» rispose… Roxy? Che ci faceva nel mio bagno?

«L’hai preso in giro» intervenne… Lucy? Era un trasferimento in massa?

«Sapete quello che mi ha detto in infermeria, no? Cosa avrei dovuto fare?». Veramente io non avevo detto niente in infermeria, aveva fatto tutto lei. O no?

«Non gettarti tra le braccia del primo venuto!» ribatté… Lily? Eravamo sicuri che riuscissero a entrare in quel cubicolo?

«Non è il primo venuto!» protestò Rose.

«Certo, l’hai chiamato tu». Questa voce sembrava leggermente distorta ma il lieve accento francese me la fece subito riconoscere: Dominique! Ma lei non era a Hogwarts! Come faceva a parlare con le cugine?

Ci stavo capendo sempre meno.

Mi venne in mente che anche la donna che aveva parlato nel bagno in disuso al sesto piano, aveva un tono di voce distorto come quello che sentivo adesso. Probabilmente il mezzo di comunicazione era lo stesso e non era ottimale nella ricezione. O erano i bagni a non essere luoghi ottimali per parlare attraverso oggetti magici?

«Non voglio andare a Hogsmeade a San Valentino con Scott. Non mi piace neanche!» la voce di Rose sembrava quella di una bambina imbronciata ma, al sentire le sue parole, il cuore mi si allargò di speranza. Non tutto era perduto e potevo ancora riavvicinarmi alla mia rossa.

Con decisione aprii la porta del bagno ed entrai in quel salotto decisamente scomodo.

Ma con tutti i posti per parlare, proprio al cesso?

 

---ooOoo---

Angolino mio:

un altro avvenimento nella ricerca del colpevole.

Rivivremo tutta la conversazione nel prossimo capitolo con l’approfondito pensiero della tribu dai capelli rossi.

E un San Valentino piuttosto movimentato.

Rose si è messa nei guai e Scorpius si è reso terribilmente geloso. Capirà che vuole la rossa solo per lui? Abbiamo ancora pochi capitoli prima che lo scopra, speriamo che faccia in tempo!

 

Ringrazio per l’attenzione. Il prossimo capitolo vedrà la luce su questo sito non prima di giovedì prossimo.

Alla prossima

Baciotti

 

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Capitolo 20
*** Baci, baci, baci ***


 

Eccoci al capitolo 20! L’ultimo!

Essendo una fissata con 5 e suoi multipli, la storia è arrivata alla fine…

Scherzetto! Non sono riuscita a condensare tutto quello che volevo fare in 20 capitoli pertanto preparatevi spiritualmente a sopportarmi per ulteriori cinque. Perché la mia fissa è vera. Cinque è il mio numero e tranne una long e una shot divisa in due, tutto il resto rispetta questa mia numerologia. Magica? Se le storie vi piacciono allora direi di sì.

Per il resto, come al solito ringrazio chi recensisce, suggerisce, inserisce nelle liste speciali, legge e apprezza questo lavoretto. Apprezzate anche i banner di Elenri e, visto che termino con un numero dispari, scrivete quale banner preferite che metta nell’ultimo capitolo (o se volete dilettarvi fatene uno da passarmi)

 

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BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Con decisione aprii la porta ed entrai in quel salotto decisamente scomodo e poco opportuno.

«Un muffliato? Prima che l’intero dormitorio vi senta?» chiesi ironico spostandomi di lato per far uscire tutte le ragazze dal cubicolo e ad accomodarsi sui letti in camera.

Rose divenne completamente rossa, tanto da non distinguersi con il colore dei capelli.

«Tu cosa hai sentito esattamente?» chiese esitante.

«Che non vuoi andare con qualcuno a Hogsmeade per San Valentino. Pensavo che ci volessi andare con Scott». La soddisfazione di vederla boccheggiare non aveva limiti.

Non gli piaceva il Corvonero. Questo era quello che contava, tutto il resto era niente.

«Perché è un altro ragazzo che mi piace e non mi chiedere chi sia perché non te lo dirò» disse tutto d’un fiato. Mi lasciò spiazzato ma cercai di riprendermi subito. Se non era Scott, chi poteva essere questo altro ragazzo? Lo conoscevo?

«Piantala, Rose. Di questo passo non arriverai a niente. Adesso smettetela e vediamo di fare qualche cosa di più costruttivo» la redarguì Dominique da una superficie che pareva uno specchietto.

Questo mi fece ricordare quanto avevo ascoltato al sesto piano.

«Devo comunicarvi una cosa» dissi una volta seduto sul mio letto. «Ho appena beccato la complice che comunicava con la strega e che si confermavano il fatto di tenermi d’occhio».

«L’hai beccata! Chi è? La conosco? Voglio metterle le mie manine addosso e sbatterla come un tappeto di nonna Molly. Gliela faccio togliere io la voglia di ammazzare la gente!». La piccola Potter si esaltò subito, balzando in piedi e agitando la bacchetta come se fosse una spada.

«Ferma piccola ninja! Non sono riuscito a vederla in faccia. È scappata subito, l’ho inseguita ma mi è sfuggita». Non mi piaceva rendere pubblico il mio fallimento.

«Racconta cosa è successo» ordinò Dominique dallo specchio.

 

«Devi controllarli meglio. Tu sei lì per guardare e riferire». Una donna con la voce leggermente distorta stava parlando con tono decisamente duro.

«So quello che devo fare…». La risposta era stata detta in un tono così basso che dovetti sforzarmi solo per capire le parole e non riuscii a riconoscere la voce sospirata.

«E allora fallo! Non deve salvarsi. Deve soccombere come tutti quei traditori» sbraitò irata la prima voce.

Chi non doveva salvarsi? Forse io? Qualcun altro? Quanti erano in pericolo?

«Anche lui pagherà per il tradimento originale, come tutti gli altri» sospirò sottovoce la seconda voce.

«Sono orgogliosa di te. Sei la luce nella mia vita buia. Solo tu porti la vita. Sarei persa senza di te. Sai quello che abbiamo passato. Chi si comporta come lui deve essere punito e noi puniremo». Ormai la prima voce stava esaltando. Il suo sembrava un proclama di guerra.

«Lo so». La risposta mi arrivò talmente lieve che quasi le immaginai. Ma aveva risposto. La strega e la complice erano lì.

Mi ritornò tutto in mente e riferii ogni parola alle altre ragazze.

Per alcuni minuti nessuno parlò. Eravamo tutti fermi a ripensare a quanto avevo sentito.

«Così la voce era leggermente distorta? Non credi che fosse perché erano in fondo al bagno? Magari il rimbombo della voce…» provò a dire Lucy con la sua vocina tremante.

«No. Sentivo chiaramente le parole proprio come sento Dominique. E la sua voce mi faceva lo stesso effetto come se ci fossero delle interferenze nella trasmissione».

«Questo succede perché Hogwarts è un posto intriso di magia antica e potente e ha incantesimi che impediscono la materializzazione e le comunicazioni esterne in generale» disse Rose, completamente assorta dal mio racconto.

«Quindi anche quella ragazza parlava con sua madre attraverso uno specchio» concluse Lily.

Roxanne intervenne allora. «Non solo. Papà ha anche inventato una specie di focolare in miniatura. È una specie di piramide» saltò in piedi e corse verso la porta. «Torno subito».

«E' orribile pensare che qualche nostra compagna stia in agguato per farci del male» commento Lucy.

Tutte le Weasley sospirarono e ognuna rimase in silenzio nei suoi pensieri. Era vero. Il pensiero di un tradimento, di una possibile condanna a morte da una persona di cui ti fidavi, con cui avevi studiato, mangiato, giocato e magari avevi anche confidato dei segreti, era la stessa che poteva puntarti addosso la bacchetta e colpirti con quella maledetta luce blu dandoti solo un anno di vita. Non potevo immaginare un tradimento più grande.

In quel momento Roxy rientrò correndo, seguita da Molly. «L'ho già messa al corrente di tutto» disse distrattamente mentre si sedeva sul letto di Daisy con la Divoralibri accanto.

Sulla sua mano era depositata una piccola piramide di vetro di circa sei centimetri per lato, dove al centro bruciava un fuocherello allegro «Questo è un comunicatore portatile. Papà ha pensato che la forma piramidale riuscisse a convogliare tutte le onde in un solo punto, grazie alle facce oblique. Al centro c'è un piccolo fuoco inestinguibile che può collegarsi a qualsiasi camino grazie a della metropolvere trattata» ci guardò e vista la nostra espressione leggermente perplessa sospirò. «Lascio stare la descrizione sul funzionamento, perché credo che non interessi a nessuna di voi» e aggiunse sotto voce un ignoranti che mi fece sghignazzare.

Per essere una peste incontrollabile, Roxy aveva una conoscenza applicata della magia avanzata, davvero notevole. Sarebbe diventata una inventrice, di sicuro.

«Dominique» richiamò Rose allo specchietto. «Prova ad andare al camino e chiama Roxy».

«E quello specchietto?» chiesi nell'attesa.

«Papà e il suo padrino ne avevano due comunicanti. Si sono rotti e i pezzi più grandi sono stati incastonati nelle cornici e ci li hanno regalati. Anche Hugo, James e Albus ne hanno uno, però loro non lo guardano mai perché ha delle dimensioni da specchietto da borsetta e gli sembra troppo femminile» ridacchiò Lily «Il mio l'ho lasciato a Natale a Dominique per poter comunicare con lei in modo veloce» terminò la piccola Potter.

In quel momento il fuoco all'interno brillò e una voce arrivò. Riconobbi subito il tono acuto della Weasley francese. Molto più accentuato di prima la voce arrivava distorta come un forte disturbo di sottofondo.

Tutte quante guardammo stupiti quell'oggetto, consapevoli che la voce usciva davvero da lì. A differenza del camino, il viso non si vedeva, ma la voce si sentiva distintamente.

«Quindi abbiamo scoperto come abbia fatto la complice a contattare la strega» conclusi.

«A chi avete venduto quel pezzo?» chiese Molly, subito pratica.

«Non teniamo un registro degli oggetti venduti. È un negozio di scherzi e oggetti magici, non uno spaccio di armi e magie oscure» protestò Roxanne.

Provai con un’altra domanda che mi veniva in mente. «Non ho mai visto niente di simile. È da tanto che è sul mercato?».

A Roxy brillarono gli occhi, consapevole di aver sentito una domanda azzeccata. «Papà ha iniziato la commercializzazione quest’anno. In estate esattamente. Ha pensato che poteva essere un buon modo per tenersi in contatto con i figli a Hogwarts. Ma non ne ha venduti tantissimi. È un oggetto parecchio costoso da produrre e viene venduto a… mi sembra centocinque galeoni d’oro».

Lucy e Lily trattennero il fiato. Centocinque galeoni d’oro era una cifra davvero immensa per noi studenti. O meglio, per loro Weasley. Io e i miei amici avevamo fondi più consistenti e una cifra del genere non avrebbe fatto grande differenza nei nostri portafogli. Tyson era capace a spendere una cifra uguale quando offriva le sue cene e weekend in postriboli di pessimo genere, per festeggiare qualche cosa di poco corretto. Ma per la maggioranza della popolazione magica, quella cifra era proibitiva, soprattutto visto che serviva solo per la comunicazione come camini o altro.

«E’ troppo caro per essere acquistato da tutti. Quale sarebbe il vantaggio?» chiese Lucy, dando voce ai miei pensieri.

«Penso che non sia rintracciabile con i soliti controlli della metropolvere e dei camini» disse Rose.

«Quindi abbiamo un oggetto per la comunicazione molto costoso e irrintracciabile. Questo restringe parecchio il campo di indagine» commentò allora Molly.

Questo portava a una sola conclusione. C’erano diversi maghi che avrebbero potuto acquistare la piramide comunicante e la maggior parte di loro facevano parte dei Serpeverde. «Chiederemo a Blaike» sospirai. Qualcuno della mia ex casa aveva tentato di mandarmi al creatore e probabilmente ci sarebbe riuscito. Non mi ero mai sentito tanto depresso.

«Dovrà controllare tutti. Se la sentirà?» chiese Roxy.

Anche loro capivano quanto mi pesasse questo nuovo sviluppo. «Sì. Sarà deluso quanto me e vorrà dimostrare che le serpi non centrano… oppure inchiodare la colpevole». Di sicuro Blaike si sarebbe infuriato contro chi avesse di nuovo gettato del fango sulla casa di Salazar.

«Ripensando alla conversazione che hai sentito, la strega si lamentava di essere stata tradita» intervenne Lily.

«Possono essere tanti tradimenti. Il tradimento della famiglia, degli amici, dell’amore» elencò Lucy.

Dominique sbuffò dalla piramide. «Nessuno mi considera più? Mi sto bruciacchiando così vicino alle fiamme e non vi sento benissimo. Posso tornare allo specchio? E per me, si tratta di amore verso il marito o il fidanzato. Una donna non è così arrabbiata con una amica o la famiglia, ma con il proprio amore può diventare una iena».

«Io non sono una donna, ma credo che Dominique abbia ragione» approvai.

In effetti il livore che avevo sentito poteva rivolgersi solo a un uomo.

«Ma tra le vittime ci sono state anche delle donne» obiettò Molly.

«Credo sia opportuno chiedere a papà e zio Harry di indagare se le vittime avessero relazioni extraconiugali o tradissero qualcuno, in qualche modo. Magari, se questo è il denominatore comune è possibile partire da questo punto per trovare la colpevole» disse Rose.

Mi sentii leggermente accusato. «Ehi! Io non ho mai tradito nessuno! Non ho neanche la ragazza!» sottolineai.

«Se quello che dice Zabini è minimamente vero, tu avevi un harem, non solo qualche ragazza! Un playboy seriale. Qualcuna potrebbe essersi sentita tradita, no?».

Playboy seriale? Che parolone! Diciamo che le ragazze mi piacciono e mi piaceva molto divertirmi con loro. Da questo ad accusarmi di trattare male le donne ce ne passava!

«Non stiamo dicendo che tu ti fossi comportato male con qualcuna» diplomaticamente Rose cercò di rabbonirmi, mentre Lily e Roxy sbuffavano ironiche «Ma sei stato con tante ragazze e qualcuna potrebbe essersi fatta delle idee sbagliate».

«Okay. Ammetto che potrebbe essere successo. Ma uccidermi?» dai! Dalle pene d’amore si guariva, mica si doveva ammazzare il partner, altrimenti ci saremmo quasi estinti. È vero, non avevo molta fiducia nella fedeltà del genere umano. Reminiscenze disincantate da Serpeverde, presumo.

«La strega era un pochino su di giri, hai detto. Se è fuori di testa, l’ammazzarti è la conseguenza naturale» concluse secca Molly.

«Bene, ragazze. Se ci viene in mente qualche altra cosa ne parleremo domani. Ora andiamo a dormire» proruppe la voce di Dominique dallo specchietto che Rose teneva in mano.

Alcune ridacchiarono, altre fecero immediatamente come richiesto e nel giro di cinque minuti, io e Rose, rimanemmo soli. Ancora una volta.

 

Tra poco sarebbero arrivate le altre ragazze. Non avevamo molto tempo e, nonostante l’imbarazzo che sentivo pesante, dovevo affrontare questa situazione assurda o non me lo sarei mai perdonato.

Prima di tutto la verità. Il coraggio della verità. In fin dei conti ero Grifondoro non per niente, no?

«Il bacio che ci siamo scambiati nello spogliatoio, ha significato tanto per me» buttai lì sperando che capisse.

«Certo! Ti sei fatto riconoscere da Blaike. Il tuo scopo era quello e ci sei riuscito alla grande». Ironia portami via. Possibile che non riuscisse a fare due più due? Eppure era una delle ragazze più intelligenti della scuola.

«All’inizio era così, ma poi mi sono perso nelle mie sensazioni e baciarti è stata la cosa più bella che mi sia mai capitata. Non sono pentito e il mio solo rimpianto è di non poterti baciare ancora, perché tu mi piaci! Ecco! L’ho detto!». Era stato come togliersi un dente senza anestesia magica. Come se avessi corso per chilometri su per una montagna e fossi appena arrivato in cima. Mi girava la testa ed avevo il fiatone. Non ero mai stato tanto in imbarazzo come in quel momento. Nudo sino all’anima.

Lei era davanti a me, con la bocca aperta, gli occhi sgranati e le guance rosse. Sembrava un pesce palla e non era mai stata tanto bella.

«Rose» mormorai allungando la mano verso di lei. Avevo paura. Paura che scappasse, paura che si sentisse male, paura… non sapevo neanche io di cosa. Forse di un rifiuto.

Lei, invece, si riscosse guardando la mia mano e si aprì in un sorriso felice che mi fece balzare il cuore in gola, poi si lanciò verso di me, avvolgendomi le braccia intorno al collo e attirandomi verso il suo viso per stampare le sue labbra sulle mie.

Passare dall’interdetto e immobile al consapevole e partecipante, ci avevo messo meno di due nanosecondi. Se il mio cuore impazzito fosse scoppiato in quel momento, pazienza. Sarei morto felice sulle sue labbra.

Non so quanto tempo rimanemmo lì abbracciati a baciarci. Volevo quasi inglobarla dentro di me, per metterla vicino al mio cuore, dove era il suo posto. Mi sentivo felice e dolce, talmente dolce da essere melenso e far venire denti cariati e diabete a tutta la popolazione magica dell’Inghilterra. Mio padre mi avrebbe affatturato a vedermi in questo modo, per non parlare di Blaike e Nigel. Sarei stato preso in giro fino alla fine dei miei giorni. Eppure non mi poteva importare di meno.

Davanti a me c’era una rossa che faceva esplodere di stelle tutto il mio mondo.

Rose si appoggiò ancora di più a me e, visto che le mie gambe erano a pochi centimetri dal letto, mi lasciai cadere all’indietro, portando la rossa con me. Subito ci staccammo e ci mettemmo a ridere come due scemi.

«Stai cercando di circuirmi?» chiese lei tra una risata e l’altra.

«Sei tu sopra di me. Direi che sono quello sottomesso» risposi.

«Chiamami padrona, allora» soffiò sulle mie labbra.

«Come lei desidera» mormorai prima di annullare la distanza e ricominciare a baciarci come se non ci fosse un domani.

Le mie mani vagavano sulla sua schiena, carezzando la colonna vertebrale fino all’altezza dove Rose iniziava a fare un verso strano di gola strusciandosi contro di me. Stava facendo le fusa la mia gattina. E avevo scoperto un punto debole che sarebbe stato usato contro di lei in qualsiasi momento ne avessi avuto voglia. Tanta voglia.

 

«Lo sapevo che non ce la raccontavate giusta, voi due!» esordì la simpaticissima voce di Anne.

Immediatamente Rose si sollevò e insieme guardammo verso la porta che adesso era spalancata e dove sostavano le due compagne che non avrei mai voluto ci vedessero in queste condizioni: Anne e Meredith.

«Erano sempre assieme. Era logico che fossero lesbiche» rincarò la dose Meredith.

«Chissà cosa combinano quando escono di notte. Possiamo vedere la prossima volta? Vorrei proprio assistere a un accoppiamento gay». Anne aveva dei desideri decisamente strani. Realizzai che le nostre uscite notturne non erano rimaste segrete. Fortuna che pensavano fosse per altro.

«Ma…» cominciò Rose ma io la interruppi con un bacio a stampo.

«Lascia stare, amore. Ormai ci hanno scoperte, così non dovremo più tenerlo segreto» dissi ostentando sicurezza. Sperai che abboccasse subito, prima di tradirci e confessare la mia vera identità.

«Oh» esalò lei, poi si strinse a me e sorrise. «Forse hai ragione. Ma niente esibizioni pubbliche!» disse ridendo prima di alzarsi e farmi sedere.

«Da quanto va avanti questa storia tra di voi?» chiese ancora curiosa Meredith.

«Da prima di Natale» risposi io immediato.

In quel momento entrò anche Daisy che rimase interdetta sulla porta. «Che succede?».

«Tu non ne sapevi niente?» chiese Anne alla nuova arrivata.

«Di cosa?».

«Di loro due. Stanno insieme da Natale. Abbiamo una storia d’amore in dormitorio e non ne sappiamo nulla!».

Daisy ci fissò con la bocca aperta, senza emettere un suono, poi esalò un «Non sapevo», e arrossì.

«Dai ragazze, adesso lasciateci in pace» dissi lanciando un’occhiata di intesa a Rose.

Mi sarebbe piaciuto uscire con lei e andare a trovare un’aula vuota dove parlare tranquilli, ma non era il momento. Era stata una giornata piena e non sarebbero mancate le occasioni per trovarci soli.

 

Prepararci per andare a letto, fu quasi un sogno. Non mi resi neanche conto di quanto facevo sino a che non mi trovai nel mio letto a baldacchino con le tende tirate e le coperte sotto il mento.

In quel momento realizzai cosa era successo nelle ultime ore.

Avevo litigato con Rose, mi ero trovato geloso di un Corvonero, avevo ascoltato una conversazione tra la strega assassina e la sua complice, origliato le confidenze della rossa, avevo ragionato assieme alle ragazze Weasley per capire chi potesse essere la traditrice, avevo trovato il coraggio di confessare a Rose i miei sentimenti, e adesso?

Sentivo la necessità di parlarle ancora. Oppure no? Ero euforico e calmo allo stesso tempo. Se questo era l’effetto che Rose faceva alla mia testa, non sapevo se esserne felice o sconvolto. Non avevo più la ricezione di niente e di tutto. Merlino, che confusione!

 

All’improvviso la tenda si sollevò un poco e la rossa che occupava i miei pensieri scivolò all’interno e poi sotto le lenzuola.

Tra le tende era completamente buio, eppure intuivo le sue espressioni e il sorriso che aveva in quel momento, senza neanche sfiorare il suo volto.

«Scorpius» sussurrò.

Immediatamente lanciai un muffliato in modo da poter parlare tranquillamente in quella piccola alcova.

«Dimmi» risposi sottovoce. Seppure fosse impossibile farci sentire, sembrava che parlare piano rendesse la nostra conversazione ancora più intima.

«Davvero ti piaccio?» chiese con tono quasi infantile.

La strinsi ancora più forte tra le braccia. «Certo che mi piaci. Non mi sarei fatto dare della lesbica altrimenti» risposi. Ridacchiammo insieme.

«Se non ti piace Scott, perché sei andata a cercarlo?». Adesso che non era più una minaccia per me, ero curioso di sapere.

«Mi serviva sapere qualche cosa su quell’amuleto e so che Scott aveva avuto il permesso di consultare quel libro prima che sparisse. Speravo che ricordasse qualche cosa».

«E?». Sarebbe stato un bel colpo se avessimo scoperto qualche cosa anche così.

«All’interno della pietra centrale, c’è una cavità che viene riempita e fa da catalizzatore per l’odio. Credo che sia lì che la strega versa il succo di clerodendro»,

«Potrebbe essere. Come sei passata da una semplice domanda a un appuntamento a Hogsmeade?». Inutile dire che la cosa non l’avevo ancora digerita.

«Mi ha ricattata. Mi ha detto quello che sapeva se io accettavo di uscire con lui».

«Bastardo» sibilai. «Non è neanche uomo per cercarsi le uscite da solo. Deve ricattare!».

«Però adesso che ho la ragazza, posso dirgli che non può essere il mio tipo. Non credo che voglia farsi vedere con me, ora che la voce si spargerà per la scuola. Ci hai pensato bene? Tutti ci daranno delle lesbiche. Saremo prese in giro e additate».

«Sei preoccupata per questo?» chiesi voltandomi verso di lei.

Sentii la sua mano calda sulla guancia e sospirai strusciandomi contro. «Neanche un po’. Però credo che dovrai guardarti dai miei cugini e da mio fratello. Loro sanno chi sei e non credo saranno entusiasti di questa cosa».

«Quello che mi preoccupa di più è tuo padre. Per il resto posso superare di tutto. Ormai sono navigato» risposi pomposo.

Rimanemmo alcuni istanti in silenzio. La sua testa era appoggiata sulla mia spalla e la sua mano scorreva leggera sul mio cuore. Io carezzavo la sua schiena stringendola di tanto in tanto, per sentirla più vicina.

«Scorpius» esordì dopo alcuni minuti. «Sai che potremmo cancellare la maledizione, adesso?».

Mi irrigidii. In effetti mi era passato per la mente. Potevo davvero sperare di avere una vita davanti? Oltre l’estate?

«Ci ho pensato. Sì» sussurrai.

Lei si alzò in ginocchio e io mi sedetti accanto. «Allora proviamoci» disse decisa prima di prendermi il viso tra le mani ed avvicinarsi.

Appoggiò la fronte fresca contro la mia e questo mi spinse a chiudere gli occhi, amplificando gli altri sensi, sebbene fosse talmente buio da distinguere a mala pena il contorno della sua figura.

«Io ti amo» disse lentamente.

«Io ti amo» risposi con lo stesso tono solenne.

Aspettai qualche minuto trattenendo il fiato e ascoltando il rumore sordo dei battiti del mio cuore. Rose respirava piano accanto a me, in attesa trepidante come il sottoscritto.

Non sentii niente di quello che immaginavo. Non il caldo di un colpo inferto, né il freddo di un ghiaccio sciolto. Nulla. Avevo solo la percezione dei palmi di Rose sulle mie guance.

Mi baciò quasi con rabbia e io risposi con voracità.

Avevo il sentore che non fosse cambiato niente, ma avere il suo corpo stretto al mio non mi faceva pensare a niente altro che a lei.

Quando si staccò, in debito di ossigeno, fece scorrere le dita sulla mia faccia, quasi a sincerarsi che tutto fosse cambiato, o niente.

«E’ probabile che non siamo proprio convinti di questi sentimenti e la maledizione lo ha sentito» provai a consolarla e a consolare me stesso.

«Vuoi dire che non mi ami?» mi chiese con tono sommesso.

«Non ho mai amato. Non so se quello che sento è amore, ma di sicuro è qualche cosa di forte» risposi. «Senti, abbiamo ancora tempo. È febbraio, mancano sei mesi. Potremmo scoprire come eliminare la maledizione in tanti altri modi. Ti prego, prendiamoci il tempo per conoscerci meglio e stare insieme». Sperai di essere convincente. Magari lei non era sicura dell’amore per me o io non ero profondamente convinto, oppure… potevano esserci tante motivazioni per la quale le nostre dichiarazioni non avevano funzionato. Non volevo rovinare il mio rapporto appena nato. Volevo viverlo.

«Sono d’accordo. Facciamo con calma. Sono sicura che andrà tutto bene».

La strinsi forte a me e sorrisi. Era andata bene, potevamo cominciare a stare insieme e vedere come andava. A parte la mia particolare situazione, mi piaceva l’idea di gestire con una ragazza un rapporto normale.

«Al limite, puoi sempre indossare gli occhiali degli auror e guardarmi al naturale» le dissi malizioso e vidi brillare i suoi occhi. Certo le avevo dato una idea che reputava interessante.

Silenziosamente scivolò fuori dalle tende del mio baldacchino e andò a cercare le magiche lenti nel suo comodino, dove avevo visto che le aveva riposte l’ultima volta che le aveva usate.

Pochi istanti dopo era di ritorno, ma invece della faccia allegra che mi ero aspettato, vidi una Rose quasi spaventata.

«Non ci sono più» esalò in un respiro.

Avevano preso i suoi occhiali. Erano pericolosi. Chiunque li avesse indossati, poteva riconoscermi e se fosse stata la complice della strega assassina, anche Rose e i suoi cugini sarebbero stati in pericolo.

All’improvviso mi ricordai di cosa era successo a Blaike. Chissà come, non mi era venuto in mente prima di chiedere.

«Avevi anche della polvere buio pesto peruviana?».

«Sì, la tenevo nel mio baule… insieme agli occhiali» rispose intuendo dove volevo andare a parare.

«Allora gli occhiali li ha presi la complice insieme alla polvere buio pesto che ha usato per schiantare Blaike quando ha trovato i miei appunti».

Nel momento stesso in cui dissi a voce alta questa frase, il mio cuore sprofondò nel terrore.

La complice aveva gli occhiali da quindici giorni. Aveva visto me e non Shaula. Aveva capito chi ero e soprattutto aveva visto con me Rose.

Se avesse ritenuto che la vendetta contro di me era a un passo dal fallire, avrebbe potuto aggredire lei. Il solo pensiero mi fece tremare.

Dovevo proteggerla, anche a costo di allontanarla da me.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

capitolo davvero zuccheroso. L’inizio abbiamo uno svisceramento approfondito su quanto ha sentito scorpius nel bagno al sesto piano. Altri indizi vengono alla luce. Manca poco per capire tutto.

Poi arriva il momento clou. Scorp si butta e atterra sul morbido. Si piacciono! Ma la maledizione non demorde e lui è ancora Shaula. Ci saranno delle belle scene adesso che le due andranno in giro mano nella mano. Chissà la tribù Weasley come reagirà? E Scorpius lascerà subito Rose? Accetterà il rischio di farsi vedere insieme a lei?

Ho fatto i conti per il cambio tra galeoni e euro e sono all’incirca 100 euro per un galeone d’oro. Quindi 105 galeoni sono 10500 euro. Mi sembrava un buon indizio per proseguire con l’indagine.

 

Per adesso vi rimando al prossimo capitolo che vedrà questo sito non prima di domenica. (salvo che mi lasciate otto recensioni allora farò la brava e posterò prima).

 

Alla prossima

Baciotti

 

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Capitolo 21
*** Crazy for you ***


Capitolo 21! Siamo arrivati!

Due righe per fare i soliti ringraziamenti che sembrano noiosi ma li ritengo d’obbligo perché davvero sentiti. Grazie a chi legge, recensisce, suggerisce, mette nelle liste speciali e apprezza questa storia. Grazie al lavorone di Elenri per i banner e per C_Malfoy che sta postando questa storia su Wattpad (ho sbirciato e sei stata di parola. Apprezzo)


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BUONA LETTURA!

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D’impulso strinsi Rose al mio petto e affondai il viso tra i suoi capelli, respirandola letteralmente. Ero terrorizzato. E se fosse stata colpita? Poteva essere maledetta come era successo a me. Pensare a lei che poteva morire allo scadere di un anno era un incubo peggiore di quanto mi stava capitando. Il mondo non sarebbe stato un luogo degno di essere vissuto senza di lei.

«Scorpius… Scorpius mi soffochi» ansimò sul mio petto.

Lentamente mi staccai e le baciai una tempia. «Scusami. Mi sono agitato».

«Hai ragione. Mi fa rabbia pensare che una persona si sia messa a guardare tra le mie cose. Che nervi!».

«Non solo per quello» risposi mesto.

«Per cosa, allora?».

«Non capisci? Mi ha visto. Sa che sono io e ti ha visto con me. È troppo pericoloso starmi vicino. D’ora in poi dovrai sempre essere accompagnata da Albus o qualcuno dei tuoi cugini e non ti dovrai più avvicinare a me. Hai capito?» dissi veemente scuotendola come se fosse così che sarei riuscito a farle entrare il concetto in testa.

«Non possiamo più farci vedere in giro. È pericoloso» dissi cercando di convincerla.

«Non crederai che basti così poco per intimorirmi? Cerca di ragionare, Scorpius. La complice ha gli occhiali da quindici giorni, hai detto. Quindi mi ha già visto con te, non dobbiamo comportarci in modo diverso. Non cambierebbe nulla». In effetti era vero, ma non riuscivo a pensare lucidamente dal momento in cui avevo realizzato che lei era in pericolo.

«Dovrai essere sempre accompagnata» insistetti.

«Sarò accompagnata a te. Sarò perfettamente al sicuro».

Mi indicai. «Ti sembra che sia in grado di proteggere qualcuno? Non sono riuscito a salvare me stesso come potrei salvare te?».

«Ma tu non sapevi quello che stava accadendo. Sei stato preso alla sprovvista. Noi adesso siamo più informati. In ogni caso, se voleva farmi male, la complice avrebbe già attaccato. Sono mesi che stiamo insieme da tutte le parti. Il fatto di camminare vicini non cambierà niente» fece spallucce.

«Tranne per il fatto che le due oche qui dentro diranno a tutta la scuola che siamo amanti. Sai che bel pettegolezzo? Dovremmo obliverarle» replicai io.

«E’ illegale, e lo sai» tento di farmi ragionare. «Scorpius. Nonostante ci siamo dichiarati, la maledizione non è cessata. Non è questa la strada. Continueremo a indagare e troveremo la contromaledizione. Non lasciarmi adesso che ci siamo trovati». Aveva preso di nuovo il mio viso tra le mani e lo stava avvicinando al suo. «Ti prego» sussurrò sulle mie labbra.

Come facevo a dirle di no, quando mi faceva perdere il cervello «Okay» cedetti, prima di sigillarle la bocca con la mia.

Ero già diventato una sua marionetta e stavamo insieme da appena due ore. Ero praticamente fottuto.

Addio sogni di gloria e donzelle disponibili e disinibite. In un istante ero desideroso di diventare monogamo e felice di esserlo.

Ci stendemmo ancora sotto le coperte e abbracciati ci addormentammo.

Ero sicuro che quella notte avrei dormito benissimo e il mattino dopo, la mia previsione era perfettamente confermata.


La mattina dopo, quando spuntammo dal baldacchino, non c’era nessuno nel dormitorio. Anche Daisy era andata via senza dire niente. Forse per discrezione. Non mi facevo alcun dubbio su quello che avrebbero fatto le due simpatiche una volta uscite dalla torre dei Grifondoro.

«Sei pronto ad affrontare la sala grande?» chiese sorridendo Rose, dopo che fummo pronti per uscire dal dormitorio.

«Non ne sono sicuro ma non posso procrastinare in eterno. Andiamo!» risposi deciso e la presi per mano, reggendo la borsa con i libri con l’altra.

Ci lasciammo, per camminare vicini, una volta usciti dalla torre e proseguimmo per tutte le rampe di scale sino alla sala grande. Non appena varcai la soglia, venni accolto da un silenzio tombale. Sentivo distintamente ronzare una mosca sulla colazione dei Tassorosso.

Guardai in giro e mi accorsi che tutti i tavoli erano occupati e tutti gli studenti ci stavano guardando.

«Anne e Meredith hanno fatto un ottimo lavoro. Sono solo le otto e siamo già sulla bocca di tutti» borbottai irritato, ma Rose sorrise e fece spallucce per poi superarmi e andare diritta verso la tavola dei Grifondoro a fare colazione.

Rimasto solo all’ingresso, decisi che forse il comportamento della mia ragazza era il più giusto e la imitai. La mia ragazza. Mi faceva strano apostrofarla così.

Quando ci sedemmo al tavolo, fummo subito raggiunti da Albus e Hugo con Lily.

«E’ vero?» chiese Hugo rivolgendosi alla sorella. Non sembrava seccato, anzi. Era decisamente eccitato per la novità. Rose si limitò ad annuire, colorandosi le guance di un rosa acceso.

«Ma ieri avevate litigato. Quindi non è da Natale che state insieme» chiese Lily e qui risposi io.

«No. L’abbiamo solo detto per non creare sospetti con le due pettegole».

«Non sono state Anne e Meredith, se è quello che intendi» borbottò Albus con voce lugubre. «E’ stata Delphina a far circolare la voce».

Delphina? Come faceva a saperlo lei? Di sicuro una delle due iene aveva dei contatti con la Serpeverde, altrimenti non si sarebbe spiegato.

Rose fece segno di no e lasciai perdere. Tanto tra poco avrei parlato con Blaike per controllare chi avesse la piccola piramide nel dormitorio di Serpeverde.

«Quindi adesso la maledizione finirà» affermò Lucy accomodandosi accanto a Lily.

«In verità ci abbiamo provato ma non ha funzionato» risposi mangiando un muffin.

«Cosa avete fatto? Vi siete dichiarati?». Lily era estremamente curiosa ed eccitata, con Hugo che saltellava sulla panca e Lucy che si allungava verso di noi per sentire meglio. Beh, almeno avevamo gente felice per questa nuova situazione.

«Sì, ma come ha detto... Shaula, non ha funzionato» rispose Rose, guardandomi con intenzione.

«Credo che tutta la sala voglia ascoltare le vostre novità» borbottò Molly sedendosi accanto ad Albus che sbuffò.

«Non credo che voi insieme sia la cosa migliore, vista la situazione» sbottò poi irritato.

«In che senso?» domandai.

«Perché, Shaula, in questo momento hai un permesso di soggiorno a tempo determinato e se non si trova una soluzione dovrai lasciare... l'Inghilterra. Non voglio che Rose rimanga qui con il cuore spezzato» disse sottolineando il tempo determinato. Eh, sì. Agosto era la mia scadenza.

«Non avrà il cuore spezzato. Tutto si risolverà e vivranno per sempre felici e contenti» ribatté Lily e Lucy sospirò e batté le mani a supporto di quanto diceva la cugina.

«Piuttosto, sei stato informato su quanto abbiamo detto ieri sera?» chiesi a Albus cercando di cambiare argomento.

«Certo. Ed ho anche chiamato papà. Ha trovato interessante la teoria dei tradimenti. Indagherà sulle vittime. Per quanto mi riguarda, non temo nulla. Non ho mai avuto una ragazza da tradire» proclamò convinto.

«Però sei uscito con qualcuna, giusto?». Non potevo credere che un ragazzo normale di diciassette anni si perdesse i normali rapporti tra adolescenti. Sedurre le ragazze era proprio il bello di questa età.

«Tranquillo, Shaula. Sono uscito con delle ragazze ma non ho mai tradito. Prima di uscire con un'altra ho sempre chiuso il rapporto. Patti chiari, azioni chiare».

Onore e gloria al Grifondoro per antonomasia. Una rettitudine che conoscevo a malapena sui libri di scuola.


Quando uscimmo dalla sala grande, non ci fu più occasione di stare insieme. Rose andò verso le sue lezioni di aritmanzia e io di legismagia. Questo però mi dava occasione di parlare con Blaike. Rallentai strategicamente e lui sembrò notare la mia manovra perché mi si affiancò subito.

«Allora? Tu e la Weasley Caposcuola? Ragazza notevole, niente da dire».

«Certo che Delphina ha messo i manifesti in due secondi. Lo sanno già tutti» borbottai.

«E non ti dico le battute. È esilarante pensare che si rivolgono a te... però non è stata Delp a dirmelo, è stato Tyson».

La cosa era ancora più stupefacente. «Come era riuscito a svegliarsi così presto?».

«Perché ti interessa tanto? L'avrà saputo ieri sera» disse facendo spallucce.

«E' questo il punto. È successo questa notte e nessuno lo sapeva tranne le due iene del dormitorio. Come hanno fatto a farlo sapere a tutta la scuola con così poco tempo?».

«Sembra che la cosa ti interessi parecchio».

«Ho la sensazione che sia importante» risposi. Se Delphina aveva saputo della relazione da Anne, si sarebbero dovute incontrare prima dell'alba. Per poi farlo sapere a Tyson... era incredibile solo pensare che si svegliasse prima delle otto meno dieci. Era sempre stato così.

«Okay, concordo che i tempi non funzionano».

«Sai cosa significa? Che ci sono più persone che ci controllano» dissi.

«Ho sempre detto che questa scuola ha occhi e orecchi dappertutto» borbottò Blaike poco prima di entrare in classe.

La giornata passò lentamente, ma io ero perso sui miei pensieri. Rose e altri pensieri. Il comunicatore piramidale, ad esempio. Quando chiesi a Blaike non sembrò tanto sorpreso.

«L'ho visto, sì. L'ho anche usato. Ce l'ha Tyson, uno Theodore, uno Cassandra e uno Delphina. Lo prestano praticamente a tutti quelli del sesto e settimo anno. Ma anche altri ragazzi a Serpeverde ne sono in possesso. Se dovessi azzardare un numero, direi che ce ne sono una decina nel nostro dormitorio».

«Dovremo sapere chi altri ne ha nella scuola, ma direi che i sospetti si addensano tutti su Serpeverde». Il mio tono era funereo. Mi faceva star male il pensiero di essere stato tradito da qualcuno che conoscevo così bene. I miei compagni di anni. La mia vita.

«Se metto le mani su quella traditrice, giuro che le faccio passare la voglia di lanciare maledizioni a nastro! Con tutta la storia di Voldemort e dei Mangiamorte, stavamo riuscendo a farci rispettare solo come casa e non come maghi oscuri. Se questa cosa si viene a sapere saremo di nuovo tutti sospettati e i nostri anni felici saranno finiti».

«Lo so benissimo. Mio padre ha faticato per essere almeno ignorato dagli altri maghi».

«Il mio non ha fatto niente ma è stato additato lo stesso, solo per essere stato nella casa di Serpeverde. È quasi una maledizione!».

Restammo in silenzio qualche minuto, seduti su un muretto del cortile, avvolti nei nostri mantelli con nuvolette di vapore che uscivano dalle nostre bocche. Poi Blaike cominciò a ridacchiare.

«La Weasley, eh?».

Sorrisi anche io. Sapevo dove voleva arrivare e ormai ero rassegnato al suo attacco. «Sì».

«E com’è?». Una domanda ingenua che sotto intendeva un mondo.

«Bellissima, intelligente, interessante, forte e dolce».

«Questo me lo potrebbe dire anche un suo cugino. Io voglio sapere altro».

«Mi smuove dentro. Okay?» sbottai arrossendo. Era il freddo, solo il gelo del cortile.

«Questo mi pare ovvio, altrimenti non te ne fregherebbe niente. Ma in contatto? Com’è?».

«Ehm» sentii parecchio caldo. Avevano alzato la temperatura dell’esterno? «Non ci siamo arrivati sino a lì. Ci siamo appena messi insieme».

«Per essere uno che di solito partiva da quello... Fratello, se sei cambiato! A parte l’estetica» terminò con una risata. Poi gli venne un dubbio. «Ma puoi ancora?».

Lo spintone che ricevette fece scoppiare la sua risata ancora più forte. «Certo che posso» risposi.

«Allora perché non sei normale? Forse devi fartela per tornare a posto?».

«Se lo sapessi… Ci siamo dichiarati ma non è successo niente».

«Secondo me devi agire, non parlare» disse lui convinto.

«E’ troppo presto per quello. Non voglio farle fretta». Non me la sentivo di spingerla a un passo così importante. Non sapevo neanche se era vergine o se avesse già avuto rapporti con qualche altro ragazzo. Non che il pensiero che qualche sconosciuto avesse messo le mani sulla pelle di Rose mi facesse piacere (davo di matto per essere precisi), ma non potevo essere ipocrita visto il mio passato. Se si era messa con qualcuno prima di me, era normale che avesse fatto sesso. Speravo solo non avesse sofferto per amore. Quello mi avrebbe fatto più male, sentire che era stata così presa da qualcuno che non ero io. Per me, lei era la prima. La prima ragazza importante e avrei voluto essere lo stesso per lei.

«Ma dove la tenevi nascosta tutta questa romanticudine? Sembri un vecchio saggio! Sei cresciuto di qualche decennio» commentò Blaike.

«Diciamo che mi sono messo nei panni degli altri. In senso letterale» risposi e lui annuì.


Rimanemmo in silenzio per qualche minuto a goderci la tranquillità del momento. Niente ragazze, niente Lucinda (della quale avevo recentemente conosciuto il lato squalo che distava anni luce dal mio ideale di dolce ragazza), niente misteri, niente maledizioni. Solo pace.

Il cervello però faceva giri strani e me lo ritrovai a pensare ancora alla complice della strega assassina.

«Blaike, se il complice fosse uno di Serpeverde, tu su chi punteresti il dito?» chiesi. Magari il sesto senso poteva dare la soluzione anche senza avere le prove inconfutabili.

«Io… ci ho pensato e secondo me potrebbe…» si interruppe mentre in lontananza sentivamo degli strani suoni. «Meglio interrompere qui. Te lo dico un’altra volta, qui ogni posto è pieno di occhi e orecchi che spiano» terminò sottovoce.

Una cacofonia di suoni sempre più assordante si avvicinava e ormai anche io ero curioso di sapere cosa fosse a causare tutto quel rumore.

Più si avvicinava più si sentiva chiaramente che non era rumore ma musica. Chi è che suonava? Era un lento, un po’ pop.

Guardammo lungo il camminamento ed ecco che mi sembrò di vedere un’ombra grossa e bitorzoluta. Cosa diavolo era?

Quando l’ombra divenne visibile, io e Blaike scoppiammo a ridere. Non era umanamente possibile fare altrimenti. Di fronte a noi c’era Theodore Goyle in versione ripulita e in tutto il suo splendore.

Si era messo un abito da cerimonia scuro e un po’ demodé, con il papillon rosso a pallini bianchi e blu, i capelli tirati indietro con un chilo e mezzo di gel a scoprire la fronte bassa e sfuggente e in mano aveva un enorme mazzo di fiori rossi strombazzanti che stavano sgolando le corolle con una canzone romantica, che lui ripeteva stonando come un campanaccio.

I’m crazy for you

Touch me once and you’ll know it’s true

I never wanted anyone like this

It’s all brand new, you’ll feel it in my kiss

I’m crazy for you, crazy for you

Trying hard to control my heart

I walk over to where you are

Eye to eye we need no words at all

Slowly now we begin to move

Every breath i’m deeper into you

Soon we two are standing still in time

If you read my mind you’ll see

I’m crazy for you!

«I’m craaazyy fooor youuuuu!» ululava Theo coadiuvato dalle corolle rosso scuro che facevano fuoriuscire i pistilli congestionati per tenere la nota meglio di quanto facesse Goyle.

Mi stava fissando, camminava verso di me, lentamente e concentrato. Accanto a me, Blaike stava piangendo dalle risate e continuava ad asciugarsi gli occhi con la manica della divisa scolastica fuoriuscita dal mantello.

All’improvviso cambiò melodia e partì con un altro lento.

«Look into my eyeeeees - you will see what you meaaaan to meeee»

Don't tell me it's not worth tryin' for
You can't tell me it's not worth dyin' for
You know it's true
Everything I do - I do it for you
Look into my heart - you will find
There's nothin' there to hide
Take me as I am - take my life
I would give it all - I would sacrifice

I would fight for you - I'd lie for you
Walk the wire for you - ya I'd die for you
Ya know it's true
Everything I do - I do it for you

«Eveeerythiiiing I dooooo – I doooo it fooooor youuuu».

Nel mentre i fiori stavano perdendo alcuni petali mentre si sgolavano (o spetalavano se così si poteva dire) e Theo… si era inginocchiato davanti a me, che fortunatamente ero seduto, altrimenti sarei cascato a terra, tramortito.

In realtà era Blaike quello caduto, inginocchiato a terra, a ridere e a sbattere il pugno sul selciato accanto alle ginocchia di Goyle.

«Per Merlino… non ci credo… per Merlino…» continuava a ripetere singhiozzando.

Quando anche l’ultima nota in agonia si dissolse nell’aria, Theo mi tese i fiori «Li ho fatti arrivare dal Borneo. I fiori canterini strombazzanti. Volevo esprimerti i miei sentimenti e invitarti a uscire insieme a San Valentino» declamò serissimo, guardandomi negli occhi.

Accanto a me, seduto in terra, Zabini stava cercando di trattenere il singhiozzo che gli squassava il petto, venutogli per il troppo ridere. Ben gli sta, fu il mio pensiero più caritatevole per lui.

Guardai Goyle e desiderai andare io in Borneo, lontano da lui e dai suoi fiori, alcuni piccolini stavano ancora canticchiando piano:

Love me tender,

Love me true,

All my dreams fulfilled.

For my darlin' I love you,

And I always will.

«Goyle…» provai a dire con la mia vocetta stridula che contrastava decisamente con il tenore delle canzoni dedicatami.

«Theodore, amore mio. Chiamami come vuoi, chiamami sempre, chiamami a te…» mi interruppe tendendo una mano verso di me, mentre l’altra correva al suo petto.

Ormai Blaike stava rantolando al mio fianco, cercando di respirare per poter sopravvivere alla demenza di questa scena.

Io ero sicuro che avrei riso per anni di questa cosa, ma non adesso. Più che altro volevo togliermi dagli impicci, visto che stavano arrivando altri studenti a guardare cosa capitava nel cortile.

Avevo già beccato Lucy che stava piangendo dalle risate, dietro una colonna, mentre Hugo sembrava singhiozzasse contro il braccio che sosteneva la sua testa appoggiata alla stessa colonna, poco più in là.

«Goyle» ripetei, cercando di mettere più distanza possibile tra di noi. «Sai che mi vedo con Rose, non sei proprio il mio tipo». Nascondermi dietro alla mia natura gay poteva essere la soluzione indolore.

«Ma… non devi far finta per timidezza. Adesso che mi sono dichiarato, potremo vederci alla luce del sole e non dovrai più mascherarti per quella che non sei». Ma questo era proprio duro di comprendonio!

«Goyle, io non fingo. Amo Rose Weasley. Sono lesbica. Tu non mi ecciti! Come posso fartelo capire meglio?» sbottai. Stavo perdendo la pazienza e rischiavo di essere offensivo. Nonostante tutto, c’era voluto molto coraggio da parte sua a farmi questa dichiarazione e non potevo certo allontanarlo a male parole.

«Ma io ti ho portato i fiori!» protestò con il tono di un bambino.

Intanto intorno a noi si era creata una vera e propria folla. Addio pace e tranquillità e maledizione a Theo e alla sua cotta per le ragazze orride con il culo a mongolfiera.

«E le serre di Hogwarts la ringraziano sentitamente, signor Goyle» disse il professor Paciock avanzando verso di me e togliendo delicatamente il mazzo di fiori dalle mie mani. Prese un paio dei fiori più belli e me li porse «Come ricordo, signorina Girtab, ma se permette gli altri li userò per ricavarne i semi. Sarebbe un bel colpo riuscire a riprodurre il clima ideale per questa coltivazione. In Inghilterra è quasi impossibile ottenere questi fiori in vaso» ormai era esaltato e partito per la tangente, avendo cominciato a borbottare di concimi e vasi traspiranti con la creazione di apposite nuvolette spandipioggia a orari intermittenti da posizionare sui vasi stessi.

I ragazzi iniziarono a disperdersi continuando a ridere mentre tornavano alle loro lezioni. Ero socialmente finito. Quella scena sarebbe stata oggetto di pettegolezzi per molto tempo.

Goyle si alzò lentamente da terra e mi guardò triste. «Allora non c’è proprio speranza?» chiese. Mi sembrò che avesse il cuore in mano e non me la sentii di frantumarlo senza pietà.

Anche io mi alzai dal mio trespolo, mentre Blaike, discreto, si allontanava fischiettando una delle canzoncine sentite.

«Non posso lottare contro la mia natura. Se lasciassi Rose per te, sarei infelice e tu non vuoi che sia infelice, vero?». Mi stavo sforzando di essere sensibile, ma quanta fatica stavo facendo!

«No, certo» rispose lui, sgranando gli occhi.

«Quindi non posso stare con te. Ma voglio che tu sappia questo: se non fossi così come sono, tu saresti la mia prima scelta». Terminai con quello che mi sembrava un tenero bacetto sulla guancia.

Lui arrossì. «Ma se cambi idea…» provò ancora.

Sorrisi. Non c’era proprio verso! «Non credo possa succedere, ma in caso sarai il primo a saperlo» promisi.

Con un tremulo sorriso si allontanò e io, dopo la mezz’ora più imbarazzante della mia vita, tirai un sospiro di sollievo.


«Beato te che sei riuscito a sganciarti» borbottò una voce conosciuta alle mie spalle.

Mi voltai di scatto e vidi Rose che camminava con piglio irritato e gesticolava arrabbiata.

«Cosa è successo?» chiesi.

«Scott» sbottò sedendosi al posto che era stato di Blaike.

«Cosa centra quel bassotto Corvonero?». Non che fosse davvero basso, ma io ero un bel po’ più alto e mi faceva sentire superiore, almeno in quel senso.

«Sono andata a dirgli che non potevo andare a Hogsmeade con lui, ma non ha voluto sentire ragioni. Pretende che mantenga la parola data! Ti rendi conto? Vuole un appuntamento per San Valentino, neanche fossimo innamorati!».

«Eh, no! San Valentino spetta a me!» ribattei io.

«E’ quello che gli ho detto ma lui dice che sto fingendo per non rispettare il patto e non ci crede che noi stiamo insieme».

«Forse dovremmo baciarci davanti al suo naso per farglielo capire» sbottai irritato. Ma che andasse per i fatti suoi e ci lasciasse in pace! Maledetto di un bassotto!

«Sai che non sarebbe una cattiva idea? Magari proprio durante l’uscita, così va in bianco su tutta la linea». Una luce sinistra illuminò il suo sguardo.

«Piccola Serpeverde mancata» borbottai prima di prenderla tra le braccia.

«Smettila… qui anche i muri hanno occhi e orecchi» disse Rose agganciando comunque le braccia dietro il mio collo.

I muri hanno occhi e orecchi. Erano le stesse parole che aveva detto Blaike, due volte. Anche i muri hanno orecchi. La notizia della nostra storia aveva fatto il giro del castello in pochissimo tempo. E se i muri del nostro dormitorio avessero orecchie?


---ooOoo---

Angolino mio:

prima di tutto grazie a babyramone per l’idea dei fiori strombazzanti in mano a Goyle. Io l’ho elaborata ed è venuta fuori questa cosa che mi ha fatto piangere mentre scrivevo e se ho riso io, riderete anche voi.

Blaike e Scorpius meditano sulla complice e su Rose. E in ultimo, Scorp ha una illuminazione che sarà chiarita nel prossimo capitolo.

Adesso le canzoni.

Abbiamo “Crazy for you” di Madonna (Sono pazzo di te – toccami e capirai che è vero – non ho mai voluto nessuno in questo modo, è tutto così nuovo, lo senti nei miei baci – sono pazzo di te – Cerco disperatamente di controllare il mio cuore – mi avvicino fino a dove sei tu – occhi negli occhi non abbiamo bisogno di parlare – lentamente iniziamo a muoverci – ad ogni respiro sono sempre più dentro di te – e presto siamo bloccati in un istante insieme – se mi leggi nella mente vedrai che - sono pazzo di te)

Everything i do – i do it for you” di Brian Adams (Guardami negli occhi - e vedrai cosa significhi per me - Non dirmi che non vale la pena tentare - non puoi dirmi che non vale la pena morire - tu sai che è vero - che ogni cosa che io faccio - la faccio per te
Guarda nel tuo cuore – troverai - che non c'e niente da nascondere - Prendimi come sono - prendi la mia vita - Te la darò tutta - mi sacrificherò - Combatterò per te - Mentirò per te - camminerò sul filo - si morirò per te - Si tu sai che è vero - che ogni cosa che faccio - la faccio per te)
“Love me tender” di Elvis Preasley (
Amami teneramente, Amami veramente, Tutti i miei sogni sono realizzati
, Perché mia amata io ti amo, E ti amerò sempre)

Come avrete letto le canzoni sono stralci anche non consequenziali, che mi sembravano significativi. Lo so che sono datate, ma a mia discolpa ho cercato su google “canzoni d’amore più famose” e dall’elenco propinato ho estratto queste, che, detto tra noi, comunque mi piacciono.


Grazie per l’attenzione e alla prossima(martedì ma se mi arrivano 8 recensioni posto prima il capitolo)

Baciotti


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Capitolo 22
*** Anche i muri hanno le orecchie ***


Ciao a Tutti! Mi avete regalato ben 10 commenti e devo essere di parola, eccovi quindi il capitolo 22.

Stiamo arrivando veloci alla fine di questa storia. Non ci resta che scoprire il colpevole e ritrasformare Scorpius in un bel figo, che ci vuole?

Diamoci da fare! Grazie per aver inserito questa storia nelle liste speciali, per leggere e recensire, per apprezzare questo lavoretto. Grazie a Elenri per il banner e fatemi sapere quale preferite per l’ultimo capitolo.


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E ora… BUONA LETTURA!

---ooOoo---


Anche i muri hanno le orecchie…

Poteva essere un caso ma sembrava strano che ci fossero tanti casi. Se anche nel loro dormitorio i muri avessero avuto orecchie? Una volta avevo visto un film babbano dove c’erano degli agenti segreti, tipo gli indicibili del ministero, che piazzavano delle… come si chiamavano? Ah, sì, ‘cimici’ attaccato ai paralumi e sentivano tutto quello che succedeva nella stanza, anche a distanza.

Se la spia della strega assassina avesse fatto la stessa cosa? Magari anche il muffliato non sarebbe servito. O sì?

«Torniamo nel dormitorio. Devo controllare una cosa» dissi sganciandomi dalle braccia di Rose e prendendola per mano per trascinarla con me lungo i corridoi del castello. Non ci fermammo e non ascoltammo le risatine degli altri studenti, passammo di corsa e in pochi minuti arrivammo a destinazione. Mormorai la parola d'ordine 'alishemmings' e appena aperto ci infilammo nel buco per passare nella torre.

Entrai nella stanza come un tornado, chiudendo la porta dietro di me. Pensai di sigillarla ma forse era meglio lasciare libera entrata alle altre, prima che pensassero chissà cosa.

La rossa strattonò il braccio per liberarsi la mano. «Vuoi spiegarmi che succede? Se volevi stare da solo con me potevi semplicemente dirmelo, non mi piace essere trascinata. Sembri un cavernicolo!».

«La clava l’ho lasciata a Malfoy Manor» risposi facendola ridere.

«Cosa succede, Scorpius?».

«Anche i muri hanno orecchie» risposi.

«Eh?». Era perplessa. Forse era meglio spiegarmi.

«Siete tutti d’accordo. L’avete ripetuto tutto il giorno. Tu. Blaike. I muri hanno le orecchie… pensaci. Ieri sera eravamo soli, poi sono arrivate le nostre compagne che sono uscite questa mattina eppure alle otto eravamo già sulla bocca di tutti, come se la notizia di noi fosse girata già nella notte».

«Ma se non sono state loro, chi può essere?».

«Più che altro mi interessa come abbia fatto a sapere la notizia. Per spiarci deve avere qualche cosa qui dentro che comunica cosa accade all’esterno» spiegai.

«Come cosa?».

«Per essere la figlia di una nata babbana, non hai molta famigliarità con il mondo dei tuoi nonni. Io ho sempre trovato interessante il mondo esterno e mi piacciono i film babbani. Film di spionaggio, dove vengono utilizzati oggetti per spiare».

«Certo! Le cimici!» disse Rose.

Ormai avevamo denunciato il nostro piano ad alta voce. Volevamo trovare questi marchingegni che ci spiavano e quindi avevamo poco tempo per trovare queste cose, prima di rischiare di essere attaccati dalla spia.

«Come facciamo a trovarli?» chiese. A ben pensarci quelli tecnologici del cinema, erano attaccati a paralumi, sotto il bordo dei tavoli, nei vasi di fiori. A volte servivano delle specie di scatolette per rilevarne la posizione. Forse era meglio appellarli. Provai.

«Acciò cimici» dissi a voce alta sfoderando la bacchetta.

Subito iniziarono a volare delle vere cimici verso di me, posandosi sulla mia mano e sui miei vestiti.

«Per Morgana immersa nella melma putrida di una pozzanghera di vermicoli vomitati da uno snaso con la colite acuta e cronica!» borbottai schifato agitando la bacchetta per farli volare via. Più agitata di me era Rose, che continuava a urlare.

«Che schifo! Mandali via! Mandali via! Ah!» stava diventando isterica.

In pochi istanti si spalancò anche la porta e un nugolo di cimici volò all’interno della stanza, appestando l’aria in modo allucinante. Oramai era praticamente irrespirabile.

Prendendo un lenzuolo dal mio letto, ne strappai due strisce e ne lanciai una a Rose, poi me la posai davanti al naso e la bocca e corsi fuori dalla stanza.

A distanza di due piani, quando ormai avevamo lasciato la sala Grifondoro dove i nostri compagni non capivano come mai ci fosse stata una invasione di insetti puzzolenti nella nostra torre, e davano la colpa ai soliti Serpeverdi, ci fermammo a tirare il fiato, respirando a pieni polmoni dell’aria più pulita.

«Ma sei idiota!» urlò Rose, tirandomi uno schiaffo sul braccio.

«Ahio! Violenta!» borbottai.

«E ancora non hai visto niente! Per Dio che schifo!» disse rabbrividendo. Mi avvicinai e le tolsi un animaletto dai capelli.

«Hai ragione. Scusami. Ho sbagliato» ammisi. «Cosa dovevo fare? Non sapevo come cercare e mi è venuta in mente la cosa più stupida».

«Chiamiamo Gazza per far pulire la torre, poi ci proveremo ancora».

Dopo alcuni minuti ci trovammo davanti alla porta dell’ufficio di Gazza.

«Dobbiamo proprio entrare?» chiesi. Non mi andava proprio di sentire i suoi lamenti su quanto fossero indisciplinati gli studenti. Non avevamo fatto niente di male, se non usare una magia poco adatta allo scopo.

«Non c’è niente da preoccuparsi». Ecco la mia Grifondoro preferita. Coraggio allo stato puro.


Dopo mezzora di urli e strepiti da parte del magonò, anche Rose rimpiangeva l’essere andata lì a chiamarlo.

Fatto sta, che riuscimmo a convincerlo a organizzare la liberazione della torre da ogni insetto volante e puzzolente. Entro un paio d’ore saremmo riusciti a rientrare nel dormitorio per continuare a cercare.

«Quei maledetti Serpeverde si pentiranno di quello che hanno fatto» sibilò Nicholas arrabbiatissimo. Molti dei nostri compagni gli fecero eco.

Io e Rose ci guardammo. Lei era una coraggiosa Grifondoro, ma io ero il codardo Serpeverde. Non avrei mai alzato la mano per confessare che era stata colpa mia.

Nella torre era rimasto un leggero olezzo nauseante di quegli animaletti schifosi, tanto che ci precipitammo in camera a fare una doccia veloce, in modo da evitare anche di cadere in contraddizione e confessare tutto. Alcuni di loro erano così arrabbiati che temevo mi scagliassero addosso una maledizione senza perdono.

«Devo venire lì a lavarti la schiena?» chiesi malizioso dietro la porta. Rose rise, ma, purtroppo per me, mi negò il permesso.

«Meglio di no, Casanova». Meglio per chi? Non per me di sicuro… e neanche per lei, potevo garantire. Mi accontentai di farmi la doccia subito dopo di lei. «Tu puoi venire invece».

«Lascia stare» fu la risposta laconica della mia ragazza.

Non appena uscii dal bagno la trovai già vestita, con un libro tra le mani.

«E’ tardi, non ci sono lezioni adesso» dissi mentre prendevo alcuni vestiti e tornavo in bagno.

«Non è per la lezione, avevo bisogno di sapere una cosa» rispose lei assorta.

Non appena mi sedetti accanto a lei, chiuse di scatto il volume, prese la bacchetta e appellò. «Acciò miscrospie!». Ed ecco che dalla testiera del mio letto si staccò una specie di dadino in metallo che volò veloce sino ad arrivare nel palmo di Rose.

«Ecco come si chiamava!». Avevo usato una parola che non era il suo nome specifico! Sempre esser precisi con la magia o si rischiava di essere sommersi da… altro.

Eravamo ancora intenti a guardare quell’oggettino, quando entrò Daisy.

«Oh, siete qui. Vi stavo cercando. Avete visto quel…» si interruppe vedendo quello che la rossa aveva tra le mani e corse verso di noi. «Fai vedere!» ordinò perentoria. Era la prima volta che usava un tono così antipatico. Cosa stava succedendo?

Rose le tese la microspia e lei la esaminò con occhio attento. Poi schiacciò una specie di pulsante. «Ecco, così non dovrebbe più funzionare… non credevo che pensasse… è incredibile…» cominciò a borbottare frasi sconnesse fino a quando, girato ancora il quadratino, si bloccò sgranando gli occhi.

«Cosa hai visto, Daisy?» chiesi quasi allarmato, alzandosi e affiancandola.

«Niente… devo andare… cosa diavolo gli è saltato in testa?». Mi rese la microspia e corse fuori dalla porta senza che noi potessimo impedirle di muovere un passo.

Io e Rose ci guardammo basiti e controllammo la ‘cimice’ in metallo ancora una volta. In effetti una cosa ci era sfuggita da un primo esame: un piccolo simbolo. Su un lato era impresso il disegno di una specie di bacca, attraversato in orizzontale da una bacchetta.

«Guarda, Rose» lo indicai, anche se non era necessario visto che lo stava guardando anche lei.

«Io l’ho già visto» mormorò per poi voltarsi a destra e a sinistra, scandagliando la stanza del dormitorio.

«Sei sicura? Magari questo è il simbolo che ci porterà alla strega. Devi ricordarti dove l’hai visto».

A un tratto lei corse verso il baule di Daisy e aprì in fretta il coperchio. Spostò alcuni oggetti e tirò fuori una divisa scolastica, guardando subito nel colletto. Poi mi fece vedere l’etichetta. Sopra il talloncino di madame McClan era disegnata con inchiostro viola, una bacca attraversata in orizzontale da una bacchetta.

«Cosa significa?» chiesi.

«Vuol dire che Daisy centra qualche cosa con questa storia» rispose Rose.

«Dobbiamo trovarla».

Corremmo fuori dalla nostra stanza verso la sala comune.

«Hai visto Daisy?» chiedemmo a Thomas, il primo che incontrammo.

«L’ho vista uscire. Ha detto che doveva parlare con qualcuno».

Senza dare ulteriori spiegazioni, corremmo fuori dalla torre dei Grifondoro anche noi e ci lanciammo giù per le scale. Passammo subito nel bagno dismesso del sesto piano, dove avevo sentito parlare la complice con la strega assassina, ma era tutto deserto. Proseguimmo per altre aule e altri piani ma non trovammo nessuno.

Interrogammo anche alcuni studenti che stavano girando per i corridoi carichi di libri, ma anche in quel caso, nessuno aveva visto la nostra compagna. Sembrava sparita nel nulla.

«La mappa del Malandrino. Dobbiamo chiedere a Albus la mappa» ricordò Rose, cambiando direzione e correndo nuovamente verso la nostra torre.

«Hanno fretta di andare a fare sesso» sentii dire alle mie spalle, accompagnando la frase da parecchie risate. Neanche mi fermai per capire chi fosse a parlare in quel modo, trovare Daisy era decisamente più importante.

Rose guardò attenta nella sala comune ma individuò solo Louis, il quale, vedendoci ansanti per la corsa venne subito verso di noi.

«Che succede? Ci sono problemi?» chiese.

«Cerchiamo Albus. Abbiamo bisogno della mappa del Malandrino» rispose di getto Rose.

«Ho sentito che andava nei sotterranei per avere un colloquio con il prof di pozioni. Però credo che la mappa sia nel suo baule. Andiamo a cercarla» propose e, senza ascoltare la nostra risposta, si lanciò nella rampa di scale che portava alle camere dei ragazzi.

Superò la sua e si infilò in quella del settimo anno. «Il baule di Albus deve essere questo» annunciò inginocchiandosi davanti al contenitore e sollevandone il coperchio. Certo che il Potter poteva anche fare un pochino di ordine lì dentro. Chi ci capiva qualche cosa era un genio.

«Qui facciamo notte a cercare. Dici che possiamo appellarla?» domandai mentre Louis controllava tutti i pezzi di pergamena che trovava.

«No. È un oggetto magico ed è inappellabile» rispose continuando a cercare.

Rose si mise a controllare sulla scrivania e io passai al comodino. Nel mentre entrarono Dean e Edward nel dormitorio.

«Che ci fate qui? E perché state perquisendo le cose di Albus?» chiese Dean sospettoso.

«Stiamo cercando la mappa di Hogwarts. Tu sai dove la tiene?» chiese subito Rose.

«Prova sotto il cuscino. Sembra che le cose più preziose le tenga lì» rispose Edward ghignando.

Le cose più preziose nascoste sotto il cuscino? Ma chi era? Un bambino di tre anni?

Alzai subito il guanciale e trovai la pergamena ingiallita che stavamo cercando, assieme a una busta indirizzata ad Albus da parte di Alice Paciock, un fazzolettino ricamato con le cifre ASP e due fiorellini schiacciati in una busta trasparente.

«Non ditemi cosa sono quelli. Non lo voglio sapere!» dissi. A parte la mappa, tutto il resto gridava cotta adolescenziale, così forte da doversi turare le orecchie.

«Dai qua!» ordinò Rose per poi battere la pergamena con la bacchetta. «Giuro di non avere buone intenzioni» ed ecco la magia che si compiva, facendo nascere le righe, i riquadri, i cartigli e tutto il mondo di Hogwarts sulla pagina.

«Cerchiamo Daisy» ordinai guardando attentamente i vari cartigli che si muovevamo tra i corridoi, le stanze e i piani del castello. Ormai era quasi ora di cena e parecchi studenti stavano scendendo nella sala grande. Era un gran spostarsi che rendeva difficile individuare la persona che cercavamo.

«Eccola!» urlai vedendo il cartiglio di Daisy Smith che spariva un secondo dopo. Era in compagnia di un'altra persona ma non avevo avuto il tempo di leggere il nominativo e ora erano sparite entrambe. «Forse sono al piano di sotto, guardiamo nella mappa successiva» dissi piegando la pergamena per visualizzare un altro piano.

Accidenti! Sarebbe stato enormemente più comodo avere la mappa del castello tridimensionale, almeno non dovevamo girare tanti pezzi per trovare il piano giusto.

Rimanemmo nel dormitorio dei maschi del settimo anno per quasi un'ora, tanto che Albus ci trovò tutti e cinque chini sulla mappa a cercare.

«Ragazzi, che fate?» chiese.

«Cerchiamo Daisy. È scappata dal dormitorio e non riusciamo a trovarla neanche sulla mappa».

«Impossibile. La mappa non mente mai. Anche trasfigurata, una persona risulta essere se stessa» rispose Potter.

«Ehi! Qui c'è Scorpius Malfoy! Ma che...» sbottò Edward, e Rose sfilò la mappa dal tavolo e batté la bacchetta.

«Fatto il misfatto» mormorò. «Non c'è niente da fare. Non si trova... Albus vieni con noi, dobbiamo parlare» disse con decisione, poi prese suo cugino per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza.

«Ciao, Edward. Ciao, Dean» dissi io per poi uscire dalla stanza e scendere nella sala comune, seguendo gli altri due. Subito dietro di me correva anche Louis.


«Dove stiamo andando? Cosa è successo?» chiese Albus.

«Dalla preside. Dobbiamo comunicare subito con tuo padre e l'unico modo è attraverso alla McGranitt nel suo ufficio» rispose Rose.

Corremmo fuori dalla sala comune, verso la torre della presidenza, che si trovava sullo stesso piano. Ringraziai il cielo di non dover correre ancora per le scale, con tutta la mia ciccia da portarmi appresso. Maledizione alla maledizione.

Dopo pochi minuti arrivammo davanti ai gargoyles a guardia della scala. In quel momento la porta si aprì e uscì la preside in persona che ci squadrò sorpresa.

«Cosa fate qui? È ora di cena, dovreste essere in sala grande» disse la McGranitt.

«Signora preside, dobbiamo assolutamente parlare con gli auror per l'indagine della strega che lancia le maledizioni come a Scorpius. Ci sono novità» disse Rose, guardando la donna arcigna con sguardo supplichevole.

«Sarei tentata di dire che non sapete di quel che parlate, ma conoscendo voi Potter e Weasley...» sospirò «Venite» e ci precedette sul per la scala che conduceva al suo ufficio.

Appena entrata evocò velocemente il suo patronus a forma di gatto e lo spedì «A Harry Potter, vi aspettiamo nell'ufficio del preside a Hogwarts. È urgente».

«Adesso sedetevi e aspettiamo» detto questo si accomodò dietro l'imponente scrivania e fece comparire altre due sedie in modo che potessimo sederci tutti e quattro.

Albus ci guardò scocciato. «Posso sapere perché siamo qui?».

«Abbiamo trovato una microspia nel dormitorio e Daisy è sparita, anche dalla mappa» riassunsi a un Potter decisamente sorpreso e preoccupato.

«E' sicuro che la signorina Smith sia sparita?» intervenne la preside e al mio cenno di assenso, fece un cenno a una specie di soprammobile. Rimanemmo in silenzio alcuni minuti e all'improvviso entrò il professor Paciock nell'ufficio.

«La signorina Daisy Smith è scomparsa. Organizzi delle squadre di ricerca, dobbiamo ritrovarla».

Il professore lanciò uno sguardo incuriosito ai quattro studenti seduti davanti alla scrivania e, nonostante la palese curiosità, si limitò ad annuire. Stava per uscire che vedemmo brillare intensamente le fiamme del camino e uscirne Ron Weasley seguito da Harry Potter.

«Buonasera a tutti, ciao Neville. Albus, Rose, Louis che diavolo avete combinato per farci arrivare così urgentemente?» chiese il padre di Rose.

Allungai il braccio e mostrai la cimice. «Abbiamo trovato questa nella camera del dormitorio e abbiamo scoperto che il simbolo disegnato qui sopra è lo stesso che disegna Daisy sulle sue divise».

«Quando è entrata nella camera e ha visto la microspia deve averla riconosciuta, perché farfugliava qualcosa ma non abbiamo capito a cosa si riferiva» intervenne Rose.

«L'abbiamo cercata sulla mappa ma è completamente sparita» concluse Louis.

«Allora non è più a Hogwarts. Ron, torna in sede e dirama un ordine di ricerca per Daisy Smith, Neville, dacci una foto da poter distribuire». I due uomini annuirono come se fossero una sola entità e uscirono di corsa dall'ufficio.

«Potter, sei sicuro che la signorina Smith non sia più a Hogwarts?» chiese con un leggero tremito nella voce, la preside McGranitt.

«Purtroppo sì. La mappa di mio padre non sbaglia e se la ragazza non compare allora è fuori dai domini della scuola» rispose Harry, poi si rivolse a noi. «Raccontatemi tutto per filo e per segno». E noi ubbidimmo. Raccontammo tutto.

«Riguardo la vostra ipotesi sui tradimenti, avevate ragione. Tutte le vittime avevano avuto una relazione extraconiugale» comunicò l'auror.

«Anche la madre di Daisy è stata tradita! Ti ricordi, Rose? Me l'hai detto tempo fa, che il padre se n'era andato con la segretaria e poi era tornato» dissi alzandomi in piedi di scatto. Mi ero appena ricordato di qualche cosa che forse era molto importante.

«Hai ragione! Zio Harry, devi indagare» ordinò la mia ragazza con piglio deciso. Sorrisi orgoglioso. Quella era la mia ragazza! Cervello fino sempre in movimento!

«Lo farò statene certi. Voi state attenti mi raccomando» promise. In quel momento tornò anche Ron Weasley e con un veloce saluto alla figlia e una occhiata ammonitrice a me, si diresse al camino dove scomparve subito dopo Potter.

«Bene» esordì la McGranitt. «Andiamo a cena. Qualcosa bisogna pur mangiare» borbottò alzandosi.

Non dicemmo neanche una parola sino a quando non fummo seduti al tavolo dei Grifondoro per cena e neanche allora ci venne voglia di parlare. Louis si incaricò di riferire agli altri Weasley e noi tre rimanemmo a fissare i nostri piatti senza alcuna voglia di mangiare.

«Secondo voi era Daisy la complice?» chiese Albus alla fine.

«Non ne ho idea. Sembrava sorpresa quando ha preso la microspia e l'ha persino disattivata. Però aveva disegnato quello simbolo. Non so cosa pensare» rispose Rose, prendendosi la testa tra le mani.

«Aspettiamo di sapere cosa trovano gli auror. Se è lei, magari è tornata da sua madre e adesso saranno in fuga. Se sono loro, la mia maledizione avrà presto fine» dissi cercando di vedere la cosa nel senso positivo. Non era bello pensare di essere stato per mesi accanto a una persona che mi voleva morto.

«Speriamo» concluse laconica Rose.

Non parlammo più della questione sino al ritorno nel dormitorio. Anzi, non ne parlammo più sino al giorno dopo, quando trovammo scritto a lettere cubitali sulla prima pagina della Gazzetta, che era scomparsa una studentessa di Hogwarts.


Passarono i giorni senza nessuna novità apprezzabile.

Rose si sentiva in colpa per non essere riuscita a salvare Daisy prima della sua scomparsa. Gli auror ci comunicarono che i genitori della ragazza cercavano ovunque. Risultarono anche completamente estranei agli assassini delle vittime della strega. Il simbolo era davvero quello del padre di Daisy ma era legato alla vita che faceva prima del ritorno a casa dalla sua famiglia e da allora non lo aveva più usato. Era comunque una notizia riservata e solo noi e i Weasley eravamo a conoscenza di questo particolare.

Se dal punto di vista della maledizione che incombeva sulla mia testa non vi erano ulteriori notizie, la mia vita sociale non andava molto meglio.

Sentivo i mormorii alle mie spalle per i fiori canterini di Goyle che facevano ancora parlare di loro. La mia relazione lesbica con Rose non era ancora passata di moda e noi sopportavamo stoicamente tutti i lazzi che ci dicevano davanti o alle spalle. Solo nell’intimità della camera, tra le tende tirate del baldacchino, trovavamo un po’ di pace tra le braccia l’uno dell’altra.


Quando ci alzammo la mattina di San Valentino, trovammo il castello in un tripudio di cuoricini rossi svolazzanti. Sembrava che si respirasse amore.

Pur essendo un giorno normale, la direttrice aveva istituito un giorno senza lezioni e con la possibilità di andare in gita a Hogsmeade. Probabilmente era per evitare di perdere tempo, visto che metà degli allievi sarebbe stato assorto nei suoi pensieri amorosi e l'altra metà nel maledire quel giorno perché non avevano nessuno da amare.

Non mi ricordai del patto ai danni si Scott, sino a quando il bassotto Corvonero non si presentò davanti al ritratto della signora Grassa chiedendo di Rose.

«Non mi va che esci con il bassotto» borbottai rabbuiato.

«Dai, Scorp. Eravamo d’accordo. Ci troviamo a Hogsmeade e tu mi baci davanti al suo naso» disse la rossa, cercando di convincermi.

«La cosa non mi piace comunque. Non puoi dirgli semplicemente di no?».

«Non posso. Lo avevo promesso in cambio delle informazioni. Non sarà la fine del mondo, su!».

Niente da fare, Rose volle andare all’appuntamento finto con il bassotto e ci accordammo per trovarci lungo la strada.

Mi vestii e coprii a velocità luce e in men che non si dica, ero fuori Hogwarts e seguivo la mia ragazza a poche decine di metri di distanza. Sbuffavo parecchio nel vedere che ogni tanto Scott allungava il braccio per tastare Rose, la lei era sempre sveglia ed attenta a non farsi sfiorare.

«Sai, Shaula, mi sembra strano che tu abbia lasciato uscire Rose con quel polipo di Scott. Dicono tutte che sia un marpione di prima categoria» Anne.

Era indubbio che se io ero a disagio, una delle due simpaticone del dormitorio dovevano infierire.

Erano anche contente di essersi impossessate dello spazio libero lasciato da Daisy, il che rendeva chiaro quanto fossero avvoltoi. Neanche in Serpeverde si era così… serpi.

Approfittando di una sosta dei due ragazzi davanti a me, mi avvicinai sino a trovarmi a pochi passi da loro.

«Rose, ma davvero stai con la Girtab? Non è possibile, tu sei sempre uscita con dei ragazzi maschi, cos’è questa storia?». La voce di Scott aveva una nota incredula nel tono.

Ghignai e intervenni. Inutile tirarla per le lunghe. «E’ evidente che io le do quello che i maschietti non sono capaci di darle. E prima che tu aggiunga qualche cosa… guarda e impara» dopodiché avvolsi Rose con le mie braccia e in posa plastica con tanto di casqué la baciai.

Era una dimostrazione decisamente ostentata e forse un pochino volgarotta, ma scatenammo una decisa ovazione da parte di tutti gli studenti che erano per la strada come noi.

«Brave!».

«Mondo libero!».

«Gay pride!».

I fischi si sprecavano e quando tornammo entrambi in posizione eretta, si scatenò l’applauso.

Davanti a quella folla, il bassotto si stizzì e, rosso in faccia, corse via.

«Era questo che volevi?» chiesi sottovoce.

Rose sospirò guardando la figura di Scott che si allontanava. «No. Non era questo. Volevo che fosse divertente ma… è stato umiliante».

«Non sei pronta per queste cose da Serpeverde» sussurrai al suo orecchio. «Ma con un pochino di allenamento e un po’ di impegno ti puoi migliorare» e lei ridacchiò.

«Domani mi scuserò con lui… ma adesso voglio una giornata cuoriciosa da madama Piediburro».

«Come la padrona desidera» e la portai nella locanda più zuccherosa di Hogsmeade. Non avrei potuto più guardare un cuoricino rosso senza avere conati dopo quella giornata, ma per la mia rossa avrei fatto di tutto. Oggi era il nostro San Valentino.

---ooOoo---

Angolino mio:

l’ultimo pezzo è una marcia indietro. Non volevo farla lunga e onestamente la storia era andata da un’altra parte, ma io dovevo fare il san valentino con Scott e mi è uscita così. Non è stato carino ma Rose ha riconosciuto l’errore e chiederà scusa.

Riguardo al resto, abbiamo una invasione di cimici. La cosa mi fa ridere e fa schifo, fascio a voi la scelta tra risate o smorfie. Poi la microspia, Daisy che conosce il simbolo e sparisce. Gli auror che indagano. Voi avete delle idee? Provateci e vediamo se ci siete arrivate!


Per ora vi rimando al prossimo capitolo. Alla prossima, mercoledì

Baciotti



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Capitolo 23
*** La foto sul comodino ***


 

Ed eccoci al nuovo capitolo. Dovevo postare domani ma ho voluto essere buona e anticipare. Anche perché ho finito la storia e sono in grado di farvela leggere entro Natale. Bel regalo.

Grazie a tutti quelli che già sapete. (vedi prefazione capitoli precedenti) perciò lascio al capitolo davvero importante.

 

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BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Gli esami si avvicinavano a grandi passi.

A febbraio sembravano ancora lontani, ma alla fine di aprile erano ormai dietro l’angolo.

Io e Rose stavamo insieme da quasi tre mesi ormai e ancora ero sotto forma di donna.

Ogni tanto provavamo a dirci ‘Ti Amo’ ma non succedeva niente.

Secondo Lily, ce lo dicevamo con la segreta speranza che funzionasse come contro incantesimo e quindi non era un ‘Ti Amo’ convinto al mille per mille. Noi negavamo ma, onestamente, nel profondo, pensavo che la piccola Potter potesse avere ragione. Non sapevo che pesci pigliare. Il mio tempo stava rapidamente volgendo al termine. Mi restavano solo altri tre mesi e poi sarei morto.

«Forza, dobbiamo prepararci per la lezione di Difesa contro le Arti Oscure» esortò Rose, svegliando me e Albus da uno stato catatonico post pranzo. Ormai era diventata un pungolamento continuo sullo studio. Io e Albus ci guardammo afflitti e aprimmo i libri per ripassare. Il giorno dopo ci sarebbe stata una nuova lezione sul Patronus ed io ero proprio curioso di scoprire se riuscivo a produrne uno corporeo e, soprattutto, di che forma.

Le lezioni erano davvero dure. Lo spauracchio dei M.A.G.O. era richiamato ogni giorno da tutti i docenti. Secondo me facevano terrorismo. Non erano pochi gli studenti che cadevano vittime di crisi isteriche, parecchie volte avevo dovuto calmare Rose per evitare che desse di matto.

«Adesso basta. Pausa!» annunciai. Vidi negli occhi di Albus tutta la gratitudine di una persona sull'orlo di un esaurimento e Rose che mi guardò con rimprovero e sollievo per non aver detto lei stessa la medesima cosa. Faceva la dura, ma era morbida come il burro, in realtà.

In quel momento entrò di corsa nella sala comune Hugo, che sembrava inseguito da una muta di cani mutanti. Dietro di lui entrarono con calma Lily e Roxanne che ridacchiavano divertendosi un mondo.

«Che succede, Hugo?» chiese Albus, accomodandosi meglio sul divano davanti al camino. Il cugino sbuffò e si gettò sul tappeto. «Non la sopporto!».

Sia io che gli altri Weasley aggrottammo le sopracciglia perplessi. Chi non sopportava? Riusciva a girare per il castello con Lily e Roxy e con quelle due bisognava avere ben più del pelo sullo stomaco. Qualsiasi altra persona era una passeggiata.

«C'è una certa Sofy del quarto di Tassorosso che si è presa una cotta per lui. Ha incantato una serie di aeroplanini di carta con sopra scritto Sofy_Weasley che lo seguono per tutto il castello» ci spiegò Lucy. Come a conferma delle sue affermazioni, era arrivato un pezzetto di pergamena volante dove spiccava il nome Weasley.

«Ha detto che da grande vuole sposarmi e si stava allenando accostando il suo nome e il mio cognome. Ti prego, Shaula, aiutami. Come posso fare per togliermela dai piedi? È una stalker, me la ritrovo davanti alla porta della lezione di incantesimi, trasfigurazione, pozioni. È un incubo».

«Questo mi fa ricordare quello che mi capitò al quarto anno» dissi con tono nostalgico. Rose mi guardò alzando un sopracciglio con fare interrogativo e incrociò le braccia sul petto, pronta ad ascoltare. Oh, oh.

«Beh, ecco...» cominciai e visto tutti gli sguardi ansiosi su di me (si erano uniti anche Louis e Molly) non potei far altro che proseguire. «C'era questa ragazza del terzo anno che mi seguiva sempre. Aveva incantato una spilletta con sopra scritto Clove Malfoy, oppure C_Malfoy. I miei amici mi prendevano in giro dicendo che mi ero fatto la fidanzata e io non riuscivo a togliermela dalle scatole. Il peggio è che me la trovavo davanti nei momenti più impensati: mentre andavo in bagno, mentre addentavo un panino o mentre slinguazzav...» mi interruppi guardando Rose un pochino agitato. Ehm... vero che non si raccontano alla attuale ragazza le evoluzioni fatte con le altre? Credo che non sia educato e da come mi guardava con le labbra strette... aiuto! Mi stavo fiondando in un vespaio!

Albus mi fece gesto di continuare e io, a malincuore, ricominciai. «Ehm... sì. Comunque me la trovavo sempre davanti e visto che neanche farmi trovare in atteggiamenti intimi con altre... ehm... fanciulle, non era servito, io e Nigel trovammo una soluzione alternativa».

«Ti castrarono?» chiese Rose ironica. Immediatamente, come una reazione automatica, la mia mano volò a proteggere il mio amichetto del sud scatenando le risatine di tutti i Weasley seduti attorno a me.

«No!» protestai. «Nigel è in gamba con pozioni. Un fottuto genio. Sua madre lavora in una ditta più a sud dove provano degli intrugli per tutte le esigenze magiche e lui deve aver imparato davvero bene. Fatto sta, che mi diede una pozione mirata, che mi faceva venire un brufolo enorme addosso, ogni volta che vedevo quella ragazzina. Alla fine ero diventato irriconoscibile» ricordai ridacchiando.

«Ah! Ricordo! Eri davvero un mostro, pensavamo tutti che avessi una malattia incurabile» disse Albus ridendo.

«In realtà, quando lo feci presente alla tizia, lei fu molto comprensiva e per dimostrarmi il suo amore non mi seguì più, poi seppi che aveva iniziato a perseguitare un altro ragazzo ed è stata allontanata dalla scuola». Ero orgoglioso di come avevo risolto quella situazione, senza morti né feriti.

«Quindi hai fatto sentire in colpa una povera ragazzina innamorata, trattandola per fessa?» chiese Rose con un cipiglio sul piede di guerra. Che avevo fatto adesso?

«Davvero spregevole da parte tua» commentò Molly allontanandosi, seguita subito da Lucy che mi lanciò una occhiata come se fossi diventato una cacca di ippogrifo.

«Noi facciamo scherzi, ma non ci prendiamo gioco dei sentimenti degli altri» disse Lily e anche Roxanne annuì convinta. Ma che succedeva?

Louis e Albus ridevano, e Hugo mi batté una spalla con fare comprensivo. «Questa si chiama solidarietà femminile ed è una cosa molto brutta. Non capisci mai come ragionano le femmine». Discorso da uomo vissuto. In tutti i miei anni di conquiste ero arrivato alla stessa conclusione.

«Come capisco» confermai.

Avrei preferito che Rose non si allontanasse, ma vista la sua reazione, fui comunque contento di passare il resto della serata con i ragazzi, un po' di testosterone ogni tanto mi faceva star bene e mi ricordava il mio io più profondo.

 

Più tardi salutai gli altri e mi recai in camera. Speravo solo che Rose non fosse arrabbiata con me. Quelle rare volte che era di umore nero, non potevo avvicinarmi e dovevo dormire nel mio letto tutto solo. Ebbene sì, dormivamo abbracciati ogni notte nel mio letto o nel suo. Era diventato così normale che quando capitava di restare separati mi svegliavo durante la notte, mi rigiravo tra le lenzuola e non riuscivo più a chiudere occhio, alzandomi più stanco di quando mi ero coricato e vedevo che per lei era la stessa cosa. In tutti quei mesi avevo imparato a riconoscere ogni singola sfumatura del suo carattere dalle espressioni del viso.

Quando entrai in camera scrutai a fondo la sua faccia e mi sembrò perfettamente rilassata, anche se stanca per il troppo studiare. Decisi però di coccolarla un pochino, tanto per non rischiare.

«Rose» mi avvicinai e la abbracciai «Non essere arrabbiata con me» mormorai accorato. Sentii che stava ridacchiando e mi rilassai «Paura eh?». Eccome!

Ci preparammo e scivolammo nel mio letto, chiudendo e sigillando le tende del baldacchino. Anche se Anne e Meredith non erano ancora rientrate e sapevano perfettamente che dormivamo insieme, non ci andava di ostentare la nostra relazione e tenevamo alla privacy data da quel bozzolo rosso e oro.

Rose appoggiò la testa nell'incavo della spalla e io l'avvolsi tra le braccia, nella nostra posizione che sembrava talmente normale prendere, da essere automatica.

«Non sei stato molto gentile con quella ragazza» mormorò.

«In realtà credevo di essere stato gentile. Con la strega mi ero comportato decisamente peggio» risposi.

«Non mi hai mai raccontato cosa accadde quella notte».

Sospirai scoraggiato. Non volevo che mi vedesse nella mia versione peggiore, ma non aveva senso tenere il segreto ancora a lungo, perciò cominciai a raccontare quello che ritenevo la mia più grande vergogna. «Ero ubriaco perso e non distinguevo neanche chi avevo davanti. Mi sembrava che ci fosse una bionda bellissima che mi faceva il filo e io ci sono stato, l'ho portata in camera e... beh, il mattino dopo mi sono trovato davanti una ragazza come me adesso e con un gran mal di testa. Ho reagito male e l'ho insultata di brutto. Lei mi ha lanciato addosso una luce blu che mi ha colpito al petto e... il resto lo sai». Non mi piaceva ricordare quanto ero stato cattivo. Se fosse accaduto oggi non mi sarei mai comportato in quel modo.

«Ti sei comportato male ma sei stato punito troppo duramente». Mi carezzò lentamente la guancia e mi baciò leggera.

Subito il bacio divenne più profondo. Era normale ma non ci eravamo spinti molto più in là. Questa sera, però sembrava tutto diverso. Forse era una mia sensazione ma, abbracciato con forza dalla rossa, ci misi poco a issarmi su di lei e far scivolare le mie mani sotto la sua maglia.

«Oh, Scorpius» sospirò Rose. Cominciai subito a baciarla con foga e quando lei socchiuse le labbra consentendo il mio ingresso, approfondii. Mi sentivo come se avessi bevuto dieci bottiglie di alcool puro. La testa una grande bolla vuota. Le mie mani piene di Rose.

La sua maglia e i pantaloni volarono letteralmente ai piedi del letto.

«Rose, Rose» mormoravo ogni volta che staccavo la mia bocca dalla sua pelle.

Scivolai più in basso, soffermandomi sul collo e godendo del pulsare frenetico della giugulare. Poi scesi ancora a dedicare le dovute attenzioni al seno da urlo che aveva la mia ragazza. Mai visto né baciato niente di così perfetto.

Quando chiusi le mie labbra sul capezzolo turgido udii un gemito più forte degli altri. Inarcò la schiena a offrirsi completamente ed io accettai con gratitudine.

«Sei troppo vestito» mormorò agitando le mani sul mio pigiama. Con una mano mi abbassai i pantaloni, goffo. Avrei voluto avere altre tre mani per poter carezzare tutta la pelle di Rose e togliermi i vestiti. E magari un paio di bocche in più per poterla assaporare meglio.

Ormai eravamo quasi del tutto nudi.

Lentamente, baciando e leccando ogni centimetro di pelle, scesi verso il centro del piacere. Il suo ventre si increspava di fremiti mentre soffiavo sull'ombelico. Alternavo foga a delicatezza, come a rallentare per riprendere fiato.

Quando giunsi con il naso davanti alle sue mutandine bianche di cotone, mi bloccai. Lei era pura, era dolce, potevo davvero sporcarla?

«Sei sicura?» chiesi invece.

Lei si sedette e prese la mia faccia tra le mani, per farla arrivare davanti al suo naso. Distinguevo a mala pena i suoi lineamenti nella penombra ma sentii la sua voce decisa «Sono assolutamente sicura» confermò «Adesso torna giù e continua a fare quello che stavi facendo» ordinò coricandosi e spingendomi verso il basso.

«Agli ordini padrona» risposi, poi infilai gli indici negli slip e spinsi verso i piedi, lasciando Rose completamente nuda. Sentivo che era perfetta, che il momento era perfetto. Tolsi anche io quello che restava dei miei indumenti e mi coricai su di lei, pelle contro pelle, la sensazione più bella del mondo.

Con le dita, tremando dall'agitazione, stuzzicai la sua entrata, stimolando il bottoncino che la faceva gemere di piacere e infilando dolcemente un dito dentro di lei. Era così stretta e così bagnata che quasi persi il controllo. Il desiderio di prenderla era quasi indomabile.

«Adesso, Scorpius. Adesso» sospirò Rose stringendomi forte, in preda al piacere che le stavo donando. Stringeva talmente forte che cominciai a non respirare.

Ansimavo in cerca di aria. Boccheggiavo e mi faceva male il cuore. Era l'eccitazione, sicuro.

Mi stesi sopra di lei, facendo strusciare il mio amichetto sulla sua entrata. Lei ansimò ma a me venne un dolore fortissimo al petto, tanto che mi staccai e mi misi in ginocchio, stringendomi le braccia sullo sterno.

«Che succede?» chiese Rose preoccupata.

«Niente, niente» mi affrettai a rispondere, prima di gettarmi di nuovo sopra di lei e ricominciando a baciarla. Subito l'atmosfera tornò quella di prima, ma quando mi posizionai di nuovo sopra, cominciai a non avere più fiato e a farmi male il cuore. Cosa diavolo stava succedendo.

Nel momento che cercai ancora di entrare in lei una fitta fortissima mi bloccò e, all'improvviso mi venne in mente il voto infrangibile. Non potevo stare con Rose. Non potevo stare con nessuna o sarei morto.

Mi alzai di scatto e scesi dal letto, presi il mio mantello e la bacchetta e uscii di corsa dalla camera. Fortuna che le due iene stavano già dormendo, non sarei riuscito a spiegare quello che stava capitando. Non ero riuscito a dire niente neanche a Rose. Mi mancava il fiato per farlo.

 

Scesi alcune rampe di scale e mi trovai al quinto piano, davanti al bagno dei prefetti. Non sapevo neanche come fossi arrivato sino a qui, ma l'idea di una rilassante nuotata tra le bolle di schiuma mi affascinava non poco. Avevo bisogno di rilassarmi e pensare.

Non ero mai stato un prefetto e la chiave non ce l'avevo. Non avevo mai chiesto a Rose la sua copia e quindi dovevo affidarmi alla password da digitare sulla tastiera. Sbuffai, quella era una trovata della nostra professoressa di babbanologia, che voleva farci avvicinare al mondo tecnologico degli umani. Non bastava più un ‘alohomora’ e la bacchetta era inservibile, bisognava sapere la parola d’ordine. Era una follia. Milioni di combinazioni possibili, non sarebbe bastata una vita per trovarla. Mi voltai in giro per trovare degli indizi che potessero suggerirmi il codice. Per terra vicino alla finestra, dall'altra parte del corridoio c'era un foglietto. Forse conteneva la parola che mi serviva. “Eleanor, Hermione troviamoci al lago sotto il salice alle tre domani” no, decisamente non era la parola giusta. Cosa potevo provare?

Guardai meglio la pulsantiera e sorrisi. Su alcune lettere e numeri c'era della cioccolata. B, C, 1, 2, 3, E, A. Provai qualche combinazione e alla fine mi venne quella giusta: becca123 d'un semplice quasi imbarazzante… una volta sapute le lettere. Aprii la porta ed entrai. La stanza era deserta e piena di vapore.

Mi avvicinai all'enorme vasca circolare e aprii il rubinetto per versare il bagnoschiuma.

«Speriamo non sia un profumo tipo violette o vaniglia. Sarebbe stomachevole» borbottai.

Feci cadere il mantello a terra e scivolai dentro la vasca piena di acqua calda. Le bolle si gonfiavano sulla superficie increspata e espandevano nell'aria un profumo di muschio e sandalo. Beh, almeno era maschile.

Mi immersi completamente e ripensai alla serata appena trascorsa.

Avevo avuto Rose accanto a me, completamente persa per me e io non avevo potuto fare niente.

Ricordai la promessa che avevo fatto: Non attenterai alla virtù né sedurrai le tue compagne. Volevo dimostrare di essere adulto e maturo e invece ero stato un imbecille. Non potevo toccare Rose e non potevo... oddio! Che situazione di cacca.

«Oh, Scorpius Malfoy! Da quanto tempo desideravo vederti!» disse una voce proveniente da qualche parte della stanza. Era una ragazza, ne ero sicuro. E aveva la voce leggermente stridula. Chi  era? E come faceva a sapere chi ero davvero?

«Chi sei?» urlai. Non mi piaceva essere preso alla sprovvista e ormai era diventata la mia vita.

La voce della ragazza gorgogliò prima di iniziare a ridere senza remore.

«Si può sapere chi sei?» chiesi ancora stizzito. Le risate continuarono ancora per un po' prima che una testa spuntasse tra le bolle.

Sbuffai. «Sei un fantasma!» ma con tutti quelli che potevano entrare lì? Beh, almeno loro sapevano chi ero e non c'erano problemi di segretezza.

«Sono Mirtilla Malcontenta» berciò avvicinandosi.

Oh, Merlino! «Non sono mai venuto nel tuo bagno» puntualizzai. Se io non ero andato a romperle le pluffe, perché lei era venuta a rompere le mie?

«Ma io sono venuta nel tuo! Era tanto che volevo parlarti» rispose Mirtilla spalmandosi accanto a me. Che brivido di freddo, era come essere immerso nell'acqua calda e andare in contatto con un budino freddo e viscido.

«Che fai? Spostati!» dissi infastidito allontanandomi.

Mirtilla mi seguì ridendo. «Sei timido, Malfoy. Eppure non eri molto timido quando eri nel tuo bagno e ti toccavi» rispose sfiorando il mio amichetto del sud che era ancora in direzione orgasmolandia dal ricordo di Rose di qualche minuto prima. Fortuna che a quel contatto, si ritrasse automaticamente come una tartaruga nel carapace. Per un attimo mi guardai in mezzo le gambe, caspita, quasi non si vedeva, avevo paura che fosse sparito.

«Stai lontana» ordinai accumulando schiuma davanti a me e spostandomi dalla parte opposta della vasca.

Era evidente che un divieto era come un invito per un fantasma, visto che Mirtilla mi seguì e si spiattellò di nuovo al mio fianco. «Su Scorpius, fammi vedere come sei combinato? Sei il ragazzo più strano che abbia mai visto» dichiarò per poi ridere più forte di prima, immergendosi poi e sfiorandomi il corpo sotto la superficie dell'acqua.

«Hai le tette!» esclamò, poi abbassò ancora la testa e la tirò su come se fosse una bustina da the. «Hai anche il coso!».

«Ma non avevi detto che mi avevi già visto in bagno?» era impossibile non aver visto tutta la mia stranezza.

«Quando eri a Serpeverde... giro parecchio tra i bagni ma non ho il permesso di farmi vedere nelle case». Mi coprii con le mani. Mi sentivo violato, nell'intimità del bagno... e che palle! Ma basta!

«Ho le tette e il coso, la cellulite e i muscoletti» elencai. Non aveva senso nascondersi dopo che mi aveva scrutato a lungo, come non aveva senso questa conversazione con un fantasma.

«Sei buffo!» continuò a ridere.

Okay, adesso ne avevo abbastanza. Preso in giro da tutti... anche dai fantasmi? Ma non c'era più religione!

Mi alzai e mi asciugai velocemente, poi ripresi il mantello e mi avviai all'uscita, seguito dalle risate e dai singhiozzi di Mirtilla.

 

Tornai velocemente alla torre dei Grifondoro. Non sapevo cosa trovarmi davanti in camera, ma avrei dovuto spiegarmi con Rose e confessarle il voto che avevo pronunciato con la preside.

Era notte fonda. Non c'era un anima che girava per il castello. Riuscii a tornare al settimo piano in pochissimo tempo e scivolai nella sala comune in pochi istanti. Nella penombra delle fiamme quasi spente attraversai la sala e salii nella camera.

Al momento di aprire la porta ebbi un'esitazione. E se Rose non mi volesse più parlare? E se non volesse più stare con me? Dovevo dirle tutto. Avrebbe compreso il mio comportamento.

Presi coraggio e aprii la porta infilandomi all'interno nel modo più silenzioso possibile. Avanzai nel buio del dormitorio, dove solo un piccolo spicchio di luna rischiarava un poco.

Arrivai al mio letto e scostai le tende.

Non mi aspettavo che lei fosse ancora lì, invece c'era e non stava dormendo. Mi guardava e avrei scommesso tutto quello che avevo, era davvero arrabbiata.

«Vieni e chiudi le tende» sussurrò secca. Feci subito come mi aveva detto e mi sedetti sul letto di fronte a lei, coperto dal mio mantello. Lei sollevò la manica del pigiama e prese la bacchetta con cui sigillare e silenziare l'alcova.

«Perdonami per essere andato v...». Non terminai la frase che mi arrivò un gran ceffone sulla guancia. «Ahi».

«Non starò a dirti cosa penso di te in questo momento. Voglio solo sapere il perché e non ti permettere delle scuse. Voglio la verità o scendo da questo letto e tu non mi vedrai mai più» sibilò.

Era arrabbiata. No, era furiosa, ed era magnifica.

«Per rimanere in questo dormitorio, la preside mi ha chiesto di pronunciare un voto infrangibile e io l'ho fatto. Ho promesso di non sedurre nessuna ragazza a scuola» risposi.

Il silenzio ci avvolse e rimanemmo per alcuni minuti ad ascoltare i nostri respiri. Poi lei mi abbracciò stretto. «Perdonami... tu hai rischiato di morire e io... mi sono sentita rifiutata... che stupida, scusami, scusami».

«Rose, sono disposto a morire per dimostrarti quanto ti desidero. Uscire da questa stanza è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto e ora non ne sarei più capace» confessai. In tutta risposta ricevetti uno dei baci più sensuali che la mia memoria ricordasse. Le sue mani malandrine, si infilarono nel mantello appoggiando i palmi sul cuore ad ascoltare il mio battito.

«Dimmi esattamente quello che hai promesso. Parola per parola» chiese e io obbedii.

«Scorpius Malfoy, giuri con questo voto infrangibile che non attenterai alla virtù né sedurrai le tue compagne di corso all'interno del dormitorio della casa di Godric Grifondoro, pena la morte. Questa è la formula che disse la McGranitt, io mi limitai a dire 'lo giuro'. Quindi vedi che non possiamo stare insieme fino in fondo. Tu sei una mia compagna di corso e io non posso fare l'amore con te».

Non la vedevo distintamente, ma sentii che stava sorridendo. «Scorpius, sei uno stupido. Hai giurato di non sedurre una ragazza nel dormitorio di Grifondoro, ma niente ti impedisce di sedurre qualcuna in qualsiasi altro posto del castello».

Era così semplice? «Davvero?» esalai stupito.

«Davvero. Vestiti e vieni con me» disse decisa. Si alzò e prese mantello e bacchetta, mentre aspettava che mi infilassi il pigiama, cosa che feci a tempo di record.

Uscimmo velocemente dalla torre dei grifoni e ci avviammo verso un corridoio ben preciso del settimo piano.

«Dove stiamo andando?» chiesi seguendo Rose che avanzava quasi correndo alla luce della bacchetta.

«Nella stanza delle necessità. Era stata distrutta ai tempi della seconda guerra magica, ma è stata ricostruita e il castello stesso ha ripristinato la sua magia originaria» mi spiegò prima di fermarsi davanti a un muro.

Andò avanti e indietro tre volte passando davanti al muro spoglio. Poi si fermò e guardò attonita la parete. «Dovrebbe essere comparsa una porta a questo punto».

«Una porta per cosa?» chiesi e lei arrossì.

«Ho chiesto una stanza con tappeti, cuscini... un letto».

«Allora perché non funziona? Devo camminarci davanti anche io? Ci faccio tre o quattro giri? Batto la bacchetta sui mattoni?» chiesi esagitato. Vuoi mettere? La mia ragazza cercava un posto dove poter fare l'amore! Minimo dovevo darmi da fare per aiutarla! In tutti i sensi possibili!

«Non so perché non funziona... l'unica cosa che mi viene in mente è che sia già occupata».

Questo mi rese perplesso. Chi poteva utilizzare la stanza delle necessità?

«Magari dovremmo chiedere a Albus la mappa del malandrino, per vedere chi ci sia dentro» proposi ma Rose dovette trattenere un urlo.

«Non compare nella mappa. La stanza è l'unico luogo di Hogwarts che non compare nella mappa!». Sembrava eccitata da questa scoperta. La guardai interrogativo e il suo sorriso si allargò ancora di più.

«Non capisci? C'è Daisy lì dentro! È sparita dalla mappa perché è entrata lì dentro» fece indicando il muro.

«Come possiamo entrare a salvarla, allora?».

«Per aprire la porta bisogna passare davanti al muro per tre volte pensando intensamente a quello di cui si ha bisogno» mi spiegò.

«Allora dobbiamo pensare che vogliamo trovare il posto dove è tenuta Daisy» proposi.

«Proviamo».

Camminammo avanti e indietro e, alla fine del terzo passaggio, la porta della famosa stanza comparve. Ci precipitammo all'interno. Non ero mai entrato nella stanza delle necessità, ma da come guardava stupita Rose, neanche lei si aspettava quello che invece trovammo.

All'interno della sala erano impilate diverse gabbie con sbarre spesse, allineate su due colonne. Corremmo nel corridoio centrale, guardando attentamente all'interno di ogni pertugio fino ad arrivare alla penultima cella, dove, rannicchiata a terra, smunta e lacera, c'era la nostra compagna di dormitorio. Daisy.

«Alohomora!» urlai e subito il lucchetto si aprì. Più veloce possibile, gettai il lucchetto da parte e mi lanciai verso la ragazza. Sentii subito che aveva un respiro flebile. Era debolissima ma era viva. Sembrava disidratata, ma non aveva ferite visibili.

Rose si inginocchiò accanto a me. «Lascia a me e vai a chiamare Madama Warner. Ha bisogno di cure».

Fossi stato matto, magari avrei potuto anche lasciarla lì da sola con una ferita e alla mercé di una pazza scatenata, ma visto che ero con tutte le mie funzioni intellettive intatte, presi la bacchetta e provai quello che per mesi non mi era mai riuscito.

«Expecto Patronus» urlai e dalla punta della bacchetta uscì prima un filo di fumo argenteo che diventò sempre più grande sino a formarsi in un leone magnifico, con tanto di folta criniera.

«Scorpius Malfoy. Abbiamo trovato Daisy Smith al settimo piano lato est. Necessita cure urgenti». Il leone ruggì e cominciò a correre fuori dalla porta ancora aperta.

Osservai il mio leone con evidente soddisfazione. Era un animale stupendo ed ero davvero fiero di me. Quando mi volta per tornare da Rose, lei mi guardava con orgoglio e ammirazione e ne fui enormemente lusingato.

«Possiamo farla levitare sino al corridoio, nel frattempo che arrivano i soccorsi» propose Rose.

In pochi istanti, con il corpo di Daisy sospeso davanti a noi, arrivammo nel corridoio e lì fummo raggiunti dal professor Chan e dalla professoressa Balloi che ci aiutarono a trasportarla sino all'infermeria al primo piano.

Qui entrammo tutti, mentre l'infermiera accorreva ad occuparsi di Daisy.

«Andate pure a dormire, ragazze. Domani parleremo di quello che è successo» disse la professoressa Balloi.

«Vorremmo solo sapere se sta bene. Possiamo aspettare un attimo. Ci metteremo là, vicino ai libri». Disse Rose implorante. La professoressa sospirò ma fece un piccolo cenno di assenso. Non era la fine del mondo, considerando che era già notte fonda, qualche minuto in più fuori dal letto non avrebbe cambiato niente.

Ci sedemmo accanto a una vetrina piena di volumi medici e guardammo l'infermiera che si affaccendava attorno al corpo della nostra compagna.

Dopo un tempo che mi sembrò lunghissimo, mi voltai verso la vetrinetta, per distrarmi, ma un libro attirò subito la mia attenzione. Era il libro della magia originaria dalla Grecia, quello che cercavamo da mesi e non riuscivamo a trovare.

Subito lo presi sotto lo sguardo attonito di Rose e lo sfogliai frenetico. Pagina 138... pagina 138... pagina... eccola. Trovai la pagina e subito sotto il titolo vidi la riproduzione dell'amuleto.

Questa volta lo guardai con molta più attenzione e all'improvviso mi ricordai.

Era la spilla! La spilla appuntata sotto un colletto di una donna, la cui faccia mi sorrideva benevola da sette anni in una foto, su un comodino, del mio dormitorio a Serpeverde.

 

---ooOoo---

angolino mio:

ed eccoci qui. Fine di un capitolo davvero pieno.

Spero che non sia stata brutta la parte dove i due tentavano di copulare. Le descrizioni rosse non sono proprio il mio forte.

Il pezzo di Mirtilla mi serviva per allentare un attimo la tensione per poi riprendere con la scoperta di Daisy. Spero che sia andato bene, non mi piace molto ma era necessario.

Abbiamo trovato Daisy e anche il libro. Ma chi sarà il ragazzo che ha la foto sul comodino? Si accettano scommesse.

 

Una ultima cosa. Ho finito gli ultimi due capitoli (appena mi lasciate le otto recensioni vi posto il capitolo 24) pertanto non ho più occasione di inserire i nick dei lettori che volessero recensire questa storia. In caso si facesse vivo qualcuno di nuovo, ringrazierò a fondo pagina. Per gli altri, spero che il modo in cui ho utilizzato i nostri nick vi sia piaciuto e vi abbia divertito.

Tranquilla… l’ultimo che ancora mi manca, farà il botto nel prossimo cap.

 

Al prossimo capitolo,

baciotti

 

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Capitolo 24
*** Il tradimento ***


 

Eccoci al capitolo 24! e qui si tirano i fili, si fanno le somme e ci si lancia verso il finale.

Dopo i doverosi ringraziamenti per chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite o ricordate, chi ha recensito o solo letto, Elenri che ha fornito i banner, invito tutti alla LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Era la spilla di sua madre. La stessa donna che mi aveva fatto i biscotti quando andavo a trovare il figlio. Lo stesso figlio che era mio amico e che mi aveva tradito.

Iniziai a tremare. «No, no, no». Mi fidavo di lui come di me stesso. «Come ha potuto? Come?». Guardai Rose «Come ha potuto tradirmi così?».

«Dobbiamo dirlo subito a tuo zio Harry! Dobbiamo fermarla» quasi urlai e Rose corse dall'infermiera Warner. «Dobbiamo usare il suo camino per comunicare con Harry Potter, possiamo?». A un cenno affermativo della donna, sfoderò la bacchetta ed evocò il suo Patronus.

«Sono Rose. Zio Harry, dobbiamo parlarti. Abbiamo scoperto chi è la strega assassina. Siamo nell'ufficio della Signora Warner in infermeria».

Ero talmente sotto shock che non mi accorsi neanche del fatto che eravamo arrivati al camino, né che la faccia di Harry Potter era comparsa tra i tizzoni ardenti. Sentii la mano di Rose sulla spalla e al suo discreto incitamento, iniziai a raccontare quello che sapevo. Chi era la strega, dove viveva. Raccontai della spilla che, in realtà era il talismano delle antiche magie greche.

«Vado subito in ufficio a organizzare l'arresto. Meglio farlo immediatamente prima che decida di sparire. Voi avete trovato Daisy, il figlio potrebbe chiamare sua madre per avvisarla... non fate niente di avventato! Rose, mi raccomando, non cercate il pericolo. Ci penseremo noi al figlio».

Come era comparso, Harry Potter svanì tra i tizzoni e noi rimanemmo soli.

Lentamente mi alzai. Ero sconvolto. Non credevo che mi sarei trovato in una situazione simile, né che un ragazzo con cui avevo condiviso tutto il possibile, potesse tradirmi in questa maniera. Era devastante. «Non posso crederci» mormorai per l'ennesima volta.

«Vieni con me». Rose mi prese per mano e con calma mi portò fuori dall'infermeria. Daisy stava meglio e presto si sarebbe ripresa. Secondo la Warner non c'erano ferite o altri problemi se non una forte disidratazione.

Intimamente grati per queste notizie, tornammo al settimo piano.

 

Credevo che Rose volesse andare nella torre di Grifondoro, ma si fermò davanti al muro delle necessità e prese a camminare avanti e indietro.

«Che stai facendo?» chiesi.

«Hai bisogno di riprenderti e non di stare nel dormitorio. Devi sfogarti o scoppierai» ed aprì la porta che era appena comparsa sulla parete.

Entrammo in una sala molto grande, con un enorme camino sul fondo, cuscini, e tappeti. Più vicini a noi, manichini per quintane, bersagli e mazze erano disposti in ordine sparso, appesi al soffitto o disposti su rastrelliere.

«Che cosa sono questi?» chiesi perplesso.

«Sono tutte cose che puoi colpire, che puoi rompere. Puoi sfogarti come ti pare qui dentro, oppure puoi parlare con me. Io sarò seduta là in fondo, davanti al camino» rispose allontanandosi e lasciandomi solo a scegliere.

La mia rabbia era assoluta e, guardandomi intorno, mi venne davvero voglia di spaccare tutto, come avrei voluto spaccare lui. Presi una mazza leggermente più lunga di quella di un battitore e colpii violentemente un manichino lì accanto. Il colpo si riverberò nel braccio causando una fastidiosa vibrazione, ma mi sentii bene. Soddisfatto. Colpii ancora e di nuovo mi sentii bene. Colpii ancora e ancora e la voglia di colpirlo cresceva. Colpii e colpii e lo colpii. Nella mia mente era lui.

Lo colpii per tutte le risate che mi erano state rivolte, lo colpii per gli scherni e gli scherzi, lo colpii per la mia umiliazione e, soprattutto, lo colpii per aver desiderato la mia morte.

Quando lasciai cadere la mazza che si era rotta, avevo il fiatone. Non so quanto rimasi lì a colpire e poi a guardare il manichino completamente distrutto.

Quando alzai lo sguardo verso il fondo della sala, Rose era seduta, con le ginocchia al petto e mi fissava.

Avanzai verso di lei e mi lasciai cadere sul tappeto, al suo fianco.

«Ti amo» dissi solo, prima di prenderla tra le braccia e baciarla come se fosse l'ultima cosa al mondo che mi fosse concesso di fare. La sentii sorridere sotto le mie labbra e approfondii il bacio spostandomi poi a mordicchiarle la mandibola, la guancia e poi la pelle sotto l'orecchio.

Al suo sospiro estatico, proseguii scendendo al collo e le sfilai la maglia e, subito dopo, i pantaloni e gli slip.

Coricata davanti alle fiamme del camino che disegnavano caldi arabeschi sulla sua pelle lattea... era stupenda. «Sei bellissima» ripetei a voce alta quello che la mia mente stava ripetendo all'infinito.

Lei mi sorrise e allungò le braccia verso di me, che mi ero sollevato per ammirarla meglio.

Ci baciammo ancora, poi iniziai a scendere, carezzando la sua pelle con le dita e con le labbra.

I suoi ansimi riempivano la stanza e mi eccitavano ancora di più.

Arrivai ai seni e lentamente li avvolsi nelle mie mani. Perfette colline adatte alle mie dita. Baciai lembi di pelle sino ad arrivare alla sommità, più scura e impudicamente eretta a offrirsi a me.

Succhiai il capezzolo, forte e la sentii gemere e inarcarsi. Le sue mani stringevano la mia casacca, come se non sapessero dove appigliarsi, come se stessero affogando e dovessero trovare un sostegno.

Succhiai, sfregai, mordicchiai, leccai. Tutto il repertorio, tutto quello che mi veniva istintivo fare il per suo e il mio piacere.

Non si tratteneva più, i suoi gemiti erano sempre più forti.

Scivolai ancora più in basso, a baciarle il ventre, a leccare la pelle intorno all'ombelico, e poi ancora più in basso, sul monte di Venere, a scoprirne il tesoro.

Le allargai dolcemente le gambe e mi posizionai di fronte alla sua entrata. Aspirai il suo odore. Eccitata. E leccai scatenando il suo grido.

Mi avventai su di lei come se fosse il mio pasto. Aiutandomi con le dita, leccai, mordicchiai e bevvi la sua eccitazione. Stuzzicai sino al parossismo il clitoride. Entrai lentamente in lei con un dito e la stimolai. Era strettissima. Sfregai diverse volte, poi infilai un altro dito, schiacciando il fascio di nervi con il pollice. In quel momento sentii le pareti vaginali stringermi a ondate le dita, mentre Rose si irrigidiva e rilasciava un urlo liberatorio.

 

Sfilai piano le dita da lei e mi coricai al suo fianco, prendendola tra le braccia e appellando una coperta lì vicino. Era rilassata, completamente sfatta e mi guardava con gli occhi socchiusi e le labbra aperte a un dolce sorriso.

«Ti amo» sussurrò prima di appoggiarsi e chiudere gli occhi. Poi aggrottò la fronte. «E tu… non?» indicando vagamente in basso.

Sorrisi. «Non preoccuparti. Sarà un'altra volta, adesso dormi. Sei esausta».

Il mio amichetto del sud non era per niente d'accordo e la stretta al inguine me lo fece capire chiaramente. Ma non mi importava. Non l'avrei costretta a fare qualcosa, visto quanto era stanca. Ci sarebbe stato tutto il tempo un'altra volta.

Durante il resto della notte mi svegliai di soprassalto. Un dolore fortissimo al petto mi aveva strappato al sonno ristoratore.

Le fiamme guizzavano ancora nel camino e Rose era sempre allacciata al mio fianco, nuda e bellissima.

Le diedi un bacio sulla tempia e sistemai meglio la coperta perché non prendesse freddo, quando lo sguardo finì sulla mia mano. Non era la mano flaccida e tozza di Shaula. Quella era la mano di Scorpius.

Mi spostai cercando di non svegliare Rose e cercai uno specchio. Agitato mi tastai il viso. Sentivo il mio naso, le mie guance. Tirai i capelli davanti agli occhi. Erano corti e mossi e... biondi.

Il pigiama pendeva floscio, troppo grande per il mio fisico. Sollevai la casacca e feci scorrere la mano sulla pancia. Non c'erano più i rotoloni di ciccia. Quello era il petto segnato dalle fasce muscolari che mi erano venute a forza di esercizi nella palestra babbana.

Non potevo crederci. La maledizione era stata spezzata.

Raccolsi il mantello e la bacchetta e corsi fuori dalla stanza. Dovevo trovare uno specchio e convincermi che quello che sentivo era reale. Mi feci un pizzicotto e sentii il dolore. No, non stavo dormendo.

Mi guardai attorno e corsi al piano di sotto, nel bagno dismesso, dove c'erano ancora specchi scheggiati che sarebbero bastati a farmi vedere se davvero ero tornato me stesso.

L'alba era passata da un pezzo e gli studenti stavano andando in sala grande per la colazione.

Arrivai al bagno senza fiato e entrai di getto poi mi bloccai.

Un grande specchio a parete era affisso sul muro di fronte alla porta. L'immagine che rimandava era quella di un ragazzo biondo, alto e decisamente attraente, con addosso un mantello sbilenco da cui spuntavano i calzoni flosci di un pigiama azzurro polvere.

«Sono io... sono tornato» mormorai toccandomi la guancia.

Ero io ed ero salvo. Non sarei più morto ad agosto. Sarei vissuto per tantissimi anni. Avevo un'intera vita davanti.

«Rose!» gridai. L'avevo lasciata sola nella stanza delle necessità. Dovevo correre da lei prima che non mi trovasse al suo fianco. Sarebbe stata felice di vedermi tornato al mio aspetto originario e, adesso, saremmo potuti stare insieme senza alcun problema.

Ero davvero felice, tutto si era sistemato per il meglio e io avevo trovato una ragazza incredibile e mi ero innamorato.

Trasfigurai i miei abiti, facendomi calzare i vestiti e la divisa di Hogwarts e corsi come un forsennato al settimo piano.

La porta sulla parete era scomparsa, ma probabilmente la stanza celava la privacy delle persone al suo interno.

Camminai avanti e indietro pensando intensamente a Rose che mi aspettava dentro. L'avrei svegliata con un bacio, come le favole babbane che tanto piacevano a mia madre.

«Rose» chiamai appena entrato.

Ero tornato nella stanza degli allenamenti, dove mi ero sfogato con rabbia. Il manichino rotto a terra mi fece ricordare cosa era successo nella notte precedente e a chi andava il mio odio. Ma di lei nessuna traccia. Il camino era spento e la coperta piegata su un lato del tappeto dove ci eravamo amati.

Cazzo!

Mai, mai, mai far svegliare una ragazza sola nel letto dove c'eri stato insieme. Era il miglior metodo per allontanarla e io avevo fatto quello a Rose.

Scossi la testa risoluto. Non mi sarei scoraggiato. Non appena mi avesse visto, avrebbe capito cosa era successo e mi avrebbe perdonato. In caso contrario avrei camminato a carponi sui carboni ardenti per gli anni avvenire pur di tornare con lei.

Non potendo andare nel dormitorio dei Grifondoro, adesso che ero ritornato me stesso, scesi direttamente nella sala grande per la colazione. Magari una dichiarazione plateale in ginocchio avrebbe ammorbidito la mia ragazza.

Non misi in conto dello shock che avrei causato entrando con il mio aspetto, né che, dopo un rapido sguardo al tavolo dei grifoni, constatato che non era presente la rossa che volevo, la mia attenzione si era rivolta tutta verso il tavolo dei Serpeverde, verso i miei compagni di dormitorio, verso i miei amici.

 

Il silenzio calò sulla sala mentre io cominciai a camminare verso il mio vecchio tavolo. Delphina, Blaike, Lucinda, Theodore e Claire che erano rivolti con la schiena al muro, mi videro arrivare e subito scattarono in piedi.

«Scorpius! Sei tornato!» gridò il mio migliore amico mentre scavalcava la panca e aggirava il tavolo per venirmi incontro.

«Ben tornato, Scorp» fece eco Lucinda. Non sembrava più lo squalo assetato di sangue di qualche tempo prima. Ghignai al solo pensiero di quando avrebbe saputo tutto e collegato le sue pessime figure.

Quel pensiero però fu subito accantonato per fissarsi su quella figura che ancora mi dava le spalle, ingobbita con la testa piegata a fissare il piatto.

Anche Tyson e Cassandra si erano alzati per salutarmi, felici di trovarsi insieme. Dovevo ancora digerire il modo di come si erano comportati ma ero quasi certo che li avrei perdonati.

«Come ci sei riuscito?» chiese Blaike dopo avermi abbracciato.

«Abbiamo scoperto chi era la strega e il suo complice» risposi atono, scatenando la meraviglia del moro.

In quel momento entrarono i gufi della posta del mattino e consegnarono anche diverse copie della gazzetta del profeta. In prima pagina, a lettere cubitali, si leggeva il titolo: CATTURATA EMYLI REVENCLAW ACCUSATA DELL’OMICIDIO MEDIANTE MALEDIZIONE DI QUATTRO MAGHI E DEL TENTATO OMICIDIO DI ALTRI TRE.

La preside McGranitt ci aveva raggiunti e ascoltava con attenzione, pronta a intervenire.

Non appena il brusio per la nuova notizia si fece sempre più forte, Blaike si voltò verso l’unico che ancora non si era alzato.

«Perché?» urlai con quanto fiato avevo in corpo «Perché, Nigel? Eravamo amici! Cosa ti ho fatto per volermi morto? Perché?». Era vero. Il tradimento da parte di chi amavi, ti strappava una parte di cuore, per sempre. E io ne sentivo tutta la parte sanguinante e dolorosa.

Nigel sollevò la testa ma non fece in tempo a voltarsi verso di noi che Blaike l’aveva afferrato per la collottola e lo aveva trascinato in piedi oltre la panca.

«Sei un pezzo di merda!» urlò prima di tirargli un pugno sul naso con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo.

Nigel cadde a terra come un sacco e non tentò neanche di alzarsi. Lacrime cocenti scorrevano sulle sue guance e anche su quelle mie e di Blaike. Eravamo sempre stati amici noi tre. Più legati di altri. Io e Blaike ci conoscevamo da piccolissimi, ma avevamo accettato Nigel come un fratello non appena conosciuto a scuola. Da allora eravamo stati inseparabili.

«Voglio sapere il perché!» urlai ancora più forte.

Nessuno fiatava. Tutti volevano sentire la risposta, sapere la storia, capire perché ero tornato e avessi cominciato a litigare.

«E’ stata mia madre» rispose flebile.

«Non dare la colpa a tua madre! Tu potevi aiutarmi con il contro incantesimo e invece hai fatto sparire il libro, i miei appunti, hai rubato quegli occhiali che ti spuntano dalla tasca e hai colpito Blaike! Sai che ho sentito te e tua madre parlare. Tu dovevi sorvegliarci e stare attento che io non avessi speranza di farcela! Hai quasi ucciso Daisy!» rimasi in sospeso un attimo. Il simbolo era di suo padre, ma lui non l’aveva più usato dopo che era tornato dalla famiglia, perché faceva parte della sua vecchia vita. Lui aveva lasciato l’amante… l’aveva tradita… e Daisy aveva riconosciuto il vecchio simbolo che lei stessa usava e sapeva chi lo stava ancora utilizzando…

«Hai quasi ucciso tua sorella!» gridai sconvolto.

Nigel alzò la testa di scatto e fece una smorfia «Sorellastra! Se non fosse stato per lei, mio padre sarebbe rimasto con noi, invece di tornare da quelle! Ha sempre cercato di farci andare d’accordo ma lei è così… insignificante!» sputò come un insulto.

Era questo il tradimento per il quale la madre di Nigel aveva ucciso. Si era sentita tradita dall’amante che era tornato dalla moglie e dalla figlia ufficiali.

«Come mai ti chiami, Speers?» chiese Cassandra riferendosi al nome della madre. Mi venne quasi da ridere, tra tutte le cose che poteva chiedere, sapere del suo cognome era quella meno interessante.

«E’ il cognome del mio patrigno. Lui è morto anni fa e la mamma… è uscita di testa» mormorò. In un certo senso mi faceva pena. Era stata dura per lui. Poi però pensavo a tutte quelle persone morte e non trovavo scusanti. Era complice, non le aveva uccise lui, ma avrebbe potuto fermarla e farla aiutare, invece non aveva fatto nulla.

«Perché io?» chiesi. Volevo saperlo.

«La mamma vedeva come te la spassavi senza avere rispetto e la giornata della festa delle stelle aveva bevuto… mi spiace, Scorpius. Che tu ci creda o meno, mi dispiace».

«Signor Speers, venga con me. Dobbiamo aspettare gli auror che la prenderanno in custodia nel mio ufficio» disse la McGranitt, facendo rialzare Nigel da terra. Nel punto dove Blaike l’aveva colpito, si stava formando un vistoso livido violaceo.

Il professor Chan e il professor Paciock si affiancarono alla preside per accompagnare il ragazzo al settimo piano.

Seguii il gruppetto con lo sguardo. Ero svuotato. Avevo perso un amico e forse anche la fiducia nel genere, eppure sentivo ancora del calore attorno a me.

 

Stavo per sedermi, esausto per le tante emozioni di quei due giorni, quando sentimmo delle urla provenienti dall’atrio del castello. Alcuni di noi furono più veloci di altri ad arrivare e quando giungemmo oltre il portone della sala grande, vedemmo una scena agghiacciante, almeno per me.

Sulle scale erano accucciate, abbracciate insieme e con la bacchetta sguainata, Rose e Daisy. Erano pallide e accanto a loro c’era il buco di un incantesimo deviato.

Più su la signora Warner guardava in cagnesco il ragazzo svenuto sul pavimento, attorniato dai professori.  

«Cosa è successo?» fece una voce accanto a me.

«Il signor Speers ha attaccato la signorina Smith ed è stato schiantato» riassunse secca la preside. Poi diede ordine ai due professori di portare Nigel in infermeria ed evocò il suo patronus per convocare urgentemente Harry Potter a Hogwarts.

Io tentai di svicolare, per raggiungere Rose che cercava di consolare una Daisy in lacrime, ma non riuscii a fare che un paio di passi, prima di essere risucchiato dagli altri studenti all’interno della sala grande, dove la preside ci aveva ordinato di rientrare.

«Rose, Rose» gridai, ma lei non alzò la testa e, sostenendo una Daisy sconvolta, si diresse verso il primo piano, probabilmente per tornare in infermeria.

Dovevo parlarle. Spiegarmi e chiarire tutto quanto. Stavamo insieme, per Merlino!

 

Sedetti nella sala grande e venni attorniato dai miei compagni di Serpeverde.

«Scorpius, si può sapere cosa è successo?» chiese Claire, sedendosi accanto a me.

«Ti ricordi la festa delle stelle dell’anno scorso?», al suo annuire, proseguii e raccontai per sommi capi, tutta la storia. Evitai solo di rivelare di essere stata Shaula, altrimenti Theodore ci sarebbe rimasto troppo male. Qualcuno però capì ugualmente ed arrossì, mimando un ‘scusami’ molto accorato, che mi fece ghignare dalla soddisfazione.

«Quindi sei stato trasformato in un’altra persona? E come mai non ti abbiamo mai visto?» chiese Goyle.

«Mi facevano seguire corsi separati» risposi evasivo. Sembrò essere soddisfatto della mia risposta e mangiò l’ultimo muffin rimasto sulla tavola con enorme soddisfazione. «Povera Daisy. Il fratellastro che voleva ucciderla. E dire che è una cosina tanto dolce e carina».

Blaike lo guardò scettico e io gli diedi una spallata per farlo tacere. «Dovresti provare a frequentarla. È una gran brava ragazza… ti piacerebbe» dissi convinto e quando il suo sorriso si fece più largo, pregai che la Smith fosse abbastanza forte da subire i suoi assalti romantici.

«Magari puoi far arrivare altri fiori canterini» suggerì Zabini. «Il professor Paciock sarebbe contento».

Al tavolo degli insegnanti, la professoressa Balloi si alzò e tramite un sonorus, invitò tutti gli studenti a recarsi alle loro lezioni.

«Abbiamo due ore di incantesimi, ora. Spero che tu non sia rimasto indietro, visto che tra poco ci saranno i M.A.G.O.» disse Cassandra e io annuii.

«Me lo ricordo, non preoccuparti».

Delphina mi abbracciò stretto e io feci altrettanto. Era stata cattiva con Shaula, ma mi voleva bene e io avevo bisogno di questo calore dopo il gelo causato da Nigel. «Mi sei mancato, Scorp» disse.

«Anche tu, Delph» risposi. Le diedi un bacetto sopra la testa e alzai la mia.

In quel momento, ferma sulla porta della sala c’era Rose, attorniata dai suoi cugini che, probabilmente, la stavano aggiornando sugli ultimi avvenimenti ai quali non aveva assistito.

Feci per raggiungerla ma venni intercettato prima da Gazza, il vecchissimo custode. «La preside McGranitt vuole vederti, Malfoy».

 

Non ero felice di interrompere la mia ricerca della rossa, ma se la McGranitt voleva vedermi, probabilmente era una cosa importante che avrebbe terminato il casino nel quale mi ero ritrovato.

Quando bussai alla porta della torre, questa si aprì e mi fece salire sulla scala a chiocciola che mi portò direttamente all’interno dell’ufficio. Qui, in piedi accanto alla scrivania, aspettavano i miei genitori.

«Scorpius!» urlò mia madre, abbracciandomi stretto. Mio padre si limitò a darmi qualche pacca sulla spalla, con un sorriso sulla faccia da ringraziare le orecchie che lo contenevano.

«Abbiamo saputo questa mattina e siamo venuti qui subito» disse mia madre guardandomi attenta.

«E’ tutto a posto?» chiese mio padre.

«Tutto a posto» confermai. «La maledizione è stata annullata e io sono salvo».

«Naturalmente faremo dei controlli» si intromise la vecchia gattaccia «Ma credo di poter affermare che il signor Malfoy non rischi più la vita» terminò sorridendo.

Rimasi un po’ di tempo nello studio, raccontando ai miei genitori, quanto era successo, senza soffermarmi troppo sul ruolo di Rose. Prima di presentarla ufficialmente dovevo risolvere con lei. In quel frangente, seppi che Nigel era stato trasferito al San Mungo sotto scorta e poi sarebbe stato interrogato dagli auror e processato. Daisy era in compagnia dei suoi genitori che erano stati avvisati del ritrovamento ed erano appena arrivati. Ero sicuro che si sarebbe ripresa.

«Signor Malfoy. Manca meno di un mese agli esami per i M.A.G.O. ritengo che debba tornare al suo dormitorio in Serpeverde, sino al diploma. Non possiamo lasciarla in Grifondoro, onde mantenere il segreto, sempre che lei lo voglia» disse la preside.

«Non mi vergogno di quello che è successo, ma per non mettere in imbarazzo tutti quelli che mi hanno denigrato, preferirei che non si sapesse niente. Ritornerò a Serpeverde» dichiarai.

«Questo le fa molto onore, signor Malfoy. Se posso osare, nella disgrazia di questa maledizione, quello che è accaduto le è servito molto per crescere come persona. Sono fiera di lei». Mai nella mia vita mi sarei aspettato dei complimenti così plateali da parte della gattaccia.

Quando uscii dalla presidenza, dopo aver salutato i miei genitori, erano già passate quasi tre ore e tra poco le lezioni si sarebbero interrotte per il pranzo.

Decisi quindi di aspettare Rose direttamente in sala grande, ma quando lei non si fece vedere e neanche i suoi cugini mi seppero dire dove era andata a nascondersi, mi misi a cercarla per tutto il castello.

 

Feci una capatina nel dormitorio dei Serpeverde, per prendere un oggetto che mi avrebbe senz’altro aiutato nella mia operazione ‘farti perdonare da Rose Weasley’.

Per accelerare la ricerca, entrai nella torre dei Grifondoro per parlare con Albus e chiedergli la mappa. Gli sguardi stupiti e attoniti degli altri ragazzi riuniti nella sala comune furono impagabili.

«Malfoy, come hai fatto ad entrare?».

«So la parola d’ordine, Thomas» risposi tranquillo. «Sai se Albus è in camera?» chiesi.

«L’ho visto salire poco fa… non avrai mica intenzione di salire? Tu non dovresti neanche essere qui» protestò.

«Ho bisogno di parlargli».

Alle mie spalle sentii la voce di Lucy «Tranquillo, Scopius, vado io a chiamarlo e a prendere la mappa».

«Grazie, Lucy» risposi sorridendo. Almeno non tutti i Grifondoro erano ostili.

Pochi istanti dopo, Potter e Weasley mi avevano accerchiato.

«Prima di parlare con voi devo trovare Rose» iniziai.

«Non prenderla in giro adesso che sei tornato normale o ti faremo fuori noi. Prima di agosto» minacciò Albus ficcandomi in mano l’agognata mappa.

Dissi la formula e guardai frenetico tutti i piani e i giardini del castello. Niente. Questo voleva dire una cosa sola. Stanza delle necessità. Senza ringraziare, tesi la mappa al proprietario e corsi fuori dalla torre, diretto al muro senza porta nell’ala est del settimo piano.

 

‘Il posto dove si trova Rose’ pensai intensamente mentre passavo tre volte davanti ai mattoni della parete. Finalmente, al terzo passaggio, la porta si palesò e la aprii di getto. All’interno c’era Rose, seduta con le ginocchia al petto che fissava le fiamme del camino con aria pensierosa.

«Rose, ti ho trovata finalmente» esalai mentre mi sedevo accanto a lei.

Restai un attimo in silenzio poi la sentii dire: «Mi hai trovata».

«Hai visto? Abbiamo sconfitto la maledizione» le dissi con voce felice. Lei annuì solamente.

«Rose, parlami. Che succede?». L’atmosfera non era quella che avrei sperato dal momento che ero tornato normale.

«Tu sei tornato Scorpius, e adesso potrai tornare a fare lo stupido come facevi prima» rispose atona.

La presi per le spalle e la feci girare verso di me. I suoi occhi erano lucidi, sull’orlo delle lacrime e per niente al mondo avrei voluto che le versasse.

«E’ questo che pensi di me? Che potrei dimenticarmi di quello che provo per te? Che potrei lasciarti andare? Io non voglio lasciarti andare, Rose. Ti amo e la maledizione si è spezzata per questo motivo. Noi ci amiamo e nessuno deve e può dividerci».

Lei mi guardò con lo sguardo stupito e ancora più lucido. «Davvero vuoi me? Te ne sei andato questa mattina. Pensavo che ti fossi stancato di aspettare…» e arrossì.

«Rose, sono andato a guardarmi allo specchio perché ero tornato normale e avevo bisogno di vederlo. Sono tornato subito ma tu eri già andata via… poi Nigel e la McGranitt… è tutto il giorno che ti sto cercando per ripeterti quanto ti amo. Voglio te. Solo te» ripetei prima di baciarla.

Un bacio lungo appassionato e innamorato, per toglierle ogni dubbio.

«Anche io ti amo, Scopius» esalò quando ci staccammo.

«Per questo voglio regalarti l’anello dei Malfoy, così non avrai più dubbi su quanto ti amo e voglio stare con te».

Presi la scatoletta ed estrassi l’anello antico che le infilai all’anulare. Un anello di fidanzamento per gridare a tutti che Rose Weasley era la ragazza di Scorpius Malfoy.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

è finita. Tutti i pezzi sono tornati al loro posto, o quasi (se vi viene in mente qualche cosa di sospeso ditemelo).

I ragazzi devono ancora diplomarsi e poi salutare le sicure pareti di Hogwarts e affrontare il mondo degli adulti.

Come promesso ho inserito i nick di tutti quelli che hanno recensito fino al capitolo 22. Per le nuove voci mi dispiace ma non ho più occasione di fare altrettanto quindi ringrazio qui. HermioneJeanGranger97 (avrei tolto 97 e avrei fatto partecipare Hermione in una scena), MalfoyAmalia (una lontana cugina o una futura discendente), PollyWonka (sicuramente una professoressa, magari agli esami del mago).

Vi rimando al prossimo ultimo capitolo dove affronteremo i M.A.G.O., ma soprattutto i genitori Weasley e Malfoy. E tranquilli, io amo Ron e non ho alcuna intenzione di farlo svenire. (anche perché sarebbe assurdo per un auror).

 

A domani o venerdì per l'ultimo capitolo

Baciotti

 

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Capitolo 25
*** La condanna di Scorpius Malfoy ***


 

Ultimo capitolo e la storia si chiude, almeno questa parte.

Ringrazio tutti! Chi ha apprezzato la storia inserendola tra i preferiti, i seguiti o i ricordati. Ringrazio chi ha commentato, suggerito e mi ha spronato a continuare, nonostante due anni di fermo. Ringrazio Elenri per i banner che ha fornito (e che inserisco entrambi per salutarli come si deve) e ringrazio chi ha semplicemente letto. Spero che vi siate divertiti, come me a scrivere questa storiella.

Per l’ultima volta vi lascio al capitolo… BUONA LETTURA!

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---ooOoo---

 

L’ultimo mese fu decisamente impegnativo per noi. Con lo studio intensivo e il fatto che i dormitori erano alle estremità opposte del castello, io e Rose ci vedevamo solo a lezione o durante i pasti. Anche lo studio era separato, visto che avevamo solo tre materie in comune.

Mi mancava. Ero talmente assuefatto alla sua presenza, anche solo nella stanza, che averla così lontana era una agonia. Il mio umore perennemente nero si riversava anche sui miei compagni di stanza che lamentavano e rimpiangevano il vecchio Scorpius, più sociale e meno nostalgico e innamorato. Blaike rideva nel vedermi sospiroso e si vendicava di tutte quelle volte che l’avevo preso in giro io per i suoi rantolii dietro Lucinda. Eravamo proprio persi.

«Non so se sia un bene oppure no, ma sono felice che domani inizino questi benedetti esami. Almeno basta! O dentro o fuori ma almeno la finiamo con questo terrorismo psicologico che hanno attivato i professori. E scommetto che anche tu diverrai più sopportabile» sbottò Blaike gettando sulla scrivania il testo di legismagia.

Con tutti gli articoli che avevamo imparato a memoria e le pozioni e gli incantesimi e i diritti dei babbani, avrei potuto anche dire che una torta cucinata con asfodelo, sarebbe fluttuata grazie al forno belle pietanze dovuto all’articolo 8 della legge n° 330 a protezione dei folletti. La notte sognavo grossi libri che mi volevano mangiare!

«Non vedo l’ora» sospirai.

«Se non la smetti di soffiare aria, dovrò mettermi una sciarpa per il torcicollo» borbottò Theo, facendomi pensare dove diavolo fosse il suo collo. Bah, da qualche parte la testa era pur attaccata al resto del corpo.

«Okay, la smetto. Andiamo a fare un giro fino al lago? Ho voglia di respirare aria pulita» proposi.

«Tu e la tua aria pulita! Meglio che usciamo, altrimenti penserà di nuovo di aprire una finestra e ci allagherà al sala comune come l’altro ieri».

«Scusami se per mesi sono stato in stanze con delle finestre normali che si aprivano all’aria normale e non sotto la superficie limacciosa di un lago putrido e fetido» risposi piccato.

«Certo che il signorino sta cominciando a essere pretenzioso!» replicò Blaike.

«Non so se l’hai insultato, ma sono d’accordo nel dire che è una piaga» caricò Goyle.

«Concordo e sottoscrivo. È incontentabile. Forza usciamo prima che dia di matto e inizi ad avere le allucinazioni e a chiamarmi Rose come questa notte» terminò Tyson.

«Avevo paura che mi saltasse addosso» si lamentò Theo. Se solo avesse saputo quanto lui mi era saltato addosso, si sarebbe seppellito vivo dalla vergogna.

Tyson, che aveva capito tutto in quanto un po’ più sveglio del nostro compagno, e Blaike, che sapeva tutto, si guardarono e ghignarono complici, mentre io celiavo.

«Tranquillo, scimmietta, sono fedelissimo alla mia rossa».

 

Il sole era caldo e il prato brillava del suo verde. Sul lago placido delle anatre sguazzavano alla ricerca di pesciolini. Era in tutto e per tutto una giornata estiva, quasi un preludio di quanto ci sarebbe stato nei mesi successivi.

Anche i ragazzi di Grifondoro erano all’aria aperta a godersi la bella giornata. Spesso dimenticavo che non mi conoscevano e li salutavo con la stessa familiarità che avevo tenuto nei mesi precedenti, quando ero Shaula la reietta.

Se come Scorpius potevo contare sugli amici di Serpeverde e Blaike lo aveva dimostrato per tutto il periodo in cui mi aveva aiutato nonostante la mia trasformazione, in Grifondoro avevo trovato lo spirito affine della casa, dove ero stato accettato indipendentemente dall’aspetto o dal passato.

Mi sentivo sia Grifone e Serpe e non mi vergognavo per essere così diviso.

Lily mi vide da lontano e mi corse incontro, incurante del fatto che ero attorniato dai miei compagni.

«Scorpius! Devi aiutarmi! Roxanne non vuole far innescare gli ultimi fuochi che abbiamo ancora nel dormitorio. Dobbiamo festeggiare la vittoria della coppa di Quiddich, e il secondo posto della coppa delle Case. Io le ho detto che potremmo metterli nella borsa di qualche ragazza snob… tipo Anne o Meredith, ad esempio» buttò lì e controllò il mio volto che esprimeva tutta l’approvazione della quale aveva bisogno. Odiavo cordialmente quelle due serpi mancate. «Lei invece li vuole far scoppiare sul treno. Ma qui a Hogwarts abbiamo più possibilità di fuggire e farla franca, sul treno dove possiamo andare? Ci beccherebbero subito!».

«Secondo me andrebbe meglio qui, magari subito dopo un esame, così sono esauste e le butti ancora più giù».

«Forse ci aggiungo anche l’acqua, così si sbava il trucco e diventano dei mostri» propose.

«Sei una forza, piccola Potter!» rise Blaike guadagnandosi l’onore di battere il cinque contro la manina pallida di Lily.

«Grazie. Tengo alto l’onore dei Malandrini!» rispose con tono serio, per poi ridere e correre verso la cugina che l’aspettava sotto il salice in compagnia di Hugo. I tre moschettieri dei quali aver paura.

Ci sedemmo su alcune rocce in prossimità della riva e cominciammo a tirare sassolini nell’acqua.

«Hai sentito qualche cosa su Nigel?» ruppe il silenzio Rockwood.

«Io niente» rispose subito Theo.

«Io non voglio sapere niente. Meno so, meglio sto» rispose secco Zabini. Paradossalmente era quello che ci era rimasto peggio. Per lui l’amicizia era sacra e lo dimostrava il fatto che mi era stato vicino in tutte le mie forme. Trovare proprio Nigel che offendeva questa sacralità, per lui era stato devastante.

Per quanto mi riguardava, mi aveva fatto male ma avevo anche imparato da questa avventura e mi aveva portato l’amore. Trovavo che era meglio guardare il lato positivo delle cose e l’unico grosso dispiacere che mi rimaneva era il fatto che una volta ancora, il nome di Serpeverde fosse legato a una azione malvagia. Nigel, semplicemente, per me non esisteva più.

«Sono stato convocato per il mese di luglio a testimoniare al processo» risposi facendo spallucce.

«Dici che finirà a Azkaban?» chiese ancora Tyson.

«Fosse per me getterei anche la chiave dopo aver chiuso la porta» borbottò Blaike.

«Non so. Se dimostrano che è stata solo la madre, potrebbe cavarsela con poco… non ne ho idea» risposi. Non era una posa. Davvero non ero interessato a quello che gli sarebbe capitato.

«Scorp, sta arrivando la tua rossa… incazzata!» ridacchiò Blaike, cambiando totalmente argomento.

«Tu!» urlò Rose nella mia direzione, spaventandomi. «Cosa hai fatto a questo anello? Non riesco più a sfilarlo dal dito! Gli hai messo la colla?» disse sventolandomi la mano davanti al naso.

«Gattina, rinfodera gli artigli. Non ho fatto niente. Ho solo infilato l’anello al tuo stupendo ditino» miagolai prima di baciarle il palmo della mano e farle trattenere il fiato.

«Scorpius, giochi sporco con la tua ragazza. Comportati bene» celiò Zabini, allontanandosi e trascinandosi dietro Tyson e Goyle.

Anche Rose si riprese a quelle parole. «E’ vero. Giochi sporco. Quando fai così mi si stacca il cervello!» si lamentò con un adorabile broncio che attirò subito un mio bacio.

«Mi piace quando stacchi il cervello» sussurrai sensuale, ma evidentemente avevo scelto la parola sbagliata.

«Mi preferisci scema?» fece un urlo belluino che mi trasmise brividi sulla schiena e paura nel cervello.

«Non sia mai, mio bignè alla crema. Ti adoro super intelligente che mi fai fare la figura del fesso» risposi, ma anche così non andava bene.

«Tu non sei fesso e io non sono un bignè. Mi vuoi grassa come una balena spiaggiata?». Oh mio Dio! Qui non se ne esce!

«Mi arrendo! Qualsiasi cosa dici o pensi, hai ragione e io ho torto e merito il tuo castigo, ma ti prego sii clemente» sospirai, poi mi feci più attento «Di che cosa mi sto scusando?».

«Non riesco a togliere l’anello dal dito. Sembra che si sia incollato alla pelle» ripeté. Strano, non aveva mai dato problemi a mio padre, quando lo metteva e anche io che l’avevo provato tempo addietro, era rimasto tutto normale.

«Forse è perché non lo togli da parecchio. Chiederemo ai miei genitori quando verranno alla cerimonia dei M.A.G.O.» la rassicurai.

«Mi sei mancato» disse abbracciandomi.

«Anche tu» risposi poi mi chinai e cominciai a baciarla.

Mi sentivo melenso. Se mi avessero detto che mi sarei trasformato in un ammasso gelatinoso di ragazzo svenevole non gli avrei mai creduto. Invece ero qua, con le mani che viaggiavano lente sulla schiena della mia ragazza (occhio a non palpare il culo perché siamo in pubblico e non sta bene), che baciavano teneramente le sue labbra (non troppo, Scorpius. Non mi piace fare la visita odontoiatrica per la strada), stringendola a me (non puoi fare niente per quel coso che spunta? È così imbarazzante quando tutti ti guardano e ridono). Anche lei non era da meno quando ansimava solo per averle detto qualche cosa all’orecchio (Rose, però se respiri così sembri una hot line) o quando mi scompigliava i capelli durante un bacio rubato (non ti lamentare se credono che abbiamo fatto sesso nello sgabuzzino) e le spuntavano i capezzoli dritti, e non per il freddo (guarda che non indicano il mio amichetto del sud, ma le tue bocce svettanti). Teneri, coccolosi, svenevoli.

Ogni tanto vedevo Rose che si sbatteva le mani sulle guance come per svegliarsi. “Quando sono insieme a te, è come se non riuscissi a concentrarmi su niente altro”. Per lei era un problema… per me? Nah!

Non avevamo più avuto occasione di stare insieme e, dopo alcuni giorni, avevamo deciso di aspettare la fine della scuola per goderci il momento con tutta la calma del mondo. Il pensiero che dopo i M.A.G.O. Rose sarebbe stata mia in tutti i sensi, mi creava un pochino di ansia da prestazione, ma ero sicuro che al momento dei fatti, mi sarei comportato egregiamente.

 

Il mattino dopo iniziarono gli scritti degli esami.

Per tutta la mattina fummo concentrati sul tema di storia. Per la gioia di tutti era incentrato sulla seconda guerra magica di cui parecchi di noi avevano notizie di prima mano. Il pomeriggio fu il turno di legismagia. Il giorno dopo incantesimi e così di seguito.

Il pomeriggio in cui ci dedicammo a pozioni fu davvero esilarante. Dovevamo provare a fare una pozione davvero complicata, anche se di cottura veloce, quando Delphina mise per sbaglio le foglie di menta con il succo di rughignosa gaia. Tutti sanno che la menta scatena le cellule gioiose della rughignosa (che altrimenti è un eccellente calmante) quindi quando fuoriuscirono i vapori dal suo calderone, iniziammo tutti a ridere come dei matti e l’esame finì lì.

«Delph! Neanche Lily e Roxanne avrebbero potuto inventarsi qualche cosa di simile agli esami!» ululò Blaike continuando a ridere.

«Credo che ti odieranno per aver rubato il primato di scherzo più riuscito» dissi io asciugandomi gli occhi.

«Non voleva essere uno scherzo! Non l’ho fatto apposta!». Le avremmo tutti creduto più volentieri se avesse smesso di ridere nel dirlo. Anni dopo spergiurò che le sue risate erano il rimasuglio dei vapori esilaranti e non il suo volere.

«Grazie, Delphina, non sapevo più come andare avanti» ringraziò Theodore, continuando a ridere. Secondo me lui aveva aspirato più vapore di tutti perché continuò a ridere per parecchio.

Era il momento delle prove pratiche. Incantesimi, trasfigurazioni, difesa contro le arti oscure.

Quel giorno entravamo in classe a gruppi di tre e ci scambiavamo gli esaminatori finiti i nostri test. Con me entrarono Blaike e Claire.

Mi trovai bene negli esercizi di incantesimi, meno in trasfigurazione. In difesa l’esaminatore mi chiese direttamente del mio patronus.

«So che è in grado di evocare un patronus corporeo». Probabilmente la gattaccia l’aveva saputo dalla Warner, quando l’avevo chiamata per Daisy.

Mi limitai ad annuire e declamai «Expecto Patronum». Dalla mia bacchetta fuoriuscì un denso fumo argenteo che si condensò nel leone rampante che avevo visto un mese prima.

«Complimenti… Curioso, lei conosce Rose Weasley?» mi chiese. Rimasi perplesso e risposi subito.

«Sì. È la mia ragazza».

«Ah. Allora siete una coppia. Questo spiega tutto» rispose.

L’esame continuò ancora con qualche lezione di pratica e terminò con i complimenti dell’esaminatore.

 

«Sono esausto» disse Blaike crollando sul prato.

«Anche io» gli feci il verso.

Sopra di noi le nuvole correvano veloci mentre il cielo diventava di una lieve sfumatura rosata. Era quasi il tramonto. Saremmo dovuti andare a cena ma l’aria e l’atmosfera erano davvero troppo rilassanti lì fuori.

«Lo sai che questi saranno gli ultimi giorni di scuola? Poi avremo finito e saremo del tutto adulti». Zabini era troppo profondo a volte.

«Mi mancherà stare qui. Non le lezioni… ma mi mancherà la compagnia, le serate a tirare tardi…» mormorai ad occhi chiusi.

«La caccia alle ragazze…» intervenne lui.

«Uhmm… no. Quello non mi manca e non credo mi mancherà mai» risposi convinto. Avevo Rose, non mi mancava niente.

«Bravo» fece una voce conosciuta.

«Ti sei salvato» disse ghignando il mio amico.

«Infatti. Non sono molto favorevole alla caccia. Detesto il sangue. Macchia» concluse la mia ragazza cercando di restare seria.

«Uh! Rossa! Come è andata? Riuscirai a non strappare tutte E o ci farai sentire tutti come dei dementi?» chiese Blaike con un gran sorriso.

«Voi siete tutti dementi» sottolineò accovacciandosi accanto a me e regalandomi un dolcissimo bacio.

«Mi piace questa tua vena così clemente per noi poveri mortali… mia dea» mormorai ricambiando poi il bacio.

«Smettetela o chiamo Luce e vi facciamo vedere noi cosa vuol dire essere pudici» minacciò scherzoso Blaike.

Rose alzò il capo a esporlo al sole che la illuminava. Spettacolare. Mi sarei incantato per ore a guardarla in questa posa. D’un tratto si voltò verso di me, come se le fosse venuto in mente qualche cosa. «So che non vi va di parlare di Nigel» esordì, lanciando anche un’occhiata di sfuggita al mio amico «Ma mi sono sempre chiesta come avesse fatto a entrare nel dormitorio femminile di Grifondoro».

A questa domanda io guardai Blaike complice e sorrisi, mentre lui sbottò in una risata.

«La risposta è nella domanda, bambina. Femminile. Ai tempi d’oro siamo stati dei veri esperti a superare gli ostacoli. Tutto pur di tromb… quello» rispose.

«Scivoli delle scale» io.

«Spuntoni sul muro» Blaike.

«Sparizioni di gradini» io.

«Getti di pozioni» Blaike.

«Lanci di bolidi» io.

«Specchi confondenti» Blaike.

«Ma ci sono tutte queste cose?» chiese la mia ragazza davvero stupita.

«Anche altre. In generale ne cambiano cinque o sei in un anno e ogni casa è diversa» risposi io.

«Siamo degli esperti. Quasi mi dispiace non lasciare questo sapere a qualche adepto» aggiunse Blaike con rammarico.

«Ma meno male!» esclamò Luce accostandosi al suo ragazzo, e Rose annuì convinta.

«Io invece non capisco come fosse uscita la voce che il complice della strega fosse una ragazza» dissi io.

«Credo che non abbiano mai visto Nigel. Magari hanno dedotto da alcune parole» rispose Rose.

«Neanche tu avevi riconosciuto Emyli» mi ricordò Blaike. Tentavo di non pensare di aver fatto sesso con la madre di un mio compagno di scuola. Nigel non era mio amico.

«Te l’ho detto, Nigel mi aveva offerto da bere, probabilmente una pozione e quando la vidi, sembrava che fosse dietro a un vetro smerigliato. Non era proprio chiaro e credo che al mattino avesse preso una polisucco» ipotizzai.

Decisi di cambiare argomento e mi venne in mente quello che aveva detto l’esaminatore di difesa.

«Rose, cosa aveva di particolare il tuo patronus? Quando ho evocato il mio leone, mi hanno chiesto se ti conoscevo».

«Non hai notato quando l’ho chiamato la sera che abbiamo…» arrossì vistosamente e Blaike ridacchiò. «Sono sicuro che Scorpius fosse distratto da altre cose».

«In realtà avevo appena scoperto che Nigel era… quello che era ed è stato allora che tu hai evocato il patronus per chiamare tuo zio» ricordai e Rose annuì. «Perdonami ma non ho notato, era uno scorpione, no?» chiesi.

«In realtà non più» rispose arrossendo ancora di più. Aggrottai la fronte e aspettai che continuasse. «E’ una leonessa» esalò facendo scoppiare Blaike.

«Siete impagabili! Neanche nei miei incubi più oscuri mi sarei mai immaginato il rampollo Malfoy così rimbecillito!» sghignazzò senza trattenersi.

«Blaky, smettila di prenderli in giro, oppure dovrò ricordarti quella volta che…» minacciò Luce.

«Okay, okay, farò il bravo».

Era una leonessa. Faceva a coppia con il mio leone. Anche nei patronus eravamo affini. Mi sentivo galvanizzato da questa scoperta. Ecco perché l’esaminatore aveva detto che eravamo una coppia.

«Quanto ci metteranno per decidere?» chiese Lucinda riferendosi agli esami.

«Entro il due di giugno. Quel giorno c’è la cerimonia dei diplomi con i genitori e la commemorazione della fine della seconda guerra magica».

«Io speravo di avere delle anticipazioni» borbottò Luce.

«Corrompi la McGranitt» suggerii, ricevendo uno schiaffetto sulla nuca dalla mia dolce metà.

Era impossibile.

 

I cinque giorni che mancavano passarono in un attimo e il mattino del due giugno ci trovammo tutti, studenti e professori, in sala grande.

Quello era il giorno della fine della scuola. Chi aveva sostenuto gli esami del G.U.F.O. avrebbe ricevuto i risultati durante l’estate. Chi, come noi, aveva affrontato i M.A.G.O., se fossero andati bene, si sarebbe diplomato con una cerimonia alla presenza dei parenti e degli altri studenti, e poi tutti sarebbero risaliti sul treno per tornare a casa a passare l’estate.

Per noi del settimo anno era la fine di una stagione della nostra vita. Un passaggio che ci aveva visti crescere e maturare e ora ci lanciava verso la sfida della vita adulta.

Avevamo avuto l’ordine di far colazione entro le otto e trenta del mattino e tutti ci premunimmo di obbedire. Alle nove già si smantellava la sala, facendo sparire i tavoli e sostituendoli con tantissime sedie rivolte verso la pedana dove si sarebbe svolta la cerimonia. Poi tutti si sarebbe andati alla tomba di Silente per la commemorazione a un mese esatto dalla data ufficiale. (si era pensato di spostare al due giugno per permettere il normale svolgimento delle lezioni).

Non appena arrivarono i miei genitori salutai discretamente Rose e mi diressi verso mia madre che era ansiosa di salutarmi.

Erano davvero felici che fossi riuscito a spezzare la maledizione e a salvarmi.

Avevano salvato anche gli altri due colpiti dalla strega, grazie alla confessione che aveva fatto.

Sapevo che il talismano era stato distrutto, per evitare altri gravi problemi in futuro.

Chiacchierai a lungo con i miei genitori, ai quali si unirono gli Zabini e i Nott.

Ogni tanto mi voltavo verso la piccola folla di gente dai capelli rossi che attorniava Rose e Albus. I Potter erano orgogliosi del loro bambino, così come i signori Weasley lo erano della mia ragazza. Ero sicuro che aveva strappato tutte E agli esami.

«Chi stai guardando, caro?» chiese curiosa mia madre.

«Una persona che vorrei presentarti più tardi, mamma». Da quando avevamo fatto la ceretta insieme, eravamo comunque più vicini. Mi sorrise ma non chiese nulla. Bel passo avanti rispetto a quanto successo mesi prima. All’epoca mi avrebbe subissato di domande.

 

Quando ci sedemmo davanti al palco, per poi attendere di prendere il nostro diploma, mi sentii agitato. Sapevo di essere passato ma era comunque il sancire senza ombra di dubbio la promozione.

Delphina fu una delle prime e poco dopo venne Goyle. Quando chiamarono me, non riuscivo più a stare seduto. Quasi corsi verso la gattaccia che mi strinse la mano e mi consegnò la pergamena.

«Congratulazioni, signor Malfoy» ripeté la preside McGranitt. Non potei fare a meno di sorridere.

«La ringrazio di tutto» risposi a mezza voce e lei mi guardò sorpresa prima di tornare impassibile a congratularsi con lo studente dopo di me.

Tornato al mio posto controllai i voti. Niente male, mi ero distinto in legismagia, difesa contro le arti oscure e, incredibilmente, babbanologia con delle E stupefacenti. Le O di incantesimi e pozioni facevano bella mostra di sé. La A di Astronomia denunciava il mio basso interesse per la volta celeste.

Man mano passarono tutti e quando Rose prese il suo diploma dalle mani della preside, fui sicuramente quello che applaudì più forte attirando gli sguardi curiosi di tutti.

 

Nel pomeriggio arrivò il momento tanto temuto. Mi trascinai dietro i genitori e mi accostai ai parenti Weasley. Rose mi guardò spaventata. Io me la facevo sotto, in realtà, ma dovevamo superare l’ostacolo e lo avremmo fatto. Mi misi al suo fianco e cominciai a parlare.

«Mamma, papà, volevo presentarvi la mia ragazza, Rose Weasley». La mia voce uscì chiara e precisa, cosa che non avrei creduto possibile. Lei arrossì un poco.

«Piacere, signori Malfoy» disse Rose, tendendo la mano destra e sollevando la sinistra.

Mia madre fece un sorriso enorme, aveva finalmente una vera figlia. «Sono felicissima di conoscerti. Chiamami Astoria».

I genitori di Rose erano silenziosi e guardavano attenti quello che stava accadendo. Il padre non sembrava felice, ma lui mi aveva sempre cordialmente odiato. Quello che mi sorprese fu mio padre che dimenticò il suo stile compassato e ghermì la mano sinistra della rossa, sollevandola e facendo brillare l’anello dei Malfoy alla luce del sole.

«Dimmi che non è come penso» disse quasi implorando. «Dimmi che non è il nostro anello ma solo una imitazione». Era ridicolo.

«Certo che è il nostro anello, perché avrei dovuto regalarle una imitazione?» ribattei.

«Che succede, Malfoy? Non ti va bene mia figlia? Guarda che non sono felice neanche io, se è per quello» intervenne Ron con cipiglio scuro.

«Non mi riferivo a questo, Weasley. Tua figlia sembra un’ottima ragazza e se ha preso l’intelligenza della madre e la tua… fortuna, direi che mio figlio non poteva trovare di meglio. Il problema è l’anello!». Il fatto che facesse complimenti ai Weasley, lasciò interdetti i genitori di Rose, poi la signora si riscosse. «Cosa intendi dire?».

«Quando lo hai donato a Rose?» mi chiese direttamente.

«Alla fine di aprile. Perché?».

«Perché ti rimangono meno di undici mesi per sposarla oppure morirete tutti e due» annunciò lugubre mio padre.

«Cosa?» sbottò il signor Weasley. «Rose, togliti subito quell’anello!».

«E’ questo il problema, papà. Non riesco a toglierlo, è come incollato alla pelle».

«Ti avevo scritto che era depositario di una magia antica. Che era un contratto. Cosa hai nella testa?» mi accusò il mio genitore.

«Ti sembra che dirmi che è il simbolo della nostra famiglia e che è depositario di magia, sia chiarificatore del fatto che non dovevo donarlo a nessuna ragazza? Cosa ti costava essere più esplicito?» ribattei arrabbiato. Eh, no! Non mi si doveva dare tutta la colpa.

«Okay, stiamo calmi. Cosa dobbiamo fare per liberarci?» chiese pratica la mia ragazza.

«Sposarvi in fretta è l’unico sistema per salvarvi la vita» rispose mio padre.

«Ma io non voglio sposarmi. Non ancora, sono troppo giovane. Devo ancora specializzarmi, trovare un lavoro e poi mi sposerò» protestò Rose elencando il suo programma di vita che io avevo già sentito diverse volte. In effetti su questo eravamo d’accordo. Volevamo avanzare nelle nostre carriere e magari convivere. Per il matrimonio ne avremmo parlato più avanti. Il nostro era un programma di almeno cinque anni. Ora tutto si riduceva a dieci mesi!

«Tesoro, ti capisco, ma qui ne va della tua vita» cercò di farla ragionare sua madre.

Lei invece si rivolse verso di me. «Io ti amo e voglio sposarti. Ti sposerei anche subito ma non per obbligo. Il fatto di avere una spada di damocle sulla testa mi rende odioso questo passo… mi capisci?».

Potevo sentirmi offeso e rifiutato. Potevo strepitare e odiarla per come si opponeva ma la realtà è che ero della stessa idea. «Sì. Ti capisco perché anche io penso la stessa cosa».

«Da quando le hai dato l’anello, non avete provato a fare sesso. Vero?» chiese mio padre mandando a quel paese educazione e pudore.

«Papà!» sbottai arrossendo come Rose. Parlare di queste cose davanti ai genitori era la cosa più imbarazzante di questo mondo.

«Allora ti avviso subito di non provarci. Questo anello serve a tenere pura e incontaminata la sposa sino al matrimonio» spiegò lui.

«Beh, questa è una buona notizia» borbottò il signor Weasley.

«Fammi indovinare, se provo a stare con Rose, ci rimango secco?» e vedendo lui annuire, quasi mi venne da ridere «La storia della mia vita! Rose, togli subito quell’anello!» sbottai. Inutilmente oltretutto.

«Mi sembra di impazzire. È tutto l’anno che dobbiamo lottare contro il tempo per salvarti la vita e adesso ci ricadiamo di nuovo». Rose si tirò i capelli, in un gesto di disperazione che mi fece accorrere ad abbracciarla.

«Ce la caveremo anche in questo caso».

«Come fai a dirlo? Per salvarci dobbiamo sposarci, anche se non vogliamo. E se smettessimo di amarci? Nel nostro mondo non puoi semplicemente dire ‘tanto c’è il divorzio’. Non siamo babbani» mi urlò contro cominciando a piangere sulla mia spalla.

«Rose, risolveremo questo problema. Cercheremo una soluzione, anche a costo di distruggere l’anello e la magia contenuta. Rivolterò Malfoy Manor per trovare un rimedio. Ti prego… non piangere, amore» la implorai. «Tu sei forte. Sei la mia roccia, non ti sgretolare adesso. Insieme possiamo farcela».

Presi il suo viso tra le mani e le asciugai le lacrime con i pollici, prima di baciarla davanti ai miei e i suoi genitori, come se fossimo soli. Avevo bisogno di sentirla vicino. Questa storia del matrimonio mi aveva destabilizzato.

Era vero. Non era per il matrimonio in sé. Io ero più che sicuro dei miei sentimenti e di quelli di Rose, altrimenti la maledizione non si sarebbe spezzata. Ma questo obbligo…

Dopo alcuni istanti la sentii cedere e gettarmi le braccia al collo, rispondendo con foga al mio assalto.

«Ehm… ragazzi? Non qui…» disse a voce bassa la madre di Rose.

Lentamente Rose si staccò e sorrise tremula. «D’accordo. Proveremo a cercare una soluzione e se non la trovassimo ci sposeremo entro aprile dell’anno prossimo» annunciò.

«Promesso» confermai stringendola ancora.

«Per essere delle presentazioni ufficiali, sono state decisamente movimentate, miseriaccia!» esclamò Ron Weasley, tendendo la mano a stringere quella di mio padre, mentre le donne iniziarono a confabulare sulla cerimonia.

 

Io e Rose ci allontanammo, mano nella mano, avvicinandoci alla lapide di Silente.

«Pensi davvero che ce la faremo?».

«I soli due problemi saranno capire se dovremo sposarci e se io riuscirò a tenermi lontano da te fino a che non ti toglierai quell’anello» replicai.

«E’ il secondo quello che ti secca di più». La sua non era una domanda e lo disse con un sorrisino compiaciuto.

Ridacchiai anche io. «Puoi giurarci» e sigillai il nostro amore con un bacio.

L’indomani sarebbe iniziata una nuova avventura, ma per ora volevo godermi quella ragazza tra le mie braccia.

 

Fine…

---ooOoo---

Angolino mio:

siamo alla fine di questa storia.

Credo di aver ripreso le fila di tutti i punti in sospeso, compresi i patronus e il fatto che un ragazzo fosse entrato nei dormitori femminili.

Ringrazio alegrifondorosini (sicuramente sarebbe diventata una parola d’ordine) e satananuda (un autore di libro erotico stile kamasutra magico immagino) due recensori nuovi che non ho potuto inserire nel contesto ma che ho gradito nel loro intervento.

 

Ho cercato di dare calma alla prima parte del capitolo e arrivare alla fine per poi incontrare i genitori e tirare fuori questa patata bollente.

Ebbene sì,  abbiamo meno di un anno per non far morire i due novelli promessi sposi. Nulla di male se non fosse antipatico questo obbligo. Non stiamo mica obbligando qualcuno ad andare a cena, dovranno passare una vita insieme. Sembra normale che siano loro a deciderlo e non un anello. È una questione di principio.

In base a questo principio, dovranno trovare una soluzione anche piuttosto inusuale e molto magica.

Ovvio che non saranno solo loro due. Ad aiutarli nell’avventura ci sarà una terza persona.

Ed è qui che entrate in ballo voi con due domande:

1 – titolo della storia. Quali sono le vostre idee in base a quanto ho vagamente suggerito?

2 – chi sarà il terzo membro del trio? La mia personale idea è qualcuno di libero (Albus sarebbe perfetto ma ha in mente Alice e io vorrei più spazio di manovra).

 

Sono ansiosa di leggere i vostri commenti sul capitolo e le vostre idee sul sequel.

Aspetto…

Baciotti

 

 

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