7mi Hunger Games della Pace di gaccia (/viewuser.php?uid=122907)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la mietitura ***
Capitolo 2: *** la partenza ***
Capitolo 3: *** la sfilata ***
Capitolo 4: *** le sparizioni ***
Capitolo 5: *** l'investigatore ***
Capitolo 6: *** i candidati ***
Capitolo 7: *** lo scontro ***
Capitolo 8: *** l'isolamento ***
Capitolo 9: *** i duelli ***
Capitolo 10: *** le valutazioni ***
Capitolo 11: *** le interviste ***
Capitolo 12: *** l'arena ***
Capitolo 13: *** la cornucopia ***
Capitolo 14: *** la notte ***
Capitolo 15: *** la pioggia ***
Capitolo 16: *** la violenza ***
Capitolo 17: *** il baratro ***
Capitolo 18: *** il boschetto ***
Capitolo 19: *** il fiore ***
Capitolo 20: *** la confessione ***
Capitolo 21: *** i video ***
Capitolo 22: *** la febbre ***
Capitolo 23: *** il ritorno ***
Capitolo 24: *** il bombardamento ***
Capitolo 25: *** l'uscita ***
Capitolo 26: *** il racconto ***
Capitolo 27: *** l'ospedale ***
Capitolo 28: *** il presentatore ***
Capitolo 29: *** la piazza ***
Capitolo 30: *** la vittoria ***
Capitolo 1 *** la mietitura ***
Devo
essere impazzita!
Ho
già aperte cinque
storie di cui due sospese a tempo indeterminato ed inizio questa?
Eppure
lo so il perché.
Perché ho visto il primo film, perché ho letto i
libri e mi sono innamorata
anche di questa saga… e poi perché la mia
fantasia galoppa e in qualche modo la
devo imbrigliare su pagine bianche altrimenti andrebbe tutto perduto!
Questa
storia parte da
trentadue anni dopo l’edizione della memoria degli Hunger
Games.
Non
so quanto sarà lunga,
questo capitolo per essere il primo senz’altro lo
è.
Ho
cercato di tenere fede
allo stile diretto e alle caratteristiche dei personaggi che
appartengono alla
signora Collins, e questa storia non è scritta a fini di
lucro ma solo per il
piacere della lettura.
Dunque,
siamo a trentadue
anni dopo la fine del Canto della rivolta, a una dozzina
d’anni dall’epilogo,
nel distretto 12.
Ecco
come si sono evolute
le cose.
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Che
le probabilità siano
sempre a vostro favore! Che la fortuna sia sempre a vostro favore!
Affidarci
alla fortuna o alle
probabilità non era la cosa più sicura, non
quando gli Hunger Games, i giochi
della fame, erano gestiti dal Capitol City e dal crudele presidente
Snow, non
oggi, quando sono riapparsi gli Hunger Games della pace, rinati solo
per essere
uno spettacolo fine a se stesso, senza morti ne feriti gravi e con
tanti soldi
come premio per il vincitore.
La
fortuna o le probabilità
non erano mai a favore di chi partecipava. Mai.
Panem
è diversa rispetto al
tempo dei settantacinquesimi Hunger Games della memoria, i giochi ai
quali
hanno partecipato i tributi vincitori dei vari distretti, i giochi ai
quali
hanno partecipato i miei genitori.
Panem
è diversa rispetto al
tempo degli Hanger Games dove si raccoglievano ragazzini indifesi e si
mandavano al macello nell’arena per soddisfare la voglia di
sangue degli
spettatori.
Oggi
Panem è uno stato
democratico, dove il governo e le leggi sono gestite da persone elette
nei vari
distretti in numero proporzionale ai cittadini ma comunque valido per
far
valere la singola voce.
Ogni
distretto manda a
Capitol City i suoi rappresentanti perché le leggi siano
giuste per tutti,
perché non ci sia più la fame e il benessere sia
diffuso sino agli angoli più
remoti dello stato.
Non
esistono più divisioni
così nette tra i distretti, si può passare
tranquillamente a vivere dal 12 al
10 o al 3 senza sottostare a vincoli restrittivi o divieti. L'unico
obbligo è
il fatto che se ci si vuole trasferire c'è il dovere di
fermarsi almeno due
anni lavorandoci. Questo per evitare spostamenti repentini e senza
controllo da
parte della popolazione. Altrimenti ci sono i visti per le visite
temporanee.
Il
territorio di competenza
dei distretti si estende anche oltre alle recinzioni che ancora
circondano i
vari villaggi e città. Sono solo a protezione dagli animali
selvatici che
ancora imperversano nelle foreste, ma queste zone non sono
più “senza patria”
ma competono a uno dei due distretti confinanti. E dalle recinzioni si
può
passare attraverso sportelli appositi.
La
giustizia viene amministrata
in modo retto e giusto. I giudici sono eletti dal governo di Capitol
City, tra
i nominabili dei distretti ai quali sono destinati, e gli stessi sono
controllati da una commissione di dieci cittadini che restano
controllori per
sei mesi a rotazione.
Non
esistono più i
pacificatori con le loro divise bianche e terrificanti. Sono stati
sostituiti
dai “militi” che fanno parte della
“Milizia”.
La
milizia è dipendente dai
giudici dei vari distretti che, a seconda della necessità,
ne fanno richiesta
alla sede centrale a Capitol City.
La
vita però, continua ad
essere dura.
La
pace che si è costruita
con il sangue più di trenta anni fa non ha portato i
benefici che tutti si
aspettavano. Certo, c'è più libertà,
non ci sono più tributi da mandare al
macello, ma la povertà diffusa è rimasta.
Ci
sono ancora le classi
dirigenti che hanno più potere e più mezzi e che,
sostanzialmente, vivono
meglio rispetto alla maggioranza della popolazione.
Lavorare
per il governo è
l'ambizione di tutti i cittadini sia di Capitol City, sia degli altri
distretti.
Fuggire
alla miseria è
l'obiettivo principale.
Chi
non ha lavoro riceve un
sussidio governativo e il cibo che serve per mantenersi vivi.
Mia
madre dice che le ricorda
le razioni del distretto 13 quando c’era la guerra. Nessuno
mangiava più di
quanto non fosse strettamente necessario per arrivare al pasto
successivo. Le
calorie ingerite bastavano per fare il lavoro assegnato e basta. Adesso
funziona più o meno nello stesso modo.
Il
governo fa quello che può
per migliorare le condizioni di tutti ma è difficile quando
una parte degli
antichi lavori che servivano alla ricca Capitol City attualmente non
servono
più visto il nuovo stile di vita più morigerato.
Per
rispettare il nuovo
regime di restrizione, a tutti i vincitori degli Hunger Games ancora in
vita e
abili al lavoro, è stato revocato l'appannaggio mensile,
pertanto solo
Haymitch, Annie Cresta e Beetee hanno mantenuto la loro entrata,
più che altro
per serie difficoltà ad essere autosufficienti piuttosto che
per vera
anzianità.
Enobaria,
Johanna e i miei
genitori Katniss Everdeen e Peeta Mellark hanno dovuto riciclarsi in
lavoratori
per mantenersi degnamente.
L'unica
concessione è stato
l'uso esclusivo della bella casa del villaggio dei vincitori, lasciando
vuote e
chiuse le altre case non già destinate.
I
lavori a cui bisogna
dedicarsi sono adatti ai propri talenti. Già a scuola
analizzano il tuo operato
per poi assegnarti a corsi formativi che possano esaltare le tue doti.
Ad
esempio, mia nonna è
tornata a vivere con noi, essendo diventata troppo anziana per vivere
da sola
nel distretto 4 e così mi ha insegnato qualche cosa. Ho
scoperto di avere
ereditato da lei e zia Prim il talento della guaritrice e anche a
scuola hanno
iniziato a farmi seguire corsi supplementari di medicina.
Chi,
come mio fratello
invece, non ha particolari attitudini se non combinare guai ed essere
perennemente in punizione, affida la sua speranza ad accontentarsi
dell’impiego
al panificio di papà.
Peeta
Mellark, mio padre, ha
riaperto il forno del pane che avevano i nonni prima della guerra. L'edificio
è andato distrutto quando il vecchio regime di Capitol City
bombardò il
distretto e distrusse tutta la città uccidendo anche i miei
zii oltre ai suoi
genitori.
Lui
dipinge ancora la domenica,
quando il forno è chiuso, dimostrando un gran talento
artistico, ma ho la
sensazione che si senta realizzato anche quando prepara il pane
perché sa che
aiuterà materialmente molto più che con la sua
arte.
Secondo
me raggiunge la
massima soddisfazione quando prepara le torte e le decora. Diventano
dei
bellissimi dolcissimi capolavori.
Katniss
Everdeen, mia madre,
è stata la Ghiandaia Imitatrice, il simbolo della
rivoluzione contro lo
strapotere di Capitol City. E' una eroina descritta in tutti i libri di
storia
ed è davvero imbarazzante rispondere alle domande che mi
rivolgono i compagni di
scuola o gli insegnanti.
Mia
madre non è uno
zuccherino come mio padre, lei è severa, è dura e
reagisce sempre in modo
sproporzionato a ogni piccolo ostacolo.
Una
volta ha minacciato di
usare una freccia esplosiva contro un gatto randagio che aveva rubato
un
pezzetto di scoiattolo appena scuoiato.
Lei
ha ottenuto la licenza
per la caccia al di fuori della recinzione, dove raccoglie anche le
erbe che
servono alla fabbrica dei medicinali che hanno costruito anni fa.
Per
ogni preda deve pagare
una piccola tassa per l'introduzione ma riesce a venderle bene e a
farci un
piccolo guadagno, salvo poi donare qualche cosa a chi è meno
fortunato di noi.
I
miei genitori sono stati
gli ultimi vincitori degli Hunger Games prima della rivolta e
dall'abbattimento
del regime di Capitol City. Erano gli innamorati sfortunati del
distretto 12,
destinati a non stare insieme visto che uno di loro doveva
obbligatoriamente
morire, ma grazie a un rischioso espediente si erano salvati e dopo
essere
sopravvissuti agli Hunger Games della memoria, alla guerra e al
depistaggio di
mio padre, sono tornati al distretto e si sono sposati e poi siamo nati
noi
figli.
Mia
madre non si dilungava in
racconti e neanche mio padre, ma avevano dovuto spiegarci le ragioni
dei loro
tremori, delle loro urla terrorizzate durante la notte. Alla fine ci
avevano
consegnato il loro libro sui giochi e lì avevamo letto tutti
gli orrori che
avevano patito loro e quelli che erano morti negli anni precedenti.
L'altro
vincitore del
distretto 12 era zio Haymitch e devo dire che mi manca moltissimo da
quando è
mancato tre anni fa. Nonostante una vita passata praticamente ubriaco,
non ha
sofferto molto alla fine, sono semplicemente saltati i reni e dopo una
settimana di coma è morto.
Mia
madre era distrutta, si è
rinchiusa per una settimana in camera sua ed è uscita solo
quando mio padre, la
nonna, mio fratello e anche un amico di mamma, un certo Gale con moglie
al
seguito, l'hanno trascinata fuori costringendola a riprendere in mano
la sua
vita.
Gale,
l'amico di mamma, mi ha
anche portato a caccia in quei giorni.
Non
si poteva essere figlia
di Katniss Everdeen senza sapere usare un arco, sapere pescare,
fabbricare
trappole, scalare alberi e distinguere le erbe e le bacche che
crescevano nella
foresta.
«Sai,
io e tua madre ci
incontravamo sempre qui per andare a caccia... tanti anni
fa». Gale era seduto
su una roccia grande e piatta in cima a una collinetta lontana un paio
di miglia
dalla recinzione e dal Prato.
Da
quel che ho capito, Gale
era il compagno di caccia di mia madre e il suo migliore amico. Avevano
combattuto fianco a fianco nella guerra contro Capitol City e si erano
allontanati subito dopo la morte di zia Prim, dopo che i distretti
avevano
vinto.
Lui
era andato ad abitare nel
distretto 2 ed era diventato milite di carriera, uno dei primi del
nuovo
esercito. Credo che adesso sia colonnello o addirittura generale.
È
un esperto in armi e
tecniche di attacco, da quanto mi ha raccontato Jayson, il mio
curiosissimo e
informatissimo fratellino.
Sua
moglie non mi piace
tantissimo. Sembra più vecchia di lui e sempre arrabbiata
con tutti. Anche con
la mamma, mentre gli altri cercavano gentilmente di convincerla a
scendere in
cucina, lei sbraitava che poteva solo ringraziare tutti loro di non
essere
morta anni prima e che se era per lei avrebbe potuto togliere il
disturbo anche
subito.
Sono
impallidita quando ho
sentito questa donna dire queste cose ma la mamma non ha risposto se
non
sbattendo un'anta dell'armadio di camera sua ed è stata la
prima reazione dal
funerale di zio Haymitch.
«Johanna,
smettila di
indispettirla, sta soffrendo. Voleva molto bene a Haymitch»
ha cercato di
blandirla mio padre. In quel momento ho capito chi era quella donna:
Johanna
Mason, una dei tributi sopravvissuti.
«Non
è con il miele che la
scuoterai, Peeta! Io ho lasciato mia figlia con il mio nipotino di sole
tre
settimane per dare il mio sostegno qui e non mi pento di questo, ma non
posso
sopportare che la trattiate con i guanti bianchi come state facendo
adesso...
Santo cielo! Lei è Katniss! La Ghiandaia imitatrice, il
simbolo di una rivolta»
poi si è rivolta verso la porta della camera.
«So
che volevi bene ad
Haymitch, ne volevamo tutti, ma convinciti che non è morto
per una congiura o
un sicario. È arrivata la sua ora... e se proprio vuoi
trovare un colpevole in
tutto questo allora incolpa Snow che con i suoi Hunger Games gli hanno
rovinato
la vita riducendolo a una spugna... in ogni caso, qui con voi in questi
anni è
stato felice e tu lo sai... lui non vorrebbe vederti così
quindi alza quel culo
cascante ed esci fuori di lì!».
Mia
madre è scesa il mattino
dopo per fare colazione e da quel momento è ritornato tutto
alla normalità.
Ogni
tanto sentiamo ancora
Gale per telefono.
Mio
padre ha sempre un
carattere gioviale con tutti ma quando risponde alla cornetta all'amico
di
mamma, sento nell'aria una tensione strana che si scioglie solo quando
lei
chiude la comunicazione e sorride a suo marito. Solo allora lui
ricomincia a
fare quel che faceva prima ed è come se non fosse accaduto
nulla.
Il
distretto 12 si è
ripopolato. Mio padre dice che dopo il bombardamento erano rimasti solo
alcune
centinaia di persone e si pensava di non tornare più. Invece
il richiamo di
casa è stato forte, anche per chi non aveva più
nulla e la gente ha
ricominciato a tornare. Adesso il distretto è abitato da
più di duemila persone
e altre continuano a trasferirsi. Si sta pensando di riaprire le
miniere per
l'estrazione del carbone visto che Panem ha bisogno di energia e il
carbone è
molto più efficace del legno per scaldare le case d'inverno.
Non
ho tanti amici, anche
perché non ci sono tanti ragazzi della mia età
oltre al fatto che sono
abbastanza scontrosa di carattere. Mio padre dice sempre che dovevano
chiamarmi
Katniss junior visto il mio pessimo carattere, il che non è
affatto vero, non
sono simpatica, non sono socievole, preferisco stare sola e non
sopporto le
persone troppo invadenti, ma a parte questo sono uno zucchero... quasi.
Zio
Haymitch mi chiamava sempre dolcezza, anche se credo fosse con un tono
lievemente sarcastico.
Questa
mattina sento un urlo
provenire dalla camera dei miei genitori.
È
di nuovo mia madre che ha
avuto un incubo. Quando le capita mi spavento a morte. Sembra stiano
per
ucciderla e mi viene voglia di andare ad aiutare.
Una
volta ho provato ad
entrare in camera sua, poi ho sentito mio padre che la consolava e lei
che
rispondeva che non ce l'avrebbe mai fatta senza di lui e di non
abbandonarla
mai.
Mi
sono resa conto che quello
è il loro mondo e che se anche volessi non potrei farne
parte.
Gli
incubi, i ricordi, le
ferite fanno parte del loro passato da cui hanno sempre cercato di
proteggerci
e non posso pensare di impormi. Da allora resto distante
perché so che i miei
genitori si bastano.
Ma
oggi so perché la mamma ha
avuto questo incubo e so perché papà guarda
preoccupato lei, me e Jayson.
Oggi
è la fine di maggio,
oggi ci sarà una nuova mietitura.
È
inquietante come si sia
lasciato lo stesso nome a questa cerimonia che ha rappresentato morte
per tanti
anni.
Adesso
invece non c'è alcun
rischio.
La
televisione di stato stava
perdendo consensi e aveva bisogno di nuovi programmi per ritornare ai
fasti di
un tempo. Negli anni successivi agli Hunger Games della morte, si erano
rispolverate vecchie trasmissioni di discreto successo per
rivitalizzare un
settore in declino, ma non era bastato.
Qualcuno
della dirigenza
aveva pensato di ritirare fuori gli Hunger Games della pace.
Dopo
il primo grido di
indignazione, si era capito che questi giochi non avrebbero avuto
niente di
cruento come quelli passati.
I
28 candidati (non più
tributi) venivano estratti nei tredici distretti e in Capitol City.
Erano
sempre un maschio e una
femmina di età compresa tra i quattordici e i venti anni.
Per
rendere desiderabile
partecipare, vi era un enorme premio in denaro che avrebbe risolto per
sempre i
problemi economici della famiglia, una delle case del villaggio dei
vincitori
che erano senza dubbio più confortevoli rispetto a quelle
ordinarie e un
impiego nel sistema governativo che consentiva una vita più
che agevole.
Appunto
per questo genere di
premi si era deciso di aumentare l'età di partecipazione in
quanto un dodicenne
difficilmente avrebbe apprezzato le opportunità offerte.
I
giochi non erano devastanti
come quelli che avevano vinto i miei genitori.
Le
armi servivano per
segnare, non tagliavano e non erano pericolose. Le punte delle frecce e
delle
lance erano retrattili, i coltelli lasciavano una scia carminia di
tintura
sopra la pelle ma non uccidevano. Tramite il localizzatore impiantato
nel
candidato, gli strateghi sapevano quanta forza era stata imposta nella
finta
ferita e tramite complicati conteggi al computer, potevano stabilire se
il
ragazzo in questione era ancora vivo oppure era morto.
Nelle
arene non vi erano
ibridi che facessero stragi, la cosa più interessante era la
capacità di
adattamento dei ragazzi a vivere e procurarsi il cibo necessario.
Le
arene non erano cambiate
molto dalle edizioni passate: potevamo avere la foresta, il paesaggio
roccioso
o quello urbano.
Quattro
anni fa mi ero
divertita anche io a vedere l'edizione televisiva. Non vi erano armi
alla
cornucopia ma solo viveri. Le armi erano i sassi e i mattoni che si
trovavano
nell'arena, ma questi, nessuno escluso, non erano altro che contenitori
leggeri
pieni di vernice gialla o blu. Quando iniziarono ad usare i mattoni per
colpire
gli altri candidati, questi iniziarono a coprirsi di colore, diventando
presto
delle macchie allegre sullo sfondo monotono grigiastro.
Memori
del successo ottenuto,
due anni dopo usarono solo fucili e pistole che sparavano proiettili di
vernice
colorata.
In
sostanza si esce ammaccati
e magari con un paio di costole rotte ma niente di grave come la morte
degli anni
passati.
In
questi giochi si cerca
anche di non terrorizzare troppo i ragazzi. C'è ancora chi
non riesce a
sostenere la pressione dell'isolamento e della caccia ed allora alza il
drappo
bianco.
A
tutti i candidati viene
dato un fazzoletto quadrato bianco di mezzo metro per lato. Se si vuole
uscire
prima dall'arena ed abbandonare il gioco, basta sventolarlo davanti a
una delle
innumerevoli telecamere e subito un hovercraft viene a recuperare il
ritirato e
il gioco continua per i rimanenti partecipanti.
Lo
stesso succede quando ci
sono feriti che rischiano la morte, nessuno rischierebbe più
di perdere una
gamba come mio padre all’epoca dei suoi Hunger Games.
Comunque,
le defezioni sono
state pochissime, sull’ordine delle tre o quattro da quando
sono ricominciati i
giochi.
Questa
sarà la settima
edizione dei nuovi Hunger Games della pace e sono proprio curiosa di
vedere che
tipo di arena avranno pensato gli strateghi e che armi saranno
disponibili.
È
da anni che non mettono un
arco, un’ascia o una lancia. Forse li ritengono comunque
potenzialmente
pericolosi.
Per
Jayson sarà il primo anno
di mietitura e già scalpita per partecipare, ma ha una
scheda sola nell’urna,
quindi difficilmente sarà estratto.
Io
ne ho diciassette ed ho
già quattro schede contenenti il mio nome.
Il
sistema delle schede
funziona esattamente come un tempo: una per i quattordicenni, due per i
quindicenni e così via sino ad arrivare a sette per i
ventenni.
Non
si possono avere schede
aggiuntive in quanto per il cibo lo integra direttamente il governo
centrale, e
non ci possono essere volontari considerando che tutti vorrebbero avere
la
possibilità di vincere il denaro, la casa e il lavoro.
Nonostante
il nuovo metodo di
gioco, decisamente più umano, il distretto 12 non ha ancora
avuto nessun
vincitore ai nuovi giochi.
Da
quando sono ricominciati i
giochi i miei genitori hanno fatto da mentori ai candidati del
distretto 12 e
anche del distretto 11 visto che non c’erano vincitori
neanche lì.
So
che Enobaria si occupa del
distretto 2 e Johanna del 7, mentre Beetee appoggia i ragazzi del 3
anche se è
aiutato dal vincitore della prima nuova edizione.
Anche
il distretto 2 si è già
aggiudicato una edizione e il distretto 7 addirittura 2.
Gli
altri distretti sono
affidati a personalità di spicco o, come nel caso del
distretto 4, a Finnick
Odair, figlio del compianto Finnick, tributo vincitore caduto durante
la presa
di Capitol City, e di Annie Cresta, anch’essa vincitrice ma
con gravi problemi
psicologici e perciò inadatta a seguire i nuovi candidati.
Finnick
ha fatto da mentore
al vincitore della terza edizione.
So
che Gale è stato nominato
mentore del distretto 6 e deve aver fatto un ottimo lavoro anche lui,
visto che
la sua candidata ha conquistato i giochi l’anno scorso.
In
sostanza i mentori aiutano
con i loro consigli i candidati e, una volta iniziati i giochi,
contrattano con
gli sponsor per avere i doni che possono servire all’interno
dell’arena: acqua,
pane, coperta, medicina.
A
mia madre non piacciono
questi giochi, nonostante non siano pericolosi come i precedenti.
Lei
ritiene che anche il
minimo dolore dovrebbe essere evitato, e che soprattutto non dovrebbero
essere
più fatti, in memoria di quello che rappresentano.
Secondo
me è passato troppo
tempo e il dolore che causavano è stato smorzato, ecco
perché le persone non si
sono ribellate a questo nuovo ritorno degli Hunger Games della pace.
Dobbiamo
prepararci per la
mietitura che si svolgerà oggi nel primo pomeriggio e i miei
genitori devono
andare a ricevere la delegazione che arriverà oggi, a
mezzogiorno, alla stazione.
La
mamma mi ha fatto trovare
il vestito bello, stirato e pulito, sopra il letto, di modo che possa
indossarlo dopo essermi lavata.
A
Jayson bastano pantaloni
scuri e camicia bianca ma le ragazze devono essere più
carine, quindi via alle
calze di seta, alle
scarpette leggere e
alla acconciatura intrecciata che la mia mamma mi ha insegnato a fare.
Ho
visto le vecchie immagini
dei miei genitori alla loro mietitura e confesso che Jayson,
così biondo e
massiccio sembra proprio papà. La mamma, invece era
bellissima con il suo abito
azzurro, molto più di me che sembro una vagabonda
ritrovatasi elegante per
caso.
È
la nonna che aiuta a
prepararci e ci accompagna nella piazza del tribunale.
Sembra
tutto un set
cinematografico. Sui tetti e sul palco ci sono decine di uomini alle
prese con
telecamere, cavi e luci da piazzare. Un maxi schermo su un lato
farà vedere
tutto anche ai più lontani.
Oggi
è un giorno di festa e
tutte le attività sono chiuse sino all’indomani.
Poi,
il reality show verrà
trasmesso in diretta durante il pomeriggio e in riassunti alla sera, in
modo
che tutti possano seguire gli eccitanti eventi.
All’ingresso
della piazza
veniamo separati dagli accompagnatori e suddivisi tra maschi e femmine.
Poi
ci disponiamo
ordinatamente per età partendo dai più piccoli
davanti al palco sino ai più
grandi e più lontani, in modo che quelli con più
probabilità di essere
estratti, abbiano più spazio per camminare e raggiungere il
presentatore ed
essere seguiti e visti da tutti.
Sta
quasi per partire il
nuovo inno di Panem e mi guardo in giro per vedere i miei compagni di
mietitura. Nella piazza siamo quasi ottocento tra maschi e femmine con
possibilità di essere estratti.
Do
un’occhiata al palco e
vedo mia madre e mio padre vicino al sindaco del distretto, seduti
l’uno
accanto all’altra che si tengono per mano.
Non
sarebbe una cosa strana
se non fosse che li conosco e so che in questo momento non sono tra noi
ma
nelle spire del terrore delle vecchie mietiture quando i loro cari
venivano
strappati dalle famiglie per andare incontro a morte certa.
So
che mia madre non sta
respirando dal terrore che il mio nome o quello di mio fratello esca
dall’urna.
So che mio padre le sta sussurrando di stare calma, che in ogni caso
nessuno
morirà e di non aver paura per noi e so che lo sta dicendo
con voce tremula
perché neanche lui crede fermamente alle sue stesse parole.
So
che mia madre gli sta
rinfacciando questo dolore perché era proprio quello che lei
voleva evitare non
avendo figli e so che dopo aver detto queste parole si sta scusando con
lui,
gli sta dicendo che siamo le cose migliori che le siano capitate e che
è felice
di avere noi, che è solo la paura che la sta facendo parlare
così. E so che mio
padre le sorride comprensivo e le carezza una mano
perdonandola… proprio come
sta facendo adesso.
Queste
cose le so perché sono
le stesse che si ripetono tutti gli anni in questo periodo e che
puntualmente
fanno rispuntare incubi paurosi e urla strazianti da parte di tutti e
due.
Anche
quest’anno, per i
prossimi due mesi, mio padre affiderà il forno a me, Jayson
e a due uomini che
lavorano per noi a tempo pieno nel periodo degli Hunger Games della
pace.
Vado
abbastanza d’accordo con
Bruce. È un uomo rubicondo e gioviale, allegro e gentile
della stessa età di
mio padre e, soprattutto un gran lavoratore. Lo conosco sin da piccola,
quando
ha iniziato a lavorare nel forno con papà. Non riesco a
socializzare con
Damien, un ragazzone alto e allampanato di venticinque anni, sempre
pronto a
battere la fiacca e scorbutico quando gli fai notare che ha sbagliato.
Lui
lavora con noi solo nel periodo dei giochi, quindi tirerò un
sospiro di
sollievo quando anche quest’anno saranno finiti.
Fortuna
che noi al mattino
siamo a scuola, altrimenti litigherei tutto il giorno al posto di
limitarmi al
pomeriggio.
Sta
arrivando il presentatore
della mietitura.
Alfie
Down sembra una
caricatura di se stesso. Indossa sempre una giacca e un paio di
pantaloni con
paillettes che brillano al sole più di qualsiasi lampadina e
una parrucca
ricoperta dalle stesse paillettes per un effetto d’insieme
grottesco.
In
compenso, il suo volto è
una continua stratificazione di cipria che lo fanno apparire ancora
più
cadaverico di quanto in realtà non possa essere.
Essendo
magro e segaligno, è
come se sul palco ci fosse un palo della luce che riflette in pieno
giorno e al
quale non daresti il minimo di attenzione se non per voltare lo sguardo
o
metterti degli occhiali protettivi.
«Cari
candidati, cari signore
e signori, buon pomeriggio!» squittisce al microfono che
immediatamente fischia
per protesta.
«Anche
quest’anno siamo qui
per iniziare la cerimonia della mietitura che da ufficialmente inizio
agli
Hunger Games della pace… questi sono i giochi come avrebbero
dovuto sempre
essere e che sicuramente hanno l’approvazione di tutti i
tributi che si sono
sacrificati nelle arene». Non c’è
nessuno che osi fiatare, tutti sappiamo
quante persone e in che modo cruento abbiano perso la vita.
«Ma
questi sono giochi di
gioia che porteranno al vincitore gloria e ricchezza!»
allarga le braccia e
sorride felice del suo discorso.
Nessuno
applaude, non ne
abbiamo motivo, attendiamo solo che si compia l’estrazione e
che possiamo
sapere chi sarà a partecipare alla settima edizione degli
Hunger Games della
pace.
Tutti
nel distretto faremo il
tifo, contando sui vantaggi che un vincitore potranno portare, come ad
esempio
più fondi per costruire e nuova visibilità tra i
distretti.
«E
come si diceva una volta…
prima le signore» così dicendo si avvicina alla
boccia contenente le centinaia
di biglietti dei candidati possibili per questi giochi.
Il
mio nome compare solo
quattro volte e le probabilità di estrazione sono
infinitesimali ma, nonostante
questo, trattengo il fiato agitata.
Non
voglio andare agli Hunger
Games, i miei genitori sarebbero terrorizzati, anche se non correrei
alcun
pericolo.
La
mano diafana di Alfie
continua a girare i biglietti e a andare sempre più in
profondità, sino a che
decide e lentamente estrae il cartoncino giallo, lo apre e annuncia il
nome
riportato.
«Chyna
Mellark!».
---ooOoo---
Angolino
mio:
questo
capitolo rispecchia
la lunghezza del primo capitolo del libro. In effetti quando ho
iniziato a
leggere una delle prime cose che mi sono chiesta è stata: ma
quanto è lungo un
capitolo? Il primo non finiva mai.
Lascio
al prossimo le
reazioni dei famigliari.
In
questo pezzo ho fatto
un’ampissima panoramica di quanto successo ai principali
protagonisti della
saga e alla situazione politica di Panem.
Diversa
eppure uguale
(come si diceva nel Gattopardo: Si deve cambiare perché
nulla cambi).
Per
una ragione
esclusivamente di spettacolo si resuscitano gli Hunger Games della Pace
con
modifiche sostanziali rispetto alle vecchie edizioni.
Spero
che questo capitolo
vi piaccia.
Posterò
il prossimo tra non
meno di quindici giorni in quanto ho anche altre storie aperte (una
Romantica,
una su Harry Potter e tre su Twilight… che vi devo dire? Mi
hanno definito un
vulcano di idee)
Per
ora vi ringrazio per
l’attenzione e per le recensioni che vorrete lasciarmi.
Alla
prossima
Baciotti
|
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Capitolo 2 *** la partenza ***
Ciao
carissimi!
Sono
arrivata faticosamente
ai cento accessi e visto che mi sono portata avanti anticipo il secondo
capitolo oggi.
Spero
davvero che questa
storia vi piaccia perché, personalmente, mi sento molto
ispirata da Chyna e
tutta la compagnia.
Ringrazio
tantissimo le
tre persone che mi hanno recensito, corretto e incitato a continuare.
Adesso
vi lascio al
secondo capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
La mano diafana di Alfie continua a
girare i biglietti
e a andare sempre più in profondità, sino a che
decide e lentamente estrae il
cartoncino giallo, lo apre e annuncia il nome riportato.
«Chyna
Mellark!».
Un
urlo sovrasta tutto il
mormorio successivo all’annuncio del mio nome e so
già che appartiene a mia
madre.
Esco
frettolosamente dal
recinto mentre alcune ragazze mie coetanee borbottano acide sul fatto
che
ovviamente sono stata favorita in quanto figlia di due vincitori.
Il
mio stomaco si stringe e
vorrei solo voltarmi e schiaffeggiare quelle stupide. Come possono
pensare che
io volessi entrare nell’arena? Loro non sanno cosa significa
vivere con gli
strascichi di quanto è capitato trenta anni fa. Loro non
sanno cosa vuol dire svegliarsi
di soprassalto sentendo tua madre urlare di non uccidere zia Prim,
oppure
Jayson.
Loro
non sanno come fa
soffrire ascoltare tua madre che piange la tua morte, quando tu sei a
una
stanza di distanza e piangi con lei sul cuscino, soffocando i
singhiozzi perché
non si preoccupi più di quanto già non sia.
Sono
solo delle stupide.
Esco
nel corridoio che porta
al palco e guardo preoccupata dove dovrebbero essere seduti i miei
genitori ma
non li trovo.
Mia
madre deve essere svenuta
perché è coricata a terra e mio padre
è in ginocchio da lei e le sostiene la
testa, chiedendo a gran voce un bicchiere d’acqua.
Mi
volto verso Jayson
bloccando il suo tentativo di andare verso il palco «Stai
fermo lì» gli ordino
e salgo di corsa i gradini ignorando Alfie e gettandomi a fianco di mio
padre
per cercare di dare aiuto.
Sono
una allieva di medicina,
dovrei essere in grado di fare qualcosa, ma l’unica cosa che
riesco a fare è
cercare le pulsazioni al polso con le mani sudate e tremanti. Adesso
capisco
perché ai corsi dicono sempre di non occuparsi personalmente
dei famigliari, si
è troppo coinvolti per ragionare lucidamente. Infatti saprei
perfettamente cosa
fare se la svenuta non fosse mia madre.
Arriva
un addetto al pronto
soccorso e posiziona subito le gambe di mia madre sulla sedia in modo
che il
sangue irroghi bene il cervello. Controlla anche la respirazione che
comunque è
buona e le passa un panno leggermente umido sulla fronte per togliere
le tracce
di sudore.
Appena
mamma sbatte gli occhi
tiro un profondo sospiro di sollievo e solo in quel momento mi accorgo
che non
stavo neanche respirando.
Dopo
pochi minuti, lentamente
e sostenuta da mio padre, la mamma si siede e si volta verso di me
scoppiando
in un pianto isterico ed abbracciandomi stretta.
«Bene…
sono lieto di
informare che Katniss Everdeen sta bene e si è
ripresa» pigola agitato al
microfono Alfie Down. Probabilmente non gli era mai successo uno
svenimento in
diretta da parte di un vecchio tributo vincitore e vista la figura
importante
che rappresenta la Ghiandaia Imitatrice, non può far altro
che accertarsi che
lei stia bene prima di continuare con la mietitura.
Anche
questo è spettacolo.
«Deve
essere svenuta per la
contentezza che la sorte abbia estratto sua figlia» si
azzarda a dire.
Io
e mio padre ci guardiamo
mentre aiutiamo la mamma a sedersi sulla poltroncina e lui sorride
sarcastico.
So cosa pensa: Alfie Down può solo ringraziare che adesso
Katniss Everdeen non
abbia un arco e una freccia tra le mani o lui sarebbe morto nello
stesso
istante in cui ha aperto bocca per dire quelle scempiaggini.
«Dai,
vai a fare la tua
presentazione. Ci penso io alla mamma» sussurra mio padre
accompagnando le
parole con una lieve carezza alla guancia. Ha ragione, meglio evitare
di far
restare mia madre sotto i riflettori più di quanto ci stia
normalmente. Questa
dimostrazione di debolezza che tutto il paese rivedrà sino
alla nausea, sarà il
suo cruccio per diverso tempo.
«Ecco
a voi Chyna Mellark, la
candidata del distretto 12 a
questi settimi Hunger Games della Pace» annuncia finalmente
felice Alfie,
ritornando nel suo personaggio.
Mi
posiziono accanto a lui e
aspetto che si proceda al sorteggio del mio compagno di avventura.
«E
adesso i signori» dichiara
a voce alta iniziando a mescolare velocemente i cartoncini gialli che
contengono i nomi dei maschi. In pochi secondi torna al microfono con
il
cartoncino che apre e annuncia il candidato
«Dick
Hemington» scandisce.
Trattengo
il fiato sconvolta.
Tra tutti quelli che potevano essere sorteggiati proprio lui?
Perché non
esistono regole per escludere persone così deboli?
Come
me il malumore serpeggia
in tutta la piazza e vedo distintamente mio fratello che agita le
braccia
mentre discute con il suo vicino di posto, sicuramente per protestare a
questa
nomina.
Purtroppo
non esistono
candidati volontari e Dick non è tanto menomato da essere
dichiarato inidoneo
alla partecipazione, quindi nessuno può farci niente.
Lui
è stato estratto e lui
parteciperà alla settima edizione degli Hunger Games della
Pace.
Guardo
il recinto degli
uomini e vedo il movimento dei ragazzi strattonati che si spostano per
far
passare Dick. Solo a vederlo incute paura e timore reverenziale.
Dick
è un ragazzone alto
quasi due metri, massiccio tutto muscoli e spalle enormi, ha venti anni
e una
intelligenza di un ragazzino di dieci.
Dick
è quello che nel
distretto chiamano ritardato o diverso. Viene spesso preso in giro per
il suo
modo ingenuo di comportarsi.
I
suoi genitori sono morti
per una esplosione al distretto 6 dove si erano trasferiti per lavorare
e lui è
stato affidato a sua nonna, una dolcissima donna che però
può fare ben poco per
il nipote.
Fin
da subito ci si è accorti
che Dick non era ‘normale’. Il problema
è sorto quando, stringendo in un
abbraccio un bambino che aveva diviso con lui la merenda, gli ha
incrinato due
costole mandandolo alla clinica ospedaliera.
È
molto forte ma non si rende
conto di cosa può fare ed è per questo che
è sempre stato isolato da tutti gli
altri. Qualcuno voleva addirittura rinchiuderlo come un animale
pericoloso e
solo con l’intervento di mio padre e zio Haymitch si
è impedito che questo
avvenisse.
Sua
nonna era talmente
commossa da questo che ci chiese di aiutarla con suo nipote e fu
così che zio
Haymitch lo prese sotto la sua ala protettiva, cercando di insegnargli
cose
semplici che frenassero la sua indole. In fin dei conti era la stessa
cosa che
i tributi vincitori degli Hunger Games facevano per non impazzire: si
attaccavano a cose semplici per frenare la follia che li attanagliava
quando si
abbandonavano ai ricordi.
Per
questo conosco Dick. Mia
madre non era molto contenta che noi lo frequentassimo e
perciò sia io che
Jayson abbiamo cercato di evitare contatti prolungati che potessero
confondere
il ragazzo e fargli pensare che il nostro rapporto fosse più
forte di una
semplice conoscenza.
Tutto
questo non è servito un
gran che, visto che ci è molto affezionato e ci segue sempre
da lontano per
evitare che ci facciano del male. Una volta ha nascosto una mazza che
un amico
di Jayson aveva agitato davanti al naso di mio fratello. Serviva a
giocare ma
secondo Dick poteva essere uno strumento per picchiarlo e una settimana
dopo la
mazza venne trovata spezzata in quattro punti.
Una
persona del genere non
può entrare in una arena, potrebbe far male ai candidati con
le sue mani nude.
È potenzialmente più pericoloso di un'arma vera e
dall'occhiata preoccupata che
colgo negli occhi dei miei genitori intuisco che anche loro pensano la
stessa
cosa.
Dobbiamo
convincere Dick a
rinunciare al gioco non appena entrato nell'arena o rischieremo un vero
e
proprio bagno di sangue.
Dick
attraversa il corridoio
tra i due recinti incurante del mormorio di disapprovazione che lo
accompagna e
si dirige con passo svelto verso il palco che sale letteralmente di
corsa e si
posiziona accanto a me.
«Chyna!
Ci sarai anche tu!»
esordisce prima di abbracciarmi con le sue braccione. Non sono molto
alta, come
del resto tutta la mia famiglia, e sono sicura di avere l'aspetto di
una che
scompare letteralmente coperta dalla sua figura.
Sento
che le persone attorno
a me stanno trattenendo il fiato con la paura che mi stringa troppo e
mi faccia
del male. Idioti! Zio Haymitch mi diceva sempre che Dick bisogna
trattarlo con
calma e gentilezza e lui non ti farà mai del male.
«Dick.
Dick, su lasciami respirare...
Dick, certo, ci sarò anche io con te» gli rispondo
sorridendo e staccandomi dal
suo abbraccio.
«Sarà
come quando sono andati
via la tua mamma e Peeta, come con Haymitch!» ride prendendo
la mia mano e
facendola oscillare.
Con
la coda dell'occhio vedo
mio padre con una espressione corrucciata e perplessa che fissa le mani
allacciate. Probabilmente gli torneranno in mente i baci che la mamma
gli ha
dato durante gli Hunger Games e non credo che voglia vedere un tale
spettacolo
da sua figlia.
In
qualche modo mi diverto a
farlo agitare e perciò assecondo Dick per il momento.
«Certo,
proprio come la mia
mamma e il mio papà» ma poi mi ricordo con chi ho
a che fare e cerco di
rettificare un poco «Saremo amici anche nel gioco e ci
proteggeremo a vicenda».
Sottolineo
la parola amici e
so che Dick non ha in mente altro. È ancora fermo a
un'età dove non c'è nulla
di romantico in un abbraccio e un bacio viene dato in segno di affetto
verso
una persona a cui si vuole bene.
“Perfetto”
penso “Non solo
devo andare in un posto dove non ne ho alcuna voglia ma devo anche fare
da baby
sitter a questa grande montagna con la spiccata tendenza a mettersi nei
guai”.
Non
ho intenzione di sentirmi
responsabile per lui. Una volta spiegato agli altri candidati come
comportarsi
con l'omone, saranno solo problemi loro, io alzerò il mio
drappo bianco e me ne
tornerò a casa.
Non
mi interessa se mi
daranno della codarda o se rinuncerò alla vincita e alla
gloria, io ho il mio
futuro come medico e non mi interessano altre cose. Sono in grado di
vivere
bene anche senza il sostegno degli Hunger Games della Pace.
«Ecco
a voi i nostri
candidati per il distretto 12: Chyna Mellark e Dick
Hemington» annuncia Alfie
rientrando nel suo personaggio. È quasi esilarante vedere
come va in panico non
appena succede qualcosa di appena lontano al copione che deve recitare
e che lo
ha visto uguale a se stesso per anni.
Così
prende le nostre mani e
le alza verso il cielo, per quanto possa alzare il braccio taurino di
Dick al
di sopra della sua testa.
Ci
allontaniamo dal bordo del
palco e ci sediamo composti su due sedie imbottite in attesa che la
cerimonia
finisca. Dobbiamo sorbirci ancora il discorso del sindaco e due parole
da parte
dei miei genitori.
Come
al solito è mio padre a
parlare. Mamma dice sempre che lui ha il dono della parola e che tutti
pendono
dalle sue labbra quando parla alla gente. Lui risponde che lei
è il braccio
armato, è quella che spinge all'azione con la sola presenza
e che è molto più
efficace di lui. Quando sono in quei periodi di complimenti
vicendevoli, io e
mio fratello usciamo dalla stanza perché sono i momenti
degli abbracci e dei
baci e non è il massimo osservare i propri genitori che si
scambiano effusioni
come se fossero ragazzini.
A
volte mi scopro invidiosa
dell'amore tra i miei genitori. Anche a me piacerebbe incontrare
qualcuno che
mi spingesse ad abbracciare e baciare come loro. Una persona che mi
sostenesse
e mi supportasse nelle mie azioni, una persona su cui poter contare in
tutti
gli aspetti della vita. Una persona come mio padre è per mia
madre.
Una
volta pensavo di aver
trovato una persona simile. Era gentile e affabile. Lo avevo incontrato
quattro
anni prima quando ero andata a trovare Finnick e sua madre Annie Cresta
nel
distretto 4.
La
nonna ha tante conoscenze
lì e i miei sono affezionati agli Odair.
Ricordo
come rimasi spiazzata
a incontrare quegli occhi verde chiaro. Non ci sono occhi simili nel
distretto
12. Ebbi la sensazione di perdermi al loro interno e mi riscossi solo
quando
Finnick mi diede una spallata cercando di farla apparire una cosa
naturale e
portandomi a conoscere il suo ultimo figlio nato da poco. In quel
momento mi
accorsi che l'oggetto della mia attenzione sorrideva compiaciuto a
braccia
incrociate, mostrando tutta la gloria del suo fisico allenato in mare.
Diventammo
amici e mi insegnò
a non avere paura dell'acqua, cosa che mia madre al lago non era mai
riuscita.
Mi
ci ero affezionata o
magari innamorata e accantonai tutte le mie insicurezze dichiarandogli
quello
che mi sembrava un grande amore. E lui mi rise in faccia. Secondo lui
ero
troppo piccola per sapere cosa fosse un sentimento così
grande, come se lui
fosse un adulto! Non aveva ancora compiuto sedici anni.
Tornai
al distretto 12 con il
cuore incrinato e l'orgoglio sotto i piedi e mi impegnai a dimenticare
quella
parentesi così umiliante. Tornai altre due volte al
distretto 4 ma non lo
incontrai più e man mano dimenticai l'episodio.
Volevo
solo trovare qualcuno
come mio padre. In casa dicevano che fossi innamorata di lui e forse
era vero.
In lui vedevo la perfezione di un uomo: era bello, era forte, era dolce
e
sapeva sempre cosa fare per proteggere e far sorridere la mamma.
Mio
padre si volta verso di
me e sorride incoraggiante prima di salutare il pubblico e allontanarsi.
Aveva
terminato il suo
intervento, adesso saremmo tornati a casa per i preparativi della
partenza che
ci sarebbe stata il giorno dopo.
Non
era più come una volta, i
candidati non venivano più isolati, anche perché
non c'era alcuna ragione di
scappare. Questa sera ci saremmo trovati tutti in casa e avremmo avuto
le
visite di chi ci veniva a fare le sue congratulazioni.
Anche
io mi ero recata a casa
di un paio di compagni quando era stato il loro turno di essere stati
estratti.
I miei genitori invece non si muovevano mai, tanto avrebbero conosciuto
bene i
candidati all'inizio dei giochi e non ritenevano di dover anticipare
l'incontro
alimentando delle speranze di vittoria che non sapevano se erano in
grado di
mantenere.
Mi
era sempre stato spiegato
che l'aiuto del mentore con gli sponsor e per i consigli è
fondamentale ma la
cosa più importante è il candidato. Se tu non ti
sai muovere, se non sai
lottare allora i mentori fuori non possono fare nulla.
È
vero che le armi non
uccidono e non feriscono ma bisogna essere un pochino convincenti o
nessuno
crederà mai che vi sia una lotta per la vittoria in
televisione.
Per
questo i miei genitori
tendono a non esaltare troppo i candidati mentre sono al distretto in
famiglia.
I genitori potrebbero farsi idee sbagliate e poi accusarli di non aver
fatto
abbastanza. Meglio avere a che fare solo con i ragazzi che si accorgono
di
quanto sia difficile nella realtà solo al momento dei primi
allenamenti.
«Quest'anno
mi occupo io del
12» esordisce mia madre appena la porta di casa si chiude.
I
miei genitori fanno da
mentori al distretto 12 e al distretto 11 in
ricordo di Rue e Tresch, in sostituzione
di Seeder e Chaf e di tutti i vincitori che sono morti durante la
guerra. Lo
faranno sino a quando un candidato non vincerà e
potrà fare lui stesso il
mentore.
Normalmente
fanno un anno a
testa e quest'anno l'undici toccava alla mamma.
«Sei
sicura? Sai che riesco a
parlare con Dick. Lui mi rispetta e posso convincerlo»
obietta mio padre. È
vero, Dick ha sempre adorato mio padre, sin da quando lo ha aiutato
anni fa.
«Io
gli incuto più timore e
ha paura di farmi arrabbiare. Credo che questo sarà un
incentivo migliore per
quando dovrò convincerlo a rinunciare ai giochi appena
entrato nell'arena»
ribatte mamma.
Ha
ragione, Dick ubbidisce
quando ha paura, purché non si ribelli e non controattacchi,
allora la paura
deve averla il suo obbiettivo. Però è anche vero
che tutte le volte che mia
madre gli ha ordinato qualcosa lui ha sempre ubbidito senza fiatare, ha
quasi
del miracoloso.
«Non
è giusto che sia stato
sorteggiato lui! Io avrei fatto una figura migliore!»
protesta Jayson
accasciandosi sul divano. Lo sapevo che sarebbe uscito questo problema.
Sono
almeno tre anni che sogna la mietitura e la possibilità di
mettere in pratica
le sue conoscenze in una vera arena.
È
molto più bravo di me nella
caccia, è agile nell’arrampicarsi ed è
forte nel sollevare dei pesi, è il degno
figlio di Katniss Everdeen.
«Non
potete lasciarmi qui a
casa al forno! Voglio venire anche io a Capitol City a vedere da vicino
gli
Hunger Games. Prometto che non darò fastidio, mi metto in un
angolino e guardo
solo… ti prego papà…
mamma…» ed ecco che inizia la solita solfa. Tutti
gli anni
la stessa storia, mio fratello vuole andare ai giochi e, vederli da
vicino come
spettatore, è meglio di niente.
Negli
anni passati gli veniva
vietato per la giovane età e per non lasciare me da sola
(anche se poi ero io a
dovermi occupare di lui). Oggi ho la sensazione che questa tradizione
cambierà.
Infatti
vedo mio padre
sorridere indulgente alle occhiate imploranti del figlio «Io
farò il distretto
11 e tu verrai con me, così ti impediremo di far dannare tua
nonna. Preferisco
averti sotto controllo in mancanza di Chyna». Ecco spiegato
il motivo. Ero il
parafulmine, la baby sitter affidabile.
Non
so se essere orgogliosa
per questa dimostrazione di considerazione o offesa per essere stata
sfruttata
senza avere nessuna contropartita se non un grazie.
La
sera iniziano ad arrivare
alcuni vicini e i miei compagni di scuola. Mio padre aveva preparato
qualche
torta e qualche dolcetto e altri aveva mandato Jayson a prenderli al
forno.
L’occasione delle congratulazioni per essere stata estratta
crea la scusa per
fare un festino.
Sono
questi i momenti dove io
e mia madre sentiamo di più la mancanza dello zio Haymitch.
Lui era sempre
disponibile per un po’ di rilassato, allegro e alcoolico
divertimento, e mi
avrebbe dato ottimi consigli per affrontare i giochi.
A
metà serata arriva anche
Dick in compagnia della nonna. Probabilmente sono andate poche persone
da loro
e poi credo che la donna voglia parlare con i miei genitori. Infatti,
poco dopo
i tre spariscono nello studio lasciando noi nella grande cucina a fare
gli
onori di casa.
Nonostante
le dimensioni
enormi della stanza che fa da cucina, sala da pranzo e salotto,
sembriamo tutti
schiacciati dalla mole dell’altro candidato ai giochi.
È quasi divertente
vedere come si scansano tutti non appena lui fa un gesto o un passo,
sembra di
vedere la rivolta dei ranocchi in uno stagno contro un’onda
anomala.
«Dick,
siediti qui e prendi
una fetta di torta» lo invito indicando una sedia accanto al
tavolo. Mi guarda
quasi con venerazione mentre annuisce e si siede dove ho indicato.
Aspetta
diligente che gli porga il dolce e lo trangugia in tre bocconi facendo
scoppiare
a ridere mio fratello e qualche suo amico tra i più
coraggiosi, cosa che non
sembra neanche scalfire il gigante.
«Mia
nonna voleva parlare con
Peeta e tua madre. Mia nonna dice che devo ubbidire a tutto quello che
mi
dicono e anche a quello che mi dici tu» asserisce di punto in
bianco.
Sospettavo
che la ragione
della venuta fosse quella e annuisco seria «E’
vero. In questi giochi sarà mia
madre a farci da mentore e noi dobbiamo ubbidirle in tutto quello che
ci dirà,
così non ci faremo male e torneremo a casa sani e
salvi» cerco di spiegare con
i termini più facili che conosco.
«E
vinceremo noi due, proprio
come Peeta e K… tua madre» mi fa sorridere pensare
che non riesce neanche a
dire il nome di mamma. Deve proprio incutere un grande timore in questa
montagna
di muscoli. Mi spaventa solo demolire le sue speranze.
«No,
Dick. Non vinceremo i
giochi. È pericoloso e nella lotta qualcuno potrebbe farsi
male, è meglio
tornare presto a casa».
«Io
non mi faccio male»
ribatte lui con sguardo fermo «E neanche tu ti fai male. Io
non voglio che tu
ti fai male e io non ti faccio male, tu sei mia amica… sei
mia amica e io non
ti faccio male…» inizia a balbettare con gli occhi
lucidi. Ecco che ho fatto il
disastro. A volte parlo troppo e con Dick è sempre difficile
farsi capire.
«Dick…
Dick ascoltami!»
ordino con voce ferma prendendo una sua mano e aspettando che alzi il
volto
verso di me «Tu non mi farai mai del male, lo so. Noi siamo
amici. Ma ci sono
altri candidati ai giochi, altre persone che possono farti del male o
tu puoi
fare del male a loro e noi non vogliamo questo, giusto?»
parlo con calma e
lentezza per fargli capire tutto il concetto.
«No.
Peeta dice che fare male
è brutto» sia lodato mio padre!
«Esatto,
quindi noi non
faremo male agli altri candidati e torneremo a casa il prima
possibile»
concludo soddisfatta. Ma il sorriso mi muore sulle labbra quando lui
aggiunge.
«Vinceremo
noi due come Peeta
e tua madre».
“Ci
rinuncio… Katniss
Everdeen, è tutto tuo!” penso sconfitta.
Questo
scambio si svolge nel
più assoluto silenzio e mi accorgo solo allora che tutti i
presenti non si sono
persi una sola sillaba di quanto detto tra me e l’altro
candidato.
«Così
hai intenzione di
alzare il drappo bianco e tornare subito a casa come una
fifona?» chiede di
getto Jayson. Credo che se davvero facessi una cosa simile non me lo
perdonerebbe per il resto della sua vita.
«Non
ho detto questo. Ma
credi davvero che lui sia adatto a lottare corpo a corpo con gli altri
candidati? Sarebbero i primi giochi con un vero bagno di sangue e morti
da
ammirare» rispondo sarcastica. Non possono volere che Dick
rimanga a giocare,
sarebbe una follia. Non sappiamo cosa può combinare se messo
sotto pressione e
basandosi su come si è comportato anni fa credo che non ci
siano dubbi su
quanto possa essere potenzialmente pericoloso.
Se
questi sono gli Hunger
Games della Pace, di sicuro non possiamo lasciarci dentro un ragazzo
ritardato
come lui.
«Perché
non l’hanno esentato
prima? Potevano escluderlo dalla mietitura e tutto questa
preoccupazione non avrebbe
motivo di esserci» interviene una ragazza che frequenta la
mia classe.
«Non
è pericoloso in
condizioni normali e i giochi non prevedono morti o feriti e quindi non
si
ritengono pericolosi. Ecco perché non l’hanno
escluso» avevo fatto io stessa la
domanda l’anno precedente a mio padre e da lui avevo avuto
questa risposta.
Anche mia madre non era ritenuta pericolosa ma solo mentalmente
instabile,
infatti ha ucciso la Coin. Aveva le sue ragioni che nessuno ha chiesto
però.
Pazzesco che neanche il passato insegni qualcosa.
Non
che voglia paragonare
Dick a lei… però…
«Vi
ringrazio tantissimo…
andiamo Dick». La nonna Hemington prende per mano suo nipote
e lo trascina
fuori da casa nostra. L’ultima cosa che sento è un
«Ciao, Chyna. Ci vediamo
domani alla stazione».
Tiro
un lungo sospiro che mi
sembra essere il primo di una serie infinita. Andrò in
iperventilazione prima
che i giochi finiscano, questo è sicuro.
Guardo
interrogativa i miei
genitori che, come se nulla fosse, iniziano a conversare amabilmente
con gli
altri ospiti senza fare cenno a questa interruzione. Muoio dalla voglia
di
sapere che cosa si sono detti in privato e anche mio fratello non vede
l’ora
che rimaniamo soli per scoprire nuovi succulenti dettagli. È
sempre lui il
pettegolo di famiglia.
Questa
specie di festa si
dilunga ancora per mezz’ora, poi mio padre invita
cortesemente a tornare a casa
perché la candidata e i due mentori devono riposarsi prima
di recarsi a Capitol
City.
Con
l’augurio di vincere,
tutti mi salutano augurando buona fortuna e rimango stupita da questa
dimostrazione di affetto e simpatia, visto che sono due cose molto
lontane da
me.
Mio
padre sogghigna alla mia
faccia perplessa e prende sottobraccio me e la mamma avanzando verso le
scale
«E’ incredibile vedere quanto siete simili,
asociali e incapaci di accettare un
semplice gesto di affetto da parte di uno sconosciuto» sia io
che mia madre
facciamo una smorfia irritata e lui scoppia a ridere lasciandoci salire
in
camera da sole.
Ha
capito che adesso devo
metabolizzare con chi, prima di me, ha provato sensazioni ancora
più intense di
queste.
«Credi
che ce la farà?» sento
mio fratello che chiede mentre ripuliscono la cucina.
«Con
la mamma al suo fianco
affronterà tutto. Non ti preoccupare, lei è
preparata e noi ormai abbiamo
capito come assolvere il nostro compito. Andrà tutto
bene» lo rassicura mio
padre ed io sorrido guardando mia madre che annuisce a quelle parole.
Entriamo
in camera sua e ci
sediamo vicine sul lettone.
«La
nonna di Dick è
preoccupata per lui. Ha paura che possa compiere qualche gesto
avventato o
farsi del male» esordisce.
«Non
è una cosa nuova. È la
stessa paura che abbiamo tutti noi» rispondo io atona.
Sappiamo il problema ma
quello che io voglio ora è la soluzione, la panacea di
questo male grazie alla
quale staremo presto tutti sani e salvi a casa nostra.
«Non
ci sono molte soluzioni.
Io cercherò di spiegargli come deve comportarsi nei giorni
dell’allenamento e
parlerò con gli altri mentori in modo da chiarire bene come
devono muoversi i
candidati con lui. Tu dovrai tenerlo d’occhio direttamente e
cercare di
calmarlo appena lo vedi un po’ agitato». Sa
perfettamente che non potrò fare da
completo parafulmine. È una follia solo pensarlo.
«Non
riuscirò mai a
controllarlo» protesto.
«Non
ti sto chiedendo questo,
solo di cercare di calmarlo se va in escandescenza. Con te non
è pericoloso, ho
già visto come ti ascolta quando parli, sembra che ti veneri
quasi. Devi farti
forza su questo sentimento, poi potrai chiarire meglio la situazione al
distretto quando tornerete».
La
guardo perplessa. Penso di
non aver capito bene. «Mi stai chiedendo di fingermi
innamorata di lui?» è
impossibile. È incredibile. È assurdo.
«Non
dire sciocchezze! Né io
né tuo padre sopporteremmo che ti mettesse le mani addosso
in quel modo, e
secondo me neanche lui lo penserebbe mai. Ti vuole bene come a una
sorellina da
proteggere e tu devi far forza su questo ascendente che hai su di
lui».
Annuisco.
Questo lo posso
fare.
Mi
guarda e mi carezza i
capelli scuri sospirando.
«Non
avrei mai pensato di
affrontare un giorno come questo. Tu estratta alla mietitura che devi
partire
per gli Hunger Games. È come un incubo che
ricomincia» mi dice lieve.
«Mamma…».
«No.
Non devi convincermi del
fatto che andrà tutto bene. Lo so che al massimo uscirai
dall’arena con qualche
livido e una serie di racconti che basteranno per una vita intera, ma
permettimi di spiegarti cosa vuol dire per me» a questo punto
taccio e ascolto
attentamente.
«Io
mi sono offerta
volontaria come tributo per salvare la vita a mia sorella Primrose. Lei
aveva
solo dodici anni e non sarebbe sopravvissuta cinque minuti
nell’arena. A quel
tempo chi andava agli Hunger Games era quasi certo di morire. Andavamo
in
ventiquattro e ne usciva vivo solo uno. Tutto quel sangue…
tutto quell’orrore,
quella violenza… non puoi immaginare quanto sia stato
terribile vivere quelle
giornate». Dai suoi occhi scende una lacrima che si affretta
ad asciugare.
«So
perfettamente che non ci
saranno ibridi a darvi la caccia e non capiterà di dover
assistere qualcuno
mentre questo chiude gli occhi per sempre, non dovrai uccidere
nessuno… queste
però sono cose che ti segnano, che mi hanno segnata ed io
non respirerò più
sino a quando non uscirai da là sana e salva. Non vincere.
Non mi interessa.
Basta che rimani viva» le ultime parole le escono con un
sussurro mentre mi
abbraccia forte. Sento il suo cuore battere contro il mio e capisco
quanto le
costi riuscire a farmi salire sul treno domani mattina. Forse questa
è la prima
volta che sento tutto l’amore che mia madre mi porta e ne
sono commossa.
Altre
braccia avvolgono i
nostri corpi. Mio padre si siede accanto a me e Jayson mi avvolge le
ginocchia
e vi appoggia la testa, accucciato ai miei piedi.
«Non
aver paura, Katniss. Se
qualcosa dovesse andare storto potremo sempre intervenire noi. Siamo
mentori e
siamo famosi. Il vecchio Plutarch e i suoi strateghi ci adorano e
nessuno
vorrebbe scatenare la tua ira. Tutti sanno che fine ha fatto la Coin
quando si
è messa contro di te… Chyna sarà al
sicuro te lo prometto».
«Non
farmi promesse che non
puoi mantenere. Cerchiamo di fare un buon lavoro e di tirarli fuori in
fretta e
senza danni» mia madre torna a essere la donna pratica di
sempre. Mi sento
meglio se lei è forte perché è come se
anche io ne traessi forza.
Mio
padre ci accarezza tutti.
«Ce la faremo anche questa volta» e sorride
rassicurante.
«Domani
mattina voglio le
focaccine al formaggio» dice Jayson facendo ridere tutti.
Andiamo
a dormire e riesco ad
appisolarmi a scatti. Non sento urlare questa notte ma so che non
è per il
fatto che nessuno ha degli incubi. Semplicemente nessuno sta dormendo a
parte
mio fratello e mi sento in colpa per le preoccupazioni che do ai miei
genitori.
Il
giorno dopo arriviamo
presto alla stazione e c’è già una
folla che è venuta a salutarci. Vedo Bruce
parlare con Damien e spero che il forno non bruci, altrimenti il mio
primo
omicidio lo compirei qui al distretto.
Aspettiamo
il treno
pazientemente. Visto il regime di ristrettezze si è ritenuto
più conveniente
utilizzare il treno per più candidati e visto che noi siamo
tra i distretti più
lontani divideremo le carrozze con il distretto 13 e il distretto 11 a
cui mio
padre farà il mentore.
Dick
e sua nonna si
avvicinano e lei ringrazia ancora mia madre per tutto quello che
farà per suo
nipote. Quando il treno arriva ci facciamo strada grazie anche
all’aiuto dei
militi e veniamo accolti dai due candidati del distretto 13 e il loro
mentore.
«Così
tu saresti Chyna
Mellark! Ciao, io sono Rudy e lei è
Sakìa» si presenta un ragazzo che dovrebbe
avere la mia età accompagnato da una ragazza più
grande. Non so se mi sono
simpatici o meno. A pelle sento un brivido freddo quando stringo la
mano di lei
che è gelida come il suo sguardo. Se questo è
l’inizio non mi aspetto molto dal
proseguo di questa conoscenza.
Sento
di essere ufficialmente
entrata nei giochi.
---ooOoo---
Angolino
mio:
e
così abbiamo scoperto
chi è il secondo candidato ai giochi per il distretto 12.
Dick
è il classico
ragazzone enorme e ritardato. Con un cuore d’oro e isolato
dagli altri
insensibili. Sarà l’incognita di questi giochi.
Già
da ora sono tutti
preoccupati perché nessuno (tranne il vecchio Haymitch) si
era preso la briga
di provare a conoscerlo e capirlo.
Cerchiamo
anche di capire
il terrore di Katniss. Lei rivede i vecchi Hunger Games nella sua
mente. Ragionandoci
sa che non sono pericolosi ma è una mamma e questo la rende
irrazionale.
Chyna
è una ragazzina di
diciassette anni. Come tutte a quell’età ci sono
momenti di ragionamento
profondo e adulto e momenti di infantilismo totale. Questo
sarà il suo modo di
comportarsi per tutta la storia e verrà fuori
prepotentemente nel prossimo
capitolo quando faremo conoscenza di altri candidati.
Ringrazio
per l’attenzione
che mi avete concesso sino a questo punto e vi consolo per il fatto
che, più o
meno, i capitoli avranno tutti questa lunghezza (se non di
più).
Posterò
il prossimo capitolo
tra una settimana, visto che l’ho già scritto
tutto.
Questo
è un piccolo
assaggio:
… «Voglio vedere subito
Plutarch. Ci deve spiegare cosa
ha in mente. Sono sicura che la sua mente malata ha organizzato qualche
cosa di
assurdo... ma se pensa che permetterò che lui possa mettere
in pericolo la vita
di mia figlia ha sbagliato a fare i conti e anche di molto!».
In altri termini
questa è una dichiarazione di guerra e se fossi in questo
Plutarch starei ben
attento a come mi muovo, perché normalmente, il passo
successivo a questo sfogo
di mia madre è l'aggressione…
E
ora, alla prossima!
baciotti
|
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Capitolo 3 *** la sfilata ***
Ciao
a tutti!
Oggi
è giovedì ma questo
capitolo è pronto da una settimana e tra un po’ mi
faceva la muffa!
Per
prima cosa vi illumino
su alcuni punti che potrebbero non essere stati chiari nei capitoli
precedenti.
Alfie
Down (il
presentatore della mietitura) è un uomo. Macchietta di se
stesso.
Katniss
e Peeta hanno
quasi cinquant'anni e Gale due in più. Con Johanna
è nonno e sua moglie ha
circa sessanta anni. Beetee è un rugoso ottantenne. Haymitch
ne avrebbe poco
più di settanta fosse ancora vivo (mi scuso per questo ma
sono passati trenta
anni, poteva succedere). Finnick junior ha trenta anni ed ha un paio di
figli
piccoli, l’ultimo di quattro anni.
I
candidati che sono tra i
quattordici e i venti anni possono essere nipoti o pronipoti di
tributi, visto
che dopo trenta anni ci passa almeno una generazione.
Il
candidato del 4 non è
figlio di Finnick junior o nipote di Annie.
Prego
tutti di fare molta
attenzione a questo capitolo perché introduce personaggi
fondamentali e apre la
vera storia.
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Sento di essere ufficialmente
entrata nei giochi.
Questa
è la prima prova per
Dick ad interagire con altri candidati e pare non abbia alcun problema.
Li
saluta senza stringere la loro mano e mi segue quando mi dirigo verso
la
carrozza dove c’è il rinfresco. Dietro di noi si
dipanano gli altri due
ragazzi, mio fratello e i tre mentori che hanno subito iniziato a
parlare tra
loro.
«Tu
chi sei?» chiede Rudy
guardando Dick che si siede su una grande poltrona e lancia sguardi di
desiderio a un dolce appoggiato sul tavolino davanti a lui.
«Mi
chiamo Dick. Io e Chyna
siamo amici e vinceremo come Peeta e sua madre» risponde
meccanicamente per poi
cercare il mio sguardo «Posso prendere un po’ di
torta?» chiede facendomi
sorridere. Per essere il primo esame, il mio compagno è
passato a pieni voti.
Forse
ci siamo preoccupati
eccessivamente delle sue reazioni.
«Certo,
Dick. Prendine pure
quanto ne vuoi» rispondo accondiscendente. Sembra che basti
poco a renderlo
felice. Sorprendendomi, prende il piattino e ci fa scivolare sopra la
torta al
cioccolato e poi la passa a me, prima di servirsene un’altra
fetta per lui.
A
questo punto mi domando chi
sia questa persona.
«Ti
sei allenata con i tuoi
genitori per questo momento? Che intenzioni hai nell’arena?
Ti vestirai ancora
con le fiamme come tua madre?». Rudy inizia a incalzare con
le domande. Ora so
perché è meglio che i candidati siano separati.
Vien voglia di venire alle mani
subito, prima ancora di entrare nel vivo dei giochi.
«Non
sono allenata. Ho solo fatto
le attività che la mia famiglia ha creduto di insegnarmi.
Sono sicura di non
essere più forte di te» rispondo cercando di fare
un sorriso ma sono
consapevole che quello che mi è uscito è una
smorfia.
«Lui
è più forte di tutti
noi» esordisce Sakìa e sento nella sua voce atona
un qualcosa che me la fa
odiare ancora di più.
«E’
vero, lui è forte» non
tento neanche di negare. Perché poi? Se lo riterranno
pericoloso gli staranno
alla larga e questo vuol dire meno guai da gestire per me e mia madre.
Forse
riusciamo ad avere un
poco di pace, visto che dopo la mia conferma su Dick, i due candidati
del 13
non hanno più parlato con noi.
«Chyna,
ho fatto qualche cosa
di male?» chiede Dick titubante avendo notato il cambio di
atmosfera. Gli
sorrido e gli copro la mano con la mia scuotendo la testa. È
più probabile che
il “male” lo faccia io a quei due che non quel
gigante buono che siede accanto
a me.
Dick
decide di dedicarsi
all’assaggio di tutto quello che c’è a
disposizione in quella carrozza e spero
che lasci qualche cosa anche per i candidati dell’11 o loro
si troveranno
incredibilmente a digiuno.
Non
ci vuole molto per
raggiungere la nostra prossima destinazione, qualche ora e ci troviamo
ad
accogliere i candidati del distretto 11.
Sono
due ragazzi grandi, di
diciannove e venti anni e si vede che sono molto amici.
Christal
la ragazza, mi dice
che si è trasferita qui dal distretto 1 quando aveva tre
anni. I suoi genitori
avevano dovuto chiudere il loro negozio di gioielli perché
la richiesta di beni
di lusso a Capitol City era crollata e negli altri distretti nessuno
poteva
permettersi quegli oggetti.
Bor
invece ha sempre vissuto
nel distretto ed ha iniziato da giovanissimo a lavorare nella raccolta
della
frutta. Mi ricorda quanto diceva mia madre riguardo a Rue, il tributo
che era
morta giovanissima all’epoca dei primi Hunger Games ai quali
avevano
partecipato i miei genitori.
Durante
i suoi racconti,
viene fuori che Bor è un nipote del defunto Chaf, il vecchio
tributo vincitore
che era morto durante i settantacinquesimi giochi della memoria. Per
l’esattezza il fratello di Chaf è suo nonno.
Strano,
siamo già in due che
abbiamo legami con vecchi tributi.
Nel
complesso questi due non
sono male, ma forse le mie emozioni dipendono anche dai racconti che
hanno
fatto i miei durante questi anni. Non hanno mai nascosto
l’antipatia per il
distretto 13 e la
simpatia e gratitudine
per il distretto 11. Probabilmente è quello che si riflette
nel mio modo di
pensare.
A
pranzo ci accomodiamo tutti
attorno al tavolo e un paio di inservienti iniziano a servire le
portate. È
tutto squisito ed impeccabile. Non trovo parole per descrivere il gusto
celestiale che sento quando assaggio il pasticcio di carne o le verdure
saltate
o ancora le creme di erbette. Sono estasiata.
Mio
padre cucina bene ma
questo è un altro pianeta!
Anche
Jayson e Dick fanno
onore alla tavola, così come Christal e Bor. Più
frugali sono Sakìa e Rudy e il
loro mentore, probabilmente perché sono troppo abituati alla
limitazione e non
riescono a lasciarsi andare. Come al solito quelli che non si fermano
dal
parlare, nonostante spazzolino l’intero contenuto del piatto,
sono i tre
presentatori che ci accompagneranno per tutti gli Hunger Games, facendo
da
collegamento tra noi e l’organizzazione degli eventi e
gestendoci in modo che i
candidati siano pronti per sfilate, interviste, allenamenti senza
ritardi
ingiustificati.
I
discorsi sono tra i più
vari e tutti lontani dall’argomento giochi. Nessuno vuole far
intuire le
proprie strategie, perché, nonostante che non si uccida, per
vincere occorre
anche strategia e furbizia oltre che fortuna.
Il
resto della giornata la
passiamo stancamente a leggere, passeggiare, chiacchierare o dormire
sul
comodissimo letto della super accessoriata cabina che ognuno di noi ha
a
disposizione.
Anche
Jayson ha un posto
tutto suo, approfittando del fatto che mamma e papà dormono
assieme e lasciano
libera una stanza.
Mi
meraviglio che nessuno
abbia obbiettato per il fatto che sia presente anche mio fratello pur
non
essendo un candidato dei giochi, ma forse questa è una
piccola indulgenza alla
fama che hanno i Mellark. Beh, a volte approfittarne non fa sentire in
colpa.
Nonostante
l’agitazione che
mi prende man mano che ci avviciniamo a destinazione, questa notte sono
riuscita a dormire abbastanza tranquillamente. Quando mi alzo per la
colazione
noto che mio padre ha delle occhiaie marcate, copia di quelle che
mostra mia
madre e capisco che per la seconda notte di seguito non hanno chiuso
occhio.
Con questo pensiero mi si chiude lo stomaco e non riesco più
a infilare in
bocca nemmeno una briciola di pane.
«Chyna,
mangia. Papà e mamma
stanno bene. Sono solo agitati per gli Hunger Games, per quello che gli
ricordano, non è colpa tua» mi sussurra Jayson
tuffandosi sulle paste disposte
in ordine su un vassoio al centro del tavolo. Annuisco ma mi alzo
ugualmente.
Sicuramente se mi verrà fame potrò mangiare
più tardi.
Ormai
il paesaggio è cambiato
e si vedono in lontananza le montagne che circondano la capitale di
Panem.
Siamo quasi arrivati. La nostra avventura sta quasi per iniziare. Non
so se
aver paura o meno.
Realtà
e fantasia si
confondono nella mia mente spezzandomi il respiro. Spero che nessuno si
accorga
del mio attacco di panico. Preoccuperebbe i miei genitori ed
è l’ultima cosa
che voglio.
Mi
concentro e a poco a poco
ritorno a controllare me stessa. Sono soddisfatta, adesso posso
affrontare
Capitol City.
Adesso
come trenta anni
prima, appena scesi dal treno, veniamo prelevati singolarmente e
portati al
centro estetico per un trattamento intensivo di bellezza. So
già cosa
aspettarmi grazie ai racconti di mia madre e devo confessare che anche
io ho
subito qualche intervento da parte dei preparatori quando mia madre
doveva
rilasciare interviste per la televisione.
Lei
li ha sempre odiati ma io
li trovavo divertenti nelle loro fisime estetiche. Non parlavano di
niente
altro se non scandali accaduti nei vari distretti.
Quando
mio padre scoprì di
cosa parlavano mentre mi preparavano alle riprese li sgridò
arrabbiato come lo
vedevo di rado. Forse aveva ragione, visto che avevano descritto dei
pettegolezzi a luci rosse con dovizie di particolari in presenza di una
bambina
di sette anni.
«Venus,
Trent… mi raccomando,
ripulitela tutta per bene. Bellezza livello zero» ordina una
donna dai tatuaggi
sgargianti sul viso e dalle unghie lunghissime e laccate di viola. Mia
madre
dice che anche ai suoi tempi i preparatori avevano questa tendenza a
essere
variopinti e in linea con le mode cromatiche di Capitol City. In
questo, il
vizio non è cambiato. Non si riuscirà sempre a
essere all'ultimissima moda ma
il segno distintivo si cerca sempre.
Mi
ritrovo massaggiata,
levigata, stirata, stropicciata, lavata, spalmata, idratata, seccata e
infine
trasformata in una ragazza con una pelle splendente, dai capelli
luminosi e
senza imperfezioni visibili. Hanno addirittura cancellato una piccola
cicatrice
che avevo sul braccio destro e che mi ero procurata nel bosco in una
battuta di
caccia in compagnia della mamma tanti anni fa. Quanto si era
preoccupata quel
giorno, alla vista del mio sangue!
Non
appena sono pronta, vengo
coperta da un accappatoio leggero e trasferita in uno stanzino dove mi
aspetta
la donna dai tatuaggi.
«Ciao,
sono Sigma, la vostra
stilista. Ho già incontrato Dick ed ho già
parlato con tua madre... sappi che
tutti i tuoi abiti hanno avuto la sua approvazione e sono tratti da
alcuni
bozzetti di Cinna. Katniss ne è ossessionata, per il cielo
di Panem! Vorrei che
anche i miei candidati mi ricordassero in questo modo a tanti anni
dalla mia
morte» esclama per poi sedersi e mostrarmi i disegni ai quali
si riferiva.
Non
vi è alcun dubbio.
Riconosco i tratti di Cinna dai disegni che mia madre tiene in una
cartellina
nell'armadio. Sono le uniche immagini dove ritiene qualcuno migliore di
mio
padre e se devo essere sincera, anche io. Quegli abiti sono stupendi,
nonostante siano passati trenta anni da quando sono stati pensati e
abbozzati.
«Per
questa sera, dove ci
sarà la parata dei candidati, ho pensato a questo... credo
che sia stato il
primo passo verso il costume della ragazza in fiamme che ha indossato
tua
madre». Mi mostra un foglio dove è raffigurata una
sagoma con una tuta nera
sulla quale sono state ricamate delle fiamme all'altezza delle spalle e
della
cintura.
«Io
eviterei il copricapo
rosso e giallo, lasciando liberi i capelli e aggiungerei qualche
effetto di
lucido nei ricami in modo di far brillare quei punti. Da lontano
dovresti
apparire come un carboncino con alcuni punti di brace ancora accesa. Un
bell'effetto non eccessivo». Concordo pienamente e sono anche
confortata dal
fatto che pure mia madre approvi.
In
men che non si dica mi
ritrovo coinvolta in una girandola di preparativi, tra trucchi,
sistemazione
capelli e vestizione corpo. Continuo a passare tra le mani di Venus e
Trent
come se fossi una pallina e con Sigma che continua a dare ordini per
poi
correre nella stanza accanto dove presumo ci sia Dick alle prese con la
sua
tuta. Spero solo che abbiano pensato a un costume abbastanza grande per
lui,
visto le dimensioni.
Ho
appena finito di indossare
il costume che entra mia madre. Resta impietrita sulla soglia mentre
sorride.
Ha gli occhi lucidi e sembra commossa.
«Non
vado bene?» chiedo
timida. Non so cosa pensare. Forse il trucco è eccessivo,
forse i capelli
intrecciati sino a metà testa e lasciati sciolti sulla
schiena non vanno bene,
forse la tuta non è perfetta come sembra a me.
«Sei
bellissima... sembra di
vedere me, in una stanza simile a questa, tanti anni fa... ma tu sei
più bella»
e viene decisa ad abbracciarmi.
«Il
programma di questa sera
non sarà impegnativo. Dovrete percorrere il vecchio circuito
dove sfilavano i
tributi e poi disporvi davanti al palco della presidente Paylor,
sorridere e
salutare il pubblico. Solo questo per oggi» mi dice
sistemandomi i capelli già
perfetti.
«Andiamo,
troveremo tutti i
candidati e i mentori nel recinto dove parte la sfilata».
Aspettiamo un minuto
che Sigma ci dia il suo superiore benestare e ci incamminiamo verso il
punto di
ritrovo.
Appena
uscita dalla stanza
troviamo Dick ad aspettarci. Anche lui indossa una tuta, meno aderente
della
mia ma più minacciosa, vista la sua imponenza. A lui le
fiamme sono state
ricamate anche sui polsini mentre io ho gli avambracci nudi.
Devo
dire che i preparatori
hanno fatto un ottimo lavoro anche su di lui. È stato
ripulito e pettinato con
attenzione e, quando mi vede e si apre a un sorriso luminoso, esprime
proprio
tanta simpatia.
Veniamo
scortati da tre
militi per un dedalo di sotterranei umidi per poi risalire verso il
chiarore
del cielo al tramonto.
La
prima persona che vedo
uscita dal tunnel è mio padre che chiacchiera con Finnick
Odair junior,
attorniati da alcuni candidati tra cui riconosco Bor.
Mi
affretto a raggiungerli e
vengo accolta da uno sguardo pieno di approvazione e affetto da parte
di papà e
uno perplesso e compiaciuto da parte del nostro vecchio amico
«Scricciolo! Sei
proprio tu, Chyna? Peeta, non mi avevi detto che tua figlia era
diventata una
sirenetta incantatrice... quanto sei cresciuta!». Odair
è il solito
affascinante seduttore, o almeno quella è la sua recita, che
mette in pratica
quando è lontano dagli sguardi ammonitori di sua moglie, non
lo diresti padre
di due bambini piccoli. In realtà credo che solo mio padre
si dimostri più
innamorato della propria compagna.
Finnick
si avvicina e mi da
un bacio per ogni guancia.
«Se
ti va puoi chiamarmi zio,
una volta lo facevi» sussurra poi all'orecchio facendomi
ridere.
Presento
Dick a Finnick e mi
metto a chiacchierare con lui e Bor mentre aspettiamo che il sole
tramonti e si
inizi la sfilata.
«Ciao,
Chyna» mi saluta una
voce alle spalle, facendomi sobbalzare. Non mi giro neanche, credo di
sapere a
chi appartiene. Ritorna alla luce dopo tanti anni.
Finnick
interviene leggero
«Chyna, ti ricordi di Paban?» dice indicando il
ragazzo alto dal fisico scolpito
con i capelli che gli sfiorano le spalle, schiariti dal sole e i
più begli
occhi verde chiaro che abbia mai visto da che ho memoria.
«Non
credo. È un tuo
candidato?» chiedo con voce annoiata, distogliendo
immediatamente lo sguardo
dal nuovo arrivato e volgendo la mia attenzione al mentore del
distretto 4.
«Beetee!
Chyna, vieni, ti
faccio conoscere un vecchissimo amico» scherza mio padre e mi
trascina verso un
anziano seduto su una sedia a rotelle che si trova in compagnia del
candidato
vincitore dei primi giochi Hunger Games della Pace. Lo conosco anche
io, ormai
è un personaggio famoso.
Anche
mia madre accorre a
salutare il vecchio compagno e insieme iniziano a chiacchierare
ricordando i
vecchi tempi e a quando erano giovani. Io e John, il giovane mentore
del terzo
distretto, ci guardiamo consapevoli che la cosa non ci riguarda e che
dobbiamo
sopportare. Sorrido a questa cameratesca solidarietà.
«Quindi
quest'anno tocca a
Chyna» dice infine Beetee con un tono alquanto strano. Guardo
il vecchio
mentore perplessa ma è mia madre che sussulta preoccupata.
«Cosa
intendi dire?» incalza.
«Che
è strano. Non è l'unica
parente di vecchi tributi che oggi entra nell'arena di questi
giochi» la
informa. Mi chiedo chi altri ci sia a parte Bor.
Beetee
inizia quello che sembra
essere la rivelazione di un segreto di stato «Sapete
già di Bor, giusto?»
annuiamo «Hanno anche estratto una ragazza del 2 nipote del
vincitore dei
cinquantasettesimi giochi, un parente del vincitore dei sessantunesimi
dal
distretto 5, il nipote del vincitore dei cinquantatreesimi dal
distretto 4, poi
uno dal 9 e una dal 10. Certo che tu sei la più famosa, ma
in questa edizione
ci sono più parenti stretti di ex tributi vincitori di
quanto sia possibile con
qualsiasi calcolo delle probabilità» conclude
l'anziano mentore.
«Christal
mi ha detto che la
sorella di sua nonna è stata un tributo nei settantesimi
giochi, ma non ha
vinto» intervengo io.
A
quel punto ci guardiamo
attorno cercando di scorgere qualche segnale dal viso degli altri
candidati.
«Potrebbe
essere che anche
altri siano parenti di tributi? Dick non ha niente a che fare e neanche
Rudy o
Sakìa» ragiono a voce alta.
«Ovvio
che i due del 13 non
siano in questa situazione, quel distretto ha iniziato solo con i
giochi della
pace. È anche possibile che qualcuno non abbia alcun legame
con il passato, per
i miei ragazzi ne sono praticamente sicuro... però se
consideriamo gli altri...
questo significherebbe che le estrazioni sono state pilotate»
conclude il suo
ragionamento.
Vedo
mia madre iniziare a
tremare e papà circondarle le spalle con un braccio.
«Stai
calma, Katniss. Non
sappiamo ancora niente» cerca di blandirla ma lei si
irrigidisce e lo guarda
furente.
«Voglio
vedere subito
Plutarch. Ci deve spiegare cosa ha in mente. Sono sicura che la sua
mente
malata ha organizzato qualche cosa di assurdo... ma se pensa che
permetterò che
lui possa mettere in pericolo la vita di mia figlia ha sbagliato a fare
i conti
e anche di molto!». In altri termini questa è una
dichiarazione di guerra e se
fossi in questo Plutarch starei ben attento a come mi muovo,
perché
normalmente, il passo successivo a questo sfogo di mia madre
è l'aggressione.
«Se
cercate il capo degli
strateghi, credo di averlo visto da quella parte. Ma non è
più il vecchio
Plutarch» dice John indicando un uomo basso e magro, sui
trenta anni con la
barbetta a punta e completamente calvo.
Sembra
che un fulmine a ciel
sereno colpisca gli altri tre adulti.
«Hanno
sostituito Plutarch?
Chi è il nuovo capo stratega?» chiede
papà con una certa urgenza nella voce
osservando l’ometto che sta girando tra i candidati senza
dare nell’occhio.
«Non
saprei proprio cosa
risponderti. Questa notizia è nuova anche per me. Tu, John
come l’hai saputo»
chiede Beetee rivolgendosi al suo pupillo.
«Mi
ha chiesto di te e degli
altri mentori che conoscevo, se erano affezionati ai loro candidati,
cosa
pensavano del loro ruolo e cose così.
Poi si è presentato come il nuovo capo stratega
ma non sono riuscito a
domandare niente altro che si era già allontanato».
Quando
ci voltiamo nuovamente
per cercare quell’uomo, questi è svanito nel nulla
e non riusciamo più a
scorgerlo da nessuna parte.
«Deve
essersi ritirato alla
postazione di controllo. Andremo a presentarci più tardi,
finita la sfilata,
dopo il discorso della Paylor» suggerisce mio padre e la
mamma annuisce
acconsentendo.
È
il primo momento libero che
hanno dopo averci assistito.
Vedo
Dick da lontano che sta
parlando con un volto noto. Maledizione, è Paban. Cosa
diavolo vuole da noi?
Con grande irritazione, saluto John e bacio Beetee sulle guancie
rugose, prima
di andare a parlare con quei due. Mi ricordo che Paban è del
distretto 4.
Allora è lui il nipote del vincitore dei cinquantatreesimi
Hunger Games. In
effetti viveva al villaggio dei vincitori, accanto agli Odair,
è per questo che
l’avevo conosciuto quattro anni fa.
Da
allora il suo fisico si è
sviluppato ancora di più e i suoi capelli scuri sono
diventati quasi biondi
talmente sono schiariti dal sole e dal sale del mare. L’unica
cosa uguale e
l’unica che avrei desiderato fosse diversa, sono i suoi occhi
verde chiaro. Ho
adorato i suoi occhi dal primo sguardo e non posso non ammirarne la
bellezza
anche adesso. Per tutto il resto, però, il signorino
è meglio che mi stia alla
larga perché se quattro anni fa è riuscito ad
umiliarmi, oggi sarebbe l’ultima
cosa che riuscirebbe a fare da vivo.
Mentre
mi sto dirigendo verso
i due ragazzi, vengo intercettata da un altro candidato che mi
intralcia il
cammino posizionandosi esattamente davanti a me. Riesco a fermarmi a un
soffio
da schiantarmi contro di lui e sono pronta a urlargli contro tutta la
mia
irritazione, quando alzando lo sguardo focalizzo il suo viso e
immediatamente
ammutolisco.
È
poco più alto di me, quasi
tozzo. È biondo, della stessa tonalità dei
capelli di mio padre, ha gli occhi
azzurri che ricordano il cielo di primo mattino. Il suo sorriso
è semplice e
disarmante e mi ricorda tanto quello del mio papà.
Non
credo di riuscire a
parlare e non posso credere di essere in questo stato solo per aver
visto la
faccia di un ragazzo. Il mio cuore sta battendo
all’impazzata, sicuramente le
mie guancie si stanno colorando di rosso e la mia bocca è
secca come se non
bevessi acqua da più di una settimana.
«Ciao,
io sono Brieg del
distretto 7. La mia mentore è Johanna Mason e mi ha detto
che tu sei la figlia
dei Mellark» dice con voce allegra allungando la mano per
stringere la mia.
«Chyna…
Chyna Mellark» pigolo
sottovoce, completamente sopraffatta.
«Sono
felice di conoscerti. I
tuoi genitori sono delle leggende in tutti i distretti. Quando mi hanno
estratto non potevo credere alla fortuna che ho avuto, potrò
conoscere i
Mellark».
Brieg
comincia a decantare le
lodi, già conosciute, dei miei genitori e io ho tutto il
tempo di riprendermi.
Sto
quasi per intervenire
quando vengo raggiunta da Dick, in compagnia di Paban e di una giovane
ragazza
abbronzata che scommetto essere la candidata del distretto 4.
«Non
ti vedevo più, Chyna.
Dove eri andata? Non ti vedevo più. Ti cercavo»
dice Dick facendo scomparire la
mia mano nella sua.
Borbotto
una risposta che
dovrebbe sembrare un “non ti dovevi preoccupare” ma
nessuno mi ascolta visto
che sono tutti interessati a fare conoscenza con il candidato del
distretto 7.
«Ciao,
io sono Paban, del
distretto 4 e lei è l’altra candidata,
Iraida» fa le presentazioni ma Brieg
sembra distratto dalla mano di Dick allacciata alla mia.
«Io
sono Brieg e tu?» chiede
direttamente alla montagna accanto a me.
«Sono
Dick e lei è Chyna. Io
sono amico di Chyna e noi vinceremo insieme come Peeta e sua
madre» ripete
ancora una volta. Mi viene da ridere. È davvero convinto di
quello che dice.
«Chyna
Mellark. Sei
circondata a quanto vedo. Come te la caverai?» la voce
sarcastica di Johanna mi
arriva alle orecchie prima che la sua figura spunti nel mio campo
visivo.
«Johanna...»
Gale arriva
camminando accanto alla moglie.
«Ciao,
Chyna» esordisce
l'amico della mamma. «Abbiamo bisogno di parlare con Katniss
e Peeta, sai dove
sono?». Credo che questa necessità abbia a che
fare con le novità di questi
giochi.
«Saranno
tra il pubblico ma
andranno a parlare con il nuovo capo stratega alla fine del discorso
della
Paylor».
«Allora
lo sanno già» afferma
Johanna, abbandonando il suo tono sarcastico. Annuisco in risposta.
«Vado
a parlare con Finnick e
Enobaria, ci vediamo dopo... Chyna, in bocca al lupo». Gale
si congeda e corre
verso l'Odair, probabilmente per parlare del nuovo capo che
deciderà l'azione
nell'arena.
Sentiamo
il fischio
prolungato e alcuni inservienti ci invitano a prendere posto sui nostri
sui
carri.
Tutti
i candidati si dirigono
verso i propri mezzi e si preparano alla sfilata. Solo allora mi guardo
intorno
e noto i vestiti lussuosi che indossano gli altri concorrenti ai giochi.
Alcuni
sono sfarzosi, altri
brillanti, altri ancora molto elaborati. In puro stile storico,
rispecchiano
gli antichi mestieri di ogni distretto.
Il
primo carro a partire è
quello di Capitol City con i due candidati vestiti di colori sgargianti
e
acconciature eclettiche. I cavalli che trainano i calessi sono mansueti
e ben
addestrati, mantengono un passo costante e seguono la fila senza
bisogno di
condurli per la briglia.
Man
mano ci dipaniamo
attraverso il circuito.
Io
e Dick siamo i penultimi a
partire. I punti dove abbiamo i ricami del fuoco brillano nella notte
ormai
scesa e ci fanno apparire accesi come tizzoni ardenti.
Il
pubblico grida, incita
impazzito e indica i carri dei candidati.
Il
commentatore della
trasmissione inizia a presentare ogni singolo carro con i candidati dei
vari
distretti.
Ognuno
di noi ha una
prolungata inquadratura in modo che eventuali sponsor possano
osservarci e noi
conquistare il loro favore.
Quando
le telecamere mi
inquadrano e il commentatore annuncia il mio nome scoppia un boato
assordante.
I miei genitori sono ancora molto famosi a quanto sembra. Dick sorride
contento
indicando il teleschermo e mi prende la mano alzandola in segno di
vittoria.
Mi
viene da ridere guardando
il viso soddisfatto del mio compagno di avventura. Comincio a intuire
che ci
tenga davvero tanto a questi Hunger Games della pace.
Lentamente,
dopo circa un'ora
di sfilata dove veniamo guardati da ogni angolazione possibile, in modo
da
rimanere impressi nelle menti dei telespettatori, ci fermiamo davanti
al palco
dove ci sono tutte le personalità più influenti
del governo e la presidente
Paylor.
Per
essere un gioco dove si
combatte per finta, si danno parecchio da fare per far sembrare tutto
terribilmente serio.
A
questo punto l'inno di
Panem si ferma e la presidente si alza e si posiziona al microfono per
il suo
discorso. «Popolo di Panem, Capitol City, distretti, siamo
arrivati con
successo ai settimi Hunger Games della Pace, giochi senza vittime dove
i
candidati dimostreranno il loro valore e il loro spirito di
adattamento.
Saranno gli esempi per tutti i nostri giovani...» continua in
questo modo per
almeno trenta minuti, ricordando alternativamente, quanto siamo
progrediti
adesso e quanto abbiamo affrontato trenta anni fa contro lo strapotere
del
presidente Snow. Nomina alcune persone famose e alcuni tributi dei
vecchi
giochi che hanno dimostrato il proprio valore sacrificando la propria
vita.
Dalla
seconda edizione in
avanti ha preso l'abitudine di citare il nome di tutti i tributi che
hanno
partecipato a una delle vecchie edizioni degli Hunger Games scoprendo
poi una
targa a futura perenne memoria dei caduti sotto la tirannia.
Quest'anno
si ricordano i
tributi dei giochi dieci e trentasette.
Sento
scorrere i nomi di
ragazzi sconosciuti. Uno di quattrodici anni, una di diciotto, uno di
sedici,
una di quindici e un'altra di dodici. Non ho idea di chi fossero ma il
solo
pensiero di quanto hanno passato mi fa salire la nausea in gola. Non
sono cose
lontane da me, ho vissuto sulla pelle le conseguenze psicologiche delle
persone
sopravvissute e sento il cuore pieno di tristezza e rabbia.
“Spero
e prego che queste
cose non capitino mai più. Ai candidati va il mio augurio di
buona fortuna per
i settimi Hunger Games della Pace”. Nella mia mente ripeto
l'ultimo pezzo del
discorso della presidente, uguale tutti gli anni passati e i prossimi.
Alziamo
ancora le braccia al
cielo per ringraziare il pubblico e il carro ricomincia a muoversi per
ritornare al recinto.
«Vieni,
Dick. Abbiamo finito
per questa sera» annuncio scendendo con un balzo dal carro
non appena si ferma.
Mi segue senza obiettare e veniamo presi in custodia da un paio di
militi che
ci accompagnano verso il nostro appartamento dove soggiorneremo negli
agi per
le prossime due settimane, durante le quali ci alleneremo per essere il
più
realistici e reattivi possibili durante i giochi.
«Ciao,
Chyna. Ci vediamo
domani agli allenamenti» mi saluta Paban. Neanche mi spreco a
rispondere. Per
quanto mi riguarda gli auguro un bel livido su ogni centimetro quadrato
del suo
corpo e un occhio nero per ognuno, per risaltarne il colore.
«Ciao,
Brieg» saluto invece
il candidato del sette che mi ha tanto colpito. Credo che mi
troverò bene con
lui, magari lo chiederò come alleato. Mi
consulterò con la mamma.
Saliamo
in ascensore in
compagnia dei tributi del distretto quattro e del distretto nove. Non
poteva
andare peggio di così.
«Sei
parecchio cresciuta
dall'ultima volta che ti ho vista» dice Paban mentre sorride
al mio indirizzo.
Crede davvero che bastino due paroline e un sorriso per farmi
sciogliere?
«Tu
per niente» rispondo
acida. Gli altri candidati ci guardano basiti per il nostro scambio di
parole
ma è Dick quello che interviene. Credo che sia molto
sensibile al mio malumore,
forse dovrei scatenarlo contro quel borioso. Gli farebbe passare la
voglia di
divertirsi alle mie spalle.
«Lascia
stare Chyna. Lei è
mia amica e tu non le vuoi bene» esclama mettendosi
fisicamente tra me e Paban.
È impressionante vederli vicini.
Vero
che Dick è più grosso e
massiccio ma Paban non è mingherlino né tanto
più basso del mio compagno. Non
sparisce come invece faccio io vicino a quella montagna di muscoli.
«E'
il tuo ragazzo?
Tranquillo omone, non te la voglio rubare. Anche io sono amico di
Chyna, solo
che l'ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato e lei
è ancora
arrabbiata... mi aiuti a fare la pace?». Sorride a Dick e
strizza l'occhio. Ma
come si permette!
«Non
è il mio ragazzo ed io
con te non ci parlo» borbotto scocciata prima di girarmi
verso la parete. Mi
sento infantile ma non riesco a frenare questi impulsi.
Finalmente
le porte
dell'ascensore si aprono e Iraida richiama il suo compagno per scendere
al loro
piano. «Andiamo, Paban. Lascia perdere questa
ragazzina» e decido che quella
non mi piace per niente. Mi dispiace per Finnick ma ho intenzione di
eliminare
dal gioco tutti e due i candidati del distretto 4 non appena ne
avrò
l'occasione. Farò di questo pensiero la mia
priorità nell'arena.
Arrivati
all'appartamento non
aspetto mia madre e vado subito a dormire. Domani sarà una
giornata dura con
l'inizio degli allenamenti e poi i mentori a quest'ora saranno a
colloquio con
il nuovo capo stratega dei giochi.
Spero
che le coincidenze che
ha scoperto Beetee non siano nulla di pericoloso e mi addormento
fiduciosa che
i miei genitori troveranno la soluzione al problema.
Passo
una tranquilla notte
senza sogni e il mattino dopo mi trovo al tavolo della colazione da
sola con
Dick e mi chiedo che fine abbia fatto mia madre. Non è da
lei dormire a lungo.
In
quel momento Jayson
irrompe nella nostra sala e sbotta «Che fine ha fatto
papà? Non è tornato
questa notte».
In
quel momento so che anche
la mamma non è nel suo letto.
Dove
sono?
---ooOoo---
Angolino
mio:
come
avevo già annunciato
questo è un capitolo fondamentale perché mette le
basi per tutta la trama della
storia.
Ci
sono nuovi personaggi:
Paban, Brieg, il nuovo capo degli strateghi, Sigma…
Ci
sono le intuizioni di
Beetee sulle estrazioni e ci sono le sparizioni dei mentori.
Tutto
questo darà da
pensare a Chyna.
Come
si svilupperà la
cosa? Vi rimando al prossimo capitolo da postarsi tra una settimana
(Giovedì o
Venerdì scegliete voi)
Per
ora vi lascio un
piccolo spoiler:
…
Poi
abbassa la testa come a volermi baciare sul collo e soffia nel mio
orecchio
«Non ti muovere, i militi sono armati e hanno tutti sotto
tiro». Panico. Le sue
parole mi scatenano il panico…
Spero
che la storia vi sia gradita, fatemelo sapere.
Grazie
per l’attenzione
Alla
prossima
baciotti
Ora un
pochino di pubblicità, concedetemela, è tanto che
non la faccio.
in questi
tre anni ho scritto molto e nell’ultimo mi sono pure
diversificata.
Ecco le
mie altre storie:
La
punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane
Malfoy alle prese con una maledizione che lo
trasforma in una donna. In corso.
fa
parte di una serie di storie indipendenti (I
trasformisti) dove troverete altre
storie
sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi,
uomo-donna.
Tutti umani. Concluse.
7mi
Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni
dopo, i giochi
ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora
è il turno della figlia
dei Mellark. In corso.
Fidanzato
in prova (Romantico)
storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In
corso. Sequel di AAA Offresi
Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa.
Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca
della
donna da amare.
Si
dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere
tra Bella e Edward per una tenuta
vinicola. In corso.
AAA
Affittasi Moglie (Twilight)
cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad
affittare una moglie? In corso.
Twiligh delle
caverne (Twilight)
parodia della storia nella preistoria. Mini fic. in
corso.
Dottore dei
tubi (Twilight) commedia su sei
amici al bar e un racconto su cosa è
successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.
Mini
fic Twilight, Concluse. Come
Andromeda
e Acqua
che cade entrambe
storie fantasy (senza vampiri).
Sakura
– Fiore di ciliegio (Twilight)
Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906
partendo da
Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa
Fu la
prima volta che… e Déjà
vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot
rosse. Umani.
Prima
di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere
di fumare (Twilight) tre shot
leggere. Umani.
Dovessi
chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la
mole è notevole. Ovvio
che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità
e il motivo di
avermi entusiasmata (forse le rosse le eviterei, ho provato ma sono
davvero una
piaga in quelle descrizioni)
Comunque
potete accedere direttamente cliccando sul titolo scritto in colore.
Fatemi sapere
se e cosa ne pensate.
|
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Capitolo 4 *** le sparizioni ***
Ciao
a tutti!
Posto
oggi, con un giorno
di anticipo perché domani sono assente e volevo mettere in
etere questo
capitolo che compie la svolta nella storia.
Spero
che vi piaccia come
è piaciuto a me nel momento che lo scrivevo.
Ringrazio
coloro che hanno
inserito questa storia tra le preferite, ricordate, seguite, chi ha
recensito e
chi ha semplicemente letto.
Ricordandovi
che questo
weekend è obbligatorio andare al cinema per il secondo film
degli Hunger Games –
la ragazza di fuoco, accontentavi di questo.
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
«Che fine ha fatto
papà?
Non è tornato questa notte». In quel momento so
che anche la mamma non è nel
suo letto. Dove sono?
Mi
alzo e corro alla camera
di mia madre. Quando spalanco la porta trovo solo il letto intatto come
mi
aspettavo.
«Dobbiamo
provare con gli
altri mentori» corro verso l'ascensore, seguita da Jayson e
Dick. Gli
inservienti non tentano di fermarci. Anche loro hanno capito che
è successo
qualcosa di importante.
Quando
le porte
dell'ascensore si aprono ed entra Sigma con un pacco tra le braccia, la
scanso
in malo modo ed inizio a schiacciare frenetica il pulsante del piano
quattro.
Se c'è, Finnick saprà dove sono i miei genitori.
L'ascensore
mi sembrava più
veloce ieri sera. Nel silenzio della cabina si sentono solo i respiri
agitati
miei e di mio fratello. «Troveremo subito Peeta e tua
madre» dichiara Dick.
Mi
fa sorridere la fiducia
che ha nella mia famiglia, ci adora letteralmente.
Quando
le porte si aprono
schizzo veloce nella sala dove, al tavolo, trovo seduti per la
colazione Iraida
e Paban in accappatoio che stanno mangiando frittelle.
«Che
ci fai qui? Ti sembra il
caso di entrare in questa maniera? Chiamo subito i militi!»
sbraita
immediatamente la ragazza alzandosi per andare al citofono interno.
«Idiota»
sbotto per poi
rivolgermi a Paban «Dov'è Finnick? Mamma e
papà non sono tornati ieri sera e
siamo preoccupati».
Non
servono molte parole.
Paban si alza precipitosamente e corre alla camera del suo mentore,
trovandola
vuota e con il letto intatto, proprio come quella di mia madre.
«Non
è tornato neanche lui.
Corro a vestirmi e cerchiamo da qualcun altro» e scappa a
indossare qualcosa.
Iraida sta ancora parlando con i militi per cercare qualche persona che
abbia
voglia di arrestarci.
Un
minuto dopo Paban arriva
con addosso una canottiera e terminando di allacciarsi i pantaloni.
È a
piedi scalzi, fin troppo vestito per come
è abituato.
«Andiamo
al terzo. Beetee
saprà sicuramente qualcosa» propongo io. In quel
momento si aprono le porte e
mi aspetto che arrivino i militi chiamati da quella bambolina idiota,
invece mi
trovo davanti il petto glabro ed allenato di Brieg, che mostra ancora
tutti i
segni della notte tra le lenzuola.
«Johanna
non è tornata e
neanche Gale al distretto sei. Ieri sera ho visto che parlavano con
Odair, lui
c'è?» chiede scompigliandosi ancora di
più i capelli. Scuoto la testa.
Anche
loro non sono tornati.
Ho la sensazione che non troveremo nessuno dei mentori questa mattina,
sembrano
spariti tutti nel nulla.
«Non
sono qui, ho aspettato
John sino a tardi perché so che ha bisogno di una mano per
Beetee ma non ho
visto nessuno dei due. In più manca anche Tanny Demsay, la
nostra presentatrice
alla mietitura. Stavo per venirvi a cercare, siamo
preoccupati». La ragazza ci
stava aspettando davanti alla porta dell'ascensore e non attende
neanche che le
spieghiamo la situazione. Dietro di lei il ragazzo annuisce serio.
È vero,
manca anche Alfie. Ieri sera non ci ho fatto caso ma anche lui
è assente.
Guardo Paban e lui mi fa segno di essere nella stessa situazione. Sono
spariti
tutti. Come immaginavamo la cosa è grave. Molto grave.
Per
me e Jayson poi è
tremendo. Sono anche i nostri genitori. Dove possono essere?
Cominciamo
a fare le ipotesi
più disparate partendo dalle conoscenze che abbiamo sui
fatti.
«Dove
dovevano andare ieri
sera?» chiede Brieg.
«Avevano
deciso di andare a
parlare con il nuovo capo degli strateghi» rispondo io
riferendomi ai miei
genitori. Mi viene in mente che abbiamo cercato solo i vecchi tributi
che
conoscevamo ma ci sono i mentori nuovi di Capitol City al piano 14 e
del
distretto 13, un piano sopra il nostro.
Risalgo
correndo in ascensore
e schiaccio frenetica il tasto 13, seguita subito da tutti i ragazzi.
Velocemente
la cabina si
porta al piano desiderato ed io esco per prima e corro verso Rudy che
so essere
più socievole di Sakìa.
«Il
vostro mentore c'è? Il
vostro presentatore? I nostri sono spariti» spiego brevemente.
«No.
Non ci sono neanche
loro. Ieri sera tuo padre lo ha invitato a un meeting con tutti i
mentori e gli
strateghi, poi non l'abbiamo più visto, per Dannie invece
non saprei, lui cerca
sempre le inservienti» risponde tranquilla Sakìa
per poi continuare a dedicarsi
alla colazione.
«Non
sarà successo niente di
male, Chyna. Non preoccuparti» interviene Rudy, ma la sua
condiscendenza mi fa
saltare la mosca al naso. Mia madre non è una donna che ci
lascia perché ha
qualcosa di meglio da fare. Lei è quella che quando si alza
presto per la
caccia lascia sempre un biglietto
sul
tavolo, se non torna per pranzo o cena riesce sempre a trovare il modo
per
avvisarci oppure rinuncia al suo impegno. Da noi è
fondamentale sapere. Lei ci
racconta che la sofferenza maggiore l'ha provata quando non sapeva cosa
era
accaduto ai suoi cari e mai più vuole trovarsi in quella
situazione. No. È
sicuro che a Katniss Everdeen è successo qualcosa e questo,
sommato ai commenti
di Beetee sulle mietiture, rende questi giochi sinistri e pericolosi.
«Cosa
sai, Chyna. Deve
esserci qualcosa di grosso in ballo se tu sei così
preoccupata» interviene
Paban avvicinandosi. È serio, terribilmente serio e
intuitivo. Sospiro e
annuisco.
«Ieri
sera abbiamo scoperto
che hanno cambiato il capo degli strateghi e sopratutto Beetee ha
notato che
molti di noi sono parenti di vecchi tributi» vuoto il sacco
guardando gli altri
candidati e aspettando le loro reazioni.
«Giusto...
ci sono io del 4,
tu del 12... Finnick mi ha parlato del candidato del 2»
ragiona Paban ad alta
voce.
«Lo
zio di mio padre ha vinto
i cinquantanovesimi giochi per il distretto 8, e so che c'è
il ragazzo del 9 e
la ragazza del 10» interviene Sakìa con la sua
solita voce monocorde.
«Invece
io sono parente di un
tributo che è caduto nei settantunesimi giochi»
interviene la ragazza del tre.
«Non
è possibile che queste
siano coincidenze. Praticamente quasi tutti noi abbiamo un legame
stretto con i
giochi del passato... perché mai?» chiede Brieg
più agitato di prima.
«Potrebbe
essere per
pubblicità. Fa sempre effetto vedere dei candidati che ti
ricordano vecchie
glorie» ragiono.
«No.
Non credo sia solo per
quello. Per avere visibilità bastavi tu. Hai sentito le urla
ieri sera. Noi
siamo solo nipoti. I nostri parenti erano famosi due generazioni fa...
ci deve
essere sotto qualcosa di più grosso» mormora Paban
e non posso dargli torto.
Anche
io sono convinta che ci
sia qualcosa che adesso ci sfugge e mi si gela il sangue pensare che in
mezzo a
tutto questo, tutta la mia famiglia sia in pericolo per un piano che
non riesco
a distinguere.
«Ragazzi.
Dovete muovervi,
tra mezz'ora dovete trovarvi sotto per iniziare l'allenamento. Vado io
a
cercare i mentori» propone Jayson.
«Come
pensi di fare,
moccioso?» chiede Brieg, facendo aggrottare la fronte a mio
fratello. Sarà
giovane ma ha l'età per partecipare a questi giochi e
trattarlo da piccolino lo
irrita parecchio. Però non riesco ad arrabbiarmi con il
candidato del distretto
7.
«Ha
parlato il grande uomo»
replica sarcastico, poi si rivolge a me che sono accanto a Paban e Dick
«Ci
sono alcune inservienti davvero giovani e carine» fa un gran
sorriso e strizza
l'occhio a Paban che annuisce complice. «Mi faccio quattro
chiacchiere, lo sai
che riesco sempre a scoprire i segreti» mi rassicura.
Concordo. Lui è una
specie di agente segreto, ha un modo simpatico e affabile che riesce a
farsi
raccontare tutto come se fosse l'unico confidente al mondo degno di
esserlo. Se
dovessi scegliere qualcuno per indagare punterei su di lui.
L'unica
cosa che mi domando è
come possa riuscire ad allenarmi se la mia mente è occupata
da altri pensieri.
«Andiamo,
Chyna. Jayson
riuscirà a trovare tutti. Jayson troverà Peeta e
tua madre» dice Dick nel suo
modo semplice e diretto. Mi prende la mano e mi trascina all'ascensore.
Nella
cabina ci ritroviamo
tutti pigiati e io mi appoggio al primo corpo che mi trovo accanto che
prontamente mi abbraccia. «Coraggio, Chyna. Andrà
tutto bene. Jayson riuscirà a
scoprire cosa succede. Ora come ora abbiamo solo lui per sapere
qualcosa, noi
dobbiamo andare agli allenamenti, altrimenti verranno i militi e ci
metteremmo
ancora più nei guai». Paban cerca di essere
rassicurante mentre mi stringe al
suo petto e continua a carezzarmi la schiena.
«Paban...
ho paura» sospiro
sottovoce in modo che solo lui mi senta. Mi stringe ancora
più forte per poi
lasciarmi andare quando arriviamo al mio piano.
Qui
esco con Dick, mentre gli
altri scendono ulteriormente per raggiungere i loro piani.
«Oh,
finalmente! È una vita
che vi aspetto. Mi hanno consegnato queste tute da indossare durante
gli
allenamenti... dov'è Katniss? Credevo volesse aspettarmi
qui, prima di andare
sotto per assistere». Sentire Sigma così
tranquilla fa esplodere tutta la mia
rabbia.
«Che
vuoi che mi interessi
cosa pensi? Katniss non c'è, la stavamo cercando anche
noi» le strappo dalle
mani il pacco che mi sta porgendo e a grandi passi mi rifugio in camera
e mi
vesto in fretta. Lego i miei capelli in una coda mal fatta, quel tanto
che
basta perché non mi vadano negli occhi, poi esco ad
aspettare Dick. Devo averci
messo troppo oppure lui è velocissimo, perché
è già davanti alla mia porta che
mi aspetta, vestito di tutto punto.
«Bella
questa tuta» commenta
guardando la sua giacca. In realtà non è niente
di particolare ma penso che per
lui tutto il luccicante mondo di Capitol City sia una cosa fantastica,
quindi
annuisco facendolo contento.
Per
l'ennesima volta
riprendiamo l'ascensore che troviamo già occupato dai
ragazzi del piano 14, i
candidati di Capitol City. Devono essere tutti e due molto giovani,
quattordici
o quindici anni e guardano Dick con espressione tremendamente
preoccupata.
«Ciao,
noi siamo Chyna e
Dick. Vinceremo i giochi insieme come hanno fatto Peeta e sua
madre» si
presenta il mio compagno nel classico modo ed io sorrido imbarazzata.
«Siamo
del distretto 12. Voi
siete di Capitol City?» cerco di fare conversazione e
rilassare gli animi.
Annuiscono
e allungano le
mani presentandosi «Io sono Alicia Snow e lui è
Owen Crane» risponde la ragazza
con una voce fine e timorosa.
Sono
sicura di essere
sbiancata. Crane? Come il capo stratega dei settantaquattresimi Hunger
Games
che hanno vinto i miei genitori? Snow? Come il presidente tiranno che
è stato
giustiziato ai tempi della guerra?
È
evidente che sono ambedue
abituati a queste reazioni da parte delle persone.
«Se
non ricordo male, il
vecchio presidente era uno zio di mio nonno o qualcosa del genere, e
lui invece
non è neanche parente dello stratega dei giochi».
Tutto
questo non può essere
una coincidenza. Ci deve essere uno scopo ben preciso se hanno deciso di pilotare le estrazioni
dei candidati
arrivando a questi nominativi.
«Siete
giovani» osservo
fissando la mia attenzione sulle lentiggini della ragazza che la fanno
sembrare
una bambina.
«Abbiamo
entrambi quattordici
anni. È strano che sia stato estratto proprio il nostro nome
visto che
compariva una volta sola» commenta Owen. Forse anche lui ha
intuito che non
tutto si è svolto in modo pulito.
Ho
bisogno di mia madre. Devo
parlare con qualcuno per analizzare e capire che mistero c'è
dietro alle
estrazioni di questi nomi e alla sparizione dei mentori. So che mia
madre
riuscirebbe a notare il marcio che a me sfugge. Mi manca. Mi manca e ho
paura.
Quando
arrivo alla palestra
degli allenamenti mi trovo in uno spazio enorme con due postazioni
sopraelevate, divise tra di loro da uno spesso muro, che coprono tutta
una
parete del locale.
La
metà più vicina a noi è
già piena di persone che ci osservano e bevono da coppe di
cristallo, l'altra
parte è completamente vuota pur essendo piena di poltroncine
dall'aria comoda.
Chissà chi devono ospitare lì sopra.
Sono
già arrivate alcune
coppie di candidati. Riconosco quelli del 9, Rudy e Sakìa
del 13, i candidati
dell'uno e anche Christal e Bor dell'undici. Subito dopo di noi
arrivano anche
Brieg con la sua compagna, Iraida e Paban. Poco alla volta arrivano
tutti.
Sembrano quasi tutti ragazzi della mia età o leggermente
più grandi.
Indubbiamente i più giovani sono quelli di Capitol City e
anche la ragazza del
7 e il ragazzino del 9.
Noto
che abbiamo tutti la
stessa tuta, come faranno gli strateghi a distinguerci per valutarci
mentre ci
alleniamo? Non ci conoscono così bene da capire chi siamo
con una occhiata.
Appena
ho finito di pormi
questa domanda, arriva un inserviente che applica una etichetta con il
velcro
sulla spalla. Ognuno di noi viene marchiato con uno scudetto che
contiene il
numero del distretto oppure una grossa C che presumo sia per Capitol
City.
Svelato il mistero.
Aspettiamo
che arrivi il capo
istruttore a darci il programma per la giornata. All'improvviso vedo
aprirsi la
porta di accesso dell'area riservata che era completamente vuota sino
ad ora.
Entra
prima un milite seguito
da un altro e mi sembrano armati. Poi entra... Finnick. Non riesco a
capire se
stia bene, vista la distanza tra me e il palco ma sembra di
sì. Vedo Paban
allungarsi in punta di piedi per cercare di vedere meglio, sino a
quando
Finnick non fa un gesto con la mano che pare voglia dire “va
tutto bene”.
Dietro
di lui entra Gale,
sorretto da sua moglie Johanna. Si tiene il fianco. Entrano il mentore
del 13 e
quello del cinque, poi Enobaria sempre baldanzosa nonostante i sessanta
anni
suonati.
Trattengo
il fiato quando
entrano i miei genitori. Li osservo minuziosamente, soffocando il grido
che
vuole uscire dalle mie labbra. Subito loro cercano il mio sguardo e in
quel
momento mi accorgo che mio padre ha un occhio nero. Infine fa la sua
comparsa
un provato Beetee e un John dall'aspetto sofferente e con un grosso
livido
sullo zigomo.
Vorrei
correre verso di loro
ma appena faccio un passo, Paban mi abbraccia con un gesto plateale e
dice ad
alta voce «Credi che tuo padre mi concederà di
uscire con te, sirenetta?». Poi
abbassa la testa come a volermi baciare sul collo e soffia nel mio
orecchio
«Non ti muovere, i militi sono armati e hanno tutti sotto
tiro». Panico. Le sue
parole mi scatenano il panico.
Sento
ridere al di sopra
della mia testa e mi sembra che siano gli strateghi. Uno dice a voce
alta
«Quella è la figlia di Katniss Everdeen? Da lei
non potevamo aspettarci niente
di diverso, sono delle mangiatrici di uomini». Le risate si
fanno più sguaiate
ma io non riesco ad offendermi, voglio solo parlare con i miei genitori.
«Paban,
credo che di questa
faccenda dovremmo parlarne subito a quattrocchi, prima che diventi un
problema.
Io non sono permissivo come mia suocera» esclama a voce alta
mio padre. Alzo la
faccia e, ancora circondata dalle braccia di Paban, lo scorgo chiedere
a uno
stratega al di là del divisorio, il permesso di scendere in
palestra. Gli
strateghi ridono e fanno cenno ai militi di scortarlo all'uscita.
A
quel punto Paban mi prende
per mano e mi sorride portandomi accanto alla porta che si trova sotto
il palco
dei mentori. Sopra, nessuno fiata. Sento addosso lo sguardo di mia
madre e non
alzo il viso perché potrei mettermi a piangere.
Alle
mie spalle, Dick fa due
passi per seguirci ma riesco a fermarlo subito «Dick, ti
prego, resta qui» il
mio tono sembra un ordine e forse su di lui ha questo effetto visto che
ubbidisce e torna verso Christal che lo prende per mano e gli sorride
rassicurante.
Arrivati
alla porta
attendiamo solo un paio
di minuti prima
che si apra e spunti mio padre scortato da un milite.
Per
prima cosa mi abbraccia e
parla velocemente e sottovoce «Stiamo bene. Non ci hanno
fatto tornare,
vogliono che rimaniate soli sino agli ultimi giorni di allenamenti.
Forse vi
prepareremo per
le interviste e le
sessioni private, non so cosa abbiano in mente. Dicono che dobbiamo
preoccuparci subito degli sponsor. Non fidatevi di nessuno se non tra
di voi e
con attenzione». Allontana il suo volto dal mio e prende il
mio viso tra le sue
mani grandi e forti.
«Cosa
pensi esattamente di
questo ragazzo?» chiede a voce alta ma con un tono da padre
apprensivo. Subito
non capisco neanche cosa vogliano dire queste parole e
perché stia scherzando
in questo modo assurdo, poi ricordo che fa parte della scusa per
poterci
parlare.
«Papà,
non lo so... sono
sorpresa anche io» e in un certo senso sarebbe la pura
verità.
«Cosa
vuoi da mia figlia? È
una ragazzina, è ancora giovane e non può
impegnarsi» dice rivolgendosi a Paban
e avvicinandosi minaccioso, poi inizia a parlare sottovoce, tanto che
stento a
sentirlo io che sono la più vicina.
«Fate
attenzione. Proteggi
Chyna e frena Jayson. Starà di sicuro facendo
domande».
«Vorrei
poterla frequentare,
credo di essere innamorato di lei da almeno quattro anni, quando ci
siamo
conosciuti. Lei dovrebbe capire queste cose» dice Paban a
beneficio del nostro
pubblico che ormai non ci toglie gli occhi di dosso e cerca di carpire
ogni
parola, poi prosegue bisbigliando «Dove vi tengono? Qui in un
appartamento o da
un'altra parte? Anche i presentatori sono spariti».
Mio
padre risponde subito
«Fuori di qui, tre edifici più avanti vicino al
recinto. Anche gli strateghi
sono lì, i presentatori no...» poi a voce alta
«Certo che ti capisco ma lei è
mia figlia e non ritengo che sia ancora il momento giusto. Devi
dimostrarmi di
valere, ragazzo» e batte una mano sulla sua spalla
«Anche Finnick sta bene,
dillo ad Annie» aggiunge piano.
Sembra
che il colloquio sia
terminato perché il milite fa un gesto con la mano e
agguanta il braccio di mio
padre. A quel punto non riesco a tacere e getto lì
«Il tuo occhio è nero, cosa
è successo?».
Il
mormorio che si stava
accendendo è di nuovo spento. Sembra che tutti vogliono
conoscere la risposta.
Paban e mio padre sobbalzano ed ho paura di aver rovinato tutto con
questa
domanda.
Poi
papà sorride nel modo che
fa sempre quando cerca di farmi digerire una bugia e quindi so
già che non
dovrò dar credito a quello che dice «Ho sbattuto
contro il pugno di Gale. Erano
anni che volevo farlo e mi sono tolto uno sfizio» risponde.
Dall'alto
sento intervenire
l'amico di mamma «Non credere di essere messo meglio di me! E
poi sono io che
avevo un conto in sospeso e non l'ho ancora soddisfatto del
tutto» puntualizza.
Gale
non lo conosco ma credo
che, se ha seguito la recita di mio padre, avrà sostenuto
quella versione per
far passare chiaramente un messaggio.
Solo
in quel momento noto che
anche il milite ha il labbro spaccato e tumefatto. Allora hanno fatto a
botte
contro i soldati! Credo sia peggio di quanto pensavamo.
Abbraccio
ancora mio padre
«Sii forte, noi stiamo bene. Fidati di Paban e Dick. Lo dice
la mamma» sussurra
poi mi bacia in fronte e torna sul palco dei mentori scortato dal
milite.
L'adrenalina
mi sta
abbandonando e le mie ginocchia tremano. Ho il respiro spezzato e mi
gira
leggermente la testa. Velocemente Paban mi abbraccia forte
«Respira... Chyna,
respira... respiri lunghi, su». Quando sente che mi sono
ripresa si allontana
leggermente e, mentre i suoi stupendi occhi brillano come gemme e sulle
sue
labbra compare un sorriso felice, dice «Adesso non mi resta
che farti innamorare
di me, sirenetta...» poi si china e aggiunge solo a mio
beneficio «Una volta lo
eri. Tornerai ad esserlo» e sono queste ultime parole che mi
spiazzano
completamente.
Era
una recita. Solo per
poter parlare con mio padre. Paban non mi vuole, non è
innamorato di me. Perché
vuole confondermi in questo modo. È un idiota! Come
può scherzare in un momento
simile? Non cerco
neanche di sembrare
ammaliata, semplicemente gli do uno spintone allontanandolo brutalmente
e con
una andatura che sprizza irritazione da tutte le angolature, mi
direziono verso
gli altri candidati, lasciandolo solo accanto alla porta dei mentori.
Gli
strateghi ridono e anche
qualcuno dei mentori non riesce a trattenersi.
«Brava
ragazza». Questa è mia
madre e sorrido soddisfatta. È orgogliosa di me, lo so.
«Che
succede?». «Perché non
sono tornati negli alloggi?». «Cosa ha detto tuo
padre?». Vengo letteralmente
assalita da Brieg, Rudy, Bor, Christal e altri candidati, anche
Sakìa si
avvicina interessata. «Non hanno fatto male a tua madre,
vero?». Dick si
dimostra il più sensibile di tutti, preoccupato
più della loro salute che
altro.
«Parleremo
dopo» bisbiglio
quando mi sento tirare un braccio e giro su me stessa per trovarmi
faccia a
faccia con una Iraida molto arrabbiata «Stai lontana da
Paban!» mi ordina.
Tra
tutte le cose che mi
aspettavo potesse dire questa è senza dubbio la
più scema! Però devo renderle
il merito di irritarmi talmente da tornare combattiva in un istante.
«Paban!»
sbraito ad alta voce
in modo che si affretti a tornare nel gruppo, senza neanche degnarmi di
rispondere alla ragazza «Porta via questa idiota e tienila
lontana da me o
giuro che nell'arena non ci arriva intera!».
Sento
ridere nel settore
degli strateghi e mi accorgo di aver messo in piazza qualcosa che
doveva rimanere
privato. Con la coda vedo Finnick scuotere la testa disperato, forse
anche lui
è d'accordo con ritenere quella ragazza una enorme idiota!
«Pensavamo di avere
di nuovo una coppia di innamorati e invece abbiamo un triangolo con
l'uomo
conteso!» commenta il capo degli strateghi ed io mi trattengo
dal lanciargli
uno sguardo omicida. Nel frattempo Paban ha afferrato Iraida prima che
lei si
potesse scagliare su di me.
Vedo
che si strattona e cerca
di liberarsi per potermi aggredire e mi preparo al contrattacco, ma
è Dick che
le parla per primo «Tu non vuoi bene a Chyna. Lei
è mia amica e tu non devi
fare del male o io faccio tanto male a te».
È
la prima volta che lo sento
minacciare qualcuno e, guardandolo mi spavento da quanto lo vedo
possente e
letale. Fossi in Iraida ne avrei paura. Evidentemente su questo punto
siamo
perfettamente d'accordo perché la bambolina idiota si
sgancia da Paban e si
allontana a grandi passi.
Sospiro
esasperata, sono al
centro dell'attenzione e per me, solitaria, asociale e per niente
simpatica,
potrebbe essere devastante con reazioni esasperate. In altre parole
devono
pensare e guardare qualche altra persona. «Ragazzi, pensiamo
ad allenarci» dico
stancamente e mi metto accanto alla postazione dei pesi ad aspettare
che il
capo istruttore inizi a darci indicazioni.
Passano
cinque minuti dove
sto completamente in silenzio appoggiata al muro a pensare a quello che
aveva
detto mio padre. Li avevano trattenuti. Immagino che siano stati Gale,
mio
padre e John a menare
le mani contro i
militi visto che sono i più acciaccati. Di sicuro mia madre
avrà tentato di
intervenire e qualcuno avrà dovuto fermarla impedendo di
peggiorare le cose e
prendendosi qualche colpo. Chissà chi si sarà
preso un pugno al posto suo.
Vogliono tenerci isolati, non vogliono che insieme ai nostri mentori
studiamo
una strategia per i giochi. Perché?
Perché
non vogliono che i
mentori facciano il loro lavoro? Perché non devono stare con
noi? Ci vogliono
isolare ancora più di quanto non siamo. Ma non ha senso!
Questi sono i giochi
della pace, possiamo uscire dall'arena quando vogliamo, anche nello
stesso
momento in cui scadono i sessanta secondi davanti alla cornucopia.
Allora
perché creare tutta questa tensione?
Cosa
significa tutto questo?
L'estrazione di parenti di vecchi tributi oltre ai due rappresentanti
di
Capitol City che hanno un cognome tristemente famoso, i mentori che non
possono
pianificare delle strategie...
Rimarremo
da soli ad
allenarci facendo di testa nostra, sotto il solo controllo degli
allenatori.
Mi
prendo la testa tra le
mani. Non ci capisco niente. Non so cosa si voglia da noi ma sono
sicura che
noi candidati siamo la chiave.
«Benissimo.
Ragazzi venite
qui, vi devo parlare» dice il capo allenatore con voce
stentorea.
Ubbidiente
mi alzo e mi
avvicino come tutti gli altri candidati. Dick si posiziona alla mia
destra e
Alicia alla mia sinistra. Più distante Iraida mi guarda con
astio e Paban
sogghigna. Che coppia di stupidi. Sento che la mia mano sinistra viene
avvolta
da piccole dita e a mia volta stringo incoraggiante.
Che
colpa ne ha questa
ragazza se tra i suoi antenati c'era anche quel tiranno di Snow? Lui
aveva
ucciso i suoi avversari politici, venduto il corpo dei tributi
vincitori
ricattandoli, ha fatto in modo che i ragazzi dei distretti fossero
trucidati in
modi orribili, reggeva il suo potere sul terrore ma tutto il male lo ha
pagato
con la sua vita. Alicia non ne è responsabile.
«Parecchi
di voi vivono con
agio presso le proprie case. Nelle arene si deve sopravvivere, a volte
procurarsi il cibo, fare delle piccole medicazioni, trovare l'acqua,
accendere
un fuoco. Dovete sapervela cavare. Per questo dovrete seguire i corsi
per
queste materie e provare almeno una volta ogni postazione»
comincia il suo
discorso.
«Inoltre,
per essere
realistici durante i giochi dovrete riuscire a maneggiare correttamente
spade,
lance, coltelli, tirare frecce e usare fionde. Ci saranno lezioni
obbligatorie
su quattro armi che dovrete seguire tutti, poi vi potrete dedicare a
quanto vi
è più congeniale. È consigliabile
provare tutto, però. Magari vi capiterà in
mano un'arma e saperla usare potrebbe significare non dover rinunciare
ai
giochi prima del tempo» conclude osservandoci.
Siamo
alunni diligenti, visto
che nessuno ha parlato ne voltato lo sguardo lontano da lui.
Accanto
ai manichini e alle
postazioni ci sono i vari allenatori specializzati in ogni
attività.
Non
parlo più con nessuno e
nessuno si avvicina a me a parte Dick che mi segue come un ombra e
Alicia che
ha deciso di essere la mia ombra.
«Io
sono Dick, tu chi sei
piccolina?» chiede il mio compagno dopo aver visto come la Snow
mi seguiva tra le
postazioni per decidere da quale iniziare. «Alicia, candidata
di Capitol City»
risponde lei impressionata dalla stazza del mio amico.
«Non
preoccuparti, sembra pericoloso
ma non lo è... non tanto almeno» provo a fare la
simpatica ma non è proprio da
me. Alicia sorride intimidita e tende la mano verso Dick che la stringe
e
sorride di rimando. Forse abbiamo trovato una amica. Una in
più.
«Da
dove incominciamo?» chiedo
perplessa guardandomi intorno. Molti ragazzi hanno iniziato con le armi
ma io
preferirei qualche cosa di più tranquillo che non mi faccia
pensare troppo, in
modo da poter volgere la mia attenzione ad altro, tipo seguire e
controllare i
movimenti e le reazioni dei mentori sequestrati.
Mi
volgo verso mia madre e
vedo che sta guardando con insistenza la postazione dei nodi. Ricordo
che mi
aveva raccontato diverse volte che aveva fatto parecchie soste
lì perché
riusciva a distrarsi e aveva anche imparato cose utili per le sue
trappole.
«Nodi» dico meccanicamente e mi incammino verso il
settore prescelto.
Ci
sediamo di fronte al
nostro insegnante e, dopo che ci vengono consegnate dei pezzi di corda
lunghi
un metro, cominciamo ad annodare e sciogliere. L'uomo si dimostra
entusiasta di
insegnare ed ho l'impressione che non ottenga gran successo tra i
candidati,
esattamente come ai tempi di mia madre.
Le
mie dita vagano sulla
corda in modo automatico. Riesco a fare nodi anche complicati grazie a
mia
madre e le sue lezioni di caccia, trappole e sopravvivenza.
Probabilmente,
nonostante non abbia mai voluto, sono una delle più allenate
qui dentro.
Guardo
ancora verso i miei
genitori. Mia madre mi guarda, poi si volta verso gli strateghi e
subito gira
la testa come a negare. Riguarda e si volta. Guardandola velocemente
sembra che
voglia dire no con la testa. Vuol dire non fidarsi degli strateghi? Che
sono
troppo vicino agli strateghi?
Mio
padre mi guarda poi
aggrotta la fronte mentre guarda i candidati dell'uno e del due. Ovvio,
loro si sono
fiondati a tirare di spada
e lancia, assetati di sangue come trenta anni fa. Sembra che non sia
cambiato
nulla da allora.
Mia
madre li definiva i
vecchi tributi favoriti e normalmente si alleavano con il distretto 4,
dove,
pur senza accademia, i ragazzi vivevano in modo da sviluppare la
propria forza
e diventare armi letali come quelli degli altri due distretti.
Paban
sta aspettando il suo
turno vicino alle lance. Mio padre mi ha detto di fidarmi di lui e di
Dick. Il
mio compagno di distretto è quanto di più fedele
potessi sperare. Mi vuole
bene, è affezionato a tutta la mia famiglia, mi ha
già protetto da Iraida e
sono certa che se dovesse accadere ancora non dovrei temere un suo
tradimento.
Al contrario il candidato del quattro mi ha aiutato a parlare con mio
padre ma
mi ha preso in giro per tutto il resto del tempo. In più
è uno dei favoriti
nella lotta. Devo fidarmi di lui come dice la mia mamma oppure
seguire il
mio istinto e non rivolgergli più la parola.
Sospiro
stanca, è davvero il
mio istinto o solo il risentimento per quello che è successo
quattro anni fa?
Poi
c'è Brieg. Cosa ne
penserebbe mio padre? Sono talmente simili che dovrebbe piacergli.
Fisso
il ragazzo che si sta
allenando con il lancio del coltello. È bravo e anche
letale. Il distretto 7 è
quello degli alberi e quindi abbiamo taglialegna e falegnami. Gente che
vive
con una lama come naturale prolunga del suo braccio. Il suo mentore
è Johanna.
Non è simpatica ma è la moglie di Gale, non
può odiarci tanto... forse di Brieg
potrei fidarmi.
Torno
a guardare i mentori e
vedo un sorrisino sarcastico sulle labbra della signora Hawthorne.
Possibile
che sia così trasparente? Arrossisco leggermente e distolgo
lo sguardo per
fissarlo sui miei genitori. Mia madre è seria, quasi
arrabbiata e appena sa di
avere la mia intenzione fa un piccolissimo segno con la testa.
È un no.
Non
vuole che mi allei con
Brieg. Perché? Sino ad ora si è dimostrato un
buon candidato. Si è preoccupato
quando i mentori non erano tornati, adora i Mellark, per quale motivo
non va
bene?
Dopo
un'ora ad annodare corde
siamo passati al fuoco. Accenderlo con i fiammiferi, con l'acciarino
e
addirittura con lo sfregamento, utilizzando un legnetto e una specie di
arco
che ci costruiamo da soli. Alicia è quella che ha più
difficoltà mentre
Dick se la cava decisamente meglio, anche se il suo problema è non
bruciare
troppa roba.
Ormai
sono passate quasi tre
ore ed è arrivato il momento di lasciare gli allenamenti per
pranzare.
«Ehi,
sirenetta, ci sediamo
vicino?». Decisamente avrei lasciato che il mio istinto
prendesse il
sopravvento, mi avvio a prendere il vassoio del pranzo e mi siedo a
un
tavolo, convinta che gli altri mi avrebbero lasciata sola insieme a
Alicia e
Dick. Forse non avevo fatto i conti con la necessità di
sapere qualcosa
relativo ai mentori e mi trovo invece circondata da tutti i candidati
interessati a quanto aveva riferito mio padre.
«Li
hanno rinchiusi?». «Non
ha senso, dovrebbero aiutarci con le strategie».
«Hanno detto che devono
pensare subito agli sponsor». «Noi dovremo solo
seguire gli allenamenti?».
«Torneranno prima dell'inizio dei giochi?».
«Io sono so come parlare
nell'intervista, come faccio?». «Non gli hanno
fatto del male, stanno tutti
bene».
Parliamo
a bassa voce,
creando un brusio indistinto scambiandoci informazioni e ipotizzando
soluzioni.
Nessuno di noi sembra aver capito lo scopo di tutto questo ma siamo
tutti
d'accordo di continuare i nostri allenamenti, aspettando pazienti il
ritorno
dei nostri mentori.
Nel
pomeriggio mi sono decisa
a provare le armi e ho cominciato con
la
spada e il coltello. Sono due cose dove risulto carente, principalmente
perché
lo è mia madre, per cui devo applicarmi molto seriamente per
ottenere dei
fendenti decenti e dei lanci accettabili.
Le
armi che usiamo erano del
tipo normale. Tagliano e sono letali. Le usiamo solo per i manichini,
per la
lotta a due avremmo usato le armi di scena, quelle che non fanno male.
Alla
sera sono esausta e non
vedo l'ora di andare a dormire subito dopo aver cenato.
Le
pietanze sono davvero
sublimi ma non riesco a goderne come prima. Sono preoccupata e non ho
nessuno
con cui sfogarmi, tranne Dick, e non è una soluzione.
«Voglio
vedere la mia
ragazza! Non potete vietarmelo, lo ha accettato anche suo
padre!» è Paban che
vuole entrare, ma chi lo sta ostacolando? Mi alzo e vado a scoprirlo.
Davanti
alle porte aperte dell'ascensore si trovano tre militi armati che
impediscono
al ragazzo di uscire dalla cabina.
«Abbiamo
l'ordine di non far
girare i candidati tra i vari piani perché dovete riposare.
Tra poco
arriveranno le guardie addette al distretto 4 per riportarla al suo
alloggio»
dice un milite con piglio perentorio.
Paban
mi vede oltre la spalla
del soldato «Chyna, sirenetta, stai bene? Non ti hanno fatto
del male questi?»
sembra davvero preoccupato come un vero innamorato. Sorrido alla sua
recita, è
davvero bravo. «Tutto a posto, c'è Dick con me, ci
vediamo domani mattina»
rispondo.
«Dì
all'omone di non
allungare le mani... buona notte, Chyna» non può
dire altro che le porte si
chiudono e l'ascensore viene posto in movimento.
«Signorina
Mellark, vada
nella sua stanza. Ci pensiamo noi a proteggerla» mi rassicura
il milite che ha
cacciato Paban.
Onestamente
mi fido di più
del candidato rispetto al soldato che ho davanti, ma evito di farglielo
notare
per non offenderlo... no, perché devo avere queste remore?
«Preferirei il mio
ragazzo, lui è capacissimo a proteggermi» rispondo
con un tono molto piccato,
poi mi volto e mi rifugio direttamente in camera, seguita passo a passo
da Dick
che si dirige poi verso la sua salutando a voce alta «Buona
notte, Chyna».
Adesso
ci impediscono i
contatti al di fuori degli allenamenti. Così non potremo
consultarci o fare
alleanze. Cosa vogliono? Cosa credono di ottenere facendo
così?
Jayson.
Non l'ho sentito per
tutto il giorno. Meglio che torni presto, ho bisogno almeno di lui.
---ooOoo---
Angolino
mio:
credo
che questo capitolo sia importante.
Primo
abbiamo un Paban che sembra più simpatico di quanto non
fosse prima.
Abbiamo
parecchi candidati svegli e una situazione che nessuno capisce ma che
agita
profondamente i ragazzi.
Le
cose peggioreranno a poco a poco e questo porterà
…
No,
questo non lo dico, dovrete leggerlo. Per ora accontentatevi di questo
piccolo
spoiler del prossimo capitolo:
…«Hai capito?»
sussurra tra i miei capelli e io non
riesco neanche a rispondere tanto ho la gola secca. Annuisco piano con
la testa
e sento il suo naso accanto all'orecchio che frega leggermente. Ho dei
brividi
che mi percorrono tutto il corpo e sono letteralmente paralizzata.
Sospiro di
piacere…
Per
ora vi ringrazio dell’attenzione.
Alla
prossima
Baciotti
|
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Capitolo 5 *** l'investigatore ***
Ciao
a tutti.
Continuo
ad anticipare
giorno. Quando troverò quello congeniale ve lo
farò sapere. Per ora posto il
nuovo capitolo, sperano di farvi piacere.
Riassumendo,
i candidati
pare siano stati estratti con mietiture pilotate e i mentori sono
spariti.
Chyna respira un clima di tensione perché ha la sensazione
che dietro queste
manovre ci sia un piano più grande del quale non si capisce
ancora nulla.
Adesso
voglio presentarvi
per bene i banner (FANTASTICI) che ha preparato la grande ELENRI
(Teresa)
davvero bravissima.
Nei
primi quattro capitoli
(a chi fosse sfuggito) ho postato la nostra Chyna, la protagonista.
Adesso vi
presento Jayson il fratellino più piccolo della famiglia
Mellark versione spy.
Nei prossimi capitoli aspettatevi altri personaggi!
E
adesso... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
La
notte non passa tranquilla
come la precedente. Mi giro nel letto senza trovare una posizione che
mi
rilassi. Aspetto di sentire i passi felpati di Jayson mentre torna
dalla
caccia, lui è bravissimo in questo, sa muoversi senza fare
rumore. È la
personificazione delle migliori qualità di Katniss Everdeen
e Peeta Mellark. Ed
è bellissimo con i suoi capelli biondi e gli occhi grigi, la
sua simpatia
spontanea e il fisico non alto ma proporzionato. Lui è
quello che ha tanti
amici, quello a cui nessuno nega un aiuto o una informazione.
Spero
che le inservienti di
cui ha parlato, gli dicano tutto quello che serve. Senz'altro i militi
non lo
faranno rientrare, lui non è un candidato e a quanto pare
tutti gli altri sono
stati allontanati.
Dove
passerà la notte? Dove
sarà adesso? Non avremmo mai dovuto lasciare che venisse con
noi a Capitol
City, già è brutto quello che stanno facendo a
mamma e papà, dovesse accadergli
qualcosa...
Dalla
finestra vedo
albeggiare e non ho chiuso occhio. Oggi dovrò allenarmi con
le armi, spero di
non fare troppi danni o saranno guai.
«Ciao,
Chyna. Hai dormito
bene? Io ho sognato la nonna... mi manca» sembra quasi
vergognarsi della sua
debolezza ma sorride perciò è sereno, almeno lui.
Rispondo un “anche io”
distratto e Dick capisce che non deve chiedere altro. In questo
è bravo, si è
sempre tenuto alla larga quando capiva che non era ben accetto e non
sono mai
stata così grata della sua capacità come in
questo momento.
«Andiamo
sotto» dico appena
ho finito di mangiare e lui si alza subito e si dirige verso
l'ascensore,
seguendomi.
Passiamo
davanti ai militi ma
non li guardo neanche. Potrei avere brutte razioni.
In
palestra siamo i primi ad
arrivare. Ho bisogno di scaricare la tensione e non c'è
niente di meglio di un
po' di movimento. Mi dirigo verso il poligono delle lance, seguita
sempre da
Dick. Non voglio essere cattiva con lui ma gradirei non mi stesse
sempre
appiccicato.
«Dick,
vai ad allenarti con i
coltelli, devi migliorare la mira» suggerisco cercando di
essere il più gentile
possibile. Lui si illumina come se gli avessi detto che lo amo, e
annuisce contento.
«Ciao,
Chyna» saluta Brieg
non appena arriva e mettendosi in coda alle mie spalle, aspettando il
suo
turno.
«Ciao,
Brieg». Non c'è niente
da fare, appena mi volto arrossisco. Il cuore mi balza in gola e
balbetto
qualcosa relativa alla notte trascorsa.
«Anche
io ho dormito male.
Questa situazione è assurda, perché hanno portato
via i nostri mentori? Loro
dovrebbero aiutarci ad organizzare i nostri giochi nell'arena, per
vincere.
Così siamo lasciati allo sbaraglio» risponde
lamentando la nostra situazione.
Annuisco
e provo a tirare una
lancia al bersaglio ma sbaglio mira di almeno venti centimetri dalla
sagoma.
Guardo
i palchi. Quello degli
strateghi è pieno come ieri, quello dei mentori è
completamente vuoto. Dove
saranno adesso? Non devono venire a vederci almeno per qualche ora?
Sarei più
tranquilla a constatare che sono tutti vivi.
«Non
si fa in questo modo.
Per lanciare un'arma ti devi bilanciare sulle gambe altrimenti
sbaglierai
completamente. Poi devi fare questo movimento». Aderisce
completamente alla mia
schiena e passa una mano alla vita, mentre l'altra afferra il polso e
mi sposta
il braccio indietro e poi verso l'alto mimando l'atto del lancio.
Ripete il
gesto alcune volte ma io sono distratta dalla sua vicinanza, dal suo
alito
sulla mia nuca, dal calore del suo petto che sento sulla schiena.
«Hai
capito?» sussurra tra i
miei capelli e io non riesco neanche a rispondere tanto ho la gola
secca.
Annuisco piano con la testa e sento il suo naso accanto all'orecchio
che frega
leggermente. Ho dei brividi che mi percorrono tutto il corpo e sono
letteralmente paralizzata. Sospiro di piacere.
«Grazie,
Brieg. Adesso aiuto
io la mia ragazza». Paban. È come se mi avessero
gettato addosso un secchio di
acqua ghiacciata. Accidenti a lui!
«Oh.
Ti ha detto di sì?
Scusami, mi era sfuggito» Brieg, mi lascia il polso e toglie
la mano dal mio
corpo ma non si allontana, facendomi ancora percepire il suo calore.
«Questa
è una cosa che
riguarda me e lei. Tu non c'entri niente, quindi allontanati e lasciaci
in pace»
tuona con un tono più seccato.
«Non
puoi dare ordini. Io non
sono al tuo servizio e lei non ha ancora deciso... potrebbe volere
delle
alternative» insinua il biondo accanto a me.
«Vorresti
candidarti tu?
Pensavo avessi più buonsenso, visto tutta la protezione di
cui gode» replica
Paban con un sorrisino strafottente e incrociando le braccia con tono
di sfida.
«Se
intendi suo padre, non mi
conosce, come fai a dire che non gli andrei bene per sua
figlia?». Oh, mamma!
Come siamo finiti a parlare di presentazioni ufficiali ai genitori?
«Io
non mi riferivo a Peeta»
risponde l'altro ridendo sempre più sfacciatamente.
«E
a chi allora?». Brieg è
confuso e anche io, sino a quando non arriva una manona che mi agguanta
per un
braccio e mi trascina via dal candidato del distretto 7.
«Chyna.
Loro litigano perché
ti vogliono fare del male? Sono cattivi a litigare davanti a
te» e detto questo
mi trascina alla postazione delle spade, senza che io possa dire
qualche cosa
in contrario.
Dick.
Il suo modo di
proteggere mi sta facendo irritare. Stavo parlando con Brieg, forse il
primo
ragazzo che mi piaccia davvero e lui mi porta via? E Paban poi? Cosa
gli
interessa se Brieg mi abbraccia? Ieri ha confessato di amarmi solo per
consentirci di parlare con papà. Anche lui se ne
è accorto, adesso crede che
facendo il geloso mantenga la sua copertura?
Io
però non gli ho detto che
accettavo, quindi sono liberissima di intrattenermi con altri ragazzi.
Devo
assolutamente chiarire questo punto perché non ho alcuna
voglia di affrontare
altre volte una scenata simile.
Guardo
gli strateghi. Pare
che nessuno si sia accorto dei nostri scambi di opinioni di prima.
Almeno
questo mi è stato risparmiato, altrimenti qualcuno avrebbe
ipotizzato che
quello che prima era un triangolo adesso diventava un quadrato.
Forse
il mio viso riflette
l'irritazione dei miei pensieri, perché Dick si allontana
subito e si mette a
lanciare coltelli accanto ad Alicia. Sembra che la piccola Snow non
abbia più
tanta paura del mio amico gigante.
«Posso
aiutarti?» il tono
allegro di Paban mi irrita ancora di più. Deve essersi
divertito tantissimo per
la scena di prima.
«Cosa
vuoi da me?» mi volto
per affrontarlo e non tento neanche di fingermi gentile.
«Niente,
faccio solo quello
che Peeta e Finnick si aspettano: ti proteggo» risponde
scrollando le spalle,
come se fosse la spiegazione più logica.
«Da
cosa? Da un abbraccio? Da
un candidato gentile? Brieg non è un boa constrictor, quella
è la specialità di
Dick, casomai ne fossi all'oscuro» gli dico piccata.
«Non
essere ridicola, Dick
non ti farebbe mai del male» anche lui si sta alterando.
«E
Brieg sì, invece?». Questo
è ridicolo. Per alcuni secondi rimane interdetto a fissarmi
attentamente poi,
come se si fosse accesa una lampadina nella sua testa, inizia a
sorridere
sempre più.
«Lui
ti piace» dice
vittorioso, poi il suo sorriso si spegne subito e si volta ad osservare
il
biondo che è rimasto alle lance. È pensieroso.
«Lui
non...» provo a
giustificarmi ma, come se avesse avuto una improvvisa illuminazione
ancora più
grande della precedente, mi interrompe subito.
«Oh,
capisco... Però, Chyna,
lui non è Peeta, gli somiglia ma non è lui. Non
è tuo padre e non sai se può
essere pericoloso per te». Trasalisco. Come ha fatto a capire
così bene i miei
pensieri quando sono nebulosi anche per me stessa?
«Lo
so che non è mio padre»
non so se essere arrabbiata perché mi ha scoperto o triste
per essere così
trasparente ed infantile. «Ma io non riesco a vederlo
cattivo. È stato gentile,
l'hai visto anche tu ieri». Paban sospira combattuto, poi
allunga una mano per
una leggera carezza sulla mia guancia.
«D'accordo,
vedrò di non fare
il ragazzo geloso e dargli il beneficio del dubbio. Tu però
non farmi passare
per il tradito della situazione» sorride e mi strizza
l'occhio.
Tradito?
«Paban!» esclamo
indignata «Ho solo diciassette anni, cosa credi che possa
fare?» protesto
tirandogli un colpo al costato che lui mostra di non sentire.
Però
sente quello che gli ho
risposto, perché strabuzza gli occhi e mi dice divertito
«Perché? Non l'hai
ancora fatto?» e ride quando mi volto stizzita e mi allontano.
«Ti
prego, sirenetta, così mi
uccidi» grida in modo teatrale, mettendosi le mani sul petto
e scatenando le
risate di tutti quanti, tranne che le mie.
Il
resto della mattinata lo
trascorro passando da un poligono all'altro, evitando però
gli archi. Quelli li
terrò per la fine, non mi serve allenarmi, mi basta capire
il loro
bilanciamento e tirare di conseguenza.
Sia
Paban che Brieg si
tengono alla larga e nessuno dei due si azzarda a fare altri commenti
su di me.
Per quelli basta Iraida che continua a borbottare cose strane al mio
indirizzo.
Ma se lo tenesse pure il suo compagno del quattro se ci tiene
così tanto!
Alicia
mi accompagna negli
spostamenti e mi ritrovo a correggere le sue mosse molto più
di quanto lanci
io. Quando Dick ci raggiunge, è quasi mezzogiorno.
«Perché
hai litigato con
Paban? Lui è buono, mi ha dato il suo dolce ieri, e poi ti
vuole bene». Ecco
spiegato come possa avvicinarsi a me senza che il mio mastino lo
blocchi. Ho
visto diversi cani da guardia fare la stessa fine: avere dei bocconi
prelibati
da mangiare e poi schiacciati non appena ci si poteva avvicinare senza
rischi.
«Non
ho litigato con Paban e
neanche con Brieg, anche lui è simpatico e buono»
cerco di fargli capire che può
concedere il lasciapassare anche a qualcun altro.
«Brieg
non mi piace»
sentenzia Dick. È talmente secco nella sua affermazione che
mi domando cosa
abbia visto di così negativo in lui, perché
qualunque cosa sia è senza dubbio
degna di nota e considerazione anche da parte mia.
A
pranzo i mentori non sono
ancora entrati sul loro palco ed io inizio ad essere sempre
più agitata. Cosa
può essere successo? Perché non li hanno ancora
portati qui? Dove sono?
Mi
accomodo al tavolo,
accanto a Dick e Alicia. Poco dopo si siedono con noi Owen, Bor e
Christal. È
quasi comico, Capitol City insieme ai distretti 12 e 11. I distretti
più
lontani e poveri con la decaduta e indifesa capitale. Saremmo davvero
una bella
squadra di disperati.
«Vuole
anche del budino?»
chiede deferente un inserviente chinandosi verso di me con un vassoio
in mano.
Riconosco la voce senza neanche voltarmi e faccio segno a Dick di fare
silenzio
prima che possa attirare troppa attenzione.
«Jayson!
Stai bene?» chiedo
subito con urgenza.
«Sì.
Vedrò se riesco a venire
da te questa sera. Ho trovato i mentori, stanno bene. I presentatori
sono in
un'altra struttura che non ho ancora trovato. Non posso liberare mamma
e papà,
lì c'è troppa sorveglianza. Ti terrò
informata» dice tutto sottovoce, poi posa
il budino accanto al mio piatto, fa un inchino e si allontana.
Il
tavolo rimane in silenzio
ancora alcuni minuti, poi Bor si decide a parlare.
«Tuo
fratello è in gamba per
essere così giovane» si complimenta ed io sorrido
orgogliosa e annuisco.
«E'
molto bravo. Migliore di
me nella caccia e anche con le persone. Spero solo non faccia niente di
avventato che possa metterlo in pericolo» commento alla fine.
«Credo
che tutti noi siamo in
pericolo, altrimenti non avrebbe senso questa situazione»
commenta Christal. Ha
ragione.
«Solo
che non capisco perché
farci isolare in questo modo. Quando saremo dentro all'arena possiamo
sventolare il drappo bianco e andarcene in qualsiasi momento,
perché creare
tutta questa paura?». Owen ragiona a voce alta e anche a lui
non posso dare
torto.
Tutti
questi pensieri li ho
avuti anche io e non sono arrivata a nessuna conclusione logica.
«Piantala!
Sei solo un
imbecille e non vedo l'ora di eliminarti dai giochi, così
respireremo tutti
meglio» urla arrabbiato il candidato del cinque, rivolgendosi
a quello dell'uno
che lo guarda con ironia e disprezzo.
«Sei
un inetto e non dovrò
sprecare molto tempo per farti tornare a casa con la coda tra le gambe.
Sei
finito!». Questa è una minaccia. Ai tempi dei
vecchi Hunger Games, una
affermazione del genere sarebbe risultata come una promessa di guerra e
combattimento all'ultimo sangue nell'arena. Oggi dovrebbero essere
parole
vuote, eppure mi creano una inquietudine sinistra.
«Stanno
diventando tutti
arrabbiati. Il non sapere e questo isolamento, ci fa scaldare gli
animi» dice
Bor prima di tornare a mangiare il suo stufato.
È
come un'epifania! Ecco la
spiegazione! Ci stanno irritando, ci stanno facendo diventare
arrabbiati e se
noi siamo arrabbiati lo spettacolo sarà più
realistico e soprattutto violento.
Cosa
hanno intenzione di
fare? Farci uccidere davvero tra di noi? Questo è contro le
regole, contro il
buon senso!
Dobbiamo
parlare con il
governo, con la presidente Paylor. So che conosce la mamma e la
rispetta, dovrà
ascoltarci e dovrà far ritornare i mentori e i presentatori.
Vedo in lontananza
il palco degli strateghi dove i presenti stanno mangiando un arrosto e
guardo
fisso il loro capo, sino a quando lui si volta verso di me, come se
fosse stato
richiamato dal mio sguardo. Ricambia l'occhiata fissandomi e...
sorride.
Sorride
perché sa che sono
preoccupata, sorride perché ha un piano e nel piano ci sono
anche io. Sorride
malvagio e io torno ad avere paura per i miei genitori e mio fratello.
Cosa
posso fare?
Guardo
gli altri candidati,
occupati a parlare tra loro e mi domando se sono preoccupati come me.
Quando
incrocio uno sguardo mi fermo a mettere a fuoco chi mi sta guardando
così
intensamente. Paban. Aggrotta la fronte ed io scuoto la testa.
Cosa
dovrei dirgli? Che
secondo me ci hanno isolato per scatenare i nostri istinti e diventare
delle
vere macchine da guerra? C'è solo una soluzione ed
è far intervenire il
governo.
Devo
parlare con Jayson e
mandarlo a cercare la presidentessa Paylor e magari anche il vecchio
Plutarch.
Lui, in quanto ex capo degli strateghi riuscirà senza dubbio
a muoversi meglio
di noi nel sistema di Capitol City.
Mi
trovo di nuovo alle spade
per un altro giro di allenamento. Il sudore mi scorre lungo la schiena e la mia mente si rilassa
mentre taglio teste e
braccia di manichini indifesi. Pochi minuti fa è passato il
capo allenatori ad
avvisarci che il giorno dopo avremmo fatto solo esercizi per rafforzare
i
muscoli, niente armi o esercitazioni di sopravvivenza.
È
quasi metà pomeriggio
quando si apre la porta del palco dei mentori e iniziano ad entrare.
Uno per
volta si siedono il mentore del 13, quello del 10, Finnick, il mentore
del 9,
quello dell'8, Enobaria, mio padre, Gale, il mentore dell'uno, quello
di
Capitol City, mia madre, il mentore del 5, Johanna, Beetee che viene
sospinto
da John sulla sua carrozzina.
Li
osservo uno dopo l'altro
attentamente. Non hanno segni di violenza, non camminano curvi e non
zoppicano.
Apparentemente sono sani e stanno bene. Sono così sollevata
che mi concedo una
risata quando vedo inciampare Iraida mentre sta duellando con Nazig, la
ragazza
del distretto 2.
Sento
su di me lo sguardo dei
miei genitori. Sto bene e so che il vederlo li rende sollevati. Un
inserviente
entra nel palco e offre delle bibite ai mentori e ai militi. Non ci
vuole molto
a capire che si tratta di Jayson.
Vedo
Finnick, Gale e i miei
genitori, trattenersi anche dal sorridere per paura di tradirlo, cosa
che non
fa Johanna, visto che inizia a ridere e a arpionare una guancia di mio
fratello, dicendo a voce alta «Qui a Capitol City avete anche
gli inservienti
carini... peccato sia già sposata!» poi sussurra
qualcosa e torna a ridere
sguaiata «Sfrontato!» facendo intendere
chissà cosa.
Capisco
che ha passato
un’informazione e non mi resta che aspettare questa sera,
sperando che Jayson
riesca ad arrivare nella mia camera sano e salvo.
Mi
volto per continuare il
mio allenamento e incontro lo sguardo di Bor. Anche Brieg mi sta
guardando e
scommetto un intero cervo che lo stesso sta facendo Paban. Forse domani
mattina
avrò notizie di prima mano da diffondere.
La
sera mi scopre
particolarmente provata. Ho solo voglia di farmi una doccia e andare a
dormire,
ma dovrò aspettare Jayson e parlare con lui è
estremamente più importante
rispetto al mio riposo.
Sto
aspettando l’ascensore
quando sento spingere dietro di me, e vedo Paban affiancarmi trafelato
«Cercavi
di sfuggirmi, sirenetta?» chiede gigione mentre prova ad
abbracciarmi.
Tutta
questa necessità di
mettermi le mani addosso la sto trovando stancante quindi mi sposto
bruscamente
e penso di aver sistemato il problema, non fosse per il fatto che la
sua mano
si ferma sul mio braccio e stringe senza mostrare alcun cambiamento
nell’espressione del viso.
«Ti
ho vista impegnata tutto
il giorno, non puoi farmi vedere un bel sorriso? Lo sai che mi piace
tanto» lo
sento quasi miagolare e non mi sorprenderei se gli spuntassero le
orecchie e i
baffi di un gatto. E per inciso io odio i gatti.
Però
il suo modo di parlare
cozza con la presa ferrea e dolorosa che ha sul mio avambraccio. Quasi
certamente verrà fuori un livido con buona pace della
protezione di Dick e
della presunta bontà di Paban.
Cerco
di capire cosa vuole
avvicinandomi a lui e appoggiando la fronte al suo petto.
Immediatamente mi
lascia il braccio e mi abbraccia dolcemente «Mi sei mancata
anche tu» risponde
a una mia ipotetica affermazione sussurrata.
A
un occhio esterno sembriamo
due fidanzatini che si fanno le coccole. Lui si abbassa come a baciarmi
il
collo ed inizia a bisbigliare «Era Jayson?». Il
soffio che mi arriva mi fa
rabbrividire e non posso dire, in tutta onestà, che sia una
cosa brutta.
Inizio
a strusciare il naso
contro il suo orecchio e lo sento trattenere il fiato.
“Questo gioco si può
fare in due” penso soddisfatta, poi torno a quello che
è importante «Proverà a
salire da me questa notte».
«Cercherò
di esserci anche
io» afferma.
L’ascensore
si ferma al suo
piano e lui scende salutando me e Dick che gli augura sogni
d’oro. Al mio
mastino deve piacere proprio Paban, per permettergli di abbracciarmi e
di fingere
di baciarmi senza intervenire. Forse dovrei fargli vedere il livido sul
braccio
ma mi trattengo. È inutile mostrarsi infantile sino a questo
punto. Paban è
l’unico che sembra molto interessato al comportamento degli
strateghi e alla
sparizione dei mentori. Ed è l’unico con cui posso
parlare tranquillamente. Mia
madre e mio padre affermano che mi posso fidare di lui e non ho
intenzione di
disubbidire, anche perché non potrei parlare di queste cose
con Dick e Paban è
l’unica alternativa che ho.
Mi
concedo una lunghissima
doccia e una cena leggera. Mi accorgo appena che
l’inserviente che serve i
dolci è cambiato ma tanto mi basta per sorridere felice.
Jayson è arrivato e
sta bene.
Con
la coda dell’occhio vedo
Dick che saluta mio fratello con un piccolo gesto della mano ma neanche
una
parola esce dalla sua bocca. Deve aver compreso il nostro sotterfugio e
grazie
al cielo si fida ciecamente di noi.
Jayson
mi fa intendere che
passerà in camera mia più tardi ed io finisco
diligente il mio pasto sotto
l’occhio vigile di un milite che ci scruta dalla porta
dell’ascensore.
Che
sappia io quella è
l’unica entrata. Vorrei proprio sapere come pensa Paban di
arrivare sin qui.
Bah,
non è un problema mio.
Entro
nella mia camera e vado
subito in bagno per prepararmi per la notte. Quando torno nella accanto
al
letto e comincio a slacciarmi i calzoni per infilare il pigiama vengo
bloccata,
esattamente un attimo prima di rimanere in mutande.
«Non
che mi dispiaccia ma non
è il momento giusto» riconosco la voce e corro
subito a rifugiarmi in bagno. Io
quella specie di ragazzo vissuto da pesce lo uccido! Come si
è permesso,
intrufolarsi in camera mia e aspettare che mi spogliassi davanti a lui!
«Dai,
Chyna, esci. È arrivato
anche Jayson». Ecco l'unica cosa che mi fa uscire uscire
senza avere manie
omicide.
Esco
coperta dal pigiama e mi
lancio sul letto ad abbracciare mio fratello che sorride e si lascia
quasi
soffocare.
«Se
non fosse tuo fratello
sarei geloso. Ti avevo detto di non farmi passare per il ragazzo
tradito».
«Come
hai fatto ad entrare?».
Mi accorgo solo allora che anche lui è vestito con la divisa
degli inservienti.
«Ti
ho portato gli
asciugamani ma tu eri troppo occupata a riempirti la pancia... anzi, se
mi puoi
portare qualcosina te ne sarei grato, ho dovuto convincere le ragazze
di sotto
per la divisa e non ho potuto mangiare» mi spiega Paban prima
di sedersi sul
bordo del letto.
Stringo
le labbra stizzita
senza accorgermi. Cosa intende per 'convincere le ragazze'?
«Tanto
per restare in tema,
ricordati che anche io non voglio passare per una ragazza
tradita» dico quasi
con rabbia, prima di accorgermi di quello che mi è uscito
dalla bocca e
tapparmela con le mani. Adesso, quel presuntuoso penserà che
mi interessi
ancora.
Jayson
si mette a ridere
sommessamente sulla mia spalla ma non Paban. Lui si limita a sorridere
indulgente «Convinto con le parole. Mani, labbra e corpo sono
stati al loro
posto, tranquilla» asserisce alzando le mani e agitando le
dita.
«Vado
a prenderti da
mangiare, prima che i tuoi rumori di stomaco attirino l'attenzione dei
militi».
Scendo veloce dal letto e corro in sala da pranzo dove riempio
velocemente un
piatto con dello spezzatino e purea di patate con piselli e prendo
anche alcuni
panini semidolci poi corro di nuovo in camera senza che i militi
vogliano
fermarmi o interrogarmi. Certo, sono qui per isolarmi, non per
controllare la
mia alimentazione.
Mentre
Paban si mette a
mangiare, comincio a chiedere a Jayson dove ha passato questi due
giorni.
«L'ultima
volta che ci siamo
visti, tu stavi scendendo in palestra» annuisco
«Quando l'ascensore è stato
liberato sono sceso per andare all'undici e vedere se papà
aveva lasciato degli
indizi ma sono stato beccato da un paio di militi e accompagnato
direttamente
alla porta, senza neanche poter prendere la mia borsa». Era
tutto premeditato.
«Mi
sono appostato dietro un
portone per tenere d'occhio l'entrata fino a quando non ho visto uscire
due
inservienti. Una è quella a servizio da noi e ci avevo
già scambiato due
parole, così le ho seguite e mi sono fatto ospitare a casa
loro. Sono
simpatiche Grace e Glory. Sono sorelle e sono... no. Meglio che questo
non lo
dico». Sento ridacchiare Paban alle mie spalle e ho il
sentore che la prossima
frase non mi piacerà.
«Ho
la sensazione che quello
che ometti mi potrebbe interessare parecchio... ma quanti anni hai?
Pensavo
fossi un bambino» ecco che il candidato sa come far
arrabbiare il mio
fratellino.
«Ma
tu chi ti credi? Di
essere tanto più adulto di me? Intanto io ho ottenuto la
collaborazione delle
persone che mi servivano, mi sono infiltrato ed ho scoperto dove
tengono i
mentori. Tu?» questo era Jayson. Non si faceva mettere i
piedi in testa.
Sembrava dolce e tenero ma era implacabile quando voleva e, soprattutto,
non
voleva essere definito piccolo. Lui era un uomo. Un giovane uomo.
«Io
ho studiato come usare
delle armi letali e far tanto male alle persone... meglio quello che
hai fatto
tu» ribatte serio Paban e mi rendo conto che è
esattamente quello che abbiamo
fatto: allenarci ad uccidere.
«Secondo
voi perché ci stanno
facendo questo? Che senso ha far sparire i mentori, i presentatori e
isolarci
così?» sbotto dando voce alle mie domande.
«Non
vogliono che studiamo
strategie, dobbiamo avere i nervi tesi, essere insicuri»
risponde Paban.
«Essere
arrabbiati?»
suggerisco.
«Anche.
Se ci arrabbiamo...
Oh! Per il cielo di Panem! Ci sfogheremo in qualche modo e l'unico
è usare le
armi tra di noi» anche lui c'è arrivato.
«Ma
le armi non sono
pericolose. Quelle dell'arena non tagliano e non feriscono»
obbietta Jayson.
«Non
è detto, tu pensa a
usare una lancia come una mazza, oppure una spada, se imprimi molta
forza
riesci a bucare, a ferire se non peggio» lo corregge.
«Quindi
vogliono avere un
vero bagno di sangue nell'arena? Come è possibile? Durante
gli allenamenti non
usate spade smussate?».
«Sì.
Oggi ne ho usate un paio
e sono proprio quelle che non tagliano e lasciano solo il segno rosso,
ma negli
allenamenti sui manichini usiamo quelle normali» gli spiego.
A
quel punto, Paban decide di
cambiare discorso «Hai detto che hai trovato i mentori? Peeta
ha detto che si
trovano a tre edifici da qui».
«Sono
alloggiati su due piani
in uno stabile verso il recinto. Sopra di loro ci sono gli strateghi.
Gli
inservienti non si muovono da lì, quindi non ho potuto
infilarmi dentro. In più
ci sono una decina di militi sparsi al piano terra per impedire
l'entrata a
chiunque. Non ho potuto far molto... i presentatori invece non so
proprio dove
siano» spiega Jayson disegnando distrattamente su un
foglietto la pianta del
fabbricato che ha spiato.
«Cosa
ti ha detto Johanna?»
chiedo io.
«Oh!
Vero! Mi ha chiesto di
rintracciare Vick, il fratello di Gale. Abita qui a Capitol
City».
«Se
è come il fratello sarei
molto più tranquilla saperti con un adulto. So che te la sai
cavare e lo hai
dimostrato, ma qui sembra che stia diventando sempre più
difficile e almeno su
di te vorrei stare tranquilla» cerco di blandirlo e non
offenderlo. Ha
quattordici anni, santo cielo, non posso chiedere di salvarci tutti!
«Ti
suggerirei di contattare
anche il vecchio Plutarch. Credo che sapendo quello che gli strateghi
stanno
combinando potrebbe avere le idee più chiare di tutti noi.
Sarebbe il suo
lavoro» consiglia Paban, anticipando il mio pensiero.
«Volevo
dirlo io».
«Vedi?
Siamo in sintonia»
commenta sornione.
«Che
ne dici della presidente
Paylor? Se il governo intervenisse si bloccherebbe tutto»
sarebbe fantastico.
«E
se tutto questo partisse
dal governo? Non possiamo saperlo e se tu mandi Jayson a chiedere
rischi di
farlo arrestare se loro sono coinvolti. Meglio cominciare con persone
di cui
possiamo fidarci» il ragionamento di Paban è
corretto ed è meglio andare sul
sicuro per la vita di mio fratello.
«E'
tardi. Se non esco subito
Grace e Glory mi lasceranno qui e non avrò un posto per
dormire» dice Jayson
subito dopo.
«Non
puoi rimanere qui?»
chiedo speranzosa ma lui scuote la testa negando.
«Ogni
tanto controllano e se
mi beccano e scoprono che non sono un inserviente rischio molto di
più di uno
scapaccione» ha ragione, lo devo ammettere. Abbraccio forte
mio fratello e lo
guardo uscire furtivo dalla camera. Passerà davanti ai
militi con gli
asciugamani usati, speriamo che nessuno faccia caso a lui. Paban si
siede
accanto a me sul letto e stende le gambe per mettersi comodo.
«Tu
non devi andare?».
«Devo
aspettare un po'. Due
di noi uscire insieme creerebbe sospetti... e poi se mi trovano posso
sempre
dire che sono venuto a trovare la mia ragazza. Sono un candidato, non
mi
faranno niente». Fa spallucce e si sdraia tranquillo,
incrociando le braccia
sotto la testa e guardando il soffitto.
Io
mi sdraio accanto a lui e
guardo la crepa sottile che corre lungo tutto il centro della volta.
«Paban,
grazie per essere
qui. Non riuscirei a sopportare tutto questo senza qualcuno con cui
parlare
liberamente... Non pensavo di essere così dipendente dalla
compagnia della mia
famiglia ma adesso mi sento persa». È una scoperta
per la
Chyna indipendente e
solitaria. Pensavo che quella fosse la mia indole e invece era solo la
mancanza
di necessità di altro, visto che avevo tutto quello che mi
serviva.
«Io
ci sono, non
preoccuparti. Dovresti fidarti di me, proprio come quando ti ho
insegnato a
nuotare». Sorrido ricordando quel tempo e il tentativo di
dichiarargli il mio
amore. All'epoca mi sembrava così grande e forte e invece
era un ragazzino come
me.
«Mi
devo scusare per quello
che ti ho detto quattro anni fa, non avrei dovuto comportarmi con tanta
presunzione. Tu avevi i tuoi sentimenti e io ci ho riso
sopra». Non mi guarda
ma la sua voce è triste. Si sente che è davvero
pentito.
«Non
preoccuparti, anche
questo serve a crescere. L'ha detto la nonna. Si gira pagina, si
dimentica e si
va avanti». Che parole sagge per una che fino a due giorni
prima voleva
tirargli il collo in memoria di quel momento.
«Se
è così sarà il maggior
rimpianto di tutta la mia vita» risponde.
Quando
assorbo ogni singola
parola spalanco gli occhi sorpresa. «Cosa vuoi
dire?» non mi trattengo. Cosa
significa 'il fatto che io dimentichi sarà un suo
rimpianto'? Mi volto a
guardare l'espressione del suo viso per capire cosa intende.
Sentendosi
osservato si volta
verso di me e sorrise «Quando tutta questa storia
sarà finita te lo spiegherò.
Promesso... Ora dormi, io aspetto ancora qualche minuto e poi
vado».
Ritorna
a guardare il
soffitto ed io spengo la luce, lasciando accesa solo la lampada del
comodino.
Mi
spiegherà perché sono il
suo rimorso...
I
mentori devono essere
liberati... anche i presentatori che non sappiamo dove sono...
Jayson
è rifugiato in casa di
due inservienti... Jayson troverà il fratello di Gale e
Plutarch lo stratega...
Gli strateghi vogliono farci arrabbiare...
Paban
mi aiuterà... mi
spiegherà perché sono il suo rimorso...
I
miei pensieri si fanno
sempre più nebulosi e non riesco a stare sveglia un secondo
di più.
Angolino
mio:
spero
che questo capitolo
vi sia piaciuto. Fatemi sapere le vostre opinioni…
Qui
abbiamo un Jayson in
versione spia che lavora al di fuori dei candidati. Il
perché siano stati
isolati dai mentori e tenuti separati non è ancora molto
chiaro, anche se
qualche congettura i ragazzi se la sono fatta.
In
più Chyna si ritrova a
barcamenarsi tra Brieg e Paban, ambedue ragazzi che le scatenano
sentimenti
contrastanti.
In
fin dei conti ha
diciassette anni, un pochino di ormoni in circolo sono consentiti!
Bene,
non mi resta che
darvi appuntamento alla prossima settimana, lasciandovi un piccolo
assaggio del
prossimo capitolo:
…«Certo. Prendi Rainer del
primo distretto. La sua
famiglia si è quasi rovinata per farlo allenare con la spada
nella speranza di
questo momento. Ilixo del distretto dieci ha la madre che ha bisogno di
cure e
questa è l'occasione per sistemare i debiti della sua
famiglia. Anche quelli
del nove hanno problemi. I loro genitori sono morti anni fa per
un'epidemia e
loro lavorano ogni tanto e riescono a sopravvivere solo grazie agli
aiuti del
governo. Dovessero vincere i loro problemi sarebbero risolti».
«Mi
stai dicendo che ognuno
di noi qui dentro, ha delle buone ragioni per vincere?»
chiesi e lui annuì
facendo scorrere lo sguardo agli altri candidati che stavano facendo
flessioni…
Grazie
per l’attenzione
Alla
prossima
Baciotti
|
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Capitolo 6 *** i candidati ***
Ciao
a Tutti!
Sono
tornata, stavolta di
lunedì. Finché riuscirò ad avere
capitoli pronti in cascina sarò costante, poi
vedremo…
Questa
storia, mi prende
davvero e spero che piaccia anche a voi, perché
è, come mi hanno detto, diversa
con piccole cose particolari che sono giustificate dal tempo passato
(militi al
posto dei pacificatori, giochi della pace, ecc) e nello stesso tempo
uguale allo
spirito della saga (o almeno di auguro).
Ringrazio
chi ha
recensito, chi mi ha messo nei preferiti, ricordati, seguiti e chi ha
solo
letto e spero apprezzato. Ringrazio inoltre Elenri (Teresa) che ha
fabbricato
una serie strepitosa di banner di cui avete visto solo i primi due.
Ecco
a voi… (rullo di
tamburi)… PABAN! Il bel candidato del distretto 4 primo
amore di Chyna.
E
ora… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Mi
sento come se mi stessero
strappando dalle braccia di mio padre... lui è caldo e
sicuro e io sto bene qui
con lui che mi carezza la schiena e mi dice che non ci sono problemi.
La mamma
è di là, nella sua stanza e Jayson sta per
tornare dopo essere andato in giro
con i suoi amici.
«Chyna...
Chyna è tardi,
svegliati... su, lasciami andare, devo tornare di sotto... se non mi
trovano
saremo in un grosso guaio... Chyna, dai...». Papà
ha una voce leggermente
diversa... forse avrà il raffreddore. Domani gli preparo una
tisana che mi ha
insegnato la nonna. Starà sicuramente meglio.
«Papà...
ancora un minuto...
papà io ti voglio tanto bene e quando sarò grande
sposerò un uomo come te»
confesso stringendomi di più alla sua maglia.
Anche
lui mi stringe e
sospira. È contento quando gli dico queste cose, anche se mi
ripete che un
altro Peeta non si trova a pagarlo.
«Allora
non guardare più
Brieg. Lui non è come me. Invece ti devi fidare di
Paban». Sfrego la guancia
sulla sua maglietta facendo cenno di sì.
«Brieg
non è come te... ma mi
fa battere forte il cuore come faceva prima Paban... un po' anche
adesso ma
meno di Brieg». Mi accoccolo meglio tra le braccia di mio
padre, soddisfatta
per la nostra chiacchierata.
«Oh,
piccola» mi sussurra per
poi baciarmi sulla fronte. Quanto mi sei mancato papà.
«Devo
andare... dormi bene».
Sento che si è liberato dal mio abbraccio e si è
alzato dal letto per uscire.
«Buona
notte... sirenetta» e
poi sento chiudere la porta. Devo ricordare a mio padre di non
chiamarmi più
sirenetta. C'è già Paban che lo ripete in
continuazione e mi da fastidio. Mi fa
sentire una di quegli orsacchiotti con tanto pelo che usano le bambine
piccole.
Mi
volto dall'altro lato e mi
accoccolo ancora di più della coperta che mi copre. Domani
mattina racconterò a
tutti lo strano sogno che ho fatto e poi andremo alla mietitura.
Speriamo non
succeda niente di tutto questo.
La
mattina mi strappa dal mio
sogno e mi fa ripiombare nella dura realtà. La
realtà dove i miei genitori sono
di fatto prigionieri, non si sa se per colpa degli strateghi o
direttamente del
governo, dove mio fratello Jayson si è dato alla macchia e
si nasconde cercando
di trovare informazioni e liberare i mentori, dove io ho contatti solo
con gli
altri candidati e solo in palestra, dove il non sapere rende tutto
ovattato e
sinistro.
«Ciao
Chyna» mi saluta Dick
tutto pimpante, poi abbassa il tono di voce e chiede «Ho
visto Paban uscire
dalla tua camera. Ha trovato Peeta e tua madre? Stanno
bene?». Mi ero scordata
che anche lui è dalla mia parte. Tralascio la parte relativa
all’uomo pesce che
si intrufola da me e gli confido quelle poche notizie che siamo
riusciti ad
avere tramite Jayson.
«Quindi
stanno tutti bene»
conferma le mie parole.
«Solo
non capisco perché
tenerli separati da noi. Dovrebbero consigliarci per affrontare al
meglio i
giochi e invece vengono tenuti lontani» commento sottovoce e
lui annuisce
aggrottando la fronte come ad afferrare un pensiero profondo.
«Jayson
sta bene?» chiede
infine. Io annuisco sorridendo in modo rassicurante. Sono certa che mio
fratello se la sta cavando alla grande, molto più di quanto
stia facendo io.
In
pratica passiamo tutto il
tempo della colazione a confabulare piano tra di noi e notiamo i militi
che ci
scrutano incuriositi. Forse hanno intuito che le loro mosse di
controllo sono
palesi anche ai nostri occhi.
Oggi
in palestra sarà
faticoso. Ieri ci hanno avvisato che ci sarebbe stato allenamento
intensivo per
rafforzare la muscolatura e la cosa mi preoccupa parecchio. Non che io
sia
debole, ma dipende da che cosa pretenderà
l’allenatore.
«Ciao,
Chyna» la voce calda
di Brieg mi raggiunge e il cuore mi balza in petto. Qualsiasi cosa tu
dica,
papà, lui mi fa davvero agitare. Mi volto verso di lui e
faccio un ampio
sorriso al quale risponde immediatamente.
«Ciao,
Brieg. Pronto per la
ginnastica oggi?» cerco di essere disinvolta ma sento che il
calore sulle mie
guance mi tradisce.
«Abbastanza»
dice colpendo i
suoi addominali con una manata «Non è che nei
boschi stiamo proprio fermi,
lavorare con le asce è un lavoro duro».
Già, chissà che lavoro faceva prima di
essere estratto per gli Hunger Games della pace.
«Vero,
il distretto sette è
quello del legname e delle foreste. Tu cosa facevi?».
«Aiutavo
mio padre e mio
fratello maggiore. Quando tornavo da scuola portavo il pranzo al campo
di
raccolta e nel pomeriggio li accompagnavo a far legna nel bosco. In
realtà a me
toccava raccogliere il legno e tagliare tutti i rami dal tronco,
però un paio
di volte ho aiutato ad abbattere degli alberi». Si vede che
il lavoro nel
distretto gli piace. Ne parla con affetto e rispetto, non come
qualcuno
costretto a fare qualcosa contro voglia.
«Hai
anche altri fratelli?».
Mi piace sentirlo parlare, ha un modo dolce e forte. Ti trascina.
«Vivo
con i miei genitori, un
fratello più grande e una sorella piccolina, la nostra
principessa. Lei era
l'unica a non essere contenta del fatto che ero stato estratto. Mio
fratello e
mia madre facevano salti di gioia al pensiero di come sarebbe
migliorata la
nostra vita in caso di vittoria». In un attimo ripiombo nella
realtà.
Strano
come in questi giorni
abbia pensato solo a quanto stava accadendo attorno a noi e non mi sia
soffermata su quanto significa per noi essere qui. Per me è
far soffrire i miei
genitori che si ritrovano dentro un incubo dal quale stanno cercando di
scappare da trenta anni, ma per gli altri?
«Stavate
tanto male al
distretto?». Non oso chiedere se pativano la fame, anche
perché non mi sembra
denutrito, direi che i problemi maggiori li hanno i candidati del 11,
del 13,
del 9 e del 6.
Noi
del 12 avremmo gli stessi
problemi se non fossimo così in pochi. Le risorse sono
sufficienti nel nostro
distretto.
«Diciamo
che male non era e
bene neanche. Eravamo tranquilli e avevamo il nostro lavoro, da noi non
c'è
problema di cibo ma se ti ferisci con una lama e perdi un arto... ti si
aprono
le porte della miseria. La vita è importante ma devi
mantenerti intero o sei
spacciato. Nel mio distretto funziona così».
«Credi
che anche per gli
altri è importante trovarsi qui? Sai, per la vittoria, il
premio». Era tutto
così lontano da me.
«Certo.
Prendi Rainer del
primo distretto. La sua famiglia si è quasi rovinata per
farlo allenare con la
spada nella speranza di questo momento. Ilixo del distretto dieci ha la
madre
che ha bisogno di cure e questa è l'occasione per sistemare
i debiti della sua
famiglia. Anche quelli del nove hanno problemi. I loro genitori sono
morti anni
fa per un'epidemia e loro lavorano ogni tanto e riescono a sopravvivere
solo
grazie agli aiuti del governo. Dovessero vincere i loro problemi
sarebbero
risolti».
«Mi
stai dicendo che ognuno
di noi qui dentro, ha delle buone ragioni per vincere?»
chiedo e lui annuisce
facendo scorrere lo sguardo agli altri candidati che stanno facendo
flessioni.
«Alcuni
sono nipoti o parenti
lontani di vecchi tributi vincitori, ma con la guerra sono morti tutti
e
l'unico vantaggio che hanno conservato è l'appannaggio della
casa nel villaggio
dei vincitori, per il resto hanno i nostri stessi problemi... forse tu
sei
l'unica che la pensa in modo diverso, e quelli di Capitol City,
ovvio» termina
il suo commento e stringo le labbra stizzita.
«Vuoi
forse insinuare che non
siamo degni di partecipare perché non ne sentiamo il
bisogno?» le mie ragioni
vanno ben oltre la necessità. Sono radicate nel tempo, nel
vero senso della
parola.
«Ti
saresti offerta
volontaria se ci fosse stata la possibilità?»
chiede lui direttamente.
E
in quel momento capisco
«No. Non mi sarei mai offerta» ammetto.
«Questa
è la differenza. Tra
di noi c'è chi sta bene e magari vorrebbe solo dimostrare di
valere, c'è chi
non avrebbe mai scelto di finire qui e, infine, chi si sarebbe offerto
per
provare a vincere e cambiare la sua vita... io sono uno di quelli. Ci
proverò
seriamente, quindi sei avvertita» sorride e mi strizza
l'occhio come se fosse
una battuta. So che non è così, lui dice
seriamente.
Il
problema sta solo nel
fatto di capire se è disposto ad andare sino in fondo,
schiacciando tutto e
tutti o se ci sarà un punto dove, anche lui, non si
sentirà di oltrepassare.
«Dai,
ti aiuto» mi dice
inginocchiandosi accanto ai miei polpacci e tenendoli fermi mentre
faccio gli
addominali. È tornato il Brieg sorridente che mi affascina
tanto. Quello che mi
fa desiderare un mare di attenzioni, abbracci e... baci. Arrossisco a
questo
pensiero, ma lui sembra non accorgersene, o forse lo imputa allo sforzo
fisico.
«A
proposito» dice lui appena
facciamo cambio e sono io a tenere i suoi polpacci «Stai
davvero insieme a
quello del quattro?».
Scuoto
la testa e sorrido.
Paban ha recitato davvero bene se tutti la pensano così
«No. Lo conosco da
qualche anno perché è un vicino di casa degli
Odair ma non c'è niente tra di
noi, fa tutto parte della recita per poter comunicare con i
mentori» rispondo
decisa.
«Sarà»
ed è l'unico commento
laconico che si lascia sfuggire su questo argomento «Allora
hai lasciato
qualche ragazzo sospiroso al 12?» chiede e mi sembra
sinceramente interessato.
«No»
rido «Nessun fidanzato e
neanche qualcuno che mi rimpianga. Tu, invece? Hai lasciato qualche
ragazza
sospirosa al 7?» gli faccio il verso e anche lui si unisce
alla mia risata.
«Nessuna
fidanzata e neanche
qualcuno che mi rimpianga. A parte la mia famiglia, ben
inteso» ci tiene a
precisare.
Continua
a fare piegamenti
mentre sono inginocchiata sui suoi polpacci e i nostri visi si spingono
sempre
più vicini. A questo punto credo di avere le guance in
fiamme e quando lui dà
l'ultimo colpo di reni e scontra il suo naso contro il mio, sento che
è
arrivato troppo vicino alle labbra e non sono in grado di reggere
oltre. «Vado
ai pesi» balbetto e quasi corro via dall'altra parte della
palestra.
Per
la prima volta, in tutta
la mia vita, non mi sono accorta di un paio di occhi che mi hanno
osservata
tutta la mattina senza lasciarmi un attimo.
Quando
arriva l’ora di pranzo
sono stremata e mi rendo conto che il mio allenamento era praticamente
nulla
confronto a quanto si chiede al mio corpo in questo momento.
A
pranzo non compare Jayson
ed io mi accomodo vicino a Dick e Brieg. Al nostro tavolo vengono a
sedersi i
candidati del cinque e del nove. Sono abbastanza simpatici, anche se
sembrano
molto attenti a non lasciarsi andare con noi, come se avessero delle
strategie
che devono assolutamente rimanere segrete.
Bor,
Alicia e quelli del
tredici si siedono in un altro tavolo, mentre Rainer e la sua compagna
dell’uno, i candidati del due, Paban e Iraida fanno comunella
a sé. Sembrano la
riesumazione delle antiche alleanze dei favoriti. I famosi tributi
dell’uno del
due e del quattro. I distretti che hanno vinto di più,
quelli che sono stati
più crudeli nell’arena, quelli del bagno di sangue.
Mi
dà i brividi pensare che
Paban possa essere così.
«Dimmi,
Dick, cosa pensi del
fatto di gareggiare a questi giochi della pace? Ti senti
pronto?» Brieg prova a
fare conversazione con il mio compagno che continua a guardarlo torvo
da quando
ci siamo seduti al tavolo con i nostri vassoi.
«Io
sono amico di Chyna e
scenderò nell’arena con lei» risponde
tra una forchettata e l’altra di stufato
di agnello con prugne e cipolle.
«Certo.
Hai intenzione di
vincere?». Guardo il biondo con la coda dell’occhio
e sorrido. Sta indagando
sulle vere intenzioni del mio compagno? Ha paura di aver trovato un
degno
avversario?
Probabilmente
in un corpo a
corpo Dick riuscirebbe ad avere la meglio su chiunque qui dentro, ma
non può
nulla contro le armi. Se un candidato lo colpisse con una spada o una
lancia
lasciandogli un segno lungo, il segnalatore non avrebbe altra scelta
che
scegliere l’eliminazione.
«Io
e Chyna vinceremo
insieme, proprio come hanno fatto Peeta e sua madre. Noi veniamo dallo
stesso
distretto e si può vincere insieme» spiega ancora
Dick con tutta la calma che
possiede.
«Se
cambiano le regole,
certo, altrimenti dovrà vincere uno solo di voi
due» risponde Brieg ottenendo
una occhiata rabbiosa dal mio compagno.
Possibile
che non abbia
ancora capito che Dick non è normale?
«Chyna,
diglielo anche tu che
è vero. Tuo padre e tua madre hanno fatto
così» protesta chiamando in causa
anche me. Maledizione a Brieg.
«Dick,
non è detto che
possiamo vincere insieme come è successo ai miei. Lo sai che
i candidati hanno
sempre vinto uno alla volta» cerco di fargli capire.
«Non
è vero! Tuo padre mi ha
detto di sì!» inizia ad alzare la voce e sbatte
una mano sul tavolo.
«Ma
è normale?» mi chiede
Brieg. Porco cielo di Panem!
«Brieg,
ogni tanto collega il
cervello prima di parlare» interviene Paban che sopraggiunge
in quel momento
«Dick, lascialo perdere. Ti va il mio dolce? A me non
piacciono i mirtilli» e
gentilmente fa scivolare il suo piatto davanti al mio compagno di
distretto il
quale sorride felice e mugugna un “grazie” a bocca
piena.
«Che
vuoi? Possibile che devi
sempre essere tra i piedi?» sbotta Brieg rivolgendosi al
nuovo arrivato.
«In
realtà sono io che lo
dico a te. Sei fastidiosamente tra i piedi... non mi capitare
lì nell'arena o
potrai dire addio ai tuoi sogni di gloria» la risposta di
Paban non si fa
attendere ed ha il tono calmo della promessa invece che quello scuro
della
minaccia.
«Adesso
basta voi due. Dick,
vieni con me, così ci alleniamo con i pesi, ti
va?» mi alzo e prendo per mano
il mio compagno che sembra felicissimo di questa proposta, tanto da
lasciare a
me la scelta degli attrezzi anche suoi.
Ore
dopo sono di nuovo nel
mio letto, da sola. Jayson non è tornato oggi ma doveva
contattare Vick e
Plutarch quindi non mi aspettavo di vederlo.
Dick
mi ha fatto compagnia
tutto il pomeriggio, aiutandomi con gli esercizi più
difficili e dimostrando
una resistenza incredibile. Ha davvero un fisico forte e allenato.
Paban e
Brieg si sono guardati in cagnesco per almeno un'ora, poi hanno deciso
che era
troppo stancante e si sono dedicati ai loro esercizi senza intralciarsi
tra
loro.
Alicia
e Owen si sono tenuti
a debita distanza così come tutti gli altri candidati. Mi
sono sentita
sollevata di non dover spiegare il perché della scena in
mensa e neanche il
fatto di fare conversazione e socializzare.
Dick
ha capito che non ero
dell'umore giusto e non ha neanche provato a tirarmi su di morale,
lasciandomi
cucinare nel mio brodo e gliene sono grata. Così mi sono
sfogata con i
piegamenti, i sollevamenti, i tiri con la fune, le arrampicate e i
salti.
Adesso
sono davvero distrutta
eppure i miei occhi non si chiudono.
Perché
oggi non sono venuti i
mentori? Il fatto di vederli almeno qualche minuto mi tranquillizzava
ma
quando, dopo aver atteso tutto il pomeriggio, non li ho visti comparire
sul
palco mi è venuto il panico.
Mi
sento come se fossi su una
linea, sul bordo di un burrone
e mi
basta poco per cadere nella paura, nel terrore che gli sia capitato
qualche
cosa. Non riuscirei a sopravvivere se ai miei genitori... Ho ancora
bisogno dei
consigli di mia madre e della sua forza. Ho ancora bisogno della
gentilezza e
della saggezza di mio padre.
Continuo
a girarmi nel letto
sino a quando gli occhi mi si chiudono e non cado in un sonno senza
sogni.
Sembrano
passati pochi minuti
da quando mi sono addormentata che mi chiamano per la colazione. Passa
ancora
meno di quel che immagino e mi ritrovo di nuovo in palestra per
un'altra
sessione di allenamento con le armi e i bersagli.
Comincio
ad allenarmi con le
spade e poi i coltelli. Quando arrivo alle lance mi trovo in fila ad
aspettare
dietro Brieg che si volta e comincia a parlarmi.
«Scusami
per ieri. Mi sono
lasciato prendere la mano ma non volevo offendere nessuno. Non avevo
capito che
il tuo compagno avesse dei problemi. Sono stato proprio uno
stupido» dice alla
fine. Ha un'aria talmente contrita che mi fa ridere e lui si rilassa e
si
unisce a me.
Sembra
che l'aria si
alleggerisca e che qualche raggio di sole riesca a filtrare dalle
imposte
chiuse. La sua risata allegra è quanto mi serviva per
sollevarmi il morale.
Vorrei sempre sentirla.
Inizia
a lanciare e le lance
che colpiscono i manichini con una precisione strabiliante.
«Ma
non dovresti cavartela
con le asce? Le lance sono uguali?» chiedo perplessa. Secondo
me le asce e i
coltelli sbilanciano il corpo in avanti mentre le lance partono
spostando il
baricentro indietro. O almeno è questo che ho capito.
«Io
lancio i rami sul
carro... si fanno tante cose al distretto 7» dice alzando le
spalle.
«Scusami,
non volevo dire...»
mi interrompo quando lo vedo sghignazzare «Mi stai prendendo
in giro?».
«Non
oserei mai! Sei buffa
quando sei imbarazzata» mi dice ridendo «Mi
piace» aggiunge tranquillo «Dai,
fammi vedere se sei migliorata dall'altra volta».
Accetto
la sfida e mi metto
in posizione sulla pedana, porto indietro il braccio e le spalle, mi
bilancio
bene con le gambe e l'altro braccio steso sul davanti. Respiro a fondo
e
lancio. Il posto dove si trova un ipotetico cuore del manichino
è trafitto
senza pietà.
«Bravissima»
si complimenta
immediatamente e io annuisco soddisfatta.
Entrambi
passiamo alle asce e
anche qui Brieg fa scuola anche a Dick. Credo che sia per cercare di
rendersi
simpatico anche a lui. Meglio averlo per amico che per nemico.
Nonostante
questo, il mio
compagno non è convinto e continua a guardare Brieg con
sospetto.
«Su,
Dick, fammi vedere come
te la cavi. Devi fare questo movimento» glielo mostra e a me
sembra cortese ma
il mio compagno di distretto non è dello stesso parere visto
lo spintone che
gli molla prima di lanciare l'ascia che si ficca nella fronte del
manichino con
una precisione mortale.
Sto
scoprendo che Dick ha una
preoccupante predisposizione per le armi. Se nell'arena ci fossero le
armi vere
sarebbe davvero devastante.
Dick
si allontana subito
dopo, andando nuovamente a tirare coltelli accanto al candidato del
distretto
tre. Proprio non sopporta Brieg e onestamente non capisco
perché.
«Andiamo
a tirare con
l'arco?» chiese il biondo del distretto 7. Sorrido sorniona,
questa è la volta
che sarò io a far vedere quello che so fare.
Comincio
io «Pronto?» chiedo
alzando il sopracciglio. Lui annuisce ed io incocco la freccia e tendo
l'arco.
Le frecce sono tecnologiche, perfettamente diritte e bilanciate,
migliori di
quelle che uso al distretto, dovrebbe essermi ancora più
facile fare centro.
Tiro il cavo, trattengo il fiato, miro al centro della sagoma e lancio.
In un
attimo la freccia si mostra conficcata al centro esatto del bersaglio.
«Fantastico»
esclama
estasiato.
«Pronto?»
chiedo tendendogli
l'arco. Guarda quell'arnese preoccupato e prova a prenderlo in mano
saggiandone
il peso.
«Guarda
che non morde, anzi,
è meno pericoloso delle asce che lanci tu. Provaci, magari
scopri un nuovo
talento» gli ficco l'arco nelle mani e gliele posiziono per
tenderlo, poi gli
passo la freccia che gli faccio incoccare e gli mostro come tenderlo.
Si vede
che non ha mai provato perché tremola troppo. Quando lascia
andare, la freccia
supera il bersaglio di almeno trenta centimetri colpendo il muro
dietro. E io scoppio
a ridere.
È
liberatorio divertirsi
senza alcun problema. Fosse sempre così!
«Non
prendermi in giro! È la
prima volta che tiro con l'arco. Non me la sono cavata male»
protesta.
«No,
non te la sei cavata
male, se il bersaglio fosse di qualche miglio quadrato l'avresti
sicuramente
colpito» continuo a ridere.
«Okay,
vorrà dire che
provvederò ad imparare e vedrai che riuscirò a
batterti» era una promessa o una
minaccia? Forse non sopporta di essere secondo a qualcuno...
«Vedremo»
rispondo tenendomi
sul vago. «Che ne dici di un pochino di tecniche di
sopravvivenza?» propongo
dopo ma lui rifiuta, preferisce allenarsi ancora un poco con l'arco e
sono
costretta ad andarci da sola.
Alla
postazione con i nodi ci
insegnano a fare delle trappole per catturare conigli e tacchini
selvatici.
Sono cose che ho già fatto moltissime volte e credo di
essere addirittura più
brava dell'insegnante.
«Ciao,
Chyna» mi saluta
Christal appena arrivata.
«Tutto
bene?» chiedo
distrattamente. Perché mai Brieg non è venuto con
me? Ad essere sincera non
l'ho mai visto nelle postazioni per le pratiche di sopravvivenza e,
visti i
giochi pacifici, sono molto importanti, forse più delle armi.
«Mi
sono allontanata da un
tafferuglio tra il candidato dell'uno e quello del dieci. Se continua
così non
ci arriviamo all'arena» commenta lei indicando i due ragazzi
che si sono
attaccati a mani nude.
«Che
cosa è successo questa
volta?» chiedo voltandomi ad osservare quando accorrono due
militi a dividere i
contendenti.
«Rainer
ha fatto un commento
sulla madre dell'altro» mi spiega. Brieg mi ha detto che
Ilixo (credo che il
candidato del dieci si chiami così) ha la mamma ammalata e
deve essere la
ragione della sua irritazione. Rainer è proprio stupido.
«Che
ne pensi dei favoriti?»
chiede poi riferendosi ai candidati del uno e del due.
«Letali
come nelle leggende»
rispondo fissando Nazig, la ragazza del due, alle prese con il lancio
dei
coltelli.
Ormai
abbiamo capito chi tra
noi è più forte e chi meno. Sicuramente i ragazzi
dell'uno e quelli del due, ovviamente
Paban e Iraida, Dick e Brieg. Anche Ilixo è abbastanza
potente. Sakìa è molto
disciplinata e forte e Douce, la ragazza dell'otto dai capelli tinti di
verde,
se la cava molto bene in quasi tutte le discipline. Gli altri sono
più o meno
deboli, primi tra tutti Alicia e Owen. Qualcuno potrebbe riservare
delle
sorprese come Bor, Christal e Rudy, ma in definitiva non conoscono
abbastanza
le dinamiche dell'arena e non possono farcela.
Mi
sento come uno stratega
che studia e viviseziona i candidati per avere il massimo dello
spettacolo. Si
tratta solo di conoscenza storica e diretta tramite i miei genitori.
Anche
se loro non hanno mai
raccontato direttamente, da piccole frasi e dal libro delle loro
memorie, credo
di aver capito come funzionano gli Hunger Games, e anche se questi sono
i
giochi della pace, la mentalità deve essere quella o non
riusciresti mai ad
arrivare alla fine e vincere il premio.
È
il tardo pomeriggio, manca
solo un'ora al nostro rientro in camera, quando appaiono i mentori.
Tiro un sospiro
di sollievo quando vedo entrare i miei genitori e gli altri. Sembra
stiano
bene. Faccio scorrere lo sguardo su Finnick, Johanna, Gale, John, e gli
altri
mentori, sino a quando non mi accorgo che ne manca uno: Beetee. Mi
volto verso
i ragazzi del tre e vedo lei con le mani sulla bocca e gli occhi
granati che
fissa John.
Guardo
anche io il ragazzo,
primo vincitore dei nuovi Hunger Games e lo trovo con il viso gonfio e
la testa
china. Sono tutti seri e sconvolti.
Mio
padre mi guarda e non
tenta neanche di sorridere. È serio e sembra voglia dire che
la situazione è
precipitata e chi ne ha fatte le spese è un vecchio su una
sedia a rotelle.
Mia
madre sta stringendo
spasmodica il braccio di papà e guarda me con gran
preoccupazione.
Cosa
può essere accaduto?
Manca
ancora più di una
settimana per gli allenamenti. Non credo potremo reggere questa
tensione ancora
per molto.
L'unico
che può sapere
qualche cosa è Jayson ed io spero tanto che questa sera
trovi il modo di venire
in camera mia a darmi notizie perché in queste condizioni e
con questa paura
non riuscirei a dormire.
Quando
salgo in camera ho i
nervi a fior di pelle. Devo sapere cosa è successo,
altrimenti non riuscirò a
continuare. Dick mi guarda curioso, forse non ha notato niente tra i
mentori.
Infatti
appena si chiudono le
porte di ingresso del nostro piano, domanda «Cosa
c'è, Chyna? Peeta e tua madre
stavano bene».
Respiro
a fondo cercando di
non andare in escandescenza, servirebbe solo a mortificare il mio
compagno e
non se lo merita. Sino a questo momento è stato perfetto e
se non fosse per la
sua semplicità imbarazzante e il suo voler ossessivamente
rimarcare che io e
lui vinceremo insieme, nessuno si sarebbe accorto che ha qualcosa che
non va.
«Ho
visto che stanno bene, ma
sono preoccupata per Beetee. Non era presente e lui è molto
vecchio». Non
voglio dire apertamente che gli abbiano fatto del male ma lo penso ed
ho paura.
«Probabilmente
si sarà
sentito male e sarà a letto a riposare. Anche a mia nonna
succede così» mi
risponde ed io annuisco.
«Sarà
sicuramente così».
Alcune
ore dopo sono ancora
nel mio letto che mi rigiro senza riuscire a chiudere occhio.
Dov'è Jayson?
Cosa è successo davvero a Beetee?
Comincio
ad avere i nervi a
pezzi e a non reggere più questa tensione. Ho l'impressione
che ogni momento
possa diventare più preoccupante e terribile del precedente.
Non so mai cosa
aspettarmi e sono davvero disperata.
Voglio
andare a casa. Voglio
tornare con i miei genitori e mio fratello, tutti sani e salvi.
So
che è un desiderio quasi
infantile ma non riesco a pensare a niente altro. Ho la sensazione che
il sacro
terrore per gli Hanger Games che hanno i miei genitori, sia radicato in
me
molto più di quanto potessi immaginare. Sono al punto che ho
paura di tutto e
tutti e io non sono così, sono coraggiosa e un pochino
incosciente, come tutti
gli adolescenti che hanno due genitori forti a proteggerli. Adesso mi
sento
sola e sono anche prigioniera. Cosa devo fare?
Sono
quasi le tre quando vedo
aprirsi lentamente la porta. Dalla fessura un'ombra scivola nella
stanza. Fossi
stata una ragazzina svenevole mi sarei già messa ad urlare,
invece mi allungo
sul comodino e prendo il soprammobile di onice a forma di gufo e mi
preparo a
colpire con tutte le mie forze. Non mi farò sopraffare dalla
paura, io combatto
e gli strateghi o il governo non l'avrà vinta su di me.
L'ombra
si avvicina sempre
più con passo felpato e dalle dimensioni è
davvero imponente. È quasi arrivata
al mio letto ed io sono tesa allo spasimo e pronta a colpire, quando un
raggio
di luna la illumina e subito lo riconosco e lascio andare la statuetta.
«Paban!
Razza di imbecille!
Potevo ucciderti!» sibilo sottovoce. «Come hai
fatto ad entrare?».
«Ciao,
Chyna. Vedo che anche
tu non riesci a dormire. Grazie, io sto bene e sono passato di qui a
portarti
notizie» risponde sarcastico e si siede vicino a me sul letto.
«Okay,
tralascia come sei
salito. Dimmi cosa hai saputo» ordino.
«Glory,
l'inserviente, lavora
al mio piano e mi ha detto che Jayson ha trovato Plutarch. Adesso
stanno
cercando Vick e un altro personaggio che conosce lui, quindi
tranquilla, tuo
fratello sta bene».
A
sentire queste parole tiro
un lungo sospiro di sollievo. Ero terrorizzata ma adesso sono un
pochino più
tranquilla, almeno riguardo mio fratello. Osservo Paban e noto che ha
le mani
coperte di tagli.
«Come
sei arrivato qui?» gli
chiedo agitata, alzandomi per prendere un po' d'acqua e degli
asciugamani così
da lavargli le abrasioni. Lui sbuffa poi si arrende e confessa.
«Mi
sono arrampicato su per
il cavedio degli scarichi... ho scoperto che c'è un tubo
abbastanza largo dove
passano le tubazioni che vanno ai piani e ogni piano ha uno sportello,
quindi
mi ci sono infilato».
Spalanco
gli occhi. È stato
davvero pericoloso! Si è arrampicato per otto piani! Con il
rischio di cadere
in ogni momento, e tutto solo per darmi una notizia che poteva
aspettare sino a
domani.
Sono
bloccata con
l'asciugamano umido in una mano e la sua nell'altra, lo guardo e sento
di stare
piangendo. È come se il suo atto avesse aperto le cateratte
dei miei occhi. In
un attimo mi trovo stretta tra le sue braccia.
«Schhh...
Calmati, Chyna...
tesoro, va tutto bene... calma... schhh...» continua per un
bel pezzo, sino a
quando non smetto di singhiozzare.
«Stenditi
adesso. Hai bisogno
di dormire» mi spinge delicatamente supina e mi rimbocca il
lenzuolo come a un
bambino.
«Adesso
cosa farai?» chiedo.
Non oso pensare lui che scende nuovamente per otto piani aggrappato a
dei tubi
scivolosi.
«Ho
con me una corda, non
preoccuparti. Ce la farò di sicuro. Adesso dormi»
mi ordina nuovamente.
«Cosa
pensi sia successo a
Beetee?» chiedo ancora. Lui sospira e allarga le braccia
impotente.
«Non
ne ho idea. Domani vedrò
di inventarmi qualcosa per parlare con tuo padre... ho già
una mezza idea e so
che la cosa non ti piacerà, quindi non picchiarmi e
aiutami». Almeno sono stata
avvisata.
Annuisco.
«Grazie, Paban»
aggiungo prima che esca.
«Dovere,
sirenetta. Sognami»
e chiude la porta alle sue spalle.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qua. Chyna sembra
ondivaga, passa da Brieg per cui ha una cotta, a Paban per cui aveva
una cotta.
Sembra che questi due siano tiepidamente interessati a lei (forse
più Paban che
il biondo). Nel continuo della storia si capirà sempre di
più.
Nel
frattempo le trame
oscure attorno a questi giochi si sviluppano, e i nostri eroi non sanno
cosa
pensare. In effetti, l’unico che ha tutte le tessere del
mosaico è chi ha
studiato questo piano ma per ora non sappiamo con certezza chi sia.
Nell’augurarvi
buona
settimana, vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo:
…«Adesso sei morta ed ho
vinto io» dice esultante. Mi
metto a scalciare cercando di togliermelo di dosso ma lui mi blocca le
gambe
con le sue…
Grazie
per l’attenzione
Alla
prossima settimana
baciotti
|
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Capitolo 7 *** lo scontro ***
Ciao
a tutti!
Stiamo
quasi a Natale! Quindi,
visto che domani sono impegnata con compere e festicciole varie, mi
trovo qui a
postare il capitolo con un pochino di anticipo.
Ringrazio
tantissimo le
ragazze che mi hanno recensito, facendomi sapere che la storia sta
piacendo. È utilissimo
avere un riscontro, altrimenti non si riesce a sapere se si sta facendo
cose
positive oppure no.
Grazie
anche a chi ha
inserito la storia nelle preferite, ricordate o seguite e chi ha
semplicemente
letto.
Grazie
a Elenri, la mia
bannerista di fiducia che mi permette di dare un volto ad alcuni
personaggi di
questa storia. Questa settimana vi presento un altro protagonista:
BRIEG! Il biondo
che piace tanto a Chyna.
Adesso
vi lascio al
capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Alzarsi,
lavarsi, vestirsi,
fare colazione e scendere in palestra per la sessione quotidiana di
allenamenti. Sta diventando una routine e non mi piace,
perché se mi abituo a
questa cosa vuol dire che accetto tutto, ed io sto ancora combattendo
con
l'intera situazione per poter anche solo pensare di subire i giochi e
questa
reclusione e isolamento.
Inoltre,
noi candidati,
stiamo migliorando tantissimo. Anche quelli che non avevano molta
dimestichezza
con le armi stanno facendo enormi passi avanti, dimostrando di saper
sostenere
un combattimento o brandire un'arma come si dovrebbe fare. La nostra
recita
sarà verosimile per il bene dello spettacolo.
Gli
strateghi stanno
apprezzando i nostri sforzi, sorridono e annuiscono spesso. Sono
praticamente
sempre presenti. Prendono appunti, ci indicano e, in rare occasioni,
applaudono
a qualche esercizio particolarmente complesso.
Non
appena sono in palestra,
mi metto alla postazione per riconoscere le piante e le bacche
commestibili.
Non so se riuscirò a cacciare e che animali
troverò, e anche dei piccoli frutti
di bosco possono permettermi di rimanere in forze. Dick decide di
andare alle
lance. Ha scoperto di essere bravo con i tiri e la mira e, visto che
gli
allenatori gli fanno spesso dei complimenti, lui si sente gratificato e
continua ad allenarsi con ottimi risultati. Credo che sia la prima
volta che
maneggia tante armi e la cosa mi inquieta abbastanza.
Mentre
ascolto il preparatore
e guardo le immagini del sottobosco creato con i computer, ogni tanto
lancio
un'occhiata al palco dei mentori e poi a Paban. Cosa avrà
intenzione di fare?
Ha detto che non dovrò arrabbiarmi, quindi sicuramente
avrà a che fare con la
nostra recita su una immaginaria relazione. Sarebbe l'unica cosa che mi
farebbe
davvero arrabbiare e questo lui lo sa.
«Ciao,
Chyna» Brieg si è
avvicinato. È la prima volta che lo vedo a una postazione
per le tecniche di
sopravvivenza.
«Ciao,
Brieg» rispondo.
Nonostante sia imbarazzata come al solito, non riesco a essere
completamente
affabile con lui. Ci sono troppe cose nella mia testa per pensare
romanticamente a qualcuno, anche se è bellissimo e simpatico
come lui.
Restiamo
in silenzio ad
ascoltare l'insegnante, poi ci applichiamo a un piccolo test per
verificare le
nostre conoscenze sulle piante commestibili.
Io
me la cavo alla grande.
Scelgo solo bacche e radici di cui sono sicura e lascio perdere quelle
che non
mi convincono. I boschi intorno al distretto e mia madre, hanno fatto
un gran
lavoro negli anni. Brieg, nel caso si fosse trovato nell'arena, sarebbe
morto
nel giro di qualche minuto: tra il suo bottino ha raccolto anche i
'morsi della
notte' le bacche velenose con le quali i miei genitori hanno finto di
volersi
suicidare nei primi giochi che hanno vinto.
«Tranquilli,
non ci saranno
questo genere di pianta. Cerchiamo sempre di eliminare le piante troppo
tossiche e pericolose, ma non possiamo avere il controllo totale di
tutta
l'arena e anche voi dovete sapere quello che potete cogliere e quello
che è
meglio lasciare stare. Vi consiglio di limitarvi a quanto conoscete
bene,
altrimenti rischierete molto più che qualche
livido» si raccomanda
l'insegnante.
«Hai
saputo qualche cosa di
nuovo sui mentori?» chiede Brieg quando ci allontaniamo dalla
postazione.
«No.
Ho visto quello che
hanno notato tutti: Beetee non c’era e John era
sconvolto» rispondo guardando
il palco ancora vuoto. Lui sospira.
«Speriamo
che non sia niente
di grave».
Ci
avviciniamo alla pedana
per i duelli.
«Che
ne dici di fare un
combattimento con le spade? Prometto di andarci leggero»
propone sorridendo
Brieg ed io mi lascio di nuovo incantare dai suoi occhi chiari.
«Sì»
rispondo decisa. Non ho
ancora provato seriamente a combattere. Mi sono limitata ai manichini
in questi
cinque giorni di allenamenti, è ora che provi anche un
duello in piena regola.
Ci
disponiamo dalle parti
opposte e prendiamo una delle sciabole, lunghe una settantina di
centimetri,
che non tagliano ma lasciano una striscia rossa sul tessuto o pelle che
viene
colpita.
Questo
è anche un buon
esercizio per provare le armi che verranno utilizzate
nell’arena.
«Pronta?»
ride il biondo
mettendosi in posizione defilata per sferrare il suo attacco.
L’istruttore
interviene un attimo per farmi capire come disporre il corpo in
relazione al
baricentro, come muovere i piedi e posizionare la spada per parata e
stoccata.
Sembra un riassunto stringato di cui ho capito meno della
metà. Alla fine mi
auto convinco che per tirare di scherma occorre equilibrio e
agilità, cose di
cui sono abbastanza provvista, quindi mi decido a cominciare. In caso
mi
correggeranno gli errori di postura.
Brieg
avanza con un balzo e
fa cozzare la sua sciabola contro la mia facendomi indietreggiare per
il colpo.
Contrattacco con un fendente che para con facilità. Si
sposta leggermente
indietro e carica il braccio con un affondo spostandosi di nuovo in
avanti.
Faccio
un balzo di lato e
paro creando un gran clangore tra le lame. Brieg continua ad attaccare
ma anche
io cerco di fare la mia parte.
Il
nostro duello sembra un
balletto, lui avanza verso di me poi indietreggia di altrettanti passi
mentre
io faccio il contrario: indietreggio e poi avanzo. Alzo la sciabola,
abbasso,
paro, stocco, affondo. Man mano che passa il tempo riesco ad avere
più
sicurezza nel maneggiare quel pezzo di ferro e acciaio che mi sembrava
tanto
estraneo all'inizio.
«Sei
brava» dice Brieg mentre
para un mio affondo.
«Mai
quanto te, sono già
esausta» rispondo saltando indietro per parare un colpo.
«Allora
direi di dare una
svolta e finire il combattimento» propone lui tirando con
forza.
Rimango
spiazzata e il
braccio mi si piega. Lui contrattacca veloce ed io mi ritrovo in un
angolo a
difendermi.
Non
sono abbastanza svelta a
parare e vengo colpita al braccio. Una riga rossa mi si disegna
sull'omero e
spicca sulla giacca della tuta.
Rimango
a fissare la riga
affascinata, quasi non fosse il mio braccio e così non mi
accorgo quando Brieg
mi salta addosso e mi spinge a terra piazzandomi la lama sulla gola e
lasciando
un altro segno rosso.
«Adesso
sei morta ed ho vinto
io» dice esultante. Mi metto a scalciare cercando di
togliermelo di dosso ma
lui mi blocca le gambe con le sue.
«Togliti!
Sei troppo
pensante, energumeno» esclamo, voltando la faccia a destra e
sinistra, tentando
inutilmente di liberarmi. Brieg sorride compiaciuto della sua vittoria,
quando
viene sollevato di peso e lanciato a cinque metri di distanza con un
gran volo.
«Non
devi fare male a Chyna!
Tu la lasci stare!». È Dick che mi ha visto in
pericolo ed è intervenuto.
«Dick,
calma, non è successo
niente» provo a dire, cercando di fermarlo, ma quel gigante
ha deciso di non
ascoltare oggi, perché si affretta verso Brieg e lo solleva
di nuovo per poi
gettarlo sopra la rastrelliera delle lance.
«Smettila!»
urlo e cerco di
avvicinarmi per fermarlo.
Nel
frattempo gli altri
candidati hanno interrotto le loro attività, ma nessuno si
azzarda ad
avvicinarsi a Dick per paura di andarci di mezzo.
Brieg
si rialza e prende una
lancia che brandisce davanti a sé per difendersi, ma Dick la
afferra e la
spezza, lanciandola lontano.
Il
biondo cerca ancora di
difendersi, colpendo il mio compagno con i pugni chiusi, ma niente
sembra
scalfire la determinazione di Dick di fare del male al candidato del
distretto
7.
Sono
accorsi i militi che
afferrano le braccia di Dick. Ne servono quattro per bloccarlo e
portarlo
lontano di Brieg.
Lui
è malconcio, ha un dolore
forte al fianco, il naso rotto e un brutto taglio allo zigomo da cui
esce una
scia di sangue che rende la ferita ancora più brutta di
quanto possa esserlo in
realtà.
Mi
avvicino a lui e mi
inginocchio per dargli una mano.
«Appoggiati»
lo invito ma
quando lui solleva lo sguardo su di me, trasalisco per la sua durezza.
«Stai
lontana da me!» urla
schiaffeggiando la mia mano. «Non voglio avere niente a che
fare con te.
Nell'arena ti sconfiggerò e ti sbatterò fuori. Te
e il tuo amico demente! Non
voglio più parlare con te. Non voglio più vederti
vicino a me. Stammi alla
larga o te ne farò pentire» sibila.
Sono
arrivati i medici che lo
soccorrono e lo sollevano portandolo in una stanza per medicarlo.
Io
non rispondo alle sue
accuse. Sono troppo sconvolta per reagire subito.
Mi
ha accusata come se la
colpa fosse mia! Cosa centro se Dick ha dato di testa quando mi ha
vista
attaccata e in pericolo? Lui non riesce a distinguere la finzione dalla
verità.
L'ha
attaccato. Voleva fargli
male ma solo perché credeva che io fossi in pericolo. Non
voleva fare del male
in modo gratuito e questo Brieg dovrebbe comprenderlo.
«Lascialo
perdere, Chyna. Io
non me la prenderei con te per una cosa del genere. È stato
stupido» commenta
Bor, tirando la mia mano e riportandomi in piedi.
«Se
avessi una che mi gira
intorno come te e io provassi qualcosa, non sarei così
idiota da inveirle
contro» aggiunge poi.
«Ti
prego, non anche tu!»
esclama la voce di Paban alle mie spalle, facendo scatenare le risate
del
candidato dell'11.
«No,
tranquillo. Io mi
riferivo a Brieg. A lui piace avere Chyna che pende dalle sue labbra,
non
capisco perché abbia reagito in quel modo». Mi
trovo ad arrossire.
Sono
tanto trasparente da
aver fatto capire a tutti che mi piace Brieg? Pazienza Paban, lui ha
parecchio
intuito, ma anche Bor? Chissà se ne ha parlato con Christal?
Oddio! Che figura!
Fisso
un punto imprecisato
del pavimento, non ho neanche il coraggio di alzare lo sguardo.
Sento
Bor ridere di gusto.
Che ci troverà di tanto divertente nella mia umiliazione?
«Piantala,
Chyna. Guarda che
sei semplicemente umana e poi credo che quello messo peggio di tutti
sia Paban.
Ti sospira dietro, ti segue come un cagnolino e non ottiene che
pochissimi
attimi di attenzione» dice indicando il candidato del
distretto 4.
«Grazie,
amico. Perché non
pensi di sbavare meno quando sei vicino a Christal e lasci in pace
me?» dice
l'altro ironico.
«Io
e Christal siamo solo
amici» ribatte.
«Anche
io e Chyna siamo solo
amici». Paban sottolinea volutamente la parola amici che mi
risulta quasi fosse
falsa.
«Certo...
lasciamo stare.
Credo che sia quasi ora di pranzo, meglio avviarsi» dice Bor,
chiudendo la
conversazione.
Non
mi soffermo molto a
pensare a quello che si sono detti Bor e Paban, sono piuttosto
impegnata a
fissare la porta dove è rinchiuso Brieg, per curare le sue
ferite. Chissà se
sta bene oppure dovrà saltare delle lezioni? Il non
verificare con i miei occhi
se è ripreso mi agita.
«Ehi,
Dick, come va? Bene?».
Il mio compagno di distretto è ritornato più
calmo di prima.
Si
avvicina a me e mi stringe
tra le braccia, come se volesse consolarmi e proteggermi.
«Chyna,
stai bene?» chiede
con voce tremante.
«Certo
che sto bene, Dick!»
comincio ad essere arrabbiata e mi stacco per guardarlo bene in faccia
«Che
diavolo ti è preso? Ci stavamo solo allenando, non mi stava
facendo male.
Perché l'hai colpito? Adesso lo stanno medicando e magari
dovrà saltare degli
allenamenti per colpa tua! Ti avevamo detto che non dovevi fare del
male agli
altri! Accidenti, Dick!» non sono riuscita a trattenermi e mi
sono sfogata. Il
gigante mi guarda perplesso prima di abbassare la testa contrito e
dispiaciuto.
«Non
volevo fare del male.
Chyna, scusami. Per favore» mormora mentre gli scendono due
lacrimoni dagli
occhi. Come si fa a rimanere arrabbiati con un bambinone simile?
Nessuno ci
riuscirebbe, a meno che non avesse il cuore di pietra.
«Io
ti perdono, ma devi
chiedere scusa a Brieg e non devi farlo più». Mi
sembra di essere una mammina
che sgrida il suo figliolo.
«Va
bene, chiederò scusa a
Brieg e prometto di non farlo più. Solo se tu sei in
pericolo allora
interverrò» anche questa cosa non riesco a
cambiarla perciò mi rassegno a
controllare gli scatti di Dick, perché non faccia male a
nessuno.
Nel
pomeriggio Brieg non
compare ed io sono preoccupata che le sue ferite siano più
gravi di quanto
paressero all'inizio.
«Calmati,
gli avranno dato un
po' di riposo. Domani tornerà come nuovo. Brieg è
forte ed in forma, non
bastano un paio di pugni per metterlo al tappeto». Christal
mi si è avvicinata
e sta provando ad accendere il fuoco mentre io fisso le sterpaglie
senza
neanche vedere quello che ho davanti.
Annuisco
assente e quasi mi
perdo l'entrata dei mentori nel palco accanto agli strateghi.
Subito
fisso le persone per
vedere se manca qualcuno.
Apparentemente
stanno tutti
bene e, come ieri, manca solo Beetee. Anche John si è
ripreso e non ha più il
viso gonfio e dolorante.
Quello
di cui non mi accorgo
sono i passi veloci che sfilano dietro di me e vengo presa alla
sprovvista
quando due mani forti mi sollevano riportandomi in piedi.
Le
stesse mani mi fanno
voltare e mi ritrovo davanti Paban che mi fissa con un ghigno che non
promette
niente di buono.
«Adesso
scusami e
assecondami» sussurra, poi di impeto si china su di me e mi
bacia.
Il
mio cervello si svuota
completamente. Non un pensiero mi attraversa la mente. Sento solo.
Sento le sue
labbra sulle mie che mi incendiano, sento le sue mani che mi stringono
sulle
spalle, sento il suo petto con il cuore che batte accelerato contro i
palmi
delle mie mani, sento il suo profumo che sa di cieli caldi, sole e mare
e che
mi invade. Sento lui, Paban, e il mio cuore sembra esplodere.
Lentamente
si stacca da me ed
io riapro gli occhi che neanche mi ero accorta di aver chiuso. Continuo
a
tenere i palmi delle mani aperti sul suo petto e non stacco il mio
sguardo dal
suo.
Vedo
che è sorpreso ed ha
un'espressione quasi dolce. Anche il mio cervello ritorna a funzionare
e
comincio ad avere la percezione di quanto è successo.
Paban
mi ha baciato. Ha
baciato me.
Sto
ancora elaborando quando
una voce autoritaria grida «Paban!» richiamando su
di sé tutta l'attenzione
della palestra.
Mi
volto verso l'origine
della voce. La conosco, è mia madre. Katniss Everdeen.
Arrabbiata.
Paban
sembra più reattivo di
me e mi sorride rassicurante quando mi prende per mano e mi porta sotto
il
palco dei mentori.
«Vorremmo
la vostra
benedizione. Ci amiamo e non riusciamo a stare separati, ci abbiamo
provato ma
è impossibile» annuncia a gran voce in modo che
tutti possano sentire.
Mi
sento un burattino a cui
sono stati tagliati i fili per muoverlo. Vengo trascinata dagli eventi
senza
che possa intervenire per cambiarli.
Prima
Dick che assale Brieg,
poi Brieg che mi allontana in malo modo e adesso Paban che mi bacia e
decide
che vuole dichiararsi alla mia famiglia.
Dentro
di me sta montando una
rabbia cieca che cerco di trattenere solo rammentando che si tratta
solo di un
trucco per comunicare con i mentori.
«Signori
Mellark, meglio che
scendete e bloccate questa scelleratezza... non vorremmo trovarci con
un'altra
ragazza incinta che scorrazza nell'arena» dice piccato il
capo degli strateghi.
Subito
i miei genitori
scattano dalle sedie ed escono dal palco. Pochi istanti dopo li trovo
accanto a
me. Mia madre si precipita ad abbracciarmi stretta.
«Va
tutto bene? Stai bene?»
sussurra agitata ed io non faccio che annuire, cercando di trattenere
le
lacrime.
«Cosa
è successo a Beetee?»
chiede subito Paban a mio padre.
«Abbiamo
avuto un piccolo
scontro verbale con gli strateghi e Beetee si è agitato
troppo ed ha avuto un
collasso. John ha reagito ed è volato qualche pugno, niente
di grave se non che
adesso il nostro amico è costretto a letto e non sta affatto
bene». Ha risposto
con il solito sorrisetto che fa intendere che sta mentendo e mi sento
gelare.
Paban non conosce tutte le espressioni di mio padre e fa un sospiro di
sollievo
mentre io mi trattengo dall'esternare i miei dubbi.
«E'
messo male ed io sono
davvero preoccupata» dice mia madre e mi si stringe il cuore
al ricordo di quel
vecchio sulla sedia a rotelle con la mente tanto arguta. È
davvero solo
costretto a letto oppure è messo peggio?
«Non
c'è niente tra voi,
vero?» chiede duro mio padre squadrando Paban con astio. Il
ragazzo ridacchia
grattandosi la nuca.
«No,
niente. Lei è troppo
presa dal candidato del 7 per guardare qualcun altro»
risponde leggero ed io lo
guardo con odio! Come si permette di scoprirmi così, davanti
ai miei genitori!
È uno stupido!
«Idiota!»
picchio un pugno
sul suo petto «Come ti permetti! Come ti sei permesso prima
di baciarmi? Era il
mio primo bacio!» sibilo arrabbiata e lo vedo sgranare gli
occhi e poi
sorridere compiaciuto.
«Il
primo bacio? È stato
davvero dolcissimo» dice mentre alza la mano per carezzarmi
la guancia ma viene
fermato prima dalla mano di mio padre.
«Fai
che ci fermiamo a
questo, okay? Ci sono altri problemi adesso e non voglio dover anche
pensare di
ucciderti dopo l'arena perché hai messo le mani addosso a
mia figlia». Adesso
sono io che sorrido compiaciuta mentre vedo Paban irrigidirsi per la
minaccia
neanche velata che gli ha fatto papà.
«Come
ti ho detto una volta,
e non stavo scherzando, io non sono permissivo come mia
suocera» conclude e
lascia andare il polso del ragazzo.
«D'accordo»
risponde «Non la
toccherò più, a meno che lei non
voglia».
«Allora
aspetterai in eterno»
intervengo io con tono bellicoso.
«Non
ne sarei così sicura. In
fin dei conti, anche io ti faccio battere il cuore, anche se meno di
Brieg. E
non ho intenzione di lasciarti a quello stupido taglialegna.
Sirenetta» soffia
a pochi centimetri dalle mie labbra e sento le guance colorarsi di
rosso e il
cuore scoppiare.
Mia
madre mi circonda le
spalle con un braccio mentre sussurra «Non farti
impressionare. È solo un
galletto, sarai tu che deciderai e sceglierai per il meglio».
Annuisco
ma nella frase di
Paban c'è qualcosa che mi suona famigliare e che dopo
qualche istante riesco a
mettere a fuoco.
«Eri
tu nel mio letto l'altra
sera!» pensavo di parlare con mio padre nel dormiveglia e
invece era lui.
Mia
madre e mio padre
spalancano gli occhi scioccati e guardano alternativamente me e Paban
in attesa
di una spiegazione più esauriente.
«Non
è successo niente. Lei
si è addormentata dopo che era passato Jayson ed io ho
dovuto aspettare qualche
minuto per non insospettire i militi» bisbiglia velocemente.
Vedo
che i miei genitori lo
guardano ancora con sospetto, poi, incredibilmente, mia madre si fa
avanti e lo
abbraccia.
«Proteggi
Chyna. So che vuoi
farlo perché è importante per te ed io te la
affido. È il mio bene più
prezioso, abbine cura».
Rimango
un po' spiazzata da
questa manifestazione d'affetto nei confronti di Paban. È
come se i miei
genitori sapessero qualche cosa che io ignoro. Mia madre scioglie
l'abbraccio
con il ragazzo e lo spinge delicatamente verso il centro della
palestra, come a
dargli il segnale di tornare con gli altri.
«Cosa
sta succedendo? Cosa mi
state nascondendo? E non mi dite che non c'è niente
perché vi conosco e non
sono stupida» sibilo furente. Sono qui, costretta a essere
isolata dal mondo e
quando loro hanno la possibilità di darmi notizie, mi
tengono nascoste delle
cose?
Mio
padre sospira poi inizia
a sussurrare velocemente nonostante gli sguardi ammonitori di mia madre.
«Noi
stiamo in una serie di
stanze che arrivano a una sala comune. Eravamo lì l'altra
sera quando sono
entrati i militi e hanno cominciato a spingerci verso le nostre camere.
Brandivano fucili e spade. Enobaria e Johanna hanno tentato di
ribellarsi. Gale
è intervenuto per trattenere sua moglie e Beetee si
è messo in mezzo e si è
beccato una fucilata a bruciapelo. Ne è scaturita una
collutazione dove John ne
ha fatto le spese». Sono scioccata. Sembra sempre peggio
«Hanno portato via
Beetee e non sappiamo dove lo tengano e se è ancora vivo. In
più Gus, il
mentore del distretto 13 ha
sentito un commento di uno stratega che comunicava al capo che una
determinata
colonna era pronta».
«Cosa
vuol dire tutto
questo?» chiedo. Sto tremando.
«Ho
paura che l'arena sarà
molto più pericolosa di quanto pensiamo» dice
papà con un tono serissimo,
mentre la mamma mi guarda con gli occhi lucidi.
La
abbraccio forte. «Non
preoccuparti. Me la so cavare, ho avuto l'insegnante migliore che
potessi
sperare». Sa che mi riferisco a lei. È come se mi
avesse allenato tutta la vita
per potermela cavare negli Hunger Games.
«Lo
so, ma questo non mi
impedisce di avere paura» risponde lei carezzandomi i
capelli. Mi ricordo in
quel momento dei progressi di Jayson che oggi non ho ancora visto.
«Jayson
ha trovato Plutarch e
sta cercando Vick, il fratello di Gale, e un'altra persona che
conoscono» dico
velocemente.
In
quel momento il milite che
si era fermato sulla porta si fa avanti e fa un cenno ai miei genitori
per
farli tornare sul palco.
Torno
mestamente agli
attrezzi della palestra. Non so cosa pensare.
Come
sta Beetee? E poi, i
militi si mettono a colpire i mentori? Cosa vogliono fare? Cosa hanno
in
programma? Fa tutto parte di un piano, è ovvio, ma quale?
Cosa potrebbero poter
fare?
L'unica
cosa che mi viene in
mente è così drammatica che non riesco neanche a
formularla se non
condensandola in una sola parola, perché un pensiero
più articolato mi farebbe
impazzire dal terrore. Morte.
È
così che si sentivano i
miei genitori? Destinati al sicuro macello e all'oblio eterno? Scuoto
la testa
energicamente. No! Io non voglio morire e non voglio uccidere nessuno...
Mi
volto a guardare verso gli
strateghi e mi rendo conto che almeno qualche persona vorrei davvero
farla
fuori. Il capo
degli strateghi prima di
tutti.
Chi
è il vero responsabile?
«Chyna,
vieni». Paban mi
prende per mano e mi porta verso le bottiglie d'acqua. Mi spinge a
sedere su
una panca e mi passa un bicchiere.
«Cosa
succede?» chiede. Sento
il suo sguardo intenso su di me ma non riesco a ricambiare. Potrei
scoppiare in
una crisi isterica e questo non sarebbe utile a nessuno.
«Vogliono
ucciderci» rispondo
monocorde e bevo l'acqua nella speranza di lavare via le stesse parole
che ho
pronunciato. Purtroppo rimangono ancora lì sospese nell'aria
e assorbite dal
ragazzo seduto accanto a me.
«Non
dire assurdità. Come
potrebbero?». È spiazzato, lo sento.
«Hanno
sparato a Beetee e
forse è morto. I mentori non lo sanno» rispondo.
Sono sconvolta e lo è anche
lui.
«Non
può essere... tuo padre
ha detto...».
«Mio
padre ha mentito. Quando
ti sei allontanato ho preteso la verità e adesso sono
terrorizzata per tutti
noi. Ho paura che non usciremo vivi dall'arena» soffio senza
più voce e una
lacrima scende sulla mia guancia.
Lui
non può fare altro che
abbracciarmi e consolarmi per l'ennesima volta. Non ho mai pianto
così spesso
come da quando sono qui dentro. Io non piango praticamente mai, ma qui
la
situazione mi sta logorando i nervi a una velocità
allucinante e non riesco più
a essere padrona di me stessa.
«Chyna,
calmati. Andrà tutto
bene» cerca di consolarmi ma io mi ribello a sentire queste
parole che sembrano
così vuote.
«Non
puoi saperlo! Nessuno
può sapere cosa ci accadrà là dentro,
magari moriremo entro poche ore senza
neanche capire come». Scenari orribili mi vengono in mente e
mi stringo ancora
di più a Paban.
«Non
so cosa succederà ma una
cosa te la posso dire con sicurezza. Non ti capiterà niente
perché io non lo
permetterò a costo della mia vita. Tu sarai salva... adesso
basta, dobbiamo
tornare ad allenarci o sospetteranno qualcosa. Dobbiamo parlarne con
gli
altri?». Ecco una domanda interessante.
Le
notizie che abbiamo non
sono rassicuranti ma possiamo confidare le nostre supposizioni e
rischiare di
scatenare il panico tra i candidati? E se poi non fosse vero?
«No.
Per ora non diciamo
niente. Abbiamo ancora una settimana per capire cosa c'è in
serbo per noi». Mi
alzo e gli tendo la mano, intrecciando le dita con le sue. Insieme ci
dirigiamo
verso le postazioni di allenamento.
Non
sono molto concentrata e
dopo aver provato qualche fendente con una spada, mi faccio un piccolo
taglio
sul palmo della mano mentre lancio un coltello. La ferita non
è molto profonda
ma brucia e sanguina copiosamente.
Subito
Alicia e Dick
accorrono da me spaventati e solo l'intervento di Christal riesce a
calmare
leggermente il mio compagno e a permettere al medico di medicarmi e
bendarmi la
mano.
Il
mio gigante buono è sempre
troppo protettivo con me. Paban attende paziente che il medico abbia
finito.
Anche lui è accorso preoccupato ma non ha detto una parola,
limitandosi ad
osservare attentamente che io stessi bene.
«Non
ti azzardare più a farti
male. Sono quasi morto quando ho visto tutto quel sangue»
sibila irritato un
attimo prima che gli allenatori allontanino tutti da me.
«Ormai
è tardi. Puoi farti
accompagnare dai militi e ritirarti per la notte. Ti do io il
permesso» mi
annuncia solenne il medico facendo un cenno a un paio di militi fermi
accanto a
una porta.
Lo
vedo consegnare un foglio
a uno di loro mentre l'altro mi spinge gentilmente verso l'ascensore.
Riesco
solo a essere
sollevata che questa giornata sia finita e quando arrivo al mio piano
mi
precipito letteralmente verso la mia camera e mi ci infilo sbattendo la
porta.
Ordinerò
qualche cosa per
cena ma non ho intenzione di uscire di lì. Se Dick
vorrà sincerarsi che stia
bene dovrà venire lui da me.
Appena
entrata noto che la
porta del bagno è socchiusa e c'è la luce accesa.
Incuriosita mi sporgo
all'interno e quello che vedo mi spaventa più di qualsiasi
altra cosa al mondo.
Jayson
è in ginocchio accanto
a un uomo coperto si sangue. Mi precipito accanto a mio fratello,
incurante
delle macchie che mi lordano la tuta e inizio a tastarlo con frenesia
per
capire se il sangue che vedo sul pavimento è il suo.
«Chyna
sto bene... non sono
ferito... sto bene...» soffia prima di tossire e piegarsi su
se stesso
stringendosi il torace. Sicuramente qualcuno l'ha preso a botte, ha
persino un
occhio gonfio e chiuso.
Sposto
la mia attenzione
sull'uomo a terra e noto che invece lui ha un taglio sulla coscia da
cui esce
tutto il sangue che ha imbrattato il pavimento.
Corro
subito a prendere degli
asciugamani e un lenzuolo che mi affretto a stracciare in strisce in
modo da
poter fare un laccio emostatico alla gamba ed arrestare l'emorragia.
«Lui
è Vick Hawthorne» me lo
presenta Jayson. L'uomo fa un piccolo gesto prima di perdere conoscenza.
---ooOoo---
Angolino
mio:
nuovo
capitolo pieno di
notizie.
In
primo luogo il litigio
tra Brieg e Dick che allontana Chyna dal ragazzo del distretto 7. Lei
ne è
ferita e vorrebbe stargli vicino.
Paban
bacia Chyna e lei si
fa scappare che è il suo primo bacio. Sembra che lui sia
davvero cotto della
piccola Mellark, almeno a quanto dice Bor.
Beetee
è stato colpito con
una fucilata a bruciapelo dai militi. Quando i protettori della legge
ti
sparano non è mai una bella cosa.
E
per ultimo, Jayson è
stato colpito e Vick (il fratello più piccolo di Gale, che
in questa storia
dovrebbe avere circa quaranta anni), è ferito e perde sangue.
Il
perché sarà uno dei
punti del prossimo capitolo, del quale vi lascio un piccolo spoiler:
… Douce si posiziona subito alle
spalle di Thabo e
sibila «Muoviti, cagasotto. Tanto non è
così che la montagna qui, deciderà di
non spezzarti come un grissino» e così dicendo lo
supera e scende veloce,
subito alle spalle dell'allenatore.
«Non
preoccuparti, Thabo»
intervengo io sorridendo, mentre Dick si affretta a seguire Douce senza
neanche
degnare il ragazzino di uno sguardo «La maggior parte delle
volte non è
pericoloso e soprattutto non vuole fare male a
nessuno»…
Vi
ringrazio per l’attenzione
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 8 *** l'isolamento ***
Ciao
a tutti!
E
BUON NATALE, lo dico
subito almeno non mi dimentico.
Siamo
arrivati a un nuovo
capitolo che ci porta un passo avanti verso l’arena. Siamo
ancora alla prima
settimana di allenamento ma in questo pezzo, gli strateghi daranno un
giro di
vite ulteriore. Sapremo le sorti di Beetee e nuovi eventi.
Ringrazio
chi ha inserito
questa storia tra le preferite, ricordate o seguite, chi recensisce
facendomi
sapere pregi o orrori e chi semplicemente legge e spero che apprezzi il
mio
lavoretto.
Grazie
soprattutto a
Elenri (Teresa) che ha confezionato un banner migliore
dell’altro consentendo a
tutti di dare un volto ai personaggi. Oggi avremo il piacere di
ammirare la
nostra montagna umana il caro, dolce Dick.
E
adesso vi lascio al
capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Le
mie conoscenze mediche
sono sufficienti per riuscire ad arrestare l'emorragia di Vick, il
fratello di
Gale. Riesco anche a ricucire i lembi del taglio in una sutura
approssimativa e
a mettere una pomata antibiotica prima di fasciargli la gamba. Avevo
trovato
una scatola di pronto soccorso in palestra qualche giorno fa e l'avevo
fatta
scivolare sotto la giacca e portata in camera mia. Mai decisione
impulsiva fu
più giusta. Finalmente riusciamo a trasportare il ferito nel
mio letto, anche
se lui non ha ancora ripreso conoscenza.
«Come
avete fatto ad entrare
qui?» chiedo subito dopo, mentre stiamo pulendo il bagno.
«Non
ci sono militi a
sorveglianza delle stanze quando voi non ci siete e siamo entrati senza
che
nessuno se ne accorgesse» risponde Jayson palesemente
soddisfatto per questo.
«Come
mai siete feriti? Tu
stai bene?». Vorrei visitarlo, constatare che le sue ferite
non siano gravi ma
non me lo ha ancora permesso.
«Ho
solo un occhio pesto e mi
sono preso un calcio al costato, ma non è rotto. Come hai
visto, Vick è messo
peggio. Spero solo di riuscire a fermarmi per questa notte ma domani
dobbiamo
assolutamente andarcene».
Annuisco.
«Che sta
succedendo?».
«Con
l'aiuto di Plutarch
siamo riusciti a trovare i presentatori. Li hanno messi in una specie
di centro
benessere oltre la ferrovia, abbastanza distanti da qui, e loro sono
ben felici
di farsi fare bagni di fango e manicure. Hanno solo qualche milite a
controllarli ma sono più che sufficienti visto che se la
stanno godendo e
nessuno di loro ha intenzione di andarsene da lì, specie
Alfie Down. Dovresti
vedere come si è conciato! Solo un paio di quelli con cui ho
parlato, non
riuscivano a capire il perché di questo comportamento ma in
generale stanno
tutti bene». Jayson racconta con una punta di astio, come se
i presentatori non
fossero degni del suo tempo passato a cercare. In fin dei conti abbiamo
sempre
saputo che erano anime semplici e vuote, non potevamo aspettarci
chissà quale
cambiamento.
«E'
lì che vi siete feriti?»
chiedo ansiosa.
«No.
È stato quando abbiamo
visto una ambulanza sotto il palazzo dove sono rinchiusi i mentori.
C'era una
barella e un lenzuolo tirato su, come quando ci sono dei morti e... mi
sono
spaventato così sono corso per vedere chi era»
l'ultima frase la dice come se
provasse vergogna per questa curiosità così
umana.
Perché
dovrebbe vergognarsi?
Anche io sarei corsa a sincerarmi che lì sotto non ci
fossero i miei genitori.
«Era
Beetee?» chiedo in un
soffio e lui annuisce.
«Io
e Vick stavamo
controllando il palazzo e quando sono corso via lui ha cercato di
trattenermi.
Io sono arrivato alla barella ed ho strattonato il lenzuolo,
così ho visto il
vecchio Beetee... morto... poi un milite mi ha dato un pugno che mi ha
fatto
volare per terra e un altro mi ha tirato un calcio. A questo punto
è arrivato
Vick che ha cercato di difendermi e si è preso una
stilettata alla coscia.
Fortuna che sono passate alcune persone e si sono fermate curiose. I
militi
sono subito fuggiti sull'ambulanza ed io ho cercato di arrivare qui.
Non sapevo
dove andare, la casa di Grace è chiusa e Vick abita troppo
distante... ho
pensato che magari qui avrei trovato aiuto...» vedo che
l'adrenalina sta
scemando perché Jayson comincia a tremare.
«Quando
è successo questo?»
chiedo accompagnandolo a una poltrona e drappeggiando una coperta
morbida sulle
sue spalle.
«Un
paio d'ore fa, non di
più» risponde lui cercando di rilassarsi a occhi
chiusi.
In
pochissimi minuti, Jayson
si addormenta ed io rimango a vegliare i due cercando di capire quello
che mio
fratello ha detto.
Un
paio di ore prima hanno
portato via Beetee, morto. Lui non si è più
presentato da due giorni, questo
vuol dire che l'hanno tenuto al palazzo dei mentori sino ora. L'avranno
curato?
Spero che non l'abbiano lasciato morire senza il conforto di una cura.
Sarebbe
tremendo.
Mi
guardo la tuta e provo a
togliere le macchie di sangue. Si capirebbe subito che c'era qualcuno
in camera
mia, altrimenti.
Decido
di uscire per mangiare
qualcosa e portare del cibo in camera. In questo modo i militi non
verranno a
cercarmi e neanche Dick.
Infatti,
appena entro nella
sala da pranzo, arriva anche il mio compagno.
Con
il suo modo impacciato,
accorre subito al mio fianco e mi chiede come mi senta e se la mia mano
non
sanguini più. Tolgo cautamente la garza e gli faccio vedere
il segno rosso ma
completamente asciutto e lui si rasserena subito.
Insieme
mangiamo quello che
gli inservienti ci portano. O meglio, io pilucco qualcosina, lui mangia
di
gusto.
Continua
a parlarmi dei suoi
progressi e di quanto gli dicano sempre di come è bravo con
la spada e la
lancia. Comincia anche a disquisire sull'angolazione dove piantare il
coltello
nel corpo per essere sicuri della morte. A queste ultime parole mi
risveglio e
lo fisso attonita.
Stanno
trasformando questo
ragazzone in una arma da guerra! Sono completamente impazziti?
Già non è in
grado di misurare la sua forza e rischia più di ogni altro
candidato di causare
danni fisici agli altri, adesso ci si mettono anche con le tecniche di
omicidio...
«Dick,
non devi dire così. In
questo modo tu faresti molto male alle persone e noi non vogliamo che
qualcuno
si faccia male, giusto?»
cerco di essere
convincente.
Non
avrei dovuto lasciarlo
fare da solo in palestra. Spero non sia troppo tardi per cercare di
fermarlo.
«Non
voglio fare male a te o
a Paban. Lui è buono e ti vuole bene. Anche Alicia, Owen,
Bor e Christal sono
buoni. Christal è tanto buona, mi da sempre il
dolce» dice Dick facendomi
sorridere.
In
effetti la candidata
dell'undici è l'unica alla quale lui da retta. Forse
più di me. Deve proprio
aver fatto colpo.
«Sì,
loro sono buoni, ma
anche gli altri non sono cattivi». Lo correggo.
«Brieg,
sì. Lui ti ha colpito
e voleva farti male» mi dice ricordando il nostro duello di
oggi.
Il
cuore mi si stringe. Brieg
mi ha allontanata, accusandomi di cose che non avevo fatto. Dick l'ha
colpito e
lui se l'è presa con me.
«Era
solo un allenamento, non
voleva farmi davvero del male. Vuoi sembrare come lui? Anche tu vuoi
far male
alle persone? Devi fare finta e vedrai che andrà tutto
bene» cerco di farmi
capire ma con lui non è affatto semplice.
Dick
sembra pensarci sopra
per un po' poi mi sorride «Allora farò finta,
così non faccio male a nessuno»
dichiara trionfante. Sorrido anche io e spero di averlo convinto
davvero.
Prendo
qualche pagnotta e
torno in camera, dove trovo i due rifugiati ancora addormentati nelle
stesse
posizioni di prima.
La
gamba di Vick non sta più
sanguinando e Jayson è rannicchiato sulla poltrona e sta
respirando
pesantemente come quando dorme della grossa.
Visto
che il letto è
parecchio spazioso, mi ritaglio un angolino accanto al fratello di Gale
e mi
addormento praticamente subito.
Preventivamente
ho incastrato
la spalliera di una sedia alla maniglia della porta in modo di bloccare
chiunque volesse entrare e ho chiesto la sveglia tramite telefono,
perciò
nessun milite e nessun inserviente dovrebbe disturbare il nostro sonno.
Il
mattino dopo sono la prima
a svegliarmi, scattando in piedi non appena squilla il telefono.
Jayson
è scivolato sul
pavimento, ancora avvolto nella coperta e dorme sul soffice tappeto.
Vick
sembra meno sofferente di quando l’avevo medicato. Non ha la
febbre, anche se
pare abbia sudato abbondantemente nella notte.
Provo
a chiamare mio fratello
e insieme decidiamo cosa fare per farli uscire indenni.
«Aspetteremo
solo che voi
usciate. I militi vi seguiranno subito dopo e la via sarà
libera. Nel frattempo
ci barricheremo qui dentro. Non ti preoccupare per gli inservienti,
sono già
d’accordo con Grace che siano solo lei o sua sorella a rifare
la tua stanza,
così, se anche mi trovano, non succede niente».
Intelligente manovra, aveva già
pensato a tutto!
Visto
che non ho altro da
fare, gli consegno il pane che avevo preso la sera prima e il formaggio
che
avevo avanzato da uno spuntino, poi vado a cambiarmi con una tuta nuova
e corro
a fare la mia colazione.
«State
attenti. Ti prego, non
fare più cose avventate» lo scongiuro prima di
uscire e lui annusce solenne,
per quanto potesse sembrare serio con la bocca piena.
«Ciao,
Chyna! Dormito bene?
Io ho sognato che vincevamo i giochi e che poi facevamo tutti una
grande festa.
Eravamo vestiti tutti di bianco… tranne te e Paban che
eravate vestiti di blu
come il cielo. Poi mangiavamo e ballavamo e tu ridevi tanto e
c’era anche la
mia nonna e Peeta e Jayson… c’erano proprio
tutti». Dick ha un sorriso che gli
copre l’intera faccia e io non posso far a meno di sperare
che il suo sogno,
tutto luci e festa, si trasformi in realtà e quel sottile
malessere e disagio
che provo, quando penso all’arena, sia solo frutto della mia
immaginazione.
«Ero
davvero felice?» chiedo
ridendo e lui annuisce con vigore.
«Sì
e baciavi Paban proprio
come ieri in palestra» esclama.
A
quel punto boccheggio come
un pesce e sento le mie guance tingersi di rosso fuoco. E realizzo che
tutti,
tutti quanti in palestra, hanno visto che baciavo Paban. Metto le mani
sulla
faccia e provo a capire cosa fare per far andare via
l’imbarazzo.
«Io
non volevo baciare Paban»
replico con un tono quasi infantile ma Dick scoppia a ridere e alza le
spalle
come a voler dire che non devo raccontare bugie che tanto lui non ci
crede.
Se
non riesco a convincere
neanche il mio compagnone che è tanto malleabile, come
farò a convincere tutti
gli altri che tra me e l’uomo pesce non
c’è niente?
Sento
già nelle orecchie gli
insulti di Iraida e mi vengono i brividi.
Sono
ancora agitata quando
scendiamo in palestra e si aprono le porte. Stranamente i candidati
sono tutti
raggruppati in un angolo, insieme agli allenatori e stanno ascoltando
uno degli
strateghi che è sceso tra loro. Io, Dick, Alicia e Owen, che
sono scesi con
noi, corriamo a raggiungerli.
«Quindi
abbiamo deciso di
fare un giorno di allenamento a coppie e qualche scambio con altri
distretti.
Per cominciare questi saranno gli abbinamenti per oggi: distretto 1 con
13,
distretto 2 con Capitol City, distretto 3 con 9, distretto 4 con 6,
distretto 5
con 11, distretto 7 con 10 e distretto 8 con 12».
Mi
volto e vedo appoggiata al
muro Douce dai capelli verdi, che guarda assorta le luci, come se
neanche
avesse ascoltato. Vicino a lei, Thabo credo si chiami, il ragazzino
dalla pelle
di ebano, ci osserva e sussulta quando Dick alza una mano in segno di
saluto.
Quando
lo stratega si
allontana vengo avvicinata dall'istruttore delle lance.
«Venite
qui, ci alleneremo da
quella parte» fa indicando una porta laterale. Mi domando
dove possa portare e,
quando la apre, vediamo che vi sono delle scale che scendono in
profondità. Sembra
quasi che stiamo scendendo nell'interrato.
Douce
si posiziona subito
alle spalle di Thabo e sibila «Muoviti, cagasotto. Tanto non
è così che la
montagna qui presente, deciderà di non spezzarti come un
grissino» e così
dicendo lo supera e scende veloce, subito alle spalle dell'allenatore.
«Non
preoccuparti, Thabo»
intervengo io sorridendo, mentre Dick si affretta a seguire Douce senza
neanche
degnare il ragazzino di uno sguardo «La maggior parte delle
volte non è
pericoloso e soprattutto non vuole fare male a nessuno».
Non
credo che il moretto mi
abbia creduto così facilmente e devo ammettere che Dick
è davvero imponente e
può essere inquietante, ma è tutta scena e prima
o poi lo capiscono tutti. O
quasi.
Sento
una leggera spintarella
alle mie spalle e vedo che ci sono due militi che ci seguono. Poco
distante ci
sono Paban che mi guarda preoccupato e più in là,
Brieg che si volta a parlare
con Ilixo.
Sono
felice che il candidato
del distretto 7 si sia ristabilito dall'attacco di Dick, ma vorrei che
ricominciasse
a parlarmi perché la sua simpatia mi manca parecchio.
Non
posso distrarmi oltre che
i militi mi spingono più forte a scendere le scale e dopo
tre rampe di ripide
scale, ci troviamo in una stanza abbastanza alta, lunga e stretta,
illuminata
dai neon e senza finestre.
Sulle
pareti lunghe sono
appese una serie di armi simili a quelle che abbiamo usato in questi
giorni,
mentre sul fondo opposto alla porta sono posizionati una serie di
manichini e
bersagli.
«Prendete
queste e iniziate a
lanciare» ordina l'allenatore indicando le figure ammassate
alla parete più
lontana.
Senza
parlare, Douce comincia
a lanciare colpendo i bersagli con precisione. Anche Dick ha migliorato
di
molto la mira mentre Thabo non colpisce praticamente nulla.
Nell'arco
della mattinata non
ci fermiamo un attimo. Passiamo dal lanciare delle asce alle lance,
tiriamo di
spade e di frecce, facciamo le lotte con manganelli e lanciamo
coltelli.
A
mezzogiorno sono già
sfinita.
Ci
concedono un'ora di riposo
e poi riprendiamo gli allenamenti passando ai duelli.
Mi
trovo a combattere contro
Thabo e a sconfiggerlo in pochissime mosse. Decisamente più
complicato
scontrarmi con Douce. Lei è davvero bravissima, agile e
scattante, con una
visione globale del duello, sa quando muoversi e come parare. Ha
l'istinto
della lotta e per questo è letale.
Contro
Dick non riusciamo ad
andare oltre a incrociare la spada. Si rifiuta categoricamente di
lottare
contro di me, neanche per finta.
Quando
si mette a urlare
contro l'istruttore capisco che devo intervenire o potrebbe andare
male.
«Dick,
basta. Lascia stare e
vieni qui» lo prego allungando le mani verso di lui, ma vedo
che è furente.
«Io
non combatterò contro
Chyna. Non riuscirai a fare del male a lei. Non posso e non voglio e tu
non mi
costringerai» urla sempre più forte e prima che io
possa solo fare un passo, si
avventa sull'istruttore e avvolge le sue enormi mani attorno al collo.
Subito
io e Douce ci lanciamo
su Dick e cerchiamo di afferrarlo per togliere le sue braccia
dall'istruttore.
Thabo è terrorizzato e si schiaccia contro il muro incerto
su cosa fare. I
militi accorrono subito dopo di noi e ci mettiamo tutti a tirare.
Mi
sento accaldata e
dolorante per le ore di sforzo ma continuo a tirare. Con l'aiuto di
tutti e
continuando a ripetere di calmarsi, finalmente Dick si rilassa e lascia
il
collo dell'allenatore che si accascia a terra e comincia a tossire
cercando di
incamerare più ossigeno possibile.
«Dick!
Per il cielo di Panem!
Cosa ti è preso? Eravamo d'accordo di non fare male alle
persone!» urlo
arrabbiata contro Dick.
Lui
si fissa le mani
sconvolto e poi mi guarda stupito.
«Non
volevo fare del male a
te... lui voleva costringermi e... e... io non volevo...»
balbetta e ha gli
occhi lucidi come se stesse per mettersi a piangere.
«Lascialo
stare. Quello
scemo» interviene Douce indicando l'allenatore
«Farebbe scappare la pazienza a
un santo». Si siede accanto a Thabo e mette un braccio sulle
spalle del ragazzo
che si appoggia grato a lei.
Crollo
accanto a loro e
appoggio la testa al muro chiudendo gli occhi. Non riesco a credere a
quello
che ho visto. Dick stava quasi per uccidere una persona a mani nude. Lo
sto
fissando e non riesco a pensare a niente se non ripetermi che
è colpa mia. Non
avrei dovuto lasciarlo solo, avrei dovuto stargli vicino e fargli
capire il
bene e il male di quel che stiamo facendo.
«Chyna,
non mi odiare»
mormora come una supplica.
«Non
ti odio, Dick. Mi sono
solo spaventata, ma ti assicuro che non ti odio, non potrei mai, noi
siamo
amici. No?» cerco di rassicurarlo. Forse non tutto
è perduto, come aveva fatto
Haymitch tanto tempo fa, dovrò fare anche io per fargli
riprendere fiducia.
«Chyna,
non mi odiare» ripete
e vedo che sta piangendo.
Mi
alzo e lo abbraccio, il
mio compagno gigante. Ha un cuore buono, non dovrebbe sopportare queste
prove,
non ne è in grado.
«Dick...
tranquillo, Dick. Io
non ti odio. Sei mio amico e ti voglio bene... vedrai andrà
tutto bene. Non
farai più del male alle persone, vero? Hai visto che
è brutto fare del male
alle persone» ripeto sottovoce mentre lo stringo a me.
Non
riesco neanche a unire le
mie mani dietro la sua schiena, tanto è grosso.
A
quel punto lui si volta e
si dirige verso l'allenatore e i militi che lo stanno assistendo.
L'uomo ha dei
brutti segni rossi al collo e guarda Dick con evidente terrore.
«Non
volevo fare del male.
Scusami. Non succederà più, però tu
non farmi picchiare Chyna, o Christal,
neanche per finta. Loro sono mie amiche e io non faccio del
male». Lo dice con
tono grondante di scuse e, sebbene tutti gli altri siano scettici,
l'istruttore
annuisce e tende la mano per farsi aiutare ad alzarsi.
In
quel momento accorrono due
medici che iniziano a controllare le condizioni del ferito e i militi
si
avvicinano a noi.
«Avete
finito per oggi.
Torniamo all'ascensore. Vi ritirerete subito nelle vostre
camere». Si mettono
uno davanti e uno dietro noi quattro e ci accompagnano alle nostre
camere.
In
palestra non c'è nessuno,
se non il capo stratega e due suoi sottoposti che stanno osservando un
video al
televisore appeso alla parete del palco.
Sullo
schermo c'è Gale che
sta parlando dei suoi candidati del distretto 6, esaltando le loro
qualità e
rendendoli accattivanti e simpatici. Piacerebbero anche a me se non li
conoscessi da una settimana e li trovassi curiosi, pettegoli e
lievemente snob.
Sembra
uno spot promozionale.
«Perfetto,
mandiamolo in
onda... vediamo quello del distretto 7, adesso» dice il capo
e vedo apparire
Johanna che, con un sorriso tirato, comincia a parlare di Brieg.
In
quel momento le porte si
aprono e veniamo spinti dentro, perdendo così il resto dello
spot.
Dopo
aver mangiato in
silenzio, io e Dick ci ritiriamo per dormire.
Il
letto è stato rifatto e
sia la camera che il bagno, non presentano macchie di sangue o segni
evidenti
del passaggio di due feriti la notte precedente. Tiro un sospiro di
sollievo.
Almeno Jayson e Vick sono usciti. Confido nelle capacità
straordinarie di mio
fratello perché sia andato tutto nel migliore dei modi.
Cerco
di addormentarmi perché
sono esausta ma continuo a rigirarmi tra le lenzuola, sbuffando ai
minuti che
passano e non capisco il perché. Automaticamente, guardo la
porta ogni istante
e desidero con tutto il cuore che si apra per far entrare qualcuno.
Quando
capisco chi è quel qualcuno scatto a sedere sconvolta: sto
aspettando Paban.
Desidero
vederlo, parlargli,
constatare che sta bene e farmi stringere e consolare da lui. Dividere
le
informazioni e le paure e sentirmi protetta.
Lui
mi fa sentire e
desiderare tutto questo?
Quando
mi sveglio il mattino
dopo sono più stanca di quando sono andata a dormire. Ho
delle occhiaie paurose
e continuo a sbadigliare, ma questo non mi ferma dal voler correre al
piano di
sotto per constatare che Paban stia bene. È più
di un giorno che non parliamo
da quando siamo qui e non è mai passato così
tanto tempo.
Appena
mi siedo a tavola per
la colazione mi accorgo che anche Dick è nelle mie
condizioni e sembra non
abbia dormito.
«Dick,
tutto bene?» chiedo
dolcemente mettendo una mano sul suo braccio.
Lui
fa un salto impaurito e
si scosta come scottato. Mi guarda smarrito ma non può
credere che io gli possa
far male… quindi deve credere di essere lui quello sbagliato.
«Dick…
Calmati, va tutto
bene. Non è successo niente ieri, e vedrai che si
sistemerà tutto. L’istruttore
ti ha perdonato, non devi temere». Parlo piano e con calma,
come farei con un
animale selvaggio e ferito.
«Io
non ti voglio fare male»
sussurra prima di singhiozzare nascondendo il viso tra le braccia sul
tavolo.
Ha paura di fare male a me. Quello che è successo ieri lo ha
davvero
traumatizzato e deve aver passato tutta la notte a rimuginarsi sopra.
Mi
sento in colpa: avrei
dovuto essere presente e consolarlo invece di lasciarlo solo. Ecco
perché i
mentori erano indispensabili, dovevano preservarci da questi crolli!
«Tu
non mi farai mai del
male. Io lo so e lo devi sapere anche tu. Ieri non hai voluto duellare
contro
di me per questo motivo e quello che è successo è
stato solo perché il nostro
istruttore non aveva capito. Adesso che è tutto chiaro,
andrà bene, vedrai».
«Mi
manderanno a casa? Voglio
tornare dalla nonna» piagnucola.
«Anche
io vorrei tornare a
casa con la mia famiglia, ma ho paura che prima dovremo scendere
nell'arena...
sai che facciamo? Quando scendiamo dai piedistalli, prendiamo subito il
drappo
bianco, così torniamo a casa e tutto andrà bene.
Sei d'accordo?» gli chiedo
incoraggiante.
Lui
si apre a un timido
sorriso e annuisce. Forse riusciremo a uscirne tutti interi.
Un
inserviente viene ad
avvisare i militi che è ora di scendere e siamo costretti ad
interrompere la
colazione e scendere subito in palestra.
Dopo
pochi minuti la porta si
riapre, troppo presto per essere già arrivati a
destinazione. Mi aspetto che
entrino altri candidati dei piani inferiori, invece mi trovo invitata a
uscire.
In effetti siamo dentro l'appartamento di un distretto anche se non ho
idea di
quale sia, visto che ho visto solo quelli del tre e del quattro, oltre
al
tredici.
È
disposto esattamente come
il nostro, solo i colori degli arredi sono sui toni ocra, mentre i
nostri sono
verdi.
Ci
fanno attraversare la sala
da pranzo e il corridoio, sino ad arrivare a una porta che sembra uno
sgabuzzino. In realtà si tratta di un altro ascensore
più piccolo, sembra quasi
quello di servizio. I due militi ci fanno entrare e si infilano dietro
di noi,
poi pigiano il pulsante e la cabina scivola nuovamente verso il basso.
Io
e Dick ci guardiamo senza
dire una parola, guardinghi a cercare di capire cosa sta succedendo.
Dopo
alcuni minuti le porte
si riaprono e accediamo a un corridoio. Un milite ci precede e l'altro
ci
segue. Continuiamo questa processione per un centinaio di metri, sino a
quando
arriviamo a una porta tinta di rosso. Il primo milite ci apre l'uscio e
ci fa
segno di entrare seguendoci, l'altro rimane fuori e chiude la porta.
Ci
troviamo in un'altra sala
più piccola di quella di ieri. Dentro ci sono altri tre
militi che ci aspettano
e un paio di allenatori, uno delle armi e uno di quelli addetti alle
postazioni
della sopravvivenza.
In
fondo alla stanza c'è
un'altra porta. Due militi si dirigono verso quella porta e la aprono
mentre un
allenatore si rivolge a Dick «Seguimi. Da oggi vi allenerete
separatamente.
Chyna resterà qui, mentre tu verrai con me». Ha
parlato con calma per cercare
di non irritare il mio compagno, ma in questo momento sono io che sto
per
scoppiare di rabbia.
«Che
significa questa storia?
Perché non possiamo allenarci insieme come abbiamo fatto
sino a oggi? E che
fine hanno fatto gli altri candidati? Non potete trattarci
così, non siamo
prigionieri né abbiamo compiuto dei delitti tali da essere
arrestati e
rinchiusi. Cosa sta succedendo?» la raffica di domande che
scaturisce dalla mia
bocca non trova risposte. L'istruttore si limita a dire che
è stato ordinato
così, per rendere i giochi più veritieri
possibile.
Ho
la sensazione che questo
sarà il modo di allenarsi sino alla fine.
La
porta in fondo alla sala
si chiude alle spalle del mio compagno ed io mi ritrovo sola con il
preparatore
e due militi che mi sorvegliano.
La
giornata passa lenta e
stancante. Nonostante cerchi di parlare con gli allenatori che a
cadenze
regolari si alternano, non riesco ad ottenere risposte. Continuano solo
a dirmi
come colpire, come difendermi e cosa raccogliere per sfamarmi. Non ho
altre
informazioni.
Le
pareti devono essere
insonorizzate perché non sento neanche Dick al di
là della porta.
Durante
la giornata mi fanno
lavorare senza sosta e alla sera sono davvero distrutta, sommandoci
anche il
fatto che questa notte non ho dormito molto.
Rimpiango
le sessioni di
allenamento comuni, almeno lì c'erano gli altri ragazzi e
non mi sentivo tanto
sola. Mi mancano tutti, anche Iraida che mi odia per via di Paban e
persino Rainer
che ha sempre una parola cattiva per tutti.
Bor
che elargisce saggezza da
ogni poro e Christal che è riuscita a domare persino Dick.
Alicia che cerca di
sembrare coraggiosa e Owen che è continuamente polemico.
Nazig, Thabo, Douce,
Rudy, Sakìa, Brieg...
«Per
oggi abbiamo finito. I
militi ti riaccompagneranno nella tua camera» annuncia il
quinto allenatore
della giornata.
Mi
aspetto che torni Dick e
insieme torniamo all'appartamento, ma non arriva nessuno.
«Il
mio compagno?» chiedo.
«Anche
lui è tornato al suo
piano» risponde atono un milite.
Mi
accompagnano all'ascensore
e da lì saliamo. Penso di fare lo stesso percorso al
contrario ma l'ascensore
non si ferma per un bel pezzo. Quando finalmente si le porte si aprono
ci si
trova davanti a un altro lungo corridoio che non ha nulla a che fare
con
l'appartamento dove siamo stati alloggiati per una settimana.
Rimango
immobile e non vorrei
neanche fare un passo, ma vengo spinta con poca gentilezza e sono
costretta ad
arrivare sino alla terza porta sulla destra. Lì vengo
introdotta in una stanza
grande quanto quella dove sono stata sino ad ora e vengo chiusa dentro.
Mi
guardo attorno. Mi trovo
prigioniera in una camera da letto con un bagno attiguo.
Non
ci sono finestre e la
luce viene dalle lampade poste strategicamente alle pareti.
Mi
siedo su una delle due
poltrone e mi rannicchio con le ginocchia al petto. Questi sono giorni
orribili, prima rapiscono i miei genitori, poi uccidono Beetee, adesso
ci
isolano completamente.
Voglio
Dick, voglio Brieg,
voglio Christal, voglio Paban. Non voglio restare da sola. Il silenzio
è troppo
grande, mi ingloba e dilata l'angoscia che sento nel petto.
Bussano
alla porta e un
inserviente entra portando un carrello carico di vivande. Un profumo
invitante
si spande ma io voglio sapere che ne è stato degli altri.
«I
candidati stanno bene?»
chiedo a bassa voce. Potrebbero anche esserci dei microfoni nelle
stanze, se
fosse non mi stupirei.
«Stanno
bene, quelli che ho
visto io. Sono solo nervosi per questi cambi ma nessuno sta
male» mi risponde
praticamente senza emettere suono.
Mi
sento rincuorata, almeno
in questo.
L'inserviente
esce e io mi
ritrovo sola per la prima volta da una settimana.
È
strano, prima, pur
rifugiandomi in camera mia, sapevo che potevo trovare subito Dick se ne
avessi
avuto necessità. Ora che non c'è nessuno che
possa contattare mi sento davvero persa.
In
più è come se stessi
camminando sul bordo delle sabbie mobili, basta un passo falso e
rischio di
cadere e venire inghiottita. Cosa succederà ancora? Vogliono
farci saltare i
nervi? Perché a me non è che manchi
così tanto tempo per scoppiare.
Jayson!
Chissà se lui
riuscirebbe a trovarmi? Magari contattarmi attraverso gli inservienti...
Perché
tutto questo?
Continuo
a farmi questa
domanda ripetendola come un mantra e non mi accorgo di essere
rannicchiata sul
letto. A poco a poco mi addormento senza neanche mangiare.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qui alla fine del
capitolo.
Abbiamo
un Dick sempre più
provato che si lascia andare e rischia di uccidere un allenatore a mani
nude. Tutto
quello di cui avevano paura i Mellark si sta avverando per il ragazzo
del
distretto 12.
In
più ci troviamo
completamente isolati dagli altri, in allenamenti individuali e
allontanati
dagli appartamenti. In pratica prigionieri.
Stanno
facendo una guerra
psicologica, ormai è chiaro. Occorre capire dove
porterà.
Vi
lascio augurando felici
feste e un assaggio del prossimo capitolo
… «Incrociate le lance e
incominciate» ordina
l'allenatore, non appena abbiamo preso posto. Christal fa cozzare
rumorosamente
l'asta contro la mia e poi inizia ad attaccare. Cerca l'affondo con
rabbia,
quasi senza ragionare sulle conseguenze del singolo colpo. Continuo a
parare e
poi contrattacco. Cosa sta combinando? Sembra quasi che mi odi e non
capisco
perché.
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 9 *** i duelli ***
Ciao
a tutti!
Spero
che abbiate passato
un buon Natale. Io torno con il nuovo capitolo.
Come
sempre ringrazio chi
segue questa storia e chi recensisce facendomi sapere cosa ne pensa.
In
questo capitolo, grazie
ad Elenri (Teresa) vedremo il volto di un personaggio che non avevo
considerato
nel mio canovaccio iniziale, ma che ha preso corpo e volume durante la
storia.
Ecco a voi Christal, la candidata del distretto 11.
E
adesso vi lascio al
capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Nei
giorni seguenti non vedo
nessuno. Sembra che gli altri candidati siano spariti dalla faccia
della terra.
Non vedo Dick, non sento Paban, non percepisco nessuna presenza nelle
vicinanze. Sono totalmente sola con gli allenatori e i militi che mi
sorvegliano.
Le
pareti sono insonorizzate.
Potrei mettermi a urlare a squarciagola e nessuno verrebbe a vedere il
perché.
Neanche gli inservienti cambiano. Vedo solo quello che mi porta la cena.
Continuo
a chiedergli degli
altri, sottovoce in un bisbiglio e lui continua a rispondermi muovendo
solo le
labbra e senza emettere suono «Stanno tutti bene».
Gli
allenamenti si fanno
intensivi. Continuo a passare da un'arma all'altra affinando la mia
tecnica.
Ormai sono accettabile con la spada e bravina con la lancia. I
combattimenti li
faccio con l'istruttore e, ovviamente, sono sempre io a perdere, ma sto
migliorando anche lì.
Sento
il mio corpo più agile
e scattante. Un paio d'ore al giorno sono dedicati agli esercizi di
rafforzamento e altrettante vengono usate per provare mimetismo,
raccolta
alimenti commestibili, fuoco, trappole e altro ancora.
Ogni
tanto, come se fosse una
scadenza ciclica da ripetere obbligatoriamente, gli istruttori con me
ripetono
frasi del tipo: «Brava, in questo modo gli altri candidati
non potranno
eliminarti».
Oppure
«No. Se ti muovi in
questo modo rischi di farti scoprire e gli altri possono
colpirti».
Altre
volte sono molto più
espliciti «Per vincere devi battere gli altri».
Mi
domando se anche agli
altri candidati dicano le stesse cose. Probabilmente sì, e
non oso pensare come
possano reagire Dick o Rainer.
E
Brieg? Era così arrabbiato
con me e Dick. Non voleva più parlarmi. Spero che ora abbia
cambiato idea,
anche se ne dubito.
Vorrei
parlare con Christal.
Era davvero una ragazza con la testa sulle spalle, calma e razionale,
oltre che
allegra. Mi trovavo bene con lei.
Chissà
come se la cava
Alicia? È così piccola e inesperta. Gli
istruttori avranno il loro bel daffare
per riuscire ad allenarla, per non parlare di Thabo che sembrava aver
paura di
qualsiasi cosa.
Vorrei
parlare con Paban e
incontrare Jayson e i miei genitori. Vorrei constatare con i miei occhi
che
tutti i candidati e i mentori stanno bene.
Ormai
sono nervosissima e
sfogo la mia irritazione sui manichini. Non se ne salva uno. Sono
praticamente
tutti decapitati e mutilati.
Riesco
a tenere il conto dei
giorni grazie alle cene che passo nella mia camera. Così
spunto il tempo di
questo isolamento assurdo.
Dopo
il primo giorno che mi
hanno isolato da Dick, ne passano altri tre. Ormai manca poco
all'inizio
ufficiale degli Hunger Games della Pace. Tra due giorni saremo
presentati al
pubblico con le interviste ufficiali davanti alla televisione di stato.
Chissà
cosa avranno intenzione di farci fare in quella occasione?
Dovrò
per forza incontrare
qualcuno, finalmente! E subito, il giorno dopo ci sarà
l'inizio dei giochi con
l'arena.
Finalmente
rivedrò Dick,
Paban, Brieg, Christal e tutti gli altri. Speriamo che non ci siano
stati
problemi. In questi giorni mi sono ritrovata ad essere preoccupata
anche per
Rainer e Iraida.
E
i miei genitori? Come
avranno preso questo isolamento forzato? Non avere neanche la
possibilità di
vedermi, per mia madre deve essere stato terribile. Jayson invece?
Lasciato
fuori da tutto. Spero che le ragazze gli abbiano riferito qualcosa se
hanno
parlato con l'inserviente che passa di qua.
«Mellark!
Vieni» ordina con
voce bassa e roca il milite che mi accompagna per l'ennesima volta alla
mia
palestra personale. Mi avvicino e lo supero senza guardarlo in faccia.
Ormai li
odio tutti. Il solo vedere le loro divise grigie mi fanno venire voglia
di
brandire la spada e usarli come puntaspilli.
«Chyna,
dove scappi?
Aspettami» borbotta e mi fermo guardandolo in faccia. Dovevo
aspettarmelo!
Nessuno ha più risorse di un Mellark biondo! Jayson
è incorreggibile. Si è
camuffato da milite.
«Che
ci fai qui? Come hai
fatto a entrare? State tutti bene? Tu sai cosa sta succedendo? Non ho
più visto
nessuno. Sono preoccupata su cosa possono fare con Dick. E Paban non
l'ho più
sentito. Non so nulla degli altri e...» sono agitata e parlo
a raffica finché
mio fratello mi stoppa brusco.
«Piantala,
nevrotica!
Ascoltami! Come ho fatto non ha importanza, adesso ho poco tempo.
Quello che so
è che vi hanno isolati tutti e vi fanno allenare da soli ma
state bene. Alla
televisione mandano immagini di spezzoni registrati dai vostri
allenamenti in
comune della palestra centrale. Stanno anche trasmettendo degli spot
dei
mentori su di voi... tu mi sei molto più simpatica da quando
ti descrive la
mamma» sorride facendo la battuta, poi torna serio.
«I
mentori stanno tutti bene,
non ci sono più state sparatorie. Plutarch mi ha fatto
incontrare con un uomo
di nome Fenix. È uno stratega vicino al capo ma è
molto amico di Plutarch. È
lui che mi ha fatto avere la divisa... comunque sta cercando di capire
il piano
del capo stratega ma dice che c'è anche un altro uomo che si
incontra spesso
con il pelato e sembra che sia uno del governo... abbiamo paura che la
cosa sia
molto più grossa di quanto possa sembrare» termina
il racconto velocemente,
appena prima di arrivare alla porta della mia palestra.
«Sii
forte sorellona. Stiamo
facendo di tutto per tirarvi fuori di qui, tu stai attenta, mi
raccomando» e mi
da un bacio sulla guancia prima di dirigersi veloce verso la fine del
corridoio
e girare l'angolo.
Entro
nella palestra e mi
trovo con il solito istruttore delle prime ore che mi aspetta accanto
alla rastrelliera
delle lance, ma accanto a lui c'è Christal che si guarda
attorno senza tradire
alcuna emozione.
Non
appena chiudo la porta,
tutti, compresi i due militi, si voltano verso di me e l'allenatore
avanza
deciso mentre la candidata dell'undici rimane ferma.
«Oggi
vi allenerete insieme
nei combattimenti» mi annuncia.
Guardo
Christal con più
attenzione e cerco di farle un sorriso ma lei volta lo sguardo alle
lance.
Sembra più magra di quando abbiamo iniziato ad allenarci e
visto che lo era già
prima, è diventata quasi trasparente. Però appare
anche più forte. I muscoli
delle braccia sembrano più definiti.
Mi
consegnano una lancia e
lei ne prende un'altra in mano, poi ci avviciniamo alla pedana dei
duelli.
«Incrociate
le lance e
incominciate» ordina l'allenatore, non appena abbiamo preso
posto. Christal fa
cozzare rumorosamente l'asta contro la mia e poi inizia ad attaccare.
Cerca
l'affondo con rabbia, quasi senza ragionare sulle conseguenze del
singolo
colpo. Continuo a parare e poi contrattacco. Cosa sta combinando?
Sembra quasi
che mi odi e non capisco perché.
Abbiamo
entrambe il fiato
spezzato ma continuiamo ad attaccare. Christal ha uno sguardo duro,
quasi
cattivo mentre si slancia contro di me.
Appena
mi abbraccia per un
corpo a corpo sibila «Non ti permetterò di far
male a Bor e a Dick. Ho sempre
pensato che non ti interessassero i giochi e invece scopro che vuoi
vincere a
costo di far male a tutti... anche a Dick che ti adora» e mi
spinge a terra.
Sono
davvero sconvolta. Cosa
sta dicendo?
«Non
è vero!» ribatto
spingendola lontano.
«Ti
ho sentito! Hai detto a
Dick di sventolare subito il drappo bianco e volevi schiacciarci
tutti» ripete
e io boccheggio. Ho la sensazione che abbiano manipolato le mie parole.
La
spingo via con forza e con
uno scatto fluido e veloce, riesco a disarmarla e a colpirla con la
punta
retrattile che le fa un bel segno sul petto.
«Sconfitta»
annuncia
l'istruttore, raccogliendo le lance.
Ci
avviciniamo lentamente al
banchetto dove ci sono le bottigliette di acqua.
«Christal,
ascoltami. Non ho
mai voluto vincere e non ho mai voluto far male a Dick, Bor, Alicia o
qualsiasi
altro candidato. Mi difendo ma non ho alcuna intenzione di ferire gli
altri»
rispondo.
«Allora
dimostralo» mi sfida.
«Al
prossimo scontro ti farò
vincere» propongo. Lei mi guarda perplessa ma annuisce.
L'allenatore
ci richiama per
un duello con le spade e noi ci disponiamo di nuovo sulla pedana.
Christal
inizia subito ad attaccare ed io paro i suoi colpi senza tanta fatica.
Non la
attacco, mi difendo soltanto, provo qualche finta ma senza convinzione
e alla
fine scopro abbastanza il fianco per essere colpita. L'istruttore
è
contrariato, credo che abbia capito che non ho combattuto alla mia
massima
possibilità. Non dice nulla mentre io e Christal andiamo a
bere di nuovo.
«Non
basterà questo, lo sai?»
chiede lei. Sospiro. Ne sono consapevole.
«Lo
so ma non ho altro modo
per convincerti... anzi. Non ti devo convincere. Io mi sono sempre
comportata
bene, alla luce del sole. L'unico mio desiderio è uscire dai
giochi della pace
il prima possibile e tutta intera. Il problema è che tutti
questi misteri,
l'allontanamento dei mentori, il nostro isolamento e adesso gli
allenamenti
individuali... sono stati loro a farti pensare che io volessi vincere a
costo
di passare sopra a chiunque, vero?». Vedo che segue il mio
ragionamento senza
parlare ma, man mano che manifesto i miei dubbi spalanca sempre
più gli occhi
come se prendesse coscienza dei fatti solo in quel momento.
«Hai
ragione» sussurra.
Quando mi guarda in faccia ha di nuovo lo sguardo brillante e sincero e
capisco
che è tornata la mia amica di prima. Amica... non mi ricordo
di aver nominato
qualcuno come amico...
L'allenatore
ci richiama e
continuiamo con i duelli e l'allenamento con i manichini.
Nel
pomeriggio rifacciamo la
serie di duelli. Io vinco con la spada ma Christal mi atterra con una
mossa
fulminea quando stiamo combattendo con la lancia. Sorrido quando mi
allunga la
mano per aiutare ad alzarmi.
«Scusami
per prima» dice
subito dopo.
«Chiariscimi
una cosa... sono
gli allenatori che ti hanno detto quelle cose?» mormoro
sottovoce. Stiamo
parlando piano e beviamo lentamente l'acqua. I militi stanno
chiacchierando tra
loro mentre l'istruttore è uscito per il cambio,
perciò abbiamo qualche minuto.
«Sì.
È come un martellamento
continuo. Mi ripetono che devo lottare per non soccombere, cosa devo
fare per
poter vincere... poi hanno cominciato con alcuni candidati. Hanno
cominciato a
parlare male di Bor, di te, di Dick, di Rainer...».
«Beh,
di Rainer chiunque
potrebbe parlare male... anche di Iraida per quanto mi
riguarda» dico io e lei
ridacchia.
«Hai
più visto Paban o
Brieg?» chiedo leggermente imbarazzata. Sento che le mie
guance sono andate a
fuoco dopo questa domanda. Vedo Christal cercare di trattenere un
sorriso.
«No.
Da quando siamo in
isolamento completo sei la prima persona che vedo. Quanto vorrei sapere
come
stanno gli altri. Sono preoccupata per Alicia. È troppo
piccola e inesperta per
queste cose».
«Quindi
non sai niente
neanche di Bor? Io sono molto preoccupata per Dick e soprattutto per
quello che
potrebbe fare. Non so se l'hai saputo, ma quando ci siamo allenati con
il
distretto otto, l'ultimo giorno prima dell'isolamento, ha quasi ucciso
l'istruttore a mani nude. Era distrutto, poverino e l'allenatore
è stato
portato in infermeria. Io e Douce abbiamo faticato a staccarlo dalle
sue mani»
non posso dirle niente altro che arriva il nuovo insegnante e ci
disponiamo
accanto a lui per la lezione di sopravvivenza.
È
come se godessimo del
riposo dopo il lavoro. Lo studio delle erbe commestibili e medicinali
non sono
stancanti come le ore di allenamento con le armi. Però non
abbiamo possibilità
di scambiarci altre parole. Christal, accanto a me, mostra di avere
un'ottima
conoscenza delle piante, in alcuni casi addirittura superiore
all'insegnante
stesso.
È
bello scambiarci
informazioni su quanto sappiamo. Sento che ormai non ha più
motivo per essere
arrabbiata con me e ringrazio il cielo di essere riuscita a farla
ragionare.
Quando
arriva il momento
della cena, veniamo ricondotte nelle nostre stanze e abbiamo solo
l'occasione
di scambiarci un vago saluto con la mano.
Se
ho capito bene, lei ha la
stanza tre porte più in là, ammesso che potesse
essere utile saperlo.
Quando
mi alzo, il mattino
dopo, ormai mi accorgo che manca solo un giorno e sono quasi tentata a
fare un
gran sospiro di sollievo: questa tortura psicologica è quasi
finita e
finalmente mi potrò liberare di questi giochi e tornare a
casa con la mia
famiglia senza altri pensieri che studiare e diventare un bravo medico
come mia
nonna. Ho deciso che voglio la sicurezza del lavoro e la gioia di dare
beneficio agli altri. Non sarò espansiva ma posso essere
efficiente.
Ancora
un giorno e poi ci
sarà la presentazione e quindi il nostro arrivo in arena.
Penso
alle interviste. Cosa
mi chiederanno? Mi domanderanno di Paban? Certamente la nostra finta
storia
sarà trapelata, visto come erano curiosi gli strateghi.
Spero
che non esca anche la
storia di Brieg, perché a quel punto non saprei proprio come
cavarmela.
Una
volta che mi sono
preparata, aspetto che il milite incaricato venga a prelevarmi per
portarmi
nella nuova stanza per il mio allenamento giornaliero e, magari,
trovarmi a
duellare con un altro candidato che mi faccia capire ancora meglio cosa
hanno
intenzione di fare gli strateghi, facendoci raccontare le fandonie che
gli
insegnanti hanno propinato a Christal.
Non
riesco a rendermi conto
degli orari, visto che tutto è cadenzato solo dalla cena e
dal sonno notturno.
Nessuna finestra per poter capire l'angolazione del sole, nessun
orologio per
sapere che ora è. Ecco perché non mi meraviglio
di dover aspettare, quanto del
fatto che, al posto di un milite, nella stanza entra Sigma, la stilista
addetta
al distretto 12.
«Santo
cielo di Panem! Chyna,
sei un disastro! Meno male che domani vi affideranno tutto il giorno
nelle
nostre mani, altrimenti presenteremmo dei gorilla incivili, al posto
dei
bellissimi candidati come dovreste essere» dice lei, posando
sul letto una
voluminosa cartellina e la sua borsa da lavoro.
«Cosa
devi fare?» chiedo
curiosa.
«Devo
prendere le vostre
misure e sistemare i vestiti che erano stati scelti per le interviste e
le
presentazioni di domani sera» risponde tirando fuori il metro
e facendo cenno
di spogliarmi.
Comincio
a togliermi la tuta
e nel frattempo penso che questo è il primo contatto libero
con l'esterno che
mi offrono, sono proprio curiosa di sapere qualche cosa di nuovo.
«Sigma,
com'è la situazione
fuori di qui? Ci hanno talmente isolato che non sappiamo
niente» dico con tono
innocente. Non so se posso fidarmi o meno quindi preferisco usare un
tono
leggero.
«La
gente aspetta con
impazienza l'inizio dei giochi, come è ovvio. Alla
televisione mandano le
interviste ai mentori che parlano di voi e le vostre immagini mentre vi
allenate... strano, non avevano fatto vedere questo posto, sembrava che
foste
ancora nell'appartamento e nella palestra comune» risponde
mentre mi prende le
misure e le annota scrupolosa su un quaderno.
«Hai
visto la mamma?» chiedo
trepidante. Lei annuisce e borbotta qualcosa sul fatto di essere
più magra.
«Ho
fatto il vestito anche
per lei, sembra che domani sera ci sarà una variazione sul
solito protocollo.
Comunque mi ha chiesto di dirti che stanno tutti bene e di non
preoccuparsi che
è quasi finita... testuali parole, anche se non capisco cosa
intenda dire. C'è
ancora il gioco nell'arena e poi, se vincerai tu, anche la
premiazione» dice
mentre finisce il suo lavoro. «Puoi rivestirti».
«Non
ci sono agitazioni in
giro per Capitol City o per i distretti? È tutto
tranquillo?» chiedo sperando
che il mio tono non sembri troppo interessato.
Possibile
che tutto questo
sotterfugio sia solo limitato agli Hunger Games? Che senso ha tutto
questo
piano? Solo per rendere i giochi più violenti? Avevo la
sensazione che tutto facesse
parte di un piano più ampio, ma se è vero quello
che dice Sigma, allora è
davvero così. Ci hanno isolato e hanno fatto credere a molti
di noi di non
essere amici per avere più combattimenti in arena.
Nella
mia mente si apre la
speranza di tornare a casa davvero prestissimo, esattamente tra due
giorni, non
appena potrò sventolare quel benedetto drappo bianco. Credo
che anche Jayson mi
perdonerà per la mia vigliaccheria. Spero che Dick e Alicia
seguano il mio
esempio. Saremo l'edizione degli Hunger Games della Pace con
più defezioni
dall'inizio dei giochi.
«Sì,
non ho sentito di nessun
tafferuglio e ti assicuro che i miei assistenti non si lasciano
sfuggire nulla.
Se un topolino squittisce nelle fogne, loro lo sanno». Meglio
delle spie
prezzolate!
Riponendo
le sue cose nella
borsa, mi da un paio di baci sulle guance e mi augura buona fortuna. Ho
appena
il tempo di chiederle se ha già visto Dick e se sta bene.
«No»
risponde sorridendo
triste. Ha capito che non siamo in una bella situazione adesso e non
occorre
che le spieghi perché non so niente del mio compagno.
«Vado adesso da lui. Gli
dirò che ti ho trovata bene e che non vedi l'ora di
rivederlo domani alle
interviste». Dice questo prima di chiudere la porta alle sue
spalle, senza
neanche aspettare il mio grazie.
Rimango
attonita a guardare
il battente bianco senza emettere un suono. Devo solo farmi forza. Non
passano
che pochi minuti quando entra il milite e mi invita ad andare in
palestra.
La
mattina passa nel
rafforzamento muscolare e in qualche esercizio di difesa.
Subito
dopo lo spuntino
leggero che è il mio pranzo, vengo prelevata e portata
attraverso il corridoio
in un'altra stanza.
In
lontananza mi sembra di
scorgere Brieg in mezzo a due militi ma, a parte i capelli biondi e
corti, non
sono sicura sia lui, visto che non si volta dalla mia parte. Dalla
postura e da
come cammina, sembra stia bene ed è l'unica consolazione che
mi concedo, prima
di entrare in un'altra stanza di allenamento.
Al
centro vedo un ragazzo che
sta parlando con il suo istruttore e sento che mi tremano le mani.
È il
candidato del distretto 10. E' molto forte. È Ilixo.
Il
candidato dal tatuaggio
sullo zigomo mi guarda con sufficienza. «Ecco a voi la
damigella dei giochi.
Proprio lei dovevate assegnarmi oggi? Non ne ho avuto abbastanza
ieri?».
Sono
perplessa, a cosa si
riferisce? È evidente che Ilixo ha avuto a che fare con
qualcuno che è legato a
me. Paban? Trasalisco. Perché mi è venuto in
mente subito lui?
«Ieri
mi avete fatto lottare
contro Iraida. Bella ragazza, niente da dire, brava con le armi, ma
è una piaga
gelosissima del capellone e della principessa qui presente. Davvero! Se
osi
anche solo sospirare per quel ragazzo del mare, giuro che faccio in
modo di
sgozzarti anche con una spada smussata» termina rivolgendosi
a me.
Mi
metto a ridere allegra.
«Neanche a me piace Iraida e non ho alcuna intenzione di
farmi sgozzare da te
per aver respirato più forte del dovuto».
«Okay,
ti do il beneficio del
dubbio. A te la scelta della prima arma» concede con un ampio
gesto.
È
un ragazzo strano. Non ho
ancora capito se è simpatico o meno. Dall'aspetto sembra un
duro e anche il suo
modo di combattere è letale. Vuole vincere e si vede. Non ha
legato con nessuno
dei candidati, ma non sembra uno di quelli che si fanno convincere o
allontanare
dalle proprie idee. Mi verrebbe quasi voglia di chiedergli cosa ne
pensa della
situazione e cosa gli hanno detto gli allenatori in questo periodo di
reclusione forzata.
Non
riesco a fare nessuna di
queste cose prima di ritrovarmi sulla pedana con una spada in mano. La
mia
prima reazione sarebbe di correre a perdifiato e fuggire lontano da
lui. I suoi
movimenti sono molto grossolani ma sopperisce alla mancanza di tecnica
con una
grande forza.
Nel
distretto dieci si
occupano di mandrie e allevamento animali e a guardare le sue spalle
direi che
a lui sono capitati i lavori più gravosi.
Incrociamo
le spade e già dal
primo colpo che ricevo sento una fitta alla spalla per cercare di
tenere in
posizione l'arma. Accidenti se è potente! Ilixo continua ad
avanzare menando
fendenti senza uno schema preciso. È solo foga e l'unico
modo per metterlo un
pochino in difficoltà è con la pura tecnica, cosa
di cui non sono molto
fornita, visto che ho iniziato a duellare da una settimana circa.
Richiamo
alla memoria qualche
chicca che mi è stata generosamente inculcata dai vari
allenatori e finalmente
riesco a contrattaccare.
Lui
è sorpreso, poi vedo che
si incupisce, come se il fatto di difendermi fosse un affronto
personale, e
ricomincia ad attaccare.
Ormai
sono quasi uscita dalla
pedana. Provo a fare una finta che mi permetta di scivolare alle sue
spalle ma
la cosa mi riesce per metà. Mi colpisce al fianco prima che
possa rialzarmi e
l'istruttore mi dichiara sconfitta.
Ilixo,
allegro e baldanzoso,
va a prendere la bottiglietta d'acqua, senza neanche aspettarmi. Quando
giungo
alle sue spalle me ne passa una ancora chiusa ed io lo ringrazio con un
cenno
di capo. Non riesco a parlare, ho ancora il fiatone per lo sforzo, cosa
che lui
non ha.
«Davvero
stai con Paban?
Credevo ti piacesse Brieg» dice sogghignando.
Accidenti!
Ma se ne sono
accorti tutti in palestra?
«Comunque
se vuoi eliminare
Iraida, basta che ti metti a slinguazzare e pomiciare con Paban. Anzi,
facci
sesso davanti a lei. Le verrà un attacco di cuore e
rimarrà secca all'istante.
Dovevi sentirla ieri: io colpivo e lei inveiva verso di te, l'atterravo
e lei
sospirava per i baci che Paban le aveva dato e rimpiangeva quando
stavano
insieme...». Sobbalzai a questa rivelazione. Stavano insieme?
«Quando
dici che stavano
insieme, intendi che erano fidanzati?» mormoro con tono
piatto.
«Tipo
un paio di anni fa a
quanto dice lei. Guarda, mi ha raccontato praticamente la storia della
sua vita
sessuale con il candidato del quattro. Che è stato il primo,
che era
bravissimo, che lei ne è ancora innamorata... l'istruttore
mi ha impedito di
metterle le mani al collo, ma giuro che non ne potevo più
delle sue storie. Era
patetica! Se lui non ti vuole perché cavolo lo vuoi tu? La
stessa domanda
potrei farla a te per Brieg. Lui non ti vuole, è solo
lusingato. Perché lo vuoi
tu?».
Ilixo
è spiazzante. Diretto e
brutale da far male, sia con una spada che con le parole. E’
la prima volta che
parliamo, eppure ha notato il mio gravitare attorno a Brieg, lo pseudo
sentimento di Paban nei miei confronti... è davvero un
ottimo osservatore,
oltre ad essere estremamente intelligente.
Vengo
strappata dai miei
pensieri da un suo rumoroso sospiro.
«Avrei
preferito incontrarmi
con Rainer. Lui sì che pensa solo alla gara e non si
risparmia, sarebbe stato
un bel banco per provare la mia forza». Lo dice con rimpianto
e io sorrido.
Beh, a qualcuno piace anche il candidato dell'uno. Ed io che pensavo
non avesse
estimatori.
«Riguardo
a questa
situazione» continuò facendo un ampio gesto con la
mano «Non mi interessa più
di tanto. Io sono qui per vincere e tutto quel che mi dicono o fanno mi
lascia
completamente indifferente. Quali siano le tue macchinazioni o quelle
dei tuoi
amici o degli strateghi, non mi toccano. Io farò i miei
giochi e combatterò con
tutte le mie forze, anche slealmente se servirà. Non mi
piaci ma neanche ti
odio, così come tutti gli altri candidati. Io voglio vincere
e vincerò». Finito
il suo discorso fa un sorrisetto tirando su un solo lato delle labbra e
mi
tende la mano che stringe con vigore.
Non
so perché ma la sua
dichiarazione di guerra mi ha rassicurata. In sostanza è
rimasto immune
all'odio instillato e al nervosismo creato dalla situazione.
È sempre se stesso
con un solo scopo. Probabilmente nell'arena sarà un
solitario dal quale
guardarsi anche le spalle. Per lo meno sai cosa ti devi aspettare da
lui e
questo è sicuramente un vantaggio.
Sorrido
anche io in risposta.
Non dico nulla perché tanto sarebbe inutile. Il mio voler
scappare dall'arena
non gli impedirebbero di colpirmi alle spalle se lo ritenesse utile al
suo
scopo finale, perciò evito di sprecare il fiato e ritorno in
pedana dove ci
aspettano le lance.
Alla
sera vengo riportata
nella mia camera, praticamente a pezzi. Ilixo è uno che non
fa sconti e mi ha
letteralmente massacrato. Ha vinto tutti i duelli e, negli intervalli
non
abbiamo più parlato.
Ho
approfittato di quei
momenti per pensare. Iraida e Paban? Lo stesso Paban che mi ha baciato
era
stato insieme alla sua compagna del quattro.
Non
so per quale motivo ma il
mio cuore è stretto da una morsa e fa talmente male da farmi
spuntare delle
lacrime che faccio enorme fatica a trattenere.
Non
voglio essere gelosa di
lui. Non voglio tornare a pensare a lui come quattro anni fa. Il suo
interessamento è una recita, solo per parlare con i miei
genitori, non ha
niente a che fare con un sentimento più profondo.
A
me piace Brieg, ma se lui
non vuole più saperne (o non ha mai voluto), non importa,
sono sopravvissuta
quattro anni fa e sopravvivrò anche adesso.
Quando
alla sera chiudo gli
occhi, vedo l'immagine dei due candidati del distretto quattro, nudi,
avvinghiati che si baciano e ridono indicandomi. Allora posso sfogare
le mie
lacrime. Sono sola, nessuno mi può vedere e posso essere la
piccola e fragile
Chyna, quella che si innamora e a cui viene regolarmente spezzato il
cuore.
Vorrei
che la mamma fosse
qui, ad abbracciarmi e consolarmi. A dirmi che per i ragazzi non ne
vale la
pena e che l'unico di cui dovrò innamorarmi è
quello che farà di tutto per me,
che sacrificherà anche se stesso, come mio padre per lei.
Solo quella persona
sarà in grado di amarti e sostenerti per tutta la vita e
solo con lei potrò
costruire un futuro.
Cado
in un sonno agitato,
dove mi inseguono le facce di tutti i candidati. Mi trovo con Alicia e
Christal
che mi accusano di essere egoista, con Ilixo e Bor che mi dicono che
sono
gelosa, Iraida e Paban che mi prendono in giro mostrandomi il loro
amore, Brieg
che mi allontana dicendomi che non mi vuole, Owen, Nazig e Rainer che
promettono di eliminarmi subito dai giochi, Dick e Thabo che mi
accusano di
averli abbandonati, Douce che mi guarda con rimprovero senza dir nulla,
i
candidati del sei che mi voltano le spalle altezzosi e tutti gli altri
che mi
tirano addosso delle pietre che si trasformano in artigli graffianti.
Ho
ancora nelle orecchie la
risata sarcastica di Paban quando sobbalzo e mi siedo sul letto,
completamente
sudata e stremata per il sogno fatto.
Fatico
a connettere e solo
dopo una lunga doccia calda mi accorgo che ieri era l'ultimo giorno di
allenamento e che oggi saremo nelle mani di Venus e Trent per la
preparazione
alle interviste di questa sera. È quasi finita, si torna a
casa.
«Forza!
Oggi abbiamo un sacco
di cose da fare e non possiamo aspettare oltre! Visto che hai
già fatto la doccia,
ti accompagno da Venus poi vado a cercare Dick». Sigma entra
in camera come una
furia, mi lancia un accappatoio per sostituire il misero asciugamano
che mi sta
coprendo e mi trascina fuori nel corridoio. Sono talmente frastornata
che non
mi accorgo neanche di andare a sbattere contro qualcuno se non nel
momento che
delle braccia mi avvolgono.
Ancora
prima che alzi la
testa e lo riconosca, al mio naso arriva il profumo di sole, sale e
mare e so
già che si tratta di Paban.
Anche
quando le sue labbra si
posano con urgenza sulle mie e le sue mani tastano e frugano il mio
corpo come
a constatare che sia davvero lì con lui. Non apro ancora gli
occhi, voglio
gustarmi ogni istante di questo momento.
«Romeo,
vieni» ordina una
voce maschile. Ecco il momento magico, tristemente interrotto.
«Chyna,
stai bene?». Paban
non sta ascoltando nessuno e i suoi occhi preoccupati sono solo su di
me.
«Sto
bene. Sono solo stanca
per questa situazione e non vedo l'ora che sia tutto finito»
rispondo
perdendomi nei suoi occhi verdi. Quanto mi è mancato.
Non
riesco neanche a pensare
a lui e Iraida. Adesso è qui con me e questo mi basta.
«Paban,
adesso dobbiamo
andare» interviene Sigma con dolcezza «La vedrai
questa sera, più bella che
mai, ma adesso vai, prima che arrivino i militi».
Ha
ragione lei, siamo ancora
sorvegliati e non possiamo farci trovare qui.
Lui
si china veloce su di me
e mi da un altro bacio al quale rispondo con entusiasmo.
Da
quando sono così
espansiva? E da quando sono così felice di vedere Paban? Da
quando il mio cuore
batte così impetuoso da sembrare di voler scappare dal
petto?
Sono
davvero innamorata di
lui?
Il
pensiero che mi terrorizza
di più, però, è il successivo: lui
è innamorato di me?
Sigma
mi conduce diversi
piani sotto e ho la sensazione di tornare alla palestra comune di
inizio
settimana. Arrivati al piano giusto prendiamo un carrello che su una
monorotaia, ci porta lungo un dedalo di corridoi illuminati da neon,
sino a
fermarsi davanti a una enorme porta marrone.
«Eccoci,
da qui andiamo a
prepararci» la stilista scende e mi tende la mano.
«Dove
siamo?» chiedo
incuriosita. Non ero mai arrivata da quelle parti.
«Sotto
lo studio televisivo
dove avverrà la trasmissione delle interviste questa sera.
Mi hanno detto che
nel camerino di presentazione c'è anche il televisore dove
possiamo vedere le
votazioni che vi hanno assegnato».
«Ma
non dovevamo fare le
audizioni private?» strano. Mia madre mi aveva sempre detto
che dovevamo
esibirci in sessioni private davanti agli strateghi per avere la
votazione di
base che serve agli sponsor per valutarci.
«Forse
vi hanno già
controllato e non è stato necessario» risponde
leggera Sigma.
Vengo
trascinata in una
stanza con annesso un enorme bagno con lettino e lì una
Venus in fibrillazione
si avventa famelica su di me e comincia a torturare la mia pelle con
sadica
soddisfazione. Sento le creme urticanti e lenitive, i rasoi e i liquidi
caldi e
appiccicaticci che mi vengono applicati, prima dello strappo doloroso.
In
quelle lunghe ore sono rivoltata come un calzino e credo che qualsiasi
pelo che
non faccia parte dei capelli, sia stato estirpato dalla mia persona, in
maniera
permanente.
Mi
fanno ingerire una pillola
come la prima mattina degli allenamenti, solo che questa è
azzurra, invece
allora era di colore giallo. Guardo interrogativa e Venus sorride
indulgente.
«E'
per bloccare le
mestruazioni. Non vogliamo che tu abbia problemi di crampi all'addome o
mancanza di assorbenti, giusto?». Ecco perché non
ho avuto ancora il ciclo. Non
me ne ero neanche accorta, visto che non sono mai stata regolare.
«Quando
uscirai dai giochi,
te ne verrà somministrata un'altra per far tornare il flusso
in maniera
normale, non preoccuparti». Mica lo ero, anzi, era una
liberazione non doverci
pensare per un po'. Quasi ne avrei chiesto una piccola scorta per
quando sarei
tornata al distretto.
Non
ho visto Trent per tutto
il giorno, probabilmente è alle prese con quella montagna di
Dick. Chissà come
ha passato questa settimana da solo? Ho paura di quello che possano
avergli
fatto gli istruttori. Se gli hanno raccontato che sono una persona
cattiva,
potrei trovarmi davanti un ragazzone totalmente ingestibile e
pericolosissimo.
Sono
ormai le cinque e sono
praticamente pronta per indossare il vestito e farmi dare gli ultimi
ritocchi
al trucco, quando Sigma mi chiama nel camerino.
«Vieni,
Chyna, stanno per
trasmettere le vostre votazioni» annuncia.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine del
capitolo. Forse questa settimana non ha portato le conseguenze di cui
Chyna
aveva paura. Nonostante il martellamento degli istruttori, sia Ilixo
che
Christal non hanno cambiato idea in modo permanente su di lei.
Abbiamo
anche rivisto
Paban in versione famelica. Lui sicuramente non è stato
scalfito, visto il
bacio che ha dato a Chyna.
Ilixo
è un burbero. Ha ragione
la ragazza quando dice che se lo avesse conosciuto in altre circostanze
lo
avrebbe trovato simpatico.
In
ultimo vi lascio con un
piccolo spoiler del prossimo capitolo che ho finito ieri sera:
…«Dick, lasciala
subito!» sento urlare alle mie spalle.
Stranamente non sono né Paban né Brieg.
È mio padre, Peeta Mellark.
E
vi auguro BUON ANNO!
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 10 *** le valutazioni ***
Ciao
a tutti!
Sono
di nuovo qui. Ho fatto
vacanza e non ho postato niente altro se non questo capitolo
(l’ultimo che ho
già scritto, forse devo mettermi di impegno altrimenti
venerdì prossimo non
avrò niente di pronto…).
Ringrazio
chi ha
recensito, chi ha inserito questa storia nei preferiti, ricordati e
seguiti e
chi ha semplicemente letto (ho notato un deciso incremento degli
accessi, più
persone?)
Questa
volta, al presente
capitolo, allego un banner di un personaggio che non ho ancora
introdotto: il
presentatore!
Grazie
a Elenri – Teresa (applausi,
boato e hola!) vediamo la faccia di questo intrattenitore che sembra un
poco
più imbranato dello storico Flickerman. Ecco a voi Kuna
Goldgames!
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Appena
mi siedo sul divano
che è addossato alla parete, sullo schermo del televisore
appeso al muro,
appare il presentatore degli Hunger Games della Pace.
Mi
sono sempre divertita a
guardarlo. È un tipo simpatico, con i capelli crespi tipici
di chi ha la pelle
di ebano come Thabo. Gli occhi color carbone sono sempre brillanti e
ridenti,
così come le labbra. Quest'anno porta la barbetta e un paio
di baffi che
circondano la bocca e si allargano ad ogni movimento.
È
sempre stato piuttosto
elegante nelle sue giacche strane, dai grandi risvolti e bottoni dorati
che
sembrano provenire da un tempo passato talmente lontano da averne perso
memoria.
«Buon
pomeriggio a tutti!
Eccomi a voi, Kuna Goldgames, per il consueto collegamento giornaliero
con i
preparativi degli Hunger Games della Pace!» annuncia con la
sua voce da
baritono.
I
denti, scoperti dal suo
sorriso, brillano alle luci dei riflettori mentre scorre la risma di
fogli
appoggiata alla scrivania davanti a lui.
«Dopo
una attenta valutazione
da parte degli strateghi, eccoci pervenuti i voti dei singoli
candidati. Ognuno
di loro, in base alle proprie capacità, ha ottenuto un
punteggio che varia da
uno a dodici, dove uno corrisponde a un soggetto non idoneo all'arena e
dodici
a qualcuno di estremamente dotato. Ovviamente questi voti sono
indicativi e non
sono assolutamente decisivi per i giochi stessi».
Detto
questo, Goldgames,
procede a una ampia carrellata dei nostri volti divisi per distretto e
con un
piccolo riassunto sulla vita che si è condotta a casa.
Vedo
l'immagine di Alicia,
Owen, Paban, Iraida, Brieg, Douce, Thabo, e tutti gli altri. Scopro
altre
piccole notizie degli altri candidati.
Di
me dice che sono la figlia
primogenita della famosa Ghiandaia Imitatrice Katniss Everdeen, che ha
sposato
il suo compagno vincitore insieme a lei dei settantaquattresimi Hunger
Games
della Violenza. Sembro quasi una specie di principessa che ambisce a
salire al
trono al posto dei suoi genitori. Cosa falsissima.
«Adesso
è arrivato il momento
che stavate tutti aspettando: le votazioni!» annuncia
entusiasta.
Mi
metto comoda per ascoltare
e accanto a me siede Venus, mentre Sigma ascolta dalla poltroncina.
«Alicia,
candidata di Capitol
City» dice con voce stentorea. Non ha annunciato il cognome.
Probabilmente
perché avrebbe riacceso brutti ricordi.
«3»
decisamente basso ma me
lo aspettavo.
«Owen,
candidato di Capitol
City... 5». Un po' meglio, ma d'altra parte è un
ragazzo.
«Rainer,
candidato del
distretto uno... 11». Praticamente lo ritengono un'arma
letale.
I
voti si susseguono. 9 per
la candidata del distretto uno, 10 per Nazig e per il suo compagno del
due, 7
per entrambi quelli del tre, 10 per Paban del quattro e 9 per Iraida, 6
per
entrambi quelli del cinque e anche quelli del sei, 8 per Brieg e 4 per
la sua
compagna, 9 per Douce e 2 per Thabo dell'otto, 8 per entrambi i
candidati del
nove nonostante la giovane età, 10 per Ilixo e 5 per la sua
compagna, 8 per Bor
e 6 per Christal.
«Chyna,
candidata del
distretto dodici... 8» non male ma neanche il massimo,
c'è di meglio e ne sono
consapevole anche io.
«Dick,
candidato del
distretto dodici... 11» anche lui viene ritenuto un'arma
letale.
«Sakìa,
candidata del distretto
tredici... 8» anche lei, come me, se la cava bene.
«Rudy,
candidato del
distretto tredici... 6» e come avevo previsto lui invece
è più basso come voto.
Sembra
che abbiano
considerato i candidati solo dal punto di vista della forza bruta,
evitando le
capacità di adattamento e sopravvivenza. In pratica ci hanno
analizzato come
avrebbero fatto ai tempi degli Hunger Games della Violenza.
«Beh,
direi che non sei
andata così male» commenta Sigma mentre si alza e
spegne il televisore proprio
quando Goldgames si lancia in una descrizione più minuziosa
dei criteri
adottati.
«A
dire il vero non mi
interessa. Sono più preoccupata al pensiero di quanto possa
capitare
nell’arena. Questo isolamento forzato non l’ho
proprio capito» rispondo io.
Quello che abbiamo subìto, le pressioni alle quali siamo
stati sottoposti non
erano in programma e sicuramente, una volta fuori dall’arena,
mi voglio proprio
togliere lo sfizio di indagare per scoprire chi ha pensato tutto questo
e
perché.
«Chyna»
Sigma mi guarda
intensamente e mi fa pensare che sta per farmi una domanda che non
vorrei
sentire. «Quello che ho visto nel corridoio con il candidato
del distretto
quattro…». Con la coda dell’occhio vedo
Venus che si fa più attenta ad
ascoltare succulente notizie.
«Non
so cosa dirti. Non ho
ancora chiaro quali siano i miei sentimenti e, soprattutto, i suoi. Se
può
esserti di aiuto, posso dirti che non ne sono innamorata, se
è questo quello di
cui hai paura».
La
mia dichiarazione la
lascia sconcertata. Certo che non sono tipo da baciare chiunque mi
capiti a
tiro, ma perché non pensarmi come una che comunque
può divertirsi? Non sono
mica una eremita. Mia madre baciava sia mio padre che Gale quando aveva
la mia
età, o almeno è quello che mi ha spifferato zio
Haymitch una volta che aveva
litigato con lei, denigrandola ai miei occhi.
Perché
non potrei fare la
stessa cosa con Brieg e Paban?
Mi
vengono in mente gli occhi
fiduciosi di Dick mentre mi sorride. No, non ne sarei capace.
È
vero che sono ancora
indecisa tra loro due, ma non potrei neanche prenderli in giro.
Penso
a come Brieg mi sia
apparso. Bello, forte, sicuro come mio padre. Forse mi sono lasciata
travolgere
dalla sua somiglianza, ma mi piace davvero e quelle volte che abbiamo
parlato,
prima del litigio, mi sono trovata davvero bene.
Paban
è il mio primo amore.
Non è stata solo una cotta infantile, ma è
successo tanto tempo fa e se è vero
che il primo amore non si scorda mai, è altrettanto vero che
i sentimenti non
coltivati affievoliscono nelle spire del tempo sino a lasciare solo un
dolce
ricordo.
Adesso
lui è qui e mi mostra
tutto il suo interesse. Ne sono sopraffatta e lusingata, è
una rivincita di
quattro anni fa e del suo rifiuto, ma non è la stessa cosa.
Non lo è più.
Venus
mi fa infilare il
vestito che ha preparato Sigma. È un vestito che si allaccia
dietro al collo
lasciando nude spalle e schiena e mostrando l’incavo dei
seni. È ricco nei suoi
ricami attorno allo scollo e alla vita, per poi allargarsi come una
calla
rovesciata per la gonna, sfiorandomi le caviglie. È uno
strano colore tra il
blu notte e il colore metallico del petrolio, in una seta opaca e
frusciante.
Decisamente non il mio stile, però mi piace
perché, nonostante tutto, è
abbastanza comodo e raramente l’eleganza si sposa con la
praticità.
Sigma
ha voluto che mi
raccogliessi i capelli in una crocchia disordinata dalla quale scendono
liberi
alcune ciocche arricciate ad arte. Mi sento sofisticata.
Il
trucco è leggero ma
presente e fa sembrare la mia pelle chiara e trasparente, quasi mi
sembra di
osservare un’altra persona allo specchio. Chissà
che effetto farò agli altri se
io stessa non mi riconosco.
«Sei
bellissima. Chiunque sia
il ragazzo che fa battere il tuo cuore, non potrà che cadere
ai tuoi piedi
questa sera» dice Venus quasi commossa dalla sua opera.
In
quel momento rientra anche
Sigma e subito accorre ad osservare l’insieme della mia
figura.
«Chyna…
tesoro, sei stupenda
e anche Dick farà un figurone accanto a te.
Quest’anno sono proprio soddisfatta
dalla bellezza dei miei candidati» esclama battendo le mani.
Cerco
di trattenere un
sorriso alla sua reazione infantile e mi appresto ad aspettare i soliti
militi
che mi condurranno sul palco con gli altri candidati.
Finalmente
saremo di nuovo
insieme e forse vedrò se le parole degli istruttori hanno
indotto all’odio
alcuni di loro oppure, come Ilixo, sono rimasti sulle loro posizioni.
Verso
le otto arriva il
milite che mi accompagna ai piedi del palco. Sento un brusio al di
là del
tendone e alcuni passi concitati dietro di me. Mi volto e mi trovo
abbracciata
a una specie di piccolo elfo. «Alicia! Tesoro, come stai?
Tutto bene?» chiedo
subito stringendo a me la piccola Snow di Capitol City.
Non
pensavo mi fosse mancata
così tanto. E che fosse così piccola e
fragile…
«Ho
avuto così tanta paura!
Non c’era più nessuno, solo quegli odiosi
allenatori che mi dicevano che non
ero capace di combattere… Chyna, voglio tornare a casa dalla
mia mamma!» pigola
cercando di trattenere i lacrimoni che minacciano di inondare le guance.
«Non
piangere o si rovina il
trucco e tua madre si preoccuperà più del
dovuto». Colgo subito l’appiglio per
farla reagire a questo momento di sconforto.
Alicia
mi guarda per qualche
secondo poi annuisce. «Hai ragione, devo essere forte,
altrimenti la mia mamma
si preoccupa» e un attimo dopo gli occhi non sono
più così lucidi.
«Sei
pronta per l’intervista?
Dovrai sembrare bravissima e bellissima per conquistare degli
sponsor» le dico
incoraggiante.
«Ieri
mi sono trovata a
duellare con un candidato dell’otto. Thabo. Sai che era
più imbranato di me? Mi
sono sentita fortissima» dice lei ridacchiando.
«Cattivella.
Thabo è un
ragazzino dolcissimo, non trattarlo male» le do un buffetto
sul naso, poi
veniamo chiamate a salire sul palco e ci dobbiamo dividere.
Rispondo
al saluto veloce di
Alicia e mi accomodo sulla mia poltroncina accanto a Dick che
è già seduto.
Lo
guardo e sorrido tirata.
Ha lo sguardo torvo, fisso verso il pubblico che sta entrando in platea
ma, in
realtà, sono sicura che non vede nessuno.
«Dick,
ciao. Come stai? È
andato tutto bene in questa settimana?» chiedo sottovoce.
Spero con tutto il
cuore che le parole degli istruttori non abbiano intaccato
l’affetto che il mio
compagno nutre nei miei confronti o quel poco di ascendente che ho su
di lui
andrà a farsi benedire, con buona pace di non avere violenza
gratuita
nell’arena.
Lentamente
volta la testa
verso di me. Ha lo sguardo vuoto quando mi fissa e per parecchi minuti
resta
immobile e in silenzio. Poi, come se una piccola scintilla iniziasse a
brillare
nella sua coscienza, comincia a sorridermi con il solito calore e io
tiro un
sospiro di sollievo. Il mio Dick è tornato e non posso fare
a meno di allungare
una mano e stringere la sua.
Quello
che succede dopo non
credo che se lo aspetti nessuno.
Con
un braccio mi avvolge la
vita e mi solleva verso di lui che rimane seduto e, stringendomi a
sé mi bacia.
Mi
gira la testa, continuo a
sbattere gli occhi sconvolta e ad agitare le braccia come un pesciolino
fuor
d’acqua. Alle mie spalle sento un trambusto di sedie
rovesciate ma ho la testa
bloccata dalla manona di Dick e non riesco a muovermi. Cerco di
spingere via il
mio compagno ma è impossibile con le mie sole forze, lui
è molto più potente di
me.
Riesco
solo a tenere la bocca
chiusa e a dimenarmi, sperando che mi molli il prima possibile
perché sto
cominciando ad avere bisogno di respirare.
«Dick,
lasciala subito!»
sento urlare alle mie spalle. Stranamente non sono né Paban
né Brieg. È mio
padre, Peeta Mellark.
É
come se avesse ricevuto un
ordine al quale non può assolutamente sottrarsi. Mi lascia
immediatamente ed io
scivolo a terra, subito raggiunta da Christal e Bor che sono
lì accanto.
«Stai
bene?» sussurra lei
mentre aiuta ad alzarmi. Io annuisco solo, troppo sconvolta per parlare.
In
sala il pubblico sta
ancora accomodandosi sulle poltroncine della platea e il palco dove
siamo
seduti noi non è illuminato, ma sono certa che questa scena
non è passata
completamente inosservata e tra poco tutta Panem ne sarà a
conoscenza.
Ora
però non penso a niente
altro se non correre tra le braccia di mio padre che è
giunto accanto a me.
Grosse lacrime minacciano di uscire dalle ciglia. Lascio subito
papà quando
alle sue spalle intravedo il sorriso dolce di mia madre. C'è
anche lei, stanno
bene e sono salvi. Non c'è altra cosa che mi interessi di
più in questo
momento.
«Come
osi mettere le mani
addosso a mia figlia!» tuona papà alzando la testa
per guardare negli occhi
Dick. «Io mi fidavo di te, ti ho sempre difeso e invece tu mi
tradisci così?».
Vedo la sua potente autorità solo in questo momento. Non
avevo mai considerato
quanto potesse apparire grande, anche nella sua figura bassa e tozza.
Ha una
grande personalità che incute rispetto e timore ed io lo
ammiro ancora di più.
Dick
ci appare mortificato
come un cucciolo smarrito. «Non volevo... io pensavo che
siamo ai giochi
insieme come voi e voi vi siete sposati, così pensavo che
anche io e Chyna
vinciamo insieme e ci sposiamo». È una logica che
mi fa tremare
dall'indignazione. Neanche lui può aver pensato a una cosa
simile senza che
qualcuno gliela abbia suggerita. Altrimenti non avrebbe consentito a
Paban di
abbracciarmi o di baciarmi e non mi avrebbe fatto passare del tempo con
Brieg.
Mi
volto cercando qualche
figura da insultare e da prendere a pugni, per il male che hanno fatto
a quella
mente ingenua che ha Dick, ma non trovo nessun allenatore.
Mio
padre sospira rassegnato.
Forse ha capito cosa è successo in questi giorni di
isolamento assoluto.
«Ragazzo, Chyna ti vuole bene ma non come Katniss vuole bene
a me. Voi siete
solo amici e gli amici si aiutano, non si fanno dei dispetti come hai
fatto
prima». Credo che queste parole facciano effetto
perché noto che l'espressione
di Dick si fa sempre più disperata.
«Non
volevo fare un dispetto,
io voglio bene a Chyna, è mia amica. E voglio bene a
Christal e anche a Paban.
Loro mi danno sempre il dolce. Mi piacciono tanto i dolci».
Ormai
siamo tutti riuniti
intorno al mio compagno. Sorrido a Christal che mette una mano
sull'avambraccio
di Dick e gli fa una carezza, sento Paban al mio fianco che circonda le
mie
spalle nude con il suo braccio. Mia madre mi stringe forte la mano e
papà
annuisce decisamente più sollevato.
«Bene,
ragazzi. Si può sapere
cosa avete fatto in questa settimana dove siete scomparsi? Credevamo di
aver
terminato il nostro lavoro anzitempo» esclama leggera Johanna.
Mi
guardo attorno e
finalmente li vedo tutti: i mentori sono sul palco insieme a noi.
Finnick,
Gale, Enobaria,
Johanna, mamma, papà, John e tutti gli altri. Sono tutti
salvi e stanno tutti
bene. Non sembra abbiano segni di lotta sul corpo e questo mi fa
pensare che le
acque si siano decisamente calmate dopo l'omicidio di Beetee. Almeno
apparentemente.
Conoscendo
mia madre, sarà
stato quasi impossibile non esplodere per cercare vendetta a questa
morte
assurda, ma sono sicura che ci sarà tempo dopo i giochi per
mettere le mani sul
vero responsabile della morte del vecchio vincitore del distretto tre.
Gli
altri candidati sono
accanto a noi e stanno parlando tra loro e con i mentori. Alcuni hanno
facce
scure e scatti inconsulti, ma in generale sembra stiano tutti bene e
continuino
a essere loro stessi. Alicia è sempre allegra, Owen
polemico, Rainer e Nazig
letali, Ilixo e Douce seri e taciturni, Sakìa indifferente,
Rudy chiassoso,
Thabo timido, i candidati del sei snob. Solo Brieg non mi guarda come
faceva
prima dell'isolamento. Adesso ha uno sguardo duro e inflessibile, non
tanto
rivolto a me, quanto a Dick. È evidente che non l'ha ancora
perdonato per
l'incidente in palestra di una settimana fa.
«Bene,
signori! Accomodatevi
sulle poltroncine assegnate. Voi mentori dovete disporvi
laggiù e voi candidati
in semicerchio qui». È arrivato Kuna Goldgames con
la sua giacca dai risvolti
improponibili, con le code, martingale e bottoni argentati. Sembra
uscito da un
catalogo d'epoca.
Ha
il pizzetto curato delle
grandi occasioni.
Ci
disponiamo sulle nostre
sedie disposte a semicerchio, disciplinati e in quel momento mi accorgo
che al
centro del palco ci sono quattro poltroncine al posto delle solite due.
Saranno
interviste multiple?
«Perfetto.
Siamo in orario»
commenta Goldgames accomodandosi su una delle quattro poltroncine.
Negli
anni passati i
candidati venivano intervistati solo da lui come si usava ai tempi
degli Hunger
Games della Violenza, perciò non capisco cosa voglia fare
adesso.
«Sono
quasi le nove. Prendete
posto nei sedili assegnati che si va in onda» esorta
l'assistente di sala e
tutti gli ultimi che si erano attardati prendono posto.
Lo
show inizia con le
presentazioni da parte di Kuna che si diverte a fare battute su tutti i
candidati, sui mentori, sul governo. Nessuno si salva dalla sua
pungente
ironia.
Per
quanto mi riguarda sono
talmente vulnerabile e scoperta che non faccio neanche caso a quello
che dice
sul mio essere una predatrice di uomini, una mantide religiosa, una
vedova
nera.
Iraida
annuisce e Ilixo
ridacchia divertito, così come Bor. Paban, Brieg e Rainer
sbuffano,
probabilmente per noia, le ragazze mi guardano comprensive e vedo la
gamba di
mia madre che saltella nervosa sulla sedia. Se Kuna continua
così non
presenterà la prossima edizione dei giochi.
«Quest'anno
abbiamo pensato
di offrirvi un aspetto più personale dei candidati. Pertanto
li faremo
intervistare dalle persone che li conoscono meglio, ossia i loro stessi
mentori!» annuncia elettrizzato. Beh, senza dubbio mia madre
è una delle
persone che mi conoscono meglio, decisamente.
Le
interviste iniziano con i
ragazzi di Capitol City e un gran boato quando vengono presentati i
candidati
dal cognome così ingombrante.
«Pur
facendo di cognome
Crane, non hai alcun legame con l'ultimo capo stratega degli Hunger
Games della
Violenza, esatto?» chiede il mentore della capitale e Owen
annuisce deciso.
«Esattamente.
Non sono in
nessun modo parente di quell'uomo, ma il suo cognome, che per
combinazione è
anche il mio, mi ha perseguitato sin da piccolo» risponde il
ragazzino.
«Tu,
Alicia, invece sei
parente con il defunto presidente Snow». Non è una
domanda ma una affermazione.
«Era
uno zio di mio nonno. Io
non ho mai conosciuto neanche il nonno e tutto quello che so l'ho letto
sui
libri di storia. Non ho niente a che fare con la famiglia Snow di quel
tempo e
la memoria del presidente tiranno» risponde seriamente.
«Sono davvero stanca di
essere identificata con il mio cognome. Io sono Alicia e non ho nulla a
che
fare con quel passato».
Un
timido applauso inizia da
un angolo della platea e poco per volta coinvolge sempre più
persone, sino ad
arrivare un completo boato di tutta la sala. Applaudo anche io e Dick,
insieme
a quasi tutti i candidati presenti sul palco. Conosciamo i due giovani
di
Capitol City e sappiamo che non sono neanche lontanamente accumunabili
ai
personaggi dei quali portano lo stesso cognome.
L'intervista
continua con
toni leggeri e battute da parte del mentore e, soprattutto, di
Goldgames. Eccezionalmente
anche Owen risulta simpatico
e disponibile.
Le
interviste proseguono con
i candidati del distretto uno. Il mentore è decisamente
più arcigno e i due
candidati più cattivi e tesi alla lotta e alla vittoria.
Rainer è certamente il
più sicuro nel suo ruolo di combattente per i giochi.
«Voglio
vincere. È una vita
che mi preparo per questo momento e non ci potrà essere
nessuno ad impedirmi di
raggiungere quello che mi spetta». La sua dichiarazione che
porta a pensare a
uno scontro di guerra. Sarà dura contro di lui. La sua
compagna è più
sottomessa ma sempre determinata. Sembra quasi non si rendano conto del
fatto
che non ci si fa male, che sono giochi della pace, che si fa solo finta.
Una
intervista simile viene
fuori anche dal distretto due. Dopo tutti questi anni, Enobaria
dimostra di
essere ancora la spietata tributo dei vecchi Hunger Games, assetata di
gloria e
di sangue vero. I suoi denti brillano e fanno rabbrividire. Nazig
è la sua
pupilla e il suo clone. Neanche il suo compagno di distretto riesce a
essere
alla sua altezza. Se ci fossero ancora i vecchi giochi, io punterei su
di lei
per la vittoria. Mi fa più paura di Rainer, il che
è tutto dire. Oggi è
diverso, si gioca in astuzia, si vince per sopravvivenza più
che per duelli.
John
sostituisce Beetee.
Nessuno fa cenno alla repentina sparizione del vecchio mentore,
è come se non
fosse mai esistito. John cerca di essere allegro e spiritoso e i suoi
candidati
sono lucidi e rilassati. È uno scambio tra persone
intelligenti e argute.
Il
pubblico si diverte e dopo
i primi due distretti, finalmente si rilassa.
«E'
vero che già un
componente della tua famiglia aveva partecipato ai vecchi
giochi?» chiede il
mentore.
«Esattamente.
Ma ho scoperto
di non essere l'unica. Moltissimi di noi candidati abbiamo parenti
defunti
negli Hunger Games della Violenza o che li hanno addirittura vinti. Se
calcoliamo queste coincidenze, si potrebbe pensare che le mietiture
siano state
pilotate».
Nella
platea cala il
silenzio, per poi scoppiare in un brusio incalzante. “Cosa
sta dicendo?”, “Sarà
vero?”, “Cosa hanno intenzione di fare?”,
“Perché mietiture pilotate?”,
“Non
posso crederci!”.
Quelli
del tre sono stati
davvero abili a instillare il dubbio durante le interviste. Nelle
registrazioni
potranno anche tagliare alcuni pezzi, ma adesso, nella diretta,
l'affermazione
si è diffusa in tutta Panem.
«Avete
idea del perché?» John
gioca al rilancio e la candidata è ben felice di rispondere.
Se non fosse che
si sono appena rivisti dopo una settimana di isolamento, direi che si
sono
messi d'accordo.
«Non
ne ho idea. Però il
fatto di essere allontanati da tutto il mondo esterno e addirittura di
non
avere contatti tra di noi ma solo con gli allenatori, come se fossimo
prigionieri, mi fa pensare a una tecnica di tortura che si usava a
Panem più di
trenta anni fa. Il regime del tiranno Snow ne faceva ampio uso a quanto
si
legge sui libri di storia». Una deflagrazione più
grande di questa bomba può
esserci solo con il nome terribile che sentirò tra poco.
È quanto mio padre ha
subito ed è quello da cui scappa da tutta la vita. La causa
dei suoi malesseri.
La platea è in fermento, agitati nel sapere e avidi di altre
notizie.
«Quale?»
domanda John.
«Il
depistaggio» risponde
sicura lei.
«E'
una accusa molto grave»
mormora Goldgames guardando intorno, probabilmente nella speranza di
trovare
qualcuno che possa indirizzare questa intervista verso terreni
più solidi.
«E'
vero. Non sto dicendo che
ci siano riusciti. Hanno avuto solo una settimana, ma è
stato un martellamento
continuo di accuse contro altri candidati, per minare anche il
più piccolo
barlume di amicizia tra noi. Hanno insinuato che molti ragazzi
avrebbero
colpito anche alle spalle, che i favoriti dell'uno e del due si
sarebbero
alleati, così come quelli del dodici con il quattro e il
sette...» sta cercando
di spiegare, ma viene interrotta dalla risata sguaiata e lievemente
isterica di
Kuna.
«Vuoi
dire Chyna con i
candidati del sette e del quattro? Certamente, con i pettegolezzi sui
loro
incroci amorosi, non poteva essere diversamente» e incita un
applauso del
pubblico al mio indirizzo.
Vorrei
alzarmi e prenderlo a
martellate. Guardo il pavimento imbarazzata e irritata per la
situazione dove
sono andata a cacciarmi.
«Bene...
direi che abbiamo
conosciuto i candidati del distretto tre e, adesso, possiamo sentire
direttamente da loro come stanno le cose con il distretto 12. Vengano i
candidati del distretto quattro e il loro mentore Finnick Odair
Junior!». In
questo modo Goldgames riesce a bloccare ogni altro discorso di John e
dei suoi
ragazzi per andare a disquisire su temi da gossip.
Purtroppo,
pur essendomi
trovata in mezzo a questo quadrato, mi sento in colpa, soprattutto con
i
candidati che stanno tornando ai loro posti, abbattuti per non essere
riusciti
a far capire tutte le loro preoccupazioni e le loro accuse.
«Eccoci
con Iraida e Paban, i
candidati del distretto quattro. So che tu, Paban, sei il nipote del
vincitore
dei cinquantatreesimi Hunger Games della Violenza» comincia
subito a dire
Goldgames, avvalorando inavvertitamente la tesi dei candidati del
distretto
tre. Paban sorride soddisfatto e mi fa mancare un battito del cuore.
Stupida!
Che reazioni assurde a un sorriso.
«Esatto.
Infatti, come diceva
prima Shae, molti di noi sono parenti di chi ha vinto i vecchi Hunger
Games
della Violenza, altri sono lontani parenti di chi è caduto
in quei giochi.
Trovo tutto questo davvero sinistro. Tu no?» chiede
rivolgendosi direttamente a
Kuna e lasciando tutti a bocca aperta.
«Infatti...»
mormora il
presentatore, poi si rivolge a Iraida come se fosse la sua ancora di
salvezza.
«Iraida!
Candidata del
distretto quattro! Sei davvero una splendida ragazza!»
esclama con un
entusiasmo leggermente forzato.
A
quel punto Finnick decide
di intervenire, preso dalla compassione per l'imbarazzo nel quale versa
il
presentatore.
«Quali
intenzioni hai per i
giochi? Ti senti pronta? E dopo? Tornata a casa?». Odair
è davvero abile,
riporta i binari nelle solite domande che si fanno ai candidati,
facendo in
modo che possano raccontarsi a ruota libera. Se la ragazza è
loquace se la
caveranno alla grande.
Iraida
inizia a parlare delle
sue intenzioni. Ovviamente vuole vincere e tornare a casa con un bel
bottino in
premio e un bel lavoro a coronamento di tutte le sue aspettative.
«Per
la casa non mi preoccupo.
In ogni caso andremo a vivere insieme io e Paban, non appena
finirà questa
edizione degli Hunger Games e poi ci sposeremo. Siamo tanto innamorati
e da
tanto tempo e questa è la nostra occasione per sistemare il
nostro futuro e
vivere felici insieme».
Se
non fosse che questa
notizia mi piomba addosso come un macigno e boccheggio cercando di
capire come
far accedere l'ossigeno al mio cervello, mi verrebbe da ridere solo a
guardare
la faccia di Kuna Goldgames. Impagabile, per non parlare di quella di
Paban. Se
gli avessero strappato un dente a mani nude non avrebbe fatto quella
faccia
così schifata.
La
telecamera continua a fare
la spola tra la mia faccia stupita, quella di Paban sconvolta, e quella
di
Iraida felice. Possibile che tutti a Panem sappiano della finta tresca
tra me e
il candidato del quattro?
Pare
che non ci sia altro di
cui parlare.
«Ma...
sei impazzita?» sibila
Paban appena riesce a formulare due parole di senso compiuto. Da come
stringe i
braccioli della poltroncina, credo che voglia avvolgere il collo della
sua
compagna e strizzare.
«Come,
Paban? Non erano
questi i nostri piani? Ne abbiamo parlato alla stazione, quando siamo
partiti
per venire qui! Avremmo messo a parte del nostro amore tutta
Panem!». La
ragazza si rivolge al pubblico allargando le braccia e tutta la platea
esplode
in un boato di giubilo applaudendo frenetica.
Vedo
Paban che sta per
esplodere e si trattiene seduto per puro miracolo. Finnick lo guarda
per
ammonirlo e si rivolge di nuovo a Iraida.
«Non
avevo inteso che il vostro
rapporto fosse così profondo e io vi conosco bene,
soprattutto tu, visto che
sei mio vicino di casa da quando eri piccolissimo. Non credo che tua
madre ne
sarebbe felice. Aveva altri programmi per te e... permettimi un
consiglio,
Iraida, prima di dichiarare di aver accalappiato un uomo davanti a
tutte queste
persone, cerca di entrare nelle grazie della presunta suocera, oppure
ti
troverai a dover lottare contro una tigre. E ti assicuro che la madre
di Paban
è molto peggio di quel felino!» puntualizza
facendo ridere tutti quanti e
zittendo una Iraida che diventa imbronciata per veder sfumato il suo
piano.
«Certo.
Mia madre è
gelosissima di me. Forse perché sono l'ultimo figlio che le
è rimasto e non
vuole dividermi con nessuna. Ecco perché non ho ancora
portato alcuna ragazza a
casa. Sarebbe un bagno di sangue peggio delle vecchie arene»
dice sogghignando.
«Quello
che dice Paban è una
bugia» bisbiglia Dick al mio orecchio e io mi volto verso lui
chiedendogli il
perché.
«Mi
ha detto che la sua mamma
è morta tanti anni fa, proprio come la mia. Lui vive con suo
padre e suo
fratello, non con sua madre» risponde piano e io gli faccio
cenno di stare in
silenzio e gli sorrido.
Così
è tutta una frottola per
prendere in giro Iraida? Beh, forse se lo è pure meritato la
ragazza! Sarà
anche stata la fidanzata di Paban ma non sembra che lui la apprezzi
molto
adesso.
Iraida
sta boccheggiando, non
può certo dare dei bugiardi al suo mentore e al suo amore.
Diventa quasi
paonazza prima di arrendersi e sbuffare e poi sorridere come se niente
fosse.
«Comunque
mi sembra di capire
che il vostro amore sia più forte che mai in questo
momento». Goldgames
interviene accorrendo in aiuto.
Iraida
sorride grata e inizia
nuovamente a parlare dei suoi sentimenti per il suo compagno, lanciando
occhiate languide ed innamorate.
Poco
distante da me, sento
Ilixo che mima gemiti da conato. È davvero poco romantico il
ragazzo. Non fosse
così preso dai giochi e violento nelle sue azioni, saremmo
amici. Ne sono
sicura.
«Certamente
Paban dovrà tenere
conto di questa dichiarazione nel corso dei giochi» conclude
Kuna e vedo il
ragazzo annuire minaccioso nei confronti di Iraida.
«Può
stare certo che ne terrò
conto e tutta Panem lo vedrà nell'arena».
Per
chi non sapesse tutta la
storia, potrebbe credere che sia una dichiarazione d'amore. Io la vedo
per
quello che è: una minaccia. Una promessa di guerra.
Fossi
in lei mi guarderei
alle spalle perché credo che sarà uno dei primi
obbiettivi del ragazzo del
distretto quattro.
Finalmente
la tortura di questi
candidati è finita e vengono sostituiti da quelli del cinque
quasi inesistenti,
caratterialmente parlando, e poi quelli snob del sei, tanto antipatici
e tronfi
che non colgono neanche gli abboccamenti del loro mentore per cercare
di
parlare ancora della situazione strana che abbiamo vissuto sino a oggi.
Mi
dispiace per Gale, ma
credo proprio che se non riesco subito a uscire dall'arena,
deciderò di sfogare
la mia frustrazione su di loro. Liberare i giochi da questi due
è una missione
divina per la quale la gente mi renderà merito. Sono
insopportabili. Peggio di
Iraida.
Finalmente,
alle poltroncine
delle interviste, si dirigono Johanna e i suoi candidati del distretto
sette.
Sento il cuore che mi batte forsennato e aspetto con ansia di sentire
quando
avrà da dire Brieg.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Eccoci
qui in fondo!
Che
dire? Il distretto uno
e due non si è fatto mancare niente, come al solito. Il
distretto tre ha
provato a denunciare i brogli di questa edizione ma non si è
dato peso alla
segnalazione, nonostante gli sforzi.
Nel
distretto quattro
Iraida ha tirato fuori le unghie e Paban si è ritrovato
fidanzato pubblicamente
con una arpia. Chissà perché si crede che facendo
una dichiarazione pubblica,
la controparte non possa ritrattare…
Mentre
i candidati del
cinque passano inosservati, quelli del sei scatenano
l’irritazione di Chyna
(forse a sfogo di quanto era successo nel distretto quattro).
Nel
prossimo capitolo ci
saranno gli ultimi distretti con Brieg e Chyna. Cosa verrà
fuori?
Vi
lascio un piccolo
assaggio di quello che ho già scritto (davvero poco):
… A questo punto il pubblico
impazzisce letteralmente
ed inizia ad applaudire ed ululare che Brieg mi baci davanti a tutti,
che
faccia la proposta di matrimonio e che io accetti seduta
stante…
Adesso
vi saluto e vi
ringrazio per l’attenzione.
Alla
prossima settimana.
baciotti
|
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Capitolo 11 *** le interviste ***
Eccomi!
Rinnovo
gli auguri di buon
inizio anno e spero che non sia arrivata la depressione post-feste. (a
me sì,
il primo giorno di lavoro volevo scappare)
Ringrazio
chi ha recensito
(uau! 5 commenti!) chi ha preferito, ricordato e seguito questa storia
e chi ha
letto soltanto (anche gli accessi sono aumentati!).
Come
al solito, doveroso
ringraziamento per Elenri che mi ha fornito anche questo banner! Oggi
il nostro
protagonista sarà… ILIXO! Candidato del distretto
dieci e decisamente arguto e
sopra le righe!
A
me è simpatico…
E
ora vi lascio a questo
capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Allora,
Brieg… come ti sei
trovato in questi preparativi per i giochi?» chiede Johanna
al suo candidato
dopo le brevi presentazioni di Kuna.
«Benissimo.
Ho anche legato
molto con Chyna, la figlia dei signori Mellark» dice
mostrando uno splendido
sorriso a favore del pubblico e delle telecamere «E visto che
anche lei si
trova bene con me, non vedo l’ora di uscire
dall’arena per poterla frequentare
con tutti i crismi… magari con un bel malloppo e un lavoro
sicuro grazie al
quale prendermi cura della mia futura sposa».
A
questo punto il pubblico
impazzisce letteralmente ed inizia ad applaudire ed ululare che Brieg
mi baci
davanti a tutti, che faccia la proposta di matrimonio e che io accetti
seduta
stante.
Le
immagini del teleschermo,
che ci mostrano quello che viene contemporaneamente trasmesso in tutta
Panem,
registra flash della mia faccia annichilita, di quella di Iraida
soddisfatta e
di Paban arrabbiatissimo. In mezzo a noi un gioioso Brieg e una
panoramica di
tutti gli altri candidati che mostrano le reazioni più
disparate, dallo stupore
alla noia.
«Non
credi che forse dovresti
parlarne con me prima e comunque evitare di insultarmi?».
Senza che me ne renda
conto sono in piedi e sto urlando iraconda verso il candidato del
sette. Come
può comportarsi così? Ed io che credevo fosse un
bravo ragazzo simpatico. Vuole
solo rendermi ridicola davanti tutto lo stato e ci sta riuscendo in
maniera
spettacolare. Quasi gli farei un applauso se le mie mani non volessero
torcergli l’osso del collo.
«Io
non volevo insultarti.
Ero solo arrabbiato per quello che aveva fatto Dick… ho
capito dopo che lui
voleva solo proteggerti e che io mi sono fatto prendere la mano. Mi
scuso per
questo, ma non voglio rovinare tutto per un malinteso». Nel
frattempo si è
alzato e si sta avvicinando a me. Mi sento inchiodata al pavimento
dalla rabbia
e dallo stupore. Che caspita sta combinando?
Mia
madre cerca di
trattenermi ma ormai sono già a metà strada tra
la mia poltroncina e il
candidato del distretto sette.
«Chyna,
non essere
arrabbiata. Perdonami per quello che ti ho detto, ne sono davvero
pentito»
dichiara Brieg prendendo entrambe le mie mani e fissandomi negli occhi.
Sembra
che voglia comunicarmi qualche cosa e nello stesso tempo stia coprendo
uno
scopo preciso.
Per
un attimo mi perdo nei
suoi occhi azzurri che mi ricordano tanto mio padre, poi mi accorgo che
tutto
il teatro ci sta guardando e mi arrabbio ancora di più per
la mia debolezza.
«Come
ho detto prima, ne
dovremmo parlare... in privato» sibilo e mi sento davvero
furente. Mi volto
prima che possa aggiungere qualcosa e mi trovi ancora più in
difficoltà.
Mia
madre e mio padre mi
guardano preoccupati ma si rasserenano nel momento in cui vado ad
accomodarmi
nella poltroncina senza parlare oltre.
Vedo,
con soddisfazione, che
Brieg è rimasto basito e fermo con le mani tese verso di me,
ma resta così solo
un attimo, poi si mette a sorridere e si inchina verso di me.
«Sei una ragazza
troppo affascinante» e va a sedersi.
Il
pubblico è letteralmente
impazzito per la nostra scena. Urla a Brieg di dichiararsi e a me di
perdonarlo
e di lasciarmi andare a questo sentimento di amore. Sono tutti convinti
di
sapere quello che desidero e quello che desidera lui e pare che sia la
nostra
coppia unita.
Da
parte mia sono sempre più
stupita dal suo comportamento. Prima non si è mai comportato
in questo modo. Ha
sempre sorriso e chiacchierato amabilmente con me, ma onestamente sono
io che
ho sospirato, lui non ha mai mostrato una inclinazione plateale nei
miei
confronti, come invece ha fatto Paban.
Mi
volto per scrutare il
candidato del quattro. Sembra rilassato ed indifferente mentre guarda
un punto
indefinito del pubblico, ma vedo le sue mani stringere spasmodiche i
braccioli
della poltroncina e ne deduco che non è del tutto calmo come
vuole apparire.
«Quindi
abbiamo uno
spasimante per la candidata del distretto dodici» commenta
sorridendo ironica
Johanna. Chissà perché, ma ho la sensazione che
il suo tono sia più rivolto a
mia madre che a me.
«Non
sembra che lei sia della
tua stessa opinione… pare quasi arrabbiata»
interviene perplesso Kuna. Meno
male che qualcuno non ha perso il lume della ragione!
Un
boato simile a un lamento,
si leva dal pubblico che vuole assistere a scene d’amore in
diretta. Se
continuano in questo modo mi alzo e me ne vado. Non ho alcuna
intenzione di
mettere in piazza i fatti miei più di quanto abbia
già fatto.
Sono
sottosopra di mio per
l’assalto ingiustificato di Dick e tutte le false effusioni
di Paban che invece
sta con la sua compagna di distretto. Adesso ci si mette anche Brieg e
le sue
dichiarazioni che puzzano di bruciato peggio che un incendio in un
forno a
legna.
Il
candidato del sette,
questa sera, ha deciso di spiazzarmi
su
tutta la linea, visto che risponde a Goldgames con un sorrisino
malizioso
«Questa settimana, quando tutti gli altri sono stati isolati,
lei non era tanto
irritata ad avermi accanto».
Lo
guardo sconvolta e mi
sento le guance andare a fuoco dalla rabbia. ‘Come
osa?’ è la sola cosa che
riesco a pensare.
Nell’ultima
settimana siamo
stati tutti separati. Ho visto solo Christal e Ilixo negli ultimi due
giorni e
nessun altro. Come può insinuare che ci siamo incontrati
segretamente per fare
chissà cosa? Questa intervista sta diventando una vera farsa
e non riesco a
capire come posso restare seduta a sentirmi denigrare in questo modo.
Cosa
penseranno i miei genitori? Non possono credere che quello che dice
Brieg sia
vero.
Mi
volto verso gli altri
candidati e noto uno sguardo infuocato da parte di Paban. Non
può credergli!
Purtroppo
penso che le
menzogne del ragazzo del sette abbiano fatto almeno una vittima, visto
che lui
distoglie subito lo sguardo e torna a fissare truce il pubblico che
invece
inneggia alla nuova coppia degli Hunger Games. Mi sento come se fossi
stata
appena scaraventata in un girone infernale. Tutta Panem ha bisogno di
uno
psichiatra decisamente bravo!
«Stai
dicendo che avete
passato la settimana insieme?» ridacchia Johanna, sempre
più divertita. In quel
momento sento un rumore gutturale, come lo schiarirsi della voce e
credo di
riconoscere Gale in questo richiamo. Subito, sua moglie, si interrompe
e batte
una mano sulla fronte. Si deve essere ricordata qualche cosa di
importante.
«Basta
con le leggerezze.
Parliamo di queste due settimane di allenamento e di cosa di aspetti
nell'arena. Ti sei fatto una opinione?». Il tono della
signora Hawthorne è
decisamente più professionale e mi fa tirare un sospiro di
sollievo per essere
stata esonerata dall'essere al centro dell'attenzione.
«Sono
state due settimane
durissime con questo isolamento sempre più marcato.
È stato misterioso e
fastidioso. Ci ha resi tutti irritabili e le risse scoppiavano per
nulla.
Abbiamo cercato di rimanere calmi ma sembrava che gli stessi strateghi
complottassero contro di noi». Brieg si sfoga, parlando a
ruota libera su
quanto successo e scatena i brusii nervosi del pubblico.
È
questa la via giusta per cercare
di far capire quale sia stata la nostra situazione.
«Dall'arena
mi aspetto un
territorio difficile ma affrontabile da tutti noi, vista la nostra
preparazione
che in questa edizione è stata molto curata»
conclude con un sorriso splendente
rivolto alla platea e alle telecamere. Scoppia l'applauso. Panem lo
adora. Io
no.
La
sua giovane compagna di
distretto, borbotta alcune frasi di circostanza ma è una
delle candidate più
giovani e Goldgames non perde tempo per passare al distretto successivo
salutando
calorosamente questi candidati che hanno tenuto banco.
«Ecco
i candidati del
distretto otto. Douce e Thabo» annuncia giulivo il
presentatore.
Dopo
la performance dei
ragazzi precedenti l'attenzione del pubblico è al massimo
per carpire nuove
succulente informazioni sui retroscena dei giochi della pace.
«Come
pensi possa essere
questa edizione dei giochi?» chiede professionale il mentore
ai suoi ragazzi.
Inaspettatamente è Thabo a rispondere.
«Vorrei
che si potesse
scegliere se partecipare o meno. Io non sono adatto ai giochi. Non sono
il più
piccolo qui dentro ma ne faccio la figura, vista la mia inettitudine.
Queste
due settimane sono state una pena. Inoltre, con l'isolamento forzato al
quale
ci hanno sottoposti e il martellamento continuo per aizzarci uno contro
l'altro, sarà un miracolo se non ci faremo realmente male
nell'arena. Perciò,
sì. Sarà una edizione molto dura per essere gli
Hunger Games della Pace».
La
sua dichiarazione lascia
spiazzati tutti, anche me. Non tanto per il fatto che abbia confessato
di
essere debole o l'edizione troppo dura, quanto per aver parlato con
tale
sicurezza davanti a tutti.
È
un quindicenne che si è
sempre dimostrato timido e spaurito, sembra che sia diventato un altro.
«Tu,
Douce, pensi che sia
così?» chiede Kuna alla ragazza dagli assurdi
capelli verdi. La candidata
annuisce seria.
«Concordo
su tutto quello che
ha detto Thabo. In più sono sicura che in questi giochi ci
sia qualche cosa di
sinistro. Non avevo mai sentito di comportamenti simili nei confronti
dei partecipanti».
Il
brusio del pubblico si fa
sempre più forte. Dopo diverse testimonianze, sembra che
qualche cosa cominci a
far breccia nelle loro coscienze.
«Che
ne dici dei rapporti tra
i candidati? Abbiamo sentito di alcuni intrighi amorosi che ci hanno
incuriosito
molto» suggerisce malizioso Goldgames. Sembra un cane che non
vuole mollare
l'osso.
Douce
sospira in maniera
irritata ed io sorrido. È decisamente la persona sbagliata
alla quale chiedere
queste cose. Lei non si è mai esposta quando era in nostra
compagnia, è seria,
decisa ed essenziale. Non le piacciono i pettegolezzi. In un certo
senso è come
vedere Ilixo al femminile.
Ancora
una volta quello che
stupisce tutti e Thabo che interviene.
«Vuoi
chiederci di Chyna? La
risposta ovvia è che sono solo fatti suoi. Noi non sappiamo
niente di cosa le
passa per la testa e non abbiamo visto niente di strano dei rapporti
tra lei e
gli altri candidati. Di mio posso dire che è stata molto
gentile con me ed è
molto affezionata a Dick, che è il suo compagno di
distretto». Ringrazio con
tutto il cuore il quindicenne timido e impacciato che si sta
dimostrando più
uomo di tanti altri adulti.
Anche
Douce ridacchia
all’ombra di delusione che passa fugace sul viso del
presentatore.
L’intervista
prosegue con
domande più personali su quanto lasciato nel proprio
distretto. Sorprende il
fatto che Douce dichiari di avere un fidanzato con il quale ha deciso
di
sposarsi non appena potranno permetterselo.
Tra
tutte le ragazze qui
presenti mi sembrava la meno passionale e invece la scopro innamorata.
È
proprio vero che non bisogna giudicare una persona dalle apparenze. E
così si
spiega anche perché sembra quasi materna con Thabo.
Nella
mia mente le auguro di
ritornare al suo distretto e sposarsi felicemente con il suo amore.
L’interrogatorio
non prosegue
per molto tempo ancora, i dieci minuti a disposizione sfumano e a Kuna
Goldgames non resta che salutare e ringraziare i candidati e spostare
la
propria attenzione al distretto successivo.
I
ragazzi del nove sono
piuttosto pettegoli invece.
Si
lanciano in descrizioni
abbastanza fantasiose di tutto quanto hanno visto durante gli
allenamenti.
Descrivono
i rapporti tra me,
Brieg, Paban, Dick e Iraida come un’opera di uno
sceneggiatore pazzo di romanzi
rosa confetto. Davvero sgradevole.
Il
pubblico pende dalle loro
labbra e neanche i tentativi del loro mentore di riportare il discorso
su temi
più consoni sortisce l’effetto sperato.
Tutti
gli sforzi fatti per
denunciare i presunti brogli e le manovre attuate dagli strateghi,
cadono nel
vuoto, attirati da un argomento ben più succoso: la mia vita.
«Così
siamo rimasti tutti
stupiti quando li abbiamo visto baciarsi… non credevamo che
avessero quel
genere di rapporto». Descritto così il mio primo
bacio diventa davvero banale e
stupido.
«Continuava
a parlare con il
candidato del sette, anche se lui non sembrava così
interessato».
«Però
le sorrideva».
«E’
vero». Anche il mio
rapporto con Brieg diventa stupido.
«Con
Dick è stata davvero
protettiva». Adesso sono la baby sitter dell’anno.
A
quanto pare hanno osservato
attentamente noi candidati, perché dopo la mia vicenda
iniziano ad occuparsi di
Bor e Christal.
Con
la coda dell'occhio vedo
la candidata dell'undici arrossire furiosa e guardare un Bor stupito e
leggermente arrabbiato. Forse non si erano resi conto di essere stati
analizzati così, ma come si stanno comportando gli
intervistati è davvero
vergognoso.
In
pochi minuti esauriscono
questo argomento ed iniziano ad attaccare Rainer dell'uno e Nazig del
due.
Nella mia mente mi complimento sulla scelta: tra tutti quanti non
potevano
scegliere qualcuno di meno pericoloso.
Questo
discorso finisce allo
scadere dei dieci minuti, con il comune disgusto di tutti gli altri
candidati.
Anche quelli del sei hanno il buon gusto di mostrare il poco gradimento
di
questa intervista.
Non
capisco cosa vogliano
fare questi due, se non farsi odiare.
Presumo
di non essere l’unica
che voglia vendicarsi nell’arena.
Questi
giochi stanno
mostrando i nostri aspetti caratteriali più negativi. E,
come se non bastasse,
non hanno assolutamente accennato a cosa pensano dei giochi e
dell'arena. Il
loro mentore scuote la testa scoraggiato. Forse non sono simpatici
neanche a
lui.
L'unico
a essere soddisfatto
dell'intervista a questi due è Kuna Goldgames, che gongola
letteralmente. Se
non altro ha avuto la soddisfazione di qualcuno che ha seguito i suoi
discorsi.
I
candidati del distretto
dieci si siedono sulle poltroncine, accompagnati dal loro mentore.
Il
tatuaggio di Ilixo spicca
sul suo viso e rende la figura inquietante. Sembra rilassato quando si
siede e
fissa il suo mentore con gli occhi chiari e freddi. Credo che abbia in
mente
qualche cosa quando noto il suo sorrisetto prima di ricomporsi nella
solita
maschera.
«Dicci,
Ilixo, cosa ti
aspetti da questi giochi?» inizia a domandare il mentore.
Lui
comincia a rispondere,
animato da una inarrestabile sete di gloria e voglia di riscatto. Non
nomina
mai la sua situazione famigliare ma si sente che un risultato positivo
dei
giochi avrebbero molta importanza per la sua vita, al di là
delle cose più
ovvie.
Quando
Ilixo si interrompe,
Kuna interviene con la solita domanda indiscreta.
«Come
ti sono sembrati i
rapporti tra i vari candidati?». Una domanda velenosa come un
serpente
travestito da agnellino. Vedo Ilixo sorridere sornione e comincio a
sudare
freddo.
Nonostante
ne abbia già
sentite di tutti i colori, non sono tranquilla su quanto possa uscire
dalle
labbra irriverenti del candidato del dieci.
«Mi
hai scoperto, Kuna»
esclama ridacchiando. Si sistema meglio sulla poltroncina e si sporge
verso il
presentatore come se confidasse un segreto.
«Queste
due settimane di
allenamenti sono state una specie di girone infernale dei lussuriosi.
Ci davamo
alle orge con le spade e le lance tutti i santi giorni per tutte le ore
che avevamo
a disposizione in palestra. Ci siamo talmente sfogati in quel periodo
che credo
che me lo sognerò per tutta la vita…»
poi si gira a guardare il pubblico
attonito.
«E
Chyna?» chiede retorico
facendo scattare più di una testa verso di lui
«Era la comandante di tutto
questo. Mi sono innamorato come un pazzo del suo carattere ostico,
della sua
mente vuota e dei suoi capelli che mi ricordano il colore del caro
sterco delle
mandrie del mio distretto…».
Kuna
si agita leggermente
sulla sedia e il pubblico è sempre più sconvolto,
mentre io inizio a aprirmi a
un sorriso divertito, preceduto di poco da una sonora risata da parte
di
Rainer. La prima volta che sento ridere così di gusto il
candidato dell’uno.
«Era
questo che volevate
sentire?» chiede retorico con voce stentorea.
«Noi»
continua facendo un
ampio gesto a indicare gli altri candidati «Siamo qui per i
giochi. Nessuno di
noi ha avuto tempo e voglia di pensare all’amore o al sesso o
a qualsiasi altra
cosa che non siano gli
allenamenti. Ci
hanno sfiancati, ci hanno spronati e ci hanno insegnato a maneggiare
armi e
trovare viveri… Chyna ha lavorato esattamente come tutti gli
altri e non è
quella mangiatrice di uomini che hanno dipinto i miei
colleghi» e fa un piccolo
gesto con la testa indicando quelli del nove che chinano il capo e
hanno il
buon gusto di arrossire «Ci hanno isolati, addirittura
rinchiusi come
prigionieri. Hanno cercato di farci odiare a vicenda. Questi giochi
sono
strani. Stiamo cercando di spiegarlo da quando ci siamo seduti qui e
sembra che
nessuno sia interessato a questo, quanto invece i legami sentimentali
tra di
noi».
Si
rialza e si volta di nuovo
verso il pubblico «Siamo stati a stretto contatto. Abbiamo
sviluppato amicizie
e simpatie e questo è quanto. Guardateci, giudicateci per
come andranno i
giochi, ma non entrate nella nostra vita privata come avete cercato di
fare
questa sera, perché non ne avete il diritto».
Il
pubblico è scioccato e
muto. Ilixo si alza e torna al suo posto prima ancora che scadano i
dieci
minuti e la sua compagna lo segue senza dire una parola. Lo stesso fa
il
mentore e Kuna rimane solo davanti alla platea, alle telecamere e a
tutta
Panem.
Sorrido
a questa sfuriata di
Ilixo. Non pensavo che si esponesse tanto, visto che non gli interessa
nulla se
non la gara e i premi. Invece ha fatto tornare l’attenzione
sul vero problema
di questi Hunger Games della Pace, distogliendola dalle mie vicende.
Gli sono
davvero grata.
Azzardo
anche un timido
applauso ma Bor mi blocca subito le mani e fa un cenno impercettibile
con la
testa. Ha ragione, non dobbiamo tirare troppo la corda, potremmo
rischiare ben
più di una lavata di capo.
Passano
un paio di minuti
prima che Goldgames chiami a sé i candidati del distretto
undici e il loro
mentore, mio padre.
Christal
è davvero splendente
questa sera (come anche le altre ragazze, ma lei in particolar modo) e
Bor è
affascinante in giacca e cravatta. Però è mio
padre ad attirare tutta
l’attenzione, come sempre quando viene messo su un palco
senza l’unica persona
al mondo in grado di oscurarlo: mia madre.
«Buonasera»
dice allegro papà
stringendo la mano di Kuna e accomodandosi sulla poltroncina senza
mostrare
alcun segno che ricordi i discorsi appena fatti su questo palco.
«Cominciamo
subito con le
vostre impressioni. Come vi sono sembrati questi allenamenti? E cosa
avete
visto di Capitol City?» incalza Peeta senza che Goldgames
possa pronunciare una
sillaba.
Prende
subito in mano la
situazione e i suoi ragazzi lo seguono senza esitare.
«Di
Capitol City non abbiamo
visto molto» inizia a parlare Bor e Christal annuisce.
«Siamo
passati subito dalla
stazione ai dormitori e, eccetto il circuito della sfilata, non siamo
mai
usciti».
«Riguardo
agli allenamenti
sono stati davvero estenuanti» interviene Christal.
«Non
avevo mai maneggiato
tante armi così e non avevo mai duellato».
«Deve
essere stato difficile
per voi» dice mio padre.
«Sopratutto
perché non
avevamo una guida che ci indirizzasse per il meglio. Come sai, voi
mentori e i
presentatori delle nostre mietiture, siete stati allontanati subito e
noi
abbiamo potuto solo interagire tra noi e con gli allenatori»
risponde Bor.
Il
pubblico rumoreggia e Kuna
ne approfitta per fare le domande che a lui piacciono di più.
«Raccontateci
un po' dei
vostri affetti nel distretto undici. Cosa significherebbe per voi e per
loro,
vincere i giochi? Oltretutto il vostro distretto non ha ancora vinto
questi
nuovi Hunger Games».
«Se
vincessimo, per prima
cosa potremmo affiancare Peeta Mellark nel fare da mentore ai prossimi
candidati» ridacchia Bor.
«Vuoi
rubarmi il lavoro?»
chiede sorridendo mio padre, scatenando l'ilarità di tutta
la platea. Il
ragazzo ride più apertamente alzando le mani in segno di
resa «Non sia mai.
Siamo molto grati agli sforzi e l'affetto che la famiglia Mellark ha
sempre
dimostrato nei confronti del mio distretto» e papà
china la testa ringraziando.
«Per
ognuno di noi candidati,
vincere gli Hunger Games della Pace, vuol dire vita migliore per tutta
la
nostra famiglia e un futuro assicurato per noi. Non ho mai pensato di
poter
vincere a tutti i costi questa competizione, ma certo che il desiderio
di avere
quello che ne comporta è sicuramente allettante»
afferma Christal sorridendo.
«Non
che sia facile mettersi
a lottare contro persone che ci sono diventate amiche. Fortunatamente i
giochi
non sono più come una volta e quando duelli sai che non
farai male alla persona
che colpisci e questo consola molto e ci permette di affrontare queste
sfide
più tranquillamente» incalza Bor.
Nei
minuti successivi le
domande pacate e gentili si susseguono. Nessuno fa più
riferimento a quanto
detto prima, tanto che sembra che la trasmissione sia effettivamente
iniziata
con l’intervista di Ilixo.
Mio
padre è allegro, come al
solito, e conduce la trasmissione con piglio e simpatia. Secondo me
potrebbe
tranquillamente prendere il posto di Goldgames, il programma ne
guadagnerebbe.
Nonostante
Kuna morda il
freno dal desiderio di fare domande più imbarazzanti ai due
candidati, non
riesce ad intervenire e, con grande sollievo da parte di tutti gli
altri, i
dieci minuti scadono.
Forse
questo è stato
l’intervento meno caotico dell’intero programma.
Sorrido
soddisfatta a Bor e
Christal quando si accomodano accanto a me e seguo mio padre che va a
sedersi
con gli altri mentori nei loro posti alle mie spalle. Sono orgogliosa
di essere
sua figlia.
«Ecco
a voi i candidati del
distretto dodici. Chyna Mellark e Dick Hemington!» annuncia
Goldgames con una
voce che manifesta tutta la sua felicità per questo momento.
Probabilmente
non vede l’ora
di mettermi sulla graticola di domande che ha in mente.
«E
il loro mentore: Katniss
Everdeen! La Ghiandaia Imitatrice!»
oppure la ragazza in fiamme, oppure la ragazza di fuoco… se
sono stanca io di
sentirla nominare in questo modo, figuriamoci lei!
Il
boato che ci accoglie
quando avanziamo in mezzo al palco, è qualcosa di
assordante. Credo che tremino
anche i vetri dei lucernari. Nonostante siano passati tanti anni, le
figure dei
miei genitori sono ancora molto importanti per tutta Panem, quasi
quanto lo
sono per me.
Accanto
a me, percepisco la
figura di Dick, decisamente intimorito da tutto questo clamore.
«Perché
urlano tanto?»
sussurra al mio orecchio. Beato Dick. Sempre e comunque se stesso.
L’enorme
bambinone.
Scuoto
la testa «Vogliono
tutti bene alla mia mamma» bisbiglio e lui si illumina e
annuisce.
«Anche
io» conferma.
Una
volta accomodati, scruto
il viso di mia madre, nella speranza di cogliere qualche cosa oltre
l’espressione di circostanza. È una settimana che
non la vedo e la sua presenza
mi è mancata tantissimo.
«Eccoci!»
esordisce subito
Goldgames anticipando di pochi istanti la mia mentore.
«Siamo
con i personaggi più
famosi di questa edizione degli Hunger Games della Pace. Chyna Mellark,
figlia
della famosissima Ragazza in fiamme e di Peeta Mellark, vincitori degli
ultimi
giochi della Violenza» snocciola il mio pedigree con lo
sguardo più compiaciuto
che può sfoggiare.
«Cosa
si prova a dover
entrare nell’arena dopo più di trenta anni dai
tuoi genitori, sebbene in modo
diverso». Ecco che iniziano le domande stupide.
Cosa
vuole che risponda? Che
i miei genitori stanno ancora lottando contro i demoni del passato e i
fantasmi
che vengono a trovarli quasi ogni notte? Che queste settimane, con il
loro
allontanamento, sono state le più terribili? Che mia madre
sarà morta mille
volte al solo pensiero di perdermi?
«Avrei
preferito non essere
estratta» rispondo tetra.
Kuna
rimane stupito, come se
fosse impossibile il solo pensiero di quello che ho detto.
«Perché mai?».
«Perché
il ricordo dei giochi
è molto doloroso» rispondo.
«Ma
i giochi non sono
pericolosi oggi» continua imperterrit Kuna.
«Infatti,
e sono sicura che
andrà tutto bene, ma una mamma si preoccupa sempre per i
suoi figli» interviene
Katniss, scatenando un applauso caloroso di approvazione.
«Dimmi,
Chyna, come ti sei
trovata in queste due settimane a Capitol City?» chiede
Goldgames non appena il
rumore si placa.
«Come
hanno detto i candidati
del distretto undici, non abbiamo visto molto della città ed
io non c’ero mai
stata prima. Quindi non saprei cosa dirti. Abbiamo passato il tempo ad
allenarci per affinare le tecniche in vista dei giochi»
rispondo facendo
spallucce.
«E
i tuoi rapporti con gli
altri candidati?» incalza Kuna anticipando nuovamente mia
madre.
Certo
che papà se la cava
decisamente meglio quando si tratta di parole. Sono certa che in questo
momento, l’unico aiuto che potrei ottenere dalla mamma
è un tiro di freccia
direttamente nel cuore del presentatore per farlo stare zitto. Infatti
la vedo
stringere le labbra stizzita.
«Buoni.
Con alcuni di loro
sono anche diventata amica. In generale ci rispettiamo» resto
sul vago e spero
di non dover rispondere ad altre domande del genere.
«Chyna
è mia amica»
interviene Dick sorridendo entusiasta «E vinceremo insieme
come hanno fatto
Peeta e sua madre, tanti anni fa» annuncia facendo scatenare
un nuovo applauso
alla platea.
Goldgames
sorride benevolo ma
vedo nei suoi occhi una scintilla di malizia e cattiveria ed inizio a
sudare
freddo. Per il cielo di Panem! Vuole parlare del bacio!
«E’
come mai prima hai
baciato Chyna se siete solo amici?». Eccolo infatti che fa
detonare la bomba. E
tutto il teatro rumoreggia.
«Non
credo che Dick avesse
delle intenzioni strane… non ha baciato Chyna, era solo un
gesto di affetto» si
affretta a dire mia madre, ma i suoi balbettii hanno
l’effetto contrario,
sollevando ancora più rumore.
«Gli
istruttori mi hanno
detto che per vincere dovevo fare così» risponde
Dick ed io sorrido trionfante.
Era quello che volevo sapere.
«Questa
ultima settimana ci
hanno tenuti separati ed hanno cercato di depistarci! Dick ha qualche
problema
e questo è il risultato se si continua a ripetere
determinate cose. Noi siamo
amici e lui non mi avrebbe mai baciato se qualcuno non
l’avesse convinto a
farlo. Non è il modo di comportarsi per i giochi della Pace.
C’è qualche cosa
di profondamente sbagliato in tutto questo e credo che si dovrebbe
sospendere
l’evento e fare delle indagini per stabilire che non vi siano
pericoli o
comportamenti sospetti, come in questi ultimi giorni!» mi
alzo in piedi mentre
faccio la mia denuncia e il teatro esplode in un boato sotto gli occhi
increduli di Kuna Goldgames.
Si
sente una voce che viene
dall’autoparlante sopra le nostre teste che urla di spegnere
le telecamere e
alcuni militi che accorrono sul palco e ci spingono verso il corridoio
che ci
riporterà alla nostre stanze.
«Chyna!»
chiama mia madre
mentre tenta di prendere la mia mano.
Altre
mani prendono le mie
braccia e mi strattonano lontano da lei. È come se fossimo
divise da un
torrente di persone con flussi differenti. La corrente che scorre da
lei la
trascina dalla parte opposta rispetto alla mia.
Accanto
a me, Dick, cerca di
sottrarsi alle spinte dei militi cercando di proteggere anche me.
Qualcuno
mi strattona alle
spalle e il mio vestito inizia ad afflosciarsi lasciandomi quasi
completamente
nuda sul petto. Immediatamente le mie mani corrono a sorreggere la seta
che mi
ricopre e così impacciata seguo la folla composta dai
candidati.
Con
la coda dell’occhio mi
accorgo che Sakìa e Rudy sono stati trattenuti ancora sul
palco. Probabilmente
per fare anche la loro intervista, visto che erano gli ultimi.
Accanto
a me appare Brieg,
infilandosi davanti al corpo di Dick il quale non si oppone, troppo
impegnato a
sfuggire alle grinfie dei militari.
«Certo
che questa serata è
stata un crescendo, ma tu hai saputo fare piazza pulita»
ridacchia lui mettendo
una mano sul mio fianco e attirandomi a sé.
Mi
volto seccata. Come osa
anche solo rivolgermi la parola dopo quello che ha dichiarato? Ha fatto
intendere che ci siamo frequentati, che abbiamo fatto chissà
cosa… non riesco
neanche a formulare una accusa decente e mi limito a ringhiare per
l’irritazione.
«Non
ho mentito, Chyna. Io
ero il tuo vicino di stanza al dormitorio» afferma strizzando
l’occhio.
«Questo
non ti da il diritto
di fare insinuazioni. Sembra che io e te non abbiamo fatto altro che
rotolarci
tra le lenzuola e non è vero!» ribatto alzando la
voce. Purtroppo ho le mani
impegnate a tenere il vestito stretto al petto, altrimenti i miei pugni
si
abbatterebbero sul suo bel faccino.
«E’
stata solo una battuta
innocente… per il pubblico» poi si abbassa
leggermente e mi schiocca un bacio
sulla guancia «Ci vediamo domani, Chyna» e affretta
il passo per raggiungere la
sua compagna di distretto più avanti.
Scorgo
anche Paban, tra i
candidati, ed ha le dita della mano incrociate con quella di Iraida.
Non
mi ha mai guardato un
attimo da quando siamo scesi dal palco.
«Chyna,
non essere triste.
Non ti bacio più, promesso» dice Dick prendendo la
mia mano e seguendo gli
altri.
Questa
sera non ci riportano
ai dormitori – prigione ma nei nostri vecchi appartamenti.
Non
ho neanche la forza di
pensare a quanto è successo questa sera, spero solo che il
governo interrompa
l’evento e faccia una indagine per chiarire la situazione.
Passo
parecchie ore sperando
che Jayson o Paban entrino dalla porta della mia camera ad annunciarmi
importanti novità, ma nessuno arriva ed io, alla fine,
scivolo in un sonno
agitato.
---ooOoo---
Angolino
mio:
capitolo
lungo il solito e…
boh, non so spiegarmi. Piatto, forse?
Volevo
inserire la parte
di Brieg che sembra tornato alla carica e mi sono accorta che ho
focalizzato l’attenzione
su praticamente tutti i candidati dal sette in su. Forse
perché ho dato loro un
nome e quindi ‘umanizzati’ ma non sono riuscita a
sorvolare su Douce e Thabo,
oppure su Bor e Christal.
Prendetela
come viene.
Vi
lascio con le sole
righe che ho scritto del prossimo capitolo, nella speranza che riesca a
finirlo
per venerdì prossimo:
…«Fuori è un
inferno! Hai fatto parecchio scalpore ieri
sera, te lo garantisco» esclama Sigma, sedendo sul divano con
aria distrutta.
«Mi
interessa solo sapere se
hanno interrotto i giochi» ribatto io agitando le braccia
come una pazza. Non
mi interessa se pensano che sono da rinchiudere o che l’amore
mi abbia dato
alla testa. Voglio solo tornare alla mia vita…
Ringrazio
per l’attenzione
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 12 *** l'arena ***
Eccomi!
Visto
che la settimana
scorsa ho postato sabato perché non ero riuscita il giorno
prima, oggi recupero
con un anticipo.
Il
presente capitolo è leggermente
più corto e ci porta diritti al centro dell’azione.
Ringrazio
per i commenti,
e chi ha segnato questa storia tra le preferite, i ricordati e i
seguiti e per
chi ha solo letto ma spero apprezzato questo lavoretto.
Adesso
un ringraziamento
speciale alla bannerista per eccellenza! Elenri (Teresa) e i suoi
personaggi
che danno un volto ai miei candidati! Oggi una tenerissima, bellissima,
cucciolosissima ALICIA! La giovanissima candidata di Capitol City!
E
ora… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
E'
l'alba quando suona il
telefono in camera per la sveglia.
Oggi
è il grande giorno, dove
si arriva all'arena, sempre che il governo non decida di interrompere
la
trasmissione e indagare sulle palesi irregolarità. Spero che
mettano sottosopra
gli strateghi e che chiariscano tutta questa incresciosa situazione.
E,
come cosa più importante
di tutte, che scoprano e puniscano chi è il responsabile
della morte del povero
Beetee. Chiunque sia stato merita la pena capitale!
Ho
passato metà della notte a
pensare a quanto è successo nella serata precedente. Cosa si
è capito dei
candidati e delle loro idee. Già conosco le
potenzialità combattive dopo una
settimana di palestra in comune, ma sentirli parlare delle proprie
intenzioni è
stato come scoprire una nuova parte di loro.
In
sostanza, come aveva
anticipato Brieg quando mi aveva parlato dei candidati, parecchi di
loro hanno
buone ragioni per voler vincere gli Hunger Games della Pace. Il denaro,
la
casa, il lavoro fanno gola a tutti.
Devo
dire che mi sono
commossa e compiaciuta dal loro accanimento nel cercare di far capire
agli
spettatori quanto abbiamo subito nelle due settimane appena trascorse.
L'isolamento
e questo senso
di terrore e impotenza che strisciavano come una bassa nebbia nella
palestra e
negli appartamenti. Entrava nelle ossa e portava l'inquietudine, il
sospetto,
l'ira e infine la violenza. È difficile spiegare queste
sensazioni dovute al
comportamento degli strateghi. È
psicologia e perciò materia volatile. Ma almeno
il seme del dubbio
l'abbiamo piantato e speriamo che germogli...
Altro
discorso è quanto
accaduto nelle interviste riguardo ai pettegolezzi.
Sono
stata denigrata in ogni
modo possibile.
Paban
e Iraida stanno davvero
insieme e sembra che abbiano intenzione di sposarsi appena usciti
dall'arena.
Vero che lui mi sembrava seccato e per niente propenso alle
dichiarazioni della
sua compagna e poi, quella menzogna sulla madre.
Iraida
non poteva proprio
controbattere ma Paban voleva metterla in difficoltà o solo
scherzare come si
può usare tra fidanzati? Non lo so, sono così
confusa.
Mi
aveva baciato con
trasporto quando eravamo nel corridoio e anche io l'avevo baciato.
Avevo
risposto al suo impeto con le labbra e con il corpo e avevo sentito il
suo
interesse.
Come
posso credere che invece
avesse giocato con me?
Il
suo primo abbraccio è
stato per parlare con i miei genitori. Il suo primo bacio è
stato per
comunicare con i mentori. Tutto quello che ha fatto con me è
con uno scopo ben
preciso. Quando ha fatto un gesto solo per il suo piacere? Solo
perché voleva
stare con me?
La
risposta è semplicissima
quanto disarmante: mai.
È
sempre stato il solo con il
quale parlare e preoccuparsi della situazione che si è
venuta a creare ma
niente di più. Sono io che ho frainteso, abbagliata dalla
luce dei ricordi di
quattro anni fa e dal desiderio che quello che era stato cambiasse.
Mia
madre ha detto di fidarmi
di Dick e di lui. Come posso ora?
Anche
lei taglierebbe i ponti
con un soggetto del genere. Ha già giocato con il mio cuore
quattro anni fa e
non sono disposta a farmelo spezzare ancora.
Brieg?
Assurda dichiarazione.
Ieri sera sembrava un serpente che sibilava promesse di miele che
nascondevano
un veleno mortale.
Non
può essere tanto stupido
da pensare che creda al suo nuovo innamoramento nei miei confronti!
Nato così
improvvisamente che ne sono travolta e stravolta. Ha dichiarato che
abbiamo
legato agli allenamenti... è vero. Ha dichiarato che gli
dispiaceva per come mi
aveva trattato... può essere.
Quello
che non mi è piaciuto
è stato il dichiararsi davanti a tutti, in modo
così plateale come se si
aspettasse qualche tornaconto.
Ricordo
che anche mio padre
ha fatto una dichiarazione pubblica ai suoi primi Hunger Games, e ci ha
guadagnato il nomignolo di 'amanti sfortunati' con mia madre.
Però ha scatenato
attenzione e insieme hanno ottenuto diversi doni dagli sponsor.
Spalanco
gli occhi davanti
allo specchio e la spazzola che sta districando i capelli si blocca.
Che sia
questo il suo intento? Ottenere doni come innamorato? Rifiutato lo fa
sembrare
ancora più debole e magari il suo mentore può
trovare maggiori sponsor per
fargli passare bene i giochi e alla fine vincere. Può essere
così perfido? Può
aver studiato un piano simile?
Tutto
può essere.
Ripensandoci
bene, sia Paban
che Brieg sono delle incognite.
Sembrano
giocare con i miei
sentimenti ma non capisco quali siano le loro reali intenzioni. Forse
è meglio
allontanarsi e pensare solo a quanto ci sarà nell'arena.
Il
fatto che ci siamo
allenati solo con armi classiche, può significare che i
giochi saranno normali,
senza armi tecnologiche come pistole o fucili. Diciamo un ritorno ai
cari
vecchi coltelli.
Quando
ci hanno fatto
studiare le piante erano prodotti dei boschi o delle foreste, quindi
dovrebbe
essere un normale campo boschivo, in tutto simile a quello che aveva
ospitato
mia madre all'epoca dei suoi primi Hunger Games, ma senza gli ibridi.
Fortunatamente
sono stati
vietati per i giochi della pace. Meno male, erano letali e avrebbero
causato
più morti di quanto si possa immaginare.
Cerco
di concentrarmi su
quali trappole possano aver escogitato gli strateghi. In genere
lasciano che i
candidati se la cavino da soli, ma a volte inseriscono dei trabocchetti
per
sfoltire il numero dei partecipanti. Ovviamente nessuno si fa male, non
sono
vere le armi, però creano sempre un grande scompiglio... e
qualche livido.
Ormai
anche Dick dovrebbe
essersi alzato. Decido di andare in sala a fare colazione, l'ultima di
questi
giochi.
Non
rivedrò più questo
appartamento e la palestra. Non sono mai stata così felice
come quando mi
compare in testa questo pensiero. L’ambiente rimbomba dei
miei passi mentre mi
affaccio alla sala da pranzo. Il tavolo delle portate è
imbandito e non mi
resta che prendere un piatto e servirmi.
Dopo
la mia decisione di non
farmi più scrupoli o pensieri sui ragazzi, mi sento
decisamente meglio e con uno
spirito positivo, quindi posso affrontare anche una colazione
pantagruelica.
«Ciao,
Chyna. Dormito bene?»
saluta allegro il mio compagno non appena si siede a tavola con un paio
di
piatti stracolmi di cibo.
«Abbastanza.
Sono felice che
è quasi finita… tra qualche ora saremo condotti
all’arena e dopo un po’ potremo
sventolare i nostri drappi e tornare a casa» dico felice di
questa soluzione.
«Io
volevo vincere» borbotta
Dick con la bocca piena.
«Credimi,
meglio se ne
restiamo fuori. Quest’anno ci sono tantissimi candidati che
aspirano a
conquistare i giochi e credo che ci potremmo fare male se restiamo
anche solo
qualche giorno. Meglio rinunciare subito… non ti manca tua
nonna?» mi gioco la
carta della famiglia, sperando che il mio compagno abbocchi.
Infatti
i suoi occhi si
illuminano e annuisce eccitato. Credo di averlo convinto.
Anche
se la mia speranza
primaria è che il governo blocchi subito i giochi.
Chissà che effetto hanno
fatto le nostre accuse? Non sono riuscita a capire se fuori, nella
piazza, il
popolo di Panem sia stato scosso o meno dalle nostre parole.
In
quel momento entra la
nostra stilista con un piglio da sembrare una furia.
«Fuori
è un inferno! Hai
fatto parecchio scalpore ieri sera, te lo garantisco» esclama
Sigma, sedendo
sul divano con aria distrutta.
«Mi
interessa solo sapere se
hanno interrotto i giochi» ribatto io agitando le braccia
come una pazza. Non
mi interessa se pensano che sono da rinchiudere o che l’amore
mi abbia dato
alla testa. Voglio solo tornare alla mia vita.
Sono
felice che le mie parole
non siano cadute nel nulla e la sua irritazione mi urta alquanto. Ho
subito una
pressione psicologica terribile in queste due settimane e adesso mi
vuole anche
fare la predica? Possono pensare quello che vogliono, non mi interessa.
«Hanno
interrotto i giochi?»
chiede curioso Dick, come se la cosa fosse una tragedia.
«No»
risponde secca Sigma
«Non ci sono novità su questo fronte. Il governo
non ha fatto alcuna
dichiarazione, ma il malumore per come siete stati trattati si sta
riversando
verso la presidente Paylor e il suo entourage» spiega.
«Cosa
stai dicendo? A quanto
sappiamo noi sono gli strateghi che ci stanno tenendo
prigionieri» contraddissi
ma la stilista scuote la testa a negare.
«Sai
che l'ultima parola
spetta al governo. Era così anche ai tempi del presidente
Snow, la gente pensa
che sia ancora così» fa spallucce e prende un
bicchiere di succo che inizia a
sorseggiare.
«Mamma
mi ha detto che non
era più così» obbietto.
«Non
so cosa risponderti,
Chyna. So solo che sia qui a Capitol City, sia in alcuni distretti, tra
cui il
tuo, ci sono state delle proteste in piazza e i militi hanno faticato a
sedare
gli animi. Hanno anche lanciato alcuni sassi alle vetrate del palazzo
presidenziale» incredibile, penso.
«Qualcuno
si è fatto male?»
chiede Dick preoccupato. Mi fa sorridere la sua sensibilità.
Ha un cuore enorme
questo ragazzone.
«No,
caro. Nessuno si è
ferito. Hanno solo scagliato un paio di sassi contro le finestre del
palazzo
presidenziale infrangendo un vetro istoriato, ma a parte questo niente
di
preoccupante».
«Certo
che sei informata,
Sigma. È mattino presto e sai già un mucchio di
cose» esclamo ammirata. Sembra
quasi che abbia una rete di spionaggio a sua disposizione.
«Te
l'avevo già detto che
avevo delle assistenti che sapevano tutto di tutti» risponde
sorridendo.
«Quello
che mi chiedo è che
senso avrebbe se fosse stato davvero il presidente a studiare questo
piano
contro i candidati ai giochi. Tutti sono convinti che sia colpa sua e
se le
cose dovessero peggiorare la prima ad andarci di mezzo sarebbe la
Paylor» penso
a voce alta, senza rivolgermi a nessuno in particolare.
«Infatti,
è quello che si
chiedevano anche le mie assistenti» conferma Sigma, poi
osserva il quadrante
dell'orologio appeso al muro. «E' tardi, ragazzi. Dobbiamo
andare sul tetto e
salire sul hovercraft che ci porterà all'arena»
annuncia.
Ormai
è ora. Non possiamo più
aspettare e, in definitiva, siamo pronti.
Io
e Dick abbiamo indossato
dei pantaloni di tela pesante e magliette di cotone a maniche lunghe.
Sono i
vestiti che ci ha portato Sigma e sono comodi e resistenti. L'arena
deve essere
un luogo difficile e impegnativo per necessitare di questo
abbigliamento.
Sento
che sto analizzando
tutto con la mente allenata di un tributo dei vecchi giochi violenti,
come ho
letto sul libro delle memorie dei miei genitori e, in un certo sento,
mi sto
spaventando per il cinismo che sento nei miei pensieri. Ma non ho paura
di
quello che troverò, solo nozioni e concetti.
Ci
infiliamo nell'ascensore e
saliamo verso il nostro passaggio aereo.
In
questo momento dovrebbero
esserci i mentori a darci le ultime indicazioni, dirci che dobbiamo
aspettare
la fine del conto alla rovescia per evitare l'eliminazione, oppure
cercare di
guadagnare più armi possibili alla cornucopia o invece
rinunciare ai primi
duelli per trovare un altro modo, giocare d'astuzia per eliminare gli
avversari. Dirci se dobbiamo sventolare subito il drappo bianco oppure
aspettare qualche giorno.
Invece
non c'è nessuno e io
sospiro per la mancanza della mia mamma.
Arrivati
sul tetto, il vento
mi sferza i capelli ed io quasi vado a sbattere contro la scala che
è stata
fatta calare sul tetto.
Ce
ne sono quattro e noi ci
aggrappiamo a una di queste e veniamo tratti sul veicolo in sospensione
sopra
le nostre teste. La stessa cosa vedo che la fanno i candidati del
numero nove.
Probabilmente useremo lo stesso hovercraft.
L'inserviente
fa accomodare
me e Dick sui sedili appositi. Accanto a noi ci sono altri candidati.
Dobbiamo
essere stati suddivisi in due squadre, perché non vedo
Alicia e nemmeno Paban o
Brieg. Devono averci divisi a metà e noi siamo la seconda
parte.
«Stai
bene?» sussurra
Christal accanto a me. Annuisco semplicemente e ci stringiamo la mano.
Fisicamente
sto bene ma sento
l'agitazione crescere dentro il mio corpo. Strano. Non avrei mai
creduto di
temere l'entrata nell'arena. So perfettamente che i giochi sono
pacifici, che a
parte qualche livido non si rischia niente, ma... accidenti!
È tutto così
reale!
Un
milite si avvicina a noi
ed inizia a inserire il localizzatore nel braccio, dopo di che ci
allaccia al
polso il decodificatore di impulsi che stabilisce se il candidato
è stato
colpito virtualmente a morte e quindi se è eliminabile o
meno.
Sobbalzo
quando mi viene
impiantato il microchip. È una macchinetta fastidiosa e devo
soffocare la
sensazione di prurito sull'avambraccio dove una piccola collinetta
pulsa
sottopelle. Il decodificatore somiglia a un orologio ma non
è meno fastidioso,
visto che al di sotto, a contatto con la pelle, ci sono diversi
minuscoli aghi
che si conficcano nel polso.
Sento
un gemito più avanti, e
vari sospiri. Questa pratica non piace a nessuno a quanto vedo. Mi
sento
marchiata come un bovino. Dubito che anche Ilixo si senta a suo agio.
Il
viaggio non dura tanto,
una ventina di minuti al massimo. A causa delle vecchie guerre del
passato, la
scarsa popolazione è racchiusa nei grandi distretti ma, tra
questi, oltre alle
parti abitate, coltivate o utilizzate per le attività
specifiche, si estendono
immense zone deserte, coperte da boschi, foreste o praterie. Nessuno vi
abita e
le zone attorno a Capitol City vengono utilizzate e preparate come
arene.
Quando
atterriamo veniamo
sospinti in un tunnel che ci porterà alle piattaforme che
circondano la
cornucopia.
Nonostante
il nome ricordi i
vecchi e cruenti bagni di sangue, anche il suo identificativo non
è stato
sostituito con un altro meno evocativo e neanche la sua forma che
ricorda il
solito cestino appuntito dorato. È ironico che si usi questa
immagine per
custodire armi e viveri, come se quegli oggetti fossero depositari di
fortuna.
Sigma
ci accompagna insieme a
due militi quando si ferma davanti a una portoncina in metallo, simile
a tante
altre che si aprono su questo corridoio curvo.
«Chyna,
penso che sia meglio
che mi fermi con Dick... sai, per evitare che abbia il panico rimanendo
chiuso
nel tubo della piattaforma». Si rivolge a me ed io accenno un
piccolo sorriso
ed annuisco.
Non
sono in grado di dire
altro, perché il terrore mi ha attanagliato lo stomaco.
Vorrei continuare a non
avere paura come questa mattina ed essere coraggiosa. Invece sento che
sto
crollando. Vorrei avere la compagnia di qualcuno che mi incoraggi e mi
dica che
andrà tutto bene. Invece acconsento a rimanere da sola e
alzando il mento,
proseguo verso la mia postazione mentre Sigma e Dick spariscono dietro
la porta
grigia.
Anche
il mio compagno è
agitato, visto che non mi ha neanche salutato e sono consapevole di
aver fatto
la scelta migliore lasciandogli la nostra stilista.
Il
mio viaggio in questo
corridoio che declina dolcemente a sinistra, si interrompe dopo
più di dieci
porte e vengo invitata ad entrare. Un milite mi segue e mi indica la
giacca
appesa che dovrò indossare prima di presentarmi ai giochi.
È
una giacca pesante,
imbottita e con tante tasche di un colore che ricorda la terra umida
del
sottobosco. È simile a quelle che usa la mamma per andare a
cacciare nei
boschi. La indosso. Credo che mi terrà caldo anche di notte,
sebbene non sia
sufficiente se la temperatura dovesse scendere di parecchi gradi.
Sul
bavero della giacca è
appuntata la vecchia spilla di mia madre, con la ghiandaia imitatrice
dalle ali
spiegate. L'accarezzo con amore e sento con me tutto il suo affetto
come se
fosse presente al mio fianco.
«Mellark,
è ora» annuncia il
milite con voce atona, indicandomi il la piattaforma tonda che mi
solleverà
sino al piano dell'arena, attorno alla cornucopia.
Faccio
un sospiro profondo,
come se volessi ossigenare anche la più remota cellula del
mio essere, e mi
muovo verso il ‘tubo di lancio’. Appena
la piastra si abbassa leggermente a causa del mio peso, il
‘tubo’ viene chiuso
alle mie spalle e mi ritrovo con le mani appoggiate alle pareti curve e
trasparenti che sembrano portarmi via l’aria.
Il
milite mi osserva
impassibile e lascia trascorrere i secondi senza muovere un muscolo. Il
mio
cuore pulsa. Doloroso. Le mani mi sudano e provo ad asciugarle sulle
cosce.
All’improvviso
la piattaforma
si alza, sulla mia testa si apre l’oblò ed io
vengo spinta verso la luce.
Sono
entrata nell’arena.
Il
sole mi acceca per un
attimo e non vedo nulla attorno a me. Quando strizzo gli occhi e riesco
a
focalizzare, mi stupisco di quanto vedo.
Mi
trovo sul piedistallo che,
compresi gli altri ventisette, formano un ampio semicerchio davanti
alla bocca
della cornucopia, dove sono deposte le armi e alcuni zaini contenenti
probabilmente viveri e oggetti utili alla sopravvivenza. Siamo distanti
poco
più di venti metri dalla costruzione dorata. Il conto alla
rovescia è iniziato.
Gli ultimi sessanta secondi.
54...
53...
Osservo
quanto mi circonda.
Ci
sono colonne di pietra,
capitelli e architravi lievemente smussate. Statue che raffigurano
teste, corpi
sgraziati o minuti, braccia, piedi. Pietre gialle e rosate, quadrate e
ricoperte di muschio. Una specie di giungla cerca di ghermire queste
costruzioni ed ovunque fronde di rami, liane e viticci avvolgono e
stringono
questi resti di città. Sembra che ci troviamo in una piazza
circolare. Il
pavimento è composto da lastroni di selce irregolare da cui
spuntano ciuffi di
erba. A circa cinquanta metri alle nostre spalle frammenti di colonne
rappresentanti di un tempo lontano, limitano una circonferenza esterna.
50...
49...
Tra
le fronde degli alberi
più lontane si scorgono ancora colonne e statue giganti dal
colore caldo dell'ocra.
Oltre il muro di verde umido, nascono, improvvise, le rocce brulle a
gradoni,
sormontate da costruzioni sottili e aguzze.
45...
44...
Sembra
che l'arena sia un
immenso catino rotondo dove la cornucopia dorata è il punto
più basso. Oltre la
piazza e poche costruzioni ricoperte dalle piante, inizia la giungla
vera.
Ampia, umida, misteriosa. Dopo quello che sembrano parecchie centinaia
di
metri, iniziano le rocce che arrivano a punte scoscese nere. Noto che
ci sono
colonne nere e tetti coperti di tegole. Hanno un aspetto sinistro e
spettrale,
come ossa bruciate sparse sulle rocce.
41...
40...
Guardo
gli altri piedistalli.
Alla mia destra, lontano circa due metri, si trova Thabo e dopo di lui
il
candidato del cinque e la candidata del sette. Alla mia sinistra si
trova Rudy
del tredici, Nazig del due e la candidata del nove. Vedo Iraida cinque
piedistalli più a destra che mi lancia uno sguardo di puro
astio, prima di
concentrarsi sulle armi che luccicano al sole. Paban è
ancora più lontano e ha
Dick accanto. Il mio compagno mi guarda con aria perplessa, come se non
capisse
cosa fare. Gli faccio segno di stare fermo e gli indico il timer che
scorre
sopra la bocca della cornucopia.
Vedo
Paban che si volta verso
di lui e gli parla e noto Dick annuire e sorridere più
rilassato.
Ilixo
è parecchi piedistalli
più a sinistra ed ha un'aria tranquilla e serafica,
così come Rainer che si
trova a due posti più in là. Vedo anche Alicia e
mi sembra abbastanza
tranquilla.
38...
37...
Mi
metto ad osservare la
disposizione delle armi e degli zaini. Sono accatastati tutti alla
bocca della
cornucopia. Ci sono un paio di archi con le relative faretre,
sicuramente
destinati a me. Alcune lance e una collezione impressionante di
coltelli
attaccati a una tavola e ordinati per grandezza. Accanto sono distese
le spade
di varie lunghezze. Ho visto anche un tridente appoggiato alla parete.
Ci sono
praticamente tutte le armi che abbiamo provato.
33...
32...
Presumo
che negli zaini ci
siano i viveri e oggetti di prima necessità. Spero che ci
siano corde e sacchi
a pelo per dormire, come aveva trovato mia madre nei suoi giochi.
Borracce per
raccogliere l'acqua... l'acqua è importante e devo
assolutamente trovarla.
30...
29...
In
questo momento mi accorgo
di non aver mai parlato di alleanze. Con la settimana di assoluto
isolamento
non abbiamo potuto stringere amicizie tali da stipulare patti di non
belligeranza. Posso ipotizzare che non sarò attaccata da
Alicia e Christal o
Dick, ma quanti dei candidati possano essere considerati amici non
saprei
dirlo.
Qualche
giorno fa avrei detto
Paban o Brieg. Oggi non mi fido di nessuno di loro.
26...
25...
Sicuramente
devo guardarmi da
Rainer. È pericoloso e vuole vincere. Non gli interessa far
male ma piuttosto
eliminare la concorrenza. Lui sarà uno di quelli che
correranno ad accaparrarsi
le armi più letali e comincerà a menare fendenti
a destra e a manca, colpendo
tutto ciò che è mobile.
Anche
Ilixo non è un cliente
gentile. Anche lui vuole vincere e colpirà senza
pietà. Sono convinta che non si
getterà subito su un duello con Rainer, aspetterà
tempi migliori e un luogo
dove non sia possibile essere colpiti alle spalle mentre ci si difende
davanti.
Guardo
Nazig. È da lei che mi
dovrò guardare io. Da lei e da Iraida. Sono convinta che
saranno loro quelle
che cercheranno di colpirmi appena raggiunta un'arma alla cornucopia.
22...
21...
E
se invece, piuttosto di
correre alla cornucopia, mi voltassi e fuggissi? Potrei trovare
l’acqua e
iniziare a costruire trappole per gli altri candidati. Sicuramente
qualcuno con
le armi dovrei riuscire a catturarlo e a quel punto sarei armata anche
io.
17…
16…
Spalanco
gli occhi, stupita
dai miei pensieri. Non ero forse io che ho sempre pensato di sventolare
il
drappo bianco non appena finito il conto alla rovescia? Davvero sto
pensando di
lottare per vincere questa edizione dei giochi? Ma soprattutto, davvero
mi
interessa vincere?
Continuo
a voltarmi intorno.
Valuto il tempo necessario per correre alle armi o per voltarmi e
correre via.
Non posso sventolare il drappo bianco prima di essere insieme a Dick.
Lasciarlo
da solo nell’arena,
dove gli altri candidati combattono realmente con le loro armi
smussate,
rendendo reale ogni mossa, sarebbe da irresponsabili.
Potrebbe
scatenarsi come
quando ha preso per il collo l’istruttore l’ultimo
giorno prima
dell’isolamento.
13…
12…
Potrei
tentare di
raggiungerlo e difenderlo dagli altri candidati, nel frattempo che
decido come
comportarmi e quando sia il momento opportuno per sventolare il drappo
bianco.
Allungo
la mano e mi tasto il
taschino posto sulla spalla destra, leggermente gonfio e chiuso da una
zip. Il
fazzoletto che serve come chiave per ritirarsi dai giochi si trova
lì dentro.
Stranamente sento che quel punto è più caldo
rispetto al resto della giacca, ma
forse è solo una mia impressione, visto che sto sudando
copiosamente a causa
dell’agitazione e dallo stress.
10…
9…
Mi
riscuoto dai miei
pensieri. Siamo arrivati alla fine del conto alla rovescia. E io non ho
ancora
deciso come comportarmi.
8…
7…
Do
ancora una occhiata agli
altri candidati. Sono tesi e pronti a scattare, esattamente come me.
6…
5…
Fletto
una gamba in avanti e
una indietro, allargo leggermente le braccia, faccio lunghi e calmi
respiri per
frenare la corsa impazzita del mio cuore.
4…
3…
Focalizzo
l’attenzione
sull’arco e una specie di spadino corto posato lì
accanto. Ho deciso. Quelle
saranno le mie prede. Per i primi minuti
di questi Hunger Games della Pace, giocherò
come gli altri. Se verrò
colpita sarò esclusa e me ne tornerò a casa. Se
riuscirò a scamparla troverò
Dick e sventoleremo il drappo bianco. In ogni caso, nel giro di due
ore, uscirò
dall’arena.
2…
1…
Sento
un fischio acuto che mi
fa automaticamente scattare in avanti. Come me, vedo correre anche gli
altri
candidati in macchie scure veloci.
I
settimi Hunger Games della
Pace sono ufficialmente iniziati.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ci
siamo! Gli Hunger Games
della Pace sono iniziati.
Cosa
accadrà adesso?
Questo
è stato un capitolo
piuttosto intimista. Le impressioni di Chyna rispetto a tutto quel che
concerne
il gioco. Nessun Paban, nessun Brieg, nessun Ilixo per farla distrarre.
Vi
lascio allo spoiler del
prossimo, importantissimo capitolo:
… Mi sento strattonata e scossa
mentre le mie braccia
non reagiscono. Sono lasciate inermi lungo i fianchi. Sto ancora
fissando il
viso bello di Douce e i suoi assurdi capelli verdi…
E
sì, il prossimo banner
postato sarà proprio Douce… un personaggio creato
apposta dopo aver visto l’immagine.
Ringrazio
per l’attenzione
Alla
prossima settimana
baciotti
|
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Capitolo 13 *** la cornucopia ***
Signore
e Signori, buonasera!
Considerando
che venerdì sera
sono impossibilitata a postare e che il capitolo più
importante di tutti (cioè questo)
è pronto da un po’, ho deciso di postare con un
giorno di anticipo, nella
speranza di farvi cosa gradita.
Come
tutti gli HG questo è
il capitolo più difficile: cosa succede alla fine del conto
alla rovescia, ed è
anche il punto cardine di tutta la mia storia. Spero che lo apprezziate
quanto
io mi sono appassionata a scriverlo. Non so se l’ho reso
bene, visto che le
immagini nella mia mente si dovevano accavallare frenetiche, mi auguro,
se non
altro, di essere stata chiara.
Ringrazio
chi mi ha
inserito tra i suoi preferiti, ricordati e seguiti. Chi legge e scopre
che
questa storia gli piace, chi recensisce e magari becca i miei orrori
permettendomi
di correggere e rendere la storia ancora più bella. Grazie.
E
soprattutto ringrazio
Elenri (Teresa) che rende questa storia più interessante con
le sue immagini
che danno un volto ai vari personaggi, rendendoli più reali.
Questa volta
abbiamo una ragazza curiosa. Ecco a voi DOUCE, la ragazza del distretto
8 dai
capelli verdi. Lei è stata creata proprio dopo aver visto il
banner.
E
ora… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Urlo.
Mi fa male la gola ma
continuo a urlare. Grido straziata e piango. Piango, urlo e mi
rannicchio a
terra, con le ginocchia al petto. La testa tra le mani. Tiro ciocche di
capelli
con le dita. E intanto urlo. Dondolo sulla mia posizione e urlo.
Accanto a me
ci sono l’arco, la faretra e lo spadino coperti di sangue.
Gli alberi mi
circondano e mi offrono il loro riparo. Ma nessuno mi può
riparare e proteggere
da quello che ho visto. Dal sangue che ho visto… urlo e
piango. Piango finché
non ho più lacrime, urlo finché non ho
più voce, dondolo finché le forze mi
abbandonano e la mia mente diventa completamente buia.
Finalmente
non sento più
nulla. Forse sono morta anche io.
Purtroppo
non è così. La mia
mente addormentata mi fa rivivere tutto come in un crudelissimo film,
ed io
rivedo quello che è successo a partire dal fischio che ha
dato inizio ai
giochi.
Il fischio interrompe il bip del
conto alla rovescia.
In quel momento scattiamo tutti verso il centro della piazza, verso la
cornucopia. Sento solo il fiatone mio e di quelli accanto a me.
Mi dirigo immediatamente a
raccogliere l'arco e mi
getto a terra per afferrare lo spadino con una mano e la faretra con
l'altra.
Sul mio capo sibila una lama, della
quale scorgo solo
lo scintillio dovuto alla luce del sole. Rotolo lontano dall'ombra che
incombe
su di me fin vicino alle piattaforme, stringendo le mie armi al petto.
Riesco a
sollevare la testa quel tanto che basta per riconoscere
Sakìa che si allontana
veloce da me, attirata da qualcosa d'altro.
Mi metto in ginocchio ed infilo la
testa nella cinghia
della faretra.
Sento urla di dolore. È
iniziato il cosiddetto bagno
di sangue, anche se di sangue non ne scorre più da parecchi
anni.
Adocchio uno zaino. Con quello
sarei equipaggiata in
modo ottimale per affrontare l'arena.
Accanto a me corre un altro
candidato che mi sembra di
riconoscere come Owen.
La mia mano scatta ad afferrare
saldamente lo spadino
per difendermi, ma lui mi supera senza degnarmi di uno sguardo,
attirato da
altre cose.
Incuriosita mi volto e inorridisco.
Davanti alla bocca della cornucopia
le spade mulinano.
Rainer colpisce con ferocia chiunque sia vicino. Accanto ai suoi piedi
sono
accasciati il candidato del cinque e la candidata del sei.
Ilixo si sta difendendo dagli
assalti del candidato
del nove e del tre.
Fisso quasi affascinata, quei due
corpi abbandonati al
suolo.
I loro occhi sono aperti, sbarrati
eppure vuoti.
Perché sono vuoti? Non
dovrebbero far finta? Non
dovrebbero gemere per il colpo, ma muoversi comunque? Non dovrebbero
parlare o
urlare? Qualsiasi cosa, tranne quella innaturale immobilità.
I corpi hanno una
strana angolazione. Sono fermi e... sono insanguinati.
Non hanno il solito segno carminio
di ferita addosso.
Il candidato del cinque ha un segno ampio, slabrato, dal quale sgorga
copioso
un fiume di rosso scuro. Sangue. Che si mischia a quello che sgorga dal
petto
della candidata del sei.
Thabo sta usando una specie di
larga ascia contro due
candidati e vedo Douce correre verso di lui. Si affiancano contro
Nazig, il
candidato del sei e quella del nove. La ragazza dai capelli verdi para
e
contrattacca. Avanza e arretra e colpisce. La foga di Thabo
è più
disorganizzata ma comunque efficace. I candidati del sei e del nove
cadono con
una mezza giravolta e affondano il viso nei ciuffi d'erba che crescono
tra la
selce, e che si colorano di rosso.
Douce si piega in avanti e viene
colpita al petto
dalla lancia di Nazig che si affretta ad estrarre la punta e ad
avvicinarsi ad
un'altra vittima.
«Chyna! Chyna!»
sento
gridare. Mi volto a quella voce famigliare e mi trovo a osservare
Christal che
corre verso di me e si accascia in ginocchio al mio fianco.
«Sei ferita? Stai bene?
Le
armi sono vere! Oh, Dio! Ho paura, Chyna! Le armi sono vere!
Uccidono!». Mi
sento strattonata e scossa mentre le mie braccia non reagiscono. Sono
lasciate
inermi lungo i fianchi. Sto ancora fissando il viso bello di Douce e i
suoi
assurdi capelli verdi.
Era bella. Doveva sposarsi
appena uscita dai giochi con il suo innamorato del distretto 8. invece
è lì,
stretta tra le braccia di Thabo che piange e le chiede di svegliarsi.
«Le armi sono
vere?»
chiedo atona. Non riconosco neanche la mia voce. Le armi sono vere?
Quando le
usiamo tagliano davvero? Non capisco cosa sta dicendo. Le armi sono
vere?
Certo, questo potrebbe spiegare perché quelle persone non si
muovono più.
Accanto alla bocca della
cornucopia, Paban sta recuperando il tridente. Tipico del suo
distretto. Vicino
a lui, Dick sta mulinando una spada per saggiarne il bilanciamento.
È diventato
davvero esperto. Addosso a loro si gettano altri due candidati che
brandiscono
una spada e una lancia.
Dick è spaventato. Tenta
di farsi piccolo e para i colpi senza rispondere agli assalti. Ha gli
occhi
spalancati ed è sempre più debole, come se gli
mancassero le forze.
Paban si para davanti a
lui e riesce a ferire alla spalla
uno
dei due prima che questo scappi. L'altro lo colpisce al braccio e gli
fa
mollare il tridente di mano e lo fa cadere in ginocchio.
Nel momento in cui vedo
che alza la spada sopra la testa di Paban per dargli il colpo di
grazia, urlo
un 'no' che si confonde con gli altri suoni della piazza. Dick si
riscuote e
colpisce al petto, facendo schizzare il sangue del suo avversario,
tutto
intorno a loro.
Anche in questo caso
il candidato
è a terra e il mio compagno
aiuta Paban ad alzarsi ed allontanarsi dalla cornucopia, raccogliendo
il
tridente, due spade e uno zaino voluminoso.
Sul terreno iniziano a
crearsi rigagnoli rossi, come fiumi che cercano il mare attraverso la
pianura.
Brieg sta lottando contro
Iraida e la candidata dell'uno. Sono forti e lo stanno mettendo in
difficoltà.
Dietro le loro spalle spunta la candidata del dieci che colpisce quella
dell'uno e viene atterrata da due fendenti dati in contemporanea dagli
altri
due.
Nazig si è impossessata
dei coltelli e ne lancia due contro Sakìa che viene ferita
al fianco mentre si
ripara dietro a uno zaino, dove si conficca l'altro.
Rudy sta lottando contro
quello del due ed è decisamente in difficoltà.
Para i fendenti sempre più
debolmente.
No. non voglio che venga
ferito o peggio. Vedo che il favorito ghigna, pregustando la vittoria e
il
sangue di una nuova vittima ed io, in automatico, raccolgo arco e
freccia e
incocco pronta a scoccare. Non mi
interessa che ferirò quel candidato. Voglio salvare Rudy.
Respiro a fondo e
trattengo il fiato, poi lascio andare il filo che da la spinta alla mia
arma.
Ma è troppo tardi. Il
braccio del favorito disegna un ampio semicerchio in aria e colpisce il
collo
del candidato del tredici, lasciato scoperto. La testa bionda di Rudy,
rotola
ai piedi di Christal, accanto a me, e ci guarda con occhi vitrei e
spenti.
Iniziamo a urlare,
terrorizzate da questa violenza.
Al nostro grido si
sovrappone quello del candidato del due, colpito dalla mia freccia alla
coscia.
Vedo Sakìa voltarsi e
guardare fissa la testa mozzata di Rudy. Cerca di capire cosa sia
successo e il
suo sguardo si volta al mucchio dove riconosce il resto del corpo. Ai
piedi del
candidato del distretto 2 che si sta estraendo a forza la mia freccia
dalla
gamba.
Anche lei lancia un urlo.
Un grido di rabbia. Un grido di vendetta. E si lancia contro
l'assassino del
suo compagno.
Lui se ne accorge e
riprende in mano la sua spada ritornando in posizione di guardia, ma
è
sbilanciato dalla ferita e non riesce a fermare lo slancio della
ragazza. Le
rispettive armi trovano la loro nuova custodia accanto al cuore degli
avversari, uccidendo entrambi.
Come a rallentatore,
guardo i due corpi cadere in ginocchio e sostenersi a vicenda, in una
grottesca
opera funebre.
Le urla e i lamenti sono
ovunque.
Noto vagamente che Rainer
e Nazig fuggono verso la giungla. Anche Ilixo, con il suo zaino e la
piccola
ascia, sparisce verso il muro verde correndo veloce.
Iraida si affretta ad
avvicinarsi a Paban ma lui la scansa in malo modo, provando anche a
colpirla
con il tridente. Iniziano a lottare e il ragazzo, se pur ferito a un
braccio,
riesce a contrastare la furia di lei senza alcun problema, anzi, riesce
anche a
mettere in difficoltà la sua compagna.
In un attimo, Iraida è
in
piedi e corre verso la foresta, preceduta da pochi passi da Brieg che
scompare
tra gli alberi dopo pochi secondi.
«Christal. Christal, stai
bene?» chiede preoccupato Bor, inginocchiandosi accanto alla
sua compagna e
tastando il suo corpo per constatare che non vi siano ferite.
«Bor, sto bene.
Davvero»
risponde Christal con le lacrime agli occhi. Sembra che le lotte siano
terminate.
Siamo tutti sconvolti. Le
armi dovevano essere smussate, non dovevano essere pericolose e vere. E
allora
perché Sakìa e Douce non si muovono?
Perché la testa di Rudy è orrendamente
staccata dal suo corpo?
Anche Paban e Dick si
stanno avvicinando a noi, così come i ragazzi del tre che
stanno piangendo
straziati. Sento gemere e lamentarsi le ragazze del cinque e del sette,
inginocchiate insieme a consolarsi, poco distanti da noi.
«E' colpa tua!
È solo
colpa tua!» sbraita Owen correndo verso di me. Lo guardo
stranita, con ancora
gli occhi velati dalle lacrime. Non capisco cosa voglia dire.
In quel momento, la mia
attenzione viene attirata dalla ragazza del cinque e quella del sette
che si
alzano e aprono decise il taschino sulla spalla destra ed estraggono
all'unisono i drappi bianchi, decise a evadere da questo girone
infernale.
Vedo anche Shae e il suo
compagno del tre guardare le due ragazze e aprire gli stessi taschini
per
estrarre a loro volta il drappo.
Li osservo come se fossi
al di fuori del mio corpo. La testa di Rudy mi sta ancora guardando e
sembra
che mi sussurri “Fallo anche tu... vattene via... fallo anche
tu” e non posso
essere più d'accordo.
La mia mano tremante si
avvicina alla spalla destra e ogni cellula del mio corpo è
tesa a fuggire da
questo posto. Non potrò mai scordare l'orrore di queste
ore... minuti...
secondi di sangue.
Guardo attentamente le
mani delle ragazze che si sollevano verso il cielo. Non c'è
neanche un filo di
vento e il fazzoletto rimane rigido lungo il braccio, sino a quando,
incredibilmente, i pezzi di stoffa bianchi si sollevano, pur
persistendo
l'assoluto immobilismo dell'aria. Non appena la punta del drappo
è
perfettamente verticale in linea con il braccio alzato, una scarica
elettrica,
come una freccia appuntita e fatale, colpisce ciascuna delle ragazze.
Il fazzoletto funge da
conduttore e la corrente trapassa i corpi, friggendo le cellule e
uccidendo le
due candidate.
I corpi cadono rigidi a
terra, scossi dagli ultimi spasmi. Nell'aria si spande una ripugnante
puzza di
carne umana bruciata.
I candidati del tre
rimangono interdetti e spaventati guardando i due corpi delle
candidate, ma
ormai hanno già alzato i drappi al cielo.
«Shae!
Gettalo!» urla
Paban, correndo verso la ragazza. Dick lo segue con urgenza e urla
anche al
ragazzo di lasciare andare il pezzo di stoffa. Purtroppo il candidato
del tre
si trova già perpendicolare al braccio e prima del mio
compagno arriva il
fulmine che scaglia il ragazzo a cinque metri di distanza. Bruciato.
«Shae!
Gettalo!» ripete
Bor, spaventato. La ragazza del distretto tre scoppia nuovamente a
piangere.
«Non riesco. Ho il braccio bloccato! Vi prego! Fate
qualcosa!» implora mentre
il suo viso è una maschera di terrore.
Paban si getta contro di
lei e cerca di piegare il braccio alzato. Vedo che gonfia i muscoli ma,
nonostante tutto, l'arto della candidata rimane stoicamente dritto.
Anche Dick
si aggrappa al braccio della ragazza, mettendoci una forza tale che un
normale
corpo sarebbe stato spezzato. Nessun risultato.
Il drappo si sta mettendo
in verticale. Tra pochi istanti arriverà la scarica
elettrica che segnerà la
fine della vita di un altro candidato.
«Paban... Dick...
toglietevi. Rischiate di rimanere fulminati anche voi» pigola
Shae tra le
lacrime, rassegnata a morire tra pochi secondi.
Il fazzoletto bianco è
quasi allo zenit e sia Paban che Dick si sono allontanati per evitare
di
ricevere la scossa anche loro. Il candidato del quattro ha il viso
coperto di
sangue e polvere e non si riesce a distinguere la sua espressione. Il
mio
compagno ha lo stesso strato di sporco, rigato dalle lacrime che
scendono
copiose sulle guance.
Raccolgo nuovamente il mio
arco. Voglio fare un ultimo disperato tentativo. Svelta prendo la mira
e scocco
una freccia verso il quadrato bianco che spicca nella piazza. Ho mirato
alla
base, vicinissimo alle dita. Spero che funzioni.
Il mio dardo non perdona e
colpisce e trapassa con precisione. Grazie alla forza di spinta, la mia
freccia
trascina nella sua corsa il drappo bianco, facendolo atterrare a circa
quattro
metri distante da Shae, staccandolo dalla sua mano. In quell'istante
arriva il
fulmine e la scossa carbonizza la stoffa, lasciandola floscia ed
annerita, come
una mantella a coprire la mia freccia. Lei è salva.
La candidata del distretto
tre cade in ginocchio, e scoppia in lacrime mentre ripete continuamente
«Grazie... grazie...». Il più vicino a
lei è Dick e Shae si getta letteralmente
tra le sue braccia, mendicando un abbraccio e un sostegno.
«Va bene. Stai bene. Non
piangere.
Stai bene» mormora imbarazzato il mio compagno, stupito di
questa scena, non
sapendo come comportarsi.
In tutto questo periodo,
Owen è rimasto accanto a noi e ricomincia a urlare,
riempiendo la sua voce di
odio. «Chyna, è tutta colpa tua!»
sbraita indicandomi.
Siamo tutti scioccati da
quanto accaduto. Forse lui non ha ancora realizzato pienamente i fatti.
«Gli istruttori me
l'hanno
detto, ma io non ci credevo! È tutta colpa tua!»
continua a urlare
avvicinandosi minaccioso.
Come può accusarmi di
questo?
Non ho messo io le armi vere nella cornucopia. Non ho ucciso io i
candidati nel
bagno di sangue. Tra l'altro, non ho più visto Alicia da
quando sono finiti i
sessanta secondi. Spero che sia fuggita subito, addentrandosi nella
giungla,
lontana da questo inferno di sangue.
«Tu volevi
ucciderci!»
grida più forte, con gli occhi spiritati e accesi. Brandisce
la spada alzandola
verso il cielo come una mazza da abbattere sulla mia testa.
“Colpiscimi. Finisci le
mie pene e il mio terrore” chiede la mia mente, incapace di
formulare altro
pensiero se non la voglia di fuggire, in qualunque modo, anche morendo.
Bor si alza e si frappone
tra lui e me, che sono ancora di nuovo appoggiata a Christal.
«Owen! Non dire
sciocchezze!» urla il candidato del distretto undici.
«Le armi dovevano essere
smussate e non dovevano essere vere. Non dovevano uccidere! Credi che
lei abbia
potuto sostituirle?». È una domanda retorica. Non
posso averlo fatto, non avrei
gli agganci e le possibilità. È una idea
semplicemente assurda.
«E' stata lei, io lo
so!»
continua a dire ostinato. «E' stata lei!». Ormai
è rosso in viso e
l'espressione stravolta dall'odio e dalla furia cieca.
All'improvviso prende una
decisione. Noto la determinazione nel suo sguardo. Sono sicura che
vuole
colpirmi ma c'è il candidato dell'undici che si interpone
tra noi due. Owen
alza di nuovo la spada e la spinge nel corpo di Bor, infilzandogli il
torace e
schizzando sangue.
Bor cade in ginocchio,
guardando stupito il suo ventre e poi Owen. Io urlo più
forte di prima.
Christal urla più forte di prima. Dick, Paban e Shae
gridano, ma è Owen che
lancia il gemito più straziato, inarcando la schiena e
mostrando la punta della
spada che spunta dal suo petto trafitto e sputando un fiotto di sangue.
Dietro le sue spalle, Thabo,
con occhi pieni di odio e determinazione, spinge forte l'arma sino a
strappare
al giovane candidato di Capitol City il suo ultimo respiro.
«Basta morti... basta
morti... basta morti...» ripete il moro estraendo la spada e
infilandola
nuovamente nel corpo di Owen. E ancora. E ancora. Sino a quando Paban
non lo
abbraccia impedendogli di continuare e Thabo ricomincia a piangere a
dirotto.
Accanto a me, Christal
stringe spasmodica un Bor morente, cercando di trattenere la sua anima
con la
sola forza delle mani e della sua disperazione.
«Andrà tutto
bene... Bor,
non morire... ti prego... non morire...» continua a ripetere
mentre piange sul
viso del suo compagno.
«Christal... tesoro, non
piangere» mormora lui con grande sforzo, cercando il suo viso
con la mano.
«Voglio che tu... sappia una cosa...» deglutisce
con fatica «Io... ti amo.
Voglio che tu viva... che sia felice... am... o... re...».
Bor lascia andare l'ultimo
respiro tra le braccia tremanti di Christal e chiude gli occhi per
sempre.
Piango silenziosa, per la
perdita che mi fa più male di tutte sino a questo momento.
L'urlo straziato e
isterico di Christal, sovrasta tutti gli altri gemiti. Stiamo piangendo
tutti
ma è lei la più distrutta.
«Christal,
lascialo» dice
gentilmente Shae, cercando di staccare le dita della ragazza dalla
giacca di
Bor.
«No... no... lui ha detto
di amarmi... dobbiamo stare insieme... non voglio
lasciarlo...» farnetica
ostinata. Shae e Paban riescono a staccare Christal dal corpo senza
vita del
suo compagno e a trascinarla di qualche passo lontano da lui.
Distrattamente mi rendo
conto che anche io sono aiutata ad alzarmi da Dick e vengo gentilmente
spostata
verso gli altri, più distante rispetto a quel campo di
battaglia disseminato di
morti.
«No!».
All'improvviso
Christal si divincola dalle mani dei due candidati ed estrae il drappo
bianco
sventolandolo immediatamente in alto e correndo ad inginocchiarsi
accanto a
Bor. Piange quando gli sfiora le labbra in un primo, ultimo bacio.
Piange
quando sussurra «Sto arrivando da te». Piange
quando alza il viso mentre il
fulmine la colpisce e la fa ricadere esanime sul corpo del suo compagno
e
amore. Piange ma sul suo volto contratto, aleggia un'ombra di sorriso.
Tutto si svolge talmente
in fretta che nessuno di noi ha il tempo di reagire ed impedirle di
suicidarsi.
Sbarro gli occhi per un
attimo, pietrificata dal terrore di quello che sto vedendo e cerco di
capire.
Di far entrare nel mio cervello tutto quello che è successo
sino ad ora.
I ragazzi del sei e del
cinque sono morti. Le ragazze del sette e del nove sono morte. Douce,
Sakìa,
Rudy... Bor è morto per difendermi, Owen è morto
perché voleva uccidere,
Christal è morta perché non voleva sopravvivere
al suo compagno... E' morta per
colpa mia. Bor è morto per colpa mia. Owen aveva ragione.
«Aveva ragione»
mormoro
con gli occhi sbarrati. Nessuno mi ascolta, traumatizzati come me e
occupati a
guardarsi intorno. «Aveva ragione» dico
più forte.
«Cosa, Chyna?»
domanda
gentile Dick guardandomi curioso.
«Owen. Aveva ragione.
È
colpa mia» dico ancora più forte.
Paban si volta verso di me
e aggrotta le sopracciglia «No. Non è colpa tua.
La colpa è degli strateghi che
hanno messo armi vere. Che ci hanno isolati e ci hanno convinti ad
alimentare
un odio cieco tra di noi. Tu non centri niente» afferma con
veemenza, ma io non
so sento.
Continuo a scuotere la
testa che mi sta per scoppiare. Vorrei morire. Vorrei fuggire da questo
incubo.
«Aveva ragione»
urlo
acutissima, riversando di nuovo le lacrime sul viso.
Dick tenta di abbracciarmi
per consolarmi e Paban si avvicina, ma questa volta sono più
veloce e mi volto
verso la giungla. Non mi rendo neanche conto che ho ancora l'arco in
mano e lo
spadino alla cintura. La faretra mi sbatte sulla schiena mentre inizio
a
correre come se avessi una fiera alle calcagna.
Corro e piango. I miei
occhi sono velati e non riesco a vedere chiaramente dove mi sto
dirigendo.
Piango e grido il mio dolore per tutte quelle vite spezzate.
Sento Dick e Paban che mi
richiamano, mi dicono di tornare indietro ma io non voglio. Devo
assolutamente
allontanarmi da quel sangue. Da quell'orrore. Da quelle morti.
Non ho idea di quanto
corro. Continuo sino a quando i muscoli mi fanno talmente male da non
riuscire
più a sostenermi. Continuo sino a quando il cuore sta per
scoppiare e mi impedisce
di fare un passo in più.
Mi accascio sulle radici
di un albero e urlo. Mi fa male la gola ma continuo a urlare. Grido
straziata e
piango. Piango, urlo e mi rannicchio a terra, con le ginocchia al
petto. La
testa tra le mani. Tiro ciocche di capelli con le dita. E intanto urlo.
Dondolo
sulla mia posizione e urlo. Accanto a me ci sono l’arco, la
faretra e lo
spadino coperti di sangue. Gli alberi mi circondano e mi offrono il
loro
riparo. Ma nessuno mi può riparare e proteggere da quello
che ho visto. Dal
sangue che ho visto… urlo e piango. Piango finché
non ho più lacrime, urlo
finché non ho più voce, dondolo finché
le forze mi abbandonano e la mia mente
diventa completamente buia.
Finalmente non sento più
nulla. Forse sono morta anche io.
Un
colpo di cannone mi
sveglia di soprassalto. Mi siedo intontita, con un gran dolore alle
tempie e
frego le mani sulla faccia distrutta. Un altro colpo di cannone e a
breve
distanza un'altro. I colpi si susseguono. Provo a contarli... uno...
due...
tre... quattro... cinque... sei... sette... otto... nove... dieci...
undici...
dodici... tredici... ma avevo saltato anche quelli dell'inizio.
Quindici
o sedici colpi.
Quindici o sedici vite. Quindici o sedici ragazzi come me, con tutta la
vita
davanti, con i loro pregi e i loro difetti che sono stati spezzati,
uccisi,
annientati da questo gioco terrificante.
Ora
capisco mia madre e mio
padre, quando guardano con l'occhio vitreo senza vedere nessuno, quando
urlano
nella notte, quando tremano. Anche io vedo quello che adesso non
è davanti a
me. Anche io adesso vedo la testa di Rudy, i suoi occhi che mi
guardano, i suoi
occhi dove non c'è più vita. Anche io adesso vedo
Christal che alza il drappo
bianco e si accascia sul corpo senza vita di Bor.
È
un gioco orribile. Questi
erano gli Hunger Games della Violenza. Questi erano i giochi di
più di trenta
anni fa. Perché oggi è successo tutto questo?
Perché tanti ragazzi sono morti?
Perché?
Sto
tremando. Mi stringo le
braccia al petto, più forte. Morirò? Anche io
verrò uccisa come gli altri
candidati? Oppure cadrò in qualche trappola predisposta
dagli strateghi?
A
questo punto mi aspetto di
tutto.
Chissà
se mia madre ha visto
quanto è successo nell'arena? Avrà avuto paura
per me? Si sarà meravigliata
come tutta Panem per questa violenza inaudita? Sarà
inorridita per tutto quel
sangue e quelle giovani vite spezzate?
Come
avranno reagito i miei
genitori? E gli altri mentori? E Jayson?
Io
volevo solo tornare a casa
e ora lo voglio ancora di più e non posso usare il
fazzoletto bianco. È stato
crudelissimo sostituire un innocuo pezzo di stoffa in una macchina
mortale come
quella che abbiamo visto.
Ci
troviamo con l'impedimento
di fatto di poter uscire volontariamente dall'arena. Ci vogliono chiusi
qui
dentro ad ucciderci come ratti.
Di
chi mi posso fidare? Chi
non vuole uccidermi? Saranno tutti come Owen? Oppure potrò
trovare qualcuno dei
sopravvissuti? Chissà dov'è finita Alicia? Spero
davvero che stia bene. Deve
essere fuggita subito dopo il conto alla rovescia e non si è
avventurata alla
cornucopia.
Invece
Rainer, Ilixo, Iraida,
Nazig e Brieg sono fuggiti prima di vedere i drappi bianchi. Non sanno
che non
si può uscire dall'arena con quel metodo. Anche se dubito
che loro vogliano
avvalersene. Sono più i tipi che lottano per vincere, anche
a costo di uccidere
gli altri nel vero senso della parola.
Guardo
lo spadino che è
appoggiato a terra e sfioro il sangue rappreso sulla lama. Di chi
è questo
sangue? Chi lo ha schizzato sino a me? Sarà il sangue di
Bor? Di Owen? O di
Rudy?
Che
fine faranno i corpi dei
candidati morti? Come reagiranno i distretti di fronte a questa
barbarie?
Trent'anni fa è scoppiata una rivolta che ha portato alla
deposizione del
presidente Snow e a un nuovo tipo di governo più umano.
Perché questo cambio di
direzione? Cosa si vuole ottenere da tutto questo sangue?
Mi
immagino il distretto
undici, attorno alle famiglie di Christal e Bor mentre piangono i loro
ragazzi,
composti nelle bare di legno grezzo. Quali sentimenti di vendetta
albergheranno
negli animi di tutta Panem? E verso chi sarà indirizzato
questo odio?
Mi
sento svuotata.
Stanchissima. Ma non riesco a chiudere di nuovo gli occhi. Posso
fidarmi a
dormire qui sulla terra? Posso essere sicura che non arriveranno belve
feroci,
ibridi a sbranarmi? Oppure i candidati assetati di sangue come Rainer?
Iraida
sarebbe ben felice di porre fine ai miei pensieri in modo definitivo.
La
luce si sta affievolendo,
sta facendo notte e con il buio si stanno svegliano nuovi rumori nella
giungla.
Rimpiango
di non aver avuto
lo spirito di prendere uno zaino. Dentro avrei potuto trovare quanto
necessitava per passare una notte più confortevole che non
la dura terra.
Avrei
dovuto rimanere con
Dick. Lui mi avrebbe protetta, ne sono sicura.
Ci
sono troppi rimpianti per
non apparire ridicola. Non sono una bambina e se ho fatto alcune
scelte, come
scappare, devo accettarne le conseguenze, come aver freddo la notte.
Secondo
i racconti del papà e
come funzionava negli altri Hunger Games della Pace, tra poco
farà totalmente
buio e in cielo verrà proiettato lo scudo di Panem e le
immagini dei candidati
usciti dal gioco sino a questo momento. “Usciti dal
gioco” penso ironica “Che
definizione simpatica per identificare un morto”.
Non
riesco ancora a
capacitarmi. Le armi erano vere e noi ci siamo uccisi a vicenda, poi
per
fuggire all'arena ci siamo affidati al drappo bianco e siamo rimasti
fulminati.
Perché le armi erano vere? Perché i drappi erano
manomessi? Contro chi, i miei
compagni di giochi, devono gridare vendetta? Chi si porta sulla
coscienza tutte
quelle giovani vite?
Decido
di salire sull'albero
per poter vedere chi ci è rimasto alla cornucopia. In
realtà non ho bisogno di
guardare le loro immagini. I loro volti sono stampati nella mia mente e
nel mio
cuore. Mi verranno a cercare nei sogni, ogni qual volta
proverò il sollievo di
un sonno tranquillo. Ne sono sicura. Eppure ne ho bisogno. È
come cercare il
dolore perverso. Come cauterizzare una ferita con la fiamma viva
direttamente
sul sangue e sui nervi. È cercare il dolore per provare di
essere ancora viva
per poter soffrire ancora di più.
Ogni
volto che vedrò, anche
il meno famigliare, sarà una pugnalata al cuore. E una
lacrima agli occhi.
Salgo
velocemente sull'albero
e riesco a vedere il simbolo di Panem in uno spazio tra due rami
frondosi.
Dagli autoparlanti, parte l'inno di stato e poi iniziano le immagini
dei
candidati morti al bagno di sangue.
Si
parte con Owen di Capitol
City e si passa alla ragazza dell'uno e al ragazzo del due.
Tiro
un sospiro di sollievo
quando mi accorgo che non c'è Alicia. Lei è salva!
Compare
l'immagine del
ragazzo del tre che ho visto fulminato, prima della mia fuga. I ragazzi
del
cinque e del sei e la compagna di Brieg del sette. Il volto bellissimo
di Douce
illumina la volta celeste e mi si stringe lo stomaco mentre un
singhiozzo
sfugge dalle mie labbra.
Le
ragazze del nove e del
dieci. La dolcissima Christal e il suo adorato Bor. La dura
Sakìa, tanto
disciplinata, e il chiassoso Rudy, così fuori le righe.
Sono
sedici. Sedici vite
stroncate nel fiore degli anni senza neanche sapere il
perché.
Almeno,
trenta anni fa, si
sapeva che chi entrava nell'arena aveva altissime
probabilità di morire. Oggi
non è così. Non doveva essere così!
Sto
per iniziare a scendere
quando una voce mi blocca e mi fa tremare dalla paura.
«Chyna!
Dove sei?». Non sono
sicura di riconoscere la voce, non sono certa di avere tutte le
facoltà.
Chi
sarà? Amico o nemico?
---ooOoo---
Angolino
mio:
siamo
alla fine del
capitolo. spero di aver comunicato quella tensione e quella
intensità che gli è
dovuta visti gli eventi.
Buona
parte del capitolo è
il ricordo, visto sempre da Chyna. Bisogna tenere presente che, sebbene
sia
distante, non ha visto proprio tutto (infatti si accorge che non
c’è Alicia ben
dopo il bagno di sangue). Inoltre bisogna ricordare che le armi erano
smussate
e loro facevano i duelli con la sicurezza di non ferire. Adesso si
ritrovano
dei morti tra le mani ma visto che le lotte si sono svolte in
contemporanea tra
più ragazzi, ci sono state parecchie vittime prima di
accorgersi che si moriva
davvero.
Anche
il drappo bianco è
stato un brutto colpo! Qui c’è proprio la
volontà di tornare alla violenza
degli Hunger Games. Provate a formulare delle ipotesi sul
perché!
Riassumendo,
su 28
candidati, ne sono sopravvissuti 12. mi
mancheranno Bor e Christal, erano i miei preferiti ma
volevo una scena di pazzia e dolore totale per loro due e con Owen e
Thabo è
stata davvero perfetta (a parte i decessi).
Adesso
vi lascio un
piccolo assaggio del prossimo capitolo:
… «Può
darsi. Ora come ora sono più preoccupato delle trappole che
possono aver
disseminato nell’arena. Dovremo stare molto attenti. Credo
che adesso sia il
pericolo maggiore».
«Più
di Rainer e Nazig?»
chiedo.
«Sì,
più di loro» conferma
lui…
E
vi dico che il prossimo
personaggio dei banner sarà…
l’antipatica per antonomasia: IRAIDA.
Alla
prossima settimana
(tenete sempre presente il venerdì o il giorno prima)
Grazie
per l’attenzione
baciotti
|
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Capitolo 14 *** la notte ***
Ragazzi!
Benvenuti al
nuovo capitolo degli Hunger Games della Pace! Dove di pace se ne trova
molto
poca a dire il vero.
Ecco
perché questo
capitolo è la calma dopo la tempesta. Un tocco romantico nel
dramma che stanno
vivendo i candidati.
Ringrazio
coloro che hanno
inserito questa storia nei preferiti, ricordati e seguiti e coloro che
hanno
recensito facendomi sapere impressioni e dubbi. A tal proposito vi
esorto a
scrivermi le vostre idee riguardo alla vera ragione di questa svolta
violenta
negli Hunger Games.
Non
ultima ringrazio
Elenri (Teresa) per i banner stupendi! Oggi dovevo postare
l’antipatica del 4,
ma ho ricevuto delle immagini nuove e mi sono trovata tra le mani un
ragazzo
già deceduto ma che è troppo carino per
ignorarlo. Ecco a voi RUDY, il povero ragazzino
chiacchierone del distretto 13, decapitato nel bagno di sangue alla
cornucopia.
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Chyna!
Dove sei?» la voce si
ripete, sempre più vicina.
È
famigliare. È amica. Decido
che è amica, e se così non fosse mi sentirei
comunque sollevata nell’aver
anticipato la mia fine e la mia agonia.
Scendo
attenta a non cadere.
Appena i miei piedi toccano terra, sento scricchiolare le foglie alle
mie
spalle e mi volto armando contemporaneamente l’arco,
puntandolo verso il nuovo
arrivato.
Istinto
di conservazione.
Troppo grande per permettere di farmi uccidere passivamente. Almeno ora
so che
voglio vivere.
«Chyna,
finalmente… sono io!»
esclama. Tiro un sospiro di sollievo. L’ho riconosciuto.
È Paban.
Dovrei
ordinare alle mie braccia
di abbassare l’arco, ma non ci riesco. Non so
perché ma non riesco a toglierlo
da sotto tiro.
Lui
alza le braccia mostrando
i palmi liberi da armi, dopo aver lasciato cadere a terra il suo
tridente.
«Chyna…
guardami… non voglio
farti del male… guardami, sono io. Paban». Avanza
lentamente, parla con calma,
sottovoce. Si comporta come se io fossi un cane feroce da addomesticare.
Perché
mi tratta così?
Per
l’arco? Non voglio tirare
contro di lui. Non voglio fargli del male. A nessuno di loro voglio
fare del
male. Eppure non riesco ad abbassare la freccia.
Paban
scivola calmo. Passo
dopo passo arriva vicino a me. Allunga una mano e mi sfiora il braccio.
È come
essere attraversata da un’onda calda. È
avvolgente. È sicuro.
In
quel momento sbatto gli occhi
come se mi risvegliassi da un sogno e lascio cadere a terra il mio arco
mentre
mi lancio al suo petto, facendomi avvolgere dalle sue braccia.
«Chyna,
stai bene?» domanda
tra un bacio e l’altro che mi da sui capelli mentre mi
carezza la schiena.
«Sì»
mormoro solo. Ho parlato
piano ma lui mi ha sentita lo stesso.
«Sono
ore che ti cerco. Ero
terrorizzato che ti fosse successo qualcosa» dice stringendo
più forte il mio
corpo al suo. Sembra quasi che voglia inglobarmi nel suo torace, per
proteggermi meglio.
Perché
è così che mi sento
adesso: protetta. Penso che se arrivasse un pericolo, Paban mi
difenderebbe con
tutto sé stesso.
«Ero
sconvolta è non ho
pensato a niente. Sono solo scappata» mi giustifico. Non che
importi molto
adesso. Mi dispiace davvero che si sia preoccupato e sono felice che
sia venuto
a cercarmi.
Appena
ritiene che mi sia
calmata abbastanza, si stacca da me. Lentamente.
«Vieni.
Ho visto un riparo
poco lontano da qui, mentre ti cercavo. È una specie di
stanza con un tetto
parziale. Doveva essere una città questo posto, prima che la
foresta se ne
impadronisse» dice. Mi prende per mano con decisione, dopo
che io ho raccolto
il mio arco e ho rimesso la freccia nella faretra appesa alla schiena.
Lui
recupera il suo tridente.
Solo
allora mi accorgo del
grosso zaino che porta sulla schiena.
«Gli
altri?» chiedo dopo
alcuni passi.
«Siamo
solo Dick, Shae, Thabo
e io. Li ho lasciati poco distanti dalla cornucopia. Torneremo da loro
appena
sarà giorno» dichiara con un filo di voce. Sa che
il mio pensiero va a quelli
che non ci sono più.
«Non
sarà pericoloso? Gli
altri potrebbero tornare per prendere dei viveri» obbietto
preoccupata per
loro. Lui scuote la testa.
«No.
Sono al riparo e ho
spiegato dettagliatamente a Dick come comportarsi. Ti assicuro che
nessuno dei
tre è uno da sottovalutare. Anche Thabo ha più
coraggio di quanto dimostrato
durante gli allenamenti. Staranno bene. Fidati». Cerca di
tranquillizzarmi ed
io non posso fare altrimenti se non credergli e sperare che abbia
ragione.
Facciamo
il resto della
percorso in silenzio. Paban mi precede di qualche passo ma non stento a
seguire
la sua stessa velocità. Ha fretta di arrivare al rifugio e
anche io.
Dopo
circa venti minuti di
marcia, arriviamo a un muro di foglie verdi che ci sbarra il passaggio.
Paban
solleva un lembo di viticci e fronde e scopre una specie di buco in una
parete
di pietra. Senza esitare si infila dentro e tiene questa specie di
tenda alzata
per farmi passare.
Dentro
è una specie di stanza
quadrata, con un soffitto quasi completo, se non si conta un enorme
buco lungo
il lato opposto alla porta.
«Vieni,
aiutami» ordina,
togliendosi lo zaino dalle spalle ed aprendolo. Da lì estrae
un sacco a pelo ,
un telo sottile di nylon e una
coperta.
Lo aiuto a stendere il telo sul pavimento umido, dopo aver eliminato
tutte le
pietre dal fondo. Sopra il telo mettiamo il sacco a pelo e sopra la
coperta.
Senza
dire una sola parola,
tira fuori anche due mele e due strisce di carne secca che dispone
sulla
coperta.
«Avanti,
mangia» dice prima
di addentare la sua parte di carne.
Solo
in quel momento mi
accorgo di non aver mangiato nulla da questa mattina. La colazione mi
era
sembrata esagerata ma ora devo solo ringraziare per
l’abbondanza se non ho
sofferto i crampi dalla fame durante la giornata.
«Grazie»
dico col cuore e lui
mi sorride.
La
nostra cena frugale
termina dopo pochi minuti.
«Adesso
andiamo a dormire.
Sono davvero esausto» si lamenta, infilandosi dentro il sacco
a pelo e
portandosi dietro la coperta.
«Non
dovremmo fare la
guardia? Per evitare attacchi». Fuori non sappiamo quello che
c’è e rischiamo
di essere un bersaglio troppo facile questa notte.
«No.
Questa stanza è
mimetizzata benissimo e non credo che gli altri vogliano ancora
uccidere per
oggi. Non prima di aver capito cosa sta succedendo, almeno. Credo che
questa
sarà una delle poche notti tranquille» risponde
Paban sbadigliando. «Dai, vieni
qui, così non avrai freddo».
Non
è la prima volta che
dormo accanto a lui, ma questa mi sembra decisamente più
intima rispetto alle
precedenti situazioni. Però ha ragione. Sento freddo.
Decido
che per questa notte
dormirò con lui e scivolo dentro il sacco. Subito mi
circonda le spalle con un
braccio ed io appoggio la testa sul suo petto, sospirando soddisfatta.
Mi
sento bene qui. Trovo strano
anche solo pensarlo dopo tutto quello che è successo oggi,
ma qui sto bene.
In
pochi istanti ci
addormentiamo, fiduciosi e incoscienti dei pericoli che potremmo
correre.
«Chyna,
Chyna, stai bene?» è
la voce di Christal che sta urlando «Le armi sono vere!
Uccidono!».
«Le
armi sono vere…» ripeto
piano, sconvolta da questa realtà.
Vedo
Douce cadere sulle
pietre, con gli occhi sbarrati. Era così bella…
«No!
Rudy!» urlo mentre la
sua testa rotola ai miei piedi. Anche Christal urla e grida ancora
più forte quando
Owen infilza Bor con una spada.
«No!
Bor, io ti amo!». Lo
abbraccia e tenta di fermare il sangue.
«Shae,
gettalo!» sento Paban
che urla alla candidata del tre di lasciare il fazzoletto bianco che
porta la
morte ed io prendo l’arco e scocco una freccia appena prima
che venga colpita
dal fulmine. Ma sbaglio la mira e colpisco Christal che sta ancora
piangendo
Bor. Il fulmine arriva e li avvolge tra le fiamme.
«E’
colpa tua! È solo colpa
tua!» urla Owen al mio indirizzo.
«Chyna…
Chyna…». Owen
artiglia la mia spalla e la scuote violentemente.
«Chyna…
Chyna, svegliati».
Owen continua a scuotere la mia spalla… la sua voce sta
diventando più roca,
meno acuta.
«Chyna…
tesoro… svegliati, ti
prego». Paban. Questa è la sua voce.
“Svegliati” sta dicendo svegliati e so che
devo ascoltarlo attentamente e ubbidire. Sento che ha ragione.
Lentamente
apro gli occhi.
Stavo solo sognando, ma era così reale…
Il
volto di Paban è accanto
al mio, che mi scruta nell’ombra. È ancora notte,
si sente solo il frusciare dei
rami e i versi dei gufi. Ho il cuore gonfio di paura e mi getto tra le
sue
braccia per farmi stringere più forte e farmi sentire con i
piedi per terra.
Tutto torna alla realtà. In questo momento di
realtà, dove non ci sono sangue e
teste mozzate.
Sento
che mi carezza
dolcemente i capelli e mi da alcuni piccoli baci sulla fronte.
È tutto molto
lieve e delicato. «Vuoi parlarmene? Del sogno?».
Scuoto la testa velocemente.
Cosa dovrei dirgli? Che ho sognato i nostri compagni morti? Il sangue
che ho
visto poche ore fa, scorrere e imbrattare tutta la piazza della
cornucopia? A
che pro? C’era anche lui, ha visto tutto l’orrore
che ho visto io!
«Domani
mattina torneremo
dagli altri. Shae sarà molto felice di vederti. Voleva
ringraziarti per averle
salvato la vita. Sei stata magnifica» dice costringendomi di
nuovo ad
appoggiare la testa sul suo petto.
«Ho
salvato Shae? Davvero?»
chiedo atona.
Davvero
sono stata così
coraggiosa da salvare qualcuno? E perché allora non ho
potuto salvare Christal?
Perché ho permesso a Bor di mettersi tra me e Owen? Non sono
magnifica! Sono
una disgrazia. Perché io sono viva e gli altri sono morti?
Che senso ha questa
cosa?
Ricomincio
a singhiozzare
sulla maglia di Paban e lui mi stringe più forte.
«Non
piangere, Chyna. Non
permetterò che ti facciano del male, non aver paura.
L’ho promesso a tua madre
che ti avrei protetta ed io mantengo sempre le promesse…
schhh… non piangere»
mormora.
Davvero
mi sento bene qui tra
le sue braccia. È consolante e protettivo. A poco a poco mi
calmo. Credo di non
aver mai pianto tanto come da quando sono cominciati questi Hunger
Games della
Pace. I miei nervi non potrebbero essere più scossi.
I
miei genitori avevano una
vaga idea di quello che li aspettava dentro l’arena. Io no.
Non dovevano
esserci dei morti. Non doveva scorrere sangue.
Quando
ritengo che sia
passato abbastanza tempo per evitare che mi venga un’altra
crisi isterica,
formulo la domanda che mi ha tormentato da quando è finito
il conto alla
rovescia.
«Cosa
è successo? Cosa è
successo secondo te?».
Mi
risponde un sospiro
profondo. «Non ne ho idea. Tutti noi eravamo convinti che le
armi fossero
quelle innocue dei duelli. Ti assicuro che quando mi sono trovato a
difendermi
e poi a colpire non pensavo di… uccidere». Finisce
la frase in un gemito
disperato. «Chyna, ti giuro, non sono un
assassino… non volevo uccidere…».
Adesso
sembra lui che abbia
bisogno di consolazione ed io non perdo tempo, abbracciandolo a mia
volta,
stringendolo per fargli sentire il mio supporto. «Lo so.
Paban, lo so che non
sei un assassino… hai anche rischiato la vita per Dick,
l’ho visto. E sei corso
ad aiutare Shae… non sei un assassino».
«Grazie»
sussurra «Dormiamo
ancora un poco. Saranno giornate lunghe quelle che verranno».
Un’altra
cosa mi preme di sapere,
anche se lui non può darmi una risposta.
«Cosa
credi che faranno
fuori?».
«Se
conosco bene Finnick, a
quest’ora starà setacciando tutta Capitol City per
trovare il modo per tirarci
fuori di qui» risponde in un sospiro.
«E
i miei genitori lo stesso»
appoggio io.
«Credo
che tutti i mentori
stiano cercando di salvarci. I distretti e Capitol City saranno
sconvolti da
questa violenza. Immagino che ci saranno già state
proteste».
Trattengo
il fiato,
atterrita. ‘Proteste?’, come rivolte?
«Credi
che centri il governo?
La Paylor?». Cosa può aver scatenato questa ondata
di violenza? Per quale
ragione l’anziana presidentessa ha deciso di scatenare questo
inferno? Rischia
la rivolta. Rischia la morte. Perché nessuno dei distretti
è disposto a subire
ancora le vittime degli Hunger Games e neanche la capitale credo che
intenda
offrire i suoi figli alla morte violenta dei vecchi giochi.
Perché
allora rischiare?
Questo è il suicidio politico del governo.
«Qualcuno
del governo deve
esserci di sicuro. Tutto questo non può essere frutto solo
degli strateghi.
Chiunque abbia ordito questo, quando finiranno questi giochi,
sarà sicuramente
messo sotto processo e probabilmente condannato a morte» dice
Paban.
Sono
d’accordo. Di sicuro chi
ha studiato tutto questo è stato per qualche piano
più grande che non il
gradimento o meno del pubblico a casa.
«Credi
che ci saranno
sponsor?».
«Ne
dubito fortemente. Se
vogliono fare in modo che ci ammazziamo l’un
l’altro non credo che i nostri
mentori si mettano a contrattare sui paracadute. Se arriverà
qualche cosa sarà
tutto da parte degli strateghi» conclude.
«L’ultima
settimana di
allenamento ho incontrato Jayson» confesso dopo un lungo
silenzio. Paban scatta
guardandomi in faccia, attendendo il resto delle mie parole.
«Mi
ha detto che lui e Vick
avevano trovato un amico del vecchio Plutarch che è molto
vicino al nuovo capo
stratega. Fenix ha detto che si chiama».
Paban
aggrotta la fronte «Sì,
ho capito di chi parli» dice.
«Questo
Fenix gli ha detto
che c’è un uomo del governo che è a
stretto contatto con il capo degli
strateghi. Magari è questo uomo che ha organizzato
tutto» ipotizzo.
«Può
darsi. Ora come ora sono
più preoccupato delle trappole che possono aver disseminato
nell’arena. Dovremo
stare molto attenti. Credo che adesso sia il pericolo
maggiore».
«Più
di Rainer e Nazig?»
chiedo.
«Sì,
più di loro» conferma
lui.
«Per
quanto riguarda me,
credo che il pericolo maggiore venga da Iraida» borbotto io
appoggiandomi di
nuovo al suo petto, anche per evitare che veda il rossore sulle guance.
In
effetti la mia battuta lo
fa ridacchiare. «Forse hai ragione… è
solo gelosa. Stai tranquilla, non le
permetterò di avvicinarsi a te». Lo dice con il
tono solenne della promessa ed
io annuisco sfregando la guancia sul suo torace e sbadiglio.
«Dormiamo
ancora un poco.
Sarà una giornata molto lunga domani».
Mi
mordo la lingua per
impedirmi di chiedere qualcosa del suo rapporto con l’altra
candidata del
distretto quattro. Vorrei sapere come stanno davvero le cose e cosa
prova per
lei, ma mi trattengo. Domani avrò tutto il tempo per sondare
il terreno.
Non
che lo voglia per me…
credo.
La
mattina dopo mi sento
carezzare la spalla e la schiena, in un movimento lento ed ipnotico.
È il gesto
che mi strappa lentamente dal sonno. Sembra come quando arriva
papà a
svegliarmi per annunciare la colazione. Quando sbatto gli occhi e alzo
leggermente la testa, vedo Paban che mi scruta sereno.
«Buongiorno,
dormigliona»
dice, poi sogghigna «Lo sai che sbavi quando dormi? Mi hai
bagnato tutta la
maglietta» e si mette a ridere, facendomi scattare imbronciata.
«Non
è vero! E se anche fosse
stavo sicuramente sognando qualche cosa di bellissimo»
ribatto concludendo poi
con una linguaccia degna di una bambina di due anni.
«Quindi
stavi sognando me!»
afferma sicuro.
«No».
«Sì».
«No».
«Sì».
«No».
«Chyna,
ti rendi conto che mi
sei ancora sdraiata sopra? Potrei anche avere reazioni
strane…» ride ancora più
forte, estremamente divertito dalla situazione. Ed io arrossisco, come
è ovvio.
E tiro un pugno al suo braccio, come è nel mio carattere.
Quando
lo sento gemere e
sbiancare dal dolore dovuto al mio gesto, mi preoccupo e, in quel
momento,
ricordo che, durante il bagno di sangue alla cornucopia è
stato ferito dal suo
avversario.
Devo
aver riaperto la ferita,
perché la maglia adesso è macchiata di sangue.
«Togliti
i vestiti e fammi
vedere il braccio» ordino, sgusciando fuori dal sacco a pelo
e aprendo lo zaino
per controllare se ci sono delle bende e qualche cosa per medicare.
Sono
fortunata a metà: le
bende ci sono, i medicamenti no. C’è
dell’acqua, almeno posso lavare il taglio.
Quando
mi volto verso Paban,
ha già tolto la maglia e posso vedere chiaramente il taglio
che gli attraversa
tutta la spalla, sino quasi al gomito. È sottile e pulito e
stilla qualche
goccia di sangue appena. Non è un taglio profondo ma credo
sia davvero
fastidioso.
Mi
torna in mente il
cespuglio che ho visto mentre arrivavamo al rifugio. Sono le
‘Foglie di Rue’
come la chiamano la mamma e la nonna. Le stesse foglie che la piccola
Rue mise
a mia madre per estrarre il veleno degli aghi inseguitori, nei vecchi
Hunger
Games. Toglieranno l’infezione e eventuale pus.
«Aspetta,
torno subito» dico
e, infilata di slancio la giacca, prendo l’arco e la faretra
e corro fuori,
prima che Paban riesca a fermarmi.
«Chyna!
Torna immediatamente
qui!» sento sbraitare con voce irritata.
Sbuffo.
Un po’ iperprotettivo
il ragazzo! Mica devo andare tanto distante. Ho visto quel cespuglio a
una
decina di metri e, se è vero che gli altri candidati sono
nascosti a capire
quello che è successo, non dovrei correre alcun pericolo.
Imbraccio
l’arco e incocco
una freccia per difendermi, mentre avanzo leggermente abbassata in
avanti,
pronta a gettarmi a terra. Posso anche essere fiduciosa, ma non sono
proprio
stupida.
Cammino
senza fare rumore,
come quando sono a caccia. Come mi ha insegnato la mamma.
Evito
le foglie secche e i
rametti, scavalco i piccoli sassi coperti di muschio e finalmente
arrivo al mio
obbiettivo. Le foglie verdi precise al disegno che aveva fatto mio
padre sul
libro di famiglia delle piante.
La
mamma si è raccomandata
tante volte di controllare bene prima di raccogliere una pianta,
perché, se
sbagli, difficilmente hai una seconda possibilità per
rimediare all’errore.
Osservo
bene sia sopra che
sotto, riconosco il colore verde oliva, la forma a cinque punte,
frastagliate,
la carnosità e i segmenti. È proprio la
‘Foglia di Rue’.
Ne
raccolgo una manciata e mi
volto per tornare indietro, quando scorgo Paban, a dorso nudo con in
mano il
tridente, che avanza contro di me a passo spedito.
«Non
ti azzardare ad allontanarti!
Mai più! Ti voglio avere sempre sotto gli occhi e a portata
di mano sino a
quando non saremo usciti da qui tutti interi. Mi sono spiegato?
C’è qualcosa
che non hai capito?». Non urla ma il suo tono è
quello delle grandi
arrabbiature. È furente. I suoi bellissimi occhi sono
gelidi. I suoi muscoli
sono contratti dallo sforzo di trattenersi. Probabilmente vorrebbe
mettermi le
mani addosso e impartirmi una sonora lezione.
«Paban…
non è il caso di
arrabbiarsi! Stavo già tornando» mi difendo.
«Ho
chiesto: cosa non hai
capito? Voglio essere sicuro che il concetto ti entri in
testa!». Ormai il suo
naso è a pochi centimetri dal mio.
«Ho
capito, ho capito»
borbotto girandogli intorno per superarlo e tornare al rifugio, ma
Paban è più
veloce e si sposta di nuovo davanti a me.
«Avrei
voglia di prenderti
sulle ginocchia e darti una bella sculacciata» sospira e
chiude gli occhi
«Oppure…» e lascia cadere il discorso
«Torniamo dentro. È pericoloso stare
fermi qui fuori».
Chissà
cosa voleva dire?
In
pochi istanti torniamo
alla camera nascosta e ci inginocchiamo sul sacco ancora steso. Mi
metto subito
all’opera, iniziando a masticare le foglie fino a trarne una
poltiglia
verdastra che applico sul suo taglio al braccio. Lui mi sta guardando,
vedo il
suo torace abbronzato, sollevarsi lento ad ogni respiro e un calore
famigliare,
quanto l’imbarazzo che sto provando adesso, mi si distende
sulla faccia.
Finisco di medicarlo e fascio la ferita con le bende che ho trovato
nello
zaino.
«Sono
salva dalla
sculacciata?» chiedo sorridente, cercando di alleviare la
tensione che sento.
«Per
ora… avrei voglia di
fare un’altra cosa…» mormora con lo
sguardo perso nel mio.
È
come se fossi ipnotizzata,
non riesco a distogliere gli occhi dai suoi.
«Cosa?» chiedo distrattamente.
«Voglio
un bacio» risponde
deciso ed io spalanco gli occhi nel momento in cui capisco
completamente la sua
richiesta. Buffo. Tutte le volte che mi ha baciato non ha mai chiesto.
E
adesso? Perché non si fa avanti direttamente, al posto di
domandare? E io
perché lo desidero così tanto? Potrei dirgli di
no, ma non ne ho la forza.
Voglio la sensazione che ho provato nel corridoio del dormitorio la
mattina
delle interviste. Il calore e l’entusiasmo.
«Fallo»
mormoro sottovoce, ma
è come se l’avessi urlato, perché lui
si muove fulmineo e mi abbraccia, poi mi
mette una mano sulla guancia e mi bacia dolcemente.
Le
sue labbra. Il suo calore
su di me, intorno a me. Le mie braccia, come se avessero vita propria,
si
avvolgono al suo collo, attirandolo ancora di più verso di
me.
Distrattamente
sento il
calore della coperta dietro la mia schiena ma sono troppo assorbita
dalle
sensazioni che sto provando per soffermarmi su qualcosa di
così insignificante.
Le
sue labbra sono morbide,
perfette. Si muovono dolcemente eppure con passione ed io sento
bruciare. Uno
strano fuoco che parte dal cuore e si propaga per tutto il corpo, come
un’onda
continua.
La
sua mano mi lascia la
guancia e si sposta lungo il collo, la spalla e poi il fianco,
insinuando la
punta delle dita sotto la maglietta. Sono calde, come la sua pelle
abbronzata
dal sole. Sa di sale e mare ed è forte.
Faccio
scorrere le mie mani
sulle spalle e parte della schiena, sfiorando i contorni dei muscoli
che
guizzano al mio passaggio. Potrei stare così per sempre e
nello stesso tempo
voglio di più.
Lo
sento gemere quando,
inavvertitamente, alzo il bacino a scontrarmi con il suo e mi blocco.
Mi stacco
dalla sua bocca e lo guardo preoccupata «Cosa
c’è? Ti sei fatto male?» lo
scruto.
Ha
il fiatone come me e lo
sguardo lucido, che cambia subito in divertito quando si mette a
ridacchiare,
per chissà cosa.
«Assolutamente
no, sto
benissimo» dice rimettendosi in ginocchio e sollevando anche
me prendendo il
mio braccio.
Mi
fisso a guardare il suo
torace, bellissimo, scolpito «Sei
cresciuto…» bisbiglio allungando una mano a
sfiorare i pettorali. In questi anni si è formato. Aveva
già un bel fisico
quattro anni fa, ma, da allora, la sua vita a pescare e a nuotare, ne
hanno
forgiato una forma assolutamente perfetta. Sorride con una piccola
smorfia tra
il dolce e il malizioso e anche lui allunga una mano.
«Oh,
anche tu sei cresciuta»
risponde sfiorando sfacciatamente il mio seno. Sobbalzo alla reazione
tesa del
mio corpo, come se volesse che la sua mano tornasse a toccare proprio
lì. E
arrossisco furiosamente. Di nuovo. Se continuo così
andrò incontro alla
combustione spontanea.
«Forza,
è ora di raggiungere
gli altri» dice iniziando a raccogliere il nostro
equipaggiamento e infilarlo
nello zaino.
Non
riesco più a trattenermi
e lascio che la mia bocca si apra senza alcun filtro «E
Iraida? È vero che
siete stati insieme?». Lui si blocca per un attimo e poi
continua a piegare il
sacco a pelo e il nylon per infilarli nello zaino.
«E’
stato due anni fa. Niente
di particolare. All’epoca era simpatica ed io ero
solo…» dice scrollando le
spalle.
«Tu
solo? Mi ricordo tutte le
ragazze che ti giravano attorno! Mi mandavi via per quelle!»
ribatto acida
mentre mi carico delle armi ed iniziamo la nostra marcia verso il resto
del
gruppo.
Ridacchia.
Lo odio quando fa
il superiore! «Sì, ricordo…»
fa guardando verso il cielo «Comunque non erano
niente di importante».
«Se
non erano “niente di
importante” perché eri così seccato
della mia compagnia?». Io vivevo per quelle
giornate alla spiaggia, dove mi insegnava a nuotare, dove mi ero
innamorata di
lui.
Si
blocca e quasi vado a
sbattere contro la sua schiena «Io non ero seccato dalla tua
compagnia. Mi
piaceva passare il tempo insieme a te».
«Allora
perché?». Lo guardo
negli occhi e mi sembra di vedere un lampo di dolore.
«Tu
eri troppo piccola. Lo
so, io non ero tanto più grande, ma ero un ragazzino con un
sacco di…» si passa
una mano tra i capelli, frustrato «Come posso dire? Di
voglie…» sbuffa «La
ragazza che volevo non potevo averla… e tu eri
così vicina… al mare con i
costumi. Non è mica facile per un ragazzo». Sbuffa
ancora più sonoramente. Lo
guardo perplessa.
Era
solo una questione di
ormoni? Di voglie da sfogare?
Ricominciamo
a camminare
nella giungla. Lui usa il mio spadino per tagliare le felci
più grosse per
passare, mentre io tengo in mano il suo tridente e l’arco.
«Quindi…
okay, ho capito. La
ragazza che ti piaceva? L’hai conquistata, dopo?».
Cerco di non sembrare così
curiosa come invece sento di essere. Vorrei tanto sapere chi
è questa tizia e
perché non poteva stare insieme a lei all’epoca.
«Forse…»
risponde e sento che
sta sorridendo, dal tono di voce.
«Le
stai ancora dietro? Dopo
tutti questi anni ti piace ancora?». Erano passati quattro
anni da allora. Se
il sentimento che nutrivo per Paban si era affievolito in me, avrebbe
dovuto
essere lo stesso anche per lui. È evidente che era davvero
preso da questa
ragazza per esserne ancora interessato.
Si
ferma di nuovo e mi guarda
serio. I suoi occhi. I suoi occhi stupendi, in questo momento sono
così
profondi e intensi da togliermi il fiato.
«Non
solo mi piace. Io sono
innamorato».
Il
mio cuore si stringe, come
se qualcuno avesse messo una mano nel petto e avesse avvolto e
stritolato il
mio centro, con dita gelide e cattive. «Oh» riesco
solo a dire. Sono delusa.
Tanto.
«Quindi,
perché non sei con
Iraida adesso?» chiedo dopo un attimo, cercando di sembrare
leggera nelle mie
affermazioni.
«Non
sono innamorato di
Iraida. Ho detto che siamo stati insieme, speravo di farmi passare la
cotta ma
non è stato così. Allora l’ho lasciata
e adesso non capisco perché lei si
ostini a dire che c’è qualche cosa tra noi. Era
almeno un anno che non parlavo
con lei, prima della mietitura».
Ha
ricominciato ad avanzare
nella giungla ed io mi sono posizionata dietro di lui.
Si
volta ancora una volta
verso di me «Non sono un santo. Ho avuto altre ragazze ma
nessuna che mi sia
rimasta dentro. Adesso sono sicuro più che mai di quello che
voglio e ti
assicuro che non è Iraida».
«Poverina»
mi concedo di
essere magnanima verso la sua compagna di distretto. Lei è
così persa per
Paban. Poi mi viene in mente una cosa. «Però
dovresti dirglielo che non sono io
quella che ti distoglie da lei. Mi odia senza motivo!».
Torniamo ad arrancare.
Il
sudore mi appiccica la
maglia addosso e ho già tolto la giacca fissandola in vita.
«Continuo
a dirti di non
preoccuparti di Iraida. Piuttosto… davvero hai visto Brieg
durante
l’isolamento?». La povera felce che sbarrava il
cammino viene tranciata di
netto con foga.
«No.
E non capisco perché
abbia detto una cosa simile. Ho incontrato solo Ilixo e…
Christal» dico e poi
aggiungo «E te poco prima delle…». La
mia voce va sparendo. “Quando mi hai
baciata” penso. Mi sfioro le labbra con le dita. I miei primi
baci.
Sembra
che non si sia accorto
delle mie esitazioni, perché continua con il suo indagare
«Quindi? Come va con
lui? Mi sembra di aver capito che vorrebbe avere una storia con te,
quando
usciremo». Un’altra felce fa una brutta fine.
«Non
ho intenzione di
vederlo. Mi ha preso in giro e onestamente non credo neanche di
piacergli così
tanto… mi sembrava viscido quando lo diceva». Mi
secca ammetterlo, soprattutto
perché mi era piaciuto appena l’avevo visto alla
sfilata dei candidati, ma alle
interviste mi era sembrato odioso. E poi, probabilmente, vuole solo
trovare un
modo per avere degli sponsor e dei regali nell’arena. Lui
vuole vincere e se
per questo deve fingere, l’avrebbe fatto. Ne sono sicura.
«Beh,
almeno non sei proprio
stupida. Si vedeva lontano miglia che voleva solo far colpo sul
pubblico.
Secondo me dovresti aspirare a qualche cosa di meglio»
borbotta continuando a
infierire sulle povere felci di sottobosco.
«Come
te?». Questa volta a
ridacchiare sono io.
«Appunto.
Come me» conferma
lui, sorridendo apertamente.
«Ma
tu sei innamorato di
un’altra. Non potrei mai impedirti di vivere il tuo idillio
con la ragazza dei
tuoi sogni!».
«Che
ne sai? Potrebbe…» non
riesce a finire la frase che una voce gioiosa richiama la nostra
attenzione.
«Chyna!
Paban!» è Thabo che
sta arrivando di corsa «Shae! Dick! Sono tornati!»
urla felice abbracciando
prima me e poi il candidato del quattro.
Nel
frattempo arrivano anche
gli altri due e siamo tutti felicissimi di esserci riuniti.
Da
questo momento inizia un
nuovo capitolo dei nostri Hunger Games della Pace.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine del
capitolo 14. I nostri Chyna e Paban trascorrono una notte insieme. Non
c’è
niente di romantico nel dormire vicino, se non gli diamo noi un
determinato
significato. E loro? Non si capisce bene, né cosa pensa
Paban né cosa prova
Chyna.
Frasi
criptiche e
comportamenti ambigui. Chissà cosa stava per dire Paban?
Adesso
che si sono
ricongiunti agli altri, vedremo cosa succederà.
Vi
lascio un piccolo
spoiler del prossimo capitolo dove tornerà qualcuno:
…«Sei tornato con dei
rinforzi? Se mi tocchi ancora ti
uccido!» sibila la figura inginocchiata. Sta tremando. Ma il
suo tremore, a
differenza del nostro che è dovuto alla pioggia,
è dovuto alla paura…
Prossimo
banner, Iraida? Probabilmente
sì.
Ringrazio
per l’attenzione,
alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 15 *** la pioggia ***
Buongiorno
a tutti!
Anche
questa volta torno
con un nuovo capitolo ma in anticipo. Sto producendo e ormai sono
talmente
avanti che se non posto non mi raccapezzo più.
Lo
scorso capitolo ci
siamo goduti una notte con Paban e Chyna. Banale? Spero di no, un
pochino di
calma serviva.
Adesso
ci troveremo con
gli altri compagni, un candidato ritrovato e…
Siamo
agli Hunger Games! Cosa
vi aspettavate?
Ringrazio
tutti coloro che
hanno recensito, coloro che mi hanno inserito nei preferiti, ricordati
e
seguiti, chi ha solo letto.
Particolare
ringraziamento
a Elenri per il banner presente anche oggi!
Ecco
a voi una
simpaticona! IRAIDA, la candidata del quattro, compagna di Paban.
E
ora… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Dov’eri
finita? Sei scappata
come se avessi paura. Io non ti ho fatto del male…
vero?». Dick mi guarda con
degli occhioni spalancati e il terrore che traspare da ogni gesto.
Dolcissimo
Dick.
«No.
Non mi hai fatto niente…
mi sono solo spaventata per tutte quelle persone. Per il
sangue» rispondo
facendogli una carezza. Lui sospira forte.
«Christal
non c’è più»
mormora con le lacrime agli occhi e io lo abbraccio, prima di iniziare
a mia
volta a piangere.
Siamo
tutti tristi per quello
che abbiamo visto ieri, alla cornucopia. È stato davvero
orribile.
Paban
prende in mano la
situazione con i problemi più urgenti.
«Dove
stavate andando? Non
eravamo d’accordo che ci avreste aspettato alla
grotta?» chiede.
«Thabo
ha sentito dei colpi e
ha pensato che fossero gli altri che ci cercavano. Ci siamo spostati di
poco.
Vi stavamo cercando» si giustifica Shae. Paban sorride
rassegnato.
«Okay.
Adesso però dobbiamo
trovare un rifugio sicuro e nel frattempo trovare l’acqua e
del cibo. La carne
che abbiamo non durerà ancora molto». Annuisco e
approvo.
Morire
di disidratazione o di
fame non è la mia massima aspirazione.
«Tutto
questo verde significa
che la terra è ricca di acqua. Dobbiamo trovare il fiume che
alimenta l’arena»
propongo.
«Sei
tu l’esperta dei boschi.
Io e Thabo siamo operai! E Paban cerca solo grandi distese
d’acqua salate che
non aiutano… guidaci!» ridacchia Shae,
sistemandosi lo zaino sulle spalle.
Guardo
le armi che hanno in
mano. Dick ha una spada e una lancia, oltre allo zaino più
grosso che abbia mai
visto sulle sue mastodontiche spalle. Thabo ha solo uno spadino e,
credo, un
paio di coltelli alla cintura. Shae non sembra avere nulla in mano e
visto come
si era tenuta alla larga dalle armi alla cornucopia, penso che non
l’abbia
neanche sfiorata una lama. Bene, ci toccherà difendere anche
lei.
«Dovremmo
cercare Alicia.
Credo che sia fuggita appena scesa dal piedistallo e forse non sa che
il drappo
bianco è pericoloso» ci ricorda Thabo, iniziando a
camminare accanto a noi.
Mi
guardo attorno e decido di
dirigermi verso le rocce. Mi sembra di vedere una grossa spaccatura tra
due
montagne. Se c’è una gola è possibile
che ci scorra un torrente. E quindi
acqua. Paban e Dick concordano con il mio ragionamento. Anche
perché non
abbiamo altre idee.
Quindi
iniziamo a camminare
in quella direzione, il candidato del quattro in testa a far strada con
il mio
spadino e Dick in coda a guardarci le spalle.
«Dove
ti eri cacciata ieri?
Paban era diventato quasi isterico quando sei scappata nella giungla.
Ci è
mancato poco che lo legassimo per convincerlo a organizzarci un
minimo» dice
Shae mentre avanziamo. È abbastanza chiacchierina questa
ragazza, ma non sembra
la solita oca dalla zucca vuota, si vede
dall’aspetto che è intelligente, e
anche da come ha reagito alle
interviste.
«Guarda
che ti sento… e non
ero isterico» borbotta il ragazzo del mare sfogandosi
sull’ennesima povera
felce. Come giardiniere farebbe schifo.
Thabo
sghignazza e mi guarda
sottecchi. «L’hai proprio tramortito…
quando si tratta di te non capisce più
niente». Restituisco una occhiata curiosa. Cosa sta dicendo?
«Sento
anche te. E ti
consiglio di non continuare. A Shae non torcerei un capello, ma a
te…». Paban
lascia in sospeso la frase e taglia un’altra felce. Se questo
è l’esempio io
starei zitta.
«Paban
è innamorato di Chyna
e Chyna è innamorata di Paban. Quando escono
dall’arena si sposano. Però
vinciamo io e Chyna, non Paban» annuncia Dick con convinzione.
Subito
sbotto «Non dire
sciocchezze! Noi non siamo innamorati!» sibilo cercando di
mettere tutto il mio
astio nel tono di voce.
Thabo
e Shae scoppiano in una
risata divertita e lei cerca di calmarmi «Dai, Chyna, poteva
andarti anche
peggio. Pensa fosse stato Thabo ad essere innamorato di te!»
e ci riesce, visto
il sorriso che mi scappa.
«Ehi!
Io sono un buon partito
per qualunque ragazza!» protesta il ragazzino di colore.
«Quando
la troveremo,
proveremo a chiedere ad Alicia cosa ne pensa» dice Paban e
noto che sulle
guance di Thabo sembra accendersi un lieve rossore, mascherato dal
colore scuro
della pelle.
Ecco
perché non aveva
combattuto contro la candidata di Capitol City durante di duelli. Mi
sembrava
strano, visto che non era parso così sprovveduto alla
cornucopia.
Passiamo
a chiacchierare
tutto il resto della mattina. Non facciamo molta attenzione al fatto di
far
scoprire la nostra posizione. Sappiamo che nell’arena
c’è un solo arco ed è
quello che tengo in mano. Se gli altri candidati volessero attaccarci
dovrebbero affrontarci a viso aperto e potremmo difenderci egregiamente.
Rainer
si sarà alleato con
Nazig e probabilmente ci sarà anche Iraida. Ma loro sono in
tre e noi in
cinque. Sono un po’ preoccupata per Brieg. Non ho idea di
cosa abbia fatto dopo
essere scomparso nella giungla, visto che era seguito da Iraida.
Di
sicuro Alicia è sola ed è
la cosa che mi fa stare peggio.
Ilixo
non si alleerà con
nessuno. Da come parlava, è un solitario e se la
caverà da solo.
All’appello
manca anche il
ragazzo del nove. Hemmo, mi sembra si chiami. Io l’ho
soprannominato “il
pettegolo”, vista la figura che ha fatto assieme alla sua
compagna durante le interviste.
Ma potremmo chiamarlo anche il viscido o qualche altro complimento
spassionato.
«Avete
portato via le
provviste che erano alla cornucopia?» chiedo sorpresa. Io non
ci avrei pensato.
«Gli
altri erano fuggiti
prendendo già qualche cosa, quindi ci siamo divisi il resto
che era rimasto e
abbiamo seppellito quello che ritenevamo non servisse»
risponde Shae.
«Abbiamo
trovato anche delle
tavolette di cioccolata, ma Dick le ha mangiate quasi tutte ieri
sera» si
lamenta Thabo «Ne ho salvate solo due».
«Potevate
togliergliele»
interviene Paban senza interrompere il suo passo.
«Provaci
tu a togliere
qualche cosa dalla bocca di quel gigante! Ti taglia una mano con un
morso e io
alle mie dita ci tengo!» protesta il ragazzino facendoci
ridere ancora.
«Però
ci sono le mele! E
anche dei panini dolci per Chyna» dice Dick, come se questo
lo giustificasse.
Credo che razionare il cibo a lui sarà estremamente
difficile, dopo aver goduto
di quindici giorni così comodi e abbondanti.
A
giudicare dal sole allo
zenit dovrebbe essere intorno a mezzogiorno, quando accanto a noi
sfreccia
un'ombra bassa e scura. In automatico tendo l'arco e mollo la freccia
che si
conficca nella carne dell'animale. Torniamo indietro e vediamo, con
soddisfazione, che è un coniglio.
«Chi
lo cucina?» chiedo
mentre tolgo la freccia e la pulisco sul muschio.
Vedo
Paban che guarda Thabo,
che guarda Dick che guarda Shae che guarda me. Okay!
«Tranquilli,
non tutti
insieme. Lo pulisco io» borbotto. Mi faccio consegnare uno
dei coltelli di
Thabo ed inizio a scuoiare e ripulire dalle interiora il nostro pasto.
Siamo in
tanti e un coniglio è appena sufficiente se ci aggiungiamo
qualche frutto.
Mando
Shae e Dick a
raccogliere qualche altra cosa da mangiare, mentre Paban e Thabo si
occuperanno
della legna e cercheranno l'acqua.
Quando
il fuoco è acceso
infilzo il coniglio su uno spiedo ed inizio ad affettare i frutti che
Dick ha
portato. Paban afferma che sono uguali a quelli che loro chiamano
amanga, dalla
buccia leggermente dura e dalla polpa gialla e zuccherina. Shae trova
anche
dell'uvetta selvatica e insieme possiamo imbandire un buon pranzo.
Peccato che
Thabo non abbia trovato una sorgente, e sebbene la frutta aiuti a non
soffrire
troppo, sentiamo tutti la mancanza di una generosa sorsata di acqua
fresca.
«Chyna,
sei davvero
fantastica!» esclama Thabo dopo aver addentato un pezzo di
coniglio. «Questa
carne ci voleva proprio!». Anche gli altri annuiscono ed io
sorrido e ringrazio
mentalmente la mamma che mi ha insegnato a procacciarmi il cibo in
situazioni
simili. Non avrei mai pensato che potessero servirmi quelle lezioni.
Rimaniamo
ancora un po' di
tempo accampati attorno al fuoco ormai spento, per riposare della
marcia della
mattina. Il fatto di essere pressoché immobili,
però, ci spinge a pensare a quanto
successo e le ipotesi fioccano, al pari di quelle che abbiamo fatto io
e Paban
questa notte.
«Secondo
voi chi è stato a
organizzare tutto questo?» sbotta Shae.
«Gli
strateghi. Ma non
avrebbero potuto nulla senza l'appoggio di qualcuno del
governo» risponde
Paban.
«All'epoca
degli Hunger Games
della Violenza, non si muoveva una foglia nell'arena senza che il
presidente
Snow non volesse. Non credo che oggi sia molto diverso» dico.
Ne sono davvero
convinta. E mi fa paura, perché se centra il governo siamo
finiti in ogni caso.
«Peeta
riuscirà a trovarci»
afferma convinto Dick.
«E’
probabile che gli
strateghi si siano nascosti. Capitol City è grande ma non
enorme. Peccato che i
rifugi del governo possono essere infiniti… galleria,
bunker…» ipotizza Thabo.
«Possono
aver fatto tutto in
segreto ma non così tanto. Hai idea di cosa ci vuole per
organizzare una cosa
simile?».
«Manipolare
le mietiture.
Toglierci i mentori e i presentatori. Isolarci. Sostituire le armi e i
drappi
bianchi. Ho dimenticato qualcosa?» chiede Thabo retorico a
Shae.
«Appunto.
Ci vuole
organizzazione, metodo e tanta gente. Non si può
improvvisare una cosa simile»
ribatte lei.
«Vuoi
dire che è da tempo che
studiano questo piano?» chiede Paban e lei annuisce.
«Di
una cosa sono sicura»
intervengo «Non è stata la Paylor. Qualcuno del
governo sì, ma non lei».
«Come
fai a dirlo?» chiede
Dick.
«Perché
sa che non ne
uscirebbe viva e non mi risulta che sia una squilibrata. Ha sempre
dimostrato
carattere e polso. Secondo me vogliono incolpare lei e farla
fuori».
«Accuse
pesanti…» borbotta
Paban.
«Ma
che darebbero un senso a
tutto. In effetti sembra strano anche a me che sia la
presidente».
«Pensi
che qualcuno voglia
far incolpare la Paylor di queste morti?» chiede Paban.
«Potrebbe...»
risponde vaga Shae.
«Non
risolveremo niente con
le nostre supposizioni. Rimettiamoci in marcia, abbiamo
dell’acqua da trovare»
esorta subito dopo Thabo.
Ha
ragione, non ha senso
perderci in questi meandri mentali, quando è la nostra
stessa vita ad essere in
pericolo. Che sia la Paylor o qualcun altro del suo staff, noi dobbiamo
sopravvivere. Una volta usciti da qui, sapremo o scopriremo tutto
quello che ci
serve.
Dick
è il primo ad issarsi in
piedi e caricarsi sulle spalle lo zaino. In pochissimi istanti, siamo
tutti pronti
e ricominciamo ad avanzare verso le montagne.
All’improvviso,
dopo circa
un’ora di marcia nell’umidità
più totale, il cielo diventa scuro, come se fosse
il crepuscolo, il che non è possibile visto che saranno
passate si e no tre ore
dal pranzo.
La
conseguenza di questa
oscurità inattesa è quanto mai gradita: uno
scroscio d’acqua inizia a sferzarci
senza pietà.
«Finalmente»
esclama Thabo
aprendo la bocca al cielo come un uccellino nel nido.
Il
problema di questo scrosci
è che non hanno misura. In men che non si dica, ci troviamo
ad essere bagnati
sin alle ossa e a tremare dal freddo. Con i teli di nylon siamo
riusciti a
raccogliere l'acqua da riempire le nostre bottiglie, ma adesso la
situazione
sta diventando ridicola.
I
nostri scarponi affondano
nel fango sino alla caviglia e sta diventando sempre più
difficile camminare.
Inoltre abbiamo bisogno di un riparo e anche in fretta.
Iniziamo
ad avanzare il più
velocemente possibile, prendendoci per mano per evitare di perderci. La
pioggia
è così fitta da non riuscire a vedere a distanza
di due metri.
«C'è
una costruzione là!»
urla Paban iniziando a tirare verso destra.
Ci
voltiamo tutti in quella
direzione ed iniziamo ad avanzare con la forza della disperazione.
Ho
le gambe completamente a
pezzi e le braccia che mi fanno male per la tensione. È
davvero terribile. I
minuti sembrano non passare mai e neanche il nostro avanzare verso
quella che
sembra una costruzione simile al rifugio che avevamo trovato ieri sera.
Quando
siamo pressoché
esausti, riusciamo a raggiungere il riparo. È un cubo
costruito nelle pietre
ocra che abbiamo visto disseminate per tutta la giungla. Su due lati si
sono
avviluppate le piante rampicanti, ma qualcuno deve esserci
già passato, visto
che alcuni rami sono stati divelti, mostrando l'apertura che funge da
entrata.
«Andiamo!»
incita Paban con
voce stanca.
Ci
trasciniamo stancamente
all'interno.
Rispetto
al riparo di ieri,
ci sono due sostanziali differenze. La prima è che il tetto
della stanza è
completo e quindi siamo davvero all'asciutto. La seconda è
che c'è una specie
di camino nell'angolo opposto all'entrata, dove sta scoppiettando un
allegro
fuoco, alimentato dalla piccola catasta di legna appoggiata a fianco. E
davanti
a questo fuoco, è rannicchiata una figura che brandisce un
pezzo di legno come
mazza.
«Sei
tornato con dei
rinforzi? Se mi tocchi ancora ti uccido!» sibila la figura
inginocchiata. Sta
tremando. Ma il suo tremore, a differenza del nostro che è
dovuto alla pioggia,
è dovuto alla paura.
È
Alicia.
Subito
mi faccio avanti e la
chiamo, felice che sia ancora viva «Alicia! Sono io,
Chyna!».
Mi
precipito accanto a lei, e
la sostengo quando mi crolla tra le braccia ed inizia a piangere
isterica. Cosa
le è successo?
Dick
si porta al mio fianco e
con la sua manona accarezza la spalla di Alicia. Anche lui non vuole
che la
piccola pianga in questo modo. La reazione della candidata di Capitol
City, è
quanto mai violenta. Sobbalza non appena viene sfiorata dal mio
compagno, si
getta all'indietro accucciandosi contro al muro e torna a brandire il
pezzo di
legno urlando come impazzita.
Ci
scambiamo occhiate
perplesse sui nostri volti malamente illuminati dal fuoco. Alle pareti
danzano
le nostre ombre rendendo l'ambiente molto minaccioso e fuori imperversa
lo
scroscio di pioggia continuo.
«Lasciami!
Non mi fare del
male! Ti prego, lasciami!» urla sconvolta Alicia, prima di
tendersi verso il
soffitto e, rovesciati gli occhi, crollare sul pavimento di pietra
sconnesso,
svenuta.
Subito
io e Shae accorriamo
per constatare che non si sia ferita.
Il
suo polso è debole ma
costante, il suo respiro lieve ma sicuro.
«E'
solo svenuta» dico in
tono professionale, come se stessi facendo un'esercitazione, poi mi
volto verso
la candidata del tre «Cosa le può essere successo
per aver reagito così. Dick
l'ha solo sfiorata e lei non ha mai avuto tanta paura di
lui».
Anche
lei non sa cosa
rispondermi. Dick è rannicchiato nell'angolo opposto
rispetto ad Alicia e fissa
il corpicino della ragazzina con stupore e dolore.
«Tranquillo, Dick, non è
colpa tua» lo rassicuro e lui mi fa cenno di assenso per aver
capito.
«Deve
essere successo qualche
cosa di spaventoso. Forse ha visto il bagno di sangue alla cornucopia,
anche se
nascosta» ipotizza Shae.
«Questo
spiegherebbe perché
non ha ancora utilizzato il drappo bianco. Ha visto quello che
succede... ma
allora perché non ci ha raggiunti una volta che è
finito tutto?» chiedo io.
«Ti
avrà visto scappare e
avrà provato a seguirti. Magari si è persa nel
tentativo» prova a dire Thabo,
guardando preoccupato la ragazzina. «E' spaventata a morte
per svenire così».
Mi
volto verso di lei e in
quel momento noto un livido violaceo sul collo e un altro sul braccio
dove la
manica si è sollevata.
«Guardate.
È stata colpita e
stretta. Quel livido ha la forma delle dita di una mano».
Quasi urlo mentre
indico i segni che spiccano sulla pelle candida e infantile. Chi
può aver fatto
una cosa simile a una ragazzina indifesa? E poi nell'arena? Con tutte
le
telecamere puntate addosso? Non si è mai vista una tale
violenza nei confronti
di qualcuno! Nei vecchi Hunger Games la violenza era finalizzata alla
morte
dell'altro tributo, non alla tortura. Sono sconcertata e sto tremando
dalla
rabbia.
Anche
gli altri candidati si
avvicinano e guardano i segni.
«A
giudicare dalla grandezza
deve essere un ragazzo. Ma non uno dei grandi» dice Paban
freddamente.
«Non
sono stato io» protesta
Dick spalancando gli occhi. Mi scappa un sorriso. È talmente
terrorizzato di
far del male a qualcuno (a parte poi uccidere un candidato per
difendere Paban
alla cornucopia) che credo possa essere definito il più
pacifico di tutti noi.
Se fa del male, lo fa a fin di bene... che pessima scelta di termini...
«Mi
riferivo a quelli tra i
quindici e i diciotto. Escluse le tue. Tu hai mani enormi, se avessi
stretto da
farle venire i lividi, le avresti staccato la testa. Sicuramente non
sei stato
tu» lo tranquillizza il ragazzo del mare.
«Credete
siano stati Rainer o
Brieg?» chiede Thabo. Rabbrividisco. Possibile che il biondo
possa fare una
cosa simile a una ragazzina?
«Oppure
Hemmo, il candidato
del nove, o Ilixo» dice Shae.
Forse
tra i quattro, il più
probabile come crudeltà è Rainer, il candidato
del distretto 1. Eppure non ce
lo vedo aggredire Alicia e non ucciderla. Sarà violento ma
lasciarla viva non
sarebbe nei suoi piani. Secondo me è l'unico nell'arena ad
essere soddisfatto
della piega sanguinaria che hanno preso questi giochi.
«Prepariamoci
per la notte,
ormai non riusciremo più a muoverci e, in ogni caso,
dobbiamo cercare di
chiarire questa situazione di Alicia» dice Paban, tirando
fuori dallo zaino il
sacco a pelo e la coperta.
Con
delicatezza prende in
braccio Alicia e la depone nel sacco, vicino al fuoco.
«Chyna,
restale vicino questa
notte. In caso si svegli, penso che sia meglio che veda te prima di
qualsiasi
altro» dice ed io annuisco, carezzandole lentamente i capelli
lunghi.
Anche
Shae estrae due sacchi
per lei e Thabo e Dick si prepara il suo, enorme.
«Questa
notte faremo i turni
di veglia. Non siamo mimetizzati. La pioggia ci aiuta ma non sappiamo
se ci
sono altri candidati o animali pericolosi là
fuori» dice ancora Paban.
Le
ore passano lente e quel
poco di chiarore esterno va declinando nel buio completo.
Nel
fragore della pioggia,
non abbiamo sentito alcun colpo di cannone e con il cielo
così coperto, non
possiamo neanche osservare se in cielo vi siano altri volti di
candidati morti.
Per
cena finiamo gli ultimi
pezzi del coniglio e la frutta. Mangiamo anche un paio di panini dolci
che Dick
aveva stipati nel suo zaino e una striscia di carne secca a testa. Beviamo l'acqua piovana
che abbiamo raccolto
oggi pomeriggio e cerchiamo di raccoglierne altra per i prossimi
giorni, ma non
riusciamo a posizionare che un unico telo che fa scivolare nelle
bottiglie un rigagnolo
di acqua. Ci vorranno almeno un paio di ore per riempire una bottiglia.
Fortuna
che il sistema si alimenta da solo e non dobbiamo presenziare a tutto
l'imbottigliamento.
Mentre
gli altri si coricano,
io mi appoggio al muro, accanto alla testa di Alicia, con l'arco e le
frecce a
portata di mano. Paban viene a sedersi accanto a me.
«Hai
freddo?» chiede
porgendomi la coperta.
Scuoto
la testa ma la prendo
e me la drappeggio attorno al busto.
«Cosa
credi che le sia
successo?» bisbiglio.
«Sicuramente
è stata
aggredita. Da quello che ha urlato sembrerebbe che qualcuno
l’abbia…»
interrompe la frase e sospira. Mi volto a guardare il suo viso e vedo
le sue
labbra tirate in una linea dura e uno sguardo arrabbiato. Mi fa quasi
paura, ma
non quanto il pensiero di quello che potrebbe esserci dietro le sue
parole.
«Spero
di no. È così piccola,
sarebbe terribile» sussurro, asciugando una lacrima che
scivola sulla guancia.
Rimaniamo
così per alcune ore
e nessuno di noi si muove. Non capisco se stiano tutti dormendo oppure
facciano
finta, sta di fatto che mi sto rilassando appoggiata alla spalla di
Paban e
neanche mi accorgo quando i miei occhi si chiudono.
Sento
un urlo. Un grido pieno
di terrore e spalanco gli occhi spaventata. Attorno a me
c’è solo un poco di
penombra dovuta alle piccole fiamme del fuoco acceso nel caminetto.
Tento di
capire dove sono: non alla cornucopia, per fortuna.
«Schhh…
Alicia, calmati… sono
Paban, calmati». Sento la sua voce lamentarsi e piangere e mi
si stringe il
cuore. Cosa le hanno fatto?
Mi
alzo quasi correndo e
incespico nella coperta. Sono stesa sopra a un sacco a pelo,
probabilmente
messa da Paban quando mi sono addormentata. Fatti due passi, crollo
accanto ad
Alicia e la stringo tra le braccia.
«Alicia,
sono io, Chyna. Non
piangere… sei al sicuro adesso… con
noi» mormoro sottovoce.
Anche
gli altri si sono
svegliati, lo sento dal diverso respiro che fanno, ma non dicono niente
e
gliene sono grata.
A
forza di carezzarle la
schiena sento che si sta rilassando. Paban è tornato ad
appoggiarsi contro il
muro e ci guarda in silenzio soppesando il mio spadino con le mani.
Finalmente
sento che smette
di singhiozzare contro la mia maglietta e mi stacco da lei per
guardarla bene
in faccia. Ha gli occhi gonfi per il pianto e lo sguardo perso e
terrorizzato
di un cucciolo. Mi si stringe il cuore.
«Cosa
ti è successo?» chiedo
in un sussurro. Ho paura che si spaventi se uso un tono di voce
normale. I suoi
occhi tornano lucidi e pieni di lacrime pronte a tracimare. Ma rimane
in
silenzio.
«Sei
fuggita dalla cornucopia
e non hai preso parte al bagno di sangue… sai cosa
è successo?» chiedo ancora.
Lei mi fa cenno di sì ed aggiunge con un filo di voce.
«Lui me l’ha
raccontato».
Okay.
C’è un lui, uno dei
quattro che abbiamo nominato prima.
«Sai
che anche il drappo
bianco è stato manomesso? Non possiamo fuggire
dall’arena». Di nuovo fa un
cenno affermativo.
«Te
l’ha raccontato questa
persona?». Altro cenno. Sì. Cerco di ricordare chi
ci fosse in quel momento ma
non ricordo altri che non siano noi cinque. Forse gli altri si erano
fermati
subito dopo essere entrati nella giungla.
«Chi
è?» soffio. Le prendo il
viso tra le mani, fissando i suoi occhi scuri. Ti
prego, parlami imploro nella mia mente.
«Hemmo»
mormora con un filo
di voce, prima di crollare di nuovo tra le mie braccia.
La
faccio stendere nel sacco
a pelo e mi ci infilo, in modo da tenerla stretta tra le mie braccia e
continuare a carezzarla per calmarla. Quando i suoi singhiozzi si
calmano mi
accorgo che si è di nuovo addormentata.
Cosa
le ha fatto quel
disgraziato? Non avrà mica cercato di… non riesco
neanche a pensarci senza
avere conati di vomito. Giuro che se lo incontro lo uccido!
«Paban,
vai a dormire. Resto
io a fare la guardia» dice Dick. Non mi ero neanche accorta
che si fosse
alzato. Guardo il ragazzo del mare che si corica accanto a me,
prendendo il
sacco del mio compagno e lasciandogli la coperta.
«Sei
sicuro che…» provo a
dire, ma lui mi zittisce subito.
«Dormi
tranquilla. Dick è
perfettamente in grado di fare il prossimo turno» risponde.
Il
fatto di essere circondata
da amici mi fa sentire sicura e spero che anche Alicia riesca a
riposare
davvero, con me vicino.
Fuori
continua a piovere e
con quel rumore mi addormento anche io.
Una
tenue luce grigiastra
dell’alba ci sveglia. La notte è passata, con una
pioggia incessante. Fuori
dalla stanza sarà un mare di fango.
Con
calma scivolo fuori dal
sacco, cercando di non svegliare Alicia che sta ancora dormendo.
È stata
agitata per tutta la notte e non può continuare in questo
modo. Se adesso dorme
tranquilla è meglio farla continuare.
Shae
e Thabo stanno
alimentando il fuoco per scaldare un poco di acqua per farne una
pappetta con
dei cereali recuperati dalla cornucopia. Dick e Paban sono usciti per
fare un
sopralluogo dei dintorni e io inizio ad arrotolare i sacchi e le
coperte.
Oramai
abbiamo l'acqua e
dobbiamo decidere dove andare. Non possiamo rimanere fermi, gli
strateghi
potrebbero organizzare qualche cosa di orribile per farci soccombere.
Dobbiamo
rimanere vigili e soprattutto vivi, nella speranza che i mentori ci
tirino fuori
di qui.
Osservo
ancora Alicia. Sembra
così tranquilla e innocente, non diresti mai che nella sua
mente girano
immagini tratte direttamente dall'inferno.
«Direi
che possiamo muoverci
dopo colazione se siamo pronti. Non è prudente rimanere qui,
siamo sotto un
costone di roccia che sembra pericolante, non vorrei che precipitasse a
causa
della pioggia di ieri» dice Paban rientrando.
Nessuno
risponde, le parole
sono superflue in questo caso. Mi affretto a svegliare Alicia per fare
insieme
la colazione preparata dagli altri.
Ci
vogliono alcuni minuti
perché recepisca dove si trova e in compagnia di chi. Guarda
Dick e Paban con
timore e si siede appiccicata a me, cercando di mettere spazio tra lei
e Thabo
che si è seduto dall'altra parte.
«Alicia,
nessuno ti vuole
fare del male. Sei al sicuro con noi» dice il ragazzino,
passando una foglia
larga con una montagnola di cereali sopra.
Non
abbiamo stoviglie e
dobbiamo arrangiarci. La fame è più forte del bon
ton.
Alicia
lo guarda titubante,
poi prende la foglia e fa un piccolo cenno di ringraziamento,
contraccambiato
da un gran sorriso.
Sembra
più tranquilla,
seppure non dica molto e si esprima a monosillabi. Non oso tornare a
chiedere
cosa le sia successo nel periodo prima di incontrarla. Hemmo deve
averla davvero
traumatizzata, non è la ragazzina che ha fatto gli
allenamenti con noi.
Mangiamo
tranquillamente,
chiacchierando di cose futili e inutili. Sembriamo tanti bufali che non
osano
fare un passo per paura di distruggere l'arredamento.
Quando
abbiamo finito,
spegniamo il fuoco e raccogliamo tutto quello che ci è
utile. Poi iniziamo a
consultarci per la nuova destinazione.
«Io
propongo di andare alla
cornucopia. È il centro dell'arena ed è
più facile che ci trovino» propone
Thabo.
«Chi?
Gli strateghi o gli altri
candidati? Saremo troppo in vista» ribatto io.
«Io
propongo di andare al
confine esterno dell'arena. Voglio vedere se è
impenetrabile» dice Shea.
«Sono
d'accordo. Dobbiamo
capire le nostre possibilità, non possiamo rimanere qui ad
aspettare» replica Paban.
In effetti non hanno torto. Se riusciamo a capire totalmente la nostra
situazione, magari ci viene in mente come fuggire.
Fuori
è ancora nuvoloso ma,
per lo meno, non piove. Il fango impedisce un cammino spedito e
già dopo un'ora
siamo completamente sudati ed esausti.
«Coraggio.
Non appena
arriveremo a quelle rocce cammineremo più
agevolmente» dico indicando la
collina che dista qualche centinaio di metri da noi.
Avanziamo
ancora
faticosamente, ormai siamo quasi arrivati alla meta, tanto che Paban e
Shea
stanno iniziando a salire sulle prime rocce.
All'improvviso
si sente un
boato fragoroso e terrificante.
«Forza!
Salite!» incita Paban
aiutando Thabo e sporgendosi per Alicia.
La
fretta, l'umidità e il
sudore fanno scivolare più di una volta mentre guardiamo
atterriti una
incredibile massa d'acqua che si sta riversando nella valle, come se si
fosse
abbattuta una diga o fosse tracimato un argine di un fiume. L'acqua
scura sotto
di noi, crea numerosi mulinelli e lambisce le rocce dove ci stiamo
arrampicando.
In pochi istanti sembra di salire su un'isola. Siamo completamente
circondati e
bagnati fradici.
«Più
in fretta! Salite!» urla
Shae con urgenza. Continuiamo a salire aggrappandoci alla meno peggio,
possiamo
ancora arrampicarci per una ventina di metri e spero ardentemente che
siano
sufficienti per non farci cadere nel limo che scorre. La corrente
dell'acqua
sotto di noi si sta leggermente calmando ma è ancora
pericolosa.
«Ah!
Aiuto!» urla Alicia
mulinando le braccia. Deve aver perso l'equilibrio. Mi slancio verso di
lei e,
miracolosamente, riesco ad afferrarla per un polso con la mano libera
dall'arco.
«Attenta,
Chyna» urla Dick
mentre si avvicina per aiutarmi.
Con
un ultimo colpo di reni
sollevo Alicia verso il mio compagno ma, non appena vedo che l'ha
afferrata
saldamente, la roccia sotto i miei piedi frana, trascinandomi
inesorabilmente
nel fiume in piena.
«Chyna!
No!» riesco solo a
sentire Shae che urla e vedo Alicia con una mano tesa verso di me,
prima che
l'acqua si chiuda sulla mia testa. Vengo trascinata dalla corrente
violenta.
Annaspo per cercare aria ma la forza dell'acqua è tremenda,
impari. I polmoni
mi bruciano e gli arti mi dolgono nello sforzo muscolare di tornare a
galla.
Per qualche volta ci riesco, poi un ennesimo mulinello mi porta a
fondo. È
tutto buio ed io cedo. Non respiro più. Addio.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine del
capitolo. Chyna cade nell’acqua e viene travolta. Tenta di
galleggiare e
nuotare (non sto a ricordare che Paban le aveva insegnato a nuotare al
mare quattro
anni prima, ve lo rammentate di certo) e sembra affogare.
Tranquillizzo
subito. È la
protagonista, vi sembra che la faccia fuori prima della fine? Al limite
la
ammazzo all’ultimo capitolo. E ora sto scrivendo il numero
18…
Spero
che vi sia piaciuto
sino ad ora, aspetto commenti!
Adesso
vi lascio un
piccolo spoiler della prossima puntata:
Non
appena riesco ad uscire
dall’acqua crollo sulle pietre che costeggiano questo fiume
improvviso. Il mio
respiro è ansante e sputacchio un po’
dell’acqua che ho ingurgitato mentre
tentavo di non affogare. Quando finalmente riesco a fare un lungo
respiro,
lascio che l’incoscienza mi avvolga, sperando di non
diventare cibo per animali…
Così
state tutti più
tranquilli. Prossimo banner Hemmo!…
Adesso
vi ringrazio per l’attenzione
Alla
prossima settimana
baciotti
|
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Capitolo 16 *** la violenza ***
Cari
lettori, buonasera!
Eccoci
per il nuovo
capitolo di questa storia.
Come
al solito ringrazio
chi recensisce, inserisce nei preferiti, ricordati o seguiti e per chi
legge
solamente e spero apprezzi questo lavoretto.
Grazie
ad Elenri (Teresa)
che mi fa fare bella figura con i suoi banner. Oggi abbiamo un
personaggio che
è venuto alla ribalta ultimamente: HEMMO, il candidato del
distretto 9.
I
commenti li lascio al
fondo, per ora auguro… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
La
mia mano ha trovato un
ramo. È flessibile. È lungo e forte. Mi aggrappo
ed inizio a tirare. Forse non
servirà ma non voglio arrendermi. Ho ancora l'arco nella
mano e faccio
scivolare il polso tra la corda e il fusto. Devo riuscire ad uscire da
lì. Se
c'è un ramo c'è anche una pianta ed è
probabile che sia ancora piantata a
terra, altrimenti non farebbe opposizione anche contro la mia poca
forza.
Riesco
a sollevare la testa
oltre le onde vorticose e inspiro con golosità
l’aria che riempie i polmoni e
mi fa tossire. La voglia di vivere è più forte
della stanchezza che sta
dilaniando i miei muscoli. Continuo a tirare il ramo e ad avanzare come
se
fosse una corda. Ormai sto tagliando la corrente in perpendicolare e la
mia
speranza è di toccare un fondo solido tra pochi metri.
Ancora
uno sforzo e mi ritrovo
a sollevarmi come se fossi in una specie di stagno, riparata contro la
corrente
da un masso che interrompe il flusso. Mi aiuto ancora avanzando un
po’ in piedi
e un po’ in ginocchio, esausta.
Non
appena riesco ad uscire
dall’acqua crollo sulle pietre che costeggiano questo fiume
improvviso. Il mio
respiro è ansante e sputacchio un po’
dell’acqua che ho ingurgitato mentre
tentavo di non affogare. Quando finalmente riesco a fare un lungo
respiro,
lascio che l’incoscienza mi avvolga, sperando di non
diventare cibo per
animali.
Mi
ritrovo coricata a pancia
in giù, sopra un insieme di pietre e muschio. Ho la punta
dei piedi ancora in
acqua e la mano che stringe l’arco. Ormai è quasi
buio e devo cercare un riparo
per la notte. Sono infreddolita e non potrò accendere un
fuoco, quindi meglio
cercare un qualche anfratto tra le rocce che costeggiano questa parte
di quello
che adesso sembra essere appena un torrentello di montagna. Osservo
l’arco per
benino. È ancora intatto. Il metallo non si è
incurvato e la corda è
perfettamente tesa. Mi sfilo la faretra dalle spalle. Ci sono ancora
sei
frecce, incastrate nel sistema di sicurezza, le altre sono andate
perdute nella
corrente. Dovrò fare attenzione a non sprecarle e non
perderne neanche una. Ho
perso il coltello che mi aveva dato Thabo e non ho uno zaino con me,
quindi
niente coperte, bottiglie, provviste. Niente di niente. Mi viene quasi
da
piangere.
Non
so quanta strada abbia
fatto nel fiume prima di fermarmi qui. Mi è sembrato una
eternità il tempo
passato in acqua.
Guardo
più a monte. Gli altri
mi staranno cercando? Certo che sì. Li ho sentiti chiamare
il mio nome mentre
cadevo. Shae, Alicia, Thabo, Dick, Paban. Speriamo che stiano bene e
non siano
caduti anche loro. Sono contenta che ci sia Shae con Alicia. Se
è stata
aggredita come pensiamo, sarà più facile essere
confortata da una ragazza.
Provo
ad alzarmi. Le gambe
traballano ma ce la
faccio. Guardo in
alto e vedo un albero con delle mele. Non ho la forza necessaria per
colpire un
frutto con la freccia ma, aiutandomi con l’arco, riesco a
staccare un pomo e mi
ci avvento senza neanche pensare a pulirlo. Mettere qualcosa nello
stomaco è
una delizia. Il frutto finisce in fretta ma non riesco a procurarmi
altro, per
ora. Preferisco cercare un riparo per la notte o morirò di
freddo restando
all’aperto.
Mi
trascino stancamente verso
un insieme di massi e smuovo i cespugli vicino con una freccia, per far
uscire
eventuali animaletti. Un colpo di fortuna mi fa scoprire una specie di
buca tra
i massi che mi può riparare dal freddo. Mi ci infilo.
È grande appena per il
mio corpo ma il muschio e le rocce impediscono se senta il vento fresco
che si
è alzato. Attiro su di me un po' di foglie che sono
lì vicino. Non è come una
vera coperta ma mi posso anche accontentare. Spero che la temperatura
non
scenda troppo. Siamo quasi in estate ma gli strateghi potrebbero
giocare con i
gradi.
Ormai
è buio completo, quando
sento l’inno di Panem e guardo la volta celeste per vedere se
ci sono state
delle vittime di questa inondazione. Non ho sentito colpi di cannone,
ma
essendo sott’acqua potrebbero essermi sfuggiti.
Con
mio grande sollievo non
vedo nessuna faccia. Vuol dire che sono tutti vivi, anche i miei amici.
Me li
immagino tirare un sospiro di sollievo guardando il cielo come ho fatto
adesso
io.
Torno
ad accucciarmi nella
buca. Domani mattina andrò subito a cercarli, seguendo il
greto del fiume o
quel che ne rimane, in senso inverso rispetto a dove sono scesa io.
«Buonanotte,
ragazzi»
mormoro. Sono le prime parole che dico dopo la mia avventura nell'acqua
e devo
dire che, nonostante il tono basso, il fiato mi raschia la gola in modo
incredibile. Mi ci vorrà un poco per riprendermi.
Riesco
ad appisolarmi tutta
rannicchiata. Non sento neanche più il rumore dell'acqua. Di
sicuro quando mi
alzerò domani mattina non troverò neanche una
goccia.
Le
mie previsioni non sono
del tutto esatte. Vero che non trovo niente nel torrente che mi ha
trascinato
via dagli altri, in compenso piove sopra di me, inzuppandomi sino alle
ossa e
facendomi battere i denti dal freddo.
Prendo
una grossa foglia e
faccio in modo di far scivolare quanta più acqua possibile
nella mia bocca.
Tanto vale approfittarne, visto che non ho bottiglie dove contenere una
scorta.
Raccolgo
un paio di frutti e
li sbocconcello, iniziando a camminare verso i miei compagni, almeno
spero che
siano da quella parte.
È
fastidioso sentire tutti i
capelli e gli abiti appiccicati addosso. Ormai la maglietta non
è altro che un
ammasso informe marrone e grigio. I pantaloni presentano alcuni piccoli
strappi
e alla giacca sono saltati un paio di bottoni. Devo avere un aspetto
orribile,
ma non posso farci nulla.
Continuo
a camminare. Sento
con piacere che i miei muscoli stanno rispondendo bene alle
sollecitazioni. Le
gambe reggono, le braccia non tremano. Il busto non presenta
ammaccature tali
da rendere impossibile la marcia. Nel complesso mi è andata
estremamente bene.
Non è da tutti riuscire a sopravvivere a una ondata del
genere e poterlo
raccontare. Questa volta dovrò proprio ringraziare la mia
buona stella.
La
pioggerellina insistente,
attutisce i miei passi. Il muschio fa il resto ed io sembro
un’ombra che
attraversa la giungla. Faccio attenzione a quello che ho attorno.
Queste piante
hanno poco a che fare con i miei boschi e presumo che anche gli animali
siano
diversi. Io so come comportarmi con i cani selvatici, molto meno con
esseri
striscianti provenienti da altre parti del mondo. E non so proprio cosa
fare di
fronte a nuovi ibridi che gli strateghi potrebbero aver utilizzato. Non
me ne
stupirei.
Sarà
quasi un’ora che cammino
e la pioggia si è fermata.
A
causa di alcune rocce, mi
sono dovuta allontanare dal letto del torrente. Era davvero
un’onda anomala ma
sembra più che altro, essere stata una apertura delle chiuse
di una qualche
diga, perché, seppure quasi in secca, dove ieri scorreva
acqua non vi sono
piante ma sparuti cespugli e sassi, tantissimi sassi levigati di tutte
le
dimensioni. Questo è davvero il letto di un fiume e non
capisco come abbia
potuto sfuggirci ieri.
Non
riconosco niente lì
attorno. Probabilmente ho davvero fatto parecchia strada lungo quel
fiume.
All'improvviso,
come se le
piante si fossero spostate, senza soluzione di continuità,
mi trovo in una
specie di villaggio in rovina. Stanze squadrate in pietra ocra si
ergono ai
lati di viuzze strette e tortuose. Qui la giungla non ha ancora
inglobato le
costruzioni. Entro in una stanza e mi trovo a guardare un ambiente del
tutto
simile a quello che ci ha ospitato la notte scorsa, quando abbiamo
trovato
Alicia. Torno di corsa
per la strada
lastricata in selce, esattamente come alla cornucopia, e mi metto a
urlare.
«Ragazzi!
Alicia! Paban!
Dick! Thabo! Shae!» li chiamo tutti e intanto corro cercando
di mantenermi in
una linea retta in modo di attraversare il villaggio. Trovo quasi tutte
le case
in piedi. Ve ne sono alcune crollate, ma in linea generale è
come se gli
abitanti fossero andati via da poco.
«Alicia!
Dick!» continuo a
urlare mentre entro ed esco dalle case che trovo con gli usci aperti.
Comincio
a pensare che sia
una perdita di tempo. Se mi avessero sentita a quest’ora
sarebbero già qui.
Mi
guardo attorno. Chissà
dove sono le telecamere? Non ne ho notate in questi due giorni, ma lo
scopo
degli Hunger Games è far vedere quello che succede
nell’arena, perciò posso
presumere che ci sia qualcuno che in questo momento mi sta guardando.
«Ehi!
Ehi, voi!» mi metto a
urlare al nulla. «Dico a voi che mi guardate! Che senso ha
tutto questo? Vi
piace proprio vederci morire? Volevate ancora sangue? Non vi sono
bastati
settantacinque anni di ragazzi morti? Io voglio tornare a casa mia! E
voi
dovete lasciarmi uscire! Erano questi i patti e io ho rispettato i miei
entrando qui dentro, voi dovete rispettare i vostri tirandoci fuori!
Ehi! Mi
sentite?» grido e la mia voce rimbomba tra le case e
più in là sulle pareti di
roccia, creando un sottofondo cacofonico. Adesso tutti i candidati mi
avranno
sentito! Anche i miei amici. E anche i miei nemici…
Decido
di procurarmi un poco
di carne per pranzo. Ho mangiato solo della frutta da ieri sera e
onestamente
inizio ad avere davvero fame. Incocco una freccia all’arco e
inizio a muovermi
verso le piante della giungla, appena fuori le ultime case del
villaggio.
Non
passa molto tempo che un
grasso e strano coniglio dalle orecchie corte e dalle zampe
più lunghe del
normale, mi sfreccia davanti ed io ho giusto il tempo di reagire e
colpirlo,
infilzandolo senza pietà. La freccia lo inchioda al suolo ed
io posso
riappropriarmi dell’unica arma che ho ancora a mia
disposizione.
Purtroppo
non ho un coltello
e mi tocca scuoiarlo con la punta della freccia e una pietra tagliente
che ho
trovato per strada.
Rientro
in una delle case che
mi sembrano più solide e in ordine e mi avvicino al camino
che c’è al lato
della stanza. Accanto trovo una catasta di legna e addirittura
l’acciarino. C’è
anche una specie di madia, dove trovo un paio di ciotole e un attrezzo
simile a
un cucchiaio fatto in legno. Mi sembra quasi di essere tornata alla
civiltà.
Accendo
il fuoco e lascio che
il fumo vada su per il camino a segnalare ulteriormente la mia
posizione.
Voglio che gli altri mi trovino, chiunque siano. In questo momento mi
andrebbe
bene anche quella piaga di Iraida. Mi saprei difendere, ma non sopporto
di
essere sola in questo modo.
Il
coniglio sfrigola sullo
spiego, lambito dalle fiamme vive. Il grasso cola lungo lo stecco
lanciando in
giro delle piccolissime scintille.
Meglio
che vada a raccogliere
qualche frutto e a prendere dell’acqua. Raccolgo una delle
ciotole e mi dirigo
verso l’uscita di quella stanza, quando
all’improvviso, a circa un metro e
mezzo dall’uscio, il pavimento sprofonda sotto i miei piedi e
si apre una
voragine che cerca di inghiottirmi.
Ho
appena la presenza di
spirito di lasciare cadere la ciotola e lanciarmi verso il bordo del
pavimento
che rimane ancora fisso.
Mi
ritrovo con i piedi a
penzoloni e le mani saldamente aggrappate al bordo del baratro. Sotto
di me è
tutto completamente nero e presumo anche profondo, visto che sento
sbattere la
ciotola dopo parecchi secondi. Non ho nessun appiglio per tirarmi fuori
dai
guai. I miei piedi non toccano niente e se qualcuno non mi
darà una mano
presto, la mia avventura agli Hunger Games potrebbe finire adesso.
«Aiuto!
Aiuto! C’è qualcuno?
Aiuto!» urlo disperata. Le mani iniziano ad intorpidirsi. Non
resisterò ancora
a lungo. I secondi passano lenti e sembrano ore. Maledizione! Che
qualcuno mi
aiuti!
«Aiuto!
Vi prego, aiutatemi!»
sto cominciando a piangere. Le dita mi fanno male e tra poco non
riuscirò più a
sostenere il peso del mio corpo. Possibile che nessuno si sia accorto
del fumo?
Se davvero mi stanno cercando l’avranno di sicuro avvistato.
«Aiuto!».
Sto perdendo le
forze. Ancora pochi istanti e non riuscirò più a
sostenermi. Provo a far forza
sulle braccia per sollevarmi ma non riesco assolutamente a muovermi.
Sono
bloccata. O arriva qualcuno e mi salva o morirò tra poco.
«Aiuto»
soffio sempre più
debole. Le lacrime stanno colando senza sosta. Non ce la faccio
più.
«Non
ce la faccio più»
mormoro. E sto quasi per lasciare la presa che sento una voce.
«Aspetta!
Ti lancio questa
corda! Afferrala che ti tiro su!». Il cielo di Panem sia
lodato! È arrivato
qualcuno! Il mio cuore batte forsennato e felice per questa nuova
opportunità
di vita.
Afferro
con la destra la
spessa corda che mi viene gettata e subito stacco anche la sinistra dal
bordo e
mi aggrappo con tutte le forze che mi sono rimaste.
Chissà
chi è il mio
salvatore? La voce la conosco ma non mi è famigliare. Forse
è Rainer, è quello
con cui ho parlato meno.
Sento
il ragazzo sbuffare e
poco alla volta vengo sollevata oltre il bordo del buco, sul pavimento
solido.
Quando anche le ginocchia sono risalite mi affretto a gattonare lontano
dal
buco verso il mio salvatore. Ringrazio il cielo che qualcuno abbia
ascoltato le
mie grida.
Alzo
lo sguardo verso il suo
volto, pronta a ringraziarlo «Ti…» ma le
parole mi muoiono in gola.
Un
vecchio detto dice “dalla
padella alla brace” e non riesco a formulare nessun altro
pensiero.
Davanti
a me c’è il candidato
del distretto 9. Il ragazzo giovane, dai capelli color mogano, dal viso
ordinario e, da come ne ha il terrore Alicia, dalla spiccata
sadicità: Hemmo.
Inizio
a tremare mentre
balbetto. «Ti ringrazio per avermi salvata. È
molto profondo, lì. Potevo
morire». Cerco di fare un sorriso riconoscente e mostrarmi
rilassata. Sono
sola, non so che
idee potrebbe avere.
«Uf…
figurati. Sei
pesantuccia, Chyna! Fortuna che passavo qui vicino quando ho visto il
fumo»
risponde sorridendo tranquillo. Non sembra così cattivo. Ma
non riesco ad impedire
alle mie mani di tremare. Spero che non se ne accorga.
«Non
eri con il tuo compagno
di distretto e i suoi amici?» chiede curioso. Forse
è meglio mentire.
«Sono
andati a cercare del
cibo. Io avevo iniziato a cucinare la carne» dico indicando
lo spiedo. Ormai il
coniglio sarà cotto, anzi, forse anche un po’
bruciato.
«Strano
che non ti abbiano
sentito… ti spiace se mi servo? È da un
po’ che non mangio carne» dice
tranquillo e taglia una coscia con il coltello che teneva appeso alla
cintura.
Ne taglia un altro pezzo per me e me lo passa.
«Mangia
prima che si freddi.
Se i tuoi amici arrivano si arrangeranno con quel che resta».
Occuparsi
del cibo mi sembra
una buona idea. Almeno lui sarà distratto ed io
tornerò a respirare un pochino
più tranquilla. Cosa ha fatto davvero ad Alicia? Abbiamo
visto dei lividi. L’ha
stretta con le sue mani… eppure, se lo guardo in viso non
riesco a trovare
questo odio, questa pazzia. Davvero ha fatto del male ad Alicia? Oppure
è lei
che si è confusa? Non so cosa pensare.
«Notevole!
Sei davvero brava
con la selvaggina!» mi fa i complimenti leccandosi le dita
unte. «A casa
abbiamo solo grandi distese di grano e recintiamo bene
perché gli animali non
entrino a far danno, quindi non abbiamo molte occasioni per mangiare
della cacciagione»
mi spiega con un gran sorriso.
Rispondo
anche io con una
smorfia tirata e spero che non si insospettisca. «Anche noi
siamo recintati al
distretto 12. Mia madre, però, mi ha insegnato a cacciare
nei boschi che
circondano il villaggio e le miniere, quindi non ho mai avuto di questi
problemi» rispondo.
«Il
mio distretto è molto più
ampio e noi siamo al suo centro. Se volessi uscire dalle recinzioni
esterne mi
ci vorrebbero almeno tre giorni di cammino» risponde facendo
spallucce.
Comincio
a rilassarmi. «Ma se
i campi sono così lontani come fate a lavorarli?».
«Abbiamo
dei camion che ci
trasportano fino ai campi più lontani. Però i
mezzi sono del governo e nessuno
di noi ha i soldi per permettersene uno». Mentre parla,
prende un altro pezzo
di coniglio e lo addenta con gusto. Non sembrava tanto denutrito ma,
evidentemente, lo era più di me, vista la sua
voracità.
Comincio
a rilassarmi
davvero. Non mi sembra pericoloso. Forse è stata realmente
una razione
esagerata di Alicia. Eppure i lividi ci sono e lei non ha detto cosa
era
successo davvero. Solo per aver stretto un poco le mani non poteva
scatenarle
quella paura. Sono così confusa…
Mi
alzo per uscire e andare a
prendere un poco di acqua con l’altra ciotola.
«Ehi,
dove vai?» chiede Hemmo
sporgendosi verso di me.
«Vado
a prendere un po’
d’acqua» rispondo sollevando la ciotola.
«Noooo!»
dice ridacchiando
lento «Resta qui. Tanto i tuoi amici arriveranno tra poco e
avranno portato
anche l’acqua, no?».
Un
brivido mi attraversa la
schiena. Il suo sorriso non è più tanto naturale,
mi ricorda quello delle
bambole di plastica che mi regalava mia nonna quando andava a Capitol
City per
delle consulenze all’ospedale.
«In
ogni caso, ho anche io
una bottiglia» annuncia giocoso e mi tira la borraccia che
estrae dal suo zaino.
«Tieni, bevi pure. La riempiremo di nuovo più
tardi» dice facendo un gesto di
invito.
Lo
guardo sottecchi mentre
svito il tappo e ingollo il primo sorso breve. È fresca e mi
scivola in gola
che è una meraviglia. Ne faccio uno più lungo e
la ritappo. Strano. Lascia un
retrogusto come di piccante e amaro. Rivolgo a Hemmo una occhiata
perplessa.
«Oh,
forse non te l'ho detto.
Ho corretto l'acqua con alcuni fiori che ho trovato per la strada e
sono
tipiche del mio distretto. È tanto per dargli un gusto
diverso. Niente di che»
dice facendo ancora spallucce. Mette le mani dietro la testa e allunga
le gambe
davanti a sé incrociando i piedi e appoggiandosi al muro,
accanto al camino.
«Ah!
Proprio una bella
mangiata. Adesso riposiamoci un poco mentre aspettiamo» dice
tranquillo e
sorridente.
Ho
la lingua come impastata.
Come se fosse diventata il doppio delle sue dimensioni. La testa mi
gira e la
sento pesante. Sbarro gli occhi terrorizzata. Mi ha drogata. Provo ad
alzarmi
ma non riesco a muovere un muscolo e crollo supina sul terreno.
«Bastardo»
dico con odio, con
tutta la voce che riesco a far uscire dalla bocca.
«Ops.
Forse dovevo anche
dirti che è un leggero anestetico. Non potrai muoverti per
un poco, ma non ti
preoccupare, resterai comunque cosciente». Ridacchia
completamente rilassato.
«Adesso lasciami riposare qualche minuto. Tirarti su da quel
buco mi ha
letteralmente sfiancato. Non sono mica un forzuto come il tuo compagno
o il tuo
amante... » poi si sposta verso di me con un'aria curiosa.
«Dimmi
un po'. Il ragazzo del
mare è davvero così bravo? Perché da
come ne parlava Iraida, mi ha fatto venire
una voglia...» dice mordendosi il labbro inferiore e
lanciandomi uno sguardo
complice.
«Non
lo so! Quello che so è
che Paban non farebbe mai quello che tu hai fatto ad
Alicia!». L'unica cosa che
posso fare è sibilare il mio disprezzo verso quel ragazzo
disturbato. Lo guardo
mentre troneggia sul mio corpo inerme. Il mio cuore batte come un
tamburo
impazzito. In questo momento non riesco neanche a muovere un dito,
potrebbe
farmi di tutto.
Sbuffa.
«La ragazzina di
Capitol City. Non avevo ancora trovato i fiori, ero appena fuggito
dalla
cornucopia. L'ho trovata che stava appostata dietro alcuni alberi
pronta a
tornare alla piazza non appena non vi fosse stato pericolo».
Mi fa venire il
vomito. Sta raccontando un episodio osceno e brutale, come se fosse la
favola
della buona notte.
«Le
ho detto che c'erano
alcuni candidati, tipo quelli dell'uno e del due che stavano cercando
di
ucciderci tutti e di allontanarsi con me. Poi saremmo tornati a cercare
gli
altri. L'ho portata in una stanza come questa...» ride
«Dovevi sentire come
strillava quando le ho fatto togliere la maglietta e i calzoni.
Però, vedi?
Contro un coltello così affilato...». Posa il
pollice sul filo della lama, fa
fiorire una linea rossa sul polpastrello e fa scivolare via gocce di
sangue
carminio. «Fanno sempre quello che vuoi davanti alla scelta
del dolore fisico.
In fin dei conti quello che voglio è piacere...
giusto?».
Sbatto
le palpebre incredula.
Davvero crede che violentare una ragazza sia un qualche cosa di
piacevole?
So
che Capitol City, i
distretti e i militi, hanno una politica di tolleranza zero contro
queste
pratiche. Una volta ho sentito di una ragazza che è stata
violentata da un uomo
ubriaco, vicino alle miniere. L'uomo è stato arrestato,
processato e
condannato. Prima è passato alla gogna in modo che tutti
potessero insultarlo e
gettargli addosso sassi (in quel frangente aveva perso un occhio), poi
l'hanno
reso impotente permanentemente con un miscuglio chimico che chiamano
“castratore” e infine l'hanno trasferito ai lavori
forzati a vita in un altro
distretto. Per questo crimine non esiste più la pena di
morte, ma la somma di
tutte le punizioni è molto peggio che morire subito.
Per
Hemmo non basterebbe. Lui
deve morire! E se riuscirò a liberarmi non avrò
pace sino a quando non l'avrò
ucciso. Feccia come lui non merita di vivere.
«Comunque
è riuscita a
liberarsi prima che terminassi, quindi ho cercato di perfezionare la
tecnica,
se capisci cosa intendo. Adesso, lasciami riposare un attimo»
dice cercando si
sistemarsi meglio. Appoggia la testa al muro e chiude gli occhi
soddisfatto,
mentre l'unica cosa che riesco a fare è pensare come
fuggire.
Quanto
ho bevuto? Due sorsi.
Uno breve e uno più lungo. Quanto durerà
l'effetto della paralisi? Mi sforzo di
muovere un dito ma non sento assolutamente nulla, solo un lieve
formicolio al
piede all'interno dello scarponcino.
Riesco
a voltare la testa e
vedo che Hemmo ha la testa completamente a ciondoloni sul petto. Sta
dormendo.
Faccio un lungo respiro e ricomincio a cercare di flettere mani e
piedi. Il
formicolio del piede diventa sempre più intenso e finalmente
sento che riesco a
piegare l'alluce: il dito che non formicola più.
In
compenso sento che si sta
svegliando anche la mano sinistra, mentre il fastidio sta salendo alle
caviglie
lasciando liberi i piedi. Comincio a capire come funziona mentre riesco
a
muovere le dita della mano sinistra. L'effetto sta svanendo. Ancora
mezz'ora e
dovrei riuscire a scappare sulle mie gambe.
Tiro
un lungo sospiro e
continuo a piegare e flettere mani e piedi, nella speranza di
accelerare il
processo e liberarmi da queste catene. Il fatto di sapere di poter
reagire mi
consola e mi stimola. Non riesco neanche a pensare a quello che voleva
fare
Hemmo. Violenza contro un fantoccio che vedeva, sentiva e non poteva
reagire.
La cosa peggiore di tutte. Non meritano di vivere persone che agiscono
in
questo modo. Non merito di vivere una esperienza simile e neanche
Alicia lo meritava.
Ormai
riesco a piegare le
ginocchia e muovere tutto il braccio sinistro e parte del destro. Sto
per
decidere di muovermi quando sento un rumore che mi fa sussultare e
spaventare.
«Oh!
Non pensavo di
addormentarmi così. Ieri ho dormito poco e mangiato ancora
meno e adesso ero
proprio stanco... tu? Che carina! Mi hai aspettato con ansia? Ne sono
davvero
contento» dice Hemmo scivolando verso di me con il coltello
nella mano.
Mi
sta terrorizzando e lui lo
fiuta. Devo stare calma, attenta e vigile. Concentrata. Non ho ancora
la
mobilità completa e non so se le mie gambe reggerebbero in
caso di fuga. Credo
che dovrò lottare.
Lui
dovrebbe avere un anno o
due in meno di me. Ha un fisico forte ma mingherlino e anche io sono
forte.
Forse non lo batterei, ma sicuramente gli renderei molto difficile il
compito.
Non ho intenzione di farmi sopraffare senza combattere.
Ringhio
alle sue risposte ma
non mi muovo. Non voglio che si accorga che posso muovermi, anche se di
poco.
L'elemento sorpresa è tutto quello che mi rimane.
Hemmo
ha finito di strisciare
come il verme che è, ed è arrivato al mio fianco.
Con
il coltello inizia a
toccarmi, facendo passare la lama sopra la maglietta a partire dallo
scollo e
per tutta la lunghezza del cotone, sopra lo sterno sino ad arrivare in
vita.
Chiudo gli occhi e tento di non tremare e non fare gesti che potrebbero
spaventarlo e farmi infilzare prima del tempo. Sento la fronte sudata e
mi
prudono le mani dalla voglia di ucciderlo. Credo di non aver mai
desiderato
così intensamente l'uccisione di una persona.
«Vediamo
un pochino cosa c'è
qui sotto» dice e solleva la maglietta con le dita, sino ad
arrotolarla sotto
le ascelle, lasciando libero tutto il busto.
«Oh...
reggiseno. Beh,
pensavo peggio. Non le hai enormi ma neanche piccoline»
commenta e con il
coltello mi taglia l'elastico che tiene insieme la biancheria e scopre
il mio
seno. Fremo di rabbia e impotenza. Il coltello sta passando con la lama
piatta
e fredda sul mio petto ed io trattengo il fiato nel futile tentativo di
sottrarmici.
«Ferma,
o ti potrei tagliare
e non vorrei rovinare questa bella pelle... sai che facciamo? Posiamo
il
coltello e ci divertiamo sul serio» annuncia e lancia
distrattamente la lama
dietro le sue spalle, accanto al camino, troppo distante
perché possa allungare
una mano e recuperarla per difendermi.
Questa
è la mia occasione.
Non ci sono armi tra noi, solo le nostre mani per una lotta corpo a
corpo.
Raccolgo tutte le mie forze e per prima cosa urlo più forte
che posso per
confonderlo: «Aiuto! Aiuto! Qualcuno mi aiuti!».
Dopo
un primo istante di
sbigottimento, Hemmo sghignazza «Nessuno ti
sentirà» risponde e si abbassa
verso di me avvicinandosi al seno.
In
quell'istante in cui è
distratto, chiudo il pugno, avvolgendo le dita intorno al pollice e lo
tiro
contro la mascella del ragazzo che si bilancia e cade sul fianco
lasciandomi
libera.
Subito
rotolo dalla parte
opposta e mi metto in ginocchio. Ho difficoltà a respirare
ma fino in questa
posizione riesco ad arrivare. Provo a mettere un piede a terra e cerco
di
alzarmi.
Gemo
disperata. La gamba non
risponde ancora. E crollo a terra. Ricomincio subito a strisciare e poi
a
gattonare verso l'uscita, evitando di passare troppo vicino alla
voragine nella
quale avevo rischiato di cadere alcune ore prima.
Provo
ancora a gridare,
magari arriva qualcuno, anche se ne dubito. «Aiuto!
Aiuto».
Hemmo
si è ripreso e mi sta
raggiungendo, lo sento alle mie spalle. Mi sento afferrare una caviglia
e
inizio a scalciare. Sento un grugnito ma non controllo se l'ho colpito
e
continuo ad avanzare verso la luce e l'uscita. Mi sento di nuovo
afferrare,
questa volta per una gamba e quando cerco nuovamente di scalciare, mi
sento
pestare con un ginocchio. Mi ha bloccato pancia a terra. Mi prende le
braccia e
le storce sulla schiena. Sento una corda e mi agito come una anguilla.
Mi sta
legando i polsi. Se mi lega è finita!
«Aiuto!»
urlo ancora ma non
riesco a continuare prima che mi arrivi uno schiaffo a farmi sanguinare
il
labbro inferiore.
«Adesso
vedrai! Brutta
cagna!» urla mentre mi gira violentemente. Si siede sulle mie
gambe in modo da
tenerle ferme e mentre con una mano palpa brutalmente un mio seno e mi
preme a
terra, con l'altra inizia a sganciare i bottoni della chiusura dei
pantaloni.
No! Per carità! No! Spalanco gli occhi terrorizzata e cerco
di sgusciare via
dalle sue mani. I sassolini che ci sono sul pavimento mi graffiano la
schiena,
ma non riesco a spostarmi tanto da fuggire. Le braccia legate dietro il
mio
tronco, mi fanno male e tra poco verrò violentata.
«Aiuto!
Aiuto!» grido. Non mi
arrendo. Non voglio arrendermi. Continuo a muovermi, a sussultare.
Hemmo è
costretto a lasciare il mio seno per riuscire ad aprirmi i pantaloni e
questo
mi fa venire in mente di potermi sollevare il busto di scatto e
disarcionarlo.
Prima
che riesca a muovermi
sento dei passi di corsa e un'ombra si staglia nel vano della porta.
«Che
succede?... Oh!». È un
ragazzo. È il ragazzo del distretto 10. Ilixo.
«Aiutami!»
urlo implorandolo.
Non riesco a vederlo ma sento che è entrato di corsa.
«Lasciala»
ordina
avvicinandosi.
«Vattene»
risponde Hemmo
sfoderando un altro coltello più piccolo.
Non
fa in tempo a lanciarlo
contro Ilixo che questi muove la sua scure e taglia la carotide del
candidato
del distretto 9. Il sangue schizza da tutte le parti, molto anche sulla
mia
pelle scoperta. Urlo spaventata e vedo che il cadavere viene spinto e
scivola
vicino al buco nel pavimento e poi, con un ulteriore calcio da parte di
Ilixo,
Hemmo sparisce nelle profondità nel terreno.
Non
sento. Non sento niente.
Vedo Ilixo che muove le labbra e cerca di dirmi qualche cosa che non
afferro
mentre mi libera le mani. Ho un fischio persistente alle orecchie che
mi
impedisce di sentire altri rumori.
Mi
sollevo in ginocchio. Ho
le braccia lungo i fianchi e credo… credo di avere le guance
bagnate dalle mie
lacrime. Sento il mio petto che si squassa di singhiozzi. Ilixo si
inginocchia
davanti a me e mi guarda in viso, attento a cogliere segnali di dolore
o di
ferite fisiche. Ma la mia ferita è nel cuore, nel corpo.
Sento freddo dentro.
Sento freddo e voglio scaldarmi.
Mi
tornano in mente i baci di
Paban. Quelli mi scaldavano dentro.
Sento
le braccia che mi
avvolgono e un torace che mi accoglie.
«Adesso
non c’è più pericolo.
Chyna, sei salva. Non piangere» mormora convincente.
Lentamente
sollevo le braccia
e lo stringo a me. È caldo ma voglio di più.
Voglio sentirmi protetta e amata
davvero. Sollevo la faccia e gli do un bacio sulla guancia.
Sento
che trattiene il fiato
e quasi mi verrebbe da ridere. Sto meglio però.
Provo
a dare un altro bacio
sulla guancia e la situazione migliora. Un altro e migliora ancora. Un
altro.
Un altro. Un altro, un altro, altro, altro. I miei baci diventano
sempre più
urgenti e quasi isterici.
Copro
di baci tutto il volto
di Ilixo. Lui è fermo, bloccato e, lo sento, anche stupito.
«Chyna»
prova a dire, ma io
lo blocco e lo bacio sulla bocca, soffocando ogni altro suono.
---ooOoo---
Angolino
mio:
dunque,
questo è un
capitolo abbastanza duro. Abbiamo un Hemmo psicopatico che ha drogato
Chyna per
violentarla. Decisamente il peggio che una persona possa fare.
Fortuna
che è arrivata la
cavalleria, nella veste di Ilixo.
Che
soddisfazione che ho
avuto quando ho scritto che a Hemmo veniva recisa la giugulare! Non ne
avete
idea.
Potrà
sembrare strano che
Chyna si aggrappi così al candidato del decimo distretto, ma
è sconvolta e
diciamocelo, se riesce a farsi subito toccare da qualcuno, forse riesce
anche a
superare prima il trauma.
Abbiamo
scoperto che
Alicia è stata aggredita ma è riuscita a
scappare. Meno male!.
Ora
vedremo cosa succederà
tra Ilixo e Chyna… soli… lei che ha bisogno di
calore umano… Paban non c’è…
Vi
lascio a un piccolo
spoiler del prossimo capitolo:
… «Resta con me, allora. Lo
desideri e lo desidero io.
Stiamo insieme. Ti supplico, non lasciarmi» e, di getto, mi
chino su di lui e
lo bacio. Un bacio diverso dal primo che era pieno di disperazione e
richiesta
di aiuto. Questo è un bacio di supplica. Di salvezza. Di
amore verso un’altra
persona che non si vuole perdere…
E,
nel prossimo capitolo la
ragazza del distretto 3: Shae.
Adesso
lancio un
sondaggio: pensavo di far arrivare un paio di persone vive alla fine ma
forse
ne potrei aggiungere una terza o anche di più. Chi suggerite?
Ringrazio
per l’attenzione
e attendo commenti.
Alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 17 *** il baratro ***
Ciao
a tutti!
Questa
volta sono tornata
prima, perché ho finito di scrivere il capitolo 19 e non
volevo avere tanta
scorta. (bugia, mi hanno espressamente chiesto di postare prima e visto
che
sono arrivata a 9 recensioni in una botta ero troppo felice per negare
questo
contentino).
Grazie
a tutti quelli che
recensiscono, segnano nelle liste speciali e leggono.
Spero
che amiate questa
storia come la amo io.
Mi
è stato chiesto che
fine hanno fatto i mentori. Sono fuori dall’arena e sapremo
quello che hanno
fatto e come gli sono andate le cose al termine di questa parte della
storia.
Tenete
presente che è
Chyna a raccontare e lei non può sapere cosa succede al di
fuori del suo campo
visivo.
E
adesso un altro volto
della storia. Quando ho visto questo banner (grazie Elenri –
Teresa) mi sono
detta: è lei! La dolce Shae, intelligente e quasi materna
nei suoi rapporti con
gli altri del gruppo.
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Copro di baci tutto il volto di
Ilixo. Lui è fermo,
bloccato e, lo sento, anche stupito.
«Chyna» prova a
dire, ma io lo stoppo e lo bacio sulla
bocca, soffocando ogni altro suono.
Sento
che sta cedendo ai miei
baci. Adesso mi risponderà ed io avrò il calore
che mi serve. Avrò l’amore
dentro di me.
«Chyna…
Chyna fermati» dice
quasi implorando. Le sue braccia sono sulle mie spalle e tentando di
allontanarmi gentilmente.
«Ti
prego… ti prego, ne ho
bisogno» replico ricominciando a piangere silenziosamente.
«Fammi sentire amata
nel modo giusto. Voglio sentirmi protetta e rispettata…
voglio…».
Questa
volta è lui a baciarmi
con impeto e dolcezza. Le sue mani callose e forti carezzano le mie
guance e le
sue labbra giocano sulle mie.
Finalmente
sento quel calore
e mi stringo ancora di più a lui.
«Chyna…
ti amo» mormora
staccandosi leggermente. «Chyna, non dovrai più
avere paura. Ci sono io con te.
Sempre». E ricomincia a baciarmi con trasporto. Sorrido sulle
sue labbra. Ha
risposto a tutto quello che gli ho chiesto. Sono amata, sono protetta,
sono
rispettata. E gli sono grata.
«Grazie»
sussurro e
ricomincio a baciarlo.
Comincio
a carezzargli la
schiena e sento che mi fa scendere la maglietta gentilmente, coprendomi
il
busto per poi far sostare le sue mani in vita a stringermi dolcemente
verso di
lui.
Dopo
un tempo che sembra
infinito ci stacchiamo. Abbiamo entrambi il fiatone come chi ha fatto
una
lunghissima corsa. Ma noi abbiamo fatto di più. Lui mi ha
donato la pace e la
forza per tornare dal baratro della paura e di questo non
potrò mai
ringraziarlo abbastanza.
«Vieni,
andiamo a dormire. Ne
hai bisogno». Mi tende la mano e mi fa entrare in un sacco a
pelo che estrae
dal suo zaino. Sistema le armi alla parete: il mio arco, la faretra, la
sua
ascia e i due coltelli di Hemmo, l’unica cosa utile della
vita di quell’essere.
Attizza ancora il fuoco e mette altri ciocchi a bruciare, poi si stende
accanto
a me.
«Vuoi
che ti abbracci?»
chiede sottovoce. Sembra quasi imbarazzato, ed è quasi
comico se si considera
quello che è successo tra noi prima. Mi ha vista quasi nuda!
«Certo»
rispondo gettandomi
addosso a lui. Adesso mi sento bene.
Chiudo
gli occhi e mi
rilasso. Annuso il suo odore. È un misto di cuoio e terra.
È forte e maschio e
mi piace. Mi riempie il cuore. È un odore che conosco,
l’odore simile a quello
che sento quando sono vicino al cavallo di zio Haymitch. Una delle cose
che ha
lasciato a me. È un profumo che adoro perché mi
fa sentire libera tra i miei
boschi.
Le
sue braccia sono quasi
restie, ma poi si decidono a stringermi ed io mi addormento serena
sulla sua
spalla, sicura che niente altro potrà disturbare questa
notte.
Mi
sembra di aver dormito per
giorni. Sento un respiro pesante sulla nuca, un braccio sotto il mio
collo e
qualcuno che dorme appoggiato alla mia schiena. Eppure non ho paura.
Apro
gli occhi e li sbatto,
cercando di capire dove mi trovo.
Sono
nell’arena degli Hunger
Games della Pace. Si è svolta la lotta alla cornucopia. Sono
morti sedici
ragazzi. Eravamo in dodici. Io ero con Paban, Dick, Thabo e Shae.
Abbiamo
trovato Alicia terrorizzata. Era stata aggredita e quasi violentata da
Hemmo.
Sono scivolata nell’acqua dell’inondazione. Mi sono
salvata. Sono stata
aggredita da Hemmo. Ilixo mi ha salvata.
Piccoli
terribili flash mi
tornano in mente, come diapositive delle vacanze ma molto
più colorate e
realistiche. Comincio a tremare per quanto è accaduto in
questi giorni. Un
orrore continuo che, ho paura, non mi abbandonerà per il
resto della vita.
«Calmati,
Chyna. Non aver
paura, sono io, Ilixo» sento una voce calma soffiarmi
nell’orecchio mentre le
sue braccia mi stringono leggermente per farmi tornare sulla terra.
È
il candidato del 10. E’ il
ragazzo che mi ha salvato. Mi volto e ancora una volta lo bacio.
«Ehi!
Credevo che non avessi
più bisogno di queste attenzioni» ridacchia lui
staccandosi. «Se continui così
mi consumerai!» poi si avvicina al mio orecchio e sussurra a
mio solo beneficio
«Ricorda che siamo sugli schermi di Panem» e questo
mi fa bloccare e rammentare
tutto quello che ciò implica.
Sono
stata dipinta come una
mantide religiosa per via di Paban e Brieg. Dick mi ha baciata sul
palco poco
prima dell’inizio delle interviste e ora mi avvento su Ilixo
che mi ha salvata
dalla violenza di Hemmo. Decisamente non sto facendo una bella figura.
Cosa
direbbero i miei
genitori di questo comportamento? E Jayson? Oddio! E se Dick o Paban
guardassero le registrazioni?
Arrossisco
violentemente e mi
scosto da lui. «Piantala di prendermi in giro»
borbotto. Ilixo inizia a ridere
divertito e si alza di scatto, aiutando anche me.
«Prova
a camminare. Vediamo
se hai ancora problemi con la droga» dice tenendo ancora la
mia mano per
evitare che cada. Mi sento una bambina di pochi mesi che impara di
nuovo a
camminare. Avanzo titubante, passo dopo passo, pochi centimetri alla
volta.
Provo
ad alzare le braccia
sopra la mia testa e poi mi abbasso sulle ginocchia. Piego il busto in
modo da
toccare la punta dei piedi con le mani e poi giro il tronco a destra e
sinistra
portando i polsi sui fianchi. Guardo Ilixo e sorrido felice
«Tutto in ordine»
gioisco.
È
stupendo avere il possesso
del proprio corpo. Sentire che posso fare tutte le cose che facevo
prima,
compreso difendermi e trapassare con una freccia chi mi
attaccherà ancora.
«Perfetto!
Suggerisco di
ripulirci un po’ dal sangue del verme e poi trovare qualche
cosa da mangiare,
che ne dici?» chiede raccogliendo l’ascia e un
coltello.
«Sono
d’accordo».
«Propongo
di trovare un’altra
stanza senza voragini interne, magari stiamo più
comodi». Raccoglie il sacco a
pelo e lo spinge dentro lo zaino che issa sulle spalle. Eccolo
l’Ilixo duro
degli Hunger Games.
«Cosa
hai fatto dopo essere
uscito dalla piazza della cornucopia?» chiedo una volta
usciti dalla stanza
teatro del mio terrore il giorno prima.
«Ho
cercato di seguire Rainer
per un po’ ma ho perso le tracce praticamente subito. Non
sono abituato alle
foreste e qui non ci sono terreni umidi delle praterie».
Ci
stiamo dirigendo verso il
centro del paese. Ho visto una specie di fontana con una grande vasca.
Potremmo
ripulirci lì perché dubito che ci sia ancora
sufficiente acqua nel torrentello
che aveva raccolto l’onda anomala dalla quale ero uscita.
«Perché
cerchi Rainer?
Oltretutto credo che sia in compagnia di Nazig e Iraida e quei tre
assieme
farebbero paura anche ai vecchi tributi favoriti» commento.
«Voglio
misurarmi contro di
lui» risponde bloccandosi e guardandomi fisso negli occhi.
Sono
sconcertata. «Per quale
motivo? Gli Hunger Games sono sospesi. Non possono pretendere che ci
uccidiamo
a vicenda. Non lo faremo comunque e qualcuno ci libererà
presto. I militi dei
distretti e di Capitol City non riusciranno a impedire al
popolo…».
«So
benissimo che non devo
più considerarmi un candidato dei giochi. Voglio solo
provare la mia forza e
dimostrare a me stesso che avrei potuto vincere» risponde
deciso.
«E
secondo te l’unico che
poteva vincere era Rainer? Sei un pochino limitato, ti
sembra?» obbietto.
Secondo me i pretendenti alla vittoria potevano essere più
di uno.
«Nazig
è forte ma non quanto
me. Lo so. Iraida e tu siete ancora più deboli e, scusami
tanto, ma Dick non ha
la stoffa di un combattente e Paban è troppo distratto
da…» si interrompe quasi
imbarazzato e carezza una ciocca dei miei capelli.
«Da
me» concludo io con un
soffio. Tutti a dirmi che Paban è innamorato di me.
È stressante. Io? Sono
innamorata di lui? Guardo Ilixo e mi accorgo di non saperlo, non ancora.
Scuoto
la testa. Non ci
voglio pensare adesso. «Non siamo innamorati» e la
mia affermazione è
lapidaria. Lui alza le mani e borbotta uno “scusa”
prima di continuare a
camminare lungo il vicolo.
Riuscire
a togliersi le
incrostazioni di sangue da addosso è un sogno. Visto che
c'è una colonna
quadrata al centro della fontana ci disponiamo ai lati opposti come se
fossimo
divisi da un paravento e ci spogliamo.
Appoggio
l'arco e le frecce
sul bordo della fontana, a portata di mano, e inizio a strofinare ben
bene le
macchie di sangue rappreso di quel porco. Liberarmi di quel sudiciume
esterno è
come togliere il lordume dalla mia anima. Mi sento pulita e pura anche
dentro.
Sospiro di sollievo e soddisfazione.
Laviamo
i nostri vestiti e li
stendiamo al sole sui bracci di pietra che adornano la piazza centrale
di
questo villaggio fantasma, e ci copriamo con delle tovaglie che avevamo
trovato
dentro un cassettone in un'altra stanza che si apriva sul vicolo.
Mentre
aspettiamo, Ilixo
sbuccia e taglia alcuni frutti e mi passa un paio di fette. Seduti al
sole, ci
scaldiamo anche noi.
«Quando
avremo mangiato, cosa
hai intenzione di fare? Dove andrai?» chiedo, masticando la
polpa zuccherina.
«Continuerò
a cercare Rainer»
risponde alzando le spalle.
«Sarà
pericoloso. Ti troverai
anche Nazig con lui. Ne sono sicura. Li ho visti fuggire
insieme».
«Lo
so. Ma sono sicuro che
non mi colpirà alle spalle mentre lotterò contro
il candidato dell’uno. Io ho
intenzione di sfidarlo e di pungerlo sul proprio onore. Non
vorrà far credere
di non essere capace a sconfiggermi da solo». È
deciso e incosciente. Potrebbe
essere lui a soccombere, ma questa opportunità non lo sfiora
neanche.
«Potremmo
cercare gli altri e
provare ad uscire di qui sani e salvi. Potrai sempre duellare contro
Rainer
fuori, magari organizzate un combattimento con le armi da duello.
Sarebbe un
grande richiamo di pubblico, in ogni caso» propongo.
«Non
mi interessa. Io voglio
combattere contro di lui per me stesso. Il pubblico può
anche non esserci per
quanto mi riguarda».
«E
se ti succedesse qualcosa?
A tua madre non ci pensi?». Comincio ad agitarmi. Non voglio
che rischi la vita
in un modo così stupido. Ci tengo a lui.
«Mia
madre non può curarsi.
Anche il medico dice che potrebbe stare meglio ma non guarire del
tutto. Ha una
malattia incurabile e, a parte lei, non mi resta nessun
altro». Nei suoi occhi
non c'è dolore, c'è rassegnazione. Quella
sensazione che subentra dopo aver
sperato e lottato ed aver perso. Stringo le labbra e sospiro. Niente
può fargli
cambiare idea. È già tanto che si sia fermato
insieme a me e di questo lo
ringrazio.
Ormai
è pomeriggio inoltrato
e i nostri vestiti sono asciutti. Ci vestiamo e decidiamo di andare a
caccia.
Abbiamo bisogno di qualche cosa di sostanzioso, visto che oggi ci siamo
sfamati
solo con la frutta.
Siamo
stati fortunati. Appena
usciti dal villaggio ho visto uno scoiattolo passare da un ramo
all'altro e ho
tirato. Subito dopo ne è passato un altro un po'
più guardingo che è stato
facile catturare.
Mentre
stavamo raccogliendo
le nostre due cene, Ilixo mi fa cenno di guardare sul ramo e vedo
strisciare un
grosso serpente dai colori verde e nero. Ecco perché gli
scoiattoli stavano
scappando. Ringrazio mentalmente il serpente per averci aiutato e spero
di non
aver rubato la sua cena.
Questa
volta ci rifugiamo in
una stanza che si apre sulla piazza principale del Villaggio deserto.
Anche
qui c'è un camino
abbastanza grande da poter cuocere la nostra carne.
Ilixo ha anche trovato alcuni tuberi nel
terreno sul retro e che adesso sono circondati dalla brace nel nostro
camino.
Sta
cominciando ad imbrunire.
«Domani
andremo a cercare i
tuoi compagni. Una volta che sarai al sicuro con loro, andrò
a cercare Rainer»
dice con decisione. Annuisco. Non riuscirei a fargli cambiare idea in
ogni
caso.
Ormai
i nostri arrosti
dovrebbero essere pronti, quando sentiamo delle voci rimbombare tra le
pareti
delle varie case del Villaggio.
«Prendi
le armi, presto» dice
correndo ad appostarsi vicino alla porta.
Sento
le voci allegre. Non
sarebbero con questo tono fossero i candidati favoriti. Quando scoppia
una
leggera risata, riconosco il tono allegro di Thabo e lancio un urletto
gioioso
che confonde Ilixo, prima che capisca che non c'è alcun
pericolo.
«Ti
ho detto che ho visto il
fumo. Solo Chyna potrebbe avere l'idea di segnalare la sua presenza in
questo
modo. Secondo me è ancora viva» dice convinto il
ragazzino. Sorrido alla sua
convinzione.
«D'altra
parte non abbiamo
visto la sua immagine in cielo» ribadisce Dick.
Sento
Paban sospirare.
«Nessuno più di me vorrebbe che fosse
così. Continueremo a cercare». Non so se
sia convinto di quello che dice o rassegnato per far contenti gli altri
del
gruppo, ma onestamente non mi importa. Esco di corsa dal mio
nascondiglio e mi
precipito verso il punto in cui ho sentito le loro voci.
«Alicia!
Dick!» urlo per
farmi sentire. In un attimo sento correre. Un rumore assordante verso
di me.
«Chyna!
Hai visto il cielo
ieri sera? Hemmo è morto!» ride Alicia mentre mi
corre incontro a braccia
alzate, non appena svolta l'angolo della piazza. Sono felice che stia
bene e
non mi sento per niente inorridita del fatto che gioisca della morte di
quell'essere. Anche io sono stata contenta della sua fine. Forse
così lei
troverà la pace molto prima.
Una
scossa incredibile mi fa
tremare e cadere in ginocchio. Un terremoto! La casa accanto a quella
dove ci
eravamo rifugiati io e Ilixo, crolla come se fosse di carta,
così come quella
dopo. Sono momenti terribili. Mi appoggio al candidato del distretto 10
che mi
ha raggiunto.
Alicia
continua a camminare
verso di me, nonostante gli urli di tornare dagli altri.
Tra
noi si è aperta una
faglia nella pavimentazione e potrebbe rischiare di precipitare nelle
buche
sotto il Villaggio.
«Alicia!
Torna indietro!»
urlo disperata. Anche Ilixo che mi sta trascinando più
indietro, sbraita «Vai
là!». Paban la richiama, ma lei sembra non sentire
nessuno.
«Chyna!
È finita!» è l'ultima
cosa che le sento dire, prima che una voragine si apra sotto i suoi
piedi e lei
venga inghiottita dalle viscere della terra.
La
vedo sparire sotto i miei
occhi. Allungo una mano ad afferrare l'aria. Ormai Alicia non
c'è più. Sento
solo l'eco lontana del suo urlo terrorizzato mentre precipita per
diverse
decine di metri e il tonfo di morte che viene seguito da un silenzio
irreale.
Ilixo
mi stringe e lascia che
le mie lacrime e le mie urla si infrangano sulla sua maglia. Alicia
Snow. La
ragazzina di Capitol City. La più piccola di noi, che non
faceva male a
nessuno. Che è stata aggredita da quel bruto. Che voleva
solo vivere in pace,
senza il peso di quel cognome ingombrante. Che era mia amica. Che ora
è morta.
Al
di là del baratro che ci
divide come un fiume invalicabile, gli altri miei compagni piangono per
la
stessa ragione mia. Orrore, dispiacere, disperazione, lutto.
Finisco
di singhiozzare e mi
asciugo gli occhi con rabbia.
«E'
colpa degli strateghi.
Questa è opera loro e la pagheranno cara!»
prometto, poi mi alzo in piedi e
volgo il viso al cielo. Non so se vi siano telecamere in quella
direzione ma
non importa. Qualcuno sentirà. «Non vi aveva fatto
niente! Voi l'avete uccisa!
Il suo sangue vi macchierà le mani e la coscienza per
sempre! Io, Chyna
Mellark, qui e ora, chiedo giustizia! Voglio giustizia per tutto questo
male!
Mi sentite? Mi sentite? Voglio giustizia!» mi metto a urlare
a più non posso,
tanto che mi fa male la gola.
Accanto
a me, Ilixo si alza e
intreccia le dita della mia mano con le sue, poi alza il viso verso il
cielo
come me e mi fa eco «Anche io voglio giustizia! Voglio
giustizia per la mia
compagna Eleonir, per i candidati del distretto 11 Christal e Bor e per
tutti
gli altri. Io voglio giustizia!».
Dall’altra
parte del buco si
alza la voce di Paban «Io voglio giustizia! Per tutti quelli
che sono morti. E
per tutti quelli che sono ancora vivi e che credono di averne colpa!
Non ne
abbiamo colpa e per questo io voglio giustizia!».
«Voglio
giustizia per Douce!»
urla Thabo.
«E
anche per il mio compagno
Noah! Io voglio giustizia!» aggiunge Shae con la voce
incrinata e commossa.
«Vogliamo
giustizia per tutti
i nostri amici!» grida anche Dick con la sua voce tonante.
Li
guardo tutti, vicini e più
lontani e sono commossa. Ancora due lacrime scivolano sulle guance e
non riesco
a fermarle. So che questo sfogo al cielo non risolverà
nulla. Spero solo che
nei distretti, qualcuno si faccia carico della nostra situazione e
agiscano per
tirarci fuori il prima possibile. Prima che altre persone a me care
perdano la
loro vita senza neanche un motivo.
Non
sono più gli Hunger Games
della violenza, dove la morte dei tributi era la punizione per la
rivolta dei
Giorni Bui. Oggi doveva solo essere uno spettacolo di intrattenimento e
invece
c’è sangue vero, morti vere su un altare di non si
sa quale dio. Chi ha voluto
orchestrare tutto questo?
Quale
sadico piacere ne prova
a portare tanto dolore e morte?
Sento
avvicinarsi dei passi
e, voltandomi, noto che gli altri ci hanno raggiunti, passando attorno
alla
grande voragine dove è scomparsa Alicia. Subito vengo
abbracciata da Shae che
ricomincia a singhiozzare sulla mia spalla.
«E’
terribile. terribile»
mormora come un disco rotto.
Anche
Dick e Thabo hanno gli
occhi lucidi di chi ha pianto e sofferto. Tutti noi siamo sconvolti.
Guardo
Paban che si è avvicinato e mi appoggia una mano sulla
spalla, in modo
solidale, ma il suo sguardo ha un qualcosa di distratto e stringe le
labbra in
una linea dura. Vedo che lancia un’occhiata alla mia mano e
mi accorgo di
averla ancora intrecciata con quella di Ilixo.
È
un attimo. Tutti ci
allontaniamo e cerchiamo di darci un contegno. Mi sento imbarazzata,
come se mi
avesse sorpresa ad amoreggiare nuda con il candidato del 10.
«Venite.
Se la stanza non è
crollata, ci sono un paio di scoiattoli cotti e qualche patata. Non
è molto ma
almeno mangeremo qualcosa» dice Ilixo precedendo tutti verso
la costruzione che
sembra ancora stabile. Con cautela entra nella stanza ed io trattengo
il fiato
per la paura che possa crollare da un momento all’altro. Non
riuscirei a
sopportare che succedesse qualche cosa anche a lui. Per oggi i morti
sono stati
anche troppi, uno è già troppo.
Mi
accorgo di aver trattenuto
il fiato solo quando lo vedo uscire con lo zaino a spalle e un grande
asse in
mano, dove sono disposte le nostre vivande fumanti. E torno a respirare.
Ci
posizioniamo vicino alla
fontana, al centro della piazza e lontano da qualsiasi pericolo di buco
o
crollo. Mangiamo in fretta ma senza la voglia e la fame che
caratterizza chi ha
lo stomaco vuoto da ore. Abbiamo urgenza di lasciarci questo Villaggio
alle
spalle. È diventato una trappola mortale.
«Chyna»
inizia a dire Thabo,
dopo che tutti abbiamo mangiato in silenzio, ancora scossi per quanto
accaduto.
«Dobbiamo dirti una cosa». Il suo viso è
serio e dispiaciuto e il mio cuore
batte forsennato. Ha la classica faccia di chi porta cattive notizie e
non
riesco a capire quali possano essere.
Alicia
è morta ma loro sono
vivi e stanno bene. Cos’altro può essere successo?
Mi
prendo la testa tra le
mani mentre Paban circonda le mie spalle con un braccio e, cercando di
modulare
la voce, mi comunica la notizia.
«Questa
mattina, in una specie
di tempio a circa tre ore da qui… abbiamo trovato
Brieg».
Alzo
di scatto la testa e mi
guardo attorno, come se potessi vedere spuntare la testa bionda del
candidato
del distretto 7 che arriva per mangiare con noi.
«Dov’è?».
Ansia. Il tono di
Paban non mi è piaciuto e ho paura di sentire il resto.
Tutti
chinano la testa
contriti. Shae prende la parola mentre Paban mi stringe più
forte.
«Doveva
aver tentato di
prendere un gioiello su una specie di altare. L’abbiamo
trovato trafitto da
quattro lance con una mano tesa verso qualche cosa di brillante. Non
abbiamo
osato entrare nel tempio perché avevamo paura che ci fossero
delle trappole… mi
dispiace, Chyna. So che eravate amici» finisce il suo
racconto in un soffio.
Nascondo
il mio viso contro
il petto di Paban e chiudo gli occhi. Anche Brieg. Il candidato che
somigliava
a mio padre. Quello che voleva vincere fingendo amore per me. Come
sembra tutto
futile adesso che è morto. Mi interessava davvero che
facesse i suoi intrighi?
No. Volevo solo che vivesse. Che uscisse tutto intero
dall’arena.
Quanti
moriranno ancora?
«Voi
due invece?» cerca di
sembrare più allegro Thabo, guardando alternativamente Ilixo
e me, «Come vi
siete trovati?».
«L’ho
trovata appena in
tempo, prima che Hemmo potesse violentarla» risponde secco il
candidato del
dieci, lasciando tutti gelati.
Subito
Paban, che è seduto
accanto a me, prende il mio viso tra le mani e mi fissa negli occhi con
aria
terrorizzata. «Ti ha fatto qualcosa? Stai bene?»
chiede con urgenza.
«Ilixo
è arrivato in tempo…
Mi aveva drogata e non potevo muovermi». Sto di nuovo
tremando al solo ricordo.
«Mi toccava… Oh, Paban, è stato
orribile». Mi lascio abbracciare per l’ennesima
volta. Sento che trema anche lui e lo stringo per calmarlo. Sono sana e
salva.
Questo è l’importante.
«Cosa
è successo a Hemmo?»
chiede con rabbia a Ilixo.
«L’ho
sgozzato e l’ho gettato
in un buco» risponde. Sento un sospiro, quasi di sollievo.
«Ti
ringrazio per averla
protetta quando io non c’ero. Ti sarò debitore per
sempre».
La
sera passa in silenzio.
Ognuno con i propri pensieri a tormentarlo. Vedo Shae e Thabo stretti
in un
abbraccio consolatore e fraterno quando inizia l’inno e
appare in cielo il
sigillo di Panem seguito dall’immagine della piccola Alicia e
da quella di
Brieg. Una lacrima scorre ancora sul mio viso, prima che riesca a
fermarla con
un gesto brusco. Sono stanca di piangere gli altri candidati. Siamo
amici
ormai.
Guardo,
Dick, poco distante
che osserva lontano, oltre le case, come se vedesse fuori di qui.
Guardo Paban
che fa finta di essere concentrato sul fuoco ma in realtà mi
osserva con la
coda dell’occhio. Guardo Ilixo, Shae e Thabo. Non sopporterei
di perdere
nessuno di loro. E ho tanta paura che possa accadere.
«Andiamo
a dormire. La stanza
dove eravamo è solida e non ci sono crepe nel pavimento.
Direi che possiamo
passare la notte lì e domani mattina lasciare il
Villaggio» propone Ilixo e
tutti sono concordi.
Ci
organizziamo per dormire e
il candidato del dieci si offre di fare il primo turno di guardia.
Quando
ci corichiamo nei
sacchi a pelo, sento la mano di Paban che stringe la mia. Si
è messo vicino a
me, come lo è stato per tutto il tempo da quando ci siamo
riuniti. Accanto al
camino si siede Ilixo e nel silenzio della notte lo fisso guardare la
piazza.
Mi
addormento così, con le
dita intrecciate nella mano di Paban e gli occhi fissi su Ilixo, con il
cuore
gonfio di pena per Alicia e Brieg e con il desiderio feroce di uccidere
chi ha
orchestrato questo massacro.
Mi
sveglia Shae un paio d’ore
prima dell’alba per l’ultimo turno di guardia.
Senza neanche dircelo, abbiamo
stabilito che Thabo avrebbe dovuto solo dormire.
Dick
russa rumorosamente e
distrae dai rumori che possono esserci fuori la porta. Per il resto
è tutto
avvolto dal silenzio del sonno profondo prima del risveglio.
«Tutto
a posto, Chyna. Tocca
a te» sussurra la ragazza del tre, prima di scivolare nel
sacco a pelo che le
lascio alzandomi. Mi guardo attorno, sorpresa di non vedere Ilixo al
suo posto.
«Dov’è
andato?» chiedo
indicando il giaciglio vuoto.
Shae
sbadiglia prima di
rispondere «E’ fuori. Ha detto che voleva fare due
passi da solo». Chiude gli
occhi e apparentemente si addormenta di botto.
Silenziosamente
mi avvicino
alla porta e vedo un’ombra seduta su un masso, rimasuglio del
crollo della casa
accanto.
«Non
dormi?» chiedo
sottovoce.
«No».
«Perché?
Hai qualche
pensiero?». Ridicolo chiedere una cosa del genere visto i
drammi che si
susseguono in questi pacifici giochi. Ma chiedere dei pensieri di Ilixo
è
diverso. Lui non ragiona come gli altri. Lui pensa alle sue mosse e
alle sue
ambizioni.
«Appena
si svegliano tutti e
dopo aver fatto colazione, me ne andrò per la mia
strada» annuncia.
«Ti
prego» sospiro «Non
farlo. Resta con noi. Resta con me, lo avevi promesso».
Provo. Provo di tutto.
Non voglio che vada ad uccidersi o ad ammazzare qualcuno. Basta con
questa
violenza.
«E’
arrivato Dick. E’
arrivato Paban. Non sarai sola e loro ti proteggeranno meglio di
me». Mi guarda
e, per la prima volta noto i suoi occhi chiari e luminosi. In questo
momento
non sono freddi come al solito e mi accorgo di volere che rimangano
sempre
così. Belli e sereni.
«Perché
vuoi andare a
combattere contro Rainer. Non porterà niente di buono questa
cosa. Resta, ti
prego». Ormai lo sto implorando ma lui scuote la testa
sorridendo.
«Per
quanto possa desiderare
di stare qui con te, devo provarci. Per me stesso. Per il mio essere
uomo. Non
pretendo che capisca, stento a capirmi io stesso… ma sento
che lo devo fare».
Mi
aggrappo alla sua
confessione, senza soffermarmi su quanto in realtà
significhi.
«Resta
con me, allora. Lo
desideri e lo desidero io. Stiamo insieme. Ti supplico, non
lasciarmi» e, di
getto, mi chino su di lui e lo bacio. Un bacio diverso dal primo che
era pieno
di disperazione e richiesta di aiuto. Questo è un bacio di
supplica. Di
salvezza. Di amore verso un’altra persona che non si vuole
perdere.
Lentamente
appoggia le sue
mani sulle mie braccia e mi allontana.
«Tu
potrai anche non essere
sicura di quello che provi per Paban, ma di sicuro non ami me. Non
farmelo
credere per tarparmi le ali. Sarebbe crudele
e la Chyna che amo non lo è». Provo
ad aprire la bocca per rispondere ma
lui mi anticipa. «So che mi vuoi bene. Ma non mi ami, e, ad
essere sincero,
neanche l’amore che provavano Christal e Bor, basterebbe per
farmi rimanere
qui. Sento che è il mio destino, non me lo impedire. Adesso
sono io che ti
prego».
Un
senso di sconfitta mi
avvolge il cuore. Non posso fermarlo, ormai ha deciso.
Torno
a baciarlo,
sfiorandogli solo le labbra. Non posso salutarlo così
domani, alla luce del
sole non ce la farei. Questo potrebbe essere un addio e lo faccio
quando il
giorno sembra ancora lontanissimo a venire e mi da la sensazione di
avere tutto
il tempo del mondo.
Torno
silenziosamente nella
stanza che abbiamo occupato e attendo l’alba. Mi siedo
accanto al camino quasi
spento e ne alimento un pochino le fiamme, poi mi appoggio alla parete
e faccio
scorrere lo sguardo sui miei compagni.
Dormono
tutti. Hanno un sonno
leggermente agitato, lo si vede per gli scatti che stanno facendo. Solo
uno è
immobile e, fissandolo, mi accorgo dei suoi occhi che brillano nel buio
e che
guardano me. Incrociamo lo sguardo per un attimo, poi lui si volta
dalla parte
opposta e si rimette a dormire.
Paban.
Cosa hai visto? Cosa
hai sentito? Faccio un altro piccolo sospiro. Non posso pensarci
adesso. Prima
voglio uscire dall’arena, poi metterò ordine nel
mio cuore.
Sebbene
abbia continuato a
guardare fuori dalla porta, scorgendo e ammirando tutti i cambiamenti
di
sfumatura del colore del cielo, l’arrivo dell’alba
mi coglie impreparata. Tra
poco Ilixo continuerà per la sua strada e io non so se
sopravvivrà, se lo vedrò
ancora vivo.
Quando
usciamo dal nostro
rifugio, troviamo la nostra colazione già pronta e il
candidato del dieci
accoccolato a mangiarne la sua parte.
«Ecco!
Mi avevate detto che
dovevo andare a procurare la colazione visto che non avevo avuto il
turno di
guardia, invece fate tutto voi! Lo volete capire che non sono un
bambino? Posso
lottare esattamente come Chyna o Shae. Non dico di essere forte come
Dick, ma
almeno datemi fiducia!» inizia a lamentarsi Thabo, facendo
ridacchiare tutti
gli altri.
«Nessuno
pensa che tu sia un
bambino» rispondo con lo stesso tono che avrei usato per
Jayson. Erano uguali
quei due. Più li si voleva proteggere e aiutare,
più mordevano il freno e lo
ritenevano una offesa personale. «Vogliamo solo aiutarti. So
benissimo che sei
forte quanto me. E poi si cresce in fretta qui dentro»
termino lanciando una
occhiata alla voragine dove è scomparsa Alicia.
«Mi
stavo chiedendo una cosa»
sbotta improvvisamente Shae, attirando la mia attenzione.
«Non ho ancora visto
un hovercraft per raccogliere i morti. Capisco quelli che sono caduti
sotto,
nei buchi» dice indicando quello di Alicia «Ma
Brieg? Era morto da almeno mezza
giornata. Il sangue sembrava secco. Eppure era ancora lì
appeso». Hanno
intenzione di lasciare i morti a decomporsi? Un cimitero
all’aria aperta?
Magari mangiati dai cani selvatici o peggio?
«Vuoi
dire che i ragazzi,
alla cornucopia, sono ancora lì?» chiede Dick
spaventato.
«Non
ne ho idea. Spero di no»
risponde lei.
«Quelli
alla cornucopia sono
stati raccolti. Sono passato il giorno dopo lo scontro e non
c’era più nessuno,
vivo o morto» dice laconico Ilixo. Tiro un sospiro di
sollievo. Almeno
Christal, Bor, Douce, Sakìa e Rudy potranno tornare ai loro
distretti composti,
per ricevere l’ultimo saluti dai loro congiunti.
«Dove
decidiamo di andare
adesso?» chiede Thabo una volta finita la colazione.
Rimaniamo tutti in
silenzio. Dove è possibile andare?
«Come
avevamo deciso. Io
vorrei vedere la fine dell’arena. Fin dove arriva e cosa
c’è per contenerla.
Una rete oppure un campo di forza» propone Shae.
«Giusto.
È inutile stare alla
cornucopia. È il centro dell’arena e da
lì non si può uscire, magari
c’è una
falla nella recinzione esterna» le da ragione Paban.
Annuisco, tentar non
nuoce.
Guardo
preoccupata le
montagne che ci circondano. Superarle non sarà affatto
semplice, però.
«Io
me ne vado a cercare gli
altri» dice invece Ilixo con voce tranquilla.
Io
guardo a terra, mentre
cerco di tranquillizzare la stretta al cuore che ho sentito in quel
momento. Ha
deciso. Vuole andare.
«Ilixo,
potrei parlarti un
attimo in privato, prima della tua partenza?» chiede cortese
Paban. Alzo la
testa di scatto a quelle parole. Curiosa di sapere cosa devono dirsi e
vedo
solo il candidato del dieci annuire ed alzarsi. Si allontanano di una
ventina
di metri, accanto alle macerie della seconda stanza crollata sulla
piazza.
«Chyna,
puoi andare a
prendermi degli assi per trasportare gli utensili? Vorrei lavare
qualche
ciotola per portarla via» interviene subito Shae. Sospiro.
Avrei voluto
origliare quello che quei due si sarebbero detti, ma forse è
meglio così.
Faccio
per alzarmi e
dirigermi verso la fontana centrale, quando Shae aggiunge.
«Devi fare il giro
da dietro. È meglio» e mi strizza
l’occhio.
Immediatamente
capisco che mi
da l’occasione per realizzare il mio pensiero e con un gran
sorriso, annuisco e
scompaio dietro le macerie dei due crolli.
Dopo
pochi istanti mi
appoggio a un muro che è rimasto miracolosamente in piedi e
da lì sento i due
ragazzi parlare.
«Hai
deciso di andartene per
duellare con Rainer? Chyna ne sta soffrendo» sento dire a
Paban.
«Non
far finta di non essere
contento che me ne vada» replica annoiato Ilixo.
«Oh,
lo sono. Vi ho visto
questa notte…» e mi copro la bocca di scatto
trattenendo il fiato.
Maledizione!
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine. Sono gli
Hunger Games, è normale la sindrome da ‘dieci
piccoli indiani’ per la serie ‘ne
rimarrà soltanto uno’. (Dieci piccoli indiani
è un giallo di Aghata Christie –
Ne rimarrà soltanto uno è una citazione
famosissima del film Highlander).
Alicia
e Brieg ci hanno
lasciato. Pace all’anima loro. Mi spiace per la piccola di
Capitol City, un
pochino meno per il biondo del distretto 7. Concordo comunque che
nessuno
merita di tirare le cuoia lì dentro.
Adesso
rimangono in 9 e
cioè: Chyna, Dick, Paban, Shae, Thabo, Ilixo, Rainer, Nazig
e Iraida.
Confortata
dalle vostre
idee ho deciso chi salvare. (Elenri taci!).
Adesso
vi lascio al solito
piccolo spoiler del prossimo capitolo:
…
Dick cammina velocemente
verso i pomi, ma io sto guardando il terreno e mi metto a urlare
spaventata al
suo terzo passo, quando vedo una specie di onda concentrica che si
spande da
sotto il suo piede.
«Fermati,
Dick! Torna
indietro!» grido e anche gli altri trattengono il fiato e si
bloccano…
E
il banner postato sarà
il dolce faccino di Rainer. Ne abbiamo parlato tanto, è ora
che sappiamo che
faccia ha.
Non
sono solita fare
promesse simili, ma, visto che ho capitoli in cascina, se mi fate avere
una
decina di recensioni per questo capitolo, posto il 18, altrimenti
aspetterete i
soliti sette giorni.
Ringrazio
per l’attenzione,
alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 18 *** il boschetto ***
Ciao
a tutti!
Come
si dice? Ogni
promessa è debito. Avevo chiesto 10 recensioni e dieci sono
arrivate, quindi
pago con questo nuovo capitolo.
Siamo
tutti ansiosi di
sapere quello che Paban e Ilixo diranno su Chyna, quindi mettiamoci a
origliare
tutti!
Avremo
anche altri colpi
di scena. Spero che questo capitolo vi piaccia, a me ha dato buone
sensazioni.
Come
al solito ringrazio
chi recensisce, chi segna nelle preferite (già 36!)
ricordate e seguite e chi
semplicemente legge e spero tanto che apprezzi le mie pazzie. Grazie
soprattutto a Elenri (Teresa) che contribuisce con il suo ingegno a
rendere più
godibile questa storia.
Oggi
vi presento un
soggetto che anche per il banner ha fatto lavorare parecchio.
È strano perché
non è un personaggio che è intervenuto molto
(praticamente non ha mai parlato)
ma è sempre stato una sinistra presenza costante. Sto
parlando di RAINER il
candidato terribile del distretto 1.
E
adesso vi lascio al
capitolo… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Hai deciso di andartene
per duellare con Rainer? Chyna ne sta soffrendo» sento dire a
Paban.
«Non far finta di non
essere contento che me ne vada» replica annoiato Ilixo.
«Oh, lo sono. Vi ho visto
questa notte…» e mi copro la bocca di scatto
trattenendo il fiato.
Maledizione!
«Cosa
hai visto?». Ilixo
incrocia le braccia sul petto, in attesa.
«Vuole
te. Resta». Spalanco
gli occhi. Oh, Paban...
«Lei
non sa quello che vuole.
Si è affezionata a me, quanto a te, lo so, ma deve ancora
decidere».
«E
non vorresti avere una
possibilità con lei? Potresti perdere
l'opportunità. Non sono tanto generoso».
«Non
lo sarei neanche io se
fossi in te. Ma tu vuoi restare vicino a lei, io devo prima dimostrare
di
esserne degno». No! Ilixo, non devi dimostrarmi niente.
«Non
te lo chiederebbe mai.
Non usare lei come una scusa per la tua ambizione».
«Può
anche darsi che sia
ambizioso, ma ci sarai tu a beneficiarne. Perché ti
preoccupi tanto? Lasciami
andare in pace e goditi la ragazza». Con che astio e rabbia!
Che ti ho fatto
Ilixo?
«Se
tu te ne vai, io non
starò ad aspettare per uno scontro leale. Mi
porterò in vantaggio e tu te la
potrai scordare».
«Non
credo di avere tutte
queste speranze». Ilixo fece spallucce.
«Da
come vi baciavate questa
notte non l'avrei detto». Paban, aveva visto i baci. Oddio!
«Anche
tu l'hai baciata
parecchio, mi pare». E anche Ilixo. Le mie mani vanno alle
guance rosse. Che
vergogna!
«Ma
non le ho mai detto “ti
amo”. Tu sì. Vuoi rinnegare anche
questo?».
«No.
Non rinnego di essermi
innamorato di lei. Si è dimostrata straordinaria sin dalla
prima volta che l’ho
vista. Non ho potuto evitarlo». Mormora quasi vergognandosi.
«Lo
capisco. Lei è speciale.
Lo è sempre stata».
Mi
volto. Non riesco più a
guardare. Appoggio la schiena al muro e mi faccio scivolare a terra.
Sento
il mio cuore che si
spezza, dal dolore per il male che sto causando. A Paban, per il mio
comportamento e a Ilixo per la mia indecisione. Potessi scegliere ora.
Uno di
loro due, fosse anche Ilixo che sta andando via, ma almeno l'altro
potrebbe
mettersi tranquillo, invece di sperare, magari il nulla.
«Perché
non le hai detto che
la ami?». Sento domandare. È Ilixo che ha chiesto
a Paban.
«Perché...
è una situazione
complessa... non volevo soffocarla con altri pensieri».
Fatico a sentire la
risposta.
«Oppure
avevi paura che
dicesse di no?».
«Terrorizzato».
Sorrido. Oh,
Paban.
«Vedi?
Sei troppo preso. Non
potrei mai mettermi in mezzo!». Sento un tono ironico e
divertito.
«Non
fare il finto modesto.
Tu sei già in mezzo».
«Okay,
Paban. Adesso basta
con le buone maniere, tanto qui non se ne esce».
«E
allora cosa proponi?».
«Quello
che avevo già in
mente. Io voglio battermi con Rainer. Motivi e problemi miei di cui non
devo
rendere conto a nessuno. Tu continuerai a fare da cavaliere a Chyna. Se
avrai
trovato le palle per chiarirle esattamente quello che provi, bene,
altrimenti
avrò tutto il tempo per tornare e provarci io e tu rimarrai
con un pugno di
mosche. Ti va l'idea?».
«Perfetto.
Vai pure. Io vedrò
di corteggiarla e conquistarla prima che tu torni alla carica, in modo
che
quando sarai di nuovo con noi, lei non si accorgerà neanche
della tua presenza
e starà solo tra le mie braccia. Ti va l'idea?».
«Credo
che non ci sia
soluzione migliore». Sento dei colpi, come delle pacche sulle
spalle. Sicuramente
si staranno facendo i soliti pugni amichevoli da ragazzini.
Alzo
lo sguardo quando non
sento più parlare. Probabilmente si sono allontanati ed io
posso tornare al
bivacco. In quel momento mi accorgo che c'è Shae davanti a
me che sorride
tranquilla.
«Ti
amano tutti e due. Sei
fortunata» asserisce.
«Lo
so. Non credevo che
Paban... e poi da come aveva parlato Ilixo io non avevo... oddio!
Perché deve
essere tutto così difficile!». Le mie dita corrono
ai capelli. Sono talmente
agitata che vorrei strapparmeli.
«Chyna,
ascoltami. Nessuno di
loro ti ha chiesto di scegliere adesso. In questo momento siamo
nell'arena e
dobbiamo cercare di uscirne vivi. Non sappiamo quello che
succederà da adesso a
domani... non pensarci ora. Nel momento in cui non sentirai
più la necessità di
scegliere è perché, in cuor tuo, avrai deciso e
allora tanti pensieri saranno
superflui».
Ha
ragione. Se continuo a
farmi tanti pensieri per scegliere, vuol dire che non so cosa decidere
e potrei
solo fare dei danni. Quando non avrò più
pensieri, allora saprò che scelta ha
fatto il mio cuore e sarà tutto più semplice.
Lasciamo
che gli eventi
facciano il loro corso e vedremo.
Ciò
non toglie che mi senta
in colpa per il loro sentimento non corrisposto. Sorrido mesta e mi
rialzo per
tornare con Shae.
Thabo
ha già radunato le armi
e gli utensili e Dick si è caricato lo zaino in spalla.
Anche Paban e Ilixo
sono pronti. Raccolgo il mio arco e infilo uno dei coltelli di Hemmo
nella
cintura e la faretra con le sei frecce, sulla spalla.
«In
bocca al lupo». Paban
saluta Ilixo e comincia a camminare verso le montagne, brandendo il mio
spadino
contro le felci.
«Buona
fortuna». Anche gli
altri salutano Ilixo e seguono il candidato del quattro uscendo dal
villaggio.
Io
mi avvicino e lo abbraccio
stretto. «Grazie per avermi aiutato. Stai molto attento e fai
quello che devi
fare in fretta, così usciremo tutti insieme da
qui» gli dico.
«Stai
attenta, Chyna. Mi
raccomando» mormora e mi da un bacio in fronte, poi si volta
e si allontana
diretto dalla parte opposta rispetto alla nostra.
Penso
che abbia intenzione di
tornare alla Cornucopia e iniziare a cercare partendo da lì.
Mi
affretto a raggiungere
Dick che mi sta aspettando.
«Ilixo
è stato un bravo
amico. Spero che tornerà presto con noi» dice
prima di inoltrarsi nella giungla
dietro agli altri.
«Lo
spero anche io» bisbiglio
a me stessa.
La
nostra strada diventa
sempre più lunga e impervia. Stiamo salendo in quota e la
giungla si sta
diradando. Riusciamo a procurarci appena quello che si serve per
mangiare. Pare
che gli animali, che potrebbero servirci per il cibo, siano quasi
spariti. Se
ne trovano con il contagocce.
Sono
ormai tre giorni che
stiamo camminando verso l'estremità dell'arena. Tre giorni
fa abbiamo lasciato
il candidato del distretto 10 che andava a cercare Rainer. Non abbiamo
saputo
niente di quanto successo agli altri, ma presumo non ci sia nulla di
nuovo,
altrimenti avremmo visto le immagini nel cielo. Potrebbero anche essere
feriti
e bloccati, ma, in questo caso, non lo saprei. Ma no, non credo. Sono
sicura
che non ci sono stati scontri.
«Andiamo
di là» dice Paban,
indicando un gruppo di piante più verdi rispetto alle altre
«Sembra che dopo
quella macchia, arriveremo alle pendici delle montagne». In
effetti sembra
proprio che dopo qualche centinaio di metri, giungeremo alle rocce.
Continuiamo
a camminare in
fila indiana, con Thabo a seguire Paban, poi Shae e io con Dick a
chiudere il
gruppo.
Entriamo
dentro a una specie
di boschetto con piante decisamente diverse rispetto alla giungla che
ci siamo
lasciati alle spalle. Le piante sono filiformi, quasi secche, eppure le
foglie,
piccoline e aghiformi, sono di un verde brillante e sono tantissime.
Tra le
fronde, pendule, un numero imprecisato di liane collegano le piante tra
loro
creando una fitta chioma boschiva.
«Che
bello» sospira Shae
guardandosi intorno. In effetti è una macchia verde un po'
strana eppure molto
affascinante. Carezzo
un tronco e mi
sorprendo a sentire la corteccia liscia e morbida come velluto. Sembra
quasi
che non sia legno.
«Non
senti un profumo
strano?» chiede Thabo voltandosi verso di me. Annuso l'aria
come il cagnolino
randagio che gira sempre al mercato al distretto 12. Si sente un olezzo
dolciastro che somiglia alla vaniglia, eppure queste piante non hanno
nulla a
che fare con la vaniglia. Chissà da dove viene? Mi avvicino
ancora al tronco e
annuso. No. Non viene da lì.
Anche
Paban si gira intorno
perplesso. Il terreno è morbido, liscio e vellutato,
esattamente come i tronchi
degli alberi. Un leggero venticello fa oscillare le liane, che sembrano
quasi
vivere e muoversi come serpenti attorno ai rami dove sono appese. Si
stendono,
risalgono, si annodano e si ristendono.
«Ragazzi,
forza. Andiamo
avanti» dice alla fine il nostro capo. Ormai ci siamo tutti
affidati a Paban e
al suo intuito. Nonostante che il territorio boschivo, non sia il suo
ideale,
finora ci ha condotti con prudenza e attenzione, evitando ogni pericolo
potesse
esserci, durante tutto il nostro sentiero.
Con
decisione parte verso le
rocce nere che si scorgono oltre la chioma del boschetto.
Sento
una voce dietro di me.
«Quelli sono frutti! Aspettate che ne raccolgo
qualcuno» dice Dick
allontanandosi.
Non
so perché ma non mi
sembra una buona idea. Mi volto preoccupata e guardo dove si trovano i
fantomatici
frutti a cui si rivolgeva il mio compagno di distretto e li vedo. Dei
globi
rossi e lucidi, pendono tentatori da alcuni rami oltre uno spiazzo
piatto che
si estende alla nostra destra.
Dick
cammina velocemente
verso i pomi, ma io sto guardando il terreno e mi metto a urlare
spaventata al
suo terzo passo, quando vedo una specie di onda concentrica che si
spande da
sotto il suo piede.
«Fermati,
Dick! Torna
indietro!» grido e anche gli altri trattengono il fiato e si
bloccano.
Il
mio compagno si ferma e si
gira verso di me con aria interrogativa. Mi sento come se avessi il
fiatone.
Sono agitata e mi sto dando della idiota, visto che non sta accadendo
nulla. È
solo una sensazione e forse dovrei stare più calma.
Passano
alcuni secondi e
tutto sembra fermarsi. Non ci sono movimenti strani e mi sento davvero
stupida
ad aver pensato il peggio. Sorrido incoraggiante e scuoto la mano per
scusarmi
con Dick. Non è il caso di essere tanto apprensiva.
«Allora
vado» mormora
dirigendosi nuovamente verso i frutti rossi.
Dopo
altri due passi, vedo
che si blocca e sgrano gli occhi, preoccupata.
I
suoi scarponcini sono
scomparsi. Dick si volta verso di noi e inizia ad agitare le braccia.
«Aiuto!
Non mi muovo. Sto
sprofondando... Chyna! Aiutami!».
Sono
sabbie mobili. Sta
lentamente inabissandosi nelle sabbie.
«Cosa
possiamo fare? Non
possiamo andare lì» dice Thabo indicando il
terreno che adesso sta ondeggiando
attorno ai polpacci del mio compagno del distretto.
Vedo
che Paban corre ai
tronchi ed inizia a staccare le liane. «Presto, prendete
queste e
intrecciatele. Dobbiamo fare una corda abbastanza robusta per tirarlo
fuori!».
È un'ottima idea, l'unica che ci venga in mente.
Subito
Thabo e Shae iniziano
a tirare le liane per poi passarmele. Io le intreccio grossolanamente
tra loro.
Non posso fare un lavoro di fino, deve solo essere robusto per
sostenere il
peso di Dick.
Paban
cerca di abbattere un
albero non tanto grosso, probabilmente per potersi appoggiare e
avvicinarsi di
più al nostro compagno che adesso ha la sabbia che arriva a
metà coscia.
«Veloci,
forza!» incita
Paban. Sono sudata e le dita mi scivolano sulle liane che sui rami che
sto
intrecciando. Riesco ad annodare diversi pezzi tra loro e a irrobustire
quella
corda primitiva che ci serve per trascinare Dick, fuori dalle sabbie
che stanno
raggiungendo i suoi fianchi.
«Ecco!
Adesso, Shae e Thabo,
mettiamoci qui a tenere l’albero. Tu, Chyna, passa la corda
in quella
biforcazione e poi accostati di più e lancia le liane a
Dick. Poi tiriamolo
su». Paban dirige con frasi e gesti secchi.
Mi
affretto ad ubbidire e
faccio esattamente come mi ha detto il capo. Faccio calare dall'alto la
corda e
subito Dick la afferra. A quel punto mi affretto a tornare indietro
dagli
altri, cominciando comunque a tirare la corda.
Che
le sfortune non arrivino
mai sole, non è solo un modo di dire, è proprio
un dato di fatto. Il mio piede
si incastra in un buco stretto della corteccia, bloccando il mio
ritorno sulla
terra ferma dove mi stanno aspettando gli altri.
Sbuffo,
consapevole che non è
il momento di trovare altri guai e mi metto a tirare, esattamente come
gli
altri. Dick è pesante, moltissimo. Tirarlo fuori
è uno sforzo immenso.
«Cerca
di tirarti fuori dalle
sabbie mobili, Dick! Lavora di braccia!» suggerisce Thabo
mentre gonfia i suoi
muscoli, tirando allo spasimo.
Il
mio compagno ubbidisce e
comincia ad arrampicarsi sulla corda. Tra il nostro tirare e il suo
scalare,
dopo ettolitri di sudore e fatiche titaniche, il corpo di Dick inizia a
riemergere dalle sabbie. Come se il limo volesse tenerlo dentro di
sé, lotta
per trattenerlo. Centimetro dopo centimetro riusciamo a trascinare il
mio
gigante buono, fuori da questa trappola, sino a quando esplodo in un
grido di
gioia vedendolo penzolare al ramo dove avevo fatto passare la corda.
«Chyna,
tiralo verso di te!»
ordina Paban. Potessi! La mia caviglia è affondata ancora di
più nella
corteccia liscia e vellutata di questa pianta. Purtroppo, l'apparente
morbidezza non ha nulla a che fare con il legno vero e proprio. Sembra
quasi
cemento o pietra. È durissimo e non sembra essere
intenzionato a lasciare la
mia caviglia che adesso si sta lamentando dal leggero dolore che
comincio a
sentire.
«Sono
incastrata» rispondo
aggrappandomi alla corda per evitare che Dick scivoli nuovamente nelle
sabbie
mobili. Sento Paban imprecare a mezza voce, da vero signore.
«Coraggio,
Chyna. Adesso
leghiamo la corda alle piante qui, e veniamo a liberarti»
dice Shae a voce
alta. Vedo i ragazzi che si allontanano con la corda e la avvolgono
stretta a
un paio di fusti in successione. Poi vedo Thabo che scivola verso di me
e mi
supera per raggiungere le gambe di Dick e farlo arrivare al tronco dove
sono
incastrata io.
Tiro
un sospiro di sollievo
quando vedo tornare indietro Thabo seguito da un Dick molto contento.
Il fango
viscido che li lascia dietro ha davvero un odore nauseabondo e spero
che
vengano presto a liberarmi perché rischio di dare di stomaco
se mi lasciano
ancora respirare questo fetore.
Il
mio compagno mi lega la
corda di liane alla vita. «Così non cadi
lì dentro» mi dice ed io sorrido e
annuisco. Lungi da me l'idea di finire ammollo.
Seguo
i miei due compagni che
arrivano in salvo alla fine del tronco e si affiancano a Shae che li
sta
aspettando e che si lancia ad abbracciare Dick, con una espressione
estremamente sollevata. Nel frattempo noto che Paban ha iniziato ad
avvicinarsi
camminando cauto sul tronco e tenendosi alla corda tesa che lega me
alla
terraferma.
«Si
può sapere cosa hai
combinato adesso?» mi chiede leggermente divertito. Come se
fosse colpa mia il
fatto che la corteccia di questo tronco che, sottolineo, lui aveva
scelto,
aveva un buco che mi ha quasi mangiato il piede.
«Colpa
tua» rispondo facendo
la linguaccia, da vera signorina educata. «Guarda che razza
di albero hai messo
giù! Sembra una groviera, talmente pieno di buchi, cosa
pretendi?». Non sono
arrabbiata, anzi, sto ridendo, proprio come lui.
«Seriamente,
Chyna. Ti fa
male? Sei tutta intera?» domanda preoccupato.
«E’
solo indolenzito. Non mi
sono fatta niente. Tranquillo». Lui annuisce e comincia a
lavorare sul buco per
liberarmi il piede. Lo vedo aiutarsi a scavare con il coltello, mentre
siamo
ambedue in bilico sul tronco.
Pezzetto
dopo pezzetto apre e
spacca il legno che tiene legata la mia caviglia sino alla sua totale
liberazione.
La caviglia mi fa leggermente male ma riesco a muoverla senza fatica e
non ho
alcun taglio, indice che eventuali schegge non mi si sono conficcate
nella
pelle. In definitiva poteva andarmi molto peggio. Siamo stati
fortunati, tra
sabbie mobili e incidenti vari, potevamo essere decimati.
Sorrido
entusiasta quando,
finalmente, libero la mia gamba e mi sto avvicinando alla faccia di
Paban per
dargli un bacio sulla guancia, quando lo vedo impallidire e sgranare
gli occhi
come per uno spavento, il che spaventa anche me.
Mi
guardo attorno con
terrore, cosa può essere successo? Quando abbasso lo sguardo
vedo un serpente
marroncino, con una serie di macchie rosse sul dorso, lungo circa
trenta
centimetri e con i denti, chiaramente velenosi, infilzati dentro
l'avambraccio
del candidato del distretto quattro.
Senza
pensarci oltre, mi
lancio sul suo coltello e glielo strappo dalle mani inermi, per poi
recidere
decisa la testa del serpente.
«Maledizione»
sussurra Paban
con voce rotta.
«Andiamo
subito al sicuro sulla
terra ferma» suggerisco come se dicessi di andare a mangiare.
Non devo cedere
al panico. Non voglio cedere al panico e non voglio che Paban muoia.
Velocemente
torniamo dove la
terra è più stabile che qui.
«Cosa
è successo?» chiede
Thabo preoccupato, mentre Shae trattiene il fiato appena nota la testa
mozzata
del serpente. «Oh Signore!» esclama.
Anche
Dick si spaventa e
comincia a gridare «Paban! Non morire! Paban!».
Mi
rifiuto di perdere un
altro amico. Soprattutto, mi rifiuto di perdere Paban, non prima di
aver capito
i miei sentimenti verso il candidato del distretto quattro.
Senza
fare commenti, tolgo
veloce la testa recisa del serpente ormai morto, strattono il braccio
di Paban
verso il mio viso e dopo aver inciso e allargato il morso della bestia
venefica,
inizio a succhiare e subito sputare lontano, il sangue che fuoriesce
dal suo
muscolo.
«No,
Chyna… è pericoloso…»
mormora mentre sento che le sue forze cedono. Deve essere un serpente
estremamente pericoloso, visto la velocità della sua
reazione. Mi stacco da lui
solo pochi secondi per rispondergli con rabbia. «Non fare il
martire! Sto
provando a salvarti, quindi non ti ci provare neanche a morire o giuro
che ti
uccido io!» e ritorno a succhiare.
Ormai
sulla lingua non sento
più il pizzicore che ho sentito alla prima aspirazione.
Forse ho tolto tutto
quello che potevo.
Sto
sudando dal panico.
Chiedo un po' d'acqua per risciacquare la bocca e Shae si affretta ad
aprire il
suo zaino per consegnarmi la sua borraccia.
«Non
dovremmo spostarci al di
fuori di questo posto? Ho anche paura a fare un passo per paura di
quello che
può succedere» dice Thabo.
«Non
possiamo. Se lo muoviamo
il veleno andrà più velocemente in circolo e
potrebbe morire. Non so quanto sia
riuscita a toglierne. Qualcosa è sicuramente
rimasto» rispondo secca.
Cosa
posso fare? Avessimo del
siero. In altre occasioni, in altri Hunger Games della Pace, sarebbe
arrivato
un hovercraft per raccogliere il ferito e curarlo immediatamente.
Adesso ce lo
possiamo anche scordare un comportamento simile.
«Shae,
Thabo, guardate dentro
gli zaini e tirate fuori tutti i medicinali che avete preso alla
cornucopia.
Vediamo se siamo fortunati» ordino. È l'ultima
speranza. Se non trovo niente ho
paura che Paban sia spacciato.
Lo
vedo iniziare a tremare
leggermente, mentre la sua fronte si copre di sudore. Stringe i denti e
fa
lunghi respiri come a calmarsi. Sorrido lieve. Certo! Calmare i battiti
del
cuore rallenta la circolazione del sangue e quindi il diffondersi del
veleno.
«Dick,
prendi il sacco a
pelo, così ci stendiamo Paban» suggerisco.
Passo
un panno umido sulla
sua fronte, mentre prego nella mia mente che si trovi qualcosa per
guarirlo.
«Ti
ringrazio, Chyna»
sussurra con qualche sforzo.
«Risparmia
le forze. Tra poco
troveremo una medicina e starai sicuramente meglio». Mi
permetto un attimo per
guardarlo attentamente, come non mi sono concessa in questi giorni. Con
quello
che era successo al villaggio, mi sentivo in colpa non appena
incrociavo il suo
sguardo.
In
questi giorni, Paban, era
stato molto dolce con me. Attento alle mie necessità e
prodigo di gesti per
aiutare e rendermi il cammino più facile. Adesso
è qui, si affida a me ed io
non posso deluderlo. Non lo farò. Smuoverò anche
il cielo ma lui dovrà vivere,
perché mi ama e io gli voglio bene. Perché lui mi
ha aiutato in tutti questi
giochi ed io ho solo preso e ora è il momento di restituire.
Gli carezzo la
guancia. È sempre bellissimo. Mi sale un groppo alla gola ma
lo ricaccio giù.
Non è il momento di piangere e io voglio lottare per lui.
«Questo
è tutto quello che
abbiamo» dice Shae, portandomi il pacchetto di medicinali che
avevano prelevato
alla cornucopia.
Inizio
a controllare tutte le
confezioni in modo febbrile. Devo fare in fretta o non ci
sarà più tempo.
«Pacchetti,
blister... no... questo
no...» stavo perdendo le speranze. Il mio cuore batte
furioso. Devo trovare
qualcosa! Devo per forza trovare qualcosa! Non posso permettere che
Paban
muoia. Devo trovare qualcosa.
Ricontrollo
di nuovo tutto
quello che c'è. Pillole per la febbre, medicine per
raffreddore,
antidolorifici, antibiotici, termometro, fisiologica... un sacco di
cose, ma di
qualche antiveleno neanche l'ombra.
Mi
strapperei i capelli. Non
ricordo niente di casalingo per questi casi. Solo togliere il veleno,
tenere
sotto controllo la febbre e pregare tutti gli dei che ti vengono in
mente. E,
di norma, non funziona.
«Non
hai trovato niente?»
chiede Shae, timorosa. Scuoto la testa, più delusa di lei e
Thabo lancia un
grido strozzato. Dick crolla in ginocchio ed inizia a piangere come un
bambino
«E' colpa mia. È tutta colpa mia se Paban si
è ferito e sta male» si lamenta.
«No,
Dick. Sono io che mi
sono incastrata nell'albero e lui, per liberarmi, è stato
morso da quel
maledetto serpente».
«Smettetela.
Non è colpa tua
né sua... è stato un incidente. In questi giochi
può capitare, come è successo
anche ad Alicia e a Brieg... non è colpa vostra».
Assurdo. Paban cerca di
consolarci con un filo di voce, stringendo la mia mano con le ultime
forze
rimaste.
«Chyna...
io...» prova a
dire, ma io non voglio farlo continuare. Quello che mi può
dire mi farebbe
stare solo peggio, nel caso che non ce la facesse ed io non riesco
neanche a
pensare a una simile eventualità.
«Non
ci provare! Non te lo
permetto! Mi hai sentito?». Lo afferro per le spalle e sento
il calore anomalo
della sua pelle, anche attraverso la maglietta.
«Allora
mi dovrò impegnare»
ridacchia con gli occhi chiusi.
«Non
mi puoi lasciare anche
tu» mormoro con un filo di voce che si incrina nell'ultima
parola. Non riesco a
pensarci. Come faccio se muore? Non voglio che mi lasci.
«Possibile
che negli zaini
non ci sia proprio niente?» sbotta Thabo arrabbiato.
«Neanche in quello enorme
di Dick? Chissà quanti taschini ci sono. Sei sicura di aver
guardato in tutte
le parti?».
«Riproviamo»
esorta Shae e
prende nuovamente in mano lo zaino che porta Dick. È davvero
mastodontico,
possibile che non ci sia niente di utile?
Continuo
a passare una
pezzuola umida sulla fronte di Paban e che mi sorride grato, sempre a
occhi
chiusi. I suoi meravigliosi occhi verde acqua. I più begli
occhi che io abbia
mai visto. Non posso permettere che si chiudano per sempre. Devo avere
la
certezza che si riaprano.
Shae
estrae tutto quello che
contiene lo zaino, apre tutte le cerniere e tasta tutto per sicurezza.
«Ehi,
cosa c’è qui?» chiede retorica. Le sue
dita cercano frenetiche una apertura
che, infine si trova, nascosta tra altre due cerniere e una patta. Ne
estrae un
paio di fiale contenute in una scatoletta, una scatola di siringhe
ipodermiche
e tre rotoli di bende elastiche.
Mi
precipito a vedere cosa
contengono le fiale e nulla mi impedisce di emettere un piccolo grido
di pura
gioia quando leggo ‘siero contro veleni comuni’.
Non
so se il malefico
serpente abbia un veleno comune, ma sembra che questa fiala sia una
specie di
panacea contro tutto ciò che può essere velenoso,
dai ragni ai serpenti alle
piante.
È
la nostra unica
possibilità, quindi mi affretto a caricare la siringa con
una dose e iniettarla
direttamente in vena a Paban.
«Paban,
Paban, mi senti?» lo
chiamo piano, dopo che gli ho tolto l’ago dal braccio ma lo
vedo ansante,
sudato e con gli occhi chiusi come se avesse perso conoscenza.
«Spero
solo non sia troppo
tardi» mormoro con un grande sospiro. Metto due dita sul
collo, il suo cuore
batte, debole ma batte. Non tutto è perduto.
«Dobbiamo
trovare qualcosa da
mangiare» dice Thabo. Lo guardo e vedo che mi fissa.
Lo
so, con l’arco sono la
loro miglior cacciatrice e sono sempre stata io a provvedere a tutti
noi,
uccidendo le prede. Ma ora sono troppo preoccupata per Paban e non
voglio
assolutamente allontanarmi da lui.
Sto
per rispondere al
ragazzino dalla pelle scura, quando Shae mi precede. «Chyna
non può lasciare
Paban da solo. È l’unica tra noi che sa qualche
cosa di medicina. Andiamo noi.
Fuori da qui però, non vorrei trovarmi con altre sabbie
mobili e altri
serpenti».
Ha
ragione. Devono tornare
alla giungla. Sembrava più pericolosa ma è una
passeggiata, rispetto a quello
che ci è successo qui dentro.
«Andiamo»
dice semplicemente
Dick, raccogliendo lo spadino e il coltello e dirigendosi verso la
giungla che
ci eravamo lasciati alle spalle.
«Meglio
che prendo anche
questo zaino, altrimenti la frutta non sapremo dove metterla»
borbotta Thabo
per poi seguire Dick.
Shae
mi guarda e sorride, poi
fa una leggera carezza a Paban e si affretta a seguire gli altri due
ragazzi.
Probabilmente
anche lei
sarebbe riuscita a far fronte a una eventuale emergenza con il
candidato del
quattro, ma ha capito la mia necessità di rimanere accanto
al ragazzo. Gli
passo una pezzuola umida sulla fronte, per l’ennesima volta,
e sospiro.
Chi
l’avrebbe mai detto,
quattro anni fa, che mi sarei trovata a fare da infermiera al ragazzo
del quale
mi ero innamorata, e che adesso, che lo so innamorato di me, non riesco
a
cedergli? Non capisco il mio cuore ed è terribile.
«Chyna…
Chyna…» mormora Paban
mentre si agita sul sacco a pelo. Non è un buon segno, sta
delirando.
«Sono
qui, Paban. Calmati,
sono qui» cerco di tenerlo fermo puntando le mie mani sulle
sue spalle ma lui è
estremamente forte e si solleva a sedere, spalancando gli occhi e
urlando.
«Chyna!
Attenta!» una mano si
alza veloce e poi si abbatte sul mio braccio con violenza e facendomi
sbalzare
di lato.
«Chyna,
Chyna!» continua a
chiamare.
Nonostante
la botta che pulsa
sulla mia spalla, non ho intenzione di fermarmi e subito gli salto
addosso,
cercando di farlo coricare con tutto il peso del mio corpo.
«Stai
giù, Paban! Sono Chyna,
sono qui e sto bene. Non ti agitare o è peggio. Stai
giù, Paban!» continuo a
dire sperando che da qualche parte, nel suo cervello, arrivi la mia
voce e si
tranquillizzi.
È
evidente che le mie
preghiere vengono esaudite, quando sento che si rilassa e le sue
braccia mi
avvolgono.
«Chyna,
io ti amo» dice
guardandomi con gli occhi lucidi dalla febbre. Poi mi passa una mano
sulla nuca
e mi spinge sulle sue labbra. Un bacio. Un nuovo bacio con Paban, dopo
Ilixo.
Un bacio caldo di febbre e pieno di preoccupazione per la sua salvezza.
Eppure
è un bacio che mi fa battere il cuore. Tanto come quando
eravamo in palestra.
Come quando eravamo diretti alle interviste. Un bacio
d’amore, il bacio di
Paban.
Poco
per volta sento la
pressione delle sue braccia scemare sino a lasciarmi libera, mentre
scivolano a
terra. Ma sono io che rimango ancora qualche secondo ferma, prima di
accorgermene e alzarmi, portando due dita sulle labbra, assaporando
ancora il
nostro contatto.
«Ha
ragione Ilixo, Paban.
Sono affezionata a tutti e due e tu non devi arrenderti con me,
perché sei
estremamente importante per il mio cuore» dico sottovoce.
È impossibile che mi
abbia sentito, ma vedo un bel sorriso dipingersi sul suo volto e, in
fin dei
conti, spero davvero che qualcosa gli sia arrivato.
In
quello stesso istante
sento urlare Shae. «Thabo! Thabo! No!».
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qua. Che pathos
arrivare a questo punto! Non ho riletto attentamente questo capitolo
(cioè meno
del solito, visto che strafalcioni mi partono lo stesso) se trovate
orrori,
segnalatemeli.
Adesso,
tanto per ridere,
vi dico che, se arrivano 20 recensioni a questo capitolo,
posterò il prossimo,
altrimenti ci rileggiamo mercoledì prossimo. (questo
perché, o pagate qualcuno,
oppure sono sicura di rimpinguare le mie scorte, visto che il prossimo
sarebbe
l’unico scritto).
Parlando
di cose più
serie, questa volta non vi lascio uno spoiler ma un pezzo
dell’introduzione che
ho già scritto per il prossimo capitolo:
… sono costretta a invitarvi a non
leggere se siete
impressionabili. Sono immagini di orrore puro. Io stessa, rileggendo
quello che
ho scritto e immaginando la scena, ho avuto problemi di stomaco e sono
stata
male… Per non farvi perdere il senso della storia, vi
farò un riassunto alla
fine della pagina. Affidatevi a quello. Non voglio impressionare
nessuno…
Posso
sembrare
melodrammatica ma non è così. Voglio solo
avvisare.
Il
banner che posterò è
quello che ho richiesto espressamente a Teresa e lei ha fatto il
miracolo. Si tratta
un bel personaggio: THABO.
Adesso
voglio ringraziarvi
tantissimo per l’attenzione.
Attendo
vostri commenti
Alla
prossima
Baciotti.
|
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Capitolo 19 *** il fiore ***
Ciao
a tutti!
Avevo
promesso il capitolo
nel caso di 20 recensioni. Non ci siamo arrivati ma ringrazio di tutto
cuore quelle
che mi hanno commentato. Purtroppo sono stata presa da un virus allo
stomaco,
altrimenti il capitolo l’avreste già letto
lunedì, visto che ero troppo
contenta. Va beh, meglio tardi che mai.
Sto
per farvi leggere un
capitolo davvero difficile e sono costretta a invitarvi a non leggere
se siete
impressionabili. Sono immagini di orrore puro. Io stessa, rileggendo
quello che
ho scritto e immaginando la scena, ho avuto problemi di stomaco e sono
stata
male. Pertanto vi invito a NON LEGGERE se siete deboli di stomaco e non
reggete
gli horror.
Per
non farvi perdere il
senso della storia, vi faccio un riassunto alla fine della pagina.
Affidatevi a
quello. Non voglio impressionare nessuno.
In
questo triste capitolo
posto il banner della nostra Elenri (Teresa) che è arrivata
a sfornare il
banner numero 40 per questi Hunger Games (non tutti saranno
postati...). Ecco a
voi THABO! Il candidato del distretto 8.
Ecco
a voi il capitolo...
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
In quello stesso istante
sento urlare Shae. «Thabo! Thabo! No!».
«Shae!»
strepito spaventata.
Cosa è successo. Il grido che ho sentito non presagisce
niente di buono. Ho
paura che sia successo qualche cosa al piccolo Thabo. Che poi tanto
piccolo
proprio non lo è.
Sento
correre con passo
pesante. Di sicuro è Dick che sta arrivando.
«Chyna!
Chyna, abbiamo
bisogno di aiuto... Thabo!». Ha una voce con una nota di
urgenza che mi fa
scattare in piedi.
Quando
arriva accanto a me,
ha il fiatone ed è talmente agitato che non capisco quello
che sta dicendo.
«Calmati, Dick! Dimmi cosa è successo?».
Cerco di parlare tranquilla in modo
che lui mi dica chiaramente quello che è capitato nella
giungla. Spero non sia
niente di grave, per oggi ne avrei abbastanza.
«Vieni,
presto. E prendi il
tridente di Paban» ordina senza spiegarmi niente.
Lancio
un'occhiata
preoccupata al ragazzo addormentato sul sacco a pelo. Non mi fido molto
a
lasciarlo da solo ma non c'è scelta, perché, da
come ho sentito gridare, c'è
bisogno dell'aiuto di tutti per salvare Thabo.
Corriamo
insieme verso il
punto dove mi sembra di aver sentito il primo grido. Mi pare di fare
tantissima
strada prima che gli alberi lisci e infidi lascino la terra alle piante
più
normali della giungla. Mi dà la sensazione di essere tornata
a casa, cosa
assurda, visto che i miei boschi attorno al distretto 12 sono
totalmente
diversi.
In
questa parte dell'arena,
non facciamo tanta strada e mi ritrovo in uno spazio ampio e pieno di
strani
baccelli verdi e rosa sparsi. Sono stretti e lunghi, alti
più o meno come me.
Sembrano dei germogli, come quei boccioli duri che devono ancora
maturare prima
di aprirsi al sole. Però meno triangolari. Sono strani,
è la prima volta che ne
vedo di simili.
Shae
è al limitare di questa
spianata e sta fissando un baccello particolarmente panciuto che si
trova a
poca distanza da lei.
«Dov'è
Thabo?» chiedo appena
arrivata. Shae fa un gesto con la mano che mi lascia spiazzata e mi
terrorizza.
Indica il baccello grosso.
Con
le lacrime agli occhi
inizia a raccontare velocemente «Dobbiamo tirarlo fuori da
lì. Abbiamo già
provato con i coltelli ma non riusciamo ad avvicinarci abbastanza.
Stavamo
andando da quella parte quando Thabo è inciampato su una
specie di liana. Erano
tutti aperti, sembravano fiori ma erano talmente grossi che ci stavamo
girando
attorno. Poi ci siamo passati troppo vicino e... quelle cose si sono
avvolte
alla sua gamba e l'hanno trascinato dentro» e inizia a
singhiozzare.
Osservo
questa specie di
bocciolo. Se è vero che i fiori si sono chiusi nel momento
in cui hanno
catturato la loro preda, vuol dire che sono collegati tra loro e questo
potrebbe essere ancora peggio.
Mi
guardo attorno, cercando
di non farmi prendere dal panico. Devo trovare una soluzione prima che
sia
troppo tardi. Sento dei mugugni strozzati dal baccello. Thabo
è ancora vivo.
Come
possiamo fare a fargli
aprire i petali? Guardo le mie mani: ho il tridente di Paban. Mi hanno
fatto
venire qui per questo. È l'unica arma abbastanza lunga che
ci permetta di
menare fendenti senza essere troppo vicini alla pianta.
Dick
continua a girare
attorno a questo spiazzo, come se cercasse una soluzione. Ho paura che
non ci
sia una soluzione, ma dobbiamo comunque provarci.
«Shae,
Dick, accendete un
fuoco. Io intanto provo a bucarlo» c'è il rischio
che ferisca Thabo, ma meglio
ferito che morto.
Cerco
di bilanciarmi bene
sulle gambe e inizio a pungere la pianta. A un primo impatto
è molto dura,
sembra quasi legnosa. Sta continuando a muoversi leggermente.
Chissà che dolori
ha Thabo.
Continuo
a colpire, sempre
più forte. Contemporaneamente, resto alla larga dagli altri
baccelli che, pur
essendo chiusi, potrebbero giocare brutti tiri e catturarmi.
Finalmente
pare che i petali
esterni stiano cedendo. Sono passati solo pochi istanti da quando sono
arrivata,
ma ho la sensazione che sia passata una eternità. Sono
stanca e ho le braccia
che mi fanno male.
«Chyna,
abbiamo acceso il
fuoco» dice Shae.
«Cercate
un ramo lungo e
provate ad appiccare il fuoco alla base, dove ci sono le radici.
Dovrebbe avere
lo stimolo di aprirsi, così...» almeno spero. Non
so se questo metodo possa
funzionare oppure se rischiamo di uccidere il nostro amico bruciandolo
vivo.
L'alternativa è lasciarlo dentro questo mostro e non credo
che gli piacerebbe.
Con
un ennesimo colpo ben assestato,
riesco ad aprire uno spiraglio nel bozzolo. Subito fuoriesce un liquido
vischioso e verdastro, seguito da un braccio scuro coperto dallo stesso
gel.
Mentre
cerco disperatamente
di aprire il più possibile il baccello, prima che Thabo
soffochi. Shae e Dick
hanno iniziato ad appiccare il fuoco a dei lunghi rami che posizionano
alla
base del bozzolo.
Non
appena le fiamme
lambiscono la pianta, si alza un odore dolciastro e decisamente
nauseante. Lo
stesso odore che avevamo sentito non appena eravamo entrati nel
boschetto
strano... dove in quel momento c'era Paban addormentato.
«Per
il cielo di Panem, ti
prego, non fargli capitare niente di male. Fa che stia bene sino al
nostro
ritorno» mormoro sottovoce, con il cuore stretto dal panico,
mentre continuo a
colpire la pianta.
Sono
riuscita ad aprire di
più lo squarcio e adesso riesco a vedere anche il viso del
nostro amico. Non è
un bello spettacolo: è tumefatto, il viola si distingue
chiaramente, nonostante
la pelle scura, e ha uno strano rigonfiamento sulla guancia, che gli
raddoppia
le dimensioni del viso. Mi viene quasi da vomitare, ma tengo duro
perché la
cosa importante è liberarlo. Poi vedremo come sistemare la
faccenda.
«Guarda,
Chyna! Si sta
aprendo!» esulta Dick accanto a me e indicando la pianta che
ha Thabo al suo
interno. Continuo a bucare la pianta che ora offre meno resistenza di
prima.
Sta cedendo e il mio cuore si esalta.
«Guardate!»
urla Shae
indicando la radura «Stanno fumando anche le
altre». Stranamente, dalle punte
dei baccelli chiusi stanno uscendo rivoli di fumo scuro. È
evidente che queste
piante sono collegate tra loro, probabilmente dalle radici.
Con
un ultimo strappo,
facendomi aiutare dalla forza smisurata di Dick, riusciamo ad aprire
completamente la punta della pianta dove è rinchiuso il
nostro amico.
Sembra
che un bicchiere sia
stato riempito troppo e adesso strabordi di liquido facendolo cadere
per terra.
Una cascata di viscidume verde e viscoso scivola fuori, spegnendo il
fuoco che
avevamo acceso.
Subito
Shae si affretta a
mettere altri due rami sotto il baccello accanto, visto che le piante
sono
comunque collegate.
Tra
il tridente, che uso io,
e una specie di arpione naturale fatto con un lungo ramo ritorto, che
usa Dick,
riusciamo ad aprire totalmente la pianta e a far scivolare Thabo
all’esterno.
Appena
lo vediamo, io e Shae
urliamo terrorizzate, mentre Dick inizia a singhiozzare sempre
più forte.
Il
ragazzino allegro, con gli
occhi neri e la pelle di ebano non esiste più. Davanti a noi
c’è un ammasso di
carne senza forma. Quattro tentacoli, che dovevano essere gli stami di
quella
pianta, avvolgono e trapassano diverse volte il suo corpo ancora scosso
da
terribili tremori.
Dal
suo occhio, esce un
tentacolo ancora mobile. Dal suo petto, altri due. La sua pancia
è enorme e
tesa. È almeno grande quanto tre angurie ed è
tutta bozzi.
Mi
volto e vomito anche
l’anima. Accanto a me, anche Shae e Dick fanno la stessa
cosa.
Possiamo
essere candidati
agli Hunger Games, ma nessuno riuscirebbe a resistere a uno spettacolo
simile.
«Chyna…»
sento un rantolo da
quel corpo e mi volto di scatto, cercando di limitare i conati che
stringono il
mio stomaco. Dalla sua bocca esce un rigagnolo di sangue nero. Non
c’è più
niente da fare per lui. Lo sento, anche se rifiuto di crederci.
«Dimmi,
Thabo» mormoro
sottovoce, cercando di frenare le lacrime.
«Bruciatemi.
Ho i suoi
maledetti semi dentro me. Se mi bruciate moriranno tutti e non ci
saranno altre
piante così». Stento quasi a sentirlo ma il mio
intuito riempie le pause dove
tossisce sangue o gorgoglia nelle sue stesse viscere.
L’unico
occhio che gli
rimane, mi implora.
Shae
è ancora in ginocchio
che piange e Dick la abbraccia cercando di consolarla.
«Datemi
il fuoco» ordino tra
le lacrime.
Resto
a distanza di
sicurezza, non vorrei che quella cosa si infilasse anche dentro di noi.
Prendo
il tizzone e mi
avvicino a Thabo. Abbasso la fiamma e vedo un’ombra di
sorriso sulle sue labbra
tumefatte e l’occhio con una piccola lacrima che sgorga. Mi
sta perdonando per
quello che sto per fare. Lo so. Lo sento. Ma non riesco a dargli fuoco.
Non
così. Non al nostro amico. Al ragazzino dalla pelle di
ebano, così imbranato
con le armi, così affettuoso con Douce che non gli parlava
mai. Così coraggioso
nell’arena.
Sento
che continuo a
piangere, ormai, senza ritegno. La mia mano trema e non riesco ad
avvicinarmi.
Sobbalzo
quando il suo corpo
ha un nuovo violento fremito. E altro sangue nero sgorga come un getto,
dalla
sua bocca. La sua pancia sta aumentando di volume e sta diventando
traslucida.
Dobbiamo fare in fretta. Lui sta soffrendo e i semi stanno germogliando
e
nutrendosi dei suoi intestini. Nessuno merita di morire così.
Non
mi rendo neanche conto
che Shae e Dick si sono avvicinati a me. Quando sento la manona sulla
spalla e
qualcuno che mi sfila il tridente di mano, sobbalzo e mi volto.
«Lascia
stare» dice Shae tra
le lacrime, prendendo a sua volta la fiaccola «Lascia,
facciamo noi».
Guardo
Dick e lui annuisce
tirando su con il naso e strizzando gli occhi rossi.
«Io
non voglio che Thabo stia
ancora male» dice singhiozzando.
Stiamo
davvero crollando. Non
so quanto resisteremo a questo strazio.
Mi
allontano a testa bassa,
ma non riesco a non voltarmi quando sento un sibilo di una lama che
frusta
l’aria. Dick ha reciso la testa al povero Thabo, ponendo fine
al suo dolore.
Subito dopo lo vedo lanciare un urlo disperato e far cadere il tridente
per poi
scappare verso il boschetto dove abbiamo lasciato Paban.
«Attento,
Dick» urlo. Non
abbiamo bisogno di altre tragedie.
«Ci
penso io» dice Shae,
correndo dietro al mio compagno dopo aver lasciato cadere la fiaccola
sul corpo
informe.
Ormai
ho la mente
completamente vuota. Sono sicura che se penso a qualcosa potrei
tagliarmi le
vene o tentare di uccidermi in altre maniere, perché, sono
certa che non potrò
mai dimenticare l’orrore di questi minuti. Abbiamo dovuto
uccidere un nostro
compagno per impedire che soffrisse in maniera immane. È
terribile. È
mostruoso.
Come
un automa, raccolgo
altri due tizzoni ardenti e li getto sul corpo di Thabo. Sento che
sfrigola,
mentre il fuoco consuma le sue carni e uccide i parassiti.
Il
suo ventre si è aperto e
vedo chiaramente i piccoli tentacoli coperti di sangue nero, tendersi
diritti
verso l’aria, come a scappare alla morte data dalle fiamme.
Nell'aria
si spande un odore
pestilenziale di carne putrefatta bruciata e vaniglia troppo cotta. Mi
giro
attorno e trovo altri rami più o meno secchi per appiccare
il fuoco a tutte le
piante che riesco a raggiungere. Prendo il tridente e lo passo sopra la
fiamma
viva per bruciare i residui viscidi che sono rimasti appiccicati.
Lancio
gli ultimi fasci di
legna ardente e mi assicuro che vi siano più focolai sparsi
in modo da bruciare
tutte quelle
orrende piante. Poi, dopo
aver dato un'ultima occhiata al corpo carbonizzato di Thabo, mi
allontano di
qualche passo e lascio via libera agli spasmi che sento allo stomaco,
liberandolo, sino ad arrivare a vomitare bile.
Non
so quanto tempo passo con
la fronte appoggiata sul muschio umido che ho trovato a una ventina di
metri di
distanza. Però qui non mi arriva la puzza del rogo delle
piante che, comunque,
ho potuto controllare a distanza. Oramai tutte le piante sono
carbonizzate ed
io ringrazio il cielo che siano definitivamente sparite.
Sta
diventando buio ed è
meglio che mi sbrighi per tornare dagli altri, altrimenti rischierei di
perdermi.
Ripercorro
quella che
dovrebbe essere lo stesso sentiero che conduce al boschetto di piante
lisce, ma
quando arrivo al suo limitare lo trovo praticamente carbonizzato. Non
sono
rimasti che spettrali tronchi senza rami, senza foglie, che si ergono
verso il
cielo come tanti pali piantati distanti l'uno dall'altro.
«Oh
Signore!» esclamo
trovandomi davanti quel triste spettacolo. Scorgo qualche decina di
metri più
avanti, un baccello avvizzito e fumante. Anche qui erano arrivati e
adesso non
ci sono più.
Mi
guardo attorno con ansia.
Dove sono gli altri? Dov'è Paban?
Mi
tremano le ginocchia.
Starà bene? Sarà stato colpito da quel baccello
come Thabo? Non posso neanche
pensare a una simile eventualità. Mi sento morire dal
terrore.
Dove
sono?
«Dick!
Shae! Paban!» urlo.
«Shae! Paban! Dick!». Non è possibile.
Non può essere che siano morti anche
loro. Che la pianta assassina li abbia uccisi. Che io con il fuoco che
ho
appiccato li abbia uccisi. Non posso farcela.
Mi
metto le mani tra i
capelli e tiro, piegandomi su me stessa, inizio a piangere
disperatamente. Non
posso rimanere da sola. Non posso perdere i miei amici. Ne ho
già persi troppi
e so già che non me ne farò mai una ragione. Non
dimenticherò il modo orribile
in cui sono morti.
Non
ho il coraggio di
attraversare il boschetto bruciato, quindi torno indietro, verso lo
spiazzo che
ho bruciato nel pomeriggio. «Paban! Shae! Dick! Dove
siete?» continuo a
chiamare mentre commino stancamente, sostenendomi con il tridente che
uso come
un bastone.
«Siamo
qui!» sento Shae che
risponde dopo parecchio tempo, quando ormai stavo perdendo la voce e le
speranze. Poco dopo sento dei passi pesanti e scorgo Dick che sta
arrivando.
Le
mie spalle si afflosciano,
le mie ginocchia cedono e mi ritrovo a terra sul muschio mentre piango
di
sollievo nel vedere che almeno Dick è sano e salvo.
«Chyna.
Stai bene? Hai delle
ferite?» chiede preoccupato vedendomi in ginocchio. Scuoto la
testa e continuo
a piangere. Piango per tutto questo schifo. Per tutto quello che ho
visto da
quando sono chiusa nell’arena. Piango per la mia innocenza
perduta e spero di
non piangere anche la dipartita della mia sanità mentale,
perché ho paura che
diventerò pazza qui dentro, ammesso che non lo sia
già.
«No.
Sto bene, Dick»
bisbiglio stremata. Provo a rialzarmi ma ormai le gambe non reggono
più e lui
mi prende in braccio come una bambina e inizia a trasportarmi.
«Dov’è
Shae?» chiedo con un
filo di voce.
«E’
con Paban. Io sono
scappato… non mi piaceva vedere Thabo quando gli ho fatto
male… così sono corso
da Paban ma c’era del fumo e del fuoco anche lì.
Ho dovuto caricarlo sulle
spalle e correre via. Shae ha preso le altre cose… siamo
stati bravi, non
abbiamo perso niente» dice, con un filo di orgoglio.
Allora
era vero che quel
boschetto era legato a quelle piante assassine. Ora erano tutte morte.
Almeno
questa piccola soddisfazione mi era rimasta.
«Paban
sta bene?».
«Sì.
Ha tossito tanto ma sta
bene» risponde semplicemente.
Non
passa tanto tempo che
arriviamo al piccolo accampamento allestito da Shae e Dick.
Ormai
ho paura anche delle
ombre. Sobbalzo appena sento un crepitio e mi stringo forte al collo
taurino
del mio compagno. È solo il fuoco che brucia la legna,
l’ho capito subito, ma
se questo è in grado di farmi reagire in questo modo, non ho
idea di come mi
comporterò in occasioni più pericolose.
Adesso
capisco i miei
genitori. Quello che hanno subito nelle arene e durante la rivolta, va
ben
oltre l’umana sopportazione. Loro urlano ancora la notte.
Loro hanno ancora
degli incubi. Loro tremano ancora. Ho sempre pensato che fosse strano,
poi la
nonna, un giorno, mi aveva detto che gli Hunger Games li avevano
rovinati. Mia
madre, mio padre, zio Haymitch erano stati rovinati per sempre.
All’epoca
pensavo si riferisse alle cicatrici che vedevo sulle braccia dei miei
genitori.
Adesso capisco. Loro sono rovinati mentalmente. Non sono più
gli stessi nella
loro anima spezzata. E io farò la stessa fine, urlando la
notte mentre sognerò
Thabo squarciato dalla pianta mostro, o Christal carbonizzata dal
fulmine
mentre si accascia sul corpo insanguinato di Bor.
Ho
davvero paura che non
riuscirò più a provare qualche cosa come facevo
prima. Gioirò ancora per un bel
tramonto? Oppure per un cespuglio in fiore? O per la risata allegra di
Jayson?
Arrivati
vicino al fuoco,
Dick mi deposita su un sacco a pelo e si siede accanto a me. Shae mi
offre una
ciotola con della frutta e delle bacche, ma non ne ho voglia e la
lascio per
terra. Poco spostato da noi vedo Paban con gli occhi chiusi che
continua a
tossire piano. Deve essere la conseguenza del fumo che ha respirato.
«Come
sta Paban?» chiedo a
Shae.
«Abbastanza
bene per essere
uno che è stampato al veleno di un serpente e a un incendio
nel giro di poche
ore» risponde serafica. «Quel bosco era collegato
con quelle piante carnivore
che abbiamo bruciato. Quando siamo arrivati era tutto avvolto dal fumo.
Io e
Dick ci siamo coperti il viso tirando su la maglietta, ma Paban dormiva
ed è
rimasto intossicato. Però va meglio adesso, non tossisce
più come prima» tenta
di fare un piccolo sorriso. «Ha ancora la febbre alta per il
veleno... dici che
dobbiamo somministrare un'altra dose di siero?».
Il
fatto di pensare a guarire
qualcuno mi risveglia dallo stato catatonico dove mi ero rifugiata.
«Non
ora. Sono trascorse solo
sei ore. Meglio se lo inietto domani mattina. Per ora direi che una
pillola per
la febbre dovrebbe essere sufficiente».
«Chyna...
Chyna...
attenta...» mormora Paban agitandosi.
In
ginocchio mi trascino
accanto a lui e, dopo aver preso un po' d'acqua per bagnare una
pezzuola,
inizio a passargliela sul viso e sul collo, per alleviare la febbre.
Tenermi
occupata fa bene. Curare Paban mi fa bene.
«Meglio
che gli stai vicino
questa notte, casomai avesse dei problemi» suggerisce Shae.
Annuisco
e gli somministro la
pillola anti-febbre. Forse sono le mie parole sussurrate, forse sono le
mie
mani che lo accarezzano mentre tergono il suo sudore, ma Paban apre gli
occhi e
mi sorride felice. Lui è felice. E lo è solo
perché io sono vicino a lui. In
questo momento mi accorgo di sorridere a mia volta. Forse non tutto
è perduto
per me. Forse.
La
sera, quando è tutto buio,
arriva il momento più straziante e non c'è nulla
che possa fermare le lacrime
che esprimono il nostro dolore per la perdita del compagno. Inizia
l'inno e
compare il sigillo di Panem nel cielo e, subito dopo, il volto
sorridente di
Thabo. Lo stesso volto che vorrei ricordare per sempre. Lo stesso volto
non
ancora trasformato dall'orrore. Il volto che invece
scorderò, per sempre,
soppiantato dalla sua testa mozzata, tumefatta, sformata dalla pianta
assassina.
La
notte, nonostante tutto,
passa abbastanza tranquilla, ammesso che io riesca a chiudere gli occhi
per un
tempo superiore ai venti minuti senza trovarmi di nuovo davanti al
cadavere
straziato di Thabo. Ho sentito Dick piangere per buona parte del suo
turno di
guardia, ma non ho voluto intervenire. Siamo sulla stessa barca, stiamo
soffrendo tutti e a volte serve soffrire da soli con i propri pensieri.
Anche
Shae non si è riposata. Ha continuato ad agitarsi dal
momento che ha chiuso gli
occhi, sino al suo grido straziato che ha svegliato mezza arena,
facendoci
sobbalzare dallo spavento. Si è rifiutata di tornare a
dormire ed ha fatto
l'altro turno di guardia, anche se toccava a me. Anche Paban, accanto a
me, si
è agitato, calmandosi solo quando, non so come, ha capito
che tra le sue
braccia c'ero io. Allora ha sussurrato il mio nome, seguito da un
“Ti amo” per
poi addormentarsi tranquillo.
«Dici
che possiamo
spostarlo?» chiede Shae il mattino dopo, mentre stiamo
facendo colazione.
Ovviamente si sta riferendo a Paban.
«Non
oggi almeno. Ha già
dovuto essere trasportato ieri, deve riposare almeno un giorno e
riprendersi un
pochino». Onestamente non è solo lui ad averne
bisogno. Una pausa farà bene
anche a noi altri.
«Allora
ti spiace se mi
corico un po’ prima di andare a cercare qualcosa da
mangiare?». È una domanda
retorica quella di Shae. Non potrei mai negarle del riposo, visto che
questa
notte ha coperto anche il mio turno di guardia. Infatti faccio un
cenno, come
di dormire pure, e mi dedico a finire la mia poltiglia di cereali
mentre lei si
addormenta immediatamente.
Inutile
dire che siamo tutti
stravolti.
«Dick,
vuoi stare tu con
Paban e Shae a fare la guardia? Io andrei a cacciare. Abbiamo bisogno
di carne»
propongo.
«Certo.
Io farò buona
guardia. Sono diventato bravo, vero?» dice con un sorriso
orgoglioso. Oggi, il
suo sorriso è contagioso, visto che confermo subito e
sorrido a mia volta.
Raccolgo
il mio arco, la faretra
che mi infilo sulla spalla e un coltello che aggancio alla cintura. Mi
guardo
bene attorno per ricordarmi dei punti di riferimento e, con calma, mi
dirigo
verso quello che sembra il nord. Quando mi inoltro e sono
sufficientemente
lontana dal campo base, mi permetto di fermarmi e lasciare che il mio
corpo si
sfoghi come vuole.
Inizio
a pesare i piedi,
digrignare i denti e tiro anche un pugno a un albero. Poi mi metto a
singhiozzare. Non riesco a fermarmi, neanche volendo. Cosa devo ancora
sopportare? Mi sento letteralmente demolita dentro. Mi sembra di non
avere più
nulla di intero nella mia anima.
Non
so quanto mi sia fermata
a sfogare il mio dolore, ma quando finalmente riesco a fermare i
singhiozzi e a
tirare un lungo sospiro, decido di mettermi al lavoro seriamente e
comincio a
cercare qualche preda.
Non
è facile, ma devo davvero
riuscirci. Comincio a camminare leggera, senza fare rumore, come mi ha
insegnato la mamma, nei boschi intorno al nostro distretto. L'arco
pronto con
la freccia incoccata.
Spero
che ci siano più
animali ora che abbiamo debellato quelle piante mostruose.
Probabilmente è per
quello che non trovavamo prede mentre ci stavamo avvicinando alle
montagne.
La
mia speranza è ben
ripagata da due conigli e uno scoiattolo. Trovo anche dei tuberi dal
cucinare
sotto le braci e un cespuglio di fragoline selvatiche. Riempio la borsa
con
tutto quello che trovo e, lentamente, torno al campo.
Trovo
Paban e Shae seduti
appoggiati a un ampio albero, che parlano, mentre Dick sta raccogliendo
dei
rami per il fuoco. Sembra che il candidato del distretto quattro, stia
meglio.
Quando ancora dormiva gli ho somministrato un'altra dose di siero e
credo che
ormai il pericolo veleno sia completamente debellato.
Mi
accomodo accanto a loro
per pulire i conigli e lo scoiattolo e affido i tuberi a Dick per la
loro
cottura.
«Complimenti,
Chyna. Ci hai
procurato un gran pranzo!» esclama Shae, sorridendo lieve.
Non si è riposata
come doveva, secondo me. Si vedono chiaramente le occhiaie e lo sguardo
stanco.
La ringrazio con un cenno e continuo, concentrata, il mio lavoro.
«Secondo
te, posso mangiare
la carne o devo limitarmi?» chiede Paban.
«Come
ti senti. Puoi provare
a mangiare piccoli pezzetti e vedere se il tuo stomaco non li rifiuta.
L'importante è che non ti abbuffi» rispondo
facendo spallucce.
Sento
il silenzio che mi
avvolge e guardo interrogativa i miei due amici. Cosa c'è?
«Chyna...
stai bene?». Paban
lo chiede sottovoce, come se avesse paura di urtarmi i nervi. Scuoto la
testa.
Non ha senso mentire.
«No,
non mi sento bene. È un
miracolo che non sia già impazzita da quando sono entrata
nell'arena. Abbiamo
visto cose orrende. Terribili». Mi tremano anche le mani.
«Non credo di
riuscire a sopportare queste cose. Non ce la faccio» protesto.
Paban
mi costringe a posare
gli animali che stavo ripulendo e mi attira sulle sue ginocchia per poi
costringermi ad accoccolarmi tra le sue braccia. Mi sento in un caldo
bozzolo.
«Hai
ragione. Abbiamo visto
cose che non avrei mai creduto possibile. Mi dispiace che dobbiate
subire
questo» dice lui, carezzando la testa di Shae con una mano e
stringendo me con
l'altro braccio. «Vorrei potervi evitare tutto questo, ma non
possiamo farci
niente, se non impegnarci perché nessuno di noi possa cadere
vittima di altre
trappole».
Mi
prende il viso tra le mani
e mi fissa negli occhi. «Farò tutto il possibile
per farci uscire sani e salvi.
Ti devo la vita, Chyna. Non ho intenzione di dimenticarlo».
Usa il tono delle
promesse solenni ed io riesco solo a pensare che la ragione principale
che gli
fa promettere tutto quello che ha detto, non è il fatto di
averlo salvato, ma
sono quei “ti amo” che ha ripetuto più
volte durante il delirio della febbre.
Non
credo che si ricordi cosa
mi ha confessato, né è a conoscenza del fatto che
ho sentito mentre lui e Ilixo
si confidavano. Non è il momento per dirglielo, lo metterei
solo in imbarazzo e
non è il caso.
Però
voglio che sappia che
non mi è indifferente il fatto che mi stia vicino,
perciò lo abbraccio e mi
seppellisco nel suo petto.
Sento
il suo cuore battere
forte e regolare, finalmente. Niente a che fare con il battito di ieri.
Ora è
davvero il miglior suono del mondo. «Ti voglio bene, Paban.
Grazie».
---ooOoo---
Angolino
mio:
che
pena arrivare sin qui.
Come
ho premesso, qui di
seguito leggerete un riassunto del presente capitolo, per la parte
violenta.
Quando Chyna arriva nel
posto dove ha sentito urlare Shae, la vede che sta guardando una specie
di
baccello leggermente grosso, ai limiti di un campo con altri baccelli.
Subito
si capisce che all'interno della pianta è stato preso Thabo.
Chyna e Dick, dopo diversi
tentativi, riescono a liberare il ragazzo, ma lui è
consumato dalla pianta
stessa e loro sono costretti a ucciderlo per evitargli ulteriori
sofferenze.
Chyna rimane alla radura a
bruciare gli altri baccelli, mentre Dick e Shae tornano da Paban.
Dopo aver cercato in giro
i suoi compagni, li ritrova nella giungla. Paban ha ancora la febbre e
delira,
ma gli altri sono sconvolti per la morte di Thabo.
Visto che Paban non sta
ancora bene, decidono di fermarsi e Chyna va a caccia. In quel
frangente, cerca
di sfogare ancora le sue lacrime, stressata da quella situazione e da
quanto
successo a Thabo.
Quando torna al campo
base, trova Paban e Shae che chiacchierano e si lascia scappare quanto
sia
traumatizzata. Paban cerca di consolarla, promettendole che la
proteggerà e
farà di tutto per far uscire tutti loro sani e salvi
dall'arena. Chyna gli
confessa di volergli bene.
Questo
è quanto,
riassunto, è successo in questo capitolo.
Abbiamo
perso Thabo, in un
modo orribile, purtroppo. Adesso restano solo Chyna, Paban, Dick, Shae,
Rainer,
Iraida, Nazig e Ilixo.
Nel
prossimo capitolo
avremo un momento di pace e di confessioni. Un po’ per
mitigare questo che è
difficile da digerire.
Vi
lascio un piccolo
spoiler:
… «Hai ragione. Chyna
Mellark,.. io ti amo» dice
finalmente e si abbassa a far combaciare le nostre labbra nel bacio
più tenero
che potesse darmi…
E
assieme a questo chilo
di melassa che vi getto addosso (occhio al diabete) posterò
anche l’immagine di
un’altra simpaticona poco vista ma molto sentita: Nazig, la
candidata del
distretto 2.
Null'altro
da dire,
ringrazio per l'attenzione, attendo recensioni, alla prossima settimana, probabilmente giovedì, visto il carnevale in mezzo. A proposito, buon divertimento.
Baciotti
|
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Capitolo 20 *** la confessione ***
Ciao
a tutti!
Oggi
è il mio compleanno,
quindi vi faccio un regalo e posto il nuovo capitolo (voi fate un
regalo a me e
commentate).
Pezzo
molto soft oggi.
Tanto per riprenderci dalla morte di Thabo della settimana scorsa.
Ringrazio
tutti quelli che
hanno recensito e inserito questa storia negli elenchi particolari.
Grazie
anche a Elenri per
il banner di questo capitolo. Avevo promesso una faccia ma ho deciso di
postarne un’altra. Questa è l’immagine
di un personaggio che ci ha lasciati ai
tempi della Cornucopia: la candidata del distretto 13,
Sakìa. Mi è arrivata
dopo ed ero quasi convinta di non postarla perché era
già passato un po’ di
tempo, ma è talmente bella… beh, giudicate voi!
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Non
appena Paban recepisce il
mio “Ti voglio bene” si irrigidisce prima di
stringermi forte e sussurrare in
un sospiro «Io di più».
A
questo punto mi sento di
andare oltre. Non voglio che abbia la sensazione di sbattere contro un
muro di
gomma, perché non è così. Non lo amo,
è vero, ma potrei tranquillamente
riannodare i vecchi sentimenti a dei nuovi e più maturi.
Forse è questo, quello
di cui ho bisogno per non affogare nella disperazione. La speranza di
un amore
che mi sostenga, e Paban me lo può dare, come io posso
imparare a darlo a lui.
«Lo
so. Non mollare con me.
Sento che possiamo farcela». Mi scosto per fissarlo nei suoi
meravigliosi occhi
verdi e lo bacio, per dare maggiore enfasi alle mie parole.
“Non ti arrendere,
Paban. Fammi innamorare completamente di te. Ne ho bisogno”
penso intensamente.
Lui
risponde immediatamente
al mio bacio, con tutto l'entusiasmo di un uomo innamorato. Quando ci
stacchiamo, i suoi occhi brillano di una felice, ferrea decisione
«Non mollerò
mai, con te. Lo giuro».
«Quanto
siete carini» sospira
Shae, vagamente divertita.
Arrossisco
furiosamente ma
non mi stacco da lui che ancora mi avvolge con le sue braccia.
«Shae»
ammonisce Paban
sorridendo.
«Tranquillo.
Godetevi il
momento, ragazzi. L'innamoramento reciproco, quando si è
all'inizio, è il
periodo più bello».
«E
tu? Sei innamorata? Hai
qualcuno al distretto tre che ti aspetta?» chiedo. Voglio
parlare di cose dolci
e allegre. Niente brutture, niente arene.
Intanto
Dick ha terminato di
sistemare la cottura del pranzo e si è seduto accanto a noi
ad ascoltare, come
farebbe un bambino con le favole della nonna. Fa tenerezza.
«Uhm.
Sì, ho un innamorato ma
non si trova al distretto tre» risponde la ragazza, facendo
un sorrisino furbo.
Anche
Paban sorride complice,
il che mi fa venire il sospetto che io possa conoscere questa persona.
«Non
sarai tu, vero?» chiedo
piccata, alzando lo sguardo sul ragazzo del mare. Si mette di nuovo a
fare il
cascamorto con tutte le ragazze che si trova a tiro? Dov'è
il suo imperituro
amore?
Arrossisco
di nuovo quando si
mette a ridere di gusto.
«Chyna,
sono io che mi sono
praticamente dichiarato a te. Al limite, sono io che ho diritto di
essere
geloso di Ilixo, come lo ero di Brieg» risponde carezzandomi
una guancia. Che
stupida. Ha ragione.
Sorvolo
sul fatto che sia
geloso, anche perché la cosa mi gratifica alquanto, e mi
rivolgo di nuovo a
Shae.
«Allora
chi è? Se non si
trova al distretto tre, lo puoi aver conosciuto durante gli allenamenti
in
palestra... oh, è un candidato, forse? Un inserviente? Un
mi...» comincio a
snocciolare una serie di ipotesi ma Paban mi ferma prima che abbia
finito,
mentre noto che anche Shae è arrossita. Forse ci ho
azzeccato.
«Se
voleva dircelo, lo
avremmo già saputo. Ci saranno buoni motivi per il suo
segreto, lascia stare»
poi guarda lei e con tono comprensivo e partecipe dice quello che
pensiamo
tutti «Spero che dovunque sia, stia bene».
A
questo punto è lei ad avere
gli occhi lucidi «Lo spero tanto. Ho paura solo a pensare a
cosa sta succedendo
fuori di qua. Quando riusciremo ad uscire, spero che non ci troveremo
nel mezzo
di una nuova rivolta, come trenta anni fa».
È
vero. Qui dentro lottiamo
per la vita, ma anche fuori, mia madre, mio padre, Jayson, i mentori, i
distretti, staranno sollevandosi per liberarci. Le vecchie ferite dei
violenti
Hunger Games sono ancora impresse nella memoria. Troppo per far passare
in
silenzio il massacro che si sta perpetrando qui dentro.
«Io
ho sempre detto che Chyna
ama Paban e Paban ama Chyna» esclama contento Dick, facendoci
ridere tutti. Poi
aggrotta la fronte. «Ma chi ama Shae? Io voglio molto bene a
te» afferma
strappandoci un sorriso indulgente.
«Anche
io ti voglio molto
bene, Dick» risponde la ragazza gettandosi tra le braccia del
mio compagno di
distretto.
La
giornata passa così,
cercando di chiacchierare di cose allegre e senza pensare a quelli che
ci hanno
lasciato. Ogni volta che il discorso cade, anche lontanamente, in
qualche
argomento che possa ricordare gli altri candidati, qualcuno interviene
a
raccontare un aneddoto buffo e si vira subito il discorso.
Quando
la sera ci accomodiamo
di nuovo attorno al fuoco, cala un silenzio imbarazzato che viene
spezzato da
un Dick particolarmente sveglio.
«Domani
possiamo andare via
da qui? Non voglio più stare vicino a dove è
morto Thabo. Poi dobbiamo trovare
l’uscita per tornare a casa. Voglio tornare dalla nonna e non
mi interessa se
non vinco i giochi». Mai proposta è più
gradita, almeno per quanto mi riguarda.
«Cosa
ne dici? Posso provare
a muovermi?» chiede direttamente Paban.
È
stato abbastanza sveglio
tutto il giorno. Non ha più avuto febbre, anche se gli ho
dato un’altra
pillola. Si è riposato e non ha fatto sforzi. Del veleno non
c’è traccia.
«Sì.
Dobbiamo anche trovare
altra acqua, quindi è meglio muoversi» acconsento.
«Bene,
allora faccio il primo
turno di guardia» annuncia Paban, prendendo posto accanto a
un grosso albero
vicino.
Una
volta organizzati i
turni, con me che devo dargli il cambio, ci posizioniamo nei sacchi a
pelo
attorno al fuoco e aspettiamo di passare la notte.
I
rumori della giungla sono
soffocati e ormai non spaventano più. Non è per
questa ragione che non riesco a
dormire. Guardo Paban ad di là del fuoco. Lui è
rilassato, appoggiato al tronco
e mi guarda tranquillo. Sembra quasi che voglia imprimere nella sua
memoria
ogni tratto del mio volto, ogni espressione. È uno sguardo
innamorato, non mi
posso più sbagliare.
Era
questo che aveva visto
mia madre quando mi aveva affidata a lui? Sapeva che avrebbe fatto di
tutto per
proteggermi? In effetti non avrebbe potuto fare scelta migliore.
E
io? Lo guardo, per nulla
imbarazzata dal suo fissarmi. Sono confusa
dall’intensità di quello che provo
per lui. Come reagisco quando mi bacia o quando mi abbraccia. Sono
sintomi
questi?
Se
faccio il confronto con
Ilixo, il candidato del dieci perde su tutta la linea. Eppure ho
baciato anche
lui. E ho provato qualcosa anche con lui.
Potrebbero
conquistarmi tutti
e due? Potrei amare tutti e due contemporaneamente? E Brieg? No, lui mi
piaceva
perché assomigliava a papà, ma era una cotta
superficiale. Per Paban e Ilixo è
totalmente diverso.
Avevano
ragione loro due.
Paban mi è vicino, mi sta corteggiando, si è
dichiarato. Se Ilixo non torna
presto, mi vedrà tra le braccia del ragazzo del mare e non
potrà fare più nulla
perché il mio cuore sarà blindato.
Sento
che mi manca poco,
pochissimo…
«Chyna…
tesoro, spostati un
poco» sussurra la voce di Paban. Apro gli occhi assonnata e
faccio per alzarmi
per il mio turno di guardia. «No. Ho continuato fino al turno
di Dick. Volevo
che riposassi… ma… vorrei che ti riposassi con me
accanto». Non posso far a
meno di sorridere mentre mi sposto e gli faccio spazio accanto a me.
È un
invito che potrebbe essere frainteso, ma non importa. Sentirmi
abbracciata e
protetta è più importante. Sentire accanto Paban,
vivo e vitale è più
importante.
Lo
abbraccio e faccio un
sospiro soddisfatto mentre mi accomodo sulla sua spalla e lui mi cinge
la
schiena attirandomi a sé. È così che
ci trova il nuovo giorno. Un giorno
plumbeo dopo tanto sole. Un giorno che preannuncia pioggia e non
proprio il
giorno ideale per riprendere il nostro cammino.
«Io
propongo di andare
comunque, tanto siamo all'aperto. Se anche piove non ci ripareremmo
qui» dice
Paban. Nessuno di noi gli dà torto e cominciamo a
raccogliere tutto quello che
abbiamo sparso nel campo. Dopo aver infilato i sacchi a pelo nei nostri
zaini,
Dick e Shae iniziano a camminare verso le montagne vicine, quando sento
una
mano sul braccio che mi trattiene.
«Chyna...
aspetta un attimo».
Paban ha gli occhi bassi e una voce imbarazzata. «Voglio
ringraziarti per
quello che hai fatto per me. Se non avessi agito subito, sarei morto a
quest'ora».
«Non
mi devi ringraziare. Ho
fatto quanto era necessario e sono felice che abbia
funzionato» rispondo.
«Volevo
dirti... cioè, ormai
l'avrai capito... upf...». Le sue guance si colorano di un
tenue rosso e le
mani iniziano ad agitarsi.
«Cosa,
Paban?». Beh, sono una
donna, alcune cose amiamo sentircele dire chiaramente, aumenta la
nostra
autostima. Perciò, pur sapendo cosa non riesce ad esprimere,
decido di non
aiutarlo e mi godo il momento.
«Che
io... insomma. Dai, lo
sai!». Sembra proprio difficile per lui. Quasi lo preferivo
con la febbre.
«No,
cosa?» rispondo. Mi
sento quasi sadica, ma voglio che lo dica chiaramente.
«Mi
prendi in giro?» sbotta
irritato. Sorrido. Non mi sento minimamente colpevole. Mi avvicino e
gli metto
le braccia intorno al collo e lo fisso negli occhi.
«No.
Ma mi spieghi perché
riesci a confessarti con Ilixo, a dirlo quando sei quasi incosciente
dalla
febbre e non me lo dici adesso?». Gli carezzo la guancia e
sento che lui si
rilassa sotto le mie dita.
«Hai
ragione. Chyna
Mellark,.. io ti amo» dice finalmente e si abbassa a far
combaciare le nostre
labbra nel bacio più tenero che potesse darmi.
È
possibile sentirsi così
felici da farsi scoppiare il cuore? È possibile che sia lui
che mi fa sentire
in questo modo? È possibile che mi sia innamorata di nuovo
di lui? Quanto
vorrei parlare con la mamma adesso!
Lentamente
ci stacchiamo e
riapro gli occhi per bearmi della vista dei suoi. Gli occhi
più belli che abbia
mai visto, amore o non amore. Subito mi colpisce un fatto.
Imbarazzante. Devo
rispondere. Ma cosa posso dire se io stessa non so che sentimenti provo?
«Paban,
io...» la voce sfuma
senza che io lo voglia.
«Chyna,
non mi devi
rispondere adesso. Quando quello che senti qui...» e punta
l'indice sul mio
cuore «Arriverà qui» e passa alla fronte
«Allora saprai cosa dirmi. Io sono
felice di averti qui, accanto a me, anche se preferirei saperti fuori
al
sicuro. Per ora mi accontento» conclude strizzando l'occhio,
per poi indicarmi
il sentiero dove sono passati Dick e Shae, che, discretamente, ci hanno
lasciato parlare in privato.
Facciamo
un giro lungo,
evitando attentamente i resti del boschetto e lo spiazzo con le piante
assassine. Ogni tanto siamo costretti a fermarci per evitare che Paban
si
stanchi troppo. Lui, ostinato, prova a protestare ma davanti al suo
pallore e
al fiatone che evidenzia la sua condizione, non può barare.
Siamo
ancora nella giungla,
quando, nel tardo pomeriggio, scoppia un grosso temporale, con tanto di
lampi
che squarciano il cielo e nubi nerissime che rendono il paesaggio tetro
e buio.
Ci affrettiamo a tirare fuori dagli zaini, alcuni teli in plastica per
cercare
di coprire qualcosa. Difficilmente riusciremo a stare asciutti.
«Meglio
che cerchiamo di
raccogliere acqua» suggerisce Shae, posizionando i teli su
alcuni rami, in modo
che facciano da imbuto alle nostre bottiglie quasi vuote.
Ci
sistemiamo in piedi,
appena sotto le fronte di un albero particolarmente ampio, restando a
distanza
rispetto al tronco.
Mentre
aspettiamo mi metto a
sfregare energica le braccia e la schiena di Paban. È appena
guarito, non è il
caso di rischiare una ricaduta per la febbre. Nessuno commenta questo
gesto ma
mi stanno guardando in modo strano.
«Che
c'è? Non voglio che
abbia una ricaduta. Ci rallenterebbe troppo» rispondo
piccata. Adesso vorrei
togliere le mie mani dalle sue spalle, ma se lo facessi, vorrebbe dire
che le
mie parole erano una scusa e non voglio dare questa soddisfazione,
perché non è
così.
«Certo,
certo» dice leggera
Shae, per poi controllare il livello delle bottiglie che si stanno
riempiendo.
Stranamente,
dopo essersi
prospettato un lunghissimo nubifragio, in poco più di una
decina di minuti, la furia
si esaurisce e il cielo si apre a un bellissimo e caldissimo sole.
Ricominciamo
con la marcia,
mentre il sole asciuga i nostri vestiti e il terreno circostante. Le
bottiglie
si sono riempite, nonostante la brevità
dell’acquazzone. Questa volta puntiamo
direttamente alle rocce. Se stringo gli occhi e allungo una mano potrei
avere
la sensazione di toccarle. In realtà sono ancora lontane
almeno qualche
centinaio di metri.
Verso
il tramonto ci
accampiamo alla base delle montagne. Da qui in avanti ci saranno solo
rocce
scure che sembrano quasi perpendicolari al terreno dove siamo ora.
Superarle
non sarà facile. Noto, parecchi metri sopra le nostre teste,
alcune tettoie e
colonne. Ricordano i templi antichi di migliaia di anni, che dipinge
mio padre
copiandoli da vecchissimi libri. Chissà se sono proprio
questi?
Anche
questa sera dormiamo
attorno al fuoco, facendo i turni di guardia. Nel cielo compare solo il
simbolo
di Panem e nessuna immagine, per fortuna. Gli altri sono ancora vivi e
questo
mi consola, nonostante non sia una loro fan, non auguro a nessuno di
loro di
morire.
Ormai
diventa quasi una
necessità dormire con qualcuno accanto che ti stringe, anche
solo con una mano.
Sento che quella mano tiene lontani gli incubi che, invece, ha
continuamente Dick.
Quando,
il mattino dopo,
iniziamo a salire, pensavo che ci fosse una mulattiera da seguire o un
sentiero, invece ci troviamo a scalare le rocce, salendo sasso dopo
sasso, come
se fosse una scomodissima scala.
I
muscoli sono doloranti già
dopo un paio d'ore. Non credo riusciremo a fare tanta strada con questa
scalata. Fortuna che arriviamo a un piccolo spiazzo dove troviamo le
rovine di
un tempietto con delle colonne doriche nere.
Ci
sediamo su una colonna
crollata ed io tiro un sospiro di sollievo al solo pensiero di potermi
riposare. Beviamo l'acqua a piccoli sorsi e molto poca. Dubito che
riusciremo a
trovare delle fonti. Per ora non si vede niente altro che roccia scura
a
strapiombo su di noi. Al di sotto un mare di verde ondeggia lieve a
perdita d'occhio
e, molto lontano, un luccichio dorato ci fa capire che là in
fondo c'è la
cornucopia, dove tutto ha avuto inizio.
Sembra
che sia passata
un'eternità da quando siamo entrati qui dentro. Ancora di
più da quando siamo
stati estratti per la mietitura. Sono successe così tante
cose e abbiamo perso
così tanto.
Appoggio
la testa alla spalla
di Dick e lo sento tremare. «Non voglio che morite anche
voi» sussurra con voce
rotta. Lui è sicuramente uno dei più
traumatizzati. L'essere stato costretto a
porre termine alle pene di Thabo, l'ha spezzato in modo permanente. Ha
un animo
troppo gentile per non subire il danno psicologico e io ho paura di
quando
torneremo a casa. Come affronterà la vita al di fuori. Sono
sicura che per me
sarà tremendo, per lui anche peggio.
Maledetto
chiunque tu sia.
Dovessi passare la vita in caccia, troverò e
ucciderò chi ci ha condotto a un
passo dalla pazzia.
«Nessuno
di noi morirà più.
Staremo attenti e tu ci proteggerai tutti. Mi fido di te»
rispondo baciandogli
la guancia. Mi sento stringere in un abbraccio soffocante dalle sue
enormi
braccia, ma non me la sento di protestare. Capisco che ha bisogno di
questo
contatto e, forse, anche io.
«Credete
che ci sia ancora
tanto? Per trovare qualcosa?» chiede Shae.
«Ho
paura di sì. Fortuna che
abbiamo fatto scorta di cibo. Visto cosa abbiamo trovato sino ad ora,
dovremo
razionare le scorte e calcolare di poter tornare a valle se non
troviamo
niente» rispondo pratica. Sarebbe la fine, rimanere senza
viveri in cima a
queste montagne.
«Cerchiamo
un sentiero più
comodo. Non abbiamo un granché di corde e rischiamo di
precipitare a ogni
passo» propone Paban. Annuisco e indico un punto, dietro a un
masso, da cui
sembra partire una stretta mulattiera. Speriamo che salga e che ci
porti da
qualche parte.
Dopo
esserci riposati,
torniamo a salire e scopriamo che, proprio il sentiero che avevo visto,
ci
porta a un altro tempio e poi a un altro, in una specie di susseguirsi
di tappe
votive, e sempre più in alto.
Nonostante
si salga, l'aria
non diventa rarefatta. Addirittura sembra che si appesantisca. Siamo
sudati e a
pezzi quando, la sera, ci accampiamo nel quarto tempietto che
incontriamo nel
nostro cammino. In linea d'aria non abbiamo percorso tanta strada, ma i
miei
muscoli non sono d'accordo con questa idea e protestano doloranti.
Riusciamo
a trovare un
pochino di legna spezzando degli arbusti che si trovano tra le rocce e
ci
disponiamo per la notte.
Decido
di fare la prima
guardia e Paban mi fa compagnia, rifiutando di andare a dormire.
Chiacchieriamo
a bassa voce
mentre Dick e Shae dormono di un sonno agitato. Chissà cosa
sognano di brutto.
Anche io, ormai, ho paura a chiudere gli occhi e preferisco stare
sveglia a
fissare il nulla.
Visto
il momento di quiete e
la disponibilità di Paban nel parlare, gli pongo la domanda
che mi sta
tormentando da qualche giorno.
«La
prima notte che abbiamo
passato nell'arena, tu hai detto di essere innamorato da tempo di una
ragazza...». Non ho il coraggio di terminare la frase e la
finisco nella mia
mente: “Ero io?”.
Lui
sospira pesantemente «Mi
chiedevo quando avresti fatto questa domanda. Sì. Eri tu.
Sei sempre stata tu»
mi conferma stringendo le dita della mia mano.
«Allora
perché? Io ero
completamente cotta per te quattro anni fa e tu mi hai mandato via. Hai
riso di
me. Mi hai detto che ero piccola e infantile e io ti ho odiato. Non
è vero che
mi amavi allora. Non può essere. Mi stai
mentendo». Sono talmente stupita,
quasi sconvolta, da quello che ha detto che sto alzando la voce in
maniera
stridula. Mi sta mentendo e se mente su questo, sta mentendo anche sui
suoi
sentimenti!
Lui
stringe più forte la mia
mano ma continua a guardare il fuocherello al centro del tempio
«Non ti sto
mentendo. Sono stato costretto a dirti quelle cose. Tu eri davvero
piccola, e
quando tua madre e Finnick sono venuti da me non ho potuto far
altro».
Sembra
che sia crollato
qualcosa all'interno del mio corpo. Sento un dolore sordo all'altezza
del petto
e il respiro mi si spezza. Mia madre? Cosa ne sapeva mia madre di
quello che
provavo per Paban. Avevo tredici anni e non andavo certo a dire alla
mamma che
ero innamorata del mio amico del mare. Non era un argomento di cui
avrei
parlato volentieri con lei. Forse con papà, ma non con lei.
«Mia
madre?» sussurro. No.
Non può essere.
«Chyna,
tu avevi tredici anni
e io quindici. Io ero completamente perso. Un ragazzo con una voglia
matta di
metterti le mani addosso e non per farti galleggiare tra le onde. Non
immagini
quanto fosse difficile averti lì, accanto, abbracciata a me
con tutta quella pelle
scoperta. Devo aver fatto un commento di troppo… Una mattina
sono arrivati
Finnick e Katniss e hanno cominciato a parlare su quanto eri giovane,
su quanto
io fossi piccolo e che certe cose non potevo ancora capirne la
portata…» sbuffa
«In sostanza che dovevo lasciarti in pace e rivolgermi ad
altre ragazze per
placare… come li avevano chiamati? I miei bollenti
spiriti» dice mimando due
virgolette per aria.
Sono
rimasta senza parole.
Come si è permessa la mia mamma? Perché? Ho
sofferto così tanto.
«Così
quando sono venuta a
parlarti…».
«Ho
detto cose terribili che
non pensavo». Si volta verso di me per guardarmi il viso in
penombra. «Ma era
vero. Tu eri troppo piccola per l’amore. Avevi tredici anni,
ed io non ero il
tipo da restare mano nella mano a guardare le stelle. Mi sarei
approfittato di
te e mi sarei odiato per questo».
«Ma
adesso…». Adesso non mi
vuole più? Si è calmato così tanto?
Oppure sono io che non lo attiro come
quelle ragazze, come Iraida?
«Ho
trovato un equilibrio. Ma
se ti dico che adesso vorrei essere su quella spiaggia per poterti
tenere al
sicuro… non è solo per
quello…» sussurra avvicinandosi, per poi terminare
la
frase sulle mie labbra e avvolgermi completamente in un abbraccio
possessivo.
Quindi
è stata mia madre.
Adesso staremmo insieme da quattro anni se non si fosse intromessa.
Eppure…
eppure credo che abbia avuto ragione. Altrimenti il mio sentimento non
si
sarebbe affievolito in questi anni, se fossi stata davvero
così presa. Lui è
stato più costante di me.
Il
mio cervello fatica a
pensare nel tempo che Paban gioca magistralmente con le mie labbra, ma
si
spegne completamente quando si sposta a baciarmi il collo. Sposto la
testa per
dargli maggior spazio e un gemito esce dalla mia bocca. Lo stomaco
è tutto un
groviglio e sento pulsare il sangue in posti che neanche pensavo
fossero così
sensibili.
Lui
fa scivolare un mano dal
collo al petto e quando passa vicino al seno mi stringo a lui con
forza,
ansimando. Vorrei che mi toccasse sulla pelle. Vorrei togliere questa
giacca.
Vorrei...
Ma
si stacca lui, lentamente.
Ha il fiato grosso e deglutisce a fatica. «Quattro anni fa
non mi sarei
fermato. Adesso capisco che non è il momento e ci
riesco» mormora.
«Non
ti piaccio più come
prima?». Cerco di fare lunghi respiri per calmare il mio
cuore e mi lascio
sfuggire il pensiero che avevo formulato prima.
Paban
ridacchia e scuote la
testa. «Farei l'amore con te anche adesso! E se ci fossero
dieci donne
bellissime e nude qui, non le guarderei perché ci sei solo
tu per me. Ma tu non
sei sicura e io voglio rispettare i tuoi tempi, anche se
dovrò impiegare tutte
le mie forze per calmarmi» termina portando una mia mano sul
suo cuore che
batte come un cavallo imbizzarrito.
«Posso
provare una cosa?»
chiedo titubante. Voglio provare a fare come ha fatto lui. Quando mi ha
baciato
lentamente il collo, strusciando le labbra, ho letteralmente perso la
testa.
Sarà così per tutti?
«Quello
che vuoi» risponde
tranquillo.
Torno
a baciarlo lieve sulla
bocca e comincio a dargli piccoli baci sul mento, mandibola per poi
scendere
accanto all'orecchio sul collo. Lo sfioro soltanto che lui mi strattona
le
spalle allontanandomi.
«Cosa
vuoi fare? Vuoi che ti
salti addosso? Vuoi farmi comportare come Hemmo?».
È arrabbiato. Ha gli occhi
praticamente neri talmente sono torbidi. Le sue mani stringono e la
giugulare
sta pulsando visibilmente sul suo collo.
Spalanco
gli occhi spaventata
e si spezza il respiro «Perché mi dici
così? Tu...» la mia voce si rompe e
iniziano a tremarmi le mani. «E' stata colpa mia? Ho fatto
qualcosa che non
andava? È per questo che Hemmo...».
«No!
Non è colpa tua!
Accidenti, dimentico sempre che tu non sai...».
«Ma
tu mi hai allontanato. Ho
sbagliato. Sono sbagliata».
«No.
Non sei sbagliata» mi
prende le mani e le accarezza. «Sono io che dimentico che tu
non sai. Non hai
mai provato... come posso spiegarti? Hemmo era un bastardo che ti ha
assalita
come un animale. Non è stata colpa tua» dice.
«Allora
perché ti sei
arrabbiato? Ti ho fatto male?». Devo cercare di capire.
Perché io stavo bene e
mi piaceva quello che stavo facendo.
«Perché
mi stava piacendo
troppo. Non hai idea...» soffia appoggiando la fronte alla
mia e chiudendo gli
occhi.
«Quindi...
ti piace...».
Almeno avevo la sicurezza di non essere una pazza. In effetti sentivo
il suo
cuore pompare più forte. Chissà se anche lui
sentiva stringere lo stomaco e se
sente il calore in giro nel suo corpo.
A
questo punto, Paban sorride
indulgente e a me sale la mosca al naso «Non prendermi in
giro! Tu avrai avuto
tante ragazze ma io no. Non so cosa si prova quando si sta...
così... vicini».
Mi viene la voglia di mettere il broncio come una bambina e un piccolo
pugno
sullo sterno non glielo toglie nessuno.
«Ahi...
adorabile manesca»
borbotta massaggiandosi «Mi piace abbracciarti, toccarti. Mi
è piaciuto quando
mi hai baciato. Mi fai battere fortissimo il cuore, mi si stringe lo
stomaco
e...» si avvicina e mi sussurra nell'orecchio, come se fosse
un segreto «Mi
viene voglia di stare con te».
Arrossisco
furiosamente
mentre mi allontano da lui. «D'accordo, ho capito.
Però adesso basta!»
borbotto, alzandomi. È ora di andare a dormire e, visto il
discorso, meglio
andarci da sola.
«No!
Chyna!» urla Dick
saltando in piedi e correndo verso di me. Rimango letteralmente basita
e
pietrificata. Cosa è successo?
«Chyna,
stai bene?» chiede
con urgenza. Anche Shae si sveglia e Paban accorre al mio fianco.
«Certo,
Dick. Che succede?»
chiedo carezzandogli le braccia alzando la testa per fissarlo negli
occhi. Sono
leggermente velati, ancora appannati dal sonno.
«Eri
in pericolo. Ti vedevo
con delle mani al collo, con un'ombra sopra di te. Stavi soffocando. Ti
agitavi
e questa persona stringeva e non c'era nessuno che ti
aiutava» spiega Dick. È
davvero agitato.
«Dick,
sto bene. Vedi? Sono
qui, non è successo niente. Forse hai sognato quello che ti
ho raccontato di
Hemmo» ricordo. Certamente sta pensando ancora a
quell'episodio terribile.
Chissà cosa succede nel nostro inconscio quando abbiamo gli
incubi.
«No,
non era Hemmo. Era più
grosso... non so» scuote la testa. «Faccio il turno
di guardia. Non voglio più
dormire. Sono sveglio» si giustifica e si va a sedere sul
masso che mi aveva
ospitato sino a pochi minuti prima.
Io,
invece, mi infilo in un
sacco a pelo e lo richiudo, avvolgendomi. Sento distintamente il
sospiro frustrato
di Paban, ma dopo quanto ci siamo detti, non voglio stargli troppo
vicino. Ci
devo meditare sopra.
Nei
giorni seguenti, cerco di
tenermi leggermente scostata da Paban. Mi sento imbarazzata ed
emozionata.
Cerco di analizzare le mie reazioni. Tutto quello che mi ha detto
Paban, capita
anche a me. Ogni volta che incrocio il suo sguardo, arrossisco e il
cuore perde
un battito.
Mi
impongo di concentrarmi
sul nostro obbiettivo: uscire vivi dall'arena. Fuori da qui,
avrò tutto il
tempo e la serenità per capire i miei sentimenti.
Intanto
continuiamo a salire.
Abbiamo incrociato almeno una quindicina di tempietti e ormai la cima
non è
distante. Abbiamo trovato anche una sorgente, che ci ha permesso di
rimpinguare
le nostre scorte di acqua.
In
compenso non abbiamo
trovato nessuna preda e abbiamo dovuto razionare il cibo e siamo quasi
agli
sgoccioli. È probabile che se non arriviamo subito a
destinazione, dovremo
tornare indietro se non vogliamo avere problemi di inedia.
Il
tempo è stato clemente,
visto che non ha piovuto né il sole ha picchiato inclemente.
Siamo stati
immersi in un clima relativamente mite che ha favorito il nostro riposo
e i
ritmi biologici del nostro corpo.
«Guardate!
Sembra che manchi
pochissimo alla cima» dice Shae esultando. Vedere la fine
della marcia così
vicina, consola parecchio. Abbiamo appena lasciato il tempietto e siamo
su un
sentiero molto stretto, con parecchie insenature e altrettanti punti a
strapiombo sulla montagna perpendicolare. La tappa successiva ancora
non si
vede e non ci resta che proseguire su questa strada che risulta essere
pianeggiante, se non addirittura in lieve discesa. Mi aspetto di vedere
meglio
la nostra prossima destinazione non appena avrò passato un
angolo di roccia che
impedisce di guardare oltre.
Non
appena svoltiamo sentiamo
un gran tremore. I sassolini scuri si muovono e quelli più
vicini al margine
esterno, precipitano nel vuoto.
«Che
succede?» urlo
terrorizzata. Il sentiero sarà largo solo cinquanta
centimetri. Se questo si
sbriciola o se mettiamo un piede in fallo, facciamo una caduta di
alcune
centinaia di metri e ci sfracelleremmo sulle rocce più in
basso.
«Ripariamoci
là in fondo!
Dick, copri Shae!» grida Paban, afferrando la mia mano e
trascinandomi in
precario equilibrio sino a fenditura leggermente coperta, che si apre
sul fondo
del sentiero prima della prossima curva.
Dick
lo imita prontamente
prendendo il braccio di Shae, ma per quanto possa correre, non
può evitare i
massi che iniziano a scendere.
Io
e Paban siamo i primi ad
arrivare al riparo e lui mi spinge dentro con forza, coprendomi con il
suo
corpo per evitare qualsiasi colpo. Sentiamo un urlo di dolore da parte
di Shae
e una rara imprecazione di Dick, cosa che non è da lui.
Sto
tremando e non so se sono
le rocce che cadono o la mia paura che mi fa battere i denti.
Finalmente
arrivano anche gli altri due e vediamo subito che Shae si tiene il
braccio
sinistro sopra il gomito e piange. È probabile che sia stata
colpita.
«L'ha
colpita un sasso» dice
telegrafico Dick, che spinge la candidata del tre accanto a me e si
piazza
all'ingresso della fenditura.
«Tira
sulla testa lo zaino»
ordina secco Paban, subito ubbidito dal mio compagno.
Sono
attimi lunghissimi.
Siamo pigiati nella nostra fenditura con alcuni sparuti sassolini che
si
cascano sulla testa.
Quando
non sentiamo più
tremori attorno a noi, Dick si azzarda a far scivolare lo zaino e
voltarsi
verso l'esterno.
«Che
succede?» pigolo
flebile. È finita la valanga? Possiamo uscire?
«E'
finita» annuncia Dick e
tutti tiriamo un sospiro di sollievo. Ci siamo salvati anche questa
volta.
Titubanti,
usciamo sul
sentiero che miracolosamente è rimasto intatto e appena
cosparso da piccoli
massi. Il cielo è sereno e immoto e sembra davvero che non
sia successo nulla
poco fa.
«Ti
fa tanto male il braccio?»
chiedo a Shae che se lo tiene stringendo le labbra. È
sicuramente rotto.
Dovremo fasciarlo e immobilizzarlo, sperando che ci facciano uscire
presto
dall'arena, per poterla curare in modo adeguato.
All'improvviso
Dick attira la
nostra attenzione «Guardate lassù!» dice
indicando un punto sopra le nostre
teste.
A
circa venti metri sopra di
noi, sul fianco della montagna, c'è una porta in ferro
socchiusa.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ed
eccoci qui alla fine di
questo capitolo.
Forse
alcuni punti vi
avranno fatto sorridere o fatto esclamare “ma è
deficiente, questa!”. Volevo
dare l’impressione di una ragazza che non ha confidenza con
le reazioni del
proprio corpo, figuriamoci con il comportamento uomo-donna in generale.
Queste
cose se capitano a
qualcuno di dodici o tredici anni è capibile, a diciassette
ti danno della
ritardata. Eppure c’è chi prova il bacio a venti
anni (sono pochi ma esistono).
Pertanto
immaginate una
ragazza adulta che chiede cose che tutti dovrebbero sapere alla sua
età. Credo
che questo sia il risultato.
Detto
questo, abbiamo una
dichiarazione completa e finita di Paban e abbiamo saputo cosa era
successo
quattro anni fa. Io avrei fatto la stessa cosa per mia figlia. Madre
impicciona? Forse. Rischio della sindrome di Romeo e Giulietta? Un
azzardo. È
andata bene e adesso sono più maturi tutti e due.
Adesso
abbiamo avuto anche
il terremoto. Ma un terremoto particolare che scopre qualche cosa che
in una
arena non dovrebbe esistere. Devo dire che la soluzione del prossimo
capitolo è
un punto di orgoglio per me.
Mi
hanno chiesto quante
recensioni per avere la pubblicazione anticipata del prossimo capitolo.
Allora,
siamo arrivati a 10 quello passato. Diciamo che 12 per il prossimo e vi
posto
quello nuovo, altrimenti la prossima settimana.
Adesso
un piccolo spoiler:
… All'improvviso Rainer si lancia
contro Ilixo, e cala
un colpo dall'alto verso il basso, mentre l'altra mano continua diritta
la sua
corsa. Subito, una delle spade viene intercettata dall'ascia e l'altra
allontanata dal coltellaccio. Con un salto Ilixo contrattacca e fa
sibilare il
suo fendente…
Il
duello che tutti
aspettavamo. Per il banner il prossimo è davvero quello di
Nazig. (è più
adatto, scoprirete perché).
Vi
ringrazio per
l’attenzione.
Alla
prossima
Baciotti.
|
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Capitolo 21 *** i video ***
Ciao
a tutti!
Torno
oggi con il nuovo
capitolo. Avevo chiesto 12 commenti e ne sono arrivati molti di
più. Pertanto
pago pegno!
Questo
è un capitolo al
quale tengo molto. E’ una soluzione narrativa per non
stravolgere il racconto e
ne sono orgogliosa.
Detto
questo, andiamo
avanti con gli Hunger Games. In questo e nel prossimo capitolo avremo
delle
belle scosse…
Per
ora, vi ringrazio
tantissimo per le recensioni, per avermi inserito nell’elenco
dei preferiti,
ricordati e seguiti e per aver solo letto. Spero che amiate questa
storia come
piace a me.
Detto
questo, ringrazio
Elenri ancora una volta per le sue immagini. In questo capitolo posto
la
candidata del distretto 2: NAZIG, che incontreremo tra queste righe
durante la
sua avventura nell’arena. Finalmente sapremo cosa
è capitato agli altri
ragazzi.
Non
aspettiamo oltre…
BUONA LETTURA!
---ooOoo---
A circa venti metri sopra
di noi, sul fianco della montagna, c’è una porta
in ferro socchiusa.
«Cosa
ci sarà là sopra?»
chiede Paban senza domandare a nessuno in particolare.
«Come
si arriva?» chiede
Dick. In effetti è la domanda più sensata.
C’è una cosa, davanti a noi, che non
dovrebbe esserci in una arena degli Hunger Games.
«Dite
che dobbiamo andare a
vedere?» dice Shae, stringendo i denti.
«Chi
può dirlo? Certo che una
porta in ferro nel bel mezzo di una montagna, non è una cosa
normale.
Soprattutto se pensi che questa è una arena»
commento.
Come
facciamo a salire fin
lassù?
«Guardiamo
quanta corda
abbiamo» propone Paban e iniziamo ad aprire i nostri zaini,
facendo l’inventario.
«Cosa
vuoi fare?».
«Dobbiamo
arrampicarci.
Dobbiamo vedere cosa c’è li sopra» sta
cominciando a misurare quanta lunghezza
ne abbiamo.
«Come
dovremmo fare? È
perpendicolare, diritta. Non siamo mica dei ragni!». La sola
idea mi spaventa.
Un piede in fallo e si precipita direttamente nella morte.
«Mi
arrampicherò io, con una
corda. Una volta arrivato là, aiuterò Dick a
salire» dice Paban, avvolgendosi
la cima della corda alla vita.
«No,
Paban. È pericoloso.
Potresti scivolare. Potresti cadere e morire» protesto,
mettendomi davanti a
lui e tentando di sciogliere la corda. «Potrebbe esserci un
sentiero che arriva
lì. Cerchiamolo, è più
sicuro».
«Chyna,
ascolta… dobbiamo
vedere quello che c’è. Può essere
pericoloso, sia salire, sia scoprire cosa
nasconde quella porta, ma se siamo arrivati sin qui è per
riuscire a scappare
dall’arena. Magari lì c’è
l’uscita» risponde lui.
«Che
differenza fa se
cerchiamo un modo più semplice e sicuro?»
interviene Shae e io annuisco dandole
ragione.
«Dobbiamo
curare Shae e di
sicuro lei non può salire arrampicandosi»
puntualizzo io.
Paban
fa un gesto, come a
invitare a procedere ed io decido di dedicarmi totalmente al braccio
della
candidata del distretto tre.
Non
ci metto molto a
somministrare un antidolorifico, fasciare e immobilizzare il braccio
nel modo
migliore che posso, visti i mezzi limitati di cui dispongo.
«Ecco,
adesso possiamo
andare» annuncio, alzandomi. Mi guardo attorno e
così fa Shae e ci accorgiamo
che Paban è già oltre alla metà del
costone e sta per raggiungere la sporgenza
dove si trova la porta.
Porto
le mani alla bocca e
cerco di trattenere un urlo. Ma è impazzito? Mi vuole far
venire un infarto?
Giuro che se cade penso io a ucciderlo!
Vedo
che Dick regge la cima
della corda e io mi affretto ad affiancarlo.
«Chyna,
sta andando bene.
Tranquilla» mormora il gigante buono. Proprio in quel
momento, la mano che
sostiene Paban, scivola e rimane a penzoloni appeso con una sola mano.
È
un attimo che dura in
eterno e mi sento in agonia per tutto il tempo, sino a quando rimette
la mano
attaccata a una sporgenza e i piedi puntati.
«Paban!
Appena riesco a
metterti le mani addosso, ti uccido!» urlo arrabbiata, appena
lo vedo stabile.
«Non
lo distrarre, Chyna» mi
richiama Shae.
Fortunatamente,
dopo un tempo
che mi sembra infinito, Paban arriva alla porta e scivola cauto
all’interno.
Dopo pochi istanti, esce e fa cenno a Dick di attaccare gli zaini che
si occupa
di sollevare.
«Adesso,
Chyna, tocca a te»
mi ordina Dick, avvolgendo la corda alla mia vita. Mi rassegno e inizio
a
scalare la parete, facendomi forza con i piedi e le mani e salendo
velocemente
grazie alla corda che mi sostiene. Riesco a salire sino a Paban senza
particolari problemi e appena tocco terra pianeggiante, mi trovo
stretta in un
abbraccio dal ragazzo del mare.
«Salire
da solo è stato più
facile che tirare su te» mi dice.
«Vuoi
dire che sono pesante?»
chiedo piccata e lui ride.
In
ogni caso stiamo bene e io
mi sento più tranquilla.
«Adesso
Dick legherà Shae e
noi due la tireremo su a forza, visto che lei non riuscirebbe a farcela
da
sola. Dopo sarà la volta del gigante» conclude la
spiegazione.
In
effetti funziona tutto a
meraviglia, salvo quando la corda oscilla troppo e la povera Shae si
trova
sbattuta contro la parete un paio di volte. Parecchio difficile
è tirare su
Dick, vista la sua mole. Meno male che lui si aiuta tantissimo e riesce
a
risalire a tempo di record.
Nel
momento in cui ci
troviamo tutti e quattro davanti alla porta in ferro, Paban ci invita
ad
entrare.
«Venite.
Non crederete mai ai
vostri occhi» annuncia aprendo l’uscio.
Entro
con un po’ di timore.
Se fosse una trappola? Non appena i miei occhi si abituano alla
penombra della
stanza mi guardo attorno e spalanco gli occhi dallo stupore.
Ci
troviamo in uno stanzone
ovale abbastanza grande, con tre pareti coperte interamente da schermi
grandi e
piccoli che mostrano immagini di vari, innumerevoli scorci
dell’intera arena di
questi Hunger Games. Sulla parete centrale c’è un
banco con una serie di
pulsanti, leve, lancette e lucette. Deve essere una delle sedi degli
strateghi,
ma loro? Dove sono?
Ci
sono quattro poltrone
nella sala ma nessuna persona presente.
«Deve
essere una specie di
centro di controllo. Da qui registrano le immagini dell’arena
e le
trasferiscono a Capitol City» commenta Shae mentre inizia a
pigiare tasti e a
muovere leve. Spero che sappia quello che fa. A me sembrano cose
strane. «In
effetti mi sono sempre chiesta come facessero. Ci sono montagne troppo
alte e i
segnali troppo numerosi per avere delle immagini di qualità.
Adesso tutto ha un
senso».
Annuisco
senza averci capito
nulla. Mi fido di quello che dice e lo prendo per buono.
«Dovevano
esserci delle
persone qui dentro. Non posso credere che abbiano abbandonato tutto
così, con
il rischio che lo scoprissimo» dico indicando le poltrone
dove si sono
accomodati Paban e Dick.
«Hai
ragione». Cominciamo a
guardarci attorno, ma sembra che non ci siano accessi a questa sala, se
non la
porta dalla quale siamo entrati.
«Fuori
ho visto che parte un
sentiero verso destra, ma si interrompe a una decina di metri da qui.
Quindi
non passavano all’esterno» dice Paban.
«Allora
deve esserci qualche
uscita qui dentro».
«Ragazzi!
Guardate! Ci sono
Iraida e Nazig!» esclama Shae ancora alle prese con gli
schermi.
Tutti
ci voltiamo verso la
parete che le sta di fronte «Sposta l’immagine
sullo schermo grande» dice Dick,
«Così vedo meglio».
Mi
sento sollevata nel notare
che le due ragazze stanno bene. Hanno gli abiti incrostati di fango e
Nazig ha
uno squarcio sulla coscia dove si vede una macchia di sangue.
Evidentemente
deve essersi ferita e sta zoppicando, ma non in modo vistoso.
Quelle
due sembrano diventate
amiche. Niente di più facile, visto quanto erano letali agli
allenamenti.
Sembrano due cobra che stanno aspettando la preda. Io non mi
avvicinerei. Però,
adesso, vederle così rilassate alla luce del sole, mi fa
sorridere.
Chissà
cosa hanno fatto in
questi periodi.
«Nazig
è ferita, ma non mi
sembra grave» commenta Dick indicando la coscia della ragazza
del due.
«Credo
che sia abbastanza
pericoloso stare vicino a Iraida. Solo quella furia poteva
riuscirci» borbotta
Paban. È evidente che non ha ancora digerito quello che la
sua compagna di
distretto gli ha combinato alle interviste.
Guardiamo
l’immagine per
qualche minuto e io tento di capire dove siano le ragazze. Non mi
sembra che
siano vicino alla cornucopia e neanche al Villaggio deserto.
Però, a un
centinaio di metri da loro, ho scorto il letto sassoso del
fiumiciattolo che
aveva ospitato l’inondazione che mi aveva travolto. Sono
ancora abbastanza
vicino al centro, quindi.
«Ehi!
Qui ci sono le
registrazioni!» esclama Shae pigiando un paio di pulsanti.
Su
due schermi della parete
destra, si illuminano riproducendo le immagini di me e Paban accanto al
fuoco,
quando abbiamo parlato di quello che era davvero successo quattro anni
fa.
Quando
arriviamo al mio
imbarazzante tentativo di seduzione, sbotto irritata «Okay,
abbiamo capito!
Adesso togli quella registrazione!» facendo sghignazzare
tutti i miei compagni.
Shae,
accomodante, toglie la
registrazione e ne mette un’altra, che raffigura uno squarcio
di giungla
immobile. Quella dopo vede lo spiazzo pieno di baccelli e noi sul
limitare che
cercavamo di aprire quello che conteneva Thabo. Subito si affretta a
cambiare e
vediamo Rainer, Nazig e Iraida che mangiano carne accanto a un fuoco da
campo. Sembra
che non succeda niente e si cambia ancora con Ilixo che cammina spedito
tra le
piante con il suo zaino a spalle e la sua ascia in mano.
Continua
a cambiare. Ogni
registrazione ha la data e l’ora all’angolo in
basso.
Non
sembra che vengano
prodotte con una logica temporale, ma potrebbe essere che Shae non
sappia quali
tasti toccare per le registrazioni corrette.
Troviamo
le registrazioni
dell’inizio alla Cornucopia, con il bagno di sangue.
Sicuramente queste saranno
state trasmesse da ogni angolazione. Nessuno di noi è
ansioso di rivedere
quelle scene che sono stampate nella nostra memoria. Cambiamo ancora.
Altra
giungla immobile. Poi vediamo Hemmo che cammina tranquillo come se
fosse il
padrone del mondo e da lontano un filo di fumo sopra gli alberi.
È il giorno
che mi ha trovata.
L’immagine
successiva mi fa
mancare il fiato. Sono io stesa a terra con Hemmo su di me che mi
solleva la
maglietta e mi taglia il reggiseno.
«Avrei
voluto ucciderlo io»
mormora Paban accanto a me, facendomi sobbalzare. Istintivamente mi
scanso da
lui. Nessuno mi deve toccare. Il solo ricordo delle sue mani mi
ripugna. Il
solo pensiero di altre mani mi ripugna. Era meglio non aver visto e far
finta
di niente come stavo facendo.
«Bastardo»
mugugna Shae,
cambiando immagine.
Ormai
è un caleidoscopio di
figure che girano sullo schermo. Vediamo Alicia quando si nasconde e
poi quando
la rintracciamo.
«Perché
stiamo guardando le
registrazioni?» domando stancamente.
«Solo
per constatare che non
ci siamo persi niente di quello che è successo lontano da
noi» risponde Shae.
Ormai sta diventando brava con i passaggi e non dobbiamo visionare
più di
qualche secondo per capire a cosa di riferisce. In caso va avanti
veloce e poi
cambia.
«In
base alle date, siamo qui
da almeno una decina di giorni» commenta Paban.
All’improvviso,
sullo schermo
mi trovo davanti quello che speravo non accadesse mai e anche Shae si
blocca
per osservare meglio. In basso, a destra riporta la data di due giorni
fa e le
quattro del pomeriggio. Nello schermo grande, Rainer e Ilixo che si
guardano ai
lati opposti di un fuoco da campo.
Vedo
Rainer che muove la
bocca. «Shae, non puoi mettere l’audio?»
chiedo ansiosa.
«E’
quello che sto cercando
di fare» mi risponde mentre continua a spostare leve e
toccare pulsanti alla
consolle principale.
Mentre
lei cerca, io non
riesco a distogliere lo sguardo dallo schermo. Credo di essermi
avvicinata.
Alle mie spalle sento dei respiri pesanti. Credo sia Paban, ma non ho
voglia di
sincerarmene. L’azione è davanti a me, non dietro.
Sicuramente
Ilixo sta
parlando (è di spalle e non si vede), Rainer lo guarda con
sufficienza e un
sorrisetto sardonico. Probabilmente gli sta dicendo le ragioni che lo
hanno
portato a cercarlo e a sfidarlo.
Sembrano conversare tranquillamente come se fossero a un
tè in
compagnia. Quanto vorrei capire i loro toni, cosa si dicono i loro
sguardi.
Non
sembra che il candidato
dell’uno sia intenzionato a dare ragione a quello del dieci.
Forse lui si rende
conto di quanto sia ridicola questa fissazione che ha Ilixo.
«Secondo
te l’ha convinto»
pigolo sottovoce. So che qualcuno mi ha sentito. È Shae a
rispondere.
«Guarda
qua» dice e
ingrandisce l’immagine sul primo piano di Rainer.
Anche
io che non so leggere
il labiale, capisco quando il candidato del distretto uno risponde
“Okay, ci
sto”.
Li
vedo stringersi la mano e
prendere le loro armi, facendole sibilare nell’aria. Ilixo ha
il coltello lungo
di Hemmo e la sua ascia che fa roteare senza problemi. Rainer sfoggia
due spade
di uguale lunghezza.
Si
spostano dal fuoco e si
dispongono al centro dello spiazzo libero. Sono di fronte, accucciati,
con le
armi pronte i pugno e lo sguardo di ghiaccio. Sono pronti a infliggere
morte.
Pazzi!
Mi
scappa un gemito di
sconforto. Questa lotta sarà definitiva e loro lo sanno.
Stanno deliberatamente
decidendo di distruggersi. Come possono? Dopo tutto il dolore e la
morte che ci
sono stati qui dentro. Come possono volerne ancora?
Paban
si avvicina e mi mette
una mano sulla spalla. «Chyna, non preoccuparti.
Andrà tutto bene, vedrai… Hanno
deciso di combattere al primo sangue. Quando uno dei due
sarà ferito finirà il
duello. Nessuno morirà».
«Come
fai a dirlo. Non si
sente quello che si sono detti» mormoro, senza staccare gli
occhi dallo
schermo, dove i ragazzi hanno iniziato a scrutarsi girando attorno a un
immaginario cerchio.
«Ilixo
ha fatto il gesto e
Rainer l’ha confermato. È una cosa che mi ha
spiegato l’istruttore agli
allenamenti» risponde.
Mi
sento più sollevata. Forse
non si uccideranno.
Continuo
a guardare lo
schermo, quasi affascinata. Osservo i due ragazzi pronti alla lotta,
con i
muscoli in tensione e lo sguardo duro. Sembrano due fiere sul punto di
sbranarsi.
All’improvviso
Rainer si
lancia contro Ilixo, e cala un colpo dall’alto verso il
basso, mentre l’altra
mano continua diritta la sua corsa. Subito, una delle spade viene
intercettata
dall’ascia e l’altra allontanata dal coltellaccio.
Con un salto Ilixo
contrattacca e fa sibilare il suo fendente.
Se
non ci fosse pericolo,
sarebbe uno spettacolo davvero bellissimo da guardare. Potente ed
elegante.
Sono davvero due combattenti molto bravi.
I
colpi e i rimbalzi si
susseguono. Rainer attacca più spesso e cerca di superare la
guardia di Ilixo,
ma lui è estremamente attento e riesce a schivare, anche se
a volte è
difficile.
I
loro muscoli sono in
tensione. Hanno tolto le giacche e dalle maniche delle maglie, si
vedono i
fasci dei nervi che scattano. Le loro fronti sono lucide e brillano
agli ultimi
raggi di sole.
Il
fatto di guardare questo
duello, questi colpi inferti e parati, senza il clangore delle armi,
rende le
immagini più finte. Quasi non vi fosse nessun pericolo.
Mi
accorgo di guardare il
video come quando ero comodamente a casa. È diverso rispetto
a viverle. Ed è
diverso da quando ho vissuto qui, dentro l’arena. Una volta
erano solo immagini
e forse avevo perso il senso del pericolo (anche se relativo, visto le
armi
depotenziate). Adesso invece so che aspetto ha la morte vista da
vicino. Quella
cruenta che ti spiazza e ti toglie il fiato dal dolore della perdita.
Quando vedi
il sangue vero, inferto da una lama, che scorre sulla terra.
Ormai
i due ragazzi sono
stanchi. Continuano a menare fendenti, ma sono meno precisi e potenti
rispetto
all’inizio. Non so se questo può essere una cosa
buona o cattiva per la fine
del duello. Finora sono stati molto bravi a non ferirsi, ma adesso che
le loro
forze stanno scemando, potrebbero scoprirsi più facilmente.
Sto stringendo la
mano che Paban ha posato sulla mia spalla. La stringo tutte le volte
che mi
sembra che Ilixo rischi di essere colpito. È una reazione
automatica. Non vuole
essere niente di più che partecipazione alla sfida. Dick
guarda silenzioso e
attento. Anche Shae ha smesso di toccare tasti con la mano sana e sta
guardando
i due contendenti come faccio io.
Vedo
Rainer attaccare per l’ennesima
volta, brandendo la spada di destra. Questa volta, però, ha
lasciato scoperto
il fianco sinistro e Ilixo si infila strisciando la lama del
coltellaccio
appena sotto le costole del suo avversario. Una riga rosso sangue. Il
primo
sangue. Ilixo ha vinto.
«Ilixo
ha vinto!» esulto e
abbraccio Paban con un enorme sorriso. «Adesso
tornerà da noi!».
«Sì»
mi fa eco Paban «Adesso
tornerà». Non faccio caso al tono di voce che usa,
sono solo felice che il
candidato del dieci non si sia fatto uccidere. Considerando poi, che ha
vinto
la sfida, dovrebbe tornare molto più contento di prima.
«Guarda,
Chyna!». Dick
richiama la mia attenzione sul video. Rainer ha cercato di colpire
Ilixo mentre
questi stava per stringergli la mano. Subito il candidato del dieci si
rimette
in guardia.
Si
vede che stanno urlando
mentre le armi continuano a cozzare in modo violento e scomposto.
Sembra che
Rainer non si voglia arrendere ad essere stato sconfitto. Eppure
è un duello in
regola, con Ilixo vincitore. Non dovrebbero continuare. Rischiano di
farsi male
seriamente.
«Che
stupido. Perderà la vita
se continua in questo modo» mormora Paban accanto a me.
Non
so a chi si riferisca e
neanche lo voglio immaginare. Spero solo che la smettano di rischiare.
Rainer
si lancia ancora
contro Ilixo, con tutta la forza del suo corpo, spingendo direttamente
torace
contro torace. Le lame sono incrociate. Ilixo cade sulla schiena,
trascinando
con se anche il suo avversario. Cominciano a rotolare insieme per
alcuni metri.
Sto
trattenendo il respiro.
So che questo è l’ultimo atto a cui assisto nella
completa impotenza. Tra
qualche minuto sarà tutto finito.
Infatti
i due si bloccano,
Rainer steso sopra Ilixo. Si vedono le figure muoversi, come se
avessero il
fiatone. Dopo alcuni istanti che sembrano ore, il corpo steso si
solleva per
poi ricadere supino. Il manico del coltellaccio di Ilixo spunta
attraverso il
costato del candidato del distretto uno e da lì fuoriesce un
copioso rivolo di
sangue che si allarga sul petto senza vita.
Gli
occhi di Rainer sono
sbarrati. È morto.
Non
so se essere sollevata
dal fatto che Ilixo è sopravvissuto, oppure essere sconvolta
dalla morte del
suo avversario. C’è già stato troppo
sangue. Basta.
Il
silenzio riempie la sala
delle registrazioni dove siamo riuniti adesso. Io continuo a fissare lo
schermo, a fissare Rainer steso a terra.
Vedo
distrattamente che Ilixo
tasta il collo dell’altro ragazzo e continua a voltarsi verso
il cielo, come se
aspettasse qualcosa.
«Il
cannone» dice Dick,
riscuotendomi dal torpore «Non c’è il
colpo di cannone, adesso?» chiede.
Sia
Paban che Shae si
guardano.
«E’
vero. Anche noi non
abbiamo sentito niente due giorni fa» conferma Shae.
«Nell’arena
si sente da tutte
le parti… Pensateci. Non abbiamo visto neanche il sigillo di
Panem quella sera»
ricorda Paban.
«Non
c’è stata la sua
immagine sul cielo. Ma… è morto?
Magari…» provo a dire.
«No.
Ilixo ha controllato,
vedi? Rainer è sicuramente morto ma sembra che il colpo di
cannone non arrivi»
replica il ragazzo del mare, senza farmi finire.
«Credete
che vi siano dei
problemi?».
«Siamo
dentro una sala che
non avremmo mai dovuto scoprire. Direi che per gli strateghi dei
giochi, questi
sono ben più che problemi» evidenzia Shae.
«Fuori
di qui ci sarà una
situazione esplosiva se si riesce a bloccare il normale svolgimento
degli
Hunger Games della Pace».
Ormai,
ognuno di noi è perso
nei suoi pensieri. Io continuo a guardare Ilixo che piange sul corpo di
Rainer,
mentre lo ricompone ed estrae il coltellaccio che lo ha ucciso. Si
renderà
conto di quanto fosse folle il suo desiderio di lotta? Si
renderà conto di
quanto sia stato stupido Rainer nell’ostinarsi al duello dopo
essere stato
sconfitto?
Non
c’è più nulla da vedere
adesso. Mi guardo intorno e per la prima volta cerco di analizzare bene
dove
siamo capitati.
Questa
è una stanza
abbastanza grande, di una cinquantina di metri quadrati. È
scavata totalmente
nella roccia nera della montagna. I video, tantissimi tra grandi e
piccoli,
sono disposti su tre pareti, a partire dall’altezza dei
pannelli di controllo
(che occupano solo la parete centrale) sino ad arrivare quasi al
soffitto.
Credo che da questa posizione si potesse controllare l’intera
area dell’arena.
Un sguardo completo su questi Hunger Games.
Quello
che attira la mia
attenzione è la quarta parete. C’è una
porta e due capienti armadi in metallo
ai suoi lati.
Do
una occhiata ai miei
compagni. Dick è ancora occupato a guardare le immagini
delle varie
televisioni, mentre Paban e Shae stanno toccando alcuni comandi della
consolle.
Io mi dirigo verso la porta. Dove andrà? In un attimo sento
i passi pesanti del
mio compagno di distretto che si avvicinano.
«Dove
vai?» chiede con
curiosità. Gli indico il battente che mi incuriosisce.
«Voglio
vedere dove porta».
Con cautela ci avviciniamo e, brandendo lo spadino con la destra, apro
la porta
di scatto con l’altra mano.
Non
che mi aspettassi chissà
cosa, ma non credevo proprio di trovarmi davanti a un bagno con
lavandino,
piccola doccia e annesso fornellino da campo. I nostri controllori
erano piuttosto
spartani nei loro comfort.
«Qui
ci sono provviste. Ma
non sono grandi scorte. Se davvero c’erano quattro persone
qui dentro,
sarebbero bastate per una settimana al massimo» dice Paban
dalla stanza dei
video.
Anche
lui si sta guardando
intorno. «E ci sono alcuni cambi di biancheria, ma niente che
faccia pensare a
una lunga permanenza».
«Allora
dovevano uscire da
qualche parte. Tornare a Capitol City, darsi il cambio» esco
dal bagno, dove
non ho visto neanche una finestra. Niente porte. Mi guardo attorno e
noto che
manca anche altro.
«Non
ci sono brandine. Non
stavano svegli tutto il tempo. E dormire su quelle poltroncine
è praticamente
impossibile».
Stiamo
facendo ipotesi su
ipotesi. Ormai il desiderio primario è trovare il sistema
per uscire dall’arena.
«Sposta
quella poltrona»
ordina Shae indicando la seggiola più lontana, con il
braccio sano.
Automaticamente mi volto per guardare bene sul sedile e, come
è ovvio, non vedo
nulla. Quando il mio sguardo passa al pavimento, noto il coperchio di
quella
che sembra una botola.
Velocemente
Paban sposta la
sedia e Dick alza il ferro pesante. Sotto, troviamo una specie di tubo
che
conduce verso il basso, con una serie di staffe in metallo che servono
per
salire e scendere.
«Restate
qui. Noi scendiamo a
vedere cosa c’è là sotto»
dice Paban risoluto e, fatto un cenno a Dick a
seguirlo.
Io
e Shae aspettiamo parecchi
minuti fissando il buco che ha inghiottito i nostri compagni. Sotto di
noi non
si sente altro che rumori ovattati, come passi.
Quando
riemergono dal buco,
sono così piena di speranza che mi affloscio letteralmente
quando scuotono la
testa, mesti.
«Abbiamo
percorso il tunnel
per circa dieci metri, poi è tutto ostruito da una frana.
È probabile che il
terremoto l’abbiano provocato loro facendo crollare il
passaggio».
«Vuoi
dire che sono stati gli
strateghi?» chiedo.
«Magari
ci hanno visto
arrivare e temendo che scoprissimo questo posto, sono fuggiti,
impedendoci di
seguirli» conclude Shae.
Niente
di più facile.
Non
ha senso cercare ancora
qui dentro, quello che dovevamo scoprire l’abbiamo visto. Con
calma pilucco del
pane contenuto in un sacchetto nelle scorte, mentre guardo alcune
registrazioni. Sono curiosa di vedere gli altri che non abbiamo
più incontrato
da quando siamo qui dentro.
Devo
dire che Nazig e Rainer
se la sono cavata egregiamente, sia con la caccia che con la
sopravvivenza.
Iraida era più pigra, ma anche lei ha fatto la sua parte.
Hanno continuato a
girare tornando sempre alla Cornucopia, dopo essersi allontanati per un
massimo
di tre giorni.
Quando
rischio di
addormentarmi davanti alle immagini, decido che è il momento
di coricarmi e
riposare un po’.
Non
riesco a chiudere gli
occhi, perché, nell’aria si spande un fastidioso
campanello.
Subito
tutti ci voltiamo
verso gli schermi cercando l’origine del suono.
«Shae,
hai trovato l’audio?».
Shae
sta toccando varie
levette «No. Non viene da qui…
è… è da fuori» risponde
aggrottando la fronte.
Balzo
velocemente in piedi e
mi precipito alla porta. Tutti noi sappiamo che quello è il
suono di un
paracadute, ma come può essere? Allora ci sono altre
stazioni di osservazione,
altrimenti non sarebbe possibile far arrivare un regalo con questa
precisione.
Appena
usciti, vediamo il
paracadute argenteo che si posa delicato ai nostri piedi. Sono stata la
prima
ad uscire e quindi mi affretto a raccogliere il contenuto del
pacchettino
appeso.
«Cos’è,
Chyna?» chiede Dick.
Nel
momento in cui apro la
scatoletta, rimango piuttosto perplessa: nella mia mano
c’è una piccola
riproduzione della Cornucopia. Non ci sono biglietti, né
altre indicazioni,
solo il piccolo soprammobile dorato.
«Probabilmente
ci stanno
dicendo di tornare al centro dell’arena» suggerisce
Paban.
«Credo
che tu abbia ragione.
In ogni caso, non c’è molto altro da trovare
qui». Anche Shae è d’accordo con
lui e, sembra anche a me… ma forse…
«E
se dicessero esattamente
il contrario? Del tipo, “Non tornate alla
cornucopia”?».
«Non
possiamo pensarci
troppo. Qui non abbiamo altro da fare visto che l’uscita
è stata chiusa, l’unica
soluzione è tornare al centro… vi ricordate che
sotto la Cornucopia ci sono
altri tunnel?». I ragionamenti di Shae fatti ad alta voce ci
freddano tutti.
Come abbiamo fatto a dimenticarcene? È da lì che
siamo entrati, ovvio pensare
che ci sia anche la via di uscita.
«Okay.
Torneremo indietro.
Partiremo domani mattina. Adesso è meglio che ci prepariamo.
Carichiamo quanti
più viveri possiamo prendere e poi andiamo a
riposare». Paban è entrato in
modalità capo ed è meglio che collaboriamo.
Annuisco
pensosa mentre
rientriamo nella sala dei video.
Sullo
schermo grande
compaiono Nazig e Iraida che camminano per la giungla.
All’improvviso trovano
sul loro cammino un orsetto piccolino e tenerissimo.
Nazig
si inginocchia e inizia
a carezzarlo dolcemente mentre Iraida si mette a correre terrorizzata.
«Perché
Iraida è scappata?
Quell’orsetto è così carino»
commento.
In
effetti quell’orsacchiotto
è molto simile ai pupazzi che avevo da piccola. Gli
occhietti neri, circondati
da pelo chiaro, risaltano e attirano l’attenzione. La
pelliccia marrone sembra
morbidissima e viene voglia di abbracciarlo. Anche le piccole corna che
si
trovano sulla testa dell’orsacchiotto fanno simpatia. Il
nasino rosa si muove
come ad annusare il profumo della mano della candidata del distretto 2. Ha
quattro zampette tozze
con piccole unghie nere aguzze e due orecchie tonde e pelose ai lati
della
testa.
Cosa
ci può essere di
pericoloso in quel delizioso esserino?
«Scappa!
Nazig, scappa!»
esclama Shae al video. Anche Paban sta guardando ora e ha un cipiglio
preoccupato.
Ma cosa ci sarà di così pericoloso? Devo avere la
faccia molto perplessa perché
lui risponde alla mia domanda silenziosa.
«Quello
è un Bloodybear».
«Bloody…
Bloodybear?».
«Un
ibrido creato da Capitol
City. Uno dei più infidi e pericolosi».
Un
brivido percorre la mia
schiena mentre mi volto e guardo Nazig che coccola l’orsetto.
Cosa succederà
adesso? È davvero così pericoloso?
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
arrivati alla fine.
Come avete visto, non abbiamo proprio incontrato i candidati. Li
abbiamo visti
in televisione. Mi è piaciuto tantissimo questo pezzo,
questa stanza. In
effetti mi sono sempre chiesta come facessero a comandare tutto da
distanze
elevate. Così ha più senso, non vi sembra? Grazie a imetjoshutcherson (detta Myr) per l'idea del paracadute. Non l'avevo ancora usato ma qui ci stava proprio bene.
E
il terremoto era causato
proprio dagli Strateghi, per chiudere la via di fuga della sala di
controllo
video.
Rainer
è morto e Ilixo è
vivo. Presumo che siamo tutti felici per questo.
Nazig,
invece, non mi
sembra in una posizione ottimale e il piccolo orsacchiotto, forse
nasconde
qualche cosa di orribile che a occhio nudo non si vede. Lo scopriremo
nel
prossimo capitolo. Vi assicuro che è davvero teso.
Adesso
un piccolo spoiler
sul prossimo capitolo:
… Gli dispone le braccia lungo i
fianchi e mette diritte
le sue gambe, poi si guarda intorno come a capire dove siamo. A est
spunta il
sole, su una delle giornate più tristi da quando
è iniziata questa avventura…
Non
sarà un capitolo
allegro. Il prossimo banner sarà il Bloodybear. Ebbene
sì! Quella matta di
Teresa (Elenri) mi ha trovato anche l’ibrido! È un
mito!
A
proposito di pazzia!
Guardate che banner mi ha confezionato!
Ditemi
voi! Che voto date
al dolce? (specificate quale).
Adesso
vi ringrazio per la
vostra attenzione e vi rimando alla prossima settimana. Vogliamo
continuare il
gioco degli anticipi? Ho un solo capitolo pronto. È vostro
se arriviamo a 20
recensioni (visto che adesso siamo arrivati a 16…)
altrimenti a venerdì
prossimo!
Baciotti!
|
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Capitolo 22 *** la febbre ***
Ciao
a tutti!
Non
siamo arrivati a 20 recensioni
e come promesso, vi ho fatto aspettare una settimana. Ad essere sincera
è meglio
così visto che questo è l’ultimo
capitolo che ho pronto. Quindi niente ricatti per
il prossimo, aspetterete buoni buoni il mio postaggio.
Ringrazio
comunque la
valanga di recensioni che sono arrivate per il capitolo scorso. E anche
chi mi
ha inserito nelle preferite (40!), ricordate e seguite. Chi ha letto e
riletto
e apprezzato.
Ringrazio
Elenri per
questo banner folle! Ebbene sì, è lui! Il
Bloodybear! Non è tenero?
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Quello è un
Bloodybear».
«Bloody...
Bloodybear?».
«Un ibrido creato da
Capitol City. Uno dei più infidi e pericolosi».
Non
riesco a staccare gli
occhi dallo schermo. Nazig continua ad accarezzare l'orsacchiotto e io
sto
aspettando che accada qualcosa. Qualsiasi cosa. E nello stesso tempo
aspetto
che non succeda nulla.
I
minuti passano con una
lentezza esasperante.
Dietro
a Nazig, arrampicata
su una pianta, Iraida sta gridando alla sua compagna. Sono sicura che
è così,
anche se non si sente niente. Vedo le sue guance gonfie e la bocca che
si
spalanca a ritmo. Sta decisamente gridando, ma la candidata del due
sembra non sentire.
Appare isolata, proprio come noi.
A
questo punto mi viene
voglia di osservare meglio e mi avvicino, finendo per fissare
intensamente lo
schermo. Cosa c'è che mi sfugge? Perché Nazig non
si muove? Poi capisco. I suoi
occhi sono vacui. Sta continuando a carezzare il Bloodybear ma adesso
ha gli
occhi spenti e il sorriso vuoto. Come... come...
«E'
stata ipnotizzata. Ormai
è quasi finita» mormora Paban. Accanto a lui, Shae
piange in silenzio e
continua a guardare lo schermo come me. Dick è seduto sulla
poltrona davanti
alla consolle centrale e osserva le immagini con sguardo serio e senza
fare un
fiato.
È
un momento terribile
questo. Stiamo aspettando di vedere qualcuno che muore, sapendo che sta
per
morire e senza poter far niente per lei.
«Cosa
succederà adesso»
pigolo con voce sottile.
«L'orso
si avvicinerà e poi
aprirà le fauci ed inizierà a strappare pezzi di
carne dal corpo, finché
riuscirà a squarciare il petto e estrarrà il
cuore ancora pulsante per
mangiarlo». La voce monocorde e dolente di Paban mi riempie
di pena.
«Nazig
sarà ancora viva?».
Terribile. Mostruoso. Come Thabo.
«Sì».
Un soffio che è una
sentenza. «Morirà quando le strapperà
il cuore, ma fino ad allora sentirà
tutto».
«Ce
ne saranno altri? Iraida
si salverà?». I nostri occhi non si lasciano
sfuggire neanche una immagine.
«Normalmente
i Bloodybear
vivono solitari e si riuniscono solo per l'accoppiamento. E non sono
animali
che sanno arrampicarsi, loro ammaliano le prede e poi le uccidono, non
sono in
grado di inseguirle. Se Iraida non scende dall'albero, è
salva» risponde Shae.
«Pensavo non ci fossero ibridi nelle arene. Avrei dovuto
aspettarmelo dopo
quello che era successo a Thabo. Devo dire che gli strateghi hanno
trovato i
trabocchetti più subdoli per questi giochi.
Complimenti». Non è certo un tono
allegro quello che usa per commentare.
«Voglio
avere gli strateghi
tra le mani e picchiarli» dice Dick. Poi, quando gli scappa
un singhiozzo si
alza e si chiude in bagno, per non vedere quello che sta trasmettendo
lo
schermo in questo momento.
Nazig
sta urlando. Adesso si
è svegliata e si trova senza una parte di braccio, strappato
a morsi
dall'animale che non sembra più una tenera creatura. Urla.
Urla terrorizzata
scalciando ed allontanandosi, ma è troppo tardi. La gamba
all'altezza del
polpaccio si stacca dal resto del corpo. Il dolore deve essere
lancinante. Noi
vediamo solo le sue labbra spalancate e gli occhi lacrimanti, ma posso
tranquillamente immaginare come siano le sue grida.
Mi
volto appena prima che
l'animale si avventi sul suo petto per strapparle il cuore. Ma nella
mia mente
vedo chiaramente tutto quello che mi hanno detto Paban e Shae. Il che
potrebbe
essere anche peggio.
«Voltati
pure, è finita».
Anche
questa volta non
sentiamo il colpo di cannone, né, la sera, sentiamo l'inno
di Panem e neanche
vediamo il sigillo nel cielo o l'immagine di Nazig. Niente.
È come se questa
parte fosse completamente fuori controllo. Cosa sta succedendo fuori di
qui?
Oramai
siamo arrivati a sei.
Io, Dick, Shae, Paban, Ilixo e Iraida.
E
pensare che volevo uscire
subito dall'arena. Invece sono ancora qui, ricordando le persone che
ormai non
ci sono più, come Alicia e Owen, Christal e Bor,
Sakìa e Rudy, Douce e Thabo.
La
notte passa in modo
agitato. Continuo a girarmi nel sacco a pelo.
Mi
spavento, quando sento il
mio bozzolo aprirsi e un corpo infilarsi accanto a me e stringermi
«Scusami.
Magari se ti tengo ferma riusciamo a dormire» bisbiglia
divertito Paban. Mi
costringe a poggiare la testa sul suo petto e intreccia le gambe con le
mie.
«Adesso sei legata. Dormi» ordina.
Mi
fa sorridere, ma
finalmente riesco a rilassarmi, lo abbraccio e cullata dal ritmo del
suo
respiro riesco ad addormentarmi. Non ricordo neanche più
perché non mi lasciavo
avvicinare da lui. Ne ho bisogno adesso.
La
mattina presto ci
svegliamo grazie a Dick che ha fatto l'ultimo turno di guardia e l'ha
passato
sulla porta, chiamandoci appena si schiarisce il cielo. Razziamo quello
che
riusciamo a infilare negli zaini e li caliamo lungo la parete. Subito
dopo
vengo calata io e poi Shae che con il suo braccio rotto è
davvero impedita nei
movimenti. Quando anche Dick e Paban hanno raggiunto il terrapieno,
ricominciamo a scendere la montagna, ripassando nel sentiero tra i vari
tempietti e rovine che avevamo trovato all'andata.
Continuiamo
a fare i turni di
guardia e la notte ricomincio a dormire con Paban. Riesce a calmarmi e
anche
lui si agita meno. Lo abbiamo capito già la prima sera della
nostra discesa.
Anche Shae ha provato con il contatto umano e Dick è un
pochino imbarazzato per
il fatto di dormire accanto a lei, ma è molto orgoglioso del
fatto di farla
riposare tranquilla.
Dolcemente
gli abbiamo
spiegato che Shae è fidanzata e che non c'è nulla
di romantico e lui pare aver
capito. È anche riuscito a farsi confidare chi sia questo
fantomatico ragazzo,
esclamando entusiasta quando ha saputo il nome, ma non ce lo vuole dire
e noi
rispettiamo il loro patto di segretezza.
Nonostante
che, nello
scendere, si sia più veloci, occorrono alcuni giorni prima
di giungere in
pianura. La sera non mandano più il sigillo di Panem,
né l'inno.
Ogni
tanto tiro fuori la
cornucopia e me la rigiro tra le mani. Sarà questo il vero
messaggio? Non
abbiamo molta scelta. Che il cielo ce la mandi buona!
Quando
finalmente arriviamo
alla base delle montagne, abbiamo quasi finito le scorte e non abbiamo
più
acqua. Non appena tocco il terreno umido e verde mi sento come tornata
a casa.
Poso subito lo zaino a terra e imbraccio il mio arco. «Vado a
caccia» annuncio
e mi metto subito a correre verso la giungla. Non mi aspetto di trovare
qualcosa. Solo libertà, per quanto sia falsa ed effimera in
questa arena.
Passo
tutta la giornata in
giro. So che i miei compagni saranno preoccupati, in particolare Paban,
ma non
posso farne a meno. Ho bisogno di pensare e starmene per conto mio.
Cacciare è
terapeutico in questo. Sì, sono solo io, che mi muovo senza
rumore, e le mie
prede.
Mi
fermo quando arrivo ad
aver preso tre conigli e due scoiattoli. Non mangeremo tutta questa
roba e di
sicuro non voglio buttare niente.
Per
pranzo mangio delle
fragoline selvatiche e delle bacche. Non è molto ma voglio
godermi un po' di
questa libertà.
Alla
fine non penso a niente.
Non penso a Paban e al suo amore. Non penso ai miei sentimenti
contrastanti.
Non penso a Ilixo che ora è libero. Non penso a Nazig che ha
fatto una fine
orrenda per la quale tutta la sua forza non è servita a
salvarla. Non penso a
Iraida che ora è sola nella giungla. Non penso a niente. Mi
godo solo il
silenzio frammentato da piccoli stridii degli animali e il sole che
filtra tra
le foglie.
Quando
torno dagli altri, che
si sono accampati alla base della montagna e che hanno fatto scorta di
acqua,
mi scuso per il ritardo e inizio a preparare la selvaggina per
cucinarla.
Paban
mi guarda torvo ma non
dice niente e si limita a scuoiare un coniglio.
«Capisco
che tu ne abbia
avuto bisogno, ma non farlo più. Non sapevamo niente e non
funziona più neanche
il cannone per dirci se qualcuno è morto. Loro due sono
stati intrattabili
tutto il giorno e tu mi devi dieci notti di sonno tranquillo in
pagamento per
averli dovuti sopportare! Sono andata a cercare dei tuberi e delle
radici, pur
di non restare con loro!» mi sibila Shae nell'orecchio.
Ridacchio come risposta
e annuisco ma lei alza le spalle e fa cenno che stava scherzando sui
turni di
guardia.
Beh,
meglio così.
La
sera mi aspetto una lavata
di capo da parte del ragazzo del mare, ma lui si limita a scivolare
accanto a
me nel sacco a pelo e stringermi forte tra le braccia. «Non
farlo più» mormora
sottovoce, poi sospira e si rilassa, pronto ad addormentarsi.
Mi
viene quasi da ridere.
D'accordo che sono la più piccola tra noi quattro, ma
trattarmi come una
poppante che ha sempre bisogno della balia mi sembra esagerato. Poi mi
tornano
in mente le morti atroci di Thabo e Nazig. Loro erano in compagnia,
eppure non
sono scampati alla morte. È inutile pensarci troppo. Se
credi di non poter
sopravvivere, allora non vale la pena alzarsi la mattina.
Però,
se fossi stata io ad
aspettare il ritorno di Paban o di Dick per tutta la giornata, avrei
dato di
matto. Mi riprometto di non fare più una cosa simile, almeno
finché siamo qui
dentro.
Durante
la giornata che ho
trascorsa da sola, ho ritrovato il letto sassoso del torrente quasi
asciutto. È
lì che conduco i miei compagni la mattina dopo. Seguendone
il corso, dovremmo
trovare delle casupole come quelle del villaggio deserto, per ripararci
la
notte e rendere più facile il tragitto diurno.
Cominciano
a passare i giorni
in questo modo. La mattina facciamo colazione con frutta che cogliamo
al
momento e la solita pappetta di cereali che abbiamo trovato tra le
provviste
nella sala video in montagna. Poi camminiamo per almeno tre ore, poi
mangiamo a
pranzo la carne che caccio e delle radici che cercano gli altri. Ci
riposiamo
all'ombra un paio d'ore e poi marciamo per il resto del tempo sino
all'imbrunire, quando ci fermiamo per la cena e accamparci per la
notte. Se
troviamo una casa ci fermiamo prima, altrimenti ci disponiamo in un
campo
all'aperto. Non restiamo mai troppo vicino al ruscello, soprattutto la
notte,
per paura di improvvise piene come quella che mi aveva travolta.
Io
e Paban continuiamo a
dormire insieme. Avrei potuto scambiare il mio compagno di sacco con
Shae, ma
non riesco a proporlo, forse perché non voglio.
Sono
già cinque giorni che
siamo arrivati in pianura, nella giungla. Non manca molto alla
cornucopia. Mi
chiedo se incontreremo Ilixo e Iraida, gli ultimi sopravvissuti
dell'arena
oltre a noi.
Quando
scende la notte,
facciamo ancora i turni di guardia. Non che non ci fidiamo degli altri
candidati, ma le trappole presenti in questa arena sono troppo
pericolose per
potersi rilassare.
Normalmente
il primo turno lo
faccio io, poi Paban sostituito da Shae e infine Dick. In questo modo
dobbiamo
restare vigili per un tempo massimo di tre ore per notte e nessuno di
noi è
troppo stanco per non poter continuare il giorno dopo. Ci siamo
abituati.
«Secondo
te, siamo vicini?»
chiedo a Paban, mentre sono appoggiata al tronco di un albero e gioco
con le
dita della sua mano. Lui è seduto accanto a me e ha un
braccio attorno alla mia
vita.
Ormai
non mi dà più fastidio
la sua necessità di contatto fisico costante. Il fatto che
mi prenda spesso per
mano o che sfiori il mio braccio mentre marciamo durante il giorno o
quando ci
accampiamo la sera, non mi crea più alcun imbarazzo. Sembra
quasi normale.
Questa
notte, come altre in
precedenza, stiamo facendo il nostro turno insieme. Lui si rifiuta di
andare a
dormire senza di me. Dice che non riesce a dormire bene e a me fa
piacere avere
compagnia, il tempo passa prima.
«Non
manca molto. Direi
ancora tre o quattro giorni. Non di più» conferma
lui.
Spero
solo di trovare qualche
cosa di risolutivo quando giungeremo lì.
In
quel momento, sentiamo un
leggero fruscio nella notte. Il nostro fuoco è ridotto a un
insieme di braci
pressoché spente e rilasciano una piccola luce che non
illumina niente al di là
di un metro di distanza. Subito ci alziamo e prendiamo le nostre armi.
Inutile
incoccare una freccia al buio, meglio usare lo spadino, mentre Paban
imbraccia
il suo fido tridente. Con un braccio teso verso di me, mi copre, a
proteggermi,
con l'altro è pronto a scagliare l'arma contro il nemico che
sta arrivando.
Il
cuore pompa sordo nel
petto. Ho paura di trovarmi davanti quei terribili orsacchiotti che ti
divorano
il cuore strappandolo dal petto. Non vorrei incontrarlo. Proprio per
niente.
Dopo
lunghissimi minuti di
attesa, vediamo anche l'ombra che si staglia vicino al tronco
dell'albero che
delimita il nostro campo e poi un piede che si fa avanti sull'erba.
Quando
tutto il corpo entra
nella fioca luce delle braci, riconosciamo il nuovo arrivato ed io
sospiro il
suo nome con sollievo.
«Ilixo».
Anche
Paban si rilassa al
vedere che non c'è pericolo a mi passa il braccio attorno
alla vita, attirandomi
a se, nel gesto di possesso più vecchio del mondo.
È solo un attimo, prima che
gli faccia una automatica, veloce carezza sul petto per poi
allontanarmi a dare
il benvenuto al nuovo arrivato, ma tanto basta.
«Così
hai scelto lui» sibila
il ragazzo del distretto 10, gelandomi. Sbatto gli occhi perplessa.
«Ilixo...».
«Hai
scelto lui? Solo qualche
giorno e ti sei gettata tra le sue braccia?». Il suo tono
è furente. Mi sembra
di vedere gli occhi lucidi.
«Ilixo,
ti prego...». Allungo
una mano verso il suo braccio che sfioro appena, mentre lui mi
strattona il
polso con l'altra mano, allontanandomi. È bollente, forse ha
la febbre.
«Non
è come pensi...» gemo.
Non so neanche io perché mi sto giustificando. Non ho fatto
niente di male. Non
ho deciso niente, ancora. Non dovrebbe comportarsi così.
«Senti,
Ilixo. Questo era nei
patti. Ne avevamo parlato. Hai rischiato di non trovarla più
quando hai deciso
di andartene. Non puoi tornare e recitare la parte del ragazzo
offeso» dice
Paban cercando di calmarlo.
Vedo
che gli stanno tremando
le mani. Deve essere fuori di sé. È probabile che
stia delirando. Dobbiamo
calmarlo e dargli qualche cosa per abbassare la febbre che lo divora.
Non
riusciamo a fare niente
di tutto questo.
Con
un verso simile a un
ruggito, strattona Paban lontano e lo spinge violento contro un albero,
poi si
volta verso di me e mi stringe forte le spalle, facendomi scappare un
gemito di
dolore. La sua rabbia è cieca. Bisogna fermarlo, prima che
qualcuno si faccia
male.
«Ilixo,
calmati. Non è
successo niente. Stavamo solo parlando» cerco di blandirlo,
ma lui scuote la
testa continuando a guardarmi con odio.
«Tu
ti sei data a lui. Non mi
hai mai voluto come ti volevo io. Sei solo una ragazza facile, come
tutte le
altre» dice e comincia a scuotermi violentemente.
Paban
torna a caricare Ilixo
per staccarlo da me ma riceve un colpo ancora più forte e
inciampa sbattendo la
testa e rimane svenuto a terra. Signore del cielo di Panem! Cerco di
liberarmi.
Sono preoccupata per quello che ha fatto a Paban.
«Ilixo,
fermati. Sei
impazzito? Basta, fermati» gli urlo. Mi sta facendo male e mi
sto spaventando a
morte. Non lo riconosco più, il ragazzo duro ma gentile che
mi ha salvato da
Hemmo e mi ha protetto. Dov'è quel ragazzo?
Cerco
di liberarmi dalla sua
morsa ma lui stringe più forte. Sarò piena di
lividi domani.
Sento
che anche gli altri si
sono alzati dal loro sacco a pelo.
«Ilixo,
basta!» urla Shae.
Quello
che non dice niente è
Dick, che urla solo un potente “No” prima di
avventarsi sul candidato del
distretto dieci.
Mi
sento ancora strattonare
violentemente e non riesco a capire cosa sta succedendo tra le varie
mani che
mi agguantano. Poi all'improvviso sono libera.
Il
contraccolpo mi manda
seduta a terra. Shae è accanto a me.
Stupita
guardo in alto e vedo
Dick con le mani attorno al collo di Ilixo, mentre lo solleva con la
forza viva
delle sue braccia.
Il
ragazzo del distretto 10
sta agitando le gambe mentre tenta di respirare. Sembra una marionetta
alla
quale sono stati tagliati i fili di sostegno.
«Fermati,
Dick!» urlo. Il mio
grido viene perso nel vento. Il mio compagno non sente nessuno e
continua a
strozzare.
«Non
devi fare male a Chyna!
Io non te lo permetto! Non devi fare male a Chyna!» sbraita
mentre stringe. Le
sue braccia mostrano tutti i muscoli in tensione. Sta usando tutta la
sua
forza.
«Fermati,
Dick». «Smettila!»
gridiamo io e Shae. Continuiamo a urlare. Ci alziamo e ci appendiamo
alle sue
braccia, ma lui non sente niente.
Dietro
le mie spalle, sento
Paban gemere, probabilmente si sta riprendendo dal colpo subito. Non
può
esserci di aiuto, purtroppo e adesso abbiamo bisogno di tutto l'aiuto
possibile
per fermare la furia omicida del mio compagno di distretto.
Mi
pizzicano gli occhi dalla
frustrazione. Non riesco. Vorrei essere più forte e non ci
riesco.
Quando
Ilixo non si agita
più, Dick allarga lentamente le mani e lascia cadere a terra
il cadavere che si
affloscia sul muschio verde scuro.
«Ilixo!
No!» urlo e gattono
veloce verso il corpo ormai senza vita, del candidato del distretto
dieci. Lo
scuoto, gli carezzo la testa, lo chiamo, nella vana speranza che apra
gli occhi
e mi sorrida come solo lui sapeva fare. Inizio a singhiozzare. Grosse
lacrime
mi scendono sulle guance e vanno a bagnare il petto del ragazzo steso.
«Chyna…
Chyna…» balbetta Dick
costernato.
La
sua voce mi fa uscire dal
dolore come il colpo di cannone che non sentiamo ancora. E, piena di
rabbia
cieca, mi alzo e inizio a picchiare il petto possente del mio compagno
di
distretto.
Questa
volta è riuscito a
uccidere qualcuno. Questa volta non si è fermato.
«Come
hai potuto? Come hai
potuto ucciderlo?» grido e piango mentre i miei pugni
continuano ad abbattersi
contro Dick.
«Chyna,
basta» mormora Paban,
che è rinvenuto e si appoggia a Shae mentre tampona il
taglio sanguinante che
ha alla testa. Gli do un’occhiata fugace e torno a
concentrarmi sulla mia
rabbia, contro Dick che non si protegge.
«Sei
un mostro! Come hai
potuto ucciderlo? Non mi avrebbe fatto del male! Era solo deluso e
aveva
la febbre!».
La mia voce sta
raggiungendo picchi di isteria.
«Non
mi avrebbe mai fatto del
male. Mi voleva bene. Avremmo sistemato tutto!». Le lacrime
mi offuscano la
vista.
Anche
Dick sta piangendo ora,
e continua a dire “Mi dispiace”.
«Sei
un mostro!... Aveva la
febbre! Andava curato!... Non ucciso!». Ormai le forze non mi
sostengono più e
neanche la rabbia mi fa reggere in piedi. Scivolo contro il corpo di
Dick e
cado in ginocchio ai suoi piedi, accanto a Ilixo che ha gli occhi
chiusi dalla
morte.
«Non
doveva morire. Non
doveva morire» continuo a mormorare.
Mi
sento in colpa. Se non mi
avesse trovata con Paban, non mi avrebbe aggredita e Dick non sarebbe
intervenuto. Forse avrei dovuto parlargli, in modo di calmarlo. Forse
avrei
potuto curarlo. Aveva la febbre e questo lo faceva sragionare.
Probabilmente
una ferita derivante dallo scontro con Rainer, si era infettata.
È la
spiegazione più probabile.
Perché
non sono riuscita a
fermarlo? Dovevo proprio farmi abbracciare da Paban in questo modo? Lo
sapevo
che avrei dato un dolore a Ilixo. Dovevo aspettare fuori
dall’arena. Quando
fossimo stati tutti al sicuro, avrei potuto parlargli.
Per
dirgli cosa? Che mi ero
sempre più legata a Paban? Ma anche lui mi era caro, ma non
come il ragazzo del
mare che mi era stato sempre vicino in tutto il periodo. Che mi aveva
protetta
quando c’era stato il crollo della montagna.
Cosa
avrei potuto fare perché
nessuno si fosse fatto male?
Sto
ancora pensando, con lo
sguardo perso sul corpo di Ilixo e gli occhi che versano lacrime. Paban
mi è
accanto ma non osa sfiorarmi. Forse ha paura che lo respinga. Non lo so
nemmeno
io se lo farei. Magari non è proprio il caso di abbracciarmi
davanti al
candidato del distretto dieci. Lui è morto per il dolore di
avermi persa. O
almeno è quello che credeva.
Non
sento niente altro
intorno a me. Non sento più neanche Dick che piangeva sino a
pochi istanti fa.
«No!
Dick, Fermati!» urla
Shae. Io e Paban ci voltiamo spaventati.
«Non
volevo fargli male. Mi
dispiace Chyna. Tu sei l’unica che mi ha sempre trattato bene
e io ti ho fatto
male. È colpa mia. È tutta colpa mia»
continua a dire il mio compagno di
distretto.
Lo
vedo aprire il taschino
dove è riposto il maledetto drappo bianco e in quel momento
capisco.
Vuole
uccidersi. Vuole
togliersi la vita per espiare al suo peccato. Il peccato che crede di
avere
commesso contro di me. E io gli ho dato del mostro.
Anche
io urlo e allungo una
mano verso di lui ma afferro solo aria «Non farlo,
Dick!».
Dispone
subito il fazzoletto
in verticale e un fulmine lo colpisce nello stesso istante.
Lo
vedo come se fosse a
rallentatore. Il suo corpo scuro e fumante che si accascia sul terreno,
con gli
occhi sbarrati e il viso in una smorfia dolente.
«Ah!»
urlo portandomi le mani
a coprire la faccia.
Adesso
Paban non si fa più
remore ad abbracciarmi.
«E'
colpa mia! Si è ucciso
per colpa mia!» grido. Gli ho dato del mostro e sapevo che
lui era terrorizzato
di esserlo davvero. Il suo primo pensiero è sempre stato non
fare del male. E
il male l'ha fatto davvero. A sé stesso.
«E'
colpa mia» continuo a
dire. Sembro un disco rotto.
Paban
mi abbraccia ma non
dice niente. Non ancora. Sarebbe inutile se lo facesse. Sarebbe una
bugia
pietosa e io non voglio pietà. Shae piange silenziosa
accanto ai due cadaveri.
Perché
non me lo dicono
direttamente? Perché non mi accusano per ciò che
ho fatto? Sono una assassina.
È come se io stessa avessi armato la mano di Dick per
uccidere Ilixo e poi
togliersi la vita.
Se
Ilixo non mi avesse
trovata con Paban, non mi avrebbe aggredito. Se non avessi dato del
mostro a
Dick, lui non avrebbe estratto il drappo bianco. Sono io la
responsabile. È
tutta colpa mia.
«E'
tutta colpa mia» ripeto.
A
un tratto, sento qualcuno
che si alza e cammina. So che non è Paban, che mi stringe
ancora, in ginocchio
accanto a me.
Alzo
lo sguardo su Shae che
si ferma davanti a me e mi fissa dall'alto in basso con uno sguardo
severo e
arcigno. Sento la pelle raggrinzita dal sale delle lacrime, ma ancora
piango e
non mi rendo neanche conto di quello che succede, sino a quando un
potente
ceffone della ragazza, si abbatte violento sul mio viso.
«Shae!»
esclama Paban. Io la
guardo solo, stupefatta.
«Piantala!
Piantala di
autocommiserarti! Vuoi essere consolata? Non te lo meriti!»
urla la candidata
del tre al mio indirizzo.
«Lui
era il più debole di
tutti noi. Aveva vissuto questo male con tutta la sua bontà.
Senza filtri!
Quanto credi che avrebbe resistito ancora? Quanto tempo prima di
impazzire del
tutto?». Prende un gran respiro prima di continuare.
«Non
ce la faceva più! Non
riusciva più a distinguere il reale dall'orrore che aveva in
testa. Se non
fosse stato per Ilixo, avrebbe fatto qualche altra follia, magari a
qualcuno di
noi tre, anche se ci amava. Smettila di piangere, nessuno prova pena di
te! È
di lui che dobbiamo avere pena!».
Shae
ha il fiatone appena
finisce di urlare contro di me.
Anche
Paban scioglie il suo
abbraccio protettore dal mio corpo. Anche lui la pensa così.
«Shae.
Adesso basta... ha
capito» mormora piano.
«Lo
spero» risponde lei
secca.
Con
le lacrime agli occhi, la
vedo che comincia a darsi da fare attorno ai due cadaveri. Con mani
tremanti e
occhi lucidi, inizia a sistemare Ilixo supino. Gli dispone le braccia
lungo i
fianchi e mette diritte le sue gambe, poi si guarda intorno come a
capire dove
siamo. A est spunta il sole, su una delle giornate più
tristi da quando è
iniziata questa avventura.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
alla fine di un
capitolo davvero intenso. È un pochino più corto
degli altri, ma non potevo
allungarlo di più era già pieno di tristezza
così.
Qui
perdiamo tre
personaggi.
Nazig
era prevedibile.
Ilixo
era febbricitante ed
è andato fuori di testa quando si è visto come
l’uomo tradito della situazione.
Non ha ragionato e Dick aveva già sopportato troppo per la
sua mente da
ragazzino. Vi ricordate quando si era svegliato la notte
perché aveva sognato
che un’ombra stava strozzando Chyna? Ormai aveva problemi tra
realtà e sogni. L’arena
non aiuta in questo senso.
Adesso
un pochino di
calma? Vedremo…
Vi
lascio un piccolo
spoiler di quanto ho già scritto:
… Abbiamo finito i due cumuli di
pietre. Shae ha trovato
due rami grossi e corti, che infiliamo tra i massi e alla cima ci
annodiamo un
pezzo di stoffa rossa dove scriviamo i loro nomi con un pezzo di legno
carbonizzato…
E
il prossimo banner sarà…
deciderò all’ultimo momento. I personaggi
dell’arena li ho finiti, quindi
posterò quelli che aspettano fuori…
Ringrazio
per l’attenzione
e ci leggiamo il prossimo venerdì.
baciotti
|
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Capitolo 23 *** il ritorno ***
Ciao
a tutti!
Posto
oggi, con un giorno di
ritardo sul tempo di marcia, ma è un periodo che sono in
ritardo su tantissime cose,
quindi…
Nuovo
capitolo, nuovi eventi,
vecchi ringraziamenti che, come sempre, porgo a chi legge questa mia
storiella.
Finalmente
ho visto HG la
Ragazza di Fuoco! Direi notevole. Abbastanza fedele al libro. Mi
è piaciuto!
Ho
deciso quale banner
postare! Ecco a voi l’ennesima creazione di Elenri (che
saluto e ringrazio,
come sempre) IL CAPO DEGLI STRATEGHI. Il nome non l’ho ancora
studiato. Se volete
potete suggerire.
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
A est spunta il sole, su
una delle giornate più tristi da quando è
iniziata questa avventura.
«Voglio
seppellirli. Finché
non capiremo che fine fanno i morti, non ho intenzione di lasciarli qui
a
disposizione degli animali. Appena saremo fuori, cercheremo di
recuperarli per
trasferirli ai loro distretti, ma sino ad allora, voglio che siano al
sicuro»
dice Shae.
Annuisco
e a fatica mi alzo
da terra. Anche io inizio a guardarmi attorno. Siamo in una piccola
radura, con
il terreno coperto di felci e muschio e una volta spessa di fogliame
brillante
al sole. A qualche centinaio di metri da noi, scorre il torrente nel
suo letto
quasi secco.
Mi
avvicino a quella parte e
trovo un punto dove il terreno diventa sabbioso e non vi sono piante a
coprire.
«Portiamoli
qui. Li copriamo
con i massi del torrente. In questo modo, quando torneremo per portarli
via,
sarà più facile trovarli, anche
dall'alto» propongo. A forza di piangere e
urlare, ho la gola secca e la voce roca, ma non importa.
Shae
ha ragione. Il dolore
che provo è per i miei due amici, non per me o le mie colpe.
Quelle, se
esistono, me le dovrò gestire io. Loro sono lì e
non vivranno più. È a loro che
deve andare il mio rispetto.
Estraiamo
i sacchi a pelo e
ci facciamo rotolare i poveri resti.
Su
queste lettighe
improvvisate li trasportiamo verso il terreno sabbioso e lì
componiamo i loro
corpi. Poi iniziamo a portare i sassi che preleviamo direttamente dal
letto del
torrente. Li circondiamo e poco a poco li copriamo con giri concentrici
di
massi gialli e levigati dall'acqua.
I
miei muscoli gridano per lo
sforzo ma stringo i denti. Non ha importanza quanto possa soffrire,
è ben poca
cosa rispetto a loro che non ci sono più.
Per
tutto il tempo continuo a
far sgorgare grosse lacrime che bagnano la loro tomba. Anche Shae
piange mentre
sposta i sassi più piccoli con la sola mano che
può usare, e ho visto Paban
asciugarsi il volto più volte, fingendo che sia sudore.
Questo
lavoro ci strazia più
di qualsiasi altro. Se con Ilixo era solo una amicizia superficiale,
data dalle
circostanze e poco di più, con Dick eravamo insieme
dall'entrata nell'arena. Io
lo conoscevo da anni. Era il gigante buono. Era il mio amico. Colui che
si era
imposto il dovere di proteggermi da ogni male.
Dick
era quello che amava
tutto della vita. I colori dell'arcobaleno che lo stupivano sempre. Le
rose
piantate da mio padre dietro la casa al Villaggio dei Vincitori, dalle
sfumature così tenui. I giochi con gli altri ragazzi.
L'amicizia di zio
Haymitch. L'amore di sua nonna.
Come
farò a dire a sua nonna
che Dick è morto? Ammesso che non l'abbia già
visto attraverso i televisori di
Panem. Come farò a tornare a casa e guardare in faccia le
persone del mio
distretto? Avevo promesso di proteggere Dick e mi sentivo come se non
avessi
fatto abbastanza.
Non
era colpa mia se questi
Hunger Games erano diventati violenti. Ma avrei dovuto prestare
più attenzione
ai segnali. Già quando eravamo in montagna si svegliava la
notte con l'incubo
di qualcuno che ci stava attaccando. Che mi stava attaccando. Come
quella sera
dove aveva detto di aver visto un'ombra che mi stringeva il collo.
Già allora
era al limite.
Abbiamo
finito i due cumuli
di pietre. Shae ha trovato due rami grossi e corti, che infiliamo tra i
massi e
alla cima ci annodiamo un pezzo di stoffa rossa dove scriviamo i loro
nomi con
un pezzo di legno carbonizzato.
«In
questo modo, anche sorvolando
la zona con un hovercraft, riusciremo subito ad individuarli»
dico mesta.
«Vuoi
dire qualche cosa?»
chiede Paban avvicinandosi alla testa dei due cumuli, dove eravamo
posizionate
io e Shae.
«Diciamo
tutti qualche cosa»
propongo. «Inizio io».
«Non
conoscevo bene Ilixo, ma
per quel poco in cui la mia vita ha incrociato la sua, gli devo essere
grata.
Mi ha salvato da un pazzo. Ha ucciso per me. Non potrò mai
dimenticare i suoi
sorrisi. Quelli speciali di quando era più contento. Lui
faceva il duro, ma in
quelle due occasioni dove si è lasciato andare ho visto una
persona speciale…
mi mancherai Ilixo» termino asciugando una lacrima che scende
e mi volto verso
la montagnola più grossa, che contiene le spoglie di Dick.
«Tu
sei il mio gigante buono.
Zio Haymitch aveva visto il meglio di te e mi dispiace non averlo
saputo
apprezzare pienamente. Mi sei sempre stato accanto. Mi hai protetto e
sostenuta
e per questo ti sono grata. Se sono ancora viva lo devo anche a te,
Dick. Sei
stato il migliore amico che potessi incontrare e ti posso assicurare
che tutti,
al distretto 12, sentiranno la tua mancanza. Ti voglio bene e non ti
dimenticherò mai». La mia mano va ad accarezzare
il pezzo di stoffa rosso.
«Tocca
a me» mormora Shae.
«Con
Ilixo non ho avuto modo
di parlare granché. Lui era piuttosto concentrato sulla
conquista del titolo.
Voleva vincere e combattere. Ma quello che ha fatto contro Hemmo ne ha
fatto un
mio amico. Ho scoperto una persona buona come non pensavo potesse
essere. Mi
dispiace molto non averti conosciuto meglio, sono sicura che ne sarebbe
valsa
la pena». A questo punto si sposta verso i massi che
nascondono Dick. «Tu sei
stato il mio protettore. Hai imparato a fare i turni di guardia per
aiutare me.
Hai imparato a cercare acqua e viveri per aiutare tutti noi. Mi sei
stato
vicino quando avevo paura. Quando non riuscivo a dormire mi hai
calmato. Ti ho
voluto bene. Sei stato un grande amico» termina in un soffio.
Subito
dopo inizia Paban.
«Anche
io non posso parlare
di Ilixo. Non lo conoscevo, se non come valido combattente, ma ha
salvato Chyna
e per questo gli sono grato. Credo che se ci fossimo incontrati in
altri tempi,
saremmo andati d'accordo, come con Dick. Lui è stato davvero
una sorpresa per
la sua bontà, il suo cuore grande, il suo amore per tutti
noi. Sapevo che
potevo contarci e questo mi faceva stare più tranquillo e
sicuro in questa
arena pazza. Ci mancherete, tutti e due» conclude.
Non
ci sono altre parole per
esprimere tutti i nostri pensieri di addio a questi due ragazzi.
Ci
allontaniamo e torniamo al
piccolo accampamento.
«Oh,
finalmente siete
tornati!» esordisce una figura seduta all’ombra di
un albero accanto ai nostri
zaini. Sobbalziamo. Non mi aspettavo una persona qui.
«Ciao,
Iraida. Mi chiedevo
quando saresti arrivata» risponde Paban, cominciando ad
occuparsi degli zaini e
senza guardare minimamente la nuova arrivata.
«Volevo
lasciarvi seppellire
i due laggiù» risponde.
«Potevi
darci una mano»
rimbecca Shae guardando la nuova arrivata con diffidenza.
«Tu
non mi hai dato una mano
quando mi sono occupata del corpo di Nazig, o quello che ne restava.
Perché
avrei dovuto pensare io a loro?».
«Non
iniziamo così. Queste
ripicche non portano a niente» intervengo.
Decido
di mettere subito in
chiaro la situazione. Lei è l’ultima arrivata e
noi abbiamo già il nostro
programma. O si adegua o se ne va.
«Noi
stiamo tornando alla
Cornucopia» annuncio aiutando Paban a sistemare i nostri
averi negli zaini.
«Chi
c’è ancora in giro? Ho
perso il conto ed è da tanto che non vedo immagini in
cielo» chiede lei.
«Siamo
solo noi quattro. Gli
altri sono tutti morti» mormora Shae.
«Perfetto»
sbotta. «Bene,
Paban. Sei in mezzo a tre ragazze… come farai a soddisfarci
tutte?» e detto
questo scoppia in una risata.
«Per
quanto mi riguarda te la
puoi fare con il primo pezzo di ferro che incontri per la strada, non
mi
interessa. Anzi, vattene pure da un’altra parte».
Sicuramente Iraida non è tra
le sue simpatie.
«Ma
come? Tu così sensibile,
mi lasceresti andare da sola in questa arena piena di pericoli? Saresti
così crudele?».
Questo
botta e risposta mi
sta stancando. Onestamente mi interessa poco che questi due vadano
d’accordo o
meno. Quello che voglio è arrivare sani e salvi alla
Cornucopia e trovare il
modo per uscire da qui.
«Ripeto.
Noi andiamo alla
Cornucopia. Adesso. Se vuoi venire con noi sei la benvenuta, altrimenti
buona
fortuna» replico io e mi carico lo zaino sulle spalle, prendo
l'arco e la
faretra e appendo lo spadino alla cintura, pronta per partire.
In
pochi istanti, anche Shae
è accanto a me e Paban, poco più distante. Iraida
non si è ancora mossa da dove
è seduta e ci sta guardando con aria divertita. Sembra che
non ci prenda sul
serio, quindi inizio subito ad avviarmi verso il centro dell'arena. Non
mi
interessa se lei va da un'altra parte oppure no. Non mi interessa
proprio.
Quando
iniziamo a marciare
verso il letto del torrente per poi seguirlo fino verso il centro
dell'arena,
sento altri passi cadenzati oltre ai nostri tre. Era ovvio che si
accodasse a
noi, visti i pericoli, questa è l'unica soluzione per avere
qualche speranza a
rimanere viva.
Non
ci voltiamo, né ad
aspettarla né a guardare che ci segue. Continuiamo a
camminare lungo la strada
sassosa che abbiamo davanti. Ogni tanto aiutiamo Shae a passare i punti
più
difficili. Ha ancora il braccio stretto al busto, nonostante abbia
voluto
portare uno zaino a tutti i costi.
Ho
seriamente paura che il
suo braccio non si stia risaldando come si deve. Se così
fosse, sarà costretta
a rompere di nuovo l’osso, oppure non potrà
più usarlo correttamente. Chissà
quanto dolore sta sopportando in questo momento. E non si lamenta mai.
Verso
mezzogiorno ci fermiamo
nei pressi di una casetta quadrata dalla pietra ocra. Una delle case
lontane
dal Villaggio deserto. Dobbiamo essere abbastanza vicini, visto che ne
stiamo
incontrando parecchi di quei ripari.
Estraggo
i viveri già cotti e
li distribuisco in quattro parti. Inutile che ci fermiamo oltre. Lungo
la
strada provvederò a cacciare qualcosa per questa sera. Non
voglio fermarmi più
del necessario.
Non
so perché ma la presenza
di Iraida mi ha messo una fretta dannata di uscire da questo posto.
Come
se, rimanendo qui con
lei, rischiassimo tutti la vita.
«Allora,
raccontatemi un po'
cosa vi è successo da quando ci siamo salutati alla
Cornucopia» esordisce Iraida,
dopo aver terminato la sua razione e senza ringraziare.
«Saluti
particolari da parte
tua. Ricordo che volevi trapassarmi con la spada» puntualizza
acido Paban.
«Non
farla tanto lunga. Sei
vivo, no? Quindi non volevo farti fuori» risponde lei facendo
spallucce. Sembra
che qualsiasi cosa le diciamo le scivoli addosso senza nessun segno.
Quindi
evitiamo di attaccarla oltre.
«Hai
visto chi è morto il
giorno del nostro arrivo nell'arena» dico io e lei annuisce.
«Con
noi è arrivato anche
Hemmo del distretto nove e Alicia di Capitol City ma sono finiti dentro
a dei
crateri che si sono aperti al Villaggio».
«Brieg
del distretto sette,
lo abbiamo trovato trafitto dalle lance in un tempietto»
interviene Shae.
«Thabo
dell'otto, è rimasto
vittima di una trappola» dico io con un filo di voce.
«E
hai visto che abbiamo
seppellito Ilixo e Dick» termina Paban.
A
tutto Iraida annuisce
seria, poi si volta verso di me.
«Mi
dispiace per il tuo
compagno di distretto. So che ci eri molto affezionata e lui ti voleva
un gran
bene». Rimango colpita dalle sue parole. Sembra davvero
dispiaciuta.
«Grazie.
Era davvero un buon
amico» commento.
«Beh,
credo sappiate che
Rainer è morto in un duello con Ilixo. Abbiamo visto a
distanza. Poi Nazig ha
incontrato un Bloodybear e potete immaginare il resto»
conclude Iraida.
«Perché
l'hai lasciata con
quell'animale?» chiedo.
«Ho
provato ad avvisarla, ma
non mi ha ascoltato... e poi non mi sentiva più»
termina la frase in un
sussurro. Forse era affezionata a Nazig. Sembra che le dispiaccia. O
forse si
sente in colpa per non essere riuscita a salvarla.
«Perché
stiamo tornando alla
Cornucopia?» chiede di nuovo.
«Pensiamo
di trovare un modo
per uscire da questa arena» risponde Shae. Non parliamo del
soprammobile dorato
che ci è giunto con il paracadute. Non riesco a fidarmi.
È
una di noi, adesso. Una
sopravvissuta, eppure qualche cosa mi suona strano. Stonato. Ed io mi
fido
delle sensazioni anche se spesso mi hanno portato fuori strada.
Ci
siamo fermati per un po',
adesso è ora di proseguire. Ci rimettiamo in marcia, ma
questa volta ho già la
freccia incoccata da scagliare per colpire una preda. Non ci metto
molto a
beccare due conigli. Finalmente Iraida si rende utile raccogliendo
frutta.
Alla
fine riusciamo a
mangiare un buon pasto alla sera, quando ci fermiamo presso un'altra
casa lungo
il torrente.
Sembra
che riusciamo a
collaborare. La notte ci dividiamo in due turni di guardia. Per la
prima volta
da giorni, io faccio la prima parte della notte con Shae, mentre Paban
passa il
resto del tempo con Iraida.
Io
e Shae dormiamo vicine,
tenendoci per mano. Lei mi dice che sentire una mano nella sua le
impedisce di
cadere. Non mi spiega cadere dove. Per me significa non cadere tra
incubi che
mi rincorrono la notte, non cadere nel baratro che inghiotte Alicia e
Hemmo,
non cadere tra i petali del fiore di Thabo oppure nelle sabbie mobili
di Dick.
Quello che ho vissuto sino ad ora mi perseguita e lo farà
per molto tempo, ora
lo so.
Ogni
tanto osservo Paban e
Iraida, quando si stanno occupando del fuoco oppure quando raccolgono
la
frutta. Non si parlano ancora. Cioè, lei continua a
parlargli e lui a
snobbarla. Mi da una sottile soddisfazione constatare che non cede al
fascino
della sua compagna di distretto. Sono stati insieme, ma è
palese che a lui non
interessa più.
In
compenso, qualche volta si
gira verso di me e mi sorride. Mi imbarazza il sorriso di Paban,
perché so che
dietro c’è tutto un mondo di sentimenti che io non
sono ancora pronta ad
accettare come miei. O semplicemente ho troppa paura per ammettere che
anche io
sto cominciando a provare qualche cosa di profondo.
Onestamente,
preferisco non
pensarci adesso.
I
successivi due giorni
passano quasi monotoni.
Continuo
a controllare Iraida
e a non conversare con lei, se non per le poche occasioni necessarie
che
riguardano il cibo o l'approntare l'accampamento.
Intorno
a noi non succede
niente. Non incontriamo ibridi, né abbiamo scontri con
piante assassine o
trappole infernali approntate dagli strateghi. Sembra che,
più ci avviciniamo
alla cornucopia, più il territorio diventi sicuro. Non ho
idea se questo sia un
buon segno. Se stiamo andando verso una trappola mortale o verso la
nostra
salvezza.
L'unica
cosa della quale sono
sicura è che le cose cambieranno proprio lì.
Ormai questa situazione di stallo
non può continuare. Dovrà succedere qualche cosa
di definitivo, in un modo o
nell'altro.
Sembra
quasi un miraggio
quando arrivo a scorgere un riflesso dorato.
«Ci
siamo quasi» sento dire
da Paban. Un grosso sospiro lascia le labbra di Shae e anche io sono
sollevata
dall'essere arrivata a destinazione. Spero davvero che questa storia
finisca
adesso. Sono allo stremo e non so cosa altro fare per uscire da qui.
«Quella
laggiù? È la
cornucopia?» chiede la candidata del distretto 3 con voce
emozionata. Anche lei
non vede l'ora di arrivarci.
«Sì»
sibila Iraida.
La
guardiamo quasi sorprese.
Lei sembra l'unica a non essere felice di essere finalmente arrivati.
Chissà
perché? Cosa voleva fare in giro per l'arena? Andare a
caccia di Bloodybear?
Cadere in altre trappole?
Non
ci sono più gli Hunger
Games dal momento in cui abbiamo affrontato il bagno di sangue che si
è
dimostrato tragicamente vero. Dal momento che ci sono stati dei morti,
nessuno
di noi si è sentito obbligato a combattere contro gli altri.
Non siamo più ai
tempi della violenza. Morire qui dentro non ha senso. E di sicuro
nessuno di
noi pensa più alla vittoria. Portare a casa la pelle
è già una ricompensa più
che sufficiente.
Il
sole sta rapidamente
scendendo e tra poco comincerà a calare oltre le montagne e
il buio inghiottirà
ogni cosa. Decidiamo di non fermarci. È pericoloso
continuare a marciare di
notte, ma siamo troppo vicini e troppo impazienti per poter fermarci.
Per
evitare di perdere tempo
per la cena, raccogliamo della frutta e delle bacche che mangiamo
continuando a
camminare.
«Voglio
accamparmi ai margini
della piazza» dice Paban.
Sembra
che siamo ancora
distanti, immersi completamente nel verde della giungla che ci avvolge
e da la
sensazione di non volerci far uscire. È quasi soffocante
l'umidità che
respiriamo.
Ed
ecco che l'ultimo ramo si
spezza, l'ultima felce si piega e la grande piazza circondata da
colonne di
pietra simili ai tempietti cadenti della montagna e con al centro la
cornucopia
dorata, ci accolgono sotto i raggi luminosi di una enorme luna piena.
Batto
le mani come una
bambina e saltello contenta. «Finalmente siamo
arrivati!» esclamo.
«Domani
perlustreremo palmo a
palmo tutta la zona. Vediamo se ci sono delle possibilità di
scendere al piano
di sotto» dice Paban pensieroso.
«Magari
hanno dimenticato uno
sportello aperto, proprio come alla montagna» ipotizza Shae.
Velocemente
allestiamo il
campo, accendiamo un fuoco e ci disponiamo per la notte.
«Chyna,
vieni con me un
minuto? Dovrei parlarti» dice improvvisamente Paban. In
quello stesso istante
mi ricordo che non abbiamo più parlato da soli da quando
è morto Dick, tre
giorni prima.
Mi
alzo di scatto e lo
affianco subito, diretti verso il corno dorato che svetta imponente al
centro
della piazza.
«Cosa
c'è, Chyna?». La sua
prima domanda mi spiazza completamente. La sua voce è
timorosa, indecisa, non
ha nulla a che vedere con il capo di questo gruppo e le sue decisioni
durante
le marce. Lo guardo aggrottando la fronte. Non capisco a cosa si
riferisca.
«Non
ti avvicini più. Quasi
non mi parli da quando è arrivata Iraida... è per
lei? A me non interessa. Te
l'ho già detto...». Ha lo sguardo smarrito mentre
si piazza davanti a me e
afferra le mani facendole appoggiare al suo petto. Il suo cuore batte
impazzito, lo sento sotto i polpastrelli e so che vuole capisca che
batte così
per me. Il suo atteggiamento mi fa ridere e mi accorgo che era da
giorni che ne
avevo bisogno di questa risata.
«Paban,
perché pensi che ti
stia evitando?» chiedo ridacchiando, mentre mi appoggio alla
cornucopia e
sciolgo le mani dalle sue. «Non è così.
Solo che... con Dick... e Ilixo». Non
so neanche come spiegarlo. Mi sono sentita in colpa e poi piena di
dolore per
queste morti, e Paban è rimasto ai margini dei miei
pensieri. Adesso mi accorgo
che è sbagliato. Lui è vivo.
«Lo
so. È stato terribile
anche per me. Mi ero affezionato a quel gigante e per Ilixo avevo
grande…
rispetto» risponde con un sospiro
«Poi
però, è arrivata Iraida…
e io. Non so. Mi sono esclusa, ti ho dato tempo per pensarci»
gli dico
facendogli strabuzzare gli occhi.
«In
queste notti ho solo
fatto il turno di guardia con Iraida, ma solo perché non mi
fidavo a lasciarla
sola con te o Shae, non perché volessi la sua
compagnia» cerca ancora di
giustificarsi.
«Guarda
che lo so. Ti ho visto...
a dire il vero mi sono svegliata anche la notte per osservare cosa
facevate»
confesso arrossendo e questo lo fa rilassare.
«Quindi
mi stavi
controllando?» soffia avvicinandosi fino ad appoggiarsi su di
me che ormai sono
spalmata sul fianco della cornucopia.
«Non
ti stavo “controllando”»
protesto mimando le virgolette «Non riuscivo a dormire visto
che tu non…». Mi
blocco capendo appena in tempo che stavo per dire qualche cosa di
davvero
imbarazzante.
«Che
io?» mi fissa negli
occhi e io mi perdo nel verde acqua più puro.
«Che…»
mormoro.
«Cosa?».
Si avvicina.
«Tu…».
Deglutisco.
«Io…».
Mi sento ipnotizzata.
«Tu»
sospiro. Le mie braccia
si trovano attorno al suo collo e non capisco neanche come abbiano
fatto ad
arrivarci.
«Noi»
dichiara prima di
impossessarsi della mia bocca che non aspettava altro.
Finalmente
un bacio. Un bacio
forte, bagnato, passionale.
Le
sue braccia mi avvolgono,
mi stringono, mi amano.
Lo
attiro verso di me, ancora
di più di quanto non sia. Sulla mia schiena sento il calore
nel metallo
scaldato dal sole, che sta via via scemando. Ma è davanti a
me, che il fuoco si
è acceso. Un fuoco intenso che mi attrae come mai prima
d’ora.
Poco
per volta il bacio
diventa più leggero, più dolce e quando
è appena uno sfregamento di labbra ci
stacchiamo. Faccio un respiro profondo e soddisfatto. Mi era mancato.
Davvero.
«Non
voglio che tu abbia dei
dubbi su di me, Chyna. Ti ho detto che ti amo e continuerò a
ripeterlo. Voglio
portarti fuori di qui, sana e salva e voglio parlare con i tuoi
genitori, perché
questa volta non ci saranno né Katniss né Finnick
a costringermi a starti
lontano. Solo tu potrai mandarmi via». Mi lascia un altro
bacio leggero. «Solo
tu… ma spero che non lo faccia mai» conclude con
una risatina.
«Non
ho intenzione di
mandarti via, Paban» lo stringo e gli faccio abbassare ancora
il viso verso il
mio «Nessuna intenzione» soffio e, per la prima
volta, prendo l’iniziativa e lo
bacio.
«Cosa
credi che troveremo
domani?».
«Non
lo so» mi risponde.
«Nelle vecchie arene non era possibile uscire da qui, ma
neanche da altre
parti. Quello che abbiamo trovato sulla montagna mi fa pensare che ci
possa
essere un modo».
Sospiro
guardandomi attorno.
«Già. La sala controllo e poi il tunnel. Credi che
fosse collegato qui?».
«No.
Troppo distante e poi
non è una uscita questa, ma una entrata. È
probabile che passasse la montagna e
uscisse al di fuori del campo di forza che penso circondi ancora il
perimetro
dell’arena».
«Non
lo abbiamo trovato» lo
contraddico.
«In
realtà sì. Era poco più
in alto. Quando ho lanciato un sasso ha fatto un rimbalzo che deve aver
causato
una valanga nel cadere a valle».
«E
se ti chiedi se potevamo
disattivarlo, la risposta è no. Shae ha cercato i comandi ma
non ha funzionato
niente. Là dentro trattavano solo le
registrazioni» risponde alla mia domanda
mentale.
«Andiamo.
Shae sarà
preoccupata» dico. Lo prendo per mano e intrecciamo le dita.
«Un
altro bacio» mormora
Paban carezzandomi la guancia, prima di baciarmi ancora una volta, poi,
finalmente, ci decidiamo a tornare dove le altre ci stanno aspettando
per
organizzarci per la notte.
Quando
arriviamo al campo,
troviamo Shae già coricata nel suo sacco a pelo.
«Aveva
sonno e visto che
siamo io e Paban a fare il primo turno, ho pensato fosse meglio
lasciarla
dormire» ci dice Iraida non appena arriviamo accanto al fuoco.
«Beh,
allora è meglio che
anche tu, Chyna, ti metta a dormire, così ci darete il
cambio tra quattro ore»
dice Paban e mi spinge verso il sacco a pelo.
Mi
sistemo e sospiro mentre
prendo la mano di Shae. Questa sera, però, non è
come le altre volte. Le sue
dita non mi stringono in maniera automatica. La sua pelle è
molle e sudata.
Stranamente molto calda. Probabilmente ha qualche linea di febbre.
Spero solo
che non sia a causa del suo braccio.
La
sua mano, però, serve
anche a me, visto che non dormo più accanto a Paban. Subito
mi rilasso e chiudo
gli occhi cercando di addormentarmi subito.
«Allora?
Hai proprio deciso
di attaccarti a quella ragazza?» chiede Iraida.
È
una specie di ronzio. Non
sono ancora addormentata e mi ritrovo ad origliare il colloquio tra i
due
candidati del distretto 4.
«Non
sono affari tuoi»
risponde Paban.
«Oh,
ma io sono curiosa.
Dimmi, tesoro. Spiegami quello che ci trovi e che io non ho».
Il tono di voce
della ragazza è divertito, per niente arrabbiato. Non
è il tono di una ragazza
rifiutata o gelosa.
«Lei
è dolce, decisa, allegra
e testarda. Lei è tutto è il contrario di tutto.
È perfetta». Oh, Paban.
«Mamma
mia! Sei proprio
innamorato perso! A me non hai mai detto queste cose»
ridacchia Iraida.
“Forse
perché non te le
meritavi! Lui ama me!” penso e mi sento potente a percepire
tutto l'amore del
ragazzo del mare nei miei confronti.
Non
riesco a sentire la
risposta che Paban dice sottovoce. Il sonno mi avvolge, e il mio ultimo
pensiero è che gli incubi mi lascino stare, almeno per
qualche ora.
In
effetti, gli incubi non ci
sono nei miei sogni, ma nella realtà sì e me ne
accorgo subito quando vengo
scossa dalle mani poco gentili di Iraida.
«Svegliati,
principessa.
Svegliati che c'è una bella sorpresa per te». Il
suo tono è beffardo e cattivo
e ancora prima di aprire gli occhi sono già vigile e pronta
a scattare.
Non
ho più la mano di Shae
nella mia.
Alzo
la testa di scatto e non
vedo Paban nel suo sacco a pelo, né accanto al fuoco che sta
crepitando non
lontano da noi.
«E'
il nostro turno?» faccio
finta di essere ancora assonnata, ma con la mano tasto nel mio sacco
per
trovare lo spadino che mi tengo sempre accanto quando dormo.
«E'
il tuo turno» ribadisce
Iraida. Quando mi prende per i capelli e inizia a trascinarmi sono
ormai pronta
a difendermi. Ma dov'è Paban?
Con
uno scatto mi accovaccio
e poi mi lancio lontano dalla candidata del quattro, colpendo di
striscio il
braccio che mi tiene i capelli. Immediatamente lei lascia andare le
ciocche ed
io posso mettermi in piedi e brandire lo spadino nella posizione di
difesa,
come ci hanno insegnato al centro di addestramento.
È
ancora notte, direi quattro
o cinque ore da quando sono andata a dormire. Mi giro intorno e, grazie
ai
riverberi del fuoco e alla luce della luna, individuo Paban e Shae,
legati a un
albero sul limitare della giungla.
«Cosa
gli hai fatto?» chiedo.
«Niente.
Shae sta ancora
dormendo... quei fiori sono un portento aggiunti alle bacche
soporifere. Paban
si è distratto un attimo a guardarti e ci ho messo un
secondo ad atterrarlo.
L'hai proprio conciato per le feste, ragazzina. Un tempo non si sarebbe
fatto
fregare in questo modo» commenta con una notevole vena di
soddisfazione nella
voce.
«Perché?
Cosa vuoi farci?»
sono perplessa. Come mai questa imboscata?
«A
loro niente. È te che mi
hanno incaricata di uccidere» risponde con un ghigno e mi si
gela il sangue.
Chi è che vuole uccidermi e per quale ragione?
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
arrivati alla fine.
Abbiamo
ritrovato la
nostra simpaticissima Iraida che nasconde ben più di quanto
abbia fatto capire
in realtà. Mi sembra di scoprire sempre lati nuovi di questi
personaggi. Sfaccettature
rimaste nascoste sino ad ora. Segreti inconfessabili.
Si
accettano scommesse su
chi potrebbe essere il cattivo del caso…
Se
non avete idee, dovrete
aspettare la prossima settimana. Per ora vi lascio un piccolo spoiler,
come al
solito:
… «Hai
visto il biglietto? Hai letto con i tuoi occhioni dolci dolci, il tuo
nome?»
chiede ancora. Si sta divertendo alle mie spalle. Sento l'irritazione
salire
nel petto e, con un briciolo di razionalità, rifletto che
devo calmarmi e
ragionare, altrimenti lei avrà vinto in due
secondi…
Il
banner postato sarà l’immagine
di John, il primo vincitore degli Hunger Games della Pace, dal
distretto 3. il
giovane mentore che aiutava Beetee.
Non
mi resta che
ringraziarvi ancora per l’attenzione.
Alla
prossima
Baciotti.
|
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Capitolo 24 *** il bombardamento ***
Ciao
a tutti!
Anche
oggi posto in ritardo
di un giorno e anche oggi devo ammettere di non aver pronto il prossimo
capitolo quindi non posso postare nulla prima di una settimana.
Detto
questo, ringrazio
chi mi ha inserito tra le preferite (45!), ricordate e seguite e chi ha
recensito o solo letto il capitolo e spero anche apprezzato.
Su
suggerimento di Elenri
(la mia bannerista ispiratrice co-autrice di facce) ho deciso di
battezzare il
capo stratega VENATIO CRUEL. Non male, mi piace. Ha qualcosa a che fare
con “caccia
spietata” e mi sembra azzeccato.
Inoltre
ringrazio Elenri
per questo particolare banner che mi ha rifatto e rimaneggiato tre
volte prima
di arrivare a questo che era quello che volevo io.
Vi
presento JOHN, il primo
vincitore degli Hunger Games della Pace, aiuto mentore del distretto 3,
personaggio importante per il quale farete il tifo sin dal prossimo
capitolo.
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«È te che mi
hanno
incaricata di uccidere» risponde con un ghigno e mi si gela
il sangue. Chi è
che vuole uccidermi e per quale ragione?
Iraida
si lascia andare a una
risatina di scherno prima di aggiungere «E non mi chiedere
chi sia che tu vuole
morta. Non te lo dirò. Sono stata contattata con un
paracadute argentato e
quando ho letto il mandante… devi aver fatto qualcosa di
davvero brutto, Chyna
Mellark... come vedi, non c'era margine
di errore. Sei tu la prescelta».
Sono
allibita. Mi vogliono
uccidere. Qualcuno vuole la mia morte, tanto da incaricare Iraida di
fare il
lavoro sporco.
«Perché
non mi hai cercato
prima?» chiedo.
Devo
farla parlare e dico la
prima cosa che mi viene in mente.
Alle
sue spalle, vedo Paban
che si agita e strattone le corde nel tentativo di liberarsi, mentre
Shae ha la
testa a ciondoloni sul petto. Li ha imbavagliati, perché non
riuscissero ad
avvisarmi. Ma ha voluto strafare e svegliarmi al posto di uccidermi nel
sonno.
«A
dire il vero io ti
cercavo. Ho ricevuto il paracadute due giorni dopo il bagno di sangue e
da
allora ho cercato di trascinare Rainer e Nazig lontano da qui, ma loro
non si
allontanavano mai dal centro dell’arena e io non volevo dar
loro motivi per
dubitare di me» risponde mentre guarda distrattamente la sua
spada, saggiandone
il filo.
«Mi
hai svegliata» non era
una domanda. «Perché non uccidermi nel
sonno?».
«E
dove sarebbe tutto il
divertimento? Poi, lo sai come funzionano gli Hunger Games. Per vincere
devi
sconfiggere i tuoi nemici, e adesso, uccisa te, io ho vinto…
come vedi, due
piccioni con una fava» esulta.
«Chi
è? Chi mi vuole morta?»
grido arrabbiata. Non voglio morire senza sapere il perché.
«Ti
ho detto che non te lo
dirò» risponde mentre fa un piccolo passo verso
destra.
La
guardo attenta. Non mi
faccio sfuggire nessun gesto, potrebbe assalirmi in qualsiasi momento e
voglio
sapermi difendere. Sono pronta per i suoi attacchi.
«Perché
mai vorresti tenere
per te un segreto che è destinato a morire con me? Fai conto
che sia il mio
ultimo desiderio» cerco di blandirla ma lei ride e scuote la
testa.
«Bel
tentativo, principessa.
Niente da fare».
«Allora
credo che tu voglia
solo togliermi di mezzo per avere Paban solo per te. Lo sai che ti
odierà a
morte dopo, e non avrai più alcuna
possibilità» provo un'altra tattica, voglio
vedere se il suo amor proprio salta fuori oppure no.
«E
cosa ti fa pensare che
voglia ancora quello là?». No, decisamente non
salta fuori.
«Perché
secondo me stai
mentendo. Nessuno ti ha dato ordini, sei solo gelosa!».
Beccati questa!
Iraida,
inaspettatamente, si
mette a ridere sguaiata «Io gelosa? Non potrei essere gelosa
di te neanche se
tu fossi dieci volte più bella e credimi... non lo sei per
niente» risponde
lei.
«E'
inutile che cerchi di
offendermi, non mi incanti. Ho ragione» ribadisco.
Le
nostre gambe si sono mosse
lentamente, come se fossimo ai confini di un cerchio disegnato sul
terreno.
Stiamo continuando a scrutarci con le lame in mano. Mi sento un po'
svantaggiata. Iraida è più abituata di me al
corpo a corpo e io non credo di
riuscire a farcela, ma venderò cara la pelle. Non mi
farò sconfiggere senza
lottare per la mia vita. Ho tanto ancora da vivere e soprattutto voglio
sperimentarla con quel ragazzo biondo che adesso sta cercando di
liberarsi per
venire a lottare al mio fianco.
Anche
per lui, non voglio
perdere. Non si salverebbe da Iraida così legato.
«Allora
ti spiego una cosa»
ricomincia a parlare «Lui ha sempre cercato solo il sesso.
Quando ci siamo
messi insieme era solo per sesso. Non sono mai stata innamorata di lui.
Quando
ho parlato alle interviste è stato solo per dargli fastidio
e per dare fastidio
a te... Cielo! Hai fatto una faccia impagabile! Solo per quello
è valsa la pena
di stuzzicarti».
«Ha
cercato solo sesso con
te, ma ha voluto altro da me. Lui vuole amore» ribadisco.
«Ti
ho detto che non mi
interessa!» urla alzando la spada e che scende veloce sulla
mia testa. Ho
appena il tempo di scansarmi e parare con lo spadino.
A
quel punto si riprende e
sospira con un lamento. «Se mi avessero detto che eri
così fastidiosa ti avrei
fatta fuori già al Centro di Addestramento».
«Ragiona,
Iraida! Se davvero
non fossi gelosa, non reagiresti così» cerco di
irritarla sempre di più. Sento
che sta per cedere e per lasciarsi sfuggire qualcosa.
«No.
Hai ragione. Se fossi
solo gelosa non mi sporcherei le mani, mi volterei e me ne andrei. Non
ha senso
abbassarmi a tanto...» risponde per poi continuare sottovoce.
«Alfie doveva
dirmelo che eri così noiosa
e petulante.
Sei uno strazio».
Ha
concluso il suo commento
ma io non l'ho neanche sentito. Mi sono fermata al nome e si
è fermato anche il
mio corpo. Scioccato. Annichilito.
Alfie.
Alfie Down. Il nostro
presentatore.
No.
Devo aver capito male.
Come può volermi morta? Perché? Non gli ho mai
fatto niente, neanche gli ho mai
parlato prima di questi giochi!
«Davvero
credevi di essere
entrata nell'arena per puro caso?» chiede ridacchiando.
No.
Lo sapevo già che c'erano
stati dei brogli nelle estrazioni dei giochi, ma come per me, anche per
altri
candidati in altri distretti.
«Hai
visto il biglietto? Hai
letto con i tuoi occhioni dolci dolci, il tuo nome?» chiede
ancora. Si sta
divertendo alle mie spalle. Sento l'irritazione salire nel petto e, con
un
briciolo di razionalità, rifletto che devo calmarmi e
ragionare, altrimenti lei
avrà vinto in due secondi.
«Nessuno
ha mai letto i
biglietti con i nomi» rispondo io.
«Sbagliato.
Il sindaco
controlla sempre i nomi alla fine della cerimonia della mietitura. Non
lo
sapevi? Con tutti quei soldi in palio, è un obbligo nei
confronti del governo.
Però, quest'anno no. Quando sono arrivati al controllo
finale, tutti i
biglietti delle bocce erano stati bruciati. Che ne pensi
allora?».
Nel
frattempo che parlava ha
menato due fendenti dall'alto verso il basso, per saggiare la mia
attenzione.
Fatico a parare ma ci riesco. Devo concentrarmi di più su
quello che fa, non su
quello che dice, anche se è enormemente difficile.
«Alfie
non può aver pilotato
le estrazioni per tutti i distretti» rispondo con la prima
cosa che mi viene in
mente e mi accorgo di aver detto una cosa molto sensata.
«Esatto.
Quasi tutti i
presentatori erano d'accordo. Nel nostro distretto per esempio. Il
nipote di un
vincitore? Tra tutti i ragazzi che c'erano? Non poteva essere la mano
del
fato».
«E
nel due? Nell'undici?» non
ricordo esattamente tutti i familiari dei passati vincitori ma ricordo
che ce
n'erano tanti.
«Nell'uno
e nel due è stata
solo fortuna... o sfortuna, come vuoi» risponde agitando
molle la mano, come a
scacciare una zanzara. «In altri sì. Hemmo
è stato un colpo di genio. Lo hanno
voluto apposta, perché sapevano dei suoi trascorsi non
proprio limpidi».
Un
brivido di disgusto mi
trapassa la schiena. Hemmo? Sapevano delle devianze di Hemmo? Come
è possibile?
«Vedi,
il tuo amichetto ha
sempre avuto il pensiero per... azioni un pochino violente. Da piccolo
si
divertiva a torturare gli animali. Sapessi cosa mi ha raccontato
riguardo al
suo gattino. Ne ha fatto scempio!». Come fa? Come
può ridere al solo ricordo?
Io me lo immagino ed ho ribrezzo per tutti e due!
«Così
lo hanno mandato per
uccidere?».
«Non
credo. Piuttosto
volevano aumentare il tasso violento dei giochi. Un po' per aumentare
gli
ascolti» fa spallucce prima di abbattere nuovamente la spada
sulla mia testa.
Di nuovo paro e mi salvo dal colpo.
«Perché
hanno fatto entrare i
discendenti dei vincitori?» chiedo.
«A
dire il vero non lo so»
risponde di getto, poi ci ripensa «Sai dove è
meglio nascondere un albero?»
chiede maliziosa.
La
guardo come se fosse un
alieno. Di che sta parlando? Comincia a fare gli indovinelli?
«Okay,
non ci arrivi. Allora
te lo dico io: un albero lo nascondi in una foresta. Un sasso lo
nascondi nel
letto di un fiume... ci sei?» ridacchia.
Ed
è come una epifania. Dove
si dovrebbe nascondere un albero? In una foresta. Un sasso? Nel letto
di un
fiume. Un morto? In mezzo ad altri morti. Un morto erede di un
vincitore dei
vecchi Hunger Games? In mezzo ad altri morti eredi di un vincitore dei
vecchi
Hunger Games.
«Alfie
non poteva fare tutto
da solo, neanche con l'aiuto degli altri presentatori»
ragiono ad alta voce e,
per la prima volta, provo io un affondo che Iraida para senza fatica.
«Presumo
che tu abbia
ragione. Pensa! Sei al centro di un grande complotto... cos'hai tu per
godere
di tanta attenzione?» chiede.
Cos'ho
io? Non sono
importante. Non sono che una ragazzina. Sono solo Chyna... Chyna
Mellark.
Spalanco
gli occhi per questa
rivelazione. Sono una Mellark. Sono la figlia di Peeta Mellark
vincitore dei
settantaquattresimi Hunger Games e sopravvissuto ai settantacinquesimi
giochi e
alla rivolta dei distretti contro Capitol City e il vecchio presidente
Snow.
Ma
soprattutto sono Chyna, la
figlia di Katniss Everdeen, la vincitrice dei settantaquattresimi
vecchi Hunger
Games e colei che è fuggita dall'arena dei
settantacinquesimi giochi, facendo
saltare definitivamente non solo il campo di forza che circondava il
terreno di
gioco, ma anche il poco equilibrio tra i distretti e la capitale di
Panem. Io
sono figlia della Ghiandaia Imitatrice.
Non
è per chi sono ma per
cosa rappresento.
I
distretti sono ancora pieni
di gente che venera i miei genitori. Cosa farebbero se io fossi
palesemente in
pericolo nella resurrezione dei giochi che tutti odiavano? E se io
morissi? Chi
griderebbe la sue sete di vendetta insieme alla mia famiglia?
Sicuramente
buona parte di
Panem sarebbe sconvolta. Posso anche pensare che sarebbe facile per
chiunque
ritrovarsi con un esercito di persone assetate di giustizia. A maggior
ragione
se con me sono morti altri ragazzi giovani, come è successo
in realtà. La
rivolta di trenta anni fa ha dimostrato che insieme si può
battere chiunque.
Anche il vecchio regime dittatoriale del presidente Snow.
Ho
paura che se una persona
di adeguato carisma riuscisse a parlare alla folla e indirizzare l'odio
verso
qualche obiettivo, potrebbe davvero impadronirsi del potere.
Non
sarebbe difficile trovare
una scusa per chiarire chi ha la colpa della fame e della miseria
diffusa nel
paese. Io, noi candidati, siamo la miccia. La miccia che può
innestare una
nuova rivolta.
E
chi ha ordito tutto questo
è la persona che vuole salire al potere.
Tutto
questo mi appare chiaro
in una frazione di secondo, come se l'avessi sempre saputo.
«Sai
chi vuole salire al
potere? Chi vuole prendere il posto della Paylor?» chiedo a
Iraida, mantenendo
sempre la posizione di guardia.
«Cosa
vuoi che ne sappia io?
La politica non fa per me! Io devo solo occuparmi della piccola Mellark
e
guadagnare il mio futuro tranquillo e sicuro. Sei un buon passaporto
per la
ricchezza» risponde serafica.
«Ma
non sei neanche un
pochino curiosa?» faccio io. So che non mi cambierebbe
più di tanto, ma avere
le idee chiare mi potrebbe aiutare nell'uscire da questa trappola.
«A
dire il vero no. Adesso
basta parlare, voglio finire il mio lavoro e vincere questi Hunger
Games»
risponde prima di gettarsi contro di me, menando fendenti dall'altro in
basso.
Iniziamo
a combattere.
Iniziamo a combattere e io mi sento perduta. Iraida è forte,
è abituata al
corpo a corpo. In più è ancora buio e il fuoco si
sta spegnendo, lasciando solo
la fievole luce della luna a illuminare il duello.
Cerco
di difendermi alla meno
peggio. Quando la spada arriva da sopra, alzo il braccio e difendo la
testa,
sul davanti incrocio la lama.
Man
mano che passa il tempo
riesco a prendere più confidenza delle movenze e inizio a
fare qualche timido
affondo.
«Ma
guarda... la coniglietta
si è svegliata... mica mi diventi una tigre?» mi
prende in giro Iraida.
Non
cedo sicuramente alle sue
provocazioni. Sono concentrata sul combattimento. È l'unico
modo per restare
viva.
Incrociamo
ancora le lame e
lei si appoggia con il suo corpo contro di me, per farmi cadere. Io
resto
stoicamente in piedi e salto via, riprendendo subito la posa di
guardia. Mi
lancio io, questa volta, contro di lei, affondando lo spadino vicino al
costato. Lei riesce a evitare con un balzo per un soffio e, girandosi,
mi
colpisce di striscio al braccio.
«Colpita.
E uno! Aspetta che
ne arrivino anche altri e vedrai come ti affetto per benino»
ridacchia Iraida.
Non
le do retta e mi preparo
per il suo prossimo attacco.
Sono
pronta quando si muove
contro di me, cercando di colpirmi il ventre. Con un balzo evito la
lama e
ribatto, sfiorandole l'omero, ma senza neanche lacerare la stoffa della
maglietta.
Continuiamo
a affondare e
parare, senza una reale supremazia di una di noi rispetto all'altra.
Sono
migliorata parecchio se
non è ancora riuscita a battermi e a farmi fuori.
I
minuti scorrono lenti tra
il clangore delle nostre spade che si incrociano. Il cielo si sta
rischiarando
e tra poco sarà l'alba. Più in là, la
giungla si sta risvegliando con i suoni
gutturali e striduli degli animali.
Ogni
tanto ci giriamo
intorno, come due fiere che si studiano, pronte per saltare e sbranarsi
azzannando la gola.
Iraida
ricomincia ad
attaccare menando fendenti a tutto spiano ed attaccando avanza come una
furia,
facendomi indietreggiare mentre cerco di parare le sue stoccate.
Un
sasso mi colpisce il
tallone e cerco di contrattaccare ma lei è più
forte e mi trovo sbilanciata
all’indietro.
“E’
la fine” penso mentre mi
accorgo di cadere schiena a terra.
In
un attimo Iraida incombe
su di me e sorride trionfante. Alza la spada sulla testa e si prepara a
calare
il fendente che mi toglierà da questo mondo. Cerco di
mettere lo spadino in
modo di potermi difendere, ma so già che se
riuscirò a scampare al primo
taglio, non ce la farò per quelli successivi.
Ormai
sono rassegnata quando,
all’improvviso, due braccia circondano le spalle della mia
nemica e la
sollevano letteralmente da terra, per poi scaraventarla a un paio di
metri da
me.
Sorrido
riconoscente a Paban
che è riuscito a liberarsi appena in tempo.
«Dammi
lo spadino» ordina
massaggiando il polso arrossato. Ha anche la sua spalla sinistra che
sembra
avere una angolazione strana. Sembra che si sia slogato le
articolazioni.
Gli
passo l’arma mentre mi
alzo.
«Cosa
ti sei fatto?» chiedo
senza osare sfiorare il suo braccio. Ha il volto pallido e la fronte
imperlata
di sudore. Probabilmente sta soffrendo le pene dell’inferno
per sopportare il
dolore alla spalla.
«Non
preoccuparti e vai a
prendere il tridente» ordina Paban mentre si avventa su
Iraida.
Corro
immediatamente verso il
fuoco, dove sono appoggiate le nostre armi e raccolgo il tridente e un
coltello.
«Paban,
togliti di mezzo!»
urla furiosa Iraida. Si avventa contro il suo compagno di distretto
come se ne
andasse della sua vita. E in effetti è così
perché da come la sta guardando il
ragazzo del mare, non credo che riuscirà ad uscirne viva.
Paban
è senza dubbio più
forte di lei, ma avendo il braccio inutilizzabile, pur usando la destra
per
difendersi ed attaccare, non riesce a sovrastarla con la sua mera
potenza.
Li
guardo per un attimo,
mentre riprendo fiato. Sono abbastanza distante e sto pensando se
è il caso che
anche io intervenga tra di loro. Ho paura di distrarlo troppo e che
lasci
scoperto qualche punto che quella vipera potrebbe colpire.
Sto
ancora soppesando come
fare a distogliere Paban dal duello e difenderlo, quando vedo Iraida
fare una
mossa e contromossa seguita da una finta e un affondo, degna di un
manuale di
alto livello. Costringe Paban a scoprirsi e lo colpisce con un taglio
laterale
all'altezza dell'ultima costola.
Grazie
all'impatto con
l'osso, non può affondare di più la lama, ma
tanto basta per interrompere il
suo combattimento e farlo accasciare dal dolore.
«Paban!»
urlo. Getto a terra
il tridente. Lui non è in grado di usarlo, con il braccio
fuori suo.
C'è
solo una cosa che posso
fare.
Raccolgo
l'arco con una mano
e la faretra con l'altra, che con un gesto automatico, infilo a
tracolla. In
meno di un secondo ho preso una delle cinque frecce che mi restano,
l'ho
incoccata e sto cercando di mirare a un punto vitale di Iraida.
Non
mi interessa ferirla. La
voglio morta e fuori dai giochi. Adesso. Prima che faccia ancora
più male al
mio Paban.
Il
fatto di definire Paban
come mio, mi dà un leggero brivido, ma scaccio subito questa
sensazione e mi
concentro su come colpire lei senza ferire lui.
Paban
si è rialzato, tenendo
la mano sul fianco ferito, para ancora un paio di stoccate furiose da
parte di
Iraida. Non è più in grado si contrattaccare.
Rischia di farsi uccidere in
questo modo.
Se
solo si abbassasse...
«Non
volevo ucciderti! Ho
sperato tanto che qualche trappola mi avesse tolto questa
incombenza» dice
Iraida con voce quasi dolente. Come se le dispiacesse davvero uccidere
il suo
compagno di distretto.
«Siamo
stati bene, noi due.
Ma tu non avevi che lei in mente... quando mi hanno offerto di farla
fuori
durante i giochi, ho esultato. Sarebbe stata la vendetta perfetta per
tutte le
lacrime che avevo versato per te» sibila. Ha uno sguardo
arrabbiato e folle.
«Non
riuscirai a farle del
male. Te lo impedirò a qualunque costo» risponde
lui lanciandosi contro di lei.
Non
ho ancora abbastanza
spazio per colpirla senza rischi per Paban. Sono impaziente. Seguo la
lotta
puntando la mia freccia su loro due. La corda dell'arco mi sta
incidendo la
guancia, ma io non sento nulla. Sono concentrata sul mio obiettivo: il
collo di
Iraida.
Continuano
a scambiarsi
colpi, ma quelli di Paban sono sempre più deboli, e alla
fine si scopre
ingenuamente e la spada di Iraida affonda nel suo petto.
«No!»
urlo.
Nello
stesso istante che il
mio grido lascia le labbra, Paban si accartoccia su se stesso e crolla
in
ginocchio e Iraida estrae la spada grondante di sangue per poi alzarla
sopra la
sua testa in modo da dare il colpo di grazia. È a gambe
divaricate, le braccia
alzate, ferma con la testa leggermente inclinata in basso per guardare
Paban
una ultima volta, e la mia freccia parte, implacabile, e si conficca
nel suo
collo, facendola crollare e soffocare nel suo stesso sangue.
Come
a rallentatore, lascia
la spada che si conficca di punta sul terreno vicino al corpo ferito di
Paban,
e lei alza gli occhi al cielo e cade a terra, fredda.
«Paban!»
urlo ancora. Corro
verso di lui e mi inginocchio al suo fianco. Lui ormai è a
terra rannicchiato
su se stesso. Scomposto.
Lo
volto delicatamente verso
di me e mi tolgo quel che resta della mia giacca sbrindellata per
pigiarla con
forza sulla ferita del petto da cui sgorga un fiotto copioso di sangue.
Anche
il suo fianco è ferito e la pelle mostra un taglio netto e
sanguinante.
«Paban…
ti prego, Paban,
rispondimi» imploro. Mi sento dolere la testa digrigno i
denti. Non voglio
piangere. Non serve a niente adesso. piangerò quando si
sarà salvato e starà
bene. Piangerò di sollievo perché altre opzioni
non ce ne sono. Anche solo il
pensiero di perderlo è intollerabile e non permetto neanche
che si affacci al
mio cervello.
«Paban,
rispondimi… ti prego…
Paban» sussurro. Singhiozzi silenziosi mi squassano il petto.
Ha gli occhi
chiusi e il respiro affannato.
La
ferita la petto mi
preoccupa tantissimo. È profonda. Non gli ha toccato il
cuore, altrimenti
sarebbe morto sul colpo, ma potrebbe aver danneggiato i polmoni. Vorrei
poter
fare qualcosa. Vorrei avere i miei libri, una sala operatoria, gli
strumenti
necessari per curarlo al meglio e farlo guarire.
«Resta
con me… Paban, resta
con me… non mi lasciare» supplico.
Un
rantolo esce dalla sua
bocca, insieme a un rivolo di sangue. «Non ti
lascio» risponde in un soffio.
Non apre gli occhi. La sua mano si solleva di pochissimo e poi crolla
sul suo
ventre insanguinato, inzuppandogli le dita.
Mi
si gela il sangue! «Fa che
non sia morto… fa che non sia morto…»
ripeto sottovoce mentre mi chino ad
ascoltargli il cuore. Metto due dita sotto il suo naso per constatare
che sta
respirando.
Un
lievissimo tepore mi
colpisce i polpastrelli e riesco a sentire le pulsazioni dalla carotide.
«Resta
con me» ripeto ancora
una volta.
Mi
guardo attorno affranta.
Potessi avere qualcosa per curarlo.
Mi
alzo e corro verso Shae.
Voglio controllare anche lei, un minuto, prima di raccogliere tutto
quello che
ho e tornare a occuparmi di Paban.
La
trovo ancora addormentata
contro l’albero. Le corde sono molli attorno al suo busto ma
ha ancora i polsi
legati.
Le
libero mani e piedi e lei
scivola lentamente appoggiando la testa a terra. Poi corro agli zaini e
prendo
quello con tutte le nostre medicine. Mi servono le fasciature e fili
per
suturare.
In
un attimo sono al
capezzale di Paban, ancora una volta.
Mentre
sto esaminando il
contenuto degli zaini, sento il colpo di cannone.
Quello
che segnala la morte
di un candidato. Quello che ho sentito il primo giorno dopo il bagno di
sangue
e che negli ultimi giorni non si è più udito in
nessuna parte dell’arena.
Sobbalzo
e mi guardo attorno.
Che
siano tornati gli
strateghi nella postazione video sulla montagna? Se è
così non avremo scampo
per fuggire. Ci terranno qui sino a quando non faranno arrivare degli
ibridi o
un’altra inondazione a farci fuori. A farmi fuori, visto
quanto mi ha detto
Iraida.
Sento
un altro colpo e poi un
altro. Sembrano sempre più vicini e non capisco come sia
possibile.
Non
sono i colpi che
annunciano la morte dei candidati. Adesso che ci faccio caso, sono
più come
bombe che scoppiano. Come missili che vengono scagliati. Sono
esplosioni.
Mi
guardo attorno. Cosa sono
queste esplosioni?
Ormai
il cielo è chiaro e si
vedono gli uccellini che sorvolano l'arena in stormi. Un gruppo sta
volando
verso di noi.
Qualcosa
cade dagli animali e
sorrido pensando che quei pennuti non hanno ancora imparato a mettersi
il
pannolino. Poi mi accorgo che non sono uccelli. Sono hovercraft. E
quello che
rilasciano non sono escrementi. Sono bombe. Che esplodono e fanno
saltare in
aria le piante della giungla e le rocce delle montagne. E si stanno
avvicinando.
Mi
prende il panico. Mi volto
verso Shae e la vedo coperta dall'albero alla quale era stata legata.
Io
e Paban siamo senza
copertura. All'aperto.
Devo
trasportarlo verso gli
alberi, altrimenti ci colpiranno. Passo le braccia sotto le sue ascelle
e metto
tutta la mia forza per trascinarlo. Non dovrei spostarlo. Gli
farà perdere
ancora più sangue, ma non possiamo restare così
scoperti, altrimenti ci
colpiranno e saremo morti in pochi istanti.
È
una fatica che mi
esaurisce, ma riesco ad arrivare sotto il primo albero frondoso che
delimita la
giungla.
Corro
ancora a raccogliere le
armi e agguanto un braccio di Iraida e la nascondo nella cornucopia.
Poi corro
velocemente verso Paban.
Non
sono ancora arrivati e
spero che non lancino delle bombe anche qui vicino, altrimenti dubito
che
riusciremo a passare indenni.
Controllo
ancora una volta
Paban. Sta rantolando e respira a fatica, ma è vivo.
Guardo
in cielo e vedo gli
hovercraft che arrivano. Le bombe vengono ancora sganciate a intervalli
regolari. Non c'è un bombardamento fitto e scientifico. Non
a “tappeto”. Ma è
comunque pericoloso.
Stanno
arrivando ed io inizio
a tremare.
Il
rumore di una decina di
hovercraft è davvero assordante, per non parlare delle
esplosioni delle bombe e
del rumore delle piante abbattute e dei massi sbriciolati.
Quando
li sento sulla mia
testa, non ragiono neanche e mi getto sul corpo di Paban per
proteggerlo con il
mio. Non so quanto possa essere efficace ma non voglio che venga
ulteriormente
ferito. Già così ha urgente bisogno di cure.
Gli
hovercraft sono sopra di
noi e alcune bombe vengono sganciate nella piazza. Pezzi di pietra
selce si
sollevano e schizzano in varie direzioni. Una scheggia mi colpisce alla
tempia,
urlo dal dolore. Ho la vista appannata quando mi rialzo a controllare
che
niente abbia colpito Paban e sospiro di sollievo. Almeno lui non ha
subito
ulteriori danni.
In
quel momento sento la
terra tremare sotto le mie dita, ma è diverso dalle
esplosioni delle bombe che
ci sono state sinora. Vedo che accanto alla cornucopia si apre una
voragine nel
terreno, dal quale emergono delle persone.
La
prima che vedo mi sembra
di riconoscerla. È un ragazzo di venticinque anni o
giù di lì, mi sembra di
conoscerlo ma non riesco a metterlo bene a fuoco. Sulle sue spalle
trasporta un
piccolo lanciamissili. Si inginocchia e spara verso il cielo, verso gli
hovercraft, colpendo l'ala di uno di loro, il quale subito inizia a
precipitare
sopra la giungla, sino a schiantarsi ed esplodere.
Guardo
altre persone uscire
dal buco. Sembrano piccoli insetti verdi e marroni che iniziano a
lanciare
missili contro gli hovercraft, cercando di abbatterli.
Due
di questi, non appena
sono saliti nella piazza, non si fermano con gli altri ma corrono verso
di me.
Imbraccio
l'arco e incocco
una freccia, ma mi blocco un secondo dopo essermi posizionata a
scoccare il
dardo. Riconosco le due persone: sono Jayson e mia madre, Katniss, e
stanno
correndo verso di me.
L'unica
cosa che riesco a
sussurrare è un flebile «Siamo salvi»
mentre inizio a piangere dal sollievo sul
petto di Paban. È finita. Possiamo uscire da questo inferno.
---ooOoo---
Angolino
mio:
decisamente
impegnativo
questo capitolo.
Abbiamo
scoperto un
pochino (ve lo aspettavate Alfie? Mi sono accorta che i presentatori lo
ho
snobbati e invece erano perfetti nella macchinazione) di cose e altre
domande
sorgono spontanee.
Siamo
quasi alla resa dei
conti, abbiamo davanti cinque capitoli intensi e un epilogo. Tutti i
nodi, più
o meno prevedibili verranno chiariti.
Ho
una preghiera: è
possibile che mi dimentichi di spiegare qualche cosa, se
così fosse ditemelo,
oppure comunicatemi quello che volete sapere, così inserisco
direttamente la
spiegazione nel racconto.
Adesso
vi lascio lo
spoiler del prossimo capitolo:
… Si inginocchia accanto a me, con
Shae ancora tra le
sue braccia e comincia ad accarezzarla dolcemente chiamandola
«Shae… Shae,
amore, svegliati… ti prego, tesoro, torna da me»
mormora…
E
chi sarà mai?
Il
banner della prossima
settimana sarà un personaggio cui avevo appena accennato, ma
importante fuori
dell’arena: FENIX. Ricordate chi è?
Bene,
non mi resta che
augurarvi buona domenica,
alla
prossima
baciotti
|
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Capitolo 25 *** l'uscita ***
Ciao
a tutti!
Scusate
il ritardo nel
postaggio ma non ho proprio avuto tempo, anche se il capitolo era
già pronto da
qualche giorno.
Non
sto più lì a
ringraziare tutti, sappiate solo che, grazie a voi, questa storia
è finita tre
le 40 storie più popolari della sezione Hunger Games
(penultima ma meglio di
niente). GRAZIE!
Adesso
postiamo un
personaggio nuovo: FENIX uno stratega, vicino al nuovo capo ma amico di
Plutarch.
E grazie a Elenri per averne trovato la faccia!
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
L'unica cosa che riesco a
sussurrare è un flebile «Siamo salvi»
mentre inizio a piangere dal sollievo sul
petto di Paban. È finita. Possiamo uscire da questo inferno.
«Chyna!»
grida Jayson
correndo verso di me. Riconoscere la sua voce, anche in mezzo alle
esplosioni,
è una cosa meravigliosa. Mi sembra di essere a casa, al
sicuro, e non c'è
niente di meglio di questa sensazione.
«Jayson!
Mamma!» urlo.
«Chyna!».
Anche mia madre
urla. Jayson è quello che arriva prima. Si lascia cadere in
ginocchio e mi
abbraccia forte, nascondendo la sua testa bionda nell'incavo del mio
collo.
«Chyna,
stai bene?» chiede
concitata mia madre, abbracciandomi stretta e cominciando subito a
tastarmi per
constatare che sono viva lì accanto a lei.
Mi
lascio abbracciare e
stringere. E piango. Sono salva. Siamo salvi.
«Portami
fuori di qui»
pigolo.
«Certo,
tesoro. Subito»
risponde lei. Alle sue spalle una quindicina di uomini stanno lanciando
missili
contro gli hovercraft e ne hanno già abbattuti almeno tre,
mentre gli altri
stanno scomparendo all’orizzonte.
«Dobbiamo
andarcene da qui!
Subito!» grida un uomo in lontananza.
«Vado
a chiedere aiuto per
trasportare Paban» dice Jayson alzandosi e correndo verso gli
altri.
«Sei
sicura di stare bene?»
chiede ancora mia madre mentre controlliamo Paban. «Sei
ferita alla testa».
«E'
solo un graffio»
minimizzo. «E' più brutto di quel che sembra.
È lui quello messo peggio»
concludo, mentre carezzo leggera la fronte del ragazzo del mare. Guardo
se
stanno arrivando i soccorsi. Quanto ci mettono per una barella?
«Lo
cureremo. Non
preoccuparti» mi consola mia madre.
«Come
siete arrivati?» mi
guardo attorno e inizio a preoccuparmi «Dov'è
papà?». Come mai non è qui con
loro?
Mamma
sospira profondamente.
«Stammi bene a sentire. Siamo in una brutta situazione fuori
di qui. Ci sono
rivolte e scontri armati... Peeta è stato ferito»
appena lo dice mi scappa un
gemito di orrore e inizio a tremare dalla paura.
«No,
no. Calmati. È ferito ma
in modo lieve... voleva venire anche lui ma l'ho costretto a restare al
sicuro». Non mi guarda in faccia e questo mi fa sospettare
che ci sia
dell'altro.
«Mamma,
ti prego. Dimmi la
verità, sta bene?».
«E'
al sicuro e sta bene.
L'ho rinchiuso a chiave in una stanza e ho lasciato Johanna e il
vecchio
Plutarch Heavensbee a guardia. È stato colpito di striscio a
un braccio, ma tra
quello e la sua gamba... non potevo lasciarlo venire qui. Ho
già dovuto
sopportare l’incoscienza di tuo fratello e ti assicuro che
sarò tranquilla solo
quando vi avrò portato tutti al sicuro» mormora
tentando di fare un sorriso.
Adesso
la riconosco. Il suo
primo pensiero è sempre tenerci al sicuro, a costo della sua
vita. Lo era
trent'anni fa con mio padre e zia Prim, lo è oggi con
papà, Jayson e me. Chissà
quanto ha patito vedendomi rinchiusa qui dentro.
La
abbraccio di slancio e lei
fa altrettanto, carezzandomi i capelli.
«Andrà
tutto bene» sussurra
convinta.
«Lo
so. Ci sei tu con me»
ribatto «E’ impossibile che qualche cosa vada
storto con la Ghiandaia
Imitatrice» e lei ride.
Verso
di noi sta correndo il
ragazzo che ha lanciato il primo missile contro l’hovercraft
e porta Shae tra
le braccia. Adesso lo riconosco! È John, il primo vincitore
degli Hunger Games
della Pace, l’aiutante mentore di Beetee del distretto 3.
«Chyna!
Non si sveglia! Cosa
le è successo?» dice con tono terrorizzato.
È la sua candidata, la ragazza che
viene dal suo distretto ed è l’unica sopravvissuta
con me e Paban. È naturale
che sia preoccupato.
«Non
ti preoccupare, John.
Iraida l’ha drogata ma sta solo dormendo» gli
spiego, ma poi rimango spiazzata
dai suoi gesti.
Si
inginocchia accanto a me,
con Shae ancora tra le sue braccia e comincia ad accarezzarla
dolcemente
chiamandola «Shae… Shae, amore,
svegliati… ti prego, tesoro, torna da me»
mormora.
Sia
io che mia madre,
guardiamo stupiti questa dimostrazione dei amore.
«Allora
sei tu il suo
fidanzato!» esclamo in automatico.
John
fa solo un piccolo
sorriso, continuando a carezzare il volto di Shae e senza distogliere
lo sguardo.
«Non
voleva si sapesse per
evitare delle gelosie. Avevamo deciso di renderlo pubblico una volta
finiti i
giochi, come se ci fossimo innamorati adesso» risponde.
«Scusami,
John. Non ho capito
quanto doveva essere dura per te, là fuori con lei
qui» commenta mia madre con
aria contrita.
Di
nuovo sorride «Non fa
nulla. Ha avuto l’intelligenza di allearsi con le persone
migliori che l’hanno
protetta e salvata» e punta i suoi occhi nei miei.
«Non potrò mai ringraziarti
abbastanza per averle salvato la vita al bagno di sangue».
«Ci
siamo aiutate a vicenda.
Tutti quanti» rispondo.
Non
sto minimizzando. È
proprio così. Se non ci si aiuta, gli Hunger
Games… questi Hunger Games, ti
schiacciano.
«Eccoci!»
grida Jayson
tornando con altre tre uomini e una specie di lettiga. Con enorme cura,
spostiamo Paban sul tessuto e lo solleviamo dagli appositi angoli.
«John,
la porti tu Shae?»
chiede Jayson, vedendo la candidata del 3 tra le braccia.
«L'aiuto
io» dichiara mamma,
aiutando John ad alzarsi e accompagnandolo alla voragine che ci porta
al piano
sottostante.
Seguo
la barella. Per un
attimo mi si sdoppia la vista e poi si annebbia, prima di tornare
normale. Devo
essermi alzata troppo in fretta.
Velocemente
attraversiamo la
piazza e cerchiamo di scendere con attenzione. Il terreno non
è stabile e la
terra frana leggermente, ma la priorità e non muovere troppo
Paban che sta
gemendo dal dolore nel dormiveglia.
Ricordo
vagamente i corridoi
asettici che avevo attraversato al momento dell’entrata
dell’arena. Adesso è tutto
distrutto. Uno scorcio di guerriglia urbana con pavimenti dalle piastrelle saltate, muri
scheggiati o bucati,
luci intermittenti o spente e soffitti scrostati.
«Dove
porteremo Paban?»
chiedo affrettandomi a restare al suo fianco, insieme agli altri che lo
stanno
trasportando.
«Fuori
di qui c’è un
hovercraft che ci porterà in un ospedale alla periferia di
Capitol City. Il
nostro quartier generale è lì vicino»
spiega telegrafico Jayson.
Praticamente
corriamo e nel
giro di dieci minuti siamo a bordo e stiamo volando verso la nostra
destinazione. Stranamente non riconosco i corridoi. Forse non sono
stata
attenta, l'ultima volta che ci sono passata. Mi sembrava che curvassero
dolcemente, mentre adesso percorriamo una linea retta. Ho quasi la
sensazione
che sotto l'arena ci fosse un labirinto e non solo le “camere
di lancio”.
Quando
raggiungiamo l'esterno
il sole è ormai alto nel cielo. A pochi passi da noi, si
staglia sul terreno
brullo, un'ombra gigantesca.
È
un hovercraft solo. È
evidente che per questa spedizione hanno monitorato attentamente il
nemico per
non farsi abbattere.
Ci
sono diverse scale di
corda che ci permetteranno di salire, grazie alla corrente elettrica
che ci
calamita al dispositivo, ma mi chiedo come possano issare Paban a
bordo.
Quando
vedo calare una specie
di asse, mi sento meglio e decisamente sollevata. In men che non si
dica ci
troviamo a bordo pronti a partire.
Sono
seduta accanto a un
tavolo dove hanno appoggiato Paban e due medici lo stanno visitando,
mentre un
terzo sta controllando la mia testa.
«Non
è grave» sento dire da
un medico, e subito mi esce un grandissimo sospiro di sollievo.
«La
lama sul petto ho
trapassato solo tessuti molli. I polmoni sono salvi. Dovremo solo
ricucire».
«Ha
perso molto sangue. La
pressione sta scendendo, dovremo fare presto una trasfusione».
«C'è
una sacca di plasma.
Cominciamo con questa. Tu sutura il fianco, i penso qua».
«Dovremo
mettergli a posto la
spalla lussata».
«Quando
si sarà stabilizzato
e dopo la trasfusione».
Ascolto
attentamente il botta
e risposta dei due medici. Non sembrano particolarmente allarmati.
È probabile
che Paban se la cavi con un paio di cicatrici e una bella storia da
raccontare
ai nipotini.
«Segui
il dito» mormora il
mio dottore, mentre sposta l'indice da destra a sinistra e mi fissa
negli
occhi. Ubbidisco docile. Ho solo un leggero mal di testa, ma dubito che
altre
persone non risentano di quanto ho subito io. Mi sembra il minimo.
«Dovrò
farti altri esami ma
sembra che non ci sia niente di grave... anche se...» il
medico mi distrae dai
pensieri verso Paban.
«Anche
se?» chiedo curiosa.
«Mi
preoccupa. C'è qualche
cosa che non va agli occhi. Devo fare altri accertamenti. Tu non devi
muoverti
e non devi affaticarti, sino a quando non avremo scoperto
tutto» ordina.
«Non
bisogna dirlo a mia
madre. Lei è estremamente apprensiva con la sua famiglia...
per favore»
bisbiglio con fare cospiratorio e implorante al dottore che mi ha
visitata e
medicata.
Lui
annuisce benevolmente,
facendomi un buffetto sulla guancia. «Non sia mai che Katniss
Everdeen si
agiti. Rischieremmo di andare a ferro e fuoco. Tu prometti che ti
riguarderai
come ti ho detto e io starò zitto» promette. Mimo
un grazie accorato e mi volto
nuovamente a guardare Paban che ora sta dormendo tranquillo mentre gli
altri dottori
lo curano.
I
monitor che controllano il
suo battito cardiaco, risuonano nella sala nell'hovercraft ed
è il suono più
incoraggiante del mondo.
Non
ci vuole molto, mi sembra
che sia meno che all'andata.
Quando
sento che il veicolo
si sta abbassando, mi accorgo che mia madre non era accanto a me e
neanche
Jayson, John e Shae e mi chiedo dove siano. Il fatto che mi abbiano
lasciato in
questa sala di medicazione mentre loro sono riuniti chissà
dove per discutere
di chissà cosa mi fa infuriare.
Credono
che non sia in grado
di partecipare? Credono che non possa fare la mia parte? Sono
sopravvissuta
all'arena! Ho ucciso anche! Posso sentire e soprattutto capire cosa
è successo
in questo periodo, da quando siamo stati isolati a quando sono iniziati
i giochi
in senso stretto.
Controllo
ancora Paban che
sta riposando tranquillo e mi alzo, nonostante i rollio che sento sotto
i
piedi.
In
fondo alla sala delle
medicazioni, è acceso il segnale di allacciare le cinture,
ma io non mi
soffermo neanche e proseguo ondeggiando verso la porta che mi fa
accedere a un
corridoio stretto. Sento parlare in fondo al corridoio
e riconosco il tono arrabbiato di mia madre e
di Jayson. Ci devono essere altre persone, lì dentro.
Con
fatica raggiungo la porta
ma non riesco ad afferrare la leva che la fa aprire. Mi si sdoppia la
vista e
sto annaspando. Scuoto la testa per focalizzare meglio e in quello
stesso
momento la porta viene aperta e mi trovo faccia a faccia con un uomo
serissimo
di almeno quarant'anni, dai connotati spigolosi e con una lunga
cicatrice che
gli taglia il viso nella parte sinistra, dalla fronte al mento. Solo
guardarlo
fa venire i brividi e tutte le terminazioni nervose urlano pericoloso!
«Oh!
Chyna Mellark! Benvenuta
a bordo, bambina. Siediti! Stiamo scendendo e non ho voglia di
raccoglierti
mentre ruzzoli per l'hovercraft» dice scansandomi poi senza
gentilezza e
proseguendo per il corridoio per poi sparire in una porta che si apre
sulla
destra.
Resto
spaesata e basita per
questo incontro e mi volto verso le altre persone all'interno di quella
che
sembra una sala da pranzo, con un grande tavolo ovale e tante sedie
attorno.
Sul
divano, in fondo alla
stanza, dal lato opposto alla porta, è coricata Shae, che
sta parlando
sottovoce con John che è accucciato accanto a lei.
Mi
avvicino a una sedia che
gira su se stessa, inchiodata al pavimento e mi siedo per poi
allacciare la
cintura.
«Tesoro,
stai bene?» chiede
subito mia madre, che è seduta accanto a Jayson e a Finnick
Odair Junior.
Vicino a me ci sono Gale e il mentore del distretto 13 e quello del
dieci.
«Chi
era quello?» chiedo
indicando la porta.
«Un
consigliere del governo,
molto vicino alla Paylor. Apollo Yoismith» risponde Finnick.
«Ci sta aiutando a
capire chi sta dietro a tutto quello che è
successo».
«Prima
di tutto, raccontaci
cosa è successo dal momento in cui sono morti Hemmo e
Alicia. Da quel momento
non abbiamo più ricevuto immagini» interviene
Jayson «Plutarch ci ha provato
con tutti i suoi contatti ma non è più riuscito a
farci vedere qualcosa».
Immaginavo
che trovare la
sala dei video così deserta, fosse un presagio di questo, ma
la cosa mi lascia
lo stesso sconvolta. Abbiamo passato l'inferno lì dentro e
nessuno ne è
testimone?
Comincio
a raccontare quanto
è successo, la trappola in cui è caduto Dick e il
boschetto dagli alberi lisci.
Il salvataggio e l'orribile morte di Thabo.
Quando
finisco di descrivere
l'incendio che ho appiccato, mi accorgo che Gale mi sta abbracciando ed
io sto
piangendo sopra la sua spalla.
Mia
madre ha gli occhi chiusi
e il volto rivolto al soffitto, come se si rifiutasse di ascoltare.
Eppure so
che lo sta facendo e contemporaneamente sta rivivendo quello che ha
vissuto
lei. Gli Hunger Games rovinano, diceva la nonna, e adesso capisco che
è la
verità. Non mi passerà mai. Potrò
attenuarne gli effetti, ma non passerà mai.
Racconto
della sala dei video
che abbiamo trovato sulla montagna.
«Ecco!
Lo sapevo che c'era
qualche cosa per riunire i segnali» esclama John che si
è avvicinato al tavolo,
lasciando Shae ancora sdraiata sul divano e con gli occhi chiusi.
«Lei
sta bene?» chiedo.
«Sì.
Solo che non è ancora in
grado di parlare. Ha pensieri sconnessi. Credo sia sull'orlo di una
crisi e non
ho voluto pressarla con altri pensieri» risponde lui.
«Per
questo chiediamo a te»
sottolinea mio fratello.
Allora
non mi resta che
continuare, penso. Ricomincio a parlare di Rainer e Nazig che abbiamo
visto nei
video, poi racconto della fine di Ilixo e Dick, facendo scorrere alcune
lacrime
sulle guance di Roxie, la mentore del distretto 10. «Povero
ragazzo» mormora
accorata.
«Poi
non è successo niente,
sino a questa notte, quando Iraida ha deciso di attaccarmi»
concludo ormai
afona.
L'hovercraft
è fermo a terra
e alcune persone ci invitano a scendere per rifugiarci nelle sedi
opportune.
Subito vengo condotta verso il quartier generale mentre scorgo un paio
di
lettighe che portano Shae e Paban verso l'ospedale, una struttura
giallo
paglierino lì accanto.
Non
appena siamo di nuovo in
una sala, simile a quella dell'hovercraft, ricomincio a raccontare.
Sono
arrivati anche Plutarch,
il vecchio Capo Stratega dell’Edizione della Memoria,
l’ultima dei vecchi
Hunger Games, ed è tornato Apollo Yoismith, quello che
sembra il capo di tutta
l’operazione.
«Iraida
ha dato del sonnifero
a Shae. Io e Paban ci eravamo allontanati» arrossisco al
ricordo del nostro
bacio «E quando siamo tornati, lei dormiva profondamente,
perciò Paban e Iraida
si sono disposti per la guardia notturna e io mi sono addormentata.
Durante la
notte lei ha colpito Paban e l'ha legato insieme a Shae, poi
è tornata a
chiamarmi e abbiamo iniziato a lottare».
«Ti
ha detto il perché voleva
ucciderti?» chiede mia madre.
«Ha
detto che ha ricevuto un
ordine da un paracadute durante il secondo giorno, dopo il bagno di
sangue»
rispondo.
Jayson
annuisce. «E' vero,
ricordo che ha ricevuto un paracadute, ma non abbiamo visto cosa
contenesse il
cestino appeso e visto che lei non ha fatto una piega... pensavamo non
fosse
importante».
«Ha
detto che non credeva ai
suoi occhi e che dovevo aver fatto arrabbiare qualcuno di importante
per averle
mandato quel messaggio» dico ancora, ricordando il mio
alterco con Iraida e i
miei patetici tentativi di farle dire la verità.
«Ti
ha detto altro?» chiede
ansiosa mia madre.
Scuoto
la testa a diniego.
«No. Ho tentato di farla parlare, prendendola in giro e
dicendole che era
gelosa di me e Paban e schiaffandole in faccia il nostro
amore…» nello stesso
momento che quelle parole lasciano le mie labbra mi accorgo del grosso
errore
commesso, soprattutto davanti alla mia famiglia.
Jayson
ridacchia accanto a
me, accompagnato da quello che credo sia Vick Hawthorne, il fratello di
Gale, e
un altro paio di persone. Solo l’amico della mamma guarda lei
con apprensione e
lei guarda me con occhi spalancati.
«Chyna…
non…» non la lascio finire
che la interrompo subito.
«Mamma,
non è il momento per
questo. Ne parleremo più avanti da sole» ribatto
decisa. «Quello che è più
importante è che mi ha detto che alcuni presentatori
facevano parte del
complotto».
Tutti
i presenti mi guardano
più interessati che mai.
«Così
avrebbe un senso
l’estrazione» mormora John. Sicuramente Beetee
aveva espresso a lui le sue
perplessità, prima ancora che agli altri alla sfilata.
«Ha
detto che il distretto
uno e due non erano coinvolti. Non so esattamente per gli altri, mi ha
parlato
del distretto 4 e del distretto 9 come certi, ma credo che si riferisse
a tutti
quelli che hanno estratto un discendente dei vincitori».
«Credo
anche io che sia
andata così» afferma Finnick.
«Ma
è vero che i sindaci
controllano i biglietti dopo l’estrazione?» chiedo
curiosa.
«A
quanto ne so, sì. È la
prassi, ma ho visto solo contare i biglietti nelle bocce, non
controllare i
nominativi» risponde Gale.
«Iraida
mi ha detto che
quest’anno li hanno bruciati».
«E’
quello che mi ha detto
Johanna quando ha assistito alle estrazioni nel suo distretto di
origine»
conferma Gale.
A
questo punto non ho altro
da riferire, ma voglio sapere quello che è successo qui
mentre io ero chiusa
dentro l’arena.
Sto
per parlare quando il
mentore del distretto 13 mi anticipa.
«Credo
che con questo abbiamo
saputo tutto quello che potevamo, riguardo l’arena. Sappiamo
che qualcuno ti
vuole morta a tutti i costi, visto che vi hanno inviato un paracadute
per farvi
tornare alla Cornucopia. È stata una fortuna che avessimo
deciso di fare
irruzione proprio questa mattina».
«L’ho
sempre detto che sei
quella fortunata» esclama Jayson.
Se
ritiene essere fortunata,
il vedere i tuoi amici fatti a pezzi e uccisi nei modi più
disparati… ha
davvero un bel problema in testa.
«Non
rispondergli.
Probabilmente, Katniss l’ha fatto cadere in terra quando era
piccolo» commenta
Gale ridacchiando alla mia espressione.
«Oppure
ha sniffato colla»
dice Vick.
«E’
rimasto troppo sott’acqua
quando gli faceva il bagnetto» rincara Finnick.
«Okay!
Ho capito! Sono stato
un idiota!». Mio fratello ride e alza le mani, facendo ridere
tutti gli altri.
Quando
mi fissa negli occhi,
capisco che ha stemperato l’atmosfera solo per me, e ancora
una volta mi
accorgo di quanto gli voglio bene.
«Dobbiamo
rintracciare i
presentatori. Se chi c’è dietro tutto questo, sa
che abbiamo liberato gli
ultimi candidati, potrebbe pensare che abbiamo Iraida tra le mani.
Mandiamo
subito una squadra per catturare quei debosciati e vediamo se qualcuno
riusciamo a farlo parlare. Questa è la prima bella notizia
che ci arriva da
quando è iniziata questa storia!» esclama Apollo
sbattendo una manata sul
tavolo ed alzandosi subito per impartire gli ordini.
«Adesso,
per favore, qualcuno
vuole spiegarmi cosa sta succedendo qui?» sbraito invece io,
bloccando tutti i
presenti sul posto a guardarmi come se fossi la pazza di turno. Non mi
interessa un granché di quello che pensano, in ogni caso.
«Io sono stata
rinchiusa per un mese. Ho visto i miei amici morire. Ho ucciso! E
adesso voglio
sapere perché!». Sbatto il mio pugno sul tavolo
tanto forte che sento le
vibrazioni nel braccio che si propagano sino al mio cervello, e di
nuovo mi si
appanna la vista. Meglio che resto calma o potrei peggiorare.
Non
so se mia madre se ne
accorga o sia semplicemente una precauzione ma inizia subito a dare
ordini a me
e Jayson che sbuffa insofferente.
«Jayson,
aspettate qui
qualche minuto. Vado a liberare vostro padre».
Papà! Sorrido immediatamente.
Poi si rivolge direttamente a me.
«Dopo
però, Chyna, andrai a
farti visitare per bene. Voglio essere sicura che non ci siano
conseguenze
all’arena. Ti lascio tuo fratello per fargli tutte le domande
che vuoi. Così
saprai cosa è successo a Capitol City mentre tu non
c’eri» conclude con un
piccolo sorriso.
Io
ghigno in direzione di mio
fratello che invece sbuffa. «Uffa! Volevo venire anche io dai
presentatori!»
protesta, ma nessuno gli dà retta e restiamo seduti in
attesa di nostro padre
Peeta.
La
mamma mi ha rassicurato
che sta bene ed è stato ferito in modo lieve, ma voglio
sinceramente di
persona.
Per
questo quando lui entra
con un braccio appeso al collo, mi alzo e gli corro incontro,
schiantandomi
letteralmente contro il suo petto. «Ought!» si
lamenta per il colpo ed io mi
allontano subito.
«Scusami,
papà» mormoro
mortificata per avergli fatto male.
«Non
essere stupida e
abbracciami. Devo sentire che stai bene» mi risponde con un
gran sorriso e io
ubbidisco ben lieta.
«Mi
dispiace non essere
riuscito a proteggerti da tutto questo... non avrei mai voluto che
subissi
questa tortura» mormora soffiando nei miei capelli.
Mi
stringo più forte a lui.
So che si è sentito impotente, esattamente come mia madre.
Ma, mentre lei
agisce e fa in modo di fare qualcosa, lui pensa alla mia mente, alle
mie
sensazioni per aiutarmi e supportarmi.
«Papà,
non è colpa tua»
rispondo. Stiamo ancora stretti qualche minuto, poi Jayson mi richiama.
«Vai.
Parleremo un'altra
volta. Adesso devo andare da tua madre a litigare per avermi
rinchiuso». Mi
bacia sulla fronte ed esce, lasciandomi ridacchiante al solo pensiero
della
discussione tra i miei genitori. Spero che non la facciano davanti agli
altri o
mia madre potrebbe perdere la testa e colpire lui solo per farlo stare
zitto.
Quando
io e Jayson usciamo ci
accoglie un pallido sole stanco. Stanco come me.
Arrivo
in ospedale dopo pochi
minuti ed incontro subito il medico che mi ha visitato che mi
accompagna
direttamente in una camera per completare la diagnosi.
Fatico
non poco a tenere mio
fratello fuori dalla stanza. Non voglio che senta quello che mi
dirà il
dottore.
Mi
fa passare dentro alcuni
macchinari e praticamente mi ispeziona la testa. Mi sento come se
tentasse di
aprirmi il cranio come un melone. Mi punta in faccia varie luci che mi
causano
un mal di testa lancinante, e dopo circa un'ora mi fa accomodare sul
lettino
per dirmi i suoi risultati.
«Questa
notte dovrai rimanere
qui in osservazione e domani mattina raccoglieremo gli ultimi dati, poi
sarai
libera».
Tutto
tempo sprecato. «Ha
trovato qualche cosa?» chiedo cercando di mostrarmi
tranquilla.
«Per
ora niente di strano» mi
rincuora.
Quando
esco dalla stanza,
Jayson è seduto su una sedia e sta chiacchierando con una
ragazza dai capelli
lisci e scuri e dal viso simpatico che mi sembra di avere
già visto.
«Eccomi.
Questa notte ti tocca
farmi compagnia e raccontarmi quello che è
successo». Cerco di sembrare
entusiasta del fatto che non posso ancora allontanarmi dall'ospedale
come
vorrei, e anche mio fratello dimostra la stessa gioia.
«Uffa»
borbotta, poi si
ricorda della tizia accanto a lui. «Forse non l'hai mai
vista. Lei è Grace, una
delle inservienti che mi hanno ospitato quando sono stato cacciato dal
dormitorio di voi candidati». Fa le presentazioni ed io
ricordo alcune battute
che si sono scambiati lui e Paban a proposito delle due gemelle e
giochini
vari. E arrossisco. Mentre mi allungo e stringo la sua mano nella mia.
«Io
sono Chyna, sua sorella»
rispondo al sorriso che mi fa la ragazza, per niente imbarazzata.
Subito
mi ricordo che non era
da sola. «Dov'è tua sorella?» chiedo.
L'atmosfera
rilassata cambia
di colpo raggelandosi.
«Glory
non ce l'ha fatta»
mormora Grace, asciugandosi una lacrima che subito precipita dal suo
occhio.
«E' stata uccisa lo stesso giorno dell'inizio dei giochi
nell'arena».
Spalanco
gli occhi sconvolta.
Già da quel giorno è successo qualche cosa di
grave.
Guardo
mio fratello, nella
speranza che finalmente si decida a chiarirmi le idee e lui sospira
pesantemente.
«Va
bene. Andiamo in camera
tua, tu ti corichi e noi ti raccontiamo tutto quello che ti sei persa
mentre
eri impegnata a sopravvivere agli Hunger Games», e prendendo
per mano Grace, mi
precede verso una delle camere che si aprono nel corridoio al primo
piano della
struttura sanitaria.
Non
sono mai stata ubbidiente
come in quel momento. Mi corico nel letto e sistemo il cuscino in modo
da
poterci appoggiare tranquilla le spalle. Mi copro con il lenzuolo e mi
metto,
vigile ed attenta, ad ascoltare quello che mi diranno.
«Tu
sai che già la sera delle
interviste ci sono stati dei tafferugli» inizia Jayson .
Annuisco
seria «Sigma mi
aveva detto che qualcuno aveva lanciato dei sassi al palazzo del
governo
rompendo dei vetri» rispondo.
«Esatto.
Quando si è visto
che le armi erano pericolose ed uccidevano, gli scontri sono aumentati.
Gente
di ogni età è scesa in piazza per protestare
contro questa edizione degli
Hunger Games e quando qualcuno ha iniziato a colpire i militi, questi
hanno
risposto al fuoco».
Una
scintilla.
I
giochi erano stati una
scintilla gettata in un campo di sterpaglie, e in un secondo era
divampato un
fuoco incontrollabile.
«Non
sappiamo chi abbia
fomentato la gente, ma ci siamo ritrovati con una guerriglia per le
strade nel
giro di una settimana e con almeno cinquanta morti e qualche centinaio
di
feriti».
«Tra
cui Glory» mormoro.
Sembra
l'inizio
dell'apocalisse e ho paura che ci sia di peggio.
Faccio
segno a Jayson di
continuare con il suo racconto e lui, dopo un profondo respiro,
ricomincia.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
arrivati alla fine
del capitolo. E un passaggio questo, per cominciare poi a raccontare
tutto
quello che è successo fuori.
Come
già ipotizzato tempo
addietro, sarà Jayson a raccontare quello che ci siamo persi
in questi quindici
giorni di Hunger Games.
Allora?
Vi piace il nostro
John per la dolce Shae? Scrivendo mi è venuta in mente
questa coppia e non mi
sono sentita di far morire anche lei.
Adesso
vi lascio con un
piccolo spoiler della prossima puntata e vi annuncio che il prossimo
banner
sarà Grace, così vedremo questa ragazza che
sembra piacere così tanto al nostro
Jayson.
… Era
tutto
completamente vuoto.
Non c’era niente di
niente. Neanche un mobile, una
sedia, una scrivania, un video. Nulla.
Plutarch, ma soprattutto Fenix,
erano molto
preoccupati. Allo stratega non era stato detto nulla, il che voleva
solo dire
una cosa: era stato scoperto. Ormai era palese che faceva il doppio
gioco e non
ci si poteva fidare di lui. Venatio Cruel aveva intuito tutto. Come
avesse
fatto era un mistero…
Rinnovo
l’invito a
scrivere se volete sapere qualche cosa in particolare, così
evito di
dimenticarmi dei punti che ritenete fondamentali (la mancanza dei colpi
di
cannone, ad esempio)
Alla
prossima settimana
Grazie
per l’attenzione
baciotti
|
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Capitolo 26 *** il racconto ***
Ragazzi
salve.
Sono
di corsa pertanto vi
posto il capitolo, ringrazio chi legge e recensisce.
Ringrazio
Elenri per il
banner di Grace (io non sono proprio così… ma
come avatar mi ci rispecchio… che
topina! Sognare non costa).
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Facendo
un grosso respiro,
Jayson inizia a raccontare quello che è successo al di fuori
dell'arena.
La mattina dell'inizio dei giochi,
io e Vick eravamo
nell'appartamento di Grace e Glory e guardavamo la televisione.
Dovevamo
aspettare il tardo pomeriggio per incontrarci con Plutarch e Fenix e
fare il
punto della situazione.
Plutarch voleva liberare i mentori
e pensavamo che,
avendo tutta l'attenzione della popolazione sui giochi, potevamo avere
via
libera riguardo alla sede dove li tenevano prigionieri.
Avevamo già fatto un
sopralluogo e sapevamo che i
militi non erano tantissimi. Con un buon piano potevamo sgominarli in
fretta.
Stavo ancora guardando il
televisore, mentre indossavo
un giubbotto imbottito sotto il maglione, quando ho visto che iniziava
il bagno
di sangue.
Vederti lì a correre
mentre sangue vero schizzava da
tutte le parti… è stato orribile, come ascoltare
gli incubi di mamma e papà, ma
questa volta non eravamo a casa nostra, questa era reale e tu eri in
pericolo.
Io e Vick siamo usciti di corsa per
incontrarci con
Fenix. Grace e Glory sono uscite per andare al palazzo dei dormitori ma
sono
state intercettate da alcuni gruppi che marciavano per protesta verso
il
palazzo del governo.
Lì si sono trovate un
plotone di militi in uniforme
antisommossa, pronti ad aprire il fuoco sulla folla.
La Paylor è comparsa sul
balcone della presidenza e ha
invitato tutti alla calma.
Non so quanti l’abbiano
ascoltata.
Ad un tratto un ragazzo dai capelli
neri e il volto
semicoperto ha lanciato una pietra contro il presidente, colpendola in
fronte.
Altri sassi sono stati lanciati verso i militi e questi hanno iniziato
ad
avanzare usando il manganello a scariche elettriche
per difendersi.
Così ci sono stati i
primi feriti.
La gente scappava e urlava. Grace e
Glory sono state
separate dalla folla e si sono trovate alle estremità della
piazza davanti al
palazzo del governo. Poi qualcuno ha azionato un piccolo ordigno che ha
fatto
saltare in aria l’angolo est. Ha fatto un buco nel terreno,
grande quanto tre
autocarri e il muro di cinta del giardino presidenziale è
crollato. Glory era
lì sotto e non c’è stato niente da fare
per lei.
Noi eravamo già sotto il
palazzo dove erano rinchiusi
i mentori e gli strateghi. Quando abbiamo sentito le sirene ci siamo
nascosti
appena in tempo.
Davanti a noi sono passati altri
militi, usciti
proprio dal palazzo che volevamo assaltare. Se l’impressione
era quella,
avremmo trovato pochissimi guardiani ai mentori.
«Forza,
entriamo» ha esclamato Fenix «Dobbiamo far
presto... gli strateghi sono all'ultimo piano e con l'inizio dei giochi
saranno
troppo occupati per pensare ai mentori».
«Non dovresti essere
vicino a Cruel?» ho chiesto io.
«Questa mattina non mi ha
voluto» fa spallucce e si
raddrizza gli occhiali sul naso.
Non mi sembrava un buon auspicio,
ma in quel momento
dovevamo pensare ai mentori. Avevamo bisogno di altre braccia con molta
esperienza come loro.
Quando siamo entrati, esattamente
come pensavamo, ci
siamo ritrovati con un paio di militi nella hall del palazzo e qualche
inserviente che ci ha subito indicato il piano da raggiungere.
Devo dire che i militi hanno
collaborato in modo
davvero solerte: Vick si è anche lamentato di non aver
sparato un solo colpo.
Al piano dei mentori ci siamo
trovati ben altra
accoglienza.
Un gruppo di militi ha cominciato
ad arrivare con le
armi in pugno.
Mamma, papà e Gale hanno
assalito la guardia davanti
alle loro porte e Johanna ha preso le armi. Finnick e Gunther sono
riusciti a
disarmare le altre guardie del salotto e John ha preso quella a guardia
del
bagno. Figuriamoci che controllavano anche il cesso!
A quel punto ci siamo trovati, noi
dalla porta di
entrata a sparare contro i militi e i mentori ad attaccarli sul retro.
In
pratica erano tra due fuochi, ma non per questo la cosa non era
pericolosa.
All'improvviso sono arrivati altre
tre guardie che,
probabilmente, si erano attardate da qualche parte.
Avevano già i fucili
spianati, pronti a fare fuoco
alle spalle di mamma e papà e degli altri che non se ne
erano accorti. Allora
mi sono messo a urlare ed Enobaria è stata la più
rapida a reagire e si è messa
davanti alla schiena della mamma e si è beccata una
pallottola al petto,
proprio sopra il cuore.
Questo ha dato il tempo anche agli
altri di reagire e
difendersi. In pochissimo tempo i militi sono stati uccisi e gli ultimi
quattro
si sono arresi gettando a terra i fucili.
Enobaria era ancora a terra e
tossiva, sputando
sangue.
«Perché mi hai
salvata?» ha chiesto la mamma.
«Ti dovevo
l'immunità e altri trenta anni di vita...»
la sua risposta era un soffio «Ho... ho pagato il mio
debito... Ghiandaia
Imitatrice... grazie. Non te l'avevo mai detto» e, detto
questo, era spirata.
La mamma, quando spiavo le sue
discussioni con papà,
ha sempre detto di non avere grande stima di Enobaria, visto che
all'Edizione
della Memoria, voleva ucciderli, ma quando è morta, mi
è sembrato di vedere una
lacrima nei suoi occhi.
Purtroppo non potevamo stare
lì troppo a lungo e
quindi ci siamo affrettati, salendo all'ultimo piano del palazzo, per
colpire
gli strateghi e bloccare di fatto questi Hunger Games.
Quando si sono aperte le porte
dell'ascensore, mi
aspettavo di trovare un plotone di militi a crivellarci di colpi,
invece
abbiamo trovato solo un vecchio inserviente con una scopa e una paletta
in mano
che urlava terrorizzato e gettava cartacce in giro «Aiuto!
Pietà! Non
uccidetemi!».
Devo confessare che era abbastanza
comica come
situazione.
Noi armati sino ai denti contro un
poveretto che non
si reggeva neanche sulle sue gambe.
In compenso quando abbiamo
ispezionato il piano,
abbiamo trovato una brutta sorpresa.
Era tutto completamente vuoto.
Non c’era niente di
niente. Neanche un mobile, una
sedia, una scrivania, un video. Nulla.
Plutarch, ma soprattutto Fenix,
erano molto
preoccupati. Allo stratega non era stato detto nulla, il che voleva
solo dire
una cosa: era stato scoperto. Ormai era palese che faceva il doppio
gioco e non
ci si poteva fidare di lui. Venatio Cruel aveva intuito tutto. Come
avesse
fatto era un mistero.
Fenix era stato molto accorto.
Aveva incontrato solo
Vick e Plutarch nell’appartamento di Hawthorne. E nessuno
sapeva che Vick voleva
contrastare questi Hunger Games. Non c’era una resistenza.
Nessuno stava
lottando contro il potere centrale di Capitol City.
Il governo della Paylor era duro ma
giusto. La vita
era difficile sia nella capitale che nei distretti. Si cercava di stare
tutti
bene, anche se era difficoltoso.
Comunque, nel quartier generale
degli Strateghi non
c’era nessuno e questo creava altri problemi.
Dove erano tutti? Dove erano le
leve dei comandi
dell’arena?
Mamma e papà erano
davvero preoccupati, così come
John. Anzi, lui era proprio fuori di testa. Aveva addirittura scaricato
un
interno caricatore di un fucile contro un muro della sala degli
strateghi, per
la frustrazione. E nessuno aveva capito il perché di questo
scatto eccessivo…
sino ad oggi.
A quel punto era necessario
riorganizzarsi e anche in
fretta.
Visto che volevamo farvi uscire
dall’arena, sani e
salvi, abbiamo cercato un posto dove stare. I quattro militi che si
erano
arresi, hanno cominciato a darci consigli e a fare commenti su dove
potevamo
andare e cosa potevamo fare per contrastare il potere degli strateghi.
Per quella sera ci siamo divisi tra
le case di Vick,
Plutarch e della ragazza di Fenix. Io sono tornato a casa delle gemelle
in
compagnia di papà e mamma che volevano ringraziare le
ragazze.
Purtroppo, non mi aspettavo la
notizia che ci stava
aspettando.
Abbiamo trovato Grace in terra che
piangeva disperata
su una fotografia che ritraeva lei e Glory insieme.
In quel momento abbiamo scoperto la
portata dei
tumulti che ci sono stati nella capitale e soprattutto le contromisure
prese
dai militi e dal governo. Le bombe, gli spari, le cariche.
La mamma l'ha presa per le spalle e
l'ha accompagnata
a letto. Deve averle parlato della zia Prim.
Almeno secondo quanto pensava papà. Forse era
l'unica che potesse
capirla davvero. Anche lei aveva perso una sorella troppo presto. Non
erano
gemelle come Grace e Glory, ma erano lo stesso legate. Il fatto che la
mamma si
fosse offerta volontaria al posto di Prim negli Hunger Games, che
avesse sempre
messo la sorellina davanti a tutto e a tutti ne era la dimostrazione.
Comunque, il mattino dopo sembrava
che tutto fosse più
tranquillo in giro.
Grace è andata a
lavorare in lacrime e noi siamo
andati da Plutarch, tutti coperti e incappucciati come se fosse pieno
inverno al
distretto 12.
Quando siamo arrivati alla villa di
Plutarch, ci siamo
trovati davanti un cumulo di macerie e pezzi di muro ancora fumanti.
Delle
persone che dovevano esserci dentro non c'era traccia.
A quel punto ci siamo trovati per
la strada, nella capitale,
da soli. Il problema era che eravamo ricercati. Avevamo visto uno spot
alla
televisione tra un'immagine degli Hunger Games e l'altra. In pratica
c'erano i
volti dei mentori, accusati di aver abbandonato i candidati e quindi
ricercati
dai militi per tradimento al governo.
Abbiamo strisciato contro i muri
sino all'alloggio di
Vick e qui abbiamo trovato Gale, sua moglie, Finnick, John e un milite
di
quelli che avevamo arrestato.
«Avete notizie degli
altri?» ha chiesto papà, ma
nessuno sembrava sapere niente, neanche dove potevano essersi rifugiati.
Poi mi è venuto in mente
la casa della fidanzata di
Fenix. Non sapevo dove si trovava, ma Grace sembrava esserne a
conoscenza,
visto che conosceva lo stratega da parecchio a quanto sembrava.
Abbiamo aspettato la sera che la
gemella tornasse a
casa e poi ci siamo fatti accompagnare a questo rifugio. A sorpresa ci
siamo
trovati all'interno di un enorme palazzo, con tantissime stanze e con
accanto
un piccolo ospedale, il tutto alla periferia della capitale.
In pratica dove siamo adesso.
I genitori e gli zii della
fidanzata di Fenix erano
dei fedelissimi ai distretti, e filogovernativi. Il fatto di conoscere
di
persona la Ghiandaia Imitatrice come mia madre, mi ha fatto guadagnare
una
bellissima camera con vista sul giardino d'inverno, interno, bagno
personale
con idromassaggio e sauna e scala per accesso privato alla piscina. Una
vera
pacchia. Anche Grace ha apprezzato molto.
Qui abbiamo trovato Plutarch che
è riuscito a salvarsi
per un pelo. Ci ha raccontato che gli hanno attaccato la casa, facendo
saltare
in aria la villetta. Fortunatamente sono riusciti a salvarsi grazie
alla stanza
segreta blindata nell'interrato. Sono rimasti uccisi solo due militi e
il
mentore del distretto 8, purtroppo.
Visto che ci siamo trovati in una
specie di quartier
generale, abbiamo cominciato a guardarci attorno per capire la
situazione
globale e non solo quella che si respirava nell'arena da te.
I padroni di casa, entusiasti di
collaborare, ci hanno
messo a disposizione i loro collegamenti con il resto dei distretti e
tutte le
immagini disponibili nell'etere.
Abbiamo piazzato Plutarch davanti
al televisore e
abbiamo iniziato ad analizzare i video.
Ci siamo trovati con alcune
proteste più o meno
violente in quasi tutti i distretti.
C'erano persone che si riunivano
spontaneamente e
andavano a chiedere spiegazioni davanti ai propri palazzi di giustizia.
Nel
nostro distretto c’era la nonna di Dick che chiedeva a gran
voce di
interrompere i giochi.
Non sembrava che ci fossero degli
scontri violenti, ma
i militi erano sempre minacciosi, a difesa delle piazze.
Nei distretti dove
c’erano già stati i morti degli
Hunger Games, stavano arrivando le salme dei ragazzi ed era soprattutto
lì che
c’erano le proteste più sentite.
Quando poi è morto
Brieg, come un topo in una
trappola, le rivolte, nei distretti sono state più violente
e i militi hanno
cominciato a caricare e ad applicare la legge marziale contro la
popolazione.
I capi dei militi nei distretti,
gli sceriffi, hanno
cominciato a fare giustizia sommaria e a ogni punizione enunciavano
quello che
sembrava essere un editto del governo.
Tempo tre giorni e tutti erano
arrabbiati con la
Paylor e il suo entourage.
È a questo punto che
è arrivato Apollo da noi.
Non uscivamo più dal
palazzo per paura di farci
riconoscere, visto che i mentori erano ricercati. Anche Grace non
andava più a
lavorare al palazzo dei candidati, tanto non c’era
più nessuno.
Apollo ci ha portato le notizie che
aveva avuto
direttamente dalla Paylor.
«Sospettiamo che ci sia
qualcuno del nostro gabinetto,
che stia cercando di abbattere il governo. Sembra che le nostre
contromosse
contro queste manifestazioni di piazza, siano stravolte ancora prima di
uscire
dal palazzo presidenziale» ci ha detto subito.
Alla fine abbiamo saputo che Apollo
e la Paylor si
erano messi d’accordo in modo segreto e che lui doveva venire
ad aiutarci.
Con lui sono arrivate parecchie
armi fighissime che
papà non mi ha ancora fatto usare, e anche
l’hovercraft che ti ha fatto uscire
dall’arena, oltre a qualche altra persona fedelissima
all’attuale governo.
La presidente è rimasta
al palazzo presidenziale a
cercare di barcamenarsi, facendo in modo di non infierire contro il
popolo e,
nello stesso tempo, cercando di scoprire chi tra i suoi più
stretti
collaboratori, era il traditore.
Il primi due obiettivi di Yoismith
erano:
far uscire dall’arena
quanti più candidati vivi;
trovare dove erano rintanati gli
strateghi.
Quello che era più
logico era rivolgersi agli
stilisti, loro erano gli ultimi che vi avevano visti. Purtroppo anche
voi siete
stati gli ultimi ad averli visti. Sigma e gli altri sono spariti nel
nulla. Per
questo dovevamo sguinzagliare tutti i nostri contatti e ne avevamo
davvero
pochi in Capitol City, visto che noi eravamo stranieri nella capitale e
sia
Plutarch che Fenix erano bruciati.
Ci siamo dovuti affidare a Agrom e
Durin, i due militi
che erano sopravvissuti che ci avevano assicurato la loro
fedeltà.
In realtà non mi piaceva
molto come Durin guardava
Grace, mi sembrava volesse metterle le mani addosso e mi dava parecchio
fastidio…
Comunque… tornando a
noi, questi due e Vick erano gli
unici a cui potevamo affidarci per girare indisturbati nella capitale a
cercare
indizi.
Non era noto dove fosse locata
l’arena dove si stavano
svolgendo i giochi. Vedevamo solo le montagne circolari e dalle rocce
nere, con
al centro la valle verde piena di piante strane che non dovevano
neanche
esistere a Panem.
Anche io ricordo quelle piante ma
illustrate nei
vecchi libri della scuola, non dal vivo con te in mezzo!
Da quel giorno hanno iniziato a
girare in lungo e in
largo per Capitol City.
La cosa più importante
era riuscire a trovare gli
strateghi. Se trovavamo loro, avremmo avuto in mano i comandi per
eliminare
tutti i rischi e, soprattutto, avremmo saputo dove vi trovavate.
Per non dare troppo nell'occhio, si
sono portati
dietro anche Grace. Secondo Durin, un tocco femminile sarebbe stato
più
normale, rispetto a tre uomini da soli. Giustificazione assurda.
Nel frattempo tu eri finita del
fiume e ti eri
ritrovata addosso Hemmo. Io, mamma e papà eravamo
terrorizzati davanti al
televisore mentre lui ti drogava e tu non potevi muoverti.
Avrei voluto entrare nello schermo
e uccidere quel
ragazzo con le mie mani. Mi straziava dentro, vedere le lacrime
silenziose di
mamma e i tremori alle mani di papà. Credo che non abbiano
mai sofferto tanto
come vedere te in quelle condizioni.
Non ti dico come ho esultato quando
è arrivato Ilixo
ad ammazzare quel verme. Gli avrei fatto un monumento. Ho offerto il
mio dolce
al mentore del dieci, per ringraziare.
Quel giorno Vick e gli altri fuori,
si sono trovati
con una specie di blocco stradale in una strada vicino al centro di
addestramento. Alcuni militi hanno tirato dei colpi per aria e i nostri
si sono
affrettati a ritirarsi verso le strade più sicure. Provando
a girare attorno
all'isolato si sono trovati uno squadrone dei militi che sparava a
raffica su
una folla di cittadini che lanciavano bottiglie incendiarie contro quei
soldati.
Grace mi ha detto che c'erano
mobili, sedie e assi.
Vick e Grace si sono messi ad aiutare i feriti, portandoli al riparo
lontano
dalla prima linea, mentre Agrom e Durin hanno cominciato a dare ordini
su come
tirare contro i loro ex colleghi.
Grazie ai contatti di Vick, abbiamo
avuto la possibilità
di avere un paio di furgoni e, con quelli, li abbiamo trasportati i
feriti e i
morti all'ospedale accanto alla nostra base.
Quella è stato l'inizio
di una serie di scontri
con guerriglia urbana. E da quel
momento i feriti e i morti sono comparsi per le strade della capitale.
Quello che nessuno ancora capiva
era chi incitava i
cittadini alla rivolta armata. I militi dovevano difendersi ed
è logico, ma
attaccare? E perché venivano attaccati?
Tutto quello che si sentiva sempre
era che il governo lottava
contro la gente. Le istituzioni si sentivano sempre più
lontane.
«Non riusciamo a capire
dove siano gli strateghi»
aveva detto Durin tornando al quartier generale. Ogni volta che
uscivano, ci
riunivamo attorno a un grosso tavolo nella sala che hai visto e
facevamo il
punto della situazione.
In quel momento sono stato
orgoglioso di essere figlio
di Peeta Mellark, molto più di quanto non lo sia ogni giorno
della mia vita.
Papà ha iniziato a ragionare ad alta voce sulle prime
barricate che abbiamo trovato.
E se gli strateghi fossero proprio dentro il centro di addestramento? E
se i
militi fossero lì attorno per proteggerli?
«Direi che la cosa ha un
senso» ha esclamato Gale,
battendo una manata sulla spalla di papà, che per poco non
andava diritto sul tavolo.
«Potrebbe essere vero.
Magari si sono istallati negli
appartamenti. Sono senza dubbio molto meglio del palazzo dove erano
piazzati
prima» ha confermato Plutarch.
Così ci siamo
organizzati e abbiamo deciso di
affrontarli. Ci siamo armati di tutto punto e ci siamo camuffati in
modo di
arrivare più vicino possibile all'obiettivo.
In totale eravamo in una trentina
di persone. Abbiamo
lasciato il vecchio Plutarch a guardia del forte e siamo andati. Io ho
dovuto
fare una furente litigata con mamma e papà per poter uscire
dalla porta e con
il solo impegno di stare vicino e ai loro ordini.
In pratica, dopo due giorni dallo
scontro sulle
strade, siamo tornati sotto il palazzo dell'addestramento e abbiamo
cercato il
modo di entrare.
I militi erano decisamente meno del
primo giorno, e
questo ci facilitava, senza alcun dubbio.
Fingendoci inservienti per il
cambio dei turni che
sarebbero terminati da lì a venti minuti, metà di
noi sono entrati nello
stabile e abbiamo iniziato a cercare le apparecchiature e il quartier
generale
degli strateghi.
Siamo riusciti ad arrivare alla
palestra e qui abbiamo
trovato una serie di consolle e schermi che riprendevano quanto era
accaduto
nell'arena sino a quel momento, senza tagli o oscuramenti.
John si è affrettato a
scaricare i girati in modo da
trasportarli da Plutarch per riuscire a scoprire dove vi avevano
mandati,
mentre noi altri cercavamo di intercettare il segnale.
Qualcosa deve essere andato storto
a quel punto,
perché abbiamo sentito un grandissimo fischio e sono
cominciati a piovere
proiettili.
Sono arrivati i militi nella stanza
e hanno cominciato
a tirare contro di noi e noi a rispondere al fuoco.
Hanno colpito papà a un
braccio e alla coscia della
gamba sana e mamma è andata fuori di testa. Ha iniziato a
lanciare frecce
esplosive. Forse un pochino esagerato, visto che ha rischiato di far
crollare
il soffitto, ma proprio grazie a quelle, siamo riusciti a uscire,
ferendo o
uccidendo i militi che ci bloccavano.
Quando siamo stati fuori ci siamo
accorti che erano
volate giù dal tetto delle antenne e delle parabole.
Non abbiamo capito prima a cosa
servivano, ma quando
siamo rientrati, sconfortati per non aver trovato gli strateghi,
neanche questa
volta, abbiamo trovato un Plutarch decisamente agitato.
I teleschermi sugli Hunger Games
erano bui, vuoti.
Era come se si fosse perso il
segnale. Non vedevamo
più l'arena e non sapevamo più nulla di voi.
«Sicuramente i proiettili
hanno danneggiato i sistemi»
ha commentato Finnick.
Quello più perso era
John che continuava a lamentarsi
e a gettare oggetti contro le pareti per il fatto di aver perso il
segnale.
Pensavamo che fosse preoccupato per Shae, visto che era l'ultimo
candidato che
gli era rimasto del distretto 3. Non pensavamo certo che fosse
preoccupato
perché era innamorato di lei.
Comunque, da quel momento non
avevamo più alcun
contatto con l'arena.
Per televisione mostravano ancora i
pezzi vecchi e gli
spot che avevano registrato.
Nelle trasmissioni private e
riservate per i
governativi, si vedevano ancora gli scontri e i tumulti nei vari
distretti. Per
ora non avevano ancora scatenato i bombardieri, ma era solo questione
di tempo
prima che la situazione degenerasse e si usassero anche le bombe.
Alla fine, eravamo riusciti a
trovare la sede nuova
dei mentori ma non avevamo trovato nessuno e non
eravamo riusciti a trovare degli indizi che
ci suggerissero dove eravate voi. Cioè un piano
perfettamente riuscito.
A questo punto ci è
toccato ricominciare da capo,
controllando quello che veniva trasmesso sia dai distretti, sia dagli
strateghi.
A circa due o tre giorni dalla
nostra incursione nel
centro addestramento, Vick ha trovato un inserviente che ha viaggiato
sull'hovercraft che vi ha portato all'arena. Non che lui abbia potuto
dirci
dove eravate, ma sapeva chi c'era su quel veicolo, sapeva chi guidava e
chi
poteva sapere la rotta.
Con questi dati, siamo andati alla
ricerca di queste
persone.
È stato davvero
estenuante e lungo.
Dovevamo trovare dei documenti,
delle registrazioni,
qualcosa che ci indicasse dove eravate finiti e la stessa cosa dovevamo
fare
per gli strateghi.
Apollo con i suoi agganci segreti
al palazzo
presidenziale, non aveva trovato nulla.
Sembrava che l'hovercraft fosse
stato pilotato dai
fantasmi.
Nei distretti, a parte alcune
agitazioni, prontamente
soffocate dai militi, sembrava che ci fosse una calma apparente. Come
una lenta
scossa sottoterra. La cosa sorprendente è che cominciavamo
ad avere notizie
sottobanco dai distretti.
Arrivavano dati e soffiate da quasi
tutti i posti di
Panem. Dal nostro distretto il sindaco comunicava con Plutarch
riferendo le
mosse dei militi. La stessa cosa ha fatto il sindaco del distretto
otto. Dal
distretto sei arrivavano notizie direttamente dallo sceriffo. Dal
distretto 4
si riusciva a sapere qualcosa dalla famiglia di Paban e, per inciso,
Annie
Cresta sta bene, con gran sollievo di Finnick e della mamma.
Sembrava che nei distretti fossero
tutti concordi ad
essere contro il governo, colpevole di aver ceduto alla violenza negli
Hunger
Games, colpevole di voler nuovamente schiacciare i distretti a favore
della
capitale. Capitol City ancora al centro del potere. Era come vedere il
male
risorgere sulla terra. Come vedere tornare il vecchio Snow dai morti.
La notizia più
importante è arrivata dopo alcuni
giorni dal distretto sette. Secondo il capo dei boscaioli, i piloti
dell'hovercraft dei giochi della Pace, erano di stanza lì.
Il problema è stato
riuscire a farli arrivare a
Capitol City, rischiando di perderli per la strada.
Abbiamo cercato di avere le
indicazioni direttamente
dagli interrogatori che i boscaioli, amici di Johanna Mason, hanno
fatto ai
piloti.
Non ho idea di come si siano
comportati. Fatto sta che
siamo riusciti ad arrivare alla soluzione: dove si trovava l'arena.
A questo punto abbiamo organizzato
il nostro ingresso
trionfale per salvarvi. Esattamente non sapevamo quanti di voi fossero
sopravvissuti, visto che non avevamo più delle immagini,
quindi ci siamo
accontentati di sperare di trovarvi presto, ed è stato
davvero un colpo di
fortuna che foste esattamente dove siamo entrati noi.
«Avevamo
ricevuto un
paracadute che ci invitava a tornare alla cornucopia. Per questo
eravamo lì»
dico. Sono frastornata per quanto ho sentito sino ad ora.
È
stato davvero complicato
venire a liberarci e anche riuscire a capire quello che succedeva al di
là del
visibile.
«Sicuramente
non veniva da
noi» commenta Jayson. «Saranno
stati gli
strateghi».
«Beh,
visto che hanno tentato
di bombardarci, direi che è stato un tentativo di omicidio
in piena regola»
sospiro io.
«Adesso
prova a dormire.
Domani sarà una giornata piena» ribatte Jayson,
bloccando ogni mio tentativo di
indagare oltre quanto mi ha detto sino ad ora. Come si diceva una
volta: domani
è un altro giorno, sicuramente riuscirò a sapere
altro ancora.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ecco
a voi il riassunto di
quanto successo fuori dall’arena.
Questa
è la dimostrazione
di come un malessere diffuso nella popolazione possa essere manipolato
da gente
intelligente e direzionato verso i propri scopi.
È
politica questa. Niente di
diverso a quanto succede oggi.
Jayson
è un amore di
fratello. Allegro e spensierato ma anche serio e adulto. A me piace.
E
adesso piccolo spoiler
del prossimo capitolo:
…«Quando
finirà?» mormoro sottovoce. Mi viene voglia di
piangere e di picchiare la testa contro un muro, per poter aprire il
mio
cervello e togliere quelle immagini che, so già, rimarranno
lì in eterno a
tormentare il resto della mia esistenza.
«Non
finirà mai» risponde
flebile Jayson. Ha il tono dolente del dispiacere. Senza rabbia e
questo fa più
paura che mai. Perché vuol dire che è rassegnato,
che non c’è soluzione. Vuol
dire che, secondo lui, vivrò per sempre con questi fantasmi
dentro…
E
il banner del prossimo
capitolo sarà APOLLO YOISMITH.
Adesso
se mi fate… 15
recensioni, vi sbologno il prossimo capitolo prima di sabato.
Altrimenti aspettate…
Comunque
grazie per l’attenzione
e alla prossima
baciotti
|
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Capitolo 27 *** l'ospedale ***
Ciao
carissimi!
Sono
entusiasta, persone
diverse commentano per dirmi che la storia piace. GRANDE! Non
pensavo… grazie
davvero di cuore a tutti quelli che leggono, inseriscono nelle liste
particolari e commentano con tanto affetto e qualche graditissimo
suggerimento
(qualche cosetta l’ho scritta proprio grazie a voi).
Grazie
a Elenri (Teresa)
per l’immane lavoro svolto con i banner sempre diversi. Qui
ne posteremo un
totale di 27 tutti diversi! Incredibile!
Oggi,
nostro gradito
ospite sarà APOLLO YOISMITH il collegamento tra i mentori
ribelli e il governo
sotto assedio. Un personaggio strano, inquietante che rende spontaneo
chiedersi
se è un buono o un cattivo…
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Non
credo al detto che la
notte porta consiglio.
La
mia mente è più simile a
una pentola a pressione per quanto ci sta girando dentro.
Sangue,
inseguimenti,
sparatorie, morti, morti, morti. Quante morti avevo visto in quei
giorni?
Quanti ragazzi morti. Giovani come me e con la vita già
finita.
Mi
siedo urlando. Urlo. Urlo.
Urlo.
Mi
sento scuotere. Due mani
mi tengono le spalle e una voce di ordina di tornare. «Chyna.
Chyna, svegliati.
Ti prego». È Jayson che mi chiama e mi attira
verso la realtà.
La
realtà è meglio dei sogni.
Nei sogni tutto torna indietro, al bagno di sangue, alle trappole
nell'arena.
La realtà non ha tutto quel sangue. È
più sicura, più pulita.
Apro
gli occhi lentamente e
sbatto le palpebre. Stranamente mi trovo seduta e non capisco come
abbia fatto
a ritrovarmi in quella posizione.
«Jayson. Cosa... cosa è
successo?».
Ho
un leggero mal di testa, e
la vista mi si annebbia, ancora una volta. Ho il fiatone, come se
avessi corso
per miglia.
Scivolo
di nuovo tra le
lenzuola e appoggio il capo sul cuscino. Perlomeno la testa si
fermerà.
«Stavi
urlando di Thabo e
Dick» mormora lui assonnato.
Guardo
verso la finestra e
vedo una miriade di stelle che bucano il blu della volta celeste.
È notte fonda
ed è probabile che abbia svegliato tutti quelli del piano.
«Scusami»
rispondo. «Tornate
a dormire» dico poi.
«Guarda
che Grace è andata
via già da ore. Sono rimasto solo io a godermi la tua dolce
compagnia,
sorellina» puntualizza tornando alla poltrona e avvolgendosi
nella coperta.
«’Notte»
borbotta e chiude
gli occhi.
Io
mi volto ma gli occhi non
li chiudo. Come potrei dopo quello che ho visto mentre stavo dormendo?
Almeno
da sveglia non corro il rischio di rivivere quei momenti. Non vedo quel
sangue.
«Quando
finirà?» mormoro
sottovoce. Mi viene voglia di piangere e di picchiare la testa contro
un muro,
per poter aprire il mio cervello e togliere quelle immagini che, so
già,
rimarranno lì in eterno a tormentare il resto della mia
esistenza.
«Non
finirà mai» risponde
flebile Jayson. Ha il tono dolente del dispiacere. Senza rabbia e
questo fa più
paura che mai. Perché vuol dire che è rassegnato,
che non c’è soluzione. Vuol
dire che, secondo lui, vivrò per sempre con questi fantasmi
dentro.
Un
singhiozzo mi sfugge dalla
gola. Provo pena per me stessa.
«Dovrai
parlarne con mamma e
papà. Loro sono riusciti a conviverci. Non si supera, ma
almeno si continua a
vivere» aggiunge sottovoce.
Sembra
il necrologio che
annuncia il mio funerale mentale. Il corpo vive, la mente è
morta.
«Come
posso fare? Li vedo
attorno a me. Sento le loro urla. Appena chiudo gli occhi torno
là dentro. È
terribile». Io non volevo il mio cervello perso in questo
modo.
«Chyna...
tu hai noi. Hai la
mamma e il papà. Hai Paban, lui ti vuole bene. Devi
ripartire da questo punto e
andare avanti. Io ti aiuterò, ti starò
vicino» promette.
Il
mio fratellino, così
spensierato e impulsivo che diventa saggio come un vecchio rugoso.
A
stento trattengo le
lacrime. Piangermi addosso non serve. Piangere di riconoscenza non
serve.
Occorre solo stringere i denti e cercare di soffrire il meno possibile.
Chiudo
gli occhi e mi
rassegno al sonno, e accolgo il sogno che vorrà trovarmi
tremante di paura.
La
mattina una luce dorata
inonda la stanza. L'alba di un giorno libero. Il mio primo giorno
libero.
Mi
volto e vedo Jayson
accucciato sulla poltrona con un leggero rivolo di bava che esce dalla
bocca
aperta e mi metto a ridere.
Per
essere un fiero guerriero
che ha partecipato a degli scontri armati è davvero un
bambinone, ancora.
«Che
c'è? Stai male?»
sbadiglia quanto lo sveglio.
«Niente»
rispondo. «Dici che
possiamo andare a sentire alla base, cosa faranno oggi?»
chiedo.
Sicuramente
volevano andare a
prendere i presentatori e interrogarli. E volevo esserci anche io,
davanti a
Alfie Down a chiedere perché aveva incaricato Iraida di
uccidermi.
Io
non gli avevo fatto niente
e lui voleva farmi fuori. Adesso volevo sapere il perché.
Iraida
mi aveva detto che,
per nascondere un cadavere si doveva mettere insieme ad altri cadaveri.
Questo
significava forse che gli altri ragazzi che erano morti, servivano per
nascondere la mia uccisione? Era colpa mia se gli altri erano stati
uccisi? Era
come se avessi armato la mano dei sicari contro i miei compagni negli
Hunger
Games.
«Aspetta
il medico prima. Io
comincio ad andare. Ricordati che devi passare nel tunnel per
raggiungerci» si
raccomanda mio fratello.
Mi
viene voglia di sbuffare
arrabbiata. Mi secca dover restare qui ad aspettare il dottore per
terminare la
visita alla testa. vorrei andare subito dai miei genitori e dagli altri
mentori
a sentire le novità. Magari, in questo momento, qualcuno sta
interrogando i
presentatori. Qualcuno sta scoprendo la verità che vorrei
sentire io.
Il
medico arriva dopo
mezz'ora che Jayson è andato via.
Sono
abbastanza ansiosa di
uscire da lì. Vorrei andare a controllare come stanno Paban
e Shae e poi
correre dai miei genitori. Invece ho aspettato paziente nel mio letto
bianco.
Quando
il medico finisce di
visitarmi e riguarda gli esiti dei precedenti esami, tira un sospiro
profondo
che mi preoccupa. Cosa ho che non va?
«Chyna.
Non hai una bella
situazione» inizia a parlare ed io vado quasi in panico.
«Cosa
succede?» chiedo
inghiottendo un fiotto di saliva. Sono agitata e sto tremando.
«C'è
una compressione, niente
di drammatico ma sta schiacciando alcuni nervi nel cervello. Questo
potrebbe
portare a frequenti nausee, vomito, mancanza dell'equilibrio e anche
annebbiamento della vista o, addirittura, momentanea
cecità» risponde lui con
tono professionale.
«Cosa
devo fare? Potete
guarirmi, vero?». Ho capito solo compressione, cervello e
cecità. Non posso
diventare cieca. Non posso. Non potrei vivere in un perenne buio, dove
le
uniche cosa a tenermi compagnia sarebbero le immagini che
già vedo quando
dormo. Sarebbe un perenne sonno. Un perenne incubo. Impazzirei.
«Non
c'è niente di
preoccupante, per ora. Non voglio operarti. Normalmente queste lesioni
si
riassorbiscono e tutto torna normale. L'unico accorgimento che devi
avere è
stare tranquilla, a riposo e non prendere colpi alla testa. In questo
modo
tutto tornerà normale nel giro di poco». E torno a
respirare sollevata. Devo
solo riposare e non prendere colpi. Facile.
Sorrido
soddisfatta per le
belle notizie. «Grazie, dottore» dico stringendogli
la mano.
«Mi
raccomando. Riposo e
attenzione. Non voglio doverti aprire la testolina per rimettere tutto
a posto»
risponde prima di uscire e lasciarmi sola.
Beh,
almeno questa è una
buona notizia.
Mi
affretto a cambiarmi ed
esco di corsa. Voglio vedere Paban. Sicuramente lui non
potrà uscire subito e
io voglio che stia tranquillo qui, mentre io vado dai mentori ad
affrontare
Alfie.
La
prima stanza che incontro
subito dopo la mia è quella di Shae.
Sta
ancora dormendo e sembra
pallidissima tra le lenzuola bianche. Il suo braccio è
coperto dal gesso. Sulla
poltrona, uguale a tutte le altre presenti nelle stanze, John sta
sonnecchiando, girandosi e spostandosi per trovare la posizione
più comoda.
Mi
fermo a guardare dalla
porta ma devo aver fatto qualche tipo di rumore perché lui
si sveglia di
soprassalto e guarda preoccupato Shae che invece è immobile.
Si
rilassa visibilmente e poi
volta il capo per vedere l’origine del suo risveglio e quando
mi vede
sull’uscio, sorride. Ha un bel sorriso, adesso che lo guardo
meglio. È
amichevole e caldo. Sa di casa.
«Sei
già in piedi. Come
stai?» chiede bisbigliando.
Entro
in punta di piedi per
non disturbare e mi siedo su una sedia di formica e ferro, fredda e scomoda. Senza dubbio la
poltrona è meglio
per schiacciare un pisolino distruggi ossa. «Bene, grazie. Mi
hanno visitata e
mi hanno spedita fuori. Lei?» chiedo indicando il letto.
«Le
hanno rotto di nuovo il
braccio e l’hanno rimesso a posto» risponde. Prima
ancora che possa pensare
qualcosa, aggiunge «Non è colpa tua. Se non
l’avessi steccata sarebbe stato
peggio. E non lo dico per farti stare meglio, l’hanno detto i
dottori»
chiarisce
«Beh,
allora sono contenta»
dico.
Dopo
un minuto di silenzio
dove guardiamo Shae che dorme faccio la domanda che mi preme da quando
l’ho
svegliato. «Anche tu sei sempre attento? Anche tu sobbalzi ai
rumori?».
«Gli
Hunger Games fanno
questo effetto, anche per me che ho vinto quelli pacifici, dove non ci
sono
stati morti» sospira. «Erano i primi e non sapevamo
cosa aspettarci. Avevamo
solo le storie terribili della violenza e il fatto che ci facessero
allenare
come se dovessimo uccidere…».
Chiude
gli occhi e appoggia
la testa. Non dico niente, voglio che parli, che mi dica cosa prova,
che mi
dica che posso superare tutto quello che ho visto. Anche se lui non ha
ucciso.
Anche se lui non ha visto il sangue.
«Quando
è suonato il gong di
inizio ero talmente pompato di adrenalina che non ho sentito niente
altro. Sono
corso alla Cornucopia per prendere le armi ed ho cominciato a menare
fendenti.
Ho colpito una candidata che era diventata mia amica, del distretto
cinque. Le
ho rotto il naso e lei ha ricevuto la piccola scossa dal localizzatore
per l’eliminazione.
Non mi sono neanche fermato. Non ho visto niente. Mi sono voltato e mi
sono
difeso dall’attacco del candidato dell’uno. Ho
rotto il suo braccio, ho preso
uno zaino e sono fuggito» sorride triste. «Ti so
dire chi ho colpito perché ho
visto le registrazioni. All’epoca non avrei saputo
distinguere un ragazzo da
mio padre. Nella mia mente è ancora tutto confuso».
Si
passa una mano tra i
capelli corti e scuri, prima di continuare «Dormivo nascosto
ed ho cominciato
ad avere il sonno così leggero che a volte mi basta un
sospiro per svegliarmi.
Il fatto di essere sempre attento mi ha consentito di non essere preso
alla
sprovvista e poi di organizzare le mie trappole. Ho vinto, ma avrei
preferito
non aver mai partecipato».
Oh,
anche io!
«Hai
più visto qualche altro
candidato dei tuoi giochi?» chiedo.
«So
che il ragazzo dell’uno
ha dovuto tenere il tutore al braccio per parecchio tempo e che Anja,
la
ragazza del cinque, ha subito una operazione per sistemarle il setto
nasale. Ci
sentiamo ancora, qualche volta… dice che le ho fatto
diventare la voce più sexy
e il suo ragazzo mi ringrazia sempre» ridacchia leggero
«In realtà credo che lo
dica solo per farmi stare meglio».
Le
sue ultime parole si
spengono e io rimango a pensare.
Anche
lui è stato colpito da
questi giochi. Erano pacifici ma, anche se per poco, hanno fatto dei
danni. È
terribile cosa si sia spinti a fare per una vita migliore.
«Però
non hai incubi o altri
problemi… a parte il sonno leggero» dico. Spero
che sia così.
«Non
ho ucciso ma per anni mi
sono sentito in colpa per il dolore fisico che avevo
causato… Chyna, non so
cosa voglia sentirti dire. Quello che avete vissuto tu, Shae e Paban,
va ben
oltre a quanto ho visto e subìto io. Se vuoi che ti dica che
andrà tutto bene e
che supererai tutto te lo dirò, ma in realtà non
ne ho idea. Non so neanche
come starà lei quando questa storia sarà finita.
Non so se riuscirà a superare
questi giochi e se io riuscirò ad aiutarla in questo. Non
posso far altro che
starle vicino, tenerle la mano e soffrire con lei se lei
soffrirà… farò di
tutto per farla stare bene, ma è tutto quello che posso
fare». È uno sfogo
accorato il suo.
«Credo
che Shae non potrebbe
chiedere di più. La ami molto, vero?».
«Sì»
risponde in un soffio,
sorridendo di più mentre ancora guarda il letto.
«Anche
io ti amo, John»
risponde la voce di Shae. «E sono sicura che insieme avremo
una vita felice».
Ci
alziamo entrambi e io mi
lancio verso di lei e la abbraccio forte, nonostante i suoi sospiri di
protesta
per il dolore al braccio, ma non posso farne a meno. Devo sentire che
è viva,
perché se lei lo è, lo sono anche io.
«Ehi,
bionda. Come stai
oggi?» chiedo sorridendo.
«Acciaccata,
dolorante,
annebbiata ma viva. Credo di non aver ancora smaltito la droga che mi
ha dato
Iraida… Chyna, mi dispiace così tanto. Mi sono
proprio lasciata fregare.
Quando, ieri John mi ha detto quello che è successo, mi sono
sentita così in
colpa…».
«Non
devi. Lei aveva un piano.
Sono contenta che tu dormissi,
altrimenti avrebbe potuto ucciderti e sarebbe stato peggio, ti
pare?». Sorrido
incoraggiante e lei annuisce.
«Anche
tu sei acciaccata»
dice sfiorando la medicazione che ho sulla testa.
«Non
è niente. Una scheggia
mi ha tagliato la
pelle e sanguinava, ma
ti assicuro che è più brutta da vedere di quanto
sia in realtà»
Chiacchieriamo
ancora qualche
istante, poi inizio a sentirmi di
troppo. Loro due devono recuperare il periodo in cui sono stati
separati ed
hanno rischiato di perdersi per sempre e io voglio vedere come sta
Paban.
«Ci
vediamo presto» bacio Shae
sulla guancia e saluto John uscendo dalla camera.
Cammino
lungo il corridoio,
sbirciando nelle camere per vedere dove possono aver condotto Paban, ma
di lui
nessuna traccia. Quando ho finito di guardare in tutte le camere,
inizio a
preoccuparmi. Dove lo avranno portato? I dottori dicevano che non era
grave.
Non
so neanche come, ma mi
ritrovo a correre, entrando e spalancando tutte le porte che incontro
per
trovare lui. Era al sicuro, dove lo hanno portato? Starà
bene? È grave? È
morto?
Quest’ultimo
pensiero mi fa
stringere lo stomaco con il rischio di vomitare tutta la colazione. Non
è
morto. Paban non può morire. Non dopo quello che abbiamo
passato. Lui deve
essere il mio John. Mi deve aiutare e io aiuterò lui. Ci
sosterremo come Shae e
John e vivremo felici come loro.
«Non
puoi correre, ragazza»
mi richiama una donna coperta da un camice bianco.
«Allora
ditemi dov’è Paban?»
sbraito io con il fiatone.
«Chi?».
«Il
candidato del distretto
quattro. Era ferito al fianco e al petto. L’hanno portato qui
ieri» rispondo
sempre più agitata. Se lei non sa dove si trova, potrebbe
davvero essere morto.
«Oh!
Certo. Il belloccio
dagli occhi verdi. È tuo amico?». Ma cosa vuole
questa?
«Dov’è?»
chiedo con
impazienza.
«Terzo
piano. Stanza 312»
risponde ridacchiando.
Se
voleva farmi agitare ci è
riuscita. In due nanosecondi.
Corro
all’ascensore e
schiaccio i tasti freneticamente. Paban, sto arrivando.
Chissà se sta davvero
bene. Perché non è a questo piano?
Finalmente
le porte si aprono
con lento sadismo. Sono sicura che sono in combutta con
l’infermiera molesta.
Quando la cabina riparte mi sento più sollevata. La distanza
si accorcia.
Non
appena arrivo al terzo
piano mi trovo investita da una lettiga che viene spinta
frettolosamente da
alcuni medici.
«Presto!
Arresto cardiaco!
Sala operatoria, presto!» urla uno di loro per farmi togliere
di mezzo.
Mi
butto letteralmente contro
il muro e vedo una testa coperta da capelli castani schiariti dal sole,
lunghi
e sciolti sopra il lenzuolo bianco.
È
un attimo e urlo «Paban!».
Non posso crederci. È in arresto cardiaco. Sembrava stesse
bene e invece
rischia di morire.
Di
corsa seguo la lettiga, ma
vengo fermata dalle porte chiuse della stanza dove opereranno il mio
amore.
«Che
c’è, ragazza? Piangi?
C’è la tua mamma lì dentro?»
chiede una donna anziana azzardando una leggera
carezza al mio braccio.
«E’
un ragazzo» mormoro
sbattendo le palpebre stranita.
«No,
piccola. È una donna
arrivata qui due giorni fa. È nella stessa camera di mio
figlio» conferma lei.
“Non
è Paban!” urla la mia
testa e mi apro a un sorriso, scacciando le lacrime con un colpo di
mano.
«Mi
sono sbagliata… sto
cercando un ragazzo, lo hanno portato ieri. Ha lo stesso colore dei
capelli…».
Cerco di spiegare e agito le mani. La donna sorride benevola.
«Con
i capelli lunghi? Sì è
la camera dopo. Ti accompagno» e dicendo questo mi prende per
mano come faceva
mio padre, tanti anni fa.
«E’
il tuo innamorato?»
chiede avanzando lungo il corridoio.
Arrossisco
furiosamente ma
non rispondo. È una cosa personale, segreta, solo mia.
Perché dovrei parlarne a
questa signora quando non ho ancora detto niente a lui o ai miei
genitori?
«Eccoci.
È qui dentro»
annuncia prima di lasciarmi la mano e regalarmi un’altra
carezza sul braccio.
Mi lascia qui. Sola davanti a una porta bianca chiusa. E Paban
dall’altra
parte.
Ho
paura ad aprire la porta e
trovare il letto vuoto, o peggio ancora, con lui senza vita. Non potrei
sopportarlo. Anche lui no.
Tremante
abbasso la maniglia
e spalanco lentamente la porta. Entro e richiudo alle mie spalle, poi
inizio a
guardarmi attorno.
La
mia attenzione viene
subito catalizzata dall'unica figura presente nella stanza: un uomo nel
letto.
Lentamente mi avvicino e riconosco subito il bel volto di Paban. Appena
vedo il
suo petto sollevarsi ed abbassarsi ritmicamente, tiro un sospiro di
sollievo. È
vivo e sta dormendo.
Mi
perdo ad osservare i suoi
lineamenti fini, come non faccio da tanto tempo.
Il
naso diritto, la bocca ben
disegnata, il castano dorato dei suoi capelli lunghi, il mento volitivo
e provo
il desiderio di sentire lo sguardo dei suoi meravigliosi occhi, su di
me. I suoi stupendi
occhi verdemare. I più belli
che abbia mai visto.
«Paban».
Non mi accorgo
neanche di mormorare il suo nome. Lo fisso e mi rilasso.
Andrà tutto bene. Lo
sento.
Tutti
i miei pensieri tristi,
tutte le mie paure si sono sciolte davanti al sole. Davanti al ragazzo
del
mare. Perché lui mi aiuterà sempre. Mi
proteggerà e mi amerà. E io farò
altrettanto per lui.
Vedo
che si agita e aggrotta
la fronte. Forse sta sognando qualche cosa di brutto anche lui. In
automatico
intreccio le mie dita con le sue e mi siedo sul bordo del letto.
Immediatamente
lo vedo rilassarsi e continuare a dormire con un’ombra di
sorriso sulle labbra.
Avere
una mano alla quale
attaccarsi è una necessità, quando si dorme. Come
diceva Shae durante gli
Hunger Games, ti tiene attaccata alla terra, alla realtà e
non ti fa cadere
nell’incubo.
Adesso
sono io la terra e la
realtà per Paban e mi piace esserlo.
Non
so quanto tempo sto
seduta ad osservarlo che dorme. Mi chiedo se non sia un pochino
inquietante, ma
accantono il pensiero. Nessuno me ne può fare una colpa.
Nel
silenzio assoluto,
osservo la camera. Bianca e asettica come la mia.
La
flebo rilascia il suo
liquido lentamente, scivolando nel braccio steso. Scosto leggermente le
lenzuola e vedo il petto fasciato ma senza ombra di sangue.
L’hanno ricucito
bene.
Mi
allontano un secondo a
prendere la sedia e posizionarla vicino al letto e riagguanto la sua
mano che
sembra mi stia cercando flettendo le dita.
Il
silenzio mi accompagna
ancora nel sonno, nel riposo tranquillo e ristoratore, anche se sono
scomoda
sulla sedia di formica dura. Anche se ho solo la testa appoggiata alle
mie
braccia ripiegate sul materasso. Anche se so che sarò tutta
un dolore quando riaprirò
gli occhi. Ma la testa riposerà. La mia terra mi tiene la
mano e non mi lascerà
vagare nel buio. Mi addormento serena.
Mi
sento trascinare lontano
dalle braccia di Morfeo, dopo tantissimo tempo, per ritrovarmi tra
altre
braccia. Sbatto gli occhi, colpiti e accecati da un timido raggio di
sole.
Sollevo leggermente la testa e mi accorgo di essere appoggiata al petto
di
qualcuno.
«Buongiorno
dormigliona». Una
voce allegra mi sveglia del tutto. A vedere quanto è calato
il sole
all'orizzonte, sembra sia quasi il tramonto.
«Paban!
Stai bene? Ma... che
ci faccio qui?». Sono più che sorpresa. Ricordo
esattamente che mi ero
appoggiata con la testa sul letto e ora mi trovo stesa accanto a lui,
avvolta
dalle sue braccia.
«Mi
sono svegliato che tu
dormivi e poco dopo è passato Finnick. Lui voleva portarti
via, ma mi stavi
staccando le dita, talmente tenevi stretta la mano. Così ti
ha messo nel mio
letto, almeno saresti stata più comoda... e anche
io» termina mostrando la mano
e agitando le dita libere.
Rido
e lo abbraccio di nuovo,
stretto. Lui si lascia scappare un piccolo gemito e si irrigidisce,
segno che
non è perfettamente a posto. «Come
stai?» chiedo nuovamente.
«Ricucito,
visitato e ho
bisogno solo di riposare. La spalla è a posto e tra poco
sarò come nuovo» dice
soddisfatto. Si lascia andare a un enorme sorriso. «Tu? La
testa?» chiede
riferendosi alla mia medicazione.
«Niente
di che. Fa più scena
che altro. Ho visto Shae, prima. Hanno dovuto operarle il braccio e
ingessarlo
ma adesso sta bene» gli rispondo, poi mi avvicino con fare
cospiratorio, «Sai
che è fidanzata con John? Era lui l'innamorato che aveva
fuori dall'arena» e
ridacchio accompagnata anche da lui.
«Dai?
Devo dire che John ha
buon gusto. Shae è davvero molto dolce e anche
bellissima».
Bellissima?
Strabuzzo gli
occhi e mi imbroncio. E lui si mette a ridere ancora più
forte.
«Ma
tu sei più bella» mi
sussurra all'orecchio, dopo aver aver notato il mio malumore.
Lo
guardo sottecchi, ancora
imbronciata. Mi sta prendendo in giro. Ne sono sicura.
«Non
essere gelosa. Chyna...
lo sai che nessuna è più bella di te».
Lo dice con tono leggero e mi bacia
sulla guancia. Un piccolo bacio gentile. Ma è a me che non
basta. È al mio
cuore che manca un battito e anela più attenzione.
Alzo
il viso verso di lui e
mi allungo a cercare le sue labbra, che mi porge senza ritrosie.
Mi
ritrovo così, avviluppata
dalle sue braccia, schiacciata dal suo corpo, saccheggiata dalle sue
labbra.
Eppure, in questa specie di immobilità, di costrizione, non
mi sono mai sentita
più libera e felice. Come se avessi trovato il mio posto nel
mondo.
«Ehm!
Paban, togli subito le
mani dal corpo di mia figlia».
La
voce di mio padre mi fa
sobbalzare dallo spavento e Paban si alza subito a sedere, ansimando
per il
nostro bacio e arrossendo per essere stati beccati.
«Papà!»
esclamo. Non so
neanche io se per il fatto di vederlo in piedi con solo un bastone da
passeggio
e il braccio ancora fasciato ma libero dal tutore, oppure
perché sta recitando
la parte del padre geloso e possessivo.
Sorride
e si avvicina
zoppicando leggermente. «Chyna, tesoro, ero venuto a
prenderti per andare alla
sala trasmissioni. I nostri stanno prelevando i presentatori proprio in
questo
momento e pensavo volessi essere presente, quando interrogheremo
Down».
Paban
ci guarda subito
attento e interessato. «I presentatori?».
Annuisco.
«Sembra che molti
di loro fossero in combutta con chi ha organizzato tutto questo
imbroglio.
Hanno pilotato le estrazioni, sicuramente nel 12, nel 4 e nel 9. Anche
in
alcuni altri distretti, pare. Adesso i mentori sono andati a prenderli
per
portarli al quartier generale e interrogarli... giusto,
papà?» chiedo per
sicurezza e lui annuisce.
«Voglio
esserci anche io»
annuncia Paban, sollevando le lenzuola per alzarsi, ma è
ancora troppo debole e
ricade sul materasso, appena i suoi piedi toccano terra.
«Non
muoverti. Vado io e poi
torno a riferire, d'accordo?». Intanto mi sono già
alzata e sono a fianco di
mio padre pronta ad uscire. Paban sbuffa e si rassegna a tornare sotto
le
lenzuola.
Voglio
sapere la verità su
quanto è successo, su quello che vogliono queste persone che
hanno giocato
sporco con la mia vita.
«Stai
attenta... ti prego.
Peeta, tienila lontana dai guai». Si rivolge direttamente a
mio padre. Sono
così poco degna di fiducia?
«Tranquillo,
Paban. Katniss
non ha permesso né a me né a Jayson di andare con
loro. Non succederà niente
alla mia bambina... perché ricordatelo sempre: lei
è la mia bambina».
Lo
dice con il sorriso
benevolo sulle labbra, ma nei suoi occhi brilla una luce decisa e forte
che fa
sorridere me. Il mio protettivo papà in versione
capofamiglia, fa più paura
della mamma.
«Ti
faccio solo presente che
è cresciuta...» replica Paban, poi alza le mani in
segno di resa «Ma ho
recepito il messaggio e ti assicuro che non hai nulla da
temere».
«Ne
sono convinto. Bene,
figlia, andiamo a sentire cosa vuole il cattivo» e dicendo
questo mi fa cenno
di uscire.
Siamo
sulla porta quando
arrossisco violentemente e mi giro di scatto. Corro verso il letto di
Paban e
lo bacio sulla guancia prima di tornare da mio padre e uscire dalla
porta in
pochi secondi.
«Scusa»
mormoro uscendo.
«Se
tua madre fosse stata
così espansiva, avrei fatto molta meno fatica»
borbotta papà mentre mi
accompagna all'ascensore. Rido a quella battuta. Forse ha ragione, ma
credo che
neanche Paban abbia avuto tutto facile con me.
Quando
si chiudono le porte
ed iniziamo a scendere, siamo in modalità combattenti. I
sorrisi scompaiono e
ci focalizziamo sul prossimo incontro.
Voglio
proprio vedere Alfie.
Voglio capire cosa aveva per la testa quando mi ha gettata nell'arena a
morire.
Il
passaggio dall’ospedale al
nostro rifugio è velocissimo. Ci ritroviamo in pochi
istanti, nel corridoio che
conduce a una sala dove mio padre ha detto che si svolgeranno gli
interrogatori.
Mentre
ci avviciniamo sento
delle voci e blocco mio padre prima che possa voltare
l’angolo e interrompere
le due persone che stanno parlando a bassa voce. Uno di loro
è Jayson.
«Quindi
credi che non sia
strano? Voglio dire, lei ha tre anni più di me»
dice mio fratello.
Sorrido
sorniona verso mio
padre. Anche lui ha riconosciuto la voce e si mette ad origliare, molto
attento. Quello di cui sono curiosa è sapere con chi sta
parlando, anche se
credo che lo capirò tra breve.
Infatti.
«Non è strano. Io ho
parecchi anni in meno di mia moglie. L’importante
è quello che senti nel cuore
e se ti piace veramente, l’età è un
punto insignificante… Dimmi un po’, è
per
questo che hai chiesto a me?». È Gale Hawthorne.
L’amico di mamma. L’amico di
cui papà è geloso.
Perché
Jayson chiede a
lui? E a proposito
di cosa?
«In
effetti mi sembravi un
buon esempio. Non credo riuscirei a parlare di questo a mio
padre» borbotta
contrariato.
Guardo
papà ma lui nega e mi
fa cenno di tacere. Nel frattempo sentiamo Gale ridere con gusto.
«Beh,
immaginare Peeta e
Katniss che ti danno consigli in amore... sembra
impossibile». Mio padre
aggrotta le sopracciglia e sbuffa irritato.
«Non
è vero! Solo che non ho
idea di come potrebbero reagire a un eventuale rapporto tra me e
Grace». Ecco
il problema. Grace è davvero una bella ragazza ma ha la mia
età. Jayson fa
tanto l’adulto e sembra più grande di quello che
è, ma ha solo quattordici
anni.
«Prima
di preoccuparti di
cosa possano pensare di te con una ragazza più grande, non
credi che sia meglio
parlarne con la diretta interessata? Magari a lei non piaci
neppure». A questo
punto mi apro a un sorrido. Il mio coraggiosissimo fratellino non si
è
dichiarato!
«Poi,
comunque, sei ancora un
ragazzino. Goditi la vita che per trovarti una ragazza fissa hai sempre
tempo»
termina Gale, sminuendo quello che prova Jayson.
Sto
per uscire dal
nascondiglio per dirne quattro a quel tronfio, quando mio padre mi
blocca e mi
fa segno di stare zitta. Jayson sta rispondendo.
«Mio
padre si è innamorato di
mia madre sin da piccolo. Perché non potrei provare io
qualche cosa di
grande?».
«Non
ho detto questo,
ragazzo. Se sei convinto ti fai onore. Io dicevo solo che mi sembri
giovane,
non incapace di provare sentimenti grandi. Se lo pensi davvero allora
parla con
lei, non pensare a cosa diranno gli altri. Contate solo tu e lei... Sei
soddisfatto?».
«Grazie,
Gale. Vick, ha
ragione, sei un gran fratello».
Sento
qualcuno che si
allontana, poi una voce che chiama.
«Mellark,
esci» dice Gale e
mio padre si fa avanti. Lo seguo immediatamente e ci troviamo davanti
quella
specie di gigante Hawthorne. «Hai qualche appunto da pormi o
sono andato
bene?».
«Grazie»
borbotta mio padre
prima di superarlo.
Gale
si rivolge a me. «Vieni,
Chyna. È arrivato un tuo grande ammiratore. Alfie non vede
l'ora di parlarti,
sempre che Katniss non lo zittisca prima piantandogli una freccia in
mezzo agli
occhi. Ho dovuto disarmarla per sicurezza» mi dice indicando
la porta della
sala.
Mi
affretto ad entrare e
trovo quasi tutti i mentori, i miei genitori, Plutarch e Fenix. Al
centro della
sala quattro presentatori, tra cui Alfie che si guarda intorno con
occhi
sgranati. Poi mi vede e urla.
«Tu!
Dovevi essere morta!
Dovevi far soffrire tua madre come avevo sofferto io!».
Spalanco
la bocca e guardo
lui e poi la mamma. Era per questo? Era perché ero figlia di
Katniss Everdeen?
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qui. Un capitolo di
passaggio con più attenzione ai sentimenti e alle paure dei
candidati. Gli Hunger
Games rovinano. Non solo il fisico ma anche la mente. Unica soluzione
stringere
i denti e andare avanti.
In
questo capitolo soft mi
è piaciuto lo scambio di battute con Jayson e con John, il
momento tenero con
Paban e il cucciolo Mellark che si confessa con Gale. (chiede lumi a un
uomo
che ha sposato una donna più grande).
E
arriviamo ad Alfie Down.
Cos’ha contro Chyna? E contro Katniss? Lo saprete alla
prossima puntata
(prestissimo se mi lasciate 15 recensioni…).
Adesso
vi lascio un
piccolo spoiler:
… «Non verrà la
mamma, vero?» chiede Jayson, ben sapendo
che a noi sarà vietato uscire dal palazzo.
«Di
questo parlane con tuo
padre. Io ho già il mio daffare a convincere Johanna a
rimanere qui. Avere a
che fare con lei e Katniss contemporaneamente sarebbe troppo per
chiunque» si
lamenta ma sorride complice. Si vede che ama sua moglie ed è
sinceramente
affezionato a mia madre.
Annuisco
e vado nella camera
di mio fratello a dormire. Nonostante abbia riposato nel pomeriggio,
sono
comunque esausta…
Si
stanno muovendo…
Prossimo
banner, un
ritrovato Jayson, più figo che mai!
Alla
prossima settimana e
BUONA PASQUA! (non uccidete troppe colombe! Esistono anche le
uova… la pasta…
la carne…)
Baciotti!
|
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Capitolo 28 *** il presentatore ***
Ciao
a tutti!
Anche
questa volta ho
deciso di postare oggi, il giorno prima della liberazione. Una
settimana
esatta. Siamo agli sgoccioli e qui si svela un bel mistero, ma solo in
parte. Saranno
tre capitoli intensi.
Per
ora ringrazio chi mi
ha inserito nelle seguite, ricordate e preferite, chi ha letto e chi ha
recensito facendomi sentire tutto l’apprezzamento e
l’affetto per i personaggi.
Infine,
posto d’onore per
la coautrice al 30% di questa storia, con gli infiniti banner che ha
fornito e
le sue ideuzze alle quali ho attinto non poco. Elenri mi ha fatto
questa
immagine. Ho già pubblicato questo personaggio ma
è uno dei miei preferiti e lo
riposto: JAYSON il fratellino Mellark.
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Tu! Dovevi essere morta!
Dovevi far soffrire tua madre come avevo sofferto io!».
Spalanco la bocca e guardo
lui e poi la mamma. Era per questo? Era perché ero figlia di
Katniss Everdeen?
«Cosa
vuoi dire?» chiede mia
madre senza lasciar trasparire niente. Strano vederla così
compassata.
Normalmente avrebbe fatto il diavolo in terra per aver minacciato
così me o
qualcuno della famiglia.
«Cosa
voglio dire? Cosa
voglio dire?» urla lui senza più limiti e facendo
arrivare la voce a degli
strilli inauditi anche per una donna. «Voglio dire che tu hai
ucciso mio
padre!» grida Alfie puntando il dito secco verso mia madre.
In
tutta la sala cala un
grave silenzio.
«Alfie,
smettila. Questa storia
non centra niente» mormora la presentatrice di un altro
distretto.
«No!
Non la smetto! La
Ghiandaia Imitatrice deve sapere!».
Ormai
urla ed è fuori
controllo, come se la mia vista e quella di mia madre l'avessero fatto
completamente impazzire.
«Lei
ha ucciso mio padre. Un
padre che non ho mai neanche conosciuto per colpa sua!».
Ancora
una volta restiamo
tutti in silenzio attoniti. Poi mio padre parla e ci rendiamo conto che
sino ad
ora non abbiamo sentito nulla di sensato.
«Chi
era tuo padre? Tu hai all'incirca
trent’anni. All'epoca c'è stata la grande rivolta
e la caduta di Snow. Sono
morte tante persone».
«Eccolo!
Peeta Mellark! Lo
sventurato innamorato del distretto 12! Quello che si è
fatto calpestare per
anni dalla ragazza di fuoco, come un cagnolino! Non sei neanche
un'unghia
dell'uomo che era mio padre».
«Non
l'hai neanche
conosciuto, come fai a dirlo?» replica papà con
una ferrea logica. Mamma fa un
passo avanti, verso Alfie.
«Chi
era?» scandisce le
parole con rabbia, poi ripete urlando «Dimmi chi
era!» ordina.
«Marvel!»
grida Alfie di
rimando, «Marvel del distretto 1! Ti dice niente questo nome?
Ti ricordi?».
Ancora
una volta stiamo tutti
in silenzio. Ognuno perso nei propri pensieri.
Marvel.
Distretto 1. Il
ragazzo dei Favoriti che ha ucciso la piccola Rue, l'alleata di mia
madre nei
primi giochi ai quali ha partecipato con papà. I
settantaquattresimi Hunger
Games della violenza.
Marvel
ha ucciso Rue e mamma
gli ha trapassato la gola con una freccia. All'istante. È
uno dei tributi che
lei ha ucciso con le armi.
«Certo
che lo ricordo...
Credi davvero che potrei dimenticare quell'orrore? La morte e la paura
dell'arena?» risponde mamma con odio.
«Allora
ricordati anche
dell’odio che provo per te! Tu lo hai ucciso! Mia madre era
incinta quando lui
è partito. Doveva tornare vincitore. Lui avrebbe vinto se
non fosse stato per
colpa tua!». Alfie continua ad accusarla e lei lo fissa senza
rispondere,
stringendo solo le labbra in una linea dura, come se trattenesse la
rabbia.
«Permettimi
di dissentire»
interviene Plutarch serafico. «Io c’ero. Ho seguito
tutti i giochi e tuo padre
non era furbo come Katniss e Peeta, e soprattutto non era forte come
Cato. Lui
non avrebbe mai vinto. Assolutamente mai». La sua
è una analisi fredda e
inattaccabile.
La
mia maestra lo ripeteva
spesso, con tanto di sospiri accorati, di quanto erano belli i miei
genitori
insieme, quanto aveva sospirato per loro e quanto aveva avuto paura del
fortissimo Cato del distretto 2, che era il più forte
quell’anno. Questo Marvel
non avrebbe mai potuto vincere. La storia parla chiaro.
«Non
è vero!» urla ancora
Alfie. «Mio padre era il tributo più forte che
fosse mai esistito. Era
coraggioso e temerario. Un vero combattente e un sicuro vincitore. Ed
era dolce
e gentile con mia madre. Ci amava tantissimo e saremmo stati una
famiglia
felice se non fosse stato per te!».
«Allora
come mai non ha mai
parlato di tua madre? Lo sai che io mi sono alleato con i Favoriti nei
primi
giorni degli Hunger Games. Tutti parlavamo di quello che avremmo fatto
fuori
dall’arena, e di chi avevamo lasciato… mai una
volta tuo padre ha accennato a
una donna e mai ha fatto riferimento a un figlio. Sia Cato che Lux
hanno
confessato delle persone che avevano fuori e che li aspettavano, lui ha
dichiarato di non avere nessuno se non la sua famiglia».
È mio padre a parlare
adesso.
«Tu
menti! Mio padre pensava
continuamente a noi! Ci amava con tutto il cuore!» ormai
Alfie ha cominciato a
piangere come un bambino.
Mi
guardo attorno e vedo sui
volti degli altri, la compassione, mentre un pensiero si fa strada
nella mia
mente: sua madre ha mentito. Ha raccontato una storia per giustificare
il fatto
di essere sola. Ha costruito una figura falsa per evitare che il figlio
si
sentisse in difetto.
«Non
ho mentito, Alfie, e tu
lo sai molto bene. Le registrazioni degli Hunger Games della violenza
non sono
segrete, sicuramente avrai visto anche tu che quello che ho detto
è vero. Tu
vieni dal distretto cinque…» mio padre ricomincia
a parlare ma viene interrotto
dal presentatore.
«Era
del distretto 1 ma
l’hanno trasferita non appena sono nato io» mormora
Alfie.
«Sicuramente
avrà amato
tantissimo tuo padre e per te sarà stato terribile crescere
senza la sua
figura, ma non puoi condannare Katniss per essersi difesa. Gli Hunger
Games
erano una lotta per la sopravvivenza. Nessuno poteva evitare di
uccidere».
«A
meno che non si tentasse
di mangiare delle bacche velenose» replica piccato.
«E
questo ha portato a
tornare nell’arena, a una rivolta e altri morti. Non credere
che mi sia
divertita in quegli anni. Ho solo tentato di sopravvivere perdendo una
parte di
me stessa» interviene secca la mamma.
Non
è giusto accusarla. Solo
papà sa quanto abbia sofferto. Neanche io conosco fino in
fondo la portata di
tutto il dolore che ancora si porta dentro. Io conosco solo il mio e so
che è
immenso.
«Non
mi importa di quello che
dite. Io so la verità ed è che Katniss Everdeen
ha preso la vita di mio padre
ed io volevo la vita di sua figlia» dice Alfie con rabbia.
«E'
per questo che volevi
ucciderci tutti nell'arena? Per vendicarti di mia madre?».
Esplodo con tutta la
mia ira. «E' per questo che hai macchinato? Per questa tua
vendetta hai messo a
ferro e fuoco tutta Panem? Confesso di esserne quasi onorata! Tutto
questo in
onore della mia famiglia!». Agito le braccia, incapace di
stare ferma e con una
gran voglia di picchiare il presentatore del distretto 12.
Come
era potuto succedere che
si arrivasse a questo punto?
«Certo...
sono stato bravo,
vero?» dice lui con un sogghigno.
Gale
e Finnick lo guardano sbalorditi.
«Vuoi dire che hai fatto scoppiare tutti quei tumulti per
questa ragione?»
chiede Vick sconvolto.
«Quante
persone devono morire
per la tua sete di vendetta? Che colpa ne hanno le persone che sono
state
ferite per questo tuo piano?» chiede Roxie portandosi le mani
tra i capelli
lunghi.
Alfie
continua a sorridere,
con una stranissima luce folle negli occhi.
«Sono
stato bravo, vero?»
ripete.
Non
capisco cosa stia
succedendo. Sta diventando surreale.
«Quindi
sei stato tu a
organizzare tutto». Mio padre fa una affermazione, non una
domanda.
«Ho
catalizzato l'attenzione»
replica Alfie, tronfio.
«Certo
che nella presa del
palazzo sei stato davvero un grande. Quando gli uomini hanno iniziato
ad
agitarsi, i militi hanno cominciato a gettare sassi e poi bombe facendo
passare
tutto come se fosse stato un ordine della Paylor» continua a
parlare papà.
Guardo
mio padre un pochino
perplessa. Secondo il racconto di Jayson, i militi stavano difendendo
il
palazzo governativo. Il palazzo non è stato preso e sono
state delle persone
non identificate a scatenare i cittadini e a far saltare il muro di
cinta del
palazzo presidenziale.
Che
abbia capito male? No,
non credo proprio.
Non
sapevamo chi o cosa
avesse scatenato e fomentato la folla. Come faceva mio padre a dire
cose di cui
non sapeva nulla?
«Hai
ragione, Peeta. Sono
stato davvero geniale e adesso che il palazzo presidenziale
è caduto potrò far
eleggere il mio presidente» dichiara Alfie.
«Chi?»
chiede Fenix.
«Ancora
non lo so. Farò delle
mietiture... come avete visto mi vengono estremamente bene».
Osservo
gli altri
presentatori presenti. Hanno delle espressioni perplesse ma anche
ilari. Come
se non capissero cosa stia succedendo ma ne godessero la parte comica.
Che,
inoltre, capiscono solo loro. Come se Alfie raccontasse un mucchio di
fandonie.
«Non
sei tu la mente di tutto
questo e non è solo per vendetta contro di noi che
è stato organizzato questo
imbroglio» dice papà con calma. Mia madre si volta
verso di lui e scorgo una
scintilla di ammirazione mista ad orgoglio nel guardare suo marito. Non
dice
una parola ma percepisco tutto il suo appoggio e la sua fiducia a
quanto sta
facendo mio padre e anche io mi alleo con loro. Forte della mia
intuizione.
Nello
stesso momento, sia io
che Jayson ci avviciniamo ai nostri genitori, come a fare un fronte
unito
contro il nemico. Contro Alfie e chi lo controlla.
«Peeta,
che stai dicendo? Ha
confessato che voleva vendicarsi di tua moglie. Per questo le mietiture
sono
state manomesse e i giochi sono tornati violenti» dice
Gunther.
«E
secondo te avrebbe fatto
tutto questo per uccidere Chyna? Poteva arrivare nei boschi e tendere
un'imboscata. Bastava seguirla e avrebbe saputo che anche lei va a
caccia e
spesso si trova da sola» ribatte mio padre.
«E
allora quale sarebbe il
piano?» chiede Gale.
«Trasformare
gli Hunger Games
della Pace in giochi violenti, avrebbero fatto scatenare il malcontento
della
popolazione. Contro chi credete che si sarebbe rivolta?»
chiede mia madre.
Papà
continua «Contro la
Paylor e il governo, chiedendo le dimissioni. Resta solo da chiedersi,
chi
avrebbe il potere per salire al comando. Qualcuno in alto, molto in
vista e con
grandi agganci e consensi».
«Siamo
davanti a un tentativo
di colpo di stato» mormora Roxie sconvolta.
«Dobbiamo
scoprire chi si
nasconde dietro a tutto questo» dice Plutarch.
«Loro
possono darci una mano»
afferma Vick indicando i presentatori. Subito alcuni mentori si
avvicinano
minacciosi ai quattro che si stringono tra loro.
«Noi
non sappiamo niente.
Dovevamo solo manovrare le mietiture e aiutare gli Strateghi. Solo
Cruel sa chi
comanda» dice precipitosa la presentatrice del distretto 9.
Odio
quella donna. Ha fatto
entrare Hemmo nell'arena facendo di me ed Alicia delle vittime.
«Quindi
torniamo al punto di
partenza. Dobbiamo scoprire dove si trovano gli Strateghi. Voi cosa
sapete?».
Per la prima volta Apollo interviene. Ha ascoltato sino a questo
momento con
una calma olimpica. Credevo quasi non gli interessasse nulla.
«Non
sappiamo dove sono» dice
un altro presentatore.
«E
anche se lo sapessimo non
lo diremmo a voi» aggiunge Alfie con un ghigno.
«Allora
vediamo se con la
nostra tecnologia riusciamo a carpire qualche informazione dal vostro
cervello»
ribatte Apollo senza fare una piega.
Tutti
noi lo guardiamo
impauriti e scettici. Cosa vuol dire? Che gli apre il cranio e usa
delle
pinzette?
«I
miei dottori stanno
preparando gli strumenti. Farà un pochino male, ma il fine
giustifica i mezzi»
termina alzando le spalle con noncuranza e avvicinandosi a una
scrivania con
microfono. «Siamo pronti. Adesso ve li portiamo, preparate il
sedativo»
scandisce a qualcuno.
Mi
sento sconvolta. Vuole
torturare i presentatori? Ma è immorale! È come
tornare ai tempi di Snow e il
suo potere basato sul terrore e il veleno.
«Yoismith,
non ci faremo
intimidire» risponde Alfie schiumante di rabbia.
«Neanche
io» risponde
tranquillo, mentre si avvia alla porta e chiama alcune persone.
Vediamo
entrare qualche
figuro e mi spavento ancora di più: sono dei militi. Cosa ci
fanno dei militi
qui?
La
presentatrice trema
spaventata e inizia a urlare. «Nei sotterranei! Nei
sotterranei!».
«Stai
zitta stupida!» grida
un altro presentatore, tirandole un manrovescio sul viso.
«Tirate
fuori la piantina dei
sotterranei di Capitol City» ordina Plutarch, sbarazzando una
scrivania con un
solo gesto e facendo cascare per terra una enorme quantità
di fogli bianchi.
«Prendeteli
e portateli nelle
cantine... separati. Non vorrei che continuassero a picchiarsi tra
loro» ordina
Apollo ai militi, poi aggiunge «John, Durin, Agrom,
toglietevi quelle divise,
vi stanno da schifo» e si volta verso Plutarch a studiare le
mappe che sono
magicamente comparse sul tavolo.
I
militi ridacchiano e
prendono in custodia i presentatori, portandoli nelle cantine. Anche io
sorrido. Era tutto un trucco.
«Non
c’erano quattordici
presentatori?» chiedo infine. È un piccolo
dettaglio che ancora non mi torna da
quando sono entrata in questa sala.
«Alcuni
erano già spariti e
altri non sapevano niente. Abbiamo preso quelli che ci sembravano
più
coinvolti, viste le estrazioni: Capitol City, 4, 9 e il caro Alfie
Down»
risponde Fenix prima di affondare il suo naso tra i fogli che gli
tendeva Gale.
Ormai
erano tutti in fase di
ricerca, piegati sulle mappe dei sotterranei di Capitol City, per
cercare
qualche segnale che facesse intuire dove potessero essere gli Strateghi.
«Che
ne dite di questa sala?
Sembra abbastanza grande da contenere dei macchinari di
controllo».
«No,
viene allagata
costantemente dalle fogne durante il giorno. Non dobbiamo guardare
queste
linee, ma queste rosse».
«Il
sottosuolo di Capitol
City è più complesso della città
stessa».
«E’
come duplicato. Ha sette
livelli che scendono in profondità, non è facile
trovare qualcosa lì sotto».
«Ci
vorrebbe qualcuno che ci
abbia lavorato e che conosca quei cunicoli».
«Conoscevo
un vecchio, anni
fa. Aveva fatto per anni il manutentore lì sotto.
Probabilmente potrebbe
suggerirci qualcosa».
Le
voi dei presenti si
accavallano creando una cacofonia assordante. Non si capisce nulla.
Mi
allontano lentamente e mi
appoggio al muro accanto alla porta, dove vengo raggiunta poco dopo da
mia
madre.
«Mi
dispiace che il mio
passato ti abbia causato tanti problemi. Non avrei mai voluto che
accadesse. Ho
sempre cercato di proteggere tutta la mia famiglia, ma questa volta non
ci sono
riuscita. Perdonami, Chyna» dice a bassa voce, abbracciandomi
stretta.
«Mamma,
non ti devi
incolpare. È stato Alfie, non tu e poi, come dice
papà, c’è qualcun altro che
comanda tutti» rispondo.
«Mi
sembra di essere tornata
ai tempi della rivolta dei distretti, con la lotta cieca per il potere
della
Coin» riflette lei.
«Forse
la persona dietro a
tutto questo è qualcuno a cui non abbiamo ancora
pensato» dico io.
Le
consultazioni tra i
mentori e gli altri membri del gruppo durano per buona parte della
notte. Io
decido di andare nella sala video a guardare le notizie dei distretti
in
compagnia di mio fratello e Grace.
Li
guardo confabulare e
faccio finta di nulla. Ci manca solo che inizi a prendere in giro mio
fratello
per la sua cotta. Devo ammettere che Grace è davvero bella.
Almeno Jayson ha
buon gusto.
Guardo
distrattamente le
notizie che arrivano dal distretto 5 e dall’8. Pare che i
militi si siano
rivoltati contro il governo, disubbidendo agli ordini e supportando la
popolazione.
Arriva
anche una notizia dal
distretto 2, dove risulta che il capo generale dei militi, in visita,
abbia
dato il suo pieno appoggio alla popolazione, difendendo
contemporaneamente
anche il governo e adducendo la presente crisi a forze oscure
contrastanti. In
pratica ha cercato di salvare capra e cavoli, ma alla fine quello
applaudito è
stato lui. Elki Cox il capo dei militi.
«Ragazzi,
andate a dormire, è
tardi» dice Gale entrando nella sala video dopo alcune ore.
«Avete
trovato qualcosa?»
chiedo sbadigliano.
«Sembra
che il vecchietto ci
abbia dato delle dritte. Fenix e Vick dovrebbero aver individuato il
posto dove
si trovano gli strateghi. Domani partiremo per fare una
retata» risponde lui.
«Non
verrà la mamma, vero?»
chiede Jayson, ben sapendo che a noi sarà vietato uscire dal
palazzo.
«Di
questo parlane con tuo
padre. Io ho già il mio daffare a convincere Johanna a
rimanere qui. Avere a
che fare con lei e Katniss contemporaneamente sarebbe troppo per
chiunque» si
lamenta ma sorride complice. Si vede che ama sua moglie ed è
sinceramente
affezionato a mia madre.
Annuisco
e vado nella camera
di mio fratello a dormire. Nonostante abbia riposato nel pomeriggio,
sono
comunque esausta.
Quando
mi alzo, il mattino
dopo non c’è nessuno nella camera con me e nel mio
giro al palazzo, incontro
solo Plutarch e Johanna nella sala dei video, attaccati a una specie di
cassa
acustica da dove risuonano voci e rumori di gente che sta marciando in
un luogo
chiuso e rimbombante.
«Dove
sono gli altri?» chiedo
mentre lancio occhiate curiose ai marchingegni che si trovano nella
stanza.
Johanna
mi indica la cassa da
dove escono i suoni. «Sono nei sotterranei di Capitol City,
alla ricerca degli
Strateghi» risponde.
Il
cuore comincia a pompare
dall’agitazione. «Sono andati tutti?».
«Non
si sapeva quanti erano
gli Strateghi e con quanta difesa ci saremmo scontrati. Praticamente,
sì. Sono
andati tutti» risponde Plutarch.
«Mamma?
Papà? Jayson? Grace?»
sussurro fievole. Johanna non mi guarda neanche e annuisce, mentre mi
accascio
su una poltroncina accanto al tavolo.
«Stiamo
aspettando sviluppi.
Con questo siamo in contatto con loro» spiega Plutarch
«Non preoccuparti. Andrà
tutto bene». Mi stringe la mano e mi consola.
Dagli
autoparlanti sento lo
scalpiccio dei piedi nel rimbombo di un tunnel.
«Dove
si trovano esattamente?»
chiedo.
«In
questo punto, al secondo
livello sotto di noi». Plutarch mi indica uno schermo vicino
dove compare una
specie di mappa. Vedo lampeggiare alcuni punti e cerco di capire a cosa
si
riferiscono.
«Fin
dove devono arrivare?».
«Qui.
Devono passare per
questo tunnel e poi da questa parte. Non è tanto».
Plutarch cerca di essere
incoraggiante.
«E'
pericoloso?» pigolo
timorosa. Non potrei sopportare che qualcuno dei miei cari potesse
ferirsi.
«Certo
che è pericoloso»
risponde secca Johanna. «Credi che non possano esserci
trappole lì sotto? Gli
strateghi si saranno premuniti per proteggersi. Spero che non debbano
scontrarsi con ibridi o militi. Molti di loro perirebbero in quel
caso».
«Non
sei preoccupata? Perché
non ci sei andata anche tu?» chiedo sgomenta.
«Non
posso andare dove c'è
tanta acqua e sì, sono molto preoccupata. Il mio Gale
è lì con gli altri ed è
probabile che si piazzerà in prima fila in caso di scontro.
Avessi potuto
legarlo e trattenerlo qui lo avrei fatto, ma lui mi avrebbe odiato ed
io non
voglio». Fa spallucce e continua a seguire le luci e i suoi
che arrivano a noi.
All'improvviso
sentiamo
correre e voci concitate che urlano di sbrigarsi. Dopo pochi istanti
sentiamo
abbaiare e ringhiare.
«Ibridi!».
Sussulto e
artiglio il tavolo sporgendomi verso la cassa acustica, come se
riuscissi ad
aiutarli solo con la mia totale attenzione.
«Mamma!
Mamma!Jayson» urlo.
Devono salvarsi. Devono.
“Avanti!
Correte!” sento dire
chiaramente “Katniss, Gale, smettetela con le frecce...
dobbiamo andare dietro
quello sportellone... avanti!”.
Sospiro.
Dovevo immaginare
che ci sarebbe stata mia madre di mezzo. Sentiamo correre e Gale
incitare mia
madre ad andare più veloce, chiamandola in un modo strano.
Quando
sento un clangore
metallino la voce dice piano “Se ci sentite, tutti salvi
ora”.
Io
e Johanna ci guardiamo e
mi accorgo di aver trattenuto il respiro sino ad ora.
“Per
di qua” dice ancora la
voce gracchiante.
«Chi
è che porta la
trasmittente?». Mi accorgo di non averlo chiesto prima.
«Vick»
risponde semplicemente
Plutarch.
Per
un po' non si sente
nulla, solo il rumore dei passi di una ventina di persone. Mi rendo
conto che
non potrebbero essere tutti quanti lì sotto. Eravamo quasi
quaranta.
«Sei
sicuro che siano andati
tutti? Non credo riusciranno a passare nei cunicoli» obietto.
«Si
sono divisi. La sotto ci
sono tre squadre diverse a cercare. Noi siamo collegati con quella dove
ci sono
i tuoi, Gale e Vick, Fenix, Grace, Durin, Gunther e qualche alleato che
ha
portato Apollo» risponde Johanna.
È
terribile aspettare. È la
cosa più terribile che una persona possa fare. Soprattutto
quando in pericolo
ci sono i tuoi cari. Le persone più importanti che hai al
mondo e non vorresti
mai che gli capitasse qualcosa.
“Cos'è
quella cosa là in
fondo che luccica?”.
“No!
Fenix! Non toccarlo!”.
L'urlo che ne segue è disumano.
«Che
succede, Vick?» grida
Johanna avvicinandosi alla cassa. Purtroppo non la può
sentire.
Restiamo
così, in silenzio,
con i nostri respiri ansimanti in attesa di una notizia che non arriva.
Si
iniziano a sentire spari e colpi, esplosioni. Che succede? Guardo
Johanna con
la mia domanda muta, ma anche lei non sa rispondere.
Finalmente
sentiamo delle
grida più chiare. “Andate di là! Peeta,
prendi Katniss e portala via, ormai per
Gunther e Fenix non c’è più niente da
fare!”. Rimaniamo attoniti. Plutarch
piange. Era molto legato a Fenix, anche se non erano parenti.
“Per
di qua!” questa è la
voce di Jayson. Ha il fiatone ma è vivo!
“Laggiù!
Vedo una luce!”. Non
sarà un’altra trappola? Sto tremando di paura e
tensione.
“Sembra
una luce neon dietro
a una porta” commenta una voce che non conosco.
“Secondo
la nostra mappa,
quella potrebbe essere il posto dove sono gli strateghi” dice
un’altra voce che
mi sembra quella di Agrom.
Sentiamo
ancora lo scalpiccio
dei piedi. Devono aver trovato un rigagnolo d’acqua, visto
anche il rumore come
se si attraversasse un torrente.
Respiro
pianissimo, quasi
potessi aiutarli con il mio silenzio. “Schh” sento
dire. Si stanno avvicinando
alla porta socchiusa, lo sento.
Dalla
cassa arrivano delle
voci concitate di sottofondo. Probabilmente le persone riunite sotto
quella
luce al neon. “Stanno arrivando, Venatio. Cosa dobbiamo fare?
Non possiamo
continuare a nasconderci come topi”.
“Ha
ragione lui. Se non ci
danno una mano, cadremo nelle loro trappole e sarà
finita”.
“Non
sarà finito niente!
Stupidi topi che non siete altro. Sapete qual è la nostra
missione! Dobbiamo
depistarli mentre lui organizza l’ascesa al potere. Quando
tutti lo
acclameranno sarà una passeggiata”.
“Ma
noi non torneremo. Noi
saremo sempre gli Strateghi che hanno ucciso i candidati della settima
edizione
degli Hunger Games della Pace”.
“Ma
noi obbedivamo al
governo. Questa è la nostra scusa. Con la nostra
testimonianza, nessuno si
salverà nelle alte sfere”.
“E
tu, Cruel, che posto
guadagnerai?”
“La
vice presidenza, forse?”.
Una risata sguaiata, copre il resto della conversazione.
«Loro
sanno chi è il capo.
Devono prenderli! Devono interrogarli, così, finalmente,
termineranno gli
scontri» dico io alzandomi in piedi.
«Calmati,
Chyna, e siediti.
Prima devono fare irruzione e, soprattutto, devono rimanere
vivi» mi ricorda
Johanna con terribile logica. Quanto la odio quando fa così.
Mi
risiedo cercando di
rimanere più calma e sono sempre in ascolto. Sullo schermo
della mappa dei
sotterranei lampeggia il punto dove si trovano i miei genitori.
Speriamo vada
tutto bene. Sono talmente vicini adesso.
“Siete
pronti? Entriamo”
sussurra una voce.
Subito
dopo sentiamo urlare e
correre. “Fermi! Arrendetevi!”. Appena dopo uno
scoppio e alcune esplosioni. Si
sentono colpi di arma da fuoco. “Fermi”.
“Attaccate!”.
Altre voci si
sovrappongono. “Copritevi! Sparate! Sparate!”.
«Oddio!
Per il cielo di
Panem! Che succede?» dico con il cuore in gola. Ho paura.
Sento sparare, urla,
grida e ho il terrore che colpiscano la mia famiglia o chiunque dei
nostri
amici.
«Mamma!
Papà! Jayson!» grido
ancora. 'Ditemi qualcosa, vi prego'.
“Cessate
il fuoco! Cessate il
fuoco!” sembra la mamma.
“Arrendetevi!”.
Spari, scoppi
esplosioni.
“Gale,
fermo! No!”. Vick
grida e si sente benissimo uscire la sua voce dalla cassa.
Si
sentono diversi spari e
alcuni tonfi.
Johanna
ha gli occhi
sbarrati. Boccheggia ma dalla sua bocca non esce un suono.
“Peeta!”.
La mamma chiama
papà. Mi metto una mano sulla bocca a trattenere un urlo che
non esce.
Sentiamo
ancora dei passi e
poi silenzio.
Passano
i minuti e sembrano
ore. «Dite qualcosa, maledizione!» sbotta Plutarch
ansioso.
Nello
stesso momento sento
dei passi nel corridoio e vedo la porta aprirsi. John, Shae e Paban
sono sulla
porta.
«Sono
tornati?» chiede John
con tono serio, come avesse intuito tutta la nostra tensione. Johanna e
Plutarch scuotono la testa mentre io mi precipito tra le braccia di
Paban.
«Sono
felice che tu sia qui.
Stai bene?» sussurro.
«Sì.
Sto meglio di ieri. Cosa
è successo? Stanno tornando? Li hanno trovati?»
chiede lui.
«Non
lo sappiamo ancora.
Abbiamo sentito urla e spari… mamma ha urlato il nome di
papà… ma non dicono
niente altro…». Mi accorgo di stare piangendo. Il
solo pensiero che siano stati
feriti o peggio, uccisi, mi stringe il cuore e mi fa mancare il respiro.
Nessuno
sta parlando e per
questo che sentiamo la voce che esce flebile dalla cassa.
“Torniamo
alla base” poi
sentiamo ancora dei passi di corsa e un “No” urlato
a gran voce.
Poi
un gran rumore di ferro
rotto e poi più nulla.
Corro
al tavolo e inizio a
scuotere la l’autoparlante. «Parla! Ti prego,
parla!» urlo. Ma nessun rumore
rivela qualche cosa.
Sulla
mappa la lucina che
indica i nostri, sta ancora lampeggiando e si sta muovendo.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ho
riletto ma non sono
sicura di aver prestato la dovuta attenzione, se vedete degli orrori,
segnalateli.
Adesso
ditemi, non è da
ansia sentire una radio che trasmette i rumori della battaglia, senza
poter far
niente e senza capire bene cosa succede? Mi è uscita
così ma devo dire che mi
piace molto.
Alfie…
beh, una pedina in
un gioco più grosso di lui. Forse dagli strateghi si
saprà di più. Aspetto vostre
idee, sospetti ed opinioni.
Per
questa settimana niente
numero recensioni: sono neanche a metà del prossimo capitolo.
Però
vi posso fornire uno
spoiler:
…«No. Hai ragione, Peeta
Mellark. Non sarò io». Un
sorrisino sardonico increspa le sue labbra.
«Esattamente
come dicevamo
prima. Tu sei comandato da qualcuno. Dicci chi
è!». Non è una domanda, è un
ordine
quello che ulula Apollo…
E
il prossimo banner sarà
una dolce e più sexy CHYNA.
Grazie
per l’attenzione e
alla prossima settimana.
baciotti
|
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Capitolo 29 *** la piazza ***
ciao
a tutti.
Eccoci
con un nuovo
capitolo. spero che questo spieghi tutto quello che è
successo e il perché. Troveremo
il colpevole… forse.
Premetto
che questa idea è
lo sviluppo di un pensiero di Elenri che ha subito trovato il mio
consenso. Se non
vi piace date la colpa a lei.
Grazie
per tutti i
commenti, il segnare questa storia nelle preferite, ricordate e seguite
e anche
chi mi ha segnalato per le scelte (sei matta! Ma ti ringrazio tanto).
Infine
grazie a Elenri
(Teresa) per questo banner che ha subito incontrato i miei favori.
È troppo
dolce la nostra CHYNA, non trovate?
E
adesso… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Credo
di non aver mai
sofferto tanto nell'attesa di qualcosa o qualcuno.
Le
altre due squadre sono già
rientrate e Apollo si è accomodato al tavolo ad aspettare
con noi.
Sono
quasi due ore che
Johanna sta camminando avanti e indietro, Plutarch legge dei fogli sul
tavolo,
John e Shae si tengono per mano seduti davanti al video con le lucette
intermittenti e io continuo ad avvicinarmi alla porta per poi farmi
ricondurre
sul divano da Paban.
«Arriveranno
presto».
«Paban,
l'hai detto
esattamente due minuti fa! E non sono ancora arrivati»
rispondo piccata.
«Non
è continuando ad
agitarti che torneranno prima».
«Ma
se sono feriti... o
peggio. Se hanno bisogno di aiuto?» ribatto.
«Chyna.
Smettila. Tutti noi
stiamo aspettando, senza fare l'isterica» sibila irritata
Johanna.
«Mason,
piantala. Siamo tutti
agitati. Non sfogarti su di lei» dice Heavensbee, continuando
a leggere i
documenti.
Ognuno
di noi cerca di
reagire come meglio può, aspettando notizie, aspettando i
propri cari.
Nessuno
di noi parla per
un'altra ora. Paban mi stringe le mani. Non mi stringe tra le braccia e
gliene
sono grata. Sarebbe troppo facile appoggiarmi totalmente, ma non sarei
io. Non
voglio crollare, ci sarà tutto il tempo dopo che
avrò visto i miei famigliari
sani e salvi.
Mi
sembra di essere arrivata
all'Eldorado quando sento uno scalpiccio concitato lungo il corridoio.
Mi alzo
in piedi e aspetto che la porta si apra. Non riesco a fare un passo
verso
l'entrata, aspetto e basta.
E
in quel momento entrano.
Jayson
e Grace sostengono
Gale che è ferito al fianco. Ha una specie di fascia
insanguinata sul torace ma
non sembra troppo grave. Subito dietro ci sono Durin e mio padre che
trasportano la mamma. Sembra ferita a un braccio. Man mano entrano
anche gli
altri componenti della squadra e cinque persone vestite con i colori
sgargianti
di Capitol City.
Sono
arrivati gli Strateghi.
E davanti a loro c'è il mio carnefice: Venatio Cruel.
Questa
sortita ci è andata
bene, non fosse per Gunther e Fenix, abbiamo avuto solo la mamma e Gale
feriti.
E un Vick incavolato nero che continua a insultare suo fratello.
Supportato
dalle battute al vetriolo di Johanna che è letteralmente
furiosa con suo
marito.
«Cosa
è successo?» chiedo a
Jayson mentre siamo attorno alla mamma.
«Siamo
arrivati alla sala
degli Strateghi e ci siamo scontrati con loro. C'è stato uno
scontro a fuoco e
questo è il risultato: due feriti nostri, cinque prigionieri
e altri... morti»
sospira infine.
L'idea
che Fenix con il suo
coraggio e il suo modo compassato o che Gunther con il suo modo di fare
tutto
fuoco, non entrino più in quella sala a pianificare i vari
attacchi, mi fa
stare male.
Quante
vite ancora, si
porteranno via?
«Bene,
Venatio. Cosa ci
racconti di bello? Perché tutta questa pantomina? Cosa hai
in mente?» chiede
Apollo alzandosi e piazzandosi davanti al capo stratega.
«Cosa?
Io non ho niente in
mente. Non so neanche perché sono stato portato
qui» risponde tranquillo Cruel,
facendomi innervosire parecchio.
«Cominciamo
dall’inizio.
Perché le armi vere nell’arena?».
«Sarebbe
stato più
realistico, ti pare?». China la testa di lato e fa un sorriso
sardonico.
«Più
realistico? Abbiamo rischiato
la vita e altri di noi sono morti!» urlo io lanciandomi
contro di lui come una
furia. Le braccia di Paban e Vick mi trattengono da perpetrare il mio
secondo
omicidio nel giro di pochi giorni.
«Appunto.
Le morti e il
sangue rendono tutto più realistico» ribatte lui.
«Perché
le trappole e gli
ibridi?» chiede ancora Apollo.
«Per
la stessa ragione.
Sospettavamo che dopo il bagno di sangue i ragazzi non avrebbero
più combattuto
tra di loro e così ci siamo cautelati per farli fuori lo
stesso» risponde
Cruel. È freddo, lucido e assolutamente terrificante il tono
che usa.
«Volevate
far sollevare i
distretti contro il governo?» sbotta Vick.
«Noi?
Non siamo responsabili
per quello che fa il popolo».
«Lascia
stare. Non è
abbastanza intelligente per aver orchestrato un piano simile»
interviene
Plutarch. «Io avrei potuto. Avevo i mezzi e le
capacità ma lui no. Lui deve
avere chi ordina. Giusto, Venatio. Sei sempre stato brillantemente
mediocre».
Il
silenzio copre le ultime
vibrazioni sonore della sua stoccata.
Vedo
il collo di Cruel
ingrossarsi e diventare rosso di rabbia.
«Brillantemente
mediocre? Tu
dici? Grazie alla mia mediocrità Panem è di nuovo
a ferro e fuoco. Finalmente
la Paylor lascerà il posto da primo ministro e il potere
tornerà a Capitol
City! A chi lo merita. A chi ha perso tutto con la caduta di Snow e se
lo
riprenderà adesso. Portando ordine. Rispetto alla capitale
come avrebbe sempre
dovuto essere!» declama con voce stentorea.
«Ma
non tu» dice papà
tranquillo.
Tutti
ci voltiamo verso di
lui. Non sarà Cruel a prendere in mano le redini del potere?
Perché avrebbe
fatto tutto questo allora?
«No.
Hai ragione, Peeta
Mellark. Non sarò io». Un sorrisino sardonico
increspa le sue labbra.
«Esattamente
come dicevamo
prima. Tu sei comandato da qualcuno. Dicci chi
è!». Non è una domanda, è un
ordine quello che ulula Apollo. La sua calma proverbiale si sta
volgendo in
rabbia contro il capo degli strateghi.
«Non
c’è nessun capo. Siamo
tutti uguali e stiamo lavorando per il bene di Panem». Sembra
quasi una frase
impostata per evitare di dire cose compromettenti.
«Tu
non parteciperai al
governo. Nessuno dei distretti potrebbe accettarti dopo quello che hai
fatto
negli Hunger Games della Pace» azzarda Paban. «E
sappiamo tutti che per andare
al governo, oggi come trent’anni fa, si deve avere il
sostegno dei distretti,
altrimenti ci troveremmo nella rivolta e tra i morti ancora una
volta».
«Esatto»
esclamo
avvicinandomi al ragazzo del mare e fissando Cruel
«Perciò se tutto questo fa
parte di un piano… sapete già chi
salirà al potere e questo è qualcuno che
è
dalla parte dei distretti».
Il
capo degli Strateghi
sorride e ci squadra uno a uno. «Non riuscirete mai a capire
tutto il quadro».
Il
quadro… il quadro di
insieme…
Guardo
mia madre e lei fissa
me. Non so perché ma mi si spalanca la mente in
quell’istante e forse anche a
lei, visto che sgrana gli occhi come se avesse raggiunto la meta.
Apriamo la
bocca e all’unisono esclamiamo «Elki
Cox!».
«Certo!
Cox! Il capo della
milizia!». Apollo sbatte la sua mano sul tavolo, come a dare
più enfasi a
quello che ha detto.
«Chi?
Quella mezza sega? Non
sarebbe capace a mettere insieme due lettere per fare un
articolo» risponde
Cruel sghignazzando.
Lui
è convincente, chi lo è
di meno sono i suoi colleghi strateghi. Uno in particolare,
seminascosto dietro
al capo che è diventato rosso ed inizia a sudare
copiosamente.
«E’
Cox. Vero?» chiedo a
quello. Lui abbassa gli occhi ma non risponde e per noi è
più chiaro che se
l’avesse urlato.
«No!
Non è Cox. Non è lui,
credetemi» comincia a gridare il capo degli strateghi, ma
nessuno gli da retta.
Siamo tutti tesi a capire le prossime mosse da attuare.
Siamo
tutti così distratti
che non ci accorgiamo neanche del salto che fa Cruel contro Durin,
disarmandolo
della pistola per poi voltarsi verso lo stratega traditore e freddarlo
con un
proiettile in fronte. «Idiota!» dice come elogio
funebre, prima di venire
disarmato da almeno tre di noi.
«Durin,
accidenti! Potevamo
avere altre informazioni!» protesta Plutarch, ordinando lo
sgombero del cadavere.
«Adesso
andate a medicarvi e
voi accompagnateli. Io, Plutarch e… Vick faremo il punto
della situazione. Ne
parleremo insieme più tardi» ordina Apollo,
indicando noi, la mamma e Gale con
Johanna e altri combattenti.
Ho
sentito una esitazione
prima del nome di Vick. Probabilmente stava per dire Fenix, ma lui non
c’è più.
Per
arrivare all'infermeria
di questo palazzo è cosa abbastanza veloce. Ormai abbiamo un
medico in pianta
stabile da noi, visto tutti i rappezzi che deve fare. Si mette subito a
visitare
la mamma, mentre spedisce Gale in ospedale. Lui è
più grave e non è in grado di
curarlo qui.
«Così...
Elki Cox?» commenta
Jayson, sedendosi accanto a Grace su una delle poltroncine per le
attese.
«E'
solo una sensazione, ma
anche la mamma è della mia idea. Ho visto dei filmati che
vengono dai
distretti. Lui sta facendo comizi su come ci sia un'ombra che spinge il
governo
a comportarsi contro il popolo e che lui non ordinerà
più ai suoi uomini di
combattere contro persone inermi» spiego.
«In
pratica non sta accusando
nessuno ma si sta ergendo a difensore di Panem e così si
farà amare e potrà
acclamare il potere una volta che la Paylor sarà destituita
o darà le
dimissioni» ragiona Paban ad alta voce.
«Ho
la sensazione che ormai
alla Paylor rimaniamo solo noi» mormora Jayson.
«No.
Ha la Ghiandaia
Imitatrice al suo fianco e Panem non è tanto vecchia da
avermi dimenticato»
replica mamma, uscendo dalla sala medicazioni con un braccio appeso al
collo e
papà al suo fianco.
«Se
lasciamo che Cox continui
con il suo piano, rischieremo di trovarci di nuovo con un presidente
simile a
Snow. Dobbiamo trovare il sistema per far calare i consensi del capo
della
milizia o saremo tutti finiti». L'analisi di mio padre
è quanto di più brutto
riesco ad immaginare. Rievoca scenari terribili come i vecchi Hunger
Games
della violenza. I veleni che la facevano da padroni trent'anni fa.
Durin
arriva di corsa.
«Ragazzi! C'è una nuova conferenza pubblica di
Cox... sembra che vogliano
assalire il palazzo presidenziale!» annuncia.
Assieme
torniamo di corsa
nella sala dei video. Gli strateghi sono stati portati via e ci siamo
solo noi.
Mi sento l'ultimo baluardo a difesa della libertà.
Nello
schermo un viso deciso
e dal sorriso affabile tenta di spiegare la situazione politica di
Panem
senza far sembrare nessuno colpevole. Sono innocenti gli strateghi,
sono
innocenti i militi, sono innocenti i rappresentanti del governo, è
innocente
il presidente. E chi sono i colpevoli di tutto questo caos? Noi
candidati
mandati a morire, forse?
Il
pubblico acclama eccitato
ed io non stacco gli occhi dallo schermo.
All'improvviso
si sente una
voce seguita da decine di altre “Cox presidente! Cox
presidente! Via la Paylor!
Cox presidente!”
«Ecco!
Ci siamo! È iniziata
la sua parte conclusiva del suo piano. Adesso attaccheranno il palazzo
presidenziale e deporranno la Paylor» dice Apollo.
«Cosa
possiamo fare?» chiede
Agrom, dando voce ai nostri pensieri.
Non
possiamo cedere il potere
a un soggetto simile. Un uomo che non ha esitato a complottare contro
dei
poveri ragazzi e mandarli al macello per scatenare una reazione a
catena che ha
portato a decine di morti e ben più feriti. Un potere malato.
«Dovremo
combattere ancora.
Dobbiamo rispolverare tutti i crediti che avevamo trent'anni fa.
Dobbiamo
trovare consensi anche noi» dice Plutarch.
«Combattere?»
fa qualcuno.
«Combattere»
conferma Apollo.
Vedo
molte teste piegarsi a
questa conclusione. Fissarsi le scarpe assorti nei pensieri
più tristi.
Combattere contro tutta la milizia di Panem è un suicidio.
Siamo circa trenta
persone e non riusciremo certo a fermare questo colpo di stato da soli.
Dovremo
trovare degli aiuti e i migliori arriveranno dagli abitanti dei
distretti, dal
popolo.
«Dovremmo
inserirci nelle
trasmissioni di Capitol City e trasmettere la nostra versione dei
fatti»
propone John.
«Avessimo
ancora Beetee. Lui
saprebbe come fare tutto questo. All'epoca della rivolta era un
mago» commenta
mio padre.
Stiamo
cercando di trovare una
soluzione e mi sembra di annaspare come un pesce nella rete, senza
sapere cosa
fare.
«Mettiamo
alcune sentinelle
nei pressi del palazzo presidenziale, per sapere quando inizia
l'assalto»
propone Plutarch.
«Dobbiamo
essere precisi e
finalizzati a dei chiari obiettivi. Se sappiamo chi o cosa dobbiamo
colpire,
basteranno meno persone e saremo più incisivi»
precisa Apollo.
Le
discussioni proseguono per
altre ore estenuanti.
Alla
fine si decidono le
squadre. E a questo punto iniziano i problemi e i litigi.
Riuscire
a convincere mamma e
papà che vogliamo partecipare sembra un problema
insormontabile. Si sono
coalizzati per impedirmi di combattere. Per non parlare di Paban, che
è ben
felice di dar loro man forte. E Jayson che, non
solo si trova con lo stesso mio divieto, a anche con Grace
che non vuole
che lui partecipi, insultandolo quando lo nomina
“piccolino”.
Non
volendo disturbare gli
altri ci siamo diretti in una stanza vicino a continuare le nostre
discussioni.
«Jayson,
non puoi venire
anche tu. Sei troppo piccolo» protesta mia madre.
«Combatto
con la spada, so
tirare con l'arco e me la cavo con i fucili. E sono cose che mi hai
insegnato
tu. Perché adesso mi ritieni piccolo? Quando andavamo a
caccia insieme non mi
dicevi che ero troppo piccolo». Non ha tutti i torti. Inoltre
ha dimostrato di
sapersela cavare in molte situazioni spinose e di questi tempi, si
cresce in
fretta. Definirlo piccolo non è essere giusti.
«Sono
solo preoccupati per
te» interviene Grace.
«Non
hanno capito che sono in
grado di fare le stesse cose che fanno loro» ribatte mio
fratello. «E Chyna?
Anche lei vuole uscire con le squadre di attacco. Impedirete anche a
lei di
combattere?».
«Lei
non esce di qui»
puntualizza Paban.
«E
chi dovrebbe andare? Tu,
che non ti reggi in piedi?». Sta diventando un litigio in
piena regola dove
tutti sono contro tutti. «Diciamocelo. Tu sei meno efficiente
rispetto alla
sottoscritta. Non sei in grado di essere preciso e svelto come
me».
Lui
sbuffa ma non fa altro
che ribadire il suo ordine. «Tu non esci».
Le
lotte continuano con papà
che vuole far restare la mamma, me e Jayson. Noi che vogliamo uscire e
Grace e
Paban che si oppongono.
«Smettila
di fare il bambino,
Jayson» urla Grace a mio fratello.
«Bambino?
Ti faccio vedere io
se questo è da bambino» sibila lui, prima di
strattonarla tra le braccia e
schiacciare la sua bocca su quella della ragazza.
Cala
il silenzio. Finalmente
Jayson è riuscito a far stare tutti zitti.
Quando
i due si staccano,
attendo ansiosa qualche reazione da parte di Grace. Tipo un ceffone o
uno
spintone, un urlo oltraggiato o semplicemente andarsene. Invece
arrossisce e
china la testa, fissando i suoi piedi. «Jayson, che
fai?» mormora sottovoce.
Sembra davvero imbarazzata, ma dal sorrisino che le spunta, anche molto
contenta.
«Ti
dimostro che non sono un
bambino e spero proprio di averti convinto, altrimenti mi prenoto per
quando
questa storia sarà finita... ci sarà tutto il
tempo».
Lei
lo guarda e annuisce.
«Non sei un bambino» conferma. Mi sa tanto che
abbiamo assistito al primo passo
di una bella storia.
«Non
potete impedirmi di
uscire con gli altri. Non posso rimanere ancora qui. Cox ha ucciso
Christal e
Alicia e Bor e Thabo e il mio amico Dick. Come faccio a dimenticarmi di Ilixo? E di Douce?
Non
posso perdonare un macellaio simile e voglio avere la
possibilità di
vendicarmi, o almeno di proteggere la libertà e impedire che
succedano altre
volte queste cose terribili».
Nessuno
di loro mi può
contraddire su questo. Ho diritto di andare al palazzo presidenziale e
ho
diritto di combattere per quello in cui credo. I miei genitori avevano
la mia
età quando si trovarono a lottare contro Snow e lo
strapotere di Capitol City
ed io voglio la stessa possibilità oggi.
Restiamo
a guardarci tutti in
cagnesco, fino a quando mio padre emette un lungo sospiro rassegnato.
«Tutti
noi vogliamo
partecipare e nessuno ci farà cambiare idea. È il
nostro modo di amare e di
proteggere chi amiamo... farete tutti attenzione e al minimo cenno di
pericolo,
vi ritirerete in un luogo sicuro. Questo è il mio
accordo» propone.
«Accetto»
dico precipitosa.
«Accetto»
conferma mamma.
«Accetto»
le fa eco Jayson.
«Anche
noi» dice Grace
indicando se stessa e Paban.
La
contrattazione è finita.
Possiamo tornare dagli altri e prepararci per la battaglia. Sento che
è vicina
e non vedo l'ora di avere Cox tra le mani. Non lo chiedo come mio
trofeo
personale. Ma se riuscissi ad ucciderlo personalmente, ne sarei
estremamente
felice e soddisfatta.
«Ragazzi!
Stanno marciando
verso il palazzo presidenziale!» grida Agrom.
È
arrivato il momento.
Plutarch
resterà alla base,
cercando di coordinare le operazioni da qui.
Vengono
distribuite le armi.
Fucili e per me, mamma e Jayson, archi e faretre piene di frecce
normali,
esplosive e perforanti.
«Katniss,
abbiamo cercato di
trovare qualche cosa che ti facesse assomigliare alla Ghiandaia
Imitatrice. È
una delle poche carte che possiamo giocarci» dice Apollo,
indicando una tutta
nera con macchie bianche sulle maniche.
Tremo
leggermente. Avremo
bisogno di tutto l'aiuto possibile. E l'unico aiuto in cui possiamo
sperare è
l'appoggio dei distretti e del popolo di Panem.
Usciamo
alla spicciolata
diretti verso il centro della capitale. Sotto i mantelli abbiamo le
armi. Io
sono in compagnia di Paban, Jayson e Grace. Mamma e papà
sono già usciti. In
gruppetti da tre o quattro persone non diamo nell'occhio. Nessuno fa
caso a noi
e man mano ci uniamo alla folla che si sta avvicinando al palazzo
presidenziale.
Mi
guardo attorno e vedo i
miei compagni vicini e distanti, fare piccoli gesti per segnalare le
loro
posizioni. Siamo sparsi nella piazza e controlliamo tutte le vie di
accesso. Ci
sono parecchi militi, ma non sono con la divisa completa.
C'è a chi manca
l'elmetto, a chi il giubbetto, come se con questa dimenticanza, fossero
più
connessi alla gente comune.
«Vorrei
tanto ci fosse
Haymitch» sento sospirare mia madre alle mie spalle, coperta
da una coperta
drappeggiata come un mantello.
«Anche
io» conferma mio
padre.
Zio
Haymitch era il mentore
dei miei genitori nelle edizioni degli Hunger Games nelle quali hanno
partecipato ed era l’unico che riusciva a comunicare con mia
madre senza neanche
parlare. Sembrava avessero una connessione mentale quei due e se devo
essere
sincera, manca molto anche a me. Sono sicura che tra lui e la mamma,
avrebbero
scoperto molto tempo prima tutto il piano di Cox.
«Eccolo»
mormora Paban.
Ci
voltiamo leggermente e
vediamo l’agitarsi delle teste nella piazza attorno a un
punto che si muove in
obliquo verso il portone principale del palazzo. Sembra
l’onda del mare che va
a infrangersi sulla battigia. Man mano le teste si agitano, si voltano,
e poi
tornano quiete mentre l’oggetto della tensione avanza.
«Cox!
Cox! Cox!» sentiamo
scandire dagli spettatori.
Anche
accanto a noi le
persone agitano le braccia e inneggiano al capo della polizia.
«Vorrei
trapassargli il cuore
con una freccia esplosiva e far scoppiare il resto del suo corpo in
modo che
non ne resti nessuna traccia» sibilo con odio. Sento odio
puro nel mio cuore
contro quell’uomo che ha ucciso i miei compagni. Che ha
ucciso la dolce
Christal e il suo amore Bor. E Alicia. E Ilixo. E Thabo, il dolcissimo
Thabo
dalla pelle di ebano e dal sorriso così aperto. E Douce. E
il mio caro Dick. Loro
avevano diritto di vivere e invece sono morti. Piano terrificante di
quel
essere che vuole il potere su Panem. Lo voglio morto.
«Calmati,
Chyna. Non reagire
in questo modo. Tua madre non ha pensato ed è stata isolata
per anni come una
pazza, non vorrai fare la stessa fine? La storia non deve
ripetersi» mi
risponde Paban stringendo con forza il mio braccio e facendomi tornare
alla
realtà.
Non
dobbiamo farci prendere
dalle emozioni.
Abbiamo
studiato un piano che
implica sangue freddo. Se ci facciamo prendere dalla frenesia della
vendetta,
creeremo il caos e non varrà a nulla il nostro tentativo di
salvare Panem da
una dittatura peggiore di quella di Snow. Perché sono
convinta che sarà
peggiore. Lui ha agito nell’ombra. Ha fatto uccidere, ha
giocato sulla mente
del popolo. Ha seviziato e ucciso il nostro libero pensiero,
convincendoci che
lui fosse il bene. Snow non è mai riuscito a fare tanto. Se
ne fosse stato in
grado, oggi sarebbe ancora qui.
Dobbiamo
smascherare Elki Cox
per quello che è. E lo faremo qui, in piazza con le
telecamere che stanno
riprendendo tutto in diretta e i vari microfoni che John e Shae hanno
piazzato
su di noi per avere l’audio più ampio possibile.
Deve essere tutto chiaro,
senza ombre, senza dubbi. E lui sarà inchiodato alle sue
colpe e noi saremo
liberi.
Improvvisamente
il punto dove
si trova il capo dei militi, sembra iniziare ad avanzare velocemente e,
a pochi
passi dal portone di ingresso del palazzo presidenziale, questo si
spalanca
completamente consentendo l’entrata trionfale del traditore
della patria.
Subito
le ante si richiudono
e il popolo continua ad inneggiare al finto salvatore.
«Cox!
Cox! Cox!». È
assordante.
Passano
alcuni minuti. Sappiamo
che Apollo e alcuni uomini fidati, tra cui i più addestrati
Durin e Agrom, sono
all’interno del palazzo, entrati attraverso dei passaggi
segreti lasciati
aperti appositamente dalla Paylor in persona.
Se
fossero riusciti ad
attaccare il capo dei militi, appena entrato, la rivolta sarebbe finita
ancora
prima di iniziare e senza alcun ferito.
Purtroppo
niente può essere
così semplice.
Dopo
parecchi minuti di
attesa ecco che finalmente Elki Cox appare sul balcone presidenziale,
quello da
dove la
Paylor
faceva i discorsi nelle occasioni di feste e proclami.
«Popolo
di Panem!» un boato
accoglie il suo inizio.
«Eccomi,
a difendere la
vostra vita… Ho sempre preso questo impegno, da quando mi
sono arruolato nei
militi… E adesso sono qui per continuare a difendere la
libertà dall’oppressione
e dal tradimento… In questo momento… con il
vostro sostegno… depongo la
presidente Paylor e la arresto per crimini contro il
popolo!». A ogni
interruzione scoppia un boato più forte. Tutto il pubblico
in piazza
inneggia verso Cox.
«Guarda
lì» mi sussurra
Jayson indicando una persona con un lieve cenno della testa. Osservo
meglio e
vedo che è il primo che urla accanto a noi ed è
quello che da sempre il via
alle voci acclamanti di questo lato della piazza.
«E’
sicuramente uno d’accordo
con lui» rispondo sottovoce.
Probabilmente
ci sono altri
mischiati nella piazza che incitano alle ovazioni. Così come
c’erano quando
avevano lanciato i sassi contro il palazzo presidenziale più
di un mese fa.
Ed
ecco che trascinano fuori la Paylor, legata e con un
vistoso livido sulla guancia rugosa e rossa.
Lei
si agita e i suoi capelli
color ferro, si sciolgono dal lato destro del viso, coprendo lo zigomo
colpito.
«No! Lasciatemi! Non sono io la colpevole!».
Di
nuovo l’uomo accanto a noi
urla il suo “Buuuu!” lungo e acuto, seguito da
altri in varie parti della
piazza.
«Non
possiamo aspettare
troppo» dice Grace.
«Aspetta.
Vediamo cosa fa lui»
risponde mio padre che ci ha raggiunti.
Le
nostre armi sono ancora
ben coperte e nessuno ci sta guardando.
Cerco
di ricordare il punto
esatto dove ci dobbiamo posizionare prima di rivelarci. Noi tre saremo
sotto lo
sguardo di tutti ad attirare l’attenzione. Mentre Apollo
metterà ai ferri Cox e
noi parleremo al popolo.
Mia
madre Katniss, la Ghiandaia Imitatrice
è la sola che possa catalizzare tutta l’attenzione
della piazza. Mio padre al
suo fianco per ricordare gli sfortunati innamorati ed io per
rappresentare chi
ha perso più di ogni altra persona a Panem. La candidata
più famosa degli
ultimi Hunger Games della Pace.
Controllo
ancora una volta l’arco,
sfioro la faretra al mio fianco e controllo il microfono che ho
appuntato al
petto e che è collegato a due grossi amplificatori
posizionato ai lati della
piazza, in modo che le mie parole vengano udite da tutti anche se parlo
piano.
Noi
tre siamo equipaggiati in
questa maniera.
Il
cuore mi batte fortissimo,
e per un attimo la vista si annebbia e poi tutto diventa scuro, per poi
tornare
brillante e luminoso. Maledizione! Sfrego la fronte come a voler
diradare la
nebbia dalla vista. Fortuna che nessuno se ne accorge.
Lentamente,
come se fossimo
spinti dalle persone attorno a noi, ci spostiamo verso il punto dove
c’è un
piedistallo vuoto, lasciato lì a ricordo del punto dove Snow
venne ucciso
durante la rivolta dei distretti di trenta anni fa.
È
abbastanza grosso per
sostenere noi tre senza restare pigiati e nello stesso tempo ci
permette di
essere più in alto rispetto a tutti gli altri cittadini. Per
ora ci sono solo
un paio di ragazzini seduti lì sopra, ma quando arriveremo
noi faremo il vuoto.
Nel
frattempo altri ribelli
come noi, si disporranno attorno per difenderci da eventuali attacchi
di militi
infiltrati tra la gente.
È
pericoloso ma è l’unico
modo che abbiamo per fermare quel pazzo che ha fatto precipitare Panem
di nuovo
nel caos e nella guerra.
«Uccidila!
Uccidi la
Paylor!» grida qualcuno e
altri si accodano a questa richiesta folle.
Ormai
non c’è più tempo. Dobbiamo
agire subito o sarà troppo tardi.
«Ci
deve essere un processo!»
risponde Cox con un sorrisino compiaciuto sulle labbra.
«E’
colpevole! Uccidetela!»
risponde la piazza assetata di sangue.
Lentamente
vedo un fucile
levarsi tra le teste che popolano la piazza e puntare verso il balcone.
Probabilmente
un cecchino assoldato dal capo dei militi che ha il compito di uccidere
la
Paylor prima del processo. Ucciderla
ora.
Cox
risulterebbe innocente. Aveva
difeso la presidente perché voleva un processo, ma senza
imputato la colpa
sarebbe tutta della defunta, lui il difensore degli oppressi e,
probabilmente,
assumerebbe il potere con il beneplacito della piazza.
Non
deve andare così. Non può
andare così.
In
quel momento vedo mia
madre iniziare a correre e lanciarsi sul piedistallo, mentre mio padre
zoppica
cercando di starle dietro.
In
un attimo lei è in piedi
al centro della pietra, sopra tutti gli altri.
Sembra
che abbia attirato
tutti gli sguardi su di sé. Toglie la coperta con un solo
gesto e la lascia
cadere sul selciato della piazza, facendo ammirare la sua tenuta nera
con
strisce bianche.
Imbraccia
l’arco e afferra
una delle frecce della sua faretra, la incocca e la punta contro il
balcone
presidenziale. Contro Cox.
«Sono
Katniss Everdeen! La ragazza
di fuoco! Sono la Ghiandaia Imitatrice!
E sono qui per difendere la libertà di Panem!»
urla a gran voce.
Gli
amplificatori aumentano
il suo tono a dismisura, azzittendo per un attimo qualsiasi persona nel
raggio
di tre isolati.
Poi
la piazza esulta. Esulta e
inneggia all’eroe che non è più Elki
Cox. L’eroe è mia madre.
---ooOoo---
Angolino
mio:
ed
eccoci qui. Penultimo capitolo.
pienissimo
di eventi,
tensione e un pochino di paura.
Siamo
alla resa dei conti.
La domanda è, riuscirà Katniss a non essere
impulsiva come trenta anni prima? Riuscirà
a far capire a tutti le sue ragioni? Oppure ucciderà Cox
come aveva fatto con la Coin?
Come
si dice? Lo saprete
alla prossima puntata.
L’ultima.
Come avevo
promesso 30 capitoli.
Lasciatemi
le vostre
impressioni, sono curiosissima di sapere quello che ne pensate.
Non
vi lascio alcuno
spoiler questa volta. Tutto deve essere avvolto dal mistero. Cosa
succederà lo
sappiamo solo io e la mia fida chiavetta usb.
Vi
auguro una buona festa
e, ringraziando per l’attenzione, vi rimando alla prossima
settimana.
Baciotti
|
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Capitolo 30 *** la vittoria ***
Ciao
a tutti!
Eccoci
al nuovo capitolo.
Al
nuovo ultimo capitolo.
Ringrazio
tutti quelli
che, con costanza ammirevole, si sono sorbiti tutti i trenta capitoli
di una
lunghezza stancante, si sono appassionati alla sfiga della protagonista
che è
più perseguitata di Calimero, che hanno recensito facendomi
sentire supportata
e incentivandomi a continuare, che si sono divertiti e hanno sopportato
i miei
orrori.
Ecco
l'ultimo banner che
ha prodotto Elenri.
SORPRESA!
Ebbene sì, è
l'ultima puntata.
Commenti
alla fine e
ora... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Sono Katniss Everdeen!
La ragazza di fuoco! Sono la
Ghiandaia Imitatrice! E sono qui per difendere la libertà di
Panem!» urla a
gran voce.
Gli amplificatori aumentano il suo
tono a dismisura,
azzittendo per un attimo qualsiasi persona nel raggio di tre isolati.
Poi la piazza esulta. Esulta e
inneggia all’eroe che
non è più Elki Cox. L’eroe è
mia madre.
Cox
sorride a mia madre come
se fosse lì ad inneggiare a lui. «Anche Katniss
Everdeen è qui per difendere
Panem! Esattamente come me! Faremo di tutto per liberare il popolo dai
traditori della pace!». Un altro boato fa tremare la piazza.
Altre grida di
giubilo tra i presenti.
Mio
padre si issa sul piedistallo
dove mia madre continua a tenere Cox sotto tiro.
«Non
ci devono essere altri
morti! La pace è questo!» dice, trasmettendo con
gli amplificatori in tutta la
piazza, poi copre il microfono.
«Katniss!
Katniss, smettila!
Metti giù la freccia, non puoi ricominciare. Ti
arresteranno, ti drogheranno di
nuovo. Non potrai più uscire dal distretto 12. Sarai
confinata. È questo che
vuoi? Che esempio dai ai tuoi figli?» sibila sottovoce.
Io
sono ai loro piedi. Sento
quello che dice mio padre e so che ha ragione.
Abbiamo
l’attenzione del
popolo. Nessuno può colpire senza far scatenare le ire della
piazza. Siamo
pronti e attenti. Dobbiamo giocarcela bene.
Tra
poco Apollo prenderà Cox
in custodia e noi potremo produrre il testimone e spiegare il piano del
traditore.
Solo così riusciremo a farcela.
Salgo
sulla piattaforma con i
miei genitori.
«Sono
Chyna Mellark! Sono la
candidata per il distretto 12 dei settimi Hunger Games della
Pace!» dico con
voce chiara, ripetuta dagli amplificatori ai lati della piazza.
«Sono stata
sorteggiata nel mio distretto con l’inganno! Mi hanno
allontanato dal nostro
mentore! Mi hanno confinato negli alloggi senza parlare con nessuno e
poi mi
hanno gettata nell’arena a combattere con armi vere. A dare
la morte ai miei
amici!». Nessuno fiata. Mia madre tiene ancora Cox sotto tiro.
«Hanno
disseminato di
trappole mortali e ibridi tutta l'arena! I mentori ci hanno
rintracciato e
hanno dovuto cercare di abbattere degli hovercraft che ci stavano
bombardando!
Venticinque candidati sono morti e vogliono il colpevole!»
grido forte.
Subito
un boato della gente
accompagna la mia ultima affermazione. Tutti vogliono il colpevole.
«La
Paylor! La Paylor è
colpevole! La presidente!» varie voci si sovrappongono
indicando comunque la
Paylor come imputata e già condannata dalla folla.
«No!»
urlo più forte e grazie
agli amplificatori tutti mi sentono. «Non è stata
la Paylor».
A
questo punto cala il
silenzio nella piazza. Tutti mi ascoltano rapiti e curiosi.
«Abbiamo
dei testimoni e
sappiamo chi è stato» concludo. Mio padre incalza
subito dopo di me.
«E'
una persona potente, che
aveva un posto di prestigio».
«E'
una persona che ha finto
di difendere il popolo per farsi amare ed eleggere a suon di
piazze» aggiunge
mia madre, sempre con la freccia incoccata e senza cedere dalla mira.
Probabilmente il suo braccio pulsa di dolore ma lei è una
che stringe i denti,
come ora.
«E'
qualcuno che aveva la
possibilità di scavalcare e cambiare gli ordini del governo
e della presidente
e di farli sembrare come non suoi». Stiamo inchiodando il
coperchio della bara
di Cox. La gente
comincia a
rumoreggiare.
«E'
una persona che poteva
organizzare le mietiture e incaricare gli Strateghi come meglio gli
piaceva».
«E'
una persona che ha il
potere delle armi e può disporne meglio che non il
presidente stesso» concludo.
A
quel punto, più di una
persona inizia a mormorare il nome di Cox, intuendo quello che era
accaduto.
Quando il rumore inizia a sovrastare le proteste che lo stesso Cox sta
urlando
dal balcone presidenziale, papà annuncia.
«Abbiamo
i testimoni» e
trascina sul piedistallo Venatio Cruel ammanettato, mentre io mi
affretto a
scendere e mi trovo avvolta dalle braccia protettive di Paban.
I
rumori sono sempre più
pressanti. Le persone presenti vogliono sapere.
«E'
vero» dice Cruel a voce
bassa. Grazie agli amplificatori, a nessuno sfugge la sua ammissione.
«E'
Cox colui che ha
organizzato tutto, per destituire la presidente Paylor e farsi eleggere
nuovo
presidente di Panem». La piazza è completamente
ammutolita e lo rimane per
qualche secondo, prima di esplodere in una cacofonia di proteste e
incredulità.
Con
la coda dell'occhio, vedo
il fucile che prima era puntato contro la Paylor, spostarsi verso il
piedistallo e un instante dopo, sparire sotto le mani di due dei
nostri. Hanno
cominciato ad agire.
«Non
è vero!» risponde
urlando Elki Cox. «E' una manovra della Ghiandaia Imitatrice.
Ricordatevi
l'ultima volta. Ha ucciso un presidente senza ragione».
Vedo
che mia madre fremere
indignata. Anche la storia ha dimostrato che lei era nel giusto. Negli
anni,
quando tutto è andato a tranquillizzarsi, Plutarch ha
portato le prova in
televisione e tutti hanno potuto sapere che era stata la Coin a far
uccidere i
bambini di Capitol City e poi a uccidere i nostri medici con il resto
delle
bombe. Era stata lei a far uccidere mia zia Primrose.
«Voi
sapete che la Ghiandaia
Imitatrice è dalla parte del popolo. Lo è sempre
stata! E lo è anche ora!» urla
papà, cercando di spegnere le proteste sul nascere.
«E’
stato Elki Cox a
organizzare tutto» dice Cruel ormai alle corde. «E
anche gli altri strateghi
possono confermarlo».
I
nostri uomini hanno fermato
qualsiasi tentativo di assalto al nostro piedistallo, arrestando di
fatto i
sobillatori della piazza.
I
militi che non fanno parte
del complotto, guardano stupiti il loro comandante in capo, cercando di
comprendere come e quando siano diventati delle pedine loro stessi.
All’improvviso,
alle spalle
di Cox, compare Apollo che, insieme a Durin, Agrom e gli altri della
sua
squadra, imprigiona il capo della milizia e libera la presidente Paylor.
Un
grido di esultanza scoppia
attorno a noi, coprendo le parole che stanno dicendo sul balcone.
Qualcuno
tira giù Cruel e due
militi, insieme a Vick, conducono lo stratega al palazzo presidenziale.
«Tutti
coloro che sono
invischiati nel complotto contro il legittimo governo di Panem e contro
la
presidente Paylor, verranno giudicati dal popolo in un tribunale
straordinario!
Il popolo e i suoi rappresentanti, stabiliranno
l’entità della pena o
l’assoluzione!». Così annuncia Apollo,
non appena si riesce ad avere un poco di
silenzio.
L’esultanza
della piazza è
ancora più grande di quando si tentava di far condannare la
presidente in
maniera pubblica.
Nell'istante
in cui Apollo
cerca di trascinare il capo dei militi all'interno del palazzo, si
scatena
l'inferno tra i sostenitori del governo legale e i fautori del colpo di
stato.
Alcuni sobillatori in incognito estraggono le armi ed iniziano a
sparare in
aria, creando il panico tra il popolo in piazza che cerca di fuggire
indirizzandosi verso le vie di accesso alla piazza.
La
forza della gente
terrorizzata è davvero immensa. Una marea inarrestabile che
travolge tutto
quello che incontra, comprese le persone che cadono e vengono
calpestate dagli
altri che cercano la salvezza.
I
proiettili sibilano e vedo
mia madre lanciare alcune frecce in direzione dei colpi esplosi.
È pericoloso,
perché è in vista e scoperta rispetto a qualsiasi
altra persona.
Con
il terrore che la
colpiscano, mi lancio su di lei per trascinarla di sotto, ma vengo
spintonata
da altri corpi. Vedo mia madre cadere e mio padre lanciarsi per
arrestare il
suo corpo. Io faccio la stessa cosa, ma di nuovo vengo rispedita
indietro.
Solo
che questa volta non c'è
nessuno a trattenere la mia caduta che si conclude con il corpo sul
selciato.
Mi rannicchio su me stessa, cercando di riprendere il fiato che mi si
è
spezzato per il colpo.
Le
urla rimbombano nelle
orecchie che fischiano.
I
piedi corrono attorno a me,
ma so che tra poco sarò calpestata dalla folla impazzita.
Cerco di strisciare
verso la colonna del piedistallo, in modo da avere un poco di
protezione.
Non
appena arrivo accanto
alla pietra, un colpo alla testa mi fa urlare dal dolore, prima che la
vista si
annebbi per l'ennesima volta e che il buio mi inghiotta senza scampo,
così come
i miei sensi.
Sto
galleggiando. Non sento
più nulla. Sto galleggiando nel buio liquido e calmo. La
folla deve essersi
dispersa e io mi sento tranquilla. So che adesso mi dovrei svegliare,
ma
proprio non riesco ad aprire gli occhi.
«Chyna...
Chyna, ci sei? Apri
gli occhi, amore. Chyna, tesoro, svegliati» sento dire a un
Paban dal tono di
voce estremamente preoccupato.
Devo
svegliarmi. Voglio
svegliarmi per sapere se stanno tutti bene.
«Dottore,
perché non si
sveglia ancora?». Dottore?
«Tranquillo,
ragazzo. Tra
poco sarà tra di noi. Non ci sono ragioni perché
non si debba svegliare»
risponde una voce che non conosco.
«Come
stanno i Mellark?»
chiede Paban. I miei genitori? Mio fratello? Cosa è
successo? Sono in pericolo?
Stanno male? Sono feriti? Vi prego, ditemi qualcosa!
«Katniss
e Peeta, hanno solo
qualche escoriazione e sono in sala medicazioni. Jayson ha subito
più traumi da
schiacciamento quando si sono mossi in piazza. Lo stanno operando in
questo
momento, ma dovrebbe cavarsela» risponde la voce.
«Grace?».
«La
ragazza con Jayson
Mellark? Sana e salva. Sta aspettando notizie anche lei».
Sospiro
e prego che vada
tutto bene a mio fratello.
Sento
un gemito e un lamento
e subito Paban si avvicina al mio letto. «Chyna. Chyna mi
senti? Ti prego, apri
gli occhi. Amore. Ti prego». Mi stupisco nel comprendere che
il lamento era il
mio.
Apro
gli occhi e deve essere
ancora buio, perché non vedo neanche la punta del mio naso.
Richiudo gli occhi
e un gemito di fastidio mi esce dalla bocca. Okay, sono io che mi sto
lamentando. Adesso è chiaro.
«Chyna,
ti sei svegliata»
esclama Paban con un tono felice. Sento che si ha abbracciato e il suo
profumo
di sole e sale mi avvolge tutta. Anche a distanza di tempo lontano dal
mare, il
suo odore non sarà mai diverso. Il distretto 4 è
radicato in lui, più di
qualsiasi altra cosa.
«Cos’è
successo?» mormoro con
la gola secca che raschia.
«Abbiamo
vinto. È tutto
finito. Elki Cox è stato arrestato, così come gli
strateghi e i presentatori
che hanno collaborato a questa congiura. Stanno già
predisponendo per il
processo. Sarà un evento che probabilmente sarà
trasmesso anche in televisione.
Credo che avrà più successo degli Hunger
Games» dice in fretta e con gran
soddisfazione.
Sento
che mi sto rilassando,
come se mi avessero tolto un peso dalle spalle. «E’
tutto finito» mormoro
incredula. E inizio a ridere, felice.
Dopo
qualche minuto di risate
incontrollabili e abbracci, torno me stessa. Non
c’è la mia famiglia vicino a
me. Perché?
«Dove
sono gli altri?»
domando.
«Sono
accanto a Jayson.
L’operazione è andata bene. Hanno dovuto
togliergli la milza ma non ci saranno
altri problemi e potrà fare una vita pressoché
normale» risponde il ragazzo del
mare.
«Paban…
ti spiace aprire le
finestre o accendere la luce? Non vedo assolutamente niente e comincio
a
sentirmi a disagio».
Alla
mia domanda segue un
minuto buono di silenzio. «Paban?».
«Chyna…
le luci sono accese»
mormora con voce sconvolta.
«Stai
scherzando? Non sono
cose che mi piacciono, non in questo modo. Dai, Paban, accendi la
luce» insisto
ma nel mio cuore so che ha ragione. Che sta dicendo la
verità. Non mi sono
riposata, ho battuto la testa e i miei annebbiamenti sono peggiorati.
«Non
sto scherzando. La luce
è accesa. Chiamo subito il medico. Non muoverti»
mi ordina e poi sento i passi
pesanti di una persona che corre disperata.
Sulle
mie labbra sento del
liquido salato e mi accorgo di stare piangendo. Non ho ancora formulato
il
pensiero ma il mio corpo ha già capito. Io non ci vedo. Sono
diventata cieca.
Quello
che dovrebbe essere il
medico arriva correndo ed inizia a tastarmi.
«Vedi
niente davanti a te?»
chiede professionale.
«No.
Niente di niente»
rispondo in un soffio.
Per
il cielo di Panem! come
farò a sopravvivere a questo?
«Chyna,
amore… andrà tutto
bene» dice Paban prendendo la mia mano e stringendola.
Paban…
come posso
costringerlo a stare con me con quello che mi sta capitando? I miei
genitori
sono da Jayson, ma so che tra poco saranno qui e quando arriveranno
avrò tutta
l’assistenza di cui ho bisogno. Non voglio che anche lui sia
costretto a
soffrire nel vedermi così. E se non riuscissi più
a riavere la vista? Se
rimanessi sempre così? Come potrei accettare di avere Paban
accanto quando io
non posso rendermi utile? Sarei un peso per lui.
«Dottore,
guarirò?». È la
sola speranza. Se lui mi toglie questa…
«Non
so cosa dirti, è presto
per fare diagnosi. Dobbiamo fare delle analisi e valutare»
risponde
professionale. Al diavolo la professionalità, io voglio
sapere se vedrò ancora
o sarò cieca per sempre.
«Paban,
ti prego, lasciami
sola» gli dico dopo che il dottore se
n’è andato.
«Chyna,
non dire sciocchezze.
Potresti aver bisogno di qualcosa. Ci sono io, qui. Non ti lascio,
tranquilla.
Tu intanto dormi» risponde lui cercando di restare positivo.
«Ti
ho detto di lasciarmi
sola» ripeto. Non riesco ad averlo vicino adesso. Vorrei
guardare il suo viso,
carezzare le sue mani, baciarlo e cominciare a pensare a domani e dopo
e dopo e
dopo. Invece non c’è niente altro che buio. Sento
che è vicino a me ma non lo
vedo e non riesco a non pensare che potrebbe essere così per
sempre.
Mi
allungo verso il comodino
per prendere il bicchiere. So che ne mettono sempre uno pieno per i
pazienti,
ma quando arrivo in prossimità il dorso della mia mano urta
qualche cosa di
freddo e umido e pochi istanti dopo, sento infrangersi del vetro.
«Chyna,
aspetta che ti
aiuto!» dice sollecito il ragazzo del mare.
Questo
è troppo. Non voglio
un infermiere a disposizione giorno e notte e adesso lui sarebbe solo
questo
per me. Non lo voglio legare a un infermo che non è neanche
capace di bere un
bicchiere d’acqua senza aiuto. Deve andarsene.
Sento
dei passi veloci che si
avvicinano e mi sembra di riconoscere la cadenza claudicante di mio
padre.
Infatti poco dopo la voce di mamma arriva alle mie orecchie.
«Chyna,
tesoro, dimmi. Il
dottore ci ha avvisati del tua cecità» dice mia
madre abbracciandomi stretta.
«Non
preoccuparti, amore.
Andrà tutto bene. Il medico dice che probabilmente la botta
che hai preso a
smosso il grumo che si stava riassorbendo. Se le analisi daranno
risposte
positive, dovrebbe operarti domani e tutto tornerà a
posto» aggiunge papà
stringendo la mia mano.
«E
se non succedesse? Se
rimanessi così per sempre? Non vedo nulla! È
tutto buio!» urlo piangendo.
«Non
devi essere spaventata.
Ci siamo noi con te. Se anche dovessi rimanere così, noi ti
staremmo vicini»
cerca di confortarmi Paban, ma è proprio lui che non voglio
vicino se il mio
destino fosse quello.
Prendo
un respiro profondo e
mi rivolgo verso quella che mi sembra l’origine della sua
voce.
«Vattene»
ordino.
«Cosa
stai dicendo?» chiede
mia madre.
«No,
Chyna. Non me ne vado»
ribatte lui.
«Ho
detto vattene! Una volta
mi hai detto che solo io potevo mandarti via. Adesso ti sto mandando
via. Non
voglio che rimani qui. Ci sono i miei genitori con me, non ho bisogno
anche
della tua presenza. Vattene». Mai delle parole sono state
più difficili da
proferire rispetto a queste.
Ho
mandato via il mio cuore.
Se provassi ad ascoltare il battito non lo sentirei più
perché non è qui che
sta battendo, ma con lui. Ormai ne sono talmente consapevole da esserne
sconvolta.
«Come
vuoi». Sento un sospiro
e dei passi che si allontanano. E comincio a piangere.
«Chyna,
non mandarlo via»
prova a dire mio padre, ma io scuoto la testa e mi giro, lasciando che
le
lacrime vengano assorbite dal cuscino, così come i miei
singhiozzi.
Non
so quanto tempo sia
rimasta in lacrime, ma quando arriva il dottore per gli ulteriori
esami, non
piango più da un pezzo.
Papà
ha cercato di farmi
ragionare ma non gli ho dato retta, neanche gli ho risposto. La mamma
non la
sento da quando ho mandato via Paban, e papà mi ha spiegato
che è andata da
Jayson per vedere se stava bene e se si era svegliato
dall’operazione. È
difficile per loro, dividersi tra due figli, entrambi in ospedale.
«Eccoci,
Chyna. Adesso ti
sposto su questa sedia a rotelle e iniziamo a fare gli esami che ci
servono per
domani… pronta per il tour? Voi potete venire ad
accompagnarci, ma dovrete
rimanere fuori dalla sala» dice il medico, ma qualche cosa mi
suona male.
«Voi?»
chiedo. Chi c’è oltre
a mio padre?
«Mia
moglie non viene. Sta
con l’altro nostro figlio che ha subito una operazione
difficile. Resto solo
io» dice papà frettolosamente, poi aggiunge.
«Katniss aveva chiesto di essere
presente, ma visto che gli esami saranno privati è meglio
che lei rimanga con
Jayson finché non si sarà svegliato».
«Jayson
è ancora in
pericolo?» chiedo preoccupata. Mi avevano detto che stava
bene, che
l'operazione era andata alla perfezione.
«Certo che no.
Solo che è giusto
avere un genitore vicino, ti pare? Io sto con te e Katniss con tuo
fratello»
dice con un tono leggermente divertito e io mi tranquillizzo.
È giusto che
anche mio fratello abbia un genitore vicino. Annuisco e mi lascio
trasportare.
«Adesso
io e l'infermiere ti
trasportiamo a fare delle altre analisi» dice il medico, poi
due braccia
muscolose mi sollevano e mi depositano su una sedia a rotelle che
subito viene
spinta verso la mia destinazione.
Le
visite sono davvero
estenuanti, ogni volta, vengo spostata dalla sedia alla barella. Mi
fanno
lastre, misurazioni, analisi del sangue. Vengo sballottata e rivoltata.
L'infermiere a cui mi hanno affidato non si lamenta mai. Anzi, a dire
il vero
non ha mai parlato, continua solo a spingermi e spostarmi quando il
medico
glielo dice. Non so perché ma mi fido di lui.
«Bene,
Chyna. Adesso
studieremo i dati raccolti, nel frattempo tu starai tranquilla nella
tua
stanza. Domani mattina ti prepareremo per l'intervento».
E
devo ammettere di essere
davvero esausta quando mi stendo nel mio letto in camera e in men che
non si
dica sono addormentata.
Forse
è il fatto che vivo nel
buio e non mi accorgo se è giorno o notte. Forse
è che non c’è niente che mi
distragga, nessuna immagine se non i miei ricordi.
Mi
ritrovo ad essere stesa
sul tavolo operatorio dove il dottore mi sta spiegando come funziona
l’anestesia. Io annuisco, anche se capisco davvero poco di
quanto mi spiega.
In
un attimo sento i miei
sensi sfilare via e cado nell’incoscienza.
Spero
che l’operazione vada
per il meglio e che tutto funzioni.
Sia
mamma che papà erano
molto preoccupati questa mattina e quasi non volevano farmi operare. Ho
sentito
Jayson al telefono. Non ha potuto muoversi ma si è svegliato
e sta decisamente
meglio. Riesce a respirare senza macchine anche se è tutto
fasciato. Lui dice
di sembrare una mummia come quella disegnata nei vecchi libri di
papà, io penso
ai bambini piccoli nelle culle dell’asilo.
La
mia mente corre e corre e
non sento altro che i miei pensieri.
Sono
sveglia? Sto dormendo?
Mi stanno operando? Hanno già finito?
Ho
perso la sensazione del
tempo che passa, tanto è tutto buio.
E
ho capito che mi manca
Paban. Non so quanto tempo sia passato da quando l’ho
cacciato in quel modo
orrendo, ma vorrei che tornasse e mi tenesse la mano. Poi mi ricordo le
ragioni
che mi hanno spinta a mandarlo via e capisco di aver avuto ragione. O
forse no.
«Chyna…
ormai è passata una
settimana dall’operazione. Possiamo togliere le bende e
vedere se è andato
tutto bene. Ti abbiamo fatto tenere gli occhi chiusi un po’
più a lungo del
necessario per consentire al tuo corpo di riposarsi. Adesso dovresti
essere
pronta. Procediamo?». La voce del medico è calma e
rilassante e io mi affido
completamente.
«Sì»
dico intimidita.
Sento
le dita armeggiare con
la fascia che mi hanno coperto gli occhi per tutta la settimana
trascorsa. Sono
dita leggere, delicate, abituate a curare il male.
Quando
mi libera delle garze
tengo ostinatamente gli occhi chiusi.
«Apri
gli occhi, piano»
sussurra il medico.
Ho
paura. E se non vedo
ancora nulla? Se l'operazione non fosse riuscita? Resterei cieca per
sempre.
«Coraggio
sorellona. Hai
affrontato di peggio. Devi solo aprire gli occhi» scherza
Jayson che mi ha
raggiunto. Si sta rimettendo in fretta ma non è ancora
pronto per lasciare
l'ospedale. Nonostante questo ha deciso di essere presente quando mi
avessero
tolto le bende.
Da
quando è iniziata questa
faccenda degli Hunger Games, sebbene non fossimo entrambi candidati,
sento che
ci ha uniti come mai prima. So che posso e potrò sempre
contare su di lui e lui
può e potrà sempre fare altrettanto con me.
«Forza,
Chyna» dice anche mia
madre.
Respiro
forte e mi decido.
Piano piano apro gli occhi.
È
ancora buio e mi agito. Non
ci vedo. Sono ancora cieca!
All'improvviso
vedo che si
sta illuminando un tenue puntino al centro del mio campo visivo. Questa piccola luce si allarga
sempre più. Vedo del
bianco poi si aggiunge dell'azzurro e del giallo.
Ombre
che poi diventano
figure sfocate e poi definite.
Sbatto
le palpebre e vedo il
medico davanti a me che mi osserva attentamente, accanto a lui i miei
genitori
che sorridono quando si accorgono del mio sguardo su di loro. Giro
leggermente
la testa e vedo Jayson dall'altro lato del letto seduto sulla sedia a
rotelle,
accanto a lui Grace e più indietro Paban.
È
tornato. Sorridergli mi
viene automatico.
«Avevo
detto di andartene»
gli dico.
È
implicito che ci vedo e mia
madre afferra subito la mia affermazione scoppiando a piangere per il
sollievo
e abbracciando stretto mio padre. Per lei vuol dire tanto. Siamo
riusciti ad
uscirne interi. Acciaccati ma interi.
«Vero»
mi risponde Paban
facendo spallucce. «Però ho deciso che neanche tu
puoi mandarmi via».
«Sei
sempre stato qui?»
chiedo.
«Non
è mai andato via. Hai
sentito la mamma che si allontanava. E ti ha aiutato quando serviva una
mano»
mi spiega papà.
Non
so cosa dire ma gliene
sono grata, davvero.
E
mi metto a ridere. Rido e
mi sento leggera e felice.
Da
oggi comincia la mia nuova
vita. Una vita con il mio ragazzo del mare.
§§§§§
«Piccola!
È ora! Dobbiamo
andare!» urla Paban prendendo in braccio il piccolo Peeta.
Ebbene
sì! Ho un figlio, anzi
due. Solo che l'altro deve ancora uscire e io mi sento una balena.
Davvero.
Dalla
nostra casa si sentono
le insistenti onde del mare che si infrangono sugli scogli. Sono felice
di
essere venuta qui a vivere. Ho studiato e adesso lavoro nell'ospedale
dove ha
lavorato tanti anni mia nonna.
«Arrivo!»
rispondo.
Oggi
dobbiamo prendere il
treno e tornare al distretto 12. Tra una settimana mio fratello si
sposa.
Sembra
ieri che faceva la
spia durante i settimi Hunger Games della pace. E invece sono
già passati dieci
anni.
Lui
ha deciso di aiutare papà
nel forno, e divertirsi ogni tanto con la caccia fuori dal recinto in
compagnia
della mamma.
Probabilmente,
per
l'occasione troveremo tutti riuniti nel distretto. Vick e Apollo hanno
annunciato il loro arrivo e anche Gale e Johanna con la loro nipotina.
Plutarch
non ci sarà, è troppo vecchio per sopportare un
viaggio simile. Anche Shae non
si può muovere. Ha problemi con la sua gravidanza, visto che
sono gemelli e non
è consigliabile farla stancare. Ho sentito John al telefono,
stanno tutti bene
e ci augurano una felice giornata.
Grace
non verrà. Lei e Jayson
si sono lasciati qualche anno fa e nonostante abbiano promesso di
restare
amici, non si sono più sentiti. Forse era troppo doloroso,
non ne ho idea.
La
Paylor ha lasciato il
governo quattro anni fa. Il nuovo presidente sembra una persona
corretta.
Panem
è una di nuovo in pace.
E gli Hunger Games sono stati definitivamente cancellati. Non si vuole
più dare
l'occasione a qualcuno di manovrare il popolo su un argomento tanto
scottante.
In
compenso hanno cominciato
ad avere molto successo gli show sui processi e sulla giustizia.
È
pomeriggio quando arriviamo
nel distretto 12. Troviamo mio padre che ci accoglie alla stazione.
Dopo
i calorosi saluti a noi
e le coccole al nipotino, andiamo tutti a casa da mia madre, dove
troviamo
anche Jayson.
«Allora,
fratellino, quando
potrò conoscere la tua sposa? Non mi hai neanche detto il
suo nome!» protesto
appena lo abbraccio.
Non
so perché ma sembra che
l'identità della ragazza mi debba essere nascosta e la cosa
sta diventando
ridicola. Pensa forse che non mi piacerà? È lui
che si sposa, mica io! Pretendo
solo che lei lo faccia felice, altrimenti potrei rispolverare il mio
arco. Non
è una minaccia, è una promessa.
«In
realtà, mi conosci già,
Chyna» dice una voce alle mie spalle.
Sono
passati anni, ma la
riconosco subito. Grace. Jayson la va subito ad abbracciare.
«Ci
siamo rimessi insieme
l'anno scorso. Non ce la facevo più senza di lei e le ho
dato il tormento»
confessa mio fratello.
«E
io ho ceduto».
«Zio!»
grida il mio piccolo
mentre sgambetta verso di lui.
Adesso
cominceranno la lotta
e Jayson fingerà di soccombere tra versi assurdi. Uno
più bambino dell'altro.
In
quel momento, Paban si
avvicina e mi avvolge tra le sue braccia, carezzando con me, anche il
mio
pancione. «Avresti mai detto dieci anni fa che saremmo
arrivati a questo
punto?» bisbiglia al mio orecchio.
«Lo
speravo... grazie».
Lo
devo ringraziare. Perché
ha avuto pazienza con me. Si è ostinato e non si
è mai arreso e se adesso sono
così felice è tutto merito suo.
Spesso
ci sono ancora le urla
e gli incubi. Spesso ci troviamo terrorizzati da qualche cosa che ci
riporta
nell'arena. Spesso vediamo i visi dei nostri amici che sono morti
là dentro. Ma
andiamo avanti, la famiglia ci sostiene e, in fin dei conti, siamo
felici.
---ooOoo---
angolino
mio:
okay,
è la fine.
Siamo
arrivati all'ultimo
capitolo. Non volevo farla troppo lunga e, onestamente, non me la sono
sentita
di far passare ancora altri guai a Chyna. Il brivido della
cecità mi è sembrato
sufficiente, anche se lo avevo costruito negli ultimi due capitoli.
Ho
scritto anche un
piccolo epilogo perché la mia esperienza con gli Hunger
Games finisce qui.
Credo
di aver dato tutto a
questa sezione di fanfiction. Almeno per quanto riguarda la mia attuale
ispirazione su Katniss, Peeta, Gale & C.
Per
le romantiche
irriducibili, mi spiace, niente scene a luci rosse. Primo
perché non ero
sufficientemente ispirata e mi sarebbe venuta una ciofeca e secondo
perché...
avrei descritto una scena sesso assolutamente inutile. Posso dirvi che
sarebbe
stato romantico, tenero e dolce. Ovvio! Lui è Paban! Che
volete di più?
Comunque,
visto che non
credo al sesso degli angeli, vi ho comunicato che hanno un bambino e
sta
arrivando il secondo. E il colpevole è il ragazzo del mare.
Ultime
due cose:
primo)
ringrazio per
l'attenzione e l'affetto che avete dimostrato per questa storia. Spero
di non
aver deluso nessuno e che ve la siate goduta nel leggere come io nello
scrivere. Ringrazio chi ha recensito tutti i capitoli, quasi tutti,
metà,
alcuni, qualcuno e solo uno.
Ringrazio
chi ha inserito
questa storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite, in modo
da non
perdersi neanche una sillaba. E ringrazio chi ha letto senza clamore ma
costantemente e spero abbia apprezzato.
Ringrazio
Elenri per gli
innumerevoli banner che hanno dato una marcia in più alla
storia (a volte creando
proprio il personaggio). Un lavoro immane per te, una grande
soddisfazione per
me. Grazie.
Secondo)
permettetemi di
fare un pochino di pubblicità. Ho detto che non ho altro da
scrivere sul questa
sezione, ma ho postato altre cose da altre parti e qui sotto potete
vedere...
la mia produzione passata.
La
punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane
Malfoy alle prese con una maledizione che lo
trasforma in una donna. In corso.
fa
parte di una serie di storie indipendenti (I trasformisti)
dove troverete altre storie
sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi,
uomo-donna. Tutti umani. Concluse.
Fidanzato in prova (Romantico)
storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In
corso. Sequel di AAA Offresi Diciottenne Verginello
– No Tardone (Romantico) Conclusa.
Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca
della
donna da amare.
Si
dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere
tra Bella e Edward per una tenuta
vinicola. In corso.
AAA Affittasi
Moglie (Twilight)
cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad
affittare una moglie? In corso.
7mi Hunger Games
della Pace
(Hunger Games) trentadue anni dopo, i giochi
ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora
è il turno della figlia
dei Mellark. Conclusa.
Dottore dei
tubi (Twilight) commedia su sei
amici al bar e un racconto su cosa è
successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.
Mini
fic Twilight, Concluse. Come
Andromeda,
Acqua che cade,
entrambe storie fantasy (senza
vampiri) e Twiligh
delle caverne parodia.
Sakura
– Fiore di ciliegio (Twilight)
Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906
partendo da
Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa
Fu la
prima volta che… e Déjà
vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot
rosse. Umani.
Prima
di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere
di fumare (Twilight)
tre shot
leggere. Umani.
I
casi della vita, ovvero, l’inizio
di un amore
(romantico originale)
raccolta di one-shot.
Dovessi
chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la
mole è notevole.
Ovvio che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua
peculiarità e il motivo
di avermi entusiasmata.
Li
troverete tutte nella mia pagina di efp.
Fatemi
sapere se e cosa ne pensate.
Saluti
a tutti!
Alla
prossima
baciotti!
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