La punizione di Scorpius Malfoy di gaccia (/viewuser.php?uid=122907)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La festa delle stelle ***
Capitolo 2: *** Quando si dice Dolce Risveglio ***
Capitolo 3: *** Sono spacciato! ***
Capitolo 4: *** Neanche Voldemort torturava così ***
Capitolo 5: *** Sotto il vestito... tutto ***
Capitolo 6: *** Tutta la verità... o quasi ***
Capitolo 7: *** Trauma a una chiappa! ***
Capitolo 8: *** Una strana tenda canadese ***
Capitolo 9: *** Una conclusione sbagliata! ***
Capitolo 10: *** Il camino azzurro ***
Capitolo 11: *** Incontri di mezzanotte ***
Capitolo 12: *** Il ballo di Halloween ***
Capitolo 13: *** Shaula l'eroe del Quiddich ***
Capitolo 14: *** Sì, è vero sono io ***
Capitolo 15: *** Gli occhiali degli Auror ***
Capitolo 16: *** Clerodendro purpurea rea ***
Capitolo 17: *** Aggressione negli spogliatoi ***
Capitolo 18: *** Sette colli sul petto ***
Capitolo 19: *** I bagni dei segreti ***
Capitolo 20: *** Baci, baci, baci ***
Capitolo 21: *** Crazy for you ***
Capitolo 22: *** Anche i muri hanno le orecchie ***
Capitolo 23: *** La foto sul comodino ***
Capitolo 24: *** Il tradimento ***
Capitolo 25: *** La condanna di Scorpius Malfoy ***
Capitolo 1 *** La festa delle stelle ***
Salve a tutti!
sono nuova di questa sezione (normalmente scrivo su Twilight e ho finito una originale Romantico). Da qualche tempo leggo le storie pubblicate su Harry Potter.
Come era già successo nell’altra sezione, ho trovato storie interessanti, belle, ben scritte e originali nella trama.
Ho scoperto il filone che preferisco (coppie storiche e nuove generazioni) e mi sono dilettata a buttare giù una traccia per una storiella veloce.
Devo essere onesta: sfrutterò una idea che ho usato in Twilight e che mi ha dato grandi soddisfazioni.
Il mio intento è ridere e far ridere perché a questo mondo di cose serie ce ne sono troppe.
Un’altra mia peculiarità è l’interattività. Accolgo e molto spesso utilizzo i suggerimenti di chi recensisce. Addirittura chiedo consigli e idee, quindi invito a partecipare.
Adesso devo lasciare la classica dichiarazione: DICHIARO DI NON AVER BUONE INTENZIONI… no, non era questa… ah, sì… DICHIARO CHE I PERSONAGGI DI QUESTA STORIA SONO DI PROPRIETA’ DELLA SIGNORA J. K. ROWLING (tranne quelli che non compaiono nei suoi libri che sono miei).
Per ora vi lascio al primo capitolo un po’ cortino, rossiccio e serio. Tranquilli, il registro cambierà presto. e inserisco un banner fresco di stampa da parte di Elenri (grazie)
E ora, BUONA LETTURA!
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Lo specchio rimandava l’immagine del mio fisico in maniera impeccabile.
Se anche avessi fatto un incantesimo per aumentarne il valore estetico, non sarei riuscito a farmi più bello di così.
Mi seccava ammetterlo ma anche i consigli babbani avevano il loro merito nella mia figura.
Dopo che mi ero trovato tra le mani un testo sul fitness e pesi mi ero applicato di nascosto e devo dire che i muscoli che mi erano spuntati avevano accresciuto i miei punti in conquiste femminile del trecentocinquanta per cento.
Un ottimo allenamento anche per il mio ruolo di cacciatore nel Quiddich.
Se poi ci sommavo i capelli biondissimi, gli occhi grigi dallo sguardo algido e un viso aristocratico e cesellato, ecco che compariva il più bel ragazzo di Hogwarts… e dintorni. Scorpius Malfoy.
Sistemai la camicia nera nei jeans, lasciando alcuni bottoni slacciati e ammiccai alla mia figura.
Questa sera avrei potuto avere chiunque alla festa di Blake. Mi ero persino accordato perché mi lasciasse una camera da letto libera, tanto non lo sarebbe stata per molto.
Scesi le scale dirigendomi in salotto al camino che mi avrebbe portato alla Zabini Manor.
«E poi non si dovrebbe arrestarle e mandarle ad Azkaban queste pazze? Ai miei tempi una che lanciava delle maledizioni mortali spettava il bacio del dissennatore, non un ricovero nel reparto psichiatrico del San Mungo!» sentì esclamare suo padre mentre sfogliava la Gazzetta.
«Caro, non ti agitare… lo sai, la pressione…» pigolò sua madre, probabilmente intenta a ricamare nell’angolo della stanza, vicino alla finestra.
«Queste storie mi fanno impazzire! Io sono qui che devo giustificarmi da anni perché mio padre mi ha imposto il marchio dei Mangiamorte e secondo molti avrei dovuto essere condannato, e quella lancia fatture che fanno morire chi è stato colpito dopo un anno e non ha passato un giorno in galera!... scommetto che è una mezzosangue!» disse ancora Draco Malfoy, gettando il giornale sul tavolino accanto alla poltrona in pelle dove stava comodamente seduto.
«Non dire così…» provò ancora a intervenire Astoria.
Sua madre era sempre stata succube di suo padre. Era come un dolce ninnolo da mostrare in pubblico ma senza alcuna sostanza né diritto alla parola. Gli elfi domestici avevano più diritti in quella casa… e questo da quando quella sporca mezzo sangue di Hermione Granger-Weasley aveva messo piede al Ministero.
Sì, conosceva tutta la storia e non avrebbe retto un’altra mezz’ora a sentire i risentimenti che covava Draco Malfoy nei confronti del magico trio, sebbene gli avessero anche salvato la pelle.
«Mamma, io vado da Blake per la festa delle stelle. Non aspettarmi alzata». Con lui era sempre stata affettuosa. Mai un rimprovero, mai uno schiaffo facendo così da contraltare al padre ‘lievemente’ dispotico.
«Scorpius, non ti sembra di dedicarti troppo ai divertimenti? L’anno prossimo sarà quello dei M.A.G.O. e voglio che tu abbia tutti i voti necessari per fare una brillante carriera» intervenne suo padre. Ecco che ricominciava: “Scorpius, studia!”, “Scorpius, devi tornare a dare lustro al nome dei Malfoy e lo potrai fare con una brillante carriera al ministero!”, “Scorpius, sei stato di nuovo superato da quella Weasley! Sei un Malfoy per Merlino!”.
Ed ecco che si tornava alla rossa Weasley, zannuta Grifondoro che strappava tutti Eccezionale in qualsiasi materia facendo sembrare gli altri degli emeriti cretini.
Non che ci avesse mai parlato e neanche lo desiderava, chiatta com’era!
Poi a lui mica interessava studiare, l’importante era cavarsela e segnare più tacche possibili sulla testiera del suo letto prima degli esami finali.
Ne andava della sua reputazione e della somma di mille galeoni scommessa con altri Serpeverde al suo terzo anno.
«Siamo in vacanza e sono avanti con il ripasso. Non preoccuparti. Oggi è il 10 agosto! È festa!» replicai cercando di sorridere più apertamente, prima di correre alla polvere volante e gridare forte «Zabini Manor!» sparendo in un turbine verde.
«Ehi, Blake, Lucinda… smettetela di saltarvi addosso ogni tre secondi o mi bloccherete la crescita!» salutai scrollando la polvere appena uscito dal camino dell’elegante salotto di Zabini.
«Sei solo geloso... come se tu non avessi mai provato...» rispose il mio amico staccandosi un attimo dal volto della bionda per poi rituffarsi sul suo collo.
Cacchio! Non erano ancora le dieci di sera e il padrone di casa stava già partendo per libidinolandia! Beh, meglio per lui e le altre donzelle prede per me!
«Hai ragione, non ho mai provato con Lucinda ma se vuoi rimediare... Lucy, a tua disposizione» mi offrii mentre mi versavo un goccio di liquido ambrato presente su un tavolino. La bionda ridacchiò socchiudendo gli occhi, per poi rispondere con un gemito agli assalti del mio amico.
«La prossima volta, Scorp» sospirò la McNair e da parte mia decisi di lasciare quella stanza che cominciava ad avere una atmosfera pesante. Un bordello babbano sarebbe stato più allegro.
Non che sapessi come fossero (non è vero... ma non avrei mai confessato di divertirmi a bazzicare per la Londra babbana nonostante i moniti di mio padre).
Passai attraverso altre stanze riccamente arredate, mentre mi avvicinavo al patio dove avrei trovato la piscina e le decorazioni preparate per la festa delle stelle.
Il cielo stava diventando color inchiostro trapuntato di cristalli e tra qualche ora sarebbero state visibili le cascate di stelle filanti che avrebbero attraversato la volta celeste, rilasciando la loro magia ad alimentare le bacchette che fossero state mostrate alla loro luce.
Quasi tutti i maghi sarebbero usciti alla luce delle stelle ed avrebbero alzato al cielo la loro bacchetta per ricaricarne l'essenza, per noi giovani era solo un'altra scusa per fare baldoria.
«Ben arrivato, Scorpius, stavo giusto cercando un aiuto per la musica» esordì Nigel Spees appena mi vide uscire nella veranda.
«Tipo? Sai che non sopporto le tue band da stupro ai timpani, non sono il mio genere» commentai mentre ammiravo ancora le decorazioni fluttuanti che Blake aveva organizzato per la serata.
«Non essere il solito snob, altrimenti potrei trovare un sistema per sbatterti fuori da Serpeverde e prendermi la spilla da prefetto» minacciò scherzoso. Risi in risposta.
I miei compagni di casa erano i più melliflui, ambiziosi, spietati e assolutamente complici, bastava solo essere abbastanza svegli da guardarsi le spalle e avevi trovato dei veri amici.
Stancante? Forse, per chi non ci era abituato. Per me era normale amministrazione e niente mi rilassava più di ritrovarmi circondato dalle serpi verde argento.
«Gli altri?» domandai. In giro non si vedevano Claire e Cassandra Nott e neanche Delphina Budstrong. Tyson Rockwood e Theodore Goyle ero sicuro di trovarli accanto al buffet.
«Le gemelle e Delphina si stanno preparando di sopra e le due fogne sono a trincarsi una bottiglia di qualcosa» indicò Nigel col pollice alle sue spalle. Come volevasi dimostrare, niente di nuovo.
Tra poco sarebbero arrivate le tre ragazze dal fisico statuario, strizzate in vestiti sicuramente stregati per poter contenere tutto il loro ben di dio, mentre gli altri, alticci, avrebbero provato a sbavare su qualsiasi paio di gambe che fosse passato davanti ai loro nasi.
In nome della scommessa, tutti noi eravamo alla ricerca di selvaggina scopabile. In fin dei conti eravamo in sette ancora in gara, visto che Zabini e McNair avevano deciso di restare monogami per buona parte dell’anno e novemila galeoni d’oro non facevano schifo a nessuno di noi.
Steso su un lettino in attesa degli altri invitati e ascoltando le prove acustiche di Spees chiesi: «Chi altri deve arrivare?».
«I soliti, praticamente tutto il parentado purosangue e i figli degli impiegati al Ministero con i loro parenti e amici. In pratica Blake si troverà in mezzo come quel Mosè babbano tra le acque e noi dovremo dargli una mano per far funzionare il tutto» sospirò rassegnato.
Come al solito quando si organizzavano questi party ci si doveva inventare il sistema per far socializzare persone che non si sarebbero mai frequentate neanche sotto la minaccia di un cruciatus.
Ovviamente Zabini doveva invitare gli altri purosangue perché si trattava di mantenere un certo livello e doveva invitare i ragazzi legati al ministero per un discorso di prestigio e legami politici.
Che poi queste due fazioni mal si integrassero a vicenda pareva non interessasse a nessuno, tranne che al padrone di casa che per l’occasione schiavizzava i suoi amici.
Strano a dirsi, in quelle occasioni e nonostante gli inviti, nessuno della beneamata società Weasley Potter si era mai presentato.
Due ore dopo la serata era al suo culmine.
Tyson e Theodore facevano la spola tra le ragazze sedute sui divanetti e la postazione dei beveraggi. Nessuno poteva credere che fossero maghi: un semplice ‘Acciò whiskey’ avrebbe risolto il problema del continuo imbarazzante barcollamento.
Dovevo essere onesto ammettendo che quella sera erano arrivate alcune ragazze degne di nota ed io iniziavo a scaldarmi, pronto ad incrementare il mio record personale.
«Tieni, questo ti tirerà ancora più su» disse Nigel, consegnandomi tra le mani un bicchiere di liquido trasparente dall’odore altamente alcoolico. Tracannai il contenuto in un fiato e feci un piccolo sorriso invitandolo a riempirmi ancora il calice.
La musica mi stava tramortendo ancora più dei liquori colorati che scorrevano a fiumi e neanche agitarmi sull’improvvisata pista da ballo riusciva a farmi tornare nel mondo dei senzienti.
Ogni tanto sentivo urletti estasiati rivolti alle stelle che trapuntavano il cielo con il loro tragitto trasversale ma non mi ero ancora deciso a tirare fuori la mia bacchetta.
Sbuffai sorridendo in modo idiota.
Lo sapevo di star facendo la figura del fesso ma non riuscivo a tornare in me.
A distanza di qualche metro, defilata rispetto al patio e quasi ai margini del giardino, vidi una bionda mozzafiato che teneva sollevata la bacchetta verso il cielo scuro.
Ad essere sincero non riuscivo a vederla bene, la sua figura sembrava coperta da un vetro smerigliato che confondeva i contorni… probabilmente era la sbronza che faceva effetto anche ai bulbi oculari.
Ghignai mentre alzavo in aria la mia bacchetta e sentita la vibrazione della ‘ricarica’, la agitai elegante verso la figura che mi aveva attirato. La gonna si sollevò fluttuando dolcemente sino a scoprire un lembo delle mutandine e un paio di gambe che avrebbero risvegliato anche un mago ricoverato nel reparto degli inguaribili del San Mungo.
«Scorpius Malfoy» mormorò dolcemente la ragazza voltandosi. Era davvero una visione, pur opaca che mi risultasse.
Barcollai verso di lei. «Sono qui per soddisfarti, mia ninfetta» biascicai per poi stringerla a me e baciarla con foga.
Quella sera mi sarei guadagnato un’altra tacca al mio letto e un passo in più verso la vittoria finale.
Se già prima vedevo sfocato e capivo poco, dopo il bacio capii ancora meno e per evitare nausee, vomito e mal di testa, chiusi gli occhi. Fortuna che la ragazza era disponibile ancora più di me, visto che mi trascinò subito verso casa.
«Scommetto che Zabini ha riservato una camera per te» disse ridacchiando e strusciandosi addosso al sottoscritto.
«Con un letto comodissimo e tutti i comfort possibili, mia ninfetta...» risposi cercando di non incespicare nelle parole.
«Allora andiamo a fare conoscenza» terminò soffiandomi nell'orecchio le parole che desideravo sentire.
Da quel momento avrebbero parlato i nostri corpi, uniti nella danza che tutti gli uomini conoscevano dall'inizio dei tempi.
Mi passai la lingua sulle labbra, pregustando il banchetto di pelle e gemiti che mi sarei gustato da lì a poco.
Salire l'enorme scalinata che portava al primo piano e relative camere, era stata una faticaccia ma la mia compagna sembrava parecchio forte, tanto da sostenermi senza apparente fatica. (probabilmente grazie a un incantesimo non verbale).
Stranamente non incontrammo nessuno dei miei amici ai quali mostrare la mia prossima vittima. Peccato, avrei sopperito con i miei ricordi versati nel piccolo pensatoio di Cassandra. Nelle regole avevamo stabilito che le prove potevano essere anche quelli, supportati da trofei, quindi mi sarei tenuto anche le mutandine.
Avanzammo nel corridoio in penombra, sino a una porta dove campeggiava disegnato uno scorpione nero. Simpatico Blake! Sicuramente era stata una sua idea, beh, poco male. Mi aveva risparmiato un sacco di tempo nella ricerca.
Appena entrati nella stanza sbattei la ragazza contro la porta chiusa ed iniziai a baciarla, cercando contemporaneamente la cerniera di quel vestitino così provocante. Ero sicuro che sotto ci fosse una montagna di curve da far venire un attacco di cuore dall'emozione.
Strano. Solitamente a quel punto la mia mente si snebbiava a pari passo con l’alzabandiera dei miei piani bassi ed io iniziavo a ritornare lucido e pronto per una memorabile sessione si sesso. Questa volta, invece non riuscivo a schiarirmi le idee, tanto meno la vista che mi risultava ancora confusa.
Pazienza. Avrei risolto con il tatto.
Il vestito frusciò a terra e la bionda mi spinse verso il letto rispondendo famelica al mio bacio e strappandomi la camicia.
Non appena si chinò per baciarmi il petto presi la mia bacchetta e mormorai un incantesimo contraccettivo. Ubriaco sì, scemo no. Prima di riempire il mondo di piccoli Malfoy sarebbe passato parecchio tempo e parecchie vagine diverse attorno al mio pene.
Lanciai la bacchetta sul pavimento e mi slacciai i pantaloni con grande difficoltà. Che rottura quando le dita non ti rispondevano prontamente.
«Ehi, bionda, aiutami con questi cosi» ordinai indicando i miei boxer e i jeans afflosciati alle ginocchia.
Lei rise allegra. Era una bella risata la sua, mi eccitò ancora di più di quanto non fossi.
«Subito, Scorpius» miagolò e in un attimo mi trovai nudo con lei in ginocchio che leccava il mio sesso. Ah! Decisamente brava la strega.
«Sì… così…» mugolai. Immediatamente allungai la mano sulla sua testa e presi a muovermi dentro la sua bocca spingendola contro di me e nello stesso tempo muovendo il bacino.
Sentivo la lingua, il risucchio, la saliva e i denti che strusciavano e vezzeggiavano il mio fallo.
A volte un pompino era meglio che inserirmi nella fica della ragazza in questione ma non quella volta, volevo sentirla tutta questa tizia che mi stava spompando.
«Vieni…» ordinai. La trascinai con me sul materasso e feci sparire il reggiseno infilandolo in un cassetto aperto del comodino. Sarebbe stata la mia prova per l’indomani. Stracciai direttamente le culottes e mi posizionai in mezzo alle gambe chilometriche della ragazza.
Mi fiondai sui capezzoli già protesi verso me e li succhiai con forza, facendola gemere tanto da arrivare al mio limite.
Volevo l’orgasmo, ora, subito e d’impeto entrai in lei ed iniziai a spingere velocemente come un disperato.
La ragazza rispondeva ai miei assalti allargandosi di più e avvolgendo le gambe ai miei fianchi.
Dopo pochi istanti venni, spargendo dentro di lei il mio orgasmo.
Era stata un’ottima scopata. Non la migliore ma decisamente ottima.
Crollai soddisfatto sul suo petto, cercando di recuperare il fiato.
«Grazie» mormorai sorridendo, poi mi sollevai finendo coricato sull’altro lato del letto a guardare il soffitto a cassettoni dorati di quella camera.
«E io?... hai già finito?» gracidò la bionda sgranando gli occhi stupita.
«Sono venuto, no? Ho finito e ti ho ringraziato… puoi anche andare adesso, sono troppo ubriaco per fare il bis, sarà per un’altra volta, ninfetta» borbottai assonnato per poi girarmi su un fianco e cadere nel sonno dei giusti.
Sentii ancora lo sbuffo di frustrazione poi l’immobilità della mia occasionale amante mi conciliò il sonno e scivolai tra le braccia di Morfea.
Il mattino dopo un raggio di sole impietoso mi sbatté tutta la sua gloria in faccia, strappandomi dal delizioso ronfare. Subito un lancinante mal di testa mi fece desiderare il ritorno al dolce dormire o, in alternativa, uno schiantesimo per ridurmi all’incoscienza.
Necessitavo subito della pozione per il giorno dopo. Sicuramente Blake ne aveva un barile pronto in cucina.
Sperai che il mio caro amico avesse dato chiari ordini agli elfi domestici perché non sarei stato in grado di trascinarmi sino al piano terra e preferivo essere direttamente servito a letto.
In più c’era questo odore pestilenziale che si spandeva direttamente sulla mia faccia. Sembravano uova marce accompagnate da una buona dose di aglio e olio rancido.
Mi chiesi a chi potesse venire in mente di fare una colazione con simili condimenti e decisi di controllare facendo un enorme sforzo nel sollevare una palpebra.
Accanto al mio cuscino c’era una massa incolta di capelli scuri e opachi che coprivano interamente la faccia del soggetto.
Dov’era la bionda? La ninfetta di questa notte?
Con sommo sforzo mi misi seduto e scrollai quell’ammasso avvolto dalle lenzuola cercando di capirci qualcosa.
«Ehi! Sveglia!» ordinai bilanciando la voce al fastidio della mia testa pulsante.
Sentii mugugnare e muoversi accanto a me e diedi un’altra scrollata energica che fece definitivamente svegliare il tizio. Purtroppo si alzò anche facendomi vedere tutta la sua gloria nuda… e urlai.
«Ah!» ero agghiacciato!
Davanti a me, seduta, vi era una ragazza la cui bruttezza poteva fare solo concorrenza ai più vecchi e raccapriccianti elfi domestici… no, a ben pensarci non ne avevo mai visti di così brutti.
I suoi capelli marroni e ispidi sembravano non aver mai fatto conoscenza di un pettine e viaggiavano in ogni direzione.
Già dalla faccia si intuiva una notevole pinguedine, accentuata dal doppio mento e dai vari rotoloni di grasso che si distribuivano sul suo corpo. Altro che maniglie dell’amore, quelli erano maniglioni antipanico! In mezzo alle pieghe di ciccia c’era anche qualcosa di tondo con un paio di noccioline sopra in mezzo al petto. Anatomicamente parlando, intuii che fosse il seno ma non ci avrei messo la mano sul fuoco, visto che le curve sparivano in altre curve.
La faccia era inguardabile con la pelle deturpata dall’acne, sopracciglia cespugliose, denti sporgenti dalle labbra grosse e volgari, naso leggermente storto e un leggero strabismo che nulla aveva a che fare con quello più sensuale di Venere.
Insomma, se avessi potuto immaginare una donna più brutta e meno affascinante, l’avrei immaginata così.
Iniziai a urlare sconvolto e arrabbiato. Che cazzo ci faceva quel cesso ambulante nel mio letto?
«Chi sei? Cosa sei?» gridai coprendo il mio torace come a proteggermi da quello schifo.
Lei sorrise (fece una smorfia a dire il vero) e mi rispose «Sono la tua ninfetta, non ti ricordi?».
Le mie vene si ghiacciarono. Mai più alcool. Mai più in vita mia! Lo giuro sulla mia bacchetta, sul mio sangue puro… sul mio piccolo amico che non mi faccia più avere un orgasmo!
«Che cazzo dici? Ma sei scema? Io sarei venuto a letto con te? Una racchia talmente forte da far schifo ai maiali? Posso avere tutte le ragazze più belle del mondo e mi farei una merda come te?» non riuscivo a fermare gli insulti che mi venivano fuori. Il mio cervello non riusciva a concepire che le mie mani, le mie labbra… oddio! Il mio uccello… che si fosse infilato in quel buco… e nella bocca…
Mi venne un conato di vomito e per poco non vuotai lo stomaco sulle lenzuola di seta.
«Esci immediatamente! Fai talmente schifo che avrò gli incubi per una settimana, come minimo!» .
Ero disperato, come avrei risolto quel problema? Non potevo farmi beccare con uno sgorbio del genere, ne andava della mia reputazione!
Sentii dei passi concitati fuori dalla porta «Scorpius… Scorpius, stai bene? Ti abbiamo sentito urlare…» Blake e probabilmente Lucinda, erano nel corridoio che bussavano preoccupati.
«Un incubo, non preoccuparti» urlai massaggiandomi la tempia e guardando il mio “incubo” che mi fissava arrabbiato. Come se ne avesse motivo!
Poteva solo ringraziare che non ero in me la sera prima, altrimenti col cavolo che ci sarei andato a letto! Non l’avrei toccata neanche con i guanti di drago che usava quel rompicoglioni di Hagrid per coltivare il suo orto.
«Così sarei una merda? Una racchia? E tu che non ti sei neanche preoccupato se fossi stata bene con te? Chi ti credi di essere? Sei così importante? Bello? No! Tu sei marcio dentro! E non ci sai fare a letto… e non mi dire che eri ubriaco! Sei tu che mi hai portata qui».
«Non urlare e non rompere il cazzo! Sei uno sgorbio e non voglio più vedere la tua faccia, quindi evapora immediatamente prima che ti faccia sparire io» ordinai guardandola torvo.
«Maghi più forti e potenti di te hanno provato a comandarmi e nessuno c’è mai riuscito» vidi che prendeva la sua bacchetta e per un istante ebbi paura. Voleva schiantarmi? Uccidermi? Quella era pazza oltre che brutta.
Fece ondeggiare la bacchetta, come se ci giocasse «Vediamo se davvero sei così affascinante come credi. Hai un anno di tempo per amare davvero e farti amare da una ragazza, altrimenti non potrai più fare quello che più ti piace» un sorriso diabolico le rischiarò il volto creandomi brividi nella schiena. Che stava facendo?
«Sai che sfida! Posso far questo e altro e con meno tempo a disposizione…» cercai di rimanere spavaldo e non far trasparire un filo di ansia.
«Non prenderla alla leggera… Sai, gli Auror mi cercano con molto impegno perché venga messa a tacere con le mie… profezie. A volte la gente… sparisce se non ha raggiunto lo scopo della sfida» il suo sorriso si allargò ulteriormente mentre un lampo blu mi colpiva al petto scatenando un gran bruciore.
Caddi tra i cuscini per il contraccolpo e chiusi gli occhi aspettando altro dolore. Sentii solo un debole ‘pop’ e mi rialzai di scatto aprendo nuovamente gli occhi. La nausea mi stava uccidendo. Avevo bisogno subito dell’anti sbornia!
Accanto a me non c’era più nessuno e alcun vestito femminile era sparso per il resto della stanza.
La presenza di quel cesso era stata completamente debellata, tranne nel piccolo segno rotondo che mi segnava il centro del petto, proprio sopra il cuore.
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Angolino mio:
ero indecisa se continuare con il capitolo o fermarmi qui, poi ho pensato che la botta doveva arrivare nel prossimo oppure mi sarei giocata la storia in tre capitoli.
Ho letto HP almeno tre volte ma non mi sono mai soffermata sui nomi e sugli incantesimi quindi avrò sicuramente bisogno di un aiuto da parte vostra. Cerco di essere una purista e di utilizzare personaggi della Rowling per quanto possibile e anche qui chiedo aiuto e venia in caso di errore.
Per adesso vi lascio immaginare cosa succederà a Scorpius.
Vorrei che mi suggeriste l’abbigliamento più strano e allucinante che una ragazza possa indossare per andare a scuola (prima della divisa per intenderci).
Per chi volesse cimentarsi con un banner… Alex Pettyfer è lo Scorpius per eccellenza (con rispetto per Tom Felton ma lui lo trovo più bello) e la ragazza… una rossa, ovvio.
Però se riusciste a trovarmi un Alex travestito stile Drag queen sarebbe ancora meglio!
Per ora vi rimando al prossimo capitolo che arriverà tra una quindicina di giorni (ah, il lavoro…)
Grazie per l’attenzione
Alla prossima
Baciotti
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Capitolo 2 *** Quando si dice Dolce Risveglio ***
Ciao a tutti,
pensavo di fare un capitolo più lungo ma ho pensato che in questo modo sarebbe stato più di effetto.
Mi hanno fatto notare che la storia ricorda Beastley con Alex Pettifer.
Beh, Beastley è una rivitazione di La Bella e la Bestia, quindi sì, può ricordare anche quel film. Aggiungo un altro banner sempre di Elenri che si è sbizzarrita (a ri grazie)
Adesso vi lascio al capitolo… ci risentiamo in fondo.
BUONA LETTURA!
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finalmente mi ero liberato di quel mostro con cui mi ero svegliato quella mattina.
Adesso necessitavo della pozione anti-sbornia per ritrovare la lucidità dei miei pensieri e far terminare quel continuo tam tam sulle tempie.
«Netty!» chiamai l’elfa che normalmente mi serviva quando soggiornavo a Zabini Manor.
Con un soffocato ‘pop’ comparve un esserino raggrinzito e miserevole, scuro nella sua pelle rugosa, coperta da un vestitino floscio a fiorellini giallo ocra.
«Signorino Malfoy» replicò deferente facendo sfiorare il suo naso appuntito al pavimento.
«Portami la pozione… gli altri sono già scesi?» non potevo credere di essere l’ultimo a svegliarmi.
«Le signorine Nott e il padroncino con la signorina McNair stanno facendo colazione. Gli altri dormono ancora. Le porto subito la pozione» e con un nuovo inchino sparì dalla mia vista.
Mi sforzai e caracollai verso il bagno. Una doccia era proprio quello che mi ci voleva per rimettermi quasi al mondo. Almeno speravo.
L’acqua che scorreva sul mio corpo mi ripuliva e mi cancellava segni e pensieri. Mi sentivo in una bolla di pace.
Con calma ripensai a quanto era successo nella notte.
Come era possibile che non avessi visto che razza di sgorbio era quella ragazza? Poi mi sembrava bionda, mentre al risveglio era mora.
E se fosse stata una pozione polisucco? Era un intruglio difficile da preparare ma, dall’epoca della seconda guerra magica, sembrava più comune dell’aspirina babbana. L’avevo usata anche io per sedurre una ragazza fidanzatissima. Lo sapevo che era una cosa pessima ma la volevo disperatamente e lei non si decideva nonostante apprezzasse le mie avances.
Poi, quando mi sono ritrasformato mentre ero a letto con lei, mica si è arrabbiata o offesa, anzi, ha continuato a farsi sbattere con gridolini estatici per poi confessarmi che era praticamente sicura che non fossi il suo ragazzo perché ero troppo bravo.
Fedeli e infelici con un somaro nel letto. Valle a capire le donne!
Tornando all’ultima scopata… no, non era pozione polisucco perché ci eravamo divertiti per ben più di un’ora e lei non aveva bevuto nulla nella stanza.
Magia di disillusione? Poteva variare un pochino i lineamenti ma non creare una dea da una racchia.
Come era potuto succedere?
Davvero era stata solo la sbornia a ridurmi in quel modo?
E poi cos’era quella storia di aver tempo un anno per far innamorare di me una ragazza? Cosa voleva dire che non sarei più riuscito a fare quel che più mi piaceva?
Mi tornò in mente l’articolo di giornale che aveva commentato al mattino mio padre.
“…quella lancia fatture che fanno morire chi è stato colpito dopo un anno…”
Non era possibile, non c’erano fatture o maledizioni che agissero a rallentatore… pozioni sì, anche io ne avevo studiate diverse a scuola, ma incantesimi con la bacchetta? Impossibile.
Fissai la mia immagine allo specchio del bagno. Ero sempre io, bellissimo e prestante.
Il segno lasciato da quel fascio di luce blu sul mio petto si stava affievolendo, segno che non era niente di grave, visto che ogni anatema si sarebbe ingigantito e non ridotto.
Dovevo smetterla di pensarci e farmi venire l’ansia.
Avevo scopato con una matta e avevo incrementato il mio record. Ormai era un testa a testa con Nigel, Delphina e me e sicuramente quella sera non era cambiato nulla, avrei scommesso che anche loro due avevano beccato.
«Andiamo a far colazione» mi dissi a voce alta e mi recai nella sala da pranzo preparandomi a rispondere alle domande curiose dei miei amici.
«Scorpius! Amico mio, come è andata la nottata?» come volevasi dimostrare, la curiosità di Blake era peggio di una comare. Ma non poteva rivolgersi a Lucinda al posto di scavare nelle mie pluffe?
«Benissimo!» sorrisi cercando di allargare le labbra il più possibile.
Mi sentivo quasi in imbarazzo a pensare a quell’essere che mi ero scopato questa notte.
Negare, negare sempre e comunque.
«Dici solo questo? Strano, normalmente ti vanti in modo che mi sembra di essere stato lì» si lamentò il mio amico.
«Cos’è? Lucy non ti fa volare abbastanza?» ghignai malefico, sicuro che l’attenzione si sarebbe spostata rispetto alla mia persona.
«Blake!» strillò la mora al suo fianco. Era una ragazza dolce ma assolutamente letale se mettevi in dubbio le sue arti.
Zabini iniziò ad agitare le mani davanti a sé «No… Lucinda, ti giuro che non penso niente di quello che dice quell’idiota! Sei incredibile, fantastica e non mi sognerei mai di cercare altro in qualsiasi altro posto» una confessione accorata, niente da dire.
«Si può sapere cosa vuoi coprire per cambiare argomento in questo modo?» chiese Lucy rivolgendosi a me ed evitando di rispondere alla prostrazione del suo ragazzo.
Mi ero scordato quanto fosse sottile la sua mente. Sbuffai.
«Niente di che, mi sono infrattato con una e ho aggiunto una tacca. Tutto lì» nicchiai.
«Infrattato? Da quando usi questi termini? Ti è proprio andata così male?» sbottò Blake ridendo. Ecco l’appiglio che mi serviva per salvare il mio bel faccino.
«Non ti dico… E’ stata orribile, talmente rigida che una scopa firebolt nel culo non avrebbe fatto lo stesso effetto… vi giuro che ho dovuto faticare sette vestiti da cerimonia per riuscire a venire e dire che ero ubriaco e su di giri per conto mio».
Come mi sentivo ad aver detto una palla dopo l’altra? Benissimo e senza problemi.
Ed ero anche convincente, visto che i miei amici più intuitivi se la stavano bevendo con tutto il calderone. Neanche con il veritaserum sarei stato così convincente e in linea con le mie normali confidenze.
A questo punto potevo anche spingermi ad approfondire alcuni aspetti fisici e di atteggiamento che non mi avrebbero più scoperto.
Grazie al cielo non mi chiesero altro ed io mi rilassai bevendo finalmente la pozione anti post sbornia che anelavo da quando mi ero svegliato.
Nel giro di un paio di ore, spuntarono gli altri del gruppo e ad ogni comparsa mi toccò raccontare della mia nottata lussuriosa. Beh, non che non lo fosse stata. In fin dei conti avevo avuto soddisfazione. La cosa che mi sconvolgeva di più era con chi l’avevo avuta, ma questo dettaglio era e doveva rimanere irrilevante.
«E pensa che si è pure lamentata e mi ha lanciato un anatema!» dissi ridendo verso Nigel che mi aveva appena raccontato della rossa della nottata precedente e di come gli aveva chiesto di sculacciarla con la cravatta. Certe streghe hanno delle pulsioni strane.
«Come un anatema?» chiese preoccupata Cassandra.
Da quando l’avevo conosciuta avevo sempre pensato che questo nome procurasse solo guai a chi lo portava e chi ci girava intorno.
Già quella della guerra di Troia, nota nata babbana con il dono della veggente, doveva fare da monito alle future generazioni, ma niente sembrava far demordere i maghi che si ostinavano a dare quel nome alle nuove figlie, assegnando magicamente anche il dono della vista nel peggiore dei casi o di un formidabile intuito, tormentando chiunque parlasse con loro ad ascoltare le loro nefaste opinioni.
«Niente di che. Mi ha solo detto che entro un anno dovrò far innamorare di me una ragazza o non potrò più fare le cose che mi piacciono di più… ma dico che razza di minacce sono?» cercai di minimizzare.
Onestamente non mi piaceva molto questa storia ma tutto sembrava portare a un macabro scherzo e niente altro.
«In effetti dire che non potrai più fare quello che ti piace mi sembra vago. A te piace fare talmente tante cose che riunirle sotto un’unica voce non si riesce» intervenne Delphina.
«Non è vero! Direi che cazzeggio è il termine corretto che riassume il tutto» disse Blake ricevendo i mugugni di approvazione da Rockwood e Goyle che si stavano di nuovo ingozzando.
«Non è vero! Scorpius non è solo un cazzeggiatore, è molto di più! È un gran cazzeggiatore» alzò la voce Claire facendo scoppiare a ridere tutta la compagnia.
Mi sorse quasi il dubbio che non avessero una grande opinione di me, ma d’altronde neanche io ne avevo nei loro confronti.
La giornata passò tranquilla tra risate e altri divertimenti intorno alla piscina che la sera prima era stata teatro del party per le stelle e i tentativi di Cassandra di tornare a parlare della minaccia dello sgorbio andarono persi nell’aria.
Le decorazioni erano sparite ma in compenso fluttuavano bicchieri di cocktail colorati, ombrelloni colorati che si spostavano dove veniva richiesta l’ombra e materassini galleggianti per deliziarci in acqua.
«Questo caldo è tremendo» si lamentò Claire agitando la bacchetta in modo che le spirasse addosso un leggero e fresco venticello.
«Allora dovresti rinfrescarti meglio» rispose Theodore scatenando un’onda anomala che si rovesciò impietosa sulle gemelle Nott.
«Goyle!» urlò Cassandra «Inizia a volare!» e si lanciò contro il muscoloso gorilla che rideva sguaiato.
Io, Nigel e Blake ridevamo appollaiati attorno al bar mentre le ragazze cercavano di trasfigurare Goyle lanciandogli incantesimi a raffica.
«Basta, Nott. Che cavolo! Pensavo di farti un favore! Se sudi ancora un pochino ti sciogli e diventi trasparente come Mirtilla Malcontenta» protestò il ragazzo quando metà dei suoi capelli divennero di un bel rosa confetto.
«Mi stai dicendo che sono scheletrica?» ringhiò Claire.
«Sei perfetta e assolutamente sexy, Claire. Non ci far caso a quello che dice Theodore, è il classico anello mancante tra noi e le scimmie» ribatté Spees, facendo arrossire la ragazza.
Tra scherzi e bevute arrivò l’ora di tornare a casa e stanco ma decisamente soddisfatto per la festa, salutai tutti e passai nel camino diretto a Malfoy Manor e dopo aver salutato i miei genitori, andai subito a dormire.
Il mattino dopo, davanti allo specchio la macchia sul mio petto, che aveva lasciato quel raggio blu, era ancora più piccola.
§§§
I giorni successivi passarono lenti e tranquilli, quasi noiosi quando mi toccava interagire con mio padre e le sue stucchevoli regole per il mantenimento del sangue puro e dello status al top delle classi sociali.
Ormai quello che era successo la notte del dieci agosto era passato nel dimenticatoio, coperto da altri ricordi molto più freschi ed eccitanti (e per la cronaca le tacche erano proporzionalmente aumentata).
«Scorpius, domani mattina andiamo a Diagon Alley. Ormai manca solo una decina di giorni all’inizio della scuola e dobbiamo controllare di avere tutto quello che serve per l’ultimo anno» annunciò mia madre a colazione una mattina di sole.
In effetti mancavano pochissimi giorni e sarei tornato in quell’acquario che era Hogwarth con i miei compagni di casa, le partite di quiddich, i professori rombipluffe, le ronde di notte per i prefetti come me e le imboscate a tutte le ragazze appetibili e disponibili della scuola, indipendentemente dalla casa di appartenenza.
Non mi facevo mica scrupoli se dovevo sedurre una corvonero rispetto a una griffondoro! Tanto avevo scoperto che sotto la divisa le forme fondamentali erano le stesse per tutte.
Anche le professoresse erano uguali, come avevo appurato personalmente quando ero stato con la giovane supplente di Erbologia l’anno precedente.
Peccato che dopo un paio di mesi di San Mungo, il vicepreside Paciock fosse tornato alle sue normali mansioni di insegnante… e lui di certo non era il mio tipo.
«Allora ci vediamo domani davanti al Ghirigoro, così mi aggiorni su quanto hai fatto in Svezia la scorsa settimana» dissi all’immagine di Nigel immersa nei carboni del camino. Io proprio non riuscivo a comunicare in quel modo, mi faceva senso mettere la mia faccia a contatto con la cenere e il fuoco vivo, avevo sempre paura che l’incantesimo non funzionasse a dovere e mi scottassi la mia bellissima pelle. Con tutto quello che avevo fatto negli anni per evitare brufoli e punti neri, non avrei sprecato il mio tempo per poi ridurmi in poltiglia sanguinolenta e maculata.
«Affare fatto, adesso devo andare. Ci sono i miei cugini alla porta che chiedono di entrare… meno male che domani se ne vanno, non li sopportavo più!» e detto questo, fece sparire la sua faccia dalle braci chiudendo la comunicazione.
Chissà se davvero la Svezia era così libertina come lasciavano intendere i libri.
Scrollai le spalle e mi rimisi a controllare gli oggetti che mi sarebbero serviti per il nuovo anno scolastico.
Non mi piaceva studiare, preferivo divertirmi con gli amici e le ragazze. Ero un normalissimo giovane mago neomaggiorenne. Ma tutto questo era niente per mio padre.
Lui, in me vedeva solo la sua occasione di rivincita sul mondo magico che lo aveva messo alla berlina. I Malfoy, pur essendo rispettati, non erano più potenti come una volta.
Anche Draco, che lavorava al Ministero come pozionista, non poteva avere incarichi di responsabilità in quanto gli erano ufficiosamente preclusi.
Non si poteva dire a voce alta che non ci si fidava, sarebbe stato incivile. Però non ci si fidava e mio padre era costretto a lavorare sottoposto a gente molto più ignorante di lui.
Io dovevo dar lustro nuovo al nostro casato.
Dovevo farmi valere in tutte le attività che intraprendevo: miglior studente, miglior giocatore di quiddich, miglior specialista in magisprudenza, miglior marito per la mia futura moglie perfetta e dal sangue più puro dell’oro zecchino.
Volendo potevo già immaginarmi vecchio decrepito seduto su una poltroncina sotto un portico con vista sull’oceano a guardare in lontananza i gabbiani e desiderare di essere stato libero come loro.
Sbattei le palpebre e tornai ai miei libri.
A scuola me la cavavo discretamente ma non ero sicuramente al livello della rossa zannuta della Weasley figlia degli eroi.
Era sempre lei che prendeva il premio per miglior allievo da sei anni a questa parte, tanto che ormai mi ero rassegnato alle sfuriate di mio padre.
Finii di scrivere l’elenco del materiale che mi sarebbe servito per la scuola e vista l’ora tarda mi cambiai e andai a dormire.
L’ultima occhiata al mio torace, allo specchio del bagno, mi confermava che il segno sul mio petto era praticamente sparito e il giorno dopo anche quello non sarebbe stato altro che un ricordo.
Un raggio di sole, infiltratosi tra gli scuri, mi colpì il volto strappandomi dal sogno licenzioso che stavo facendo. Peccato che non valessero anche questi per il punteggio di fine anno, altrimenti sarei stato ampiamente in testa. In quei momenti mi sentivo come un ormone ambulante.
Aprii gli occhi e scostai dei fili scuri che mi impedivano di vedere bene la mia stanza in penombra.
Sbuffai, probabilmente avevo di nuovo sfilacciato il copriletto e mi sarei dovuto sorbire le critiche di mia madre sul poco rispetto che avessi nei confronti degli oggetti di grande valore.
Cercai di mettere a fuoco le cose che mi circondavano ma vedevo solo macchie opalescenti.
Stropicciai ancora le palpebre.
Che strano, la cosa non migliorava.
A tentoni presi la bacchetta ed evocai un qualsiasi oggetto che mi consentisse di vedere chiaramente, poi avrei pensato come risolvere il problema.
Nella mia mano comparve una specie di binocolo con le stanghette che mi affrettai a infilare sul naso.
«E luce fu» borbottai con voce acuta.
Voce? Sibilo da cornacchia piuttosto. Quella non era assolutamente la mia voce. Io ero più caldo, roco, sexy…
Mi schiarii ancora e provai nuovamente.
«Uno, due, tre, stella». Niente, quella era una voce acuta e stridula stile unghie sulla lavagna.
Mi facevano accapponare anche i peli delle ascelle.
A proposito di ascelle… avevo decisamente bisogno di una doccia, puzzavo come un montone a luglio prima della tosatura e dopo essersi rotolato nel fango… o altro.
Scesi dal letto e osservai distrattamente le mie gambe. Strano. Avevo sempre avuto peli biondi e ora ero cosparso da una miriade di striature nere che deturpavano il candore della mia pelle.
Chissà quale incantesimo avevo lanciato nel sonno.
Mi trascinai in bagno e accesi la luce dopo essermi posizionato davanti al lavandino con lo specchio di fronte al mio naso.
La luce mi accecò un secondo, poi misi a fuoco la mia immagine e urlai.
Davanti a me c’era una ragazza… oddio, definirla di genere femminile era abbastanza coraggioso.
Aveva capelli color grigio topo scuro, un naso aquilino che faceva invidia al ritratto di Piton a Hogwarts, denti storti con un canino che spuntava dalle labbra sottili e molli, un bel paio di baffetti sul labbro superiore e brufoli in ordine sparso su tutta la faccia.
Gettai uno sguardo sul resto della mia figura, visto che ero in boxer potevo guardare tutto e speravo di riscontrare la normalità e che fosse solo una distorsione dei binocoli che, allo specchio, si erano rivelati dei veri e propri fondi di bottiglia come solo la Cooman usava portare.
Sul mio petto spuntavano un paio di tettine che potevano tranquillamente sfidare la forza di gravità senza problemi, in quanto senza peso (in pratica una seconda scarsa). Più sotto spuntava una pancetta di tutto rispetto e (tastai) sul retro un sedere sporgente che associato alle cosce faceva sembrare la mia figura una pera.
La pelle era olivastra, totalmente diversa dal solito.
Solo gli occhi erano rimasti uguali, di quel grigio argento tipico di mio padre e dal taglio leggermente allungato ereditato da mia madre. Peccato che fossero coperti da quei vetri che davano la sensazione di averli spalancati in eterna sorpresa.
Continuavo a urlare, mentre mi tastavo.
«Ah!». Cazzo, ho le tette. Fossero almeno decenti!
«Ah!». Cazzo, ho un culo enorme! Avrò bisogno di uno scompartimento da solo sull’espresso per la scuola.
«Ah!». Merda, ho i baffi! Mi sono sempre rasato e adesso ho i baffi!
«Ah!». Cellulite? Pure?
«Ah!». L’alluce valgo? E perché non ho la gobba?
«Ah!». Che cazzo è successo?
Il mio vocabolario era diventato monosillabico e non riuscivo a dire niente altro se non suoni inarticolati.
Che era successo? Chi era quel mostro orrendo che mi guardava alla specchio?
Urgeva una contro fattura.
Bacchetta! Avevo bisogno della bacchetta!
Incespicai per lo scatto che feci verso il comodino dove giaceva e mi trovai lungo disteso sul tappeto dove, la sera prima avevo inavvertitamente dimenticato un decantatore di peltro.
Quando la sfiga colpisce è peggio di un cecchino e i miei gioiellini, in quel momento, ne riconobbero l’ineluttabile realtà.
«Ah!». Porco Merlino! L’unica cosa che era rimasta normale la colpivo in quella maniera rischiando la castrazione? Avevo le lacrime agli occhi! Morgana! Che dolore incommensurabile!
Strisciai sui gomiti fino al comodino e lì mi tirai su in ginocchio.
Quello era stato il peggior risveglio di tutta la mia vita!
Neanche quando mi ero risvegliato con quello scorfano nel letto ero tanto traumatizzato.
Cacchio! Io, proprio io, il più bel ragazzo di Inghilterra, con un’arte amatoria da far invidia a tutti i super dotati del globo terrestre, ai cui piedi cadevano ragazze e donne di ogni tipo, età ed estrazione sociale come se fosse una pandemia, mi trovavo nel corpo di una donna? Per di più orrida?
Avrei preferito essere trasfigurato in un profilattico! Almeno sarei “entrato” nel mio elemento!
Come si dice? I guai non vengono mai soli.
In quel momento, mentre stringevo la mia bacchetta e pensavo a quale contro incantesimo fare su me stesso per ritornare quello di sempre, attirati dalle mie grida da ippogrifo, irruppero come dei tornado nella mia camera e ancora prima che potessi spiegarmi o solo alzare la bacchetta mio padre urlò con voce tonante «Stupeficium!».
Accidenti! Il mio vecchio era ancora in gamba, visto il volo che mi fece fare prima di atterrare al muro accanto la parete e far cascare il quadro di una venere nuda, direttamente sulla mia testa.
Immaginai di avere quel corpo invece di questo… mica male!
Poi tutto divenne nero.
---ooOoo---
Angolino mio:
In questo capitolo abbiamo un’immagine più ampia di Scorpius, con i suoi problemi sul rapporto con il padre. Ma lui è comunque uno che vuole divertirsi, quindi poca pietà, prego.
Nel prossimo capitolo vedremo le reazioni dei Malfoy…
Da qui inizia la nostra storia comica, quella dove si ride… invito chi voglia suggerire cose strane da far fare a Scorpius, sono a disposizione…
Grazie per l’attenzione, alla prossima
Baciotti
|
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Capitolo 3 *** Sono spacciato! ***
Ciao
a tutti!
Due
settimane di ritardo
sulla tabella di marcia ma ce l’ho fatta! (lavoro e
famiglia… accoppiata
nefasta per la creazione!)
Devo
ammettere che questa
sezione è davvero molto dura! È la prima volta in
tre anni di scritti (alcuni
di vero successo con trenta commenti per capitolo) che mi ritrovo con
uno zero
per recensione.
Beh,
pazienza, io scrivo
per prima cosa per me stessa, poi per gli altri (anche se mi piacerebbe
scambiare qualche opinione)
Tornando
a questo
capitolo, credo si possa definire di transizione. Non aggiunge nulla se
non
portare Scorpius dove volevo.
Lo
so, a volte mi perdo in
descrizioni inutili ma saltare direttamente a scuola non mi sembrava
corretto,
prima dovevo passare da questo esame. Inserisco di nuovo il banner di Elenri perché mi piace davvero tanto
Spero
che il capitolo vi
piaccia lo stesso e adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Il
buio mi avvolgeva ed era
una sensazione rassicurante. Stavo dormendo tranquillo nel mio letto,
tra poco
mi sarei svegliato e mi sarei trovato assolutamente normale e
fantastico,
pronto per andare a Diagon Alley e continuare la mia solita eccitante
vita.
«Innerva»
sentii dire e a
giudicare dal tono era mio padre e sembrava irritato.
“Perché
mi sveglia con
l'incantesimo contro lo svenimento?” mi chiesi distrattamente
mentre i miei
occhi si spalancavano a risposta immediata dell'ordine imposto.
«Ciao,
pa...» iniziai a
parlare ma venni subito interrotto da un urlo stridulo di mia madre.
«Chi
sei? Dov'è Scorpius?».
Spalancai
gli occhi
atterrito. Non ero tornato normale, non era un sogno! Ero nel corpo di
una
donna!
Di
un essere che non poteva
essere più lontano da me.
«No...
sono io...» cercai di
dire ma venni sollevato da un incantesimo non verbale e sbattuto
nuovamente
contro il muro.
Certo
che mio padre poteva
trovare anche un altro posto dove spiaccicarmi, accidenti! Continuando
in
questo modo avrei fatto il buco nella parete!
«Dov'è
Scorpius?» domandò
ancora mia madre, alzando il tono di voce e rasentando l'isteria.
«E'
quello che sto cercando
di dire!» sbraitai «Se non fosse per lui che mi sta
pestando come una
nocciolina!» e indicai mio padre.
Draco
Malfoy aveva appena
rialzato la bacchetta ma, alle mie parole, si bloccò a
mezz'aria e con tono
minaccioso intimò «Allora dicci qualche cosa di
sensato!».
«Sono
io! Scorpius!» urlai
agitando le mie braccia grassocce.
Per
un attimo neppure un
fiato girava per la stanza. Potevo persino sentire un paio di formiche
che
correvano nell'angolo della finestra, poi mio padre si mise a ridere
mentre mia
madre iniziava a squittire come se si fosse trasfigurata in uno
scoiattolo.
«Studiane
un'altra! Sei una
ragazza e dubito che mio figlio si metta a bere pozione polisucco per
diventare
un... sei sicura di essere una ragazza? Sei davvero...».
«Dillo
pure! Sono orrido. Io
una del genere non me la farei neanche sotto imperius»
sbottai.
Forse
il mio tono irritato e
deciso mise a tacere i miei genitori in un colpo solo, troppo sconvolti
anche solo
per pensare a questa opportunità.
«Stai...
stai dicendo sul
serio?» sussurrò Astoria con occhi sgranati e
lucidi.
Forse
ero riuscito a creare
una breccia nel muro di incredulità dei miei genitori.
«Sì»
risposi con voce ferma e
decisa, per quanto potesse esserlo quella specie di stridio che mi
usciva dalle
corde vocali.
Il
mio augusto padre scoppiò
in una sonora risata «Vuoi dire che tu sei nostro figlio
Scorpius?» e continuò
a lungo singhiozzando.
«Credo
di non averti mai
sentito ridere così a lungo e con tale gusto»
ribattei irritato dopo aver atteso
paziente che smettesse.
Doveva
essere una gran bella
battuta la mia per bloccare la risata di mio padre in un secondo.
«Decisamente
per come
rispondi, devi proprio essere Scorpius» ammise dopo avermi
squadrato per un
minuto buono.
Poi
scoppiò di nuovo in una
grassa risata che si calmò dopo parecchio tempo e lacrime da
parte sua.
«Hai
finito?» chiesi irritato
a morte mentre mia madre passava il suo sguardo apprensivo da uno
all’altro
senza sapere come intervenire.
«Adesso
sì» sospirò
soddisfatto poi mi guardò fisso e iniziò quello
che doveva essere un
interrogatorio teso a scoprire tutti i retroscena di quel risultato.
Gli
raccontai tutto quello
che sapevo, dal momento in cui ero arrivato alla festa, all'incontro
con quella
strega che mi era apparsa come una figa da paura per poi rivelarsi solo
una
paura e basta.
Raccontai
anche degli insulti
e infine della minaccia che mi aveva lanciato.
«Così
questa ragazza ti ha
detto che hai tempo un anno...» borbottò mio padre.
Anche
da mezza stanza di
distanza riuscivo a sentire le sue rotelle girare come delle trottole,
ma non
riuscivo a immaginare quale soluzione potesse arrivare per risolvere
questo
problema.
Ogni
tanto volgevo lo sguardo
allo specchio e rabbrividivo anche solo alla prima sbirciata.
«Dobbiamo
provare con il San
Mungo» propose mia madre torcendosi le mani.
«Prima
proviamo qualche
pozione tra quelle della mia produzione». Ecco che spuntava
il pozionista
professionista con la sua boria da “risolvo tutto
io”.
Non
che avessi tutta questa
fiducia nelle arti della precisione paterna, ma piuttosto che rimanere
questo
cesso che mi copriva le membra, mi sarei anche prostrato alla famiglia
Potter,
compreso quella testa di cazzo, pieno di sé di James Sirius.
«Prova
questa» mi consegnò
una fialetta dal colore lilla e dal profumo di torta di mele. Beh,
almeno
ispirava... a parte il sapore di aceto!
«Ma
che schifo!» strillai
acuto.
Quella
voce era sempre più
fastidiosa!
«Adesso
dovremo aspettare...
due o tre min...».
No,
probabilmente anche meno
visto che cominciai subito a sudare per poi cadere in ginocchio sul
tappeto.
Immediatamente
la mia pelle
assunse un colorito di un verde pisello tenue e i miei capelli
iniziarono a
crescere centimetro dopo centimetro.
«Cosa
succede, padre?» il mio
urlo era ancora più isterico.
«Non
so! Questo filtro serve
per ripristinare le sembianze precedenti a qualsiasi pozione polisucco
o
similari».
Beh,
visto che ormai i miei
capelli color topo stavano invadendo tutti i pertugi della stanza
facendo
sembrare il pavimento un lungo e movimentato lago di peli, era meglio
trovare
un altra alternativa e alla svelta! Prima di affogare…
«Bevi
questo!» color rosso
rubino e odore di sudore... gusto alla pesca... perché mai
non poteva esserci
un qualcosa che facesse convergere colore, odore e gusto in qualcosa di
complessivamente gradevole.
La
pelle ritornò olivastra ma
si ricoprì di squame, i capelli scomparvero ma si
allungarono le unghie
facendomi sembrare un fachiro. Gran risultato, visto cosa
già sembravo “al
naturale”.
«Padre...
qualcosa di più
efficace? Magari senza trasformarmi in un drago?» commentai
acido e
tossicchiando cominciai inspiegabilmente a sputacchiare fumo nero.
«Ehm...
per il drago, stavo
scherzando!» protestai.
La
pozione successiva mi
trasformò in una zucca... forse mi ci voleva la madrina di
Cenerentola...
Nell'arco
della giornata
continuai a ingurgitare liquidi che andavano a essere sempre
più viscosi e
drammaticamente inefficaci.
Uno
mi trasformò addirittura
in una copia di mio padre e mia madre, ovviamente, esultò di
gioia nel vedere
raddoppiato l'immagine del suo amore! Ma non gliene bastava uno di
Draco
Malfoy? Il fatto di desiderarne un altro uguale era quantomeno
masochistico! Un
buon psicomago era indispensabile secondo me! Si doveva preservare la
sua
sanità mentale!
La
pozione successiva era
quanto mai ridicola! Mi ritrovai a squittire, piccolo, bianco e peloso,
con una
lunga coda morbida.
«Guarda,
tesoro! Un furetto!
Esattamente come te a scuola!» mormorò nostalgica
mia madre, guadagnandosi
un’occhiata che avrebbe incendiato il polo sud.
Certe
umiliazioni sono dure
da dimenticare e con quello che mi stava succedendo in quel momento,
iniziavo a
capirne veramente la portata devastante.
«Mi
hai fatto venire le
emorroidi!» urlai con la voce ammazza cristalli.
Dopo
una giornata a provare
queste pozioni e ad assistere i danni che si auto imponevano i nostri
elfi
domestici per solidarietà famigliare, il tutto senza
arrivare a una soluzione
soddisfacente (mi era spuntato l'apparecchio ai denti... perlomeno il
sorriso
migliorerà!) mio padre si arrese.
«Non
so più cosa fare»
mormorò crollando a terra sudato fradicio come se fosse
stato lui a sopportare
tutti gli intrugli e le trasformazioni a cui mi aveva sottoposto.
«Caro,
vai a farti una doccia
e riposati… non puoi continuare così anche
domani» mia madre gli carezzò i
capelli con dolcezza e mi montò la mosca al naso.
«Scusatemi
tanto per il
disturbo arrecato! Sono assolutamente distrutto dal rimorso di aver
scombinato
i vostri affari!» sbraitai arrabbiato.
Iniziai
a prendere oggetti e
a scagliarli contro le pareti riducendo la mia camera alla stregua di
un campo
di battaglia con innumerevoli feriti.
Non
riuscivo neanche a
sentire i richiami di mio padre che abbracciava e proteggeva mia madre
dalla
mia devastazione.
Quando
le mie mani non
trovarono più nulla da lanciare mi accasciai tra i cocci sul
tappeto ed iniziai
a piangere.
La
dura realtà della mia
situazione mi era piombata addosso con violenza non appena Draco Malfoy
si era
arreso. Non sarei mai più tornato come prima.
Sarei
rimasto quella
sbiadita, viscida, ributtante immagine di racchia che mi guardava
impaurita
dallo specchio incrinato. Forse era più bella in questo
modo, riflessa a pezzi
piuttosto che intera.
«Adesso
calmiamoci tutti e
andiamo a dormire. Domani mattina andremo da qualche medimago capace di
invertire questa maledizione, non ha senso scatenarci in questo modo e
accusarci a vicenda». Incredibilmente fu Astoria a prendere
in mano la
situazione con piglio deciso.
Raramente
la sentivo con quel
polso e non mi venne in mente di obbiettare nulla, poteva nascondere
altre
virtù segrete che avrebbero peggiorato il mio stato attuale.
Anche
mio padre annuì provato
e silenziosamente uscirono entrambi dalla mia camera mentre io mi
gettavo sul
letto sfatto e macchiato.
Il
mattino dopo venni
svegliato da una manina rugosa che mi scuoteva delicatamente una spalla.
«Signorino…
padroncino si
svegli… la colazione è pronta e tra
un’ora ha un appuntamento alla clinica
privata svizzera».
«Arrivo,
Bor» borbottai, poi,
aperti gli occhi e notato che ero ancora nelle vesti di quella
sottospecie di
ragazza mi voltai stupito «Ma tu mi riconosci?».
Come poteva capire chi ero?
Ieri non l’avevo visto in camera e teoricamente avrebbe
dovuto aver paura di
trovare un’altra persona nel mio letto… anche se
in realtà ero davvero io…
Meglio
non ragionare troppo
su questa cosa o sarebbe scoppiato un mal di testa da guinness.
«Certo,
padroncino. So
perfettamente che siete padron Scorpius, anche se leggermente
cambiato» ammise
guardandomi timoroso, come se potessi scatenare la mia ira solo per le
sue
parole.
Mi
sentii quasi in colpa e
voltandomi vidi la mia stanza perfettamente in ordine e restaurata
dallo
tsunami che avevo scatenato la sera prima.
«Sei
stato tu a mettere in
ordine?».
L’elfo
sorrise e si batté il
pugno sul petto con orgoglio «Ho messo tutto a posto,
così il signorino non si
feriva quando si svegliava e scendeva dal letto»
spiegò.
«Ti
ringrazio, Bor» risposi
cercando di sorridere in modo riconoscente.
Il
solo gesto fece venire gli
occhi lucidi al mio elfo ed io mi affrettai a correre in bagno per
lavarmi e
vestirmi.
Ricordavo
ancora chiaramente
la storia di come l’elfo domestico Dobby avesse aiutato Harry
Potter e tradito
mio nonno. Rammentavo anche gli ammonimenti di mio padre sulla
giustizia e la
cortesia che erano necessari così come la
severità e da allora avevo sempre
cercato di comportarmi in maniera decisa, ferma ma educata. Bastone e
carota
come dicevano i babbani.
Certo
che non ero pronto a
consolare un elfo scioccato per due parole gentili.
Adesso
il mio problema
principale era il vestito: cosa avrei dovuto mettere? Tutti i miei
abiti erano
maschili e non è che morissi dalla voglia di indossare una
gonna, anche perché
i peli delle mie gambe avrebbero causato un caso internazionale di
cattivo
gusto con la conseguenza espulsione da tutte le boutique del mondo
magico e
non.
«Scorpius,
tesoro, ho portato
un vestito, prova a vedere come ti sta» sentii mia madre
fuori dalla porta
mentre mi infilavo l’accappatoio azzurro polvere.
Meno
male che lei ci aveva
pensato.
Uscii
più fiducioso e mi
trovai, stesi sul letto, una moltitudine di pezzi di stoffa colorati,
dal
giallo sole al rosso fuoco, dal verde prato al blu oltremare
all’arancione
tramonto.
Neanche
nei miei sogni più
arditi avevo visto una marea di colori come quelli.
L’arcobaleno era
decisamente sopravvalutato rispetto ad Astoria Malfoy.
«Provati
questo» disse
alzando una tunica da strega color fucsia e argento.
La
guardai spaventato. Cosa
aveva intenzione di fare?
«Stai
tranquillo, questo
colore non ti sbatterà in faccia. Ormai la tua carnagione
olivastra ha bisogno
di colori decisi». Decisamente partita.
Che
la maledizione fosse
contagiosa?
«Mamma…
un paio di pantaloni
e una maglia non andrebbero bene?» suggerii cauto.
«Assolutamente
no! Sei
comunque sempre un Malfoy… anche se leggermente modificato.
Devi mantenere un
certo contegno!» e mi gettò tra le braccia quella
specie di tenda canadese.
«Spero
di riuscire a capire
come infilarlo… di solito io queste cose le tolgo alle
ragazze» borbottai
sottovoce e mi rinchiusi in bagno per completare la mia vestizione. Se
non
altro i boxer erano sempre gli stessi!
«Accidenti»
sbottai cercando
di capire dove era posizionata la mia testa, mentre le braccia uscivano
tutte e
due attraverso uno stretto pertugio argenteo.
«Non
ci capisco niente»
continuai spingendo le braccia sempre più in alto.
Mi
sentivo quasi una foca che
doveva entrare in un tutù senza neanche usare le pinne!
«Scorpius,
sto entrando»
annunciò perentoria la mia augusta genitrice.
Neanche
la privacy della mia
nudità!
Nel
momento in cui la porta
si aprì riuscii a togliermi quella specie di palandrana e me
la posizionai
davanti al petto strillando acuto.
«Madre!
Sono nudo!».
«Scorpius,
caro, ti voglio
ricordare che ti ho partorito, ti ho anche allattato nonostante non
fosse
signorile e quel che più conta, in questo caso, ti ho fatto
il bagnetto e ti ho
visto nudo!» e senza aggiungere altro mi strappò
di mano il vestito con un
abile gesto di bacchetta e lo fece levitare sopra la mia testa in
maniera
perfettamente verticale.
Subito
mi strinsi le braccia
al petto per poi maledirmi per aver avuto lo scatto impulsivo di
coprire le mie
piccole tette, che poi non erano neanche mie ma cresciute per effetto
della
maledizione. Quasi avevo i pettorali più grossi.
«Allora
anche io ho visto il
vostro petto, questo non vuol dire che abbia ancora diritto a vedervi
nuda»
sibilai.
«Scorpius,
dovresti deciderti
a parlare con me rivolgendoti con il tu, non è necessario il
voi» sorrise
benevola sorvolando sul mio appunto.
«Questione
di educazione»
replicai.
«Che
a volte dimentichi,
quindi ti concedo di scordartene del tutto... e adesso alza le
braccia» e così
dicendo mi fece scivolare addosso quella veste da strega. Merlino! Come
ero
caduto in basso!
«Oh,
ma come ti sta bene!»
squittì mia madre ma io inorridii guardandomi allo specchio.
Questa
specie di vestaglia
fucsia con cintura e bordi argentati, svasata e lunga sino ai piedi mi
ricordava tanto i modelli indossati dalla preside McGranitt (a parte il
colore,
per inteso).
«Ma
per piacere! Sembro un
pagliaccio!» protestai.
«D'accordo,
passiamo ad un
altro modello, passa nell'altra stanza» ordinò lei.
Come
per il giorno prima con
le pozioni di mio padre, iniziai a mettere e togliere vestiti a
ripetizione.
Stretti,
larghi, molli,
gonfi, a sbuffo, a raclan, stile kimono... non capivo neanche
perché ci fossero
tanti modi per mettere insieme delle stoffe.
«Mamma,
non ti devi rifarmi
il guardaroba, dobbiamo solo andare da un medico che non
farà caso ai miei
vestiti» finalmente mi ascoltò e cedette
acconsentendo a farmi rimanere con
l'ultimo vestito che mi aveva fatto indossare.
Quando
mio padre lo vide ebbe
la stessa mia reazione: conati di vomito causati dal vestito rosso
fuoco con
spesse bordure dorate.
«Verde
e argento non andava
bene?» borbottò contrariato.
«Il
verde è troppo smorto, lo
sbatte. Il rosso gli sta meglio» rispose piccata mia madre.
Bene!
Mi aveva appena
trasformato in un nuovo griffondoro...
«Andiamo?»
invitò poi
indicando elegantemente il camino.
Lo
studio del luminare era
asettico, minimalista, vuoto di tutti gli oggetti ad eccezione della
scrivania
e delle quattro poltroncine che la attorniavano.
Nessuna
libreria, nessun
attestato di merito, nessun quadro con ritratti famosi deturpavano il
candore
accecante delle pareti che rifletteva il paesaggio innevato delle
montagne
svizzere, mostrate nel loro immenso splendore dalle grandi finestre
posizionate
sul lato sud della stanza, alle nostre spalle.
Tutta
la nostra attenzione
era focalizzata sul mago basso e tracagnotto dalla veste color prugna
che
continuava a passare la sua bacchetta su un pezzo di cartoncino giallo
e blu e
mormorava una litania inquietante e fastidiosa.
Passammo
mezz'ora di attesa
silenziosa, dove io continuavo a sporgermi sempre più verso
il medimago. Alla
fine ero praticamente sdraiato a quindici centimetri dal naso
dell'omuncolo ad
aspettare la sentenza che, avevo il sospetto, non sarebbe stata per
niente
buona.
Quando
si schiarì la voce
sobbalzammo tutti ed io mi ricomposi sulla poltrona in attesa del
verdetto.
«Signori
Malfoy, mi dispiace
molto, ho provato tutti i contro incantesimi del prontuario e anche
qualcuno
sperimentale ma non mi sembra che vi siano state variazioni»
terminò
indicandomi.
«Non
ha fatto niente!»
protestai alzandomi e mio padre mi trattenne e mi indicò
nuovamente la
poltrona.
«Suo
padre mi aveva già
inviato l'elenco di tutte le pozioni utilizzate ieri e io avevo
già preparato
il resto degli incantesimi che potevamo provare. Credo che tutto quello
che era
e non era umanamente possibile è già stato
tentato». La sentenza era stata
peggiore di quanto pensassi.
«Quindi
cosa dovrei fare?
Rassegnarmi?». Il mio strillo terribilmente acuto fece
incrinare il vetro della
finestra.
«Credo
dovrebbe prendere in
considerazione l'altra soluzione, quella prospettata dalla strega.
Trovi una
ragazza e si innamori... oppure... si prepari a rimanere in questo
stato».
Neanche un lampo di comprensione attraversò lo sguardo del
medimago mentre
snocciolava quelle parole che mi condannavano.
«Andiamo,
Scorpius» disse mio
padre alzandosi.
«Ma...
non può essere! Ci
fermiamo così? Senza provare niente altro? Ci arrendiamo a
questo?» chiesi
indicando me stesso.
«No.
In questo momento però
non possiamo fare altro... la ringrazio per il suo impegno»
terminò tendendo la
mano al medimago ed uscì dalla stanza con uno svolazzo di
mantello, seguito
mestamente da mia madre e da me.
Che
diavolo voleva fare
adesso? Mi stava abbandonando? Voleva lavarsene le mani? Cosa mai
poteva
capitarmi alla fine dell'anno concessomi? Sarei rimasto quella specie
di mostro
oppure sarei morto come le altre vittime? Questa minaccia sulla testa
era
terribile.
Durante
il tragitto non ci
rivolgemmo una parola ma arrivati in salotto al Manor, mio padre mi
mise le
mani sulle spalle «Non voglio arrendermi» disse
«Proverò ancora e ancora. Tu
sei mio figlio e non mi
arrenderò prima
di averti salvato».
Era
la prima volta che
sentivo il suo amore nei miei confronti e ne fui immensamente commosso.
«Cosa
dobbiamo fare ora?»
chiesi a mia volta.
«Ti
prenderò dei campioni di
sangue e sperimenterò ancora. Nel frattempo è
imperativo fare delle ricerche
più approfondite e gli unici posti dove possiamo avere
qualche possibilità sono
il Ministero e...» qui si interruppe imbarazzato.
Quale
altro posto poteva esserci?
Un posto dove la conoscenza superava ogni immaginazione...
«No!
Io non posso tornarci in
questo modo, sarei lo zimbello di tutti!».
«Scorpius,
non possiamo
evitarlo! Lo vorrei tanto ma devi per forza tornare lì e
cercare nella
biblioteca. Quello è l'unico posto, assieme ai tuoi
insegnanti, dove è
possibile trovare qualche indizio per arrivare alla soluzione e alla
tua
salvezza» rispose Draco.
«Mi
stai chiedendo di tornare
a Hogwarts in questo stato?» chiesi per sicurezza ma quando
lui annuì mi sentii
mancare il fiato.
Si
prospettava un anno
decisamente difficile.
«A
questo punto dobbiamo
davvero rifarci il guardaroba» annunciò sorridente
mia madre.
Sia
io che mio padre la
guardavamo come se fosse impazzita.
«Ho
sempre desiderato avere
una bambina e adesso il mio desiderio è stato
realizzato!» la sua affermazione
fu come un fulmine a ciel sereno.
«E'
completamente partita»
borbottai.
Niente
mi avrebbe preparato
alla sessione di shopping che si sarebbe aperta per me nelle giornate
successive.
«Dobbiamo
anche andare dalla
preside McGranitt per concordare il tuo rientro a scuola»
proseguì mio padre,
rinunciando a replicare alle affermazioni balzane di Astoria.
Le
mie spalle, prima dritte e
fiere e ora già curve, intrappolate in quello sgorbio di
corpo, si ingobbirono
ancora di più, schiacciate dalla consapevolezza che mi
aspettavano umiliazioni
che sarebbero andate ben oltre ogni immaginazione.
«Non
ti abbattere! Sei un
Malfoy e devi avere la consapevolezza e l’orgoglio per questo
nome» disse mia
madre con voce ferma.
Era
vero.
Dovevo
rimettermi in piedi,
alzare la testa ed affrontare questa prova.
Ero
un Malfoy, la nostra
famiglia aveva affrontato la crisi più nera dopo la caduta
del Signore Oscuro e
molte porte erano state sbattute in faccia nonostante i processi
conclusi
positivamente nei confronti di mia nonna e mio padre.
Dovevamo
avere l’orgoglio di
rialzarsi e superare la paura.
In
ogni caso, queste erano le
mie carte… quindi inutile recriminare, dovevo giocarmela al
meglio.
«Hai
ragione! Sono un Malfoy
e dimostrerò a quella brutta strega che ci vuole ben altro
per abbattermi» e
che Morgana e Merlino me la mandassero buona!
---ooOoo---
Angolino
mio:
dunque
siamo arrivati alla
fine di questo capitolo.
Ormai
non ci sono più
dubbi: non si può far niente contro questa maledizione che
ha trasformato quel
bel pezzo di manzo di Scorpius in una orrida ragazza che
farà raddrizzare tutti
i peli della scuola non appena si mostrerà in tutta la sua
gloria.
Se
non altro è sempre al
centro dell’attenzione.
Ritento
l’interattività
con una nuova domanda:
shopping
con mammà? Si o
no? Perché onestamente l’idea di fargli provare
dei reggiseni mi esalta…
entrata
a Hogwarts? Sulla barca
come quelli di prima o sul calesse? O farsi trovare direttamente
nell’aula
grande?
Spero
che la storia vi
piaccia,
ringrazio
per l’attenzione
e arrivederci tra quindici giorni.
baciotti
|
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Capitolo 4 *** Neanche Voldemort torturava così ***
Ciao
a tutti!
Per
questa volta sono
stata puntuale (c’è quasi da gridare al miracolo).
Ho
deciso di seguire la
mia testa e di fare di questa storia quello che ho già fatto
con le mie altre
comiche.
Questa
è e sarà una storia
interattiva, dove, pur avendo una traccia della trama, chiunque
può suggerire
scene divertenti da inserire, o rispondere alle domande di sondaggio
(come in
questo capitolo: shopping con mamma sì o no?) e ha vinto il
sì, ovviamente.
Ringrazio
chi ha inserito
questa storiella tra le preferite e le seguite e un particolare
ringraziamento
a chi ha recensito. Come faccio di solito in questo genere, troverete i
vostri
nick in grassetto all’interno del capitolo a imperitura
memoria della mia
gratitudine per le vostre parole.
Bene,
spero che la cosa vi
diverta perché io mi trovo davvero bene in questo modo (non
avete idea di
quello che si può pensare partendo da un nick).
Per
ora vi lascio al
capitolo e spero che mi supporterete in futuro. Inserisco anche se in ritardo, il secondo banner che mi ha fatto Elenri (Teresa) la maga del Photoshop! (io non so neanche cosa sia) dovreste poi scegliere quale piace di più!
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
«Hai ragione! Sono un
Malfoy e dimostrerò a quella brutta strega che ci vuole ben
altro per
abbattermi» e che Morgana e Merlino me la mandassero buona!
Queste
erano sicuramente
belle parole molto coraggiose, peccato che non avessi tenuto conto
della mia
deliziosa signora madre.
Astoria
credo che avrebbe
causato seri danni mentali a chiunque si fosse azzardato a fare
shopping con
lei.
Io
ne fui sicuramente una
vittima, tanto che mi impegnai a superare il trauma per i giorni
successivi.
Ecco
cosa successe il giorno
dopo.
«Scorpius,
tesoro.
Svegliati... caro, svegliati... è ora di andare».
La mia spalla dapprima scossa
amorevolmente, veniva man mano strattonata con forza crescente, sino a
sentire
alcuni colpi.
«Madre...»
borbottai
sbadigliando.
Avevo
solo un occhio aperto
ma non riuscivo a credere che quella forza demolitrice della mia
clavicola e
della mia scapola, fosse la tenera e delicata manina bianca di mia
madre.
«Coraggio...
sono le cinque e
mezza e dobbiamo prepararci per andare a Diagon Alley per gli acquisti
che
avevamo deciso di fare» annunciò con piglio deciso.
Cinque
e mezza del mattino?
Cosa diavolo dovevamo fare alle cinque e mezza del mattino?
Guardai
quasi spaventato
quella donna che sembrava posseduta.
«Madre,
perché dobbiamo
alzarci così presto? E poi cosa intendi per
prepararci?» avevo il sentore che
quella giornata sarebbe stata davvero lunghissima.
«Ovviamente
devi ripulirti
prima di uscire, poi dobbiamo andare da una magiestetista che sappia
alcune
magie specifiche, visto che sembra che qualsiasi cosa facciamo i tuoi
peli
peggiorano».
«Grazie,
madre» borbottai
mentre mi spingeva sotto la doccia e faceva evanescere il mio pigiama.
Ma era
una persecuzione! Di nuovo nudo... cioè nuda, davanti a mia
madre.
Tra
coprire la parte sopra
(che forse non mi appartenevano molto) e quella sotto (che sentivo
più mia)
scelsi la seconda con una mano, mentre l'altra chiudevo l'anta davanti
al naso
della mia genitrice.
Ero
davvero peloso, con una
pelle olivastra piena di acne... in effetti, visto che mio padre non
era
riuscito a risolvere neanche il più piccolo problema, una
visitina da una
magiestetista non sarebbe stato malaccio.
Quando
finii di lavarmi e
asciugarmi, mia madre tornò con un paio di pantaloni e una
maglietta a maniche
lunghe.
«Ti
sei convertita
all'abbigliamento sportivo?» chiesi sarcastico.
«Penso
solo che questo ci
consenta un viaggio più comodo, poi vedremo come
variare» il sorriso che mi
rivolse prometteva risvolti drammatici.
Sospirai
rassegnato. Inutile
cercare di svicolare dal tragico destino che mi attendeva, fosse il
fatto di
essere travestito da donna, fosse il fatto di fare shopping con una
strega
esaltata dal fatto di poter vestire una ragazza come aveva sempre
desiderato se
avesse avuto una figlia.
«Sono
pronto» annunciai.
«Scorpius,
tesoro. Dobbiamo
fare qualcosa per questo tuo porti verso te stesso» mi
fissò seria.
Il
tuo porti verso te stesso?
Cos'era, una nuova cosa stile new age? Oppure induista? Aveva di nuovo
scoperto
una nuova setta che faceva della meditazione trascendentale un appiglio
per far
salire la propria aura al livello superiore? Oppure...
«Scorpius,
sto solo dicendo
che sei una ragazza e non puoi riferirti a te stesso dicendo
“sono pronto” se
vuoi che nessuno capisca che ci sono dei problemi. Tutti capirebbero
che c'è
qualcosa che non va se ti poni al maschile». Okay, la cosa
era molto più
semplice e prosaica.
«Quindi?»
meglio far fare a
lei, tanto, ero sicuro che aveva già pensato a tutto ancora
prima di svegliarmi
questa mattina.
«Ho
pensato alla tua storia»
esordì battendo le mani eccitata e sperando di non trovarmi
più in difficoltà
più di quanto non fossi già adesso, feci un gesto
di invito a continuare.
«Pensavo
di farti
chiamare...» pausa ad effetto brivido «Shaula
Girtab» eh?
«Shaula
Girtab, due tra le
stelle più luminose della costellazione dello scorpione. Ho
pensato che non ti
sarebbero sembrate così estranee. Potremmo raccontare che
sei una lontana
parente della nonna di Lucius. Sai che la sorella si era sposata con
quel
principe turco e si erano trasferiti negli emirati. Nulla impedisce che
i
Malfoy abbiano deciso di ospitare una lontana parente che vuole
completare i
suoi studi nella prestigiosa Inghilterra» terminò
compiaciuta.
«Devi
esserti applicata
parecchio» borbottai.
Shaula...
non era male come
nome, evocava mistero e profumi speziati... Shaula... sì,
decisamente poteva
andare. Girtab? Nah! Era davvero un cognome pessimo, soprattutto se,
come
spesso accadeva, dovessi essere chiamato usandolo. E chi si girava? Era
brutto!
Brutto come la mia immagine che rifletteva lo specchio.
Guardando
mia madre che stava
aspettando ansiosa la mia reazione mi rassegnai ad accettare le sue
idee, in
fin dei conti non avevo mica tanta voglia di pensare a una storia
adatta a
giustificare la mia venuta a Hogwarts e tanto meno studiare un nome e
cognome
adatto.
«Va
benissimo» annuii
«Grazie, mamma» e fui ripagato da un enorme sorriso
soddisfatto che mi fece
sentire meno in colpa per non apprezzare sino in fondo i suoi sforzi.
«Andiamo,
sono pronta»
ripetei calandomi nel nuovo ruolo.
«Perfetto.
Come ti chiami?»
test prima di uscire? Faceva tanto agente segreto.
«Shaula
Girtab, piacere.
Vengo dalla Turchia e sono parente di Draco Malfoy» la mia
voce gracchiante
sembrava adatta a questa fantomatica ragazza straniera. Sì
decisamente avevo
trovato il nome adatto.
«Perfetto,
adesso andiamo, si
è fatto tardi» a questa affermazione gettai una
occhiata all'orologio sul
camino. Segnava ancora le sette e quaranta cinque. Perché
dovessimo già uscire
a quell'ora per andare per negozi rimaneva un mistero.
Astoria
prese una manciata di
polvere volante e si voltò verso di me per chiarirmi la
destinazione.
«Cominceremo
con la
magiestetista. Abbiamo appuntamento alle otto e credo che ci
vorrà parecchio
per riuscire a fare qualcosa di positivo». Avrei potuto anche
offendermi ma
onestamente dovevo ammettere che aveva ragione, era piuttosto difficile
estrarre qualche cosa di buono da questo corpo.
Entrò
con decisione nel
camino del salotto e dichiarò il nome ad alta voce “IpseDixit”,
cosa che feci anche io subito dopo scandendo chiaramente le parole
nonostante
non avessi la più pallida idea di cosa fosse. Sperai solo di
non ritrovarmi
nello Zimbawe, sarebbe stato faticoso tornare a casa.
Subito
mi sentii strattonare
e stringere le spalle mentre passavo attraverso i camini in una
continua luce
verde.
Quando
sbucai in ginocchio
nel camino mi trovai ad essere fissato da almeno cinque paia di occhi.
«Per
Morgana. Qui ci vorrà un
miracolo!» esclamò una donna dagli improponibili
capelli verdi e dalle ciglia
lunghe mezza faccia che la facevano apparire decisamente addormentata.
«Oh,
MandyCri ma tu sai
sicuramente come operare questo miracolo» la
blandì una piccoletta dai capelli
arancioni cotonati a forma di zucca rotonda. Ci mancava solo la
fiammella in
mezzo e sarebbe stata perfetta per Halloween senza neanche mascherarsi.
«Babyramone!
Non
cercare di adularmi tanto le ferie per andare a Zanzibar con il tuo
maghetto
non te le do! Devi ancora ripagarmi del disastro che hai fatto con
quella
signora...».
Mi
sentivo leggermente
escluso ed ignorato. Se ero io che dovevo essere seguito,
perché nessuno mi
guardava? E dove era mia madre? Forse avevo sbagliato indirizzo?
«Shaula,
tesoro! Eccoti,
cominciavo a pensare che ti fossi persa. Sapete? Questa è
una principessa
araba, parente di mio marito» ed ecco che spuntava mia madre
da dietro un
paravento, con una strana poltiglia grigia sulla faccia. Se non fosse
stata per
la voce non l'avrei riconosciuta.
«Sicuramente
andava in giro
con il burqa, visto i peli che ha in faccia»
borbottò Babyramone facendo
sghignazzare una collega che le stava accanto.
«Attenta
a te! Più rispetto
altrimenti andrai in ferie in maniera permanente!»
minacciò MandyCri che
evidentemente era la proprietaria del salone.
Sorrisi,
non male l'idea del
burqa, magari potevano consentire a farmelo indossare a Hogwarts,
sarebbe stata
una soluzione!
«A
noi signorina Shaula!
Vedremo di renderla presentabile anche in Inghilterra»
più che una promessa
sembrava una minaccia.
Per
prima cosa parlarono di
pelle grassa e pori dilatati. Che fosse grassa questa forma
l’avevo intuito
anche io, con le chiappe abnormi che mi ritrovavo!
Mi
schiaffarono praticamente
in mutande dentro a una stanza fumosa, umidissima e dall’aria
irrespirabile.
Iniziai a grondare sudore. Di più che grondare!
Probabilmente facevo lo stesso
effetto di un rubinetto aperto! Se questo serviva per togliermi il
grasso da
dosso però non sarebbe bastato un mese. Ero una enorme palla.
Non
mi lasciarono lì un mese,
ma neanche quindici minuti. Ero praticamente svenuto e mezzo affogato
in una
pozza d’acqua quando mi tirarono fuori da quel forno.
Non
contenti di avermi
spossato fisicamente e moralmente, mi gettarono senza riguardi in una
vasca con
acqua gelida, procurandomi uno shock termico di dimensioni epiche, un
principio
di assideramento e una futura certissima broncopolmonite.
Mi
fecero entrare e uscire
dall’acqua tre volte, come se fossi stata una bustina per il
te. Volevano forse
essenza di Malfoy?
Se
questo era l’inizio avevo
quasi paura di quello che sarebbe accaduto più tardi.
«Shaula,
cara, come ti
senti?» mi giunse la voce di Astoria, ovattata e lontana.
Perché?
Oh,
giusto. Mi era appena
stato ficcato in testa una specie di casco con un sacco di ventose che
sembravano risucchiare i miei capelli color topo. Che dolore. Quanto mi
mancava
la chioma biondo platino a cui ero abituato. Era il mio biglietto da
visita,
non passavo mai inosservato grazie a quello.
«Bene,
grazie, ma… Astoria,
cara». Allenamento.
Mi
fecero stendere su un
lettino ed iniziarono ad impiastrarmi il viso con una poltiglia viscida
e
nauseabonda che pizzicava in modo allucinante. Volevo grattarmi tutta
la pelle.
Era una tortura.
Ma
davvero le donne subivano
questi trattamenti? Per sembrare belle? Cominciavo ad essere pieno di
ammirazione per lo spirito di sacrificio del genere femminile.
Tolta
la roba disgustosa
iniziarono a schiacciare piccoli lembi di pelle come pizzichi fatti con
unghie.
Una cosa dolorosissima.
«Devi
usare meglio la
bacchetta. Dobbiamo far uscire tutto il nero dai pori».
“Era
per questo? No, vi
prego! Lasciatemi pure tutto il nero ma fermate questa
tortura” pensai con le
lacrime agli occhi. Era qualcosa di tremendo.
Per
tutto il periodo non
ricevetti nemmeno un piccolo accenno di pietà da parte di
qualche persona tra
quelle che mi stavano bistrattando. Probabilmente erano abituate ad
agire come
aguzzini.
Un
attimo di pace e
rilassamento mi fece emettere un leggero gemito di piacere quando mi
passarono
sulla pelle arrossata dei batuffoli di cotone con una lozione
rinfrescante.
«Dobbiamo
pensare ai peli».
Nuovo ordine del generale.
Quasi
mi mettevo a tremare.
Iniziarono
a stendere sulle
mie gambe, braccia, sopra il labbro e sopraciglia delle garze
leggermente
calde. Non era affatto fastidioso e rimasi tranquillo aspettando la
prossima
mossa, fiducioso che il peggio fosse passato.
Povero
cuore ingenuo il mio!
Non
appena la prima striscia
di garza venne strappata dalla mia pelle dove sembrava incollata con la
super
magicolla mi misi a imprecare davvero in turco, intervallando a
più semplici
esclamazioni inglesi.
«Porco
Merlino e quella
zoccola di Morgana a ingrufarsi nella tana del Bianconiglio di Babbo
Natale
piegato a novanta davanti all’ultimo troll di montagna
rotolato nel fango
soporifero di un Ungaro spinato con lo scorbuto!».
«Complimenti
signorina
Shaula! Questa mi mancava!» esclamò ridendo una
commessa mentre mi scendevano
copiose lacrime.
Possibile
che nessuno si
muovesse a pietà per una pozione antidolore?
Insomma,
a Hogwarts
l’infermiera riusciva a far ricrescere le ossa, togliere le
fatture,
ripristinare i lineamenti facciali, correggere gli incantesimi e le
trasfigurazioni andate male e sapevo, per esperienza personale, che non
si
soffriva neanche un decimo di quanto sopportavo adesso.
Se
al posto dei mangiamorte,
Voldemort avesse avuto queste donne come tirapiedi, neanche Harry
Potter sarebbe
sopravvissuto a questa tortura.
Avrei
potuto tranquillamente
paragonarla alla maledizione cruciatus, che mi lascerà
devastanti drammatici
traumi sin che avrò vita!
«Forza,
non faccia la
bambina. Abbiamo quasi finito» mi esortò
un’altra voce.
Altre
creme ustionanti e
altre passate di cotone rinfrescante dopo, mi fu concesso di
accomodarmi su una
poltrona per seguire seduta il mio miglioramento.
Passarono
ancora il
decespugliatore per le mie sopracciglia, visto che la garza non aveva
funzionato in modo completo. Mi sentivo quasi una pianta!
La
tortura continuò ancora
per un tempo talmente lungo che mi sembrò aver occupato
tutto il giorno.
«Eccoci
qui! Tutto quello che
era magicamente possibile è stato fatto»
annunciò la proprietaria del negozio
«Dovrà applicare questi prodotti tutti i giorni
per mantenere la pelle in una
situazione di stasi ottimale e dovrà passare da noi una
volta al mese per
tenere sotto controllo tutto il resto».
Guardai
allo specchio la
figura che rifletteva, la me stessa dopo quelle ore di agonia.
La
pelle era leggermente
migliorata. L’acne era stato decimato del cinquanta per
cento, i baffetti sul
labbro erano stati ridotti a piccole ombre, le sopracciglia non erano
più
eccessive e spesse, i punti neri erano stati quasi totalmente
debellati.
Nel
complesso se prima ero un
mostro, ora potevo definirmi solamente orribile.
«MandyCri!
Sul bancone ho
trovato la pozione antidolore… a chi devo
somministrarla?» chiese cortese una
giovane donna che era sempre stata lontana dalla mia persona.
Tutti
guardammo in faccia
tutti. Io con particolare odio.
Avrei
scommesso tutte le
figurine delle cioccorane esistenti su questa terra che quella pozione
era per
me!
Avevo
sofferto come un cane e
la pozione era a tre metri dalla mia persona?
Tutte
le commesse fecero due
passi indietro guardando solo i miei occhi. Probabilmente mi si era
anche rotto
qualche capillare perché vedevo letteralmente rosso.
«Signorina
Shaula, noi
abbiamo finito. Sistemeremo il conto con la signora Malfoy…
spero si sia
trovata bene da noi» pigolò piano la proprietaria.
Se
lo sguardo poteva
uccidere, non ci sarebbe più stato neanche un granello di
polvere di quella
donna.
«Complimenti
per la forza! Io
non ce l’avrei mai fatta a sopportare tutto quel
dolore» sussurrò allegra la
testa di zucca.
«Astoria,
cara. Ti prego
usciamo da qui… mi sento soffocare e non vorrei fare qualche
cosa di avventato»
sibilai e mi trascinai fuori da quel antro di dannati.
L’unica
cosa positiva è che
avendo lavorato solo al di sotto del ginocchio, braccia e testa non si
erano
minimamente accorte della strana protuberanza tra le gambe. Almeno qui
il mio
segreto era salvo.
Uscimmo
da lì con una fretta
impressionante. Dovevo riuscire a calmarmi prima di avadakedravrizzare
tutte
quelle stronze! Possibile? Era la prima volta che trattavano una
cliente?
Dimenticarsi della pozione antidolore? Con quello che fanno?
I
babbani nel medioevo
avevano imparato da loro i sofisticati sistemi di tortura, ne ero certo!
«Shaula,
tesoro, non correre,
non sta bene per una ragazza!» sbuffò come una
vaporiera mia madre alle mie
spalle. Faticai un attimo a ricordare perché c’era
questa Shaula di mezzo poi
rammentai che era il mio nuovo nome. Dovevo abituarmi, aveva ragione a
chiamarmi sempre così.
Rallentai
il passo e la
attesi. Non ero in condizione di una smaterializzazione e, in ogni
caso,
dovevamo ancora passare ad acquistare qualche vestito per la scuola e
alcuni
libri e penne che mi mancavano.
«Benissimo,
possiamo passare
un attimo al negozio di biancheria, prima di procedere
all’atelier di Madame McClan»
certo, se dovevamo prendere dei vestiti mica potevamo rivolgerci a un
qualsiasi
negozio più alla mano e fuori dal giro dove nessuno mi
avrebbe visto! Noi
eravamo Malfoy e dovevamo per forza andare in un luogo dove tutti
potevano
vedermi in quelle condizioni e decretare il decesso definitivo della
mia vita
sociale.
Sperai
che almeno la boutique
di biancheria fosse più defilata.
Poteva
andare qualcosa per il
verso giusto quel giorno? Lascio immaginare.
Nella
strada principale di Diagon
Alley, stretto tra le vetrine di Olivander fabbrica di bacchette di
qualità
superiore dal 382 a.C., e quelle di Modern Clip Clap, sala da ballo per
tutti i
generi, si trovava la sontuosa mostra di mutandoni della nonna con
tanto di
trine ingiallite e accompagnate da corsetti con stecche di balena.
“Sireine,
lingerie da tutto il mondo” recitava l’insegna.
Entrammo
e uno scampanellio
fastidioso ci accolse.
Subito
spuntarono, dagli
angoli più impensati, quattro commesse vestite di nero con
il colletto inamidato
e una severa crocchia. Erano tutte rugose, giallognole e con le mani
adunche. Sembravano…
identiche!
Nella
mia vita avevo
conosciuto alcuni gemelli: le Nott, i Mclaggen di Tasso Rosso, i due
Scamander,
ma vederne quattro insieme mi sembrava… bizzarro.
Sobbalzai
quando, con un
sonoro pop, una di loro sembrò svanire e la sua immagine
traslucida
posizionarsi sino a fondersi con la gemella vicina. Un altro pop e
un’altra
gemella sparì sotto i miei occhi sempre più
perplessi. Infine fu il turno
dell’ultima e ne restò soltanto una che ci
guardava piuttosto seccata.
«Scusate,
stavo facendo
pulizia e questo trucchetto dello sdoppiamento è molto utile
per fare il tutto
in un quarto di tempo. Con i miei pizzi non posso usare la magia gratta
e netta
oppure si danneggerebbero» spiegò prima di
voltarsi e avanzare lentamente verso
il bancone.
Una
volta posizionata
correttamente si voltò ossequiosa verso mia madre e disse
con il miglior tono
servile «Come posso esserle utile signora Malfoy?».
Mi
voltavo intorno leggermente
inquieto. Ero praticamente sicuro che le mutande potessero andarmi bene
quelle
già portavo, sorvolando sul fatto che in quel particolare
punto non avevo
subito cambiamenti sostanziali, rimanendo, di fatto, inalterato e
funzionante.
«Vorremmo
alcuni reggiseni
per la signorina Shaula, una nostra lontana cugina, e anche delle
camicie da
notte».
Camicie
da notte? E poi mi
voleva dare anche una papalina da mettere per andare a dormire? Io
dormivo in
boxer e dorso nudo. Al limite pigiama se non volevo sconvolgere nonna
Narcissa
quando veniva a trovarci, ma camicioni da notte proprio no!
Per
i reggiseni… ero
costretto ad approvare. Anche se a me avere le tette cascanti o meno,
poco
interessava. Volevo solo farle sparire.
La
strega si riscosse
immediatamente, sembrò quasi annusasse l’aria
pregna di galeoni. Beh,
certamente non eravamo venuti a rubare!
Cominciò
a cercare nei
corridoio creati da alte scaffalature. Mi era già capitato
di accompagnare una
cara amica presso un negozio di intimo (i camerini erano discreti, con
un
semplice incantesimo imperturbante avevamo avuto un intenso e
soddisfacente
scambio di… opinioni). A quanto ricordo c’erano
articoli appesi, in mostra e
tutti colorati. Qui non si trovava nulla che non fosse chiuso in una
scatola
che poteva anche essere coperta da quattro dita di polvere.
«Certamente
signora… direi
questa… poi questa… e anche questa…
questa?... no. Questa sì…» sembrava
scegliesse le carte da gioco. Dopo dieci minuti buoni
cominciò ad aprire le
scatole e a disporre sul tavolo accanto al bancone gli articoli che
aveva
scovato.
Sorpresa!
A dire la verità
non mi aspettavo questo gusto quasi eccentrico e questa…
sfrontatezza: anche
mia madre arrossì di fronte a un reggiseno completamente
trasparente in pizzo e
tulle.
«Ho
pensato che pezzi
giovanili potessero andare. Questi sono quelli più venduti.
Tra le ragazze di
Hogwarts, Potterina1993 fa davvero
furore» disse con un sorriso complice mentre mi mostrava un
insieme di raso e
merletti che facevano pensare a eccitanti notti a luci rosse.
Ricordavo
vagamente di aver
tolto un pezzo di stoffa del genere dal petto di una Tassorosso e se
loro si
potevano ritenere ordinarie… cosa potevo mettermi io?
«Decisamente
appropriato»
approvai sollevando un reggiseno in pura seta cinese.
«Prego,
si accomodi dietro il
separé». La signora Sireine mi indicò
un paravento nero lacca intarsiato con
avorio e madreperla. Un pezzo unico sicuramente antico.
Provai
un pezzo dietro
l’altro e finalmente capii perché le ragazze ci
mettevano tanto a vestirsi. Se
per mettersi un reggiseno si rischiava di slogarsi la spalla e ancora
non si
riusciva ad agganciare quegli stramaledettissimi gancetti.
Provai
anche ad usare la
bacchetta ma era evidente che l’intimo femminile fosse
difficile anche per lei,
visto che si afflosciò su se stessa sprizzando tristi scintille rosse e
facendomi rimanere con il
reggipetto slacciato.
Possibile
che riuscivo a
sganciare facilmente qualsiasi indumento addosso a una donna e non
riuscivo ad
agganciarne uno addosso a me? Provai a infilarlo già chiuso
e, questa volta, mi
lussai davvero una spalla rimanendo impigliato con un braccio piegato
ad uncino
in una coppa, l’altra sul mio occhio e l’altro
braccio teso verso l’alto che
annaspava.
Perché
usare un incantesimo
di pastoie? Questi strumenti di satana erano più che
sufficienti per
immobilizzare chiunque. Quasi quasi mi lasciavo le poppe al vento.
Faceva tanto
nature!
«Ha
bisogno di un aiuto?»
chiese premurosa madame.
«No
si figuri… riuscirò
senz’altro… a rimanere segata in due…
sa, al mio paese non si usano…» mi
giustificai. Sentii mormorare qualcosa e magicamente il pezzo
andò a coprire e
sostenere quel che doveva in modo corretto. Mi guardai allo specchio e
vidi
accanto a me mia madre che mi guardava con occhio lucido.
«Ti
sostiene bene? Lo senti
stringere qui o senti il petto a posto?» chiese sottovoce.
Che
razza di domanda!
«Che
ne so? Sembra che vada
bene» risposi perplesso.
«Preferisci
con il ferretto?»
ma se ne avevo provato solo uno e con gran fatica. L’idea di
uscire di lì per
rientrare dentro un altro nido di serpenti elastici mi faceva
accapponare la
pelle.
«Direi
di prenderne un paio
di ogni tipo» suggerii. Stiamo sul vago e ci salviamo le
chiappe!
Guardai
mia madre che tornava
dopo aver riportato l’ordine a una giuliva signora Sireine e
notai che aveva
l’occhio lucido.
«Cosa
c’è?» chiesi
leggermente preoccupato.
«Ho
sempre desiderato vestire
la mia bambina» squittì.
Okay,
potevo ufficialmente
dare per disperso il cervello di mia madre.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
arrivati in fondo.
Giornata
estetista e
shopping, spero vi sia piaciuta. Io mi sono divertita a pensare come un
ragazzo
sottoposto a trattamenti sconosciuti.
Pensavo,
per il prossimo
capitolo di provare i vestiti e poi i trucchi, magari incontrando
qualcuno.
Qualche
suggerimento su
quali vestiti provare e chi incontrare?
Aspetto
le vostre idee,
nel frattempo vi ringrazio per il tempo che avete dedicato alla lettura
di
questa storiella e per quello che eventualmente spenderete per il
commento e
parti celebrali.
Posterò
il prossimo
capitolo tra due settimane.
Per
ora, alla prossima
Ora un
pochino di pubblicità, concedetemela, è tanto che
non la faccio.
in questi
tre anni ho scritto molto e nell’ultimo mi sono pure
diversificata.
Ecco le
mie altre storie:
La
punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane
Malfoy alle prese con una maledizione che lo
trasforma in una donna. In corso.
fa
parte di una serie di storie indipendenti (I
trasformisti) dove troverete altre
storie
sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi,
uomo-donna.
Tutti umani. Concluse.
7mi
Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni
dopo, i giochi
ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora
è il turno della figlia
dei Mellark. In corso.
Fidanzato
in prova (Romantico)
storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In
corso. Sequel di AAA Offresi
Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa.
Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca
della
donna da amare.
Si
dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere
tra Bella e Edward per una tenuta
vinicola. In corso.
AAA
Affittasi Moglie (Twilight)
cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad
affittare una moglie? In corso.
Twiligh delle
caverne (Twilight)
parodia della storia nella preistoria. Mini fic. in
corso.
Dottore dei
tubi (Twilight) commedia su sei
amici al bar e un racconto su cosa è
successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.
Mini
fic Twilight, Concluse. Come
Andromeda
e Acqua
che cade entrambe
storie fantasy (senza vampiri).
Sakura
– Fiore di ciliegio (Twilight)
Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906
partendo da
Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa
Fu la
prima volta che… e Déjà
vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot
rosse. Umani.
Prima
di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere
di fumare (Twilight) tre shot
leggere. Umani.
Dovessi
chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la
mole è notevole. Ovvio
che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità
e il motivo di
avermi entusiasmata (forse le rosse le eviterei, ho provato ma sono
davvero una
piaga in quelle descrizioni)
Comunque
potete accedere direttamente cliccando sul titolo scritto in colore.
Fatemi sapere
se e cosa ne pensate.
|
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Capitolo 5 *** Sotto il vestito... tutto ***
Ciao
a tutti!
Eccoci
di nuovo con un
capitolo di questa storiella divertente (spero) e senza pretese.
Anche
questa volta
troverete i nick di chi ha recensito in grassetto a ringraziamento dei
suggerimenti e apprezzamenti.
Grazie
in particolare a
Elenri (Teresa) mia personale bannerista che mi ha fornito questa
immagine
davvero inquietante. Grazie davvero!
Adesso
vi lascio al
capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Le
camicie da notte erano
sottanoni svasati in raso, seta, pizzo e tulle. Niente a che vedere con
quello
che immaginavo indossasse mio nonno! Più che pigiami
sembravano negligé e ed
erano il sogno proibito di tutti i maschietti che conoscevo
(cioè poter
togliere quelle cose dal corpo voglioso di una ragazza tutta curve).
Solo
quelli erano una perenne tentazione.
«Riguardo
ai reggiseni…»
bisbigliò mia madre «Non dire a tuo padre che
abbiamo acquistato quelli di
Potterina, sai come reagisce quando sente parlare di Weasley, Potter o
Granger».
Ridacchiai.
Probabilmente gli
spuntavano tutti i brufoli che avevano tolto a me qualche ora prima.
«Che
ne dici di questo?» mi
mostrò un modello color cipria.
«Non
sarebbe male ma non
credi che debba mettermi qualcosa di più coprente... sai,
vado a scuola tra
ragazzi e di certo non mi metterò a far sfilate in giro per
Hogwarts con il
rischio che mi scoprano». Non volevo essere maleducato ma mia
madre doveva
rendersi conto che non stava vestendo la sua bambina ma un ragazzo
maledetto
che doveva sopravvivere a un anno scolastico. Forse lei non si
ricordava
com'era ma io sì. Ne ero uno dei fautori! Onestamente la
storia di subire
quello che, sino all'anno scorso, procuravo agli altri non era per
niente
esaltante.
Più
o meno avevo idea di
quello che mi aspettava ma la necessità di notizie che
potevo recepire dalla
biblioteca era di gran lunga più importante.
«Hai
ragione, non ti
serviranno a nulla questi. Meglio i classici pigiami felpati che ti
copriranno
per il freddo» suggerì piegando i
negligé con cura e rimpianto.
«Veramente
preferirei
qualcosa di più leggero» ribattei a beneficio di
Madame Sireine «Lo sai che
dormo in pantaloncini e a Serpeverde fa sempre freddo. Non ho bisogno
di altro
calore» aggiunsi poi sottovoce.
«Pigiami
di cotone andranno
benissimo» confermò mia madre alla signora del
negozio che si affrettò a
cercare le scatole per farci ammirare i pigiami che, anche se dallo
spirito
dozzinale, saranno sicuramente raffinati e di classe.
«Che
ne dici di passare
all'abbigliamento vero e proprio?» mi chiese Astoria. Avevo
quasi paura di
capire a cosa si riferisse, ma delle semplici divise con camicie,
maglioncini e
le toghe nere non erano poi così drammatiche. In fin dei
conti avevo già
affrontato i problemi relativi alla biancheria intima e peggio di
quella non
poteva esserci nulla.
«Certo,
da che parte
iniziamo?» chiesi deciso.
«Ovviamente
Madame McClan».
Ovviamente. Sarebbe già stata una fortuna se non avessi
trovato nessuno di
Hogwarts e in tal caso, c’era da chiedersi se la signora
stesse per andare in
fallimento.
Come
se fossi destinato al
patibolo, seguii mia madre fuori dal negozio e svoltammo verso Il
Ghirigoro.
Non
mancava molto all'inizio
della scuola e la strada era piena di studenti, metà dei
quali non conoscevo,
mentre dall'altra metà cercavo di nascondermi. Sapevo
già che non potevo
continuare in eterno ma almeno per i prossimi giorni avrei voluto
vivere
tranquillo.
«Signora
Malfoy, buon
pomeriggio» squittì Claire Nott in compagnia di
Blaike e Nigel. Sobbalzai
spaventato e, come un riflesso condizionato, iniziai a correre a rotta
di collo
verso la vetrina del Ghirigoro e, trovando aperta la porta, mi ci
infilai
dentro, cercando di sparire tra gli scaffali.
Non
avevo proprio intenzione
di farmi vedere dai miei amici prima di quando fosse strettamente
necessario.
Mi
infilai dietro a uno
scaffale ed iniziai a guardare i titoli esposti cercando di frenare la
voglia
di accucciarmi sotto una catasta di libri.
«Albus
Severus Potter!
Smettila di trapanarmi i timpani con i tuoi commenti sul quiddich. Ho
capito ma
non ho voglia di pensarci adesso. Quando sarà il momento
deciderò se fare il
provino per la squadra oppure no» sentii alle mie spalle.
Avevo
la sensazione di
conoscere quella voce e, sicuramente, sapevo con chi stava parlando. Il
santo
figlio del bambino (non più tale) che era sopravvissuto, il
ragazzo che, pur
non avendo i capelli rossi, tendeva ad essere esuberante esattamente
come il
resto della tribù Weasley.
«Rose,
manchi solo tu! Lo sai
che da quando James ha finito la scuola abbiamo dovuto rimaneggiare la
squadra.
La soluzione sarebbe un nuovo portiere e Hugo non vuole neanche
provarci. Tu
sei l’unica che può salvarci». Questa
poi! Da quando la rossa zannuta era così
brava?
Le
uniche cose che le avevo
visto fare era stare china sui libri e alzare la mano per rispondere,
come se
nella spalla fosse nascosta una molla.
Mi
feci più piccolo e mi
schiacciai contro il muro e lo scaffale polveroso che conteneva tomi
di...
romanzi babbani. Ecco perché erano così vecchi e
dall'aria abbandonata.
Una
serie di scalpiccii mi
fece drizzare le orecchie e sperai che nessuno passasse lì
in fondo al negozio.
«Rose,
Albus... avete già
preso i vostri libri? Sto cercando il testo di pozioni avanzate e non
riesco a
trovarlo... c'è troppa gente qui dentro!» una
ragazza più giovane si stava
lamentando.
«Lily,
piantala. Sei
normodotata, puoi anche usare le manine e cavartela a cercare da
sola». La voce
di Rose si fece piccata nei confronti della piccola Potter. Mi
ricordavo la
piccoletta tutta pepe che assieme alle cugine, facevano disperare anche
il
professor Paciock dei giorni più tranquilli.
«Appunto,
se ci fosse un
commesso libero, avrei già finito gli acquisti e potrei
andare al negozio da
zio George. Roxanne e Lucy mi stanno aspettando per fare scorta di
caccabombe e
i nuovi fischi svenevoli... poi ci sono le liquirizie esplosive! Hai
idea di
cosa succede se ne metti una nel succo di zucca a
colazione?». Con un po' di
fantasia riuscii ad immaginarmi una gran bella scena e sorrisi.
Decisamente una
peperina la piccoletta Potter.
«Prendi
qualche giochetto
esplosivo anche per me. Il libro di pozioni te lo cerco io».
Mi sorpresi non
poco. La signorina Rose Weasley, studentessa con lode di Hogwarts che
pensava
di creare scompiglio nelle sacre aule del sapere? Il mondo aveva
iniziato a
girare al contrario?
«Vuoi
anche le merendine
marinare o sei a posto?» chiese ancora la Potter.
COSA?
Cosa sentivano le mie
ingenue orecchie? La signorina Weasley che prendeva le merendine
marinare per
saltare la scuola? Non mi ero mai accorto che avesse bigiato qualche
lezione,
ma era vero che non frequentavamo le stesse ore e quindi poteva anche
essere
così e io non saperlo.
«No,
quelle ne ho a
sufficienza. Mi servono i fuochi e qualche oggettino per spaventare...
oh,
prendimi anche un pochino di buio pesto peruviano, non si sa
mai». Quello era
decisamente un mondo nuovo.
«A
buon rendere... accidenti,
c'è troppa gente, meglio che passo di qua!» sentii
i passi avvicinarsi e
abbassati la testa incassandola tra le spalle.
«Oh,
ciao... non c'è mai
nessuno in questa parte del Ghirigoro» disse subito una
piccoletta dai capelli
rossi lunghi e una manciata di lentiggini sul naso e sotto gli occhi
scuri.
Vagamente
mi ricordavo della
piccola di casa Potter, un tornado di schiamazzi!
Ricordavo
ancora quanto aveva
urlato il professor Paciock quando si era trovato una palude melmosa e
maleodorante nel bel mezzo della serra dove crescevano le piante
carnivore
della siberia.
Il
risultato fu la morte
precoce dell'ottanta per cento dei licheni assassini per troppa
umidità e lo
sviluppo di cinque nuove specie di funghi parassiti che, scoprirono
dopo
qualche esperimento, avevano poteri digestivi e soporiferi.
Morale?
Cento punti in meno a
Grifondoro per il danno e centocinquanta punti in più per il
merito della
scoperta.
«Volevo
trovare questo
volume» risposi prendendo in mano il primo tomo che avevo a
portata di dita.
«Oh!
Le opere complete di
Jane Austen! Anche mia zia l'ha letto e mi ha detto che sono dei
romanzi
bellissimi» disse, al che guardai meglio la copertina.
“I
sei romanzi di Jane Austen:
Orgoglio e pregiudizio, Ragione e sentimento, Emma, L'abbazia di
Northanger,
Persuasione, Mansfield Park. Commento e prefazione di DarkViolet92”
un
libro di circa quindici centimetri di spessore! E mi sembrava anche una
raccolta di classici romanzi rosa dove le ragazze sospiravano e
sognavano tra
le pagine scritte in piccolo.
Non
potevano vendere i
fumetti di Thor? Riuscii a fare un sorriso tirato e poco convinto.
«Sì,
non vedevo l'ora di
leggerlo» pigolai.
In
quel momento imbarazzante
la mia attenzione venne attirata da una figura che era comparsa alle
spalle
della Potter, all'inizio della corsia. Una rossa alta, con degli
splendidi
occhi azzurri circondati da lunghe ciglia nere, una boccuccia rosea
carnosa
tutta da mordere, un viso dai lineamenti regolari e cesellati
contornato una
fiammata di capelli lunghissimi. Vestiva con un maglione verde
bottiglia e un
paio di jeans sdruciti.
Mi
trovai ad analizzare
centimetro dopo centimetro la figura di Rose Weasley, mentre il mio
cervello
continuava a urlare “Ma come hai fatto a non notarla
prima?” e a darmi del
coglione.
«Lily,
hai bisogno di altro o
ti basta pozioni?». Che voce musicale...
Da
quando, la rossa, non
aveva più la voce irritante da saputella? E che fine avevano
fatto le zanne che
si trovava al posto dei denti?
Il
suo sorriso era splendido
e gentile, quasi modesto e assolutamente perfetto.
Lily
si girò verso la cugina
per risponderle.
«Se
riesci anche a trovarmi
un libretto di quei temi già fatti per incantesimi, eviterei
di rompere le
scatole a te e Albus per il resto dell'anno... altrimenti no. Sono a
posto...
mi ero fermata solo un attimo con...?» si voltò di
nuovo verso di me,
aspettando il mio nome, ma, in quel momento non sarei riuscito a
sostenere lo
sguardo curioso di Rose, perciò mi precipitai verso l'uscita
prima che mi potessero
fermare ed osservare con attenzione borbottando un veloce
«Scusami devo
andare».
Peccato
che al momento
dell'attraversamento della porta di entrata del negozio, mi accorsi di
avere
ancora il libro in mano e di non averlo pagato. Di questo se ne accorse
anche
la sirena automatica antitaccheggio, che iniziò a urlare
“al ladro” nel bel
mezzo di Diagon Alley creando non poco scompiglio agli altri e
imbarazzo a me.
«Shaula,
cara, ti stavo
cercando» accorse trafelata Astoria, gettando sulle mie
spalle una lunga e
larga stola grigia che mi affrettai a drappeggiare sulla testa e
davanti al
viso. Troppi occhi ad osservarmi non erano sicuramente benvenuti.
Già
da solo mi consideravo un
mostro, non era il caso che lo pensassero da subito anche gli altri.
«Oh,
signora Malfoy! Lei
conosce questa ragazza? Sa, il nostro allarme è tra i
più sofisticati di tutto
il mondo magico, e la ragazza è uscita senza pagare il
libro...» il commesso
era leggermente proteso verso mia madre, con le mani giunte sul davanti
e la
schiena curva in segno servile. Mi ricordava un elfo domestico.
«E'
stato un errore in buona
fede. Ci eravamo perse di vista e nostra cugina mi stava cercando
appunto per
pagare questo manoscritto» rispose accomodante
«Perdonatela, viene dalla
Turchia e non è avvezza alle nostre usanze».
«In
Turchia non pagano?»
chiese scettica una voce che riconobbi appartenere ad Albus Potter.
«Pagano
i miei servi, io non
porto mai denaro con me» risposi seccato. La voce
risultò acuta e stridula,
tanto che vidi anche un paio di persone portarsi le mani alle orecchie.
«Albus,
smettila di fare il
polemico e torniamo dentro a finire le nostre compere»
sibilò Rose agguantando
il braccio del cugino e strattonandolo all'interno del Ghirigoro,
facendo
sciogliere il crocchio di gente curiosa che si era formato.
«Beh,
almeno non sei stata
arrestata. Pensa che bella scena se avessi detto a tuo padre che doveva
venire
a riprenderti dai proprietari del Ghirigoro per convincerli a non
mandarti ad
Azkaban per furto» ridacchiò mia madre.
La
guardai sconvolto. Ma dove
le venivano queste idee malsane?
«Andiamo
ad acquistare i
vestiti?» mi invitò indicando la vetrina di Madame
McClan lì accanto.
Mi
rassegnai a entrare,
consegnando ad Astoria il libro che avevo acquistato e che mi sarei
rifiutato
categoricamente di leggere.
«Buongiorno,
signora Malfoy.
Bentornata!» una commessa vestita con un tailleur doppiopetto
color malva ci
venne incontro con un sorriso che sembrava sottointendere il gusto
della
provvigione che avrebbe guadagnato da lì a poco, sulle
vendite.
«Buongiorno,
Sofia, madame è
disponibile oppure non può riceverci?» chiese
cortese mia madre mentre il
sorriso gelava sulle labbra della ragazza.
«Oh,
certo. Avviso subito
madame, sarà da lei tra pochissimo»
rassicurò prima di affrettarsi sul retro
della boutique ad avvisare la titolare.
Seguii
mia madre verso il
centro della stanza, cercando di non fissare nessuno e di risultare
trasparente, cosa difficile vista la mia notevole mole.
«Oh,
mia cara signora Malfoy»
cinguettò una donna dai capelli grigi, acconciati in morbide
onde. Mia madre
sorrise e tese le mani, subito afferrate dalla McClan che
scambiò un bacio su
ogni guancia, senza neanche sfiorare la pelle. Erano quelle scene
talmente
ridicole da farmi scoppiare a ridere senza ritegno, salvo il fatto che
non era
il momento adatto.
«Per
quale motivo siete qui,
mia cara? Posso fare qualche cosa per voi?» chiese ancora la
grigia con tono
affabile.
«Dobbiamo
vestire questa
ragazza con tutto quello che serve per Hogwarts, e anche per le gite a
Hogsmeade, i momenti liberi, i momenti di attività fisica,
le serate ufficiali
dei balli scolastici e tutto quello che serve a una signorina a
modo» terminò
battendo le mani eccitata mentre io sgranavo gli occhi sempre
più. Ma non
dovevo solo acquistare camicie, maglioni e toghe scolastiche?
Ingenuo
io! Di nuovo! Avevo
pensato che l'esperienza dell'estetista e della biancheria fosse il
peggio che
mi potesse capitare, ma forse qui era ancora peggio, se possibile. Alla
sola
idea stavo rabbrividendo.
Madame
McClan batté le mani e
magicamente (proprio in senso stretto) apparvero due ragazze vestite
del
tailleur color malva di ordinanza.
«Accompagnate
la
signorina...».
«Shaula
Girtab... è turca, una
lontana cugina di mia suocera» spiegò mia madre.
«Accompagnate
la signorina
Girtab nel camerino 7 e cominciamo con i vestiti da giorno, le gonne e
le
divise complete scolastiche e i maglioni di Hogwarts»
ordinò la grigia alle
altre due che, con un gesto elegante, mi invitarono a seguirle verso il
camerino indicato.
«Detto
tra noi, i maglioni
sono davvero orribili, ma non sono ancora riuscita a far capire alla
preside
McGranitt che quel grigio topo è pessimo, oltre che avere
una lavorazione che
non tiene la forma neanche con un incantesimo di piega
permanente» riuscii solo
a sentire un ultimo commento prima di essere risucchiato nella stanza
destinatami.
Armate
di bacchetta e senza
dire una parola al di fuori degli incantesimi strettamente necessari,
le due
ragazze mi fecero evanescere i vestiti, sino a ridurmi in mutande e
sottoveste.
Fortuna che questa era abbastanza lunga da coprire il mio amico
carissimo,
altrimenti sarebbe venuto un colpo a queste due e allora sì
che si sarebbero
messe a parlare o anche peggio.
«Proviamo
questa camicia»
annunciò madame McClan entrando nel camerino, accompagnata
da mia madre e le
braccia stracolme di pezzi di stoffa colorate.
Mi
infilarono uno straccetto
tutto volants violetto ed iniziarono a girarmi attorno come avvoltoi.
«Oh,
delizioso».
«Splendida».
Guardai
quelle quattro leggermente
preoccupato. Ma ci vedevano bene? Sembravo una melanzana che voleva
ballare la
macarena! Ero orribile!
«Che
ne dite di una gonna?»
mi mise una cosa stretta e corta davanti alle gambe.
“Stiamo
scherzando?” pensai
guardando inorridito. Una minigonna? Ma se avevo i polpacci di una
lottatrice
di sumo!
«Su,
vediamo come ti sta!»
incoraggiò Astoria e in men che non si dica ero diventata
una intera melanzana
con aspirazioni da ballerina di samba con la ciclettes come hobby. Ero
pronto
per carnevale.
«Adesso
proviamo questa!»
propose una commessa mostrando una maglietta e una gonna a pieghe.
Me
li infilarono a forza e
gioirono del risultato.
Secondo
me non era solo mia
madre che aveva bisogno di un paio di occhiali belli forti. Qualcuno
aveva
lanciato un incantesimo confundus a tutte loro.
«Le
camicie e le gonne della
divisa!» Oh, no! Adesso ricordo! A Hogwarts le ragazze
mettevano la gonna a
pieghe. Quella cosa abominevole degli anni dell'inquisizione spagnola
dove
nessuno di noi era ancora nato.
«Ehm…
non si possono avere
dei pantaloni come i ragazzi?» proposi intimidito e sentii
una specie di
commento alle mie spalle da parte di una commessa “Ha
ragione… visto le gambe
che si ritrova…”. Per lo meno era nel pieno delle
sue facoltà mentali per aver
notato queste cose.
«No,
tesoro… dobbiamo provare
queste e…» tirò fuori le camicie
bianche rigide «E queste» e mi infilò il
nuovo
vestiario.
Una
botte. Mi sentivo e mi
vedevo come una botte infagottata.
«Meravigliosa!».
«Splendida!».
Qui
il problema di sanità mentale
era più grave di quanto pensassi.
«Dobbiamo
anche prendere le
misure per le toghe… cotone per l’autunno e la
primavera e lana per l’inverno…
almeno tre cambi».
Madame
McClan parlava a voce
alta mentre girava attorno a me come l’ape Maia attorno un
fiore, solo dovevo
ancora capire dove era il mio nettare… probabilmente del
portafoglio di mia
madre.
«Teresias
Elenri quantibus»
annunciò solenne
facendo due giri con la bacchetta e indicando la mia figura.
Il
metro cominciò a fluttuare
e il taccuino ad annotare tutte le misure della mia persona.
«E’
la prima volta che sento
questo incantesimo» mormorò incuriosita mia madre.
Vidi
la grigia che sorrideva
indulgente ed iniziava a spiegare «E’
l’incantesimo che permette di misurare,
annotare e successivamente tagliare e cucire su misura.
L’inventrice era poco
modesta, visto che ci ha inserito il suo nome dentro, ma è
assolutamente
efficace, considerato che con un solo movimento si gestiscono tutti i
passaggi
sino al lavoro finito. Ovviamente deve essere fatto da una sarta
esperta oppure
le conseguenze possono essere disastrose».
Intanto
il metro si era
fermato come se fosse rimasto perplesso dalla misurazione del mio
bacino,
altezza anche.
«Cosa
abbiamo qui?» chiese a
nessuno in particolare madame McClan.
Il
taccuino mostrò le sue
annotazioni e la signora aggrottò la fronte.
«Non
è possibile… qui c’è
qualche cosa che non quadra» commentò.
Oh,
oh!
«Sembra
quasi che ci sia
qualcosa in mezzo alle…». Madame McClan stava
facendo le sue considerazioni e
si stava avvicinando pericolosamente alla verità.
«Oh,
mi sono dimenticata di
dirglielo… sa, è una cosa un pochino
delicata…» intervenne precipitosamente mia
madre tirando la grigia per un braccio e portandola in un angolo del
camerino.
Capita
l’antifona, le
commesse uscirono ed io mi avvicinai per capire cosa si era inventata
Astoria
per far passare la mia… ehm… protuberanza, come
una cosa normale.
«Vede…
Shaula è una nobile,
promessa a un principe arabo. In quella parte del mondo le donne devono
obbligatoriamente essere illibate… così suo
padre… oh, Merlino, come è
difficile…» sembrava fosse impossibile trovare le
parole, ci avrei creduto
anche io… salvo per il fatto che stavo per capire a cosa si
riferiva.
«In
sostanza. Shaula ha una
specie di cintura di castità che le copre interamente la
parte davanti in modo
che sia impossibile per lei fare sesso» parlò
frettolosamente ed io cercai di
non collassare.
Cintura
di castità? Più che
altro direi pene…
In
quel momento vidi un
piccolo movimento del polso di mia madre e… mi ritrovai con
il mio amichetto e
relative mutande come se fossero state cementate.
Mia
madre mi aveva
pietrificato le palle!
«Se
vuole toccare, vedrà
quello che le ho detto. La poverina può fare i suoi bisogni
corporali ma non
può, come dire? Appartarsi con un ragazzo. Il manufatto
è stregato con una
fattura antica che solo il padre della ragazza può
sciogliere». Sembrava contrita
e affaticata nel parlare. Quasi in lacrime, come lo ero io a sentire il
mio
amichetto così maltrattato.
«Oh,
povera cara! Come sono
retrogradi in quella parte del mondo» pigolò
madame McClan con uno sguardo
compassionevole rivolto alla mia persona.
Non
che ci mettessi molto a
sembrare disperato. Per poco non mi misi a piangere e lei lo
interpretò come un
sintomo di disperazione per la costrizione alla quale ero stato colpito.
Mi
consolò e mi diede alcuni
dolcetti per tirarmi su il morale, poi proseguì il suo
lavoro senza accennare
più al fatto della mia “cintura”
Se
non avete mai sopportato
una vostra parte dei piani bassi, completamente pietrificata, non
potrete
capire cosa furono quelle tre ore nel camerino numero 7, senza neanche
potermi
grattare le palle!
«Abbiamo
finito» accolsi
questa affermazione trattenendo grida di giubilo «Gli abiti
da giorno, adesso
ci vogliono quelli da sera» e tornai ad afflosciarmi
distrutto.
Continuammo
ancora per
qualche ora. Fuori dal negozio era buio pesto, le serrande erano
serrate e solo
pochi maghi passeggiavano per la strada. Mai più shopping!
Era stancante e come
minimo ci voleva il fisico e un’intensa attività
di ginnastica per riuscire a
sopportarlo.
«Che
ne dite di questo color
lilla? È scollato dietro e giro all’americana
davanti». Mi trovai infilato in
un abito lungo in satin, girocollo, con un corpetto aderente e una
frusciante
gonna lunga ai piedi.
Mi
sentii sollevare e le mie
comode scarpe guadagnarono qualcosa come dieci centimetri facendomi
sentire un
cammello tra i trampoli.
«Provate
a camminare» mi
incitò Madame.
Camminare?
Con quei cosi ai
piedi? Era più semplice volare per quanto ne sapevo, anche
senza scopa!
Provai
a fare qualche passo e
mi trovai a fluttuare come se avanzassi su un cuscino d’aria.
«Incantesimo
permanente auto
levitante. Per camminare con i tacchi anche se non ci si è
abituati» spiegò
orgogliosa la grigia.
Avanzai
titubante. Va beh,
camminavo ma sembravo più un orso ubriaco rispetto a una
ragazza ancheggiante.
«La
mia bambina!» sospirò
emozionata Astoria.
Era
stata una giornata
estenuante! Fortuna che era finita, anche se tra qualche giorno sarebbe
iniziata la parte più difficile: affrontare la scuola di
Hogwarts.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine. Ho voluto
far incontrare subito Rose e Scorpius.
Anche
se quella che gli si
è avvicinata di più è Lily. Certo che
tutti i cugini Weasley sono un po’
fissati con gli scherzi. Mi sa che il gene di Fred e George non si
è limitato
ai soli Fred Junior e Roxanne, e anche gli ordinativi di Rose ne sono
una
dimostrazione!
Ringrazio
Potterina1993 e
IpseDixit per il suggerimenti incontri e vestiario.
Per
i leggins leopardati
li inserisco nel prossimo capitolo ma li metto, come suggerito da
Elenri, così
come i trucchi… in pratica ancora mezzo capitolo di
vestizione e trucco e poi
via per Hogwarts.
Avete
qualche cosa da
suggerire? Visita alla McGranitt e poi viaggio in treno o facciamo
fermare
Scorpius direttamente al castello ad aspettare gli altri?
Per
ora vi ringrazio dell’attenzione
e vi aspetto tra quindi giorni. Mi raccomando recensite e ditemi le
vostre
idee.
Ringrazio,
alla prossima
Baciotti
|
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Capitolo 6 *** Tutta la verità... o quasi ***
Ciao
a tutti!
Eccomi
tornata in queste
pagine.
Nella
storia, Scorpius
doveva arrivare all’espresso per Hogwarts, ma la storia ha
preso una piega
imprevista… ho seguito comunque le indicazioni delle
recensioni e vedrete il
risultato.
Per
ora ringrazio chi
recensisce con costanza e passione, chi ha inserito questa storiella
nelle
liste dei preferiti, ricordati e seguiti e chi semplicemente legge e
spero
anche apprezzi.
Ringrazio,
come sempre,
Elenri per il banner bellissimo, grazie.
E
ora… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Il
rientro a casa fu ancora
più traumatizzante se possibile.
Vero
che la faccia che fece
mio padre quando mi vide in vestiti da donna fu impagabile. Sembrava
che avesse
ingerito una pozione al gusto di muco caccoloso. La sua smorfia era da
ricordo.
Purtroppo
era la stessa
smorfia che vedevo sulla mia faccia quando mi scontravo con uno
specchio e mi
accorgevo che quel mostro femmina ero io.
«Dai,
Malfoy, non essere così
schifato!» dissi sogghignando con la mia vocina acuta.
Lui
mi guardò intensamente e
poi si voltò verso il salotto, lasciandomi nel vestibolo con
mia madre e le
borse incantate che ci avevano seguito.
Mia
madre era ancora più
perplessa di me e si affrettò a seguire mio padre, per poi
bloccarsi sulla
porta «Draco, caro, cosa…» e si
interruppe.
Io
la seguii e mi trovai
spiazzato davanti a un paio di persone comodamente sedute sul divano di
casa
mia.
«Mie
care, venite pure.
Astoria, ricordi il capo Auror Harry Potter e il suo collega Ronald
Weasley?».
Neanche un ettolitro di olio di ricino avrebbe creato la stessa faccia
contrita
che aveva Draco Malfoy in quel momento, come il dover ripetere con voce
amabile
il nome dei suoi antichi rivali.
Non
vi erano più motivi di
odio, se non il rimpianto di tutto quel che di bello poteva essere e
non era
successo, ma per mio padre i ricordi erano comunque di un sapore acre.
Subito
Potter si alzò e tese
la mano verso mia madre. «E’ un piacere vederla. La
trovo bene».
Abbozzò
un leggero inchino e
si voltò verso di me.
Trattenni
un piccolo sorriso
quando vidi che allargava leggermente gli occhi, ma a parte questo
niente fece
trasparire la sorpresa e i suoi pensieri sulla mia
mostruosità. Come capivo
quello che gli passava per la testa.
«Piacere
Harry Potter,
signorina…».
«Shaula
Girtab» mi presentai
con il solito tono acuto rompi timpani.
«Nostra
lontana cugina. È una
principessa turca» intervenne mio padre suscitando un
sogghigno da parte del
signor Weasley.
«Non
poteva che essere di
sangue blu, in caso contrario sarebbe entrata dalla porta della
cucina»
borbottò divertito e guadagnandosi un’occhiataccia
dal padrone di casa.
Avrei
voluto rifugiarmi in
camera, ma ero estremamente curioso di ascoltare quello che i due auror
erano
venuti a raccontare o chiedere a mio padre.
Mi
accomodai su una poltrona
e sollevai il polpaccio sopra il ginocchio. Certo che quella gonna era
un
pochino stretta per quella posizione.
Subito
mia madre si mise a
tossicchiare e indicarmi di unire le gambe. La guardai perplesso prima
di
capire che probabilmente avevo dato una panoramica completa dei miei
orifizi e
genitali. Mi apprettai a mettermi composta come una signorina e il
signor
Weasley ridacchiò per poi commentare sottovoce
«Pensavo non ci fosse nessuno
peggio di Roxanne… George ne sarà
felice».
Mio
padre si schiarì la voce
«Allora, Harry, mi stavi dicendo quale era il motivo della
tua visita» disse
invitando il capo Auror a parlare.
«Come
avevo cominciato a
dirti, abbiamo saputo che hai preso questi prodotti dalle scorte del
ministero
e volevamo chiederti a cosa ti servivano» rispose mostrando
un pezzo di
pergamena con alcune annotazioni.
«Servivano
per delle pozioni…
perché mai sono stati scomodati degli Auror della vostra
importanza per la
sparizione di qualche oggetto? C’è qualcosa che
non so?». Mio padre aveva
centrato il punto.
Io
guardavo alternativamente
gli uomini e cercavo di capire cosa ci fosse sotto questa visita,
perché aveva
sicuramente ragione mio padre: non erano qui solo per qualche
ingrediente
sparito.
«Quello
che hai preso sono
alcuni degli ingredienti più rari che servono per fare la
pozione più potente che
ci sia contro le trasformazioni. Ti servivano per questo?»
incalza Harry Potter
serio.
Ron
Weasley è attento a non
lasciarsi sfuggire nessuna espressione di mio padre.
«Potrebbe
essere… mi era
stato chiesto di sperimentare una pozione per invertire una
maledizione».
«Chi
e quale maledizione?».
«Non
credo abbia importanza,
più che altro serve sapere perché è
così importante» rispose mio padre.
«Avremo
la tua
collaborazione?» intervenne il signor Weasley.
«Completa
collaborazione e
discrezione assoluta» asserì mio padre e Ron
Weasley annuì all’indirizzo di
Potter.
«Stiamo
cercando la strega
che lancia maledizioni come se fossero caramelle. Hai letto i
giornali?»
annuimmo tutti mentre io mi facevo più attento ad ascoltare.
Stavano cercando
quella pazza! Quella che mi aveva trasformato!
«Questa
strega sta lanciando
maledizioni dove le vittime vengono trasformate in forme completamente
contrarie a quello che sono. Un uomo è stato trasformato in
un cane, una donna
è stata trasformata in una rana, un ragazzo è
stato trasformato in uno
spazzacamino dove non riuscivano a togliere la fuliggine, a una ragazza
sono
cresciuti i baffi e i peli sul petto, di casi ne abbiamo avuti tanti e
abbiamo
la sensazione che, vista la natura delle trasformazioni, molti non si
facciano
neanche riconoscere».
Pensai
alla mia situazione e
non potei far altro che dar ragione al capo Auror.
«Il
problema non sarebbe
neanche questo, se non fosse il fatto che queste persone, dopo un anno
la loro
trasformazione diventa permanente e il novanta per cento dei
casi…» si
interruppe improvvisamente e mi si gelò il sangue. Quello
che stava per dire
era terribile, sicuramente.
«Cosa?»
incitò mio padre.
«Nel
novanta per cento dei
casi le persone si trasformano in statue e dopo una settimana si
sbriciolano
definitivamente» dice con voce lugubre.
Mia
madre scattò in piedi e
mise le mani sulla bocca ad impedire l’uscita
dell’urlo che aveva chiuso in
gola. Era sconvolta ed io con lei.
Avevo
un anno di vita. Un
solo anno per trovare il modo per non morire.
Cosa
aveva detto quella
tizia? Trovare l’amore, una ragazza da amare e che mi amasse.
Come avrei potuto
trovare una che mi amasse con questo corpo? Doveva essere lesbica e
pure cieca.
«Non
c’è nessuna cura?»
chiese mio padre, completamente concentrato su quanto aveva detto
l’auror.
«Abbiamo
già provato pozioni
e incantesimi, ma per ora non c’è niente da
fare» ammette Harry Potter «Abbiamo
dato incarico ai nostri migliori ozionisti e maghi per trovare una
soluzione.
Anche a Hogwarts i professori stanno lavorando a questo
incarico».
«Hai
qualche informazione da
aggiungere?» chiese Ronald Weasley.
Guardai
mio padre. Era palese
che cercasse una soluzione, indeciso se parlare o meno.
Presi
la decisione in un
secondo ed intervenni io.
«Io.
Sono stata trasformata
in questo mostro» dichiarai.
I
due auror mi guardarono
stupefatti poi Weasley borbottò qualcosa tipo
“Meno male, avevo paura fosse
nata così cessa”.
«La
tua storia? Ehm…
Shaula?». Cortesemente Potter ricordò il mio nome
fittizio.
Cosa
avrei dovuto dire ora?
Confessare che ero Scorpius o addolcire quello che mi era successo?
«Ho
conosciuto una strega a
una festa. Sembrava fosse una bellissima bionda, ma riuscivo a vederla
come
dietro un vetro smerigliato. Poi ci siamo addormentati e quando mi sono
svegliata
ero accanto a una ragazza bruttissima che ha cominciato a insultarmi.
Mi sono
accorta che avevo un segno sul petto che ha cominciato a sparire dopo
qualche
giorno. Quando è sparito del tutto mi sono ritrovata
così».
«E’
per lei che hai provato a
fare la pozione?» chiese conferma Potter a mio padre il quale
annuì.
«Ti
ha detto qualcosa? Ti ha
spiegato come rompere l’incantesimo o come ha fatto a farlo?
Ti ha fatto bere
qualcosa?». Weasley iniziò a incalzarmi con le
domande.
«Mi
ha detto che avevo un
anno di tempo perché mi innamorassi di una persona e che
questa si innamorasse
di me. Tutto qui» risposi.
«Che
strega romantica»
borbottò Weasley.
«Non
hai capito come ha fatto
a farti trasformare?» chiese ancora Potter.
«No,
mi dispiace. Non ho
bevuto con lei e non ho visto se ha fatto un incantesimo visto che
stavo
dormendo». Era meglio non dire che ci ero andato a letto,
altrimenti avrei
dovuto svelare che ero Scorpius e non ero assolutamente pronto a questa
umiliazione.
«Hai
ottenuto qualche
risultato?» domandò ancora Potter a mio padre.
«Nessuno.
Da quando è
arrivata trasformata ho provato tutto quello che sapevo e sono andato
anche da
un esperto in Svizzera, ma non ho tirato fuori un ragno dal
buco».
«Adesso
cosa avete intenzione
di fare?» chiese Weasley.
«Vorrei
andare a Hogwarts,
così completerò i miei studi e nello stesso tempo
potrò fare delle ricerche. Se
è vero che gli insegnanti stanno cercando potrei essere
utile» proposi e vidi
gli auror annuire approvando.
«Che
fine ha fatto Scorpius?»
chiese poi il capo auror Potter. Mia madre trattenne il fiato ma
fu mio padre
che risponse tranquillamente.
«Stava
diventando dissoluto e
ingestibile» guardai mio padre. Era questo che pensava di me?
«l’abbiamo
mandato in Oriente, a casa di Shaula. Diciamo che là non
è proprio una casa da
mille e una notte. Dovrà lavorare e studiare. Sicuramente,
se vivrà bene e con
impegno questa storia, migliorerà e diventerà un
Malfoy di cui il nostro mondo
magico potrà andare fiero come lo siamo noi ora».
Era
una dichiarazione di
amore come non ne avevo mai sentite da Draco Malfoy. Parole che mi
toccarono il
cuore e si incisero a fuoco nella mia memoria. In quel momento promisi
a me
stesso che lui sarebbe stato fiero di me, ancora più di
adesso.
«Ci
sono altre persone che
rischiano la vita come Shaula?». Ecco la prima volta che
sentivo la voce di mia
madre da quando era iniziata questa visita.
Già,
chissà se c’era qualche
altro mago nelle mie stesse condizioni?
«Che
sappiamo noi ci sono un
paio di persone. Un vecchio mago che è stato trasformato in
una quaglia e una
donna che è stata trasformata in un gorilla. Siamo
preoccupati per il mago,
visto che il suo anno è quasi scaduto. La donna ha ancora
otto mesi davanti.
Voi?».
«Praticamente
un anno meno
due settimane. Sono appena stata trasformata».
Rimasi
seduto sulla poltrona,
quasi assente mentre gli altri si scambiavano informazioni e notizie e
facevano
congetture per non so neanche quanto tempo. Mi risvegliai dal mio stato
di
trance solo quando sentii Potter salutare mio padre.
«Salutami
la professoressa
McGranitt e dille che andrò a trovarla entro la fine del
mese di settembre per
riferire le novità… Malfoy, riceverai un incarico
per collaborare con noi a
questo caso. Credo che ti interessi da vicino e quindi è
meglio che
condividiamo le informazioni. Parteciperai ai nostri summit…
Astoria,
nonostante le circostanza, incontrarla è stato un piacere.
Togliamo il
disturbo, Malfoy, Shaula». Harry Potter salutò
tutti quanti e fece cenno a
Ronald Weasley di seguirlo. Dopo aver salutato si avviarono verso il
camino del
salotto e sparirono tra le fiamme verdi.
«Dovremo
mandare subito un
gufo alla preside McGranitt per la tua iscrizione e organizzare il tuo
arrivo a
scuola» disse allora mio padre rivolgendosi a me. Annuii e
mia madre cominciò a
salire portando con sé le borse del nostro shopping.
Mancavano
pochissimi giorni
al ritorno a scuola e ormai ero impaziente di andare a Hogwarts per
poter
continuare le ricerche su come risolvere il mio problema. E, nota
lieta, il mio
inferno personale per trovare vestiti e intimo era finito, con mio
grande
sollievo.
La
mia grande convinzione
venne messa a tacere il giorno dopo, quando mancavano solo quattro
giorni al
primo di settembre, e mia madre entrò in camera annunciando
«Dobbiamo andare ad
acquistare i trucchi e gli ultimi indumenti che ti servono per andare a
scuola». Crollarono le spalle, le gambe e la testa. Che male
avevo fatto per
essere così costantemente sodomizzato in questo modo?
Provai
a protestare ma
Astoria non ascoltò ragioni e mi costrinse ad entrare nel
camino e andare
nuovamente a Diagon Alley, o così credevo.
«Benvenute.
Madame Malfoy,
signorina… abbiamo preparato la postazione…
potete andare con Katrina». Una
donna dai capelli nerissimi e dal viso truccato pesantemente.
Cosa
avevano in mente adesso?
Mia
madre mi guardò perplessa
poi fece un movimento della bacchetta e mi trovai senza jeans e
maglione ma con
una magliettina bordeaux che rivelava tutti i miei rotolii di grasso e
dei
leggins leopardati color ocra e marrone. Mi guardai quasi sconvolto: le
mie
gambe erano talmente grosse che le macchie più che di felino
mi ricordavano
quelle delle giraffe. Avevo un aspetto orribile!
«Perché?»
chiesi perplesso.
«Diciamo
che è un
abbigliamento comodo per casa… per evitare di sporcare
quello ufficiale». Meno
male che non dovevo farmi vedere vestito così, era da
seppellirsi vivo dalla
vergogna.
Mi
guardai attorno e vidi
almeno una trentina di persone occupate in varie operazione di trucco e
parrucco.
Beh,
quasi visto da nessuno…
«Si
accomodi» mi invitò
davanti a una toletta con un enorme specchio illuminato.
Iniziarono
a girarmi attorno
come tanti api con un fiore.
Polveri
leggere, compatte,
chiare e scure, creme schiarenti, scurenti. Io ero già
pallido di mio, mi
fecero diventare un fantasma. Il Barone Sanguinario era più
vivo del mio
incarnato.
Tirarono
fuori un arcobaleno
di colori di ombretti. Scuri, chiari, azzurri, grigi, blu, indaco,
viola,
marroni, rosa, pesca, gialli, ocra, verde, oliva, rosso, corallo,
beige, nero,
bianco e anche qualche colore di cui non conoscevo neanche il nome.
Cominciarono
a tingermi e
ripulirmi le palpebre per trovare la combinazione migliore. Ovviamente
a me non
chiesero mai niente, continuarono a farmi gli occhi pesti come se mi
avessero
tirato tantissimi pugni, oppure giallognoli come se avessi il fegato
spappolato, o ancora verdi da colorito mal di mare. Qualcosa di
normale? Mica
dovevo andare chissà dove? Ero a scuola e dovevo rendere un
pochino più
piacevole la faccia nuova che mi trovavo.
«Che
ne dite di questo?»
chiedevano ad Astoria.
«Sì,
direi che va… No, questo
no, è troppo marcato… uhmmm, questo va
meglio» rispondeva lei.
Chiedere
a me? Meglio di no,
io tutte le volte che fissavo la mia immagine allo specchio mi
spaventavo! Una
drug queen di tutto rispetto, di un inquietante che, probabilmente,
avrei
sognato diverse notti di seguito. Neanche la peggiore festa di
Halloween poteva
creare tanti mostri più brutti di quello che vedevo.
È
così che sarei diventato
invisibile come era mio desiderio? Io non volevo essere notato, non
mettermi in
mostra… o mostro.
La
mia pelle prese un
colorito più scuro e lucido, le labbra più
decise, gli occhi più profondi e
meno acquosi. Gli occhiali dovevo tenermeli perché anche le
lenti a contatto
avevano paura delle mie pupille, tanto che si scioglievano nel momento
in cui
me le avvicinavo alla faccia, però i fondi di bottiglia
vennero sostituiti con
una montatura tutta strass.
All’improvviso
le luci
vennero spente ed io mi trovai immerso nel buio totale. Non si
distingueva una
persona da un mobile. Altre mani gelide mi sfioravano la faccia e mi
sentivo
impaurito. Cosa stavano facendo? Mi volevano trasformare senza neanche
vedere
quello che facevano?
Quando
la luce tornò mi
trovai riflesso nello specchio con un’altra faccia accanto
alla mia. Mia madre
si era chinata verso di me e fissava la mia immagine accanto alla sua.
«Siamo
come sorelle»
cinguettò entusiasta. Eh? Ma se ero completamente diversa!
Ormai
ne ero sicuro, questa
storia avrebbe avuto una vittima illustre: mia madre stava
completamente
impazzendo. Non pensavo che fosse così desiderosa di avere
una figlia femmina.
In
un certo senso ero
abbastanza depresso per essere questa delusione per mia madre.
«Madre,
se abbiamo finito
possiamo andare». Mi guardavo allo specchio e non ero poi
tanto male. I colori
che avevano usato erano meno violenti delle prime prove e decisamente
più
dolci.
Non
ero proprio una figa ma
se non altro potevo camminare in mezzo agli altri. Più o
meno.
Mi
insegnarono gli incantesimi
che servivano per rifare fedelmente il trucco che mi avevano applicato
adesso.
Mi sembrava di avere un centimetro di calce su ogni poro della mia
pelle ma, se
non altro, il risultato era abbastanza apprezzabile.
«Bene,
adesso abbiamo
finalmente finito. Sei pronto per andare a scuola»
annunciò Astoria appena
arrivati al Manor.
«Perfetto,
così, appena ti
sarai cambiato, possiamo andare a colloquio dalla preside McGranitt.
È appena
arrivato un gufo. Ci aspettano ad Hogwarts per parlare della tua
iscrizione»
disse subito mio padre e a me cedettero le gambe.
La
vecchia gatta mi stava
aspettando?
Voleva
farmi a brandelli come
non era mai riuscita a fare in questi anni?
«Non
le abbiamo detto chi sei
veramente ma è meglio per tutti che almeno lei lo sappia,
per poterti
proteggere al meglio» aggiunse.
Aveva
ragione, prima di
trovarmi in situazioni più assurde di quanto non ci fossi
adesso, era meglio
che almeno la preside fosse a conoscenza del mio segreto.
Avevamo
avuto il permesso per
il camino che si trovava direttamente nello studio della preside
perciò ci
mettemmo in ordine e cominciammo a passare nel camino, io per
ultimo… forse per
preparare psicologicamente la vecchia gatta.
«Come
le avevo annunciato,
ecco la lontana cugina di Lucius, Shaula Girtab»
annunciò quando uscii dal
camino.
Nonostante
fossi abbastanza
vivace, in tutti gli anni che ero andato a scuola, non avevo mai avuto
l’onore
di frequentare l’ufficio della signora preside.
La
McGranitt, era stata
nominata alla fine della seconda guerra magica e aveva traghettato la
famosa e
prestigiosa scuola di Hogwarts verso la ricostruzione e la successiva
ricostituzione della fama e del programma scolastico.
I
professori erano stati
scelti tra i migliori del mondo magico e questo spiegava la richiesta
di aiuto
nelle ricerche magiche fatte dagli auror agli studiosi di questo
castello.
E
certo che nulla di quello
che vedeva e sentiva, avrebbe scalfito la tempra granitica di questa
donna che
aveva superato di tutto, compreso una vecchiaia impegnata nel dirigere
la
scuola, senza avere neanche idea di ritirarsi per andare in pensione.
«Benissimo.
Dopo questa
presentazione e la vostra entrata ad effetto, gradirei sapere il
perché di
questa vostra richiesta per un incontro privato»
esordì la preside inarcando un
sopracciglio. Unico movimento della sua faccia rugosa altrimenti
immobile.
«Come
le ho anticipato era
per l’iscrizione di nostra cugina»
ripeté Draco.
«Che
potevate fare via gufo.
Cosa c’è sotto, Signor Malfoy?». Vidi
mio padre trasalire e probabilmente era
per il ricordo di quante volte era stato apostrofato con quel tono
dalla
vecchia gatta.
Adesso
non insegnava più e si
limitava al suo lavoro organizzativo ma all’epoca doveva
essere una
professoressa terribile, a giudicare dal piglio che aveva e
dall’aura di
rispetto che emanava.
«In
realtà siamo qui per
Scorpius» pigolò mia madre e si
avvicinò circondando con un braccio le mie
spalle. Cosa abbastanza scomoda visto che io ero più alto di
lei di almeno
venti centimetri.
«Appunto,
Scorpius. Mi hanno
comunicato che lo avete ritirato da scuola per uno scambio culturale in
oriente, con questa signorina» confermò la preside
alzando un foglio vergato in
una fitta calligrafia.
«In
realtà non lo abbiamo
ritirato. Vorremmo che continuasse qui anche l’ultimo anno e
si diplomasse ad
Hogwarts» disse mio padre e, a quel punto, dovette sostenere
lo sguardo
perplesso della donna.
«Questo
non è un problema, il
posto di Scorpius non è stato ancora riassegnato e anche per
la qui presente
signorina Girtab. Dovrà sottoporsi alla scelta del cappello
parlante ma non ci
saranno problemi. Siamo più che attrezzati per includere
un’altra studentessa
nelle nostre classi. Dovrete solo farmi avere le valutazioni della sua
vecchia
scuola per valutare eventuali corsi aggiuntivi di aggiornamento in caso
sia in
ritardo con i nostri programmi».
«E’
qui che sta il problema»
borbottai io.
«Vuol
dire che ha studiato a
casa con un precettore privato? Dovrà semplicemente
affrontare un esame di
ammissione per valutare il grado di preparazione e la classe dove
essere
inserita. Capisco che, a volte questo genere di cose possono essere
antipatiche, soprattutto se ci si ritrova in una classe con persone
più piccole
rispetto alla propria età, ma non prendiamo una pozione
prima di avere la
malattia. Proviamo e vedremo come andrà» disse
accomodante la McGranitt.
Si
stava comportando
egregiamente, smussando ed annullando tutti i problemi che potevano
sorgere nel
nostro pensiero per rendere meno indolore possibile l’entrata
nella scuola di
una nuova studentessa.
Peccato
che di nuovo c’era
ben poco ed era quello che dovevamo farle digerire.
«Forse
dovrebbe sedersi…»
mormorò mia madre agitata.
«Signora
Malfoy, siamo già
tutti seduti e non creda che quello che voi potete dirmi possa in
qualche modo
sconvolgermi» dichiarò la vecchia gatta, soffiando
irritata.
«Ha
sentito delle storie
sulle maledizioni lanciate da una strega che trasformano le persone e
dopo un
anno causano la morte?» chiese di getto mio padre facendo
trasalire la preside.
«Certo…
ma voi cosa ne sapete
di questa cosa?».
I
miei genitori si guardarono
e poi guardarono me e mio padre fece un gesto di invito a parlare,
quindi
sganciai la bomba.
«Io
sono stato trasformato.
Sono io Scorpius Malfoy».
Subito
dopo sentii un gran
trambusto e mi alzai per aiutare la preside: le gambe della poltrona
erano
sparite e la vecchia gatta mi guardava dal basso verso
l’alto, seduta per
terra.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qui a commentare la
fine del capitolo.
Abbiamo
sconvolto la
McGranitt! E ora sappiamo che il brutto scherzo della maledizione
è un pochino
più pericoloso di quanto sembri.
Nel
prossimo capitolo
finiamo il discorso con la vecchia gatta e saliremo sul treno nelle
nuove
spoglie di Shaula.
Qui
chi gli facciamo
incontrare? E soprattutto, quali situazioni imbarazzanti potremo fargli
vivere
tra i vagoni del treno?
Suggerite,
sono aperta
alle vostre idee!
Ovviamente
(per chi non lo
sapesse) inserimento del nick nella storia a chi recensisce per la
prima volta
(così ringrazio direttamente e non alla fine della storia).
Vi
ringrazio per
l’attenzione
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 7 *** Trauma a una chiappa! ***
ciao a tutti!
Credo che
siano due anni che avevo accantonato
questa storia, ma, come vedete, sono tornata sul luogo del delitto. Ho
avuto un
enorme calo dell'ispirazione. Meno male che avevo già
scritto la traccia della
storia e quindi ho dovuto solo riprendere in mano i passati capitoli e
rileggerli per ritrovare il filo.
In caso non
abbiate mai letto questa storia si riassume
nella maledizione lanciata a Scorpius che lo trasforma in una donna. Da
qui, situazioni
assurde e ridicole si susseguono allegramente.
So che magari
non ve ne ricordate neanche, ma
ringrazio chi, a suo tempo, aveva lasciato le recensioni. Nel tessuto
della
storia troverete i due nick dei nuovi recensori, a perenne memoria per
essere
intervenuti.
Spero che chi
ha inserito questa storia tra i
preferiti, i seguiti o i ricordati, siano felici di ritrovare
aggiornato il
nuovo capitolo per tornare a leggere e a divertisi.
Grazie a
elenri per il banner (sempre
inquietante) e ora
buona
lettura...
---ooOoo---
«Io sono stato
trasformato. Sono io Scorpius Malfoy».
Subito dopo sentii un gran
trambusto e mi alzai per aiutare la preside: le gambe della poltrona
erano
sparite e la vecchia gatta mi guardava dal basso verso l'alto, seduta
per
terra.
Tesi
una mano e l'aiutai ad
alzarsi. Era molto più agile di quanto avessi immaginato.
«L'avevo
detto che questa
poltrona era troppo sensibile agli umori di chi si siede! Era ora di
cambiarla
parecchio tempo fa» borbottò spolverandosi la
veste scozzese con le mani ossute
e raggrinzite.
«Sta
bene?» chiesi con la mia
solita vocina acuta. Lei mi guardò come se avesse ingoiato
un rospo e agitò una
mano come a sotto intendere “non dica sciocchezze”.
«Direi
che qui ci sono
questioni più importanti rispetto al mio stare in salute.
Dunque lei è Scorpius
Malfoy?» il suo sopracciglio sottile e rado tremava
leggermente.
«Sì.
Sono io» confermai.
«Beh,
questa è davvero una
sorpresa. Come è successo?».
«Come
ha detto lei prima, una
strega mi ha fatto una maledizione e mi sono ritrovato in queste
condizioni»
allargai le mie braccia flaccide e mi feci dare una ampia panoramica
del mio
fisico da urlo (di terrore). La McGranitt strinse le labbra in una
smorfia
dura, poi non riuscì a trattenersi ed iniziò a
ridere come mai le era accaduto
prima. Estrasse dalla manica un fazzolettino bianco ricamato ed
iniziò a
tamponarsi gli occhi mentre continuava a singhiozzare.
Sia
io che i miei genitori
aspettammo impazienti che la smettesse, ma ogni volta che sembrava sul
punto di
tornare seria, un altro preside ritratto nei dipinti appesi alle pareti
dell'ufficio di presidenza, si metteva a ridere, contribuendo il
rinfocolare
dell'ilarità generale.
«Non
credo di averla mai
visto ridere in questo modo, Piton» borbottò mio
padre all'indirizzo
dell'ultimo preside al tempo della seconda guerra magica. L'uomo con i
capelli
unti, il naso adunco e l'incarnato malaticcio fissò il suo
ex alunno con uno
scuro cipiglio, ma si poteva vedere dal sobbalzare delle spalle che
stava
ancora ridendo.
Draco
sbuffò e si accomodò
meglio sulla sedia, incrociando le braccia e rassegnandosi ad aspettare
che i
presidi si fossero calmati.
«Vi
rendete conto che sto
rischiando di morire?» sbottai infuriato sbattendo la mia
mano gonfia e
leggermente squamosa sul tavolo.
«Il
ragazzo ha ragione,
colleghi. Dobbiamo cercare di salvarlo, non ridere di lui»
disse allora il
dipinto di Albus Silente. Anche da una immagine la sua voce aveva
qualche cosa
di solenne e poco per volta tutto l'ufficio tornò al
silenzio originario.
«Mi
scusi signor Malfoy.
Signora Malfoy... il nostro comportamento è stato
inqualificabile, ma, a parte
il pericolo... la trasformazione di cui è oggetto Scorpius
è davvero...
inusuale» cercò di giustificarsi la vecchia gatta
rognosa. L'avevo sempre
odiata prima, quando mi mandavano lì per dare più
peso ai provvedimenti
disciplinari, ma ora davvero esagerava! Ridere al posto di trovare una
soluzione... sbuffai cercando di calmarmi. Non avrei risolto nulla
iniziando
una diatriba con l'autorità di Hogwarts.
«D'accordo...
ehm...
affrontiamo i problemi ora» annunciò la McGranitt.
«Il signor Scorpius verrà
reintegrato in Serpeverde e gli verrà assegnata una stanza
singola per...» ma
venne subito interrotta da un leggero tossicchiare che proveniva dal
muro.
«Perdonami,
Minerva. Non
credo sia una buona idea far scoprire che il signor Malfoy è
stato trasformato.
In caso che la strega sia in contatto con qualcuno qui dentro potrebbe
essere
pericoloso. Da come vengono trasformate le vittime, sembra un caso che
Scorpius
sia diventato una donna, visto che abbiamo anche degli animali. Ritengo
che
dobbiamo mantenere il segreto e cercare nelle nostre conoscenze per
sconfiggerla. Proporrei di condurre qui il ragazzo come Shaula e farla
assegnare alla sua casa con la solita cerimonia. Sembrerebbe
più verosimile».
Silente terminò la sua arringa e tutti restarono in silenzio
per assimilare il
consiglio.
«Sottostare
alla cerimonia di
assegnazione? Infilarmi di nuovo quel cappellaccio sulla testa? Come se
avessi
ancora undici anni? Siete pazzi? Io sono un Malfoy, un serpeverde.
Perché
dovremmo rifare quello che sappiamo già?» sbottai
infine. Non avevo alcuna
intenzione di trovarmi in mezzo a dei piccoli nanetti, con tutti gli
occhi
addosso. Fossi stata una gran gnocca, non me ne sarebbe importato, ma
ero un
mostro di bruttezza epica, mostrarmi in quel modo era molto
più che umiliante.
E poi ero sicurissimo che il cappello parlante puzzasse. Con tutte le
teste
sporche dove si era posato. Magari non lo lavavano da più di
cinquecento anni.
Se la prima volta ero riuscito a evitare i pidocchi, questa volta avevo
paura
anche delle zecche e delle piattole. Mi ci mancavano solo i parassiti.
«Io
sono d'accordo con
Silente. Occorre procedere come se fosse un normale alunno»
obiettò Piton.
«Mi
spiace dirlo ma sono
concorde anche io» intervenne mio padre e a quel punto capii
che nulla mi
avrebbe evitato anche questa tortura.
«Pensa,
Shaula, attraverserai
di nuovo il lago con le barchette!» squittì mia
madre. Sospirai ancora più
rassegnato. L'unica nota positiva di tutta questa storia è
che mi sarei
allontanato da quella pazza che ormai non riusciva più a
frenare nessuno. Non
invidiavo mio padre. Chissà se avrebbe convinto anche lui a
vestirsi con colori
accesi.
A
questo punto, la preside tornò
efficiente come lo era sempre stata e cominciò a snocciolare
nozioni e
informazioni su come comportarsi per il nuovo inserimento della allieva
turca
appena trasferita in Inghilterra.
Si
misero d'accordo con i
dettagli che venivano in mente man mano. Concordarono che era
necessario che
Shaula avesse una stanza singola, in modo da non farsi scoprire con i
compagni
di corso.
Tutto
questo portò via tutta
la giornata e ormai si trattava di salutare i miei genitori e ritirarmi
nella
stanza assegnatami, in attesa dell'inizio delle lezioni.
«No
Signor Malfoy, non può
rimanere qui. Per mantenere la copertura dovrà arrivare come
tutti sul treno in
partenza domani e attraversare il lago con i nuovi studenti»
ribadì ancora una
volta la gatta malefica.
Maledizione!
Rassegnato
mi posizionai
davanti al camino come il resto della mia famiglia e scandii 'Malfoy
Manor' con
la mia voce rompi cristalli. Le fiamme verdi mi avvolsero e venni
risucchiato
nella canna fumaria per pochi secondi sino ad atterrare tra la cenere
del salotto
di casa mia.
Nella
camera era pronto il
baule con i vestiti ordinari, più i porta abiti per i
vestiti più eleganti, tre
cappelliere, una piccola scarpiera contenente almeno dieci paia di
scarpe di
vari generi, il beauty pieno di prodotti per aumentare la bellezza...
no,
diminuire la bruttezza della sua faccia (in assenza di un vero e
proprio
miracolo bisognava accontentarsi). In più erano stati
recapitati i libri e
tutto il materiale scolastico che occupava un altro baule.
«Non
vi sembra di aver
esagerato?» chiesi indicando l'ammasso ingombrante di
cianfrusaglie che dovevo
portare al binario 9 e ¾ per Hogwarts. Come avrei potuto
trasportare tutto
quanto era un bel mistero.
«Assolutamente
no! Anzi, il
resto della tua roba te la farò recapitare man mano. Con
tutti gli acquisti che
abbiamo fatto due bauli non bastavano proprio».
Rabbrividii.
Ormai era chiaro
che mia madre era partita per la tangente. Speravo che con la distanza
rinsavisse e , sopratutto di riuscire a spezzare l'incantesimo e
tornare il
bellissimo figo che ero, anche se per lei sarebbe stata una delusione.
Pareva
preferirmi in tettine, rotoloni di ciccia, acne e tutto il resto.
Evitai
di guardare in faccia
mio padre, dopo averlo sentito rantolare. Anche lui era perplesso per
come si
comportava sua moglie?
L'indomani
sarebbe arrivato
presto e con lui, l'inizio del mio personale inferno.
Erano
le cinque e mezza
quando mia madre iniziò a spalancare le finestre per farmi
alzare. Ma dico!
Dovevamo partire entro le dieci per essere comodamente in stazione per
la
partenza del treno, perché dovevo alzarmi ancor prima
dell’alba?
«Forza!»
urlò allegra quella
donna che non riconoscevo più. «Abbiamo giusto il
tempo di prepararci prima di
partire… non sei eccitata?» e con un sorriso
enorme e leggermente psicopatico,
a mio parere, uscì quasi saltellando dalla porta,
lasciandomi solo con l’elfo
Bor.
«Signorina,
è ora di lavarsi,
così potrà prepararsi per partire per la
scuola» squittì l’indaffaratissima
creaturina. ‘Signorina’?
«Bor,
tu sai che sono
Scorpius. Perché mi hai chiamato signorina?».
«La
sua venerabile signora
madre ci ha ordinato di chiamarla così. È molto
felice la sua signora madre»
rispose compito, prima di sparire nel bagno a preparare la mia augusta
vasca.
Allucinante.
Non pensavo che
mia madre avesse sofferto così tanto per la mancanza di una
figlia femmina.
Avrebbe potuto provare a fare un altro pargolo, magari le riusciva
meglio del
presente.
Rinunciai
a soffermarmici
troppo e mi adattai al compiere le mie abluzioni.
Dovevo
anche abituarmi a
truccarmi da solo per evitare che altre persone intuissero quanto
c’era di
strano in me.
Dopo
il bagno profumato in
una mistura indecente e vomitevole (mi sembrava di essere un insieme di
pallina
di zucchero in mezzo a un campo di rose, gigli e violette. Anche il mio
cane,
un alano di nome Zeus, sarebbe fuggito disgustato dopo la prima
annusata),
iniziai con l’armamentario della magi-cosmesi.
Iniziai
con un velo di
fondotinta, simile alla calcina. Probabilmente era così che
i babbani
ricoprivano le case: con l’intonaco. Mormorai
l’incantesimo di stesura per la
polvere “simi462”
di finitura, che
mi si infilò nel naso facendomi starnutire e scatarrare
qualche cosa di verde
viscido e nauseabondo, direttamente sullo specchio.
Un
veloce gratta e netta
prima del mio conato di vomito e continuai leggendo le istruzioni che
mi erano
state rilasciate dall’estetista.
“ciglia?
Perché devo mettermi
delle ciglia finte?” pensai mentre avvicinavo quel ragnatele
fluttuanti alla
mia faccia, facendole levitare con la bacchetta.
Mi
avvicinai bene per poterle
applicare e… mi infilai la bacchetta nell’occhio.
«Porco
di un Merlino
strabico, bitorzoluto e affatturato da un fricchettone senza mutande
con le
palle arrotolate a merletto sul pomo d’adamo
gigante!». Il
mio occhio era diventato una grossa palla
rosso sangue.
«Decisamente
quel colore non
sta bene con la tua pelle» esordì mia madre
entrando subito dopo l’urlo
belluino.
«Ti
prego… risparmiami!».
Stavo cercando di evitare di accecarmi con la matita e visto il rischio
delle
ciglia era meglio restare concentrati.
Andò
decisamente meglio con
l’ombretto da sfumare e la matita per le labbra, se non fosse
stato per la riga
trasversale che mi ero fatto per lo spavento della comparsa di Bor,
ammesso che
lui fosse più brutto di me, il che era tutto da dimostrare.
Tra
fare e disfare e rifare,
quello che le estetiste erano riuscite a terminare in un’ora,
io ne misi due e
mezzo ed erano le nove passate quando terminai tutto il rifacimento
facciale.
Nessun
mago ci avrebbe mai
messo tanto per trasformarsi, trasfigurare o rifare qualche cosa. Ero
sempre
più depresso.
«Coraggio,
con la pratica
andrai sempre meglio» mi consolò mia madre.
Macché
meglio! Io non volevo
imparare! Volevo tornare ad essere il Malfoy bello e cazzuto!
Per
tutti i maghi dei filtri
d’amore! Vi scongiuro! Salvatemi!
A
costo di svaligiare tutto
il negozio di scherzi dei Weasley, dovevo far scorta di filtri
d’amore e
cioccolatini. Quale ragazza avrebbe resistito a dei bonbon a forma di
cuore,
corretti d’amore?
«E’
ora i vestiti!» esultò la
donna al mio fianco, che guardava estatica dentro lo specchio il mio
riflesso.
Giuro,
o si riprendeva o
divorziavo dai genitori!
Guardai
con palese disgusto
il vestito a fiori macro fluo con maniche e gonna a sbuffo, lungo fino
ai polpacci
che mia madre aveva disteso sul letto. Accanto a un reggiseno-tortura
totalmente inutile per la mia seconda scarsa.
«Siete
impazzita? Ma un paio
di pantaloni e una maglia?».
«E
poi ti lamenti del culone!
Questo modello snellisce!» ribatté.
E
qui sorgeva una domanda:
come faceva a snellire una palandrana simile al tendone di un circo con
dei
colori che passavano dal giallo limone al verde acido al fucsia come se
fosse
una raccolta di pennarelli evidenziatori babbani? Sicuramente nessuno
mi
avrebbe investito, neanche con la nebbia.
«Comincia
a mettere il
reggiseno. Ho scelto quello con il ferretto che così
sostiene meglio».
Ma
sostiene che? Questi
specie di aranci rachitici?
Imprecai
mentalmente quando
il ferretto tentò di perforarmi il polmone.
Ormai
ero convinto a
organizzare una petizione mondiale per debellare quelle armi di
distruzione di
massa. Avevo sempre pensato che i reggiseni erano uno dei pezzi
più sexy su una
donna, ma vista la sofferenza questa cosa andava seriamente rivalutata.
Non
dissi nulla per il pezzo
sotto, ma il vestito era davvero inguardabile e lo feci evanescere per
poi
prendere un completo camicia e gonna longuette viola.
La
camicia aveva un po’
troppi volants e la gonna un audace spacco che arrivava a
metà coscia, ma
decisi che forse mi ero fatto troppi problemi sulle mie gambe. In fin
dei
conti, con la depilazione, senza vene varicose e con i magi collants
contenitivi, potevo anche provarci. Cominciavo anche a capire come
coprire la
cellulite galoppante che avevo anche agli alluci.
«Perfetta...
assolutamente
perfetta» pigolò mia madre con gli occhi lucidi.
Mi
arresi e sorrisi. Non
potevo farci nulla, se non essere contento per la sua contentezza.
Meglio
trovare qualche cosa
di positivo prima di uccidermi il fegato con la rabbia. Forse mia madre
ci era
arrivata prima di me.
La
Londra babbana era sempre
caotica e, nonostante il lussuoso magi-taxi più comodo di
una limousine, il
viaggio era pieno di scossoni, inchiodate e curve a gomito.
«Se
non fosse per i bauli, mi
sarei premunito la smaterializzazione! Tutti gli anni ci capita e tutti
gli
anni mi riprometto di trovare un mezzo di trasporto migliore. Anche una
scopa è
meglio di questo trabiccolo» si lamentò mio padre
battendo il bastone da
passeggio sul pianale dell'auto.
«Shaula,
le gambe unite o
accavallate. Non vuoi mica che ti vedano... la patatina?» mi
richiamò la
genitrice. Avvampai.
«La...
la 'patatina'?». Ero
allibito. Quello là sotto era l'unica cosa a posto di tutto
questo casino! Mi
volevano trasformare anche quello? Meglio non reagire. Chiusi le
ginocchia
stringendole sino a farmi male. Forse sarebbe stato meglio infilare un
paio di
pantaloni, così la patatina sarebbe stata salva da sguardi
indiscreti.
Guardai
distrattamente fuori
dal finestrino, e ridacchiai, ormai i babbani ci copiavano in tutto
anche senza
saperlo, avevano messo il manifesto di una nuova birra: la butterbeer.
Chissà se era come la nostra. Ne dubitavo.
«Imitatori».
La smorfia di
Draco Marfoy non lasciava dubbi su chi avesse parlato.
Arrivammo
alla stazione di
King Cross, appena in tempo per la partenza.
Camminando
veloce ci
avvicinammo alla barriera. Con la coda dell'occhio vedevo parecchie
persone che
mi lanciavano sguardi perplessi, forse per i bauli che spingevo
piuttosto che
per la mia... ehm... figura.
Davanti
al muro mi fermai. Al
di là iniziava il binario che mi avrebbe portato a scuola.
«Coraggio,
figliolo. Finora
sei stato molto più forte di quanto potessi essere io alla
tua età. Ce la farai
anche in questo» disse mio padre. Era gratificante sentire la
sua stima, cosa
che non aveva mai dimostrato in tutti gli anni trascorsi.
«Qualsiasi cosa
accada, sono fiero di te».
Respirai
a fondo e diedi una
vigorosa spinta attraversando la barriera e tornando nel mondo magico.
Accanto
ai binari feci levitare
i bauli sistemandoli negli appositi vagoni bagagli, tenendo solo il
cambio e la
divisa da indossare prima di scendere all'arrivo.
Sulla
banchina c'era la
solita folla di genitori che salutava i propri figli, le solite
raccomandazioni, la solita folle cacofonia che quasi sovrastava lo
sbuffare
della locomotiva.
«Bene,
Shaula, siamo arrivati
alla partenza. Troviamo un scompartimento vuoto in modo che ti possa
sistemare»
disse mia madre accompagnandomi verso i posti a sedere.
Accanto
a me passarono le
gemelle Nott ed io sorrisi alzando una mano a mo' di saluto. Vidi
Claire che si
avvicinava all'orecchio della sorella e le diceva ridendo «Ma
chi è quella?
Guarda quanto è brutta!».
«Chissà
in quale casa sarà?
Non serpeverde, abbasserebbe la media».
«Sarà
una anonima tassorosso.
L'unico modo che ha per farsi notare è farsi
vedere!».
«E
quando mai i tassorosso si
fanno vedere?» rise di rimando Cassandra.
Poco
più avanti si riunirono
a Blaike, Lucinda e Nigel e, facendo alcuni segni nella mia direzione,
ricominciarono
a ridere tutti insieme.
L'avrei
fatto anche io se mi
fossi trovato con loro, ma esserne il bersaglio non era molto piacevole.
Strinsi
le labbra e
raddrizzai le spalle, procedendo verso uno scompartimento libero che
avevo
localizzato a fine treno.
Salutai
calorosamente i miei
genitori e salii, pronto ad affrontare il mio prossimo (forse ultimo)
anno di
vita scolastica.
Il
treno era partito.
Mi
accomodai nel mio
scompartimento ed accavallai le gambe cicciotte. Il mio adipe
sballonzolava
sulle cosce. Tirai fuori lo specchietto controllando che l'intonaco
facciale
fosse ancora integro o avesse bisogno di un restauro. Ricordavo che le
ragazze
lo facevano sempre e lo trovavo un gesto stupido e vanesio. Forse anche
questo
andava rivalutato.
«E'
libero» affermò qualcuno.
Sobbalzai leggermente terrorizzato e mi voltai verso l'origine della
voce. La
ragazzina Potter, con i capelli rossi, lentiggini e sorrisone stava
entrando
come un tornado, seguita da Roxanne e Hugo Weasley.
«Dobbiamo
organizzarci» disse
l'altra rossa.
«Albus
ci stava seguendo.
Meglio fare con calma quando saremo a scuola» disse il
ragazzo cospiratore.
«Credi
che la McGranitt non
immaginerebbe che siamo stati noi?» borbottò
ironica Lily.
«A
me di sicuro! Con quello
che ha combinato papà e poi Fred con James, mi ha fatto la
prima ramanzina
ancora prima che calzassi il cappello parlante»
replicò Roxanne.
«Quindi
non abbiamo
possibilità... dovremo giocare di astuzia». In
quel momento Hugo sembrava un
generale che studiava le grandi manovre.
Sentirli
parlare senza
neanche accorgersi della mia presenza era... destabilizzante. Non ero
abituato
a essere ignorato in questo modo, né come Scorpius il
malefico Malfoy, né come
Shaula il cesso.
«Ho
preso le porte finte che
immettono direttamente nella tempera pruriginosa. Ho una scatola di
paludi
portatili e di pozzanghere puzzolenti. Sette petardi moltiplicanti e
una borsa
di merendine marinare e pastiglie vomitose
e i relativi rimedi. Se serve qualcosa me la
farò spedire di nascosto da
Fred» promise Roxy. «Da non credere, quando era a
scuola mio padre era un
vulcano di scherzi e idee e adesso mette il suo estro solo nel lavoro e
per il
resto è peggio di un mastino! Che ingiustizia!».
«Dici
bene tu! Io che mi
trovo con una sorella che sembra la reincarnazione di mia madre e
poi... mi
mette sempre nei guai! Quest'anno ho deciso di fare tutto da solo,
almeno se
prendo un rimprovero me lo sarò guadagnato».
«Io
non ho questo problema,
con quello che ha combinato James, i miei si sono abituati»
ridacchiò Lily dando
una spallata alla cugina.
Era
rilassante vedere questi
tre ragazzini che si organizzavano per divertirsi nel prossimo anno.
Per me
sarebbe stato decisamente peggio.
Sospirai
e in quel momento
sobbalzarono accorgendosi di me.
Roxanne
si mise le mani sulla
bocca e sgranò gli occhi. Lily lanciò un piccolo
urlo e Hugo non riuscì a
trattenere la solita smorfia di orrore che vedevo così
spesso nelle facce degli
altri.
«Salve»
dissi alzando la mano
per saluto. Il mio tono stridulo li fece fremere e Roxy tolse le mani
dalla
bocca per metterle sulle orecchie.
«Ma
cosa hai mangiato per
avere una voce simile? Unghie limate su una lavagna?».
Hugo
mi fissò intensamente
per una decina di secondi poi intervenne «Mai pensato di
passare dal dentista
per quei denti storti? Un buon apparecchio potrebbe fare
miracoli».
«Uffa,
Hug,sempre a pensare
ai denti! Siamo maghi, li curiamo con un colpo di bacchetta i denti,
non
dobbiamo mica usare quel trapano di cui hai parlato».
«I
miei nonni sono dentisti e
nel mondo babbano si guadagna bene con quel lavoro. Poi se veramente
fosse
così, lei non sembrerebbe un cavallo, ti pare?».
«Su
questo hai ragione. A
parte che vestita così di viola, più che un
cavallo, sembra una melanzana» notò
la Potter.
«Guarda
cosa ha in faccia. È
talmente truccata da sembrare una maschera. Neanche Vicky si trucca
così»
rincarò Roxy.
«Sì,
ma lei è bellissima non
come...» ma Hugo si interruppe prima di riferirsi a me ed
arrossì fino a
diventare completamente rosso pomodoro.
Sbuffai
ed uscii dallo
scompartimento. Non aveva senso continuare a sentire insulti sulla mia
figura.
Sapevo da solo di essere inguardabile. Sentii solo Lily e Roxanne che
sgridavano Hugo per il poco tatto. Come se loro si fossero comportate
meglio.
Nel
corridoio probabilmente
c'era tutta Hogwarts. Ma sedersi comodamente nei vari posti? Insomma,
sono
sette ore in piedi! Possibile che avessero tutta questa energia da
spendere?
Cercando
di non guardare in
faccia nessuno, avanzai faticosamente nel tentativo di cercare la
donnina con
il carrello. Avevo la gola completamente riarsa e volevo bere qualche
cosa
prima di svenire per disidratazione.
Trattenni
il fiato quando mi
trovai davanti tutta la mia compagnia.
Altri
ragazzi grandi e più
piccoli (quelli che avevo tiranneggiato in quegli anni) ridacchiavano e
facevano versi strani al mio passaggio, ma erano i ragazzi che avevo
davanti
quelli che mi facevano più paura. Forse perché
sapevo di che cosa fossero
capaci.
«Oh.
Mio. Dio» gracidò
Lucinda squadrandomi dalla testa ai piedi.
«Ma
da quale zoo è uscita?».
Nigel era sempre un bastardo.
«La
domanda più importante è:
la faranno entrare a Hogwarts? Magari è il nuovo animale di
compagnia di
Hagrid» ridacchiò Blaike.
Le
gemelle, Dephina, Tyson e
Goyle risero sguaiatamente e passandomi accanto mi spinsero malamente
contro la
parete.
Man
mano che mi passavano
vicino ridevano e mi sentivo sempre più arrossire dalla
rabbia e dalla
vergogna.
Alzai
il viso e vidi poco
distante lunghi capelli rossi e penetranti occhi azzurri che mi
squadravano.
Rose
alzò leggermente il
mento e mi strizzò l'occhio per poi entrare nello
scompartimento dove si
sentivano parlare altri grifondoro.
Dovevo
reagire! La rossa
aveva ragione. Alzai la testa e proseguii la mia camminata senza
curarmi di
quello che avevo attorno.
«Cielo!
Sei proprio una bella
topolona... hai un culo che parla!» sussurrò una
voce conosciuta.
Oddio!
Mi voltai per
sincerarmi che fosse davvero quel gorilla mancato di Theodore Goyle,
nello
stesso momento in cui lui mi strizzava il culo e mi rivolgeva un
sorriso a
trentaquattro carati e diciotto carie.
Tremai!
Tra tutti quanti,
dovevo affascinare proprio chi era ancora fermo al primo gradino
dell'evoluzione. Mi sentivo violentata la chiappa sinistra. Avrei
dovuto usare
un potente disinfettante per superare lo schifo e chiedere il consulto
di uno
psicologo per superare il trauma!
Pregai
che il treno arrivasse
presto.
---ooOoo---
Angolino
mio:
povero
Scorpius, dopo aver lasciato la protezione dei suoi genitori si ritrova
gettato
nella mischia.
Si sa, i
ragazzini sono cattivissimi. Negli anni scolastici bevono succo e
veleno, hanno
questa malvagità congenita che prende di mira i
più deboli e li spolpano come
gli avvoltoi.
Prima
Scorpius era l'avvoltoio, adesso è la carogna.
Anche i
Weasley di quindici anni (Lily, Roxanne e Hugo) non sono molto gentili
con lui.
L'unica
che si è dimostrata un pochino più amichevole
è stata Rose, incitandolo ad
avere più coraggio.
Però,
onestamente, trovarsi Goyle che ti palpa il culo... che trauma!
Spero
davvero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio
i commenti e i suggerimenti dello scorso capitolo.
Nel
prossimo ci troveremo alla cerimonia di smistamento.
Secondo
voi cosa succederà? In quale casa andrà a finire
la nostra Shaula? Ovviamente
camera singola...
aspetto i
vostri suggerimenti e vi auguro buona domenica e alla prossima
settimana.
In
effetti, se riesco, continuerò a postare settimanalmente
sino alla fine della
storia.
Grazie
per l'attenzione
alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 8 *** Una strana tenda canadese ***
Sono
consapevole di stupirvi!
Non
ci crederete ma sono tornata come promesso con un nuovo capitolo e
molto prima
del previsto.
Dobbiamo
affrontare Hogwarts e non riuscivo a non immaginarmelo
perciò ho messo nero su
bianco.
Ringrazio
chi ha recensito e chi ha inserito la storia tra le sue preferite,
ricordate e
seguite in modo da non perdere nessuna parola nuova.
Ringrazio
Elenri per il suo banner (inquietante)
buona
lettura...
---ooOoo---
«Ragazzi
del primo anno da
questa parte! Oh, ciao Albus! Anne! Lucy! Quelli del primo anno da
questa
parte!». Hagrid richiamava i primini spaventati e salutava i
ragazzi che più
avevano legato con lui. Agitava la sua manona come una pala e chi era
nelle
vicinanze rischiava di volare. Letteralmente.
Quasi
in punta di piedi mi
allineai agli altri che dovevano salire sulle carrozze ed ero quasi
arrivato al
mio obbiettivo, quando il vocione mi richiamò.
«Girbit!
Shaula Girtab! Vieni
con noi sulle barche! Girbit!».
Ed
ecco che tutti gli occhi
erano su di me. Per Merlino! E io che volevo passare inosservato.
«Stanno
chiamando te, credo»
disse una voce alle mie spalle.
Lily
Potter mi aveva
raggiunto saltellando. Si fermò accanto a me e mi
fissò seria.
«Scusaci
per prima, non
volevamo offendere» dichiarò.
«Lo
so. Siete solo rimasti
sorpresi dalla mia avvenenza» risposi trattenendo un sorriso
che invece
illuminò il viso della piccola Potter.
«Hai
ragione! Sei forte!
Auguri per l'assegnazione» e se ne andò seguita
dai suoi cugini che mi
salutarono intimiditi.
Incredibile,
non avrei mai
pensato di parlare per primi con i rappresentanti della
tribù Weasley e
derivati.
Trottai
veloce verso Hagrid
che aspettava impaziente accanto a una marea di bambini alti un metro e
un
pollice. Mi sentivo un fungo alto in mezzo al prato.
«Oh,
signorina Girtab, sei
arrivata. Bene. Possiamo attraversare il lago. Venite con me».
Ci
incamminammo tutti insieme
verso le barchette. Gli altri salirono in gruppi da tre o quattro. Io e
Hagrid
ci accomodammo su una barca 'singola'.
Ricordavo
ancora la prima volta
che attraversai il lago. Era una notte scura come questa, punteggiata
di stelle
e senza luna.
Le
barche si staccarono
dolcemente dalla riva e silenziose seguirono la prima dove il mezzo
gigante
aspettava di giungere dalla parte opposta. Gli altri erano tutti zitti
e
attenti a non fare movimenti strani per paura di cadere nelle acque
limacciose.
Chissà perché, ma a tutti faceva lo stesso
effetto.
Arrivati
al castello salimmo
sulla gradinata che portava alla sala grande. Io cercavo di stare
defilato ma
avevo tutti gli occhi fastidiosamente puntati addosso e un costante
brusio di
commenti nelle orecchie.
«Signori,
siamo pronti per la
cerimonia di smistamento. Da questa parte, prego». Il
professor Paciock aveva
sostituito la McGranitt quando questa era stata nominata preside. Lui
era
diventato anche il professore responsabile della casa di Grifondoro,
nonostante
me lo fossi immaginato sempre più adatto a Tassorosso.
Paciock
ci fece entrare in
ordine alfabetico, così mi trovai nel bel mezzo di una
ciurma di nanetti nella
quale spiccavo con il mio metro e ottantacinque.
Questa
volta la mia
'leggiadra' figura era sotto gli occhi di tutti gli studenti di tutte
le case
di Hogwarts. Sentivo i brusii di Corvonero e Tassorosso che erano
più vicini,
ma più in là le risate di scherno di Serpeverde e
Grifondoro alzavano il volume
di questa cacofonia.
Anche
i professori stavano
commentando al loro tavolo d'onore. La preside mi guardava con un misto
di
compassione e sfida.
Paciock
provò un paio di
volte a chiedere il silenzio, sino a quando, incredibile, perse la
pazienza e
utilizzò il sonorus urlando un
potentissimo «Silenzio!» che fece tremare
i vetri e il cielo incantato della sala.
Subito
tutti furono zittiti e
lui continuò come se nulla fosse accaduto. «Ora vi
chiamerò, vi metterò il
cappello parlante in testa e scoprirete a quale casa siete
destinati» spiegò
quasi con tenerezza.
La
stessa che aveva usato
anche quando ero stato smistato sei anni fa. All'epoca ero agitato ma
sicuro
che sarei stato smistato a Serpeverde. Percepivo che era una cosa
importante e
subivo il fascino dell'evento. Ora non più. La ritenevo una
semplice formalità.
Solo
il mio fisico era
cambiato. Io ero lo stesso Malfoy di allora e come tale mi sarei
ritrovato
nella mia solita casa dai riflessi verdognoli, sotto il lago.
«Andalson
Jude». Cominciò un
ragazzino dai capelli nerissimi che venne destinato a Corvonero.
Subito
il tavolo esplose
esultante per il nuovo compagno e lui corse a sedersi accanto agli
altri.
«Arthois
Bree». La ragazza
venne destinata a Tassorosso.
Lentamente
i ragazzini
venivano assegnati.
Dopo
due Serpeverde, tre
Tassorosso, due Corvonero e un Grifondoro, sentii il mio nome.
«Girtab
Shaula».
Tutta
la sala ammutolì e
seguì i miei passi verso il seggiolino.
Era
più alto sei anni fa!
Adesso dovevo quasi accucciarmi.
Mi
sedetti e mi posò sulla
testa il cappellaccio floscio. Questa volta non mi cadeva sugli occhi,
sembrava
che si fosse ristretto (o che fossi cresciuto io, il che era
più probabile).
All'improvviso
sentii una
voce roca e sottile. Sei anni fa non avevo sentito nulla.
«Scorpius
Malfoy! Che
sorpresa... che ci fai con un reggiseno? Ero convinto che non ne avessi
bisogno, sei anni fa. Hai fatto qualche operazione di
trasformazione?». Le
risate sguaiate riverberarono nella mia testa.
«Ti
pare che mi faccio fare
una operazione per diventare una donna? Per lo meno sarei diventato una
bella
donna, non un rospo!» borbottai contrariato.
«In
effetti... no... ti sei
fatto affatturare» concesse.
«Bravo».
«Gran
brutta maledizione devo
dire. Così ti devo riassegnare?».
Capii
che era il cappello a
parlare nella mia testa. Mi guardai intorno, gli altri mi fissavano ma
non
avevano capito chi ero. Forse lo sentivo solo io ridacchiare divertito
in
questo modo.
“Mandami
a Serpeverde e facciamola
finita” pensai.
«Mandami
a Serpeverde...
certo, potresti starci bene... ma in te vedo anche intelligenza e...
oh!
Coraggio» ribatté sorpreso.
“Coraggio?
E dove? Sei sicuro
di non aver bisogno degli occhiali, oltre che di una falda
nuova?”.
«Coraggio,
lealtà e senso di
giustizia... sei sicuro di essere un Malfoy?».
“Comincio
a dubitarne anche
io. Io sono codardo, approfittatore e subdolo”.
«Allora
qui abbiamo un
problema di autocomprensione, perché se questo era vero sei
anni fa ora queste
caratteristiche sono davvero diminuite e ne sono cresciute
altre».
“Ti
prego, non pensare
neanche di mandarmi da altre parti! Ti farò lavare nella
migliore lavanderia
del mondo magico. Ti farò rattoppare da madame McClan. Ti
farò mettere sulla
falda le piume più belle del gallo cedrone più
grasso dell'intero mondo. Ci
aggiungo anche tre penne di Pavone delle pianure del piano
astrale”.
Il
cappello rise. «Stai
cercando di corrompermi, Malfoy? Beh, non mi interessa molto quello che
puoi
offrire. Ora devo mandarti nella casa che più può
aiutarti a vincere la
maledizione... Tassorosso sarebbero solidali ma non sono abbastanza
afferrati
in queste conoscenze. Corvonero è sicuramente meglio e anche
Serpeverde
potrebbe aiutarti ma tu hai dimostrato davvero coraggio a presentarti
qui oggi
e perciò ho deciso» annunciò, per poi
urlare «Grifondoro!».
Tutti
nella sala erano
gelati.
Non
si udiva nessuno che
esultava e per qualche secondo immaginai che il cappello dovesse ancora
decidere. Poi iniziarono alcune risate dal tavolo dei Serpeverde,
seguiti poi
dai Corvonero e dai Tassorosso. Gli unici che ancora non fiatavano
erano i
Grifondoro. Poi Lily Potter si alzò ed iniziò ad
applaudire, seguita subito da
Rose e Roxanne Weasley. A poco a poco tutta la tribù Weasley
che era approdata
a Grifondoro si unì alle ragazze e via via tutti gli altri,
sino a quando
l'esultanza del tavolo superò gli scherni degli altri tre.
Nonostante
lo stupore mi
sentii rinfrancato da questa accoglienza e, con una occhiata grata il
professor
Paciock, che mi sorrideva stringendomi la mano e sussurrando un
«Benvenuta
nella mia casa», mi spinse verso i miei nuovi compagni.
Al
tavolo delle maestranze,
la direttrice McGranitt boccheggiava sconvolta. Anche lei era
estremamente
sorpresa nello scoprire dove ero finito. E ora?
Avrei
sofferto di vertigini a
dover salire nella torre del dormitorio al posto di scendere nelle
umide
segrete? E poi il mio guardaroba? Le mie sciarpe? Le cuffie e i guanti?
Avrei
dovuto cambiare i colori di tutti i gagliardetti che avevo appesi in
camera.
Ero sconvolto.
La
cerimonia continuò mentre
io mi accomodavo accanto ai miei nuovi compagni.
«Ciao,
io sono Rose Weasley.
Tu sei all'ultimo anno come noi, giusto?» si
presentò subito la rossa
secchiona. La guardai attentamente. Era la prima volta che la vedevo
così da
vicino.
Aveva
delle deliziose leggere
lentiggini sul naso e sotto gli occhi. I capelli erano lunghi sino in
vita e
trattenuti da un cerchietto che scopriva la fronte alta e gli occhi
dell'azzurro più intenso che avessi mai visto. Il suo fisico
era celato dalla
divisa ma ricordavo perfettamente come le stava la maglietta e i jeans
quando
l'avevo incontrata al Ghirigoro. Lei aprì le labbra rosa a
un sorriso allegro e
mi tese la mano che strinsi senza esitare.
Come
avevo potuto non notarla
in tutti quegli anni? Eppure con quei capelli rossi doveva sembrare un
faro e
attirare tutti gli sguardi.
«Sono
Shaula Girtab e vengo
dalla Turchia. Lì andiamo a scuola negli Emirati Arabi ma
volevo avere una
istruzione più internazionale e mi sono trasferita dai miei
cugini» risposi
tenendo a mente la storia che avevamo concordato.
«Io
sono Albus Potter. Chi
sono i tuoi cugini? Forse li conosciamo» intervenne il
cugino, figlio del
salvatore del mondo magico. Somigliava anche molto a suo padre, con gli
stessi
capelli e gli stessi occhi. L'unica cosa che lo distingueva era
l'assenza di
occhiali e cicatrice.
«I
Malfoy. Mia nonna era una
sorella di Lucius Malfoy e ha sposato un mago principe
dell'Anatolia».
Come
previsto si irrigidirono
tutti, stupiti. Rose fu la prima a riprendersi.
«E'
evidente che hai poco da
spartire con loro, altrimenti non saresti stato smistato in Grifondoro.
Benvenuta».
«Ciao,
Shaula!» urlò Lily
sbracciandosi qualche posto più in là. Roxanne la
imitò subito rovesciando il
bicchiere al suo vicino di panca ed iniziando a litigare su chi fosse
la colpa.
Sorrisi divertito.
«Allora,
loro sono Daisy
Smith, Anne Darthwood e Meredith Walsh e sono le nostre compagne di
dormitorio»
mi presentò Rose alle ragazze vicine.
Subito
notai il sorriso dolce
e comprensivo di Daisy, una ragazza bruna non particolarmente bella.
Probabilmente si sentiva solidale con il sottoscritto. Adesso avrebbe
avuto una
compagna che era più brutta di lei.
Le
altre due fecero un cenno
e si alzarono incamminandosi verso l’inizio del tavolo dove
si stavano sedendo
i nuovi arrivati. In effetti erano due ragazze molto carine e mi
sembrava di
ricordare che Meredith fosse anche parecchio dotata. Almeno due anni
prima.
Come mi era corsa dietro all’epoca!
Adesso
non riusciva neanche a
guardarmi. I tempi cambiano.
«Scusale.
Saranno anche delle
coraggiose Grifondoro, ma sono vanesie in modo imbarazzante»
sottolineò Daisy e
Rose sospirò pesantemente borbottando un
“Insopportabile vorrai dire”
«Shaula,
come te la cavi a
Quiddich?» chiese Albus.
La
parolina magica fece
voltare dalla nostra parte gli altri ragazzi.
«Albus,
ti prego! Prima
presenta come si deve, te e i tuoi compagni» lo
redarguì Rose.
«Agli
ordini, comandante!»
fece il saluto militare e poi iniziò a indicare uno per uno
i suoi tre compagni
di dormitorio. «Dean Thomas Junior, Edward Baston e
Nicholas Jones. Io Albus Potter». A turno salutarono impacciati ed io
risposi con un
gesto secco. Ma quanto erano formali questi Grifondoro.
«Allora?
Quiddich?».
Sorrisi
modesto. «Me la cavo
come cacciatore. Ho provato a fare il cercatore ma non mi veniva
naturale». Era
vero. Mio padre ci avrebbe tenuto a farmi giocare come cercatore e mi
aveva
anche fatto allenare appositamente da un grande campione.
Finché il suddetto
campione non aveva scoperto che ero insuperabile come cacciatore. La
presa
sicura della pluffa e la mira con la quale segnavo erano diventati
leggenda a
Hogwarts. Non c’era un portiere capace di fermarmi. Un paio
di partite eravamo
riusciti a vincere nonostante il boccino catturato dalle mani
avversarie.
«Allora
dovresti presentarti
ai provini. Quest'anno abbiamo bisogno di un cercatore e di un portiere
perché
James e Fred hanno conseguito i MAGO l'anno passato. A me piacerebbe
prendere
il posto di James e quindi ci sarebbe un posto da cacciatore libero.
Puoi
sempre vedere se ci riesci» propose Albus. Sorrisi grato ma
mi affrettai a
richiudere la bocca quando vidi alcuni rabbrividire. Ero davvero un
caso
disperato se solo guardarmi in faccia facevo questo effetto.
Ormai
l'assegnazione alle
case era finita. Grifondoro aveva guadagnato una dozzina di nuove
entrate, così
come Serpeverde. Otto nuovi alunni erano confluiti a Corvonero e
quindici a
Tassorosso.
Il
cappello parlante aveva
fatto il suo discorso sull'unità delle case per aumentare la
conoscenza e il
prestigio di una cosa sola, cioè Hogwarts. La conoscenza
doveva servire per
contrastare i pericoli che nel mondo magico erano sempre in agguato per
minare
la pace faticosamente raggiunta.
La
preside McGranitt aveva
preso la parola per raccomandarsi sulle regole. Non si doveva andare
nella
foresta proibita. Ovvio, se era proibita era vietata e lei lo ripeteva
tutti
gli anni. Erano vietati tutti gli scherzi dei Tiri Vispi Weasley (e
questo era
stato detto guardando fisso Roxanne) e, per ultimo, non si poteva
uscire dai
dormitori dopo le undici di sera. I prefetti e i caposcuola erano
responsabili
del coprifuoco.
Infine
era arrivata la cena,
opulenta e sostanziosa come al solito. Gli elfi domestici delle cucine
facevano
davvero magie con le pentole.
Alla
fine della cena, tutti
gli studenti furono invitati a ritirarsi nel loro dormitorio per la
notte.
L'indomani sarebbero iniziate le lezioni e dopo il viaggio in treno
eravamo
tutti stremati.
Mi
incamminai dietro agli altri
della mia casa.
I
più grandi erano i primi
della fila poi arrivavano i primini accompagnati dai prefetti, Albus e
Meredith.
Mi
voltai e vidi Lily a pochi
passi da me.
«Sei
anche tu un prefetto?»
chiesi cercando di tenere la voce bassa.
Lei
rise allegra. «Neanche
per idea! Con tutti i guai che ho combinato, non avrebbero mai potuto
nominarmi
prefetto. Nel mio anno sono Thomas e Alice. Lui è di una
noia mortale! Non
respira se non è secondo le regole. Fortuna che
c'è Alice. Lei è forte, anche
se è la figlia di Paciock e non può scatenarsi
come faccio io. Ti svelo un
segreto, ma mi raccomando...».
«Giuro
che non aprirò bocca»
risposi sottovoce divertito da questo fiume in piena.
«Ci
fa da palo. Così evitiamo
i controlli dei prefetti e di Rose» terminò con
tono cospiratore.
«Cosa
centra Rose?».
Si
avvicinò ancora di più «E'
Caposcuola. Non vorrà che io e gli altri ci lanciamo alla
demolizione della
scuola, come dice zia Hermione. Io sono dell'opinione che se non
c'è riuscito
Voldemort a distruggere Hogwarts, senza dubbio non ci riusciremo
noi».
Cominciavo
quasi a pentirmi
di essermi accostato alla piccola Potter. Era lievemente logorroica e
mi
riempiva di nozioni in tre secondi. Però era simpatica e
intuii che saremmo
diventati buoni amici, anche una volta tornato normale.
Perché
io ero sicuro di
tornare normale. Non potevo pensare che la mia vita finisse a diciotto
anni.
Guardai
Lily immaginandomi
assieme a lei come compagna. No. Non ci riuscivo. Non sentivo niente se
non
simpatia. C'era ancora tempo.
La
sala comune dei Grifondoro
era un tripudio di rosso, oro, marrone e colori caldi. Il fuoco
scoppiettava
nel grande camino e scaldava tutto l'ambiente. Tavoli e sedie, poltrone
e
divani erano sparsi in tutta la stanza in una ordinata cacofonia di
angoli relax.
Totalmente diverso dalla sala dei Serpeverde, molto più
seria, inquadrata e
'nobile'.
Ero
piuttosto perplesso.
Avevo sempre pensato di amare la stanza comune dei Serpeverde, e
invece,
adesso, non mi dispiaceva neanche qui. Stavo cambiando come il mio
sesso?
Brividi di repulsione! “Io sono e resterò sempre
un Serpeverde!” Il
cappellaccio sfrondato aveva preso una gran cantonata!
«Forza,
ragazzi, andiamo a
dormire che domani iniziano le lezioni» gridò Rose
avvicinandosi alla scala per
il dormitorio.
Non
sapendo dove fosse la mia
stanza privata, la seguii, sperando che le scale incantate non si
accorgessero
delle mie peculiarità e non mi facessero scivolare verso il
basso. Anche a
Serpeverde le cose funzionavano nello stesso modo... solo che noi
eravamo più furbi...
Presi in mano la bacchetta, pronto a fare un incantesimo di blocco o di
levitazione.
«Vieni,
Shaula. I nostri
bauli sono già in camera» annunciò
entrando nella stanza circolare. «La
disposizione è rimasta quella dell'anno scorso, quindi il
tuo letto è quello
vicino alla porta del bagno» disse lei, indicandomi il letto
a baldacchino con
le tende rosso scuro.
Sbiancai.
Dov'era la mia
camera privata? La McGranitt mi aveva assicurato la privacy, e adesso
come
avrei fatto?
Dopo
aver chiuso la porta, Rose
cominciò a togliersi la divisa della scuola. «Sono
davvero stanca. Il viaggio
sul treno è sempre massacrante. Non vedo l’ora di
dormire». La maglia seguì la
divisa sulla sedia e le sue mani andarono alla cintura della gonna a
pieghe.
Io
cominciavo a sentire
caldo. Rose si stava spogliando davanti a me. Oddio, la sua canotta era
talmente tesa sulle rotondità superiori. Mi prudevano le
mani.
«Cos’hai,
Shaula? Sei tutta
rossa» chiese mentre la gonna scivolava lungo le gambe,
lasciando scoperta la
metà inferiore del suo corpo peccaminoso. Per Merlino!
Cos’avevo?
Un aneurisma che
si stava formando a velocità della luce. Un infarto al cuore
che pompava
impazzito. Il mio amichetto là sotto che si stava
alzando… cazzo! Appunto!
«Shaula,
stai male?» chiese
più preoccupata, avvicinandosi.
No!
No! No! Così svestita non
doveva venirmi vicino o non avrei risposto più di me!
Raccolsi
in fretta il pigiama
e corsi in bagno bofonchiando qualche cosa che neanche io riuscivo a
capire.
A
porta chiusa appoggiai le
mani al bordo del lavandino e mi guardai in viso. Avevo il fiato corto
come se
avessi corso per chilometri. Accidenti!
Aprii
l’acqua e mi lavai la
faccia, togliendo tutto il trucco. Non mi sarebbe tornata la faccia
normale, ma
almeno avrei tolto tutto l’intonaco che oramai tirava la
pelle.
Il
mio amichetto del sud era
ancora sull’attenti, felicissimo della visione di prima.
Cielo!
Rose era tenera e
arrapante. Sembrava non si fosse accorta di quanto era sexy mentre
faceva
quell’inconsapevole spogliarello. Bellissima!
Però
dovevo metterlo a
riposo, non potevo uscire di lì con il pisello gonfio e non
avevo niente per
coprirlo efficacemente.
L’unica
soluzione era il fai
da te, per svuotarlo in modo naturale e… soddisfacente.
Porca
Morgana! Erano anni che
non mi facevo una sega.
Iniziai
a smanettare davanti
alla vasca, in modo da non sporcare in giro. Appoggiai la mano al muro
e chiusi
gli occhi, immaginando che fosse la mano di Rose a toccarmi in quel
modo.
La
fantasia è una cosa
potente. La sentivo vicina a me, con la voce soffocata che mi chiamava.
«Shaula,
Shaula, stai bene?»
diceva.
«Benissimo,
continua» risposi
roco. La mano correva più veloce e sentivo
l’orgasmo montare.
«Shaula,
mi stai
preoccupando. Vieni fuori» ordinò e io…
ubbidii eiaculando mentre dicevo con un
sospiro «Vengo!».
Ci
vollero alcuni istanti
perché riuscissi di nuovo a connettere. Cazzo che sega!
«Allora?
Devo entrare?». Ora
Rose sembrava ugualmente seccata e preoccupata.
«No!»
urlai, mentre mi
affrettavo a risciacquare la vasca e a fare pipì, prima di
tirarmi su i
pantaloni del pigiama sul mio amichetto a riposo (finalmente).
Quando
aprii la porta mi
trovai davanti tutte e quattro le ragazze che mi squadravano
preoccupate.
«Stai
bene?» chiese ancora
Rose prendendomi il braccio per andare ad accomodarmi sul letto che mi
era
stato destinato.
«Sì…
si, avevo solo un
pochino di nausea, ma ora è passato».
Mamma
mia che situazione!
«Hai
vomitato nel water,
vero? Meglio che lo disinfettiamo prima di sederci» disse
Daisy sbrigativa
mentre entrava in bagno e si occupava di mettere in ordine.
«Non
ho vomitato» mormorai
io.
«C’è
la tavoletta alzata e si
sentivano versi strani» rispose Anne che si guardava alla
specchio sistemandosi
per la notte, dentro una cosina praticamente trasparente dove potevo
distinguere i capezzoli e il micro tanga che portava sotto.
«Era
per… per precauzione.
A... avevo conati...» rantolai flebile mentre tentavo di
cercare un po’ di
saliva da inghiottire, nella mia bocca più arida del sahara.
Cazzo!
Non ce la potevo fare!
E se l’avessi presa di notte? Magari potevo dire che ero
sonnambulo.
Nonostante
Anne e Meredith
(che era vestita o meglio, spogliata, nello stesso modo) facessero
lavorare a
mille il mio cervello e le mie sinapsi, il mio amichetto non reagiva.
Stranamente era rimasto soddisfatto dell’auto lavoretto di
mano che mi ero
procurato prima. Meglio per me, almeno non dovevo nascondere qualche
cosa di
strano.
Rose
mi scrutava ancora. «Sei
sicura di stare bene ora?».
Annuii
con vigore, per non
rischiare di parlare e scoprire di avere una voce roca ed eccitata.
«Bene,
allora noi finiamo di
prepararci e poi a letto!».
«Sai,
Shaula, credevo che tu
ti mettessi uno di quei vestitini tutto veli orientali per
dormire» ridacchiò
Meredith, subito seguita da Anne.
«No,
a me non stanno bene» risposi
alzando le spalle. Non mi interessava se mi prendevano in giro ora,
avevo un
bellissimo panorama con cui distrarmi.
«Hai
ragione» confermò Anne.
«Anne!»
la richiamò Rose
scandalizzata.
«L’ha
detto lei, Weasley.
Adesso non fare la fanatica corretta. Andiamo a dormire, su»
e con questo
Meredith chiuse l’argomento e, una volta che tutte le ragazze
ebbero raggiunto
i propri letti, spense la luce con un colpo di bacchetta e tutto il
dormitorio
piombò nel sonno.
Nonostante
fossi nervoso per
quello che era appena successo, non tardai ad abbandonarmi alla pace
delle
braccia di Morfeo. Avevo bisogno di riposarmi per affrontare quello che
mi
aspettava e non potevo certo permettermi di pensare alle donne di cui
ero
circondato.
Convintissimo
presi un lungo
respiro e mi rilassai.
In
effetti non sognai le
donne, solo una. Rose.
Una
Rose disinibita, con la
camiciola trasparente di Anne e niente sotto.
Distinguevo
la linea del
seno, rotondo e pieno. L'ombra più scura dei capezzoli
proporzionati e
perfetti, eretti per me. Più sotto intuivo l'ombra scura dei
riccioli all'apice
delle gambe che coprivano il punto più segreto, lo scrigno
dei desideri che
ogni uomo di sani appetiti era desideroso di aprire ed impossessarsi.
Me
la immaginavo contro di
me, morbidissima come un insieme di piume, che strusciava delicata sul
mio viso
e sul mio torace. Gemevo al sentire le sue carezze di lino e seta e
pregavo che
mi prendesse anche più in basso dove il mio amichetto si era
svegliato ansioso
di un secondo round. Abbassai la mano verso di lui, ansimando. Ero
partito per
libidinolandia onirica. Era una vita che non avevo un sogno
così realistico con
una ragazza che non mi ero ancora fatta.
«Shaula,
che hai?» chiese una
voce sonnacchiosa. Spalancai gli occhi sobbalzando e capii che le
carezze che
sentivo erano gli strusciamenti del cuscino che stavo sprimacciando.
«Sta
facendo le cosacce, non
senti?». Questa era Meredith. La sua voce altera ed
antipatica l'avrei
riconosciuta ovunque.
«Con
cosa? Lumos» ordinò
Anne.
Ansimai
ancora. Questa volta
per lo spavento.
Non
potevano dormire più
profondamente? Sbirciai la finestra e vidi che stava lentamente
ingrigendo. Era
quasi l'alba.
«Ehi!
Cos'hai lì?» chiese
Anne indicando... la specie di tenda canadese che avevo all'altezza
dell'inguine.
Mio
Dio! Avevo
l'alzabandiera! E adesso?
“Giù!
A cuccia! Ti amo più di
me stesso, ma se non ti distendi, ti taglio!” mi concentrai
telepaticamente sul
mio fallo, ma lui non voleva proprio capire. Testa di cazzo!
«Hai
un vibratore? Io non
l'ho mai usato, ma credo che a volte funzioni meglio di alcuni maghi
che
conosco... me lo presti dopo? Non ti preoccupare, lo disinfetto prima e
dopo»
promise Anne.
Daisy
e Rose erano sedute nel
loro letto e boccheggiavano come pesci, (rossi per l'esattezza)
sentendo tutte
quelle battute dalle altre due.
«Fallo
vedere anche a me.
Sono curiosa di sapere se quello arabo è diverso da un
vibratore inglese»
rincarò Meredith. «Magari
è più lungo,
ho sentito dire che gli orientali sono da guinness dei
primati!».
Ormai
non sapevo più dove
guardare, ma sicuramente non avrei mai ammesso di avere un vibratore
tra le
gambe. Io avevo un membro... anzi, Il Membro! Il trapanatore per
eccellenza e
senza batterie!
«E'
solo una coperta
attorcigliata sulla mia pancia!» strillai cercando di
sembrare offesa e
mettendo una mano per appiattire il mio recalcitrante amico.
Mi
misi a pensare
intensamente a qualcuno che mi calmasse. Sicuramente Rose non era la
più
indicata, quindi mi scusai mentalmente e pensai a Daisy. Non era il mio
sogno
erotico e il mio pene fu d'accordo con me e si accucciò
deluso.
Erano
deluse anche le due
porcelline che cercavano emozioni forti. «Uffa!
Peccato!».
«Ehm...
visto che siamo
sveglie, tanto vale prepararsi per la giornata» disse Rose
alzandosi per andare
in bagno.
Sul
comodino era comparso
l'orario completo delle lezioni.
Vidi
che ero segnato negli
stessi corsi che avevo scelto l'anno precedente. Volevo diventare
avvocato ed
esercitare nel Wizengamot e con gli anni, diventare un potente mago e
quindi il
presidente del tribunale supremo.
La
prima ora era con Madame Ballioi,
professoressa di babbanologia. Non era la mia materia
preferita, ma occorreva
avere conoscenza delle leggi del mondo babbano per poter integrare le
nostre.
Nonostante tutto me la cavavo abbastanza bene.
Appena
libero corsi in bagno
e decisi di mettermi il parapalle. Almeno avrei impedito imbarazzanti
erezioni
durante la giornata. Sperando per il meglio.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ed
eccoci alla fine del
capitolo.
In
grassetto il nome della
professoressa di babbanologia. È il ringraziamento per Balli01,
con una
piccola variazione (licenza poetica), per aver recensito il precedente
capitolo
e spero anche questo e il prossimo. (come ho già detto chi
recensisce si
troverà nominato nel tessuto della storia, a perenne memoria
di ringraziamento
per il contributo dato).
In
questo capitolo sparo
diverse cartucce di episodi divertenti.
Primo
lo smistamento.
Nonostante il tentativo di corruzione (grazie Elenri per il
suggerimento) il
cappello parlante destina Scorpius a Grifondoro.
Qui
troviamo una Lily più
amichevole e conosciamo i compagni di corso del settimo anno.
La
camera singola? Non c'è.
Scorpius si trova nel dormitorio con le altre quattro ragazze e Rose
che,
tranquilla, si spoglia davanti a quella che ritiene una ragazza, quindi
senza
la vergogna che avrebbe provato davanti a un ragazzo.
E
Scorpius? Si eccita e va
a chiudersi in bagno per il fai da te. In più dimentica la
tavoletta alzata,
tipica dei maschietti. Fortuna che nessuna l'ha capito.
Per
non farci mancare
nulla, un sogno a luci rosse e un imbarazzante alzabandiera che fa
sembrare la
coperta un tepee indiano mi fa squartare dalle risate. E le due
porcelline che
credono sia un vibratore?
Non
ho resistito e una
parola dopo l'altra il capitolo si è scritto in pochissimo
tempo.
Spero
non vi dispiaccia se
posto prima , ma tenete sempre presente che non sarò sempre
così celere. L'appuntamento
resta comunque una volta la settimana, se posto prima meglio per voi.
Per
ora spero mi lascerete
le vostre opinioni e i vostri suggerimenti su cosa può
capitare a
Scorpius/Shaula la prima giornata di scuola.
Grazie
per l'attenzione
alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 9 *** Una conclusione sbagliata! ***
Buongiorno
a tutti!
Eccomi
di nuovo su queste pagine con una nuova puntata della punizione di
Scorpius.
Che poi, forse, tanta punizione non è. Comunque vedremo come
si comporterà
questa mattina.
Colazione,
lezioni e...
Ringrazio
chi ha inserito la storia nelle loro raccolte speciali e chi ha
recensito.
Particolare
ringraziamento a Elenri per i due banner che alterno all'inizio
capitolo (anche
questi ispirano) e ora...
Buona
lettura!
---ooOoo---
Meno
male che era l'alba
quando mi sono chiuso nel bagno, perché ci misi un'ora buona
per rendermi
quanto meno presentabile. Per quanto mi riguardava un risultato
notevole era il
fatto di non essermi accecato con matite o bacchetta. Facevo progressi!
Avrei
potuto avere un futuro come truccatore. Infilai quattro paia di calze
prima di
riuscire a farle salire senza smagliarle. Anche utilizzando la magia,
riuscivo
a fare dei buchi come se ci fosse passata non solo un dito ma una
intera mano.
Se continuavo in questo modo, avrei mandato mio padre sul lastrico.
Una
volta preparata e
adeguatamente coperta, uscii con le mie vittime in mano.
«Cosa
hai combinato?» chiese
Rose sorridendo.
«Ho
ucciso quattro paia di
calze. Sono un disastro» borbottai contrito. Come per i
reggiseni, mi era più
facile togliere che mettere.
«Lascia
fare a me, mia nonna
mi ha insegnato a riparare in modo che sembrino nuove. Così
non le devi sempre
comperare» replicò. Poi le prese e le dispose
ordinate sul letto appena
rifatto.
«Ma
come ci sei riuscita?»
domandò scoppiando a ridere.
«Sono
loro che ce l'hanno con
me! Io ho solo cercato di infilarle con la bacchetta ma anche
così non riuscivo
a non romperle».
«Devi
essere più delicata.
Dai, adesso ripariamo. Eugyando»
enunciò chiara, facendo roteare la bacchetta con un elegante
semicerchio.
Subito i fili cominciarono a muoversi e a tendersi, a incrociarsi e ad
annodarsi sino a ripristinare perfettamente il tessuto di seta e nylon.
«Eugyando.
Me lo devo
ricordare».
«Secondo
me, Shaula, potresti
anche evitare di restare in bagno tutto questo tempo»
intervenne Anne in quel
momento. «Tanto non migliori di molto. Anzi, sembri
più una drag queen». Un
travestito! Come aveva fatto a scoprirlo? Sentii sudare i palmi delle
mani,
poi, guardandola meglio mi tranquillizzai. Non intendeva quello ma solo
il
fatto che ero pesantemente truccato.
«Anne!
Smettila di essere
tanto antipatica!» replicò secca Daisy.
«Certo,
tu la difendi perché
ti senti solidale con lei. In fin dei conti non sei molto
meglio».
Quelle
due avevano mangiato
pane e veleno dal lunedì al venerdì e veleno e
pane il weekend per tutti i
giorni della loro vita. Erano così maligne che mi venne
spontaneo chiedere.
«Ma
siete sicure di essere
dei Grifondoro? Mi sembrate più adatte a
Serpeverde».
«Non
direi. Siamo entrambe
nate babbane e Salazar non avrebbe sopportato un tale sangue sporco.
Poi qui ci
troviamo bene» ribatté tranquilla Meredith.
«Lascia
stare. Andiamo a fare
colazione» esortò Daisy uscendo dalla camera.
Raccolsi
i libri che mi
servivano per le prime ore della mattinata ed uscii seguendo la mia
nuova
compagna. L'aria nel dormitorio stava diventando pesante.
Quando
giungemmo in sala
grande i tavoli erano pieni solo a metà. Era ancora molto
presto e parecchi
studenti si stavano appena alzando. Le frittelle facevano bella mostra
di sé,
così come i muffin e i succhi.
Io,
Daisy e Rose sedemmo vicino
ed iniziammo a parlare delle lezioni da seguire.
«L'unica
pecca è in pozioni»
disse Rose. «So che è una materia dove la
precisione è fondamentale, ma sono
convinta che ci voglia anche dell'estro e dell'intuito. Se tutti
fossero
precisi, non si inventerebbero delle pozioni nuove, giusto?».
«Infatti»
risposi alla
domanda retorica.
«Io
voglio diventare una
storica. Mi piace scavare nel passato, per migliorare il futuro. E poi
è
affascinante andare per il mondo a scavare e scoprire nuovi
manufatti» confidò Daisy.
«Archeologa»
commentò Rose.
«Io invece, voglio diventare Guaritore. Mi piace l'idea di
aiutare a guarire i
malati. Aiuto sempre miss Warner in infermeria, così faccio
un pochino di
pratica».
«Sarai
sicuramente un medico
eccezionale» la incoraggiai. Avrei volentieri giocato al
dottore con lei e
sarei stato felice di candidarmi come paziente.
«E
tu, Shaula? Cosa farai
dopo i MAGO?» incalzò Daisy.
«Ho
intenzione di studiare
legge per entrare al Wizengamot». Era la prima volta che lo
dicevo a voce alta.
Neanche mio padre aveva idea dei miei desideri e sogni.
«Un
giudicatore quindi».
«Più
un avvocato simile a
quelli babbani» chiarii.
In
quel momento sentii il
bubolare di Apollo, il mio gufo grigio. Alzai lo sguardo verso
l’animale che
stava planando dolcemente verso il mio posto, aggirando abilmente le
tazze, i
piatti e i bicchieri pieni di cibo e bevande. Tra zampe teneva un pacco
lungo e
abbastanza voluminoso.
«Ma
quello non è il gufo di
Malfoy?». La voce proveniva dal tavolo dei Serpeverde. In
effetti conoscevano
molto bene Apollo, visto che lo prestavo spesso ai miei amici.
«Chissà
che fine ha fatto?»
borbottò Rose sovrapensiero. Apollo si appollaiò
di fronte a me e mi tese la
zampetta per liberarlo del pacco. Nove a uno che era di mia madre. Non
riusciva
a lasciarmi in pace neanche un giorno?
«Ce
ne siamo liberati, questo
è l’importante» sghignazzò
Daisy alla mia destra. Sbuffai. D’accordo che non si
poteva piacere a tutti ma sembrava che neanche Scorpius fosse ben
accetto.
Lessi
il mittente. Mia madre.
Ovvio.
‘Cara, hai dimenticato alcuni oggetti di cancelleria
carinissimi che ti
ho spedito. Le ragazze devono essere alla moda! Abbiamo saputo che sei
stata
assegnata a Grifondoro ma non siamo delusi. Siamo sempre orgogliosi di
te! Baci. Astoria
M.’
«Dai,
facci vedere cos’è?».
Rose sorrideva e quasi saltellava sulla panca. Sembrava una bambina
davanti ai
regali di Natale.
«Curiosa?».
«Da
morire».
Scartai
il pacco e le due
ragazze iniziarono a ridere. Sparsi sul tavolo c’erano piume
fucsia, verde
acido, con i brillantini e le lucette intermittenti e boccette di
bianchetto a
forma di orsetto. C’erano dei guanti colorati di rosso e oro
e due sciarpe
tessute con lana che brillava. Cosa credeva mia madre? Che mi sarei
messo
quella roba per sembrare una lampadina?
«Notevole»
mormorò Rose.
«E’
pazza» ribattei io mentre
infilavo tutto nel borsone dei libri. «Meglio che parliamo
d’altro» e cercai di
dirottare gli argomenti di conversazione su altri lidi, mentre Apollo,
dopo
aver sbocconcellato un muffin al cioccolato, ritornava a Malfoy Manor.
Le
chiacchiere avevano fatto
tardare ed ora i tavoli erano completamente pieni di studenti che
mangiavano e
bevevano.
«Ciao,
Rose. Shaula. Daisy».
Era arrivata anche Lily seguita subito da Roxanne e Hugo che avevano
salutato con
gran agitare di braccia. Accanto a noi si accasciarono sulla panca,
Albus,
Nicholas e Thomas. Edward si era diretto verso una biondina seduta al
tavolo
dei Corvonero.
«Edward
sta con Agatha Green
del sesto anno» spiegò Albus senza che avessi
materialmente il tempo di
chiedere.
«Okay»
mormorai facendo
spallucce. Che dovevo dire? Mica mi interessava. Io non ero
omosessuale, i
maschi non mi interessavano. Per niente.
«Oggi
non ho proprio voglia
di fare babbanologia. Tra tutte le materie, proprio questa dovevano
fare per
prima? Se sento ancora descrivere come funziona il rito del pranzo in
famiglia
la domenica, giuro che mi metto a urlare» dichiarò
Thomas. «Io vedo già i miei
nonni che fanno questo rito. Cosa devo sapere ancora?».
Era
divertente sentire i commenti
sulle lezioni e i professori. Niente di diverso rispetto a quello che
accadeva
a Serpeverde. Direi che era consolante.
Qualche
posto più in là, si
sedettero Meredith e Anne per la loro colazione. Era passato parecchio
da
quando erano usciti dal dormitorio. Chissà come avevano
passato questo tempo?
Lily
e Roxanne si alzarono
per andare a lezione e ci passarono accanto, lasciando un bicchiere di
succo di
zucca mezzo pieno sul tavolo. «Ci vediamo a pranzo»
salutarono allegramente.
Continuammo
a chiacchierare
ancora per qualche minuto, prima di deciderci ad andare a lezione.
In
quel momento sentimmo una
lieve esplosione provenire poco distante da noi e quando ci voltammo...
vidi
Anne e Meredith coperte da una ondata anomala di succo di zucca che gli
impiastricciava
capelli, viso e vestiti.
«Potter!
Questa ce la paghi!»
urlò Anne precipitandosi verso la porta della sala dove Hugo
stava osservando
la scena, ridendo a crepapelle.
«Dove
sono le tue cuginette?»
chiese gridando una Meredith decisamente arrabbiata.
«Non
so, è da parecchio che
hanno finito la colazione. Saranno già in classe»
e senza aggiungere altro si
voltò per andare alla sua prima lezione della giornata.
«Caccabomba
a innesco
ritardato» sussurrò al mio orecchio Rose,
chiarendomi il perché dell'intervallo
di tempo. In questo modo sarebbe stato più complicato
riuscire a dare la colpa
alle due cuginette pestifere.
Osservai
le due compagne
uscire infuriate e sorrisi. Adesso sì che mi sentivo meglio!
Stavo
per uscire dalla sala
grande, in gruppo con Rose, Daisy, Thomas, Edward e Agatha per andare a
babbanologia, quando ci scontrammo con il mio vecchio gruppo di
Serpeverde.
Sperai
sino all’ultimo di
poterli evitare ma ci fermarono proprio sulla porta.
«Guarda,
guarda. I coraggiosi
Grifondoro! Adesso sono sicuro che ne avete di fegato a portarvi dietro
quella
lì» fece Delphina.
Nigel
ridacchiò e mi fece
l’occhiolino. «Scommetto che non ha mai provato un
vero mago. Che ne dici?
Posso sempre metterti un sacchetto in testa…».
«Prima
però dovete fare qualche
cosa per Goyle» risposi io con la mia vocina acuta. Non sia
mai che mi facevo
ancora mettere i piedi in testa. Li conoscevo troppo bene per
consentirgli di
vessarmi troppo.
«Cosa
c’è tesoro? Vuoi
provarci tu?» chiese Blaike staccandosi un attimo da Lucinda.
«Credo
che per avvicinarsi a
qualcuno di voi occorra mettere una tuta anticontaminante. Non si sa
mai.
Adesso andiamo altrimenti facciamo tardi» intervenne Rose,
regalando una
spallata a Speers e superando l’ostacolo.
Dietro
di lei ci incolonnammo
tutti e io chiudevo la fila.
«Ciao,
bella topolona!»
soffiò nel mio orecchio il sopracitato energumeno con meno
cervello di tutta
Hogwarts. La mano scivolò veloce sul mio enorme fondoschiena
e provò a dare un
pizzicotto.
Per
fortuna che le mie
chiappe erano troppo piene per poter essere pizzicate, così
potei correre via
senza dover reagire.
Maledizione!
Con tutte le
persone che c’erano in quella scuola, proprio a Goyle dovevo
interessare?
«Non
devi pensarci. Sono solo
dei cretini» mi consolò Daisy. Rose non disse
nulla se non rivolgermi un
sorriso incoraggiante che mi fece più bene di qualsiasi
parola.
La
mattina passò senza che me
ne accorgessi. Dopo babbanologia, che seguivamo con i Tassorosso (che
si erano
contenuti dal prendermi in giro, limitandosi a qualche risolino e
battute
sottovoce), passammo a due soporifere ore con storia della magia. Il
professor
Ruf aveva un tono da encefalogramma di un morto: ossia piatto.
D’altronde lui
era un fantasma e non si poteva pretendere che avesse delle botte di
vita.
Per
questa lezione ci
raggiunsero anche Albus e Nicholas e prima di entrare scegliemmo chi
tra di noi
doveva stare attento e prendere appunti da distribuire al resto della
casa. Era
davvero un buon modo per non costringerci tutti ad ascoltare quella
nenia
farcita di date e fatti persi nelle pieghe del tempo. L’unico
momento di
interesse generale era quando la lezione verteva sulla prima e la
seconda
guerra magica, con le avventure dei Potter e Weasley, dove io mi
sentivo
umiliato per il ruolo da mangiamorte di mio nonno e Rose e Albus
arrossivano e
cercavano di nascondersi dietro un libro. In quei momenti tutta la
classe
ascoltava incantata. Per il resto era apatia assoluta.
«No!»
sbottò Edward,
scegliendo la pagliuzza più corta. Questa volta toccava a
lui stare attento,
invece di sonnecchiare e pensare alla sua Agatha.
«Coraggio,
Ed. Ti aiuterò io
a prendere appunti» si offrì Rose, spingendolo al
primo banco dell’aula e
mettendosi al suo fianco.
«Crocerossina
samaritana»
borbottò Albus accomodandosi più indietro e
posizionandosi comodo per la solita
pennichella.
Quella
lezione era insieme ai
Corvonero, ma, nonostante la loro intelligenza e voglia di imparare,
anche loro
erano più propensi a farsi un sonnellino piuttosto che stare
svegli ad
ascoltare.
Durante
la lezione, Albus mi
passò un biglietto con uno schema di Quiddich chiedendo cosa
ne pensavo. Molto
meglio studiare questo che storia. Iniziai a guardare le linee dritte e
curve
che coprivano il foglietto, con uno schema di attacco che non avrebbe
capito
neanche il grande Victor Krum dei tempi migliori, senza un dizionario.
Eppure
io lo capivo e mi stupii per questo.
Ripassai
il biglietto con
l’annotazione ‘Come pensi di coprire
l’anello destro senza il battitore in
posizione centrale? Il cacciatore rimarrebbe sbilanciato e il cercatore
senza
supporto’.
Appena
ebbe letto, Albus mi
fissò con occhi sbarrati, prima di aprirsi a un enorme
sorriso come se avesse
scoperto un tesoro inestimabile e volesse gioirne con il mondo intero.
Il
resto della lezione lo passai
scrivendo correzioni sugli schemi che il Potter mi sottoponeva a getto
continuo. Probabilmente si era studiato a memoria il mki90
(Migliore Kermesse Internazionali del 1990. annali di
Quiddich) dove venivano descritte le dodici partite di
quell’anno che, a detta
di tutti gli sportivi, erano state le migliori mai disputate da
centocinquanta
anni a oggi.
Vedevo
riportati gli schemi
degli argentini, degli spagnoli, rumeni, cinesi, irlandesi, inglesi,
russi,
americani e della costa d’avorio. Ricordavo le pagine
patinate di quel libro,
con le divise antiquate dei giocatori, ma le singole azioni, e le
partite in
generale, erano entrate nella leggenda. Chiunque volesse intendersi un
poco di
quiddich, non poteva ignorare quel libro e pareva che Potter ne avesse
fatto la
sua bibbia.
Dopo
due ore e quindici
schemi di attacco e difesa, uscimmo dalla lezione.
Albus
era sempre più
entusiasta di aver scoperto una persona così informata sul
suo gioco preferito.
Non
smise un attimo di
esaltare il nostro scambio con le nuove soluzioni che avevo trovato,
per poi
terminare con un convinto: «Devi per forza far parte della
squadra di
Grifondoro».
Mi
sentivo davvero bene!
Avevo cominciato a legare con questo gruppo di persone e, sebbene la
mia figura
fosse sgraziata e ributtante, non me lo facevano pesare. Ed era il
primo
giorno! Cominciai a guardare al futuro con più ottimismo.
Forse sarei riuscito
a passare indenne lo strazio di quell’anno.
Dopo
il pranzo che passammo
tutti insieme, comprese Anne e Meredith ripulite e pinte, ci dividemmo
per
andare nelle varie lezioni del pomeriggio. Io ero l’unico ad
avere lezione di
legismagia, un corso avanzato dove si studiavano le leggi nazionali e
internazionali del mondo magico. Eravamo solo in cinque del mio anno a
seguire
questo corso e la preside aveva ritenuto inutile suddividerci per case.
Infatti, insieme a me c’erano un Tassorosso (Kevin McCallum)
tre Corvonero
(Lisette e Moira Johnson e Troy Barton) e un Serpeverde, colui che
più mi
preoccupava perché poteva riconoscermi in un nanosecondo,
visto che mi
conosceva da quando eravamo in fasce: Blaike Zabini, il mio migliore
amico.
Colui che evitavo di contattare da almeno un mese e a cui mi facevo
sistematicamente negare. Dovevo rispolverare le mie doti di attore e
sperare di
fare una performance da oscar o sarei stato fottuto.
«Ragazzi,
bentornati!» tubò
il professor Laurentius Rabbit.
In
effetti a un coniglio ci
somigliava davvero, con i suo naso a punta e gli incisivi superiori
leggermente
sporgenti. Vestiva sempre con una giacca scozzese nei toni verdi e
pantaloni di
velluto marrone a coste ed era decisamente, inequivocabilmente,
irrimediabilmente gay.
Aveva
una predilezione quasi
morbosa per me e Zabini. Vuoi per il nostro fascino serpentese, vuoi
per i
nostri fisici prestanti, fatto sta che continuava a incoraggiarci,
interrogarci
e a favorirci da quando, nel sesto anno, avevamo iniziato il suo corso.
«Quest’anno
il signor Malfoy
ci ha abbandonato per completare gli studi negli Emirati
Arabi» annunciò Rabbit
accompagnando l’affermazione con un sonoro sospiro di
rimpianto. «Al suo posto
ci è stata mandata questa… signorina. Shaula
Girtab» annunciò con tono un
pochino schifato.
Un
altro che non era mio
estimatore.
Nonostante
tutto, però,
dovevo ammettere, mio malgrado, che era un professore estremamente
competente e
informato. Era un avvocato che lavorava nel Wizengamot e passava due
giorni a
settimana a Hogwarts per le lezioni. Da lui potevamo solo imparare il
meglio.
«Ehi!
Hai idea che fine abbia
fatto Scorpius? Sto cercando di parlargli ma non riesco a contattarlo,
sembra
che sia scomparso dalla faccia della terra» mi
bisbigliò subito Blaike dopo che
venne a sedersi accanto a me. Ma guarda questo, prima mi insulta e poi
vuole
dei favori.
«Parli
con me?» non riuscii a
restare zitto. «Ti rendi conto che stai parlando con una che
hanno fatto
entrare come animale da compagnia per Hagrid?» dissi
riferendomi alla sua
battuta sul treno.
«Quanto
la fai lunga. Sei una
cozza e lo sai. E allora? Non sarò io a fare il finto
buonista. Adesso voglio
sapere di Scorpius. Dove lo hanno spedito e perché. Sei sua
cugina ho sentito
dire, quindi saprai sicuramente qualche cosa». Vedevo i suoi
occhi brillare
come onice. Sì, decisamente non era un diplomatico.
«Ci
siamo scambiati la
scuola. Lui si è trasferito perché si era messo
nei guai e doveva cambiare
aria. Così io ne ho approfittato» e che pensasse
quello che voleva!
«Questo
l’avevo capito anche
io, ma ho bisogno di parlargli. Posso contattarlo in qualche
modo?» era
insistente e mi pareva anche preoccupato. Si stava comportando come
avrei fatto
io al suo posto. Purtroppo non potevo dargli speranze o la mia
copertura
sarebbe saltata.
«Per
il momento no. La nostra
scuola vieta i contatti con l’esterno… per non
contaminare l’ambiente». La
sparai grossa e sperai che mi credesse.
Il
professore ci tacitò
subito dopo e per mia fortuna il colloquio con il mio amico e ex
compagno di
casa finì lì. Passammo il resto del pomeriggio a
prendere appunti e verso sera
Rabbit ci congedò con un tema di settanta centimetri di
pergamena sulle
differenze giuridiche tra le fatture ordinarie e le maledizioni da
preparare
per la lezione successiva. Sommate alla ricerca da fare per
babbanologia e il
tema sulla storia dei troll del 1300 eravamo sistemati sin dal primo
giorno.
Appena
usciti dall’aula venni
intercettato da Rose con un messaggio da parte della preside McGranitt
che mi
convocava nel suo ufficio.
«Andiamo»
incitò la rossa. La
guardai interrogativo e lei mi spiegò «Sono stata
convocata come Caposcuola e
compagna di casa». Chissà che voleva la vecchia
gatta rognosa?
Camminammo
fianco a fianco e
arrivammo in pochi minuti davanti ai gargoyles che, spostandosi,
lasciavano
accedere alla scala che portava direttamente alla porta dell'ufficio.
Bussammo
alla porta e attendemmo
il permesso per entrare.
«Avanti».
Era da quando mi
ero presentato alla preside come Malfoy che non vedevo la McGranitt.
Erano tre
giorni ma sembravano tre anni.
«Signorina
Girbit, abbiamo
predisposto la stanza singola per la sua permanenza nel dormitorio
della casa
di Godric Grifondoro. Signorina Weasley, disponga affinché
la signorina Shaula
possa trasferirsi questa sera stessa nella sua stanza»
ordinò la vecchia gatta,
senza dare la possibilità di rispondere.
Almeno
aveva cercato di
essere di parola e mi aveva assegnato la stanza singola. Non avrei
dovuto
sottopormi di nuovo alla tortura della sera precedente. Non mi sarei
più dovuto
stare attento agli alzabandiera mattutini e potevo anche girare nudo
nella
stanza. Sarebbe stato davvero rilassante.
«Non
può farlo, preside!»
protestò Rose con veemenza.
«Cosa
intende dire, signorina
Weasley?». La gatta corrugò la fronte.
«Che
Shaula si è appena
trasferita ed è stata assegnata a Grifondoro al settimo
anno. È entrata in un
gruppo con le sue dinamiche, se vuole integrarsi con noi non
può isolarsi».
In
effetti non aveva
totalmente torto, ma la necessità di una stanza unica era
ancora primaria.
«Rose,
ti ringrazio per
questo pensiero, ma io... davvero ho bisogno di una stanza da
sola» cercai di
dire, senza scoprirmi troppo.
«Perché?
Siamo state bene
ieri, ti pare?».
«Certo,
ma io ho una cultura
diversa e ho bisogno di gestirmi da sola... sai, cose
personali...». Difficile
dire e non dire.
«Ma
come potresti conoscerci
meglio e diventare amiche? Potremmo fare tutto quello che fanno le
compagne: si
aiutano nei compiti, fanno commenti sui ragazzi, si scambiano gli
assorbenti»
elencò con tono casuale. L'accenno agli assorbenti mi fece
arrossire. Certo, ci
mancava solo questo. Sarei diventato un fenomeno.
«Io
non ho bisogno degli
assorbenti» replicai automaticamente.
La
preside seduta alla sua
scrivania e gli altri presidi nei loro ritratti, ascoltavano
attentamente il
nostro dialogo.
«Era
per modo di dire,
potremo prestarci gli assorbenti tra qualche giorno, quando ti
verrà il ciclo».
«No!
Io non ho bisogno di
assorbenti». Non so perché mi fossi messo a
puntualizzare così fortemente
questa cosa, ma lo feci ed ebbi la sensazione immediata di essermi
messo nei
guai.
«In
che senso non hai bisogno
di assorbenti?» chiese decisamente perplessa, poi mi
fissò come se avesse
scoperto tutto. «Sei incinta!».
Oddio!
Questo era peggio del
peggio che mi potesse capitare.
Mi
guardai la pancia e misi
le mani aperte sul ventre. Ma come le era venuta in mente una
assurdità simile.
Dietro la preside si sentiva qualcuno che rideva cercando di soffocare
i
singhiozzi.
«Per
Merlino e Morgana! È per
questo che ti sei trasferita a Hogwarts? Per poter avere il bambino in
pace? Di
quanti mesi sei? Non ti preoccupare, qui sarai al sicuro».
Rose sembrava un
fiume in piena.
«No,
Rosie, non sono
incinta... » pigolai, ma lei non mi ascoltava più.
«Dovremo
organizzarci. Hai
già fatto l'ecografia? Dovrai mangiare molto più
sano per contribuire allo
sviluppo del bambino. Acido folico. Devo prenderne in infermeria. Serve
per le
sue ossa. Che ne è del padre?». Ottima domanda!
A
parte che, se continuava in
questo modo, avrei avuto tutti i sintomi di una gravidanza... isterica!
Riguardo al padre, potevo sempre essere come le lumache che oltre ad
avere gli
organi maschili hanno anche quelli femminili e possono ingravidarsi da
sole!
Scorpius l'ermafrodita!
Boccheggiavo
e arrossivo come
non mai, ma, nonostante i miei sforzi, Rose era inarrestabile.
«Signorina
Weasley, si
calmi!» intervenne la McGranitt. «Capisce che
questa notizia deve rimanere
segreta. Non ne faccia parola con nessuno. Se la notizia
verrà sparsa, lei
rischia l'espulsione. Ci siamo capiti? Adesso vada, devo parlare con la
signorina Girtab da sola» terminò abbassando gli
occhiali sulla punta del naso
e fissando truce il viso della rossa.
«Non
si preoccupi, non dirò
una parola. Però non faccia andare Shaula in una stanza
tutta sola. In questo
momento ha bisogno di compagnia». Rose pregò
ancora una volta la preside. Prima
di uscire mi fece una carezza sul braccio.
Appena
uscita, l'ufficio
esplose in una fragorosa risata, anche da parte della preside.
«Non
avrei mai creduto di
assistere a una scena simile in tutta la mia vita! Adesso posso morire
felice»
singhiozzò la McGranitt, asciugandosi gli occhi.
«Bene,
mi fa piacere che si
diverta, ma adesso io come faccio con il bambino?» e indicai
la mia pancia
prominente.
Pazienza
fingersi donna, ma
dover girare per Hogwarts con pancione e vestiti premaman era troppo
per
chiunque.
Mai
affrettarsi alle conclusioni,
al novanta per cento erano
quelle
sbagliate.
---ooOoo---
Angolino
mio:
una
parola mal detta ed
ecco che... Scorpius è incinta.
Questa
svolta non era
prevista ma ieri ho letto di assorbenti ed ho pensato a Shaula che
avendo
ancora i genitali maschili non avrebbe avuto bisogno degli assorbenti e
mi sono
chiesta chi non ne ha bisogno tra le donne? Quelle incinte e applicando
il
pensiero a Scorpius mi ha scatenato una ilarità che non ho
potuto fare niente
altro che scriverlo.
Come
se la caverà? Riuscirà
a togliersi da questo impiccio o dovrà far finta di avere le
nausee? Si
aspettano opinioni.
Il
resto del capitolo è un
passaggio dove vengono messe le basi per i nuovi rapporti tra i
ragazzi. Ho
seguito il commento di Eugyando (che è diventata un
incantesimo per rimagliare
le calze) e ho cercato di avvicinare Zabini, facendolo comportare in
maniera
meno antipatica. Magari lo farò collaborare più
avanti. Grazie.
Mki90
è diventata un libro
di quiddich e come uso del nick sono fiera di me, mi piace come ho
risolto
questo problema. Riguardo a Rosie Malfoy, il tuo è fin
troppo ovvio ma ci vorrà
qualche altro capitolo prima di usarlo, mentre ho intenzione di usare
il tuo
suggerimento già il prossimo capitolo. Grazie.
Attendo
vostri commenti e
ci risentiamo al prossimo capitolo.
Ancora
una volta non
voglio illudervi, non scriverò sempre così in
fretta perché non ho quasi mai
tempo.
Per
ora ringrazio per
l'attenzione
alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 10 *** Il camino azzurro ***
Ed
eccoci ancora qui per il capitolo numero 10. Ho un rapporto di amore
maniacale
per il 5 e i suoi multipli (quindi 5, 10, 15, ecc.) normalmente termino
le
storie con questo numero dei capitoli (addirittura, una long intitolata
Sakura,
che ora ho cancellato, era di 55 capitoli. Sempre il 5). Le storie
simili a
questa, normalmente mi durano 20 capitoli, quindi si può
dire che siamo a metà.
Abbiamo
lasciato Scorpius alle prese con una spinosa questione di gravidanza.
Vedremo
come si sviluppa questo nuovo aspetto.
Ringrazio
chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate e chi
ha
recensito lasciando il suo suggerimento o semplicemente chi ha letto e,
spero,
apprezzato la storia.
Ringrazio
ancora una volta Elenri per i banner e auguro a tutti
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Incinto?
Adesso ero pure
incinto?
«Signor
Malfoy, vorrei
ricordarle il motivo della sua venuta qui a Horgwarts»
esordì Piton dal suo
ritratto. Lo guardai interrogativo. A cosa si riferiva? Avevo
così tante cose
per la testa che in questo momento mi sfuggiva il punto.
«Scorpius,
nipote, tu sei qui
per cercare qualche contro maledizione tra le nostre conoscenze del
sapere
magico. Hai a disposizione la più grande biblioteca che
esista, dovresti
cominciare a consultare qualche testo» intervenne Phineas
Black, l’antenato
preside di Serpeverde, membro della famiglia Black al pari di mia nonna.
Avevano
ragione. Quando
questa maledizione fosse stata debellata, avrebbe ritrovato il suo
aspetto
originario e tutto sarebbe andato per il meglio.
Chinai
il capo in segno di
assenso e mi diressi verso l’uscita, ma prima ancora di poter
dire ‘buongiorno’
la McGranitt mi fermò.
«Ancora
un attimo, signor
Malfoy. È ovvio che non riusciremo a farla trasferire in una
stanza singola. A
prescindere che la invito caldamente a rettificare le convinzioni della
signorina Weasley sulla sua condizione, non credo che la nostra
caposcuola la
lascerebbe andare da un’altra parte. Pare che
l’abbia preso in simpatia»
commentò. «E questo ci riporta al problema
principale: Lei ha l’aspetto di una
ragazza ma ha gli attributi di un maschio. Non posso consentire che
attenti
alla virtù delle sue compagne di dormitorio»
dichiarò perentoria.
«Cosa?
Ha paura che seduca
una di loro? E come potrei fare in questo corpo? Gli faccio schifo
anche da
ragazza!». Allargai le braccia. Come poteva pensare quello?
«Cosa
hai in mente, Minerva?»
chiese cortese Silente.
«Un
voto infrangibile»
dichiarò nel silenzio assoluto della stanza.
Un
voto infrangibile, una
promessa che se non veniva mantenuta significava morte a colui che non
era
stato di parola. Potevo farlo? Alzai il mento in un moto orgoglioso e
allungai
il braccio verso la preside perché procedesse
all’incantesimo. Non avevo nulla
da nascondere e non volevo che si pensasse male di me. Non avevo
intenzione di
saltare addosso alle mie compagne di dormitorio mentre dormivano nei
loro letti
e prometterlo in questo modo non sarebbe stato un problema.
«Benissimo,
procediamo».
In
quel momento entrò
l’infermiera della scuola. «Ho chiamato la signora
Warner come Suggello della
magia che ci serve». Era una donna
bassa ed estremamente robusta. Zampettava al posto di camminare ed era
estremamente materna nella cura delle persone. Avevo usufruito diverse
volte
delle sue conoscenze e delle sue caramelle al miele che elargiva a
piene mani.
Guardai
curioso le due donne.
Cosa sapeva di me, esattamente?
«Signor
Malfoy, buongiorno.
La trovo abbastanza bene per essere un maledetto». Al suo
saluto sgranai gli
occhi e lei mi sorrise bonaria, riempiendo il suo viso di una rete
fitta di
rughe di espressione. «Non si preoccupi, non dirò
nulla. Sono stata informata
per il fatto che, se dovesse rendersi necessario ricoverarla in
infermeria, non
avrei avuto… ehm… sorprese. Sono già
stata contattata anche dall’ufficio Auror
del Ministero ma, purtroppo, tra le mie conoscenze, non vi sono rimedi
per il
danno che la affligge».
Mi
sgonfiai come una bolla di
sapone.
«Allora,
Preside, in cosa
posso esserle utile?» chiese la donna avvicinandosi a noi.
«Il
signor Malfoy deve
pronunciare un Voto Infrangibile» snocciolò,
incurante dell’espressione
spaventata dell’infermiera.
«Lei…
lei è d’accordo, signor
Malfoy?» pigolò, per niente rassicurata al mio
assentire. Non poteva far nulla,
comunque, perciò tirò fuori la bacchetta e
iniziò a far circondare i polsi miei
e della preside McGranitt con una fune di fiamma, simile a un serpente
che
avviluppava le sue vittime.
«Scorpius
Malfoy, giuri con
questo Voto Infrangibile, che non attenterai alla virtù
né sedurrai le tue
compagne di corso all’interno del dormitorio della casa di
Godric Grifondoro,
pena la morte?» disse la preside con voce stentorea
«Lo
giuro» dissi con voce
altrettanto ferma.
La
signora Warner pronunciò
sottovoce la formula e la fune divenne ancora più brillante
prima di sparire
nel nulla.
Per
alcuni minuti nessuno
fiatò, presi dall'importanza del momento. Avevo messo la mia
vita in gioco,
promettendo di non provarci con nessuna. Proprio io che ne avevo
bisogno per
mettere fine alla maledizione, non potevo toccare una ragazza. Assurdo.
«Beh,
credo di poter andare a
cena. Buona serata». Salutai e uscii dall'ufficio.
Non
incontrai nessuno sino
alla casa di Grifondoro. Non avevo fame e decisi di usare i biscotti
che avevo
portato da casa per sfamarmi senza scendere in sala grande. Non avevo
voglia di
incontrare nessuno. Entrai nel dormitorio e mi cambiai. Sbocconcellai
qualche
biscotto e subito a dormire.
Era
stata una giornata
intensa e non avevo voglia di sentire o parlare. Volevo solo annullarmi
e
dormire. Sognare di essere me stesso e non prigioniero di questo corpo.
«Dorme»
bisbigliò qualcuno.
Il soffio delle parole mi sottrasse dall'atmosfera onirica dove ero
piombato.
«Doveva
essere parecchio
stanca».
«Cosa
aveva da dire la
McGranitt?».
«Voleva
che andasse in una
stanza da sola, ma credo di averla convinta a restare con
noi».
«E
perché non l'hai lasciata
fare?».
«Perché
non mi sembrava
giusto. Potreste fare un piccolo sforzo con lei».
«Non
so se ne vale la pena.
Vedremo più avanti».
«Snob».
«Buona
notte, capo».
«Ah, ah, ah».
«Notte, Daisy». I sussurri si
interruppero e dopo pochi minuti i respiri si fecero lenti e pesanti.
Con un
angolo della mente realizzai che Rose non aveva detto nulla su quello
che
credeva. Con il sottofondo del dormitorio, anche io tornai ad
addormentarmi.
I
giorni a seguire si fecero
ancora più pesanti sul versante studio. I professori, a ogni
lezione, ci
ricordavano che quello era l'anno dei M.A.G.O. Era un monito continuo
che
diventava un martellamento al cervello peggiore dello studio. Avevo
già visto
un paio di ragazze mettersi a piangere e correre fuori dalla classe. I
nervi
erano sempre più tesi, ed eravamo solo all'inizio.
Tre
giorni dopo, anche io ero
esasperato e sul limite di una crisi di nervi che neanche una novella
mestruata
ci poteva arrivare. La causa però, non erano i professori ma
l'esimia caposcuola,
miss Rose Weasley. Il perché era presto detto: ogni qual
volta mi vedeva, si
affiancava e cominciava a chiedermi come stavo, con una costanza
encomiabile,
se non fosse che mi dava sui nervi peggio di una fattura orcovolante. Addirittura prima della
lezione di pozioni
avanzate, mi aveva costretto a indossare una mascherina
perché le esalazioni
dei calderoni potevano essere pericolose per io-sapevo-chi (e giuro non
ero
incinto di Voldemort, ma un avada kedavra lo avrei lanciato volentieri
alla rossa).
Era
talmente ossessiva e
premurosa nei miei confronti che Anne cominciò a prenderci
in giro accusando
Rose di essere lesbica e di avere una storia con me. In
realtà non ci sarebbe
stato niente di più naturale se non fosse che nessuno sapeva
che ero un maschio
e che il mio amichetto del sud era sempre molto molto allegro quando
c'era la
Weasley nelle vicinanze. Cosa che ultimamente capitava troppo spesso, i
miei
testicoli si stavano per impiccare negli elastici del parapalle!
Ormai
avevo i calli da smanettamento,
ero diventato abilissimo a ripulire la vasca dal mio 'prodotto', e una
volta su
quattro ricordavo di abbassare la tavoletta. In compenso il parapalle
stringeva
parecchio e era un continuo prurito e 'sistemamento' delle parti basse
in
posizioni pseudo comode.
Per
non parlare dei sogni,
perennemente a luci rosse, vietate ai minori di trenta anni
(perché diciassette
era davvero troppo poco). E adesso ero incinto!
Decisi
di accantonare i miei
problemi ormonali e testosteronici e cercare di mettere la parola fine
alla mia
maledizione. La conseguenza era solo una: biblioteca. Sarei andato a
saccheggiare i volumi presenti nella sezione ordinaria e sopratutto
nella
sezione proibita. Quella notte il mio obiettivo era il secondo.
Presa
la decisione, cenai
allegramente con gli altri Grifondoro e venni avvicinato da Albus.
«Shaula,
la prossima
settimana ci saranno le prove per la squadra di quiddich. Abbiamo
deciso di
fare l'audizione a tutti per tutti i ruoli, così chi
è già della squadra dovrà
dimostrare di essere all'altezza e magari scopriamo qualcuno di forte.
Quest'anno dobbiamo vincere la coppa! L'anno scorso siamo stati battuti
come
dei novellini da Corvonero e Serpeverde ci ha soffiato la vittoria
finale.
Quest'anno voglio dimostrare che anche senza James e Fred possiamo
farcela!»
disse digrignando i denti il piccolo Potter. Sì, ricordavo
ancora come erano
andate le partite l'anno scorso. Avevamo vinto facilmente contro
Tassorosso e
più tenacemente contro Corvonero, proprio grazie alla
differenza reti. Ma era
stata la partita con Grifondoro che aveva fatto la storia: il nostro
battitore
aveva colpito la coda della scopa del cercatore James Potter
sbilanciandolo
proprio mentre il nostro aveva visto e afferrato il boccino, il tutto
in
neanche due minuti. Avevo avuto giusto il tempo di fare un goal.
Cercai
di non gongolare e
annuii. «Ci sarò» promisi.
Subito
intervenne Rose, il
mio dolce incubo. «Sei sicura? Non credi che possa essere
pericoloso? E se ti
urti con un bolide? E se cadi dalla scopa? Magari non si riesce a
proteggerti
in modo adeguato, potresti farti male seriamente».
«Potrebbe
ammazzarsi anche
scendendo le scale» la prese in giro Daisy.
Rose
sgranò gli occhi come se
le fosse venuto in mente qualche cosa. «Per Morgana! A questo
non avevo pensato!»
e mi guardò ancora più preoccupata.
«Cosa
vorresti fare?
Installare uno di quei aggeggi babbani che la prof. ha chiamato
ascensori?»
ribattei ridendo. Adesso stava proprio esagerando. Ancora un po' e mi
avrebbe
messo uno scafandro imbottito tutto attorno al mio corpo, facendomi
sembrare
ancora più tonta e sgraziata di quanto non fossi
già. Per non parlare delle
vitamine e altre pastiglie e pozioni non meglio identificate che erano
spuntate
sul mio comodino. Non ne potevo più. Se non la smetteva,
avrei chiamato il
camino azzurro, per chiedere protezione e aiuto contro questa pazza! Ma
che lo
facesse lei un bimbo! E mi lasciasse stare il mio! Mio? Non esisteva
neanche il
mio! Ecco! La dimostrazione che stavo diventando scemo anche io!
Rose
si avvicinò e mi
trascinò più lontano dagli altri. «Sei
sicura di stare bene? Mi sembri un
pochino agitata in questi giorni».
«Rosie,
devi smetterla di
essere così protettiva. Sei asfissiante» risposi
incrociando le braccia sul
petto pressoché inesistente.
«Solo
i miei nonni mi
chiamano Rosie» mormorò fissando il pavimento.
Rimasi perplesso e subito sentii
una stretta allo stomaco.
«Scusami,
non volevo
offenderti. Mi è scappato...». In fin dei conti
era stata solo premurosa nei
miei confronti, non volevo mica turbarla.
«Non
ti preoccupare. È solo
che quando nonno Arthur mi chiama così mi fa sentire ancora
piccola, una bimba
da coccolare» spiegò arrossendo. Sorrisi.
«Ma
tu sei una bimba piccola
tutta da coccolare» risposi. Neanche mi accorsi della mano
che volò sulla sua guancia
sino a quando non sentii la pelle liscia, scorrere lentamente sotto il
mio
palmo.
Per
un istante rimanemmo
occhi negli occhi, in silenzio, isolati da tutto il resto del mondo,
come se
avessero lanciato un incantesimo tacitante tutto attorno a noi, finendo
in una
bolla di pace.
Sobbalzai
quando sentii
sbraitare Daisy contro Albus e lo stesso fece Rose, sciogliendo il
contatto
visivo e arrossendo ancora di più. «Non sono
piccolina! Non sarò altissima come
mio padre, ma ho superato la mamma di un bel pezzo!».
«Essere
qualche centimetro in
più del metro e settanta, non vuol dire essere un
gigante» ribattei ghignando,
visto che la superavo abbondantemente.
«Okay.
Comunque cercherò di
non starti troppo appiccicata, se tu prometti di stare attenta. Va
bene?».
Riuscire a strapparle questa concessione era già qualche
cosa. Alzai la mano
solenne e dissi «Lo giuro» come avevo visto fare
nelle televisioni babbane.
«Allora,
Shaula, farai il
provino per la squadra?». Albus tornò alla carica
non appena tornammo dagli
altri. In sala comune erano tutti agitati e con la speranza di giocare
per la
squadra, davanti a tutta la scuola. Anche i primini sgomitavano per
prendere un
posto. Forse Albus aveva esagerato scatenando quel caos.
«Ragazzi!»
urlò la rossa ma
non la sentì nessuno. «Ragazzi!»
provò più forte ma le voci concitate
sovrastavano la sua. Roxanne si avvicinò a lei sorridendo e
le mimò un 'lascia
fare a me'. Un istante dopo scoppiò una caccabomba
puzzolente che fece scappare
tutti gli studenti con una velocità impressionante.
«Stefaniad
ventus» enunciò Lily, l'unica
rimasta assieme a noi e ripulì
tutta l'aria in un istante.
«Roxy,
mi serviva farli
tacere, non fuggire». Ma la caposcuola non era arrabbiata,
rideva allegra. La
cugina fece spallucce. «A volte non capiscono le buone
maniere. Buona notte,
Rose. Andiamo Lily».
«Notte,
Rose. Notte, Shaula»
saltellò la piccola Potter, salendo le scale che conducevano
ai dormitori.
Guardai
sorridendo la rossa
che sistemava i cuscini dei divani e delle poltrone, cosa che non avevo
mai
fatto visto che al Manor c'erano sempre stati gli elfi domestici che se
ne
occupavano. Per una sera poteva farne a meno anche lei, anche
perché doveva
addormentarsi in fretta, visto la mia intenzione di andare in
biblioteca. La
presi per mano. «Andiamo a dormire» e cominciai a
trascinarla verso le scale.
Stranamente non protestò e potei rifugiarmi sotto le coperte
poco tempo dopo.
Trascorsi
almeno un'ora con
gli occhi fissi al soffitto del mio baldacchino, facendo attenzione al
respiro
delle mie compagne. Quando fui sicuro che fossero tutte addormentate,
mi alzai
silenziosamente e mi vestii infilando maglia e jeans direttamente sul
pigiama.
I
corridoi erano bui e
silenziosi. «Lumos» bisbigliai per non continuare
alla cieca.
I
quadri appesi alle pareti
si lamentarono per essere svegliati e mi affrettai alla biblioteca per
non
scatenare una sommossa generale. I dipinti erano proprio permalosi!
Arrivato
alla porta, scivolai
all'interno e mi diressi subito verso il reparto proibito. Esattamente
non sapevo
neanche cosa cercare. Erano migliaia di tomi, dentro cui si nascondeva
il
sapere più oscuro del mondo magico e anche il contro
incantesimo in grado di
salvarmi la vita.
Sospirai
e mi misi subito
all'opera.
Evitai
i libri che tremavano,
magari all'interno c'erano delle creature pronte a uscire dalle pagine.
Meglio
non rischiare per ora.
Presi
un libro con la
copertina vecchissima, mi accomodai a un tavolino ed iniziai a
sfogliare.
Magie
per succhiare il
sangue, per succhiare la forza, per succhiare la magia, per succhiare
la pelle,
per succhiare la linfa, per succhiare... mi si incrociavano anche gli
occhi.
Quello era un libro sul vampirismo! Guardai di nuovo la copertina e
scoprii con
raccapriccio che i segni sulla copertina non erano vecchiume ma macchie
di
sangue. 'Bleah' pensai intensamente.
Tornai
a sfogliare il libro.
Non mi interessava che fosse ributtante, quanto che mi fornisse una
soluzione
al mio problema. Magari la strega aveva sfruttato un incantesimo dove
si
succhiava la bellezza degli altri.
Le
ore passavano lentamente
ed io, dopo tre di quelle passate nella polvere irritante di libri mai
aperti,
tornai nel dormitorio a cercare di riposare abbastanza per affrontare
un nuovo
giorno.
Decisi
di andare in
biblioteca in giorni alterni per non stancarmi troppo passando tutte le
notti
in bianco. Già dopo due notti avevo delle occhiaie viola che
neanche il trucco
più magico di questa terra avrebbe potuto cancellare. Ero
quasi tentato di
chiedere una giratempo al ministero per poter avere una notte di sonno
completa.
Se
la notte era decisamente
pesante per la ricerca e le veglie, i giorni non erano meglio visto le
lezioni,
i compiti e i rapporti sempre più tesi con alcuni studenti
di Hogwarts.
Tre
settimane dopo l'inizio
della scuola, stavo attraversando il corridoio del terzo piano per
andare a
lezione di Difesa contro le Arti Oscure quando venni agguantato e
sbattuto poco
carinamente contro il muro in pietra. Il colpo mi mozzò il
fiato e ancora di
più lo fece il tappo labiale con cui chiuse la mia bocca.
Oh
Cielo di Merlino, mezzo
acciaccato nel vomito di un vampiro anemico bagnato dall'acqua putrida
di una
palude aramaica con i vermicoli fritti di contorno!
Aprii
gli occhi e, dopo non
poca fatica, riuscii a distinguere la faccia davanti al mio naso.
Era
quel energumeno
deficiente di Theodore Goyle e stava cercando di entrare con la lingua
nella
mia cavità orale e violentarmi le tonsille! Sentivo
l'acidità del mio stomaco
montare verso l'esofago. Tra poco sarebbe stato una lotta tra chi
tentava di
entrare e chi tentava di uscire.
«Uhmm»
protestai. Dovevo
mettermi di nuovo a fare pesi! Quel gorilla era senza cervello ma con
una forza
animale inversamente proporzionale alla sua intelligenza. Infatti,
appena sentì
il mio verso, si staccò e disse felice «Lo so!
Piace anche a me».
E
in quel momento realizzai
che era davvero senza cervello! E chiunque avesse inteso il contrario
era da
ricovero al San Mungo sezione psichiatrica. Esattamente come l'armadio
che mi
era davanti.
«A
me no! Togliti subito,
emerito imbecille!» sbraitai cercando di spingerlo lontano da
me con tutte le
mie forze.
Accidenti!
Ero sempre
circondato da persone che ridevano della mia immagine e mi additavano
come un
fenomeno da circo e adesso non c'era nessuno che potesse darmi una mano?
«Shaula,
ti ho pensata tanto
dal primo momento che ti ho vista» confessò
Theodore, lasciandomi interdetto.
«Perché,
tu pensi?» mi
sfuggì. Non era molto carino, lo so. Ma se non copiava i
compiti prendeva
regolarmente T in tutte le materie. Come facevo a capire che in
realtà pensava?
«Io
ti amo, Shaula!» mi
confessò ed io trasecolai.
«Non
riesco a pensare a
niente altro che a te». Oh. Mio. Dio.
«Non
riesco neanche a
mangiare». Questo mi era difficile pensarlo.
«Sogno
solo di noi due
assieme». Sempre detto che non aveva contatti con la
realtà.
«Ti
prego, dimmi che mi ami e
staremo insieme per sempre». Dichiarazione in piena regola,
doveva solo
mettersi in ginocchio, invece di stringermi le braccia. E poi, cacchio!
Era una
ragazza che doveva innamorarsi di me, non un troll di montagna! Adesso il camino azzurro lo avrei chiamato davvero!
«Goyle,
non puoi aggredirmi
in questo modo e poi dirmi che mi ami!» cercai di spiegare.
Lui aggrottò la
fronte come se cercasse di capire le mie parole.
«Dici?».
Non
riuscì a dire altro
perché una voce echeggiò nel corridoio:
«Stupeficium!» e Goyle, colpito dalla
luce, cadeva a terra come una pera, mentre arrivava di corsa un
affannato Albus
Severus Potter.
«Scusa,
ero in ritardo per la
lezione e ti ho visto alle prese con...» indicò
l'ammasso informe per terra.
«Quello». La smorfia schifata che
accompagnò le sue parole era tutto un
programma.
«Ti
ringrazio! Mi ha bloccato
prima che potessi reagire» confessai poi tremai al pensiero
del bacio che era
riuscito a strapparmi. Il mio primo bacio da ragazza!
Albus
fraintese i miei
tremiti e mi ritrovai abbracciata a lui che mi carezzava lentamente la
schiena.
Adesso sapevo che la caratteristica del fraintendimento era insita nei
geni
della tribù Weasley. Ai tempi scolastici di Harry Potter, si
sarebbe chiamato
intuito, ma adesso la caratteristica era decisamente morta a favore di
altro.
«Coraggio,
Shaula, adesso è
tutto passato. Su, non piangere, è solo la tensione che sta
calando». La sua
mano era calda e calma sulla mia schiena. Mi sentivo quasi un gattino,
speravo
che non volesse le fusa!
«Albus,
non sono sconvolta,
credimi. Adesso andiamo. Siamo già parecchio in
ritardo». Riuscii a togliermi
dall'abbraccio, raccattare i miei libri e scavalcare Goyle per correre
a
lezione in un nanosecondo.
«Signorina
Girtab, signor
Potter, siete in ritardo» disse con voce dura Vladimir
Chanikojakoslakovinsko
(che noi chiamavamo V_chan molto più
semplicemente).
«Professore,
Shaula è stata
aggredita da Goyle! Io l'ho schiantato e adesso è qui fuori
svenuto» intervenne
subito Albus.
Il
professor Chan corse fuori
e, sollevato il gorilla, lo fece levitare portandolo al primo piano, in
infermeria dalla signora Warner.
Quella
era una delle lezioni
più difficili, visto che eravamo in compagnia dei
Serpeverde. Appena il
professore chiuse la porta fummo assaliti da tutti i presenti in cerca
di
spiegazioni e pettegolezzi.
«Perché
hai aggredito Goyle?»
accusò subito Speers prendendo Potter per la collottola.
Subito mi intromisi.
«Lascialo,
Nigel! Albus mi ha
solo difeso. È Theo che ha esagerato». Mi sentii
strattonare da un'altra mano.
«Lui
non ti avrebbe mai
sfiorata! Casomai non te ne fossi accorta, non sei una
bellezza!» si intromise
Delphina.
«Ehm»
si schiarì la voce
Tyson «In realtà, Theo è abbastanza
preso da lei. Continua a parlarne. Giuro
che se non l'ho affatturato è solo perché
è il mio migliore amico, ma è davvero
pesante da sopportare in questo momento».
«Visto?
E lasciami!» sibilò
Albus.
Le
voci, le domande e le
facce continuarono a variare davanti al mio viso, ma io ero bloccato su
Blaike.
Lui se ne stava zitto e mi fissava. Conoscevo bene quell'espressione.
Ce
l'aveva quando cercava di afferrare qualche concetto che gli sfuggiva.
Stava
ragionando su di me.
«Tu
stai bene? Va tutto bene?»
chiese Rose con enfasi, sottolineando il tutto. Sì, si
riferiva al fantomatico
bambino.
«Tranquilla,
va tutto
benissimo» risposi e lei mi abbracciò di slancio.
Il
suo profumo di distrasse
da tutto quello che non era il suo corpo allacciato al mio. Per
Merlino! Come
avrei potuto trattenermi per tutto l'anno scolastico, quando lei era
così
morbida e arrendevole tra le mie braccia? Eppure avevo giurato e ne
andava
della mia vita.
«Non
ti lasceremo più da
sola. Ti accompagneremo da tutte le parti, così non avrai
più assalti» promise
Albus abbracciando tutte e due.
«Oh,
un cavaliere! Shaula,
stai facendo strage di cuori» ridacchiò Blaike,
staccandosi dal muro a cui era
appoggiato e tornando a sedersi, seguito subito da Lucinda.
Poco
per volta tornarono
tutti al loro posto e prima che il professor Chan tornasse, eravamo
già
composti, pronti per due intense ore di lezione.
La
sorpresa, però, non fu il
ritorno del professore, ma con lui, la venuta della preside.
«Signorina
Girtab, il
professor Chanikojakoslakovinsko mi ha riferito quello che è
successo.
Ringrazio il signor Potter per il suo indispensabile aiuto e assegno
cinquanta
punti a Grifondoro per la difesa dei deboli» disse la
McGranitt, scatenando gli
applausi degli altri ragazzi che si ritrovavano in testa nella coppa
delle
case.
«E
ora, signorina Girtab, le
chiedo, intende sporgere denuncia contro il signor Goyle? Ho intenzione
di
richiamare gli Auror per...». No! Non che Theo se lo
meritasse, ma non potevo
farlo espellere e tanto meno farlo finire ad Azkaban.
«No,
preside. È stata una
ragazzata, una scommessa persa e Albus... volevo dire, Potter, non ha
capito la
situazione» tentai di raffazzonare una spiegazione.
«Vuol
dire che Goyle non l'ha
aggredita?».
«E'
stato uno scontro ma
niente di così...» non sapevo più cosa
dire. Per fortuna la vecchia gatta era
anche furba e aveva capito cosa avevo intenzione di fare.
«Ho
capito. Bene, provvederò
a comminare una punizione a Goyle, in accordo con il suo rappresentante
della
casa. Adesso tornate al vostro studio» e dicendo questo,
uscì in modo regale
dalla classe.
Mi
voltai consapevole di aver
tutti gli occhi addosso. Rose e Albus erano ammirati, alcuni erano
perplessi,
altri mostravano tutto il loro odio, ma era lo sguardo enigmatico di
Blaike
quello che mi preoccupava di più. Non si sarebbe vendicato,
lo sapevo, ma avrebbe
cercato in qualsiasi modo di scoprire il perché mi ero
comportato così. E
quando si metteva in testa qualche cosa era un vero mastino.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine del
capitolo. Questo è forse un pochino più serio dei
precedenti. Ci saranno ancora
alcune scene da spanciarsi ma non si può essere sempre
allegri con una minaccia
simile sulla testa!
Per
ora abbiamo già un
voto infrangibile, un assalto all'arma bianca di Goyle, Blaike che non
capisce
cosa ma sente che qualche cosa non va. Albus fa il cavaliere e Rose
è peggio di
una madre ansiosa. Magari chiamerà davvero il camino
azzurro!
Il
tutto mentre il tempo
scorre. Le ricerche in biblioteca non danno frutti per ora e
Shaula/Scorpius
cerca di barcamenarsi.
In
questa marea di cose,
avendo messo i presupposti per il prossimo capitolo vi chiedo cosa
preferireste
prima:
l'incontro
in biblioteca
di notte tra Rose e Shaula oppure i provini di Quiddich? Un nuovo
incontro con
Goyle e come? Chiede scusa o prova di nuovo a palparla?
Aspetto
le vostre
opinioni, ringrazio per l'attenzione e vi rimando al prossimo capitolo
tra
qualche giorno.
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 11 *** Incontri di mezzanotte ***
Ciao
a tutti,
ed
eccomi qui, per un nuovo capitolo.
Ringrazio
chi ha messo la storia tra i preferiti, ricordati e seguiti e chi ha
recensito
o semplicemente letto.
Elenri
per il suo banner.
E
ora, BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Devo
dire che le cose stavano
migliorando. In quei due mesi di scuola gli studenti avevano cominciato
a
smettere gli scherni e gli sberleffi.
Gli
unici che davvero non
demordevano erano... i fantasmi.
Incredibile
ma vero, erano
proprio i fantasmi che avevano iniziato a rendermi la vita impossibile.
Capitanati da Pix il poltergeist, continuavano a passarmi tra i
polpacci per
farmi inciampare e far vedere le gambe. Ormai avevo preso l'abitudine
di
mettere dei calzoncini sopra il parapalle, in modo che anche se Pix mi
metteva
a testa in giù, non si sarebbe visto nulla.
«Ecco
la cugina di Scorpius
Malfoy! Facci vedere le gambe!» urlava impazzito lo
spiritello, prima di farmi
levitare a testa in giù. I suoi attacchi erano fulminei
così come le sue
ritirate, per evitare le risposte e gli schiantesimi di Rose, Daisy o
Albus che
ormai mi accompagnavano da tutte le parti.
«Ma
perché il Barone
Sanguinario non fa qualche cosa per quel mostro?» chiesi a
nessuno in
particolare, mentre mi rialzavo da terra e raccattavo tutti i libri.
«Non
credo che intenda tenere
a bada Pix. Al massimo lo farebbe per uno studente di Serpeverde, ma
uno
particolarmente simpatico» commentò Rose che mi
accompagnava in quel momento.
Già,
un Serpeverde simpatico.
Io avevo avuto sempre un buon rapporto con il nostro fantasma, ma
adesso che
ero passato alla casa avversaria per antonomasia, chissà
come l'avrebbe presa
questa richiesta di aiuto.
In
quel momento passò il
Frate Grasso di Tassorosso e iniziò a ridere facendo
sballonzolare la sua
enorme pancia.
Subito
dopo passò Nick quasi
senza Testa.
«Nick,
mi sai dire dove si
trova il Barone Sanguinario?» chiesi. Dovevo fare qualche
cosa, non potevo
resistere per altri sette mesi alle prese con Pix.
«Oh!
Mia cara signorina
Girtab. Ancora importunata dal nostro poltergeist? Il Barone... l'ho
visto che
andava nei sotterranei. Probabilmente nella sala comune dei
Serpeverde». Piegò
la testa in segno di saluto e questa scivolò di lato,
facendoci vedere tutte le
viscere al di sotto del collo semi mozzato. Non ero convinto che il
Barone con
tutto il suo sangue argentato addosso, fosse più pauroso di
Sir Nicholas.
«Non
pensarci neanche!» disse
subito Rose, perentoria. «Tu non andrai nei sotterranei, con
il rischio di
incontrare Goyle o qualche altro Serpeverde ed io non ho alcuna
intenzione di
accompagnarti». Con le mani piazzate sui fianchi e il
cipiglio battagliero era
davvero paurosa… o adorabile. Io propendevo per la seconda.
«Rose,
smettila. Devo parlare
un attimo con il fantasma dei Serpeverde e hai ragione, tu non puoi
venire. Se
dovesse succedermi qualche cosa, stai tranquilla che saprò
difendermi».
«Come
le ultime volte?».
Ironia portami via. Sospirai.
«No.
Ho un pulsante che
avvisa immediatamente la preside. Me l’ha fornito dopo
l’incontro con Theo. Non
preoccuparti. davvero…» poi guardai stupito dietro
la sua spalla. «Cos’è
quello?» urlai.
Lei
si girò di scatto ed io
corsi dal lato opposto in direzione delle scale.
«Shaula!»
fu l’unica cosa che
sentii. Ero più veloce di Rose e certamente non sarebbe
riuscita a raggiungermi
in tempi brevi.
Corsi
tre rampe di scale al
massimo delle mie forze. Scendere era decisamente più facile
che salire. In
pochi istanti arrivai al corridoio dei sotterranei che portava alla
sala comune
dei Serpeverde.
Girato
l'angolo vidi
fluttuare l'ectoplasma che mi serviva. Scattai verso la sua figura e mi
fermai
a pochi centimetri da lui. Come una boa in balia delle onde, si
girò come un
birillo e mi fissò truce senza dire una parola.
«Barone,
perdonatemi
infinitamente. Dovete aiutarmi a bloccare Pix». Il mio era un
appello accorato
al limite della sopportazione umana.
«Perché
dovrei aiutarti? Non
sei della mia casa» rispose il Barone. La sua voce sembrava
uscita da una
caverna sommersa da millenni.
«Per
Scorpius Malfoy»
risposi.
«So
che sei Scorpius Malfoy,
così come lo sanno tutti i fantasmi. Non potete ingannarci,
sappiamo
riconoscere i segnali. La preside ha minacciato di esorcizzarci e noi
abbiamo
promesso di non tradirti. Però non puoi pretendere che non
ci divertiamo».
Rimasi a bocca aperta.
Certo
che per essere un
segreto, la mia trasformazione sembrava più nota dell'ultimo
pettegolezzo su
una star babbana.
«Sei
figlio di Salazar e per
questo mio compagno. Corri via, stanno arrivando altri Serpeverde e tu
non sei
nella condizione migliore per difenderti… parlerò
con Pix ma non ti assicuro
niente». La sua voce andò scemando mentre lui si
allontanava.
Sospirai.
Era già stata una
conquista riuscire a parlargli. In sei anni mi aveva rivolto la parola
due
volte e questa era una delle due. Per essere il fantasma di casa non
era molto
espansivo neanche con noi. Forse era per questo che il poltergeist ne
aveva
così paura.
Tornai
sui miei passi. Non
avevo risolto molto ma ero comunque felice di essere là
sotto. Quelle segrete
buie ed umide, erano state contorni della mia vita per sei anni, non
potevo
semplicemente dimenticarle. Accarezzai la pietra che nascondeva
l’entrata della
sala comune dei miei ex compagni e mi sentii bruciare le dita per la
prima
volta. Tolsi subito la mano arrossata e pulsante. Strano. Era la prima
volta
che mi capitava. Anche i muri là sotto, sapevano che non ero
più una Serpe.
Ormai ero un Grifone, studiavo, giocavo, guadagnavo punti per la casa
rosso-oro. Ero stato maledetto e niente era più come prima.
Lì sotto c’erano
solo ricordi. Là sopra la speranza di avere una vita dopo il
settimo anno a
Hogwarts.
Risoluto
marciai verso le
scale quando mi imbattei nel mio pretendente numero uno: Goyle.
Mio
Dio! Che sfiga! Ancora
quattro gradini e non ci saremmo incontrati. Alzai il mento e feci
finta di
niente passandogli accanto.
«Ciao,
Shaula» disse lui,
tirandomi poi una gran manata sulla spalla. Oddio! Avevo sentito
‘crack’? mi si
era lussata l’articolazione? Proprio adesso che avrei dovuto
giocare a quiddich
contro i Tassorosso tra una settimana?
«Per
Merlino! Theo! Ma un
pochino di delicatezza?» gracchiai roteando il braccio.
«Oh!
Anche Scorpius diceva la
stessa cosa quando lo salutavo» rise lui.
«Genio!
Siamo cugini,
rispondiamo nello stesso modo!» replicai. Dubitavo che si
mettesse a riflettere
su quello che aveva detto, ma era comunque meglio confonderlo.
«Scusami
per quella volta del
bacio. Blaike mi ha spiegato che è solo grazie a te se non
mi hanno espulso»
borbottò poi.
«L’importante
è che non ci
riprovi un’altra volta!». Anche perché
il mio stomaco non avrebbe retto.
«Prometto,
se tu vieni con me
al ballo di Halloween» propose.
Cosa?!?
Era impazzito? E
adesso come ne uscivo? Il mio cervello macinava a velocità
super, mentre il mio
pretendente mi fissava ansioso.
«Ehm…
mi dispiace ma ho già
un accompagnatore». Ero nella merda! Mancavano solo tre
giorni al trentuno di
ottobre! Dove lo trovavo un ragazzo solo che mi accompagnasse e che
fosse
meglio di Goyle? Non che ci volesse tanto, ma rischiavo di finire dalla
padella
alla brace.
«Oh.
Beh, peccato. Ci vedremo
là, allora. Però voglio lo stesso un
appuntamento! La prossima gita ad
Hogsmeade». Avrei potuto trovare una scusa più
avanti.
«Okay.
Ora scusami ma devo
andare!» dissi superandolo e… rimasi di nuovo
bloccato. Questa volta era il
soggetto che volevo assolutamente evitare: Blaike Zabini.
«Guarda
guarda! Shaula
Girtab, la nuova cacciatrice di Grifondoro. Sono davvero ansioso di
vederti in
campo. Tuo cugino era davvero un portento in quel ruolo, ma so che
negli
Emirati Arabi le ragazze non giocano. Tu come hai imparato?».
Si era appoggiato
al muro e mi scrutava attentamente. Odiavo quando mi guardava come se
fossi
sotto esame.
«Ho
imparato durante alcune
vacanze proprio da Scorpius» risposi decisa.
«Strano.
Abbiamo passato la
maggior parte delle vacanze insieme e tu… non
c’eri. Bah! Verrò a vederti.
Stanne certa!» sibilò al mio orecchio, dirigendosi
verso la sala comune dei
Serpeverde. Con la mano alzata salutai Goyle e mi misi a correre verso
la torre
e il mio dormitorio.
Avevo
combinato qualche
guaio? Più che probabile.
Adesso
che ci pensavo,
entrare nella squadra di quiddich di Grifondoro, non era stata una
bella
pensata, visto come mi stava addosso Blaike. Conosceva il mio modo di
giocare meglio
di me stesso. Molto probabilmente avrebbe capito tutto già
nella prima azione.
Dovevo cercare di confondere le acque, come ero riuscito a fare un mese
prima,
quando Albus aveva riunito tutti per i provini.
Era
una giornata abbastanza
calda e soleggiata.
Albus
era in agitazione già
da una settimana, zampettando e veleggiando tra i divani e le poltrone
della
sala comune con una cartellina appresso, su cui continuava a scrivere
con foga
febbrile. E adesso era arrivato il momento. Eravamo tutti
lì, una ventina di
ragazzi per candidarci ai sette posti disponibili della squadra di
quiddich del
Grifondoro.
Sugli
spalti erano presenti
tutti gli altri compagni di casa, ognuno a fare il tifo per il suo
amico
preferito. Io mi ero fatto recapitare la mia Firebolt 2020 deluxe. Era
una
edizione limitata ma non potevo farne a meno, mi trovavo troppo bene a
volare
lì sopra.
«Primi
a provare i
cacciatori!» urlò Albus a centro campo.
Prima
ancora che riuscissi a
inforcare la scopa, Rose era al mio fianco.
«Sei
sicura di voler provare?
Se dovessi cadere o farti male? Ricordati che non sei più
sola! Devi pensare
per tu-sai-chi». Giuro che non avrei retto ancora per molto e
l’avrei
affatturata.
«Concorri
anche tu!» la
invitai.
«Certo
che no! Non sarebbe
onorevole. Sono una caposcuola» protestò
nascondendosi dietro la sua carica.
«Anche
i caposcuola hanno
diritto di giocare. Provaci e io potrei ritirarmi prima di giocare una
partita»
la stuzzicai. Era atletica e svelta ma non sarebbe mai riuscita a
entrare in
squadra. Era troppo carina e delicata.
«Ti
ritirerai se io gioco?»
mi sfidò.
«Mi
ritirerò se tu verrai
selezionata» specificai. Ero in una botte di ferro.
Si
spostò e mi fece passare.
Inforcai la scopa e mi diedi la spinta verso l’alto. Eravamo
in sette a dover
essere scrutinati. I due cacciatori della passata stagione avrebbero
fatto da
contorno per provinare i candidati nuovi.
«Avanti!»
urlò Albus passando
la pluffa al cacciatore più vicino.
Cominciammo
a volare
velocissimo a turno. Si dovevano fare quattro giri di campo con
relativi
passaggi, scartare due bolidi e segnare almeno tre volte.
«Forza,
Shaula! Forza,
Shaula!» urlava Lily dagli spalti, agitando quello che
sembrava essere uno
striscione con il mio nome a lettere cangianti. Ma quando
l’aveva preparato?
Vicino a lei, Lucy si agitava quanto la cugina mentre Molly stava
leggendo e
pigramente muoveva sopra di lei la bacchetta.
«Lily
si è organizzata per
fare il tifo» spiegò Roxanne, mentre mi volava
vicino, pronta con la sua mazza
per i bolidi.
Quando
Albus diede l’ordine
per me, partii come un fulmine, accucciandomi sul bastone della mia
scopa per
essere più aerodinamico possibile. Presi la pluffa durante
una giravolta e lo
rilanciai mentre scendevo in picchiata per evitare un bolide, risalii
in quota
e svoltai repentino a destra mentre riprendevo la pluffa e la lanciavo
nel
cerchio in alto. Nessuno avrebbe potuto prenderla. L’azione
era stata così
veloce che dovetti richiamare gli altri due cacciatori per continuare.
Continuai a volare spedito, feci finta di perdere la presa durante il
terzo
giro e la ripresi dopo una terrificante picchiata. Sbagliai a bella
posta il
terzo cerchio, finendo il mio provino con un due su tre.
Albus
mi guardò estremamente
soddisfatto e passò a provinare altri candidati.
«Forza,
Louis! Forza, Louis!»
urlava Lily. Questa volta lo striscione aveva cambiato nome con quello
del
cugino.
Anche
lui fece davvero una
bella prova, riuscendo a fare tre centri su tre e senza perdere mai la
presa
sulla pluffa. I suoi passaggi erano precisi, diretti ed efficaci. Era
davvero
un gran giocatore.
«Credo
che Louis sarà
riconfermato» sussurrò Rose.
I
provini dei cacciatori
finirono poco dopo e Albus ricominciò a incitare i battitori.
Loro
dovevano provare a
colpire un bersaglio molto piccolo, e volare in tondo per il campo,
alternandosi nelle battute e incrociandosi con i cacciatori.
L’unica
davvero forte fu
Roxanne. Hugo provò ma venne battuto dal battitore titolare
dell’anno scorso e
che, con ogni probabilità, avrebbe mantenuto il suo posto in
squadra.
«Portieri!».
A quella voce,
Rose, Nicholas, e altri tre ragazzi del sesto anno si disposero davanti
ai
cerchi.
A
turno, i cacciatori,
iniziarono a lanciare verso di loro e i portieri provarono a parare.
Dopo
alcuni minuti cominciai
ad avere dei dubbi sulla inettitudine di Rose. Accidenti! Sembrava non
avesse
mai fatto altro che parare le pluffe. Non gliene scappava una. Man mano
che il
provino procedeva, i candidati venivano eliminati, fino ad arrivare a
un testa
a testa tra Rose e Nicholas.
«Forza,
Rose! Forza, Rose».
Lily si agitava come non mai. Anche Molly aveva lasciato il suo libro e
partecipava a fare il tifo con sua sorella Lucy.
I
tiri erano sempre più
forti, precisi e i portieri sempre più bravi.
«Credo
che Rose possa
farcela» dissi a Roxy che galleggiava vicino a me con la
scopa.
«Non
avevo dubbi! È sempre
stata la più brava in porta. L’ha allenata suo
padre e lui è stato il portiere
dei Grifondoro a scuola e dopo la guerra ha anche giocato nei
professionisti
per un paio d’anni. Quando ci troviamo tutti insieme e
decidiamo di fare una
partita sono loro due che stanno in porta». Quindi mi ero
illuso che la rossa
non fosse capace.
Proprio
quando mi misi a
pensare intensamente a Nicholas, che vincesse la sfida, questo perse la
presa e
il cerchio centrale fu infilato. Rose aveva vinto e io, se avessi
guadagnato il
posto, avrei dovuto rinunciare. Porco Merlino!
Per
ultimo cinque Grifondoro
(tra cui Albus) provarono a fare il cercatore, ma era evidente che il
boccino
amava letteralmente i Potter e Albus dimostrò di essere il
degno successore di
suo fratello James.
Due
giorni dopo vennero
affissi nella sala comune, i nomi dei titolari della squadra e le
riserve.
Cacciatori,
Shaula Girtab,
Louis Weasley e James Percy Holmes del sesto anno.
Battitori,
Roxanne Weasley e
Oliver Trislot.
Portiere,
Rose Weasley.
Cercatore,
Albus Potter.
Riserve,
Hugo Weasley
battitore, Nicholas Jones portiere, Wendy Wolpert e Marcus Belby Jr
cacciatori,
Robert Madley cercatore.
«Sono
entrata in squadra. Ora
tu devi rinunciare» esordì Rose, qualche giorno
dopo. Era già un miracolo che
non fosse corsa da me subito dopo aver letto i nomi della lista.
«Dai,
Rose. Hai visto che
volo bene. Non ti devi preoccupare» cercai di blandirla, ma
era come cercare di
ammansire un ippogrifo con una unghia incarnita nello zoccolo.
«No.
Abbiamo scommesso e hai
perso».
«E
se trovassi il modo per
essere perfettamente al sicuro?». Dovevo riuscire a far
entrare in quella testa
rossa e testarda che non aspettavo nessun bambino!
«Dubito
che tu ci possa riuscire.
Provaci. Se mi convinci… accetterò che tu
giochi».
Sembrava
di essere alle
grandi manovre di diplomazia. Ed io non ero mai stato un gran
diplomatico!
Da
quel momento non era
cambiato niente: Rose cercava di convincermi ed io nicchiavo. Adesso, a
un mese
di distanza e a qualche giorno prima della partita contro Tassorosso,
con
Blaike che mi aspettava al varco, ero sempre più convinto
che forse era meglio
ascoltare la rossa e rinunciare alla partita.
Avrei
deciso domani mattina,
ora era il momento di correre in biblioteca. Come al solito aspettai
che tutte
le mie compagne fossero nel mondo dei sogni, e quando sentii il respiro
pesante
del sonno, mi vestii, scesi al terzo piano e mi infilai nella sala
stracolma di
libri.
Era
più di un mese che
tornavo in biblioteca a cercare controincantesimi. Non ero ancora
riuscito a
trovare niente che mi salvasse dalla maledizione, se non un accenno a
un potere
nato dall'odio che poteva essere incanalato in un amuleto oscuro. Non
era
difficile capire che tutto questo pasticcio era nato dall'odio. Se non
avesse
provato odio non avrebbe mutato degli esseri umani in sembianze animali
e non
avrebbe dato una scadenza di un anno per poi morire.
Andai
nel reparto proibito e
ricominciai a leggere il libro codice Pad_19
da dove avevo interrotto la volta precedente. Ormai ero diventato un
esperto
con i codici con cui erano ordinati i libri. Mi ero fatto anche una
lista in
modo da non saltare niente di importante. Se mi fossi salvato, potevo
sempre
chiedere di essere assunto come bibliotecario. Credo che nessuno
passasse più
tempo di me lì dentro anche se nessuno lo sapeva.
Due
giorni prima, c'era
mancato davvero poco che mi scoprissero i prefetti durante il giro di
ronda.
Questa volta ero stato più attento e mi ero mantenuto nel
buio, procedendo solo
grazie alla luce della luna che filtrava dalle finestre. Neanche i
dipinti mi
avevano notato, continuando a sonnecchiare durante tutto il percorso.
Il
libro era particolarmente
difficile e dovevo fare molta attenzione a quello che leggevo.
Lentamente il
tempo passò, senza che mi accorgessi del suo trascorrere.
Ero
così concentrato che non
mi accorsi della sua presenza sino a quando non fu accanto a me e la
sua ombra
oscurò la pagina che stavo leggendo, seduto sul pavimento.
Sobbalzai
e alzai il viso
spaventato.
«Ciao,
Shaula» disse Rose,
guardandomi dall'alto. Miseriaccia! Cosa dovevo fare ora? Come potevo
spiegarle
che avevo il permesso della preside per essere lì a
quell'ora di notte e che le
mie ricerche erano fatte con il beneplacito del Ministero e degli
Auror?
«Ciao,
Rose» risposi, senza
trovare altro da dire. Feci passare alcuni minuti, poi visto che non
parlava,
mi arresi. «Come hai fatto a trovarmi?».
«Credevi
che non mi fossi accorta
di tutte quelle notti che ti alzavi? È da una settimana che
so che vieni qui».
«Come
hai fatto?». Questa era
ammirazione. Ero convinto di essere stato davvero prudente e lei mi
aveva
battuto.
«Due
settimane fa mi sono
svegliata e tu non c'eri, poi ti ho seguito da lontano, ma adesso ero
davvero
curiosa di sapere cosa leggevi di così interessante, visto
che non ti sei
neanche accorto che ero così vicina» e si sporse
per leggere le pagine
ingiallite.
«Uh.
Libri del reparto
proibito. Ho sempre desiderato metterci le mani sopra»
sospirò.
«Sono
molto noiosi, te lo
assicuro» risposi voltando pagina.
«Cosa
stai cercando?» chiese.
Ecco la domanda che mi aspettavo fin dall'inizio e che non avrei mai
voluto
ascoltare.
«Una
soluzione» risposi
cercando di essere evasivo. Era un tentativo inutile e lo sapevo, ma
non
riuscivo a risolvermi di dirle tutta la verità. Si era presa
a cuore la mia
situazione sin da quando ero arrivato a Hogwarts. Cosa avrebbe fatto se
avesse
saputo che ero maledetto e che avevo i giorni contati? Non volevo la
sua pietà.
Il suo spirito di sacrificio, tipico della sua famiglia, si sarebbe
immolata
alla mia causa e io non volevo la compassione di nessuno. Preferivo la
lotta.
In questo ero molto più Grifondoro di quanto avessi mai
potuto immaginare.
«Quale
soluzione? Per cosa?»
la sua voce cominciò ad avere un tono preoccupato, poi
allungò le mani e mi
strappò il libro aperto dalle ginocchia. Cominciò
a sfogliarlo, sino ad
arrivare a un punto e farsi scappare un gemito inorridito.
«Stai
cercando di abortire?
Shaula, non puoi! Non è una soluzione, questa! Uccidere il
tuo bambino è un
abominio!» strepitò sconvolta, rischiando di
svegliare tutti gli abitanti del
castello.
Per
la barba di Merlino,
Paracelso e Circe! Cosa aveva pensato adesso questa pazza scatenata,
antiabortista?
«Cosa?»
chiesi. Rose mi fece
vedere il libro che era aperto su una pagina che insegnava a far uscire
il
bambino dal corpo della madre, senza l'intervento di pozioni e senza
bisogno di
medimaghi e guaritori, uccidendo il feto senza alcun danno per la
madre. Era un
intervento orribile e misericordioso allo stesso tempo. Ma cosa
pensassi io,
non era una cosa che mi servisse.
«Rose,
non so come fartelo
capire, ma io non aspetto alcun bambino» dissi per l'ennesima
volta. L'avevo ripetuto
allo sfinimento ma lei rifiutava di assimilare il concetto, dicendo che
stavo
mentendo per paura. Da dove le venisse tutta questa sicurezza volevo
proprio
saperlo.
Provò
a parlare ma la
interruppi.
«Ragiona.
Sono qui da due
mesi. Se fossi stata davvero incinta, non sarei ingrassata?
È vero che sono
grassa, ma sarei aumentata e invece sono sempre uguale». La
vidi sgranare gli
occhi e le sue guance arrossirono. Nel suo sguardo iniziò a
sorgere un barlume
di comprensione e perplessità insieme. Il dubbio.
«Davvero
non sei incinta?».
«No.
Non sono incinta»
risposi secco. Forse ero riuscito a incrinare le sue certezze.
«Ma...
ma... come...
cosa....?». In effetti questa rivelazione creava
più domande che risposte e
rischiavo di tornare al dramma di partenza. Cosa dovevo dire?
«Non
sono incinta e non ho
bisogno di assorbenti» feci il riassunto.
«Quindi?
Cosa c'è che non
va?».
«Diciamo
che è una
maledizione e sto cercando l'antidoto» confessai.
«Ma
i professori non possono
darti una mano? Lo sanno?».
«La
McGranitt lo sa. Gli
altri sanno qualche cosa ma non tutto».
«Di
cosa si tratta?». Ecco
che arrivava il momento x.
«Rose,
non è che non mi fidi
di te, ma potrei confessarti tutto un'altra volta?».
«Potrei
aiutarti. Sono brava
con le ricerche ed essendo Caposcuola, posso sicuramente eludere le
ronde e
venire in biblioteca senza rischi. Dimmi come posso aiutarti».
Rimasi
qualche minuto a
guardare il pavimento, senza vedere nulla.
«Ti
dirò tutto, ma non ora.
Devo... devo pensarci, non è una cosa che riguarda solo me.
Se riterranno che
tu possa essere di aiuto, te lo dirò. Promesso».
Forse avevo trovato un buon
compromesso. «Continuiamo a cercare». Presi un
altro libro ed iniziai a
sfogliarlo.
«Cerchiamo
una maledizione?».
«Sì.
Trasformazione»
confermai.
Trascorremmo
un paio d'ore in
quel modo, consultandoci quando trovavamo qualche cosa di interessante,
ma
niente che servisse al mio problema.
Guardai
l'ora, quando iniziò
a farmi male la schiena. «E' ora di andare». La
rossa annuì e sbadigliò
stiracchiandosi.
Tornammo
al dormitorio dei
Grifondoro, senza incontrare nessuno, neanche i fantasmi che
bazzicavano sempre
nei corridoi a quelle ore notturne.
«Rose,
tra tre giorni è
Halloween» dissi. Mi ero appena ricordato del problema di
Goyle.
«Sì».
«Ci
sarà il ballo la sera»
continuai.
«Sì».
«Tu
ci andrai con qualcuno?»
chiesi.
«Sì.
Ci andrò con Nicholas.
Me l'ha chiesto dopo che ha perso il provino per il quiddich. Ha detto
che
aveva bisogno di essere consolato» rispose ridendo.
A
me la cosa non faceva molto
ridere. A dire tutta la verità, mi dava un pochino fastidio,
ma sorvolai sulla
questione. Avevo cose più importanti da discutere.
«Ho
un problema» annunciai.
«Solo
uno?» ridacchiò di
rimando.
«Goyle
mi ha invitato al
ballo» sparai e sentii un singhiozzo di risposta.
«Cosa
gli hai risposto?»
chiese poco dopo.
«Di
no».
«Meno
male» e continuò a
camminare tranquilla verso la torre Grifondoro.
«Però
gli ho anche detto che
ci andavo con un altro».
«E
con chi?».
«Non
lo so».
«Come
non lo sai?». Bloccò la
sua camminata nel corridoio davanti alla Signora Grassa che stava
sonnecchiando
nel dipinto.
«Gli
ho detto che ci andavo
con un altro per evitare di andarci con lui. Ma cosa posso fare ora?
Devo
trovare qualcuno! Mi puoi aiutare?» pregai a mani giunte.
Tutto pur di sfuggire
a Goyle.
«A
tre giorni dalla festa,
chi voleva andarci accompagnato è già impegnato.
È impossibile trovare
qualcuno» replicò sconsolata.
«Se
mi presento senza
nessuno, avrò Theo appiccicato tutta la sera oltre a far la
figura della
bugiarda. Non è che Albus è libero?»
chiesi speranzosa.
Rose
si mise a ridere. «Ha
ricevuto inviti appena entrati a settembre. Credo che ci vada con una
ragazza
di Corvonero... possiamo chiedere» fece spallucce.
«Pensaci.
Chi altri c'è? Alla
festa possono intervenire quelli sino al quinto anno».
«Un
sacco di gente impegnata.
Anche Lily e Roxanne hanno un ragazzo per la festa. Louis ci va
addirittura con
Honey Abbott quella bellissima di Tassorosso del settimo
anno». Sgranai gli
occhi. Complimenti al piccolo Weasley del sesto anno! Aveva beccato la
più
bella di tutta la scuola. Anche io ci avevo fatto più di un
pensierino ma
quella era davvero un sogno irraggiungibile.
«Michael, Robert, Finn, Justin,
Christopher?» elencai.
«Forse
è rimasto Ruben Biggs
Junior» rispose titubante.
Soffocai
un urlo
terrorizzato. Ruben era un ragazzo basso, rachitico e brufoloso.
L'immagine
vivente nel nerd più nerd dell'intero mondo, magico e non.
Fossi
stato più debole, sarei
svenuto.
---ooOoo---
Angolino
mio:
finalmente
Rose ha capito che Shaula non è incinta. Certo, questo
implica che, se non
aspetta un bambino, ci sono altri problemi e sarà difficile
per Scorpius non
confessare.
Ci
sarà il confronto? Shaula confesserà?
Per
ora dobbiamo risolvere il problema di Scorpius per il ballo di
Halloween. Riuscirà
a trovare un ragazzo disposto ad accompagnarlo? Io ho già
una soluzione,
vediamo se indovinate quale?
Riassumiamo
i fatti: abbiamo un ballo di halloween e una partita di quiddich.
Qualche altra
idea prima delle vacanze di Natale?
Ringrazio
per le recensioni che danno sempre la carica, spero che
l’utilizzo dei nick vi
piaccia. Grazie ai vostri suggerimenti per le scuse di Goyle (in
particolare la
pacca sulle spalle opera vostra). Ringrazio comunque chi legge e grazie
per
l'attenzione.
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 12 *** Il ballo di Halloween ***
Eccomi
per il capitolo 12! due settimane dopo il mio ricominciare.
Pat,
pat. Mi faccio i complimenti da sola autobattendomi sulla spalla.
Come
al solito ringrazio tutti quelli che seguono questa storia e che
recensiscono
regalando le loro opinioni e anche i suggerimenti per le prossime
scene. Divertitevi,
la storia sta diventando sempre più calda!
Ringrazio
Elenri per il banner. Sono due e li alterno. Mi piacciono
perché, anche
visivamente, mi aiutano a restare sempre sul pezzo. Io non penso ai
protagonisti con quelle facce, per me i racconti che leggo aprono la
fantasia
ma in questo caso credo che siano azzeccati e di aiuto.
Adesso,
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Adesso
sì che non sapevo più
cosa fare!
Il
giorno dopo mi ero
svegliato presto e insieme a Rose e Daisy, avevamo cominciato a cercare
qualche
ragazzo disposto a portarmi al ballo.
Anne
e Meredith ridevano come
matte, guardando i nostri sforzi e i no che collezionavamo con
più successo
delle figurine delle cioccorane.
«Shaula,
smettila! Anche
Daisy è riuscita a trovare un ragazzo con cui andare al
ballo! Lo troverai
anche tu» mi incoraggiò Rose.
«Certo!
Se pensi a Marcus
Flitt terzo come a un troll forse gli fai un complimento»
rimbeccò Anne.
«Mi
hanno raccontato che suo
padre era una montagna senza cervello. È stato anche
bocciato! Certo che il
figlio non è molto meglio» aggiunse Meredith.
«Anzi,
direi che è peggio»
terminò l’amica con cattiveria.
Ero
sempre più convinto che
quelle due avessero bisogno di una bella lezione. Daisy era mortificata
e stava
zitta in un angolo della stanza.
«Non
prendertela. Sai che
sono fatte male quelle due. Tu almeno hai qualcuno con cui andare al
ballo, io,
al massimo posso chiedere a un elfo domestico…»
terminai con voce fievole
mentre prendeva forma un’idea nella mia mente.
«No.
Non pensarci neanche! Un
elfo? Dove lo trovi un elfo domestico? Poi lo dovresti vestire e loro
vengono
liberati con i vestiti!» mi fece ragionare Rose ma ormai ero
lanciato.
«Non
quelli di Hogwarts. Sono
stipendiati, dovrei solo trovarne uno disponibile. Non siamo forse per
la parità
dei soggetti magici?» chiesi.
Okay,
anche io sapevo che era
un’idea balzana ma se non riuscivo a trovare una
soluzione… le conseguenze
sarebbero state catastrofiche. Dovevo rimediare qualcuno in fretta.
«Senti…
facciamo ancora un
tentativo con quelli di Serpeverde» propose Daisy, subito
zittita da un 'no!'
mio e di Rose.
«Theo
è di Serpeverde, non
sarebbe onesto rivolgermi a qualcuno lì» risposi.
«Perché?
Mentire dicendo che
avevi un cavaliere è onesto?» ribatté
Daisy. Non aveva tutti i torti.
«E
se chiedessimo a Sir
Nicholas? È il suo complemorte, al posto della festa
potrebbe fargli piacere
mescolarsi con noi» propose Rose.
«Io
non sono mai andata a una
festa di complemorte». Era una curiosità che non
mi ero ancora tolto.
«E
ti consiglio caldamente di
evitare. Mio padre e mia madre con lo zio Harry, hanno partecipato
durante il
loro secondo anno ed è stato orribile! Sono letteralmente
scappati». Se il
grande Harry Potter era fuggito, doveva essere davvero una cosa
mostruosa. Lui
aveva digerito di tutto durante i suoi anni a Hogwarts.
«Okay,
niente complemorte»
acconsentii. «Quindi dici che potrei andarci con un fantasma?
Caspita, mi
mancano i giganti e le banshee e saremo al completo!».
«Proviamo
con qualcuno dei
Tassorosso… sono più disponibili»
nicchiò Daisy.
«Cosa?
Con quella…». Gli
occhi di questo ragazzo erano grandi come delle palle da calcio babbano!
«Occhio
a quello che dici,
Sean!» minacciò Rose puntandogli il dito addosso.
Il
ragazzino del quinto anno
Corvonero, arrossì e balbettò.
«Non
oserei mai… solo che non
posso proprio. Devo andare al ballo con…» si
guardò attorno con occhi pieni di
panico prima di indicare una ragazza che passava in quel momento.
«Con lei» e
scappò dietro alla sua preda. Guardammo il congiungersi le
mani e i balbettii.
Stava pregando per non portarci me.
«Brutto
bugiardo!» sibilò
Rose facendo il gesto di inseguirlo. La bloccai appena in tempo.
«Lascia
stare. Io ho fatto la
stessa cosa con Goyle. Sarei da affatturare anche io». Rose
guardò la mia mano
sul suo braccio ed arrossì, per poi rispondermi non appena
l’ebbi tolta.
«Sì,
ma poteva dirlo subito,
ti pare?».
Anche
io ero d’accordo ma non
si poteva uccidere nessuno per questo, meglio rivolgersi ad altre
persone.
Hogwarts era enorme! Ci doveva essere qualche anima pia disponibile!
«Hagrid!»
urlò Rose. Il
nostro guardiacaccia che faceva sentire nanetti anche quelli alti due
metri? Il
guardiano del parco che aveva quasi ottant’anni? Colui che
aveva la stessa
grazia di un elefante in un negozio di cristalleria? Quel Hagrid?
«Ma
è un vecchio!» protestai.
Non che ci fosse niente di male, ma non volevo che mi additassero come
assistente del reparto geriatrico.
«O
così, o Sir Nicholas quasi
senza testa. A meno che non vuoi trovarti in compagnia di un
professore...».
Merlino me ne scampi! Rose ridacchiò mentre io ero sempre
più depresso.
Prima
in compagnia di Rose,
poi con la caritatevole Daisy, rivissi la scena del ragazzo Corvonero
con altri
sei studenti. Si poteva dire che stavo facendo un servizio pubblico,
visto che
tutti quelli interpellati erano riusciti a trovare una ragazza da
portare al
ballo. Quest'anno non ci sarebbe stata nessuna fanciulla a fare
tappezzeria e
tutto per merito mio e di Goyle. Solo per questo, meritavo di essere
incoronato
re del ballo... regina del ballo... ermafrodita del ballo.
Quei
tre giorni passarono con
una velocità folle, come se il tempo si fosse divertito a
correre più in fretta
per farmi dispetto. Quella sera ci sarebbe stato il ballo di Halloween
e per la
prima volta in tutti gli anni di Hogwarts mi sarei presentato senza
ragazza...
ragazzo... santo incantesimo di lunga vita! Ero talmente confuso che
non mi
capivo neanche più.
«Albus,
dovresti prepararti
per andare a prendere Sally. Non è carino arrivare in
ritardo dalla propria
dama» disse Lily mentre aspettava che il proprio cavaliere
arrivasse.
Roxanne
rise ammiccando verso
il ragazzo. «Come? Non lo sai? Ieri è inciampata
in uno zaino lasciato in mezzo
alla stanza a lezione di Pozioni, è caduta direttamente in
un calderone.
Peccato che fosse quello di Flitt, che non è esattamente un
genio. È ricoverata
in infermeria con tutta la faccia coperta di bolle verdi e
gialle».
«Quindi,
caro cuginetto, sei
solo!» affermò Rose, sorridendo. Albus
sollevò il viso e guardò terrorizzato le
cugine e la sorella che si erano messe in circolo davanti a lui.
«Albus,
abbiamo bisogno di
te» annunciò Lily.
«Devi
salvare una fanciulla»
specificò Rose e Roxy annuì con enfasi.
Ed
ecco che le Weasley si
precipitarono nella stanza ed iniziarono a tirare fuori tutti i miei
vestiti
dal baule.
«Che
fate?» chiesi.
«Preparati,
Cenerentola!
Questa sera vai al ballo. Albus ti aspetta di sotto» rispose
Rose, mettendo un
vestito tutto veli sul mio letto.
«Ma
non doveva andare con una
di Corvonero?».
«Incidente.
Lei è ricoverata
in infermeria e tu hai uno dei ragazzi più ambiti a
disposizione per il ballo.
È fantastico!» gridò festosa Rose.
Non
che fosse così
'fantastico'. Avevo cercato per giorni un ragazzo per andare al ballo e
adesso
che ero sistemato mi sentivo fuori posto. Io ero Scorpius, ma
più mi guardavo
allo specchio e meno ricordavo il mio vero volto. Ero un uomo ma mi
sentivo
anche una donna. Ero un soggetto che prendeva in giro gli altri e
adesso ero lo
sberleffo degli altri e non mi piaceva.
Presi
il vestito e mi chiusi
nel bagno. A parte che sembravo una cartina da svolgere, il risultato
finale di
trucco, parrucco e vestiario era passabile.
Quando
scesi nella sala
comune trovai quasi tutti i Grifondoro assiepati ad assistere la mia
entrata.
Appena arrivai in mezzo ai divani tutti iniziarono a urlare festosi,
come se
avessimo vinto la coppa delle case e la coppa di quiddich tutto in una
volta.
«Vai,
Shaula!». «Forza,
Grifondoro!». «Urrà!».
La
porta si aprì e una marea
di Grifoni si riversò nei corridoi di Hogwarts.
La
sala comune era tappezzata
da ragnatele dove erano incastonate delle lucine che illuminavano le
zucche
disposte ai lati e i tavoli, oltre che la pista da ballo e il palco
dove
suonava la band dei MagicFire. Sul soffitto incantato svolazzavano dei
pipistrelli
cangianti che facevano brillare la volta come se fosse trapuntata di
stelle.
Nel complesso era davvero spettacolare, soprattutto il fatto che le
zucche
erano davvero enormi.
Entrai
nella sala al braccio
di Albus Potter e tutti quelli vicino all'entrata ammutolirono. Avevamo
tutti
gli occhi addosso. Con la scusa di non superare il mio cavaliere in
altezza,
avevo ottenuto di indossare delle scarpe basse ed eravamo allo stesso
piano.
Adesso ringraziavo tutti i maghi passati, presenti e futuri per non
rischiare
di andare lungo disteso, spalmato sul pavimento di marmo.
«Albus
Potter e Shaula
Girtab. Bellissima coppia. Congratulazioni!»
esordì Delphina dopo qualche
minuto in cui tutti erano ancora senza parole. Ma cosa c'era di strano?
Erano
due compagni di casa che si facevano compagnia, che cavolo! Mica
stavamo per
sposarci! Non appena l'idea sfiorò la mia mente mi vennero
conati di vomito! Un
incubo peggiore di quello in cui vivevo. Nulla contro gli uomini che
stanno con
altri uomini, ma non faceva per me. Io volevo curve, pelle morbida,
labbra
rosee, capelli rossi e lunghi... reset! Qui stavamo andando in zone
proibite ed
era meglio fermarsi prima di mostrare una imbarazzante erezione che
neanche
mister parapalle in titanio sarebbe riuscita a contenere.
«Signorina
Girtab, Signor
Potter, buonasera» salutò la preside, mostrando un
leggero fremito all'angolo
della bocca. Poteva forse essere un sorriso? Boh!
Altri
studenti arrivavano
nella sala e noi decidemmo di avvicinarci al buffet per cominciare a
mangiare
qualche stuzzichino. Albus si guardava attorno interessato, pur tenendo
fermamente il mio braccio, quasi avesse paura di perdermi tra la folla.
Cosa
che reputavo impossibile visto che brillavo di luce propria per
bruttezza e
goffaggine.
Alle
prime note di una famosa
canzone si voltò verso di me. «Vuoi
ballare?».
«Stai
scherzando?». Voleva
davvero farsi vedere da tutti con me al centro della pista?
«Assolutamente
no. Sei la mia
dama, devo ballare con te».
«E
se non sapessi ballare?»
«Ho
già fatto un incantesimo
antischiacciamento ai piedi quindi non corro rischi» rispose
sorridendo
incoraggiante. Mi tese la mano e io la presi senza pensare. Avrei
ballato con
un uomo. Brividi!
Albus
salutò Alice e Lily che
chiacchieravano con i loro cavalieri a bordo pista e mi condusse al
centro,
prima di abbracciarmi e cominciare a volteggiare.
Puf!
Volteggiare? Diciamo
passare dalla casella sei alla sette, alla otto e ritornare alla sei.
Complessivamente uno spazio di circa ottanta centimetri quadrati. Il
mago
ballerino John Stravolto era lontano millenni luce. Decisamente il
ballo non
faceva per il piccolo Potter che era distratto da sua sorella sempre
parcheggiata a bordo pista.
«Lily
sta bene» dissi
incoraggiante. Fratellone geloso. Un genere che io avevo conosciuto
solo come
potenziale pestatore del mio faccino quando seducevo la sorella. Non
esattamente un potenziale amico.
«Lily?
Oh, sì. Certo» rispose
distratto.
Se
non era per Lily, a chi
stava dedicando tanta attenzione?
«Ho
sentito dire che
Tu-Sai-Chi, ha aperto una gelateria a Hogsmeade». Provammo a
tastare la sua
reattività celebrale.
«Oh,
sì. Certo». Reattività
piatta.
«Tuo
padre è appena entrato
in sala ed è vestito con solo le mutande a
pallini». Ultimo tentativo prima del
ricovero al San Mungo.
«Oh,
sì. Certo». Aveva vinto
un biglietto di sola andata.
«Cosa
hai bevuto prima di
venire qui? Qualcuno ti ha fatto la maledizione imperius?»
chiesi.
«Cosa?».
Forse si era
svegliato.
«Sei
qui che stai ballando
con me e non ci sarebbe nessun valido motivo se non una imperius per
costringerti» risposi.
«Sono
tuo amico e mi fa
piacere» rispose facendo spallucce.
«Allora
perché stai fissando
tua sorella come se volessi essere là? Lily è in
grado di difendersi da sola da
qualsiasi polipo voglia allungare le mani. Io mi preoccuperei di
più per i
ragazzi lì attorno!».
«Non
è Lily... è...». Oh!
Momento da confessionale!
«Alice»
conclusi per lui.
Albus mi guardò sgranando gli occhi e arrossendo.
«No...
non è...» non riuscì a
finire che interruppi la giustificazione pietosa, tanto non l'avrebbe
creduta
neanche Goyle, il che era tutto dire.
«E'
carina. Perché non la
inviti a ballare?».
«E'
qui con un altro» rispose
lui.
«Ma
non sta ballando e da
come batte il piede sul pavimento ne ha voglia. Buttati!»
ordinai e lo
trascinai a prendere la sua nuova dama, tanto io avevo già
fatto la mia entrata
e non avevo intenzione di ballare con altri ragazzi. Non ero capace a
farmi
condurre. Forse avrei potuto invitare qualche ragazza, tanto per
tenermi in
esercizio. Non era strano che due donne ballassero assieme, vero?
Non
appena venni lasciato
solo da Albus, Goyle comparve accanto a me. Uau! Neanche da maschio ero
così
desiderato! «Shaula, amore. Vuoi ballare con me?»
chiese Theodore, poi, senza
neanche aspettare la risposta negativa, mi trascinò sulla
pista e mi agguantò
pronto a dare visione delle sue abilità circensi.
In
effetti, ballare con Goyle
era come essere in bilico su una corda, i passi erano talmente veloci
da
rischiare l'inciampo continuamente. Era un esercizio immane di
equilibrio. Quasi
mi facevo i complimenti da solo per riuscire a non cadere.
Avevo
il fiatone per lo
sforzo che quasi non mi accorsi quando la sua mano scivolò
verso il basso sino
ad arrestarsi sulle mie natiche. Quasi. In quel momento rimpiansi di
essermi
imposto le unghie corte perché avrei gradito immensamente
ficcargliele sulle
braccia sino a farlo sanguinare. Ma un cruciatus poteva dare la stessa
soddisfazione.
«Toglimi
quella lurida mano
di dosso o ti faccio baciare da un dissennatore!» sibilai
abbassandomi leggermente
al suo orecchio. La mano tornò magicamente ad altezze
consone, anche più su se
proprio dovevamo essere precisi, mi sembrava di essere appeso per le
ascelle!
Sorrisi tra me, non avevo perso il mio piglio!
«Adesso
sono stanca, vado a
cercare il mio cavaliere» dissi non appena la musica
cambiò con un nuovo pezzo.
Lungi da me l’idea di continuare con quel martirio! Albus
aveva fatto un
incantesimo per salvare i suoi piedi ma io no! E i miei alluci mi
stavano
maledicendo per la mia dimenticanza.
Mi
allontanai quasi correndo.
Naturalmente
di Albus e Alice
non c’era traccia alcuna e mi sarei stupito del contrario,
oltre a fargli una
lavata di capo per l’occasione persa. Se non altro non era un
totale stupido il
piccolo Potter.
Era
da qualche minuto che sorseggiavo
un succo di zucca, quando si materializzò accanto a me una
Rose semplicemente
meravigliosa. Il vestito verde scuro faceva risaltare la pelle chiara e
dava
profondità ai suoi occhi azzurro cielo. La scollatura, pur
non essendo
accentuata, esaltava la rotondità del seno e la vita
stretta. La gonna lunga,
larga e fluttuante, si apriva birichina ad ogni passo, mostrando il
polpaccio
tonico e la caviglia sottile alla quale era appesa una catenella che
scatenava
maliziosi pensieri ad ogni maschio presente. O almeno a me, che sarei
partito
proprio da quel punto per toglierle tutto e poi… fermarmi
prima che la cosa
diventasse palese e imbarazzante per tutti.
«Ciao,
Shaula. Ho visto che
eri alle prese con Goyle. Uffa, che sete!». Prese un
bicchiere e cominciò a
sorseggiare anche lei.
«Io
invece non ti ho vista
con Nicholas. Dove l’hai nascosto?» chiesi
ridacchiando.
«E’
già fortunato che non
l’abbia spedito al San Mungo. Pensa che ha provato a toccarmi
e baciarmi. Prima
ero in compagnia di un amico e subito dopo con il figlio della piovra
gigante
del lago nero».
Raccontò
il fatto con
leggerezza, come se fosse normale. Io invece, già dalla
prima sillaba, sentivo
una rabbia cieca avvolgermi e stringermi. Avrei voluto prendere a pugni
Nicholas fino a ucciderlo, per aver osato toccare quella ragazza che mi
era
stata accanto dal primo momento. Rimasi spaventato
dall’intensità dei miei
pensieri. Avrei davvero fatto tanto male a una persona? Sì,
per Rose l’avrei
fatto. Era mia amica e meritava tutta la mia protezione.
«Buona
sera, ragazze». Ci
voltammo a salutare a nostra volta e ci trovammo davanti quella strana
creatura
che era la professoressa Cooman, insegnante di divinazione. Ormai era
arrivata
a una certa età, ma nulla le impediva di riempirsi di
scialli, di braccialetti
rumorosi e di portare quegli orribili occhiali che ingrandivano i suoi
occhi e
la facevano sembrare a un lungo, magro insetto.
«Buona
sera, professoressa
Cooman» rispose secca la rossa. Non aveva mai avuto molta
considerazione di
quella donna. Era una delle poche cose che avevo sempre saputo di Rose
Weasley.
Forse perché neanche sua madre era una fan delle arti
divinatorie.
«Oh!
Shaula Girtab, lei non è
mai stata a una mia lezione… peccato, un vero peccato. Lei
che viene
dall’oriente potrebbe avere l’occhio! Io ho
ereditato la Vista dalla mia
bisnonna… mi faccia vedere il bicchiere, mia cara»
e ancora prima che lo
lanciassi via, la Cooman aveva artigliato il cristallo e lo stava
squadrando
come se ne andasse della sua vita.
Avevo
frequentato le sue
lezioni solo per un anno, per poi abbandonarle. La divinazione non mi
interessava e passare un’ora nella sua classe, se
all’inizio era divertente,
alla lunga mi aveva annoiato. Appurato che non possedevo nessuna Vista,
avevo
lasciato il suo corso senza rimpianti. A quel che sapevo, Rose non si
era mai
neanche presentata.
«Oh!
Povero, povero caro
ragazzo!» esordì la professoressa, facendomi una
lieve carezza sulla guancia.
Rimasi perplesso e spaventato. Mi aveva chiamato ragazzo!
«Povero Scorpius
Malfoy. Così giovane e così segnato…
pochi sono i mesi che lo separano dalla
sua fine… solo… un nome…»
fissò ancora più intensamente il fondo del
bicchiere,
come un ubriacone (forse erano vere le dicerie che la facevano amante
dello
sherry) «Rosie Malfoy…
no…» sospirò
e mi guardò fisso «Morte» disse prima di
restituirmi il bicchiere e andare al
tavolo a prendere qualche cosa di più forte.
In
quel momento la invidiai.
Anche io avevo bisogno di qualche cosa di forte. Guardai Rose che
guardò me.
«Probabilmente
sono la trentesima
persona a cui predice la morte quest’anno» provai a
dire.
«La
morte di Scorpius»
mormorò Rose senza staccare lo sguardo dai miei occhi.
«Chi è questa Malfoy che
ha nominato? Un’altra cugina?» chiese infine, prima
di sospirare e voltarsi
verso la pista da ballo, dove Albus faceva bella mostra di
sé, allacciato alla
piccola Paciock.
«Forse,
non conosco tutti i
parenti di Scorpius» risposi. In un certo senso era vero.
Non
c’erano molti cugini tra
i purosangue, visto che quasi tutti erano figli unici, ma eravamo tutti
imparentati e quindi potevano esserci dei cugini di grado molto molto
lontano,
di cui non conoscevo l’esistenza.
«Andiamo
a ballare» dissi
cambiando argomento.
«Con
chi? Non ci sono ragazzi
qui» rispose Rose ritrovando il sorriso. Un meraviglioso,
dolcissimo sorriso
allegro, quello che avrei voluto vedere sempre sul suo viso.
«Insieme
noi due. Almeno non
ci saranno bestioni senza cervello che ci palpano come se fossimo
quarti di
manzo». Risi e Rose mi prese la mano seguendomi sulla pista
da ballo. Essendo
più alto, la parte dell’uomo spettava a me e
niente mi fece più piacere che
sentirmi quasi me stesso mentre ondeggiavo e volteggiavo con la rossa a
tempo
di musica.
Come
tutti i Malfoy ero stato
costretto a prendere lezioni di ballo, ma nessuna dama era stata
così leggiadra
come Rose, anche quando mi pestò il piede…
probabilmente perché avevo voltato
troppo in fretta e lei aveva perso l’equilibrio…
oppure quando mi presi una
gomitata nel costato, ma anche lì era stata
spinta… oppure quando…
No,
decisamente non era una
brava ballerina e doveva fare parecchia pratica prima di essere a un
livello
accettabile. Per ora sembrava un troll con la zampogna, ma un troll
molto
carino e simpatico. Una vera amica.
Appena
divenne un poco più
tardi, i balli classici lasciarono spazio a quelli per i giovani maghi.
I
professori si ritirarono discretamente lasciandoci palco libero e noi
ci
scatenammo saltando come cavallette. Per precauzione le lezioni del
mattino
dopo erano sospese e non fu difficile fare le ore piccole. Per me
ancora meno,
visto che ero abituato.
Alle
tre di notte,
cominciammo a tornare nei vari dormitori. La McGranitt non era molto
propensa a
far fare più tardi di così e sapevamo che
potevano esserci serie conseguenze se
ci facevamo trovare in giro oltre quell’orario.
La
festa continuò ancora per
mezz’ora nella sala comune, prima che, poco per volta, tutti
i Grifondoro,
andassero a dormire.
Ero
ormai uno degli ultimi, e
stavo cercando di svegliare Louis per aiutarlo a salire in camera,
quando vidi
una forma strana nel camino della sala. Lasciai il Weasley a dormire
scomposto
e mi avvicinai.
«Shaula!
Shaula Girtab?»
disse una voce proveniente dai carboni ardenti del camino. Quando mi
inginocchiai davanti alle fiamme vidi distintamente le fattezze
facciali di
Harry Potter, Auror del Ministero.
«Salve,
Signor Potter»
risposi cercando di trattenere a un sussurro la mia voce acutissima.
«Come
procede la tua
ricerca?».
«Niente
di nuovo. Continuo a
sfogliare libri su libri ma non ho trovato ancora niente. So solo che
occorre
incanalare l’odio in un amuleto e che questa magia dovrebbe
essere originaria
della Grecia, per ora non so altro. Voi?» chiesi con una
punta di speranza.
«Sappiamo
che c’è qualcuno a
Hogwarts implicato in queste magie. Pare che la strega che compie
queste
nefandezze abbia una complice».
«Non
avete idea di chi possa
essere? È una ragazza? Piccola o grande?».
L’eccitazione della scoperta mi
stava prendendo.
«Non
sappiamo altro. Il mago
è morto prima di poterci dire tutto»
sospirò Potter. «Continueremo a indagare e
tu stai attento».
«Certo»
replicai deluso. Poi
mi venne in mente un altro problema. «Ho una cosa da
chiedere. Mentre ero in
biblioteca mi ha beccato Rose».
Udii
una voce orgogliosa
proveniente da dentro le fiamme.
«Lo
sapevo che mia figlia non
si sarebbe fatta infinocchiare. Tutta sua madre quella
ragazza!». Era Ron
Weasley, senza dubbio.
«Vuole
aiutarmi nelle
ricerche».
Il
viso di Potter sparì e
comparve una faccia diversa in mezzo alle fiamme.
«Scordatelo! Mia figlia non
deve avere niente a che fare con questa storia. È pericoloso
e non voglio che
le capiti niente. È già brutto non poter
intervenire per scoprire chi sia e se
veramente esiste questa ragazza, non voglio peggiorare ulteriormente le
cose»
protestò veemente il padre di Rose.
«Ron,
credo che Scorpius
intendesse cercare sui libri» sentii Potter che cercava di
farlo ragionare.
«Appunto»
aggiunsi. «Non
sarebbe niente altro che cercare in biblioteca. Se le spiegassi qualche
cosa
potremmo cercare meglio e fare prima. Io da solo non sono arrivato
neanche alla
decima parte dei libri da consultare». Volevo essere
ragionevole, anche se
permettere a Rose di partecipare alla mia ricerca, un pochino mi
preoccupava. Se
davvero c’era una
ragazza pericolosa tra noi, poteva essere davvero un problema essere
troppo
vicino alla rossa.
«Non
voglio» si impuntò
Weasley.
«Credi
davvero che riuscirai
a tenere Rose lontana da Shaula? Se è così non
conosci tua figlia, mi dispiace.
Lei è come Hermione. Come te. Quando un amico è
in difficoltà si dà una mano e
questo è quello che farà mia nipote, mi ci gioco
la bacchetta». Potter aveva
ragione, Rose non si sarebbe tirata indietro per niente al mondo.
Avevamo già
concordato l’appuntamento della notte dopo e non avrei potuto
impedirlo.
Il
viso di Weasley scomparve
e ritornò Harry Potter. «Ti chiedo solo il massimo
riserbo. Se mio figlio e mia
nipote volessero aiutarti nelle ricerche, ti prego solo di spiegare
bene loro i
rischi. Dovete essere il più preparati possibile»
dopo di che il camino tornò
silenzioso.
Mi
guardai attorno,
sincerandomi che non ci fosse nessuno che avesse ascoltato quella
conversazione
e rimasi bloccato: davanti alle scale che portavano alle stanze dei
dormitori
c’erano Albus Severus Potter e Rose Weasley che mi fissavano.
«Cosa…»
deglutii «Cosa avete
sentito?» chiesi.
«Che
io assomiglio a mia
madre e mio padre e che tu ci devi spiegare qualche cosa che ha a che
fare con
gli Auror del Ministero della Magia» rispose fredda Rose.
«Evvai!
Ho sempre desiderato
emulare mio padre e adesso abbiamo un mistero tra le mani! Che si
fa?». La
reazione di Albus era quanto di più strano potesse esserci.
Ma
tant’era. Stavamo per
ricreare un magico trio.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ed
eccoci qui, al momento della verità o quasi.
Non
ho intenzione di scoprire tutte le carte, anche se ormai sembra chiaro
e
semplice. Come minimo mancano ancora 8 capitoli, se corressi verso la
conclusione ne scriverei solo la metà.
In
questo capitolo abbiamo un accenno importante. Come tutti i libri HP e
le storie
che si rispettino la soluzione del mistero evolverà in
fretta nelle ultime
pagine quindi prima ci godremo…
Ron
è sempre protettivo e orgoglioso della sua bambina, ma Harry
capisce che non
riuscirà a tenerla fuori da questa storia, come a suo tempo
lui aveva
trascinato Hermione e il suo migliore amico nella lotta contro
Voldemort. Anzi,
da il permesso di coinvolgere anche Albus che risulta l’unico
entusiasta di
buttarsi a capofitto in una avventura stile Harry Potter. Difficile
crescere
all’ombra di un tale uomo. Nessuno ha sentito che Shaula
è Scorpius e quindi…
Prossimo
capitolo? Confessione o non confessione? Quiddich e…
propongo un compleanno
visto che saremo nel mese di novembre e nel segno dello scorpione.
Qualcuno mi
sa suggerire un giorno?
Ringrazio
per i commenti e spero che tutti apprezziate questa storia. Io mi sto
davvero
divertendo a scriverla. Lunedì il capitolo 13.
Grazie
per l’attenzione
Baciotti
|
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Capitolo 13 *** Shaula l'eroe del Quiddich ***
Nuovo
giorno, nuovo capitolo!
Eccoci
qui insieme ad affrontare le avventure nel nostro nuovo trio.
Grazie
a chi seleziona questa storia, legge e recensisce. Grazie a Elenri per
i
banner, grazie a voi per la pazienza che avete con i miei strafalcioni
(rileggo, ma di sicuro qualche cosa mi sfugge, quindi chiedo scusa per
il
martoriare della lingua italiana)
E
adesso? BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Era
il cinque di novembre.
Domenica. Ore 14,30. campo di quiddich. Prima partita di campionato
scolastico
Grifondoro contro Tassorosso.
La
mia prima partita da
giocatore con i colori rossooro che avevo sempre cordialmente odiato. E
ora me
li ero cuciti addosso e la cosa non mi dava neanche tanto fastidio.
Erano
quattro giorni che
dormivo pochissimo. Più a causa di quanto era successo nella
notte del trentuno
di ottobre che per le veglie con il naso immerso nei libri del reparto
proibito
della biblioteca o l’agitazione per la partita stessa.
Nello
spogliatoio si
respirava aria di agitazione per l'imminente partita. Ci eravamo
cambiati e
aspettavamo l'entrata in campo, eppure la mia mente correva a quattro
giorni
prima.
«Ci
devi spiegare qualche
cosa che riguarda gli Auror e il Ministero della Magia, allora
parla!» aveva
detto Rose sedendosi sul tappeto davanti al camino.
«Rose,
per favore» pregai.
«Adesso
parli!» ordinò
perentoria. Albus si era seduto accanto a lei e ascoltava attentamente
con un
ampio sorriso soddisfatto che era contenuto solo dalle orecchie.
«Sai
che sto cercando un
controincantesimo per una maledizione. È una trasformazione
fatta da una strega
potentissima. Chi è colpito da questa maledizione ha solo un
anno di vita per
trovare una soluzione». Il riassunto era decisamente scarno e
non teneva conto
dei sentimenti delle persone colpite. Il fatto di essere
pressoché sicuro di
avere solo un anno per fare tutto quanto si voglia e si possa, era
devastante.
«Tu,
sei stata trasformata?»
chiese Albus.
«Ho
subito una
trasformazione, sì» confermai a malincuore.
«Quanto
ti resta?».
«Agosto»
risposi secco.
«Cosa
dobbiamo fare?».
Cominciarono le domande a raffica da parte dei due.
«Hai
già scoperto qualche
cosa?»
«Con
chi abbiamo a che fare?»
«Siamo
in pericolo anche qui,
a Hogwarts?».
«Dovremo
combattere come
nella battaglia?».
«Fermi,
fermi! Una domanda
per volta!» cercai di bloccarli.
«Allora
cerca di rispondere»
replicò Rose impaziente.
«Va
bene. Va bene. Come ti ho
già spiegato, Rose, sto cercando nella biblioteca la
contromaledizione. Da
quanto sono riuscito a scoprire, è odio. Un amuleto
convoglia il potere di
questo odio e lo direziona contro la vittima. Credo che la
trasformazione sia
casuale. Due maghi sono stati trasformati in animali. Questo
incantesimo deve
essere originario della Grecia, almeno è da lì
che arrivano i riferimenti».
«Quindi
noi ti serviamo?»
chiese Albus, ma a questo rispose la rossa.
«Perché
siamo tre paia di
occhi e possiamo passare in rassegna più libri rispetto a
una persona sola».
«Saremo
il club dei book_lovers!
Parleremo in codice! Ognuno di noi avrà un soprannome per
agire in segreto!
Ogni minuto libero andremo in biblioteca. Durante il giorno indagheremo
sui
libri di consultazione comune e la notte nel reparto proibito. Credo
che
quest'anno leggerò più testi di quanto abbia
fatto in sei anni di scuola»
commentò Albus, un po' esagitato.
«Non
dobbiamo farci notare
però. Tuo padre mi ha detto che nella scuola c'è
una ragazza che è complice
della strega».
«Non
sappiamo chi sia?».
«Potrebbe
essere chiunque»
strinsi le spalle.
«Sei
in pericolo?» chiese
Rose posandomi una mano sul braccio, prima di arrossire e toglierla
subito
dopo. Chissà perché arrossiva.
«Non
credo. Più di così è un
po' difficile. Sono un essere con una scadenza certa. Voi invece
potreste
essere in pericolo se questa ragazza si accorge del vostro ruolo. Se ti
capitasse qualcosa, tuo padre accorcerebbe di parecchio la mia
vita» terminai
guardando Rose, ma lei scosse la testa, facendo danzare i riccioli che
si erano
sfilati dalla acconciatura della serata.
«Non
farò niente di
pericoloso. Staremo a leggere e basta».
«Oltre
a scoprire il
controincantesimo, non c'è un altro modo? Cioè...
tu sei destinata a...». La
voce di Albus andò a spegnersi ma il senso della frase era
ben chiaro a tutti e
tre.
Sorrisi
amaramente. «La
soluzione è l'amore, come dice sempre il grande Harry
Potter».
«L'amore»
ripeté Rose
arrossendo.
«Mi...
mi devo innamorare e
far innamorare di me» mormorai fissando le fiamme. Ero
imbarazzato e
scoraggiato. Chi poteva provare qualche cosa di così
profondo per un essere
ripugnante come me?
«Oh!
Shaula... mi dispiace...
io...» balbettò Albus distraendomi dai miei foschi
pensieri. Lo guardai in
faccia e scoppiai in una risata. Era impagabile, imbarazzato e con
un'aria
vagamente colpevole.
«Albus,
non ti chiederei mai
un sacrificio simile. E poi, all'amor non si comanda,
giusto?» e gli diedi una
gran pacca sulla schiena, tanto che crollò lungo sul
tappeto. Sarò stata una
fanciulla ma non del tutto indifesa.
«Meno
male! Cioè, non che non
volessi ma...».
«Ti
prego, Albus, non
continuare» disse Rose scoppiando a ridere.
«Nessuno ti sta chiedendo di fare
l'innamorato di Shaula».
Continuammo
a parlare della maledizione
e di quanto fosse coinvolto il Ministero. Le vittime non erano molte,
solo
quattro sino a quel momento. Non si poteva parlare di strage,
né di un pericolo
capace di far scatenare il panico tra la gente.
Quando
la pendola suonò le
cinque del mattino, decidemmo di andare a dormire. Stancamente iniziai
a
sistemarmi per la notte. Oramai ero diventato bravissimo a togliere e
mettere
tutti quegli intrugli. Davo anche dei consigli alle mie compagne di
stanza
sulla pelle! Con questa storia mi si aprivano una infinità
di opportunità di
lavoro nel futuro.
Quando
uscii dal bagno, Rose
si stava ancora togliendo le forcine dai capelli.
«Dai,
ti aiuto» le dissi,
posizionandomi dietro di lei e cominciando a sfilarne a una a una sino
a
liberare tutta la massa rossa di capelli lunghissimi. Appena finito,
lei si
alzò di scatto e, preso il pigiama, si chiuse in bagno
mormorando un flebile
'grazie'.
Cosa
era successo? Adesso che
sapeva che ero maledetto mi stava evitando? In quei mesi capitava di
vedere le
ragazze girarmi davanti in mutande e canotta. Dopo le prime due
settimane non
mi faceva neanche più effetto. A volte anche Rose si
cambiava in camera ma,
sopratutto non aveva mai mostrato del disagio con me. Adesso sentivo
che
qualcosa era cambiato, e non capivo cosa.
Quando
uscì si infilò subito
sotto le coperte ed io feci lo stesso. «Buonanotte»
e il piccolo lumicino venne
spento in un soffio lasciandomi inquieto al buio.
La
sera dopo andammo tutti in
biblioteca e cominciammo a dividerci i libri (io dovevo finire quello
con il
codice nemy1990, davvero incredibile la fantasia e
il nesso logico della
nostra bibliotecaria!) e, grazie proprio a Rose, riuscimmo a
consultarne ben
più di quanti ne avrebbero letti tre Shaula da sole.
Poi
Albus ci impose un ultimo
allenamento intensivo per la partita contro i Tassorosso e ora eccoci
qui,
tutti in fila con le scope in mano per entrare in campo. Dietro le mie
spalle,
Rose stava cercando di respirare con calma ma sentivo che era molto
agitata.
Rischiava di far agitare anche me.
«Rose,
andrà tutto bene.
Coraggio».
«Parli
bene tu. È la prima
volta che gioco davanti a una tribuna. E se sbaglio? Se non paro
neanche una
pluffa?». Stava diventando isterica!
«Anche
io sono nelle stesse
condizioni» più o meno. «Ma credo che a
questo punto si possa fare solo del
proprio meglio. Andrà tutto bene, vedrai».
In
quel momento le porte si
aprirono e sentii solo un suo 'grazie' prima che il gioco ci prendesse
la
concentrazione.
«Non
voglio colpi bassi,
scorrettezze e fregature! Tenete ritirate le bacchette e non fate
sciocchezze!
Tutto chiaro?». Il nostro baffuto professore di
attività ludiche e sportive,
era serissimo. Tenuto conto che era di animo simpatico e gigione,
rendeva
l’atmosfera ancora più pesante e piena di pathos. «Capitani,
stringetevi la mano!». Albus e
Macmillan si strinsero la mano e si batterono sulle spalle come se
fossero
grandi amici.
«Si
conoscono da piccoli. Il
padre di Macmillan era uno dei ragazzi che ha combattuto nella seconda
guerra
magica la battaglia qui a Hogwarts» mi sussurrò
Roxanne come se avesse sentito
il mio cervello fare domande. Era fantastica questa ragazzina, sapeva
tutto di
tutti, secondo me sarebbe stata una giornalista con i fiocchi, non
fosse per la
sua propensione agli scherzi e una vivacità congenita in
famiglia, troppo forte
da controllare.
«Inforcate
le scope!» ordinò
il prof. che fungeva da arbitro, «E… liberate le
palle e il boccino! Via!» e la
partita iniziò.
Diedi
una spinta veloce e
afferrai subito la pluffa, dirigendomi a gran velocità verso
i cerchi
avversari. Due secondi dopo centravo i primi dieci punti della partita.
Un’ovazione
dagli spalti
accolse il mio trionfo ed io alzai la mano verso la tribuna tinta di
rosso e
oro.
«Centro
da parte di Shaula
Girtab di Grifondoro! Cacciatrice d’oriente e dieci punti a
Grifondoro!»
sbraitò lo speaker al microfono sovrastando
l’ululato del pubblico.
Voltai
lo sguardo verso Albus
che era concentrato a scovare il boccino e non si curava neanche di
quello che
succedeva più in basso. La pluffa venne rilanciata e
afferrata dalla
cacciatrice del Tassorosso. Se non ricordavo male, lei aveva sempre
avuto la
tendenza a passare alla sua destra appena attraversato la
metà del campo. Fu
facile intercettare il passaggio e partire al contrattacco.
«La
cacciatrice d’oriente
intercetta al pluffa e la passa a Weasley che tira e centra il cerchio
centrale! Venti punti a Grifondoro, zero Tassorosso!». La
partita era iniziata
nel migliore dei modi.
Riuscimmo
a fare ancora un
centro e Rose a parare un paio di pluffe prima di incassare il primo
goal. Era
impossibile riuscire a parare ma Rose lo prese come un affronto
personale e si
dispose a proteggere i suoi cerchi come una vera leonessa rossooro.
Gli
incitamenti da parte
delle tifoserie rosse e oro e giallonere si sprecavano. A stento si
sentiva lo
speaker che faceva la radiocronaca della partita. Albus volteggiava
ancora
cercando di localizzare il boccino. Eravamo a sessanta a venti.
Dovevamo
avvantaggiarci. Magari fossimo arrivati a un vantaggio di
centocinquanta, anche
a perdere il boccino avremmo vinto lo stesso. E per questo dovevo darmi
da
fare.
«La
cacciatrice d'oriente
intercetta la pluffa e si lancia verso il centro campo
avversario». E volai più
forte per poi lanciare con precisione dentro il cerchio di sinistra.
«Ed è
goal! Settanta a venti per i Grifoni!». A fasi alterne la
partita continuò per
un'altra mezz'ora. I battitori di Tassorosso avevano capito che ero
pericoloso
e cercavano di colpirmi. Diverse volte dovetti fare un arresto veloce e
una
giravolta a vite ascendente (la mia manovra preferita) per evitare di
essere
atterrato.
«Splendida
azione da parte
del portiere di Grifondoro. La nostra Caposcuola difende la porta da un
altro
temibile tiro di Macmillan!».
Avevo
già visto Albus
scattare indiavolato e avevo sperato che non fosse solo una azione
diversiva ma
il boccino d’oro ancora non si vedeva.
«Tieni,
Shaula!» urlò Rose,
rilanciando la pluffa verso di me.
Allungai
il braccio e
afferrai la sfera rosso scuro. Accanto a me sibilò un bolide
proprio mentre mi scostavo.
La boccia però, proseguì la sua linea beccando in
pieno la pancia della rossa.
«Rose!»
gridai, mollando la
pluffa mentre mi lanciavo ad afferrare il nostro portiere che stava
precipitando al suolo, svenuta.
Nello
istante sentii un boato
tra il pubblico mentre lo speaker gridava «Potter ha visto il
boccino e lo sta
raggiungendo… ecco che lo prende… Grifondoro
vince la prima partita della
stagione contro Tassorosso!».
In
altre occasioni avrei
gioito ma in quel momento ero troppo occupato. Riuscii ad abbracciare
Rose poco
prima che toccasse terra e mi lasciai scivolare in basso in modo che
cadesse su
di me. Il colpo che ricevetti alla schiena contro il terreno duro del
campo, mi
mozzò il fiato mentre il corpo inerte della rossa si
adagiava sulla mia pancia.
Era la prima volta da quando mi ero trasformato in
quell’ammasso di grasso,
cellulite e bruttezza che ero grato per essere così
‘tanto’. Il mio corpo
attutì il colpo evitando gravi conseguenze, o
così disse la signora Warner
quando trasportammo il corpo di Rose in infermeria.
«Vada
pure, Signorina Girtab.
La signorina Weasley dovrà restare in infermeria almeno sino
a domani per
essere certi che non ci siano problemi» disse
l’infermiera dopo aver invitato
tutti i Grifondoro a uscire.
«Se
non le spiace, vorrei
restare. Voglio essere qui quando si sveglierà»
risposi guardando il viso
pallido di Rose, in netto contrasto con il fuoco dei suoi capelli.
«E’ sicura
che non vi siano conseguenze per il colpo del bolide? Era molto
forte».
L’infermiera
sorrise comprensiva
«Stia tranquillo, non ha nulla se non un brutto livido e un
gran indolenzimento
che sentirà molto domani. Niente che non si possa curare con
una buona
pozione».
Meno
male che non si era
fatta niente. Mi sentivo responsabile e in colpa per il suo incidente.
Se non
fosse stato per me, per sfidarmi a ritirarmi, lei non avrebbe giocato e
non si
sarebbe fatta male. Era tutta colpa mia e non riuscivo a pensare ad
altro che a
come fare per farla stare meglio.
Quando
l’infermiera si
allontanò, asciugai la lacrima che minacciava di scendere
sulle guance. Ero un
uomo, non dovevo piangere, ma, chissà perché,
questo fatto non mi faceva
sentire meno virile. Erano lacrime di colpa e sollievo e non me ne
vergognavo.
«Rose,
mi dispiace così
tanto» mormorai stringendole la mano.
Dopo
alcuni istanti sentii
come un tremolio e le sue guance diventarono più rosee. Una
voce flebile che
non sembrava neanche la sua, rispose: «Non devi. Colpa
mia… non attenta…
vinto?».
Risi
e annuii vigorosamente.
«Quando sei stata colpita, Albus ha preso il boccino. Li
abbiamo stracciati
grazie a te».
«E
anche… te».
«Dormi
adesso. Io vado dagli
altri ad avvisarli che stai meglio. Buona notte, Rosie» e le
diedi un bacio
sulla guancia per poi uscire a riferire a tutta la tribù
Weasley che, sicuramente,
attendeva in ansia.
Per
fortuna Rose, rimase in
infermeria solo per un ventiquattro ore e già due giorni
dopo era a
bacchettarci per non essere andati avanti con la nostra ricerca in
biblioteca.
«Vorrei
che mio padre mi
avesse lasciato il mantello dell'invisibilità»
sospirò Albus con il naso
affondato nei libri. «Lui l'ha usato parecchio a scuola. A
noi l'ha sempre
vietato».
«Perché
sapeva che tu e James
ne avreste abusato» replicò Rose, senza neanche
guardarlo.
«Adesso
sarebbe comodo»
replicò lui.
«Se
vuoi ho trovato la
formula per la tintura. Qui dice di bagnarci per tre mesi il filato e
poi
tessere il mantello. Rimane efficace per almeno venti anni... non
male»
commentai.
Albus
si alzò di corsa e mi
strappò il libro dalle mani appoggiandolo al tavolo
«Fammi vedere!» e iniziò a
prendere appunti.
«Cosa
vuoi fare? Vuoi
diventare un produttore di mantelli invisibili?» chiesi
ridendo.
«No,
volevo solo provare.
Magari riesco a fare un regalo interessante»
ribatté continuando a scrivere su
una pergamena. «Che cos'è un ‘Jaded’?».
«Non
ne ho idea» risposi
aprendo un altro libro.
«Che
cavolo! Come faccio a
fare dei guanti invisibili senza questo coso?»
protestò gettando la piuma con
stizza.
«Perché
vuoi fare dei guanti
invisibili?» chiesi fissandolo. Qui c'era qualche cosa in
più della semplice
curiosità.
«Niente,
niente» rispose per
poi riprendere la penna e terminare di ricopiare il procedimento.
Non
riuscimmo a far
confessare Albus neanche con minacce di affatturazioni stile Ginny
Potter, che,
a quanto mi risultava, erano le più potenti che venissero
prodotte nell'intera
tribù.
Alla
fine rinunciammo, come
rinunciammo a continuare la ricerca, visto l'orario tardo. Potter
tirò fuori la
mappa del malandrino di Hogwarts e enunciò la formula
sfiorando la vecchia
pergamena con la bacchetta. «Giuro solennemente di non avere
buone intenzioni»
e subito comparvero le linee che disegnavano i locali del castello.
Veloce
Albus controllò che non ci fossero prefetti o professori nei
corridoi che
dovevamo attraversare e velocemente tornammo alla torre dei Grifondoro.
A
giorni alterni questo
rituale si ripeté preciso, compresa la curiosità
di Albus su tecniche e
oggettistiche particolari, come se cercasse qualche cosa di particolare
per
colpire qualcuno. Sicuramente stava colpendo noi con la sua ricerca,
anche
perché non ci diceva a cosa servivano i suoi appunti. Stava
creando una nuova
biblioteca in camera sua.
I
giorni scivolavano via,
come ciliegie, una dietro l'altra.
Si
scandivano con lezioni,
studio, magia, ricerche, biblioteca, allenamenti di quiddich,
colazione,
pranzo, cena.
Una
settimana dopo ci fu la
partita di Serpeverde contro Corvonero. La mia ex squadra aveva perso
un buon
giocatore per guadagnarne uno decisamente più scarso e si
era dimostrato nella
conta dei centri fatti, con una percentuale di realizzi del quaranta
per cento
in meno rispetto all'anno passato.
Dopo
una partita tiratissima
i Corvonero erano arrivati al successo con la cattura del boccino
d'oro.
Tornando al castello mi ero sentito osservato e guardandomi intorno
vidi Blaike
che seguiva i miei passi. Sospettava qualcosa, lo sentivo, lo vedevo
nel suo
atteggiamento e non sapevo cosa fare per distrarlo. Potevo solo sperare
che non
arrivasse alla verità.
La
mattina del venti novembre
scesi in sala grande per la colazione, senza soffermarmi al significato
di
questa giornata. In compagnia di Daisy, attraversai i corridoi e scesi
le
scale, distratto dalle nostre chiacchiere.
«Come
mai ti vedo sempre con
Albus e Rose? Non è che stai cercando di conquistare
Potter?».
«Non
credo sia possibile, lui
è già impegnato».
«Con
chi? Non mi sono accorta
di niente!».
«Direi
che è prematuro. Anche
lui non ha detto ancora niente alla ragazza che gli piace,
però secondo me è
proprio andato» ridacchiai ripensando a tutte le volte che io
e Rose facevamo
qualche accenno a Alice Paciock. Il nostro Potter perdeva il lume della
ragione, balbettava e chiedeva di mangiare i carciofi quando sul tavolo
c'erano
spinaci.
In
quei momenti avrei potuto
farmi fare i compiti di una settimana senza che lui si opponesse, salvo
poi
sbagliarli completamente perché era distratto.
«Mi
spieghi una cosa?» chiese
Daisy mentre ci avvicinavamo alla sala. «Perché
Zabini ti fissa sempre?».
«Bella
domanda. Forse gli
ricordo mio cugino» risposi cercando di essere divertente. In
realtà speravo
che smettesse di guardarmi. Era inquietante.
Nel
frattempo eravamo
arrivati alla sala grande. Non appena varcai la soglia mi
sembrò di essere
tornato all'inizio della scuola, quando tutti mi guardavano con smorfie
e
risatine. Con lo sguardo percorsi tutta la sala, soffermandomi
brevemente su
chi mi stava guardando, cercando di capire quale fosse il problema. Il
trucco?
Fatto. Avevo anche cercato di usare quel coso strano a forma di
cavatappi senza
vite che serviva per piegare le ciglia che mi ero annerito con mano
ferma. Ero
diventato un perfetto truccatore. Anche la calcina che usavo sulla
pelle era
più morbida e non mi sentivo più rigido come
all'inizio.
Controllai
le gambe, casomai
avessi dimenticato le strisce togli peli che mi ero applicato la sera
prima.
Era stato un delirio. Avevo usato la bacchetta tra i denti mentre
strappavo il
pezzo di carta dalla pelle per evitare di urlare e sfogare il dolore
incommensurabile in qualche modo. Oltre a togliermi peli, pelle morta e
pelle
viva, avevo fatto un movimento strano e dalla punta della bacchetta
erano
partite delle scintille che si erano concretizzate in ciuffi nerissimi
e folti
di sopracciglia. Maledizione! Togliere quelli era stato un inferno.
Avevo
mandato maledizioni senza perdono a tutti i maghi trapassati, andando
in ordine
alfabetico e poi per importanza, secondo il mio personale giudizio
(dove
Merlino era meno importante di Circe e dove Io ero più
importante di Morgana).
Comunque
non era la ceretta,
non era il trucco, avevo domato i capelli con frusta, gel e mollette in
titanio, avevo messo il wonderbra push up che mi faceva risaltare il
seno,
passando da una seconda scarsa (detta anche prima abbondante) in una
seconda
quasi piena (detta anche una prima molto abbondante), avevo anche
provato la
panciera che mia madre mi aveva procurato qualche giorno prima, per
provare ad
avere un vitino da vespa obesa, ma più vitino di prima.
Niente, tutto normale.
Quindi decisi: petto in fuori, pancia in dentro, culo in fuori,
passeggiata
sexy a papera e avanzai verso il tavolo di Grifondoro cercando di
essere più
disinvolto possibile.
Appena
seduto, Rose accorse
accanto a me e Albus si sedette dalla parte opposta.
«Shaula,
non vai a vedere?»
chiese Albus con curiosità. Vedere cosa? Fissai il mio amico
in attesa che mi
spiegasse cosa voleva dire.
Rose
indicò l'inizio del
tavolo, dove vi era un mucchio di pacchi e pacchetti colorati.
«Sembra
che qualcuno abbia
ricevuto dei regali» spiegò la rossa.
«Per
chi sono?» chiesi,
sebbene mi fosse balenato un dubbio e sperassi di essermi sbagliato.
«Per
te» rispose ed io ebbi
la conferma delle mie paure. Cosa avevano combinato i miei genitori? Mi
diressi
con passo malfermo verso la catasta di scatole. In nome di Merlino
supremo, cosa
diavolo gli era venuto in mente?
A
vedere quei colori mi era
venuto in mente che giorno fosse: il mio compleanno. Il venti novembre
era il
giorno del mio compleanno. Questo era il metodo migliore per farmi
scoprire.
«Quale
è l'occasione?» chiese
Lily guardando i pacchi con velato desiderio.
«Sono
curiosa di vedere
quello che c'è dentro» rincarò Rose
accanto a me.
Una
terza voce si unì al
coro, ma non era quella di Albus come avrei creduto.
«Perché tutti questi
regali? I Malfoy si sono confusi con tuo cugino?». Blaike
continuò a camminare
sino ad arrivare ai miei pacchetti e cominciò a spostarli,
soppesarli e leggere
i mittenti. «Allora?»
«Lascia
stare. Non sono
regali tuoi» intervenne Rose togliendo un pacchettino azzurro
dalle mani
curiose di Zabini.
«Ma
io non li volevo. Mi
stavo solo chiedendo perché Astoria Malfoy manda tutti
questi pacchi regalo a
Shaula, quando oggi è il compleanno di Scorpius. Dubito che
si sia dimenticata
che Scorp non è qui» terminò
incrociando le braccia sul petto e aspettando una
mia risposta.
«Io
compio gli anni tra due
giorni e abbiamo sempre festeggiato insieme» risposi di getto.
Lui
mi guardò scettico, prima
di voltarsi e tornare al suo tavolo. Non lo avevo convinto ma non
sapevo
proprio cosa fare di meglio.
«Rose,
Albus, aiutatemi a
portare queste scatole in sala comune» proposi ai miei
compagni.
In
pochi istanti stavamo
trasportando il tutto verso la torre di Grifondoro. Stavo mentalmente
maledicendo i miei genitori. Cosa pensavano quando mi spedivano i
regali,
non credevano che
gli altri studenti
potevano collegare le date e chiedersi che fine avesse fatto Scorpius?
Era come
mettermi una freccia al neon sulla testa!
Cominciai
ad aprire il pacco
più grosso e ne uscì una grande torta pronta per
essere azzannata dai miei compagni
di casa. Zuccotti di zucca, api frizzole, caramelle tutti gusti,
c’era di
tutto. In pratica la colazione si era spostata in sala comune.
Tutti
i Grifoni fecero onore
alle scorte inviate dai Malfoy e mi fecero gli auguri per il compleanno.
«Sei
la più grande di noi»
fece notare Rose. «Io compio gli anni a marzo. Tu sei
vecchia» disse scoppiando
a ridere.
Sorrisi
anche io «Più
rispetto agli anziani, bambina! Hai solo diciassette anni! Io ne compio
diciotto!».
«Un
abiffo di fita ed
espefienfe» commentò Albus a bocca piena.
«Anche
io vorrei avere
diciassette anni» disse Alice mentre prendeva uno zuccotto.
«No.
Goditi i G.U.F.O. prima,
altrimenti ti perdi tutto il divertimento» risposi sadico
tanto per distrarre
dall’attenzione su Albus che stava boccheggiando
completamente rapito dalla
ragazzina.
La
mia festa estemporanea
continuò per una buona mezz’ora prima che la
nostra Caposcuola si accorgesse
che stavano per iniziare le lezioni.
Stavo
per ritirare quello che
era rimasto dei pacchi, dove avevo trovato libri rari sul quiddich, un
nuovo
set per il pozionista avanzato, un cofanetto intagliato per riporre
oggetti,
maglioni e anche un paio di abiti femminili (tanto per non farmi
dimenticare
che ero Shaula e non Scorpius).
Tra
le scatole ne trovai una
piccolina azzurro polvere, dall’aria molto antica. Lo aprii
incuriosito e
trovai una pergamena ripiegata più volte, che copriva un
anello prezioso, che
avevo visto qualche volta al dito di mio padre, in occasioni molto
importanti.
Probabilmente era un cimelio di famiglia.
Lo
smeraldo e i diamanti
brillarono mentre mi avvicinavo a una delle finestre per leggere il
biglietto
che accompagnava il regalo.
Era
di mio padre.
Sull’esterno recava la scritta ‘Leggere in
privato’
Visto
che attorno a me non
c’era nessuno, iniziai la lettura.
Caro Scorpius,
se leggi questo messaggio vuol dire
che hai trovato
l’anello dei Malfoy, il simbolo della nostra casata e il
legame con la nostra
magia. È un anello che si perde nella notte dei tempi, pieno
di ammaccature ma
anche di vite passate, un legame forte, un contratto magico.
È prezioso per
tutti noi.
Questo è il regalo che
mio padre fece a me per i miei
M.A.G.O. e che suo padre fece a lui e così nei tempi. Io ho
deciso di fartene
dono adesso, perché nessuno è stato
più degno di te nel portarlo. Non è un
premio per un diploma. È il tuo essere uomo e nessuno
è più uomo di te.
Io sono orgoglioso di essere tuo
padre.
Combatti per la tua vita.
Ti siamo vicini
Mamma e Papà.
Non
mi aspettavo queste
parole e mi sorpresi a versare alcune lacrime su quel foglietto scritto
con il
cuore da un uomo che avevo sempre reputato freddo. Sorrisi e riposi
tutto.
Avrei tenuto quel cimelio con tutta la cura possibile,
perché significava
davvero tanto per i miei famigliari e per me stesso.
Era
tardi, era ora di correre
a lezione.
---ooOoo---
Angolino
mio:
commossi?
Io sì. Volevo far sentire Draco vicino al figlio con un
simbolo e facendogli
sapere di essere orgoglioso di lui. In fin dei conti ci vuole coraggio
per
andare in giro in quello stato. (per questo che è finito a
Grifondoro).
Ricordate questo anello, servirà alla fine della storia.
Adesso
siamo arrivati dove volevo! Nel prossimo capitolo faremo un salto
temporale e
in men che non si dica ci troveremo sul treno verso casa per le vacanze
di Natale.
Non
perdetevelo, è fondamentale! È tutto quello che
stavate aspettando.
Volevo
informarvi che in internet c’è davvero di tutto
(ho scoperto l’acqua calda)
compresa una descrizione dettagliata del castello di Hogwarts con le
aule
situate ai vari piani. È quello di Harry Potter wikia ed io
utilizzo le sue
dislocazioni, quindi quando mi riferisco alla infermeria al primo piano
o la
biblioteca al terzo è perché sono lì
che vengono indicate. Cerco sempre di fare
ricerche per essere il più accurata possibile. Tendo a
essere una purista
indefessa.
Ringrazio
tutti per le recensioni e le idee che mi passate. Vi sfido! So che non
si
dovrebbe fare e in generale non mi piace, ma sono andata avanti tanto,
sto
cominciando a scrivere il capitolo 15 e in questo modo non riesco a far
entrare
i suggerimenti che mi passate e mi sembra di perdere delle occasioni
per
rendere la storia più bella. Quindi vi sfido: lasciatemi
almeno 8 recensioni (non
sono ingorda) e io vi posto il prossimo capitolo prima. Aiutatemi e
aiutatevi.
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 14 *** Sì, è vero sono io ***
Capitolo
14, fondamentale!
Dopo
i doverosi ringraziamenti per leggere, recensire, inserire nelle liste,
a
Elenri per i banner, vi auguro buona lettura!
---ooOoo---
La
neve aveva imbiancato
tutta la scuola, i giardini, il campo da quiddich e la foresta
proibita. Anche
la prima gita a Hogsmeade era stata annullata a causa della eccezionale
nevicata che era arrivata improvvisa i primi giorni di dicembre.
Le
lezioni erano sempre più
intense. Avevamo anche cominciato a creare un Incanto Patronus, non che
fosse
obbligatorio ma alzava i crediti ai M.A.G.O. e poteva essere utile
anche per
comunicare.
Eravamo
destinati all'aula 1C accanto alla sala
dei duelli
al primo piano.
Il
professor V. Chan ci
spiegò l'esatto modo per evocare un patronus corporeo e,
concentrandoci e
urlando 'Expecto Patronum'. Trovare un ricordo oltremodo felice era
già più
difficile, convogliarlo e usarlo per creare un Patronus corporeo era
quasi
impossibile.
Il
professore aveva
intenzione di dedicare una settimana a questa prova, prima di dedicarsi
al
resto del programma.
Ovviamente,
di tutti gli
studenti, Rose Weasley e Albus Potter furono i primi a generare un
Patronus
corporeo. Albus, più che ammirazione, generò
risate, quando, dalla sua
bacchetta prese forma un orso. Non un grizzly temibile, ma una specie
di panda,
tenero, dolce e coccoloso.
«Quello
dovrebbe disperdere
dei dissennatori? Sei sicuro che ti proteggerà?»
chiese Tyson ridendo.
«Ragazzi,
provate a imitare
il signor Potter, non a prenderlo in giro. Lui è riuscito a
produrre un
Patronus, voi no» ci ricordò il professore.
«Congratulazioni, signor Potter. Ma
certo non potevo aspettarmi niente di meno dal figlio di Harry Potter.
Lui ha
prodotto un perfetto Patronus a quattordici anni» lo
lodò, senza notare lo
sbuffo che fece il mio amico al sentirsi paragonare al padre.
Probabilmente gli
capitava molto più spesso di quanto immaginassi e non sempre
era una cosa che
faceva piacere. Lo sapevo per esperienza visto quello che dicevano a me
per mio
padre e mio nonno.
Rose,
invece, aveva prodotto
un Patronus un po' inquietante. Sulle prime nessuno aveva capito cosa
fosse,
poi, guardandolo meglio, capii che era uno scorpione. Un grosso
scorpione con
forti tenaglie.
«Bravissima,
signorina
Weasley. Forza ragazzi, provate ancora. Abbiamo a disposizione ancora
mezz'ora
prima del pranzo».
Nonostante
gli sforzi, non mi
riuscì di fare nulla, se non un leggero filo di fumo dalla
punta della
bacchetta. Non ero proprio un insieme di pensieri felici in quel
periodo. Ero
molto frustrato. Nonostante fossero più di due mesi che
cercavo nel libri del
reparto proibito e con l'aiuto di Rose e Albus, non avevamo raggiunto
alcun
risultato. Niente informazioni nuove rispetto a quanto avevo
già scoperto e
nessuna notizia da parte degli Auror.
La
neve non accennava a
smettere e ormai arrivava a coprire metà delle finestre del
piano terreno. Il
gelo serrava il castello di Hogwarts come una morsa. Nonostante
l'impianto di
aria calda a ricircolo magico, non si riusciva a scaldare tutto e gli
studenti
stavano bene solo nelle sale comuni o nella sala grande dove si
consumavano i
pasti.
Era
quasi metà mese quando la
professoressa Ballioi decise di ampliare le lezioni di babbanologia con
esempi
pratici di attività extra, in modo che sfogassimo l'energia
in eccesso che non
potevamo usare all'esterno del castello.
«Ragazzi,
ho pensato che sia
il momento di insegnarvi cosa fanno i babbani nel tempo libero. Nei
tempi
moderni c'è una grande cura del corpo e i babbani vanno in
luoghi che loro
chiamano palestre, per muoversi, scaricarsi e dimagrire»
annunciò,
accompagnandoci in una delle aule accanto. Quando aprì la
porta, ci trovammo
davanti a un enorme stanzone pieno di attrezzi che conoscevo molto bene
e con
un grosso spazio sul fondo. Da un lato c'erano ampie finestre che
mostravano il
tempo uggioso e la neve che scendeva copiosa.
«I
ragazzi potranno usare
questi attrezzi. Servono per sviluppare i muscoli. Questi oggetti
servono per
camminare e correre» continuava a spiegare. Un assistente che
avevo già visto
nell'ufficio del preside, stava mostrando visivamente come fare
l'esercizio.
«Perché
dovremmo camminare o
correre? Abbiamo le scope per volare oppure ci possiamo
smaterializzare. Perché
faticare?» chiese una voce alle mie spalle. In effetti era la
stessa domanda
che mi ero posto anche io tempo prima, quando avevo iniziato a usare
questi
strumenti. Poi avevo iniziato ad apprezzare e da lì non
avevo più smesso e il
mio fisico ne aveva risentito positivamente, diventando più
tonico e muscoloso.
«I
ragazzi e le ragazze
potranno trasfigurare i vestiti per avere un abbigliamento
più simile a questi
disegni» disse la prof. e ci mostrò canottiere e
pantaloncini, top corti e
leggins, con fasce per capelli colorate e calzettoni con i buchi in
fondo per
far uscire i piedi, per svolgere adeguatamente la lezione.
Tutti
quanti ci mettemmo a
trasfigurare gli abiti e io mi ritrovai vestita con due toppini di
colore verde
acido e arancione fluo e un paio di pantaloni aderenti leopardati in
tonalità
gialle e marroni, che lasciavano scoperto l'ombelico, sempre che si
fosse
capito dove era nascosto.
La
professoressa lasciò i
ragazzi alle prese con i bilancieri, che io stavo occhieggiando con
desiderio e
nostalgia, e condusse 'noi' ragazze nello spiazzo libero dove erano
disposti
dei tappetini.
«Noi
faremo una lezione di
pilates» annunciò sprizzando gioia da tutti i pori.
Cosa
c'era di divertente nel
fare le contorsioni dovevano spiegarmelo. Io già le facevo
quando mi infilavo i
reggiseni, era necessario anche adesso?
«Prima
due minuti di corsa
per il riscaldamento» e cominciò a saltellare sul
bordo dello spiazzo girando
attorno, tenendo i gomiti alzati e le gambe flesse. Cercando di
imitarla mi
sentivo come in balia del mare, con il grasso che mi saliva su e poi
scendeva giù.
Ripeto, era proprio necessario?
«Coricatevi
e piegate il
ginocchio» mostrandoci come, manovrando le gambe di Daisy.
Ero sicuro che da
qualche parte là sotto ci fosse anche il mio di ginocchio.
Ne avevo sentito
parlare tempo addietro. L'avevo pure visto! Ma adesso sembrava sparito
all'interno della pinguedine che mi avvolgeva come una coperta. Dopo
vari
esercizi, comparvero delle piccole panchette e ci fecero salire e
scendere a
tempo di musica dei MusicFire. I miei pori piangevano dallo sforzo.
Secondo me
stavano affogando con tutto il sudore che producevo! Accanto, Rose
stava
ridendo e si stava divertendo. Ma come faceva? Io ero sull'orlo di un
collasso!
Sbuffavo come una locomotiva, sentivo il cuore battere sordo e le
orecchie
fischiare.
«Shaula,
forza cara, ancora
una serie» incitò l'insegnante.
«Forza,
Shaula» scimmiottò
Meredith mentre saltellava agilmente. «Pensa a Goyle, quanto
vorrebbe vederti
conciata così… sexy».
«Per
oggi basta!» annunciò
una voce lontana. Un istante dopo ero stramazzato a terra. Qualcuno di
caritatevole mi passò una bottiglietta d'acqua, ma
onestamente avrei preferito
una doccia.
Ancora
il giorno dopo avevo
dolore in posti impensabili, dove non sapevo neanche di avere dei
muscoli.
Anche il mio amichetto del sud era traumatizzato, si era addirittura
rifiutato
di fare l’alza bandiera del mattino. Avevo paura si fosse
rotto.
Ormai
era l'ultimo giorno di
scuola prima delle feste natalizie. Dopo una notte sui libri senza aver
trovato
niente di utile per la nostra ricerca, ci trovammo tutti e tre al
tavolo dei
Grifondoro per la colazione.
«L'ultimo
giorno di scuola.
Non ce la facevo più con questo ritmo. Ho bisogno di una
settimana di sonno
altrimenti non ce la farò ad arrivare vivo a
giugno» commentò Albus,
regalandoci una panoramica completa alle sue tonsille mentre
sbadigliava.
«Hai
ragione, ma mi fa rabbia
non approfittare di questi giorni per continuare le ricerche nel
reparto
proibito. Abbiamo già consultato quasi metà dei
volumi» disse Rose.
«Grazie
a te, siamo anche
riusciti a consultare quasi la metà di tutto ciò
che è presente la dentro»
replicai addentando un panino al burro.
«E
quando sei stato quasi
azzannato da quella figura di mandrillo?»
ridacchiò Albus allegro.
«Shaula,
davvero non puoi
fermarti?» chiese ancora Rose. Negai scuotendo la testa. Mia
madre mi stava
aspettando con ansia, non avrei potuto deluderla.
«Verrai
a trovarci alla tana?
Il Natale è davvero una festa splendida, ci troviamo tutti
nella vecchia casa
dei nonni e noi ragazzi andiamo a dormire nella tenda di nonno Arthur
in
giardino. È come fare campeggio». Albus era
entusiasta e stava contagiando
anche me. Sarebbe stato possibile fare una visita?
«State
assieme per tutta la
durata delle feste?» chiesi incuriosito.
«Sì,
ci trasferiamo tutti lì,
anche chi va al lavoro torna dai nonni» rispose Rose.
Magari
sarei riuscito a
passare qualche giorno con i miei nuovi amici. Gli anni passati andavo
sempre a
Zabini Manor dopo Natale per passare gli ultimi giorni di festa con i
compagni
di casa, ma quest'anno sarebbe stato impossibile. La tribù
Weasley sarebbe
stato un buon compromesso.
«Questa
notte niente uscite
dalle coperte, dobbiamo preparare i bauli e dormire per
domani» ordinò Rose,
alzandosi per andare a lezione di Aritmanzia avanzata e ci
salutò masticando l'ultimo
pezzo di muffin.
Quel
giorno avevamo tutti
lezioni diverse e ci trovammo insieme solo a cena, troppo stanchi anche
per
fare conversazione. Il mattino dopo salimmo sul treno per Londra
scovando uno
scompartimento tutto per noi. A scuola non era rimasto praticamente
nessuno
mentre il treno era pieno.
«Hai
qualche cioccorana? Ho
voglia di uno spuntino» chiese Albus dopo aver finito una
manciata di api
frizzole.
«Sei
un pozzo senza fondo! Se
continui così ingrasserai e Alice non ti vorrà
più» lo ammonì Rose, passandogli
il pacchettino.
«Non
è proprio così. Se ad
Alice piace, piacerà anche se diventerà una
botte!» ridacchiai e Albus mi batté
un cinque a mano aperta come mi aveva abituato in quei mesi.
«Grazie,
amico» esclamò
lasciandomi interdetto. Non era la prima volta che si rivolgeva a me al
maschile e non riuscivo a capire se fosse solo un lapsus o se sapesse
qualche
cosa in più. Come al solito non mi soffermai e ridendo
passai oltre. Dopo
qualche minuto Albus si alzò e cominciò a
sfilarsi la divisa.
«Dobbiamo
cambiarci. Non ho
intenzione di arrivare a casa con questi pantaloni grigi»
disse. «Non sono i
miei colori, non mi fanno più bello».
Risi
allegro e lo imitai,
dimenticando di essere una ragazza. A volte ci capitava di essere
così naturali
da non ricordare esattamente i nostri ruoli. Certo non sarei rimasto in
mutande
davanti a loro, non lo facevo mai! Inaspettatamente fu Rose ad
arrossire e a
mettersi le mani sulla faccia «Ti prego, no!».
Cosa
stava succedendo? Albus
non si faceva scrupoli di comportarsi come un ragazzo anche sboccato, e
Rose
era sempre in imbarazzo, non potevo più sfiorarla e se ci
capitava di
abbracciarci per una piccola conquista fatta nella nostra ricerca, lei
diventava di brace, balbettava e si allontanava subito. Stava
succedendo
qualche cosa e non sapevo cosa.
«Volete
spiegarvi? Cosa c'è
che non va?» chiesi piccato. Ero davvero irritato per il
questo comportamento.
«Beh,
ecco. Non è corretto
che tu ti cambi qui... cioè, dovremmo andare nel bagno... ma
c'è la fila...
esco io» disse Rose balbettando.
«Non
è questo. Io ho
l'aspetto di una ragazza, come te. Perché sei
così imbarazzata? Non ti
importava quando ci siamo conosciute... E tu, Albus, ti comporti come
se fossi
un tuo compagno di dormitorio. Volete spiegarmi cosa succede?»
I
cugini si guardarono, poi
Rose sospirò e annuì.
«Io
so che tu sei...
Scorpius...» disse.
«Sei
Malfoy» aggiunse in
contemporanea Albus.
Sbiancai.
«Come... come lo
avete capito?»
«Quando
mi hai confessato che
non eri incinta» disse Rose.
Albus
scoppiò in una risata
tonante. «Credevi che fosse incinta?».
Continuò a ridere per un bel pezzo,
trascinando anche noi nella sua ilarità. In effetti era
parecchio comica la
situazione.
«Avevo
qualche sospetto,
Shaula e Girtab sono stelle luminose della costellazione dello
scorpione e
lasciava la tavoletta alzata nel bagno, camminava a gambe larghe e poi
devi
sentire come geme la notte mentre si agita con... con quel...
coso» disse tutta
rossa, indicando vagamente qualche cosa sulle mie cosce.
Potter
sgranò gli occhi.
«Scorpius! Vuoi dirmi che ti masturbi nel
dormitorio?».
«Provaci
tu a guardare quelle
che ti passano davanti. Sai che Anne e Meredith vanno a dormire
praticamente
nude?» mi giustificai.
«Come
ti capisco! A me capita
di vedere solo Thomas e Nicholas. Dovresti vedere come è
peloso Edward. Non è
decisamente la stessa cosa!».
«Siete
due porci!» ci accusò
Rose.
La
ragazza era stata
decisamente intelligente a capire tutto. Ecco perché non mi
aveva fatto altre
domande.
«E
tu? Come sei riuscito a
scoprirmi?».
«Beh,
molto semplice. La
mappa del malandrino di mio nonno mostra tutti quelli che sono presenti
a
Hogwarts. Non c'è mai stato il cartiglio di Shaula ma
accanto a noi c'era
sempre Scorpius Malfoy. Tu hai detto che hai subito una trasformazione
ed io ho
pensato che ti avessero cambiato così. Mio padre mi ha
spiegato che la mappa
non sbaglia e anche con altre sembianze, la pergamena ti fa vedere chi
si è
realmente». Terminò facendo spallucce come se non
fosse merito suo aver capito.
«E
in tutto questo tempo non
mi avete detto niente?».
«Se
volevi che lo sapessimo
ce lo avresti detto» rispose Albus.
«Credevo
che non volessi
essere messo in ulteriore imbarazzo. Deve essere stato pesante per te,
tornare…
così» aggiunse Rose.
«Non
avete idea. Tutta questa
cosa, io a Grifondoro è stato uno shock, poi il trucco e i
miei amici che mi
prendono in giro» mi lamentai.
«O
che ti vogliono palpare»
ridacchiò Potter ricordando Goyle al ballo.
«Il
bacio!» rise Rose e a me
vennero conati di vomito. Che ricordo disgustoso.
«Quindi
io sono salvo!» disse
ad un tratto Albus. Noi lo guardammo interrogativi e lui ci
spiegò come se
avesse a che fare con bambini piccoli.
«E’
chiaro che lui è Scorpius
ed è un ragazzo. Non può innamorarsi di un
ragazzo come me, quindi, per
sconfiggere la maledizione dovremo trovargli una ragazza».
«C’è
solo un piccolo
problema: io ho l’aspetto di una ragazza, non posso
presentarmi dicendo “Ciao
io sono Scorpius”. Mi prenderebbero per matto».
«Probabile.
Ma se non ho
capito male hai gli attributi giusti».
«Di
sicuro! Dovresti vedere
al mattino come si alza la coperta!» esclamò Rose
per poi tapparsi la bocca con
le mani e spalancando gli occhi, diventando rossa quanto i capelli.
«Rose!
Piccola porcellina!
Cosa direbbe tuo padre se sapesse quello che guardi con tanto
interesse?» la
prese in giro Albus mentre io, dopo un secondo di
perplessità, mi mettevo a
ridere a più non posso. E così la rossa mi
guardava? Interessante…
«Tutto
sapere accademico»
borbottò irritata.
Il
viaggio in treno proseguì
allegramente, con il racconto delle mie avventure
dall’estetista. Sarebbero
rimaste nei miei ricordi per sempre.
«E
così non ti hanno dato la
pozione antidolore?» chiese Albus inorridito.
«No»
risposi sorridendo.
«Amico,
sei il ragazzo più
coraggioso che conosca. Una volta Lily ha provato a usare una striscia
strappa
peli su di me. Ho urlato che mi ha sentito nonno Arthur a distanza di
dieci
chilometri. Un dolore immenso. Chissà perché le
ragazze si sottopongono a
questa tortura».
«Non
credo che ti piacerebbe
carezzare le gambe di una ragazza pelosa» rispose Rose.
«Vuoi
dire che soffrite così
per noi?» chiesi malizioso. Adesso che erano cadute le
barriere e sapevano chi
ero, si era scatenato anche il mio naturale spirito di cacciatore di
ragazze.
Era più forte di me, dovevo affascinare chiunque avesse il
cromosoma X.
«Illuso.
Lo facciamo per noi
stesse, perché ci piace sentirci bene e in ordine. Non ti
illudere e non mi
sorridere in quel modo, che non ti riesce neanche bene»
puntualizzò la rossa.
«E’
vero, Scorpius. Sei un
po’ inquietante se ti comporti da sciupa femmine».
«Vuoi
uno specchio? Sei una
ragazza! Devi affascinare con il tuo cervello e i tuoi sentimenti, non
con il
tuo aspetto!». Rose infieriva duro quando era irritata.
«Anche
perché l’aspetto non
ce l’hai» rincarò la dose Albus.
«E
voi siete incoraggianti
come una lezione di Ruf» sbuffai. Ma avevano ragione. E poi,
Rose era una
amica, non una possibile scaldaletto.
All’improvviso
udimmo una
forte detonazione nel corridoio del treno e ci precipitammo fuori.
Dal
fumo nero emersero i visi
sporchi di Lily, Roxanne e Hugo mentre ridevano a crepapelle.
«Cosa
succede?» chiese Rose
in modalità Caposcuola.
«Niente.
Solo che abbiamo
sentito le serpi organizzare uno scherzo a Shaula e abbiamo pensato che
non
potevamo permettere che un Grifondoro subisse un attentato»
spiegò Roxy
sorridendo.
«Cosa
avete combinato?».
«Solo
una piccola detonazione
con polvere istantanea di sogni svegli. Dormiranno per almeno
mezz’ora, poi si
troveranno tutti coperti di penne arancioni… sai, sogneranno
papere» rise Lily
ancora più forte.
Scoppiai
a ridere anche io,
immaginando i miei amici coperti di piume.
Fissai
i Weasley che mi
salutavano e andavano a nascondersi prima di essere presi dai
sorveglianti. Era
bello sentirsi parte di un gruppo così affiatato. Avevano
fatto quello scherzo
per proteggermi e io non avevo fatto niente per loro, se non prendere
la loro
amicizia. Non avevo dovuto pagare o elargire favori, non avevo dovuto
essere un
Malfoy, ma solo io, in tutta la mia imperfezione.
Quando
arrivammo alla
stazione, vidi i miei genitori non appena scendemmo dal treno. Erano
accanto ai
Potter e stavano fissando ansiosi dalla mia parte. Poi mia madre si
aprì in un
sorriso sollevato e mi corse incontro.
«Scorpius,
quanto sono felice
di vederti sano e salvo. Avevo così paura»
sussurrò sottovoce contro la mia
gola.
«Mamma»
mormorai
stringendola. Non mi ero reso conto di quanto amassi quella donna pazza
e
stralunata, sino a quel momento.
Anche
mio padre si era
avvicinato. Non mi abbracciò ma aveva gli occhi lucidi di
chi è commosso.
«Padre»
sillabai in silenzio.
Lui annuì e, come se si rendesse conto solo in quel momento
della presenza
delle altre persone, si voltò verso Harry Potter che era
venuto a prendere
Albus e Lily.
«Ci
vediamo in questi giorni,
per quella faccenda».
«Malfoy,
visto che Shaula è
compagna di Albus e Rose, che ne diresti di permetterle di passare
qualche
giorno a casa Weasley? Sempre che non sia troppo informale»
propose l’eroe del
mondo magico, come se avesse ascoltato le nostre conversazioni sul
treno. Come
poteva sapere? Forse era davvero un grandissimo mago.
«Vedremo,
se le farà piacere,
verrà» promise mio padre.
Sorrisi
a Rose e mi
avvicinai. «Ti saluto e ti auguro buon Natale. Posso
abbracciarti?» e lei fece
un piccolo cenno di assenso diventando rossa mentre io la avvolgevo e
la
inglobavo nelle mie pieghe di lardo.
«Lasciala
respirare che la
soffochi!» strillò una voce maschile e una mano mi
tirò indietro rivelando la
faccia irritata di Ron Weasley come proprietario dell’arto
che mi aveva
afferrato.
«Ciao,
Shaula» dissero Albus
e suo padre scuotendo la testa di fronte alla reazione del padre di
Rose.
Ci
allontanammo ognuno verso
le proprie vetture. Sentivo la tribù dietro le mie spalle.
«Allora,
cosa avete combinato
sul treno per essere così sporchi?». Harry Potter
con tono rassegnato, indagava
sulle ultime malefatte dei soggetti più vivaci.
«Niente,
solo un ricordo…»
rispose Lily correndo via.
Un
ululato proveniente dalla
coda del treno zittì tutti i maghi presenti sulla banchina
del binario «Potter!
Questa me la paghi!». Una deliziosa Delphina Budstrong e un
colorato Tyson
Rockwood agitavano i pugni in aria e si staccavano penne arancioni
dalla
faccia. La scena era davvero comica e non riuscimmo ad evitare le
risate, anche
se era poco carino ridere alle spalle delle persone… ma
tanto io lo subivo
sempre, un po’ di vendetta era fortificante.
«Ciao,
Topolona!» accanto a
me passò Goyle accompagnato dalla madre.
Io
sobbalzai mentre la mia
adorabile mamma, squittiva felice: «Hai fatto conquiste! Oh,
cara, lo sapevo
che con il tuo charme e la tua avvenenza avresti trovato il
ragazzo!».
Primo.
Charme? Avvenenza? Ma
aveva bisogno degli occhiali?
Secondo.
Trovare un ragazzo?
Ma si era bevuto tutta la raccolta di whiskey incendiario stravecchio
barricato
di nonno Lucius?
«Per
favore, non farmi
vomitare» l’ammonii.
«Il
solo pensiero farebbe
vomitare anche me, figliolo» rincarò mio padre.
«Cosa
credi? Di poter
comandare tuo figlio anche su questo? Se il suo cuore si è
aperto all’amore per
quel delizioso ragazzo, tu non devi permetterti di
interferire!» scattò subito
la mamma.
«Io
non voglio interferire e
se Scorpius volesse Theo, lo appoggerei indipendentemente da tutto. Ma
lui non
ama Goyle. Non lo hai visto con…» e qui si
bloccò imbarazzato.
«Con
chi?» chiesi perplesso,
poi mi venne in mente. «Non ti riferirai a Rose, vero?
È solo una amica!
Caspita, non devo obbligatoriamente farmi tutte quelle che respirano la
mia
stessa aria!».
Mia
madre mi guardò
spalancando gli occhi e mio padre ebbe il buon gusto di apparire
mortificato.
Per Merlino eunuco! L’avevo solo abbracciata e lei era
arrossita come le
capitava sempre ultimamente. Ma era solo perché io dovevo
comportarmi da donna
e lei sapeva che ero un maschio. Chiunque ci avesse visto di
più non sarebbe
stato normale.
«Andiamo
a casa» esortò
allora mio padre e salimmo sul magitaxi per il ritorno rifacendo per
l’ennesima
volta il nostro solito rito di prendere quella vettura e lamentarci
della
scomodità del viaggio, ripromettendoci di non rifare
più un errore del genere.
Erano piccole cose che mi facevano sentire normale.
I
giorni a Malfoy Manor,
passarono velocemente e arrivò la vigilia di Natale.
Forse
era il giorno che più
trovavo stressante. Dover passare la serata insieme a tutta la
cosiddetta
nobiltà dei maghi. I purosangue. Vecchi bacucchi stoccafissi
che sedevano
rigidi sugli scranni come se fossero reali invece che semplici infelici
a
sognare un mondo che non sarà mai.
La
cosa peggiore di tutte era
che tra gli invitati mi sarei trovato davanti Blaike. Era l'unico
ragazzo della
mia età presente. Normalmente il giorno dopo partivo per
Zabini Manor a passare
il resto delle vacanze con i nostri amici mentre i suoi genitori
andavano in
Francia dalla sorella maggiore che si era sposata con un comte
français che abitava in un
castello della Provenza.
Erano i giorni di vacanza che preferivo. Una festa
continua con Blaike,
Tyson, Nigel, Theo, Delphina, Cassandra, Claire e Lucinda. In quei
momenti ero
felice ed adesso mi sentivo come se quelle sensazioni fossero lontane
anni luce
da me.
«Buonasera,
Shaula, buon
Natale». La voce di Blaike mi fece sobbalzare, nonostante
aspettassi il suo
arrivo, mi sorprese lo stesso.
«Ciao,
Blaike» risposi.
«Dov'è
Scorpius? Credevo che
fosse qui ad aspettarmi. Sono ansioso di sapere come si è
trovato negli Emirati
Arabi» disse lui appoggiandosi al camino dal quale era uscito.
«Non
è a casa» risposi «E'
rimasto là perché... perché ha trovato
una ragazza». Sperai che la mia scusa
fosse accolta senza ulteriori parole.
«Non
ci credo» si limitò a
rispondere «Scorpius può trovare qui tutte le
donne che vuole. Non è rimasto
negli Emirati per questo. C'è qualche cosa sotto e io
scoprirò cosa. Avevo già
deciso che me ne sarei andato se non ci fosse stato Scorp. Non
resterò qui
oltre, salutami i signori Malfoy e noi ci rivediamo a scuola. Spero che
per
allora tu saprai darmi delle risposte più
coerenti». Ritornò nel camino e
scomparve in una fiammata verde.
Non
mi piaceva come ero
costretto ad agire nei confronti di quello che era ancora il mio
migliore
amico. Avevamo passato insieme tanti bei momenti ed essere costretto a
tenerlo
a distanza in questo modo era davvero brutto. Il non riuscire a trovare
una
soluzione che non comportasse raccontare la verità e
metterlo in pericolo
sembrava impossibile.
«Non
te la prendere, quanto
tutto sarà finito, lui capirà e tornerete
amici» disse mio padre battendo sulla
spalla. Le sue parole non mi erano di consolazione ma le accettai e
annuii.
Il
resto della serata fu la
più tetra e noiosa che memoria d'uomo potesse ricordare e
solo il sollievo
della sua fine fu la consolazione di un essere sopravvissuto.
Mia
madre fece del suo meglio
per farmi sentire a mio agio, ma oramai non ne ero più in
grado. Frequentando
persone con stili molto diversi dal mio, mi ero adeguato e onestamente
i
rapporti più schietti e meno artefatti mi piacevano di
più. Riconobbi,
comunque, che i miei genitori avevano una intelligenza superiore, o una
ottima
connessione con i miei pensieri, visto quel che mi dissero subito prima
di
andare a dormire.
«I
tuoi bauli sono pronti e i
signori Weasley sono stati avvisati. Potrai andare da loro per il resto
delle
tue vacanze».
«Sappiamo
che non ti diverti
qui a casa e non vogliamo obbligarti. Così potrai parlare
con gli Auror ed
essere aggiornato sugli sviluppi del caso» aggiunse mio padre.
«Scorpius,
ti vogliamo bene»
terminò mia madre con un bacio. Mio padre la
seguì dopo avermi salutato ed io
andai a dormire.
---ooOoo---
Angolino
mio:
sono
arrivata alla fine del capitolo più importante: la
confessione al trio. Blaike
cerca ancora Scorpius ma lui non c'è. Ho la sensazione che
Zabini non si darà
per vinto.
Rose
sapeva già tutto, per questo non aveva insistito sul segreto
di Shaula. Albus
invece aveva capito tramite la mappa del malandrino. Per vie traverse i
ragazzi
erano arrivati alla stessa soluzione.
E
ora Shaula/Scorpius si troverà nel bel mezzo della famiglia
Weasley, ma vi
avviso già che ci sarà una sorpresa.
Non
mi sono dilungata molto sui Malfoy perché mi sarei ridotta a
ribadire le pazzie
fuori di testa di Astoria e direi che la battuta su Goyle fosse
più che
sufficiente.
Ringrazio
per i suggerimenti che mi passate, ma queste scene erano già
tracciate in
questo modo, quindi, anche se non sono quelle che speravate, spero che
vi
piacciano lo stesso.
Grazie
per l'attenzione e alla prossima
baciotti
|
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Capitolo 15 *** Gli occhiali degli Auror ***
eccoci
di nuovo qui!
Grazie
per aver letto, commentato, inserito nelle liste e apprezzato questa
storia.
Grazie a Elenri per i suoi favolosi banner e... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Passai
ancora il giorno di
Natale con i miei genitori, aprendo i regali e ringraziando per quanto
ricevuto. Anche quell'anno erano stati molto generosi ma io avevo ben
altro per
la testa e anche loro. La mia vita era in pericolo e ne avevo la netta
sensazione adesso che ero a casa. Mi pareva che a Hogwarts il problema
fosse
lontano, ma qui, tra queste mura, nel silenzio della casa, sentivo che
la vita
mi stava sfuggendo e mi si mozzava il fiato. Era panico. Paura di
morire. Tutti
devono morire, è una cosa che si sa da quando si nasce, ma
è un evento talmente
lontano e inconsistente che sembra destinato sempre ad altri e mai a
te. E così
vivi. Invece io mi trovavo ad avere una scadenza e ogni giorno mi
avvicinava a
quello. Era terribile. Dovevo distrarmi e quando mi preparai per andare
alla
tana Weasley era anche per fuggire al panico che mi attanagliava il
cuore. Se
non altro ci sarebbero stati una marea di teste rosse a rallegrarmi.
Io
e mio padre ci
smaterializzammo nello spazio adiacente alla casa, e da lì
ci avvicinammo a
suonare il campanello. Guardando la costruzione mi trovai a spalancare
la bocca
allibito. Era una delle case più strane che avessi mai
visto, con pezzi
aggiunti in epoche diverse che pareva un miracolo non fosse
già crollata. Quella
era la manifestazione pubblica della magia. Chissà cosa
vedevano i babbani che
passavano da quelle parti.
Suonai
il campanello e sentii
un rumore drammatico all'interno della casa. Rumore di pentole, mobili,
sedie
strisciate, strilli e tonfi. Io e mio padre ci guardammo increduli e
aspettammo
pazientemente mentre i minuti scorrevano. Avevo quasi perso le speranze
ed ecco
che la porta si aprì e una donna vagamente famigliare mi
sorrise calorosa per
poi gelarsi non appena girò il viso verso mio padre.
«Malfoy!
Quale onore vederti
a casa Weasley. Un tempo non ti saresti mai sognato di suonare questo
campanello» commentò ironica.
«Le
cose cambiano, come sai
bene, Granger... ops, Weasley. Non mi abituerò mai
nonostante tutti questi
anni» salutò di rimando mio padre.
«Entrate
pure, vi stavamo
aspettando» e si spostò per farci entrare.
«Grazie,
signora. Abbiamo
lasciato i bagagli fuori, spero vada bene» dissi un pochino
intimidito. Quella
era la mamma di Rose, la grande Hermione Granger. La donna che lavorava
al
Ministero nell'Ufficio delle Applicazioni Magiche.
«Non
preoccuparti, Shaula, ci
penserà James a portarli nella tenda in giardino. Venite,
Ron e Harry vogliono
parlarvi» e ci accompagnò lungo l'ingresso sino a
un salotto pieno di poltrone
e divani scompagnati. Seduti sulle poltrone vicino al caminetto c'erano
i due
Auror che si alzarono subito quando entrammo nella stanza.
«Scorpius!
Sono felice che tu
sia arrivato tanto presto. Abbiamo parecchio di cui parlare»
esordì Harry,
indicando il divano dove ci sedemmo, pronti ad ascoltare. Hermione
andò accanto
a suo marito e gli posò una mano sulla spalla e tutti quanti
attendemmo il
racconto delle novità.
«Avete
scoperto qualche cosa
dai libri di Hogwarts?» chiese subito Ron. Scossi la testa.
«Niente.
Con Rose e Albus
abbiamo consultato quasi la metà dei libri presenti nel
reparto proibito e in
quello normale. Niente a parte quello che le avevo già
riferito».
«Noi
abbiamo avuto altri due
casi. Una maga molto bella che faceva la modella per i babbani
è stata trasformata
in un vecchio rugoso e un uomo di mezza età è
stato trasformato in un cagnolino
da compagnia».
«Ci
sono stati altri morti?».
«Per
ora no. Teniamo sotto
controllo quelli colpiti ma non c'è niente di nuovo. In
compenso abbiamo
scoperto dalla conversazione avuta con la modella che la complice, la
ragazza
che sta a scuola, quest'anno ha degli esami».
«Quindi
ha la nostra età.
Deve fare i MAGO» conclusi, cominciando a pensare a chi
potesse essere.
«Non
è detto. Potrebbero
essere i GUFO. Sappiamo che sono esami ma non quali» mi
corresse Potter.
«Quindi
dobbiamo stare
attenti alle ragazze del nostro anno e a quelle del quinto, le compagne
di Lily
e Hugo» conclusi.
«Meglio
non farne parola con
loro o sarebbero capaci di trasformarsi in Auror prima di avere
studiato. Si
metterebbero nei guai in men che non si dica»
sospirò la signora Granger
preoccupata.
«Perché
Rose e Albus non sono
qui con noi?» chiesi a quel punto. Eravamo una squadra ormai,
che senso aveva
tenerci separati?
«Sappiamo
che dirai tutto
anche a loro, ma preferiamo non dare ufficialità alla cosa,
altrimenti si
sentirebbero autorizzati a compiere azioni che li metterebbero nei guai
più di
quanto non possano oggi».
«Dissero
i tre ragazzini che
non ascoltavano nessuno durante i loro anni di scuola, diventando gli
studenti
meno disciplinati di tutti i tempi. Se i vostri figli somigliano la
metà di
quello che eravate voi, siete già nei guai»
intervenne mio padre, con tono
seccato.
«Lo
sappiamo, come sappiamo
che se lo vietassimo avremmo solo l'effetto contrario. Cerchiamo di
fidarci del
buon senso dei nostri figli, sperando per il meglio»
replicò stanco il signor
Potter.
«Ma
se questa ragazza è
pericolosa, non dovreste chiudere la scuola? Per proteggere gli
studenti»
obbiettai.
«Non
ha mai partecipato con
attore ma solo da supporto. Non è pericolosa in senso
stretto, ci consentirebbe
solo di catturare la criminale» spiegò Weasley.
Mio padre non intervenne e
capii che aveva già discusso di questa faccenda con i due
Auror e niente di
quello che era stato detto era nuovo per lui.
«Vi
chiediamo solo di fare
attenzione e chiamarci anche in caso di sospetti. Ci penseremo noi al
resto».
In
quel momento entrò una
donna bassa, tonda, con parecchi capelli bianchi e un viso rugoso e
rotondo,
con un sorriso dolce e un cucchiaio di legno in mano.
«Cari,
la colazione è pronta
da parecchio. Se non mangiate adesso, la salterete
completamente» e tornò in
quella che doveva essere la cucina.
«Volete
unirvi a noi?» chiese
Harry Potter con cortesia.
«Non
credo sia il caso. Io ho
già mangiato e Astoria mi sta aspettando a casa»
rispose mio padre, alzandosi.
Nello stesso tempo si avvicinò la signora Granger.
«Draco,
faremo tutto quello
che serve per aiutare tuo figlio, proprio come se fosse il
nostro» e tese la
mano. Mio padre la strinse accennando un sorriso.
«Da
voi tre non mi aspetto
niente di meno. Grazie, Hermione».
Pochi
istanti dopo si era
smaterializzato ed io ero rimasto nella casa dei Weasley.
Mi
diressi in quella che
sembrava una cucina e appena entrai venni letteralmente assalito da una
marea
di capelli rossi mischiati a qualcuno scuro o biondo.
«Ciao,
Scorpius!».
«Benvenuto
a casa Weasley».
«Benvenuto
alla tana».
«Accomodati,
caro» disse la
signora Weasley, la nonna.
Mi
guardai attorno. C'erano
Louis, Roxanne, Hugo e qualche adulto che mi stava osservando in attesa
delle
mie reazioni. In quel momento entrarono Rose e Albus tranquilli come se
fossero
ignari di tutto. Mi avevano tradito. Avevano spiattellato a tutti che
ero
Scorpius e adesso lo avrebbe saputo tutta la scuola.
«Ciao,
Shaula, sei già qui?»
disse allegramente la rossa. La sua calma mi fece saltare la mosca al
naso.
«Come
osi? Hai detto a tutti
che sono Scorpius! Credevo di potermi fidare di te, invece sei una
sporca
spiona!».
«Ehi!
Rimangiati quello che
hai detto! Non ho mai detto niente!» si difese Rose,
arrossendo dalla rabbia.
«E
prima che accusiate me,
neanche io ho detto niente a nessuno!» aggiunse Albus.
Quel
che era strano è che, da
quando avevamo iniziato a urlare e litigare, gli adulti avevano rivolto
le loro
attenzioni alla colazione, senza curarsi delle nostre parole. Gli unici
attenti
erano degli allibiti Ron e Hermione Weasley e Harry Potter. Anche loro
non ne sapevano
nulla.
A
quel punto intervenne
Louis. «Prima che accusi qualche altra persona»
disse indicando con un
movimento di testa il magico trio. «Sono stato io. Dovresti
stare più attento a
parlare nella sala comune. Potrebbe esserci qualcuno che sta
sonnecchiando ma
non è completamente addormentato da non sentire»
terminò mettendosi le mani in
tasca.
«Così
Louis ci ha detto tutto
e noi abbiamo indagato per conto nostro» aggiunse Molly,
alzando il viso dal
libro che stava leggendo. «Anche io ho controllato alcuni
libri, tra quelli che
ci sono nella sala professori. So che lì non siete
passati».
«Noi
abbiamo tenuto d'occhio
le ragazze e ci siamo segnati i comportamenti strani»
aggiunse Lily estraendo
dalla tasca delle felpa una pergamena e srotolandola per diversi metri
sul
pavimento.
«Siamo
un nuovo Ordine della
Fenice» intervenne allegra Roxy.
«Non
pensateci neanche.
Vedete Scorpius? Può essere pericoloso!» disse
Harry indicando me.
«Harry
ha ragione» disse un
uomo con il viso sfigurato da una lunga cicatrice. Doveva essere stato
molto
bello prima della ferita. «Non dovete mettervi in pericolo.
Capisco che
vogliate aiutare il vostro compagno, ma potreste incorrere nello stesso
problema. Ho cercato tra gli incantesimi antichi della Grecia ma non ho
trovato
ancora niente di quello che mi avete detto e questo mi fa pensare a
qualche
cosa di estremamente pericoloso»
«Ciao,
Scorpius, sono Percy
Weasley, il papà di Molly e Lucy. Io ho contattato i
ministeri degli esteri per
la cooperazione magica internazionale, ma loro non hanno casi simili.
L'ultimo
al quale sono risalito è accaduto quarantasette anni fa in
Francia».
«Quindi
mi ritrovo con i
cognati che stanno lavorando a questo caso a fianco degli
Auror?» sbuffò Potter
senior.
«Harry,
non farla tanto
lunga. Quando i nostri figli ci hanno contattato non potevamo
ignorarli» si
giustificò lo sfregiato.
Con
un sonoro pop, si
materializzarono due persone, un Weasley altissimo con un orecchio
mozzato e
una donna dalla carnagione scura «Ciao, famiglia! Ho portato
una cosina, così
possiamo interagire meglio con il nostro ospite»
annunciò, tirando fuori dalla
tasca un paio di occhiali da sole coperti di strass sulla montatura
fucsia. Li
infilò e guardò la donna accanto «Mia
cara, sei sempre una visione».
«Stupido»
rispose la donna
tirando uno schiaffo alla nuca dell'uomo.
«Dammi
qua, zio George» disse
Albus volando ad afferrare gli occhiali scuri e inforcandoli
velocemente per
poi guardarmi curioso. Mi fissò a bocca aperta per poi
abbassare il viso per
guardare anche il resto di me, arrossendo man mano che scendeva verso i
piedi.
Cosa stava vedendo?
«Per
Merlino, Scorpius, sei
proprio tu! Ma... ma... oh! Ma quanti muscoli hai? E... per il piccolo
Cupido,
sei nudo, copriti!» esclamò, togliendosi gli
occhiali.
Rimasi
a bocca aperta, e mi
guardai. Avevo un vestito azzurro che ricordava la tenda di un circo e
che mi
arrivava sino ai piedi. «Ma che dici?».
«Dammi!»
disse Roxy e prima
che Albus potesse bloccarle la mano aveva già messo sul naso
quegli occhiali
assurdi. «Ragazzo! Sei pura poesia per gli occhi! Giuro che
d'ora in avanti non
vorrò nessun ragazzo che sia meno fornito di te!».
George
riprese gli occhiali e
se li mise «Roxanne, non parlare in questo modo... oh!
Però! Malfoy sei davvero
uno spettacolo. Io sono un uomo ma se fossi una donna su di te ci farei
un
pensierino».
Ormai
non sapevo più dove
guardare e le mie mani erano posizionate sul mio amichetto. Era davvero
imbarazzante sapere che ero nudo davanti a loro.
«Zio
George, posso?» chiese
Rose. Io iniziai a scuotere la testa. No, lei no. Ma Ron mi
anticipò.
«Non
pensarci neanche. Non
voglio che lo guardi nudo. Non voglio che guardi nessun ragazzo
nudo!».
Se
il padre fu veloce con le
parole non lo fu con la bacchetta. «Acciò
occhiali!» disse e gli occhiali
brillantinati volarono tra le sue mani e subito sui suoi occhi.
La
rossa si voltò rapida
verso di me e mi guardò in faccia. «Scorpius...
sei proprio tu» esalò e rimase
lì a fissarmi scrutando ogni millimetro del mio viso. Mi
rilassai ancora di più
quando mi carezzò la guancia, prima che suo padre la
allontanasse da me.
«Rose,
via subito quegli
occhiali!» ordinò Hermione. La rossa si
affrettò a toglierli, ma al posto di
restituirli se li fece scivolare in tasca.
«Scusatemi,
ho trovato quegli
occhiali tra i manufatti dei prototipi per gli Auror. Dovrebbero essere
a prova
di trasfigurazione ma non credevo che avrebbero avuto questo
effetto» si
giustificò George.
«Sono
ancora da testare,
immagino» replicò sarcastico Harry.
«Il
mio laboratorio li aveva
appena assemblati e mi sembrava fosse una buona idea usarli».
«Ma
non distribuirli
impunemente, farò subito un interpello al ministero per
vietarne la vendita»
disse Hermione e Percy si mise subito al suo fianco. «Approvo
e sottoscrivo.
Questi occhiali devono essere utilizzati solo da persone autorizzate
per i
controlli magici, altrimenti si rischierebbe il caos».
I
due si lanciarono in
discussioni politiche a cui si aggiunse lo sfregiato e io mi trovai
attorniato
dai ragazzi che già conoscevo a scuola. Potter e Weasley
uscirono sbuffando e
gli altri adulti si sparpagliarono nella casa o si dedicarono alla
cucina dove
la nonna non aveva fatto altro che mescolare e affettare. Alla fine
erano
rimaste la nonna, quella che sembrava la mamma di Lily e la moglie di
quello
pomposo.
«Scorpius»
cinguettò Lily
abbracciandomi.
Sorrisi.
«Così sapete tutti
chi sono? Perché avete tenuto il segreto?».
In
quel momento due ragazzi e
una ragazza entrarono in quella stanza che ormai stentava a contenere
tutte
quelle persone.
«James,
Fred, Dominique,
venite a salutare Scorpius, il nostro ospite» li
chiamò Roxanne, posizionandosi
al mio fianco.
«Il
piccolo
Malfoy-sono-troppo-figo?» chiese James Potter sedendosi come
se niente fosse e
avventandosi su una colonna di pancake.
«Il
grande scopatore della
casa Serpeverde?» si sedette anche Fred accanto a James.
«Per
favore! Se Malfoy fosse
qui lo raperei a zero! Quello che ha fatto passare a Nancy e Susan
è stato
davvero un incubo. Non l'hanno ancora superata» aggiunse
Dominique accorgendosi
poi di me e tendendomi la mano. «Ciao, io sono la sorella di
Louis. Dominique
Weasley e tu?».
Una
piccola parte del mio
cervello si stava chiedendo chi erano Nancy e Susan. Non ricordavo
questi nomi
tra le mie 'amiche' e io mi vantavo di ricordarmi almeno quello delle
ragazze.
Dunque quella ragazza era arrabbiata con me per queste due fanciulle
che non
avrei rispettato?
«Scorpius
Malfoy» risposi
stringendole la mano.
Dominique
rimase basita,
prima di scoppiare a ridere. «Ma smettila».
«In
realtà, Dom, lei è
davvero Scorpius Malfoy. È stato maledetto e ha subito una
trasformazione»
spiegò brevemente Albus.
Dominque
smise di ridere,
mentre James e Fred si alzavano di scatto e mi guardavano attenti,
pronti a
sfoderare le bacchette.
«Stai
scherzando,
fratellino?».
«Non
sta scherzando. Una
strega sta distribuendo maledizioni come noccioline e chi ne
è colpito ha solo
un anno di vita prima di morire. Ti sembra abbastanza punitivo, Dom, o
vuoi
aggiungere altro?» chiese Rose secca.
Non
volevo che litigassero
per colpa mia. In cucina era sceso il silenzio. Anche le signore
Weasley
avevano smesso di cucinare. «Sentite, non sono orgoglioso di
quello che ho
fatto in passato. Volevo solo divertirmi ma non ho mai cercato di fare
del male
a qualcuno. Adesso questa strega mi ha punito e se non trovo la
contromaledizione, morirò ad agosto l'anno prossimo. Alla
festa delle stelle».
«E
resterai così sino ad
allora?» chiese James, cercando di trattenere una smorfia.
«Sì».
A
quel punto i tre ragazzi si
guardarono e scoppiarono in una risata sguaiata.
«Per
Merlino! Malfoy, non ho
mai visto una femmina più brutta di te»
singhiozzò Fred.
A
quel punto ridacchiai anche
io. «Grazie. Neanche io. Non sai che trauma la prima volta
che mi sono guardato
allo specchio».
Continuarono
a ridere per un
bel pezzo, lasciando che gli altri presenti li guardassero allibiti.
«Così
sei entrato a Grifondoro?»
chiese Dominique.
«Nonostante
abbia cercato di
corrompere il cappellaccio, quello non ha mollato» risposi e
mi guadagnai una
gomitata nel costato.
«Non
me lo avevi detto che
non volevi venire a Grifondoro» protestò Rose.
«Rossa,
ero un ex Serpeverde
che aveva conosciuto solo quella casa, era il settimo anno, cosa dovevo
scegliere secondo te? Sono un Malfoy».
«Un
Malfoy coraggioso e
impavido se il cappello parlante di ha riconosciuto come Grifone. Cari,
andate
a sistemare la tenda. È quasi ora di pranzo!»
annunciò allora la nonna, facendo
terminare le nostre chiacchiere.
Fuori,
nel grande giardino
disseminato di gnomi, era stata piantata una piccola tenda verde che si
mimetizzava con l'erba alta. Appena entrato mi stupii dell'ampiezza.
Ero un mago,
conoscevo la magia, sapevo come funzionava questo incantesimo estensivo
eppure
mi meravigliavo ancora.
«Abbiamo
quattro camerate
qui, ci dobbiamo suddividere per i letti» disse Dominique
gettandosi sul
divano.
«Siamo
in dodici, quindi
sarebbe normale tre per stanza, salvo che siamo cinque maschi, sei
femmine e
uno a metà strada. Come ci organizziamo?».
«Io,
Roxy e Hugo dormiamo
insieme» disse Lily.
«Io
dormo con Dominique e mia
sorella» disse veloce Molly, sistemandosi gli occhiali sulla
punta del naso.
«Louis,
vieni con noi?»
propose Fred appoggiandosi a James.
«A
questo punto io, Albus e
Scorpius divideremo la stanza» concluse Rose.
«Stai
tranquilla, non diremo
niente a zio Ron, altrimenti il Malfoy rischia l'evirazione. Ma tanto
dormite
già nello stesso dormitorio, giusto?» disse James
ridendo.
«Grazie»
sibilò la rossa.
Era
la prima volta che
avremmo dormito insieme dopo il chiarimento sul treno. Sentivo di dover
dire
qualche cosa. «Sai che puoi stare tranquilla, vero? Non ti
toccherei mai. Sei
mia amica» bisbigliai vicino a Rose che mi guardò
leggermente arrabbiata.
«Non
ti ci mettere anche tu.
Lo so che non mi toccheresti mai» rispose, poi si
voltò e andò nella camera
lasciandomi come un allocco alla mercé degli altri Weasley.
«Donne!
Non sai mai cosa fare
con loro» disse James cercando di darsi un tono
«Però, se le dici che non la
toccheresti mai, in pratica le stai dicendo che ti fa schifo».
«Ma
non è così» protestai.
Com'era complicato parlare. Era meglio agire e basta.
«Okay,
okay. Adesso sistemiamoci
che tra poco è ora di pranzo, dopo ci saranno da aprire i
regali... non vedo
l'ora!» concluse il grande Potter fregandosi le mani.
«Sempre
il solito, quando
sono regali non vedi mai l'ora!» replicò Fred.
I
cugini ribatterono colpo su
colpo, chiacchierando e discutendo di cose assurde come solo in una
famiglia
unita si poteva. Mi sentivo travolto da questa allegria e non
rimpiangevo
nemmeno un briciolo del silenzio di Malfoy Manor.
La
tavola era stracolma di
ogni piatto inventato nel creato. C'era di tutto e per tutti i gusti.
Anche chi
era completamente vegano poteva sfamarsi in abbondanza. Erano arrivati
anche
Teddy Lupin e la sua nuova mogliettina Victoire Weasley, figlia di Bill
che io
chiamavo sfregiato nella mia mente. Era presente anche una
celebrità, visto
come gli facevano festa da quando si era materializzato. Rose mi aveva
spiegato
che il rosso seduto accanto al nonno era lo zio Charlie, quello che
lavorava in
Romania con i draghi. In effetti aveva parecchie cicatrici da
bruciature sulle braccia
e i capelli erano molto corti, oltre a essere completamente senza
sopracciglia.
Albus
continuava a passarmi
piatti da cui mi servivo per poi passarli a Rose. Era un circuito
continuo. La
nonna guardava tutti con affetto e soddisfazione, sospirando ogni tre
minuti di
quanto fosse felice di avere tutta la famiglia riunita.
Il
pranzo fu lungo, calorico
e caotico. Quando finalmente riuscimmo ad alzarci, stentavo quasi a
rimanere in
piedi. Sarebbe stato meglio spostarmi rotolando.
Chiacchierando,
la truppa si
spostò in una sala dove facevano bella mostra i regali di
Natale.
«Perché
li aprite oggi?
Natale era ieri» chiesi a Albus.
«Ieri
noi eravamo a casa
nostra, zio Bill e la sua famiglia erano in Francia, dagli suoceri,
così come
zio Ron, zio Percy e zio George. Abbiamo deciso di festeggiare un
Natale
ritardato per trovarci tutti insieme».
«Bello»
dissi solo. Io non
avevo mai avuto problemi in tal senso. I nonni Malfoy erano rintanati
in un
castello lontano. Pur essendo scampati all’incarcerazione,
nessuno voleva aver
a che fare con loro e per il bene del casato, avevano optato per
l’esilio
volontario. A casa restavamo solo noi e i nostri invitati. La famiglia
serviva
solo per apparire, altrimenti non era necessaria. Qui si sentiva un
calore
quasi soffocante e, senza dubbio, avvolgente.
I
chiacchiericci e le
esclamazioni estatiche per i regali trovati si sprecavano.
Libri,
dolci, oggetti più o
meno utili e preziosi e una serie infinita di maglioni, fecero la loro
comparsa, lasciando sul pavimento intere montagne di carta colorata.
«Tieni»
fece Albus
depositando sulle mie ginocchia alcuni pacchetti.
«Cosa?»
chiesi stupito.
«Sono
alcuni pensierini per
te. C’è anche il maglione Weasley della nonna,
quindi anche se ti fa schifo
devi apprezzarlo lo stesso» sussurrò Rose al mio
orecchio, provocando un
brivido che nulla aveva a che fare con il freddo. Cacchio! Ero nei
guai!
La
mano sotto i pacchetti si
sincerò che il parapalle fosse al suo posto, reprimendo ogni
tentativo di
liberazione del mio amichetto.
«Ma
io non vi ho portato
niente» protestai.
«Ci
sei tu, va bene» mi fece
tacere senza appello e si rivolse a sua madre per scambiarsi piccoli
pacchetti.
«Ma
fate regali a tutti? Sono
una montagna!» osservai.
«In
realtà i regali vengono
estratti in una grande cena che si svolge prima della partenza per la
scuola»
mi rispose Albus. «Solo i nonni fanno i regali a tutti, sono
i maglioni. Gli
altri di noi estraggono un nome della famiglia e faranno il regalo a
lui. È
concesso fare regali ai propri genitori e ai propri fratelli».
Certo
che come concetto era
davvero interessante. Così non si sprecavano energie. Era
stancante pensare
sempre che regalo fare a tutti gli amici. Oltre al fatto che i miei
amici aveva
già tutto quello che serviva o che desideravano. Quest'anno
era stato più
tranquillo da quel punto di vista. Con quello che avevo da pensare, non
mi ero
preoccupato di recapitare regali agli altri e nessuno di loro aveva
pensato a
me. Guardai sulle mie ginocchia il libro di quiddich, le caramelle, un
paio di
guanti e un maglione in morbida lana. Regali semplici ma davvero
graditi.
«Il
libro è da parte mia. I
guanti li ha fatti Rose» mi confidò Albus.
«Ti ha regalato anche le caramelle
per depistarti. In realtà si è fatta spiegare
tutto il procedimento via gufo da
nonna Molly».
«Non
mi sono accorto che
lavorasse a maglia» replicai un po' stupito. Eravamo sempre
insieme, avrei
visto se aveva degli aghi in mano.
«In
realtà lavorava al
mattino, quando aveva ore buche e tu eri a lezione»
spiegò.
Mi
voltai a guardare la rossa
che rideva a una battuta di Fred. Il cuore si strinse come se una mano
lo
avesse preso.
Ero
nei guai. Erano quattro
mesi che vedevo quella ragazza tutti i giorni. Era bellissima, ma
questo lo
avevo pensato sin da subito. Adesso pensavo che era dolce, gentile,
testarda,
simpatica e... più di una amica.
In
quel momento si voltò e mi
sorrise allegra. Il mio stomaco ebbe un sobbalzo anomalo.
Sì,
ero decisamente nei guai.
---ooOoo---
Angolino
mio:
abbiamo
Scorpius tra i Weasley. E qui scopriamo che il suo segreto, in
realtà lo
conoscevano tutti. Louis aveva sentito la conversazione via camino. Se
vi
ricordate l'avevamo lasciato sul divano mentre Shaula tentava di
riportarlo a
dormire.
La
voce si è sparsa tra gli altri cugini e i genitori di
questi. Così abbiamo
tutti quanti che lavorano al caso di Malfoy.
Ci
pensate a Lily e Roxy che spiano le compagne di scuola? Devono aver
fatto un
lavoro accurato per aver compilato metri di pergamena.
Arrivando
alle ultime righe, Scorpius è nei guai. Guarda Rose e gli si
smuove qualche
cosa dentro. Sono quattro mesi che stanno gomito a gomito e lui ha
imparato a
conoscere la ragazza al di fuori della figura della rigida caposcuola.
E gli
piace.
Prossimo
capitolo: ritorno a scuola e cos’altro?
Grazie
a tutti per l'attenzione e alla prossima
baciotti
|
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Capitolo 16 *** Clerodendro purpurea rea ***
nuovo
capitolo! Con qualche ora di anticipo rispetto al solito.
Velocissimi
ci avviciniamo sempre di più alla fine.
Grazie
a chi inserisce la storia nelle liste, a chi recensisce e a chi
semplicemente
legge e apprezza. Grazie a Elenri per il suo lavoro da copertina e
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Le
giornate alla tana
passarono veloci.
I
ragazzi più grandi erano
rimasti a casa. Anche le specializzazioni avevano chiuso per le feste.
I
genitori, invece, andavano al lavoro e a casa rimanevamo solo noi e i
nonni.
Una autentica pacchia.
Nonostante
la severità di
nonna Molly, non riusciva a stare dietro a dodici scalmanati e ci
guardava
dalle finestre di casa con sospiri rassegnati.
Non
che facessimo troppi
danni. Provare l'auto incantata del nonno o giocare a birilli con gli
gnomi,
scavare buche per vermicoli nell'orto e veder sparire le piantine, o
rompere il
vetro di una finestra per colpa di un bolide impazzito erano all'ordine
del
giorno. E tutte le volte ci toccava rimediare, visto che
metà di noi potevano
fare magie senza incorrere nelle punizioni del Ministero.
Erano
i più piccoli ad
approfittarsene, capitanati da uno scatenatissimo Louis.
«Lily,
Roxy! Smettetela!»
urlò Dominique dopo aver riparato l'ennesima finestra. In
quel momento si sentì
un altro tonfo. «Ops» fece Hugo prima di correre
via. Questa volta toccava a
me, prima che nonno Arthur se ne accorgesse.
«Non
vedo l'ora che arrivino
mamma e papà, così si arrangeranno loro e noi
potremo riposare» si lamentò
Rose, accanto a me.
«Andiamo»
suggerii, poi le
presi la mano e scappai dentro la tenda, diretto nella nostra camera
dove mi
lanciai sul letto.
«Perché
siamo qui?» chiese
Rose sedendosi accanto a me.
«Non
abbiamo ancora parlato
del fatto che io sia Scorpius. Cosa ne pensi, come ti senti...
cioè, so che sei
in imbarazzo e non vorrei peggiorare la situazione. Se vuoi mi faccio
assegnare
una stanza da solo quando torniamo a Hogwarts. La McGranitt me l'aveva
promessa...» dissi sedendomi accanto a lei.
«E'
stata colpa mia se non ti
sei trasferito. Non volevo che ti sentissi sola e mi sembrava che
dormire nella
stessa camerata fosse il modo migliore per integrarsi»
spiegò la rossa.
«Grazie,
ma adesso? Non sarà
troppo strano?».
«Nah.
Mi ci sono abituata. Ti
cambi sempre in bagno, ripulisci tutto ogni volta che lo usi,
ultimamente ci
stai anche dei tempi ragionevoli...» elencò
sorridendo. Se avesse saputo la
ragione per la quale ripulivo tutto, non sarebbe stata così
condiscendente.
«Sono
diventato bravo con il
trucco, se vuoi posso farlo anche con te» proposi.
«Credi
ne abbia bisogno?»
chiese lei mettendosi le mani sulle guance.
«No»
sorrisi. «Sei bella al
naturale» ed ebbi il piacere di vederla arrossire molto
più intensamente di
altre volte. I complimenti le piacevano evidentemente. Buono a sapersi.
Ad
un tratto Rose sospirò.
«Non stiamo facendo progressi nelle ricerche»
constatò sconsolata.
«Non
direi. Abbiamo l'aiuto
di tutti, non credo che nessuno possa sfuggire a tua cugina. Hai visto
quanti
metri di pergamena? Ma avranno anche controllato quante volte andavano
al
bagno?».
«Anche
quante volte hanno
respirato! Non sono tante le ragazze del quinto e del
settimo!» disse Rose.
«Per
la biblioteca?
Continuiamo così?».
«Dobbiamo
finire tutti i
libri. È un lavoraccio ma ci conviene controllare anche
quello».
«Poi,
potrei sempre
affascinare una fanciulla e trovare la mia anima gemella»
replicai e Rose
rimase di sale per alcuni istanti, prima di iniziare a ridere.
«Hai
già qualcuna in mente?
Magari Meredith o Anne? Ti vogliono talmente bene!» propose.
«Veramente
pensavo a Honey
Abbott. È una ragazza stupenda» risposi. La
piccola smorfia che passò veloce
sulla sua faccia fu quasi impagabile, ma, così come era
arrivata, fu svelta a
mascherarla. «Però credo di aver più
possibilità con Daisy».
«Credo
anche io. Lei è sempre
dolce, nonostante quello che ha passato». Questa era una
novità. Cosa aveva
passato?
La
guardai interrogativo e
lei continuò a raccontare. «E' stata abbandonata
da piccola. Sua madre era
sposata con un mago che è scappato con la donna con cui
aveva una relazione da
anni. Quando è tornato, l'amante gli aveva ripulito la
camera blindata e sua
madre l'ha ripreso in casa e l'ha perdonato. Peccato che nel periodo
dove lui
non c’era la madre fosse rimasta senza soldi e senza
l’aiuto della famiglia,
visto che era orfana. Ha fatto la fame».
«E'
terribile».
«Suo
padre non se lo è mai
perdonato».
«Alla
fine mi sento fortunato
anche nella mia famiglia di pinguini» commentai.
«Pinguini?»
chiese.
«Hai
presente come camminano?
Come si presentano?». Mi alzai e feci qualche passetto rigido
facendola ridere
fino alle lacrime.
«Rigidi
come pinguini!».
In
quel momento entrò Albus e
si gettò sull'altro letto. «Non posso
crederci!».
Visto
che non rispondeva
fummo costretti a chiedere che cosa.
«Lily
ha pedinato anche
Alice! Si conoscono da quando erano nella pancia delle mamme. Hanno
passato
quasi tutte le vacanze assieme, passano insieme tutto il tempo a scuola
e lei
ha controllato tutti i suoi movimenti! Io non sapevo neanche che
andasse nelle sale
dei duelli una volta a settimana ad allenarsi, o che scrivesse a casa
sei volte
al mese».
«O
che le piacesse il
capitano della squadra di quiddich del tassorosso» disse Rose.
«Cosa?
Le piace Macmillan? Ma
cosa ci trova in lui? È un troll vestito da mago con
l’intelligenza di una
nocciolina e la bellezza di uno snaso!» esclamò
sconvolto, prima di accorgersi
che la rossa stava ridendo.
«Mi
prendi in giro?».
«Primo,
tu sei amico di
Macmillan, o te lo sei dimenticato? Secondo Macmillan non è
brutto o scemo» lo
corresse lei.
«Ma…»
intervenni e Rose
annuì.
«Ma
ad Alice non piace
Macmillan… probabilmente le piace un altro capitano di
quiddich» disse
intenzionalmente e io ridacchiai.
«Chi
sarebbe? Serpeverde?
Corvonero?» chiese Albus sempre più agitato.
«Mai
pensato al capitano di
Grifondoro?» chiesi retorico.
«Il
capitano di Grifondoro
sarei io… Lo credete davvero?».
«Adesso
capisco perché ti è
uscito un panda peluscioso come patronus. Un po’ di grinta e
coraggio? Te lo
sei perso sotto il cappello parlante?».
Albus
sbuffò ma poi si mise a
ridere. «Sono ridicolo, vero?».
«Un
pochino» ammise Rose.
«Ho
paura che mi dica di no»
rispose lui.
«Se
mai glielo chiedi lei non
potrà dirti di no. Tu rimarrai con il dubbio e magari ti
perderai una cosa
bella. Se invece ti dirà di no… beh, per lo meno
non perderai altro tempo e
testa» gli chiarii io.
«Come
sei saggio, Scorpius».
«Se
fossi stato saggio, non
mi troverei in questa situazione» risposi mesto.
«Non
ci hai mai raccontato
cosa è successo e come sei stato trasformato»
constatò Albus, sedendosi sul suo
letto e fissando Shaula.
«Non
è una cosa di cui andar
fieri. Preferirei non rispondere» dissi io. Vidi la faccia
delusa dei miei
amici ma mi stavo davvero vergognando, non riuscivo a dirgli tutto.
«E'
stato doloroso?» chiese
allora Rose.
«No.
Sono andato a dormire
che ero io e mi sono svegliato che ero... così».
All'improvviso
la rossa si
illuminò come se le fosse venuta in mente un'idea
interessante. «Come ti sei
trasformato? Cioè sei stato colpito da un fascio di luce?
Hai sentito qualcuno
recitare una formula? Ti hanno dato una pozione? Che sciocca che sono!
Non te
l'ho mai chiesto ma era indispensabile saperlo per poter
agire».
Ci
pensai a fondo. Già,
neanche io mi ricordavo come era successo. Non pensavo di aver preso
una
pozione. Una formula per un incantesimo? Non mi pare...
però... ricordai
all'improvviso il segno blu sul petto che pian piano si era ritirato e
quando
era sparito... mi ero trasformato! Cercai di ricordare come fosse nato
quel
livido. Mi era venuto quando... certo! La luce, l'incantesimo che mi ha
colpito. Lei lo ha lanciato e io, dopo due settimane sono diventato
così. «Dal
momento che sono stato colpito mi è venuta una macchia blu
al centro del petto.
Poi, quando questa è scomparsa, il mattino dopo mi sono
trovato trasformato».
«Una
macchia blu, hai
detto?». Rose continuò a meditarci sopra per
qualche minuto, poi prese un
blocchetto e prese alcuni appunti prima di riporlo nella sua borsa.
«Hai
in mente qualche cosa?»
chiesi ma lei scosse la testa borbottando qualche cosa del tipo 'Devo
vedere in
biblioteca a Hogwarts'.
Qualche
minuto dopo andammo a
pranzo. Anche Ron, Hermione e Percy con Audrey arrivarono a unirsi a
noi. In
complesso eravamo sempre una grande compagnia che tenevamo allegri e
insieme ci
stavamo preparando per una memorabile festa i capodanno.
«Alice
verrà da noi e
partiremo insieme per Hogwarts. Sarà un San Silvestro
esplosivo! Roxy ha
trafugato alcuni dei fuochi più belli del negozio di zio
George» annunciò Lily
la sera prima dell’ultimo dell’anno. «Tu,
Albus, sei pronto per accogliere i
nostri ospiti?» chiese ghignando.
Piccola
Potter colpiva duro.
Albus
arrossì vistosamente.
«Certo che sono pronto» confermò
Se
tutti insieme i Weasley e
derivati erano ventisei, quasi raddoppiavano quando attiravano i loro
amici per
una festicciola intima e raccolta, diventavano una specie di succursale
di uno
stadio alla finale della coppa mondiale di quiddich quando allargavano
il loro
invito.
Già
dal mattino fervevano i
preparativi. Venne tolta la nostra tenda e impiantato un tendone
immenso e
riscaldato per contenere tutti quanti.
Quaranta
tavolini furono
dislocati intorno a tutta la pista centrale. Un lato era occupato da un
immenso
impianto stereo di quelli che si vedevano nei film babbani che Rose e
Albus mi
avevano obbligato a guardare in quelle feste.
«Dove
dormiremo questa
notte?» chiesi guardandomi attorno.
«In
casa. I nonni hanno
preparato due stanze con tantissimi letti a castello. Non ci
entrerà neanche
una puffola, ma noi avremo i materassi» mi
rassicurò Albus.
In
quei giorni mi ero
comportato come Scorpius. Tutti erano a conoscenza del mio nome e non
sconvolgeva nessuno che mi infilassi dei pantaloni e dei maglioni
sbilenchi.
Ora, invece, avrei dovuto sentirmi di nuovo donna. Se riuscivo a
tornare me
stesso senza salutare la mia sanità mentale sarebbe stato un
miracolo di San
Merlino!
La
cena pantagruelica e il
successivo ballo scatenato, furono indimenticabili. La compagnia era
davvero
simpatica e, nonostante ci fossero anche molti compagni di Hogwarts di
varie
case, non venni deriso neanche quando mi trovai steso per terra, con
una Rose
seduta sulla mia pancia dove era atterrata per avermi spintonato.
«Scusa,
scusa, scusa! Non
volevo» continuava a ripetere anche dopo che ci eravamo
rialzati. Decisamente
il ballo non faceva per lei. Sopravvivere era una impresa improba. Rose
sulle
note della musica era più pericolosa di Voldemort.
«Non
fa niente, sono
sopravvissuto» risi.
I
fuochi furono davvero
memorabili e quando finirono eravamo tutti soddisfatti da quello
spettacolo.
Era quasi l'alba quando ci trovammo nelle camerate per dormire. Faticai
a
spogliarmi e mettermi il pigiama. Qualcuno stava dormendo ancora
vestito con
gli abiti da sera. Non appena toccai il materasso mi addormentai di
botto. Mi
accorsi vagamente che nel letto accanto, Rose posava sul comodino degli
strani
occhiali.
Dopo
una giornata dedicata a
riprendersi, il due di gennaio ci ritrovammo tutti al treno per tornare
a
scuola.
Gli
auror ci riunirono e ci
raccomandarono di fare attenzione. La priorità erano le
ricerche sui libri,
anche se ero convinto che Lily e Roxy non avrebbero desistito dal
controllo
sulle compagne.
«Albus,
ho visto che l'altra
notte guardavi i fuochi accanto a Alice. Hai concluso qualche
cosa?» chiesi
cercando di avere un tono leggero.
Albus
arrossì «Non... non è
successo niente. Stavamo solo guardando i fuochi!»
protestò.
«Per
essere un Grifondoro,
hai qualche problema! Non dovevi far altro che mettere un braccio sulle
sue
spalle. Se si fosse ritratta era il segnale che non ce n'era,
altrimenti
sarebbe rimasta lì e allora avresti continuato a starle
vicino fino ad arrivare
a baciarla» spiegai.
«E'
così che circuivi le
ragazze?» chiese allora Rose con un cipiglio lievemente
irritato.
Ops.
Che avevo fatto ora?
«Beh... in qualche modo dovevo rompere il ghiaccio»
borbottai «Ma non saltavo
addosso alle ragazze! Sono sempre stato rispettoso... più o
meno». Posizione
indifendibile, meglio ripiegare. «I pranzi che ha preparato
vostra nonna in
queste feste sono stati decisamente abbondanti. Avrò preso
almeno cinque chili
in questi giorni».
«Adesso
chi è Grifondoro?»
ghignò Albus.
L'arrivo
a Hogwarts fu quanto
di più ordinato potesse esserci. L'idea di tornare a
studiare come folli per
tutti i prossimi mesi sino a giugno era deprimente. Per noi del settimo
anno e
per quelli del quinto si prospettava un periodo davvero duro.
Ci
vollero almeno tre giorni
per riprendere il ritmo e ricominciare a passare in biblioteca. Rose
sembrava
ansiosa di passare nel reparto proibito, come se si ricordasse qualche
cosa di
importante che doveva controllare. Infatti, non appena entrati, la
quarta notte
dal nostro ritorno, corse letteralmente verso il reparto dei libri di
erbologia. Strano, erano quelli normalmente disponibili. Prese con
sicurezza il
libro codificato Vin94, e cominciò a
sfogliarlo febbrilmente.
«Rose,
cosa...?» provai ma
lei mi interruppe con la mano mentre continuava a sfogliare con l'altra.
Finalmente
si fermò. «Ah! Lo
sapevo! Clerodendro purpurea rea! La pianta, originaria della Cina e
del
Giappone, è un arbusto con foglie filiforme, alta 2 o 3 metri...
foglie filiformi
dentellate... fiori viola che si producono in pannocchie... ecco qui!
Ai fiori
appassiti seguono delle bacche molto decorative che in questa
varietà sono di
colore viola – bluastro. Da queste bacche schiacciate si
ottiene un
semiprodotto dal nome “Nerazzurra
oleastra”. Questo succo deve essere
ulteriormente raffinato per essere utilizzato nella magicosmesi. La
nerazzurra
allo stato grezzo lascia una macchia blu che viene assorbita dalla
pelle in
quindici giorni. Il liquido non è velenoso ma può
produrre alcune reazioni
allergiche, occorre quindi utilizzare il vaccino per le piante
orientali per
poter maneggiare la pianta... Questa pianta si presta a numerosi
incroci
apportando sostanziali caratteristiche differenti alle bacche...
attualmente
sono allo studio della ditta giusycfilo, con sede a
Little Hangleton,
almeno quindici varianti di questa specie...»
terminò di leggere con un sospiro
soddisfatto, «Trovato!» esultò puntando
il dito.
«Ma…
la nerazzurra è solo un
succo che si usa nella magicosmesi. Qui dice che non è
velenoso, come può aver
fatto questo?» chiesi indicandomi.
«Non
ne ho idea, ma mi è
venuto in mente quando hai detto di una macchia blu che si è
assorbita in
quindici giorni».
«Somigliava
a un livido»
mormorai ancora incredulo che fosse davvero quello l’indizio
che cercavamo.
Pareva troppo semplice e complesso nello stesso tempo.
«E'
probabile che quella
ditta di Little Hangleton faccia esperimenti su questa pianta. Magari
hanno
trovato un incrocio e hanno creato una pianta che può fare
queste
trasformazioni» ipotizzò Albus.
«Ma
non mi hanno
somministrato una pozione e anche le indagini al San Mungo hanno
escluso
sostanze».
«Però
l'effetto del succo
sulla pelle è uguale. Dobbiamo guardare anche quel
riferimento all'amuleto
risalente alla Grecia» disse Rose, accantonando il tomo e
corredo a prendere
quello sulle arti oscure elleniche. Dopo alcuni minuti,
tornò indietro a mani
vuote.
«Ti
ricordi dove avevi messo
quel libro?» chiese.
«In
quello scaffale lì, dove
è sempre stato» rispose Albus.
Mi
alzai e anticipai Rose
andando al ripiano dove era sempre stato. Cominciai a scorrere i
titoli,
prendendo in mano alcuni volumi per controllarli meglio. Niente.
Ricordavo
perfettamente di aver messo il volume tra “Humanis
Mortem” e “La Turchia nelle
Magie”. Adesso quel volume in pelle rossa non c'era
più.
«Ti
ricordi cosa c'era
scritto? Era un libro che non ho letto» chiese Rose
guardandomi ansiosa.
«Ho
preso appunti, sono nel
dormitorio» risposi.
La
rossa sospirò. «Okay,
propongo di controllare ancora qualche libro di erbologia e poi andare
a
dormire. I tuoi appunti li possiamo controllare domani»
propose. Fummo subito
concordi.
Le
altre due ore le trascorremmo
a cercare altri libri che trattassero della
Clerodendro purpurea rea o dell'utilizzo della Nerazzurra.
Non trovammo
altro e contenti delle informazioni raccolte tornammo ai nostri
dormitori.
«Ragazzi,
ricordate che da
domani iniziamo con gli allenamenti di quiddich. La prossima partita
è tra
dieci giorni contro Serpeverde. Se
vogliamo vincere la coppa dobbiamo stracciarli... senza
offesa,
Scorpius» disse Albus dopo aver controllato sulla mappa che
non vi fossero
ronde o professori in giro per i corridoi.
«Guarda
che io gioco con voi
e voglio vincere per la mia casa» risposi. Non ero arrabbiato
con i Serpeverdi
che mi avevano scansato, né con i miei vecchi amici. Non mi
avevano
riconosciuto e non potevo dar loro torto. Forse mi sarei comportato
anche io
così. Ma dal momento della trasformazione, anche io ero
cambiato e il cappello
parlante se ne era accorto, o sarei finito nella stessa casa di prima.
Invece
aveva intuito il mio coraggio, la mia forza più che le altre
qualità che mi
facevano gradito a Serpeverde. Non mi sentivo come un traditore, ero un
Grifondoro e avrei giocato per la mia nuova squadra e per la mia nuova
casa.
Albus
annuì e sorrise.
Appena
entrammo nel
dormitorio mi diressi subito al mio letto e presi il pigiama per poi
rifugiarmi
in bagno. Non osai sollevare lo sguardo su Rose che si era seduta sul
suo.
Sapevo che, nel frattempo che io mi cambiavo, lei faceva altrettanto in
camera.
Il solo pensiero mi faceva
tremare di
anticipazione. Chissà com'era la sua pelle? Sarebbe stata
morbida, serica,
granulosa? Il suo incarnato così pallido eppure colorato
dalle lentiggini. Le
gambe lunghissime, il seno pieno, i fianchi tondi.
Sentii
la consueta stretta
alle parti basse. Ormai il solo pensiero di Rose mi smuoveva di tutto
dentro...
e anche fuori, a dar retta a quanto si agitava il mio amichetto del
sud.
Sbuffai.
«Stai
buono, tanto non
possiamo far niente con lei. È una amica e non vogliamo
obbligarla, vero?».
Il
sobbalzare del mio fallo
in tiro mi fece sentire ancora più pazzo.
«Se
non la smetti di agitarti
senza scopo, giuro che ti imbriglio di nuovo nel parapalle».
Mi ero ridotto a
parlare con il mio cazzo. Cazzo!
«Hai
detto qualcosa?» soffiò
la voce di Rose appena fuori la porta.
«Ho
ancora bisogno di cinque
minuti» risposi, prima di rassegnarmi a fare un nuovo lavoro
di mano per
alleggerirmi la tensione. Non che il mio amichetto fosse
così felice
dell'autoproduzione, ma in mancanza di altra materia prima, tutto
faceva brodo.
Pensai intensamente alla rossa e... sporcai la vasca per l'ennesima
volta. Era
tremendo. L'astinenza per la quale Blaike e Nigel mi prendevano sempre
in giro,
era davvero dura. Da almeno tre anni avevo ritmi totalmente diversi.
Ripulii
tutto in fretta e,
completamente paludato nel pigiamone felpato, tornai in camera e mi
infilai
sotto le coperte, mentre Rose mi dava il cambio e si occupava delle sue
abluzioni.
Chiusi
gli occhi e regolai il
respiro. Non volevo parlare con lei, non dopo che mi sentivo
così sporco per
essermi masturbato con il suo pensiero in testa. Lei era bella, pura e
io la
sporcavo ogni volta che non resistevo e mi davo soddisfazione da solo.
Sentii
uscire Rose e
avvicinarsi a me. Tenni gli occhi chiusi e finsi di dormire. Non
riuscivo ad
affrontarla nella nostra camera.
La
sentii armeggiare con il
comodino e sedersi accanto a me, sul materasso.
«Oh,
Scorpius» sospirò piano.
Mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte.
«Come sei bello».
A
sentire quelle parole aprii
gli occhi di scatto e la fissai come se fosse impazzita. Poi vidi i
famigerati
occhiali fucsia con gli strass brillanti.
«Rose...»
mi stava guardando
con gli occhi più dolci che avessi mai visto.
La
rossa sobbalzò e si tolse
gli occhiali. «Scusami. È stupido guardarti con
queste lenti. Tu sei Scorpius
ma sei anche Shaula. Lo so. Ma...» fece un sorriso birichino.
«Sei davvero uno
spettacolo nella forma di prima».
Fu
automatico coprire il mio
amichetto con le mani, per poi prendere il cuscino e sbatterlo su una
Rose che
sghignazzava allegra.
«Vai
a dormire, pervertita!»
sibilai ridendo.
«Buonanotte,
Shaula».
«Buonanotte,
Rossa».
E
fu davvero una buona notte,
se non altro perché, se è vero che i sogni son
desideri, nei miei avevo tutto
quello che desideravo e anche quello che non sapevo di desiderare ma
che mi
faceva immensamente felice avere. Avevo vita, salute, famiglia,
amore... una
vita tutta in rosso.
Giocavo
anche in una squadra
famosa di quiddich e avevo migliaia di fans che dovevo tenere a
distanza per
evitare che mia moglie diventasse ancora più gelosa. Poi una
giornalista che
somigliava molto a Roxanne Weasley mi chiese: «Lei
è veramente bravo e
praticamente imbattibile. Non ha registrato una sola sconfitta in tutta
la sua
carriera sportiva. Ci spiega cosa successe nell'ultima sua partita
contro i
Serpeverde nella famosa scuola di magia e stregoneria di Hogwarts,
quando la
squadra dei Grifondoro perse ignobilmente, a causa della sua scadente
prestazione in campo?».
A
quella domanda mi svegliai
di scatto in un bagno di sudore.
Porco
Merlino scoperto gay da
una Morgana spogliata nuda e messa a novanta che neanche la caga,
caduto in un
letamaio di gorgosprizzi fantasmi e cariati di bubboni pestiferi e neri!
Era
un sogno tanto bello!
Perché cavolo me lo dovevo rovinare alla fine?
Quando
scesi in sala grande,
con Rose e Albus al mio fianco e a cui non avevo ancora rivolto la
parola,
sembrò che potessi rilassarmi un pochino. Ma era una mera
illusione: poco dopo
arrivò Zabini accompagnato da Speers e Rockwood e mi
sussurrò urtandomi la
spalla per passare: «Ancora nove giorni e vedremo chi
sarà più bravo.
Schiacceremo a terra la Cacciatrice d'Oriente e torneremo ad avere il
nostro
Scorpius, ci puoi scommettere».
Rabbrividii
e guardai Albus
per avere sostegno. Al cenno negativo del ragazzo mi diressi verso il
nostro
tavolo senza fare altre deviazioni o soste.
«Ragazzi,
dobbiamo stare
attenti. Blaike ha appena minacciato Shaula di farla cadere»
comunicò Albus
alla squadra che, a poca distanza, stava facendo colazione.
«Non
ti preoccupare.
Proteggeremo il nostro cacciatore da qualsiasi bolide furfante, puoi
scommetterci» dichiarò Roxanne bellicosa.
«Non
vi preoccupate e giocate
come al solito. Se vi focalizzate su di me, rischiate di lasciare
scoperti gli
altri o il cercatore. Se si concentrano su di me, forse può
essere un
vantaggio. In tal modo saranno distratti e potremo vincere
facilmente»
suggerii.
«Non
permetterò che ti
facciano del male. Piuttosto mi metto io a fare il battitore
direttamente con
la scopa» sibilò Rose, addentando un toast.
Accanto
a me si gettò Lily,
letteralmente stremata di prima mattina. «Gente, famiglia,
aiuto» cercò di
parlare nonostante il fiatone.
«Cosa
hai combinato? Sembra
che hai corso per tutti i corridoi di Hogwarts» disse Louis
guardando
incuriosito la cuginetta.
«Ho
seguito...». Lily si
guardò attorno e abbassò il volume della voce.
«Ho seguito un paio di Corvonero
del mio anno che andavano... scendevano nel seminterrato al posto di
venire a
fare colazione». Il suo tono cospiratorio mi faceva quasi
venire da ridere.
Voleva giocare alla zero zero strega.
«E
cosa hai scoperto» chiesi
curioso.
A
questo punto Lily sbuffò
«Niente», ma aveva le guance rosse e forse non era
proprio la verità.
«Dai,
parla» ordinò Hugo.
«Hanno
una relazione con due
Tassorosso del sesto anno» confessò alla fine,
facendoci fare una grassa
risata. Con lei la privacy era una cosa sottovalutata o superflua.
Finita
la colazione Albus,
Rose e io ci trovammo ad andare a lezione i Difesa contro le Arti
Oscure. «Hai
trovato gli appunti?» chiese Albus.
«Li
ha Rose, erano nel primo
cassetto della scrivania» risposi tranquillo.
«No.
Non c'erano» affermò
Rose bloccandosi a metà corridoio. «Io pensavo che
li avessi già presi tu».
«No.
Non li ho» risposi, poi
mi si gelò il sangue per diversi motivi. «Questo
vuol dire due cose: che la
complice sa cosa stiamo facendo e sa chi siamo. Ha preso gli appunti e
il
libro. È qui, a Hogwarts» terminai con tono
lugubre. Fino a ora non avevo
realizzato sino in fondo quanto fosse reale questa persona.
Erano
in pericolo. Rose era
in pericolo. Se le fosse capitato qualche cosa non se lo sarebbe mai
perdonato.
---ooOoo---
Angolino
mio:
quindi,
siamo tornati a
scuola e ci siamo trovati in biblioteca.
Abbiamo
trovato un nuovo
indizio, ma nessuno ha notato una cosa?
Chi,
secondo voi, è il
Weasley più sveglio che noterà questa cosa
angosciante? E soprattutto, chi di
voi ha avuto un brivido leggendo questa cosa? (vediamo se siete svegli)
Rose
guarda Scorpius con
gli occhiali. Un pochino inquietante. E un pochino porcellina... ma
dalle
torto!
Ai
tre recensori, spero
che il vostro nick, così come è stato utilizzato
vi sia piaciuto.
Vi
rimando alla prossima
puntata.
Baciotti
|
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Capitolo 17 *** Aggressione negli spogliatoi ***
Ed
eccomi qui, per un nuovo capitolo!
Oggi
sono arrivata a 8 recensioni (9 con Pad_19 e la sua piccina
picciò) perciò, ho
deciso di postare questo capitolo che è troppo caldo per
lasciarlo sulla mia
chiavetta.
Grazie
a chi legge, recensisce, suggerisce, inserisce nelle liste e apprezza
questa
storiella. Grazie a Teresa (Elenri) per i banner e a tutti voi.
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Cercammo
in tutto il
dormitorio e poi in tutta la torre dei Grifondoro, ma dei miei appunti
sul
libro dove avevo trovato il primo indizio sulla maledizione che mi
aveva
colpito, non trovammo alcuna traccia.
«Spariti»
dissi mesto
gettandomi sul divano davanti al camino nella sala comune.
Rose
aggrottò la fronte.
«Cosa ti ricordi?» chiese.
Eravamo
nell'ora libera
subito dopo pranzo. Louis e Roxanne erano seduti sul tappeto, Lily
accanto a me
e Albus in piedi accanto al camino. Hugo e Rose dividevano la poltrona
accanto,
mentre Molly e Lucy erano appoggiate alla spalliera dietro di noi.
«A
cosa vi riferite? Al libro
sulle magie della Grecia Antica?» chiese Hugo. Rose
annuì.
«Posso
confermare che non si
trova nell'ufficio degli insegnanti, né in quello del
custode» disse Molly.
«E'
stato sottratto dalla
biblioteca. Da quel che mi ricordo, si trattava di un amuleto rotondo
con una
pietra quadrata al centro. Sembrava che questo oggetto fosse una specie
di
lente che faceva convergere l'odio di una persona e lanciava un raggio
contro
una determinata persona, al fine di causarne la morte»
spiegai.
«Una
specie di maledizione
senza perdono?».
«In
un certo senso, sì. Poi
ieri sera Rose ha trovato un libro che tratta di una pianta che produce
fiori
che, una volta secchi, si trasformano in bacche a pannocchie. Da queste
si
estrae un succo. Sembra che ci vogliano due settimane per far assorbire
il
colore di questo succo sulla pelle, esattamente come è
successo a me».
«Quindi
pensi che abbia unito
la forza dell'amuleto con questo succo?» chiese Louis.
«Secondo
noi, è più che
probabile» si intromise Rose. «C'è una
ditta che sta sperimentando degli
incroci di piante per ottenere delle varianti del succo di queste
bacche. Può darsi
che abbiano trovato qualche cosa che assieme a quell'amuleto, possa
dare questo
risultato» terminò indicandomi.
«Possiamo
contattarli e
chiedere notizie sui loro esperimenti. Dove si trova questa
ditta?» chiese
Roxanne.
«Little
Hangleton» rispose
Albus. Avevo la
strana sensazione di
conoscere questo luogo ma non riuscivo a ricordare dove l'avevo
sentito.
Qualcun altro singhiozzò a sentirlo.
«Il
paese di origine di
Voldemort?» pigolò la voce tremante di Lucy.
«Ecco!
Non riuscivo a
ricordare dove l'avevo già sentito» dissi
battendomi il palmo sulla fonte.
«Hai
ragione, Lucy!» confermò
Albus.
«Come
ho fatto a non
collegare?» borbottò Rose.
«Credete
che centri
Voldemort? Qualcuno dei mangiamorte sopravvissuti?». La voce
di Lily rese
l'idea della paura che serpeggiava tra la tribù in quel
momento.
È
vero che erano figli degli
eroi, di una famiglia che aveva lottato attivamente per liberare il
mondo
magico, ma avevano pagato il prezzo del sangue e questo era da monito
all'esaltazione dell'avventura. Era bella ma c'era anche il rischio da
non
sottovalutare.
«Non
credo, altrimenti non
sarei stato colpito, in quanto Serpeverde oppure, se voleva vendicarsi
della
mia famiglia mi avrebbe ucciso, non trasformato in questo»
cercai di stare
tranquillo, anche se avevo un brivido di paura che mi scorreva lungo la
schiena.
«Allora
dovremo indagare
sulla pianta?» chiese Hugo.
«Potremmo
cominciare a
chiedere al professor Paciock. Neville non ci negherà una
risposta» propose
Albus. Io annuii concorde e così anche gli altri.
Ci
organizzammo per i giorni
successivi. Lily, Roxy, Hugo e Molly, con l'aiuto della mappa dei
Potter,
avrebbero controllato nei dormitori, per trovare il libro. Lucy e Louis
avrebbero cercato negli uffici e nelle aule. Io, Rose e Albus avremmo
interrogato
Neville Paciock e avremmo continuato a cercare notizie in biblioteca.
Eravamo
tutti d'accordo che, se l'origine della maledizione era Little
Hangleton, il
complice poteva essere una ragazza che frequentava Serpeverde. Se fosse
stato
vero, mi sarei sentito tradito.
Nei
giorni successivi ci
trovammo a intervalli regolari per sentire i rapporti delle indagini di
ciascun
gruppo. Obbiettivamente i più divertenti erano Lily e Roxy
che costringevano
Hugo a fare da palo con il mantello invisibile, che si erano fatti
inviare da
Harry Potter, per poter introdursi nei vari dormitori. Più
di una volta furono
quasi sorpresi a perquisire le varie stanze.
Entrare
in Corvonero era
stata un'impresa non da poco, visto che erano sgattaiolati insieme a
uno della
casa. Si erano messi a guardare dentro il dormitorio delle ragazze con
Albus ai
piedi della scala. Lì avevano beccato una coppia di ragazze
in atteggiamenti
intimi e si erano “godute” le loro evoluzioni per
tutto un pomeriggio.
«Giuro
che mi è venuta la
nausea. Se una ragazza mi si avvicina più di tre metri,
giuro che la affatturo»
esclamò Roxanne dopo il racconto agli altri. Esplose un
risolino più o meno
allegro da parte di tutti.
«Ma
che snob che sei! Se
quelle due si amano, chi siamo noi per dire il contrario?»
dissi in un ampio
spirito liberale.
«Non
è per loro. Hanno tutta
la mia stima... ma stare lì ad ascoltare come una guardona,
non è il massimo
della vita!» disse Lily dando man forte alla sua compagna di
sventura.
Setacciarono
completamente i
dormitori femminili di Tassorosso e Corvonero ma non trovarono nulla.
Nel
frattempo ci trovavamo a
seguire lezioni sempre più impegnative, studi sempre
più estenuanti e
allenamenti sempre più sfiancanti.
I
giorni passavano e ci si
avvicinava alla partita contro Serpeverde. Blaike non mi aveva
più minacciato.
Anzi, non l'avevo più incontrato neanche a lezione. Non era
malato ma non si
faceva vedere in giro. Pareva non fosse più nella scuola.
Sembrava
quasi un sogno
quando arrivammo agli spogliatoi. Se mi avessero chiesto un resoconto
dettagliato di quello che avevo fatto negli ultimi giorni o anche solo
nelle
ultime ore, non avrei saputo rispondere. Era tutto confuso e nebuloso.
Ero
stanco. Dannatamente stanco. Erano ormai dei mesi che dormivo poco e
male. E
con l'impegno aggiuntivo del quiddich, rischiavo davvero di crollare da
un
momento all'altro.
Una
volta che fummo tutti in
fila, pronti a entrare in campo, Albus fece le ultime raccomandazioni.
Stancamente. Ci eravamo spremuti come limoni agli allenamenti e ora ci
trovavamo
a gareggiare con le energie al lumicino.
«Inforcate
le scope! Liberate
il boccino, i bolidi... la pluffa!».
Non
appena la palla rossa
volò in aria mi affrettai ad afferrarla e partii diretto
alla porta avversaria,
deciso a strappare un centro nei primissimi minuti della gara. E a
difendere i
cerchi mi trovai davanti il capitano: Blaike. Era tornato e mi
aspettava.
Lo
vedevo seguire fermo i
miei movimenti e le mie finte. Lanciai con rabbia nel cerchio di destra
e lui
si gettò a intercettare la pluffa che finì
facilmente nelle sue mani.
Rilanciata,
dovetti inseguire
i cacciatori e riprendere la palla, strappandola quasi dalle mani di
chi aveva
preso il mio posto in squadra.
Mi
gettai a capofitto,
interrompendo la picchiata con un avvitamento ascendente sulla destra.
Questa
manovra mi permetteva di sbilanciare il portiere che si spostava a
coprire il
cerchio corrispondente, mentre io, con un tiro molto angolato, centravo
il
cerchio di sinistra.
«Goal!
Dieci punti a
Grifondoro!» esclamò lo speaker. «Primo
centro della partita grazie a una
sorprendente azione della cacciatrice d'oriente! Solo una volta avevo
visto una
cosa simile: era una manovra di Scorpius Malfoy, ma d'altronde, i due
sono
cugini! Buon sangue non mente!».
Maledizione!
Se continuavo in
questo modo, mi avrebbero scoperto.
Infatti
Blaike si bloccò un
attimo e mi guardò fisso, prima di riprendere a concentrarsi
sulla partita.
I
minuti sembrarono
rallentare, inversamente alle azioni e ai miei pensieri che invece
erano
velocissimi. Passavo la pluffa, la riprendevo, ostacolavo i cacciatori
avversari, sviavo i bolidi e segnavo nei cerchi avversari passando
accanto a
uno Zabini sempre più irritato.
Dopo
venti minuti eravamo
quaranta a trenta per i Grifondoro. Eravamo veloci ma non brillanti
come nella
prima gara contro i Tassorosso. Louis era un pochino appannato e James
Percy
sembrava non essersi completamente ripreso dalla brutta influenza che
aveva
appena passato.
Mi
stava arrivando un bolide
addosso ed io avevo preso troppa velocità per fermarmi,
così cambiai direzione
con una giravolta avvitata. Alcuni movimenti sulla scopa mi venivano
molto più
naturali di altri.
Finalmente
si sentì un boato
di eccitazione mentre vedevo i due cercatori fiondarsi su un punto.
Sperai con
tutto il cuore che fosse il boccino, in modo da finire con quella
partita
terribile. Louis segnò in quel momento e guardai verso il
portiere di
Serpeverde. Blaike aveva le sopracciglia aggrottate e le labbra
strette,
espressione tipica di quando era furente, ma guardava me. Non osservava
niente
altro, né Louis che esultava per l'ultimo goal,
né i cercatori che stavano per
raggiungere il boccino, né la pluffa che doveva recuperare.
«Sessanta
a trenta per i
Grifondoro, ma ecco che Biggs e Potter si lanciano per catturare il
boccino d'oro.
Sembra che Biggs sia più vicino ma Potter è a
un'incollatura. Stanno spingendo
come forsennati su quelle scope... forza ragazzi! Ecco il boccino, le
mani si
allungano e...».
Chiusi
gli occhi per un
istante, pregando che Albus riuscisse nell'impresa. Era dietro di una
decina di
centimetri ma aveva più velocità, poteva farcela.
«Biggs
cattura il boccino!
Serpeverde vince contro Grifondoro, centottanta a sessanta!».
Riaprii
gli occhi deluso e
planai dolcemente a terra nello stadio, attorniato dai miei compagni di
scuola.
«Non
importa Albus. Abbiamo
vinto con Tassorosso e perso con Serpeverde. Se vinciamo con Corvonero
abbiamo
buone opportunità. Serpeverde aveva perso l'altra
partita». Oliver Trislot
blaterava di classifiche e partite ma noi eravamo più
depressi.
Sia
io che Roxanne e Louis
eravamo stanchissimi, per non parlare di Albus che trascinava i piedi
come se
fosse stato sveglio tutto il tempo degli ultimi quindici giorni e
probabilmente
era così. Questa ricerca sulla mia maledizione era
estenuante per tutti noi e
ci stava rimettendo anche il quiddich e lo studio in generale: Rose
aveva preso
una O (oltre ogni previsione) per Rune Antiche abbassando i suoi soliti
E
(eccezionale). Dovevamo assolutamente sospendere le incursioni notturne
in
biblioteca, almeno per qualche tempo, prima di crollare del tutto.
Entrando
negli spogliatoi,
come al solito, lasciai a Rose e Roxy l'uso delle docce e mi spogliai
infilandomi l'accappatoio per essere pronto al cambio, non appena loro
fossero
uscite per vestirsi. In quel modo evitavamo momenti imbarazzanti e
pelli
scoperte.
Mi
ero appena infilato
l'accappatoio che la porta dello spogliatoio si spalancò con
un tonfo e un
Blaike furioso entrò di slancio e mi si avventò
contro.
Prese
i risvolti
dell'accappatoio e strinse avvicinando il mio naso al suo.
«Dimmi cosa ne hai
fatto!» ordinò. «So che è
dentro di te. Come spirito, anima o qualcosa altro ma
so che c'è! Tiralo fuori!».
«Blaike»
provai a dire ma di
nuovo mi interruppe.
«Non
parlarmi con quella
voce! Io voglio parlare con Scorpius! Tira fuori Scorpius!»
disse ancora
stringendo la spugna.
Sentii
il tonfo leggero dei
piedi e riconobbi il profumo di Rose.
«Lascialo,
Zabini! Non può
far uscire Scorpius!». Il braccio chiaro della rossa si
infilò tra di noi e
cercò di allontanare Blaike da me.
Arrossato
dalla rabbia, prese
il suo polso e la strattonò, facendo slacciare l'asciugamano
che la copriva in
modo precario e lasciandola nuda.
«Lasciala,
Blaike!» urlai
spingendolo lontano e avvolgendo Rose tra le mie braccia.
«Tutto bene?»
sussurrai carezzandole il polso arrossato. Lei si limitò ad
annuire. Mi voltai
ancora verso Zabini e feci scivolare Rose dietro le mie spalle per
coprirla.
«Allora
lasciami parlare con
Scorpius» mi sfidò lui.
Roxanne
entrò in quel momento
e corse a portare un asciugamano alla cugina che tremava dietro di me.
«Sono
io Scorpius, emerito
imbecille!». Blaike rimase a bocca aperta, di sale, fermo e
incredulo a
guardare la mia faccia, prima di mettersi a ridere.
«Smettila
di prendermi per il
culo!» urlò ancora il mio amico.
«Non
ti sto prendendo in
giro. Vuoi che ti dica qualche cosa che sappiamo solo noi? Tipo che
prima i
metterti con Lucinda ti eri scopato sua madre? E che poi eri
terrorizzato che
lei lo venisse a sapere? Sono Scorpius e ora te lo
dimostrerò» urlai di
rimando, arrabbiato. Mi voltai di scatto verso Rose che si era appena
ricoperta
e la presi di nuovo tra le braccia prima di baciarla con tutta foga e
la voglia
che avevo alimentato per tutti quei mesi.
Socchiusi
gli occhi e vidi
che lei li aveva ancora spalancati per la sorpresa. Dopo qualche
secondo le
vidi abbassare le palpebre e lasciarsi andare.
Le
sue labbra erano
morbidissime e cedevoli e io cominciai a sentirmi molto coinvolto. Non
mi
interessava più chi stava a guardare. Potevano fare quel che
volevano. Io ero
lì, in uno spazio onirico con la ragazza dei miei sogni tra
le braccia.
Feci
una leggera pressione
con la lingua e lei socchiuse la bocca consentendomi
l’entrata. Il bacio si
fece ancora più profondo e più torrido. Le
braccia di Rose mi avevano
circondato il collo, appoggiando le dita alla nuca. Il suo asciugamano
si era
slacciato di nuovo ed era sostenuto solo dai nostri corpi attaccati e
dalle mie
mani che vagavano febbrili sulla sua schiena.
Quando
fummo in debito di
ossigeno, mi staccai lentamente, mantenendo gli occhi chiusi per
gustarmi
ancora il suo sapore e la sensazione di essere un normale ragazzo che
baciava
la ragazza che gli piaceva.
«Scorpius»
sospirò Rose a
mezza voce.
Era
come la rottura di un
incantesimo. Aprii gli occhi di scatto, convinto di vedere i suoi
ancora chiusi
ad immaginarsi una figura che non c’era. Questo faceva male,
perché sembrava
affascinata da me solo quando mi guardava attraverso quelle maledette
lenti.
Volevo essere io, con tutti i miei difetti, non il mio corpo perfetto e
il mio
faccino dannatamente bello. Ormai non ero più io quello.
Invece
lei era lì e mi
guardava con gli stessi occhi di qualche sera fa, carezzandomi la
guancia come
aveva fatto alla tana. Per la prima volta mi guardava senza occhiali
magici.
Il
mio cuore diede una
accelerata di colpi, così repentina che a distanza di anni
ancora mi chiedo
come abbia fatto a non morire sul colpo per un infarto. E fu il mio
turno di
arrossire furiosamente.
«Rose…».
Cosa potevo dirle?
Che non volevo? Non ero tanto imbecille da dire una
bestialità simile, perché
io lo volevo con tutto il cuore. Era stato un errore? Neanche per idea!
Mi ero
approfittato di lei? Questo sì ed era per questo che ero
mortificato. Non avrei
dovuto prendere l’iniziativa e violarla in questo modo.
Ci
stavamo guardando negli
occhi mentre i nostri respiri si stavano normalizzando. Piccoli ansimi
fievoli
uscivano dalle sue labbra rosse e gonfie per colpa mia. Feci scorrere
il
pollice sul labbro inferiore e lei sorrise. Forse non si sentiva tanto
violata,
allora.
«Ehm…»
si schiarì la voce
Blaike.
Entrambi
ci girammo verso il
nostro pubblico. Zabini aveva un sorrisino lievemente sardonico e dalla
luce
dei suoi occhi, compresi che mi aveva creduto su tutta la linea. Roxy
era ancora
a bocca aperta stile pesciolino rosso.
E
per lei fu Rose a
intervenire. «Roxanne, chiudi la bocca».
«Bello
spettacolo, Scorpius.
Potevate anche essere lesbiche per quanto mi riguarda… a
pensarci bene mi sono
anche un po’ eccitato. Ma sicuramente nessuno sapeva di me e
Geltrude» fece un
sorriso prima di rannuvolarsi ancora. «Si può
sapere cosa diavolo è successo?
Come fai a essere così? Sapevo che non eri andato nella
scuola degli Emirati
Arabi. La scorsa settimana sono andato là a
indagare».
«Cosa
hai fatto?» berciai
rimanendo allibito. Blaike aveva lasciato la scuola per cercarmi?
«C’era
qualche cosa che non
quadrava e tu non rispondevi ai miei gufo. Questi tornavano indietro
con la
dicitura ‘destinatario sconosciuto’ non ci capivo
più niente! Così ho chiesto
un permesso e mi sono fatto accordare una passaporta per la scuola
fondata da
Abdul Alhazred, la più grande e di prestigio di quella zona.
Non saresti andato
a frequentare niente di meno».
«Accidenti!
Hai studiato»
commentò Rose, sempre accanto a me. Mi sembrava
così naturale avere il braccio
attorno alla sua vita che non lo avevo ancora rimosso e lei non si era
scostata. Sorrisi pensando a quello che avevo detto a suo cugino e
Blaike
sembrò capire il filo dei miei pensieri perché
fece un piccolo sorriso sornione
guardando la mano appoggiata alla sua figura poi si inchinò.
«Grazie
madamigella. Comunque
la preside Manaar Favah non ha mai sentito parlare di Shaula Girtab e
neanche
di Scorpius Malfoy… ma mi ha fatto notare una cosa che non
avevo collegato:
Shaula e Girtab sono due stelle della costellazione dello scorpione…
è stata tua madre, vero?».
«Sicuro
di non essere un
Corvonero travestito?» chiese Roxanne svegliandosi dalla
trans dove era caduta
alla vista del bacio.
Rose
cominciò a tremare leggermente
tenendosi l’asciugamano più stretto al suo corpo.
«Meglio
che fai rivestire la
tua ragazza, Scorp, noi parleremo dopo» disse subito Blaike e
uscì veloce come
quando era entrato.
Mi
voltai a guardare Rose che
era arrossita furiosamente.
«Ha
ragione, stai tremando.
Io vado a farmi la doccia, voi due asciugatevi e vestitevi in fretta.
Abbiamo
tutti bisogno di qualche cosa di caldo» mormorai frizionando
le braccia nude
della rossa. Poi corsi letteralmente in bagno prima di fare qualche
cosa di cui
mi sarei immensamente pentito.
Ci
misi un bel po' prima di
uscire dal bagno. Non avevo il coraggio di affrontare Rose. Cosa potevo
dirle?
Che era una splendida ragazza? Che mi piaceva? Bah! Un grosso sospiro
di
incoraggiamento non fu così incoraggiante, ma non potevo
restare rintanato qui
in eterno, perciò presi coraggio ed uscii arrivando nella
stanza dove... non mi
aspettava nessuno. Ridacchiai. Mi ero fatto tanti problemi e invece le
altre
erano già andate al castello. Avevano fatto bene. Avevano
preso tanto freddo e
dovevano scaldarsi in fretta, prima di ammalarsi seriamente.
Mi
cambiai in fretta e corsi
al castello. Non incontrai nessuno fino all'atrio dove, da dietro una
colonna,
spuntò Blaike.
«Vieni
con me» ordinò solo e
mi spinse verso l'aula undici che una volta era stata usata da un
centauro
assunto come professore di divinazione.
«Raccontami
tutto» disse una
volta chiusa la porta.
«Mi
fa piacere che vuoi così
tanto la mia compagnia» dissi ironico.
Poi
cominciai a raccontare
«E' successo tutto alla festa delle stelle. Ho visto una
ragazza bellissima ma
credevo di essere ubriaco perso. Mi sembrava di guardarla come se fosse
dietro
un vetro smerigliato: i suoi contorni non erano distinguibili e non
riuscivo a
vedere chiaramente i suoi lineamenti. Avevo un'immagine di insieme dove
quella
bionda era davvero una gran figa» descrissi agitando le
braccia grassocce.
«Gran
figa? Adesso ti
riconosco» disse soddisfatto il mio amico.
«Comunque
me la sono fatta.
Solo che il mattino dopo era davvero una cessa. Oltretutto era bruna,
scura e
brutta come una crosta marcescente. Una cosa ributtante»
conclusi.
«Conoscendoti,
mattina dopo
sbronza e cesso nel letto, direi che non ti sei comportato da
gentiluomo.
Sbaglio?».
«Colpito
in pieno. L'ho
insultata e derisa e l'ho sbattuta fuori dal letto. Lei in risposta mi
ha detto
che avevo un anno per far innamorare una ragazza di me e innamorarmi a
mia
volta, altrimenti sarei rimasto così, impossibilitato a fare
ciò che mi
piaceva. Io pensavo che si limitasse a questo aspetto, invece ho
scoperto che
alla fine dell'anno mi aspetta madama morte» dissi tetro.
«Ti
ha fatto bere una
pozione?».
«No.
È stata una luce blu che
mi ha colpito al centro del petto. Mi è venuto un livido ma
non è successo
niente, sino a quando non si è assorbito tutto, dopo circa
quindici giorni.
Allora sono andato a dormire e al mattino mi sono trovato
così».
«E
da quel momento non ti sei
più fatto vedere né sentire. Non credi che
avremmo potuto aiutarti? Cercare la
soluzione con te? Esserti amico. Hai allontanato anche me e noi ci
conosciamo
da tutta la vita!» protestò.
«Blaike,
per favore! Tu mi
saresti stato vicino ma gli altri mi avrebbero solo preso in giro e
allontanato
come un essere che non era più degno della vostra
attenzione» replicai.
«Forse
gli altri sì... ma
Goyle, no» e si mise a ridere.
«Allora
lo sai?» chiesi.
«Che
ti ha baciato? Puoi
giurarci! Ha fatto venire una crisi isterica a Nigel e Lucinda. Abbiamo
anche
dovuto promettere di trattarti bene e non vessarti troppo».
«Cosa
che non ti ha esentato
dal minacciarmi» gli ricordai. Lui fece spallucce incurante.
«Non
so a cosa ti stai
riferendo. Io volevo solo trovare il mio amico» disse e, con
un gesto impulsivo
decisamente strano per lui, mi abbracciò fraterno.
«Mi
sei mancato» mormorò.
«Mi
sei mancato anche tu»
risposi a lui e al suo abbraccio.
Chiacchierammo
ancora un poco
di cosa era accaduto nella casa dei Serpeverde.
«E
così sei un Grifondoro?
Davvero Scorp?».
«Ho
provato anche a
corrompere il cappellaccio ma lui non ha desistito e mi ha mandato
nella casa
rossa» feci spallucce concludendo.
«In
effetti, mostrarsi in
questo stato, ci vuole coraggio e anche tanto. Ma sei nel dormitorio
femminile?». Appena annuii lui scoppiò in una
grassa risata battendomi una
manata sulla spalla.
«Grande!
Tutte quelle
chiappette sode e quelle tettine che ti ballano davanti al naso. Quasi
ti
invidio. Che poi la Weasley non mi sembra neanche piatta. Ottimo
gusto»
concluse.
«Ci
credi che non mi fa più
effetto? È come aver avuto l'indigestione, non riesco
più a arraparmi neanche
davanti a Meredith e Anne e ti assicuro che loro girano per il
dormitorio più
nude di un verme».
«Neanche
la Weasley? Da come
l'hai baciata, quella ti ha smosso molte cose dentro e fuori»
disse sornione.
Sospirai.
«Rose è diversa. È
una Grifondoro con i controfiocchi, generosa e coraggiosa, testarda e
accomodante e molto intelligente».
«E
ti piace, non solo per
farci un giro» concluse ovvio.
«Non
posso. Lei si fida di me
e si sta dedicando con tutta se stessa a cercare la soluzione per
eliminare
questa maledizione. Non posso approfittarmi di lei in questo modo, non
sarebbe
onesto».
«Hai
detto che ti devi
innamorare e far innamorare di te. Hai trovato una ragazza perfetta,
cosa c'è
di sbagliato o disonesto?».
«Farei
leva sul suo spirito
Grifondoro e non voglio. Se deve innamorarsi voglio che sia per me, non
per
salvarmi».
«Orgoglio
stupido. Adesso
capisco perché sei finito tra i grifoni! Torniamo al
problema principale. Cosa
posso fare per aiutarti».
Gli
raccontai tutto quello
che avevamo scoperto in biblioteca e il fatto di avere parecchi
volontari ad
aiutarmi.
«Tutti
i Weasley? Ecco perché
la piccola Potter me la trovo dappertutto. È fastidiosa come
una zecca».
«Forse
segue Lucinda e le
altre» le spiegai.
«Quindi
mi dici che è sparito
il libro dove avevi trovato alcuni indizi? E anche gli appunti che
avevi
preso?». Annuii.
«Posso
controllare nel
dormitorio dei Serpeverde» si offrì.
«Sarebbe
perfetto, visto che
Roxanne e Hugo non sono riusciti a entrare lì
dentro» confermai.
Continuammo
a parlare ancora
per qualche minuto poi ci avvicinammo alla porta e uscimmo, il braccio
di
Blaike sulle mie spalle, io e lui che ci sorridevamo complici,
finalmente amici
ritrovati. E in questa immagine idilliaca ci trovammo davanti Lucinda
McNair,
Claire Nott e Theodore Goyle che ci guardavano allibiti.
Dopo
qualche secondo di
silenzio, Lucinda sibilò infuriata: «Togli quel
braccio».
«Non
è come sembra» tentò di
difendersi Blaike, togliendo immediatamente il braccio dalle mie
spalle. Mi ero
appena raccomandato di non dire niente a nessuno, neanche alla sua
ragazza e
adesso, quasi me ne pentivo. Lucinda riusciva a essere spietata e lui
avrebbe
sofferto parecchio prima di riuscire a rientrare nelle sue grazie.
«Se
Scorpius avesse avuto
tanti galeoni quante le volte che ha ripetuto questa frase, sarebbe
diventato
più ricco di Creso e credo che tu abbia imparato troppo da
lui» commentò
Claire. A quelle parole mi venne da ridere, sebbene cercassi di
contenermi.
«Taci
tu, prostituta! Lui è
il mio ragazzo e tu non hai diritto di mettere i tuoi luridi artigli
sopra»
urlò Lucinda perdendo ogni traccia di calma.
«Tu,
Shaula. Pensavo ci fosse
qualche cosa tra noi, invece hai giocato con il mio cuore. Sei una
stronza»
sbottò Theo con gli occhi lucidi mentre mi guardava con
delusione.
Se
da un lato mi sarei
liberato di quella piattola, non volevo che Blaike ci andasse di mezzo.
Nonostante il suo modo leggero di comportarsi, ci teneva davvero tanto
a
Lucinda e non aveva più guardato nessuna altra da quando si
era messo insieme a
lei. Dovevo trovare una soluzione.
«Non
voglio Zabini, non è il
mio tipo. Io sono innamorata di un'altra persona».
«Chi?»
chiese Goyle
speranzoso.
«Rose
Weasley» intervenne
Blaike.
Tutti
spalancarono la bocca.
Anche io.
---ooOoo---
Angolino
mio:
okay,
cominciamo dal fondo. Blaike si è difeso e Scorpius si
è trovato nei guai.
Adesso è lesbica.
Il
bacio tra lui e Rose?
E
lui assurdamente onesto che non vuole approfittarsi di Rose. Ma davvero
si
approfitterebbe?
Nessuno
si è ricordato del paese dove vivevano i Riddle. Come
Scorpius ha escluso
subito che si tratti di un Serpeverde. Forse ha ragione, forse
no…
Aspetto
vostri commenti per questo capitolo. Dubito di postare presto il
prossimo
capitolo. Sono in fase di meditazione e non sarà pronto tra
due giorni.
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 18 *** Sette colli sul petto ***
Nuovo
capitolo, passo avanti.
Credevo
di metterci di più e invece sono stata nei tempi giusti.
Grazie
per aver letto, commentato, suggerito, inserito nelle liste e, spero,
apprezzato questa storia. Grazie a Elenri per i banner che ci
accompagnano e
aiutano visivamente la storia e...
beh,
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Ma
cosa aveva in mente
Blaike? Segatura?
«Allora,
Shaula, sei
lesbica?» chiese Claire sogghignando.
No,
pazienza il grasso, la
bruttezza, il trucco, la depilazione, gli occhiali, la cellulite, i
vestiti
enormi ma anche essere tacciata come lesbica? Questo no. Mi rifiutavo e
Zabini,
il mio nuovo ex amico, me l'avrebbe pagata.
Abbracciai
il busto del mio
amico guardando sorridente gli altri «Avevo bisogno di un
consiglio e Scorpius
mi ha detto che lui era il migliore per poter chiedere, così
sono venuta a
cercarlo. Grazie, caro» pigolai adorante per poi schioccargli
un bacio sonoro
sulla guancia.
Alle
mie spalle sentii
ringhiare distintamente e soffiai nell'orecchio di Blaike
«Adesso sono tutti
problemi tuoi».
«Blaike,
torniamo nel
dormitorio» ordinò Lucinda inviperita.
«Subito!».
Il
ragazzo si slacciò da me e
mi passò a fianco sillabando un ‘Questa me la
paghi’. Appena ritrovati e già ai
ferri corti. Direi che questo era quasi un record. Cercai di trattenere
il
sorriso che mi stava uscendo e forse nessuno si accorse degli angoli
della
bocca tirati all’insù. Ero quasi sicuro che non mi
avrebbe fatto nulla. Quasi
sicuro…
Mi
diressi verso la torre dei
Grifondoro al settimo piano. Dovevo assolutamente parlare con Rose di
quanto
era accaduto e rassicurarla della mia buona fede. Non le avrei mai
imposto
niente.
In
realtà ero un po' agitato.
Se prima non mi risolvevo ad uscire dalla doccia, ora le scale mi
sembravano
ostacoli difficili da superare.
L'energia
che avevo sentito
parlando con Blaike era sparita. Mi ero sentito sicuro con lui, ma
adesso,
affrontare Rose e quello che era successo... il coraggio era andato a
farsi
benedire parecchio lontano da qui. Quando arrivai davanti al ritratto
della
Dama Grassa, ero senza fiato e, nel momento in cui soffiai la parola
d'ordine,
il quadro era vuoto. E adesso come entravo?
«Problemi,
Malfoy?»
cincischiò Pix volteggiando sopra la mia testa. Oh, mamma!
Con tutti quelli che
potevo incontrare, proprio Pix? Quello che ci godeva così
tanto a rompermi le
pluffe?
«Pix...
caro amico» cercai di
blandirlo.
«Amico?
Non sei tu che hai
chiesto al barone di non tormentarti più?».
Già,
quella non me la
ricordavo. Non credevo che avesse ascoltato, ma era vero, da allora non
si era
più messo sulla mia strada, come se mi avesse evitato
apposta.
«Però
adesso c'è un anno
nuovo e le promesse vecchie non valgono più!»
ghignò il poiltergeist e mi gettò
addosso un calderone pieno di una sostanza giallastra e puzzolente.
«Signorina,
che succede» fece
la voce stridula della Signora Grassa, appena tornata. Diciamo che la
voce del
ritratto faceva concorrenza alla mia. Se volevamo far accapponare la
pelle,
bastava cantare in coppia.
«E'
stato Pix!» sbraitai
indicando per aria.
«Dove?».
Guardai in giro, in
alto e per controllo, anche sotto la sottana (non si sapeva mai dove
poteva
spuntare) ma il poiltergeist non c'era più.
In
compenso mi erano
cresciute delle strane protuberanze in varie parti del corpo. Oddio,
cosa era
successo?
«Moontastic»
dissi
la parola d'ordine e non
appena il ritratto si aprì e liberò il buco di
entrata mi fiondai dentro. Il
brusio che mi accolse venne tacitato in pochi secondi mentre i compagni
di casa
si giravano a guardarmi.
«Girtab,
chi è stato?» chiese
un primino cercando di trattenere un risolino.
«A
fare cosa?» squittii.
«A
farti diventare il sogno
proibito di tutti i maschi di questa terra... o di tutti i
neonati» ululò
Thomas dall'altra parte della sala.
Cosa
era successo adesso?
Corsi
nella camera e mi
fiondai nel bagno davanti allo specchio.
Era
possibile peggiorare? Non
lo credevo ma la risposta era proprio un sì.
«Cosa
succede, Shaula?». Era
la voce di Daisy dietro la porta. Subito corsi a chiuderla.
«Posso
entrare?». Oh, no!
Proprio no!
«Non
sono presentabile»
gracchiai. Ero tutto sudato. E adesso come potevo fare? Come potevo
uscire da
lì?
«Shaula,
ti prego. Mi
scappa!» piagnucolò. Che fare? Rischiare una
perdita maleodorante in camera o
una umiliazione ulteriore per il sottoscritto.
Un
sospiro accompagnò
l'apertura dell'anta e la brunetta poté guardarmi in tutto
il mio nuovo
splendore.
«Ahrgh!»
urlò spaventata.
«Calma,
Daisy» provai, ma lei
girò gli occhi e cadde a terra come un salame.
«Che
succede?» chiese Anne
entrando in camera e vedendo subito Daisy riversa sul pavimento.
«E’
svenuta» risposi ovvio.
«Perch…»
non riuscì a finire
di fare la domanda che subito iniziò a ridere come una
pazzoide schizzata,
quale era la sua vera natura, secondo la mia modesta opinione.
«Ah,
ah, ah, ah» continuò in
questo modo per almeno cinque minuti, asciugando di tanto in tanto le
guance
dalle lacrime copiose che scendevano dagli occhi e la facevano sembrare
a un
panda triste per tutto il mascara sciolto.
«Piantala»
ordinai annoiato.
Ero talmente abituato agli scherni degli altri che ormai neanche le
risate
sguaiate mi facevano effetto. Quelle di Anne un pochino sì,
ma questo perché lei
era congenitamente antipatica.
In
quel momento entrò anche
Rose che si bloccò sulla porta ad osservare
l’intera scena. Di tutte le persone
che avrei voluto vedere in quel momento lei era decisamente
l’ultima.
«Daisy…
è svenuta sul
pavimento» mormorò come se quella fosse la cosa
più strana di tutte. Okay,
forse era la più preoccupante, ma anche io non stavo tanto
bene. Oltretutto mi
sentivo ancora maleodorante e appiccicaticcio per la brodaglia gialla
che mi
aveva lanciato Pix.
«Sì,
scusami… è solo che
guardandola… non si resiste…»
singhiozzo Anne, facendosi superare da Rose che
si inginocchiava sul pavimento per soccorrere la brunetta.
«Reinnerva» dichiarò
la rossa e Daisy iniziò subito a sbattere gli
occhi.
«Oh,
cielo. Sono svenuta
guardando Shaula» mormorò contrita prima di
voltarsi verso di me «Scusami… non
volevo essere maleducata».
«Non
ti preoccupare, direi
che battere Anne è molto difficile» sibilai
guardando l’altra in tralice, ma
lei sembrò non darsene peso.
«Ti
senti bene o vuoi andare
in infermeria?» chiese Rose preoccupata.
Daisy
scosse la testa
rialzandosi lentamente «No, sto bene».
Mi
guardò intensamente ancora
per un attimo, stringendo le labbra, quasi a voler dire qualche cosa,
poi
cedette. «Meglio che ci porti lei».
«Certo»
aggiunse la rossa in
fretta, prima di prendermi per la manica che non era macchiata e
trascinarmi
fuori dal dormitorio.
Non
disse una parola durante
la discesa nella Sala Comune e neanche uscendo nel corridoio del
settimo piano,
tenendo il passo sostenuto.
«Rallenta,
Rose. Con tutta
questa ‘cosa’ non riesco a correre»
protestai.
A
quel punto si voltò verso
di me e incrociò le braccia con un cipiglio scuro tra
l’accusatorio e il
preoccupato.
«Cosa
ti è successo questa
volta? Hai incontrato di nuovo la strega o la sua complice? Oppure
sentivi che
ti mancava qualche cosa da quando sei stato trasformato?»
chiese indicandomi
vagamente.
«Non
credi che apprezzerei di
più su qualcun altro che non su di me?» feci io di
rimando. «E’ stato Pix. Mi
ha versato una cosa puzzolente addosso» borbottai.
«Beh,
allora credo che in
infermeria ti sistemeranno. Andiamo» incitò e
riprese a scendere sino ad
arrivare alla porta che immetteva nel reparto sanitario di Hogwarts.
«Signora
Warner?» chiamò
appena entrata.
Subito
la donna trotterellò
verso di noi e si bloccò a qualche metro di distanza, prima
di scoppiare a
ridere. Pure lei non si tratteneva? Che fine aveva fatto la
professionalità
delle persone?
«Mio
Merlino! Cosa le è
successo signorina Girtab?» chiese cercando di contenere le
risate.
«Pix.
Mi ha rovesciato
addosso il contenuto di un calderone» risposi secco.
«Che
le ha fatto crescere…
quante? Sette mammelle enormi?» biascicò cercando
di restare seria.
Se
prima il mio petto era
quasi una tavola piatta, con la mia prima, con la quale i reggiseni
erano un
optional di cui potevo fare a meno, adesso mi trovavo con un insieme di
poppe
da sesta, che mi riempivano tutto il tronco. In più i
capezzoli mi stavano
dando il tormento a forza di sfregare la stoffa della camicia dove
erano
costretti.
«La
prego, me li tolga prima
che si mettano anche a produrre latte!». L’ultima
cosa che avrei voluto era
essere munto come una mucca.
«In
effetti credo che
dovrebbe essere quello che le capiterà tra poco. Se non
sbaglio questa è la
pozione inventata da una donna che non aveva latte per i suoi gemelli.
Così si
fece crescere altre mammelle e produsse abbastanza latte per
loro».
«Mi
dica che ha allattato
solo per pochissimo tempo!». Non osavo pensare di trovarmi
con
quell’armamentario sul davanti per mesi.
«Otto
mesi se non ricordo
male» rispose sorridendo l’infermiera.
Io
sbiancai e Rose scoppiò a
ridere con allegria. Grazie per la comprensione.
«Non…
non dovrò tenermele per
otto mesi… vero?» balbettai con le lacrime agli
occhi. Avrei anche giurato un
pellegrinaggio a piedi a Camelot, purché qualcuno mi
liberasse da tutto questo!
«Meglio
che vada, visto che è
in buone mani» disse allora Rose, mentre la signora Warner mi
invitava a
togliermi i vestiti. «Verrò a trovarti
domani» promise, prima di chiudere la
porta dietro di sé.
«La
signorina Weasley sa chi
è lei in realtà?».
«Sì.
Tutti i Weasley ne sono
a conoscenza. Mi hanno scoperto o hanno sentito il signor Potter
parlarmi
attraverso il camino».
Ormai
ero a torso nudo e non
avevo mai visto niente di così osceno. Se davvero il seno
grosso era il sogno
di ogni ragazzo al mondo, decisamente sette poppe insieme facevano
davvero
senso. Non avrei mai più apprezzato la vista di un paio di
zizze come prima.
Beh, forse quelle di qualcuna di particolarmente carina,
sì…
«Beva
questo e poi si spalmi
questa pomata su tutto il petto. Quando ha finito mi chiami che la devo
fasciare» mi disse, consegnandomi la fialetta e il vaso e
tornando nel suo
ufficio.
Se
Pix ci aveva messo tre
secondi netti per ridurmi in questo stato, avevo il sentore che ci
sarebbe
voluto più tempo per risolvere la situazione.
Intanto
non ero riuscito a
parlare con Rose. Maledizione!
Erano
alcune ore che ero
coricato nel letto, senza riuscire a dormire. La pozione aveva
interrotto la lattificazione e la pomata stava sgonfiando le zinne poco
per
volta. Ogni due ore dovevo spalmare l’impiastro e rifare la
fasciatura. Una
operazione lunga e noiosa che sarebbe continuata per tutta la notte.
Questa
volta Pix l’avrebbe
pagata cara, a costo di esorcizzare tutto il castello!
Gli
elfi mi avevano portato
il carrello della cena, dove tutto quello che potevo mangiare era di
colore
giallo.
«Non
possiamo cambiare colore
del cibo sino a quando gli effetti della pozione non saranno
passati» spiegò
brevemente la signora Warner, zampettando via subito dopo.
Ero
arrivato a una quarta
abbondante, quindi ci sarebbero volute parecchie ore prima di poter
mangiare
della cioccolata, ad esempio.
Guardare
il vassoio faceva
venire l’itterizia. Presi solo un pezzetto di pane al mais,
di un caldo dorato
e lasciai la minestrina, il succo e quella cosa molliccia che sembrava
quasi
mobile. Bleah!
All’improvviso
sentii dei
passi concitati nel corridoio del piano. Chissà chi stava
per arrivare a
quest’ora. Era quasi mezzanotte e non doveva esserci nessuno
in giro per
Hogwarts, tranne qualche prefetto per la solita ronda. Di certo nessuno
che
avesse ragione di correre in quel modo.
Quando
sentii il portone
aprirsi, mi rifugiai svelto dietro un paravento in modo che nessuno
potesse
vedermi. Molto probabilmente ero già su tutte le bocche del
castello che si
erano riuniti nella Sala Grande per la cena e solo per merito dei
Grifondoro.
Meglio non esagerare con qualche altro studente impressionabile.
«Signora
Warner! Venga
presto!» gridò la voce di Nigel. Che ci faceva
Speers in infermeria di notte?
Era successo qualche cosa nel dormitorio dei Serpeverde? Lucinda aveva
affatturato Blaike? Il solo pensiero mi faceva ridere di gusto.
Trattenni
il fiato per
ascoltare meglio quello che dicevano al di là del paravento.
«Signor
Speers, cosa è
accaduto al signor Zabini?».
Blaike?
Davvero la sua
ragazza l’aveva ridotto in infermeria? La cosa mi lasciava
perplesso. Va bene
minacciare ma la McNair non sarebbe stata in grado di ridurre il mio
amico a
mal partito in questo modo.
«L’abbiamo
trovato coperto di
fuliggine e svenuto nel dormitorio. Non siamo riusciti a capire cosa
sia
capitato e l’abbiamo portato qui» disse una voce
troppo simile a Tyson.
«Vero.
Era sdraiato accanto
al suo baule. Credo abbia battuto la testa. Starà bene
quando si sveglierà?
Tornerà subito da noi?» aggiunse Theo Goyle.
Perfetto,
tutti i miei amici
e compagni di Serpeverde erano qui.
Sperai
che l’infermiera non
facesse cenno alla mia presenza.
«D’accordo.
Posatelo lì sulla
brandina. Adesso potete andare via. Lo terrò in osservazione
questa notte.
Domani mattina verrà a colazione con voi.
Promesso» rispose la Warner.
Sentii
i passi strascicati
che si allontanavano e voci soffocate che protestavano. Di certo i miei
amici
non erano felici di lasciare Blaike in infermeria da solo.
«Buona
notte, signori»
concluse chiudendo la porta dietro di loro.
In
quel momento uscii dal mio
nascondiglio e mi precipitai vicino al mio amico.
Sebbene
fosse di carnagione
scura, non era mai stato così nero. Passai un dito sulla sua
guancia e me la
trovai sporca di fuliggine, come avevano detto gli altri.
«Signor
Malfoy, torni dietro
il paravento. Devo far rinvenire il signor Zabini e non credo che
voglia farsi
vedere da lui».
«Non
si preoccupi. Anche Blaike
conosce il mio segreto» risposi.
«Dubito
che si possa ancora
definire tale, viste le persone che ne sono a conoscenza»
ribatté la donna.
«Crede
che sia stato una
maledizione?».
«Un
semplice schiantesimo,
direi» disse poi, presa la bacchetta la posizionò
contro di lui e dichiarò a
voce alta «Innerva!».
Immediatamente
aprì gli occhi
e mi guardò incuriosito, perplesso e poi allegro, fino a
scoppiare a ridere.
«Dimmi
che questa cosa non è
un effetto collaterale di quella maledizione!».
«No.
È una pozione di Pix.
Tu, piuttosto, stai bene? Che è successo?» chiesi.
Blaike
tentò di sedersi ma la
signora Warner lo costrinse a restare supino.
«Ero
appena riuscito a
tranquillizzare Lucinda. Era davvero arrabbiata con me e con te. Mi ha
minacciato di evirazione se ti parlo ancora. Le ho giurato che tra noi
non c’è
niente ma lei non mi vuole credere… pensare io con te?
Scusami tanto Scorp ma è
davvero ributtante come idea, anche se tu fossi una donna. Comunque ti
dicevo
che ho dovuto implorare il suo perdono per quello che non ho fatto e
neanche
pensato e…». Decisamente logorroico.
«Blaike!»
lo interruppi.
«Signor
Zabini» intervenne la
Warner. «Non ci interessano le sue questioni sentimentali.
Vogliamo sapere come
mai è stato schiantato e perché è
coperto di cenere».
Accigliato,
si passò una mano
sulla faccia, con il risultato di spargere ancora di più il
nero e di sporcarsi
le dita.
«Non
lo so. Stavo guardando
nel mio baule per preparare il tema di pozioni che dobbiamo presentare
dopodomani e cercavo un paio di pergamene nuove. Ne avevo trovata una
sul
fondo, quando mi sono venute in mano un blocco di pergamene con la tua
calligrafia. Mi sono messo a leggerle e sembravano appunti su un
amuleto» disse
guardandomi con intenzione.
Subito
mi agitai. Aveva
trovato i miei appunti? Nel dormitorio di Serpeverde?
«Li
hai ancora lì?» chiesi ma
lui scosse la testa.
«Non
credo. Ero intento a
leggere alcune frasi per capire esattamente di cosa si trattasse,
quando ho
sentito aprire la porta, ma non ho fatto in tempo a voltarmi che
è diventato
tutto buio… come se qualcuno avesse risucchiato la luce in
un vortice nero».
«Oppure
avesse nascosto tutto
in una nuvola di polvere. La Buio Pesto Peruviana» dissi.
Qualcuno l’aveva
nominata qualche mese prima, ma non ricordavo chi.
«Ecco
perché sono così
sporco! Era tutto nero e poi una luce rossa mi è venuta
addosso e mi sono
ritrovato qui a guardare le tue tette nuove»
terminò ridacchiando.
«Non
hai idea se ci sono
ancora gli appunti?».
«Credo
di no. Li avevo in
mano e se ci fossero ancora, adesso sarebbero qui, invece ho solo
questo» e mi
mostrò due angoli di pergamena che, evidentemente, aveva
stretto ancora in mano
quando era stato portato in infermeria.
«Maledizione!»
borbottai.
Eravamo così vicini e poi di nuovo lontani.
«Mi
spiace che tu sia stato
attaccato» dissi stringendo la mano del mio amico.
«Spiace
di più a me. Credevo
di aver trovato subito il modo di aiutarti e invece sono stato
gabbato».
«Amore!
Sono corsa appena ho
saputo!» urlò un turbine biondo mentre io e Blaike
eravamo ancora mano nella
mano.
Ma
perché queste cose
dovevano capitare proprio a me?
Lentamente
il mio amico si
voltò verso la sua ragazza. “Merda!”
sillabò silenzioso.
Lucinda
corse verso di noi e
si bloccò a pochi passi, sbiancando nel realizzare la
situazione.
Poco
distante, la signora
Warner prese a riavvolgere alcune bende sfatte. «Signorina
McNair, non si fermi
molto. Il signor Zabini deve riposare». Ma la ragazza non
diede segno di averla
sentita.
In
compenso cominciò a
tremarle il mento e ad avere l’occhio troppo lucido.
«Blaike…
è per lei che sei
qui?» chiese con voce rotta.
«Luce,
mi hanno schiantato.
Lei era già ricoverata» spiegò
preoccupato ma sembrò che le sue parole non
fossero state neanche udite.
«Cos’ha
lei più di me?»
chiese ancora con voce più alta.
A
queste parole mi venne
quasi da ridere: bastava guardarmi il petto! Insomma, sebbene nel
complesso
facessero schifo, erano pur sempre sette tette!
«Stai
scherzando?». Appunto.
Questo era un inizio di risposta che era meglio evitare, visto che
anche i suoi
occhi si abbassarono sul mio petto e una lacrima le uscì
dalle ciglia.
«Lei
non è degna di stare
neanche a tre metri da te! Non ti potrebbe pulire le scarpe. Tu sei
bella, sei
dolce, sei la mia ragazza e io ti amo! Lo vuoi capire? Non sto con te
solo per
il sesso! Mettitelo in testa una buona volta! Sei la ragazza che sogno
la
notte, che voglio al mio fianco di giorno e se io parlo con qualche
altra non
devi pensare che ci sia niente di male, perché io penso e
respiro solo te!».
Io
e la signora Warner
sospirammo.
Era
la prima volta che
sentivo Blaike fare una dichiarazione di amore del genere. Lui era un
giocherellone come me, ma da quando si era messo con Lucinda, si era
dato una
regolata. Solo che non credevo che fosse coinvolto sino a questo punto.
Come
non sospettavo minimamente che lei fosse così
irrazionalmente gelosa. Vero che
i trascorsi del mio amico non deponevano a suo favore, ma tutti
potevamo
cambiare e migliorare ed era evidente che lui aveva messo la testa a
posto.
«Oh,
Blaky!» pigolò lanciandosi
tra le braccia tese del suo ragazzo.
Lui
la strinse e rimasero
così allacciati per diversi minuti.
Blaky?
Questa me la dovevo
segnare e lui non si sarebbe più liberato da questo
nomignolo. Ghignai e lui mi
vide e, in meno di tre secondi, capì a cosa mi riferivo e
alzò lo sguardo al
soffitto.
«Signorina
McNair, adesso
deve proprio andare. È mezzanotte passata e deve tornare al
suo dormitorio,
prima che le faccia rapporto» minacciò
bonariamente la signora Warner.
Lucinda
si sollevò e annuì,
fissando sempre con amore il suo Blaky. «Ti amo anche
io» sussurrò prima di
baciarlo per poi uscire.
«Non
ti facevo così romantico»
dissi per stemperare l’atmosfera, mentre lui sospirava
profondamente.
«Neanche
io credevo di
esserlo, ma con lei tutto è semplice e mi viene
naturale» confessò.
«Riposiamoci,
ne abbiamo
bisogno tutti e due» e l’infermiera fu
più che d’accordo nello spegnere la luce
e farci riposare qualche ora nei nostri lettini.
Avevo
parecchio a cui
pensare. Avevo ritrovato Blaike e lui mi aveva offerto il suo aiuto.
Incredibile, aveva trovato subito i miei appunti sul libro delle magie
della
Grecia antica e subito gli erano stati tolti. Erano stati nascosti nel
suo
baule, nel dormitorio Serpeverde.
Avevo
sempre creduto che la
complice della strega fosse una ragazza di Corvonero o Grifondoro
(magari una
delle due simpaticone del mio anno) ma ora non ne ero più
tanto sicuro. Anche
Serpeverde aveva ragazze che avrebbero avuto degli esami
quest’anno. Avevo
escluso a priori la mia ex casa dai colpevoli, ma forse ero stato
troppo
affrettato. Entrare nei dormitori era diventato troppo semplice per
chiunque.
La
notte non dormii bene.
Ogni due ore l’infermiera mi svegliava per cambiare la
medicazione al mio
petto. Così mi interrompevo il sonno e al mattino ero
più stanco che se avessi
passato tutta la notte sveglio.
Blaike,
invece, era fresco e
riposato, senza alcun strascico dello stupeficium che lo aveva colpito
la sera
prima. Beato lui.
Io
ero ancora un pochino
gonfio (diciamo che avevo ancora una seconda abbondante da smaltire) ma
ancora
qualche ora e sarei stato pronto per dare la caccia a Pix.
«Sei
riuscito a parlare con
la Weasley?» chiese Blaike mentre stavamo facendo colazione.
Aveva deciso di
farmi compagnia e andare direttamente a lezione, visto che io non
potevo ancora
muovermi.
«Non
ancora. Mi sono gonfiato
prima di poterle parlare».
«Beh,
una piccola
interruzione sulla tabella di marcia. L’importante
è che le parli il prima
possibile e ti ci metti insieme, così fai terminare questa
cosa e io riavrò il
mio miglior amico» dichiarò battendomi una pacca
sulla spalla.
Anche
io avrei voluto finirla
con questa faccenda, ma non così. Approfittando della buona
fede di Rose, non
era possibile e neanche fattibile. Probabilmente non avrebbe neanche
funzionato.
Quando
fu pronto per uscire,
Blaike mi salutò, promettendomi di controllare ancora il
dormitorio nel caso ci
fossero rimasti degli indizi e mi lasciò ai miei pensieri e
alle mie pomate.
In
ogni caso, non rimasi a
lungo solo. Rose arrivò poco dopo a controllare le mie
condizioni di salute e
normalità.
«Vedo
che ti stai rimettendo»
constatò subito contenta.
Era
l’occasione giusta. Non
c’era nessuno. Anche la signora Warner era andata a parlare
con la preside ed
eravamo completamente soli.
Dovevamo
parlare di quello
che era accaduto il giorno prima nello spogliatoio. Del bacio che le
avevo dato
e al quale lei aveva risposto con tanto entusiasmo.
Fissai
le mie mani strette a
pugno sul lenzuolo bianco poi alzai lo sguardo nei suoi occhi
dell’azzurro più
incredibile che avessi mai visto.
«Dobbiamo
parlare di ieri»
esordii. Non so per quale ragione ma lei trattenne il fiato ed io mi
agitai
ancora di più. Non sapevo che cosa aspettarmi.
---ooOoo---
Angolino
mio:
volevo
far parlare subito
Scorpius e Rose ma Pix mi si è messo in mezzo e
l’idea di avere tante tette è
stata troppo divertente. La scena della gelosia di Luce è
fantastica (che
cos’ha più di me? Prova a indovinare!)
però Blaike è stato bravo e dolce a fare
una dichiarazione simile. Anche l’infermiera sospirava.
Però
hanno rubato gli
appunti, di nuovo. Erano nel dormitorio di Serpeverde e hanno usato la
polvere
buio pesto peruviana. Chi si ricorda chi l’aveva nominata?
Spero
che questo capitolo
vi sia piaciuto e vi rimando alla prossima dove Rose e Scorpius
parleranno e…
Baciotti
|
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Capitolo 19 *** I bagni dei segreti ***
Eccoci!
Ringrazio
sempre chi legge, recensisce, suggerisce, inserisce questa storia nelle
liste
speciali e apprezza lo scritto. Ringrazio Elenri per i banner e vi
lascio al
nuovo capitolo augurando…
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
«Rose,
dobbiamo parlare di
quello che è accaduto ieri» ripetei, visto che lei
non aveva alcuna reazione.
Sembrò
smuoversi in quel
momento perché sospirò e si sedette sulla
poltroncina accanto alla branda «Lo
so» disse solo.
Sospirai
pesante. «Non so da
che parte cominciare» esordii.
«Magari
potresti spiegarmi
cosa ti è preso ieri pomeriggio. Ti ho lasciato a cambiarti
e ti ritrovo con
Zabini al collo che dice di tirare fuori Scorpius. Tu gli dici
qualcosa, di cui
non voglio sapere niente, e poi…» la sua voce
divenne flebile e si zittì. In
compenso le sue guance presero una bella tonalità di rosso
che faceva
concorrenza ai suoi capelli.
«Poi
ti ho baciata.
All’inizio per far capire qualche cosa a Blaike, ma
poi…» anche io mi
interruppi.
Sembrava
che non riuscissimo
a finire una frase. Bella coppia!
Rose
sospirò guardando il
pavimento e stringendo le mani tra loro. «Cosa volevi
dimostrare?» chiese.
Sorrisi
al pensiero stupido
che mi era venuto in mente il giorno prima. «Pensavo che,
visto che conosco
Blaike da quando eravamo bambini, mi avrebbe riconosciuto dal modo
di…
baciare».
Lei
alzò la testa di scatto e
mi guardò perplessa. «Ti ricordo che hai baciato
me, non lui. Ammesso che tu
abbia mai baciato Zabini».
«No
che non l’ho mai
baciato!» protestai.
«Beh,
almeno su questo la tua
fama è corretta» commentò.
«Cosa
intendi?».
«Che
sei etero. Con tutti
quelli che ti baci, qualche dubbio potrebbe anche venire!».
«Io
bacio solo ragazze!»
protestai.
«E
Goyle».
«Incidente
di percorso! Non è
colpa mia se si è preso una cotta per il
sottoscritto». La mia mano si agitò
come a scacciare una mosca e quel pensiero molesto.
«Che
in questo momento è una
sottoscritta» mi ricordò. Sembrava che si stesse
scaldando, non era neanche più
rossa, era solo irritata.
«Non
fare la saccente!».
«Non
faccio la saccente, ti
ricordo solo come stanno le cose. E tornando al discorso di prima, non
hai mai
baciato Zabini ma pensavi che guardando mentre mi baciavi, capisse che
tu eri
Scorpius»
«Pensavo
che riconoscesse la
posa e il modo di… muovermi» dissi quasi a
disagio. In effetti la cosa sembrava
stupida adesso.
«Ti
rendi conto di quanto sia
malato questo discorso? Cosa fate, vi guardate mentre limonate con
altre
ragazze per imparare i trucchi del mestiere?».
Ghignai.
«Anche».
«Oddio!
Per Merlino salvatore
di Artù! Ma questa è perversione! Devi farti
curare da uno bravo, ma davvero
molto, molto bravo» replicò.
Già,
detto in questo modo era
un pochino inquietante. In realtà le cose erano molto
più cameratesche di
quanto si potesse supporre. «E’ solo capitato
quando eravamo ragazzini di
descriverci i modi di baciare, come mettere le mani e la
bocca… non ci siamo
mai baciati tra di noi, ma so per certo che Tyson e Theo hanno usato il
dorso di
una mano» dissi, cercando di trattenere le risate, poi cercai
di tornare serio.
L’argomento che dovevamo affrontare meritava tutta la nostra
attenzione.
«Così
ti ho baciata e
all’improvviso non c’era più nessun
altro».
«Cioè?
Ti sei sentito
strano?». Non mi era mai successo di dover analizzare un
singolo bacio così a
fondo. Erano sensazioni, modi di essere, pensieri che si affastellavano
nella
mente mentre le mani si inseguivano sul corpo. Erano sentimenti o
mancanza di
essi. Erano cose reali quanto evanescenti. Difficile descrivere
concretamente
una sensazione così diversa dalle altre.
«Quando
ho iniziato a
baciarti… non so. È come se avessi trovato la mia
dimensione. È difficile da
spiegare. Mi sono sentito… in pace».
Rose
mi guardò. Lo vedevo dal
suo sguardo che cercava di capire quello che stavo dicendo e speravo
che fosse
sufficiente.
«Quindi
io sono una specie
di… pozione?».
Scoppiai
a ridere. Più che
altro, pensarla dentro un pentolone enorme mentre qualcuno la mescolava.
«Non
credo proprio. Anche
perché sei molto più solida di qualsiasi cosa
abbia mai bevuto in questi anni»
dichiarai. «Accidenti, Rose! Siamo compagni di camera da
quattro mesi, sai chi
sono, credi davvero che vorrei farti del male?».
«Non
credo che tu voglia
farmi del male, ma non è che attaccandoti alla mia bocca tu
ti stia comportando
bene».
«Qui
non stiamo arrivando a
niente» borbottai.
«Perché?
Dove vuoi
arrivare?».
«Onestamente?
Non lo so.
Quello di cui sono consapevole è che ad agosto
morirò se non trovo la soluzione
di questo pasticcio» dissi indicandomi.
«Oppure
se non ti
innamorerai».
«Non
credo di potermi
innamorare a comando. Il pensiero di avere una soluzione semplice a
portata di
mano mi potrebbe portare a prendere in giro me stesso e
l’altra persona. Non
voglio far male a nessuno» spiegai.
«Certamente
il cappello
parlante si era sbagliato quando ti ha mandato a Serpeverde a undici
anni. Sei
molto generoso».
«O
molto stupido. A undici
anni, e devo ammetterlo, sino a qualche mese fa, il mio credo era
egoismo. Non
sono mai stato altruista come in questo momento, dove per poter
sopravvivere
dovrei passare sull’anima di tutti gli altri. Quasi non mi
riconosco e
certamente non mi riconoscono i miei compagni».
«E’
l’influenza positiva dei
Grifondoro» scherzò Rose.
«E’
l’influenza positiva di
voi Weasley» corressi. Lei sorrise ed arrossì
leggermente.
Era
bello essere più
rilassati.
«Quindi
questo dove ci porta?
Intendo il bacio» disse dopo qualche istante di silenzio.
Era
una domanda da un milione
di galeoni d’oro. Era LA domanda.
Decisi
immediatamente di
sminuire quello che era successo. Non perché non fosse
importante. Per me lo
era stato, eccome. Mi ero perso su quelle labbra e avrei voluto
perdermici
ancora. Ma lei? Potevo far forza sulla sua pietà? Forse lei
non aveva provato
quel che avevo sentito io. E inoltre, come avevo detto, non avrei
potuto
costringerla ad amarmi e magari lei lo avrebbe fatto per il suo
maledetto
spirito Grifondoro.
«Da
nessuna parte. Non volevo
dargli un significato diverso dalla semplice dimostrazione a Blaike.
Perché tu?
Che significato avresti dato?» chiesi a mia volta.
In
quel momento speravo
dicesse qualche cosa di romantico, che ci permettesse un nuovo
assaggio. Se la
decisione fosse stata sua, avrei avuto meno problemi nel farmi avanti.
Trattenni il fiato mentre lei rispondeva.
«Nessun
significato. Sono
solo rimasta sorpresa, tutto lì. Ma adesso che so che non
vuol dire niente mi
sento sollevata. Sai, sarebbe stato imbarazzante credere che ci fosse
chissà
cosa tra noi, quando in realtà siamo solo…
amici?».
Trattenni
il fiato mentre lei
rispondeva ed espirai aria e cuore in pezzi quando lei
terminò.
Così
eravamo solo amici. Non
aveva significato niente per lei. Era stato solo un bel bacio. Cercai
di
sorridere, ma onestamente, ero convinto che la smorfia che mi era
uscita non
aveva niente di allegro.
«Certo
che siamo amici. Puoi
giurarci». Il mio finto entusiasmo era alle stelle, o
precipitato negli abissi
a seconda della preferenza.
Anche
il suo viso non era dei
più allegri. Sembrava avesse ingoiato un limone, giallo come
la mia cena, e
anche a lei era rimasto sullo stomaco.
«Amici»
sussurrò.
«Amici»
confermai.
«Devo
andare a lezione,
mancano pochi minuti all’inizio. Credo che oggi potrai venire
a pozioni» cambiò
argomento e si alzò di scatto.
«Certo.
Miss Warner ha detto
che sarò perfetto a mezzogiorno. Pronto per il
pranzo» assicurai.
Rose
mi diede un piccolo
bacio sulla guancia e si diresse alla porta. «Ci vediamo
dopo, allora» concluse
uscendo. E io rimasi lì a fissare il battente scuro con
tutto il rammarico che
potevo sentire dentro il petto.
La
permanenza in infermeria
aveva di nuovo cambiato rotta alla mia vita. Un fatto così
insignificante aveva
sconvolto tutte le carte che, fino a quel momento, erano sul tavolo da
gioco.
Mi
ero ripromesso di vendicarmi
di Pix, ma nelle settimane successive non riuscii a portare un vero
attacco al
poltergeist che spariva non appena riuscivo a localizzarlo e a
sfoderare la
bacchetta. Era guerra aperta. Per me un modo di sfogare la frustrazione
che
sentivo dal momento in cui Rose aveva chiuso quella porta.
Non
eravamo più tornati
sull’argomento bacio. Lei rideva, parlava, leggeva libri e
cercava in
biblioteca con me accanto ma non era mai stata così lontana.
Evitava di restare
sola con me. La trovavo sempre con Daisy o Albus, addirittura in
comunella con
Lily, Roxanne e Hugo a fare imboscate agli ignari studenti, che si
trovavano
immersi sino alla vita nella melma delle paludi portatili che ogni
tanto
spuntavano nei corridoi. Abilissima sfuggiva a tutti i controlli e alle
reprimende che regolarmente beccavano gli altri tre, sia dagli
insegnanti, sia
dai genitori. In un certo senso la ammiravo per la sua
abilità, considerando
che era anche Caposcuola e avrebbe dovuto dare il buon esempio.
In
compenso Blaike era più
che felice di aver ritrovato il suo amico e, contemporaneamente, una
ragazza
con la quale fare battute che facevano spavento a tutte le matricole
del
castello. Non appena Lucinda voltava le spalle, Blaike si faceva
avanti,
assestandomi gran pacche sulle spalle, ridendo del mio sballonzolamento
di
ciccia, parlando a gran voce di fantomatiche scopate fatte da Scorpius
come a
raccontarmi pettegolezzi succulenti sul mio cuginetto. Per Merlino! Che
imbarazzo! Il fatto era che più del cinquanta per cento di
quello che
raccontava era vero e che anche Rose aveva sentito e ora ogni volta mi
lanciava
sguardi accusatori che mi facevano vergognare ancora di più.
Lucinda
invece, mi tendeva
agguati quando ero da solo. Lei, in compagnia di Delphina, mi
minacciavano di
stare lontano da Blaike perché lui era impegnato e non
avrebbe avuto storie da
tradimento con me.
Quindi,
riassumendo ero
frustrato, appestato, preso in giro e vessato. Una favola di vita,
insomma.
Erano
trascorse due settimane
in questo modo e l’unica cosa degna di nota era la vittoria
di Tassorosso su
Corvonero a Quiddich. La coppa era ancora alla portata di tutte le
case.
Dovevamo solo vincere la prossima partita contro i Corvonero con un
buon scarto
di punti e avremmo trionfato. Peccato che lo stesso pensiero fosse
nella mente
di tutte le altre squadre e gli allenamenti intensivi, in vista delle
partite
di marzo e aprile, erano davvero massacranti.
In
quei momenti non
riconoscevo più Albus. Un mastino era un tenero orsacchiotto
in confronto al
nostro capitano.
Quelli
erano gli unici
momenti in cui riuscivo ad avvicinarmi a Rose. Seppure in presenza di
Roxanne,
che cercava sempre di uscire o almeno di allontanarsi discretamente in
modo che
io e la cuginetta caposcuola potessimo parlare.
«Rose,
ti prego. Non puoi
ignorarmi in questo modo per tutto il resto della scuola»
protestai un giorno
di fine gennaio.
Avevamo
appena terminato un
altro massacro in pluffe, bolidi e boccini e ci stavamo cambiando. Roxy
non era
venuta all'allenamento a causa di una leggera influenza e un paio di
temi da
consegnare il giorno dopo.
«Shaula,
cosa vuoi?» sbuffò
la rossa, legandosi i capelli in un nodo in testa e senza guardarmi in
faccia.
«Sono
Scorpius. Possibile che
non riesci più neanche a dirlo? Da quando sono stato in
infermeria dopo
l'attacco di Pix mi stai evitando come se fossi una malattia altamente
infettiva! Non ti faccio venire mica il vaiolo!» sbottai
irritato.
«Il
vaiolo è stato debellato
secoli fa. E io non ti sto evitando» protestò.
«A
no? “Albus, dobbiamo andare
con Shaula in biblioteca, non puoi studiare per il compito di
Trasfigurazione
di domani”» scimmiottai il suo modo di
parlare, in quello che aveva detto
tre giorni prima a suo cugino.
«Infatti
dobbiamo andarci
insieme tutti e tre, no?».
«Certo,
ma Albus aveva le
mani sfasciate per le bruciature della lezione di pozioni! Non poteva
neanche
girare una pagina! Come faceva ad aiutarci?».
«Poteva
mettersi a fare il
palo».
«Oppure
poteva lasciarci
andare da soli e questa conversazione ci sarebbe stata prima».
«Non
voglio parlare con te».
«Per
essere una persona che
non mi vuole evitare sei piena di contraddizioni» le feci
notare.
«Senti,
siamo amici, no? Non
dobbiamo obbligatoriamente stare insieme. Ho anche una vita,
io!».
«Oh,
scusa se ti distraggo
dai tuoi numerosi impegni!».
«In
realtà non sono poi tanti
impegni, ma devo trovare anche il tempo per vedermi con
Scott» rispose.
«Scott?
Chi è Scott?». Cosa
stava succedendo? Perché stavamo parlando di un altro
ragazzo invece di
discutere della nostra situazione.
«Scott
Clancy di Corvonero
del nostro anno. Ricordi? Moro, carino. Mi ha chiesto di uscire e io ho
accettato di andare con lui alla prossima gita a Hogsmeade»
mi gridò in faccia.
«Oh»
esalai «Non sapevo che
ti vedessi con qualcuno».
«Se
tu fossi meno preso da te
stesso te ne saresti accorto!» mi rimproverò. Meno
preso da me stesso? Ma
stavamo sempre assieme! Come facevo ad accorgermi che frequentava
qualcuno.
«Comunque
non per questo devi
tenermi alla larga. Io non voglio mettermi in mezzo alla tua grande
storia
d’amore» replicai con ironia. Sentivo un grumo di
acido che mi stava corrodendo
lo stomaco. Scott Clancy. Sapevo vagamente chi era. Uno cervellone di
Corvonero
sempre con i libri in mano, abbastanza carino per avere qualche
ammiratrice ma
niente a che vedere con il sottoscritto dei tempi d’oro!
Il
mio stomaco rimescolò
ancora di più, stringendosi e rischiando di far traboccare
la bile che mi
scorreva dentro. Scott Clancy… sarebbe stato distrutto! Non
poteva mettere le
sue luride manacce sulla mia Rose.
«Hai
finito adesso di
parlarmi? Possiamo andare? Dovrei trovarmi con Scott per
cena» disse la rossa
facendomi trasalire. Mi ero distratto e lei si era già
preparata per tornare al
castello.
«Voglio
solo che torniamo
amici come prima del… bacio» a quella mia
affermazione la vidi distintamente
sobbalzare. «So che per te non ha significato niente e ti
chiedo scusa per
averti obbligato a subirlo. Tutto lì. Volevo solo che
chiarissimo e tornassimo
con gli stessi rapporti di prima. Ti auguro tanta felicità
con il tuo Scott e
non farti problemi a nasconderlo, visto che ormai so che
esiste».
Non
volli ascoltare la sua
replica e raccolsi veloce la mia sacca, correndo fuori dagli spogliatoi
verso
il castello. Non potevo crederci. Aveva bellamente messo fine alle mie
speranze, o ogni piccola speranza che potesse vedere qualcosa di me
oltre
all’orrido involucro che mi conteneva. Ero convinto che,
guardando me senza gli
occhiali, avesse superato l’esteriorità, invece
no. O mi guardava con quelle
maledette lenti oppure non vedeva niente se non l’orribile
Shaula.
E
adesso c’era Scott.
Dovevo
trovare qualche
Weasley e chiedere anche loro. Magari mi avrebbero chiarito che cosa mi
ero
perso.
Qualche
ora dopo, avendo
girato in lungo e in largo per il castello, finalmente incontrai
Roxanne che
passeggiava tranquilla verso di me. Doveva essere già
passata l’ora di cena,
visto che stava mangiucchiando un pezzo di torta.
«Ciao,
Shaula!» disse
allegramente. «Come mai non eri a cena? Questa sera
c’era un arrosto da far
svenire! Ti aspettavamo. Dobbiamo organizzare una nuova riunione per
fare il
punto della situazione e comunicare con zio Harry».
«Mi
spiace… Rose era con
voi?». Non riuscii a trattenermi.
«A
dire il vero, no. Era
seduta al tavolo dei Corvonero. Albus mi ha detto che doveva parlare
con uno…
Un certo Bob» rispose facendo spallucce.
«Scott?»
la corressi
automaticamente e vidi che le brillavano gli occhi e tratteneva il
sorriso.
Merda! Mi aveva teso una trappola per vedere la mia reazione e io ci
ero
cascato con tutte le scarpe.
«Certo.
Scott».
«Allora?
Quando ci sarà la
riunione?» chiesi cercando di cambiare argomento, ma Roxy non
era tipo di
lasciare l’osso, quando gradiva tanto mordicchiarlo.
«Come
mai non eri con Rose?
Credevo che dopo aver parlato oggi pomeriggio vi foste chiariti.
Rischiare di
farvi da parafulmine tutte le volte che siete troppo vicini, mi sta
stressando!
Ho paura di perdere i capelli!».
«Non
credo di essere tanto
spaventoso, a meno che non mi incontri al buio e mezza addormentata.
Questa
riunione?». Una lotta di volontà.
Chissà chi avrebbe vinto.
«Domani
sera» si arrese.
«Chiamerò
anche Blaike» dissi
guardando la smorfia che Roxanne mostrò per alcuni istanti.
Non piaceva a
nessuno dei Grifondoro che fossi tornato ad essere amico di un
Serpeverde. Mi
sentii in dovere di difendere le mie convinzioni. Blaike meritava la
mia
fiducia. «E’ dalla mia parte e ha controllato tutto
il dormitorio delle serpi,
cosa che tu, Lily e Hugo non eravate riusciti a fare. Ci sta
aiutando».
Vidi
Roxy annuire e cedere.
«Cerca
di chiarirti con Rose.
Avervi così divisi è davvero difficile da
gestire» e con queste parole la
piccola Weasley proseguì il suo viaggio verso il settimo
piano e la torre dei
Grifondoro.
Decisi
di proseguire anche io
verso il settimo piano, magari sarei riuscito a salire alla torre di
Astronomia
e godermi un po’ di pace prima di tornare nella sala comune.
Passai
indenne tre rampe di
scale e quattro corridoi senza incontrare nessuno. Ormai ero arrivato
al sesto
piano e stavo passando accanto al bagno dismesso quando sentii delle
voci
provenire all’interno del locale. Incuriosito mi misi a
origliare. Sapevo
benissimo che non era una cosa corretta ma nel sentire il tono
concitato,
l’educazione andò a farsi benedire.
«Devi
controllarli meglio. Tu
sei lì per guardare e riferire». Una donna con la
voce leggermente distorta
stava parlando con tono decisamente duro.
«So
quello che devo fare…».
La risposta era stata detta in un tono così basso che
dovetti sforzarmi solo
per capire le parole e non riuscii a riconoscere la voce sospirata.
«E
allora fallo! Non deve
salvarsi. Deve soccombere come tutti quei traditori»
sbraitò irata la prima
voce.
Chi
non doveva salvarsi?
Forse io? Qualcun altro? Quanti erano in pericolo?
«Anche
lui pagherà per il
tradimento originale, come tutti gli altri»
sospirò sottovoce la seconda voce.
«Sono
orgogliosa di te. Sei
la luce nella mia vita buia. Solo tu porti la vita. Sarei persa senza
di te.
Sai quello che abbiamo passato. Chi si comporta come lui deve essere
punito e
noi puniremo». Ormai la prima voce stava esaltando. Il suo
sembrava un proclama
di guerra.
«Lo
so». La risposta mi
arrivò talmente lieve che quasi la immaginai. Ma aveva
risposto. La strega e la
complice erano lì.
Strinsi
tra le mani la
bacchetta e mi preparai ad affacciarmi al bagno, quando alle mie spalle
il
maledetto poltergeist urlò. Mi voltai di scatto e lanciai
uno stupeficium al
soffitto. Nello stesso istante un corpo mi urtò alle spalle
e mi fece sbattere
addosso al muro di fronte la porta.
Scuotendo
la testa mi
sollevai. Mi sentivo tramortito e, voltando la testa in direzione della
corsa
che la complice faceva risuonare nel corridoio, vidi solo un lembo
della
divisa.
Mi
alzai velocemente e corsi
dietro la figura che scappava. Era lontana e voltava l’angolo
non appena lo
voltavo io. Non riuscivo a distinguere chi fosse. Sembrava alta nella
media ma
non ero riuscito neanche a distinguere chiaramente il colore dei
capelli.
Quando
svoltai l’ultimo
corridoio prima delle rampe delle scale, non trovai nessuno. Era
sparita,
dissolta nell’aria come il fumo di una sigaretta babbana.
Sbattei
un pugno contro il
muro, a fianco di un quadro con scena agreste, dove i contadini mi
guardarono
male e protestarono per il rischio di essere rotti.
Non
c’era altro da fare che
tornare alla sala comune dei Grifondoro e consultarmi con Albus e, se
Rose era
disponibile, anche con lei.
So
che ero ingiusto nei suoi
confronti, ma pensarla insieme a un altro ragazzo, proprio non lo
digerivo.
Chi
era quella persona che
avevo sentito parlare?
La
donna sembrava arrabbiata
con il mondo. Ce l’aveva con qualcuno che l’aveva
tradita, cosa che io non
avevo assolutamente fatto. Avevo sempre evitato persone molto
più grandi di me.
Poi la complice. Avevo afferrato a stento le parole che diceva e non
ero
riuscito a individuare neanche l’intonazione, figuriamoci a
capire chi poteva
essere.
Perché
ero andato di mezzo in
questo vespaio? Cosa poteva succedere di peggio?
La
complice doveva
sorvegliarmi. E se avesse fatto del male a qualche Weasley
perché mi stavano
vicino? Potevo rischiare le loro vite?
Veloce
arrivai davanti al
ritratto della Signora Grassa e recitai la parola d’ordine.
Con
un grazioso cenno del
capo, il ritratto si fece da parte e mi lasciò accedere alla
sala comune.
Subito
mi voltai per cercare
Albus o qualcun altro ma trovai solo la
Divoralibri, come Hugo chiamava Molly Weasley, perennemente
con il naso
dentro a qualche tomo. Ero sicuro che avesse controllato tutti i libri
esistenti al di fuori della biblioteca. La lotta del sapere tra lei e
Rose era
epica. Mi sembrava molto strano che fosse approdata a Grifondoro,
considerando
le sue peculiarità. O forse essere Weasley significava
automaticamente essere
assegnata alla casa del leone rampante.
Ero
indeciso se salire nel
dormitorio maschile o cercare Rose in quello femminile. Poi pensai che
i
compagni di Albus non avrebbero gradito la mia intromissione. Quasi
dimenticavo
che per gli altri io ero Shaula Girtab, studentessa orrida ma femmina.
Decisi
quindi di salire al
dormitorio femminile che dividevo con le mie compagne di stanza. Con
Rose
avremmo deciso come comportarci per discutere di quanto avevo appena
scoperto
in un luogo appartato e lontano da orecchie indiscrete.
Nella
stanza non c’era
nessuno ma sentii delle voci nel bagno, che era rimasto con la porta
socchiusa.
Quella
era decisamente la
serata delle occasioni per origliare.
Non
appena mi avvicinai,
riconobbi subito la voce di Rose.
«Non
so come uscirne, ora».
Aveva un tono dolente. Cosa era successo? Quel bassotto aveva fatto
qualche
cosa di male? Le aveva fatto male? Al solo pensiero mi prudevano le
mani e la
bacchetta. La prima intenzione era di interrompere il colloquio e
comunicare le
novità, ma l’interesse che avevo per la rossa mi
fece dimenticare tutto il
resto.
«Hai
combinato un bel
pasticcio. Secondo me Scorpius è geloso marcio. Dovevi
vedere come parlava
prima» rispose… Roxy? Che ci faceva nel mio bagno?
«L’hai
preso in giro»
intervenne… Lucy? Era un trasferimento in massa?
«Sapete
quello che mi ha
detto in infermeria, no? Cosa avrei dovuto fare?». Veramente
io non avevo detto
niente in infermeria, aveva fatto tutto lei. O no?
«Non
gettarti tra le braccia
del primo venuto!» ribatté… Lily?
Eravamo sicuri che riuscissero a entrare in
quel cubicolo?
«Non
è il primo venuto!» protestò
Rose.
«Certo,
l’hai chiamato tu».
Questa voce sembrava leggermente distorta ma il lieve accento francese
me la
fece subito riconoscere: Dominique! Ma lei non era a Hogwarts! Come
faceva a
parlare con le cugine?
Ci
stavo capendo sempre meno.
Mi
venne in mente che anche
la donna che aveva parlato nel bagno in disuso al sesto piano, aveva un
tono di
voce distorto come quello che sentivo adesso. Probabilmente il mezzo di
comunicazione era lo stesso e non era ottimale nella ricezione. O erano
i bagni
a non essere luoghi ottimali per parlare attraverso oggetti magici?
«Non
voglio andare a
Hogsmeade a San Valentino con Scott. Non mi piace neanche!»
la voce di Rose
sembrava quella di una bambina imbronciata ma, al sentire le sue
parole, il
cuore mi si allargò di speranza. Non tutto era perduto e
potevo ancora
riavvicinarmi alla mia rossa.
Con
decisione aprii la porta
del bagno ed entrai in quel salotto decisamente scomodo.
Ma
con tutti i posti per
parlare, proprio al cesso?
---ooOoo---
Angolino
mio:
un
altro avvenimento nella ricerca del colpevole.
Rivivremo
tutta la conversazione nel prossimo capitolo con
l’approfondito pensiero della
tribu dai capelli rossi.
E
un San Valentino piuttosto movimentato.
Rose
si è messa nei guai e Scorpius si è reso
terribilmente geloso. Capirà che vuole
la rossa solo per lui? Abbiamo ancora pochi capitoli prima che lo
scopra,
speriamo che faccia in tempo!
Ringrazio
per l’attenzione. Il prossimo capitolo vedrà la
luce su questo sito non prima
di giovedì prossimo.
Alla
prossima
Baciotti
|
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Capitolo 20 *** Baci, baci, baci ***
Eccoci
al capitolo 20! L’ultimo!
Essendo
una fissata con 5 e suoi multipli, la storia è arrivata alla
fine…
Scherzetto!
Non sono riuscita a condensare tutto quello che volevo fare in 20
capitoli
pertanto preparatevi spiritualmente a sopportarmi per ulteriori cinque.
Perché
la mia fissa è vera. Cinque è il mio numero e
tranne una long e una shot divisa
in due, tutto il resto rispetta questa mia numerologia. Magica? Se le
storie vi
piacciono allora direi di sì.
Per
il resto, come al solito ringrazio chi recensisce, suggerisce,
inserisce nelle
liste speciali, legge e apprezza questo lavoretto. Apprezzate anche i
banner di
Elenri e, visto che termino con un numero dispari, scrivete quale
banner
preferite che metta nell’ultimo capitolo (o se volete
dilettarvi fatene uno da
passarmi)
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Con
decisione aprii la porta
ed entrai in quel salotto decisamente scomodo e poco opportuno.
«Un
muffliato? Prima che
l’intero dormitorio vi senta?» chiesi ironico
spostandomi di lato per far
uscire tutte le ragazze dal cubicolo e ad accomodarsi sui letti in
camera.
Rose
divenne completamente
rossa, tanto da non distinguersi con il colore dei capelli.
«Tu
cosa hai sentito
esattamente?» chiese esitante.
«Che
non vuoi andare con
qualcuno a Hogsmeade per San Valentino. Pensavo che ci volessi andare
con
Scott». La soddisfazione di vederla boccheggiare non aveva
limiti.
Non
gli piaceva il Corvonero.
Questo era quello che contava, tutto il resto era niente.
«Perché
è un altro ragazzo
che mi piace e non mi chiedere chi sia perché non te lo
dirò» disse tutto d’un
fiato. Mi lasciò spiazzato ma cercai di riprendermi subito.
Se non era Scott, chi
poteva essere questo altro ragazzo? Lo conoscevo?
«Piantala,
Rose. Di questo
passo non arriverai a niente. Adesso smettetela e vediamo di fare
qualche cosa
di più costruttivo» la redarguì
Dominique da una superficie che pareva uno
specchietto.
Questo
mi fece ricordare
quanto avevo ascoltato al sesto piano.
«Devo
comunicarvi una cosa»
dissi una volta seduto sul mio letto. «Ho appena beccato la
complice che
comunicava con la strega e che si confermavano il fatto di tenermi
d’occhio».
«L’hai
beccata! Chi è? La
conosco? Voglio metterle le mie manine addosso e sbatterla come un
tappeto di
nonna Molly. Gliela faccio togliere io la voglia di ammazzare la
gente!». La
piccola Potter si esaltò subito, balzando in piedi e
agitando la bacchetta come
se fosse una spada.
«Ferma
piccola ninja! Non
sono riuscito a vederla in faccia. È scappata subito,
l’ho inseguita ma mi è
sfuggita». Non mi piaceva rendere pubblico il mio fallimento.
«Racconta
cosa è successo»
ordinò Dominique dallo specchio.
«Devi controllarli
meglio. Tu sei lì per guardare e
riferire». Una donna con la voce leggermente distorta stava
parlando con tono
decisamente duro.
«So quello che devo
fare…». La risposta era stata
detta in un tono così basso che dovetti sforzarmi solo per
capire le parole e
non riuscii a riconoscere la voce sospirata.
«E allora fallo! Non deve
salvarsi. Deve soccombere
come tutti quei traditori» sbraitò irata la prima
voce.
Chi non doveva salvarsi? Forse io?
Qualcun altro?
Quanti erano in pericolo?
«Anche lui
pagherà per il tradimento originale, come
tutti gli altri» sospirò sottovoce la seconda voce.
«Sono orgogliosa di te.
Sei la luce nella mia vita
buia. Solo tu porti la vita. Sarei persa senza di te. Sai quello che
abbiamo
passato. Chi si comporta come lui deve essere punito e noi
puniremo». Ormai la
prima voce stava esaltando. Il suo sembrava un proclama di guerra.
«Lo so». La
risposta mi arrivò talmente lieve che
quasi le immaginai. Ma aveva risposto. La strega e la complice erano
lì.
Mi
ritornò tutto in mente e
riferii ogni parola alle altre ragazze.
Per
alcuni minuti nessuno
parlò. Eravamo tutti fermi a ripensare a quanto avevo
sentito.
«Così
la voce era leggermente
distorta? Non credi che fosse perché erano in fondo al
bagno? Magari il
rimbombo della voce…» provò a dire Lucy
con la sua vocina tremante.
«No.
Sentivo chiaramente le
parole proprio come sento Dominique. E la sua voce mi faceva lo stesso
effetto
come se ci fossero delle interferenze nella trasmissione».
«Questo
succede perché
Hogwarts è un posto intriso di magia antica e potente e ha
incantesimi che
impediscono la materializzazione e le comunicazioni esterne in
generale» disse
Rose, completamente assorta dal mio racconto.
«Quindi
anche quella ragazza
parlava con sua madre attraverso uno specchio» concluse Lily.
Roxanne
intervenne allora.
«Non solo. Papà ha anche inventato una specie di
focolare in miniatura. È una
specie di piramide» saltò in piedi e corse verso
la porta. «Torno subito».
«E'
orribile pensare che
qualche nostra compagna stia in agguato per farci del male»
commento Lucy.
Tutte
le Weasley sospirarono
e ognuna rimase in silenzio nei suoi pensieri. Era vero. Il pensiero di
un
tradimento, di una possibile condanna a morte da una persona di cui ti
fidavi,
con cui avevi studiato, mangiato, giocato e magari avevi anche
confidato dei
segreti, era la stessa che poteva puntarti addosso la bacchetta e
colpirti con
quella maledetta luce blu dandoti solo un anno di vita. Non potevo
immaginare
un tradimento più grande.
In
quel momento Roxy rientrò
correndo, seguita da Molly. «L'ho già messa al
corrente di tutto» disse
distrattamente mentre si sedeva sul letto di Daisy con la Divoralibri
accanto.
Sulla
sua mano era depositata
una piccola piramide di vetro di circa sei centimetri per lato, dove al
centro
bruciava un fuocherello allegro «Questo è un
comunicatore portatile. Papà ha
pensato che la forma piramidale riuscisse a convogliare tutte le onde
in un
solo punto, grazie alle facce oblique. Al centro c'è un
piccolo fuoco
inestinguibile che può collegarsi a qualsiasi camino grazie
a della
metropolvere trattata» ci guardò e vista la nostra
espressione leggermente
perplessa sospirò. «Lascio stare la descrizione
sul funzionamento, perché credo
che non interessi a nessuna di voi» e aggiunse sotto voce un ignoranti
che mi fece sghignazzare.
Per
essere una peste
incontrollabile, Roxy aveva una conoscenza applicata della magia
avanzata,
davvero notevole. Sarebbe diventata una inventrice, di sicuro.
«Dominique»
richiamò Rose
allo specchietto. «Prova ad andare al camino e chiama
Roxy».
«E
quello specchietto?»
chiesi nell'attesa.
«Papà
e il suo padrino ne
avevano due comunicanti. Si sono rotti e i pezzi più grandi
sono stati
incastonati nelle cornici e ci li hanno regalati. Anche Hugo, James e
Albus ne
hanno uno, però loro non lo guardano mai perché
ha delle dimensioni da
specchietto da borsetta e gli sembra troppo femminile»
ridacchiò Lily «Il mio
l'ho lasciato a Natale a Dominique per poter comunicare con lei in modo
veloce»
terminò la piccola Potter.
In
quel momento il fuoco
all'interno brillò e una voce arrivò. Riconobbi
subito il tono acuto della
Weasley francese. Molto più accentuato di prima la voce
arrivava distorta come
un forte disturbo di sottofondo.
Tutte
quante guardammo
stupiti quell'oggetto, consapevoli che la voce usciva davvero da
lì. A
differenza del camino, il viso non si vedeva, ma la voce si sentiva
distintamente.
«Quindi
abbiamo scoperto come
abbia fatto la complice a contattare la strega» conclusi.
«A
chi avete venduto quel
pezzo?» chiese Molly, subito pratica.
«Non
teniamo un registro
degli oggetti venduti. È un negozio di scherzi e oggetti
magici, non uno
spaccio di armi e magie oscure» protestò Roxanne.
Provai
con un’altra domanda
che mi veniva in mente. «Non ho mai visto niente di simile.
È da tanto che è
sul mercato?».
A
Roxy brillarono gli occhi,
consapevole di aver sentito una domanda azzeccata.
«Papà ha iniziato la
commercializzazione quest’anno. In estate esattamente. Ha
pensato che poteva
essere un buon modo per tenersi in contatto con i figli a Hogwarts. Ma
non ne
ha venduti tantissimi. È un oggetto parecchio costoso da
produrre e viene
venduto a… mi sembra centocinque galeoni
d’oro».
Lucy
e Lily trattennero il
fiato. Centocinque galeoni d’oro era una cifra davvero
immensa per noi
studenti. O meglio, per loro Weasley. Io e i miei amici avevamo fondi
più
consistenti e una cifra del genere non avrebbe fatto grande differenza
nei
nostri portafogli. Tyson era capace a spendere una cifra uguale quando
offriva
le sue cene e weekend in postriboli di pessimo genere, per festeggiare
qualche
cosa di poco corretto. Ma per la maggioranza della popolazione magica,
quella
cifra era proibitiva, soprattutto visto che serviva solo per la
comunicazione
come camini o altro.
«E’
troppo caro per essere
acquistato da tutti. Quale sarebbe il vantaggio?» chiese
Lucy, dando voce ai
miei pensieri.
«Penso
che non sia
rintracciabile con i soliti controlli della metropolvere e dei
camini» disse
Rose.
«Quindi
abbiamo un oggetto
per la comunicazione molto costoso e irrintracciabile. Questo restringe
parecchio il campo di indagine» commentò allora
Molly.
Questo
portava a una sola
conclusione. C’erano diversi maghi che avrebbero potuto
acquistare la piramide
comunicante e la maggior parte di loro facevano parte dei Serpeverde.
«Chiederemo a Blaike» sospirai. Qualcuno della mia
ex casa aveva tentato di
mandarmi al creatore e probabilmente ci sarebbe riuscito. Non mi ero
mai
sentito tanto depresso.
«Dovrà
controllare tutti. Se
la sentirà?» chiese Roxy.
Anche
loro capivano quanto mi
pesasse questo nuovo sviluppo. «Sì.
Sarà deluso quanto me e vorrà dimostrare
che le serpi non centrano… oppure inchiodare la
colpevole». Di sicuro Blaike si
sarebbe infuriato contro chi avesse di nuovo gettato del fango sulla
casa di
Salazar.
«Ripensando
alla conversazione
che hai sentito, la strega si lamentava di essere stata
tradita» intervenne
Lily.
«Possono
essere tanti
tradimenti. Il tradimento della famiglia, degli amici,
dell’amore» elencò Lucy.
Dominique
sbuffò dalla
piramide. «Nessuno mi considera più? Mi sto
bruciacchiando così vicino alle
fiamme e non vi sento benissimo. Posso tornare allo specchio? E per me,
si
tratta di amore verso il marito o il fidanzato. Una donna non
è così arrabbiata
con una amica o la famiglia, ma con il proprio amore può
diventare una iena».
«Io
non sono una donna, ma
credo che Dominique abbia ragione» approvai.
In
effetti il livore che
avevo sentito poteva rivolgersi solo a un uomo.
«Ma
tra le vittime ci sono
state anche delle donne» obiettò Molly.
«Credo
sia opportuno chiedere
a papà e zio Harry di indagare se le vittime avessero
relazioni extraconiugali
o tradissero qualcuno, in qualche modo. Magari, se questo è
il denominatore
comune è possibile partire da questo punto per trovare la
colpevole» disse
Rose.
Mi
sentii leggermente accusato.
«Ehi! Io non ho mai tradito nessuno! Non ho neanche la
ragazza!» sottolineai.
«Se
quello che dice Zabini è
minimamente vero, tu avevi un harem, non solo qualche ragazza! Un
playboy
seriale. Qualcuna potrebbe essersi sentita tradita, no?».
Playboy
seriale? Che
parolone! Diciamo che le ragazze mi piacciono e mi piaceva molto
divertirmi con
loro. Da questo ad accusarmi di trattare male le donne ce ne passava!
«Non
stiamo dicendo che tu ti
fossi comportato male con qualcuna» diplomaticamente Rose
cercò di rabbonirmi,
mentre Lily e Roxy sbuffavano ironiche «Ma sei stato con
tante ragazze e
qualcuna potrebbe essersi fatta delle idee sbagliate».
«Okay.
Ammetto che potrebbe
essere successo. Ma uccidermi?» dai! Dalle pene
d’amore si guariva, mica si
doveva ammazzare il partner, altrimenti ci saremmo quasi estinti.
È vero, non
avevo molta fiducia nella fedeltà del genere umano.
Reminiscenze disincantate
da Serpeverde, presumo.
«La
strega era un pochino su
di giri, hai detto. Se è fuori di testa,
l’ammazzarti è la conseguenza
naturale» concluse secca Molly.
«Bene,
ragazze. Se ci viene
in mente qualche altra cosa ne parleremo domani. Ora andiamo a
dormire»
proruppe la voce di Dominique dallo specchietto che Rose teneva in mano.
Alcune
ridacchiarono, altre
fecero immediatamente come richiesto e nel giro di cinque minuti, io e
Rose,
rimanemmo soli. Ancora una volta.
Tra
poco sarebbero arrivate
le altre ragazze. Non avevamo molto tempo e, nonostante
l’imbarazzo che sentivo
pesante, dovevo affrontare questa situazione assurda o non me lo sarei
mai
perdonato.
Prima
di tutto la verità. Il
coraggio della verità. In fin dei conti ero Grifondoro non
per niente, no?
«Il
bacio che ci siamo
scambiati nello spogliatoio, ha significato tanto per me»
buttai lì sperando
che capisse.
«Certo!
Ti sei fatto
riconoscere da Blaike. Il tuo scopo era quello e ci sei riuscito alla
grande».
Ironia portami via. Possibile che non riuscisse a fare due
più due? Eppure era
una delle ragazze più intelligenti della scuola.
«All’inizio
era così, ma poi
mi sono perso nelle mie sensazioni e baciarti è stata la
cosa più bella che mi
sia mai capitata. Non sono pentito e il mio solo rimpianto è
di non poterti
baciare ancora, perché tu mi piaci! Ecco! L’ho
detto!». Era stato come
togliersi un dente senza anestesia magica. Come se avessi corso per
chilometri
su per una montagna e fossi appena arrivato in cima. Mi girava la testa
ed
avevo il fiatone. Non ero mai stato tanto in imbarazzo come in quel
momento.
Nudo sino all’anima.
Lei
era davanti a me, con la
bocca aperta, gli occhi sgranati e le guance rosse. Sembrava un pesce
palla e
non era mai stata tanto bella.
«Rose»
mormorai allungando la
mano verso di lei. Avevo paura. Paura che scappasse, paura che si
sentisse
male, paura… non sapevo neanche io di cosa. Forse di un
rifiuto.
Lei,
invece, si riscosse
guardando la mia mano e si aprì in un sorriso felice che mi
fece balzare il
cuore in gola, poi si lanciò verso di me, avvolgendomi le
braccia intorno al
collo e attirandomi verso il suo viso per stampare le sue labbra sulle
mie.
Passare
dall’interdetto e
immobile al consapevole e partecipante, ci avevo messo meno di due
nanosecondi.
Se il mio cuore impazzito fosse scoppiato in quel momento, pazienza.
Sarei
morto felice sulle sue labbra.
Non
so quanto tempo rimanemmo
lì abbracciati a baciarci. Volevo quasi inglobarla dentro di
me, per metterla
vicino al mio cuore, dove era il suo posto. Mi sentivo felice e dolce,
talmente
dolce da essere melenso e far venire denti cariati e diabete a tutta la
popolazione magica dell’Inghilterra. Mio padre mi avrebbe
affatturato a vedermi
in questo modo, per non parlare di Blaike e Nigel. Sarei stato preso in
giro
fino alla fine dei miei giorni. Eppure non mi poteva importare di meno.
Davanti
a me c’era una rossa
che faceva esplodere di stelle tutto il mio mondo.
Rose
si appoggiò ancora di
più a me e, visto che le mie gambe erano a pochi centimetri
dal letto, mi
lasciai cadere all’indietro, portando la rossa con me. Subito
ci staccammo e ci
mettemmo a ridere come due scemi.
«Stai
cercando di circuirmi?»
chiese lei tra una risata e l’altra.
«Sei
tu sopra di me. Direi
che sono quello sottomesso» risposi.
«Chiamami
padrona, allora»
soffiò sulle mie labbra.
«Come
lei desidera» mormorai
prima di annullare la distanza e ricominciare a baciarci come se non ci
fosse
un domani.
Le
mie mani vagavano sulla
sua schiena, carezzando la colonna vertebrale fino
all’altezza dove Rose
iniziava a fare un verso strano di gola strusciandosi contro di me.
Stava
facendo le fusa la mia gattina. E avevo scoperto un punto debole che
sarebbe
stato usato contro di lei in qualsiasi momento ne avessi avuto voglia.
Tanta
voglia.
«Lo
sapevo che non ce la
raccontavate giusta, voi due!» esordì la
simpaticissima voce di Anne.
Immediatamente
Rose si
sollevò e insieme guardammo verso la porta che adesso era
spalancata e dove
sostavano le due compagne che non avrei mai voluto ci vedessero in
queste
condizioni: Anne e Meredith.
«Erano
sempre assieme. Era
logico che fossero lesbiche» rincarò la dose
Meredith.
«Chissà
cosa combinano quando
escono di notte. Possiamo vedere la prossima volta? Vorrei proprio
assistere a
un accoppiamento gay». Anne aveva dei desideri decisamente
strani. Realizzai
che le nostre uscite notturne non erano rimaste segrete. Fortuna che
pensavano
fosse per altro.
«Ma…»
cominciò Rose ma io la
interruppi con un bacio a stampo.
«Lascia
stare, amore. Ormai
ci hanno scoperte, così non dovremo più tenerlo
segreto» dissi ostentando
sicurezza. Sperai che abboccasse subito, prima di tradirci e confessare
la mia
vera identità.
«Oh»
esalò lei, poi si
strinse a me e sorrise. «Forse hai ragione. Ma niente
esibizioni pubbliche!»
disse ridendo prima di alzarsi e farmi sedere.
«Da
quanto va avanti questa
storia tra di voi?» chiese ancora curiosa Meredith.
«Da
prima di Natale» risposi
io immediato.
In
quel momento entrò anche
Daisy che rimase interdetta sulla porta. «Che
succede?».
«Tu
non ne sapevi niente?»
chiese Anne alla nuova arrivata.
«Di
cosa?».
«Di
loro due. Stanno insieme
da Natale. Abbiamo una storia d’amore in dormitorio e non ne
sappiamo nulla!».
Daisy
ci fissò con la bocca
aperta, senza emettere un suono, poi esalò un «Non
sapevo», e arrossì.
«Dai
ragazze, adesso
lasciateci in pace» dissi lanciando un’occhiata di
intesa a Rose.
Mi
sarebbe piaciuto uscire con
lei e andare a trovare un’aula vuota dove parlare tranquilli,
ma non era il
momento. Era stata una giornata piena e non sarebbero mancate le
occasioni per
trovarci soli.
Prepararci
per andare a
letto, fu quasi un sogno. Non mi resi neanche conto di quanto facevo
sino a che
non mi trovai nel mio letto a baldacchino con le tende tirate e le
coperte
sotto il mento.
In
quel momento realizzai
cosa era successo nelle ultime ore.
Avevo
litigato con Rose, mi
ero trovato geloso di un Corvonero, avevo ascoltato una conversazione
tra la
strega assassina e la sua complice, origliato le confidenze della
rossa, avevo
ragionato assieme alle ragazze Weasley per capire chi potesse essere la
traditrice, avevo trovato il coraggio di confessare a Rose i miei
sentimenti, e
adesso?
Sentivo
la necessità di
parlarle ancora. Oppure no? Ero euforico e calmo allo stesso tempo. Se
questo
era l’effetto che Rose faceva alla mia testa, non sapevo se
esserne felice o
sconvolto. Non avevo più la ricezione di niente e di tutto.
Merlino, che
confusione!
All’improvviso
la tenda si
sollevò un poco e la rossa che occupava i miei pensieri
scivolò all’interno e
poi sotto le lenzuola.
Tra
le tende era
completamente buio, eppure intuivo le sue espressioni e il sorriso che
aveva in
quel momento, senza neanche sfiorare il suo volto.
«Scorpius»
sussurrò.
Immediatamente
lanciai un
muffliato in modo da poter parlare tranquillamente in quella piccola
alcova.
«Dimmi»
risposi sottovoce.
Seppure fosse impossibile farci sentire, sembrava che parlare piano
rendesse la
nostra conversazione ancora più intima.
«Davvero
ti piaccio?» chiese
con tono quasi infantile.
La
strinsi ancora più forte
tra le braccia. «Certo che mi piaci. Non mi sarei fatto dare
della lesbica
altrimenti» risposi. Ridacchiammo insieme.
«Se
non ti piace Scott,
perché sei andata a cercarlo?». Adesso che non era
più una minaccia per me, ero
curioso di sapere.
«Mi
serviva sapere qualche
cosa su quell’amuleto e so che Scott aveva avuto il permesso
di consultare quel
libro prima che sparisse. Speravo che ricordasse qualche
cosa».
«E?».
Sarebbe stato un bel
colpo se avessimo scoperto qualche cosa anche così.
«All’interno
della pietra
centrale, c’è una cavità che viene
riempita e fa da catalizzatore per l’odio.
Credo che sia lì che la strega versa il succo di
clerodendro»,
«Potrebbe
essere. Come sei
passata da una semplice domanda a un appuntamento a
Hogsmeade?». Inutile dire
che la cosa non l’avevo ancora digerita.
«Mi
ha ricattata. Mi ha detto
quello che sapeva se io accettavo di uscire con lui».
«Bastardo»
sibilai. «Non è
neanche uomo per cercarsi le uscite da solo. Deve ricattare!».
«Però
adesso che ho la
ragazza, posso dirgli che non può essere il mio tipo. Non
credo che voglia
farsi vedere con me, ora che la voce si spargerà per la
scuola. Ci hai pensato
bene? Tutti ci daranno delle lesbiche. Saremo prese in giro e
additate».
«Sei
preoccupata per questo?»
chiesi voltandomi verso di lei.
Sentii
la sua mano calda
sulla guancia e sospirai strusciandomi contro. «Neanche un
po’. Però credo che
dovrai guardarti dai miei cugini e da mio fratello. Loro sanno chi sei
e non
credo saranno entusiasti di questa cosa».
«Quello
che mi preoccupa di
più è tuo padre. Per il resto posso superare di
tutto. Ormai sono navigato»
risposi pomposo.
Rimanemmo
alcuni istanti in
silenzio. La sua testa era appoggiata sulla mia spalla e la sua mano
scorreva
leggera sul mio cuore. Io carezzavo la sua schiena stringendola di
tanto in
tanto, per sentirla più vicina.
«Scorpius»
esordì dopo alcuni
minuti. «Sai che potremmo cancellare la maledizione,
adesso?».
Mi
irrigidii. In effetti mi
era passato per la mente. Potevo davvero sperare di avere una vita
davanti?
Oltre l’estate?
«Ci
ho pensato. Sì»
sussurrai.
Lei
si alzò in ginocchio e io
mi sedetti accanto. «Allora proviamoci» disse
decisa prima di prendermi il viso
tra le mani ed avvicinarsi.
Appoggiò
la fronte fresca
contro la mia e questo mi spinse a chiudere gli occhi, amplificando gli
altri
sensi, sebbene fosse talmente buio da distinguere a mala pena il
contorno della
sua figura.
«Io
ti amo» disse lentamente.
«Io
ti amo» risposi con lo
stesso tono solenne.
Aspettai
qualche minuto
trattenendo il fiato e ascoltando il rumore sordo dei battiti del mio
cuore.
Rose respirava piano accanto a me, in attesa trepidante come il
sottoscritto.
Non
sentii niente di quello
che immaginavo. Non il caldo di un colpo inferto, né il
freddo di un ghiaccio
sciolto. Nulla. Avevo solo la percezione dei palmi di Rose sulle mie
guance.
Mi
baciò quasi con rabbia e
io risposi con voracità.
Avevo
il sentore che non
fosse cambiato niente, ma avere il suo corpo stretto al mio non mi
faceva
pensare a niente altro che a lei.
Quando
si staccò, in debito
di ossigeno, fece scorrere le dita sulla mia faccia, quasi a sincerarsi
che
tutto fosse cambiato, o niente.
«E’
probabile che non siamo
proprio convinti di questi sentimenti e la maledizione lo ha
sentito» provai a
consolarla e a consolare me stesso.
«Vuoi
dire che non mi ami?»
mi chiese con tono sommesso.
«Non
ho mai amato. Non so se
quello che sento è amore, ma di sicuro è qualche
cosa di forte» risposi.
«Senti, abbiamo ancora tempo. È febbraio, mancano
sei mesi. Potremmo scoprire
come eliminare la maledizione in tanti altri modi. Ti prego,
prendiamoci il
tempo per conoscerci meglio e stare insieme». Sperai di
essere convincente.
Magari lei non era sicura dell’amore per me o io non ero
profondamente
convinto, oppure… potevano esserci tante motivazioni per la
quale le nostre
dichiarazioni non avevano funzionato. Non volevo rovinare il mio
rapporto
appena nato. Volevo viverlo.
«Sono
d’accordo. Facciamo con
calma. Sono sicura che andrà tutto bene».
La
strinsi forte a me e
sorrisi. Era andata bene, potevamo cominciare a stare insieme e vedere
come
andava. A parte la mia particolare situazione, mi piaceva
l’idea di gestire con
una ragazza un rapporto normale.
«Al
limite, puoi sempre
indossare gli occhiali degli auror e guardarmi al naturale»
le dissi malizioso
e vidi brillare i suoi occhi. Certo le avevo dato una idea che reputava
interessante.
Silenziosamente
scivolò fuori
dalle tende del mio baldacchino e andò a cercare le magiche
lenti nel suo
comodino, dove avevo visto che le aveva riposte l’ultima
volta che le aveva
usate.
Pochi
istanti dopo era di
ritorno, ma invece della faccia allegra che mi ero aspettato, vidi una
Rose
quasi spaventata.
«Non
ci sono più» esalò in un
respiro.
Avevano
preso i suoi
occhiali. Erano pericolosi. Chiunque li avesse indossati, poteva
riconoscermi e
se fosse stata la complice della strega assassina, anche Rose e i suoi
cugini
sarebbero stati in pericolo.
All’improvviso
mi ricordai di
cosa era successo a Blaike. Chissà come, non mi era venuto
in mente prima di
chiedere.
«Avevi
anche della polvere
buio pesto peruviana?».
«Sì,
la tenevo nel mio baule…
insieme agli occhiali» rispose intuendo dove volevo andare a
parare.
«Allora
gli occhiali li ha
presi la complice insieme alla polvere buio pesto che ha usato per
schiantare
Blaike quando ha trovato i miei appunti».
Nel
momento stesso in cui
dissi a voce alta questa frase, il mio cuore sprofondò nel
terrore.
La
complice aveva gli
occhiali da quindici giorni. Aveva visto me e non Shaula. Aveva capito
chi ero
e soprattutto aveva visto con me Rose.
Se
avesse ritenuto che la
vendetta contro di me era a un passo dal fallire, avrebbe potuto
aggredire lei.
Il solo pensiero mi fece tremare.
Dovevo
proteggerla, anche a
costo di allontanarla da me.
---ooOoo---
Angolino
mio:
capitolo
davvero zuccheroso. L’inizio abbiamo uno svisceramento
approfondito su quanto
ha sentito scorpius nel bagno al sesto piano. Altri indizi vengono alla
luce.
Manca poco per capire tutto.
Poi
arriva il momento clou. Scorp si butta e atterra sul morbido. Si
piacciono! Ma
la maledizione non demorde e lui è ancora Shaula. Ci saranno
delle belle scene
adesso che le due andranno in giro mano nella mano. Chissà
la tribù Weasley
come reagirà? E Scorpius lascerà subito Rose?
Accetterà il rischio di farsi
vedere insieme a lei?
Ho
fatto i conti per il cambio tra galeoni e euro e sono
all’incirca 100 euro per
un galeone d’oro. Quindi 105 galeoni sono 10500 euro. Mi
sembrava un buon
indizio per proseguire con l’indagine.
Per
adesso vi rimando al prossimo capitolo che vedrà questo sito
non prima di
domenica. (salvo che mi lasciate otto recensioni allora farò
la brava e posterò
prima).
Alla
prossima
Baciotti
|
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Capitolo 21 *** Crazy for you ***
Capitolo
21! Siamo arrivati!
Due
righe per fare i soliti ringraziamenti che sembrano noiosi ma li
ritengo d’obbligo perché davvero sentiti. Grazie a
chi legge,
recensisce, suggerisce, mette nelle liste speciali e apprezza questa
storia. Grazie al lavorone di Elenri per i banner e per C_Malfoy che
sta postando questa storia su Wattpad (ho sbirciato e sei stata di
parola. Apprezzo)
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
D’impulso
strinsi Rose
al mio petto e affondai il viso tra i suoi capelli, respirandola
letteralmente. Ero terrorizzato. E se fosse stata colpita? Poteva
essere maledetta come era successo a me. Pensare a lei che poteva
morire allo scadere di un anno era un incubo peggiore di quanto mi
stava capitando. Il mondo non sarebbe stato un luogo degno di essere
vissuto senza di lei.
«Scorpius…
Scorpius mi
soffochi» ansimò sul mio petto.
Lentamente
mi staccai e le
baciai una tempia. «Scusami. Mi sono agitato».
«Hai
ragione. Mi fa
rabbia pensare che una persona si sia messa a guardare tra le mie
cose. Che nervi!».
«Non
solo per quello»
risposi mesto.
«Per
cosa, allora?».
«Non
capisci? Mi ha
visto. Sa che sono io e ti ha visto con me. È troppo
pericoloso
starmi vicino. D’ora in poi dovrai sempre essere accompagnata
da
Albus o qualcuno dei tuoi cugini e non ti dovrai più
avvicinare a
me. Hai capito?» dissi veemente scuotendola come se fosse
così che
sarei riuscito a farle entrare il concetto in testa.
«Non
possiamo più farci
vedere in giro. È pericoloso» dissi cercando di
convincerla.
«Non
crederai che basti
così poco per intimorirmi? Cerca di ragionare, Scorpius. La
complice
ha gli occhiali da quindici giorni, hai detto. Quindi mi ha
già
visto con te, non dobbiamo comportarci in modo diverso. Non
cambierebbe nulla». In effetti era vero, ma non riuscivo a
pensare
lucidamente dal momento in cui avevo realizzato che lei era in
pericolo.
«Dovrai
essere sempre
accompagnata» insistetti.
«Sarò
accompagnata a te.
Sarò perfettamente al sicuro».
Mi
indicai. «Ti sembra
che sia in grado di proteggere qualcuno? Non sono riuscito a salvare
me stesso come potrei salvare te?».
«Ma
tu non sapevi quello
che stava accadendo. Sei stato preso alla sprovvista. Noi adesso
siamo più informati. In ogni caso, se voleva farmi male, la
complice
avrebbe già attaccato. Sono mesi che stiamo insieme da tutte
le
parti. Il fatto di camminare vicini non cambierà
niente» fece
spallucce.
«Tranne
per il fatto che
le due oche qui dentro diranno a tutta la scuola che siamo amanti.
Sai che bel pettegolezzo? Dovremmo obliverarle» replicai io.
«E’
illegale, e lo sai»
tento di farmi ragionare. «Scorpius. Nonostante ci siamo
dichiarati,
la maledizione non è cessata. Non è questa la
strada. Continueremo
a indagare e troveremo la contromaledizione. Non lasciarmi adesso che
ci siamo trovati». Aveva preso di nuovo il mio viso tra le
mani e lo
stava avvicinando al suo. «Ti prego»
sussurrò sulle mie labbra.
Come
facevo a dirle di no,
quando mi faceva perdere il cervello «Okay»
cedetti, prima di
sigillarle la bocca con la mia.
Ero
già diventato una sua
marionetta e stavamo insieme da appena due ore. Ero praticamente
fottuto.
Addio
sogni di gloria e
donzelle disponibili e disinibite. In un istante ero desideroso di
diventare monogamo e felice di esserlo.
Ci
stendemmo ancora sotto
le coperte e abbracciati ci addormentammo.
Ero
sicuro che quella
notte avrei dormito benissimo e il mattino dopo, la mia previsione
era perfettamente confermata.
La
mattina dopo, quando
spuntammo dal baldacchino, non c’era nessuno nel dormitorio.
Anche
Daisy era andata via senza dire niente. Forse per discrezione. Non mi
facevo alcun dubbio su quello che avrebbero fatto le due simpatiche
una volta uscite dalla torre dei Grifondoro.
«Sei
pronto ad affrontare
la sala grande?» chiese sorridendo Rose, dopo che fummo
pronti per
uscire dal dormitorio.
«Non
ne sono sicuro ma
non posso procrastinare in eterno. Andiamo!» risposi deciso e
la
presi per mano, reggendo la borsa con i libri con l’altra.
Ci
lasciammo, per
camminare vicini, una volta usciti dalla torre e proseguimmo per
tutte le rampe di scale sino alla sala grande. Non appena varcai la
soglia, venni accolto da un silenzio tombale. Sentivo distintamente
ronzare una mosca sulla colazione dei Tassorosso.
Guardai
in giro e mi
accorsi che tutti i tavoli erano occupati e tutti gli studenti ci
stavano guardando.
«Anne
e Meredith hanno
fatto un ottimo lavoro. Sono solo le otto e siamo già sulla
bocca di
tutti» borbottai irritato, ma Rose sorrise e fece spallucce
per poi
superarmi e andare diritta verso la tavola dei Grifondoro a fare
colazione.
Rimasto
solo all’ingresso,
decisi che forse il comportamento della mia ragazza era il
più
giusto e la imitai. La mia ragazza. Mi faceva strano apostrofarla
così.
Quando
ci sedemmo al
tavolo, fummo subito raggiunti da Albus e Hugo con Lily.
«E’
vero?» chiese Hugo
rivolgendosi alla sorella. Non sembrava seccato, anzi. Era
decisamente eccitato per la novità. Rose si
limitò ad annuire,
colorandosi le guance di un rosa acceso.
«Ma
ieri avevate
litigato. Quindi non è da Natale che state
insieme» chiese Lily e
qui risposi io.
«No.
L’abbiamo solo
detto per non creare sospetti con le due pettegole».
«Non
sono state Anne e
Meredith, se è quello che intendi»
borbottò Albus con voce
lugubre. «E’ stata Delphina a far circolare la
voce».
Delphina?
Come faceva a
saperlo lei? Di sicuro una delle due iene aveva dei contatti con la
Serpeverde, altrimenti non si sarebbe spiegato.
Rose
fece segno di no e
lasciai perdere. Tanto tra poco avrei parlato con Blaike per
controllare chi avesse la piccola piramide nel dormitorio di
Serpeverde.
«Quindi
adesso la
maledizione finirà» affermò Lucy
accomodandosi accanto a Lily.
«In
verità ci abbiamo
provato ma non ha funzionato» risposi mangiando un muffin.
«Cosa
avete fatto? Vi
siete dichiarati?». Lily era estremamente curiosa ed
eccitata, con
Hugo che saltellava sulla panca e Lucy che si allungava verso di noi
per sentire meglio. Beh, almeno avevamo gente felice per questa nuova
situazione.
«Sì,
ma come ha detto...
Shaula, non ha funzionato» rispose Rose, guardandomi con
intenzione.
«Credo
che tutta la sala
voglia ascoltare le vostre novità»
borbottò Molly sedendosi
accanto ad Albus che sbuffò.
«Non
credo che voi
insieme sia la cosa migliore, vista la situazione»
sbottò poi
irritato.
«In
che senso?»
domandai.
«Perché,
Shaula, in
questo momento hai un permesso di soggiorno a tempo determinato e se
non si trova una soluzione dovrai lasciare... l'Inghilterra. Non
voglio che Rose rimanga qui con il cuore spezzato» disse
sottolineando il tempo determinato. Eh, sì. Agosto era la
mia
scadenza.
«Non
avrà il cuore
spezzato. Tutto si risolverà e vivranno per sempre felici e
contenti» ribatté Lily e Lucy sospirò e
batté le mani a supporto
di quanto diceva la cugina.
«Piuttosto,
sei stato
informato su quanto abbiamo detto ieri sera?» chiesi a Albus
cercando di cambiare argomento.
«Certo.
Ed ho anche
chiamato papà. Ha trovato interessante la teoria dei
tradimenti.
Indagherà sulle vittime. Per quanto mi riguarda, non temo
nulla. Non
ho mai avuto una ragazza da tradire» proclamò
convinto.
«Però
sei uscito con
qualcuna, giusto?». Non potevo credere che un ragazzo normale
di
diciassette anni si perdesse i normali rapporti tra adolescenti.
Sedurre le ragazze era proprio il bello di questa età.
«Tranquillo,
Shaula. Sono
uscito con delle ragazze ma non ho mai tradito. Prima di uscire con
un'altra ho sempre chiuso il rapporto. Patti chiari, azioni
chiare».
Onore
e gloria al
Grifondoro per antonomasia. Una rettitudine che conoscevo a malapena
sui libri di scuola.
Quando
uscimmo dalla sala
grande, non ci fu più occasione di stare insieme. Rose
andò verso
le sue lezioni di aritmanzia e io di legismagia. Questo però
mi dava
occasione di parlare con Blaike. Rallentai strategicamente e lui
sembrò notare la mia manovra perché mi si
affiancò subito.
«Allora?
Tu e la Weasley
Caposcuola? Ragazza notevole, niente da dire».
«Certo
che Delphina ha
messo i manifesti in due secondi. Lo sanno già
tutti» borbottai.
«E
non ti dico le
battute. È esilarante pensare che si rivolgono a te...
però non è
stata Delp a dirmelo, è stato Tyson».
La
cosa era ancora più
stupefacente. «Come era riuscito a svegliarsi così
presto?».
«Perché
ti interessa
tanto? L'avrà saputo ieri sera» disse facendo
spallucce.
«E'
questo il punto. È
successo questa notte e nessuno lo sapeva tranne le due iene del
dormitorio. Come hanno fatto a farlo sapere a tutta la scuola con
così poco tempo?».
«Sembra
che la cosa ti
interessi parecchio».
«Ho
la sensazione che sia
importante» risposi. Se Delphina aveva saputo della relazione
da
Anne, si sarebbero dovute incontrare prima dell'alba. Per poi farlo
sapere a Tyson... era incredibile solo pensare che si svegliasse
prima delle otto meno dieci. Era sempre stato così.
«Okay,
concordo che i
tempi non funzionano».
«Sai
cosa significa? Che
ci sono più persone che ci controllano» dissi.
«Ho
sempre detto che
questa scuola ha occhi e orecchi dappertutto»
borbottò Blaike poco
prima di entrare in classe.
La
giornata passò
lentamente, ma io ero perso sui miei pensieri. Rose e altri pensieri.
Il comunicatore piramidale, ad esempio. Quando chiesi a Blaike non
sembrò tanto sorpreso.
«L'ho
visto, sì. L'ho
anche usato. Ce l'ha Tyson, uno Theodore, uno Cassandra e uno
Delphina. Lo prestano praticamente a tutti quelli del sesto e settimo
anno. Ma anche altri ragazzi a Serpeverde ne sono in possesso. Se
dovessi azzardare un numero, direi che ce ne sono una decina nel
nostro dormitorio».
«Dovremo
sapere chi altri
ne ha nella scuola, ma direi che i sospetti si addensano tutti su
Serpeverde». Il mio tono era funereo. Mi faceva star male il
pensiero di essere stato tradito da qualcuno che conoscevo
così
bene. I miei compagni di anni. La mia vita.
«Se
metto le mani su
quella traditrice, giuro che le faccio passare la voglia di lanciare
maledizioni a nastro! Con tutta la storia di Voldemort e dei
Mangiamorte, stavamo riuscendo a farci rispettare solo come casa e
non come maghi oscuri. Se questa cosa si viene a sapere saremo di
nuovo tutti sospettati e i nostri anni felici saranno finiti».
«Lo
so benissimo. Mio
padre ha faticato per essere almeno ignorato dagli altri
maghi».
«Il
mio non ha fatto
niente ma è stato additato lo stesso, solo per essere stato
nella
casa di Serpeverde. È quasi una maledizione!».
Restammo
in silenzio
qualche minuto, seduti su un muretto del cortile, avvolti nei nostri
mantelli con nuvolette di vapore che uscivano dalle nostre bocche.
Poi Blaike cominciò a ridacchiare.
«La
Weasley, eh?».
Sorrisi
anche io. Sapevo
dove voleva arrivare e ormai ero rassegnato al suo attacco.
«Sì».
«E
com’è?». Una
domanda ingenua che sotto intendeva un mondo.
«Bellissima,
intelligente, interessante, forte e dolce».
«Questo
me lo potrebbe
dire anche un suo cugino. Io voglio sapere altro».
«Mi
smuove dentro. Okay?»
sbottai arrossendo. Era il freddo, solo il gelo del cortile.
«Questo
mi pare ovvio,
altrimenti non te ne fregherebbe niente. Ma in contatto?
Com’è?».
«Ehm»
sentii parecchio
caldo. Avevano alzato la temperatura dell’esterno?
«Non ci siamo
arrivati sino a lì. Ci siamo appena messi insieme».
«Per
essere uno che di
solito partiva da quello... Fratello, se sei cambiato! A parte
l’estetica» terminò con una risata. Poi
gli venne un dubbio. «Ma
puoi ancora?».
Lo
spintone che ricevette
fece scoppiare la sua risata ancora più forte.
«Certo che posso»
risposi.
«Allora
perché non sei
normale? Forse devi fartela per tornare a posto?».
«Se
lo sapessi… Ci
siamo dichiarati ma non è successo niente».
«Secondo
me devi agire,
non parlare» disse lui convinto.
«E’
troppo presto per
quello. Non voglio farle fretta». Non me la sentivo di
spingerla a
un passo così importante. Non sapevo neanche se era vergine
o se
avesse già avuto rapporti con qualche altro ragazzo. Non che
il
pensiero che qualche sconosciuto avesse messo le mani sulla pelle di
Rose mi facesse piacere (davo di matto per essere precisi), ma non
potevo essere ipocrita visto il mio passato. Se si era messa con
qualcuno prima di me, era normale che avesse fatto sesso. Speravo
solo non avesse sofferto per amore. Quello mi avrebbe fatto
più
male, sentire che era stata così presa da qualcuno che non
ero io.
Per me, lei era la prima. La prima ragazza importante e avrei voluto
essere lo stesso per lei.
«Ma
dove la tenevi
nascosta tutta questa romanticudine? Sembri un vecchio saggio! Sei
cresciuto di qualche decennio» commentò Blaike.
«Diciamo
che mi sono
messo nei panni degli altri. In senso letterale» risposi e
lui
annuì.
Rimanemmo
in silenzio per
qualche minuto a goderci la tranquillità del momento. Niente
ragazze, niente Lucinda (della quale avevo recentemente conosciuto il
lato squalo che distava anni luce dal mio ideale di dolce ragazza),
niente misteri, niente maledizioni. Solo pace.
Il
cervello però faceva
giri strani e me lo ritrovai a pensare ancora alla complice della
strega assassina.
«Blaike,
se il complice
fosse uno di Serpeverde, tu su chi punteresti il dito?»
chiesi.
Magari il sesto senso poteva dare la soluzione anche senza avere le
prove inconfutabili.
«Io…
ci ho pensato e
secondo me potrebbe…» si interruppe mentre in
lontananza sentivamo
degli strani suoni. «Meglio interrompere qui. Te lo dico
un’altra
volta, qui ogni posto è pieno di occhi e orecchi che
spiano»
terminò sottovoce.
Una
cacofonia di suoni
sempre più assordante si avvicinava e ormai anche io ero
curioso di
sapere cosa fosse a causare tutto quel rumore.
Più
si avvicinava più si
sentiva chiaramente che non era rumore ma musica. Chi è che
suonava?
Era un lento, un po’ pop.
Guardammo
lungo il
camminamento ed ecco che mi sembrò di vedere
un’ombra grossa e
bitorzoluta. Cosa diavolo era?
Quando
l’ombra divenne
visibile, io e Blaike scoppiammo a ridere. Non era umanamente
possibile fare altrimenti. Di fronte a noi c’era Theodore
Goyle in
versione ripulita e in tutto il suo splendore.
Si
era messo un abito da
cerimonia scuro e un po’ demodé, con il papillon
rosso a pallini
bianchi e blu, i capelli tirati indietro con un chilo e mezzo di gel
a scoprire la fronte bassa e sfuggente e in mano aveva un enorme
mazzo di fiori rossi strombazzanti che stavano sgolando le corolle
con una canzone romantica, che lui ripeteva stonando come un
campanaccio.
I’m
crazy for you
Touch me
once and you’ll know it’s true
I never
wanted anyone like this
It’s all
brand new, you’ll feel it in my kiss
I’m
crazy for you, crazy for you
Trying
hard to control my heart
I walk
over to where you are
Eye to eye
we need no words at all
Slowly now
we begin to move
Every
breath i’m deeper into you
Soon we
two are standing still in time
If you
read my mind you’ll see
I’m
crazy for you!
«I’m
craaazyy fooor
youuuuu!» ululava Theo coadiuvato dalle corolle rosso scuro
che
facevano fuoriuscire i pistilli congestionati per tenere la nota
meglio di quanto facesse Goyle.
Mi
stava fissando,
camminava verso di me, lentamente e concentrato. Accanto a me, Blaike
stava piangendo dalle risate e continuava ad asciugarsi gli occhi con
la manica della divisa scolastica fuoriuscita dal mantello.
All’improvviso
cambiò
melodia e partì con un altro lento.
«Look into
my eyeeeees - you will see what you meaaaan to meeee»
Don't tell
me it's not worth tryin' for
You can't tell me it's not worth
dyin' for
You know it's true
Everything I do - I do it for
you
Look into my heart - you will find
There's nothin' there
to hide
Take me as I am - take my life
I would give it all -
I would sacrifice
I would
fight for you - I'd lie for you
Walk the wire for you - ya I'd
die for you
Ya know it's true
Everything I do - I do it for
you
«Eveeerythiiiing
I dooooo – I doooo it fooooor youuuu».
Nel
mentre i fiori stavano
perdendo alcuni petali mentre si sgolavano (o spetalavano se
così si
poteva dire) e Theo… si era inginocchiato davanti a me, che
fortunatamente ero seduto, altrimenti sarei cascato a terra,
tramortito.
In
realtà era Blaike
quello caduto, inginocchiato a terra, a ridere e a sbattere il pugno
sul selciato accanto alle ginocchia di Goyle.
«Per
Merlino… non ci
credo… per Merlino…» continuava a
ripetere singhiozzando.
Quando
anche l’ultima
nota in agonia si dissolse nell’aria, Theo mi tese i fiori
«Li ho
fatti arrivare dal Borneo. I fiori canterini strombazzanti. Volevo
esprimerti i miei sentimenti e invitarti a uscire insieme a San
Valentino» declamò serissimo, guardandomi negli
occhi.
Accanto
a me, seduto in
terra, Zabini stava cercando di trattenere il singhiozzo che gli
squassava il petto, venutogli per il troppo ridere. Ben gli sta, fu
il mio pensiero più caritatevole per lui.
Guardai Goyle e desiderai andare io in
Borneo, lontano
da lui e dai suoi fiori, alcuni piccolini stavano ancora
canticchiando piano:
Love
me tender,
Love
me true,
All
my dreams fulfilled.
For
my darlin' I love you,
And
I always will.
«Goyle…»
provai a dire
con la mia vocetta stridula che contrastava decisamente con il tenore
delle canzoni dedicatami.
«Theodore,
amore mio.
Chiamami come vuoi, chiamami sempre, chiamami a
te…» mi interruppe
tendendo una mano verso di me, mentre l’altra correva al suo
petto.
Ormai
Blaike stava
rantolando al mio fianco, cercando di respirare per poter
sopravvivere alla demenza di questa scena.
Io
ero sicuro che avrei
riso per anni di questa cosa, ma non adesso. Più che altro
volevo
togliermi dagli impicci, visto che stavano arrivando altri studenti a
guardare cosa capitava nel cortile.
Avevo
già beccato Lucy
che stava piangendo dalle risate, dietro una colonna, mentre Hugo
sembrava singhiozzasse contro il braccio che sosteneva la sua testa
appoggiata alla stessa colonna, poco più in là.
«Goyle»
ripetei,
cercando di mettere più distanza possibile tra di noi.
«Sai che mi
vedo con Rose, non sei proprio il mio tipo». Nascondermi
dietro alla
mia natura gay poteva essere la soluzione indolore.
«Ma…
non devi far finta
per timidezza. Adesso che mi sono dichiarato, potremo vederci alla
luce del sole e non dovrai più mascherarti per quella che
non sei».
Ma questo era proprio duro di comprendonio!
«Goyle,
io non fingo. Amo
Rose Weasley. Sono lesbica. Tu non mi ecciti! Come posso fartelo
capire meglio?» sbottai. Stavo perdendo la pazienza e
rischiavo di
essere offensivo. Nonostante tutto, c’era voluto molto
coraggio da
parte sua a farmi questa dichiarazione e non potevo certo
allontanarlo a male parole.
«Ma
io ti ho portato i
fiori!» protestò con il tono di un bambino.
Intanto
intorno a noi si
era creata una vera e propria folla. Addio pace e
tranquillità e
maledizione a Theo e alla sua cotta per le ragazze orride con il culo
a mongolfiera.
«E
le serre di Hogwarts
la ringraziano sentitamente, signor Goyle» disse il professor
Paciock avanzando verso di me e togliendo delicatamente il mazzo di
fiori dalle mie mani. Prese un paio dei fiori più belli e me
li
porse «Come ricordo, signorina Girtab, ma se permette gli
altri li
userò per ricavarne i semi. Sarebbe un bel colpo riuscire a
riprodurre il clima ideale per questa coltivazione. In Inghilterra
è
quasi impossibile ottenere questi fiori in vaso» ormai era
esaltato
e partito per la tangente, avendo cominciato a borbottare di concimi
e vasi traspiranti con la creazione di apposite nuvolette
spandipioggia a orari intermittenti da posizionare sui vasi stessi.
I
ragazzi iniziarono a
disperdersi continuando a ridere mentre tornavano alle loro lezioni.
Ero socialmente finito. Quella scena sarebbe stata oggetto di
pettegolezzi per molto tempo.
Goyle
si alzò lentamente
da terra e mi guardò triste. «Allora non
c’è proprio speranza?»
chiese. Mi sembrò che avesse il cuore in mano e non me la
sentii di
frantumarlo senza pietà.
Anche
io mi alzai dal mio
trespolo, mentre Blaike, discreto, si allontanava fischiettando una
delle canzoncine sentite.
«Non
posso lottare contro
la mia natura. Se lasciassi Rose per te, sarei infelice e tu non vuoi
che sia infelice, vero?». Mi stavo sforzando di essere
sensibile, ma
quanta fatica stavo facendo!
«No,
certo» rispose lui,
sgranando gli occhi.
«Quindi
non posso stare
con te. Ma voglio che tu sappia questo: se non fossi così
come sono,
tu saresti la mia prima scelta». Terminai con quello che mi
sembrava
un tenero bacetto sulla guancia.
Lui
arrossì. «Ma se
cambi idea…» provò ancora.
Sorrisi.
Non c’era
proprio verso! «Non credo possa succedere, ma in caso sarai
il primo
a saperlo» promisi.
Con
un tremulo sorriso si
allontanò e io, dopo la mezz’ora più
imbarazzante della mia vita,
tirai un sospiro di sollievo.
«Beato
te che sei
riuscito a sganciarti» borbottò una voce
conosciuta alle mie
spalle.
Mi
voltai di scatto e vidi
Rose che camminava con piglio irritato e gesticolava arrabbiata.
«Cosa
è successo?»
chiesi.
«Scott»
sbottò
sedendosi al posto che era stato di Blaike.
«Cosa
centra quel
bassotto Corvonero?». Non che fosse davvero basso, ma io ero
un bel
po’ più alto e mi faceva sentire superiore, almeno
in quel senso.
«Sono
andata a dirgli che
non potevo andare a Hogsmeade con lui, ma non ha voluto sentire
ragioni. Pretende che mantenga la parola data! Ti rendi conto? Vuole
un appuntamento per San Valentino, neanche fossimo
innamorati!».
«Eh,
no! San Valentino
spetta a me!» ribattei io.
«E’
quello che gli ho
detto ma lui dice che sto fingendo per non rispettare il patto e non
ci crede che noi stiamo insieme».
«Forse
dovremmo baciarci
davanti al suo naso per farglielo capire» sbottai irritato.
Ma che
andasse per i fatti suoi e ci lasciasse in pace! Maledetto di un
bassotto!
«Sai
che non sarebbe una
cattiva idea? Magari proprio durante l’uscita,
così va in bianco
su tutta la linea». Una luce sinistra illuminò il
suo sguardo.
«Piccola
Serpeverde
mancata» borbottai prima di prenderla tra le braccia.
«Smettila…
qui anche i
muri hanno occhi e orecchi» disse Rose agganciando comunque
le
braccia dietro il mio collo.
I
muri hanno occhi e
orecchi. Erano le stesse parole che aveva detto Blaike, due volte.
Anche i muri hanno orecchi. La notizia della nostra storia aveva
fatto il giro del castello in pochissimo tempo. E se i muri del
nostro dormitorio avessero orecchie?
---ooOoo---
Angolino
mio:
prima
di tutto grazie a babyramone per l’idea dei fiori
strombazzanti in
mano a Goyle. Io l’ho elaborata ed è venuta fuori
questa cosa che
mi ha fatto piangere mentre scrivevo e se ho riso io, riderete anche
voi.
Blaike
e Scorpius meditano sulla complice e su Rose. E in ultimo, Scorp ha
una illuminazione che sarà chiarita nel prossimo capitolo.
Adesso
le canzoni.
Abbiamo
“Crazy for you” di Madonna (Sono pazzo di te
– toccami e
capirai che è vero – non ho mai voluto nessuno in
questo modo, è
tutto così nuovo, lo senti nei miei baci – sono
pazzo di te –
Cerco disperatamente di controllare il mio cuore – mi
avvicino fino
a dove sei tu – occhi negli occhi non abbiamo bisogno di
parlare –
lentamente iniziamo a muoverci – ad ogni respiro sono sempre
più
dentro di te – e presto siamo bloccati in un istante insieme
– se
mi leggi nella mente vedrai che - sono pazzo di te)
“Everything
i do – i do it for you” di Brian Adams (Guardami negli
occhi - e
vedrai cosa significhi per me - Non dirmi che non vale la pena
tentare - non puoi dirmi che non vale la pena morire - tu sai che
è
vero - che ogni cosa che io faccio - la faccio per te
Guarda nel
tuo cuore – troverai - che non c'e niente da nascondere -
Prendimi
come sono - prendi la mia vita - Te la darò tutta - mi
sacrificherò
- Combatterò per te - Mentirò per te -
camminerò sul filo - si
morirò per te - Si tu sai che è vero - che ogni
cosa che faccio -
la faccio per te)
“Love me tender” di Elvis Preasley (Amami
teneramente, Amami veramente, Tutti i miei sogni sono
realizzati ,
Perché mia amata io ti amo, E ti amerò sempre)
Come
avrete letto le canzoni sono stralci anche non consequenziali, che mi
sembravano significativi. Lo so che sono datate, ma a mia discolpa ho
cercato su google “canzoni d’amore più
famose” e dall’elenco
propinato ho estratto queste, che, detto tra noi, comunque mi
piacciono.
Grazie
per l’attenzione
e alla prossima(martedì ma se mi arrivano 8 recensioni posto
prima
il capitolo)
Baciotti
|
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Capitolo 22 *** Anche i muri hanno le orecchie ***
Ciao
a Tutti! Mi avete regalato ben
10 commenti e devo essere di parola, eccovi quindi il capitolo 22.
Stiamo
arrivando veloci
alla fine di questa storia. Non ci resta che scoprire il colpevole e
ritrasformare Scorpius in un bel figo, che ci vuole?
Diamoci
da fare! Grazie
per aver inserito questa storia nelle liste speciali, per leggere e
recensire, per apprezzare questo lavoretto. Grazie a Elenri per il
banner e fatemi sapere quale preferite per l’ultimo capitolo.
E
ora… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Anche i
muri hanno le orecchie…
Poteva
essere un caso ma
sembrava strano che ci fossero tanti casi. Se anche nel loro
dormitorio i muri avessero avuto orecchie? Una volta avevo visto un
film babbano dove c’erano degli agenti segreti, tipo gli
indicibili
del ministero, che piazzavano delle… come si chiamavano? Ah,
sì,
‘cimici’ attaccato ai paralumi e sentivano tutto
quello che
succedeva nella stanza, anche a distanza.
Se
la spia della strega
assassina avesse fatto la stessa cosa? Magari anche il muffliato non
sarebbe servito. O sì?
«Torniamo
nel dormitorio.
Devo controllare una cosa» dissi sganciandomi dalle braccia
di Rose
e prendendola per mano per trascinarla con me lungo i corridoi del
castello. Non ci fermammo e non ascoltammo le risatine degli altri
studenti, passammo di corsa e in pochi minuti arrivammo a
destinazione. Mormorai la parola d'ordine 'alishemmings'
e appena aperto ci infilammo nel buco per passare nella torre.
Entrai
nella stanza come
un tornado, chiudendo la porta dietro di me. Pensai di sigillarla ma
forse era meglio lasciare libera entrata alle altre, prima che
pensassero chissà cosa.
La
rossa strattonò il
braccio per liberarsi la mano. «Vuoi spiegarmi che succede?
Se
volevi stare da solo con me potevi semplicemente dirmelo, non mi
piace essere trascinata. Sembri un cavernicolo!».
«La
clava l’ho lasciata
a Malfoy Manor» risposi facendola ridere.
«Cosa
succede,
Scorpius?».
«Anche
i muri hanno
orecchie» risposi.
«Eh?».
Era perplessa.
Forse era meglio spiegarmi.
«Siete
tutti d’accordo.
L’avete ripetuto tutto il giorno. Tu. Blaike. I muri hanno le
orecchie… pensaci. Ieri sera eravamo soli, poi sono arrivate
le
nostre compagne che sono uscite questa mattina eppure alle otto
eravamo già sulla bocca di tutti, come se la notizia di noi
fosse
girata già nella notte».
«Ma
se non sono state
loro, chi può essere?».
«Più
che altro mi
interessa come abbia fatto a sapere la notizia. Per spiarci deve
avere qualche cosa qui dentro che comunica cosa accade
all’esterno»
spiegai.
«Come
cosa?».
«Per
essere la figlia di
una nata babbana, non hai molta famigliarità con il mondo
dei tuoi
nonni. Io ho sempre trovato interessante il mondo esterno e mi
piacciono i film babbani. Film di spionaggio, dove vengono utilizzati
oggetti per spiare».
«Certo!
Le cimici!»
disse Rose.
Ormai
avevamo denunciato
il nostro piano ad alta voce. Volevamo trovare questi marchingegni
che ci spiavano e quindi avevamo poco tempo per trovare queste cose,
prima di rischiare di essere attaccati dalla spia.
«Come
facciamo a
trovarli?» chiese. A ben pensarci quelli tecnologici del
cinema,
erano attaccati a paralumi, sotto il bordo dei tavoli, nei vasi di
fiori. A volte servivano delle specie di scatolette per rilevarne la
posizione. Forse era meglio appellarli. Provai.
«Acciò
cimici» dissi a
voce alta sfoderando la bacchetta.
Subito
iniziarono a volare
delle vere cimici verso di me, posandosi sulla mia mano e sui miei
vestiti.
«Per
Morgana immersa
nella melma putrida di una pozzanghera di vermicoli vomitati da uno
snaso con la colite acuta e cronica!» borbottai schifato
agitando la
bacchetta per farli volare via. Più agitata di me era Rose,
che
continuava a urlare.
«Che
schifo! Mandali via!
Mandali via! Ah!» stava diventando isterica.
In
pochi istanti si
spalancò anche la porta e un nugolo di cimici
volò all’interno
della stanza, appestando l’aria in modo allucinante. Oramai
era
praticamente irrespirabile.
Prendendo
un lenzuolo dal
mio letto, ne strappai due strisce e ne lanciai una a Rose, poi me la
posai davanti al naso e la bocca e corsi fuori dalla stanza.
A
distanza di due piani,
quando ormai avevamo lasciato la sala Grifondoro dove i nostri
compagni non capivano come mai ci fosse stata una invasione di
insetti puzzolenti nella nostra torre, e davano la colpa ai soliti
Serpeverdi, ci fermammo a tirare il fiato, respirando a pieni polmoni
dell’aria più pulita.
«Ma
sei idiota!» urlò
Rose, tirandomi uno schiaffo sul braccio.
«Ahio!
Violenta!»
borbottai.
«E
ancora non hai visto
niente! Per Dio che schifo!» disse rabbrividendo. Mi
avvicinai e le
tolsi un animaletto dai capelli.
«Hai
ragione. Scusami. Ho
sbagliato» ammisi. «Cosa dovevo fare? Non sapevo
come cercare e mi
è venuta in mente la cosa più stupida».
«Chiamiamo
Gazza per far
pulire la torre, poi ci proveremo ancora».
Dopo
alcuni minuti ci
trovammo davanti alla porta dell’ufficio di Gazza.
«Dobbiamo
proprio
entrare?» chiesi. Non mi andava proprio di sentire i suoi
lamenti su
quanto fossero indisciplinati gli studenti. Non avevamo fatto niente
di male, se non usare una magia poco adatta allo scopo.
«Non
c’è niente da
preoccuparsi». Ecco la mia Grifondoro preferita. Coraggio
allo stato
puro.
Dopo
mezzora di urli e
strepiti da parte del magonò, anche Rose rimpiangeva
l’essere
andata lì a chiamarlo.
Fatto
sta, che riuscimmo a
convincerlo a organizzare la liberazione della torre da ogni insetto
volante e puzzolente. Entro un paio d’ore saremmo riusciti a
rientrare nel dormitorio per continuare a cercare.
«Quei
maledetti
Serpeverde si pentiranno di quello che hanno fatto»
sibilò Nicholas
arrabbiatissimo. Molti dei nostri compagni gli fecero eco.
Io
e Rose ci guardammo.
Lei era una coraggiosa Grifondoro, ma io ero il codardo Serpeverde.
Non avrei mai alzato la mano per confessare che era stata colpa mia.
Nella
torre era rimasto un
leggero olezzo nauseante di quegli animaletti schifosi, tanto che ci
precipitammo in camera a fare una doccia veloce, in modo da evitare
anche di cadere in contraddizione e confessare tutto. Alcuni di loro
erano così arrabbiati che temevo mi scagliassero addosso una
maledizione senza perdono.
«Devo
venire lì a
lavarti la schiena?» chiesi malizioso dietro la porta. Rose
rise,
ma, purtroppo per me, mi negò il permesso.
«Meglio
di no, Casanova».
Meglio per chi? Non per me di sicuro… e neanche per lei,
potevo
garantire. Mi accontentai di farmi la doccia subito dopo di lei.
«Tu
puoi venire invece».
«Lascia
stare» fu la
risposta laconica della mia ragazza.
Non
appena uscii dal bagno
la trovai già vestita, con un libro tra le mani.
«E’
tardi, non ci sono
lezioni adesso» dissi mentre prendevo alcuni vestiti e
tornavo in
bagno.
«Non
è per la lezione,
avevo bisogno di sapere una cosa» rispose lei assorta.
Non
appena mi sedetti
accanto a lei, chiuse di scatto il volume, prese la bacchetta e
appellò. «Acciò miscrospie!».
Ed ecco che dalla testiera del mio
letto si staccò una specie di dadino in metallo che
volò veloce
sino ad arrivare nel palmo di Rose.
«Ecco
come si chiamava!».
Avevo usato una parola che non era il suo nome specifico! Sempre
esser precisi con la magia o si rischiava di essere sommersi
da…
altro.
Eravamo
ancora intenti a
guardare quell’oggettino, quando entrò Daisy.
«Oh,
siete qui. Vi stavo
cercando. Avete visto quel…» si interruppe vedendo
quello che la
rossa aveva tra le mani e corse verso di noi. «Fai
vedere!» ordinò
perentoria. Era la prima volta che usava un tono così
antipatico.
Cosa stava succedendo?
Rose
le tese la microspia
e lei la esaminò con occhio attento. Poi
schiacciò una specie di
pulsante. «Ecco, così non dovrebbe più
funzionare… non credevo
che pensasse… è
incredibile…» cominciò a borbottare
frasi
sconnesse fino a quando, girato ancora il quadratino, si
bloccò
sgranando gli occhi.
«Cosa
hai visto, Daisy?»
chiesi quasi allarmato, alzandosi e affiancandola.
«Niente…
devo andare…
cosa diavolo gli è saltato in testa?». Mi rese la
microspia e corse
fuori dalla porta senza che noi potessimo impedirle di muovere un
passo.
Io
e Rose ci guardammo
basiti e controllammo la ‘cimice’ in metallo ancora
una volta. In
effetti una cosa ci era sfuggita da un primo esame: un piccolo
simbolo. Su un lato era impresso il disegno di una specie di bacca,
attraversato in orizzontale da una bacchetta.
«Guarda,
Rose» lo
indicai, anche se non era necessario visto che lo stava guardando
anche lei.
«Io
l’ho già visto»
mormorò per poi voltarsi a destra e a sinistra,
scandagliando la
stanza del dormitorio.
«Sei
sicura? Magari
questo è il simbolo che ci porterà alla strega.
Devi ricordarti
dove l’hai visto».
A
un tratto lei corse
verso il baule di Daisy e aprì in fretta il coperchio.
Spostò
alcuni oggetti e tirò fuori una divisa scolastica, guardando
subito
nel colletto. Poi mi fece vedere l’etichetta. Sopra il
talloncino
di madame McClan era disegnata con inchiostro viola, una bacca
attraversata in orizzontale da una bacchetta.
«Cosa
significa?»
chiesi.
«Vuol
dire che Daisy
centra qualche cosa con questa storia» rispose Rose.
«Dobbiamo
trovarla».
Corremmo
fuori dalla
nostra stanza verso la sala comune.
«Hai
visto Daisy?»
chiedemmo a Thomas, il primo che incontrammo.
«L’ho
vista uscire. Ha
detto che doveva parlare con qualcuno».
Senza
dare ulteriori
spiegazioni, corremmo fuori dalla torre dei Grifondoro anche noi e ci
lanciammo giù per le scale. Passammo subito nel bagno
dismesso del
sesto piano, dove avevo sentito parlare la complice con la strega
assassina, ma era tutto deserto. Proseguimmo per altre aule e altri
piani ma non trovammo nessuno.
Interrogammo
anche alcuni
studenti che stavano girando per i corridoi carichi di libri, ma
anche in quel caso, nessuno aveva visto la nostra compagna. Sembrava
sparita nel nulla.
«La
mappa del Malandrino.
Dobbiamo chiedere a Albus la mappa» ricordò Rose,
cambiando
direzione e correndo nuovamente verso la nostra torre.
«Hanno
fretta di andare a
fare sesso» sentii dire alle mie spalle, accompagnando la
frase da
parecchie risate. Neanche mi fermai per capire chi fosse a parlare in
quel modo, trovare Daisy era decisamente più importante.
Rose
guardò attenta nella
sala comune ma individuò solo Louis, il quale, vedendoci
ansanti per
la corsa venne subito verso di noi.
«Che
succede? Ci sono
problemi?» chiese.
«Cerchiamo
Albus. Abbiamo
bisogno della mappa del Malandrino» rispose di getto Rose.
«Ho
sentito che andava
nei sotterranei per avere un colloquio con il prof di pozioni.
Però
credo che la mappa sia nel suo baule. Andiamo a cercarla»
propose e,
senza ascoltare la nostra risposta, si lanciò nella rampa di
scale
che portava alle camere dei ragazzi.
Superò
la sua e si infilò
in quella del settimo anno. «Il baule di Albus deve essere
questo»
annunciò inginocchiandosi davanti al contenitore e
sollevandone il
coperchio. Certo che il Potter poteva anche fare un pochino di ordine
lì dentro. Chi ci capiva qualche cosa era un genio.
«Qui
facciamo notte a
cercare. Dici che possiamo appellarla?» domandai mentre Louis
controllava tutti i pezzi di pergamena che trovava.
«No.
È un oggetto magico
ed è inappellabile» rispose continuando a cercare.
Rose
si mise a controllare
sulla scrivania e io passai al comodino. Nel mentre entrarono Dean e
Edward nel dormitorio.
«Che
ci fate qui? E
perché state perquisendo le cose di Albus?» chiese
Dean sospettoso.
«Stiamo
cercando la mappa
di Hogwarts. Tu sai dove la tiene?» chiese subito Rose.
«Prova
sotto il cuscino.
Sembra che le cose più preziose le tenga
lì» rispose Edward
ghignando.
Le
cose più preziose
nascoste sotto il cuscino? Ma chi era? Un bambino di tre anni?
Alzai
subito il guanciale
e trovai la pergamena ingiallita che stavamo cercando, assieme a una
busta indirizzata ad Albus da parte di Alice Paciock, un fazzolettino
ricamato con le cifre ASP e due fiorellini schiacciati in una busta
trasparente.
«Non
ditemi cosa sono
quelli. Non lo voglio sapere!» dissi. A parte la mappa, tutto
il
resto gridava cotta adolescenziale, così forte da doversi
turare le
orecchie.
«Dai
qua!» ordinò Rose
per poi battere la pergamena con la bacchetta. «Giuro di non
avere
buone intenzioni» ed ecco la magia che si compiva, facendo
nascere
le righe, i riquadri, i cartigli e tutto il mondo di Hogwarts sulla
pagina.
«Cerchiamo
Daisy»
ordinai guardando attentamente i vari cartigli che si muovevamo tra i
corridoi, le stanze e i piani del castello. Ormai era quasi ora di
cena e parecchi studenti stavano scendendo nella sala grande. Era un
gran spostarsi che rendeva difficile individuare la persona che
cercavamo.
«Eccola!»
urlai vedendo
il cartiglio di Daisy Smith che spariva un secondo dopo. Era in
compagnia di un'altra persona ma non avevo avuto il tempo di leggere
il nominativo e ora erano sparite entrambe. «Forse sono al
piano di
sotto, guardiamo nella mappa successiva» dissi piegando la
pergamena
per visualizzare un altro piano.
Accidenti!
Sarebbe stato
enormemente più comodo avere la mappa del castello
tridimensionale,
almeno non dovevamo girare tanti pezzi per trovare il piano giusto.
Rimanemmo
nel dormitorio
dei maschi del settimo anno per quasi un'ora, tanto che Albus ci
trovò tutti e cinque chini sulla mappa a cercare.
«Ragazzi,
che fate?»
chiese.
«Cerchiamo
Daisy. È
scappata dal dormitorio e non riusciamo a trovarla neanche sulla
mappa».
«Impossibile.
La mappa
non mente mai. Anche trasfigurata, una persona risulta essere se
stessa» rispose Potter.
«Ehi!
Qui c'è Scorpius
Malfoy! Ma che...» sbottò Edward, e Rose
sfilò la mappa dal tavolo
e batté la bacchetta.
«Fatto
il misfatto»
mormorò. «Non c'è niente da fare. Non
si trova... Albus vieni con
noi, dobbiamo parlare» disse con decisione, poi prese suo
cugino per
un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza.
«Ciao,
Edward. Ciao,
Dean» dissi io per poi uscire dalla stanza e scendere nella
sala
comune, seguendo gli altri due. Subito dietro di me correva anche
Louis.
«Dove
stiamo andando?
Cosa è successo?» chiese Albus.
«Dalla
preside. Dobbiamo
comunicare subito con tuo padre e l'unico modo è attraverso
alla
McGranitt nel suo ufficio» rispose Rose.
Corremmo
fuori dalla sala
comune, verso la torre della presidenza, che si trovava sullo stesso
piano. Ringraziai il cielo di non dover correre ancora per le scale,
con tutta la mia ciccia da portarmi appresso. Maledizione alla
maledizione.
Dopo
pochi minuti
arrivammo davanti ai gargoyles a guardia della scala. In quel momento
la porta si aprì e uscì la preside in persona che
ci squadrò
sorpresa.
«Cosa
fate qui? È ora di
cena, dovreste essere in sala grande» disse la McGranitt.
«Signora
preside,
dobbiamo assolutamente parlare con gli auror per l'indagine della
strega che lancia le maledizioni come a Scorpius. Ci sono
novità»
disse Rose, guardando la donna arcigna con sguardo supplichevole.
«Sarei
tentata di dire
che non sapete di quel che parlate, ma conoscendo voi Potter e
Weasley...» sospirò «Venite» e
ci precedette sul per la scala che
conduceva al suo ufficio.
Appena
entrata evocò
velocemente il suo patronus a forma di gatto e lo spedì
«A Harry
Potter, vi aspettiamo nell'ufficio del preside a Hogwarts. È
urgente».
«Adesso
sedetevi e
aspettiamo» detto questo si accomodò dietro
l'imponente scrivania e
fece comparire altre due sedie in modo che potessimo sederci tutti e
quattro.
Albus
ci guardò
scocciato. «Posso sapere perché siamo
qui?».
«Abbiamo
trovato una
microspia nel dormitorio e Daisy è sparita, anche dalla
mappa»
riassunsi a un Potter decisamente sorpreso e preoccupato.
«E'
sicuro che la
signorina Smith sia sparita?» intervenne la preside e al mio
cenno
di assenso, fece un cenno a una specie di soprammobile. Rimanemmo in
silenzio alcuni minuti e all'improvviso entrò il professor
Paciock
nell'ufficio.
«La
signorina Daisy Smith
è scomparsa. Organizzi delle squadre di ricerca, dobbiamo
ritrovarla».
Il
professore lanciò uno
sguardo incuriosito ai quattro studenti seduti davanti alla scrivania
e, nonostante la palese curiosità, si limitò ad
annuire. Stava per
uscire che vedemmo brillare intensamente le fiamme del camino e
uscirne Ron Weasley seguito da Harry Potter.
«Buonasera
a tutti, ciao
Neville. Albus, Rose, Louis che diavolo avete combinato per farci
arrivare così urgentemente?» chiese il padre di
Rose.
Allungai
il braccio e
mostrai la cimice. «Abbiamo trovato questa nella camera del
dormitorio e abbiamo scoperto che il simbolo disegnato qui sopra
è
lo stesso che disegna Daisy sulle sue divise».
«Quando
è entrata nella
camera e ha visto la microspia deve averla riconosciuta,
perché
farfugliava qualcosa ma non abbiamo capito a cosa si
riferiva»
intervenne Rose.
«L'abbiamo
cercata sulla
mappa ma è completamente sparita» concluse Louis.
«Allora
non è più a
Hogwarts. Ron, torna in sede e dirama un ordine di ricerca per Daisy
Smith, Neville, dacci una foto da poter distribuire». I due
uomini
annuirono come se fossero una sola entità e uscirono di
corsa
dall'ufficio.
«Potter,
sei sicuro che
la signorina Smith non sia più a Hogwarts?» chiese
con un leggero
tremito nella voce, la preside McGranitt.
«Purtroppo
sì. La mappa
di mio padre non sbaglia e se la ragazza non compare allora
è fuori
dai domini della scuola» rispose Harry, poi si rivolse a noi.
«Raccontatemi tutto per filo e per segno». E noi
ubbidimmo.
Raccontammo tutto.
«Riguardo
la vostra
ipotesi sui tradimenti, avevate ragione. Tutte le vittime avevano
avuto una relazione extraconiugale» comunicò
l'auror.
«Anche
la madre di Daisy
è stata tradita! Ti ricordi, Rose? Me l'hai detto tempo fa,
che il
padre se n'era andato con la segretaria e poi era tornato»
dissi
alzandomi in piedi di scatto. Mi ero appena ricordato di qualche cosa
che forse era molto importante.
«Hai
ragione! Zio Harry,
devi indagare» ordinò la mia ragazza con piglio
deciso. Sorrisi
orgoglioso. Quella era la mia ragazza! Cervello fino sempre in
movimento!
«Lo
farò statene certi.
Voi state attenti mi raccomando» promise. In quel momento
tornò
anche Ron Weasley e con un veloce saluto alla figlia e una occhiata
ammonitrice a me, si diresse al camino dove scomparve subito dopo
Potter.
«Bene»
esordì la
McGranitt. «Andiamo a cena. Qualcosa bisogna pur
mangiare» borbottò
alzandosi.
Non
dicemmo neanche una
parola sino a quando non fummo seduti al tavolo dei Grifondoro per
cena e neanche allora ci venne voglia di parlare. Louis si
incaricò
di riferire agli altri Weasley e noi tre rimanemmo a fissare i nostri
piatti senza alcuna voglia di mangiare.
«Secondo
voi era Daisy la
complice?» chiese Albus alla fine.
«Non
ne ho idea. Sembrava
sorpresa quando ha preso la microspia e l'ha persino disattivata.
Però aveva disegnato quello simbolo. Non so cosa
pensare» rispose
Rose, prendendosi la testa tra le mani.
«Aspettiamo
di sapere
cosa trovano gli auror. Se è lei, magari è
tornata da sua madre e
adesso saranno in fuga. Se sono loro, la mia maledizione
avrà presto
fine» dissi cercando di vedere la cosa nel senso positivo.
Non era
bello pensare di essere stato per mesi accanto a una persona che mi
voleva morto.
«Speriamo»
concluse
laconica Rose.
Non
parlammo più della
questione sino al ritorno nel dormitorio. Anzi, non ne parlammo
più
sino al giorno dopo, quando trovammo scritto a lettere cubitali sulla
prima pagina della Gazzetta, che era scomparsa una studentessa di
Hogwarts.
Passarono
i giorni senza
nessuna novità apprezzabile.
Rose
si sentiva in colpa
per non essere riuscita a salvare Daisy prima della sua scomparsa.
Gli auror ci comunicarono che i genitori della ragazza cercavano
ovunque. Risultarono anche completamente estranei agli assassini
delle vittime della strega. Il simbolo era davvero quello del padre
di Daisy ma era legato alla vita che faceva prima del ritorno a casa
dalla sua famiglia e da allora non lo aveva più usato. Era
comunque
una notizia riservata e solo noi e i Weasley eravamo a conoscenza di
questo particolare.
Se
dal punto di vista
della maledizione che incombeva sulla mia testa non vi erano
ulteriori notizie, la mia vita sociale non andava molto meglio.
Sentivo
i mormorii alle
mie spalle per i fiori canterini di Goyle che facevano ancora parlare
di loro. La mia relazione lesbica con Rose non era ancora passata di
moda e noi sopportavamo stoicamente tutti i lazzi che ci dicevano
davanti o alle spalle. Solo nell’intimità della
camera, tra le
tende tirate del baldacchino, trovavamo un po’ di pace tra le
braccia l’uno dell’altra.
Quando
ci alzammo la
mattina di San Valentino, trovammo il castello in un tripudio di
cuoricini rossi svolazzanti. Sembrava che si respirasse amore.
Pur
essendo un giorno
normale, la direttrice aveva istituito un giorno senza lezioni e con
la possibilità di andare in gita a Hogsmeade. Probabilmente
era per
evitare di perdere tempo, visto che metà degli allievi
sarebbe stato
assorto nei suoi pensieri amorosi e l'altra metà nel
maledire quel
giorno perché non avevano nessuno da amare.
Non
mi ricordai del patto
ai danni si Scott, sino a quando il bassotto Corvonero non si
presentò davanti al ritratto della signora Grassa chiedendo
di Rose.
«Non
mi va che esci con
il bassotto» borbottai rabbuiato.
«Dai,
Scorp. Eravamo
d’accordo. Ci troviamo a Hogsmeade e tu mi baci davanti al
suo
naso» disse la rossa, cercando di convincermi.
«La
cosa non mi piace
comunque. Non puoi dirgli semplicemente di no?».
«Non
posso. Lo avevo
promesso in cambio delle informazioni. Non sarà la fine del
mondo,
su!».
Niente
da fare, Rose volle
andare all’appuntamento finto con il bassotto e ci accordammo
per
trovarci lungo la strada.
Mi
vestii e coprii a
velocità luce e in men che non si dica, ero fuori Hogwarts e
seguivo
la mia ragazza a poche decine di metri di distanza. Sbuffavo
parecchio nel vedere che ogni tanto Scott allungava il braccio per
tastare Rose, la lei era sempre sveglia ed attenta a non farsi
sfiorare.
«Sai,
Shaula, mi sembra
strano che tu abbia lasciato uscire Rose con quel polipo di Scott.
Dicono tutte che sia un marpione di prima categoria» Anne.
Era
indubbio che se io ero
a disagio, una delle due simpaticone del dormitorio dovevano
infierire.
Erano
anche contente di
essersi impossessate dello spazio libero lasciato da Daisy, il che
rendeva chiaro quanto fossero avvoltoi. Neanche in Serpeverde si era
così… serpi.
Approfittando
di una sosta
dei due ragazzi davanti a me, mi avvicinai sino a trovarmi a pochi
passi da loro.
«Rose,
ma davvero stai
con la Girtab? Non è possibile, tu sei sempre uscita con dei
ragazzi
maschi, cos’è questa storia?». La voce
di Scott aveva una nota
incredula nel tono.
Ghignai
e intervenni.
Inutile tirarla per le lunghe. «E’ evidente che io
le do quello
che i maschietti non sono capaci di darle. E prima che tu aggiunga
qualche cosa… guarda e impara»
dopodiché avvolsi Rose con le mie
braccia e in posa plastica con tanto di casqué la baciai.
Era
una dimostrazione
decisamente ostentata e forse un pochino volgarotta, ma scatenammo
una decisa ovazione da parte di tutti gli studenti che erano per la
strada come noi.
«Brave!».
«Mondo
libero!».
«Gay
pride!».
I
fischi si sprecavano e
quando tornammo entrambi in posizione eretta, si scatenò
l’applauso.
Davanti
a quella folla, il
bassotto si stizzì e, rosso in faccia, corse via.
«Era
questo che volevi?»
chiesi sottovoce.
Rose
sospirò guardando la
figura di Scott che si allontanava. «No. Non era questo.
Volevo che
fosse divertente ma… è stato umiliante».
«Non
sei pronta per
queste cose da Serpeverde» sussurrai al suo orecchio.
«Ma con un
pochino di allenamento e un po’ di impegno ti puoi
migliorare» e
lei ridacchiò.
«Domani
mi scuserò con
lui… ma adesso voglio una giornata cuoriciosa da madama
Piediburro».
«Come
la padrona
desidera» e la portai nella locanda più zuccherosa
di Hogsmeade.
Non avrei potuto più guardare un cuoricino rosso senza avere
conati
dopo quella giornata, ma per la mia rossa avrei fatto di tutto. Oggi
era il nostro San Valentino.
---ooOoo---
Angolino
mio:
l’ultimo
pezzo è una marcia indietro. Non volevo farla lunga e
onestamente la
storia era andata da un’altra parte, ma io dovevo fare il san
valentino con Scott e mi è uscita così. Non
è stato carino ma Rose
ha riconosciuto l’errore e chiederà scusa.
Riguardo
al resto, abbiamo una invasione di cimici. La cosa mi fa ridere e fa
schifo, fascio a voi la scelta tra risate o smorfie. Poi la
microspia, Daisy che conosce il simbolo e sparisce. Gli auror che
indagano. Voi avete delle idee? Provateci e vediamo se ci siete
arrivate!
Per
ora vi rimando al prossimo capitolo. Alla prossima, mercoledì
Baciotti
|
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Capitolo 23 *** La foto sul comodino ***
Ed
eccoci al nuovo capitolo. Dovevo postare domani ma ho voluto essere
buona e
anticipare. Anche perché ho finito la storia e sono in grado
di farvela leggere
entro Natale. Bel regalo.
Grazie
a tutti quelli che già sapete. (vedi prefazione capitoli
precedenti) perciò
lascio al capitolo davvero importante.
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Gli
esami si avvicinavano a
grandi passi.
A
febbraio sembravano ancora
lontani, ma alla fine di aprile erano ormai dietro l’angolo.
Io
e Rose stavamo insieme da quasi
tre mesi ormai e ancora ero sotto forma di donna.
Ogni
tanto provavamo a dirci
‘Ti Amo’ ma non succedeva niente.
Secondo
Lily, ce lo dicevamo
con la segreta speranza che funzionasse come contro incantesimo e
quindi non
era un ‘Ti Amo’ convinto al mille per mille. Noi
negavamo ma, onestamente, nel
profondo, pensavo che la piccola Potter potesse avere ragione. Non
sapevo che
pesci pigliare. Il mio tempo stava rapidamente volgendo al termine. Mi
restavano solo altri tre mesi e poi sarei morto.
«Forza,
dobbiamo prepararci
per la lezione di Difesa contro le Arti Oscure»
esortò Rose, svegliando me e
Albus da uno stato catatonico post pranzo. Ormai era diventata un
pungolamento
continuo sullo studio. Io e Albus ci guardammo afflitti e aprimmo i
libri per ripassare.
Il giorno dopo ci sarebbe stata una nuova lezione sul Patronus ed io
ero
proprio curioso di scoprire se riuscivo a produrne uno corporeo e,
soprattutto,
di che forma.
Le
lezioni erano davvero
dure. Lo spauracchio dei M.A.G.O. era richiamato ogni giorno da tutti i
docenti. Secondo me facevano terrorismo. Non erano pochi gli studenti
che
cadevano vittime di crisi isteriche, parecchie volte avevo dovuto
calmare Rose
per evitare che desse di matto.
«Adesso
basta. Pausa!»
annunciai. Vidi negli occhi di Albus tutta la gratitudine di una
persona
sull'orlo di un esaurimento e Rose che mi guardò con
rimprovero e sollievo per
non aver detto lei stessa la medesima cosa. Faceva la dura, ma era
morbida come
il burro, in realtà.
In
quel momento entrò di
corsa nella sala comune Hugo, che sembrava inseguito da una muta di
cani
mutanti. Dietro di lui entrarono con calma Lily e Roxanne che
ridacchiavano
divertendosi un mondo.
«Che
succede, Hugo?» chiese
Albus, accomodandosi meglio sul divano davanti al camino. Il cugino
sbuffò e si
gettò sul tappeto. «Non la sopporto!».
Sia
io che gli altri Weasley
aggrottammo le sopracciglia perplessi. Chi non sopportava? Riusciva a
girare
per il castello con Lily e Roxy e con quelle due bisognava avere ben
più del
pelo sullo stomaco. Qualsiasi altra persona era una passeggiata.
«C'è
una certa Sofy del
quarto di Tassorosso che si è presa una cotta per lui. Ha
incantato una serie
di aeroplanini di carta con sopra scritto Sofy_Weasley
che lo seguono
per tutto il castello» ci spiegò Lucy. Come a
conferma delle sue affermazioni,
era arrivato un pezzetto di pergamena volante dove spiccava il nome
Weasley.
«Ha
detto che da grande vuole
sposarmi e si stava allenando accostando il suo nome e il mio cognome.
Ti
prego, Shaula, aiutami. Come posso fare per togliermela dai piedi?
È una
stalker, me la ritrovo davanti alla porta della lezione di incantesimi,
trasfigurazione, pozioni. È un incubo».
«Questo
mi fa ricordare
quello che mi capitò al quarto anno» dissi con
tono nostalgico. Rose mi guardò
alzando un sopracciglio con fare interrogativo e incrociò le
braccia sul petto,
pronta ad ascoltare. Oh, oh.
«Beh,
ecco...» cominciai e
visto tutti gli sguardi ansiosi su di me (si erano uniti anche Louis e
Molly)
non potei far altro che proseguire. «C'era questa ragazza del
terzo anno che mi
seguiva sempre. Aveva incantato una spilletta con sopra scritto Clove
Malfoy,
oppure C_Malfoy. I miei amici mi prendevano in giro
dicendo che mi ero
fatto la fidanzata e io non riuscivo a togliermela dalle scatole. Il
peggio è
che me la trovavo davanti nei momenti più impensati: mentre
andavo in bagno,
mentre addentavo un panino o mentre slinguazzav...» mi
interruppi guardando
Rose un pochino agitato. Ehm... vero che non si raccontano alla attuale
ragazza
le evoluzioni fatte con le altre? Credo che non sia educato e da come
mi
guardava con le labbra strette... aiuto! Mi stavo fiondando in un
vespaio!
Albus
mi fece gesto di
continuare e io, a malincuore, ricominciai. «Ehm...
sì. Comunque me la trovavo
sempre davanti e visto che neanche farmi trovare in atteggiamenti
intimi con
altre... ehm... fanciulle, non era servito, io e Nigel trovammo una
soluzione
alternativa».
«Ti
castrarono?» chiese Rose
ironica. Immediatamente, come una reazione automatica, la mia mano
volò a proteggere
il mio amichetto del sud scatenando le risatine di tutti i Weasley
seduti
attorno a me.
«No!»
protestai. «Nigel è in
gamba con pozioni. Un fottuto genio. Sua madre lavora in una ditta
più a sud
dove provano degli intrugli per tutte le esigenze magiche e lui deve
aver
imparato davvero bene. Fatto sta, che mi diede una pozione mirata, che
mi
faceva venire un brufolo enorme addosso, ogni volta che vedevo quella
ragazzina. Alla fine ero diventato irriconoscibile» ricordai
ridacchiando.
«Ah!
Ricordo! Eri davvero un
mostro, pensavamo tutti che avessi una malattia incurabile»
disse Albus
ridendo.
«In
realtà, quando lo feci
presente alla tizia, lei fu molto comprensiva e per dimostrarmi il suo
amore
non mi seguì più, poi seppi che aveva iniziato a
perseguitare un altro ragazzo
ed è stata allontanata dalla scuola». Ero
orgoglioso di come avevo risolto
quella situazione, senza morti né feriti.
«Quindi
hai fatto sentire in
colpa una povera ragazzina innamorata, trattandola per
fessa?» chiese Rose con
un cipiglio sul piede di guerra. Che avevo fatto adesso?
«Davvero
spregevole da parte
tua» commentò Molly allontanandosi, seguita subito
da Lucy che mi lanciò una
occhiata come se fossi diventato una cacca di ippogrifo.
«Noi
facciamo scherzi, ma non
ci prendiamo gioco dei sentimenti degli altri» disse Lily e
anche Roxanne annuì
convinta. Ma che succedeva?
Louis
e Albus ridevano, e
Hugo mi batté una spalla con fare comprensivo.
«Questa si chiama solidarietà
femminile ed è una cosa molto brutta. Non capisci mai come
ragionano le
femmine». Discorso da uomo vissuto. In tutti i miei anni di
conquiste ero
arrivato alla stessa conclusione.
«Come
capisco» confermai.
Avrei
preferito che Rose non
si allontanasse, ma vista la sua reazione, fui comunque contento di
passare il
resto della serata con i ragazzi, un po' di testosterone ogni tanto mi
faceva
star bene e mi ricordava il mio io più profondo.
Più
tardi salutai gli altri e
mi recai in camera. Speravo solo che Rose non fosse arrabbiata con me.
Quelle
rare volte che era di umore nero, non potevo avvicinarmi e dovevo
dormire nel
mio letto tutto solo. Ebbene sì, dormivamo abbracciati ogni
notte nel mio letto
o nel suo. Era diventato così normale che quando capitava di
restare separati
mi svegliavo durante la notte, mi rigiravo tra le lenzuola e non
riuscivo più a
chiudere occhio, alzandomi più stanco di quando mi ero
coricato e vedevo che
per lei era la stessa cosa. In tutti quei mesi avevo imparato a
riconoscere
ogni singola sfumatura del suo carattere dalle espressioni del viso.
Quando
entrai in camera
scrutai a fondo la sua faccia e mi sembrò perfettamente
rilassata, anche se
stanca per il troppo studiare. Decisi però di coccolarla un
pochino, tanto per
non rischiare.
«Rose»
mi avvicinai e la
abbracciai «Non essere arrabbiata con me» mormorai
accorato. Sentii che stava
ridacchiando e mi rilassai «Paura eh?». Eccome!
Ci
preparammo e scivolammo
nel mio letto, chiudendo e sigillando le tende del baldacchino. Anche
se Anne e
Meredith non erano ancora rientrate e sapevano perfettamente che
dormivamo
insieme, non ci andava di ostentare la nostra relazione e tenevamo alla
privacy
data da quel bozzolo rosso e oro.
Rose
appoggiò la testa
nell'incavo della spalla e io l'avvolsi tra le braccia, nella nostra
posizione
che sembrava talmente normale prendere, da essere automatica.
«Non
sei stato molto gentile
con quella ragazza» mormorò.
«In
realtà credevo di essere
stato gentile. Con la strega mi ero comportato decisamente
peggio» risposi.
«Non
mi hai mai raccontato
cosa accadde quella notte».
Sospirai
scoraggiato. Non
volevo che mi vedesse nella mia versione peggiore, ma non aveva senso
tenere il
segreto ancora a lungo, perciò cominciai a raccontare quello
che ritenevo la
mia più grande vergogna. «Ero ubriaco perso e non
distinguevo neanche chi avevo
davanti. Mi sembrava che ci fosse una bionda bellissima che mi faceva
il filo e
io ci sono stato, l'ho portata in camera e... beh, il mattino dopo mi
sono
trovato davanti una ragazza come me adesso e con un gran mal di testa.
Ho
reagito male e l'ho insultata di brutto. Lei mi ha lanciato addosso una
luce
blu che mi ha colpito al petto e... il resto lo sai». Non mi
piaceva ricordare
quanto ero stato cattivo. Se fosse accaduto oggi non mi sarei mai
comportato in
quel modo.
«Ti
sei comportato male ma
sei stato punito troppo duramente». Mi carezzò
lentamente la guancia e mi baciò
leggera.
Subito
il bacio divenne più
profondo. Era normale ma non ci eravamo spinti molto più in
là. Questa sera,
però sembrava tutto diverso. Forse era una mia sensazione
ma, abbracciato con
forza dalla rossa, ci misi poco a issarmi su di lei e far scivolare le
mie mani
sotto la sua maglia.
«Oh,
Scorpius» sospirò Rose.
Cominciai subito a baciarla con foga e quando lei socchiuse le labbra
consentendo il mio ingresso, approfondii. Mi sentivo come se avessi
bevuto
dieci bottiglie di alcool puro. La testa una grande bolla vuota. Le mie
mani
piene di Rose.
La
sua maglia e i pantaloni
volarono letteralmente ai piedi del letto.
«Rose,
Rose» mormoravo ogni
volta che staccavo la mia bocca dalla sua pelle.
Scivolai
più in basso,
soffermandomi sul collo e godendo del pulsare frenetico della
giugulare. Poi
scesi ancora a dedicare le dovute attenzioni al seno da urlo che aveva
la mia
ragazza. Mai visto né baciato niente di così
perfetto.
Quando
chiusi le mie labbra
sul capezzolo turgido udii un gemito più forte degli altri.
Inarcò la schiena a
offrirsi completamente ed io accettai con gratitudine.
«Sei
troppo vestito» mormorò
agitando le mani sul mio pigiama. Con una mano mi abbassai i pantaloni,
goffo.
Avrei voluto avere altre tre mani per poter carezzare tutta la pelle di
Rose e
togliermi i vestiti. E magari un paio di bocche in più per
poterla assaporare
meglio.
Ormai
eravamo quasi del tutto
nudi.
Lentamente,
baciando e
leccando ogni centimetro di pelle, scesi verso il centro del piacere.
Il suo
ventre si increspava di fremiti mentre soffiavo sull'ombelico.
Alternavo foga a
delicatezza, come a rallentare per riprendere fiato.
Quando
giunsi con il naso
davanti alle sue mutandine bianche di cotone, mi bloccai. Lei era pura,
era
dolce, potevo davvero sporcarla?
«Sei
sicura?» chiesi invece.
Lei
si sedette e prese la mia
faccia tra le mani, per farla arrivare davanti al suo naso. Distinguevo
a mala
pena i suoi lineamenti nella penombra ma sentii la sua voce decisa
«Sono
assolutamente sicura» confermò «Adesso
torna giù e continua a fare quello che
stavi facendo» ordinò coricandosi e spingendomi
verso il basso.
«Agli
ordini padrona»
risposi, poi infilai gli indici negli slip e spinsi verso i piedi,
lasciando
Rose completamente nuda. Sentivo che era perfetta, che il momento era
perfetto.
Tolsi anche io quello che restava dei miei indumenti e mi coricai su di
lei,
pelle contro pelle, la sensazione più bella del mondo.
Con
le dita, tremando dall'agitazione,
stuzzicai la sua entrata, stimolando il bottoncino che la faceva gemere
di
piacere e infilando dolcemente un dito dentro di lei. Era
così stretta e così
bagnata che quasi persi il controllo. Il desiderio di prenderla era
quasi
indomabile.
«Adesso,
Scorpius. Adesso»
sospirò Rose stringendomi forte, in preda al piacere che le
stavo donando.
Stringeva talmente forte che cominciai a non respirare.
Ansimavo
in cerca di aria.
Boccheggiavo e mi faceva male il cuore. Era l'eccitazione, sicuro.
Mi
stesi sopra di lei,
facendo strusciare il mio amichetto sulla sua entrata. Lei
ansimò ma a me venne
un dolore fortissimo al petto, tanto che mi staccai e mi misi in
ginocchio,
stringendomi le braccia sullo sterno.
«Che
succede?» chiese Rose
preoccupata.
«Niente,
niente» mi affrettai
a rispondere, prima di gettarmi di nuovo sopra di lei e ricominciando a
baciarla. Subito l'atmosfera tornò quella di prima, ma
quando mi posizionai di
nuovo sopra, cominciai a non avere più fiato e a farmi male
il cuore. Cosa diavolo
stava succedendo.
Nel
momento che cercai ancora
di entrare in lei una fitta fortissima mi bloccò e,
all'improvviso mi venne in
mente il voto infrangibile. Non potevo stare con Rose. Non potevo stare
con
nessuna o sarei morto.
Mi
alzai di scatto e scesi dal
letto, presi il mio mantello e la bacchetta e uscii di corsa dalla
camera.
Fortuna che le due iene stavano già dormendo, non sarei
riuscito a spiegare
quello che stava capitando. Non ero riuscito a dire niente neanche a
Rose. Mi
mancava il fiato per farlo.
Scesi
alcune rampe di scale e
mi trovai al quinto piano, davanti al bagno dei prefetti. Non sapevo
neanche
come fossi arrivato sino a qui, ma l'idea di una rilassante nuotata tra
le
bolle di schiuma mi affascinava non poco. Avevo bisogno di rilassarmi e
pensare.
Non
ero mai stato un prefetto
e la chiave non ce l'avevo. Non avevo mai chiesto a Rose la sua copia e
quindi
dovevo affidarmi alla password da digitare sulla tastiera. Sbuffai,
quella era
una trovata della nostra professoressa di babbanologia, che voleva
farci
avvicinare al mondo tecnologico degli umani. Non bastava più
un ‘alohomora’ e
la bacchetta era inservibile, bisognava sapere la parola
d’ordine. Era una
follia. Milioni di combinazioni possibili, non sarebbe bastata una vita
per
trovarla. Mi voltai in giro per trovare degli indizi che potessero
suggerirmi
il codice. Per terra vicino alla finestra, dall'altra parte del
corridoio c'era
un foglietto. Forse conteneva la parola che mi serviva. “Eleanor,
Hermione
troviamoci al lago sotto il salice alle tre domani” no,
decisamente non era la
parola giusta. Cosa potevo provare?
Guardai
meglio la pulsantiera
e sorrisi. Su alcune lettere e numeri c'era della cioccolata. B, C,
1, 2, 3,
E, A. Provai qualche combinazione e alla fine mi venne quella giusta: becca123
d'un semplice quasi
imbarazzante… una volta sapute le lettere. Aprii
la porta ed entrai. La stanza era deserta e piena
di vapore.
Mi
avvicinai all'enorme vasca
circolare e aprii il rubinetto per versare il bagnoschiuma.
«Speriamo
non sia un profumo
tipo violette o vaniglia. Sarebbe stomachevole» borbottai.
Feci
cadere il mantello a
terra e scivolai dentro la vasca piena di acqua calda. Le bolle si
gonfiavano
sulla superficie increspata e espandevano nell'aria un profumo di
muschio e
sandalo. Beh, almeno era maschile.
Mi
immersi completamente e
ripensai alla serata appena trascorsa.
Avevo
avuto Rose accanto a
me, completamente persa per me e io non avevo potuto fare niente.
Ricordai
la promessa che
avevo fatto: Non attenterai alla
virtù né sedurrai le tue
compagne. Volevo dimostrare di essere adulto e maturo e invece ero
stato un
imbecille. Non potevo toccare Rose e non potevo... oddio! Che
situazione di
cacca.
«Oh,
Scorpius Malfoy! Da
quanto tempo desideravo vederti!» disse una voce proveniente
da qualche parte
della stanza. Era una ragazza, ne ero sicuro. E aveva la voce
leggermente
stridula. Chi era?
E come faceva a
sapere chi ero davvero?
«Chi
sei?» urlai. Non mi
piaceva essere preso alla sprovvista e ormai era diventata la mia vita.
La
voce della ragazza
gorgogliò prima di iniziare a ridere senza remore.
«Si
può sapere chi sei?»
chiesi ancora stizzito. Le risate continuarono ancora per un po' prima
che una
testa spuntasse tra le bolle.
Sbuffai.
«Sei un fantasma!»
ma con tutti quelli che potevano entrare lì? Beh, almeno
loro sapevano chi ero
e non c'erano problemi di segretezza.
«Sono
Mirtilla Malcontenta»
berciò avvicinandosi.
Oh,
Merlino! «Non sono mai
venuto nel tuo bagno» puntualizzai. Se io non ero andato a
romperle le pluffe,
perché lei era venuta a rompere le mie?
«Ma
io sono venuta nel tuo!
Era tanto che volevo parlarti» rispose Mirtilla spalmandosi
accanto a me. Che
brivido di freddo, era come essere immerso nell'acqua calda e andare in
contatto con un budino freddo e viscido.
«Che
fai? Spostati!» dissi
infastidito allontanandomi.
Mirtilla
mi seguì ridendo.
«Sei timido, Malfoy. Eppure non eri molto timido quando eri
nel tuo bagno e ti
toccavi» rispose sfiorando il mio amichetto del sud che era
ancora in direzione
orgasmolandia dal ricordo di Rose di qualche minuto prima. Fortuna che
a quel
contatto, si ritrasse automaticamente come una tartaruga nel carapace.
Per un
attimo mi guardai in mezzo le gambe, caspita, quasi non si vedeva,
avevo paura
che fosse sparito.
«Stai
lontana» ordinai
accumulando schiuma davanti a me e spostandomi dalla parte opposta
della vasca.
Era
evidente che un divieto
era come un invito per un fantasma, visto che Mirtilla mi
seguì e si spiattellò
di nuovo al mio fianco. «Su Scorpius, fammi vedere come sei
combinato? Sei il
ragazzo più strano che abbia mai visto»
dichiarò per poi ridere più forte di
prima, immergendosi poi e sfiorandomi il corpo sotto la superficie
dell'acqua.
«Hai
le tette!» esclamò, poi
abbassò ancora la testa e la tirò su come se
fosse una bustina da the. «Hai
anche il coso!».
«Ma
non avevi detto che mi
avevi già visto in bagno?» era impossibile non
aver visto tutta la mia
stranezza.
«Quando
eri a Serpeverde...
giro parecchio tra i bagni ma non ho il permesso di farmi vedere nelle
case». Mi
coprii con le mani. Mi sentivo violato, nell'intimità del
bagno... e che palle!
Ma basta!
«Ho
le tette e il coso, la
cellulite e i muscoletti» elencai. Non aveva senso
nascondersi dopo che mi
aveva scrutato a lungo, come non aveva senso questa conversazione con
un
fantasma.
«Sei
buffo!» continuò a
ridere.
Okay,
adesso ne avevo
abbastanza. Preso in giro da tutti... anche dai fantasmi? Ma non c'era
più
religione!
Mi
alzai e mi asciugai
velocemente, poi ripresi il mantello e mi avviai all'uscita, seguito
dalle
risate e dai singhiozzi di Mirtilla.
Tornai
velocemente alla torre
dei Grifondoro. Non sapevo cosa trovarmi davanti in camera, ma avrei
dovuto
spiegarmi con Rose e confessarle il voto che avevo pronunciato con la
preside.
Era
notte fonda. Non c'era un
anima che girava per il castello. Riuscii a tornare al settimo piano in
pochissimo tempo e scivolai nella sala comune in pochi istanti. Nella
penombra
delle fiamme quasi spente attraversai la sala e salii nella camera.
Al
momento di aprire la porta
ebbi un'esitazione. E se Rose non mi volesse più parlare? E
se non volesse più
stare con me? Dovevo dirle tutto. Avrebbe compreso il mio comportamento.
Presi
coraggio e aprii la
porta infilandomi all'interno nel modo più silenzioso
possibile. Avanzai nel
buio del dormitorio, dove solo un piccolo spicchio di luna rischiarava
un poco.
Arrivai
al mio letto e
scostai le tende.
Non
mi aspettavo che lei
fosse ancora lì, invece c'era e non stava dormendo. Mi
guardava e avrei
scommesso tutto quello che avevo, era davvero arrabbiata.
«Vieni
e chiudi le tende»
sussurrò secca. Feci subito come mi aveva detto e mi sedetti
sul letto di
fronte a lei, coperto dal mio mantello. Lei sollevò la
manica del pigiama e
prese la bacchetta con cui sigillare e silenziare l'alcova.
«Perdonami
per essere andato
v...». Non terminai la frase che mi arrivò un gran
ceffone sulla guancia.
«Ahi».
«Non
starò a dirti cosa penso
di te in questo momento. Voglio solo sapere il perché e non
ti permettere delle
scuse. Voglio la verità o scendo da questo letto e tu non mi
vedrai mai più»
sibilò.
Era
arrabbiata. No, era
furiosa, ed era magnifica.
«Per
rimanere in questo
dormitorio, la preside mi ha chiesto di pronunciare un voto
infrangibile e io
l'ho fatto. Ho promesso di non sedurre nessuna ragazza a
scuola» risposi.
Il
silenzio ci avvolse e
rimanemmo per alcuni minuti ad ascoltare i nostri respiri. Poi lei mi
abbracciò
stretto. «Perdonami... tu hai rischiato di morire e io... mi
sono sentita
rifiutata... che stupida, scusami, scusami».
«Rose,
sono disposto a morire
per dimostrarti quanto ti desidero. Uscire da questa stanza
è stata la cosa più
difficile che abbia mai fatto e ora non ne sarei più
capace» confessai. In
tutta risposta ricevetti uno dei baci più sensuali che la
mia memoria
ricordasse. Le sue mani malandrine, si infilarono nel mantello
appoggiando i
palmi sul cuore ad ascoltare il mio battito.
«Dimmi
esattamente quello che
hai promesso. Parola per parola» chiese e io obbedii.
«Scorpius
Malfoy, giuri con
questo voto infrangibile che non attenterai alla virtù
né sedurrai le tue
compagne di corso all'interno del dormitorio della casa di Godric
Grifondoro,
pena la morte. Questa è la formula che disse la McGranitt,
io mi limitai a dire
'lo giuro'. Quindi vedi che non possiamo stare insieme fino in fondo.
Tu sei
una mia compagna di corso e io non posso fare l'amore con te».
Non
la vedevo distintamente,
ma sentii che stava sorridendo. «Scorpius, sei uno stupido.
Hai giurato di non
sedurre una ragazza nel dormitorio di Grifondoro, ma niente ti
impedisce di
sedurre qualcuna in qualsiasi altro posto del castello».
Era
così semplice? «Davvero?»
esalai stupito.
«Davvero.
Vestiti e vieni con
me» disse decisa. Si alzò e prese mantello e
bacchetta, mentre aspettava che mi
infilassi il pigiama, cosa che feci a tempo di record.
Uscimmo
velocemente dalla
torre dei grifoni e ci avviammo verso un corridoio ben preciso del
settimo
piano.
«Dove
stiamo andando?» chiesi
seguendo Rose che avanzava quasi correndo alla luce della bacchetta.
«Nella
stanza delle necessità.
Era stata distrutta ai tempi della seconda guerra magica, ma
è stata
ricostruita e il castello stesso ha ripristinato la sua magia
originaria» mi
spiegò prima di fermarsi davanti a un muro.
Andò
avanti e indietro tre
volte passando davanti al muro spoglio. Poi si fermò e
guardò attonita la
parete. «Dovrebbe essere comparsa una porta a questo
punto».
«Una
porta per cosa?» chiesi
e lei arrossì.
«Ho
chiesto una stanza con
tappeti, cuscini... un letto».
«Allora
perché non funziona?
Devo camminarci davanti anche io? Ci faccio tre o quattro giri? Batto
la
bacchetta sui mattoni?» chiesi esagitato. Vuoi mettere? La
mia ragazza cercava
un posto dove poter fare l'amore! Minimo dovevo darmi da fare per
aiutarla! In
tutti i sensi possibili!
«Non
so perché non funziona...
l'unica cosa che mi viene in mente è che sia già
occupata».
Questo
mi rese perplesso. Chi
poteva utilizzare la stanza delle necessità?
«Magari
dovremmo chiedere a
Albus la mappa del malandrino, per vedere chi ci sia dentro»
proposi ma Rose
dovette trattenere un urlo.
«Non
compare nella mappa. La
stanza è l'unico luogo di Hogwarts che non compare nella
mappa!». Sembrava
eccitata da questa scoperta. La guardai interrogativo e il suo sorriso
si
allargò ancora di più.
«Non
capisci? C'è Daisy lì
dentro! È sparita dalla mappa perché è
entrata lì dentro» fece indicando il
muro.
«Come
possiamo entrare a
salvarla, allora?».
«Per
aprire la porta bisogna
passare davanti al muro per tre volte pensando intensamente a quello di
cui si
ha bisogno» mi spiegò.
«Allora
dobbiamo pensare che
vogliamo trovare il posto dove è tenuta Daisy»
proposi.
«Proviamo».
Camminammo
avanti e indietro
e, alla fine del terzo passaggio, la porta della famosa stanza
comparve. Ci
precipitammo all'interno. Non ero mai entrato nella stanza delle
necessità, ma
da come guardava stupita Rose, neanche lei si aspettava quello che
invece
trovammo.
All'interno
della sala erano
impilate diverse gabbie con sbarre spesse, allineate su due colonne.
Corremmo
nel corridoio centrale, guardando attentamente all'interno di ogni
pertugio
fino ad arrivare alla penultima cella, dove, rannicchiata a terra,
smunta e
lacera, c'era la nostra compagna di dormitorio. Daisy.
«Alohomora!»
urlai e subito
il lucchetto si aprì. Più veloce possibile,
gettai il lucchetto da parte e mi
lanciai verso la ragazza. Sentii subito che aveva un respiro flebile.
Era
debolissima ma era viva. Sembrava disidratata, ma non aveva ferite
visibili.
Rose
si inginocchiò accanto a
me. «Lascia a me e vai a chiamare Madama Warner. Ha bisogno
di cure».
Fossi
stato matto, magari
avrei potuto anche lasciarla lì da sola con una ferita e
alla mercé di una
pazza scatenata, ma visto che ero con tutte le mie funzioni
intellettive
intatte, presi la bacchetta e provai quello che per mesi non mi era mai
riuscito.
«Expecto
Patronus» urlai e
dalla punta della bacchetta uscì prima un filo di fumo
argenteo che diventò
sempre più grande sino a formarsi in un leone magnifico, con
tanto di folta
criniera.
«Scorpius
Malfoy. Abbiamo
trovato Daisy Smith al settimo piano lato est. Necessita cure
urgenti». Il
leone ruggì e cominciò a correre fuori dalla
porta ancora aperta.
Osservai
il mio leone con
evidente soddisfazione. Era un animale stupendo ed ero davvero fiero di
me.
Quando mi volta per tornare da Rose, lei mi guardava con orgoglio e
ammirazione
e ne fui enormemente lusingato.
«Possiamo
farla levitare sino
al corridoio, nel frattempo che arrivano i soccorsi» propose
Rose.
In
pochi istanti, con il
corpo di Daisy sospeso davanti a noi, arrivammo nel corridoio e
lì fummo
raggiunti dal professor Chan e dalla professoressa Balloi che ci
aiutarono a
trasportarla sino all'infermeria al primo piano.
Qui
entrammo tutti, mentre
l'infermiera accorreva ad occuparsi di Daisy.
«Andate
pure a dormire,
ragazze. Domani parleremo di quello che è
successo» disse la professoressa
Balloi.
«Vorremmo
solo sapere se sta
bene. Possiamo aspettare un attimo. Ci metteremo là, vicino
ai libri». Disse
Rose implorante. La professoressa sospirò ma fece un piccolo
cenno di assenso.
Non era la fine del mondo, considerando che era già notte
fonda, qualche minuto
in più fuori dal letto non avrebbe cambiato niente.
Ci
sedemmo accanto a una
vetrina piena di volumi medici e guardammo l'infermiera che si
affaccendava
attorno al corpo della nostra compagna.
Dopo
un tempo che mi sembrò
lunghissimo, mi voltai verso la vetrinetta, per distrarmi, ma un libro
attirò
subito la mia attenzione. Era il libro della magia originaria dalla
Grecia,
quello che cercavamo da mesi e non riuscivamo a trovare.
Subito
lo presi sotto lo
sguardo attonito di Rose e lo sfogliai frenetico. Pagina 138... pagina
138...
pagina... eccola. Trovai la pagina e subito sotto il titolo vidi la
riproduzione dell'amuleto.
Questa
volta lo guardai con
molta più attenzione e all'improvviso mi ricordai.
Era
la spilla! La spilla
appuntata sotto un colletto di una donna, la cui faccia mi sorrideva
benevola
da sette anni in una foto, su un comodino, del mio dormitorio a
Serpeverde.
---ooOoo---
angolino
mio:
ed
eccoci qui. Fine di un
capitolo davvero pieno.
Spero
che non sia stata
brutta la parte dove i due tentavano di copulare. Le descrizioni rosse
non sono
proprio il mio forte.
Il
pezzo di Mirtilla mi
serviva per allentare un attimo la tensione per poi riprendere con la
scoperta
di Daisy. Spero che sia andato bene, non mi piace molto ma era
necessario.
Abbiamo
trovato Daisy e
anche il libro. Ma chi sarà il ragazzo che ha la foto sul
comodino? Si
accettano scommesse.
Una
ultima cosa. Ho finito
gli ultimi due capitoli (appena mi lasciate le otto recensioni vi posto
il
capitolo 24) pertanto non ho più occasione di inserire i
nick dei lettori che
volessero recensire questa storia. In caso si facesse vivo qualcuno di
nuovo,
ringrazierò a fondo pagina. Per gli altri, spero che il modo
in cui ho utilizzato
i nostri nick vi sia piaciuto e vi abbia divertito.
Tranquilla…
l’ultimo che
ancora mi manca, farà il botto nel prossimo cap.
Al
prossimo capitolo,
baciotti
|
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Capitolo 24 *** Il tradimento ***
Eccoci al
capitolo 24! e qui si tirano i fili, si fanno le somme e ci si lancia
verso il
finale.
Dopo i
doverosi ringraziamenti per chi ha inserito la storia tra le preferite,
seguite
o ricordate, chi ha recensito o solo letto, Elenri che ha fornito i
banner,
invito tutti alla LETTURA!
---ooOoo---
Era
la spilla di sua madre.
La stessa donna che mi aveva fatto i biscotti quando andavo a trovare
il
figlio. Lo stesso figlio che era mio amico e che mi aveva tradito.
Iniziai
a tremare. «No, no,
no». Mi fidavo di lui come di me stesso. «Come ha
potuto? Come?». Guardai Rose
«Come ha potuto tradirmi così?».
«Dobbiamo
dirlo subito a tuo
zio Harry! Dobbiamo fermarla» quasi urlai e Rose corse
dall'infermiera Warner.
«Dobbiamo usare il suo camino per comunicare con Harry
Potter, possiamo?». A un
cenno affermativo della donna, sfoderò la bacchetta ed
evocò il suo Patronus.
«Sono
Rose. Zio Harry,
dobbiamo parlarti. Abbiamo scoperto chi è la strega
assassina. Siamo
nell'ufficio della Signora Warner in infermeria».
Ero
talmente sotto shock che
non mi accorsi neanche del fatto che eravamo arrivati al camino,
né che la
faccia di Harry Potter era comparsa tra i tizzoni ardenti. Sentii la
mano di
Rose sulla spalla e al suo discreto incitamento, iniziai a raccontare
quello
che sapevo. Chi era la strega, dove viveva. Raccontai della spilla che,
in
realtà era il talismano delle antiche magie greche.
«Vado
subito in ufficio a
organizzare l'arresto. Meglio farlo immediatamente prima che decida di
sparire.
Voi avete trovato Daisy, il figlio potrebbe chiamare sua madre per
avvisarla...
non fate niente di avventato! Rose, mi raccomando, non cercate il
pericolo. Ci
penseremo noi al figlio».
Come
era comparso, Harry
Potter svanì tra i tizzoni e noi rimanemmo soli.
Lentamente
mi alzai. Ero
sconvolto. Non credevo che mi sarei trovato in una situazione simile,
né che un
ragazzo con cui avevo condiviso tutto il possibile, potesse tradirmi in
questa
maniera. Era devastante. «Non posso crederci»
mormorai per l'ennesima volta.
«Vieni
con me». Rose mi prese
per mano e con calma mi portò fuori dall'infermeria. Daisy
stava meglio e
presto si sarebbe ripresa. Secondo la Warner non c'erano ferite o altri
problemi se non una forte disidratazione.
Intimamente
grati per queste
notizie, tornammo al settimo piano.
Credevo
che Rose volesse
andare nella torre di Grifondoro, ma si fermò davanti al
muro delle necessità e
prese a camminare avanti e indietro.
«Che
stai facendo?» chiesi.
«Hai
bisogno di riprenderti e
non di stare nel dormitorio. Devi sfogarti o scoppierai» ed
aprì la porta che
era appena comparsa sulla parete.
Entrammo
in una sala molto
grande, con un enorme camino sul fondo, cuscini, e tappeti.
Più vicini a noi,
manichini per quintane, bersagli e mazze erano disposti in ordine
sparso,
appesi al soffitto o disposti su rastrelliere.
«Che
cosa sono questi?»
chiesi perplesso.
«Sono
tutte cose che puoi
colpire, che puoi rompere. Puoi sfogarti come ti pare qui dentro,
oppure puoi
parlare con me. Io sarò seduta là in fondo,
davanti al camino» rispose
allontanandosi e lasciandomi solo a scegliere.
La
mia rabbia era assoluta e,
guardandomi intorno, mi venne davvero voglia di spaccare tutto, come
avrei
voluto spaccare lui. Presi una mazza leggermente più lunga
di quella di un
battitore e colpii violentemente un manichino lì accanto. Il
colpo si riverberò
nel braccio causando una fastidiosa vibrazione, ma mi sentii bene.
Soddisfatto.
Colpii ancora e di nuovo mi sentii bene. Colpii ancora e ancora e la
voglia di
colpirlo cresceva. Colpii e colpii e lo colpii. Nella mia mente era lui.
Lo
colpii per tutte le risate
che mi erano state rivolte, lo colpii per gli scherni e gli scherzi, lo
colpii
per la mia umiliazione e, soprattutto, lo colpii per aver desiderato la
mia
morte.
Quando
lasciai cadere la
mazza che si era rotta, avevo il fiatone. Non so quanto rimasi
lì a colpire e
poi a guardare il manichino completamente distrutto.
Quando
alzai lo sguardo verso
il fondo della sala, Rose era seduta, con le ginocchia al petto e mi
fissava.
Avanzai
verso di lei e mi
lasciai cadere sul tappeto, al suo fianco.
«Ti
amo» dissi solo, prima di
prenderla tra le braccia e baciarla come se fosse l'ultima cosa al
mondo che mi
fosse concesso di fare. La sentii sorridere sotto le mie labbra e
approfondii
il bacio spostandomi poi a mordicchiarle la mandibola, la guancia e poi
la
pelle sotto l'orecchio.
Al
suo sospiro estatico,
proseguii scendendo al collo e le sfilai la maglia e, subito dopo, i
pantaloni
e gli slip.
Coricata
davanti alle fiamme
del camino che disegnavano caldi arabeschi sulla sua pelle lattea...
era
stupenda. «Sei bellissima» ripetei a voce alta
quello che la mia mente stava
ripetendo all'infinito.
Lei
mi sorrise e allungò le
braccia verso di me, che mi ero sollevato per ammirarla meglio.
Ci
baciammo ancora, poi
iniziai a scendere, carezzando la sua pelle con le dita e con le
labbra.
I
suoi ansimi riempivano la
stanza e mi eccitavano ancora di più.
Arrivai
ai seni e lentamente
li avvolsi nelle mie mani. Perfette colline adatte alle mie dita.
Baciai lembi
di pelle sino ad arrivare alla sommità, più scura
e impudicamente eretta a
offrirsi a me.
Succhiai
il capezzolo, forte
e la sentii gemere e inarcarsi. Le sue mani stringevano la mia casacca,
come se
non sapessero dove appigliarsi, come se stessero affogando e dovessero
trovare
un sostegno.
Succhiai,
sfregai,
mordicchiai, leccai. Tutto il repertorio, tutto quello che mi veniva
istintivo
fare il per suo e il mio piacere.
Non
si tratteneva più, i suoi
gemiti erano sempre più forti.
Scivolai
ancora più in basso,
a baciarle il ventre, a leccare la pelle intorno all'ombelico, e poi
ancora più
in basso, sul monte di Venere, a scoprirne il tesoro.
Le
allargai dolcemente le
gambe e mi posizionai di fronte alla sua entrata. Aspirai il suo odore.
Eccitata. E leccai scatenando il suo grido.
Mi
avventai su di lei come se
fosse il mio pasto. Aiutandomi con le dita, leccai, mordicchiai e bevvi
la sua
eccitazione. Stuzzicai sino al parossismo il clitoride. Entrai
lentamente in lei
con un dito e la stimolai. Era strettissima. Sfregai diverse volte, poi
infilai
un altro dito, schiacciando il fascio di nervi con il pollice. In quel
momento
sentii le pareti vaginali stringermi a ondate le dita, mentre Rose si
irrigidiva e rilasciava un urlo liberatorio.
Sfilai
piano le dita da lei e
mi coricai al suo fianco, prendendola tra le braccia e appellando una
coperta
lì vicino. Era rilassata, completamente sfatta e mi guardava
con gli occhi
socchiusi e le labbra aperte a un dolce sorriso.
«Ti
amo» sussurrò prima di
appoggiarsi e chiudere gli occhi. Poi aggrottò la fronte.
«E tu… non?»
indicando vagamente in basso.
Sorrisi.
«Non preoccuparti.
Sarà un'altra volta, adesso dormi. Sei esausta».
Il
mio amichetto del sud non
era per niente d'accordo e la stretta al inguine me lo fece capire
chiaramente.
Ma non mi importava. Non l'avrei costretta a fare qualcosa, visto
quanto era
stanca. Ci sarebbe stato tutto il tempo un'altra volta.
Durante
il resto della notte
mi svegliai di soprassalto. Un dolore fortissimo al petto mi aveva
strappato al
sonno ristoratore.
Le
fiamme guizzavano ancora
nel camino e Rose era sempre allacciata al mio fianco, nuda e
bellissima.
Le
diedi un bacio sulla
tempia e sistemai meglio la coperta perché non prendesse
freddo, quando lo
sguardo finì sulla mia mano. Non era la mano flaccida e
tozza di Shaula. Quella
era la mano di Scorpius.
Mi
spostai cercando di non
svegliare Rose e cercai uno specchio. Agitato mi tastai il viso.
Sentivo il mio
naso, le mie guance. Tirai i capelli davanti agli occhi. Erano corti e
mossi
e... biondi.
Il
pigiama pendeva floscio,
troppo grande per il mio fisico. Sollevai la casacca e feci scorrere la
mano
sulla pancia. Non c'erano più i rotoloni di ciccia. Quello
era il petto segnato
dalle fasce muscolari che mi erano venute a forza di esercizi nella
palestra
babbana.
Non
potevo crederci. La
maledizione era stata spezzata.
Raccolsi
il mantello e la
bacchetta e corsi fuori dalla stanza. Dovevo trovare uno specchio e
convincermi
che quello che sentivo era reale. Mi feci un pizzicotto e sentii il
dolore. No,
non stavo dormendo.
Mi
guardai attorno e corsi al
piano di sotto, nel bagno dismesso, dove c'erano ancora specchi
scheggiati che
sarebbero bastati a farmi vedere se davvero ero tornato me stesso.
L'alba
era passata da un
pezzo e gli studenti stavano andando in sala grande per la colazione.
Arrivai
al bagno senza fiato
e entrai di getto poi mi bloccai.
Un
grande specchio a parete
era affisso sul muro di fronte alla porta. L'immagine che rimandava era
quella
di un ragazzo biondo, alto e decisamente attraente, con addosso un
mantello
sbilenco da cui spuntavano i calzoni flosci di un pigiama azzurro
polvere.
«Sono
io... sono tornato»
mormorai toccandomi la guancia.
Ero
io ed ero salvo. Non
sarei più morto ad agosto. Sarei vissuto per tantissimi
anni. Avevo un'intera
vita davanti.
«Rose!»
gridai. L'avevo
lasciata sola nella stanza delle necessità. Dovevo correre
da lei prima che non
mi trovasse al suo fianco. Sarebbe stata felice di vedermi tornato al
mio aspetto
originario e, adesso, saremmo potuti stare insieme senza alcun
problema.
Ero
davvero felice, tutto si
era sistemato per il meglio e io avevo trovato una ragazza incredibile
e mi ero
innamorato.
Trasfigurai
i miei abiti,
facendomi calzare i vestiti e la divisa di Hogwarts e corsi come un
forsennato
al settimo piano.
La
porta sulla parete era
scomparsa, ma probabilmente la stanza celava la privacy delle persone
al suo
interno.
Camminai
avanti e indietro
pensando intensamente a Rose che mi aspettava dentro. L'avrei svegliata
con un
bacio, come le favole babbane che tanto piacevano a mia madre.
«Rose»
chiamai appena
entrato.
Ero
tornato nella stanza
degli allenamenti, dove mi ero sfogato con rabbia. Il manichino rotto a
terra
mi fece ricordare cosa era successo nella notte precedente e a chi
andava il
mio odio. Ma di lei nessuna traccia. Il camino era spento e la coperta
piegata
su un lato del tappeto dove ci eravamo amati.
Cazzo!
Mai,
mai, mai far svegliare
una ragazza sola nel letto dove c'eri stato insieme. Era il miglior
metodo per
allontanarla e io avevo fatto quello a Rose.
Scossi
la testa risoluto. Non
mi sarei scoraggiato. Non appena mi avesse visto, avrebbe capito cosa
era
successo e mi avrebbe perdonato. In caso contrario avrei camminato a
carponi
sui carboni ardenti per gli anni avvenire pur di tornare con lei.
Non
potendo andare nel
dormitorio dei Grifondoro, adesso che ero ritornato me stesso, scesi
direttamente nella sala grande per la colazione. Magari una
dichiarazione
plateale in ginocchio avrebbe ammorbidito la mia ragazza.
Non
misi in conto dello shock
che avrei causato entrando con il mio aspetto, né che, dopo
un rapido sguardo
al tavolo dei grifoni, constatato che non era presente la rossa che
volevo, la
mia attenzione si era rivolta tutta verso il tavolo dei Serpeverde,
verso i
miei compagni di dormitorio, verso i miei amici.
Il
silenzio calò sulla sala
mentre io cominciai a camminare verso il mio vecchio tavolo. Delphina,
Blaike,
Lucinda, Theodore e Claire che erano rivolti con la schiena al muro, mi
videro
arrivare e subito scattarono in piedi.
«Scorpius!
Sei tornato!»
gridò il mio migliore amico mentre scavalcava la panca e
aggirava il tavolo per
venirmi incontro.
«Ben
tornato, Scorp» fece eco
Lucinda. Non sembrava più lo squalo assetato di sangue di
qualche tempo prima.
Ghignai al solo pensiero di quando avrebbe saputo tutto e collegato le
sue
pessime figure.
Quel
pensiero però fu subito
accantonato per fissarsi su quella figura che ancora mi dava le spalle,
ingobbita con la testa piegata a fissare il piatto.
Anche
Tyson e Cassandra si
erano alzati per salutarmi, felici di trovarsi insieme. Dovevo ancora
digerire
il modo di come si erano comportati ma ero quasi certo che li avrei
perdonati.
«Come
ci sei riuscito?»
chiese Blaike dopo avermi abbracciato.
«Abbiamo
scoperto chi era la
strega e il suo complice» risposi atono, scatenando la
meraviglia del moro.
In
quel momento entrarono i
gufi della posta del mattino e consegnarono anche diverse copie della
gazzetta
del profeta. In prima pagina, a lettere cubitali, si leggeva il titolo:
CATTURATA EMYLI REVENCLAW
ACCUSATA DELL’OMICIDIO MEDIANTE MALEDIZIONE DI QUATTRO
MAGHI E DEL TENTATO OMICIDIO DI ALTRI TRE.
La
preside McGranitt ci aveva
raggiunti e ascoltava con attenzione, pronta a intervenire.
Non
appena il brusio per la
nuova notizia si fece sempre più forte, Blaike si
voltò verso l’unico che
ancora non si era alzato.
«Perché?»
urlai con quanto
fiato avevo in corpo «Perché, Nigel? Eravamo
amici! Cosa ti ho fatto per
volermi morto? Perché?». Era vero. Il tradimento
da parte di chi amavi, ti
strappava una parte di cuore, per sempre. E io ne sentivo tutta la
parte
sanguinante e dolorosa.
Nigel
sollevò la testa ma non
fece in tempo a voltarsi verso di noi che Blaike l’aveva
afferrato per la
collottola e lo aveva trascinato in piedi oltre la panca.
«Sei
un pezzo di merda!» urlò
prima di tirargli un pugno sul naso con tutta la forza e la rabbia che
aveva in
corpo.
Nigel
cadde a terra come un
sacco e non tentò neanche di alzarsi. Lacrime cocenti
scorrevano sulle sue
guance e anche su quelle mie e di Blaike. Eravamo sempre stati amici
noi tre.
Più legati di altri. Io e Blaike ci conoscevamo da
piccolissimi, ma avevamo
accettato Nigel come un fratello non appena conosciuto a scuola. Da
allora eravamo
stati inseparabili.
«Voglio
sapere il perché!»
urlai ancora più forte.
Nessuno
fiatava. Tutti
volevano sentire la risposta, sapere la storia, capire
perché ero tornato e
avessi cominciato a litigare.
«E’
stata mia madre» rispose
flebile.
«Non
dare la colpa a tua
madre! Tu potevi aiutarmi con il contro incantesimo e invece hai fatto
sparire
il libro, i miei appunti, hai rubato quegli occhiali che ti spuntano
dalla
tasca e hai colpito Blaike! Sai che ho sentito te e tua madre parlare.
Tu
dovevi sorvegliarci e stare attento che io non avessi speranza di
farcela! Hai
quasi ucciso Daisy!» rimasi in sospeso un attimo. Il simbolo
era di suo padre,
ma lui non l’aveva più usato dopo che era tornato
dalla famiglia, perché faceva
parte della sua vecchia vita. Lui aveva lasciato
l’amante… l’aveva tradita… e
Daisy aveva riconosciuto il vecchio simbolo che lei stessa usava e
sapeva chi
lo stava ancora utilizzando…
«Hai
quasi ucciso tua
sorella!» gridai sconvolto.
Nigel
alzò la testa di scatto
e fece una smorfia «Sorellastra! Se non fosse stato per lei,
mio padre sarebbe
rimasto con noi, invece di tornare da quelle! Ha sempre cercato di
farci andare
d’accordo ma lei è così…
insignificante!» sputò come un insulto.
Era
questo il tradimento per
il quale la madre di Nigel aveva ucciso. Si era sentita tradita
dall’amante che
era tornato dalla moglie e dalla figlia ufficiali.
«Come
mai ti chiami, Speers?»
chiese Cassandra riferendosi al nome della madre. Mi venne quasi da
ridere, tra
tutte le cose che poteva chiedere, sapere del suo cognome era quella
meno
interessante.
«E’
il cognome del mio
patrigno. Lui è morto anni fa e la mamma…
è uscita di testa» mormorò. In un
certo senso mi faceva pena. Era stata dura per lui. Poi però
pensavo a tutte
quelle persone morte e non trovavo scusanti. Era complice, non le aveva
uccise
lui, ma avrebbe potuto fermarla e farla aiutare, invece non aveva fatto
nulla.
«Perché
io?» chiesi. Volevo
saperlo.
«La
mamma vedeva come te la
spassavi senza avere rispetto e la giornata della festa delle stelle
aveva
bevuto… mi spiace, Scorpius. Che tu ci creda o meno, mi
dispiace».
«Signor
Speers, venga con me.
Dobbiamo aspettare gli auror che la prenderanno in custodia nel mio
ufficio»
disse la McGranitt, facendo rialzare Nigel da terra. Nel punto dove
Blaike
l’aveva colpito, si stava formando un vistoso livido
violaceo.
Il
professor Chan e il
professor Paciock si affiancarono alla preside per accompagnare il
ragazzo al
settimo piano.
Seguii
il gruppetto con lo
sguardo. Ero svuotato. Avevo perso un amico e forse anche la fiducia
nel
genere, eppure sentivo ancora del calore attorno a me.
Stavo
per sedermi, esausto
per le tante emozioni di quei due giorni, quando sentimmo delle urla
provenienti dall’atrio del castello. Alcuni di noi furono
più veloci di altri
ad arrivare e quando giungemmo oltre il portone della sala grande,
vedemmo una
scena agghiacciante, almeno per me.
Sulle
scale erano accucciate,
abbracciate insieme e con la bacchetta sguainata, Rose e Daisy. Erano
pallide e
accanto a loro c’era il buco di un incantesimo deviato.
Più
su la signora Warner
guardava in cagnesco il ragazzo svenuto sul pavimento, attorniato dai
professori.
«Cosa
è successo?» fece una
voce accanto a me.
«Il
signor Speers ha
attaccato la signorina Smith ed è stato
schiantato» riassunse secca la preside.
Poi diede ordine ai due professori di portare Nigel in infermeria ed
evocò il
suo patronus per convocare urgentemente Harry Potter a Hogwarts.
Io
tentai di svicolare, per
raggiungere Rose che cercava di consolare una Daisy in lacrime, ma non
riuscii
a fare che un paio di passi, prima di essere risucchiato dagli altri
studenti
all’interno della sala grande, dove la preside ci aveva
ordinato di rientrare.
«Rose,
Rose» gridai, ma lei
non alzò la testa e, sostenendo una Daisy sconvolta, si
diresse verso il primo
piano, probabilmente per tornare in infermeria.
Dovevo
parlarle. Spiegarmi e
chiarire tutto quanto. Stavamo insieme, per Merlino!
Sedetti
nella sala grande e
venni attorniato dai miei compagni di Serpeverde.
«Scorpius,
si può sapere cosa
è successo?» chiese Claire, sedendosi accanto a me.
«Ti
ricordi la festa delle
stelle dell’anno scorso?», al suo annuire,
proseguii e raccontai per sommi
capi, tutta la storia. Evitai solo di rivelare di essere stata Shaula,
altrimenti Theodore ci sarebbe rimasto troppo male. Qualcuno
però capì
ugualmente ed arrossì, mimando un
‘scusami’ molto accorato, che mi fece
ghignare dalla soddisfazione.
«Quindi
sei stato trasformato
in un’altra persona? E come mai non ti abbiamo mai
visto?» chiese Goyle.
«Mi
facevano seguire corsi
separati» risposi evasivo. Sembrò essere
soddisfatto della mia risposta e
mangiò l’ultimo muffin rimasto sulla tavola con
enorme soddisfazione. «Povera
Daisy. Il fratellastro che voleva ucciderla. E dire che è
una cosina tanto dolce
e carina».
Blaike
lo guardò scettico e
io gli diedi una spallata per farlo tacere. «Dovresti provare
a frequentarla. È
una gran brava ragazza… ti piacerebbe» dissi
convinto e quando il suo sorriso
si fece più largo, pregai che la Smith fosse abbastanza
forte da subire i suoi
assalti romantici.
«Magari
puoi far arrivare
altri fiori canterini» suggerì Zabini.
«Il professor Paciock sarebbe contento».
Al
tavolo degli insegnanti,
la professoressa Balloi si alzò e tramite un sonorus,
invitò tutti gli studenti
a recarsi alle loro lezioni.
«Abbiamo
due ore di
incantesimi, ora. Spero che tu non sia rimasto indietro, visto che tra
poco ci
saranno i M.A.G.O.» disse Cassandra e io annuii.
«Me
lo ricordo, non
preoccuparti».
Delphina
mi abbracciò stretto
e io feci altrettanto. Era stata cattiva con Shaula, ma mi voleva bene
e io
avevo bisogno di questo calore dopo il gelo causato da Nigel.
«Mi sei mancato,
Scorp» disse.
«Anche
tu, Delph» risposi. Le
diedi un bacetto sopra la testa e alzai la mia.
In
quel momento, ferma sulla
porta della sala c’era Rose, attorniata dai suoi cugini che,
probabilmente, la
stavano aggiornando sugli ultimi avvenimenti ai quali non aveva
assistito.
Feci
per raggiungerla ma
venni intercettato prima da Gazza, il vecchissimo custode.
«La preside
McGranitt vuole vederti, Malfoy».
Non
ero felice di
interrompere la mia ricerca della rossa, ma se la McGranitt voleva
vedermi,
probabilmente era una cosa importante che avrebbe terminato il casino
nel quale
mi ero ritrovato.
Quando
bussai alla porta della
torre, questa si aprì e mi fece salire sulla scala a
chiocciola che mi portò
direttamente all’interno dell’ufficio. Qui, in
piedi accanto alla scrivania,
aspettavano i miei genitori.
«Scorpius!»
urlò mia madre,
abbracciandomi stretto. Mio padre si limitò a darmi qualche
pacca sulla spalla,
con un sorriso sulla faccia da ringraziare le orecchie che lo
contenevano.
«Abbiamo
saputo questa
mattina e siamo venuti qui subito» disse mia madre
guardandomi attenta.
«E’
tutto a posto?» chiese
mio padre.
«Tutto
a posto» confermai. «La
maledizione è stata annullata e io sono salvo».
«Naturalmente
faremo dei
controlli» si intromise la vecchia gattaccia «Ma
credo di poter affermare che
il signor Malfoy non rischi più la vita»
terminò sorridendo.
Rimasi
un po’ di tempo nello
studio, raccontando ai miei genitori, quanto era successo, senza
soffermarmi
troppo sul ruolo di Rose. Prima di presentarla ufficialmente dovevo
risolvere
con lei. In quel frangente, seppi che Nigel era stato trasferito al San
Mungo
sotto scorta e poi sarebbe stato interrogato dagli auror e processato.
Daisy
era in compagnia dei suoi genitori che erano stati avvisati del
ritrovamento ed
erano appena arrivati. Ero sicuro che si sarebbe ripresa.
«Signor
Malfoy. Manca meno di
un mese agli esami per i M.A.G.O. ritengo che debba tornare al suo
dormitorio
in Serpeverde, sino al diploma. Non possiamo lasciarla in Grifondoro,
onde
mantenere il segreto, sempre che lei lo voglia» disse la
preside.
«Non
mi vergogno di quello
che è successo, ma per non mettere in imbarazzo tutti quelli
che mi hanno
denigrato, preferirei che non si sapesse niente. Ritornerò a
Serpeverde»
dichiarai.
«Questo
le fa molto onore,
signor Malfoy. Se posso osare, nella disgrazia di questa maledizione,
quello
che è accaduto le è servito molto per crescere
come persona. Sono fiera di lei».
Mai nella mia vita mi sarei aspettato dei complimenti così
plateali da parte
della gattaccia.
Quando
uscii dalla
presidenza, dopo aver salutato i miei genitori, erano già
passate quasi tre ore
e tra poco le lezioni si sarebbero interrotte per il pranzo.
Decisi
quindi di aspettare
Rose direttamente in sala grande, ma quando lei non si fece vedere e
neanche i
suoi cugini mi seppero dire dove era andata a nascondersi, mi misi a
cercarla
per tutto il castello.
Feci
una capatina nel
dormitorio dei Serpeverde, per prendere un oggetto che mi avrebbe
senz’altro
aiutato nella mia operazione ‘farti perdonare da Rose
Weasley’.
Per
accelerare la ricerca,
entrai nella torre dei Grifondoro per parlare con Albus e chiedergli la
mappa.
Gli sguardi stupiti e attoniti degli altri ragazzi riuniti nella sala
comune
furono impagabili.
«Malfoy,
come hai fatto ad
entrare?».
«So
la parola d’ordine,
Thomas» risposi tranquillo. «Sai se Albus
è in camera?» chiesi.
«L’ho
visto salire poco fa…
non avrai mica intenzione di salire? Tu non dovresti neanche essere
qui»
protestò.
«Ho
bisogno di parlargli».
Alle
mie spalle sentii la
voce di Lucy «Tranquillo, Scopius, vado io a chiamarlo e a
prendere la mappa».
«Grazie,
Lucy» risposi
sorridendo. Almeno non tutti i Grifondoro erano ostili.
Pochi
istanti dopo, Potter e
Weasley mi avevano accerchiato.
«Prima
di parlare con voi
devo trovare Rose» iniziai.
«Non
prenderla in giro adesso
che sei tornato normale o ti faremo fuori noi. Prima di
agosto» minacciò Albus
ficcandomi in mano l’agognata mappa.
Dissi
la formula e guardai
frenetico tutti i piani e i giardini del castello. Niente. Questo
voleva dire
una cosa sola. Stanza delle necessità. Senza ringraziare,
tesi la mappa al
proprietario e corsi fuori dalla torre, diretto al muro senza porta
nell’ala
est del settimo piano.
‘Il
posto dove si trova Rose’
pensai intensamente mentre passavo tre volte davanti ai mattoni della
parete.
Finalmente, al terzo passaggio, la porta si palesò e la
aprii di getto.
All’interno c’era Rose, seduta con le ginocchia al
petto che fissava le fiamme
del camino con aria pensierosa.
«Rose,
ti ho trovata
finalmente» esalai mentre mi sedevo accanto a lei.
Restai
un attimo in silenzio
poi la sentii dire: «Mi hai trovata».
«Hai
visto? Abbiamo sconfitto
la maledizione» le dissi con voce felice. Lei
annuì solamente.
«Rose,
parlami. Che succede?».
L’atmosfera non era quella che avrei sperato dal momento che
ero tornato
normale.
«Tu
sei tornato Scorpius, e
adesso potrai tornare a fare lo stupido come facevi prima»
rispose atona.
La
presi per le spalle e la
feci girare verso di me. I suoi occhi erano lucidi, sull’orlo
delle lacrime e
per niente al mondo avrei voluto che le versasse.
«E’
questo che pensi di me?
Che potrei dimenticarmi di quello che provo per te? Che potrei
lasciarti
andare? Io non voglio lasciarti andare, Rose. Ti amo e la maledizione
si è
spezzata per questo motivo. Noi ci amiamo e nessuno deve e
può dividerci».
Lei
mi guardò con lo sguardo
stupito e ancora più lucido. «Davvero vuoi me? Te
ne sei andato questa mattina.
Pensavo che ti fossi stancato di aspettare…» e
arrossì.
«Rose,
sono andato a
guardarmi allo specchio perché ero tornato normale e avevo
bisogno di vederlo.
Sono tornato subito ma tu eri già andata via… poi
Nigel e la McGranitt… è tutto
il giorno che ti sto cercando per ripeterti quanto ti amo. Voglio te.
Solo te»
ripetei prima di baciarla.
Un
bacio lungo appassionato e
innamorato, per toglierle ogni dubbio.
«Anche
io ti amo, Scopius»
esalò quando ci staccammo.
«Per
questo voglio regalarti
l’anello dei Malfoy, così non avrai più
dubbi su quanto ti amo e voglio stare
con te».
Presi
la scatoletta ed
estrassi l’anello antico che le infilai
all’anulare. Un anello di fidanzamento
per gridare a tutti che Rose Weasley era la ragazza di Scorpius Malfoy.
---ooOoo---
Angolino
mio:
è
finita.
Tutti i pezzi sono tornati al loro posto, o quasi (se vi viene in mente
qualche
cosa di sospeso ditemelo).
I ragazzi
devono ancora diplomarsi e poi salutare le sicure pareti di Hogwarts e
affrontare il mondo degli adulti.
Come
promesso ho inserito i nick di tutti quelli che hanno recensito fino al
capitolo 22. Per le nuove voci mi dispiace ma non ho più
occasione di fare
altrettanto quindi ringrazio qui. HermioneJeanGranger97 (avrei tolto 97
e avrei
fatto partecipare Hermione in una scena), MalfoyAmalia (una lontana
cugina o
una futura discendente), PollyWonka (sicuramente una professoressa,
magari agli
esami del mago).
Vi rimando
al prossimo ultimo capitolo dove affronteremo i M.A.G.O., ma
soprattutto i
genitori Weasley e Malfoy. E tranquilli, io amo Ron e non ho alcuna
intenzione
di farlo svenire. (anche perché sarebbe assurdo per un
auror).
A domani o venerdì per l'ultimo capitolo
Baciotti
|
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Capitolo 25 *** La condanna di Scorpius Malfoy ***
Ultimo
capitolo e la storia si chiude, almeno questa parte.
Ringrazio
tutti! Chi ha apprezzato la storia inserendola tra i preferiti, i
seguiti o i
ricordati. Ringrazio chi ha commentato, suggerito e mi ha spronato a
continuare, nonostante due anni di fermo. Ringrazio Elenri per i banner
che ha
fornito (e che inserisco entrambi per salutarli come si deve) e
ringrazio chi
ha semplicemente letto. Spero che vi siate divertiti, come me a
scrivere questa
storiella.
Per
l’ultima volta vi lascio al capitolo… BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
L’ultimo
mese fu decisamente
impegnativo per noi. Con lo studio intensivo e il fatto che i dormitori
erano
alle estremità opposte del castello, io e Rose ci vedevamo
solo a lezione o
durante i pasti. Anche lo studio era separato, visto che avevamo solo
tre
materie in comune.
Mi
mancava. Ero talmente
assuefatto alla sua presenza, anche solo nella stanza, che averla
così lontana
era una agonia. Il mio umore perennemente nero si riversava anche sui
miei
compagni di stanza che lamentavano e rimpiangevano il vecchio Scorpius,
più
sociale e meno nostalgico e innamorato. Blaike rideva nel vedermi
sospiroso e
si vendicava di tutte quelle volte che l’avevo preso in giro
io per i suoi
rantolii dietro Lucinda. Eravamo proprio persi.
«Non
so se sia un bene oppure
no, ma sono felice che domani inizino questi benedetti esami. Almeno
basta! O
dentro o fuori ma almeno la finiamo con questo terrorismo psicologico
che hanno
attivato i professori. E scommetto che anche tu diverrai più
sopportabile»
sbottò Blaike gettando sulla scrivania il testo di
legismagia.
Con
tutti gli articoli che
avevamo imparato a memoria e le pozioni e gli incantesimi e i diritti
dei
babbani, avrei potuto anche dire che una torta cucinata con asfodelo,
sarebbe
fluttuata grazie al forno belle pietanze dovuto all’articolo
8 della legge n° 330 a protezione dei
folletti. La notte sognavo grossi libri che mi volevano mangiare!
«Non
vedo l’ora» sospirai.
«Se
non la smetti di soffiare
aria, dovrò mettermi una sciarpa per il
torcicollo» borbottò Theo, facendomi
pensare dove diavolo fosse il suo collo. Bah, da qualche parte la testa
era pur
attaccata al resto del corpo.
«Okay,
la smetto. Andiamo a
fare un giro fino al lago? Ho voglia di respirare aria
pulita» proposi.
«Tu
e la tua aria pulita!
Meglio che usciamo, altrimenti penserà di nuovo di aprire
una finestra e ci
allagherà al sala comune come l’altro
ieri».
«Scusami
se per mesi sono
stato in stanze con delle finestre normali che si aprivano
all’aria normale e
non sotto la superficie limacciosa di un lago putrido e
fetido» risposi
piccato.
«Certo
che il signorino sta
cominciando a essere pretenzioso!» replicò Blaike.
«Non
so se l’hai insultato,
ma sono d’accordo nel dire che è una
piaga» caricò Goyle.
«Concordo
e sottoscrivo. È
incontentabile. Forza usciamo prima che dia di matto e inizi ad avere
le allucinazioni
e a chiamarmi Rose come questa notte» terminò
Tyson.
«Avevo
paura che mi saltasse
addosso» si lamentò Theo. Se solo avesse saputo
quanto lui mi era saltato
addosso, si sarebbe seppellito vivo dalla vergogna.
Tyson,
che aveva capito tutto
in quanto un po’ più sveglio del nostro compagno,
e Blaike, che sapeva tutto,
si guardarono e ghignarono complici, mentre io celiavo.
«Tranquillo,
scimmietta, sono
fedelissimo alla mia rossa».
Il
sole era caldo e il prato
brillava del suo verde. Sul lago placido delle anatre sguazzavano alla
ricerca
di pesciolini. Era in tutto e per tutto una giornata estiva, quasi un
preludio
di quanto ci sarebbe stato nei mesi successivi.
Anche
i ragazzi di Grifondoro
erano all’aria aperta a godersi la bella giornata. Spesso
dimenticavo che non
mi conoscevano e li salutavo con la stessa familiarità che
avevo tenuto nei
mesi precedenti, quando ero Shaula la reietta.
Se
come Scorpius potevo
contare sugli amici di Serpeverde e Blaike lo aveva dimostrato per
tutto il
periodo in cui mi aveva aiutato nonostante la mia trasformazione, in
Grifondoro
avevo trovato lo spirito affine della casa, dove ero stato accettato
indipendentemente dall’aspetto o dal passato.
Mi
sentivo sia Grifone e
Serpe e non mi vergognavo per essere così diviso.
Lily
mi vide da lontano e mi
corse incontro, incurante del fatto che ero attorniato dai miei
compagni.
«Scorpius!
Devi aiutarmi!
Roxanne non vuole far innescare gli ultimi fuochi che abbiamo ancora
nel
dormitorio. Dobbiamo festeggiare la vittoria della coppa di Quiddich, e
il
secondo posto della coppa delle Case. Io le ho detto che potremmo
metterli
nella borsa di qualche ragazza snob… tipo Anne o Meredith,
ad esempio» buttò lì
e controllò il mio volto che esprimeva tutta
l’approvazione della quale aveva
bisogno. Odiavo cordialmente quelle due serpi mancate. «Lei
invece li vuole far
scoppiare sul treno. Ma qui a Hogwarts abbiamo più
possibilità di fuggire e
farla franca, sul treno dove possiamo andare? Ci beccherebbero
subito!».
«Secondo
me andrebbe meglio
qui, magari subito dopo un esame, così sono esauste e le
butti ancora più giù».
«Forse
ci aggiungo anche
l’acqua, così si sbava il trucco e diventano dei
mostri» propose.
«Sei
una forza, piccola
Potter!» rise Blaike guadagnandosi l’onore di
battere il cinque contro la
manina pallida di Lily.
«Grazie.
Tengo alto l’onore
dei Malandrini!» rispose con tono serio, per poi ridere e
correre verso la
cugina che l’aspettava sotto il salice in compagnia di Hugo.
I tre moschettieri
dei quali aver paura.
Ci
sedemmo su alcune rocce in
prossimità della riva e cominciammo a tirare sassolini
nell’acqua.
«Hai
sentito qualche cosa su
Nigel?» ruppe il silenzio Rockwood.
«Io
niente» rispose subito
Theo.
«Io
non voglio sapere niente.
Meno so, meglio sto» rispose secco Zabini. Paradossalmente
era quello che ci
era rimasto peggio. Per lui l’amicizia era sacra e lo
dimostrava il fatto che
mi era stato vicino in tutte le mie forme. Trovare proprio Nigel che
offendeva
questa sacralità, per lui era stato devastante.
Per
quanto mi riguardava, mi
aveva fatto male ma avevo anche imparato da questa avventura e mi aveva
portato
l’amore. Trovavo che era meglio guardare il lato positivo
delle cose e l’unico
grosso dispiacere che mi rimaneva era il fatto che una volta ancora, il
nome di
Serpeverde fosse legato a una azione malvagia. Nigel, semplicemente,
per me non
esisteva più.
«Sono
stato convocato per il
mese di luglio a testimoniare al processo» risposi facendo
spallucce.
«Dici
che finirà a Azkaban?»
chiese ancora Tyson.
«Fosse
per me getterei anche
la chiave dopo aver chiuso la porta» borbottò
Blaike.
«Non
so. Se dimostrano che è
stata solo la madre, potrebbe cavarsela con poco… non ne ho
idea» risposi. Non
era una posa. Davvero non ero interessato a quello che gli sarebbe
capitato.
«Scorp,
sta arrivando la tua
rossa… incazzata!» ridacchiò Blaike,
cambiando totalmente argomento.
«Tu!»
urlò Rose nella mia
direzione, spaventandomi. «Cosa hai fatto a questo anello?
Non riesco più a
sfilarlo dal dito! Gli hai messo la colla?» disse
sventolandomi la mano davanti
al naso.
«Gattina,
rinfodera gli
artigli. Non ho fatto niente. Ho solo infilato l’anello al
tuo stupendo ditino»
miagolai prima di baciarle il palmo della mano e farle trattenere il
fiato.
«Scorpius,
giochi sporco con
la tua ragazza. Comportati bene» celiò Zabini,
allontanandosi e trascinandosi
dietro Tyson e Goyle.
Anche
Rose si riprese a
quelle parole. «E’ vero. Giochi sporco. Quando fai
così mi si stacca il
cervello!» si lamentò con un adorabile broncio che
attirò subito un mio bacio.
«Mi
piace quando stacchi il
cervello» sussurrai sensuale, ma evidentemente avevo scelto
la parola
sbagliata.
«Mi
preferisci scema?» fece
un urlo belluino che mi trasmise brividi sulla schiena e paura nel
cervello.
«Non
sia mai, mio bignè alla
crema. Ti adoro super intelligente che mi fai fare la figura del
fesso»
risposi, ma anche così non andava bene.
«Tu
non sei fesso e io non
sono un bignè. Mi vuoi grassa come una balena
spiaggiata?». Oh mio Dio! Qui non
se ne esce!
«Mi
arrendo! Qualsiasi cosa
dici o pensi, hai ragione e io ho torto e merito il tuo castigo, ma ti
prego
sii clemente» sospirai, poi mi feci più attento
«Di che cosa mi sto scusando?».
«Non
riesco a togliere
l’anello dal dito. Sembra che si sia incollato alla
pelle» ripeté. Strano, non
aveva mai dato problemi a mio padre, quando lo metteva e anche io che
l’avevo
provato tempo addietro, era rimasto tutto normale.
«Forse
è perché non lo togli
da parecchio. Chiederemo ai miei genitori quando verranno alla
cerimonia dei
M.A.G.O.» la rassicurai.
«Mi
sei mancato» disse
abbracciandomi.
«Anche
tu» risposi poi mi
chinai e cominciai a baciarla.
Mi
sentivo melenso. Se mi
avessero detto che mi sarei trasformato in un ammasso gelatinoso di
ragazzo
svenevole non gli avrei mai creduto. Invece ero qua, con le mani che
viaggiavano lente sulla schiena della mia ragazza (occhio a non palpare
il culo
perché siamo in pubblico e non sta bene), che baciavano
teneramente le sue
labbra (non troppo, Scorpius. Non mi piace fare la visita odontoiatrica
per la
strada), stringendola a me (non puoi fare niente per quel coso che
spunta? È
così imbarazzante quando tutti ti guardano e ridono). Anche
lei non era da meno
quando ansimava solo per averle detto qualche cosa
all’orecchio (Rose, però se
respiri così sembri una hot line) o quando mi scompigliava i
capelli durante un
bacio rubato (non ti lamentare se credono che abbiamo fatto sesso nello
sgabuzzino) e le spuntavano i capezzoli dritti, e non per il freddo
(guarda che
non indicano il mio amichetto del sud, ma le tue bocce svettanti).
Teneri,
coccolosi, svenevoli.
Ogni
tanto vedevo Rose che si
sbatteva le mani sulle guance come per svegliarsi. “Quando
sono insieme a te, è
come se non riuscissi a concentrarmi su niente altro”. Per
lei era un problema…
per me? Nah!
Non
avevamo più avuto
occasione di stare insieme e, dopo alcuni giorni, avevamo deciso di
aspettare
la fine della scuola per goderci il momento con tutta la calma del
mondo. Il
pensiero che dopo i M.A.G.O. Rose sarebbe stata mia in tutti i sensi,
mi creava
un pochino di ansia da prestazione, ma ero sicuro che al momento dei
fatti, mi
sarei comportato egregiamente.
Il
mattino dopo iniziarono
gli scritti degli esami.
Per
tutta la mattina fummo
concentrati sul tema di storia. Per la gioia di tutti era incentrato
sulla
seconda guerra magica di cui parecchi di noi avevano notizie di prima
mano. Il
pomeriggio fu il turno di legismagia. Il giorno dopo incantesimi e
così di
seguito.
Il
pomeriggio in cui ci
dedicammo a pozioni fu davvero esilarante. Dovevamo provare a fare una
pozione
davvero complicata, anche se di cottura veloce, quando Delphina mise
per
sbaglio le foglie di menta con il succo di rughignosa gaia. Tutti sanno
che la
menta scatena le cellule gioiose della rughignosa (che altrimenti
è un
eccellente calmante) quindi quando fuoriuscirono i vapori dal suo
calderone,
iniziammo tutti a ridere come dei matti e l’esame
finì lì.
«Delph!
Neanche Lily e
Roxanne avrebbero potuto inventarsi qualche cosa di simile agli
esami!» ululò
Blaike continuando a ridere.
«Credo
che ti odieranno per
aver rubato il primato di scherzo più riuscito»
dissi io asciugandomi gli
occhi.
«Non
voleva essere uno
scherzo! Non l’ho fatto apposta!». Le avremmo tutti
creduto più volentieri se
avesse smesso di ridere nel dirlo. Anni dopo spergiurò che
le sue risate erano
il rimasuglio dei vapori esilaranti e non il suo volere.
«Grazie,
Delphina, non sapevo
più come andare avanti» ringraziò
Theodore, continuando a ridere. Secondo me
lui aveva aspirato più vapore di tutti perché
continuò a ridere per parecchio.
Era
il momento delle prove
pratiche. Incantesimi, trasfigurazioni, difesa contro le arti oscure.
Quel
giorno entravamo in
classe a gruppi di tre e ci scambiavamo gli esaminatori finiti i nostri
test.
Con me entrarono Blaike e Claire.
Mi
trovai bene negli esercizi
di incantesimi, meno in trasfigurazione. In difesa
l’esaminatore mi chiese
direttamente del mio patronus.
«So
che è in grado di evocare
un patronus corporeo». Probabilmente la gattaccia
l’aveva saputo dalla Warner,
quando l’avevo chiamata per Daisy.
Mi
limitai ad annuire e
declamai «Expecto Patronum». Dalla mia bacchetta
fuoriuscì un denso fumo
argenteo che si condensò nel leone rampante che avevo visto
un mese prima.
«Complimenti…
Curioso, lei
conosce Rose Weasley?» mi chiese. Rimasi perplesso e risposi
subito.
«Sì.
È la mia ragazza».
«Ah.
Allora siete una coppia.
Questo spiega tutto» rispose.
L’esame
continuò ancora con
qualche lezione di pratica e terminò con i complimenti
dell’esaminatore.
«Sono
esausto» disse Blaike
crollando sul prato.
«Anche
io» gli feci il verso.
Sopra
di noi le nuvole
correvano veloci mentre il cielo diventava di una lieve sfumatura
rosata. Era
quasi il tramonto. Saremmo dovuti andare a cena ma l’aria e
l’atmosfera erano
davvero troppo rilassanti lì fuori.
«Lo
sai che questi saranno
gli ultimi giorni di scuola? Poi avremo finito e saremo del tutto
adulti».
Zabini era troppo profondo a volte.
«Mi
mancherà stare qui. Non
le lezioni… ma mi mancherà la compagnia, le
serate a tirare tardi…» mormorai ad
occhi chiusi.
«La
caccia alle ragazze…»
intervenne lui.
«Uhmm…
no. Quello non mi
manca e non credo mi mancherà mai» risposi
convinto. Avevo Rose, non mi mancava
niente.
«Bravo»
fece una voce
conosciuta.
«Ti
sei salvato» disse
ghignando il mio amico.
«Infatti.
Non sono molto
favorevole alla caccia. Detesto il sangue. Macchia» concluse
la mia ragazza
cercando di restare seria.
«Uh!
Rossa! Come è andata?
Riuscirai a non strappare tutte E o ci farai sentire tutti come dei
dementi?»
chiese Blaike con un gran sorriso.
«Voi
siete tutti dementi»
sottolineò accovacciandosi accanto a me e regalandomi un
dolcissimo bacio.
«Mi
piace questa tua vena
così clemente per noi poveri mortali… mia
dea» mormorai ricambiando poi il
bacio.
«Smettetela
o chiamo Luce e
vi facciamo vedere noi cosa vuol dire essere pudici»
minacciò scherzoso Blaike.
Rose
alzò il capo a esporlo
al sole che la illuminava. Spettacolare. Mi sarei incantato per ore a
guardarla
in questa posa. D’un tratto si voltò verso di me,
come se le fosse venuto in
mente qualche cosa. «So che non vi va di parlare di
Nigel» esordì, lanciando
anche un’occhiata di sfuggita al mio amico «Ma mi
sono sempre chiesta come
avesse fatto a entrare nel dormitorio femminile di
Grifondoro».
A
questa domanda io guardai
Blaike complice e sorrisi, mentre lui sbottò in una risata.
«La
risposta è nella domanda,
bambina. Femminile. Ai tempi d’oro siamo stati dei veri
esperti a superare gli
ostacoli. Tutto pur di tromb… quello» rispose.
«Scivoli
delle scale» io.
«Spuntoni
sul muro» Blaike.
«Sparizioni
di gradini» io.
«Getti
di pozioni» Blaike.
«Lanci
di bolidi» io.
«Specchi
confondenti» Blaike.
«Ma
ci sono tutte queste
cose?» chiese la mia ragazza davvero stupita.
«Anche
altre. In generale ne
cambiano cinque o sei in un anno e ogni casa è
diversa» risposi io.
«Siamo
degli esperti. Quasi
mi dispiace non lasciare questo sapere a qualche adepto»
aggiunse Blaike con
rammarico.
«Ma
meno male!» esclamò Luce
accostandosi al suo ragazzo, e Rose annuì convinta.
«Io
invece non capisco come
fosse uscita la voce che il complice della strega fosse una
ragazza» dissi io.
«Credo
che non abbiano mai
visto Nigel. Magari hanno dedotto da alcune parole» rispose
Rose.
«Neanche
tu avevi
riconosciuto Emyli» mi ricordò Blaike. Tentavo di
non pensare di aver fatto
sesso con la madre di un mio compagno di scuola. Nigel non era mio
amico.
«Te
l’ho detto, Nigel mi
aveva offerto da bere, probabilmente una pozione e quando la vidi,
sembrava che
fosse dietro a un vetro smerigliato. Non era proprio chiaro e credo che
al
mattino avesse preso una polisucco» ipotizzai.
Decisi
di cambiare argomento
e mi venne in mente quello che aveva detto l’esaminatore di
difesa.
«Rose,
cosa aveva di
particolare il tuo patronus? Quando ho evocato il mio leone, mi hanno
chiesto
se ti conoscevo».
«Non
hai notato quando l’ho
chiamato la sera che abbiamo…» arrossì
vistosamente e Blaike ridacchiò. «Sono
sicuro che Scorpius fosse distratto da altre cose».
«In
realtà avevo appena
scoperto che Nigel era… quello che era ed è stato
allora che tu hai evocato il
patronus per chiamare tuo zio» ricordai e Rose
annuì. «Perdonami ma non ho
notato, era uno scorpione, no?» chiesi.
«In
realtà non più» rispose
arrossendo ancora di più. Aggrottai la fronte e aspettai che
continuasse. «E’
una leonessa» esalò facendo scoppiare Blaike.
«Siete
impagabili! Neanche
nei miei incubi più oscuri mi sarei mai immaginato il
rampollo Malfoy così
rimbecillito!» sghignazzò senza trattenersi.
«Blaky,
smettila di prenderli
in giro, oppure dovrò ricordarti quella volta
che…» minacciò Luce.
«Okay,
okay, farò il bravo».
Era
una leonessa. Faceva a
coppia con il mio leone. Anche nei patronus eravamo affini. Mi sentivo
galvanizzato da questa scoperta. Ecco perché
l’esaminatore aveva detto che
eravamo una coppia.
«Quanto
ci metteranno per
decidere?» chiese Lucinda riferendosi agli esami.
«Entro
il due di giugno. Quel
giorno c’è la cerimonia dei diplomi con i genitori
e la commemorazione della
fine della seconda guerra magica».
«Io
speravo di avere delle
anticipazioni» borbottò Luce.
«Corrompi
la McGranitt» suggerii,
ricevendo uno schiaffetto sulla nuca dalla mia dolce metà.
Era
impossibile.
I
cinque giorni che mancavano
passarono in un attimo e il mattino del due giugno ci trovammo tutti,
studenti
e professori, in sala grande.
Quello
era il giorno della fine
della scuola. Chi aveva sostenuto gli esami del G.U.F.O. avrebbe
ricevuto i
risultati durante l’estate. Chi, come noi, aveva affrontato i
M.A.G.O., se
fossero andati bene, si sarebbe diplomato con una cerimonia alla
presenza dei
parenti e degli altri studenti, e poi tutti sarebbero risaliti sul
treno per
tornare a casa a passare l’estate.
Per
noi del settimo anno era
la fine di una stagione della nostra vita. Un passaggio che ci aveva
visti
crescere e maturare e ora ci lanciava verso la sfida della vita adulta.
Avevamo
avuto l’ordine di far
colazione entro le otto e trenta del mattino e tutti ci premunimmo di
obbedire.
Alle nove già si smantellava la sala, facendo sparire i
tavoli e sostituendoli
con tantissime sedie rivolte verso la pedana dove si sarebbe svolta la
cerimonia. Poi tutti si sarebbe andati alla tomba di Silente per la
commemorazione a un mese esatto dalla data ufficiale. (si era pensato
di
spostare al due giugno per permettere il normale svolgimento delle
lezioni).
Non
appena arrivarono i miei
genitori salutai discretamente Rose e mi diressi verso mia madre che
era
ansiosa di salutarmi.
Erano
davvero felici che
fossi riuscito a spezzare la maledizione e a salvarmi.
Avevano
salvato anche gli
altri due colpiti dalla strega, grazie alla confessione che aveva fatto.
Sapevo
che il talismano era
stato distrutto, per evitare altri gravi problemi in futuro.
Chiacchierai
a lungo con i
miei genitori, ai quali si unirono gli Zabini e i Nott.
Ogni
tanto mi voltavo verso
la piccola folla di gente dai capelli rossi che attorniava Rose e
Albus. I
Potter erano orgogliosi del loro bambino, così come i
signori Weasley lo erano
della mia ragazza. Ero sicuro che aveva strappato tutte E agli esami.
«Chi
stai guardando, caro?»
chiese curiosa mia madre.
«Una
persona che vorrei
presentarti più tardi, mamma». Da quando avevamo
fatto la ceretta insieme,
eravamo comunque più vicini. Mi sorrise ma non chiese nulla.
Bel passo avanti
rispetto a quanto successo mesi prima. All’epoca mi avrebbe
subissato di
domande.
Quando
ci sedemmo davanti al
palco, per poi attendere di prendere il nostro diploma, mi sentii
agitato.
Sapevo di essere passato ma era comunque il sancire senza ombra di
dubbio la
promozione.
Delphina
fu una delle prime e
poco dopo venne Goyle. Quando chiamarono me, non riuscivo
più a stare seduto.
Quasi corsi verso la gattaccia che mi strinse la mano e mi
consegnò la
pergamena.
«Congratulazioni,
signor
Malfoy» ripeté la preside McGranitt. Non potei
fare a meno di sorridere.
«La
ringrazio di tutto»
risposi a mezza voce e lei mi guardò sorpresa prima di
tornare impassibile a
congratularsi con lo studente dopo di me.
Tornato
al mio posto
controllai i voti. Niente male, mi ero distinto in legismagia, difesa
contro le
arti oscure e, incredibilmente, babbanologia con delle E stupefacenti.
Le O di
incantesimi e pozioni facevano bella mostra di sé. La A di
Astronomia
denunciava il mio basso interesse per la volta celeste.
Man
mano passarono tutti e
quando Rose prese il suo diploma dalle mani della preside, fui
sicuramente
quello che applaudì più forte attirando gli
sguardi curiosi di tutti.
Nel
pomeriggio arrivò il
momento tanto temuto. Mi trascinai dietro i genitori e mi accostai ai
parenti
Weasley. Rose mi guardò spaventata. Io me la facevo sotto,
in realtà, ma dovevamo
superare l’ostacolo e lo avremmo fatto. Mi misi al suo fianco
e cominciai a
parlare.
«Mamma,
papà, volevo
presentarvi la mia ragazza, Rose Weasley». La mia voce
uscì chiara e precisa,
cosa che non avrei creduto possibile. Lei arrossì un poco.
«Piacere,
signori Malfoy»
disse Rose, tendendo la mano destra e sollevando la sinistra.
Mia
madre fece un sorriso
enorme, aveva finalmente una vera figlia. «Sono felicissima
di conoscerti.
Chiamami Astoria».
I
genitori di Rose erano
silenziosi e guardavano attenti quello che stava accadendo. Il padre
non
sembrava felice, ma lui mi aveva sempre cordialmente odiato. Quello che
mi
sorprese fu mio padre che dimenticò il suo stile compassato
e ghermì la mano
sinistra della rossa, sollevandola e facendo brillare
l’anello dei Malfoy alla
luce del sole.
«Dimmi
che non è come penso»
disse quasi implorando. «Dimmi che non è il nostro
anello ma solo una
imitazione». Era ridicolo.
«Certo
che è il nostro
anello, perché avrei dovuto regalarle una
imitazione?» ribattei.
«Che
succede, Malfoy? Non ti
va bene mia figlia? Guarda che non sono felice neanche io, se
è per quello»
intervenne Ron con cipiglio scuro.
«Non
mi riferivo a questo,
Weasley. Tua figlia sembra un’ottima ragazza e se ha preso
l’intelligenza della
madre e la tua… fortuna, direi che mio figlio non poteva
trovare di meglio. Il
problema è l’anello!». Il fatto che
facesse complimenti ai Weasley, lasciò
interdetti i genitori di Rose, poi la signora si riscosse.
«Cosa intendi
dire?».
«Quando
lo hai donato a
Rose?» mi chiese direttamente.
«Alla
fine di aprile.
Perché?».
«Perché
ti rimangono meno di
undici mesi per sposarla oppure morirete tutti e due»
annunciò lugubre mio
padre.
«Cosa?»
sbottò il signor
Weasley. «Rose, togliti subito
quell’anello!».
«E’
questo il problema, papà.
Non riesco a toglierlo, è come incollato alla
pelle».
«Ti
avevo scritto che era
depositario di una magia antica. Che era un contratto. Cosa hai nella
testa?»
mi accusò il mio genitore.
«Ti
sembra che dirmi che è il
simbolo della nostra famiglia e che è depositario di magia,
sia chiarificatore
del fatto che non dovevo donarlo a nessuna ragazza? Cosa ti costava
essere più
esplicito?» ribattei arrabbiato. Eh, no! Non mi si doveva
dare tutta la colpa.
«Okay,
stiamo calmi. Cosa
dobbiamo fare per liberarci?» chiese pratica la mia ragazza.
«Sposarvi
in fretta è l’unico
sistema per salvarvi la vita» rispose mio padre.
«Ma
io non voglio sposarmi.
Non ancora, sono troppo giovane. Devo ancora specializzarmi, trovare un
lavoro
e poi mi sposerò» protestò Rose
elencando il suo programma di vita che io avevo
già sentito diverse volte. In effetti su questo eravamo
d’accordo. Volevamo
avanzare nelle nostre carriere e magari convivere. Per il matrimonio ne
avremmo
parlato più avanti. Il nostro era un programma di almeno
cinque anni. Ora tutto
si riduceva a dieci mesi!
«Tesoro,
ti capisco, ma qui
ne va della tua vita» cercò di farla ragionare sua
madre.
Lei
invece si rivolse verso
di me. «Io ti amo e voglio sposarti. Ti sposerei anche subito
ma non per
obbligo. Il fatto di avere una spada di damocle sulla testa mi rende
odioso
questo passo… mi capisci?».
Potevo
sentirmi offeso e
rifiutato. Potevo strepitare e odiarla per come si opponeva ma la
realtà è che
ero della stessa idea. «Sì. Ti capisco
perché anche io penso la stessa cosa».
«Da
quando le hai dato
l’anello, non avete provato a fare sesso. Vero?»
chiese mio padre mandando a
quel paese educazione e pudore.
«Papà!»
sbottai arrossendo
come Rose. Parlare di queste cose davanti ai genitori era la cosa
più
imbarazzante di questo mondo.
«Allora
ti avviso subito di
non provarci. Questo anello serve a tenere pura e incontaminata la
sposa sino
al matrimonio» spiegò lui.
«Beh,
questa è una buona
notizia» borbottò il signor Weasley.
«Fammi
indovinare, se provo a
stare con Rose, ci rimango secco?» e vedendo lui annuire,
quasi mi venne da
ridere «La storia della mia vita! Rose, togli subito
quell’anello!» sbottai.
Inutilmente oltretutto.
«Mi
sembra di impazzire. È
tutto l’anno che dobbiamo lottare contro il tempo per
salvarti la vita e adesso
ci ricadiamo di nuovo». Rose si tirò i capelli, in
un gesto di disperazione che
mi fece accorrere ad abbracciarla.
«Ce
la caveremo anche in
questo caso».
«Come
fai a dirlo? Per
salvarci dobbiamo sposarci, anche se non vogliamo. E se smettessimo di
amarci? Nel
nostro mondo non puoi semplicemente dire ‘tanto
c’è il divorzio’. Non siamo
babbani» mi urlò contro cominciando a piangere
sulla mia spalla.
«Rose,
risolveremo questo
problema. Cercheremo una soluzione, anche a costo di distruggere
l’anello e la
magia contenuta. Rivolterò Malfoy Manor per trovare un
rimedio. Ti prego… non
piangere, amore» la implorai. «Tu sei forte. Sei la
mia roccia, non ti
sgretolare adesso. Insieme possiamo farcela».
Presi
il suo viso tra le mani
e le asciugai le lacrime con i pollici, prima di baciarla davanti ai
miei e i
suoi genitori, come se fossimo soli. Avevo bisogno di sentirla vicino.
Questa
storia del matrimonio mi aveva destabilizzato.
Era
vero. Non era per il
matrimonio in sé. Io ero più che sicuro dei miei
sentimenti e di quelli di
Rose, altrimenti la maledizione non si sarebbe spezzata. Ma questo
obbligo…
Dopo
alcuni istanti la sentii
cedere e gettarmi le braccia al collo, rispondendo con foga al mio
assalto.
«Ehm…
ragazzi? Non qui…»
disse a voce bassa la madre di Rose.
Lentamente
Rose si staccò e
sorrise tremula. «D’accordo. Proveremo a cercare
una soluzione e se non la
trovassimo ci sposeremo entro aprile dell’anno
prossimo» annunciò.
«Promesso»
confermai
stringendola ancora.
«Per
essere delle
presentazioni ufficiali, sono state decisamente movimentate,
miseriaccia!»
esclamò Ron Weasley, tendendo la mano a stringere quella di
mio padre, mentre
le donne iniziarono a confabulare sulla cerimonia.
Io
e Rose ci allontanammo,
mano nella mano, avvicinandoci alla lapide di Silente.
«Pensi
davvero che ce la
faremo?».
«I
soli due problemi saranno
capire se dovremo sposarci e se io riuscirò a tenermi
lontano da te fino a che
non ti toglierai quell’anello» replicai.
«E’
il secondo quello che ti
secca di più». La sua non era una domanda e lo
disse con un sorrisino
compiaciuto.
Ridacchiai
anche io. «Puoi
giurarci» e sigillai il nostro amore con un bacio.
L’indomani
sarebbe iniziata
una nuova avventura, ma per ora volevo godermi quella ragazza tra le
mie
braccia.
Fine…
---ooOoo---
Angolino
mio:
siamo
alla fine di questa
storia.
Credo
di aver ripreso le
fila di tutti i punti in sospeso, compresi i patronus e il fatto che un
ragazzo
fosse entrato nei dormitori femminili.
Ringrazio
alegrifondorosini (sicuramente sarebbe diventata una parola
d’ordine) e
satananuda (un autore di libro erotico stile kamasutra magico immagino)
due
recensori nuovi che non ho potuto inserire nel contesto ma che ho
gradito nel
loro intervento.
Ho
cercato di dare calma alla
prima parte del capitolo e arrivare alla fine per poi incontrare i
genitori e
tirare fuori questa patata bollente.
Ebbene
sì, abbiamo
meno di un anno per non far morire i
due novelli promessi sposi. Nulla di male se non fosse antipatico
questo
obbligo. Non stiamo mica obbligando qualcuno ad andare a cena, dovranno
passare
una vita insieme. Sembra normale che siano loro a deciderlo e non un
anello. È
una questione di principio.
In
base a questo
principio, dovranno trovare una soluzione anche piuttosto inusuale e
molto
magica.
Ovvio
che non saranno solo
loro due. Ad aiutarli nell’avventura ci sarà una
terza persona.
Ed
è qui che entrate in
ballo voi con due domande:
1
– titolo della storia.
Quali sono le vostre idee in base a quanto ho vagamente suggerito?
2
– chi sarà il terzo
membro del trio? La mia personale idea è qualcuno di libero
(Albus sarebbe
perfetto ma ha in mente Alice e io vorrei più spazio di
manovra).
Sono
ansiosa di leggere i
vostri commenti sul capitolo e le vostre idee sul sequel.
Aspetto…
Baciotti
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