7mi Hunger Games della Pace

di gaccia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la mietitura ***
Capitolo 2: *** la partenza ***
Capitolo 3: *** la sfilata ***
Capitolo 4: *** le sparizioni ***
Capitolo 5: *** l'investigatore ***
Capitolo 6: *** i candidati ***
Capitolo 7: *** lo scontro ***
Capitolo 8: *** l'isolamento ***
Capitolo 9: *** i duelli ***
Capitolo 10: *** le valutazioni ***
Capitolo 11: *** le interviste ***
Capitolo 12: *** l'arena ***
Capitolo 13: *** la cornucopia ***
Capitolo 14: *** la notte ***
Capitolo 15: *** la pioggia ***
Capitolo 16: *** la violenza ***
Capitolo 17: *** il baratro ***
Capitolo 18: *** il boschetto ***
Capitolo 19: *** il fiore ***
Capitolo 20: *** la confessione ***
Capitolo 21: *** i video ***
Capitolo 22: *** la febbre ***
Capitolo 23: *** il ritorno ***
Capitolo 24: *** il bombardamento ***
Capitolo 25: *** l'uscita ***
Capitolo 26: *** il racconto ***
Capitolo 27: *** l'ospedale ***
Capitolo 28: *** il presentatore ***
Capitolo 29: *** la piazza ***
Capitolo 30: *** la vittoria ***



Capitolo 1
*** la mietitura ***


 

 

Devo essere impazzita!

Ho già aperte cinque storie di cui due sospese a tempo indeterminato ed inizio questa?

Eppure lo so il perché. Perché ho visto il primo film, perché ho letto i libri e mi sono innamorata anche di questa saga… e poi perché la mia fantasia galoppa e in qualche modo la devo imbrigliare su pagine bianche altrimenti andrebbe tutto perduto!

 

Questa storia parte da trentadue anni dopo l’edizione della memoria degli Hunger Games.

Non so quanto sarà lunga, questo capitolo per essere il primo senz’altro lo è.

Ho cercato di tenere fede allo stile diretto e alle caratteristiche dei personaggi che appartengono alla signora Collins, e questa storia non è scritta a fini di lucro ma solo per il piacere della lettura.

 

Dunque, siamo a trentadue anni dopo la fine del Canto della rivolta, a una dozzina d’anni dall’epilogo, nel distretto 12.

Ecco come si sono evolute le cose.

BUONA LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Che le probabilità siano sempre a vostro favore! Che la fortuna sia sempre a vostro favore!

 

Affidarci alla fortuna o alle probabilità non era la cosa più sicura, non quando gli Hunger Games, i giochi della fame, erano gestiti dal Capitol City e dal crudele presidente Snow, non oggi, quando sono riapparsi gli Hunger Games della pace, rinati solo per essere uno spettacolo fine a se stesso, senza morti ne feriti gravi e con tanti soldi come premio per il vincitore.

La fortuna o le probabilità non erano mai a favore di chi partecipava. Mai.

 

Panem è diversa rispetto al tempo dei settantacinquesimi Hunger Games della memoria, i giochi ai quali hanno partecipato i tributi vincitori dei vari distretti, i giochi ai quali hanno partecipato i miei genitori.

Panem è diversa rispetto al tempo degli Hanger Games dove si raccoglievano ragazzini indifesi e si mandavano al macello nell’arena per soddisfare la voglia di sangue degli spettatori.

Oggi Panem è uno stato democratico, dove il governo e le leggi sono gestite da persone elette nei vari distretti in numero proporzionale ai cittadini ma comunque valido per far valere la singola voce.

Ogni distretto manda a Capitol City i suoi rappresentanti perché le leggi siano giuste per tutti, perché non ci sia più la fame e il benessere sia diffuso sino agli angoli più remoti dello stato.

 

Non esistono più divisioni così nette tra i distretti, si può passare tranquillamente a vivere dal 12 al 10 o al 3 senza sottostare a vincoli restrittivi o divieti. L'unico obbligo è il fatto che se ci si vuole trasferire c'è il dovere di fermarsi almeno due anni lavorandoci. Questo per evitare spostamenti repentini e senza controllo da parte della popolazione. Altrimenti ci sono i visti per le visite temporanee.

 

Il territorio di competenza dei distretti si estende anche oltre alle recinzioni che ancora circondano i vari villaggi e città. Sono solo a protezione dagli animali selvatici che ancora imperversano nelle foreste, ma queste zone non sono più “senza patria” ma competono a uno dei due distretti confinanti. E dalle recinzioni si può passare attraverso sportelli appositi.

 

La giustizia viene amministrata in modo retto e giusto. I giudici sono eletti dal governo di Capitol City, tra i nominabili dei distretti ai quali sono destinati, e gli stessi sono controllati da una commissione di dieci cittadini che restano controllori per sei mesi a rotazione.

Non esistono più i pacificatori con le loro divise bianche e terrificanti. Sono stati sostituiti dai “militi” che fanno parte della “Milizia”.

La milizia è dipendente dai giudici dei vari distretti che, a seconda della necessità, ne fanno richiesta alla sede centrale a Capitol City.

 

La vita però, continua ad essere dura.

La pace che si è costruita con il sangue più di trenta anni fa non ha portato i benefici che tutti si aspettavano. Certo, c'è più libertà, non ci sono più tributi da mandare al macello, ma la povertà diffusa è rimasta.

Ci sono ancora le classi dirigenti che hanno più potere e più mezzi e che, sostanzialmente, vivono meglio rispetto alla maggioranza della popolazione.

Lavorare per il governo è l'ambizione di tutti i cittadini sia di Capitol City, sia degli altri distretti.

Fuggire alla miseria è l'obiettivo principale.

 

Chi non ha lavoro riceve un sussidio governativo e il cibo che serve per mantenersi vivi.

Mia madre dice che le ricorda le razioni del distretto 13 quando c’era la guerra. Nessuno mangiava più di quanto non fosse strettamente necessario per arrivare al pasto successivo. Le calorie ingerite bastavano per fare il lavoro assegnato e basta. Adesso funziona più o meno nello stesso modo.

 

Il governo fa quello che può per migliorare le condizioni di tutti ma è difficile quando una parte degli antichi lavori che servivano alla ricca Capitol City attualmente non servono più visto il nuovo stile di vita più morigerato.

Per rispettare il nuovo regime di restrizione, a tutti i vincitori degli Hunger Games ancora in vita e abili al lavoro, è stato revocato l'appannaggio mensile, pertanto solo Haymitch, Annie Cresta e Beetee hanno mantenuto la loro entrata, più che altro per serie difficoltà ad essere autosufficienti piuttosto che per vera anzianità.

Enobaria, Johanna e i miei genitori Katniss Everdeen e Peeta Mellark hanno dovuto riciclarsi in lavoratori per mantenersi degnamente.

L'unica concessione è stato l'uso esclusivo della bella casa del villaggio dei vincitori, lasciando vuote e chiuse le altre case non già destinate.

 

I lavori a cui bisogna dedicarsi sono adatti ai propri talenti. Già a scuola analizzano il tuo operato per poi assegnarti a corsi formativi che possano esaltare le tue doti.

Ad esempio, mia nonna è tornata a vivere con noi, essendo diventata troppo anziana per vivere da sola nel distretto 4 e così mi ha insegnato qualche cosa. Ho scoperto di avere ereditato da lei e zia Prim il talento della guaritrice e anche a scuola hanno iniziato a farmi seguire corsi supplementari di medicina.

Chi, come mio fratello invece, non ha particolari attitudini se non combinare guai ed essere perennemente in punizione, affida la sua speranza ad accontentarsi dell’impiego al panificio di papà.

 

Peeta Mellark, mio padre, ha riaperto il forno del pane che avevano i nonni prima della guerra. L'edificio è andato distrutto quando il vecchio regime di Capitol City bombardò il distretto e distrusse tutta la città uccidendo anche i miei zii oltre ai suoi genitori.

Lui dipinge ancora la domenica, quando il forno è chiuso, dimostrando un gran talento artistico, ma ho la sensazione che si senta realizzato anche quando prepara il pane perché sa che aiuterà materialmente molto più che con la sua arte.

Secondo me raggiunge la massima soddisfazione quando prepara le torte e le decora. Diventano dei bellissimi dolcissimi capolavori.

 

Katniss Everdeen, mia madre, è stata la Ghiandaia Imitatrice, il simbolo della rivoluzione contro lo strapotere di Capitol City. E' una eroina descritta in tutti i libri di storia ed è davvero imbarazzante rispondere alle domande che mi rivolgono i compagni di scuola o gli insegnanti.

Mia madre non è uno zuccherino come mio padre, lei è severa, è dura e reagisce sempre in modo sproporzionato a ogni piccolo ostacolo.

Una volta ha minacciato di usare una freccia esplosiva contro un gatto randagio che aveva rubato un pezzetto di scoiattolo appena scuoiato.

Lei ha ottenuto la licenza per la caccia al di fuori della recinzione, dove raccoglie anche le erbe che servono alla fabbrica dei medicinali che hanno costruito anni fa.

Per ogni preda deve pagare una piccola tassa per l'introduzione ma riesce a venderle bene e a farci un piccolo guadagno, salvo poi donare qualche cosa a chi è meno fortunato di noi.

 

I miei genitori sono stati gli ultimi vincitori degli Hunger Games prima della rivolta e dall'abbattimento del regime di Capitol City. Erano gli innamorati sfortunati del distretto 12, destinati a non stare insieme visto che uno di loro doveva obbligatoriamente morire, ma grazie a un rischioso espediente si erano salvati e dopo essere sopravvissuti agli Hunger Games della memoria, alla guerra e al depistaggio di mio padre, sono tornati al distretto e si sono sposati e poi siamo nati noi figli.

Mia madre non si dilungava in racconti e neanche mio padre, ma avevano dovuto spiegarci le ragioni dei loro tremori, delle loro urla terrorizzate durante la notte. Alla fine ci avevano consegnato il loro libro sui giochi e lì avevamo letto tutti gli orrori che avevano patito loro e quelli che erano morti negli anni precedenti.

 

L'altro vincitore del distretto 12 era zio Haymitch e devo dire che mi manca moltissimo da quando è mancato tre anni fa. Nonostante una vita passata praticamente ubriaco, non ha sofferto molto alla fine, sono semplicemente saltati i reni e dopo una settimana di coma è morto.

Mia madre era distrutta, si è rinchiusa per una settimana in camera sua ed è uscita solo quando mio padre, la nonna, mio fratello e anche un amico di mamma, un certo Gale con moglie al seguito, l'hanno trascinata fuori costringendola a riprendere in mano la sua vita.

 

Gale, l'amico di mamma, mi ha anche portato a caccia in quei giorni.

Non si poteva essere figlia di Katniss Everdeen senza sapere usare un arco, sapere pescare, fabbricare trappole, scalare alberi e distinguere le erbe e le bacche che crescevano nella foresta.

«Sai, io e tua madre ci incontravamo sempre qui per andare a caccia... tanti anni fa». Gale era seduto su una roccia grande e piatta in cima a una collinetta lontana un paio di miglia dalla recinzione e dal Prato.

 

Da quel che ho capito, Gale era il compagno di caccia di mia madre e il suo migliore amico. Avevano combattuto fianco a fianco nella guerra contro Capitol City e si erano allontanati subito dopo la morte di zia Prim, dopo che i distretti avevano vinto.

Lui era andato ad abitare nel distretto 2 ed era diventato milite di carriera, uno dei primi del nuovo esercito. Credo che adesso sia colonnello o addirittura generale.

È un esperto in armi e tecniche di attacco, da quanto mi ha raccontato Jayson, il mio curiosissimo e informatissimo fratellino.

Sua moglie non mi piace tantissimo. Sembra più vecchia di lui e sempre arrabbiata con tutti. Anche con la mamma, mentre gli altri cercavano gentilmente di convincerla a scendere in cucina, lei sbraitava che poteva solo ringraziare tutti loro di non essere morta anni prima e che se era per lei avrebbe potuto togliere il disturbo anche subito.

 

Sono impallidita quando ho sentito questa donna dire queste cose ma la mamma non ha risposto se non sbattendo un'anta dell'armadio di camera sua ed è stata la prima reazione dal funerale di zio Haymitch.

«Johanna, smettila di indispettirla, sta soffrendo. Voleva molto bene a Haymitch» ha cercato di blandirla mio padre. In quel momento ho capito chi era quella donna: Johanna Mason, una dei tributi sopravvissuti.

«Non è con il miele che la scuoterai, Peeta! Io ho lasciato mia figlia con il mio nipotino di sole tre settimane per dare il mio sostegno qui e non mi pento di questo, ma non posso sopportare che la trattiate con i guanti bianchi come state facendo adesso... Santo cielo! Lei è Katniss! La Ghiandaia imitatrice, il simbolo di una rivolta» poi si è rivolta verso la porta della camera.

«So che volevi bene ad Haymitch, ne volevamo tutti, ma convinciti che non è morto per una congiura o un sicario. È arrivata la sua ora... e se proprio vuoi trovare un colpevole in tutto questo allora incolpa Snow che con i suoi Hunger Games gli hanno rovinato la vita riducendolo a una spugna... in ogni caso, qui con voi in questi anni è stato felice e tu lo sai... lui non vorrebbe vederti così quindi alza quel culo cascante ed esci fuori di lì!».

Mia madre è scesa il mattino dopo per fare colazione e da quel momento è ritornato tutto alla normalità.

 

Ogni tanto sentiamo ancora Gale per telefono.

Mio padre ha sempre un carattere gioviale con tutti ma quando risponde alla cornetta all'amico di mamma, sento nell'aria una tensione strana che si scioglie solo quando lei chiude la comunicazione e sorride a suo marito. Solo allora lui ricomincia a fare quel che faceva prima ed è come se non fosse accaduto nulla.

 

Il distretto 12 si è ripopolato. Mio padre dice che dopo il bombardamento erano rimasti solo alcune centinaia di persone e si pensava di non tornare più. Invece il richiamo di casa è stato forte, anche per chi non aveva più nulla e la gente ha ricominciato a tornare. Adesso il distretto è abitato da più di duemila persone e altre continuano a trasferirsi. Si sta pensando di riaprire le miniere per l'estrazione del carbone visto che Panem ha bisogno di energia e il carbone è molto più efficace del legno per scaldare le case d'inverno.

 

Non ho tanti amici, anche perché non ci sono tanti ragazzi della mia età oltre al fatto che sono abbastanza scontrosa di carattere. Mio padre dice sempre che dovevano chiamarmi Katniss junior visto il mio pessimo carattere, il che non è affatto vero, non sono simpatica, non sono socievole, preferisco stare sola e non sopporto le persone troppo invadenti, ma a parte questo sono uno zucchero... quasi. Zio Haymitch mi chiamava sempre dolcezza, anche se credo fosse con un tono lievemente sarcastico.

 

Questa mattina sento un urlo provenire dalla camera dei miei genitori.

È di nuovo mia madre che ha avuto un incubo. Quando le capita mi spavento a morte. Sembra stiano per ucciderla e mi viene voglia di andare ad aiutare.

Una volta ho provato ad entrare in camera sua, poi ho sentito mio padre che la consolava e lei che rispondeva che non ce l'avrebbe mai fatta senza di lui e di non abbandonarla mai.

Mi sono resa conto che quello è il loro mondo e che se anche volessi non potrei farne parte.

Gli incubi, i ricordi, le ferite fanno parte del loro passato da cui hanno sempre cercato di proteggerci e non posso pensare di impormi. Da allora resto distante perché so che i miei genitori si bastano.

Ma oggi so perché la mamma ha avuto questo incubo e so perché papà guarda preoccupato lei, me e Jayson.

Oggi è la fine di maggio, oggi ci sarà una nuova mietitura.

 

È inquietante come si sia lasciato lo stesso nome a questa cerimonia che ha rappresentato morte per tanti anni.

Adesso invece non c'è alcun rischio.

 

La televisione di stato stava perdendo consensi e aveva bisogno di nuovi programmi per ritornare ai fasti di un tempo. Negli anni successivi agli Hunger Games della morte, si erano rispolverate vecchie trasmissioni di discreto successo per rivitalizzare un settore in declino, ma non era bastato.

Qualcuno della dirigenza aveva pensato di ritirare fuori gli Hunger Games della pace.

Dopo il primo grido di indignazione, si era capito che questi giochi non avrebbero avuto niente di cruento come quelli passati.

I 28 candidati (non più tributi) venivano estratti nei tredici distretti e in Capitol City.

Erano sempre un maschio e una femmina di età compresa tra i quattordici e i venti anni.

 

Per rendere desiderabile partecipare, vi era un enorme premio in denaro che avrebbe risolto per sempre i problemi economici della famiglia, una delle case del villaggio dei vincitori che erano senza dubbio più confortevoli rispetto a quelle ordinarie e un impiego nel sistema governativo che consentiva una vita più che agevole.

Appunto per questo genere di premi si era deciso di aumentare l'età di partecipazione in quanto un dodicenne difficilmente avrebbe apprezzato le opportunità offerte.

 

I giochi non erano devastanti come quelli che avevano vinto i miei genitori.

Le armi servivano per segnare, non tagliavano e non erano pericolose. Le punte delle frecce e delle lance erano retrattili, i coltelli lasciavano una scia carminia di tintura sopra la pelle ma non uccidevano. Tramite il localizzatore impiantato nel candidato, gli strateghi sapevano quanta forza era stata imposta nella finta ferita e tramite complicati conteggi al computer, potevano stabilire se il ragazzo in questione era ancora vivo oppure era morto.

Nelle arene non vi erano ibridi che facessero stragi, la cosa più interessante era la capacità di adattamento dei ragazzi a vivere e procurarsi il cibo necessario.

 

Le arene non erano cambiate molto dalle edizioni passate: potevamo avere la foresta, il paesaggio roccioso o quello urbano.

Quattro anni fa mi ero divertita anche io a vedere l'edizione televisiva. Non vi erano armi alla cornucopia ma solo viveri. Le armi erano i sassi e i mattoni che si trovavano nell'arena, ma questi, nessuno escluso, non erano altro che contenitori leggeri pieni di vernice gialla o blu. Quando iniziarono ad usare i mattoni per colpire gli altri candidati, questi iniziarono a coprirsi di colore, diventando presto delle macchie allegre sullo sfondo monotono grigiastro.

Memori del successo ottenuto, due anni dopo usarono solo fucili e pistole che sparavano proiettili di vernice colorata.

In sostanza si esce ammaccati e magari con un paio di costole rotte ma niente di grave come la morte degli anni passati.

 

In questi giochi si cerca anche di non terrorizzare troppo i ragazzi. C'è ancora chi non riesce a sostenere la pressione dell'isolamento e della caccia ed allora alza il drappo bianco.

A tutti i candidati viene dato un fazzoletto quadrato bianco di mezzo metro per lato. Se si vuole uscire prima dall'arena ed abbandonare il gioco, basta sventolarlo davanti a una delle innumerevoli telecamere e subito un hovercraft viene a recuperare il ritirato e il gioco continua per i rimanenti partecipanti.

Lo stesso succede quando ci sono feriti che rischiano la morte, nessuno rischierebbe più di perdere una gamba come mio padre all’epoca dei suoi Hunger Games.

Comunque, le defezioni sono state pochissime, sull’ordine delle tre o quattro da quando sono ricominciati i giochi.

 

Questa sarà la settima edizione dei nuovi Hunger Games della pace e sono proprio curiosa di vedere che tipo di arena avranno pensato gli strateghi e che armi saranno disponibili.

È da anni che non mettono un arco, un’ascia o una lancia. Forse li ritengono comunque potenzialmente pericolosi.

 

Per Jayson sarà il primo anno di mietitura e già scalpita per partecipare, ma ha una scheda sola nell’urna, quindi difficilmente sarà estratto.

Io ne ho diciassette ed ho già quattro schede contenenti il mio nome.

Il sistema delle schede funziona esattamente come un tempo: una per i quattordicenni, due per i quindicenni e così via sino ad arrivare a sette per i ventenni.

Non si possono avere schede aggiuntive in quanto per il cibo lo integra direttamente il governo centrale, e non ci possono essere volontari considerando che tutti vorrebbero avere la possibilità di vincere il denaro, la casa e il lavoro.  

 

Nonostante il nuovo metodo di gioco, decisamente più umano, il distretto 12 non ha ancora avuto nessun vincitore ai nuovi giochi.

Da quando sono ricominciati i giochi i miei genitori hanno fatto da mentori ai candidati del distretto 12 e anche del distretto 11 visto che non c’erano vincitori neanche lì.

So che Enobaria si occupa del distretto 2 e Johanna del 7, mentre Beetee appoggia i ragazzi del 3 anche se è aiutato dal vincitore della prima nuova edizione.

Anche il distretto 2 si è già aggiudicato una edizione e il distretto 7 addirittura 2.

Gli altri distretti sono affidati a personalità di spicco o, come nel caso del distretto 4, a Finnick Odair, figlio del compianto Finnick, tributo vincitore caduto durante la presa di Capitol City, e di Annie Cresta, anch’essa vincitrice ma con gravi problemi psicologici e perciò inadatta a seguire i nuovi candidati.

Finnick ha fatto da mentore al vincitore della terza edizione.

So che Gale è stato nominato mentore del distretto 6 e deve aver fatto un ottimo lavoro anche lui, visto che la sua candidata ha conquistato i giochi l’anno scorso.

In sostanza i mentori aiutano con i loro consigli i candidati e, una volta iniziati i giochi, contrattano con gli sponsor per avere i doni che possono servire all’interno dell’arena: acqua, pane, coperta, medicina.

 

A mia madre non piacciono questi giochi, nonostante non siano pericolosi come i precedenti.

Lei ritiene che anche il minimo dolore dovrebbe essere evitato, e che soprattutto non dovrebbero essere più fatti, in memoria di quello che rappresentano.

 

Secondo me è passato troppo tempo e il dolore che causavano è stato smorzato, ecco perché le persone non si sono ribellate a questo nuovo ritorno degli Hunger Games della pace.

 

Dobbiamo prepararci per la mietitura che si svolgerà oggi nel primo pomeriggio e i miei genitori devono andare a ricevere la delegazione che arriverà oggi, a mezzogiorno, alla stazione.

La mamma mi ha fatto trovare il vestito bello, stirato e pulito, sopra il letto, di modo che possa indossarlo dopo essermi lavata.

A Jayson bastano pantaloni scuri e camicia bianca ma le ragazze devono essere più carine, quindi via alle calze di seta,  alle scarpette leggere e alla acconciatura intrecciata che la mia mamma mi ha insegnato a fare.

 

Ho visto le vecchie immagini dei miei genitori alla loro mietitura e confesso che Jayson, così biondo e massiccio sembra proprio papà. La mamma, invece era bellissima con il suo abito azzurro, molto più di me che sembro una vagabonda ritrovatasi elegante per caso.

È la nonna che aiuta a prepararci e ci accompagna nella piazza del tribunale.

 

Sembra tutto un set cinematografico. Sui tetti e sul palco ci sono decine di uomini alle prese con telecamere, cavi e luci da piazzare. Un maxi schermo su un lato farà vedere tutto anche ai più lontani.

Oggi è un giorno di festa e tutte le attività sono chiuse sino all’indomani.

Poi, il reality show verrà trasmesso in diretta durante il pomeriggio e in riassunti alla sera, in modo che tutti possano seguire gli eccitanti eventi.

 

All’ingresso della piazza veniamo separati dagli accompagnatori e suddivisi tra maschi e femmine.

Poi ci disponiamo ordinatamente per età partendo dai più piccoli davanti al palco sino ai più grandi e più lontani, in modo che quelli con più probabilità di essere estratti, abbiano più spazio per camminare e raggiungere il presentatore ed essere seguiti e visti da tutti.

 

Sta quasi per partire il nuovo inno di Panem e mi guardo in giro per vedere i miei compagni di mietitura. Nella piazza siamo quasi ottocento tra maschi e femmine con possibilità di essere estratti.

Do un’occhiata al palco e vedo mia madre e mio padre vicino al sindaco del distretto, seduti l’uno accanto all’altra che si tengono per mano.

Non sarebbe una cosa strana se non fosse che li conosco e so che in questo momento non sono tra noi ma nelle spire del terrore delle vecchie mietiture quando i loro cari venivano strappati dalle famiglie per andare incontro a morte certa.

So che mia madre non sta respirando dal terrore che il mio nome o quello di mio fratello esca dall’urna. So che mio padre le sta sussurrando di stare calma, che in ogni caso nessuno morirà e di non aver paura per noi e so che lo sta dicendo con voce tremula perché neanche lui crede fermamente alle sue stesse parole.

So che mia madre gli sta rinfacciando questo dolore perché era proprio quello che lei voleva evitare non avendo figli e so che dopo aver detto queste parole si sta scusando con lui, gli sta dicendo che siamo le cose migliori che le siano capitate e che è felice di avere noi, che è solo la paura che la sta facendo parlare così. E so che mio padre le sorride comprensivo e le carezza una mano perdonandola… proprio come sta facendo adesso.

Queste cose le so perché sono le stesse che si ripetono tutti gli anni in questo periodo e che puntualmente fanno rispuntare incubi paurosi e urla strazianti da parte di tutti e due.

 

Anche quest’anno, per i prossimi due mesi, mio padre affiderà il forno a me, Jayson e a due uomini che lavorano per noi a tempo pieno nel periodo degli Hunger Games della pace.

Vado abbastanza d’accordo con Bruce. È un uomo rubicondo e gioviale, allegro e gentile della stessa età di mio padre e, soprattutto un gran lavoratore. Lo conosco sin da piccola, quando ha iniziato a lavorare nel forno con papà. Non riesco a socializzare con Damien, un ragazzone alto e allampanato di venticinque anni, sempre pronto a battere la fiacca e scorbutico quando gli fai notare che ha sbagliato. Lui lavora con noi solo nel periodo dei giochi, quindi tirerò un sospiro di sollievo quando anche quest’anno saranno finiti.

Fortuna che noi al mattino siamo a scuola, altrimenti litigherei tutto il giorno al posto di limitarmi al pomeriggio.

 

Sta arrivando il presentatore della mietitura.

Alfie Down sembra una caricatura di se stesso. Indossa sempre una giacca e un paio di pantaloni con paillettes che brillano al sole più di qualsiasi lampadina e una parrucca ricoperta dalle stesse paillettes per un effetto d’insieme grottesco.

In compenso, il suo volto è una continua stratificazione di cipria che lo fanno apparire ancora più cadaverico di quanto in realtà non possa essere.

Essendo magro e segaligno, è come se sul palco ci fosse un palo della luce che riflette in pieno giorno e al quale non daresti il minimo di attenzione se non per voltare lo sguardo o metterti degli occhiali protettivi.

«Cari candidati, cari signore e signori, buon pomeriggio!» squittisce al microfono che immediatamente fischia per protesta.

«Anche quest’anno siamo qui per iniziare la cerimonia della mietitura che da ufficialmente inizio agli Hunger Games della pace… questi sono i giochi come avrebbero dovuto sempre essere e che sicuramente hanno l’approvazione di tutti i tributi che si sono sacrificati nelle arene». Non c’è nessuno che osi fiatare, tutti sappiamo quante persone e in che modo cruento abbiano perso la vita.

«Ma questi sono giochi di gioia che porteranno al vincitore gloria e ricchezza!» allarga le braccia e sorride felice del suo discorso.

Nessuno applaude, non ne abbiamo motivo, attendiamo solo che si compia l’estrazione e che possiamo sapere chi sarà a partecipare alla settima edizione degli Hunger Games della pace.

Tutti nel distretto faremo il tifo, contando sui vantaggi che un vincitore potranno portare, come ad esempio più fondi per costruire e nuova visibilità tra i distretti.

 

«E come si diceva una volta… prima le signore» così dicendo si avvicina alla boccia contenente le centinaia di biglietti dei candidati possibili per questi giochi.

Il mio nome compare solo quattro volte e le probabilità di estrazione sono infinitesimali ma, nonostante questo, trattengo il fiato agitata.

Non voglio andare agli Hunger Games, i miei genitori sarebbero terrorizzati, anche se non correrei alcun pericolo.

La mano diafana di Alfie continua a girare i biglietti e a andare sempre più in profondità, sino a che decide e lentamente estrae il cartoncino giallo, lo apre e annuncia il nome riportato.

«Chyna Mellark!».

 

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Angolino mio:

questo capitolo rispecchia la lunghezza del primo capitolo del libro. In effetti quando ho iniziato a leggere una delle prime cose che mi sono chiesta è stata: ma quanto è lungo un capitolo? Il primo non finiva mai.

 

Lascio al prossimo le reazioni dei famigliari.

 

In questo pezzo ho fatto un’ampissima panoramica di quanto successo ai principali protagonisti della saga e alla situazione politica di Panem.

Diversa eppure uguale (come si diceva nel Gattopardo: Si deve cambiare perché nulla cambi).

Per una ragione esclusivamente di spettacolo si resuscitano gli Hunger Games della Pace con modifiche sostanziali rispetto alle vecchie edizioni.

 

Spero che questo capitolo vi piaccia.

Posterò il prossimo tra non meno di quindici giorni in quanto ho anche altre storie aperte (una Romantica, una su Harry Potter e tre su Twilight… che vi devo dire? Mi hanno definito un vulcano di idee)

 

Per ora vi ringrazio per l’attenzione e per le recensioni che vorrete lasciarmi.

Alla prossima

Baciotti

 

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Capitolo 2
*** la partenza ***


 

Ciao carissimi!

Sono arrivata faticosamente ai cento accessi e visto che mi sono portata avanti anticipo il secondo capitolo oggi.

Spero davvero che questa storia vi piaccia perché, personalmente, mi sento molto ispirata da Chyna e tutta la compagnia.

Ringrazio tantissimo le tre persone che mi hanno recensito, corretto e incitato a continuare.

Adesso vi lascio al secondo capitolo… BUONA LETTURA!

 

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La mano diafana di Alfie continua a girare i biglietti e a andare sempre più in profondità, sino a che decide e lentamente estrae il cartoncino giallo, lo apre e annuncia il nome riportato.

«Chyna Mellark!».

 

Un urlo sovrasta tutto il mormorio successivo all’annuncio del mio nome e so già che appartiene a mia madre.

Esco frettolosamente dal recinto mentre alcune ragazze mie coetanee borbottano acide sul fatto che ovviamente sono stata favorita in quanto figlia di due vincitori.

Il mio stomaco si stringe e vorrei solo voltarmi e schiaffeggiare quelle stupide. Come possono pensare che io volessi entrare nell’arena? Loro non sanno cosa significa vivere con gli strascichi di quanto è capitato trenta anni fa. Loro non sanno cosa vuol dire svegliarsi di soprassalto sentendo tua madre urlare di non uccidere zia Prim, oppure Jayson.

Loro non sanno come fa soffrire ascoltare tua madre che piange la tua morte, quando tu sei a una stanza di distanza e piangi con lei sul cuscino, soffocando i singhiozzi perché non si preoccupi più di quanto già non sia.

Sono solo delle stupide.

 

Esco nel corridoio che porta al palco e guardo preoccupata dove dovrebbero essere seduti i miei genitori ma non li trovo.

Mia madre deve essere svenuta perché è coricata a terra e mio padre è in ginocchio da lei e le sostiene la testa, chiedendo a gran voce un bicchiere d’acqua.

 

Mi volto verso Jayson bloccando il suo tentativo di andare verso il palco «Stai fermo lì» gli ordino e salgo di corsa i gradini ignorando Alfie e gettandomi a fianco di mio padre per cercare di dare aiuto.

Sono una allieva di medicina, dovrei essere in grado di fare qualcosa, ma l’unica cosa che riesco a fare è cercare le pulsazioni al polso con le mani sudate e tremanti. Adesso capisco perché ai corsi dicono sempre di non occuparsi personalmente dei famigliari, si è troppo coinvolti per ragionare lucidamente. Infatti saprei perfettamente cosa fare se la svenuta non fosse mia madre.

Arriva un addetto al pronto soccorso e posiziona subito le gambe di mia madre sulla sedia in modo che il sangue irroghi bene il cervello. Controlla anche la respirazione che comunque è buona e le passa un panno leggermente umido sulla fronte per togliere le tracce di sudore.

Appena mamma sbatte gli occhi tiro un profondo sospiro di sollievo e solo in quel momento mi accorgo che non stavo neanche respirando.

 

Dopo pochi minuti, lentamente e sostenuta da mio padre, la mamma si siede e si volta verso di me scoppiando in un pianto isterico ed abbracciandomi stretta.

«Bene… sono lieto di informare che Katniss Everdeen sta bene e si è ripresa» pigola agitato al microfono Alfie Down. Probabilmente non gli era mai successo uno svenimento in diretta da parte di un vecchio tributo vincitore e vista la figura importante che rappresenta la Ghiandaia Imitatrice, non può far altro che accertarsi che lei stia bene prima di continuare con la mietitura.

Anche questo è spettacolo.

«Deve essere svenuta per la contentezza che la sorte abbia estratto sua figlia» si azzarda a dire.

Io e mio padre ci guardiamo mentre aiutiamo la mamma a sedersi sulla poltroncina e lui sorride sarcastico. So cosa pensa: Alfie Down può solo ringraziare che adesso Katniss Everdeen non abbia un arco e una freccia tra le mani o lui sarebbe morto nello stesso istante in cui ha aperto bocca per dire quelle scempiaggini.

 

«Dai, vai a fare la tua presentazione. Ci penso io alla mamma» sussurra mio padre accompagnando le parole con una lieve carezza alla guancia. Ha ragione, meglio evitare di far restare mia madre sotto i riflettori più di quanto ci stia normalmente. Questa dimostrazione di debolezza che tutto il paese rivedrà sino alla nausea, sarà il suo cruccio per diverso tempo.

«Ecco a voi Chyna Mellark, la candidata del distretto 12 a questi settimi Hunger Games della Pace» annuncia finalmente felice Alfie, ritornando nel suo personaggio.

Mi posiziono accanto a lui e aspetto che si proceda al sorteggio del mio compagno di avventura.

 

«E adesso i signori» dichiara a voce alta iniziando a mescolare velocemente i cartoncini gialli che contengono i nomi dei maschi. In pochi secondi torna al microfono con il cartoncino che apre e annuncia il candidato

«Dick Hemington» scandisce.

Trattengo il fiato sconvolta. Tra tutti quelli che potevano essere sorteggiati proprio lui? Perché non esistono regole per escludere persone così deboli?

Come me il malumore serpeggia in tutta la piazza e vedo distintamente mio fratello che agita le braccia mentre discute con il suo vicino di posto, sicuramente per protestare a questa nomina.

Purtroppo non esistono candidati volontari e Dick non è tanto menomato da essere dichiarato inidoneo alla partecipazione, quindi nessuno può farci niente.

Lui è stato estratto e lui parteciperà alla settima edizione degli Hunger Games della Pace.

 

Guardo il recinto degli uomini e vedo il movimento dei ragazzi strattonati che si spostano per far passare Dick. Solo a vederlo incute paura e timore reverenziale.

Dick è un ragazzone alto quasi due metri, massiccio tutto muscoli e spalle enormi, ha venti anni e una intelligenza di un ragazzino di dieci.

Dick è quello che nel distretto chiamano ritardato o diverso. Viene spesso preso in giro per il suo modo ingenuo di comportarsi.

I suoi genitori sono morti per una esplosione al distretto 6 dove si erano trasferiti per lavorare e lui è stato affidato a sua nonna, una dolcissima donna che però può fare ben poco per il nipote.

Fin da subito ci si è accorti che Dick non era ‘normale’. Il problema è sorto quando, stringendo in un abbraccio un bambino che aveva diviso con lui la merenda, gli ha incrinato due costole mandandolo alla clinica ospedaliera.

È molto forte ma non si rende conto di cosa può fare ed è per questo che è sempre stato isolato da tutti gli altri. Qualcuno voleva addirittura rinchiuderlo come un animale pericoloso e solo con l’intervento di mio padre e zio Haymitch si è impedito che questo avvenisse.

Sua nonna era talmente commossa da questo che ci chiese di aiutarla con suo nipote e fu così che zio Haymitch lo prese sotto la sua ala protettiva, cercando di insegnargli cose semplici che frenassero la sua indole. In fin dei conti era la stessa cosa che i tributi vincitori degli Hunger Games facevano per non impazzire: si attaccavano a cose semplici per frenare la follia che li attanagliava quando si abbandonavano ai ricordi.

 

Per questo conosco Dick. Mia madre non era molto contenta che noi lo frequentassimo e perciò sia io che Jayson abbiamo cercato di evitare contatti prolungati che potessero confondere il ragazzo e fargli pensare che il nostro rapporto fosse più forte di una semplice conoscenza.

Tutto questo non è servito un gran che, visto che ci è molto affezionato e ci segue sempre da lontano per evitare che ci facciano del male. Una volta ha nascosto una mazza che un amico di Jayson aveva agitato davanti al naso di mio fratello. Serviva a giocare ma secondo Dick poteva essere uno strumento per picchiarlo e una settimana dopo la mazza venne trovata spezzata in quattro punti.

Una persona del genere non può entrare in una arena, potrebbe far male ai candidati con le sue mani nude. È potenzialmente più pericoloso di un'arma vera e dall'occhiata preoccupata che colgo negli occhi dei miei genitori intuisco che anche loro pensano la stessa cosa.

Dobbiamo convincere Dick a rinunciare al gioco non appena entrato nell'arena o rischieremo un vero e proprio bagno di sangue.

 

Dick attraversa il corridoio tra i due recinti incurante del mormorio di disapprovazione che lo accompagna e si dirige con passo svelto verso il palco che sale letteralmente di corsa e si posiziona accanto a me.

«Chyna! Ci sarai anche tu!» esordisce prima di abbracciarmi con le sue braccione. Non sono molto alta, come del resto tutta la mia famiglia, e sono sicura di avere l'aspetto di una che scompare letteralmente coperta dalla sua figura.

Sento che le persone attorno a me stanno trattenendo il fiato con la paura che mi stringa troppo e mi faccia del male. Idioti! Zio Haymitch mi diceva sempre che Dick bisogna trattarlo con calma e gentilezza e lui non ti farà mai del male.

«Dick. Dick, su lasciami respirare... Dick, certo, ci sarò anche io con te» gli rispondo sorridendo e staccandomi dal suo abbraccio.

«Sarà come quando sono andati via la tua mamma e Peeta, come con Haymitch!» ride prendendo la mia mano e facendola oscillare.

 

Con la coda dell'occhio vedo mio padre con una espressione corrucciata e perplessa che fissa le mani allacciate. Probabilmente gli torneranno in mente i baci che la mamma gli ha dato durante gli Hunger Games e non credo che voglia vedere un tale spettacolo da sua figlia.

In qualche modo mi diverto a farlo agitare e perciò assecondo Dick per il momento.

«Certo, proprio come la mia mamma e il mio papà» ma poi mi ricordo con chi ho a che fare e cerco di rettificare un poco «Saremo amici anche nel gioco e ci proteggeremo a vicenda».

Sottolineo la parola amici e so che Dick non ha in mente altro. È ancora fermo a un'età dove non c'è nulla di romantico in un abbraccio e un bacio viene dato in segno di affetto verso una persona a cui si vuole bene.

“Perfetto” penso “Non solo devo andare in un posto dove non ne ho alcuna voglia ma devo anche fare da baby sitter a questa grande montagna con la spiccata tendenza a mettersi nei guai”.

Non ho intenzione di sentirmi responsabile per lui. Una volta spiegato agli altri candidati come comportarsi con l'omone, saranno solo problemi loro, io alzerò il mio drappo bianco e me ne tornerò a casa.

 

Non mi interessa se mi daranno della codarda o se rinuncerò alla vincita e alla gloria, io ho il mio futuro come medico e non mi interessano altre cose. Sono in grado di vivere bene anche senza il sostegno degli Hunger Games della Pace.

 

«Ecco a voi i nostri candidati per il distretto 12: Chyna Mellark e Dick Hemington» annuncia Alfie rientrando nel suo personaggio. È quasi esilarante vedere come va in panico non appena succede qualcosa di appena lontano al copione che deve recitare e che lo ha visto uguale a se stesso per anni.

Così prende le nostre mani e le alza verso il cielo, per quanto possa alzare il braccio taurino di Dick al di sopra della sua testa.

Ci allontaniamo dal bordo del palco e ci sediamo composti su due sedie imbottite in attesa che la cerimonia finisca. Dobbiamo sorbirci ancora il discorso del sindaco e due parole da parte dei miei genitori.

Come al solito è mio padre a parlare. Mamma dice sempre che lui ha il dono della parola e che tutti pendono dalle sue labbra quando parla alla gente. Lui risponde che lei è il braccio armato, è quella che spinge all'azione con la sola presenza e che è molto più efficace di lui. Quando sono in quei periodi di complimenti vicendevoli, io e mio fratello usciamo dalla stanza perché sono i momenti degli abbracci e dei baci e non è il massimo osservare i propri genitori che si scambiano effusioni come se fossero ragazzini.

 

A volte mi scopro invidiosa dell'amore tra i miei genitori. Anche a me piacerebbe incontrare qualcuno che mi spingesse ad abbracciare e baciare come loro. Una persona che mi sostenesse e mi supportasse nelle mie azioni, una persona su cui poter contare in tutti gli aspetti della vita. Una persona come mio padre è per mia madre.

Una volta pensavo di aver trovato una persona simile. Era gentile e affabile. Lo avevo incontrato quattro anni prima quando ero andata a trovare Finnick e sua madre Annie Cresta nel distretto 4.

La nonna ha tante conoscenze lì e i miei sono affezionati agli Odair.

Ricordo come rimasi spiazzata a incontrare quegli occhi verde chiaro. Non ci sono occhi simili nel distretto 12. Ebbi la sensazione di perdermi al loro interno e mi riscossi solo quando Finnick mi diede una spallata cercando di farla apparire una cosa naturale e portandomi a conoscere il suo ultimo figlio nato da poco. In quel momento mi accorsi che l'oggetto della mia attenzione sorrideva compiaciuto a braccia incrociate, mostrando tutta la gloria del suo fisico allenato in mare.

 

Diventammo amici e mi insegnò a non avere paura dell'acqua, cosa che mia madre al lago non era mai riuscita.

Mi ci ero affezionata o magari innamorata e accantonai tutte le mie insicurezze dichiarandogli quello che mi sembrava un grande amore. E lui mi rise in faccia. Secondo lui ero troppo piccola per sapere cosa fosse un sentimento così grande, come se lui fosse un adulto! Non aveva ancora compiuto sedici anni.

Tornai al distretto 12 con il cuore incrinato e l'orgoglio sotto i piedi e mi impegnai a dimenticare quella parentesi così umiliante. Tornai altre due volte al distretto 4 ma non lo incontrai più e man mano dimenticai l'episodio.

Volevo solo trovare qualcuno come mio padre. In casa dicevano che fossi innamorata di lui e forse era vero. In lui vedevo la perfezione di un uomo: era bello, era forte, era dolce e sapeva sempre cosa fare per proteggere e far sorridere la mamma.

 

Mio padre si volta verso di me e sorride incoraggiante prima di salutare il pubblico e allontanarsi.

Aveva terminato il suo intervento, adesso saremmo tornati a casa per i preparativi della partenza che ci sarebbe stata il giorno dopo.

Non era più come una volta, i candidati non venivano più isolati, anche perché non c'era alcuna ragione di scappare. Questa sera ci saremmo trovati tutti in casa e avremmo avuto le visite di chi ci veniva a fare le sue congratulazioni.

Anche io mi ero recata a casa di un paio di compagni quando era stato il loro turno di essere stati estratti. I miei genitori invece non si muovevano mai, tanto avrebbero conosciuto bene i candidati all'inizio dei giochi e non ritenevano di dover anticipare l'incontro alimentando delle speranze di vittoria che non sapevano se erano in grado di mantenere.

 

Mi era sempre stato spiegato che l'aiuto del mentore con gli sponsor e per i consigli è fondamentale ma la cosa più importante è il candidato. Se tu non ti sai muovere, se non sai lottare allora i mentori fuori non possono fare nulla.

È vero che le armi non uccidono e non feriscono ma bisogna essere un pochino convincenti o nessuno crederà mai che vi sia una lotta per la vittoria in televisione.

Per questo i miei genitori tendono a non esaltare troppo i candidati mentre sono al distretto in famiglia. I genitori potrebbero farsi idee sbagliate e poi accusarli di non aver fatto abbastanza. Meglio avere a che fare solo con i ragazzi che si accorgono di quanto sia difficile nella realtà solo al momento dei primi allenamenti.

 

«Quest'anno mi occupo io del 12» esordisce mia madre appena la porta di casa si chiude.

I miei genitori fanno da mentori al distretto 12 e al distretto 11 in ricordo di Rue e Tresch, in sostituzione di Seeder e Chaf e di tutti i vincitori che sono morti durante la guerra. Lo faranno sino a quando un candidato non vincerà e potrà fare lui stesso il mentore.

Normalmente fanno un anno a testa e quest'anno l'undici toccava alla mamma.

«Sei sicura? Sai che riesco a parlare con Dick. Lui mi rispetta e posso convincerlo» obietta mio padre. È vero, Dick ha sempre adorato mio padre, sin da quando lo ha aiutato anni fa.

«Io gli incuto più timore e ha paura di farmi arrabbiare. Credo che questo sarà un incentivo migliore per quando dovrò convincerlo a rinunciare ai giochi appena entrato nell'arena» ribatte mamma.

Ha ragione, Dick ubbidisce quando ha paura, purché non si ribelli e non controattacchi, allora la paura deve averla il suo obbiettivo. Però è anche vero che tutte le volte che mia madre gli ha ordinato qualcosa lui ha sempre ubbidito senza fiatare, ha quasi del miracoloso.

 

«Non è giusto che sia stato sorteggiato lui! Io avrei fatto una figura migliore!» protesta Jayson accasciandosi sul divano. Lo sapevo che sarebbe uscito questo problema. Sono almeno tre anni che sogna la mietitura e la possibilità di mettere in pratica le sue conoscenze in una vera arena.

È molto più bravo di me nella caccia, è agile nell’arrampicarsi ed è forte nel sollevare dei pesi, è il degno figlio di Katniss Everdeen.

«Non potete lasciarmi qui a casa al forno! Voglio venire anche io a Capitol City a vedere da vicino gli Hunger Games. Prometto che non darò fastidio, mi metto in un angolino e guardo solo… ti prego papà… mamma…» ed ecco che inizia la solita solfa. Tutti gli anni la stessa storia, mio fratello vuole andare ai giochi e, vederli da vicino come spettatore, è meglio di niente.

Negli anni passati gli veniva vietato per la giovane età e per non lasciare me da sola (anche se poi ero io a dovermi occupare di lui). Oggi ho la sensazione che questa tradizione cambierà.

Infatti vedo mio padre sorridere indulgente alle occhiate imploranti del figlio «Io farò il distretto 11 e tu verrai con me, così ti impediremo di far dannare tua nonna. Preferisco averti sotto controllo in mancanza di Chyna». Ecco spiegato il motivo. Ero il parafulmine, la baby sitter affidabile.

Non so se essere orgogliosa per questa dimostrazione di considerazione o offesa per essere stata sfruttata senza avere nessuna contropartita se non un grazie.

 

La sera iniziano ad arrivare alcuni vicini e i miei compagni di scuola. Mio padre aveva preparato qualche torta e qualche dolcetto e altri aveva mandato Jayson a prenderli al forno. L’occasione delle congratulazioni per essere stata estratta crea la scusa per fare un festino.

Sono questi i momenti dove io e mia madre sentiamo di più la mancanza dello zio Haymitch. Lui era sempre disponibile per un po’ di rilassato, allegro e alcoolico divertimento, e mi avrebbe dato ottimi consigli per affrontare i giochi.

A metà serata arriva anche Dick in compagnia della nonna. Probabilmente sono andate poche persone da loro e poi credo che la donna voglia parlare con i miei genitori. Infatti, poco dopo i tre spariscono nello studio lasciando noi nella grande cucina a fare gli onori di casa.

 

Nonostante le dimensioni enormi della stanza che fa da cucina, sala da pranzo e salotto, sembriamo tutti schiacciati dalla mole dell’altro candidato ai giochi. È quasi divertente vedere come si scansano tutti non appena lui fa un gesto o un passo, sembra di vedere la rivolta dei ranocchi in uno stagno contro un’onda anomala.

«Dick, siediti qui e prendi una fetta di torta» lo invito indicando una sedia accanto al tavolo. Mi guarda quasi con venerazione mentre annuisce e si siede dove ho indicato. Aspetta diligente che gli porga il dolce e lo trangugia in tre bocconi facendo scoppiare a ridere mio fratello e qualche suo amico tra i più coraggiosi, cosa che non sembra neanche scalfire il gigante.

 

«Mia nonna voleva parlare con Peeta e tua madre. Mia nonna dice che devo ubbidire a tutto quello che mi dicono e anche a quello che mi dici tu» asserisce di punto in bianco.

Sospettavo che la ragione della venuta fosse quella e annuisco seria «E’ vero. In questi giochi sarà mia madre a farci da mentore e noi dobbiamo ubbidirle in tutto quello che ci dirà, così non ci faremo male e torneremo a casa sani e salvi» cerco di spiegare con i termini più facili che conosco.

«E vinceremo noi due, proprio come Peeta e K… tua madre» mi fa sorridere pensare che non riesce neanche a dire il nome di mamma. Deve proprio incutere un grande timore in questa montagna di muscoli. Mi spaventa solo demolire le sue speranze.

«No, Dick. Non vinceremo i giochi. È pericoloso e nella lotta qualcuno potrebbe farsi male, è meglio tornare presto a casa».

«Io non mi faccio male» ribatte lui con sguardo fermo «E neanche tu ti fai male. Io non voglio che tu ti fai male e io non ti faccio male, tu sei mia amica… sei mia amica e io non ti faccio male…» inizia a balbettare con gli occhi lucidi. Ecco che ho fatto il disastro. A volte parlo troppo e con Dick è sempre difficile farsi capire.

«Dick… Dick ascoltami!» ordino con voce ferma prendendo una sua mano e aspettando che alzi il volto verso di me «Tu non mi farai mai del male, lo so. Noi siamo amici. Ma ci sono altri candidati ai giochi, altre persone che possono farti del male o tu puoi fare del male a loro e noi non vogliamo questo, giusto?» parlo con calma e lentezza per fargli capire tutto il concetto.

«No. Peeta dice che fare male è brutto» sia lodato mio padre!

«Esatto, quindi noi non faremo male agli altri candidati e torneremo a casa il prima possibile» concludo soddisfatta. Ma il sorriso mi muore sulle labbra quando lui aggiunge.

«Vinceremo noi due come Peeta e tua madre».

“Ci rinuncio… Katniss Everdeen, è tutto tuo!” penso sconfitta.

 

Questo scambio si svolge nel più assoluto silenzio e mi accorgo solo allora che tutti i presenti non si sono persi una sola sillaba di quanto detto tra me e l’altro candidato.

«Così hai intenzione di alzare il drappo bianco e tornare subito a casa come una fifona?» chiede di getto Jayson. Credo che se davvero facessi una cosa simile non me lo perdonerebbe per il resto della sua vita.

«Non ho detto questo. Ma credi davvero che lui sia adatto a lottare corpo a corpo con gli altri candidati? Sarebbero i primi giochi con un vero bagno di sangue e morti da ammirare» rispondo sarcastica. Non possono volere che Dick rimanga a giocare, sarebbe una follia. Non sappiamo cosa può combinare se messo sotto pressione e basandosi su come si è comportato anni fa credo che non ci siano dubbi su quanto possa essere potenzialmente pericoloso.

Se questi sono gli Hunger Games della Pace, di sicuro non possiamo lasciarci dentro un ragazzo ritardato come lui.

«Perché non l’hanno esentato prima? Potevano escluderlo dalla mietitura e tutto questa preoccupazione non avrebbe motivo di esserci» interviene una ragazza che frequenta la mia classe.

«Non è pericoloso in condizioni normali e i giochi non prevedono morti o feriti e quindi non si ritengono pericolosi. Ecco perché non l’hanno escluso» avevo fatto io stessa la domanda l’anno precedente a mio padre e da lui avevo avuto questa risposta. Anche mia madre non era ritenuta pericolosa ma solo mentalmente instabile, infatti ha ucciso la Coin. Aveva le sue ragioni che nessuno ha chiesto però. Pazzesco che neanche il passato insegni qualcosa.

Non che voglia paragonare Dick a lei… però…

 

«Vi ringrazio tantissimo… andiamo Dick». La nonna Hemington prende per mano suo nipote e lo trascina fuori da casa nostra. L’ultima cosa che sento è un «Ciao, Chyna. Ci vediamo domani alla stazione».

Tiro un lungo sospiro che mi sembra essere il primo di una serie infinita. Andrò in iperventilazione prima che i giochi finiscano, questo è sicuro.

Guardo interrogativa i miei genitori che, come se nulla fosse, iniziano a conversare amabilmente con gli altri ospiti senza fare cenno a questa interruzione. Muoio dalla voglia di sapere che cosa si sono detti in privato e anche mio fratello non vede l’ora che rimaniamo soli per scoprire nuovi succulenti dettagli. È sempre lui il pettegolo di famiglia.

Questa specie di festa si dilunga ancora per mezz’ora, poi mio padre invita cortesemente a tornare a casa perché la candidata e i due mentori devono riposarsi prima di recarsi a Capitol City.

Con l’augurio di vincere, tutti mi salutano augurando buona fortuna e rimango stupita da questa dimostrazione di affetto e simpatia, visto che sono due cose molto lontane da me.

Mio padre sogghigna alla mia faccia perplessa e prende sottobraccio me e la mamma avanzando verso le scale «E’ incredibile vedere quanto siete simili, asociali e incapaci di accettare un semplice gesto di affetto da parte di uno sconosciuto» sia io che mia madre facciamo una smorfia irritata e lui scoppia a ridere lasciandoci salire in camera da sole.

Ha capito che adesso devo metabolizzare con chi, prima di me, ha provato sensazioni ancora più intense di queste.

 

«Credi che ce la farà?» sento mio fratello che chiede mentre ripuliscono la cucina.

«Con la mamma al suo fianco affronterà tutto. Non ti preoccupare, lei è preparata e noi ormai abbiamo capito come assolvere il nostro compito. Andrà tutto bene» lo rassicura mio padre ed io sorrido guardando mia madre che annuisce a quelle parole.

Entriamo in camera sua e ci sediamo vicine sul lettone.

«La nonna di Dick è preoccupata per lui. Ha paura che possa compiere qualche gesto avventato o farsi del male» esordisce.

«Non è una cosa nuova. È la stessa paura che abbiamo tutti noi» rispondo io atona. Sappiamo il problema ma quello che io voglio ora è la soluzione, la panacea di questo male grazie alla quale staremo presto tutti sani e salvi a casa nostra.

«Non ci sono molte soluzioni. Io cercherò di spiegargli come deve comportarsi nei giorni dell’allenamento e parlerò con gli altri mentori in modo da chiarire bene come devono muoversi i candidati con lui. Tu dovrai tenerlo d’occhio direttamente e cercare di calmarlo appena lo vedi un po’ agitato». Sa perfettamente che non potrò fare da completo parafulmine. È una follia solo pensarlo.

«Non riuscirò mai a controllarlo» protesto.

«Non ti sto chiedendo questo, solo di cercare di calmarlo se va in escandescenza. Con te non è pericoloso, ho già visto come ti ascolta quando parli, sembra che ti veneri quasi. Devi farti forza su questo sentimento, poi potrai chiarire meglio la situazione al distretto quando tornerete».

 

La guardo perplessa. Penso di non aver capito bene. «Mi stai chiedendo di fingermi innamorata di lui?» è impossibile. È incredibile. È assurdo.

«Non dire sciocchezze! Né io né tuo padre sopporteremmo che ti mettesse le mani addosso in quel modo, e secondo me neanche lui lo penserebbe mai. Ti vuole bene come a una sorellina da proteggere e tu devi far forza su questo ascendente che hai su di lui».

Annuisco. Questo lo posso fare.

 

Mi guarda e mi carezza i capelli scuri sospirando.

«Non avrei mai pensato di affrontare un giorno come questo. Tu estratta alla mietitura che devi partire per gli Hunger Games. È come un incubo che ricomincia» mi dice lieve.

«Mamma…».

«No. Non devi convincermi del fatto che andrà tutto bene. Lo so che al massimo uscirai dall’arena con qualche livido e una serie di racconti che basteranno per una vita intera, ma permettimi di spiegarti cosa vuol dire per me» a questo punto taccio e ascolto attentamente.

«Io mi sono offerta volontaria come tributo per salvare la vita a mia sorella Primrose. Lei aveva solo dodici anni e non sarebbe sopravvissuta cinque minuti nell’arena. A quel tempo chi andava agli Hunger Games era quasi certo di morire. Andavamo in ventiquattro e ne usciva vivo solo uno. Tutto quel sangue… tutto quell’orrore, quella violenza… non puoi immaginare quanto sia stato terribile vivere quelle giornate». Dai suoi occhi scende una lacrima che si affretta ad asciugare.

«So perfettamente che non ci saranno ibridi a darvi la caccia e non capiterà di dover assistere qualcuno mentre questo chiude gli occhi per sempre, non dovrai uccidere nessuno… queste però sono cose che ti segnano, che mi hanno segnata ed io non respirerò più sino a quando non uscirai da là sana e salva. Non vincere. Non mi interessa. Basta che rimani viva» le ultime parole le escono con un sussurro mentre mi abbraccia forte. Sento il suo cuore battere contro il mio e capisco quanto le costi riuscire a farmi salire sul treno domani mattina. Forse questa è la prima volta che sento tutto l’amore che mia madre mi porta e ne sono commossa.

 

Altre braccia avvolgono i nostri corpi. Mio padre si siede accanto a me e Jayson mi avvolge le ginocchia e vi appoggia la testa, accucciato ai miei piedi.

«Non aver paura, Katniss. Se qualcosa dovesse andare storto potremo sempre intervenire noi. Siamo mentori e siamo famosi. Il vecchio Plutarch e i suoi strateghi ci adorano e nessuno vorrebbe scatenare la tua ira. Tutti sanno che fine ha fatto la Coin quando si è messa contro di te… Chyna sarà al sicuro te lo prometto». 

«Non farmi promesse che non puoi mantenere. Cerchiamo di fare un buon lavoro e di tirarli fuori in fretta e senza danni» mia madre torna a essere la donna pratica di sempre. Mi sento meglio se lei è forte perché è come se anche io ne traessi forza.

Mio padre ci accarezza tutti. «Ce la faremo anche questa volta» e sorride rassicurante.

«Domani mattina voglio le focaccine al formaggio» dice Jayson facendo ridere tutti.

Andiamo a dormire e riesco ad appisolarmi a scatti. Non sento urlare questa notte ma so che non è per il fatto che nessuno ha degli incubi. Semplicemente nessuno sta dormendo a parte mio fratello e mi sento in colpa per le preoccupazioni che do ai miei genitori.

 

Il giorno dopo arriviamo presto alla stazione e c’è già una folla che è venuta a salutarci. Vedo Bruce parlare con Damien e spero che il forno non bruci, altrimenti il mio primo omicidio lo compirei qui al distretto.

Aspettiamo il treno pazientemente. Visto il regime di ristrettezze si è ritenuto più conveniente utilizzare il treno per più candidati e visto che noi siamo tra i distretti più lontani divideremo le carrozze con il distretto 13 e il distretto 11 a cui mio padre farà il mentore.

Dick e sua nonna si avvicinano e lei ringrazia ancora mia madre per tutto quello che farà per suo nipote. Quando il treno arriva ci facciamo strada grazie anche all’aiuto dei militi e veniamo accolti dai due candidati del distretto 13 e il loro mentore.

 

«Così tu saresti Chyna Mellark! Ciao, io sono Rudy e lei è Sakìa» si presenta un ragazzo che dovrebbe avere la mia età accompagnato da una ragazza più grande. Non so se mi sono simpatici o meno. A pelle sento un brivido freddo quando stringo la mano di lei che è gelida come il suo sguardo. Se questo è l’inizio non mi aspetto molto dal proseguo di questa conoscenza.

Sento di essere ufficialmente entrata nei giochi.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

e così abbiamo scoperto chi è il secondo candidato ai giochi per il distretto 12.

Dick è il classico ragazzone enorme e ritardato. Con un cuore d’oro e isolato dagli altri insensibili. Sarà l’incognita di questi giochi.

Già da ora sono tutti preoccupati perché nessuno (tranne il vecchio Haymitch) si era preso la briga di provare a conoscerlo e capirlo.

 

Cerchiamo anche di capire il terrore di Katniss. Lei rivede i vecchi Hunger Games nella sua mente. Ragionandoci sa che non sono pericolosi ma è una mamma e questo la rende irrazionale.

 

Chyna è una ragazzina di diciassette anni. Come tutte a quell’età ci sono momenti di ragionamento profondo e adulto e momenti di infantilismo totale. Questo sarà il suo modo di comportarsi per tutta la storia e verrà fuori prepotentemente nel prossimo capitolo quando faremo conoscenza di altri candidati.

 

Ringrazio per l’attenzione che mi avete concesso sino a questo punto e vi consolo per il fatto che, più o meno, i capitoli avranno tutti questa lunghezza (se non di più).

Posterò il prossimo capitolo tra una settimana, visto che l’ho già scritto tutto.

 

Questo è un piccolo assaggio:

«Voglio vedere subito Plutarch. Ci deve spiegare cosa ha in mente. Sono sicura che la sua mente malata ha organizzato qualche cosa di assurdo... ma se pensa che permetterò che lui possa mettere in pericolo la vita di mia figlia ha sbagliato a fare i conti e anche di molto!». In altri termini questa è una dichiarazione di guerra e se fossi in questo Plutarch starei ben attento a come mi muovo, perché normalmente, il passo successivo a questo sfogo di mia madre è l'aggressione…

 

E ora, alla prossima!

baciotti

 

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Capitolo 3
*** la sfilata ***


 

Ciao a tutti!

Oggi è giovedì ma questo capitolo è pronto da una settimana e tra un po’ mi faceva la muffa!

 

Per prima cosa vi illumino su alcuni punti che potrebbero non essere stati chiari nei capitoli precedenti.

Alfie Down (il presentatore della mietitura) è un uomo. Macchietta di se stesso.

Katniss e Peeta hanno quasi cinquant'anni e Gale due in più. Con Johanna è nonno e sua moglie ha circa sessanta anni. Beetee è un rugoso ottantenne. Haymitch ne avrebbe poco più di settanta fosse ancora vivo (mi scuso per questo ma sono passati trenta anni, poteva succedere). Finnick junior ha trenta anni ed ha un paio di figli piccoli, l’ultimo di quattro anni.

I candidati che sono tra i quattordici e i venti anni possono essere nipoti o pronipoti di tributi, visto che dopo trenta anni ci passa almeno una generazione.

Il candidato del 4 non è figlio di Finnick junior o nipote di Annie.

 

Prego tutti di fare molta attenzione a questo capitolo perché introduce personaggi fondamentali e apre la vera storia.

BUONA LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

Sento di essere ufficialmente entrata nei giochi.

Questa è la prima prova per Dick ad interagire con altri candidati e pare non abbia alcun problema. Li saluta senza stringere la loro mano e mi segue quando mi dirigo verso la carrozza dove c’è il rinfresco. Dietro di noi si dipanano gli altri due ragazzi, mio fratello e i tre mentori che hanno subito iniziato a parlare tra loro.

«Tu chi sei?» chiede Rudy guardando Dick che si siede su una grande poltrona e lancia sguardi di desiderio a un dolce appoggiato sul tavolino davanti a lui.

«Mi chiamo Dick. Io e Chyna siamo amici e vinceremo come Peeta e sua madre» risponde meccanicamente per poi cercare il mio sguardo «Posso prendere un po’ di torta?» chiede facendomi sorridere. Per essere il primo esame, il mio compagno è passato a pieni voti.

Forse ci siamo preoccupati eccessivamente delle sue reazioni.

«Certo, Dick. Prendine pure quanto ne vuoi» rispondo accondiscendente. Sembra che basti poco a renderlo felice. Sorprendendomi, prende il piattino e ci fa scivolare sopra la torta al cioccolato e poi la passa a me, prima di servirsene un’altra fetta per lui.

A questo punto mi domando chi sia questa persona.

 

«Ti sei allenata con i tuoi genitori per questo momento? Che intenzioni hai nell’arena? Ti vestirai ancora con le fiamme come tua madre?». Rudy inizia a incalzare con le domande. Ora so perché è meglio che i candidati siano separati. Vien voglia di venire alle mani subito, prima ancora di entrare nel vivo dei giochi.

«Non sono allenata. Ho solo fatto le attività che la mia famiglia ha creduto di insegnarmi. Sono sicura di non essere più forte di te» rispondo cercando di fare un sorriso ma sono consapevole che quello che mi è uscito è una smorfia.

«Lui è più forte di tutti noi» esordisce Sakìa e sento nella sua voce atona un qualcosa che me la fa odiare ancora di più.

«E’ vero, lui è forte» non tento neanche di negare. Perché poi? Se lo riterranno pericoloso gli staranno alla larga e questo vuol dire meno guai da gestire per me e mia madre.

 

Forse riusciamo ad avere un poco di pace, visto che dopo la mia conferma su Dick, i due candidati del 13 non hanno più parlato con noi.

«Chyna, ho fatto qualche cosa di male?» chiede Dick titubante avendo notato il cambio di atmosfera. Gli sorrido e gli copro la mano con la mia scuotendo la testa. È più probabile che il “male” lo faccia io a quei due che non quel gigante buono che siede accanto a me.

Dick decide di dedicarsi all’assaggio di tutto quello che c’è a disposizione in quella carrozza e spero che lasci qualche cosa anche per i candidati dell’11 o loro si troveranno incredibilmente a digiuno.

Non ci vuole molto per raggiungere la nostra prossima destinazione, qualche ora e ci troviamo ad accogliere i candidati del distretto 11.

 

Sono due ragazzi grandi, di diciannove e venti anni e si vede che sono molto amici.

Christal la ragazza, mi dice che si è trasferita qui dal distretto 1 quando aveva tre anni. I suoi genitori avevano dovuto chiudere il loro negozio di gioielli perché la richiesta di beni di lusso a Capitol City era crollata e negli altri distretti nessuno poteva permettersi quegli oggetti.

Bor invece ha sempre vissuto nel distretto ed ha iniziato da giovanissimo a lavorare nella raccolta della frutta. Mi ricorda quanto diceva mia madre riguardo a Rue, il tributo che era morta giovanissima all’epoca dei primi Hunger Games ai quali avevano partecipato i miei genitori.

Durante i suoi racconti, viene fuori che Bor è un nipote del defunto Chaf, il vecchio tributo vincitore che era morto durante i settantacinquesimi giochi della memoria. Per l’esattezza il fratello di Chaf è suo nonno.

Strano, siamo già in due che abbiamo legami con vecchi tributi.

Nel complesso questi due non sono male, ma forse le mie emozioni dipendono anche dai racconti che hanno fatto i miei durante questi anni. Non hanno mai nascosto l’antipatia per il distretto 13 e  la simpatia e gratitudine per il distretto 11. Probabilmente è quello che si riflette nel mio modo di pensare.

 

A pranzo ci accomodiamo tutti attorno al tavolo e un paio di inservienti iniziano a servire le portate. È tutto squisito ed impeccabile. Non trovo parole per descrivere il gusto celestiale che sento quando assaggio il pasticcio di carne o le verdure saltate o ancora le creme di erbette. Sono estasiata.

Mio padre cucina bene ma questo è un altro pianeta!

Anche Jayson e Dick fanno onore alla tavola, così come Christal e Bor. Più frugali sono Sakìa e Rudy e il loro mentore, probabilmente perché sono troppo abituati alla limitazione e non riescono a lasciarsi andare. Come al solito quelli che non si fermano dal parlare, nonostante spazzolino l’intero contenuto del piatto, sono i tre presentatori che ci accompagneranno per tutti gli Hunger Games, facendo da collegamento tra noi e l’organizzazione degli eventi e gestendoci in modo che i candidati siano pronti per sfilate, interviste, allenamenti senza ritardi ingiustificati.

I discorsi sono tra i più vari e tutti lontani dall’argomento giochi. Nessuno vuole far intuire le proprie strategie, perché, nonostante che non si uccida, per vincere occorre anche strategia e furbizia oltre che fortuna.

Il resto della giornata la passiamo stancamente a leggere, passeggiare, chiacchierare o dormire sul comodissimo letto della super accessoriata cabina che ognuno di noi ha a disposizione.

Anche Jayson ha un posto tutto suo, approfittando del fatto che mamma e papà dormono assieme e lasciano libera una stanza.

Mi meraviglio che nessuno abbia obbiettato per il fatto che sia presente anche mio fratello pur non essendo un candidato dei giochi, ma forse questa è una piccola indulgenza alla fama che hanno i Mellark. Beh, a volte approfittarne non fa sentire in colpa.

 

Nonostante l’agitazione che mi prende man mano che ci avviciniamo a destinazione, questa notte sono riuscita a dormire abbastanza tranquillamente. Quando mi alzo per la colazione noto che mio padre ha delle occhiaie marcate, copia di quelle che mostra mia madre e capisco che per la seconda notte di seguito non hanno chiuso occhio. Con questo pensiero mi si chiude lo stomaco e non riesco più a infilare in bocca nemmeno una briciola di pane.

«Chyna, mangia. Papà e mamma stanno bene. Sono solo agitati per gli Hunger Games, per quello che gli ricordano, non è colpa tua» mi sussurra Jayson tuffandosi sulle paste disposte in ordine su un vassoio al centro del tavolo. Annuisco ma mi alzo ugualmente. Sicuramente se mi verrà fame potrò mangiare più tardi.

Ormai il paesaggio è cambiato e si vedono in lontananza le montagne che circondano la capitale di Panem. Siamo quasi arrivati. La nostra avventura sta quasi per iniziare. Non so se aver paura o meno.

Realtà e fantasia si confondono nella mia mente spezzandomi il respiro. Spero che nessuno si accorga del mio attacco di panico. Preoccuperebbe i miei genitori ed è l’ultima cosa che voglio.

Mi concentro e a poco a poco ritorno a controllare me stessa. Sono soddisfatta, adesso posso affrontare Capitol City.

 

Adesso come trenta anni prima, appena scesi dal treno, veniamo prelevati singolarmente e portati al centro estetico per un trattamento intensivo di bellezza. So già cosa aspettarmi grazie ai racconti di mia madre e devo confessare che anche io ho subito qualche intervento da parte dei preparatori quando mia madre doveva rilasciare interviste per la televisione.

Lei li ha sempre odiati ma io li trovavo divertenti nelle loro fisime estetiche. Non parlavano di niente altro se non scandali accaduti nei vari distretti.

Quando mio padre scoprì di cosa parlavano mentre mi preparavano alle riprese li sgridò arrabbiato come lo vedevo di rado. Forse aveva ragione, visto che avevano descritto dei pettegolezzi a luci rosse con dovizie di particolari in presenza di una bambina di sette anni.

 

«Venus, Trent… mi raccomando, ripulitela tutta per bene. Bellezza livello zero» ordina una donna dai tatuaggi sgargianti sul viso e dalle unghie lunghissime e laccate di viola. Mia madre dice che anche ai suoi tempi i preparatori avevano questa tendenza a essere variopinti e in linea con le mode cromatiche di Capitol City. In questo, il vizio non è cambiato. Non si riuscirà sempre a essere all'ultimissima moda ma il segno distintivo si cerca sempre.

Mi ritrovo massaggiata, levigata, stirata, stropicciata, lavata, spalmata, idratata, seccata e infine trasformata in una ragazza con una pelle splendente, dai capelli luminosi e senza imperfezioni visibili. Hanno addirittura cancellato una piccola cicatrice che avevo sul braccio destro e che mi ero procurata nel bosco in una battuta di caccia in compagnia della mamma tanti anni fa. Quanto si era preoccupata quel giorno, alla vista del mio sangue!

Non appena sono pronta, vengo coperta da un accappatoio leggero e trasferita in uno stanzino dove mi aspetta la donna dai tatuaggi.

 

«Ciao, sono Sigma, la vostra stilista. Ho già incontrato Dick ed ho già parlato con tua madre... sappi che tutti i tuoi abiti hanno avuto la sua approvazione e sono tratti da alcuni bozzetti di Cinna. Katniss ne è ossessionata, per il cielo di Panem! Vorrei che anche i miei candidati mi ricordassero in questo modo a tanti anni dalla mia morte» esclama per poi sedersi e mostrarmi i disegni ai quali si riferiva.

Non vi è alcun dubbio. Riconosco i tratti di Cinna dai disegni che mia madre tiene in una cartellina nell'armadio. Sono le uniche immagini dove ritiene qualcuno migliore di mio padre e se devo essere sincera, anche io. Quegli abiti sono stupendi, nonostante siano passati trenta anni da quando sono stati pensati e abbozzati.

«Per questa sera, dove ci sarà la parata dei candidati, ho pensato a questo... credo che sia stato il primo passo verso il costume della ragazza in fiamme che ha indossato tua madre». Mi mostra un foglio dove è raffigurata una sagoma con una tuta nera sulla quale sono state ricamate delle fiamme all'altezza delle spalle e della cintura.

«Io eviterei il copricapo rosso e giallo, lasciando liberi i capelli e aggiungerei qualche effetto di lucido nei ricami in modo di far brillare quei punti. Da lontano dovresti apparire come un carboncino con alcuni punti di brace ancora accesa. Un bell'effetto non eccessivo». Concordo pienamente e sono anche confortata dal fatto che pure mia madre approvi.

 

In men che non si dica mi ritrovo coinvolta in una girandola di preparativi, tra trucchi, sistemazione capelli e vestizione corpo. Continuo a passare tra le mani di Venus e Trent come se fossi una pallina e con Sigma che continua a dare ordini per poi correre nella stanza accanto dove presumo ci sia Dick alle prese con la sua tuta. Spero solo che abbiano pensato a un costume abbastanza grande per lui, visto le dimensioni.

Ho appena finito di indossare il costume che entra mia madre. Resta impietrita sulla soglia mentre sorride. Ha gli occhi lucidi e sembra commossa.

«Non vado bene?» chiedo timida. Non so cosa pensare. Forse il trucco è eccessivo, forse i capelli intrecciati sino a metà testa e lasciati sciolti sulla schiena non vanno bene, forse la tuta non è perfetta come sembra a me.

«Sei bellissima... sembra di vedere me, in una stanza simile a questa, tanti anni fa... ma tu sei più bella» e viene decisa ad abbracciarmi.

 

«Il programma di questa sera non sarà impegnativo. Dovrete percorrere il vecchio circuito dove sfilavano i tributi e poi disporvi davanti al palco della presidente Paylor, sorridere e salutare il pubblico. Solo questo per oggi» mi dice sistemandomi i capelli già perfetti.

«Andiamo, troveremo tutti i candidati e i mentori nel recinto dove parte la sfilata». Aspettiamo un minuto che Sigma ci dia il suo superiore benestare e ci incamminiamo verso il punto di ritrovo.

Appena uscita dalla stanza troviamo Dick ad aspettarci. Anche lui indossa una tuta, meno aderente della mia ma più minacciosa, vista la sua imponenza. A lui le fiamme sono state ricamate anche sui polsini mentre io ho gli avambracci nudi.

Devo dire che i preparatori hanno fatto un ottimo lavoro anche su di lui. È stato ripulito e pettinato con attenzione e, quando mi vede e si apre a un sorriso luminoso, esprime proprio tanta simpatia.

 

Veniamo scortati da tre militi per un dedalo di sotterranei umidi per poi risalire verso il chiarore del cielo al tramonto.

La prima persona che vedo uscita dal tunnel è mio padre che chiacchiera con Finnick Odair junior, attorniati da alcuni candidati tra cui riconosco Bor.

Mi affretto a raggiungerli e vengo accolta da uno sguardo pieno di approvazione e affetto da parte di papà e uno perplesso e compiaciuto da parte del nostro vecchio amico «Scricciolo! Sei proprio tu, Chyna? Peeta, non mi avevi detto che tua figlia era diventata una sirenetta incantatrice... quanto sei cresciuta!». Odair è il solito affascinante seduttore, o almeno quella è la sua recita, che mette in pratica quando è lontano dagli sguardi ammonitori di sua moglie, non lo diresti padre di due bambini piccoli. In realtà credo che solo mio padre si dimostri più innamorato della propria compagna.

Finnick si avvicina e mi da un bacio per ogni guancia.

«Se ti va puoi chiamarmi zio, una volta lo facevi» sussurra poi all'orecchio facendomi ridere.

Presento Dick a Finnick e mi metto a chiacchierare con lui e Bor mentre aspettiamo che il sole tramonti e si inizi la sfilata.

 

«Ciao, Chyna» mi saluta una voce alle spalle, facendomi sobbalzare. Non mi giro neanche, credo di sapere a chi appartiene. Ritorna alla luce dopo tanti anni.

Finnick interviene leggero «Chyna, ti ricordi di Paban?» dice indicando il ragazzo alto dal fisico scolpito con i capelli che gli sfiorano le spalle, schiariti dal sole e i più begli occhi verde chiaro che abbia mai visto da che ho memoria.

«Non credo. È un tuo candidato?» chiedo con voce annoiata, distogliendo immediatamente lo sguardo dal nuovo arrivato e volgendo la mia attenzione al mentore del distretto 4.

«Beetee! Chyna, vieni, ti faccio conoscere un vecchissimo amico» scherza mio padre e mi trascina verso un anziano seduto su una sedia a rotelle che si trova in compagnia del candidato vincitore dei primi giochi Hunger Games della Pace. Lo conosco anche io, ormai è un personaggio famoso.

 

Anche mia madre accorre a salutare il vecchio compagno e insieme iniziano a chiacchierare ricordando i vecchi tempi e a quando erano giovani. Io e John, il giovane mentore del terzo distretto, ci guardiamo consapevoli che la cosa non ci riguarda e che dobbiamo sopportare. Sorrido a questa cameratesca solidarietà.

«Quindi quest'anno tocca a Chyna» dice infine Beetee con un tono alquanto strano. Guardo il vecchio mentore perplessa ma è mia madre che sussulta preoccupata.

«Cosa intendi dire?» incalza.

«Che è strano. Non è l'unica parente di vecchi tributi che oggi entra nell'arena di questi giochi» la informa. Mi chiedo chi altri ci sia a parte Bor.

 

Beetee inizia quello che sembra essere la rivelazione di un segreto di stato «Sapete già di Bor, giusto?» annuiamo «Hanno anche estratto una ragazza del 2 nipote del vincitore dei cinquantasettesimi giochi, un parente del vincitore dei sessantunesimi dal distretto 5, il nipote del vincitore dei cinquantatreesimi dal distretto 4, poi uno dal 9 e una dal 10. Certo che tu sei la più famosa, ma in questa edizione ci sono più parenti stretti di ex tributi vincitori di quanto sia possibile con qualsiasi calcolo delle probabilità» conclude l'anziano mentore.

«Christal mi ha detto che la sorella di sua nonna è stata un tributo nei settantesimi giochi, ma non ha vinto» intervengo io.

A quel punto ci guardiamo attorno cercando di scorgere qualche segnale dal viso degli altri candidati.

«Potrebbe essere che anche altri siano parenti di tributi? Dick non ha niente a che fare e neanche Rudy o Sakìa» ragiono a voce alta.

«Ovvio che i due del 13 non siano in questa situazione, quel distretto ha iniziato solo con i giochi della pace. È anche possibile che qualcuno non abbia alcun legame con il passato, per i miei ragazzi ne sono praticamente sicuro... però se consideriamo gli altri... questo significherebbe che le estrazioni sono state pilotate» conclude il suo ragionamento.

 

Vedo mia madre iniziare a tremare e papà circondarle le spalle con un braccio.

«Stai calma, Katniss. Non sappiamo ancora niente» cerca di blandirla ma lei si irrigidisce e lo guarda furente.

«Voglio vedere subito Plutarch. Ci deve spiegare cosa ha in mente. Sono sicura che la sua mente malata ha organizzato qualche cosa di assurdo... ma se pensa che permetterò che lui possa mettere in pericolo la vita di mia figlia ha sbagliato a fare i conti e anche di molto!». In altri termini questa è una dichiarazione di guerra e se fossi in questo Plutarch starei ben attento a come mi muovo, perché normalmente, il passo successivo a questo sfogo di mia madre è l'aggressione.

«Se cercate il capo degli strateghi, credo di averlo visto da quella parte. Ma non è più il vecchio Plutarch» dice John indicando un uomo basso e magro, sui trenta anni con la barbetta a punta e completamente calvo.

 

Sembra che un fulmine a ciel sereno colpisca gli altri tre adulti.

«Hanno sostituito Plutarch? Chi è il nuovo capo stratega?» chiede papà con una certa urgenza nella voce osservando l’ometto che sta girando tra i candidati senza dare nell’occhio.

«Non saprei proprio cosa risponderti. Questa notizia è nuova anche per me. Tu, John come l’hai saputo» chiede Beetee rivolgendosi al suo pupillo.

«Mi ha chiesto di te e degli altri mentori che conoscevo, se erano affezionati ai loro candidati, cosa pensavano del loro ruolo e cose così.  Poi si è presentato come il nuovo capo stratega ma non sono riuscito a domandare niente altro che si era già allontanato».

Quando ci voltiamo nuovamente per cercare quell’uomo, questi è svanito nel nulla e non riusciamo più a scorgerlo da nessuna parte.

«Deve essersi ritirato alla postazione di controllo. Andremo a presentarci più tardi, finita la sfilata, dopo il discorso della Paylor» suggerisce mio padre e la mamma annuisce acconsentendo.

È il primo momento libero che hanno dopo averci assistito.

 

Vedo Dick da lontano che sta parlando con un volto noto. Maledizione, è Paban. Cosa diavolo vuole da noi? Con grande irritazione, saluto John e bacio Beetee sulle guancie rugose, prima di andare a parlare con quei due. Mi ricordo che Paban è del distretto 4. Allora è lui il nipote del vincitore dei cinquantatreesimi Hunger Games. In effetti viveva al villaggio dei vincitori, accanto agli Odair, è per questo che l’avevo conosciuto quattro anni fa.

Da allora il suo fisico si è sviluppato ancora di più e i suoi capelli scuri sono diventati quasi biondi talmente sono schiariti dal sole e dal sale del mare. L’unica cosa uguale e l’unica che avrei desiderato fosse diversa, sono i suoi occhi verde chiaro. Ho adorato i suoi occhi dal primo sguardo e non posso non ammirarne la bellezza anche adesso. Per tutto il resto, però, il signorino è meglio che mi stia alla larga perché se quattro anni fa è riuscito ad umiliarmi, oggi sarebbe l’ultima cosa che riuscirebbe a fare da vivo.

 

Mentre mi sto dirigendo verso i due ragazzi, vengo intercettata da un altro candidato che mi intralcia il cammino posizionandosi esattamente davanti a me. Riesco a fermarmi a un soffio da schiantarmi contro di lui e sono pronta a urlargli contro tutta la mia irritazione, quando alzando lo sguardo focalizzo il suo viso e immediatamente ammutolisco.

È poco più alto di me, quasi tozzo. È biondo, della stessa tonalità dei capelli di mio padre, ha gli occhi azzurri che ricordano il cielo di primo mattino. Il suo sorriso è semplice e disarmante e mi ricorda tanto quello del mio papà.

Non credo di riuscire a parlare e non posso credere di essere in questo stato solo per aver visto la faccia di un ragazzo. Il mio cuore sta battendo all’impazzata, sicuramente le mie guancie si stanno colorando di rosso e la mia bocca è secca come se non bevessi acqua da più di una settimana.

«Ciao, io sono Brieg del distretto 7. La mia mentore è Johanna Mason e mi ha detto che tu sei la figlia dei Mellark» dice con voce allegra allungando la mano per stringere la mia.

«Chyna… Chyna Mellark» pigolo sottovoce, completamente sopraffatta.

«Sono felice di conoscerti. I tuoi genitori sono delle leggende in tutti i distretti. Quando mi hanno estratto non potevo credere alla fortuna che ho avuto, potrò conoscere i Mellark».

Brieg comincia a decantare le lodi, già conosciute, dei miei genitori e io ho tutto il tempo di riprendermi.

 

Sto quasi per intervenire quando vengo raggiunta da Dick, in compagnia di Paban e di una giovane ragazza abbronzata che scommetto essere la candidata del distretto 4.

«Non ti vedevo più, Chyna. Dove eri andata? Non ti vedevo più. Ti cercavo» dice Dick facendo scomparire la mia mano nella sua.

Borbotto una risposta che dovrebbe sembrare un “non ti dovevi preoccupare” ma nessuno mi ascolta visto che sono tutti interessati a fare conoscenza con il candidato del distretto 7.

«Ciao, io sono Paban, del distretto 4 e lei è l’altra candidata, Iraida» fa le presentazioni ma Brieg sembra distratto dalla mano di Dick allacciata alla mia.

«Io sono Brieg e tu?» chiede direttamente alla montagna accanto a me.

«Sono Dick e lei è Chyna. Io sono amico di Chyna e noi vinceremo insieme come Peeta e sua madre» ripete ancora una volta. Mi viene da ridere. È davvero convinto di quello che dice.

 

«Chyna Mellark. Sei circondata a quanto vedo. Come te la caverai?» la voce sarcastica di Johanna mi arriva alle orecchie prima che la sua figura spunti nel mio campo visivo.

«Johanna...» Gale arriva camminando accanto alla moglie. 

«Ciao, Chyna» esordisce l'amico della mamma. «Abbiamo bisogno di parlare con Katniss e Peeta, sai dove sono?». Credo che questa necessità abbia a che fare con le novità di questi giochi.

«Saranno tra il pubblico ma andranno a parlare con il nuovo capo stratega alla fine del discorso della Paylor».

«Allora lo sanno già» afferma Johanna, abbandonando il suo tono sarcastico. Annuisco in risposta.

«Vado a parlare con Finnick e Enobaria, ci vediamo dopo... Chyna, in bocca al lupo». Gale si congeda e corre verso l'Odair, probabilmente per parlare del nuovo capo che deciderà l'azione nell'arena.

 

Sentiamo il fischio prolungato e alcuni inservienti ci invitano a prendere posto sui nostri sui carri.

Tutti i candidati si dirigono verso i propri mezzi e si preparano alla sfilata. Solo allora mi guardo intorno e noto i vestiti lussuosi che indossano gli altri concorrenti ai giochi.

Alcuni sono sfarzosi, altri brillanti, altri ancora molto elaborati. In puro stile storico, rispecchiano gli antichi mestieri di ogni distretto.

Il primo carro a partire è quello di Capitol City con i due candidati vestiti di colori sgargianti e acconciature eclettiche. I cavalli che trainano i calessi sono mansueti e ben addestrati, mantengono un passo costante e seguono la fila senza bisogno di condurli per la briglia.

Man mano ci dipaniamo attraverso il circuito.

Io e Dick siamo i penultimi a partire. I punti dove abbiamo i ricami del fuoco brillano nella notte ormai scesa e ci fanno apparire accesi come tizzoni ardenti.

 

Il pubblico grida, incita impazzito e indica i carri dei candidati.

Il commentatore della trasmissione inizia a presentare ogni singolo carro con i candidati dei vari distretti.

Ognuno di noi ha una prolungata inquadratura in modo che eventuali sponsor possano osservarci e noi conquistare il loro favore.

Quando le telecamere mi inquadrano e il commentatore annuncia il mio nome scoppia un boato assordante. I miei genitori sono ancora molto famosi a quanto sembra. Dick sorride contento indicando il teleschermo e mi prende la mano alzandola in segno di vittoria.

Mi viene da ridere guardando il viso soddisfatto del mio compagno di avventura. Comincio a intuire che ci tenga davvero tanto a questi Hunger Games della pace. 

Lentamente, dopo circa un'ora di sfilata dove veniamo guardati da ogni angolazione possibile, in modo da rimanere impressi nelle menti dei telespettatori, ci fermiamo davanti al palco dove ci sono tutte le personalità più influenti del governo e la presidente Paylor.

Per essere un gioco dove si combatte per finta, si danno parecchio da fare per far sembrare tutto terribilmente serio.

 

A questo punto l'inno di Panem si ferma e la presidente si alza e si posiziona al microfono per il suo discorso. «Popolo di Panem, Capitol City, distretti, siamo arrivati con successo ai settimi Hunger Games della Pace, giochi senza vittime dove i candidati dimostreranno il loro valore e il loro spirito di adattamento. Saranno gli esempi per tutti i nostri giovani...» continua in questo modo per almeno trenta minuti, ricordando alternativamente, quanto siamo progrediti adesso e quanto abbiamo affrontato trenta anni fa contro lo strapotere del presidente Snow. Nomina alcune persone famose e alcuni tributi dei vecchi giochi che hanno dimostrato il proprio valore sacrificando la propria vita.

Dalla seconda edizione in avanti ha preso l'abitudine di citare il nome di tutti i tributi che hanno partecipato a una delle vecchie edizioni degli Hunger Games scoprendo poi una targa a futura perenne memoria dei caduti sotto la tirannia.

Quest'anno si ricordano i tributi dei giochi dieci e trentasette.

Sento scorrere i nomi di ragazzi sconosciuti. Uno di quattrodici anni, una di diciotto, uno di sedici, una di quindici e un'altra di dodici. Non ho idea di chi fossero ma il solo pensiero di quanto hanno passato mi fa salire la nausea in gola. Non sono cose lontane da me, ho vissuto sulla pelle le conseguenze psicologiche delle persone sopravvissute e sento il cuore pieno di tristezza e rabbia.

 

“Spero e prego che queste cose non capitino mai più. Ai candidati va il mio augurio di buona fortuna per i settimi Hunger Games della Pace”. Nella mia mente ripeto l'ultimo pezzo del discorso della presidente, uguale tutti gli anni passati e i prossimi.

Alziamo ancora le braccia al cielo per ringraziare il pubblico e il carro ricomincia a muoversi per ritornare al recinto.

«Vieni, Dick. Abbiamo finito per questa sera» annuncio scendendo con un balzo dal carro non appena si ferma. Mi segue senza obiettare e veniamo presi in custodia da un paio di militi che ci accompagnano verso il nostro appartamento dove soggiorneremo negli agi per le prossime due settimane, durante le quali ci alleneremo per essere il più realistici e reattivi possibili durante i giochi.

«Ciao, Chyna. Ci vediamo domani agli allenamenti» mi saluta Paban. Neanche mi spreco a rispondere. Per quanto mi riguarda gli auguro un bel livido su ogni centimetro quadrato del suo corpo e un occhio nero per ognuno, per risaltarne il colore.

«Ciao, Brieg» saluto invece il candidato del sette che mi ha tanto colpito. Credo che mi troverò bene con lui, magari lo chiederò come alleato. Mi consulterò con la mamma.

 

Saliamo in ascensore in compagnia dei tributi del distretto quattro e del distretto nove. Non poteva andare peggio di così.

«Sei parecchio cresciuta dall'ultima volta che ti ho vista» dice Paban mentre sorride al mio indirizzo. Crede davvero che bastino due paroline e un sorriso per farmi sciogliere?

«Tu per niente» rispondo acida. Gli altri candidati ci guardano basiti per il nostro scambio di parole ma è Dick quello che interviene. Credo che sia molto sensibile al mio malumore, forse dovrei scatenarlo contro quel borioso. Gli farebbe passare la voglia di divertirsi alle mie spalle.

«Lascia stare Chyna. Lei è mia amica e tu non le vuoi bene» esclama mettendosi fisicamente tra me e Paban. È impressionante vederli vicini.

Vero che Dick è più grosso e massiccio ma Paban non è mingherlino né tanto più basso del mio compagno. Non sparisce come invece faccio io vicino a quella montagna di muscoli.

«E' il tuo ragazzo? Tranquillo omone, non te la voglio rubare. Anche io sono amico di Chyna, solo che l'ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato e lei è ancora arrabbiata... mi aiuti a fare la pace?». Sorride a Dick e strizza l'occhio. Ma come si permette!

«Non è il mio ragazzo ed io con te non ci parlo» borbotto scocciata prima di girarmi verso la parete. Mi sento infantile ma non riesco a frenare questi impulsi.

Finalmente le porte dell'ascensore si aprono e Iraida richiama il suo compagno per scendere al loro piano. «Andiamo, Paban. Lascia perdere questa ragazzina» e decido che quella non mi piace per niente. Mi dispiace per Finnick ma ho intenzione di eliminare dal gioco tutti e due i candidati del distretto 4 non appena ne avrò l'occasione. Farò di questo pensiero la mia priorità nell'arena.

 

Arrivati all'appartamento non aspetto mia madre e vado subito a dormire. Domani sarà una giornata dura con l'inizio degli allenamenti e poi i mentori a quest'ora saranno a colloquio con il nuovo capo stratega dei giochi.

Spero che le coincidenze che ha scoperto Beetee non siano nulla di pericoloso e mi addormento fiduciosa che i miei genitori troveranno la soluzione al problema.

Passo una tranquilla notte senza sogni e il mattino dopo mi trovo al tavolo della colazione da sola con Dick e mi chiedo che fine abbia fatto mia madre. Non è da lei dormire a lungo.

In quel momento Jayson irrompe nella nostra sala e sbotta «Che fine ha fatto papà? Non è tornato questa notte».

In quel momento so che anche la mamma non è nel suo letto.

Dove sono?

---ooOoo---

Angolino mio:

come avevo già annunciato questo è un capitolo fondamentale perché mette le basi per tutta la trama della storia.

Ci sono nuovi personaggi: Paban, Brieg, il nuovo capo degli strateghi, Sigma…

Ci sono le intuizioni di Beetee sulle estrazioni e ci sono le sparizioni dei mentori.

 

Tutto questo darà da pensare a Chyna.

Come si svilupperà la cosa? Vi rimando al prossimo capitolo da postarsi tra una settimana (Giovedì o Venerdì scegliete voi)

 

Per ora vi lascio un piccolo spoiler:

… Poi abbassa la testa come a volermi baciare sul collo e soffia nel mio orecchio «Non ti muovere, i militi sono armati e hanno tutti sotto tiro». Panico. Le sue parole mi scatenano il panico…

Spero che la storia vi sia gradita, fatemelo sapere.

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima

baciotti

 

Ora un pochino di pubblicità, concedetemela, è tanto che non la faccio.

in questi tre anni ho scritto molto e nell’ultimo mi sono pure diversificata.

Ecco le mie altre storie:

 

La punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane Malfoy alle prese con una maledizione che lo trasforma in una donna. In corso. fa parte di una serie di storie indipendenti (I trasformisti) dove troverete altre storie sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi, uomo-donna. Tutti umani. Concluse.

 

7mi Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni dopo, i giochi ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora è il turno della figlia dei Mellark. In corso.

 

Fidanzato in prova (Romantico) storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In corso. Sequel di AAA Offresi Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa. Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca della donna da amare.

 

Si dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere tra Bella e Edward per una tenuta vinicola. In corso.

 

AAA Affittasi Moglie (Twilight) cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad affittare una moglie? In corso.

 

Twiligh delle caverne (Twilight) parodia della storia nella preistoria. Mini fic. in corso.

 

Dottore dei tubi (Twilight) commedia su sei amici al bar e un racconto su cosa è successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.

 

Mini fic Twilight, Concluse. Come Andromeda e Acqua che cade entrambe storie fantasy (senza vampiri).

 

Sakura – Fiore di ciliegio (Twilight) Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906 partendo da Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa

 

Fu la prima volta che… e Déjà vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot rosse. Umani.

Prima di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere di fumare (Twilight) tre shot leggere. Umani.

 

Dovessi chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la mole è notevole. Ovvio che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità e il motivo di avermi entusiasmata (forse le rosse le eviterei, ho provato ma sono davvero una piaga in quelle descrizioni)

Comunque potete accedere direttamente cliccando sul titolo scritto in colore.

Fatemi sapere se e cosa ne pensate.

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Capitolo 4
*** le sparizioni ***


 

Ciao a tutti!

Posto oggi, con un giorno di anticipo perché domani sono assente e volevo mettere in etere questo capitolo che compie la svolta nella storia.

Spero che vi piaccia come è piaciuto a me nel momento che lo scrivevo.

Ringrazio coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, ricordate, seguite, chi ha recensito e chi ha semplicemente letto.

 

Ricordandovi che questo weekend è obbligatorio andare al cinema per il secondo film degli Hunger Games – la ragazza di fuoco, accontentavi di questo.

BUONA LETTURA!

 

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---ooOoo---

 

 

«Che fine ha fatto papà? Non è tornato questa notte». In quel momento so che anche la mamma non è nel suo letto. Dove sono?

Mi alzo e corro alla camera di mia madre. Quando spalanco la porta trovo solo il letto intatto come mi aspettavo.

«Dobbiamo provare con gli altri mentori» corro verso l'ascensore, seguita da Jayson e Dick. Gli inservienti non tentano di fermarci. Anche loro hanno capito che è successo qualcosa di importante.

Quando le porte dell'ascensore si aprono ed entra Sigma con un pacco tra le braccia, la scanso in malo modo ed inizio a schiacciare frenetica il pulsante del piano quattro. Se c'è, Finnick saprà dove sono i miei genitori.

L'ascensore mi sembrava più veloce ieri sera. Nel silenzio della cabina si sentono solo i respiri agitati miei e di mio fratello. «Troveremo subito Peeta e tua madre» dichiara Dick.

Mi fa sorridere la fiducia che ha nella mia famiglia, ci adora letteralmente.

Quando le porte si aprono schizzo veloce nella sala dove, al tavolo, trovo seduti per la colazione Iraida e Paban in accappatoio che stanno mangiando frittelle.

«Che ci fai qui? Ti sembra il caso di entrare in questa maniera? Chiamo subito i militi!» sbraita immediatamente la ragazza alzandosi per andare al citofono interno.

«Idiota» sbotto per poi rivolgermi a Paban «Dov'è Finnick? Mamma e papà non sono tornati ieri sera e siamo preoccupati».

Non servono molte parole. Paban si alza precipitosamente e corre alla camera del suo mentore, trovandola vuota e con il letto intatto, proprio come quella di mia madre.

«Non è tornato neanche lui. Corro a vestirmi e cerchiamo da qualcun altro» e scappa a indossare qualcosa. Iraida sta ancora parlando con i militi per cercare qualche persona che abbia voglia di arrestarci.

 

Un minuto dopo Paban arriva con addosso una canottiera e terminando di allacciarsi i pantaloni. È   a piedi scalzi, fin troppo vestito per come è abituato.   

«Andiamo al terzo. Beetee saprà sicuramente qualcosa» propongo io. In quel momento si aprono le porte e mi aspetto che arrivino i militi chiamati da quella bambolina idiota, invece mi trovo davanti il petto glabro ed allenato di Brieg, che mostra ancora tutti i segni della notte tra le lenzuola.

«Johanna non è tornata e neanche Gale al distretto sei. Ieri sera ho visto che parlavano con Odair, lui c'è?» chiede scompigliandosi ancora di più i capelli. Scuoto la testa.

Anche loro non sono tornati. Ho la sensazione che non troveremo nessuno dei mentori questa mattina, sembrano spariti tutti nel nulla.

 

«Non sono qui, ho aspettato John sino a tardi perché so che ha bisogno di una mano per Beetee ma non ho visto nessuno dei due. In più manca anche Tanny Demsay, la nostra presentatrice alla mietitura. Stavo per venirvi a cercare, siamo preoccupati». La ragazza ci stava aspettando davanti alla porta dell'ascensore e non attende neanche che le spieghiamo la situazione. Dietro di lei il ragazzo annuisce serio. È vero, manca anche Alfie. Ieri sera non ci ho fatto caso ma anche lui è assente. Guardo Paban e lui mi fa segno di essere nella stessa situazione. Sono spariti tutti. Come immaginavamo la cosa è grave. Molto grave.

Per me e Jayson poi è tremendo. Sono anche i nostri genitori. Dove possono essere?

 

Cominciamo a fare le ipotesi più disparate partendo dalle conoscenze che abbiamo sui fatti.

«Dove dovevano andare ieri sera?» chiede Brieg.

«Avevano deciso di andare a parlare con il nuovo capo degli strateghi» rispondo io riferendomi ai miei genitori. Mi viene in mente che abbiamo cercato solo i vecchi tributi che conoscevamo ma ci sono i mentori nuovi di Capitol City al piano 14 e del distretto 13, un piano sopra il nostro.

Risalgo correndo in ascensore e schiaccio frenetica il tasto 13, seguita subito da tutti i ragazzi.

Velocemente la cabina si porta al piano desiderato ed io esco per prima e corro verso Rudy che so essere più socievole di Sakìa.

«Il vostro mentore c'è? Il vostro presentatore? I nostri sono spariti» spiego brevemente.

«No. Non ci sono neanche loro. Ieri sera tuo padre lo ha invitato a un meeting con tutti i mentori e gli strateghi, poi non l'abbiamo più visto, per Dannie invece non saprei, lui cerca sempre le inservienti» risponde tranquilla Sakìa per poi continuare a dedicarsi alla colazione.

«Non sarà successo niente di male, Chyna. Non preoccuparti» interviene Rudy, ma la sua condiscendenza mi fa saltare la mosca al naso. Mia madre non è una donna che ci lascia perché ha qualcosa di meglio da fare. Lei è quella che quando si alza presto per la caccia lascia sempre un  biglietto sul tavolo, se non torna per pranzo o cena riesce sempre a trovare il modo per avvisarci oppure rinuncia al suo impegno. Da noi è fondamentale sapere. Lei ci racconta che la sofferenza maggiore l'ha provata quando non sapeva cosa era accaduto ai suoi cari e mai più vuole trovarsi in quella situazione. No. È sicuro che a Katniss Everdeen è successo qualcosa e questo, sommato ai commenti di Beetee sulle mietiture, rende questi giochi sinistri e pericolosi.

 

«Cosa sai, Chyna. Deve esserci qualcosa di grosso in ballo se tu sei così preoccupata» interviene Paban avvicinandosi. È serio, terribilmente serio e intuitivo. Sospiro e annuisco.

«Ieri sera abbiamo scoperto che hanno cambiato il capo degli strateghi e sopratutto Beetee ha notato che molti di noi sono parenti di vecchi tributi» vuoto il sacco guardando gli altri candidati e aspettando le loro reazioni.

«Giusto... ci sono io del 4, tu del 12... Finnick mi ha parlato del candidato del 2» ragiona Paban ad alta voce.

«Lo zio di mio padre ha vinto i cinquantanovesimi giochi per il distretto 8, e so che c'è il ragazzo del 9 e la ragazza del 10» interviene Sakìa con la sua solita voce monocorde.

«Invece io sono parente di un tributo che è caduto nei settantunesimi giochi» interviene la ragazza del tre.

«Non è possibile che queste siano coincidenze. Praticamente quasi tutti noi abbiamo un legame stretto con i giochi del passato... perché mai?» chiede Brieg più agitato di prima.

«Potrebbe essere per pubblicità. Fa sempre effetto vedere dei candidati che ti ricordano vecchie glorie» ragiono.

«No. Non credo sia solo per quello. Per avere visibilità bastavi tu. Hai sentito le urla ieri sera. Noi siamo solo nipoti. I nostri parenti erano famosi due generazioni fa... ci deve essere sotto qualcosa di più grosso» mormora Paban e non posso dargli torto.

Anche io sono convinta che ci sia qualcosa che adesso ci sfugge e mi si gela il sangue pensare che in mezzo a tutto questo, tutta la mia famiglia sia in pericolo per un piano che non riesco a distinguere.

«Ragazzi. Dovete muovervi, tra mezz'ora dovete trovarvi sotto per iniziare l'allenamento. Vado io a cercare i mentori» propone Jayson.

«Come pensi di fare, moccioso?» chiede Brieg, facendo aggrottare la fronte a mio fratello. Sarà giovane ma ha l'età per partecipare a questi giochi e trattarlo da piccolino lo irrita parecchio. Però non riesco ad arrabbiarmi con il candidato del distretto 7.

«Ha parlato il grande uomo» replica sarcastico, poi si rivolge a me che sono accanto a Paban e Dick «Ci sono alcune inservienti davvero giovani e carine» fa un gran sorriso e strizza l'occhio a Paban che annuisce complice. «Mi faccio quattro chiacchiere, lo sai che riesco sempre a scoprire i segreti» mi rassicura. Concordo. Lui è una specie di agente segreto, ha un modo simpatico e affabile che riesce a farsi raccontare tutto come se fosse l'unico confidente al mondo degno di esserlo. Se dovessi scegliere qualcuno per indagare punterei su di lui.

L'unica cosa che mi domando è come possa riuscire ad allenarmi se la mia mente è occupata da altri pensieri.

 

«Andiamo, Chyna. Jayson riuscirà a trovare tutti. Jayson troverà Peeta e tua madre» dice Dick nel suo modo semplice e diretto. Mi prende la mano e mi trascina all'ascensore.

Nella cabina ci ritroviamo tutti pigiati e io mi appoggio al primo corpo che mi trovo accanto che prontamente mi abbraccia. «Coraggio, Chyna. Andrà tutto bene. Jayson riuscirà a scoprire cosa succede. Ora come ora abbiamo solo lui per sapere qualcosa, noi dobbiamo andare agli allenamenti, altrimenti verranno i militi e ci metteremmo ancora più nei guai». Paban cerca di essere rassicurante mentre mi stringe al suo petto e continua a carezzarmi la schiena.

«Paban... ho paura» sospiro sottovoce in modo che solo lui mi senta. Mi stringe ancora più forte per poi lasciarmi andare quando arriviamo al mio piano.

Qui esco con Dick, mentre gli altri scendono ulteriormente per raggiungere i loro piani.

 

«Oh, finalmente! È una vita che vi aspetto. Mi hanno consegnato queste tute da indossare durante gli allenamenti... dov'è Katniss? Credevo volesse aspettarmi qui, prima di andare sotto per assistere». Sentire Sigma così tranquilla fa esplodere tutta la mia rabbia.

«Che vuoi che mi interessi cosa pensi? Katniss non c'è, la stavamo cercando anche noi» le strappo dalle mani il pacco che mi sta porgendo e a grandi passi mi rifugio in camera e mi vesto in fretta. Lego i miei capelli in una coda mal fatta, quel tanto che basta perché non mi vadano negli occhi, poi esco ad aspettare Dick. Devo averci messo troppo oppure lui è velocissimo, perché è già davanti alla mia porta che mi aspetta, vestito di tutto punto.

«Bella questa tuta» commenta guardando la sua giacca. In realtà non è niente di particolare ma penso che per lui tutto il luccicante mondo di Capitol City sia una cosa fantastica, quindi annuisco facendolo contento.

 

Per l'ennesima volta riprendiamo l'ascensore che troviamo già occupato dai ragazzi del piano 14, i candidati di Capitol City. Devono essere tutti e due molto giovani, quattordici o quindici anni e guardano Dick con espressione tremendamente preoccupata.

«Ciao, noi siamo Chyna e Dick. Vinceremo i giochi insieme come hanno fatto Peeta e sua madre» si presenta il mio compagno nel classico modo ed io sorrido imbarazzata.

«Siamo del distretto 12. Voi siete di Capitol City?» cerco di fare conversazione e rilassare gli animi.

Annuiscono e allungano le mani presentandosi «Io sono Alicia Snow e lui è Owen Crane» risponde la ragazza con una voce fine e timorosa.

 

Sono sicura di essere sbiancata. Crane? Come il capo stratega dei settantaquattresimi Hunger Games che hanno vinto i miei genitori? Snow? Come il presidente tiranno che è stato giustiziato ai tempi della guerra?

È evidente che sono ambedue abituati a queste reazioni da parte delle persone.

«Se non ricordo male, il vecchio presidente era uno zio di mio nonno o qualcosa del genere, e lui invece non è neanche parente dello stratega dei giochi».

Tutto questo non può essere una coincidenza. Ci deve essere uno scopo ben preciso se hanno deciso  di pilotare le estrazioni dei candidati arrivando a questi nominativi.

«Siete giovani» osservo fissando la mia attenzione sulle lentiggini della ragazza che la fanno sembrare una bambina.

«Abbiamo entrambi quattordici anni. È strano che sia stato estratto proprio il nostro nome visto che compariva una volta sola» commenta Owen. Forse anche lui ha intuito che non tutto si è svolto in modo pulito.

 

Ho bisogno di mia madre. Devo parlare con qualcuno per analizzare e capire che mistero c'è dietro alle estrazioni di questi nomi e alla sparizione dei mentori. So che mia madre riuscirebbe a notare il marcio che a me sfugge. Mi manca. Mi manca e ho paura.

Quando arrivo alla palestra degli allenamenti mi trovo in uno spazio enorme con due postazioni sopraelevate, divise tra di loro da uno spesso muro, che coprono tutta una parete del locale.

La metà più vicina a noi è già piena di persone che ci osservano e bevono da coppe di cristallo, l'altra parte è completamente vuota pur essendo piena di poltroncine dall'aria comoda. Chissà chi devono ospitare lì sopra.

 

Sono già arrivate alcune coppie di candidati. Riconosco quelli del 9, Rudy e Sakìa del 13, i candidati dell'uno e anche Christal e Bor dell'undici. Subito dopo di noi arrivano anche Brieg con la sua compagna, Iraida e Paban. Poco alla volta arrivano tutti. Sembrano quasi tutti ragazzi della mia età o leggermente più grandi. Indubbiamente i più giovani sono quelli di Capitol City e anche la ragazza del 7 e il ragazzino del 9.

Noto che abbiamo tutti la stessa tuta, come faranno gli strateghi a distinguerci per valutarci mentre ci alleniamo? Non ci conoscono così bene da capire chi siamo con una occhiata.

Appena ho finito di pormi questa domanda, arriva un inserviente che applica una etichetta con il velcro sulla spalla. Ognuno di noi viene marchiato con uno scudetto che contiene il numero del distretto oppure una grossa C che presumo sia per Capitol City. Svelato il mistero.

 

Aspettiamo che arrivi il capo istruttore a darci il programma per la giornata. All'improvviso vedo aprirsi la porta di accesso dell'area riservata che era completamente vuota sino ad ora.

Entra prima un milite seguito da un altro e mi sembrano armati. Poi entra... Finnick. Non riesco a capire se stia bene, vista la distanza tra me e il palco ma sembra di sì. Vedo Paban allungarsi in punta di piedi per cercare di vedere meglio, sino a quando Finnick non fa un gesto con la mano che pare voglia dire “va tutto bene”.

Dietro di lui entra Gale, sorretto da sua moglie Johanna. Si tiene il fianco. Entrano il mentore del 13 e quello del cinque, poi Enobaria sempre baldanzosa nonostante i sessanta anni suonati.

Trattengo il fiato quando entrano i miei genitori. Li osservo minuziosamente, soffocando il grido che vuole uscire dalle mie labbra. Subito loro cercano il mio sguardo e in quel momento mi accorgo che mio padre ha un occhio nero. Infine fa la sua comparsa un provato Beetee e un John dall'aspetto sofferente e con un grosso livido sullo zigomo.

 

Vorrei correre verso di loro ma appena faccio un passo, Paban mi abbraccia con un gesto plateale e dice ad alta voce «Credi che tuo padre mi concederà di uscire con te, sirenetta?». Poi abbassa la testa come a volermi baciare sul collo e soffia nel mio orecchio «Non ti muovere, i militi sono armati e hanno tutti sotto tiro». Panico. Le sue parole mi scatenano il panico.

Sento ridere al di sopra della mia testa e mi sembra che siano gli strateghi. Uno dice a voce alta «Quella è la figlia di Katniss Everdeen? Da lei non potevamo aspettarci niente di diverso, sono delle mangiatrici di uomini». Le risate si fanno più sguaiate ma io non riesco ad offendermi, voglio solo parlare con i miei genitori.

«Paban, credo che di questa faccenda dovremmo parlarne subito a quattrocchi, prima che diventi un problema. Io non sono permissivo come mia suocera» esclama a voce alta mio padre. Alzo la faccia e, ancora circondata dalle braccia di Paban, lo scorgo chiedere a uno stratega al di là del divisorio, il permesso di scendere in palestra. Gli strateghi ridono e fanno cenno ai militi di scortarlo all'uscita.

 

A quel punto Paban mi prende per mano e mi sorride portandomi accanto alla porta che si trova sotto il palco dei mentori. Sopra, nessuno fiata. Sento addosso lo sguardo di mia madre e non alzo il viso perché potrei mettermi a piangere.

Alle mie spalle, Dick fa due passi per seguirci ma riesco a fermarlo subito «Dick, ti prego, resta qui» il mio tono sembra un ordine e forse su di lui ha questo effetto visto che ubbidisce e torna verso Christal che lo prende per mano e gli sorride rassicurante.

Arrivati alla porta attendiamo solo un  paio di minuti prima che si apra e spunti mio padre scortato da un milite.

Per prima cosa mi abbraccia e parla velocemente e sottovoce «Stiamo bene. Non ci hanno fatto tornare, vogliono che rimaniate soli sino agli ultimi giorni di allenamenti. Forse vi prepareremo   per le interviste e le sessioni private, non so cosa abbiano in mente. Dicono che dobbiamo preoccuparci subito degli sponsor. Non fidatevi di nessuno se non tra di voi e con attenzione». Allontana il suo volto dal mio e prende il mio viso tra le sue mani grandi e forti.

 

«Cosa pensi esattamente di questo ragazzo?» chiede a voce alta ma con un tono da padre apprensivo. Subito non capisco neanche cosa vogliano dire queste parole e perché stia scherzando in questo modo assurdo, poi ricordo che fa parte della scusa per poterci parlare.

«Papà, non lo so... sono sorpresa anche io» e in un certo senso sarebbe la pura verità.

«Cosa vuoi da mia figlia? È una ragazzina, è ancora giovane e non può impegnarsi» dice rivolgendosi a Paban e avvicinandosi minaccioso, poi inizia a parlare sottovoce, tanto che stento a sentirlo io che sono la più vicina.

«Fate attenzione. Proteggi Chyna e frena Jayson. Starà di sicuro facendo domande».

«Vorrei poterla frequentare, credo di essere innamorato di lei da almeno quattro anni, quando ci siamo conosciuti. Lei dovrebbe capire queste cose» dice Paban a beneficio del nostro pubblico che ormai non ci toglie gli occhi di dosso e cerca di carpire ogni parola, poi prosegue bisbigliando «Dove vi tengono? Qui in un appartamento o da un'altra parte? Anche i presentatori sono spariti».

Mio padre risponde subito «Fuori di qui, tre edifici più avanti vicino al recinto. Anche gli strateghi sono lì, i presentatori no...» poi a voce alta «Certo che ti capisco ma lei è mia figlia e non ritengo che sia ancora il momento giusto. Devi dimostrarmi di valere, ragazzo» e batte una mano sulla sua spalla «Anche Finnick sta bene, dillo ad Annie» aggiunge piano.

 

Sembra che il colloquio sia terminato perché il milite fa un gesto con la mano e agguanta il braccio di mio padre. A quel punto non riesco a tacere e getto lì «Il tuo occhio è nero, cosa è successo?».

Il mormorio che si stava accendendo è di nuovo spento. Sembra che tutti vogliono conoscere la risposta. Paban e mio padre sobbalzano ed ho paura di aver rovinato tutto con questa domanda.

Poi papà sorride nel modo che fa sempre quando cerca di farmi digerire una bugia e quindi so già che non dovrò dar credito a quello che dice «Ho sbattuto contro il pugno di Gale. Erano anni che volevo farlo e mi sono tolto uno sfizio» risponde.

Dall'alto sento intervenire l'amico di mamma «Non credere di essere messo meglio di me! E poi sono io che avevo un conto in sospeso e non l'ho ancora soddisfatto del tutto» puntualizza.

Gale non lo conosco ma credo che, se ha seguito la recita di mio padre, avrà sostenuto quella versione per far passare chiaramente un messaggio.

Solo in quel momento noto che anche il milite ha il labbro spaccato e tumefatto. Allora hanno fatto a botte contro i soldati! Credo sia peggio di quanto pensavamo.

Abbraccio ancora mio padre «Sii forte, noi stiamo bene. Fidati di Paban e Dick. Lo dice la mamma» sussurra poi mi bacia in fronte e torna sul palco dei mentori scortato dal milite.

 

L'adrenalina mi sta abbandonando e le mie ginocchia tremano. Ho il respiro spezzato e mi gira leggermente la testa. Velocemente Paban mi abbraccia forte «Respira... Chyna, respira... respiri lunghi, su». Quando sente che mi sono ripresa si allontana leggermente e, mentre i suoi stupendi occhi brillano come gemme e sulle sue labbra compare un sorriso felice, dice «Adesso non mi resta che farti innamorare di me, sirenetta...» poi si china e aggiunge solo a mio beneficio «Una volta lo eri. Tornerai ad esserlo» e sono queste ultime parole che mi spiazzano completamente.

Era una recita. Solo per poter parlare con mio padre. Paban non mi vuole, non è innamorato di me. Perché vuole confondermi in questo modo. È un idiota! Come può scherzare in un momento simile?  Non cerco neanche di sembrare ammaliata, semplicemente gli do uno spintone allontanandolo brutalmente e con una andatura che sprizza irritazione da tutte le angolature, mi direziono verso gli altri candidati, lasciandolo solo accanto alla porta dei mentori.

Gli strateghi ridono e anche qualcuno dei mentori non riesce a trattenersi.

«Brava ragazza». Questa è mia madre e sorrido soddisfatta. È orgogliosa di me, lo so.

 

«Che succede?». «Perché non sono tornati negli alloggi?». «Cosa ha detto tuo padre?». Vengo letteralmente assalita da Brieg, Rudy, Bor, Christal e altri candidati, anche Sakìa si avvicina interessata. «Non hanno fatto male a tua madre, vero?». Dick si dimostra il più sensibile di tutti, preoccupato più della loro salute che altro.

«Parleremo dopo» bisbiglio quando mi sento tirare un braccio e giro su me stessa per trovarmi faccia a faccia con una Iraida molto arrabbiata «Stai lontana da Paban!» mi ordina.

Tra tutte le cose che mi aspettavo potesse dire questa è senza dubbio la più scema! Però devo renderle il merito di irritarmi talmente da tornare combattiva in un istante.

«Paban!» sbraito ad alta voce in modo che si affretti a tornare nel gruppo, senza neanche degnarmi di rispondere alla ragazza «Porta via questa idiota e tienila lontana da me o giuro che nell'arena non ci arriva intera!».

 

Sento ridere nel settore degli strateghi e mi accorgo di aver messo in piazza qualcosa che doveva rimanere privato. Con la coda vedo Finnick scuotere la testa disperato, forse anche lui è d'accordo con ritenere quella ragazza una enorme idiota! «Pensavamo di avere di nuovo una coppia di innamorati e invece abbiamo un triangolo con l'uomo conteso!» commenta il capo degli strateghi ed io mi trattengo dal lanciargli uno sguardo omicida. Nel frattempo Paban ha afferrato Iraida prima che lei si potesse scagliare su di me.

Vedo che si strattona e cerca di liberarsi per potermi aggredire e mi preparo al contrattacco, ma è Dick che le parla per primo «Tu non vuoi bene a Chyna. Lei è mia amica e tu non devi fare del male o io faccio tanto male a te».

È la prima volta che lo sento minacciare qualcuno e, guardandolo mi spavento da quanto lo vedo possente e letale. Fossi in Iraida ne avrei paura. Evidentemente su questo punto siamo perfettamente d'accordo perché la bambolina idiota si sgancia da Paban e si allontana a grandi passi.

Sospiro esasperata, sono al centro dell'attenzione e per me, solitaria, asociale e per niente simpatica, potrebbe essere devastante con reazioni esasperate. In altre parole devono pensare e guardare qualche altra persona. «Ragazzi, pensiamo ad allenarci» dico stancamente e mi metto accanto alla postazione dei pesi ad aspettare che il capo istruttore inizi a darci indicazioni.

 

Passano cinque minuti dove sto completamente in silenzio appoggiata al muro a pensare a quello che aveva detto mio padre. Li avevano trattenuti. Immagino che siano stati Gale, mio padre e John a  menare le mani contro i militi visto che sono i più acciaccati. Di sicuro mia madre avrà tentato di intervenire e qualcuno avrà dovuto fermarla impedendo di peggiorare le cose e prendendosi qualche colpo. Chissà chi si sarà preso un pugno al posto suo. Vogliono tenerci isolati, non vogliono che insieme ai nostri mentori studiamo una strategia per i giochi. Perché?

Perché non vogliono che i mentori facciano il loro lavoro? Perché non devono stare con noi? Ci vogliono isolare ancora più di quanto non siamo. Ma non ha senso! Questi sono i giochi della pace, possiamo uscire dall'arena quando vogliamo, anche nello stesso momento in cui scadono i sessanta secondi davanti alla cornucopia. Allora perché creare tutta questa tensione?

Cosa significa tutto questo? L'estrazione di parenti di vecchi tributi oltre ai due rappresentanti di Capitol City che hanno un cognome tristemente famoso, i mentori che non possono pianificare delle strategie...

Rimarremo da soli ad allenarci facendo di testa nostra, sotto il solo controllo degli allenatori.

Mi prendo la testa tra le mani. Non ci capisco niente. Non so cosa si voglia da noi ma sono sicura che noi candidati siamo la chiave.

 

«Benissimo. Ragazzi venite qui, vi devo parlare» dice il capo allenatore con voce stentorea.

Ubbidiente mi alzo e mi avvicino come tutti gli altri candidati. Dick si posiziona alla mia destra e Alicia alla mia sinistra. Più distante Iraida mi guarda con astio e Paban sogghigna. Che coppia di stupidi. Sento che la mia mano sinistra viene avvolta da piccole dita e a mia volta stringo incoraggiante.

Che colpa ne ha questa ragazza se tra i suoi antenati c'era anche quel tiranno di Snow? Lui aveva ucciso i suoi avversari politici, venduto il corpo dei tributi vincitori ricattandoli, ha fatto in modo che i ragazzi dei distretti fossero trucidati in modi orribili, reggeva il suo potere sul terrore ma tutto il male lo ha pagato con la sua vita. Alicia non ne è responsabile.

 

«Parecchi di voi vivono con agio presso le proprie case. Nelle arene si deve sopravvivere, a volte procurarsi il cibo, fare delle piccole medicazioni, trovare l'acqua, accendere un fuoco. Dovete sapervela cavare. Per questo dovrete seguire i corsi per queste materie e provare almeno una volta ogni postazione» comincia il suo discorso.

«Inoltre, per essere realistici durante i giochi dovrete riuscire a maneggiare correttamente spade, lance, coltelli, tirare frecce e usare fionde. Ci saranno lezioni obbligatorie su quattro armi che dovrete seguire tutti, poi vi potrete dedicare a quanto vi è più congeniale. È consigliabile provare tutto, però. Magari vi capiterà in mano un'arma e saperla usare potrebbe significare non dover rinunciare ai giochi prima del tempo» conclude osservandoci.

 

Siamo alunni diligenti, visto che nessuno ha parlato ne voltato lo sguardo lontano da lui.

Accanto ai manichini e alle postazioni ci sono i vari allenatori specializzati in ogni attività.

Non parlo più con nessuno e nessuno si avvicina a me a parte Dick che mi segue come un ombra e Alicia che ha deciso di essere la mia ombra.

«Io sono Dick, tu chi sei piccolina?» chiede il mio compagno dopo aver visto come la Snow mi seguiva tra le postazioni per decidere da quale iniziare. «Alicia, candidata di Capitol City» risponde lei impressionata dalla stazza del mio amico.

«Non preoccuparti, sembra pericoloso ma non lo è... non tanto almeno» provo a fare la simpatica ma non è proprio da me. Alicia sorride intimidita e tende la mano verso Dick che la stringe e sorride di rimando. Forse abbiamo trovato una amica. Una in più.

 

«Da dove incominciamo?» chiedo perplessa guardandomi intorno. Molti ragazzi hanno iniziato con le armi ma io preferirei qualche cosa di più tranquillo che non mi faccia pensare troppo, in modo da poter volgere la mia attenzione ad altro, tipo seguire e controllare i movimenti e le reazioni dei mentori sequestrati.

Mi volgo verso mia madre e vedo che sta guardando con insistenza la postazione dei nodi. Ricordo che mi aveva raccontato diverse volte che aveva fatto parecchie soste lì perché riusciva a distrarsi e aveva anche imparato cose utili per le sue trappole. «Nodi» dico meccanicamente e mi incammino verso il settore prescelto.

Ci sediamo di fronte al nostro insegnante e, dopo che ci vengono consegnate dei pezzi di corda lunghi un metro, cominciamo ad annodare e sciogliere. L'uomo si dimostra entusiasta di insegnare ed ho l'impressione che non ottenga gran successo tra i candidati, esattamente come ai tempi di mia madre.

 

Le mie dita vagano sulla corda in modo automatico. Riesco a fare nodi anche complicati grazie a mia madre e le sue lezioni di caccia, trappole e sopravvivenza. Probabilmente, nonostante non abbia mai voluto, sono una delle più allenate qui dentro.

Guardo ancora verso i miei genitori. Mia madre mi guarda, poi si volta verso gli strateghi e subito gira la testa come a negare. Riguarda e si volta. Guardandola velocemente sembra che voglia dire no con la testa. Vuol dire non fidarsi degli strateghi? Che sono troppo vicino agli strateghi?

Mio padre mi guarda poi aggrotta la fronte mentre guarda i candidati dell'uno e del due. Ovvio, loro  si sono fiondati a tirare di spada e lancia, assetati di sangue come trenta anni fa. Sembra che non sia cambiato nulla da allora.

Mia madre li definiva i vecchi tributi favoriti e normalmente si alleavano con il distretto 4, dove, pur senza accademia, i ragazzi vivevano in modo da sviluppare la propria forza e diventare armi letali come quelli degli altri due distretti.

 

Paban sta aspettando il suo turno vicino alle lance. Mio padre mi ha detto di fidarmi di lui e di Dick. Il mio compagno di distretto è quanto di più fedele potessi sperare. Mi vuole bene, è affezionato a tutta la mia famiglia, mi ha già protetto da Iraida e sono certa che se dovesse accadere ancora non dovrei temere un suo tradimento. Al contrario il candidato del quattro mi ha aiutato a parlare con mio padre ma mi ha preso in giro per tutto il resto del tempo. In più è uno dei favoriti nella lotta. Devo fidarmi di lui come dice la mia mamma oppure seguire il mio istinto e non rivolgergli più la parola.

Sospiro stanca, è davvero il mio istinto o solo il risentimento per quello che è successo quattro anni fa?

Poi c'è Brieg. Cosa ne penserebbe mio padre? Sono talmente simili che dovrebbe piacergli.

 

Fisso il ragazzo che si sta allenando con il lancio del coltello. È bravo e anche letale. Il distretto 7 è quello degli alberi e quindi abbiamo taglialegna e falegnami. Gente che vive con una lama come naturale prolunga del suo braccio. Il suo mentore è Johanna. Non è simpatica ma è la moglie di Gale, non può odiarci tanto... forse di Brieg potrei fidarmi.

Torno a guardare i mentori e vedo un sorrisino sarcastico sulle labbra della signora Hawthorne. Possibile che sia così trasparente? Arrossisco leggermente e distolgo lo sguardo per fissarlo sui miei genitori. Mia madre è seria, quasi arrabbiata e appena sa di avere la mia intenzione fa un piccolissimo segno con la testa. È un no.

Non vuole che mi allei con Brieg. Perché? Sino ad ora si è dimostrato un buon candidato. Si è preoccupato quando i mentori non erano tornati, adora i Mellark, per quale motivo non va bene?

 

Dopo un'ora ad annodare corde siamo passati al fuoco. Accenderlo con i fiammiferi, con l'acciarino e addirittura con lo sfregamento, utilizzando un legnetto e una specie di arco che ci costruiamo da soli. Alicia è quella che ha più difficoltà mentre Dick se la cava decisamente meglio, anche se il suo problema è non bruciare troppa roba.

Ormai sono passate quasi tre ore ed è arrivato il momento di lasciare gli allenamenti per pranzare.

«Ehi, sirenetta, ci sediamo vicino?». Decisamente avrei lasciato che il mio istinto prendesse il sopravvento, mi avvio a prendere il vassoio del pranzo e mi siedo a un tavolo, convinta che gli altri mi avrebbero lasciata sola insieme a Alicia e Dick. Forse non avevo fatto i conti con la necessità di sapere qualcosa relativo ai mentori e mi trovo invece circondata da tutti i candidati interessati a quanto aveva riferito mio padre.

«Li hanno rinchiusi?». «Non ha senso, dovrebbero aiutarci con le strategie». «Hanno detto che devono pensare subito agli sponsor». «Noi dovremo solo seguire gli allenamenti?». «Torneranno prima dell'inizio dei giochi?». «Io sono so come parlare nell'intervista, come faccio?». «Non gli hanno fatto del male, stanno tutti bene».

Parliamo a bassa voce, creando un brusio indistinto scambiandoci informazioni e ipotizzando soluzioni. Nessuno di noi sembra aver capito lo scopo di tutto questo ma siamo tutti d'accordo di continuare i nostri allenamenti, aspettando pazienti il ritorno dei nostri mentori.

 

Nel pomeriggio mi sono decisa a provare le armi e ho cominciato con  la spada e il coltello. Sono due cose dove risulto carente, principalmente perché lo è mia madre, per cui devo applicarmi molto seriamente per ottenere dei fendenti decenti e dei lanci accettabili.

Le armi che usiamo erano del tipo normale. Tagliano e sono letali. Le usiamo solo per i manichini, per la lotta a due avremmo usato le armi di scena, quelle che non fanno male.

Alla sera sono esausta e non vedo l'ora di andare a dormire subito dopo aver cenato.

Le pietanze sono davvero sublimi ma non riesco a goderne come prima. Sono preoccupata e non ho nessuno con cui sfogarmi, tranne Dick, e non è una soluzione.

«Voglio vedere la mia ragazza! Non potete vietarmelo, lo ha accettato anche suo padre!» è Paban che vuole entrare, ma chi lo sta ostacolando? Mi alzo e vado a scoprirlo. Davanti alle porte aperte dell'ascensore si trovano tre militi armati che impediscono al ragazzo di uscire dalla cabina.

«Abbiamo l'ordine di non far girare i candidati tra i vari piani perché dovete riposare. Tra poco arriveranno le guardie addette al distretto 4 per riportarla al suo alloggio» dice un milite con piglio perentorio.

Paban mi vede oltre la spalla del soldato «Chyna, sirenetta, stai bene? Non ti hanno fatto del male questi?» sembra davvero preoccupato come un vero innamorato. Sorrido alla sua recita, è davvero bravo. «Tutto a posto, c'è Dick con me, ci vediamo domani mattina» rispondo.

«Dì all'omone di non allungare le mani... buona notte, Chyna» non può dire altro che le porte si chiudono e l'ascensore viene posto in movimento.

«Signorina Mellark, vada nella sua stanza. Ci pensiamo noi a proteggerla» mi rassicura il milite che ha cacciato Paban.

Onestamente mi fido di più del candidato rispetto al soldato che ho davanti, ma evito di farglielo notare per non offenderlo... no, perché devo avere queste remore? «Preferirei il mio ragazzo, lui è capacissimo a proteggermi» rispondo con un tono molto piccato, poi mi volto e mi rifugio direttamente in camera, seguita passo a passo da Dick che si dirige poi verso la sua salutando a voce alta «Buona notte, Chyna».

 

Adesso ci impediscono i contatti al di fuori degli allenamenti. Così non potremo consultarci o fare alleanze. Cosa vogliono? Cosa credono di ottenere facendo così?

Jayson. Non l'ho sentito per tutto il giorno. Meglio che torni presto, ho bisogno almeno di lui.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

credo che questo capitolo sia importante.

Primo abbiamo un Paban che sembra più simpatico di quanto non fosse prima.

Abbiamo parecchi candidati svegli e una situazione che nessuno capisce ma che agita profondamente i ragazzi.

Le cose peggioreranno a poco a poco e questo porterà …

 

No, questo non lo dico, dovrete leggerlo. Per ora accontentatevi di questo piccolo spoiler del prossimo capitolo:

«Hai capito?» sussurra tra i miei capelli e io non riesco neanche a rispondere tanto ho la gola secca. Annuisco piano con la testa e sento il suo naso accanto all'orecchio che frega leggermente. Ho dei brividi che mi percorrono tutto il corpo e sono letteralmente paralizzata. Sospiro di piacere…

 

Per ora vi ringrazio dell’attenzione.

Alla prossima

Baciotti

 

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Capitolo 5
*** l'investigatore ***


 

Ciao a tutti.

Continuo ad anticipare giorno. Quando troverò quello congeniale ve lo farò sapere. Per ora posto il nuovo capitolo, sperano di farvi piacere.

Riassumendo, i candidati pare siano stati estratti con mietiture pilotate e i mentori sono spariti. Chyna respira un clima di tensione perché ha la sensazione che dietro queste manovre ci sia un piano più grande del quale non si capisce ancora nulla.

 

Adesso voglio presentarvi per bene i banner (FANTASTICI) che ha preparato la grande ELENRI (Teresa) davvero bravissima.

Nei primi quattro capitoli (a chi fosse sfuggito) ho postato la nostra Chyna, la protagonista. Adesso vi presento Jayson il fratellino più piccolo della famiglia Mellark versione spy. Nei prossimi capitoli aspettatevi altri personaggi!

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E adesso... BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

La notte non passa tranquilla come la precedente. Mi giro nel letto senza trovare una posizione che mi rilassi. Aspetto di sentire i passi felpati di Jayson mentre torna dalla caccia, lui è bravissimo in questo, sa muoversi senza fare rumore. È la personificazione delle migliori qualità di Katniss Everdeen e Peeta Mellark. Ed è bellissimo con i suoi capelli biondi e gli occhi grigi, la sua simpatia spontanea e il fisico non alto ma proporzionato. Lui è quello che ha tanti amici, quello a cui nessuno nega un aiuto o una informazione.

Spero che le inservienti di cui ha parlato, gli dicano tutto quello che serve. Senz'altro i militi non lo faranno rientrare, lui non è un candidato e a quanto pare tutti gli altri sono stati allontanati.

Dove passerà la notte? Dove sarà adesso? Non avremmo mai dovuto lasciare che venisse con noi a Capitol City, già è brutto quello che stanno facendo a mamma e papà, dovesse accadergli qualcosa...

Dalla finestra vedo albeggiare e non ho chiuso occhio. Oggi dovrò allenarmi con le armi, spero di non fare troppi danni o saranno guai.

 

«Ciao, Chyna. Hai dormito bene? Io ho sognato la nonna... mi manca» sembra quasi vergognarsi della sua debolezza ma sorride perciò è sereno, almeno lui. Rispondo un “anche io” distratto e Dick capisce che non deve chiedere altro. In questo è bravo, si è sempre tenuto alla larga quando capiva che non era ben accetto e non sono mai stata così grata della sua capacità come in questo momento.

«Andiamo sotto» dico appena ho finito di mangiare e lui si alza subito e si dirige verso l'ascensore, seguendomi.

Passiamo davanti ai militi ma non li guardo neanche. Potrei avere brutte razioni.

In palestra siamo i primi ad arrivare. Ho bisogno di scaricare la tensione e non c'è niente di meglio di un po' di movimento. Mi dirigo verso il poligono delle lance, seguita sempre da Dick. Non voglio essere cattiva con lui ma gradirei non mi stesse sempre appiccicato.

«Dick, vai ad allenarti con i coltelli, devi migliorare la mira» suggerisco cercando di essere il più gentile possibile. Lui si illumina come se gli avessi detto che lo amo, e annuisce contento.

 

«Ciao, Chyna» saluta Brieg non appena arriva e mettendosi in coda alle mie spalle, aspettando il suo turno.

«Ciao, Brieg». Non c'è niente da fare, appena mi volto arrossisco. Il cuore mi balza in gola e balbetto qualcosa relativa alla notte trascorsa.

«Anche io ho dormito male. Questa situazione è assurda, perché hanno portato via i nostri mentori? Loro dovrebbero aiutarci ad organizzare i nostri giochi nell'arena, per vincere. Così siamo lasciati allo sbaraglio» risponde lamentando la nostra situazione.

Annuisco e provo a tirare una lancia al bersaglio ma sbaglio mira di almeno venti centimetri dalla sagoma.

Guardo i palchi. Quello degli strateghi è pieno come ieri, quello dei mentori è completamente vuoto. Dove saranno adesso? Non devono venire a vederci almeno per qualche ora? Sarei più tranquilla a constatare che sono tutti vivi.

 

«Non si fa in questo modo. Per lanciare un'arma ti devi bilanciare sulle gambe altrimenti sbaglierai completamente. Poi devi fare questo movimento». Aderisce completamente alla mia schiena e passa una mano alla vita, mentre l'altra afferra il polso e mi sposta il braccio indietro e poi verso l'alto mimando l'atto del lancio. Ripete il gesto alcune volte ma io sono distratta dalla sua vicinanza, dal suo alito sulla mia nuca, dal calore del suo petto che sento sulla schiena.

«Hai capito?» sussurra tra i miei capelli e io non riesco neanche a rispondere tanto ho la gola secca. Annuisco piano con la testa e sento il suo naso accanto all'orecchio che frega leggermente. Ho dei brividi che mi percorrono tutto il corpo e sono letteralmente paralizzata. Sospiro di piacere.

 

«Grazie, Brieg. Adesso aiuto io la mia ragazza». Paban. È come se mi avessero gettato addosso un secchio di acqua ghiacciata. Accidenti a lui!

«Oh. Ti ha detto di sì? Scusami, mi era sfuggito» Brieg, mi lascia il polso e toglie la mano dal mio corpo ma non si allontana, facendomi ancora percepire il suo calore.

«Questa è una cosa che riguarda me e lei. Tu non c'entri niente, quindi allontanati e lasciaci in pace» tuona con un tono più seccato.

«Non puoi dare ordini. Io non sono al tuo servizio e lei non ha ancora deciso... potrebbe volere delle alternative» insinua il biondo accanto a me.

«Vorresti candidarti tu? Pensavo avessi più buonsenso, visto tutta la protezione di cui gode» replica Paban con un sorrisino strafottente e incrociando le braccia con tono di sfida.

«Se intendi suo padre, non mi conosce, come fai a dire che non gli andrei bene per sua figlia?». Oh, mamma! Come siamo finiti a parlare di presentazioni ufficiali ai genitori?

«Io non mi riferivo a Peeta» risponde l'altro ridendo sempre più sfacciatamente.

«E a chi allora?». Brieg è confuso e anche io, sino a quando non arriva una manona che mi agguanta per un braccio e mi trascina via dal candidato del distretto 7.

«Chyna. Loro litigano perché ti vogliono fare del male? Sono cattivi a litigare davanti a te» e detto questo mi trascina alla postazione delle spade, senza che io possa dire qualche cosa in contrario.

 

Dick. Il suo modo di proteggere mi sta facendo irritare. Stavo parlando con Brieg, forse il primo ragazzo che mi piaccia davvero e lui mi porta via? E Paban poi? Cosa gli interessa se Brieg mi abbraccia? Ieri ha confessato di amarmi solo per consentirci di parlare con papà. Anche lui se ne è accorto, adesso crede che facendo il geloso mantenga la sua copertura?

Io però non gli ho detto che accettavo, quindi sono liberissima di intrattenermi con altri ragazzi. Devo assolutamente chiarire questo punto perché non ho alcuna voglia di affrontare altre volte una scenata simile.

Guardo gli strateghi. Pare che nessuno si sia accorto dei nostri scambi di opinioni di prima. Almeno questo mi è stato risparmiato, altrimenti qualcuno avrebbe ipotizzato che quello che prima era un triangolo adesso diventava un quadrato.

 

Forse il mio viso riflette l'irritazione dei miei pensieri, perché Dick si allontana subito e si mette a lanciare coltelli accanto ad Alicia. Sembra che la piccola Snow non abbia più tanta paura del mio amico gigante.

«Posso aiutarti?» il tono allegro di Paban mi irrita ancora di più. Deve essersi divertito tantissimo per la scena di prima.

«Cosa vuoi da me?» mi volto per affrontarlo e non tento neanche di fingermi gentile.

«Niente, faccio solo quello che Peeta e Finnick si aspettano: ti proteggo» risponde scrollando le spalle, come se fosse la spiegazione più logica.

«Da cosa? Da un abbraccio? Da un candidato gentile? Brieg non è un boa constrictor, quella è la specialità di Dick, casomai ne fossi all'oscuro» gli dico piccata.

«Non essere ridicola, Dick non ti farebbe mai del male» anche lui si sta alterando.

«E Brieg sì, invece?». Questo è ridicolo. Per alcuni secondi rimane interdetto a fissarmi attentamente poi, come se si fosse accesa una lampadina nella sua testa, inizia a sorridere sempre più.

«Lui ti piace» dice vittorioso, poi il suo sorriso si spegne subito e si volta ad osservare il biondo che è rimasto alle lance. È pensieroso.

«Lui non...» provo a giustificarmi ma, come se avesse avuto una improvvisa illuminazione ancora più grande della precedente, mi interrompe subito.

«Oh, capisco... Però, Chyna, lui non è Peeta, gli somiglia ma non è lui. Non è tuo padre e non sai se può essere pericoloso per te». Trasalisco. Come ha fatto a capire così bene i miei pensieri quando sono nebulosi anche per me stessa?

 

«Lo so che non è mio padre» non so se essere arrabbiata perché mi ha scoperto o triste per essere così trasparente ed infantile. «Ma io non riesco a vederlo cattivo. È stato gentile, l'hai visto anche tu ieri». Paban sospira combattuto, poi allunga una mano per una leggera carezza sulla mia guancia.

«D'accordo, vedrò di non fare il ragazzo geloso e dargli il beneficio del dubbio. Tu però non farmi passare per il tradito della situazione» sorride e mi strizza l'occhio.

Tradito? «Paban!» esclamo indignata «Ho solo diciassette anni, cosa credi che possa fare?» protesto tirandogli un colpo al costato che lui mostra di non sentire.

Però sente quello che gli ho risposto, perché strabuzza gli occhi e mi dice divertito «Perché? Non l'hai ancora fatto?» e ride quando mi volto stizzita e mi allontano.

«Ti prego, sirenetta, così mi uccidi» grida in modo teatrale, mettendosi le mani sul petto e scatenando le risate di tutti quanti, tranne che le mie.

 

Il resto della mattinata lo trascorro passando da un poligono all'altro, evitando però gli archi. Quelli li terrò per la fine, non mi serve allenarmi, mi basta capire il loro bilanciamento e tirare di conseguenza.

Sia Paban che Brieg si tengono alla larga e nessuno dei due si azzarda a fare altri commenti su di me. Per quelli basta Iraida che continua a borbottare cose strane al mio indirizzo. Ma se lo tenesse pure il suo compagno del quattro se ci tiene così tanto!

Alicia mi accompagna negli spostamenti e mi ritrovo a correggere le sue mosse molto più di quanto lanci io. Quando Dick ci raggiunge, è quasi mezzogiorno.

«Perché hai litigato con Paban? Lui è buono, mi ha dato il suo dolce ieri, e poi ti vuole bene». Ecco spiegato come possa avvicinarsi a me senza che il mio mastino lo blocchi. Ho visto diversi cani da guardia fare la stessa fine: avere dei bocconi prelibati da mangiare e poi schiacciati non appena ci si poteva avvicinare senza rischi.

«Non ho litigato con Paban e neanche con Brieg, anche lui è simpatico e buono» cerco di fargli capire che può concedere il lasciapassare anche a qualcun altro.

«Brieg non mi piace» sentenzia Dick. È talmente secco nella sua affermazione che mi domando cosa abbia visto di così negativo in lui, perché qualunque cosa sia è senza dubbio degna di nota e considerazione anche da parte mia.

 

A pranzo i mentori non sono ancora entrati sul loro palco ed io inizio ad essere sempre più agitata. Cosa può essere successo? Perché non li hanno ancora portati qui? Dove sono?

Mi accomodo al tavolo, accanto a Dick e Alicia. Poco dopo si siedono con noi Owen, Bor e Christal. È quasi comico, Capitol City insieme ai distretti 12 e 11. I distretti più lontani e poveri con la decaduta e indifesa capitale. Saremmo davvero una bella squadra di disperati.

«Vuole anche del budino?» chiede deferente un inserviente chinandosi verso di me con un vassoio in mano. Riconosco la voce senza neanche voltarmi e faccio segno a Dick di fare silenzio prima che possa attirare troppa attenzione.

«Jayson! Stai bene?» chiedo subito con urgenza.

«Sì. Vedrò se riesco a venire da te questa sera. Ho trovato i mentori, stanno bene. I presentatori sono in un'altra struttura che non ho ancora trovato. Non posso liberare mamma e papà, lì c'è troppa sorveglianza. Ti terrò informata» dice tutto sottovoce, poi posa il budino accanto al mio piatto, fa un inchino e si allontana.

 

Il tavolo rimane in silenzio ancora alcuni minuti, poi Bor si decide a parlare.

«Tuo fratello è in gamba per essere così giovane» si complimenta ed io sorrido orgogliosa e annuisco.

«E' molto bravo. Migliore di me nella caccia e anche con le persone. Spero solo non faccia niente di avventato che possa metterlo in pericolo» commento alla fine.

«Credo che tutti noi siamo in pericolo, altrimenti non avrebbe senso questa situazione» commenta Christal. Ha ragione.

«Solo che non capisco perché farci isolare in questo modo. Quando saremo dentro all'arena possiamo sventolare il drappo bianco e andarcene in qualsiasi momento, perché creare tutta questa paura?». Owen ragiona a voce alta e anche a lui non posso dare torto.

Tutti questi pensieri li ho avuti anche io e non sono arrivata a nessuna conclusione logica.

 

«Piantala! Sei solo un imbecille e non vedo l'ora di eliminarti dai giochi, così respireremo tutti meglio» urla arrabbiato il candidato del cinque, rivolgendosi a quello dell'uno che lo guarda con ironia e disprezzo.

«Sei un inetto e non dovrò sprecare molto tempo per farti tornare a casa con la coda tra le gambe. Sei finito!». Questa è una minaccia. Ai tempi dei vecchi Hunger Games, una affermazione del genere sarebbe risultata come una promessa di guerra e combattimento all'ultimo sangue nell'arena. Oggi dovrebbero essere parole vuote, eppure mi creano una inquietudine sinistra.

«Stanno diventando tutti arrabbiati. Il non sapere e questo isolamento, ci fa scaldare gli animi» dice Bor prima di tornare a mangiare il suo stufato.

 

È come un'epifania! Ecco la spiegazione! Ci stanno irritando, ci stanno facendo diventare arrabbiati e se noi siamo arrabbiati lo spettacolo sarà più realistico e soprattutto violento.

Cosa hanno intenzione di fare? Farci uccidere davvero tra di noi? Questo è contro le regole, contro il buon senso!

Dobbiamo parlare con il governo, con la presidente Paylor. So che conosce la mamma e la rispetta, dovrà ascoltarci e dovrà far ritornare i mentori e i presentatori. Vedo in lontananza il palco degli strateghi dove i presenti stanno mangiando un arrosto e guardo fisso il loro capo, sino a quando lui si volta verso di me, come se fosse stato richiamato dal mio sguardo. Ricambia l'occhiata fissandomi e... sorride.

Sorride perché sa che sono preoccupata, sorride perché ha un piano e nel piano ci sono anche io. Sorride malvagio e io torno ad avere paura per i miei genitori e mio fratello. Cosa posso fare?

 

Guardo gli altri candidati, occupati a parlare tra loro e mi domando se sono preoccupati come me. Quando incrocio uno sguardo mi fermo a mettere a fuoco chi mi sta guardando così intensamente. Paban. Aggrotta la fronte ed io scuoto la testa.

Cosa dovrei dirgli? Che secondo me ci hanno isolato per scatenare i nostri istinti e diventare delle vere macchine da guerra? C'è solo una soluzione ed è far intervenire il governo.

Devo parlare con Jayson e mandarlo a cercare la presidentessa Paylor e magari anche il vecchio Plutarch. Lui, in quanto ex capo degli strateghi riuscirà senza dubbio a muoversi meglio di noi nel sistema di Capitol City.

 

Mi trovo di nuovo alle spade per un altro giro di allenamento. Il sudore mi scorre lungo la schiena e  la mia mente si rilassa mentre taglio teste e braccia di manichini indifesi. Pochi minuti fa è passato il capo allenatori ad avvisarci che il giorno dopo avremmo fatto solo esercizi per rafforzare i muscoli, niente armi o esercitazioni di sopravvivenza.

È quasi metà pomeriggio quando si apre la porta del palco dei mentori e iniziano ad entrare. Uno per volta si siedono il mentore del 13, quello del 10, Finnick, il mentore del 9, quello dell'8, Enobaria, mio padre, Gale, il mentore dell'uno, quello di Capitol City, mia madre, il mentore del 5, Johanna, Beetee che viene sospinto da John sulla sua carrozzina.

Li osservo uno dopo l'altro attentamente. Non hanno segni di violenza, non camminano curvi e non zoppicano. Apparentemente sono sani e stanno bene. Sono così sollevata che mi concedo una risata quando vedo inciampare Iraida mentre sta duellando con Nazig, la ragazza del distretto 2.

 

Sento su di me lo sguardo dei miei genitori. Sto bene e so che il vederlo li rende sollevati. Un inserviente entra nel palco e offre delle bibite ai mentori e ai militi. Non ci vuole molto a capire che si tratta di Jayson.

Vedo Finnick, Gale e i miei genitori, trattenersi anche dal sorridere per paura di tradirlo, cosa che non fa Johanna, visto che inizia a ridere e a arpionare una guancia di mio fratello, dicendo a voce alta «Qui a Capitol City avete anche gli inservienti carini... peccato sia già sposata!» poi sussurra qualcosa e torna a ridere sguaiata «Sfrontato!» facendo intendere chissà cosa.

Capisco che ha passato un’informazione e non mi resta che aspettare questa sera, sperando che Jayson riesca ad arrivare nella mia camera sano e salvo.

 

Mi volto per continuare il mio allenamento e incontro lo sguardo di Bor. Anche Brieg mi sta guardando e scommetto un intero cervo che lo stesso sta facendo Paban. Forse domani mattina avrò notizie di prima mano da diffondere.

 

La sera mi scopre particolarmente provata. Ho solo voglia di farmi una doccia e andare a dormire, ma dovrò aspettare Jayson e parlare con lui è estremamente più importante rispetto al mio riposo.

Sto aspettando l’ascensore quando sento spingere dietro di me, e vedo Paban affiancarmi trafelato «Cercavi di sfuggirmi, sirenetta?» chiede gigione mentre prova ad abbracciarmi.

Tutta questa necessità di mettermi le mani addosso la sto trovando stancante quindi mi sposto bruscamente e penso di aver sistemato il problema, non fosse per il fatto che la sua mano si ferma sul mio braccio e stringe senza mostrare alcun cambiamento nell’espressione del viso.

«Ti ho vista impegnata tutto il giorno, non puoi farmi vedere un bel sorriso? Lo sai che mi piace tanto» lo sento quasi miagolare e non mi sorprenderei se gli spuntassero le orecchie e i baffi di un gatto. E per inciso io odio i gatti.

Però il suo modo di parlare cozza con la presa ferrea e dolorosa che ha sul mio avambraccio. Quasi certamente verrà fuori un livido con buona pace della protezione di Dick e della presunta bontà di Paban.

 

Cerco di capire cosa vuole avvicinandomi a lui e appoggiando la fronte al suo petto. Immediatamente mi lascia il braccio e mi abbraccia dolcemente «Mi sei mancata anche tu» risponde a una mia ipotetica affermazione sussurrata.

A un occhio esterno sembriamo due fidanzatini che si fanno le coccole. Lui si abbassa come a baciarmi il collo ed inizia a bisbigliare «Era Jayson?». Il soffio che mi arriva mi fa rabbrividire e non posso dire, in tutta onestà, che sia una cosa brutta.

Inizio a strusciare il naso contro il suo orecchio e lo sento trattenere il fiato. “Questo gioco si può fare in due” penso soddisfatta, poi torno a quello che è importante «Proverà a salire da me questa notte».

«Cercherò di esserci anche io» afferma.

L’ascensore si ferma al suo piano e lui scende salutando me e Dick che gli augura sogni d’oro. Al mio mastino deve piacere proprio Paban, per permettergli di abbracciarmi e di fingere di baciarmi senza intervenire. Forse dovrei fargli vedere il livido sul braccio ma mi trattengo. È inutile mostrarsi infantile sino a questo punto. Paban è l’unico che sembra molto interessato al comportamento degli strateghi e alla sparizione dei mentori. Ed è l’unico con cui posso parlare tranquillamente. Mia madre e mio padre affermano che mi posso fidare di lui e non ho intenzione di disubbidire, anche perché non potrei parlare di queste cose con Dick e Paban è l’unica alternativa che ho.

 

Mi concedo una lunghissima doccia e una cena leggera. Mi accorgo appena che l’inserviente che serve i dolci è cambiato ma tanto mi basta per sorridere felice. Jayson è arrivato e sta bene.

Con la coda dell’occhio vedo Dick che saluta mio fratello con un piccolo gesto della mano ma neanche una parola esce dalla sua bocca. Deve aver compreso il nostro sotterfugio e grazie al cielo si fida ciecamente di noi.

Jayson mi fa intendere che passerà in camera mia più tardi ed io finisco diligente il mio pasto sotto l’occhio vigile di un milite che ci scruta dalla porta dell’ascensore.

Che sappia io quella è l’unica entrata. Vorrei proprio sapere come pensa Paban di arrivare sin qui.

Bah, non è un problema mio.

 

Entro nella mia camera e vado subito in bagno per prepararmi per la notte. Quando torno nella accanto al letto e comincio a slacciarmi i calzoni per infilare il pigiama vengo bloccata, esattamente un attimo prima di rimanere in mutande.

«Non che mi dispiaccia ma non è il momento giusto» riconosco la voce e corro subito a rifugiarmi in bagno. Io quella specie di ragazzo vissuto da pesce lo uccido! Come si è permesso, intrufolarsi in camera mia e aspettare che mi spogliassi davanti a lui!

«Dai, Chyna, esci. È arrivato anche Jayson». Ecco l'unica cosa che mi fa uscire uscire senza avere manie omicide.

Esco coperta dal pigiama e mi lancio sul letto ad abbracciare mio fratello che sorride e si lascia quasi soffocare.

«Se non fosse tuo fratello sarei geloso. Ti avevo detto di non farmi passare per il ragazzo tradito».

 

«Come hai fatto ad entrare?». Mi accorgo solo allora che anche lui è vestito con la divisa degli inservienti.

«Ti ho portato gli asciugamani ma tu eri troppo occupata a riempirti la pancia... anzi, se mi puoi portare qualcosina te ne sarei grato, ho dovuto convincere le ragazze di sotto per la divisa e non ho potuto mangiare» mi spiega Paban prima di sedersi sul bordo del letto.

Stringo le labbra stizzita senza accorgermi. Cosa intende per 'convincere le ragazze'?

«Tanto per restare in tema, ricordati che anche io non voglio passare per una ragazza tradita» dico quasi con rabbia, prima di accorgermi di quello che mi è uscito dalla bocca e tapparmela con le mani. Adesso, quel presuntuoso penserà che mi interessi ancora.

Jayson si mette a ridere sommessamente sulla mia spalla ma non Paban. Lui si limita a sorridere indulgente «Convinto con le parole. Mani, labbra e corpo sono stati al loro posto, tranquilla» asserisce alzando le mani e agitando le dita.

«Vado a prenderti da mangiare, prima che i tuoi rumori di stomaco attirino l'attenzione dei militi». Scendo veloce dal letto e corro in sala da pranzo dove riempio velocemente un piatto con dello spezzatino e purea di patate con piselli e prendo anche alcuni panini semidolci poi corro di nuovo in camera senza che i militi vogliano fermarmi o interrogarmi. Certo, sono qui per isolarmi, non per controllare la mia alimentazione.

 

Mentre Paban si mette a mangiare, comincio a chiedere a Jayson dove ha passato questi due giorni.

«L'ultima volta che ci siamo visti, tu stavi scendendo in palestra» annuisco «Quando l'ascensore è stato liberato sono sceso per andare all'undici e vedere se papà aveva lasciato degli indizi ma sono stato beccato da un paio di militi e accompagnato direttamente alla porta, senza neanche poter prendere la mia borsa». Era tutto premeditato.

«Mi sono appostato dietro un portone per tenere d'occhio l'entrata fino a quando non ho visto uscire due inservienti. Una è quella a servizio da noi e ci avevo già scambiato due parole, così le ho seguite e mi sono fatto ospitare a casa loro. Sono simpatiche Grace e Glory. Sono sorelle e sono... no. Meglio che questo non lo dico». Sento ridacchiare Paban alle mie spalle e ho il sentore che la prossima frase non mi piacerà.

«Ho la sensazione che quello che ometti mi potrebbe interessare parecchio... ma quanti anni hai? Pensavo fossi un bambino» ecco che il candidato sa come far arrabbiare il mio fratellino.

«Ma tu chi ti credi? Di essere tanto più adulto di me? Intanto io ho ottenuto la collaborazione delle persone che mi servivano, mi sono infiltrato ed ho scoperto dove tengono i mentori. Tu?» questo era Jayson. Non si faceva mettere i piedi in testa. Sembrava dolce e tenero ma era implacabile quando voleva e, soprattutto, non voleva essere definito piccolo. Lui era un uomo. Un giovane uomo.

«Io ho studiato come usare delle armi letali e far tanto male alle persone... meglio quello che hai fatto tu» ribatte serio Paban e mi rendo conto che è esattamente quello che abbiamo fatto: allenarci ad uccidere.

 

«Secondo voi perché ci stanno facendo questo? Che senso ha far sparire i mentori, i presentatori e isolarci così?» sbotto dando voce alle mie domande.

«Non vogliono che studiamo strategie, dobbiamo avere i nervi tesi, essere insicuri» risponde Paban.

«Essere arrabbiati?» suggerisco.

«Anche. Se ci arrabbiamo... Oh! Per il cielo di Panem! Ci sfogheremo in qualche modo e l'unico è usare le armi tra di noi» anche lui c'è arrivato.

«Ma le armi non sono pericolose. Quelle dell'arena non tagliano e non feriscono» obbietta Jayson.

«Non è detto, tu pensa a usare una lancia come una mazza, oppure una spada, se imprimi molta forza riesci a bucare, a ferire se non peggio» lo corregge.

«Quindi vogliono avere un vero bagno di sangue nell'arena? Come è possibile? Durante gli allenamenti non usate spade smussate?».

«Sì. Oggi ne ho usate un paio e sono proprio quelle che non tagliano e lasciano solo il segno rosso, ma negli allenamenti sui manichini usiamo quelle normali» gli spiego.

 

A quel punto, Paban decide di cambiare discorso «Hai detto che hai trovato i mentori? Peeta ha detto che si trovano a tre edifici da qui».

«Sono alloggiati su due piani in uno stabile verso il recinto. Sopra di loro ci sono gli strateghi. Gli inservienti non si muovono da lì, quindi non ho potuto infilarmi dentro. In più ci sono una decina di militi sparsi al piano terra per impedire l'entrata a chiunque. Non ho potuto far molto... i presentatori invece non so proprio dove siano» spiega Jayson disegnando distrattamente su un foglietto la pianta del fabbricato che ha spiato.

«Cosa ti ha detto Johanna?» chiedo io.

«Oh! Vero! Mi ha chiesto di rintracciare Vick, il fratello di Gale. Abita qui a Capitol City».

«Se è come il fratello sarei molto più tranquilla saperti con un adulto. So che te la sai cavare e lo hai dimostrato, ma qui sembra che stia diventando sempre più difficile e almeno su di te vorrei stare tranquilla» cerco di blandirlo e non offenderlo. Ha quattordici anni, santo cielo, non posso chiedere di salvarci tutti!

«Ti suggerirei di contattare anche il vecchio Plutarch. Credo che sapendo quello che gli strateghi stanno combinando potrebbe avere le idee più chiare di tutti noi. Sarebbe il suo lavoro» consiglia Paban, anticipando il mio pensiero.

«Volevo dirlo io».

«Vedi? Siamo in sintonia» commenta sornione.

«Che ne dici della presidente Paylor? Se il governo intervenisse si bloccherebbe tutto» sarebbe fantastico.

«E se tutto questo partisse dal governo? Non possiamo saperlo e se tu mandi Jayson a chiedere rischi di farlo arrestare se loro sono coinvolti. Meglio cominciare con persone di cui possiamo fidarci» il ragionamento di Paban è corretto ed è meglio andare sul sicuro per la vita di mio fratello.

 

«E' tardi. Se non esco subito Grace e Glory mi lasceranno qui e non avrò un posto per dormire» dice Jayson subito dopo.

«Non puoi rimanere qui?» chiedo speranzosa ma lui scuote la testa negando.

«Ogni tanto controllano e se mi beccano e scoprono che non sono un inserviente rischio molto di più di uno scapaccione» ha ragione, lo devo ammettere. Abbraccio forte mio fratello e lo guardo uscire furtivo dalla camera. Passerà davanti ai militi con gli asciugamani usati, speriamo che nessuno faccia caso a lui. Paban si siede accanto a me sul letto e stende le gambe per mettersi comodo.

«Tu non devi andare?».

«Devo aspettare un po'. Due di noi uscire insieme creerebbe sospetti... e poi se mi trovano posso sempre dire che sono venuto a trovare la mia ragazza. Sono un candidato, non mi faranno niente». Fa spallucce e si sdraia tranquillo, incrociando le braccia sotto la testa e guardando il soffitto.

Io mi sdraio accanto a lui e guardo la crepa sottile che corre lungo tutto il centro della volta.

 

«Paban, grazie per essere qui. Non riuscirei a sopportare tutto questo senza qualcuno con cui parlare liberamente... Non pensavo di essere così dipendente dalla compagnia della mia famiglia ma adesso mi sento persa». È una scoperta per la Chyna indipendente e solitaria. Pensavo che quella fosse la mia indole e invece era solo la mancanza di necessità di altro, visto che avevo tutto quello che mi serviva.

«Io ci sono, non preoccuparti. Dovresti fidarti di me, proprio come quando ti ho insegnato a nuotare». Sorrido ricordando quel tempo e il tentativo di dichiarargli il mio amore. All'epoca mi sembrava così grande e forte e invece era un ragazzino come me.

«Mi devo scusare per quello che ti ho detto quattro anni fa, non avrei dovuto comportarmi con tanta presunzione. Tu avevi i tuoi sentimenti e io ci ho riso sopra». Non mi guarda ma la sua voce è triste. Si sente che è davvero pentito.

«Non preoccuparti, anche questo serve a crescere. L'ha detto la nonna. Si gira pagina, si dimentica e si va avanti». Che parole sagge per una che fino a due giorni prima voleva tirargli il collo in memoria di quel momento.

«Se è così sarà il maggior rimpianto di tutta la mia vita» risponde.

Quando assorbo ogni singola parola spalanco gli occhi sorpresa. «Cosa vuoi dire?» non mi trattengo. Cosa significa 'il fatto che io dimentichi sarà un suo rimpianto'? Mi volto a guardare l'espressione del suo viso per capire cosa intende.

Sentendosi osservato si volta verso di me e sorrise «Quando tutta questa storia sarà finita te lo spiegherò. Promesso... Ora dormi, io aspetto ancora qualche minuto e poi vado».

Ritorna a guardare il soffitto ed io spengo la luce, lasciando accesa solo la lampada del comodino.

 

Mi spiegherà perché sono il suo rimorso...

I mentori devono essere liberati... anche i presentatori che non sappiamo dove sono...

Jayson è rifugiato in casa di due inservienti... Jayson troverà il fratello di Gale e Plutarch lo stratega... Gli strateghi vogliono farci arrabbiare...

Paban mi aiuterà... mi spiegherà perché sono il suo rimorso...

I miei pensieri si fanno sempre più nebulosi e non riesco a stare sveglia un secondo di più.

 

 

Angolino mio:

spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Fatemi sapere le vostre opinioni…

Qui abbiamo un Jayson in versione spia che lavora al di fuori dei candidati. Il perché siano stati isolati dai mentori e tenuti separati non è ancora molto chiaro, anche se qualche congettura i ragazzi se la sono fatta.

In più Chyna si ritrova a barcamenarsi tra Brieg e Paban, ambedue ragazzi che le scatenano sentimenti contrastanti.

In fin dei conti ha diciassette anni, un pochino di ormoni in circolo sono consentiti!

 

Bene, non mi resta che darvi appuntamento alla prossima settimana, lasciandovi un piccolo assaggio del prossimo capitolo:

 

«Certo. Prendi Rainer del primo distretto. La sua famiglia si è quasi rovinata per farlo allenare con la spada nella speranza di questo momento. Ilixo del distretto dieci ha la madre che ha bisogno di cure e questa è l'occasione per sistemare i debiti della sua famiglia. Anche quelli del nove hanno problemi. I loro genitori sono morti anni fa per un'epidemia e loro lavorano ogni tanto e riescono a sopravvivere solo grazie agli aiuti del governo. Dovessero vincere i loro problemi sarebbero risolti».

«Mi stai dicendo che ognuno di noi qui dentro, ha delle buone ragioni per vincere?» chiesi e lui annuì facendo scorrere lo sguardo agli altri candidati che stavano facendo flessioni…

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima

Baciotti

 

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Capitolo 6
*** i candidati ***


 

Ciao a Tutti!

Sono tornata, stavolta di lunedì. Finché riuscirò ad avere capitoli pronti in cascina sarò costante, poi vedremo…

Questa storia, mi prende davvero e spero che piaccia anche a voi, perché è, come mi hanno detto, diversa con piccole cose particolari che sono giustificate dal tempo passato (militi al posto dei pacificatori, giochi della pace, ecc) e nello stesso tempo uguale allo spirito della saga (o almeno di auguro).

 

Ringrazio chi ha recensito, chi mi ha messo nei preferiti, ricordati, seguiti e chi ha solo letto e spero apprezzato. Ringrazio inoltre Elenri (Teresa) che ha fabbricato una serie strepitosa di banner di cui avete visto solo i primi due.

Ecco a voi… (rullo di tamburi)… PABAN! Il bel candidato del distretto 4 primo amore di Chyna.

E ora… BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Mi sento come se mi stessero strappando dalle braccia di mio padre... lui è caldo e sicuro e io sto bene qui con lui che mi carezza la schiena e mi dice che non ci sono problemi. La mamma è di là, nella sua stanza e Jayson sta per tornare dopo essere andato in giro con i suoi amici.

«Chyna... Chyna è tardi, svegliati... su, lasciami andare, devo tornare di sotto... se non mi trovano saremo in un grosso guaio... Chyna, dai...». Papà ha una voce leggermente diversa... forse avrà il raffreddore. Domani gli preparo una tisana che mi ha insegnato la nonna. Starà sicuramente meglio.

«Papà... ancora un minuto... papà io ti voglio tanto bene e quando sarò grande sposerò un uomo come te» confesso stringendomi di più alla sua maglia.

Anche lui mi stringe e sospira. È contento quando gli dico queste cose, anche se mi ripete che un altro Peeta non si trova a pagarlo.

«Allora non guardare più Brieg. Lui non è come me. Invece ti devi fidare di Paban». Sfrego la guancia sulla sua maglietta facendo cenno di sì.

«Brieg non è come te... ma mi fa battere forte il cuore come faceva prima Paban... un po' anche adesso ma meno di Brieg». Mi accoccolo meglio tra le braccia di mio padre, soddisfatta per la nostra chiacchierata.

«Oh, piccola» mi sussurra per poi baciarmi sulla fronte. Quanto mi sei mancato papà.

«Devo andare... dormi bene». Sento che si è liberato dal mio abbraccio e si è alzato dal letto per uscire.

«Buona notte... sirenetta» e poi sento chiudere la porta. Devo ricordare a mio padre di non chiamarmi più sirenetta. C'è già Paban che lo ripete in continuazione e mi da fastidio. Mi fa sentire una di quegli orsacchiotti con tanto pelo che usano le bambine piccole.

Mi volto dall'altro lato e mi accoccolo ancora di più della coperta che mi copre. Domani mattina racconterò a tutti lo strano sogno che ho fatto e poi andremo alla mietitura. Speriamo non succeda niente di tutto questo.

 

La mattina mi strappa dal mio sogno e mi fa ripiombare nella dura realtà. La realtà dove i miei genitori sono di fatto prigionieri, non si sa se per colpa degli strateghi o direttamente del governo, dove mio fratello Jayson si è dato alla macchia e si nasconde cercando di trovare informazioni e liberare i mentori, dove io ho contatti solo con gli altri candidati e solo in palestra, dove il non sapere rende tutto ovattato e sinistro.

«Ciao Chyna» mi saluta Dick tutto pimpante, poi abbassa il tono di voce e chiede «Ho visto Paban uscire dalla tua camera. Ha trovato Peeta e tua madre? Stanno bene?». Mi ero scordata che anche lui è dalla mia parte. Tralascio la parte relativa all’uomo pesce che si intrufola da me e gli confido quelle poche notizie che siamo riusciti ad avere tramite Jayson.

«Quindi stanno tutti bene» conferma le mie parole.

«Solo non capisco perché tenerli separati da noi. Dovrebbero consigliarci per affrontare al meglio i giochi e invece vengono tenuti lontani» commento sottovoce e lui annuisce aggrottando la fronte come ad afferrare un pensiero profondo.

«Jayson sta bene?» chiede infine. Io annuisco sorridendo in modo rassicurante. Sono certa che mio fratello se la sta cavando alla grande, molto più di quanto stia facendo io.

In pratica passiamo tutto il tempo della colazione a confabulare piano tra di noi e notiamo i militi che ci scrutano incuriositi. Forse hanno intuito che le loro mosse di controllo sono palesi anche ai nostri occhi.

 

Oggi in palestra sarà faticoso. Ieri ci hanno avvisato che ci sarebbe stato allenamento intensivo per rafforzare la muscolatura e la cosa mi preoccupa parecchio. Non che io sia debole, ma dipende da che cosa pretenderà l’allenatore.

«Ciao, Chyna» la voce calda di Brieg mi raggiunge e il cuore mi balza in petto. Qualsiasi cosa tu dica, papà, lui mi fa davvero agitare. Mi volto verso di lui e faccio un ampio sorriso al quale risponde immediatamente.

«Ciao, Brieg. Pronto per la ginnastica oggi?» cerco di essere disinvolta ma sento che il calore sulle mie guance mi tradisce.

«Abbastanza» dice colpendo i suoi addominali con una manata «Non è che nei boschi stiamo proprio fermi, lavorare con le asce è un lavoro duro». Già, chissà che lavoro faceva prima di essere estratto per gli Hunger Games della pace.

«Vero, il distretto sette è quello del legname e delle foreste. Tu cosa facevi?».

«Aiutavo mio padre e mio fratello maggiore. Quando tornavo da scuola portavo il pranzo al campo di raccolta e nel pomeriggio li accompagnavo a far legna nel bosco. In realtà a me toccava raccogliere il legno e tagliare tutti i rami dal tronco, però un paio di volte ho aiutato ad abbattere degli alberi». Si vede che il lavoro nel distretto gli piace. Ne parla con affetto e rispetto, non come qualcuno costretto a fare qualcosa contro voglia.

 

«Hai anche altri fratelli?». Mi piace sentirlo parlare, ha un modo dolce e forte. Ti trascina.

«Vivo con i miei genitori, un fratello più grande e una sorella piccolina, la nostra principessa. Lei era l'unica a non essere contenta del fatto che ero stato estratto. Mio fratello e mia madre facevano salti di gioia al pensiero di come sarebbe migliorata la nostra vita in caso di vittoria». In un attimo ripiombo nella realtà.

Strano come in questi giorni abbia pensato solo a quanto stava accadendo attorno a noi e non mi sia soffermata su quanto significa per noi essere qui. Per me è far soffrire i miei genitori che si ritrovano dentro un incubo dal quale stanno cercando di scappare da trenta anni, ma per gli altri?

«Stavate tanto male al distretto?». Non oso chiedere se pativano la fame, anche perché non mi sembra denutrito, direi che i problemi maggiori li hanno i candidati del 11, del 13, del 9 e del 6.

Noi del 12 avremmo gli stessi problemi se non fossimo così in pochi. Le risorse sono sufficienti nel nostro distretto.

 

«Diciamo che male non era e bene neanche. Eravamo tranquilli e avevamo il nostro lavoro, da noi non c'è problema di cibo ma se ti ferisci con una lama e perdi un arto... ti si aprono le porte della miseria. La vita è importante ma devi mantenerti intero o sei spacciato. Nel mio distretto funziona così».

«Credi che anche per gli altri è importante trovarsi qui? Sai, per la vittoria, il premio». Era tutto così lontano da me.

«Certo. Prendi Rainer del primo distretto. La sua famiglia si è quasi rovinata per farlo allenare con la spada nella speranza di questo momento. Ilixo del distretto dieci ha la madre che ha bisogno di cure e questa è l'occasione per sistemare i debiti della sua famiglia. Anche quelli del nove hanno problemi. I loro genitori sono morti anni fa per un'epidemia e loro lavorano ogni tanto e riescono a sopravvivere solo grazie agli aiuti del governo. Dovessero vincere i loro problemi sarebbero risolti».

«Mi stai dicendo che ognuno di noi qui dentro, ha delle buone ragioni per vincere?» chiedo e lui annuisce facendo scorrere lo sguardo agli altri candidati che stanno facendo flessioni.

 

«Alcuni sono nipoti o parenti lontani di vecchi tributi vincitori, ma con la guerra sono morti tutti e l'unico vantaggio che hanno conservato è l'appannaggio della casa nel villaggio dei vincitori, per il resto hanno i nostri stessi problemi... forse tu sei l'unica che la pensa in modo diverso, e quelli di Capitol City, ovvio» termina il suo commento e stringo le labbra stizzita.

«Vuoi forse insinuare che non siamo degni di partecipare perché non ne sentiamo il bisogno?» le mie ragioni vanno ben oltre la necessità. Sono radicate nel tempo, nel vero senso della parola.

«Ti saresti offerta volontaria se ci fosse stata la possibilità?» chiede lui direttamente.

E in quel momento capisco «No. Non mi sarei mai offerta» ammetto.

«Questa è la differenza. Tra di noi c'è chi sta bene e magari vorrebbe solo dimostrare di valere, c'è chi non avrebbe mai scelto di finire qui e, infine, chi si sarebbe offerto per provare a vincere e cambiare la sua vita... io sono uno di quelli. Ci proverò seriamente, quindi sei avvertita» sorride e mi strizza l'occhio come se fosse una battuta. So che non è così, lui dice seriamente.

Il problema sta solo nel fatto di capire se è disposto ad andare sino in fondo, schiacciando tutto e tutti o se ci sarà un punto dove, anche lui, non si sentirà di oltrepassare.

 

«Dai, ti aiuto» mi dice inginocchiandosi accanto ai miei polpacci e tenendoli fermi mentre faccio gli addominali. È tornato il Brieg sorridente che mi affascina tanto. Quello che mi fa desiderare un mare di attenzioni, abbracci e... baci. Arrossisco a questo pensiero, ma lui sembra non accorgersene, o forse lo imputa allo sforzo fisico.

«A proposito» dice lui appena facciamo cambio e sono io a tenere i suoi polpacci «Stai davvero insieme a quello del quattro?».

Scuoto la testa e sorrido. Paban ha recitato davvero bene se tutti la pensano così «No. Lo conosco da qualche anno perché è un vicino di casa degli Odair ma non c'è niente tra di noi, fa tutto parte della recita per poter comunicare con i mentori» rispondo decisa.

«Sarà» ed è l'unico commento laconico che si lascia sfuggire su questo argomento «Allora hai lasciato qualche ragazzo sospiroso al 12?» chiede e mi sembra sinceramente interessato.

«No» rido «Nessun fidanzato e neanche qualcuno che mi rimpianga. Tu, invece? Hai lasciato qualche ragazza sospirosa al 7?» gli faccio il verso e anche lui si unisce alla mia risata.

«Nessuna fidanzata e neanche qualcuno che mi rimpianga. A parte la mia famiglia, ben inteso» ci tiene a precisare.

 

Continua a fare piegamenti mentre sono inginocchiata sui suoi polpacci e i nostri visi si spingono sempre più vicini. A questo punto credo di avere le guance in fiamme e quando lui dà l'ultimo colpo di reni e scontra il suo naso contro il mio, sento che è arrivato troppo vicino alle labbra e non sono in grado di reggere oltre. «Vado ai pesi» balbetto e quasi corro via dall'altra parte della palestra.

Per la prima volta, in tutta la mia vita, non mi sono accorta di un paio di occhi che mi hanno osservata tutta la mattina senza lasciarmi un attimo.

Quando arriva l’ora di pranzo sono stremata e mi rendo conto che il mio allenamento era praticamente nulla confronto a quanto si chiede al mio corpo in questo momento.

 

A pranzo non compare Jayson ed io mi accomodo vicino a Dick e Brieg. Al nostro tavolo vengono a sedersi i candidati del cinque e del nove. Sono abbastanza simpatici, anche se sembrano molto attenti a non lasciarsi andare con noi, come se avessero delle strategie che devono assolutamente rimanere segrete.

Bor, Alicia e quelli del tredici si siedono in un altro tavolo, mentre Rainer e la sua compagna dell’uno, i candidati del due, Paban e Iraida fanno comunella a sé. Sembrano la riesumazione delle antiche alleanze dei favoriti. I famosi tributi dell’uno del due e del quattro. I distretti che hanno vinto di più, quelli che sono stati più crudeli nell’arena, quelli del bagno di sangue.

Mi dà i brividi pensare che Paban possa essere così.

 

«Dimmi, Dick, cosa pensi del fatto di gareggiare a questi giochi della pace? Ti senti pronto?» Brieg prova a fare conversazione con il mio compagno che continua a guardarlo torvo da quando ci siamo seduti al tavolo con i nostri vassoi.

«Io sono amico di Chyna e scenderò nell’arena con lei» risponde tra una forchettata e l’altra di stufato di agnello con prugne e cipolle.

«Certo. Hai intenzione di vincere?». Guardo il biondo con la coda dell’occhio e sorrido. Sta indagando sulle vere intenzioni del mio compagno? Ha paura di aver trovato un degno avversario?

Probabilmente in un corpo a corpo Dick riuscirebbe ad avere la meglio su chiunque qui dentro, ma non può nulla contro le armi. Se un candidato lo colpisse con una spada o una lancia lasciandogli un segno lungo, il segnalatore non avrebbe altra scelta che scegliere l’eliminazione.

 

«Io e Chyna vinceremo insieme, proprio come hanno fatto Peeta e sua madre. Noi veniamo dallo stesso distretto e si può vincere insieme» spiega ancora Dick con tutta la calma che possiede.

«Se cambiano le regole, certo, altrimenti dovrà vincere uno solo di voi due» risponde Brieg ottenendo una occhiata rabbiosa dal mio compagno.

Possibile che non abbia ancora capito che Dick non è normale?

«Chyna, diglielo anche tu che è vero. Tuo padre e tua madre hanno fatto così» protesta chiamando in causa anche me. Maledizione a Brieg.

«Dick, non è detto che possiamo vincere insieme come è successo ai miei. Lo sai che i candidati hanno sempre vinto uno alla volta» cerco di fargli capire.

«Non è vero! Tuo padre mi ha detto di sì!» inizia ad alzare la voce e sbatte una mano sul tavolo.

«Ma è normale?» mi chiede Brieg. Porco cielo di Panem!

 

«Brieg, ogni tanto collega il cervello prima di parlare» interviene Paban che sopraggiunge in quel momento «Dick, lascialo perdere. Ti va il mio dolce? A me non piacciono i mirtilli» e gentilmente fa scivolare il suo piatto davanti al mio compagno di distretto il quale sorride felice e mugugna un “grazie” a bocca piena.

«Che vuoi? Possibile che devi sempre essere tra i piedi?» sbotta Brieg rivolgendosi al nuovo arrivato.

«In realtà sono io che lo dico a te. Sei fastidiosamente tra i piedi... non mi capitare lì nell'arena o potrai dire addio ai tuoi sogni di gloria» la risposta di Paban non si fa attendere ed ha il tono calmo della promessa invece che quello scuro della minaccia.

«Adesso basta voi due. Dick, vieni con me, così ci alleniamo con i pesi, ti va?» mi alzo e prendo per mano il mio compagno che sembra felicissimo di questa proposta, tanto da lasciare a me la scelta degli attrezzi anche suoi.

 

Ore dopo sono di nuovo nel mio letto, da sola. Jayson non è tornato oggi ma doveva contattare Vick e Plutarch quindi non mi aspettavo di vederlo.

Dick mi ha fatto compagnia tutto il pomeriggio, aiutandomi con gli esercizi più difficili e dimostrando una resistenza incredibile. Ha davvero un fisico forte e allenato. Paban e Brieg si sono guardati in cagnesco per almeno un'ora, poi hanno deciso che era troppo stancante e si sono dedicati ai loro esercizi senza intralciarsi tra loro.

Alicia e Owen si sono tenuti a debita distanza così come tutti gli altri candidati. Mi sono sentita sollevata di non dover spiegare il perché della scena in mensa e neanche il fatto di fare conversazione e socializzare.

Dick ha capito che non ero dell'umore giusto e non ha neanche provato a tirarmi su di morale, lasciandomi cucinare nel mio brodo e gliene sono grata. Così mi sono sfogata con i piegamenti, i sollevamenti, i tiri con la fune, le arrampicate e i salti.

Adesso sono davvero distrutta eppure i miei occhi non si chiudono.

 

Perché oggi non sono venuti i mentori? Il fatto di vederli almeno qualche minuto mi tranquillizzava ma quando, dopo aver atteso tutto il pomeriggio, non li ho visti comparire sul palco mi è venuto il panico.

Mi sento come se fossi su una linea, sul bordo di un  burrone e mi basta poco per cadere nella paura, nel terrore che gli sia capitato qualche cosa. Non riuscirei a sopravvivere se ai miei genitori... Ho ancora bisogno dei consigli di mia madre e della sua forza. Ho ancora bisogno della gentilezza e della saggezza di mio padre.

Continuo a girarmi nel letto sino a quando gli occhi mi si chiudono e non cado in un sonno senza sogni.

 

Sembrano passati pochi minuti da quando mi sono addormentata che mi chiamano per la colazione. Passa ancora meno di quel che immagino e mi ritrovo di nuovo in palestra per un'altra sessione di allenamento con le armi e i bersagli.

Comincio ad allenarmi con le spade e poi i coltelli. Quando arrivo alle lance mi trovo in fila ad aspettare dietro Brieg che si volta e comincia a parlarmi.

«Scusami per ieri. Mi sono lasciato prendere la mano ma non volevo offendere nessuno. Non avevo capito che il tuo compagno avesse dei problemi. Sono stato proprio uno stupido» dice alla fine. Ha un'aria talmente contrita che mi fa ridere e lui si rilassa e si unisce a me.

Sembra che l'aria si alleggerisca e che qualche raggio di sole riesca a filtrare dalle imposte chiuse. La sua risata allegra è quanto mi serviva per sollevarmi il morale. Vorrei sempre sentirla.

 

Inizia a lanciare e le lance che colpiscono i manichini con una precisione strabiliante.

«Ma non dovresti cavartela con le asce? Le lance sono uguali?» chiedo perplessa. Secondo me le asce e i coltelli sbilanciano il corpo in avanti mentre le lance partono spostando il baricentro indietro. O almeno è questo che ho capito.

«Io lancio i rami sul carro... si fanno tante cose al distretto 7» dice alzando le spalle.

«Scusami, non volevo dire...» mi interrompo quando lo vedo sghignazzare «Mi stai prendendo in giro?».

«Non oserei mai! Sei buffa quando sei imbarazzata» mi dice ridendo «Mi piace» aggiunge tranquillo «Dai, fammi vedere se sei migliorata dall'altra volta».

Accetto la sfida e mi metto in posizione sulla pedana, porto indietro il braccio e le spalle, mi bilancio bene con le gambe e l'altro braccio steso sul davanti. Respiro a fondo e lancio. Il posto dove si trova un ipotetico cuore del manichino è trafitto senza pietà.

«Bravissima» si complimenta immediatamente e io annuisco soddisfatta.

 

Entrambi passiamo alle asce e anche qui Brieg fa scuola anche a Dick. Credo che sia per cercare di rendersi simpatico anche a lui. Meglio averlo per amico che per nemico.

Nonostante questo, il mio compagno non è convinto e continua a guardare Brieg con sospetto.

«Su, Dick, fammi vedere come te la cavi. Devi fare questo movimento» glielo mostra e a me sembra cortese ma il mio compagno di distretto non è dello stesso parere visto lo spintone che gli molla prima di lanciare l'ascia che si ficca nella fronte del manichino con una precisione mortale.

Sto scoprendo che Dick ha una preoccupante predisposizione per le armi. Se nell'arena ci fossero le armi vere sarebbe davvero devastante.

 

Dick si allontana subito dopo, andando nuovamente a tirare coltelli accanto al candidato del distretto tre. Proprio non sopporta Brieg e onestamente non capisco perché.

«Andiamo a tirare con l'arco?» chiese il biondo del distretto 7. Sorrido sorniona, questa è la volta che sarò io a far vedere quello che so fare.

Comincio io «Pronto?» chiedo alzando il sopracciglio. Lui annuisce ed io incocco la freccia e tendo l'arco. Le frecce sono tecnologiche, perfettamente diritte e bilanciate, migliori di quelle che uso al distretto, dovrebbe essermi ancora più facile fare centro. Tiro il cavo, trattengo il fiato, miro al centro della sagoma e lancio. In un attimo la freccia si mostra conficcata al centro esatto del bersaglio.

 

«Fantastico» esclama estasiato.

«Pronto?» chiedo tendendogli l'arco. Guarda quell'arnese preoccupato e prova a prenderlo in mano saggiandone il peso.

«Guarda che non morde, anzi, è meno pericoloso delle asce che lanci tu. Provaci, magari scopri un nuovo talento» gli ficco l'arco nelle mani e gliele posiziono per tenderlo, poi gli passo la freccia che gli faccio incoccare e gli mostro come tenderlo. Si vede che non ha mai provato perché tremola troppo. Quando lascia andare, la freccia supera il bersaglio di almeno trenta centimetri colpendo il muro dietro. E io scoppio a ridere.

È liberatorio divertirsi senza alcun problema. Fosse sempre così!

 

«Non prendermi in giro! È la prima volta che tiro con l'arco. Non me la sono cavata male» protesta.

«No, non te la sei cavata male, se il bersaglio fosse di qualche miglio quadrato l'avresti sicuramente colpito» continuo a ridere.

«Okay, vorrà dire che provvederò ad imparare e vedrai che riuscirò a batterti» era una promessa o una minaccia? Forse non sopporta di essere secondo a qualcuno...

«Vedremo» rispondo tenendomi sul vago. «Che ne dici di un pochino di tecniche di sopravvivenza?» propongo dopo ma lui rifiuta, preferisce allenarsi ancora un poco con l'arco e sono costretta ad andarci da sola.

 

Alla postazione con i nodi ci insegnano a fare delle trappole per catturare conigli e tacchini selvatici. Sono cose che ho già fatto moltissime volte e credo di essere addirittura più brava dell'insegnante.

«Ciao, Chyna» mi saluta Christal appena arrivata.

«Tutto bene?» chiedo distrattamente. Perché mai Brieg non è venuto con me? Ad essere sincera non l'ho mai visto nelle postazioni per le pratiche di sopravvivenza e, visti i giochi pacifici, sono molto importanti, forse più delle armi.

«Mi sono allontanata da un tafferuglio tra il candidato dell'uno e quello del dieci. Se continua così non ci arriviamo all'arena» commenta lei indicando i due ragazzi che si sono attaccati a mani nude.

«Che cosa è successo questa volta?» chiedo voltandomi ad osservare quando accorrono due militi a dividere i contendenti.

«Rainer ha fatto un commento sulla madre dell'altro» mi spiega. Brieg mi ha detto che Ilixo (credo che il candidato del dieci si chiami così) ha la mamma ammalata e deve essere la ragione della sua irritazione. Rainer è proprio stupido.

«Che ne pensi dei favoriti?» chiede poi riferendosi ai candidati del uno e del due.

«Letali come nelle leggende» rispondo fissando Nazig, la ragazza del due, alle prese con il lancio dei coltelli.

 

Ormai abbiamo capito chi tra noi è più forte e chi meno. Sicuramente i ragazzi dell'uno e quelli del due, ovviamente Paban e Iraida, Dick e Brieg. Anche Ilixo è abbastanza potente. Sakìa è molto disciplinata e forte e Douce, la ragazza dell'otto dai capelli tinti di verde, se la cava molto bene in quasi tutte le discipline. Gli altri sono più o meno deboli, primi tra tutti Alicia e Owen. Qualcuno potrebbe riservare delle sorprese come Bor, Christal e Rudy, ma in definitiva non conoscono abbastanza le dinamiche dell'arena e non possono farcela.

Mi sento come uno stratega che studia e viviseziona i candidati per avere il massimo dello spettacolo. Si tratta solo di conoscenza storica e diretta tramite i miei genitori.

Anche se loro non hanno mai raccontato direttamente, da piccole frasi e dal libro delle loro memorie, credo di aver capito come funzionano gli Hunger Games, e anche se questi sono i giochi della pace, la mentalità deve essere quella o non riusciresti mai ad arrivare alla fine e vincere il premio.

 

È il tardo pomeriggio, manca solo un'ora al nostro rientro in camera, quando appaiono i mentori. Tiro un sospiro di sollievo quando vedo entrare i miei genitori e gli altri. Sembra stiano bene. Faccio scorrere lo sguardo su Finnick, Johanna, Gale, John, e gli altri mentori, sino a quando non mi accorgo che ne manca uno: Beetee. Mi volto verso i ragazzi del tre e vedo lei con le mani sulla bocca e gli occhi granati che fissa John.

Guardo anche io il ragazzo, primo vincitore dei nuovi Hunger Games e lo trovo con il viso gonfio e la testa china. Sono tutti seri e sconvolti.

Mio padre mi guarda e non tenta neanche di sorridere. È serio e sembra voglia dire che la situazione è precipitata e chi ne ha fatte le spese è un vecchio su una sedia a rotelle.

Mia madre sta stringendo spasmodica il braccio di papà e guarda me con gran preoccupazione.

Cosa può essere accaduto?

Manca ancora più di una settimana per gli allenamenti. Non credo potremo reggere questa tensione ancora per molto.

L'unico che può sapere qualche cosa è Jayson ed io spero tanto che questa sera trovi il modo di venire in camera mia a darmi notizie perché in queste condizioni e con questa paura non riuscirei a dormire.

 

Quando salgo in camera ho i nervi a fior di pelle. Devo sapere cosa è successo, altrimenti non riuscirò a continuare. Dick mi guarda curioso, forse non ha notato niente tra i mentori.

Infatti appena si chiudono le porte di ingresso del nostro piano, domanda «Cosa c'è, Chyna? Peeta e tua madre stavano bene».

Respiro a fondo cercando di non andare in escandescenza, servirebbe solo a mortificare il mio compagno e non se lo merita. Sino a questo momento è stato perfetto e se non fosse per la sua semplicità imbarazzante e il suo voler ossessivamente rimarcare che io e lui vinceremo insieme, nessuno si sarebbe accorto che ha qualcosa che non va.

«Ho visto che stanno bene, ma sono preoccupata per Beetee. Non era presente e lui è molto vecchio». Non voglio dire apertamente che gli abbiano fatto del male ma lo penso ed ho paura.

«Probabilmente si sarà sentito male e sarà a letto a riposare. Anche a mia nonna succede così» mi risponde ed io annuisco.

«Sarà sicuramente così».

 

Alcune ore dopo sono ancora nel mio letto che mi rigiro senza riuscire a chiudere occhio. Dov'è Jayson? Cosa è successo davvero a Beetee?

Comincio ad avere i nervi a pezzi e a non reggere più questa tensione. Ho l'impressione che ogni momento possa diventare più preoccupante e terribile del precedente. Non so mai cosa aspettarmi e sono davvero disperata.

Voglio andare a casa. Voglio tornare con i miei genitori e mio fratello, tutti sani e salvi.

So che è un desiderio quasi infantile ma non riesco a pensare a niente altro. Ho la sensazione che il sacro terrore per gli Hanger Games che hanno i miei genitori, sia radicato in me molto più di quanto potessi immaginare. Sono al punto che ho paura di tutto e tutti e io non sono così, sono coraggiosa e un pochino incosciente, come tutti gli adolescenti che hanno due genitori forti a proteggerli. Adesso mi sento sola e sono anche prigioniera. Cosa devo fare?

 

Sono quasi le tre quando vedo aprirsi lentamente la porta. Dalla fessura un'ombra scivola nella stanza. Fossi stata una ragazzina svenevole mi sarei già messa ad urlare, invece mi allungo sul comodino e prendo il soprammobile di onice a forma di gufo e mi preparo a colpire con tutte le mie forze. Non mi farò sopraffare dalla paura, io combatto e gli strateghi o il governo non l'avrà vinta su di me.

L'ombra si avvicina sempre più con passo felpato e dalle dimensioni è davvero imponente. È quasi arrivata al mio letto ed io sono tesa allo spasimo e pronta a colpire, quando un raggio di luna la illumina e subito lo riconosco e lascio andare la statuetta.

«Paban! Razza di imbecille! Potevo ucciderti!» sibilo sottovoce. «Come hai fatto ad entrare?».

«Ciao, Chyna. Vedo che anche tu non riesci a dormire. Grazie, io sto bene e sono passato di qui a portarti notizie» risponde sarcastico e si siede vicino a me sul letto.

 

«Okay, tralascia come sei salito. Dimmi cosa hai saputo» ordino.

«Glory, l'inserviente, lavora al mio piano e mi ha detto che Jayson ha trovato Plutarch. Adesso stanno cercando Vick e un altro personaggio che conosce lui, quindi tranquilla, tuo fratello sta bene».

A sentire queste parole tiro un lungo sospiro di sollievo. Ero terrorizzata ma adesso sono un pochino più tranquilla, almeno riguardo mio fratello. Osservo Paban e noto che ha le mani coperte di tagli.

«Come sei arrivato qui?» gli chiedo agitata, alzandomi per prendere un po' d'acqua e degli asciugamani così da lavargli le abrasioni. Lui sbuffa poi si arrende e confessa.

«Mi sono arrampicato su per il cavedio degli scarichi... ho scoperto che c'è un tubo abbastanza largo dove passano le tubazioni che vanno ai piani e ogni piano ha uno sportello, quindi mi ci sono infilato».

Spalanco gli occhi. È stato davvero pericoloso! Si è arrampicato per otto piani! Con il rischio di cadere in ogni momento, e tutto solo per darmi una notizia che poteva aspettare sino a domani.

 

Sono bloccata con l'asciugamano umido in una mano e la sua nell'altra, lo guardo e sento di stare piangendo. È come se il suo atto avesse aperto le cateratte dei miei occhi. In un attimo mi trovo stretta tra le sue braccia.

«Schhh... Calmati, Chyna... tesoro, va tutto bene... calma... schhh...» continua per un bel pezzo, sino a quando non smetto di singhiozzare.

«Stenditi adesso. Hai bisogno di dormire» mi spinge delicatamente supina e mi rimbocca il lenzuolo come a un bambino.

«Adesso cosa farai?» chiedo. Non oso pensare lui che scende nuovamente per otto piani aggrappato a dei tubi scivolosi.

«Ho con me una corda, non preoccuparti. Ce la farò di sicuro. Adesso dormi» mi ordina nuovamente.

«Cosa pensi sia successo a Beetee?» chiedo ancora. Lui sospira e allarga le braccia impotente.

«Non ne ho idea. Domani vedrò di inventarmi qualcosa per parlare con tuo padre... ho già una mezza idea e so che la cosa non ti piacerà, quindi non picchiarmi e aiutami». Almeno sono stata avvisata.

Annuisco. «Grazie, Paban» aggiungo prima che esca.

«Dovere, sirenetta. Sognami» e chiude la porta alle sue spalle.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qua. Chyna sembra ondivaga, passa da Brieg per cui ha una cotta, a Paban per cui aveva una cotta. Sembra che questi due siano tiepidamente interessati a lei (forse più Paban che il biondo). Nel continuo della storia si capirà sempre di più.

 

Nel frattempo le trame oscure attorno a questi giochi si sviluppano, e i nostri eroi non sanno cosa pensare. In effetti, l’unico che ha tutte le tessere del mosaico è chi ha studiato questo piano ma per ora non sappiamo con certezza chi sia.

 

Nell’augurarvi buona settimana, vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo:

«Adesso sei morta ed ho vinto io» dice esultante. Mi metto a scalciare cercando di togliermelo di dosso ma lui mi blocca le gambe con le sue…

 

Grazie per l’attenzione

Alla prossima settimana

baciotti

 

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Capitolo 7
*** lo scontro ***


Ciao a tutti!

Stiamo quasi a Natale! Quindi, visto che domani sono impegnata con compere e festicciole varie, mi trovo qui a postare il capitolo con un pochino di anticipo.

Ringrazio tantissimo le ragazze che mi hanno recensito, facendomi sapere che la storia sta piacendo. È utilissimo avere un riscontro, altrimenti non si riesce a sapere se si sta facendo cose positive oppure no.

Grazie anche a chi ha inserito la storia nelle preferite, ricordate o seguite e chi ha semplicemente letto.

 

Grazie a Elenri, la mia bannerista di fiducia che mi permette di dare un volto ad alcuni personaggi di questa storia. Questa settimana vi presento un altro protagonista: BRIEG! Il biondo che piace tanto a Chyna.

Adesso vi lascio al capitolo… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Alzarsi, lavarsi, vestirsi, fare colazione e scendere in palestra per la sessione quotidiana di allenamenti. Sta diventando una routine e non mi piace, perché se mi abituo a questa cosa vuol dire che accetto tutto, ed io sto ancora combattendo con l'intera situazione per poter anche solo pensare di subire i giochi e questa reclusione e isolamento.

Inoltre, noi candidati, stiamo migliorando tantissimo. Anche quelli che non avevano molta dimestichezza con le armi stanno facendo enormi passi avanti, dimostrando di saper sostenere un combattimento o brandire un'arma come si dovrebbe fare. La nostra recita sarà verosimile per il bene dello spettacolo.

Gli strateghi stanno apprezzando i nostri sforzi, sorridono e annuiscono spesso. Sono praticamente sempre presenti. Prendono appunti, ci indicano e, in rare occasioni, applaudono a qualche esercizio particolarmente complesso.

 

Non appena sono in palestra, mi metto alla postazione per riconoscere le piante e le bacche commestibili. Non so se riuscirò a cacciare e che animali troverò, e anche dei piccoli frutti di bosco possono permettermi di rimanere in forze. Dick decide di andare alle lance. Ha scoperto di essere bravo con i tiri e la mira e, visto che gli allenatori gli fanno spesso dei complimenti, lui si sente gratificato e continua ad allenarsi con ottimi risultati. Credo che sia la prima volta che maneggia tante armi e la cosa mi inquieta abbastanza.

Mentre ascolto il preparatore e guardo le immagini del sottobosco creato con i computer, ogni tanto lancio un'occhiata al palco dei mentori e poi a Paban. Cosa avrà intenzione di fare? Ha detto che non dovrò arrabbiarmi, quindi sicuramente avrà a che fare con la nostra recita su una immaginaria relazione. Sarebbe l'unica cosa che mi farebbe davvero arrabbiare e questo lui lo sa.

 

«Ciao, Chyna» Brieg si è avvicinato. È la prima volta che lo vedo a una postazione per le tecniche di sopravvivenza.

«Ciao, Brieg» rispondo. Nonostante sia imbarazzata come al solito, non riesco a essere completamente affabile con lui. Ci sono troppe cose nella mia testa per pensare romanticamente a qualcuno, anche se è bellissimo e simpatico come lui.

Restiamo in silenzio ad ascoltare l'insegnante, poi ci applichiamo a un piccolo test per verificare le nostre conoscenze sulle piante commestibili.

Io me la cavo alla grande. Scelgo solo bacche e radici di cui sono sicura e lascio perdere quelle che non mi convincono. I boschi intorno al distretto e mia madre, hanno fatto un gran lavoro negli anni. Brieg, nel caso si fosse trovato nell'arena, sarebbe morto nel giro di qualche minuto: tra il suo bottino ha raccolto anche i 'morsi della notte' le bacche velenose con le quali i miei genitori hanno finto di volersi suicidare nei primi giochi che hanno vinto.

«Tranquilli, non ci saranno questo genere di pianta. Cerchiamo sempre di eliminare le piante troppo tossiche e pericolose, ma non possiamo avere il controllo totale di tutta l'arena e anche voi dovete sapere quello che potete cogliere e quello che è meglio lasciare stare. Vi consiglio di limitarvi a quanto conoscete bene, altrimenti rischierete molto più che qualche livido» si raccomanda l'insegnante.

 

«Hai saputo qualche cosa di nuovo sui mentori?» chiede Brieg quando ci allontaniamo dalla postazione.

«No. Ho visto quello che hanno notato tutti: Beetee non c’era e John era sconvolto» rispondo guardando il palco ancora vuoto. Lui sospira.

«Speriamo che non sia niente di grave».

Ci avviciniamo alla pedana per i duelli.

«Che ne dici di fare un combattimento con le spade? Prometto di andarci leggero» propone sorridendo Brieg ed io mi lascio di nuovo incantare dai suoi occhi chiari.

«Sì» rispondo decisa. Non ho ancora provato seriamente a combattere. Mi sono limitata ai manichini in questi cinque giorni di allenamenti, è ora che provi anche un duello in piena regola.

Ci disponiamo dalle parti opposte e prendiamo una delle sciabole, lunghe una settantina di centimetri, che non tagliano ma lasciano una striscia rossa sul tessuto o pelle che viene colpita.

Questo è anche un buon esercizio per provare le armi che verranno utilizzate nell’arena.

 

«Pronta?» ride il biondo mettendosi in posizione defilata per sferrare il suo attacco. L’istruttore interviene un attimo per farmi capire come disporre il corpo in relazione al baricentro, come muovere i piedi e posizionare la spada per parata e stoccata. Sembra un riassunto stringato di cui ho capito meno della metà. Alla fine mi auto convinco che per tirare di scherma occorre equilibrio e agilità, cose di cui sono abbastanza provvista, quindi mi decido a cominciare. In caso mi correggeranno gli errori di postura.

Brieg avanza con un balzo e fa cozzare la sua sciabola contro la mia facendomi indietreggiare per il colpo. Contrattacco con un fendente che para con facilità. Si sposta leggermente indietro e carica il braccio con un affondo spostandosi di nuovo in avanti.

Faccio un balzo di lato e paro creando un gran clangore tra le lame. Brieg continua ad attaccare ma anche io cerco di fare la mia parte.

Il nostro duello sembra un balletto, lui avanza verso di me poi indietreggia di altrettanti passi mentre io faccio il contrario: indietreggio e poi avanzo. Alzo la sciabola, abbasso, paro, stocco, affondo. Man mano che passa il tempo riesco ad avere più sicurezza nel maneggiare quel pezzo di ferro e acciaio che mi sembrava tanto estraneo all'inizio.

 

«Sei brava» dice Brieg mentre para un mio affondo.

«Mai quanto te, sono già esausta» rispondo saltando indietro per parare un colpo.

«Allora direi di dare una svolta e finire il combattimento» propone lui tirando con forza.

Rimango spiazzata e il braccio mi si piega. Lui contrattacca veloce ed io mi ritrovo in un angolo a difendermi.

Non sono abbastanza svelta a parare e vengo colpita al braccio. Una riga rossa mi si disegna sull'omero e spicca sulla giacca della tuta.

Rimango a fissare la riga affascinata, quasi non fosse il mio braccio e così non mi accorgo quando Brieg mi salta addosso e mi spinge a terra piazzandomi la lama sulla gola e lasciando un altro segno rosso.

 

«Adesso sei morta ed ho vinto io» dice esultante. Mi metto a scalciare cercando di togliermelo di dosso ma lui mi blocca le gambe con le sue.

«Togliti! Sei troppo pensante, energumeno» esclamo, voltando la faccia a destra e sinistra, tentando inutilmente di liberarmi. Brieg sorride compiaciuto della sua vittoria, quando viene sollevato di peso e lanciato a cinque metri di distanza con un gran volo.

 

«Non devi fare male a Chyna! Tu la lasci stare!». È Dick che mi ha visto in pericolo ed è intervenuto.

«Dick, calma, non è successo niente» provo a dire, cercando di fermarlo, ma quel gigante ha deciso di non ascoltare oggi, perché si affretta verso Brieg e lo solleva di nuovo per poi gettarlo sopra la rastrelliera delle lance.

«Smettila!» urlo e cerco di avvicinarmi per fermarlo.

Nel frattempo gli altri candidati hanno interrotto le loro attività, ma nessuno si azzarda ad avvicinarsi a Dick per paura di andarci di mezzo.

Brieg si rialza e prende una lancia che brandisce davanti a sé per difendersi, ma Dick la afferra e la spezza, lanciandola lontano.

Il biondo cerca ancora di difendersi, colpendo il mio compagno con i pugni chiusi, ma niente sembra scalfire la determinazione di Dick di fare del male al candidato del distretto 7.

 

Sono accorsi i militi che afferrano le braccia di Dick. Ne servono quattro per bloccarlo e portarlo lontano di Brieg.

Lui è malconcio, ha un dolore forte al fianco, il naso rotto e un brutto taglio allo zigomo da cui esce una scia di sangue che rende la ferita ancora più brutta di quanto possa esserlo in realtà.

Mi avvicino a lui e mi inginocchio per dargli una mano.

«Appoggiati» lo invito ma quando lui solleva lo sguardo su di me, trasalisco per la sua durezza.

«Stai lontana da me!» urla schiaffeggiando la mia mano. «Non voglio avere niente a che fare con te. Nell'arena ti sconfiggerò e ti sbatterò fuori. Te e il tuo amico demente! Non voglio più parlare con te. Non voglio più vederti vicino a me. Stammi alla larga o te ne farò pentire» sibila.

 

Sono arrivati i medici che lo soccorrono e lo sollevano portandolo in una stanza per medicarlo.

Io non rispondo alle sue accuse. Sono troppo sconvolta per reagire subito.

Mi ha accusata come se la colpa fosse mia! Cosa centro se Dick ha dato di testa quando mi ha vista attaccata e in pericolo? Lui non riesce a distinguere la finzione dalla verità.

L'ha attaccato. Voleva fargli male ma solo perché credeva che io fossi in pericolo. Non voleva fare del male in modo gratuito e questo Brieg dovrebbe comprenderlo.

 

«Lascialo perdere, Chyna. Io non me la prenderei con te per una cosa del genere. È stato stupido» commenta Bor, tirando la mia mano e riportandomi in piedi.

«Se avessi una che mi gira intorno come te e io provassi qualcosa, non sarei così idiota da inveirle contro» aggiunge poi.

«Ti prego, non anche tu!» esclama la voce di Paban alle mie spalle, facendo scatenare le risate del candidato dell'11.

«No, tranquillo. Io mi riferivo a Brieg. A lui piace avere Chyna che pende dalle sue labbra, non capisco perché abbia reagito in quel modo». Mi trovo ad arrossire.

Sono tanto trasparente da aver fatto capire a tutti che mi piace Brieg? Pazienza Paban, lui ha parecchio intuito, ma anche Bor? Chissà se ne ha parlato con Christal? Oddio! Che figura!

Fisso un punto imprecisato del pavimento, non ho neanche il coraggio di alzare lo sguardo.

 

Sento Bor ridere di gusto. Che ci troverà di tanto divertente nella mia umiliazione?

«Piantala, Chyna. Guarda che sei semplicemente umana e poi credo che quello messo peggio di tutti sia Paban. Ti sospira dietro, ti segue come un cagnolino e non ottiene che pochissimi attimi di attenzione» dice indicando il candidato del distretto 4.

«Grazie, amico. Perché non pensi di sbavare meno quando sei vicino a Christal e lasci in pace me?» dice l'altro ironico.

«Io e Christal siamo solo amici» ribatte.

«Anche io e Chyna siamo solo amici». Paban sottolinea volutamente la parola amici che mi risulta quasi fosse falsa.

«Certo... lasciamo stare. Credo che sia quasi ora di pranzo, meglio avviarsi» dice Bor, chiudendo la conversazione.

 

Non mi soffermo molto a pensare a quello che si sono detti Bor e Paban, sono piuttosto impegnata a fissare la porta dove è rinchiuso Brieg, per curare le sue ferite. Chissà se sta bene oppure dovrà saltare delle lezioni? Il non verificare con i miei occhi se è ripreso mi agita.

«Ehi, Dick, come va? Bene?». Il mio compagno di distretto è ritornato più calmo di prima.

Si avvicina a me e mi stringe tra le braccia, come se volesse consolarmi e proteggermi.

«Chyna, stai bene?» chiede con voce tremante.

«Certo che sto bene, Dick!» comincio ad essere arrabbiata e mi stacco per guardarlo bene in faccia «Che diavolo ti è preso? Ci stavamo solo allenando, non mi stava facendo male. Perché l'hai colpito? Adesso lo stanno medicando e magari dovrà saltare degli allenamenti per colpa tua! Ti avevamo detto che non dovevi fare del male agli altri! Accidenti, Dick!» non sono riuscita a trattenermi e mi sono sfogata. Il gigante mi guarda perplesso prima di abbassare la testa contrito e dispiaciuto.

 

«Non volevo fare del male. Chyna, scusami. Per favore» mormora mentre gli scendono due lacrimoni dagli occhi. Come si fa a rimanere arrabbiati con un bambinone simile? Nessuno ci riuscirebbe, a meno che non avesse il cuore di pietra.

«Io ti perdono, ma devi chiedere scusa a Brieg e non devi farlo più». Mi sembra di essere una mammina che sgrida il suo figliolo.

«Va bene, chiederò scusa a Brieg e prometto di non farlo più. Solo se tu sei in pericolo allora interverrò» anche questa cosa non riesco a cambiarla perciò mi rassegno a controllare gli scatti di Dick, perché non faccia male a nessuno.

 

Nel pomeriggio Brieg non compare ed io sono preoccupata che le sue ferite siano più gravi di quanto paressero all'inizio.

«Calmati, gli avranno dato un po' di riposo. Domani tornerà come nuovo. Brieg è forte ed in forma, non bastano un paio di pugni per metterlo al tappeto». Christal mi si è avvicinata e sta provando ad accendere il fuoco mentre io fisso le sterpaglie senza neanche vedere quello che ho davanti.

Annuisco assente e quasi mi perdo l'entrata dei mentori nel palco accanto agli strateghi.

Subito fisso le persone per vedere se manca qualcuno.

Apparentemente stanno tutti bene e, come ieri, manca solo Beetee. Anche John si è ripreso e non ha più il viso gonfio e dolorante.

 

Quello di cui non mi accorgo sono i passi veloci che sfilano dietro di me e vengo presa alla sprovvista quando due mani forti mi sollevano riportandomi in piedi.

Le stesse mani mi fanno voltare e mi ritrovo davanti Paban che mi fissa con un ghigno che non promette niente di buono.

«Adesso scusami e assecondami» sussurra, poi di impeto si china su di me e mi bacia.

Il mio cervello si svuota completamente. Non un pensiero mi attraversa la mente. Sento solo. Sento le sue labbra sulle mie che mi incendiano, sento le sue mani che mi stringono sulle spalle, sento il suo petto con il cuore che batte accelerato contro i palmi delle mie mani, sento il suo profumo che sa di cieli caldi, sole e mare e che mi invade. Sento lui, Paban, e il mio cuore sembra esplodere.

 

Lentamente si stacca da me ed io riapro gli occhi che neanche mi ero accorta di aver chiuso. Continuo a tenere i palmi delle mani aperti sul suo petto e non stacco il mio sguardo dal suo.

Vedo che è sorpreso ed ha un'espressione quasi dolce. Anche il mio cervello ritorna a funzionare e comincio ad avere la percezione di quanto è successo.

Paban mi ha baciato. Ha baciato me.

Sto ancora elaborando quando una voce autoritaria grida «Paban!» richiamando su di sé tutta l'attenzione della palestra.

Mi volto verso l'origine della voce. La conosco, è mia madre. Katniss Everdeen. Arrabbiata.

 

Paban sembra più reattivo di me e mi sorride rassicurante quando mi prende per mano e mi porta sotto il palco dei mentori.

«Vorremmo la vostra benedizione. Ci amiamo e non riusciamo a stare separati, ci abbiamo provato ma è impossibile» annuncia a gran voce in modo che tutti possano sentire.

Mi sento un burattino a cui sono stati tagliati i fili per muoverlo. Vengo trascinata dagli eventi senza che possa intervenire per cambiarli.

Prima Dick che assale Brieg, poi Brieg che mi allontana in malo modo e adesso Paban che mi bacia e decide che vuole dichiararsi alla mia famiglia.

Dentro di me sta montando una rabbia cieca che cerco di trattenere solo rammentando che si tratta solo di un trucco per comunicare con i mentori.

 

«Signori Mellark, meglio che scendete e bloccate questa scelleratezza... non vorremmo trovarci con un'altra ragazza incinta che scorrazza nell'arena» dice piccato il capo degli strateghi.

Subito i miei genitori scattano dalle sedie ed escono dal palco. Pochi istanti dopo li trovo accanto a me. Mia madre si precipita ad abbracciarmi stretta.

«Va tutto bene? Stai bene?» sussurra agitata ed io non faccio che annuire, cercando di trattenere le lacrime.

«Cosa è successo a Beetee?» chiede subito Paban a mio padre.

«Abbiamo avuto un piccolo scontro verbale con gli strateghi e Beetee si è agitato troppo ed ha avuto un collasso. John ha reagito ed è volato qualche pugno, niente di grave se non che adesso il nostro amico è costretto a letto e non sta affatto bene». Ha risposto con il solito sorrisetto che fa intendere che sta mentendo e mi sento gelare. Paban non conosce tutte le espressioni di mio padre e fa un sospiro di sollievo mentre io mi trattengo dall'esternare i miei dubbi.

«E' messo male ed io sono davvero preoccupata» dice mia madre e mi si stringe il cuore al ricordo di quel vecchio sulla sedia a rotelle con la mente tanto arguta. È davvero solo costretto a letto oppure è messo peggio?

 

«Non c'è niente tra voi, vero?» chiede duro mio padre squadrando Paban con astio. Il ragazzo ridacchia grattandosi la nuca.

«No, niente. Lei è troppo presa dal candidato del 7 per guardare qualcun altro» risponde leggero ed io lo guardo con odio! Come si permette di scoprirmi così, davanti ai miei genitori! È uno stupido!

«Idiota!» picchio un pugno sul suo petto «Come ti permetti! Come ti sei permesso prima di baciarmi? Era il mio primo bacio!» sibilo arrabbiata e lo vedo sgranare gli occhi e poi sorridere compiaciuto.

«Il primo bacio? È stato davvero dolcissimo» dice mentre alza la mano per carezzarmi la guancia ma viene fermato prima dalla mano di mio padre.

«Fai che ci fermiamo a questo, okay? Ci sono altri problemi adesso e non voglio dover anche pensare di ucciderti dopo l'arena perché hai messo le mani addosso a mia figlia». Adesso sono io che sorrido compiaciuta mentre vedo Paban irrigidirsi per la minaccia neanche velata che gli ha fatto papà.

«Come ti ho detto una volta, e non stavo scherzando, io non sono permissivo come mia suocera» conclude e lascia andare il polso del ragazzo.

 

«D'accordo» risponde «Non la toccherò più, a meno che lei non voglia».

«Allora aspetterai in eterno» intervengo io con tono bellicoso.

«Non ne sarei così sicura. In fin dei conti, anche io ti faccio battere il cuore, anche se meno di Brieg. E non ho intenzione di lasciarti a quello stupido taglialegna. Sirenetta» soffia a pochi centimetri dalle mie labbra e sento le guance colorarsi di rosso e il cuore scoppiare.

Mia madre mi circonda le spalle con un braccio mentre sussurra «Non farti impressionare. È solo un galletto, sarai tu che deciderai e sceglierai per il meglio».

Annuisco ma nella frase di Paban c'è qualcosa che mi suona famigliare e che dopo qualche istante riesco a mettere a fuoco.

«Eri tu nel mio letto l'altra sera!» pensavo di parlare con mio padre nel dormiveglia e invece era lui.

Mia madre e mio padre spalancano gli occhi scioccati e guardano alternativamente me e Paban in attesa di una spiegazione più esauriente.

«Non è successo niente. Lei si è addormentata dopo che era passato Jayson ed io ho dovuto aspettare qualche minuto per non insospettire i militi» bisbiglia velocemente.

Vedo che i miei genitori lo guardano ancora con sospetto, poi, incredibilmente, mia madre si fa avanti e lo abbraccia.

«Proteggi Chyna. So che vuoi farlo perché è importante per te ed io te la affido. È il mio bene più prezioso, abbine cura».

 

Rimango un po' spiazzata da questa manifestazione d'affetto nei confronti di Paban. È come se i miei genitori sapessero qualche cosa che io ignoro. Mia madre scioglie l'abbraccio con il ragazzo e lo spinge delicatamente verso il centro della palestra, come a dargli il segnale di tornare con gli altri.

«Cosa sta succedendo? Cosa mi state nascondendo? E non mi dite che non c'è niente perché vi conosco e non sono stupida» sibilo furente. Sono qui, costretta a essere isolata dal mondo e quando loro hanno la possibilità di darmi notizie, mi tengono nascoste delle cose?

Mio padre sospira poi inizia a sussurrare velocemente nonostante gli sguardi ammonitori di mia madre.

«Noi stiamo in una serie di stanze che arrivano a una sala comune. Eravamo lì l'altra sera quando sono entrati i militi e hanno cominciato a spingerci verso le nostre camere. Brandivano fucili e spade. Enobaria e Johanna hanno tentato di ribellarsi. Gale è intervenuto per trattenere sua moglie e Beetee si è messo in mezzo e si è beccato una fucilata a bruciapelo. Ne è scaturita una collutazione dove John ne ha fatto le spese». Sono scioccata. Sembra sempre peggio «Hanno portato via Beetee e non sappiamo dove lo tengano e se è ancora vivo. In più Gus, il mentore del distretto 13 ha sentito un commento di uno stratega che comunicava al capo che una determinata colonna era pronta».

«Cosa vuol dire tutto questo?» chiedo. Sto tremando.

«Ho paura che l'arena sarà molto più pericolosa di quanto pensiamo» dice papà con un tono serissimo, mentre la mamma mi guarda con gli occhi lucidi.

 

La abbraccio forte. «Non preoccuparti. Me la so cavare, ho avuto l'insegnante migliore che potessi sperare». Sa che mi riferisco a lei. È come se mi avesse allenato tutta la vita per potermela cavare negli Hunger Games.

«Lo so, ma questo non mi impedisce di avere paura» risponde lei carezzandomi i capelli. Mi ricordo in quel momento dei progressi di Jayson che oggi non ho ancora visto.

«Jayson ha trovato Plutarch e sta cercando Vick, il fratello di Gale, e un'altra persona che conoscono» dico velocemente.

In quel momento il milite che si era fermato sulla porta si fa avanti e fa un cenno ai miei genitori per farli tornare sul palco.

 

Torno mestamente agli attrezzi della palestra. Non so cosa pensare.

Come sta Beetee? E poi, i militi si mettono a colpire i mentori? Cosa vogliono fare? Cosa hanno in programma? Fa tutto parte di un piano, è ovvio, ma quale? Cosa potrebbero poter fare?

L'unica cosa che mi viene in mente è così drammatica che non riesco neanche a formularla se non condensandola in una sola parola, perché un pensiero più articolato mi farebbe impazzire dal terrore. Morte.

È così che si sentivano i miei genitori? Destinati al sicuro macello e all'oblio eterno? Scuoto la testa energicamente. No! Io non voglio morire e non voglio uccidere nessuno...

Mi volto a guardare verso gli strateghi e mi rendo conto che almeno qualche persona vorrei davvero farla fuori.  Il capo degli strateghi prima di tutti.

Chi è il vero responsabile?

 

«Chyna, vieni». Paban mi prende per mano e mi porta verso le bottiglie d'acqua. Mi spinge a sedere su una panca e mi passa un bicchiere.

«Cosa succede?» chiede. Sento il suo sguardo intenso su di me ma non riesco a ricambiare. Potrei scoppiare in una crisi isterica e questo non sarebbe utile a nessuno.

«Vogliono ucciderci» rispondo monocorde e bevo l'acqua nella speranza di lavare via le stesse parole che ho pronunciato. Purtroppo rimangono ancora lì sospese nell'aria e assorbite dal ragazzo seduto accanto a me.

«Non dire assurdità. Come potrebbero?». È spiazzato, lo sento.

«Hanno sparato a Beetee e forse è morto. I mentori non lo sanno» rispondo. Sono sconvolta e lo è anche lui.

«Non può essere... tuo padre ha detto...».

«Mio padre ha mentito. Quando ti sei allontanato ho preteso la verità e adesso sono terrorizzata per tutti noi. Ho paura che non usciremo vivi dall'arena» soffio senza più voce e una lacrima scende sulla mia guancia.

 

Lui non può fare altro che abbracciarmi e consolarmi per l'ennesima volta. Non ho mai pianto così spesso come da quando sono qui dentro. Io non piango praticamente mai, ma qui la situazione mi sta logorando i nervi a una velocità allucinante e non riesco più a essere padrona di me stessa.

«Chyna, calmati. Andrà tutto bene» cerca di consolarmi ma io mi ribello a sentire queste parole che sembrano così vuote.

«Non puoi saperlo! Nessuno può sapere cosa ci accadrà là dentro, magari moriremo entro poche ore senza neanche capire come». Scenari orribili mi vengono in mente e mi stringo ancora di più a Paban.

«Non so cosa succederà ma una cosa te la posso dire con sicurezza. Non ti capiterà niente perché io non lo permetterò a costo della mia vita. Tu sarai salva... adesso basta, dobbiamo tornare ad allenarci o sospetteranno qualcosa. Dobbiamo parlarne con gli altri?». Ecco una domanda interessante.

Le notizie che abbiamo non sono rassicuranti ma possiamo confidare le nostre supposizioni e rischiare di scatenare il panico tra i candidati? E se poi non fosse vero?

«No. Per ora non diciamo niente. Abbiamo ancora una settimana per capire cosa c'è in serbo per noi». Mi alzo e gli tendo la mano, intrecciando le dita con le sue. Insieme ci dirigiamo verso le postazioni di allenamento.

 

Non sono molto concentrata e dopo aver provato qualche fendente con una spada, mi faccio un piccolo taglio sul palmo della mano mentre lancio un coltello. La ferita non è molto profonda ma brucia e sanguina copiosamente.

Subito Alicia e Dick accorrono da me spaventati e solo l'intervento di Christal riesce a calmare leggermente il mio compagno e a permettere al medico di medicarmi e bendarmi la mano.

Il mio gigante buono è sempre troppo protettivo con me. Paban attende paziente che il medico abbia finito. Anche lui è accorso preoccupato ma non ha detto una parola, limitandosi ad osservare attentamente che io stessi bene.

«Non ti azzardare più a farti male. Sono quasi morto quando ho visto tutto quel sangue» sibila irritato un attimo prima che gli allenatori allontanino tutti da me.

 

«Ormai è tardi. Puoi farti accompagnare dai militi e ritirarti per la notte. Ti do io il permesso» mi annuncia solenne il medico facendo un cenno a un paio di militi fermi accanto a una porta.

Lo vedo consegnare un foglio a uno di loro mentre l'altro mi spinge gentilmente verso l'ascensore.

Riesco solo a essere sollevata che questa giornata sia finita e quando arrivo al mio piano mi precipito letteralmente verso la mia camera e mi ci infilo sbattendo la porta.

Ordinerò qualche cosa per cena ma non ho intenzione di uscire di lì. Se Dick vorrà sincerarsi che stia bene dovrà venire lui da me.

 

Appena entrata noto che la porta del bagno è socchiusa e c'è la luce accesa. Incuriosita mi sporgo all'interno e quello che vedo mi spaventa più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Jayson è in ginocchio accanto a un uomo coperto si sangue. Mi precipito accanto a mio fratello, incurante delle macchie che mi lordano la tuta e inizio a tastarlo con frenesia per capire se il sangue che vedo sul pavimento è il suo.

«Chyna sto bene... non sono ferito... sto bene...» soffia prima di tossire e piegarsi su se stesso stringendosi il torace. Sicuramente qualcuno l'ha preso a botte, ha persino un occhio gonfio e chiuso.

Sposto la mia attenzione sull'uomo a terra e noto che invece lui ha un taglio sulla coscia da cui esce tutto il sangue che ha imbrattato il pavimento.

Corro subito a prendere degli asciugamani e un lenzuolo che mi affretto a stracciare in strisce in modo da poter fare un laccio emostatico alla gamba ed arrestare l'emorragia.

«Lui è Vick Hawthorne» me lo presenta Jayson. L'uomo fa un piccolo gesto prima di perdere conoscenza.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

nuovo capitolo pieno di notizie.

In primo luogo il litigio tra Brieg e Dick che allontana Chyna dal ragazzo del distretto 7. Lei ne è ferita e vorrebbe stargli vicino.

Paban bacia Chyna e lei si fa scappare che è il suo primo bacio. Sembra che lui sia davvero cotto della piccola Mellark, almeno a quanto dice Bor.

Beetee è stato colpito con una fucilata a bruciapelo dai militi. Quando i protettori della legge ti sparano non è mai una bella cosa.

E per ultimo, Jayson è stato colpito e Vick (il fratello più piccolo di Gale, che in questa storia dovrebbe avere circa quaranta anni), è ferito e perde sangue.

 

Il perché sarà uno dei punti del prossimo capitolo, del quale vi lascio un piccolo spoiler:

Douce si posiziona subito alle spalle di Thabo e sibila «Muoviti, cagasotto. Tanto non è così che la montagna qui, deciderà di non spezzarti come un grissino» e così dicendo lo supera e scende veloce, subito alle spalle dell'allenatore.

«Non preoccuparti, Thabo» intervengo io sorridendo, mentre Dick si affretta a seguire Douce senza neanche degnare il ragazzino di uno sguardo «La maggior parte delle volte non è pericoloso e soprattutto non vuole fare male a nessuno»…

 

Vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

baciotti

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Capitolo 8
*** l'isolamento ***


 

Ciao a tutti!

E BUON NATALE, lo dico subito almeno non mi dimentico.

Siamo arrivati a un nuovo capitolo che ci porta un passo avanti verso l’arena. Siamo ancora alla prima settimana di allenamento ma in questo pezzo, gli strateghi daranno un giro di vite ulteriore. Sapremo le sorti di Beetee e nuovi eventi.

 

Ringrazio chi ha inserito questa storia tra le preferite, ricordate o seguite, chi recensisce facendomi sapere pregi o orrori e chi semplicemente legge e spero che apprezzi il mio lavoretto.

 

Grazie soprattutto a Elenri (Teresa) che ha confezionato un banner migliore dell’altro consentendo a tutti di dare un volto ai personaggi. Oggi avremo il piacere di ammirare la nostra montagna umana il caro, dolce Dick.

E adesso vi lascio al capitolo… BUONA LETTURA!

 

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Le mie conoscenze mediche sono sufficienti per riuscire ad arrestare l'emorragia di Vick, il fratello di Gale. Riesco anche a ricucire i lembi del taglio in una sutura approssimativa e a mettere una pomata antibiotica prima di fasciargli la gamba. Avevo trovato una scatola di pronto soccorso in palestra qualche giorno fa e l'avevo fatta scivolare sotto la giacca e portata in camera mia. Mai decisione impulsiva fu più giusta. Finalmente riusciamo a trasportare il ferito nel mio letto, anche se lui non ha ancora ripreso conoscenza.

 

«Come avete fatto ad entrare qui?» chiedo subito dopo, mentre stiamo pulendo il bagno.

«Non ci sono militi a sorveglianza delle stanze quando voi non ci siete e siamo entrati senza che nessuno se ne accorgesse» risponde Jayson palesemente soddisfatto per questo.

«Come mai siete feriti? Tu stai bene?». Vorrei visitarlo, constatare che le sue ferite non siano gravi ma non me lo ha ancora permesso.

«Ho solo un occhio pesto e mi sono preso un calcio al costato, ma non è rotto. Come hai visto, Vick è messo peggio. Spero solo di riuscire a fermarmi per questa notte ma domani dobbiamo assolutamente andarcene».

Annuisco. «Che sta succedendo?».

 

«Con l'aiuto di Plutarch siamo riusciti a trovare i presentatori. Li hanno messi in una specie di centro benessere oltre la ferrovia, abbastanza distanti da qui, e loro sono ben felici di farsi fare bagni di fango e manicure. Hanno solo qualche milite a controllarli ma sono più che sufficienti visto che se la stanno godendo e nessuno di loro ha intenzione di andarsene da lì, specie Alfie Down. Dovresti vedere come si è conciato! Solo un paio di quelli con cui ho parlato, non riuscivano a capire il perché di questo comportamento ma in generale stanno tutti bene». Jayson racconta con una punta di astio, come se i presentatori non fossero degni del suo tempo passato a cercare. In fin dei conti abbiamo sempre saputo che erano anime semplici e vuote, non potevamo aspettarci chissà quale cambiamento.

«E' lì che vi siete feriti?» chiedo ansiosa.

«No. È stato quando abbiamo visto una ambulanza sotto il palazzo dove sono rinchiusi i mentori. C'era una barella e un lenzuolo tirato su, come quando ci sono dei morti e... mi sono spaventato così sono corso per vedere chi era» l'ultima frase la dice come se provasse vergogna per questa curiosità così umana.

Perché dovrebbe vergognarsi? Anche io sarei corsa a sincerarmi che lì sotto non ci fossero i miei genitori.

«Era Beetee?» chiedo in un soffio e lui annuisce.

 

«Io e Vick stavamo controllando il palazzo e quando sono corso via lui ha cercato di trattenermi. Io sono arrivato alla barella ed ho strattonato il lenzuolo, così ho visto il vecchio Beetee... morto... poi un milite mi ha dato un pugno che mi ha fatto volare per terra e un altro mi ha tirato un calcio. A questo punto è arrivato Vick che ha cercato di difendermi e si è preso una stilettata alla coscia. Fortuna che sono passate alcune persone e si sono fermate curiose. I militi sono subito fuggiti sull'ambulanza ed io ho cercato di arrivare qui. Non sapevo dove andare, la casa di Grace è chiusa e Vick abita troppo distante... ho pensato che magari qui avrei trovato aiuto...» vedo che l'adrenalina sta scemando perché Jayson comincia a tremare.

«Quando è successo questo?» chiedo accompagnandolo a una poltrona e drappeggiando una coperta morbida sulle sue spalle.

«Un paio d'ore fa, non di più» risponde lui cercando di rilassarsi a occhi chiusi.

 

In pochissimi minuti, Jayson si addormenta ed io rimango a vegliare i due cercando di capire quello che mio fratello ha detto.

Un paio di ore prima hanno portato via Beetee, morto. Lui non si è più presentato da due giorni, questo vuol dire che l'hanno tenuto al palazzo dei mentori sino ora. L'avranno curato? Spero che non l'abbiano lasciato morire senza il conforto di una cura. Sarebbe tremendo.

Mi guardo la tuta e provo a togliere le macchie di sangue. Si capirebbe subito che c'era qualcuno in camera mia, altrimenti.

Decido di uscire per mangiare qualcosa e portare del cibo in camera. In questo modo i militi non verranno a cercarmi e neanche Dick.

 

Infatti, appena entro nella sala da pranzo, arriva anche il mio compagno.

Con il suo modo impacciato, accorre subito al mio fianco e mi chiede come mi senta e se la mia mano non sanguini più. Tolgo cautamente la garza e gli faccio vedere il segno rosso ma completamente asciutto e lui si rasserena subito.

Insieme mangiamo quello che gli inservienti ci portano. O meglio, io pilucco qualcosina, lui mangia di gusto.

Continua a parlarmi dei suoi progressi e di quanto gli dicano sempre di come è bravo con la spada e la lancia. Comincia anche a disquisire sull'angolazione dove piantare il coltello nel corpo per essere sicuri della morte. A queste ultime parole mi risveglio e lo fisso attonita.

 

Stanno trasformando questo ragazzone in una arma da guerra! Sono completamente impazziti? Già non è in grado di misurare la sua forza e rischia più di ogni altro candidato di causare danni fisici agli altri, adesso ci si mettono anche con le tecniche di omicidio...

«Dick, non devi dire così. In questo modo tu faresti molto male alle persone e noi non vogliamo che qualcuno si faccia male, giusto?»  cerco di essere convincente.

Non avrei dovuto lasciarlo fare da solo in palestra. Spero non sia troppo tardi per cercare di fermarlo.

«Non voglio fare male a te o a Paban. Lui è buono e ti vuole bene. Anche Alicia, Owen, Bor e Christal sono buoni. Christal è tanto buona, mi da sempre il dolce» dice Dick facendomi sorridere.

In effetti la candidata dell'undici è l'unica alla quale lui da retta. Forse più di me. Deve proprio aver fatto colpo.

 

«Sì, loro sono buoni, ma anche gli altri non sono cattivi». Lo correggo.

«Brieg, sì. Lui ti ha colpito e voleva farti male» mi dice ricordando il nostro duello di oggi.

Il cuore mi si stringe. Brieg mi ha allontanata, accusandomi di cose che non avevo fatto. Dick l'ha colpito e lui se l'è presa con me.

«Era solo un allenamento, non voleva farmi davvero del male. Vuoi sembrare come lui? Anche tu vuoi far male alle persone? Devi fare finta e vedrai che andrà tutto bene» cerco di farmi capire ma con lui non è affatto semplice.

Dick sembra pensarci sopra per un po' poi mi sorride «Allora farò finta, così non faccio male a nessuno» dichiara trionfante. Sorrido anche io e spero di averlo convinto davvero.

Prendo qualche pagnotta e torno in camera, dove trovo i due rifugiati ancora addormentati nelle stesse posizioni di prima.

 

La gamba di Vick non sta più sanguinando e Jayson è rannicchiato sulla poltrona e sta respirando pesantemente come quando dorme della grossa.

Visto che il letto è parecchio spazioso, mi ritaglio un angolino accanto al fratello di Gale e mi addormento praticamente subito.

Preventivamente ho incastrato la spalliera di una sedia alla maniglia della porta in modo di bloccare chiunque volesse entrare e ho chiesto la sveglia tramite telefono, perciò nessun milite e nessun inserviente dovrebbe disturbare il nostro sonno.

 

Il mattino dopo sono la prima a svegliarmi, scattando in piedi non appena squilla il telefono.

Jayson è scivolato sul pavimento, ancora avvolto nella coperta e dorme sul soffice tappeto. Vick sembra meno sofferente di quando l’avevo medicato. Non ha la febbre, anche se pare abbia sudato abbondantemente nella notte.

Provo a chiamare mio fratello e insieme decidiamo cosa fare per farli uscire indenni.

«Aspetteremo solo che voi usciate. I militi vi seguiranno subito dopo e la via sarà libera. Nel frattempo ci barricheremo qui dentro. Non ti preoccupare per gli inservienti, sono già d’accordo con Grace che siano solo lei o sua sorella a rifare la tua stanza, così, se anche mi trovano, non succede niente». Intelligente manovra, aveva già pensato a tutto!

Visto che non ho altro da fare, gli consegno il pane che avevo preso la sera prima e il formaggio che avevo avanzato da uno spuntino, poi vado a cambiarmi con una tuta nuova e corro a fare la mia colazione.

«State attenti. Ti prego, non fare più cose avventate» lo scongiuro prima di uscire e lui annusce solenne, per quanto potesse sembrare serio con la bocca piena.

 

«Ciao, Chyna! Dormito bene? Io ho sognato che vincevamo i giochi e che poi facevamo tutti una grande festa. Eravamo vestiti tutti di bianco… tranne te e Paban che eravate vestiti di blu come il cielo. Poi mangiavamo e ballavamo e tu ridevi tanto e c’era anche la mia nonna e Peeta e Jayson… c’erano proprio tutti». Dick ha un sorriso che gli copre l’intera faccia e io non posso far a meno di sperare che il suo sogno, tutto luci e festa, si trasformi in realtà e quel sottile malessere e disagio che provo, quando penso all’arena, sia solo frutto della mia immaginazione.

«Ero davvero felice?» chiedo ridendo e lui annuisce con vigore.

«Sì e baciavi Paban proprio come ieri in palestra» esclama.

A quel punto boccheggio come un pesce e sento le mie guance tingersi di rosso fuoco. E realizzo che tutti, tutti quanti in palestra, hanno visto che baciavo Paban. Metto le mani sulla faccia e provo a capire cosa fare per far andare via l’imbarazzo.

«Io non volevo baciare Paban» replico con un tono quasi infantile ma Dick scoppia a ridere e alza le spalle come a voler dire che non devo raccontare bugie che tanto lui non ci crede.

Se non riesco a convincere neanche il mio compagnone che è tanto malleabile, come farò a convincere tutti gli altri che tra me e l’uomo pesce non c’è niente?

Sento già nelle orecchie gli insulti di Iraida e mi vengono i brividi.

 

Sono ancora agitata quando scendiamo in palestra e si aprono le porte. Stranamente i candidati sono tutti raggruppati in un angolo, insieme agli allenatori e stanno ascoltando uno degli strateghi che è sceso tra loro. Io, Dick, Alicia e Owen, che sono scesi con noi, corriamo a raggiungerli.

«Quindi abbiamo deciso di fare un giorno di allenamento a coppie e qualche scambio con altri distretti. Per cominciare questi saranno gli abbinamenti per oggi: distretto 1 con 13, distretto 2 con Capitol City, distretto 3 con 9, distretto 4 con 6, distretto 5 con 11, distretto 7 con 10 e distretto 8 con 12».

Mi volto e vedo appoggiata al muro Douce dai capelli verdi, che guarda assorta le luci, come se neanche avesse ascoltato. Vicino a lei, Thabo credo si chiami, il ragazzino dalla pelle di ebano, ci osserva e sussulta quando Dick alza una mano in segno di saluto.

 

Quando lo stratega si allontana vengo avvicinata dall'istruttore delle lance.

«Venite qui, ci alleneremo da quella parte» fa indicando una porta laterale. Mi domando dove possa portare e, quando la apre, vediamo che vi sono delle scale che scendono in profondità. Sembra quasi che stiamo scendendo nell'interrato.

Douce si posiziona subito alle spalle di Thabo e sibila «Muoviti, cagasotto. Tanto non è così che la montagna qui presente, deciderà di non spezzarti come un grissino» e così dicendo lo supera e scende veloce, subito alle spalle dell'allenatore.

«Non preoccuparti, Thabo» intervengo io sorridendo, mentre Dick si affretta a seguire Douce senza neanche degnare il ragazzino di uno sguardo «La maggior parte delle volte non è pericoloso e soprattutto non vuole fare male a nessuno».

Non credo che il moretto mi abbia creduto così facilmente e devo ammettere che Dick è davvero imponente e può essere inquietante, ma è tutta scena e prima o poi lo capiscono tutti. O quasi.

 

Sento una leggera spintarella alle mie spalle e vedo che ci sono due militi che ci seguono. Poco distante ci sono Paban che mi guarda preoccupato e più in là, Brieg che si volta a parlare con Ilixo.

Sono felice che il candidato del distretto 7 si sia ristabilito dall'attacco di Dick, ma vorrei che ricominciasse a parlarmi perché la sua simpatia mi manca parecchio.

Non posso distrarmi oltre che i militi mi spingono più forte a scendere le scale e dopo tre rampe di ripide scale, ci troviamo in una stanza abbastanza alta, lunga e stretta, illuminata dai neon e senza finestre.

 

Sulle pareti lunghe sono appese una serie di armi simili a quelle che abbiamo usato in questi giorni, mentre sul fondo opposto alla porta sono posizionati una serie di manichini e bersagli.

«Prendete queste e iniziate a lanciare» ordina l'allenatore indicando le figure ammassate alla parete più lontana.

Senza parlare, Douce comincia a lanciare colpendo i bersagli con precisione. Anche Dick ha migliorato di molto la mira mentre Thabo non colpisce praticamente nulla.

Nell'arco della mattinata non ci fermiamo un attimo. Passiamo dal lanciare delle asce alle lance, tiriamo di spade e di frecce, facciamo le lotte con manganelli e lanciamo coltelli.

A mezzogiorno sono già sfinita.

Ci concedono un'ora di riposo e poi riprendiamo gli allenamenti passando ai duelli.

 

Mi trovo a combattere contro Thabo e a sconfiggerlo in pochissime mosse. Decisamente più complicato scontrarmi con Douce. Lei è davvero bravissima, agile e scattante, con una visione globale del duello, sa quando muoversi e come parare. Ha l'istinto della lotta e per questo è letale.

Contro Dick non riusciamo ad andare oltre a incrociare la spada. Si rifiuta categoricamente di lottare contro di me, neanche per finta.

Quando si mette a urlare contro l'istruttore capisco che devo intervenire o potrebbe andare male.

«Dick, basta. Lascia stare e vieni qui» lo prego allungando le mani verso di lui, ma vedo che è furente.

«Io non combatterò contro Chyna. Non riuscirai a fare del male a lei. Non posso e non voglio e tu non mi costringerai» urla sempre più forte e prima che io possa solo fare un passo, si avventa sull'istruttore e avvolge le sue enormi mani attorno al collo.

 

Subito io e Douce ci lanciamo su Dick e cerchiamo di afferrarlo per togliere le sue braccia dall'istruttore. Thabo è terrorizzato e si schiaccia contro il muro incerto su cosa fare. I militi accorrono subito dopo di noi e ci mettiamo tutti a tirare.

Mi sento accaldata e dolorante per le ore di sforzo ma continuo a tirare. Con l'aiuto di tutti e continuando a ripetere di calmarsi, finalmente Dick si rilassa e lascia il collo dell'allenatore che si accascia a terra e comincia a tossire cercando di incamerare più ossigeno possibile.

 

«Dick! Per il cielo di Panem! Cosa ti è preso? Eravamo d'accordo di non fare male alle persone!» urlo arrabbiata contro Dick.

Lui si fissa le mani sconvolto e poi mi guarda stupito.

«Non volevo fare del male a te... lui voleva costringermi e... e... io non volevo...» balbetta e ha gli occhi lucidi come se stesse per mettersi a piangere.

«Lascialo stare. Quello scemo» interviene Douce indicando l'allenatore «Farebbe scappare la pazienza a un santo». Si siede accanto a Thabo e mette un braccio sulle spalle del ragazzo che si appoggia grato a lei.

Crollo accanto a loro e appoggio la testa al muro chiudendo gli occhi. Non riesco a credere a quello che ho visto. Dick stava quasi per uccidere una persona a mani nude. Lo sto fissando e non riesco a pensare a niente se non ripetermi che è colpa mia. Non avrei dovuto lasciarlo solo, avrei dovuto stargli vicino e fargli capire il bene e il male di quel che stiamo facendo.

 

«Chyna, non mi odiare» mormora come una supplica.

«Non ti odio, Dick. Mi sono solo spaventata, ma ti assicuro che non ti odio, non potrei mai, noi siamo amici. No?» cerco di rassicurarlo. Forse non tutto è perduto, come aveva fatto Haymitch tanto tempo fa, dovrò fare anche io per fargli riprendere fiducia.

«Chyna, non mi odiare» ripete e vedo che sta piangendo.

Mi alzo e lo abbraccio, il mio compagno gigante. Ha un cuore buono, non dovrebbe sopportare queste prove, non ne è in grado.

«Dick... tranquillo, Dick. Io non ti odio. Sei mio amico e ti voglio bene... vedrai andrà tutto bene. Non farai più del male alle persone, vero? Hai visto che è brutto fare del male alle persone» ripeto sottovoce mentre lo stringo a me.

Non riesco neanche a unire le mie mani dietro la sua schiena, tanto è grosso.

 

A quel punto lui si volta e si dirige verso l'allenatore e i militi che lo stanno assistendo. L'uomo ha dei brutti segni rossi al collo e guarda Dick con evidente terrore.

«Non volevo fare del male. Scusami. Non succederà più, però tu non farmi picchiare Chyna, o Christal, neanche per finta. Loro sono mie amiche e io non faccio del male». Lo dice con tono grondante di scuse e, sebbene tutti gli altri siano scettici, l'istruttore annuisce e tende la mano per farsi aiutare ad alzarsi.

In quel momento accorrono due medici che iniziano a controllare le condizioni del ferito e i militi si avvicinano a noi.

«Avete finito per oggi. Torniamo all'ascensore. Vi ritirerete subito nelle vostre camere». Si mettono uno davanti e uno dietro noi quattro e ci accompagnano alle nostre camere.

 

In palestra non c'è nessuno, se non il capo stratega e due suoi sottoposti che stanno osservando un video al televisore appeso alla parete del palco.

Sullo schermo c'è Gale che sta parlando dei suoi candidati del distretto 6, esaltando le loro qualità e rendendoli accattivanti e simpatici. Piacerebbero anche a me se non li conoscessi da una settimana e li trovassi curiosi, pettegoli e lievemente snob.

Sembra uno spot promozionale.

«Perfetto, mandiamolo in onda... vediamo quello del distretto 7, adesso» dice il capo e vedo apparire Johanna che, con un sorriso tirato, comincia a parlare di Brieg.

In quel momento le porte si aprono e veniamo spinti dentro, perdendo così il resto dello spot.

 

Dopo aver mangiato in silenzio, io e Dick ci ritiriamo per dormire.

Il letto è stato rifatto e sia la camera che il bagno, non presentano macchie di sangue o segni evidenti del passaggio di due feriti la notte precedente. Tiro un sospiro di sollievo. Almeno Jayson e Vick sono usciti. Confido nelle capacità straordinarie di mio fratello perché sia andato tutto nel migliore dei modi.

Cerco di addormentarmi perché sono esausta ma continuo a rigirarmi tra le lenzuola, sbuffando ai minuti che passano e non capisco il perché. Automaticamente, guardo la porta ogni istante e desidero con tutto il cuore che si apra per far entrare qualcuno. Quando capisco chi è quel qualcuno scatto a sedere sconvolta: sto aspettando Paban.

Desidero vederlo, parlargli, constatare che sta bene e farmi stringere e consolare da lui. Dividere le informazioni e le paure e sentirmi protetta.

Lui mi fa sentire e desiderare tutto questo?

 

Quando mi sveglio il mattino dopo sono più stanca di quando sono andata a dormire. Ho delle occhiaie paurose e continuo a sbadigliare, ma questo non mi ferma dal voler correre al piano di sotto per constatare che Paban stia bene. È più di un giorno che non parliamo da quando siamo qui e non è mai passato così tanto tempo.

Appena mi siedo a tavola per la colazione mi accorgo che anche Dick è nelle mie condizioni e sembra non abbia dormito.

«Dick, tutto bene?» chiedo dolcemente mettendo una mano sul suo braccio.

Lui fa un salto impaurito e si scosta come scottato. Mi guarda smarrito ma non può credere che io gli possa far male… quindi deve credere di essere lui quello sbagliato.

«Dick… Calmati, va tutto bene. Non è successo niente ieri, e vedrai che si sistemerà tutto. L’istruttore ti ha perdonato, non devi temere». Parlo piano e con calma, come farei con un animale selvaggio e ferito.

 

«Io non ti voglio fare male» sussurra prima di singhiozzare nascondendo il viso tra le braccia sul tavolo. Ha paura di fare male a me. Quello che è successo ieri lo ha davvero traumatizzato e deve aver passato tutta la notte a rimuginarsi sopra.

Mi sento in colpa: avrei dovuto essere presente e consolarlo invece di lasciarlo solo. Ecco perché i mentori erano indispensabili, dovevano preservarci da questi crolli!

«Tu non mi farai mai del male. Io lo so e lo devi sapere anche tu. Ieri non hai voluto duellare contro di me per questo motivo e quello che è successo è stato solo perché il nostro istruttore non aveva capito. Adesso che è tutto chiaro, andrà bene, vedrai».

«Mi manderanno a casa? Voglio tornare dalla nonna» piagnucola.

«Anche io vorrei tornare a casa con la mia famiglia, ma ho paura che prima dovremo scendere nell'arena... sai che facciamo? Quando scendiamo dai piedistalli, prendiamo subito il drappo bianco, così torniamo a casa e tutto andrà bene. Sei d'accordo?» gli chiedo incoraggiante.

Lui si apre a un timido sorriso e annuisce. Forse riusciremo a uscirne tutti interi.

 

Un inserviente viene ad avvisare i militi che è ora di scendere e siamo costretti ad interrompere la colazione e scendere subito in palestra.

Dopo pochi minuti la porta si riapre, troppo presto per essere già arrivati a destinazione. Mi aspetto che entrino altri candidati dei piani inferiori, invece mi trovo invitata a uscire. In effetti siamo dentro l'appartamento di un distretto anche se non ho idea di quale sia, visto che ho visto solo quelli del tre e del quattro, oltre al tredici.

È disposto esattamente come il nostro, solo i colori degli arredi sono sui toni ocra, mentre i nostri sono verdi.

Ci fanno attraversare la sala da pranzo e il corridoio, sino ad arrivare a una porta che sembra uno sgabuzzino. In realtà si tratta di un altro ascensore più piccolo, sembra quasi quello di servizio. I due militi ci fanno entrare e si infilano dietro di noi, poi pigiano il pulsante e la cabina scivola nuovamente verso il basso.

 

Io e Dick ci guardiamo senza dire una parola, guardinghi a cercare di capire cosa sta succedendo.

Dopo alcuni minuti le porte si riaprono e accediamo a un corridoio. Un milite ci precede e l'altro ci segue. Continuiamo questa processione per un centinaio di metri, sino a quando arriviamo a una porta tinta di rosso. Il primo milite ci apre l'uscio e ci fa segno di entrare seguendoci, l'altro rimane fuori e chiude la porta.

Ci troviamo in un'altra sala più piccola di quella di ieri. Dentro ci sono altri tre militi che ci aspettano e un paio di allenatori, uno delle armi e uno di quelli addetti alle postazioni della sopravvivenza.

In fondo alla stanza c'è un'altra porta. Due militi si dirigono verso quella porta e la aprono mentre un allenatore si rivolge a Dick «Seguimi. Da oggi vi allenerete separatamente. Chyna resterà qui, mentre tu verrai con me». Ha parlato con calma per cercare di non irritare il mio compagno, ma in questo momento sono io che sto per scoppiare di rabbia.

 

«Che significa questa storia? Perché non possiamo allenarci insieme come abbiamo fatto sino a oggi? E che fine hanno fatto gli altri candidati? Non potete trattarci così, non siamo prigionieri né abbiamo compiuto dei delitti tali da essere arrestati e rinchiusi. Cosa sta succedendo?» la raffica di domande che scaturisce dalla mia bocca non trova risposte. L'istruttore si limita a dire che è stato ordinato così, per rendere i giochi più veritieri possibile.

Ho la sensazione che questo sarà il modo di allenarsi sino alla fine.

La porta in fondo alla sala si chiude alle spalle del mio compagno ed io mi ritrovo sola con il preparatore e due militi che mi sorvegliano.

 

La giornata passa lenta e stancante. Nonostante cerchi di parlare con gli allenatori che a cadenze regolari si alternano, non riesco ad ottenere risposte. Continuano solo a dirmi come colpire, come difendermi e cosa raccogliere per sfamarmi. Non ho altre informazioni.

Le pareti devono essere insonorizzate perché non sento neanche Dick al di là della porta.

Durante la giornata mi fanno lavorare senza sosta e alla sera sono davvero distrutta, sommandoci anche il fatto che questa notte non ho dormito molto.

 

Rimpiango le sessioni di allenamento comuni, almeno lì c'erano gli altri ragazzi e non mi sentivo tanto sola. Mi mancano tutti, anche Iraida che mi odia per via di Paban e persino Rainer che ha sempre una parola cattiva per tutti.

Bor che elargisce saggezza da ogni poro e Christal che è riuscita a domare persino Dick. Alicia che cerca di sembrare coraggiosa e Owen che è continuamente polemico. Nazig, Thabo, Douce, Rudy, Sakìa, Brieg...

«Per oggi abbiamo finito. I militi ti riaccompagneranno nella tua camera» annuncia il quinto allenatore della giornata.

Mi aspetto che torni Dick e insieme torniamo all'appartamento, ma non arriva nessuno.

«Il mio compagno?» chiedo.

«Anche lui è tornato al suo piano» risponde atono un milite.

 

Mi accompagnano all'ascensore e da lì saliamo. Penso di fare lo stesso percorso al contrario ma l'ascensore non si ferma per un bel pezzo. Quando finalmente si le porte si aprono ci si trova davanti a un altro lungo corridoio che non ha nulla a che fare con l'appartamento dove siamo stati alloggiati per una settimana.

Rimango immobile e non vorrei neanche fare un passo, ma vengo spinta con poca gentilezza e sono costretta ad arrivare sino alla terza porta sulla destra. Lì vengo introdotta in una stanza grande quanto quella dove sono stata sino ad ora e vengo chiusa dentro.

Mi guardo attorno. Mi trovo prigioniera in una camera da letto con un bagno attiguo.

Non ci sono finestre e la luce viene dalle lampade poste strategicamente alle pareti.

Mi siedo su una delle due poltrone e mi rannicchio con le ginocchia al petto. Questi sono giorni orribili, prima rapiscono i miei genitori, poi uccidono Beetee, adesso ci isolano completamente.

Voglio Dick, voglio Brieg, voglio Christal, voglio Paban. Non voglio restare da sola. Il silenzio è troppo grande, mi ingloba e dilata l'angoscia che sento nel petto.

 

Bussano alla porta e un inserviente entra portando un carrello carico di vivande. Un profumo invitante si spande ma io voglio sapere che ne è stato degli altri.

«I candidati stanno bene?» chiedo a bassa voce. Potrebbero anche esserci dei microfoni nelle stanze, se fosse non mi stupirei.

«Stanno bene, quelli che ho visto io. Sono solo nervosi per questi cambi ma nessuno sta male» mi risponde praticamente senza emettere suono.

Mi sento rincuorata, almeno in questo.

L'inserviente esce e io mi ritrovo sola per la prima volta da una settimana.

 

È strano, prima, pur rifugiandomi in camera mia, sapevo che potevo trovare subito Dick se ne avessi avuto necessità. Ora che non c'è nessuno che possa contattare mi sento davvero persa.

In più è come se stessi camminando sul bordo delle sabbie mobili, basta un passo falso e rischio di cadere e venire inghiottita. Cosa succederà ancora? Vogliono farci saltare i nervi? Perché a me non è che manchi così tanto tempo per scoppiare.

Jayson! Chissà se lui riuscirebbe a trovarmi? Magari contattarmi attraverso gli inservienti...

 

Perché tutto questo?

Continuo a farmi questa domanda ripetendola come un mantra e non mi accorgo di essere rannicchiata sul letto. A poco a poco mi addormento senza neanche mangiare.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qui alla fine del capitolo.

Abbiamo un Dick sempre più provato che si lascia andare e rischia di uccidere un allenatore a mani nude. Tutto quello di cui avevano paura i Mellark si sta avverando per il ragazzo del distretto 12.

In più ci troviamo completamente isolati dagli altri, in allenamenti individuali e allontanati dagli appartamenti. In pratica prigionieri.

Stanno facendo una guerra psicologica, ormai è chiaro. Occorre capire dove porterà.

 

Vi lascio augurando felici feste e un assaggio del prossimo capitolo

«Incrociate le lance e incominciate» ordina l'allenatore, non appena abbiamo preso posto. Christal fa cozzare rumorosamente l'asta contro la mia e poi inizia ad attaccare. Cerca l'affondo con rabbia, quasi senza ragionare sulle conseguenze del singolo colpo. Continuo a parare e poi contrattacco. Cosa sta combinando? Sembra quasi che mi odi e non capisco perché.

 

Alla prossima

baciotti

 

 

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Capitolo 9
*** i duelli ***


 

Ciao a tutti!

Spero che abbiate passato un buon Natale. Io torno con il nuovo capitolo.

Come sempre ringrazio chi segue questa storia e chi recensisce facendomi sapere cosa ne pensa.

 

In questo capitolo, grazie ad Elenri (Teresa) vedremo il volto di un personaggio che non avevo considerato nel mio canovaccio iniziale, ma che ha preso corpo e volume durante la storia. Ecco a voi Christal, la candidata del distretto 11.

E adesso vi lascio al capitolo… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Nei giorni seguenti non vedo nessuno. Sembra che gli altri candidati siano spariti dalla faccia della terra. Non vedo Dick, non sento Paban, non percepisco nessuna presenza nelle vicinanze. Sono totalmente sola con gli allenatori e i militi che mi sorvegliano.

Le pareti sono insonorizzate. Potrei mettermi a urlare a squarciagola e nessuno verrebbe a vedere il perché. Neanche gli inservienti cambiano. Vedo solo quello che mi porta la cena.

Continuo a chiedergli degli altri, sottovoce in un bisbiglio e lui continua a rispondermi muovendo solo le labbra e senza emettere suono «Stanno tutti bene».

 

Gli allenamenti si fanno intensivi. Continuo a passare da un'arma all'altra affinando la mia tecnica. Ormai sono accettabile con la spada e bravina con la lancia. I combattimenti li faccio con l'istruttore e, ovviamente, sono sempre io a perdere, ma sto migliorando anche lì.

Sento il mio corpo più agile e scattante. Un paio d'ore al giorno sono dedicati agli esercizi di rafforzamento e altrettante vengono usate per provare mimetismo, raccolta alimenti commestibili, fuoco, trappole e altro ancora.

 

Ogni tanto, come se fosse una scadenza ciclica da ripetere obbligatoriamente, gli istruttori con me ripetono frasi del tipo: «Brava, in questo modo gli altri candidati non potranno eliminarti».

Oppure «No. Se ti muovi in questo modo rischi di farti scoprire e gli altri possono colpirti».

Altre volte sono molto più espliciti «Per vincere devi battere gli altri».

Mi domando se anche agli altri candidati dicano le stesse cose. Probabilmente sì, e non oso pensare come possano reagire Dick o Rainer.

E Brieg? Era così arrabbiato con me e Dick. Non voleva più parlarmi. Spero che ora abbia cambiato idea, anche se ne dubito.

Vorrei parlare con Christal. Era davvero una ragazza con la testa sulle spalle, calma e razionale, oltre che allegra. Mi trovavo bene con lei.

Chissà come se la cava Alicia? È così piccola e inesperta. Gli istruttori avranno il loro bel daffare per riuscire ad allenarla, per non parlare di Thabo che sembrava aver paura di qualsiasi cosa.

Vorrei parlare con Paban e incontrare Jayson e i miei genitori. Vorrei constatare con i miei occhi che tutti i candidati e i mentori stanno bene.

Ormai sono nervosissima e sfogo la mia irritazione sui manichini. Non se ne salva uno. Sono praticamente tutti decapitati e mutilati.

 

Riesco a tenere il conto dei giorni grazie alle cene che passo nella mia camera. Così spunto il tempo di questo isolamento assurdo.

Dopo il primo giorno che mi hanno isolato da Dick, ne passano altri tre. Ormai manca poco all'inizio ufficiale degli Hunger Games della Pace. Tra due giorni saremo presentati al pubblico con le interviste ufficiali davanti alla televisione di stato. Chissà cosa avranno intenzione di farci fare in quella occasione?

Dovrò per forza incontrare qualcuno, finalmente! E subito, il giorno dopo ci sarà l'inizio dei giochi con l'arena.

Finalmente rivedrò Dick, Paban, Brieg, Christal e tutti gli altri. Speriamo che non ci siano stati problemi. In questi giorni mi sono ritrovata ad essere preoccupata anche per Rainer e Iraida.

 

E i miei genitori? Come avranno preso questo isolamento forzato? Non avere neanche la possibilità di vedermi, per mia madre deve essere stato terribile. Jayson invece? Lasciato fuori da tutto. Spero che le ragazze gli abbiano riferito qualcosa se hanno parlato con l'inserviente che passa di qua.

 

«Mellark! Vieni» ordina con voce bassa e roca il milite che mi accompagna per l'ennesima volta alla mia palestra personale. Mi avvicino e lo supero senza guardarlo in faccia. Ormai li odio tutti. Il solo vedere le loro divise grigie mi fanno venire voglia di brandire la spada e usarli come puntaspilli.

«Chyna, dove scappi? Aspettami» borbotta e mi fermo guardandolo in faccia. Dovevo aspettarmelo! Nessuno ha più risorse di un Mellark biondo! Jayson è incorreggibile. Si è camuffato da milite.

 

«Che ci fai qui? Come hai fatto a entrare? State tutti bene? Tu sai cosa sta succedendo? Non ho più visto nessuno. Sono preoccupata su cosa possono fare con Dick. E Paban non l'ho più sentito. Non so nulla degli altri e...» sono agitata e parlo a raffica finché mio fratello mi stoppa brusco.

«Piantala, nevrotica! Ascoltami! Come ho fatto non ha importanza, adesso ho poco tempo. Quello che so è che vi hanno isolati tutti e vi fanno allenare da soli ma state bene. Alla televisione mandano immagini di spezzoni registrati dai vostri allenamenti in comune della palestra centrale. Stanno anche trasmettendo degli spot dei mentori su di voi... tu mi sei molto più simpatica da quando ti descrive la mamma» sorride facendo la battuta, poi torna serio.

«I mentori stanno tutti bene, non ci sono più state sparatorie. Plutarch mi ha fatto incontrare con un uomo di nome Fenix. È uno stratega vicino al capo ma è molto amico di Plutarch. È lui che mi ha fatto avere la divisa... comunque sta cercando di capire il piano del capo stratega ma dice che c'è anche un altro uomo che si incontra spesso con il pelato e sembra che sia uno del governo... abbiamo paura che la cosa sia molto più grossa di quanto possa sembrare» termina il racconto velocemente, appena prima di arrivare alla porta della mia palestra.

«Sii forte sorellona. Stiamo facendo di tutto per tirarvi fuori di qui, tu stai attenta, mi raccomando» e mi da un bacio sulla guancia prima di dirigersi veloce verso la fine del corridoio e girare l'angolo.

 

Entro nella palestra e mi trovo con il solito istruttore delle prime ore che mi aspetta accanto alla rastrelliera delle lance, ma accanto a lui c'è Christal che si guarda attorno senza tradire alcuna emozione.

Non appena chiudo la porta, tutti, compresi i due militi, si voltano verso di me e l'allenatore avanza deciso mentre la candidata dell'undici rimane ferma.

«Oggi vi allenerete insieme nei combattimenti» mi annuncia.

Guardo Christal con più attenzione e cerco di farle un sorriso ma lei volta lo sguardo alle lance. Sembra più magra di quando abbiamo iniziato ad allenarci e visto che lo era già prima, è diventata quasi trasparente. Però appare anche più forte. I muscoli delle braccia sembrano più definiti.

Mi consegnano una lancia e lei ne prende un'altra in mano, poi ci avviciniamo alla pedana dei duelli.

 

«Incrociate le lance e incominciate» ordina l'allenatore, non appena abbiamo preso posto. Christal fa cozzare rumorosamente l'asta contro la mia e poi inizia ad attaccare. Cerca l'affondo con rabbia, quasi senza ragionare sulle conseguenze del singolo colpo. Continuo a parare e poi contrattacco. Cosa sta combinando? Sembra quasi che mi odi e non capisco perché.

Abbiamo entrambe il fiato spezzato ma continuiamo ad attaccare. Christal ha uno sguardo duro, quasi cattivo mentre si slancia contro di me.

Appena mi abbraccia per un corpo a corpo sibila «Non ti permetterò di far male a Bor e a Dick. Ho sempre pensato che non ti interessassero i giochi e invece scopro che vuoi vincere a costo di far male a tutti... anche a Dick che ti adora» e mi spinge a terra.

Sono davvero sconvolta. Cosa sta dicendo?

«Non è vero!» ribatto spingendola lontano.

«Ti ho sentito! Hai detto a Dick di sventolare subito il drappo bianco e volevi schiacciarci tutti» ripete e io boccheggio. Ho la sensazione che abbiano manipolato le mie parole.

 

La spingo via con forza e con uno scatto fluido e veloce, riesco a disarmarla e a colpirla con la punta retrattile che le fa un bel segno sul petto.

«Sconfitta» annuncia l'istruttore, raccogliendo le lance.

Ci avviciniamo lentamente al banchetto dove ci sono le bottigliette di acqua.

«Christal, ascoltami. Non ho mai voluto vincere e non ho mai voluto far male a Dick, Bor, Alicia o qualsiasi altro candidato. Mi difendo ma non ho alcuna intenzione di ferire gli altri» rispondo.

«Allora dimostralo» mi sfida.

«Al prossimo scontro ti farò vincere» propongo. Lei mi guarda perplessa ma annuisce.

 

L'allenatore ci richiama per un duello con le spade e noi ci disponiamo di nuovo sulla pedana. Christal inizia subito ad attaccare ed io paro i suoi colpi senza tanta fatica. Non la attacco, mi difendo soltanto, provo qualche finta ma senza convinzione e alla fine scopro abbastanza il fianco per essere colpita. L'istruttore è contrariato, credo che abbia capito che non ho combattuto alla mia massima possibilità. Non dice nulla mentre io e Christal andiamo a bere di nuovo.

«Non basterà questo, lo sai?» chiede lei. Sospiro. Ne sono consapevole.

«Lo so ma non ho altro modo per convincerti... anzi. Non ti devo convincere. Io mi sono sempre comportata bene, alla luce del sole. L'unico mio desiderio è uscire dai giochi della pace il prima possibile e tutta intera. Il problema è che tutti questi misteri, l'allontanamento dei mentori, il nostro isolamento e adesso gli allenamenti individuali... sono stati loro a farti pensare che io volessi vincere a costo di passare sopra a chiunque, vero?». Vedo che segue il mio ragionamento senza parlare ma, man mano che manifesto i miei dubbi spalanca sempre più gli occhi come se prendesse coscienza dei fatti solo in quel momento.

«Hai ragione» sussurra. Quando mi guarda in faccia ha di nuovo lo sguardo brillante e sincero e capisco che è tornata la mia amica di prima. Amica... non mi ricordo di aver nominato qualcuno come amico...

 

L'allenatore ci richiama e continuiamo con i duelli e l'allenamento con i manichini.

Nel pomeriggio rifacciamo la serie di duelli. Io vinco con la spada ma Christal mi atterra con una mossa fulminea quando stiamo combattendo con la lancia. Sorrido quando mi allunga la mano per aiutare ad alzarmi.

«Scusami per prima» dice subito dopo.

«Chiariscimi una cosa... sono gli allenatori che ti hanno detto quelle cose?» mormoro sottovoce. Stiamo parlando piano e beviamo lentamente l'acqua. I militi stanno chiacchierando tra loro mentre l'istruttore è uscito per il cambio, perciò abbiamo qualche minuto.

«Sì. È come un martellamento continuo. Mi ripetono che devo lottare per non soccombere, cosa devo fare per poter vincere... poi hanno cominciato con alcuni candidati. Hanno cominciato a parlare male di Bor, di te, di Dick, di Rainer...».

«Beh, di Rainer chiunque potrebbe parlare male... anche di Iraida per quanto mi riguarda» dico io e lei ridacchia.

 

«Hai più visto Paban o Brieg?» chiedo leggermente imbarazzata. Sento che le mie guance sono andate a fuoco dopo questa domanda. Vedo Christal cercare di trattenere un sorriso.

«No. Da quando siamo in isolamento completo sei la prima persona che vedo. Quanto vorrei sapere come stanno gli altri. Sono preoccupata per Alicia. È troppo piccola e inesperta per queste cose».

«Quindi non sai niente neanche di Bor? Io sono molto preoccupata per Dick e soprattutto per quello che potrebbe fare. Non so se l'hai saputo, ma quando ci siamo allenati con il distretto otto, l'ultimo giorno prima dell'isolamento, ha quasi ucciso l'istruttore a mani nude. Era distrutto, poverino e l'allenatore è stato portato in infermeria. Io e Douce abbiamo faticato a staccarlo dalle sue mani» non posso dirle niente altro che arriva il nuovo insegnante e ci disponiamo accanto a lui per la lezione di sopravvivenza.

 

È come se godessimo del riposo dopo il lavoro. Lo studio delle erbe commestibili e medicinali non sono stancanti come le ore di allenamento con le armi. Però non abbiamo possibilità di scambiarci altre parole. Christal, accanto a me, mostra di avere un'ottima conoscenza delle piante, in alcuni casi addirittura superiore all'insegnante stesso.

È bello scambiarci informazioni su quanto sappiamo. Sento che ormai non ha più motivo per essere arrabbiata con me e ringrazio il cielo di essere riuscita a farla ragionare.

Quando arriva il momento della cena, veniamo ricondotte nelle nostre stanze e abbiamo solo l'occasione di scambiarci un vago saluto con la mano.

Se ho capito bene, lei ha la stanza tre porte più in là, ammesso che potesse essere utile saperlo.

 

Quando mi alzo, il mattino dopo, ormai mi accorgo che manca solo un giorno e sono quasi tentata a fare un gran sospiro di sollievo: questa tortura psicologica è quasi finita e finalmente mi potrò liberare di questi giochi e tornare a casa con la mia famiglia senza altri pensieri che studiare e diventare un bravo medico come mia nonna. Ho deciso che voglio la sicurezza del lavoro e la gioia di dare beneficio agli altri. Non sarò espansiva ma posso essere efficiente.

Ancora un giorno e poi ci sarà la presentazione e quindi il nostro arrivo in arena.

Penso alle interviste. Cosa mi chiederanno? Mi domanderanno di Paban? Certamente la nostra finta storia sarà trapelata, visto come erano curiosi gli strateghi.

Spero che non esca anche la storia di Brieg, perché a quel punto non saprei proprio come cavarmela.

 

Una volta che mi sono preparata, aspetto che il milite incaricato venga a prelevarmi per portarmi nella nuova stanza per il mio allenamento giornaliero e, magari, trovarmi a duellare con un altro candidato che mi faccia capire ancora meglio cosa hanno intenzione di fare gli strateghi, facendoci raccontare le fandonie che gli insegnanti hanno propinato a Christal.

Non riesco a rendermi conto degli orari, visto che tutto è cadenzato solo dalla cena e dal sonno notturno. Nessuna finestra per poter capire l'angolazione del sole, nessun orologio per sapere che ora è. Ecco perché non mi meraviglio di dover aspettare, quanto del fatto che, al posto di un milite, nella stanza entra Sigma, la stilista addetta al distretto 12.

 

«Santo cielo di Panem! Chyna, sei un disastro! Meno male che domani vi affideranno tutto il giorno nelle nostre mani, altrimenti presenteremmo dei gorilla incivili, al posto dei bellissimi candidati come dovreste essere» dice lei, posando sul letto una voluminosa cartellina e la sua borsa da lavoro.

«Cosa devi fare?» chiedo curiosa.

«Devo prendere le vostre misure e sistemare i vestiti che erano stati scelti per le interviste e le presentazioni di domani sera» risponde tirando fuori il metro e facendo cenno di spogliarmi.

 

Comincio a togliermi la tuta e nel frattempo penso che questo è il primo contatto libero con l'esterno che mi offrono, sono proprio curiosa di sapere qualche cosa di nuovo.

«Sigma, com'è la situazione fuori di qui? Ci hanno talmente isolato che non sappiamo niente» dico con tono innocente. Non so se posso fidarmi o meno quindi preferisco usare un tono leggero.

«La gente aspetta con impazienza l'inizio dei giochi, come è ovvio. Alla televisione mandano le interviste ai mentori che parlano di voi e le vostre immagini mentre vi allenate... strano, non avevano fatto vedere questo posto, sembrava che foste ancora nell'appartamento e nella palestra comune» risponde mentre mi prende le misure e le annota scrupolosa su un quaderno.

«Hai visto la mamma?» chiedo trepidante. Lei annuisce e borbotta qualcosa sul fatto di essere più magra.

«Ho fatto il vestito anche per lei, sembra che domani sera ci sarà una variazione sul solito protocollo. Comunque mi ha chiesto di dirti che stanno tutti bene e di non preoccuparsi che è quasi finita... testuali parole, anche se non capisco cosa intenda dire. C'è ancora il gioco nell'arena e poi, se vincerai tu, anche la premiazione» dice mentre finisce il suo lavoro. «Puoi rivestirti».

 

«Non ci sono agitazioni in giro per Capitol City o per i distretti? È tutto tranquillo?» chiedo sperando che il mio tono non sembri troppo interessato.

Possibile che tutto questo sotterfugio sia solo limitato agli Hunger Games? Che senso ha tutto questo piano? Solo per rendere i giochi più violenti? Avevo la sensazione che tutto facesse parte di un piano più ampio, ma se è vero quello che dice Sigma, allora è davvero così. Ci hanno isolato e hanno fatto credere a molti di noi di non essere amici per avere più combattimenti in arena.

Nella mia mente si apre la speranza di tornare a casa davvero prestissimo, esattamente tra due giorni, non appena potrò sventolare quel benedetto drappo bianco. Credo che anche Jayson mi perdonerà per la mia vigliaccheria. Spero che Dick e Alicia seguano il mio esempio. Saremo l'edizione degli Hunger Games della Pace con più defezioni dall'inizio dei giochi.

«Sì, non ho sentito di nessun tafferuglio e ti assicuro che i miei assistenti non si lasciano sfuggire nulla. Se un topolino squittisce nelle fogne, loro lo sanno». Meglio delle spie prezzolate!

 

Riponendo le sue cose nella borsa, mi da un paio di baci sulle guance e mi augura buona fortuna. Ho appena il tempo di chiederle se ha già visto Dick e se sta bene.

«No» risponde sorridendo triste. Ha capito che non siamo in una bella situazione adesso e non occorre che le spieghi perché non so niente del mio compagno. «Vado adesso da lui. Gli dirò che ti ho trovata bene e che non vedi l'ora di rivederlo domani alle interviste». Dice questo prima di chiudere la porta alle sue spalle, senza neanche aspettare il mio grazie.

 

Rimango attonita a guardare il battente bianco senza emettere un suono. Devo solo farmi forza. Non passano che pochi minuti quando entra il milite e mi invita ad andare in palestra.

La mattina passa nel rafforzamento muscolare e in qualche esercizio di difesa.

Subito dopo lo spuntino leggero che è il mio pranzo, vengo prelevata e portata attraverso il corridoio in un'altra stanza.

In lontananza mi sembra di scorgere Brieg in mezzo a due militi ma, a parte i capelli biondi e corti, non sono sicura sia lui, visto che non si volta dalla mia parte. Dalla postura e da come cammina, sembra stia bene ed è l'unica consolazione che mi concedo, prima di entrare in un'altra stanza di allenamento.

Al centro vedo un ragazzo che sta parlando con il suo istruttore e sento che mi tremano le mani. È il candidato del distretto 10. E' molto forte. È Ilixo.

 

Il candidato dal tatuaggio sullo zigomo mi guarda con sufficienza. «Ecco a voi la damigella dei giochi. Proprio lei dovevate assegnarmi oggi? Non ne ho avuto abbastanza ieri?».

Sono perplessa, a cosa si riferisce? È evidente che Ilixo ha avuto a che fare con qualcuno che è legato a me. Paban? Trasalisco. Perché mi è venuto in mente subito lui?

«Ieri mi avete fatto lottare contro Iraida. Bella ragazza, niente da dire, brava con le armi, ma è una piaga gelosissima del capellone e della principessa qui presente. Davvero! Se osi anche solo sospirare per quel ragazzo del mare, giuro che faccio in modo di sgozzarti anche con una spada smussata» termina rivolgendosi a me.

Mi metto a ridere allegra. «Neanche a me piace Iraida e non ho alcuna intenzione di farmi sgozzare da te per aver respirato più forte del dovuto».

«Okay, ti do il beneficio del dubbio. A te la scelta della prima arma» concede con un ampio gesto.

 

È un ragazzo strano. Non ho ancora capito se è simpatico o meno. Dall'aspetto sembra un duro e anche il suo modo di combattere è letale. Vuole vincere e si vede. Non ha legato con nessuno dei candidati, ma non sembra uno di quelli che si fanno convincere o allontanare dalle proprie idee. Mi verrebbe quasi voglia di chiedergli cosa ne pensa della situazione e cosa gli hanno detto gli allenatori in questo periodo di reclusione forzata.

Non riesco a fare nessuna di queste cose prima di ritrovarmi sulla pedana con una spada in mano. La mia prima reazione sarebbe di correre a perdifiato e fuggire lontano da lui. I suoi movimenti sono molto grossolani ma sopperisce alla mancanza di tecnica con una grande forza.

Nel distretto dieci si occupano di mandrie e allevamento animali e a guardare le sue spalle direi che a lui sono capitati i lavori più gravosi.

 

Incrociamo le spade e già dal primo colpo che ricevo sento una fitta alla spalla per cercare di tenere in posizione l'arma. Accidenti se è potente! Ilixo continua ad avanzare menando fendenti senza uno schema preciso. È solo foga e l'unico modo per metterlo un pochino in difficoltà è con la pura tecnica, cosa di cui non sono molto fornita, visto che ho iniziato a duellare da una settimana circa.

Richiamo alla memoria qualche chicca che mi è stata generosamente inculcata dai vari allenatori e finalmente riesco a contrattaccare.

Lui è sorpreso, poi vedo che si incupisce, come se il fatto di difendermi fosse un affronto personale, e ricomincia ad attaccare.

Ormai sono quasi uscita dalla pedana. Provo a fare una finta che mi permetta di scivolare alle sue spalle ma la cosa mi riesce per metà. Mi colpisce al fianco prima che possa rialzarmi e l'istruttore mi dichiara sconfitta.

 

Ilixo, allegro e baldanzoso, va a prendere la bottiglietta d'acqua, senza neanche aspettarmi. Quando giungo alle sue spalle me ne passa una ancora chiusa ed io lo ringrazio con un cenno di capo. Non riesco a parlare, ho ancora il fiatone per lo sforzo, cosa che lui non ha.

«Davvero stai con Paban? Credevo ti piacesse Brieg» dice sogghignando.

Accidenti! Ma se ne sono accorti tutti in palestra?

«Comunque se vuoi eliminare Iraida, basta che ti metti a slinguazzare e pomiciare con Paban. Anzi, facci sesso davanti a lei. Le verrà un attacco di cuore e rimarrà secca all'istante. Dovevi sentirla ieri: io colpivo e lei inveiva verso di te, l'atterravo e lei sospirava per i baci che Paban le aveva dato e rimpiangeva quando stavano insieme...». Sobbalzai a questa rivelazione. Stavano insieme?

«Quando dici che stavano insieme, intendi che erano fidanzati?» mormoro con tono piatto.

«Tipo un paio di anni fa a quanto dice lei. Guarda, mi ha raccontato praticamente la storia della sua vita sessuale con il candidato del quattro. Che è stato il primo, che era bravissimo, che lei ne è ancora innamorata... l'istruttore mi ha impedito di metterle le mani al collo, ma giuro che non ne potevo più delle sue storie. Era patetica! Se lui non ti vuole perché cavolo lo vuoi tu? La stessa domanda potrei farla a te per Brieg. Lui non ti vuole, è solo lusingato. Perché lo vuoi tu?».

Ilixo è spiazzante. Diretto e brutale da far male, sia con una spada che con le parole. E’ la prima volta che parliamo, eppure ha notato il mio gravitare attorno a Brieg, lo pseudo sentimento di Paban nei miei confronti... è davvero un ottimo osservatore, oltre ad essere estremamente intelligente.

 

Vengo strappata dai miei pensieri da un suo rumoroso sospiro.

«Avrei preferito incontrarmi con Rainer. Lui sì che pensa solo alla gara e non si risparmia, sarebbe stato un bel banco per provare la mia forza». Lo dice con rimpianto e io sorrido. Beh, a qualcuno piace anche il candidato dell'uno. Ed io che pensavo non avesse estimatori.

«Riguardo a questa situazione» continuò facendo un ampio gesto con la mano «Non mi interessa più di tanto. Io sono qui per vincere e tutto quel che mi dicono o fanno mi lascia completamente indifferente. Quali siano le tue macchinazioni o quelle dei tuoi amici o degli strateghi, non mi toccano. Io farò i miei giochi e combatterò con tutte le mie forze, anche slealmente se servirà. Non mi piaci ma neanche ti odio, così come tutti gli altri candidati. Io voglio vincere e vincerò». Finito il suo discorso fa un sorrisetto tirando su un solo lato delle labbra e mi tende la mano che stringe con vigore.

Non so perché ma la sua dichiarazione di guerra mi ha rassicurata. In sostanza è rimasto immune all'odio instillato e al nervosismo creato dalla situazione. È sempre se stesso con un solo scopo. Probabilmente nell'arena sarà un solitario dal quale guardarsi anche le spalle. Per lo meno sai cosa ti devi aspettare da lui e questo è sicuramente un vantaggio.

Sorrido anche io in risposta. Non dico nulla perché tanto sarebbe inutile. Il mio voler scappare dall'arena non gli impedirebbero di colpirmi alle spalle se lo ritenesse utile al suo scopo finale, perciò evito di sprecare il fiato e ritorno in pedana dove ci aspettano le lance.

 

Alla sera vengo riportata nella mia camera, praticamente a pezzi. Ilixo è uno che non fa sconti e mi ha letteralmente massacrato. Ha vinto tutti i duelli e, negli intervalli non abbiamo più parlato.

Ho approfittato di quei momenti per pensare. Iraida e Paban? Lo stesso Paban che mi ha baciato era stato insieme alla sua compagna del quattro.

Non so per quale motivo ma il mio cuore è stretto da una morsa e fa talmente male da farmi spuntare delle lacrime che faccio enorme fatica a trattenere.

Non voglio essere gelosa di lui. Non voglio tornare a pensare a lui come quattro anni fa. Il suo interessamento è una recita, solo per parlare con i miei genitori, non ha niente a che fare con un sentimento più profondo.

A me piace Brieg, ma se lui non vuole più saperne (o non ha mai voluto), non importa, sono sopravvissuta quattro anni fa e sopravvivrò anche adesso.

 

Quando alla sera chiudo gli occhi, vedo l'immagine dei due candidati del distretto quattro, nudi, avvinghiati che si baciano e ridono indicandomi. Allora posso sfogare le mie lacrime. Sono sola, nessuno mi può vedere e posso essere la piccola e fragile Chyna, quella che si innamora e a cui viene regolarmente spezzato il cuore.

Vorrei che la mamma fosse qui, ad abbracciarmi e consolarmi. A dirmi che per i ragazzi non ne vale la pena e che l'unico di cui dovrò innamorarmi è quello che farà di tutto per me, che sacrificherà anche se stesso, come mio padre per lei. Solo quella persona sarà in grado di amarti e sostenerti per tutta la vita e solo con lei potrò costruire un futuro.

 

Cado in un sonno agitato, dove mi inseguono le facce di tutti i candidati. Mi trovo con Alicia e Christal che mi accusano di essere egoista, con Ilixo e Bor che mi dicono che sono gelosa, Iraida e Paban che mi prendono in giro mostrandomi il loro amore, Brieg che mi allontana dicendomi che non mi vuole, Owen, Nazig e Rainer che promettono di eliminarmi subito dai giochi, Dick e Thabo che mi accusano di averli abbandonati, Douce che mi guarda con rimprovero senza dir nulla, i candidati del sei che mi voltano le spalle altezzosi e tutti gli altri che mi tirano addosso delle pietre che si trasformano in artigli graffianti.

Ho ancora nelle orecchie la risata sarcastica di Paban quando sobbalzo e mi siedo sul letto, completamente sudata e stremata per il sogno fatto.

Fatico a connettere e solo dopo una lunga doccia calda mi accorgo che ieri era l'ultimo giorno di allenamento e che oggi saremo nelle mani di Venus e Trent per la preparazione alle interviste di questa sera. È quasi finita, si torna a casa.

 

«Forza! Oggi abbiamo un sacco di cose da fare e non possiamo aspettare oltre! Visto che hai già fatto la doccia, ti accompagno da Venus poi vado a cercare Dick». Sigma entra in camera come una furia, mi lancia un accappatoio per sostituire il misero asciugamano che mi sta coprendo e mi trascina fuori nel corridoio. Sono talmente frastornata che non mi accorgo neanche di andare a sbattere contro qualcuno se non nel momento che delle braccia mi avvolgono.

Ancora prima che alzi la testa e lo riconosca, al mio naso arriva il profumo di sole, sale e mare e so già che si tratta di Paban.

Anche quando le sue labbra si posano con urgenza sulle mie e le sue mani tastano e frugano il mio corpo come a constatare che sia davvero lì con lui. Non apro ancora gli occhi, voglio gustarmi ogni istante di questo momento.

«Romeo, vieni» ordina una voce maschile. Ecco il momento magico, tristemente interrotto.

 

«Chyna, stai bene?». Paban non sta ascoltando nessuno e i suoi occhi preoccupati sono solo su di me.

«Sto bene. Sono solo stanca per questa situazione e non vedo l'ora che sia tutto finito» rispondo perdendomi nei suoi occhi verdi. Quanto mi è mancato.

Non riesco neanche a pensare a lui e Iraida. Adesso è qui con me e questo mi basta.

«Paban, adesso dobbiamo andare» interviene Sigma con dolcezza «La vedrai questa sera, più bella che mai, ma adesso vai, prima che arrivino i militi».

Ha ragione lei, siamo ancora sorvegliati e non possiamo farci trovare qui.

Lui si china veloce su di me e mi da un altro bacio al quale rispondo con entusiasmo.

Da quando sono così espansiva? E da quando sono così felice di vedere Paban? Da quando il mio cuore batte così impetuoso da sembrare di voler scappare dal petto?

Sono davvero innamorata di lui?

Il pensiero che mi terrorizza di più, però, è il successivo: lui è innamorato di me?

 

Sigma mi conduce diversi piani sotto e ho la sensazione di tornare alla palestra comune di inizio settimana. Arrivati al piano giusto prendiamo un carrello che su una monorotaia, ci porta lungo un dedalo di corridoi illuminati da neon, sino a fermarsi davanti a una enorme porta marrone.

«Eccoci, da qui andiamo a prepararci» la stilista scende e mi tende la mano.

«Dove siamo?» chiedo incuriosita. Non ero mai arrivata da quelle parti.

«Sotto lo studio televisivo dove avverrà la trasmissione delle interviste questa sera. Mi hanno detto che nel camerino di presentazione c'è anche il televisore dove possiamo vedere le votazioni che vi hanno assegnato».

«Ma non dovevamo fare le audizioni private?» strano. Mia madre mi aveva sempre detto che dovevamo esibirci in sessioni private davanti agli strateghi per avere la votazione di base che serve agli sponsor per valutarci.

«Forse vi hanno già controllato e non è stato necessario» risponde leggera Sigma.

 

Vengo trascinata in una stanza con annesso un enorme bagno con lettino e lì una Venus in fibrillazione si avventa famelica su di me e comincia a torturare la mia pelle con sadica soddisfazione. Sento le creme urticanti e lenitive, i rasoi e i liquidi caldi e appiccicaticci che mi vengono applicati, prima dello strappo doloroso. In quelle lunghe ore sono rivoltata come un calzino e credo che qualsiasi pelo che non faccia parte dei capelli, sia stato estirpato dalla mia persona, in maniera permanente.

Mi fanno ingerire una pillola come la prima mattina degli allenamenti, solo che questa è azzurra, invece allora era di colore giallo. Guardo interrogativa e Venus sorride indulgente.

«E' per bloccare le mestruazioni. Non vogliamo che tu abbia problemi di crampi all'addome o mancanza di assorbenti, giusto?». Ecco perché non ho avuto ancora il ciclo. Non me ne ero neanche accorta, visto che non sono mai stata regolare.

«Quando uscirai dai giochi, te ne verrà somministrata un'altra per far tornare il flusso in maniera normale, non preoccuparti». Mica lo ero, anzi, era una liberazione non doverci pensare per un po'. Quasi ne avrei chiesto una piccola scorta per quando sarei tornata al distretto.

 

Non ho visto Trent per tutto il giorno, probabilmente è alle prese con quella montagna di Dick. Chissà come ha passato questa settimana da solo? Ho paura di quello che possano avergli fatto gli istruttori. Se gli hanno raccontato che sono una persona cattiva, potrei trovarmi davanti un ragazzone totalmente ingestibile e pericolosissimo.

Sono ormai le cinque e sono praticamente pronta per indossare il vestito e farmi dare gli ultimi ritocchi al trucco, quando Sigma mi chiama nel camerino.

«Vieni, Chyna, stanno per trasmettere le vostre votazioni» annuncia.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine del capitolo. Forse questa settimana non ha portato le conseguenze di cui Chyna aveva paura. Nonostante il martellamento degli istruttori, sia Ilixo che Christal non hanno cambiato idea in modo permanente su di lei.

Abbiamo anche rivisto Paban in versione famelica. Lui sicuramente non è stato scalfito, visto il bacio che ha dato a Chyna.

Ilixo è un burbero. Ha ragione la ragazza quando dice che se lo avesse conosciuto in altre circostanze lo avrebbe trovato simpatico.

 

In ultimo vi lascio con un piccolo spoiler del prossimo capitolo che ho finito ieri sera:

«Dick, lasciala subito!» sento urlare alle mie spalle. Stranamente non sono né Paban né Brieg. È mio padre, Peeta Mellark.

E vi auguro BUON ANNO!

Alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 10
*** le valutazioni ***


 

Ciao a tutti!

Sono di nuovo qui. Ho fatto vacanza e non ho postato niente altro se non questo capitolo (l’ultimo che ho già scritto, forse devo mettermi di impegno altrimenti venerdì prossimo non avrò niente di pronto…).

 

Ringrazio chi ha recensito, chi ha inserito questa storia nei preferiti, ricordati e seguiti e chi ha semplicemente letto (ho notato un deciso incremento degli accessi, più persone?)

 

Questa volta, al presente capitolo, allego un banner di un personaggio che non ho ancora introdotto: il presentatore!

Grazie a Elenri – Teresa (applausi, boato e hola!) vediamo la faccia di questo intrattenitore che sembra un poco più imbranato dello storico Flickerman. Ecco a voi Kuna Goldgames!

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Appena mi siedo sul divano che è addossato alla parete, sullo schermo del televisore appeso al muro, appare il presentatore degli Hunger Games della Pace.

Mi sono sempre divertita a guardarlo. È un tipo simpatico, con i capelli crespi tipici di chi ha la pelle di ebano come Thabo. Gli occhi color carbone sono sempre brillanti e ridenti, così come le labbra. Quest'anno porta la barbetta e un paio di baffi che circondano la bocca e si allargano ad ogni movimento.

È sempre stato piuttosto elegante nelle sue giacche strane, dai grandi risvolti e bottoni dorati che sembrano provenire da un tempo passato talmente lontano da averne perso memoria.

«Buon pomeriggio a tutti! Eccomi a voi, Kuna Goldgames, per il consueto collegamento giornaliero con i preparativi degli Hunger Games della Pace!» annuncia con la sua voce da baritono.

I denti, scoperti dal suo sorriso, brillano alle luci dei riflettori mentre scorre la risma di fogli appoggiata alla scrivania davanti a lui.

 

«Dopo una attenta valutazione da parte degli strateghi, eccoci pervenuti i voti dei singoli candidati. Ognuno di loro, in base alle proprie capacità, ha ottenuto un punteggio che varia da uno a dodici, dove uno corrisponde a un soggetto non idoneo all'arena e dodici a qualcuno di estremamente dotato. Ovviamente questi voti sono indicativi e non sono assolutamente decisivi per i giochi stessi».

Detto questo, Goldgames, procede a una ampia carrellata dei nostri volti divisi per distretto e con un piccolo riassunto sulla vita che si è condotta a casa.

Vedo l'immagine di Alicia, Owen, Paban, Iraida, Brieg, Douce, Thabo, e tutti gli altri. Scopro altre piccole notizie degli altri candidati.

Di me dice che sono la figlia primogenita della famosa Ghiandaia Imitatrice Katniss Everdeen, che ha sposato il suo compagno vincitore insieme a lei dei settantaquattresimi Hunger Games della Violenza. Sembro quasi una specie di principessa che ambisce a salire al trono al posto dei suoi genitori. Cosa falsissima.

 

«Adesso è arrivato il momento che stavate tutti aspettando: le votazioni!» annuncia entusiasta.

Mi metto comoda per ascoltare e accanto a me siede Venus, mentre Sigma ascolta dalla poltroncina.

«Alicia, candidata di Capitol City» dice con voce stentorea. Non ha annunciato il cognome. Probabilmente perché avrebbe riacceso brutti ricordi.

«3» decisamente basso ma me lo aspettavo.

«Owen, candidato di Capitol City... 5». Un po' meglio, ma d'altra parte è un ragazzo.

«Rainer, candidato del distretto uno... 11». Praticamente lo ritengono un'arma letale.

I voti si susseguono. 9 per la candidata del distretto uno, 10 per Nazig e per il suo compagno del due, 7 per entrambi quelli del tre, 10 per Paban del quattro e 9 per Iraida, 6 per entrambi quelli del cinque e anche quelli del sei, 8 per Brieg e 4 per la sua compagna, 9 per Douce e 2 per Thabo dell'otto, 8 per entrambi i candidati del nove nonostante la giovane età, 10 per Ilixo e 5 per la sua compagna, 8 per Bor e 6 per Christal.

«Chyna, candidata del distretto dodici... 8» non male ma neanche il massimo, c'è di meglio e ne sono consapevole anche io.

«Dick, candidato del distretto dodici... 11» anche lui viene ritenuto un'arma letale.

«Sakìa, candidata del distretto tredici... 8» anche lei, come me, se la cava bene.

«Rudy, candidato del distretto tredici... 6» e come avevo previsto lui invece è più basso come voto.

Sembra che abbiano considerato i candidati solo dal punto di vista della forza bruta, evitando le capacità di adattamento e sopravvivenza. In pratica ci hanno analizzato come avrebbero fatto ai tempi degli Hunger Games della Violenza.

 

«Beh, direi che non sei andata così male» commenta Sigma mentre si alza e spegne il televisore proprio quando Goldgames si lancia in una descrizione più minuziosa dei criteri adottati.

«A dire il vero non mi interessa. Sono più preoccupata al pensiero di quanto possa capitare nell’arena. Questo isolamento forzato non l’ho proprio capito» rispondo io. Quello che abbiamo subìto, le pressioni alle quali siamo stati sottoposti non erano in programma e sicuramente, una volta fuori dall’arena, mi voglio proprio togliere lo sfizio di indagare per scoprire chi ha pensato tutto questo e perché.

 

«Chyna» Sigma mi guarda intensamente e mi fa pensare che sta per farmi una domanda che non vorrei sentire. «Quello che ho visto nel corridoio con il candidato del distretto quattro…». Con la coda dell’occhio vedo Venus che si fa più attenta ad ascoltare succulente notizie.

«Non so cosa dirti. Non ho ancora chiaro quali siano i miei sentimenti e, soprattutto, i suoi. Se può esserti di aiuto, posso dirti che non ne sono innamorata, se è questo quello di cui hai paura».

La mia dichiarazione la lascia sconcertata. Certo che non sono tipo da baciare chiunque mi capiti a tiro, ma perché non pensarmi come una che comunque può divertirsi? Non sono mica una eremita. Mia madre baciava sia mio padre che Gale quando aveva la mia età, o almeno è quello che mi ha spifferato zio Haymitch una volta che aveva litigato con lei, denigrandola ai miei occhi.

Perché non potrei fare la stessa cosa con Brieg e Paban?

Mi vengono in mente gli occhi fiduciosi di Dick mentre mi sorride. No, non ne sarei capace.

È vero che sono ancora indecisa tra loro due, ma non potrei neanche prenderli in giro.

 

Penso a come Brieg mi sia apparso. Bello, forte, sicuro come mio padre. Forse mi sono lasciata travolgere dalla sua somiglianza, ma mi piace davvero e quelle volte che abbiamo parlato, prima del litigio, mi sono trovata davvero bene.

Paban è il mio primo amore. Non è stata solo una cotta infantile, ma è successo tanto tempo fa e se è vero che il primo amore non si scorda mai, è altrettanto vero che i sentimenti non coltivati affievoliscono nelle spire del tempo sino a lasciare solo un dolce ricordo.

Adesso lui è qui e mi mostra tutto il suo interesse. Ne sono sopraffatta e lusingata, è una rivincita di quattro anni fa e del suo rifiuto, ma non è la stessa cosa. Non lo è più.

 

Venus mi fa infilare il vestito che ha preparato Sigma. È un vestito che si allaccia dietro al collo lasciando nude spalle e schiena e mostrando l’incavo dei seni. È ricco nei suoi ricami attorno allo scollo e alla vita, per poi allargarsi come una calla rovesciata per la gonna, sfiorandomi le caviglie. È uno strano colore tra il blu notte e il colore metallico del petrolio, in una seta opaca e frusciante. Decisamente non il mio stile, però mi piace perché, nonostante tutto, è abbastanza comodo e raramente l’eleganza si sposa con la praticità.

Sigma ha voluto che mi raccogliessi i capelli in una crocchia disordinata dalla quale scendono liberi alcune ciocche arricciate ad arte. Mi sento sofisticata.

Il trucco è leggero ma presente e fa sembrare la mia pelle chiara e trasparente, quasi mi sembra di osservare un’altra persona allo specchio. Chissà che effetto farò agli altri se io stessa non mi riconosco.

«Sei bellissima. Chiunque sia il ragazzo che fa battere il tuo cuore, non potrà che cadere ai tuoi piedi questa sera» dice Venus quasi commossa dalla sua opera.

In quel momento rientra anche Sigma e subito accorre ad osservare l’insieme della mia figura.

«Chyna… tesoro, sei stupenda e anche Dick farà un figurone accanto a te. Quest’anno sono proprio soddisfatta dalla bellezza dei miei candidati» esclama battendo le mani.

Cerco di trattenere un sorriso alla sua reazione infantile e mi appresto ad aspettare i soliti militi che mi condurranno sul palco con gli altri candidati.

Finalmente saremo di nuovo insieme e forse vedrò se le parole degli istruttori hanno indotto all’odio alcuni di loro oppure, come Ilixo, sono rimasti sulle loro posizioni.

 

Verso le otto arriva il milite che mi accompagna ai piedi del palco. Sento un brusio al di là del tendone e alcuni passi concitati dietro di me. Mi volto e mi trovo abbracciata a una specie di piccolo elfo. «Alicia! Tesoro, come stai? Tutto bene?» chiedo subito stringendo a me la piccola Snow di Capitol City.

Non pensavo mi fosse mancata così tanto. E che fosse così piccola e fragile…

«Ho avuto così tanta paura! Non c’era più nessuno, solo quegli odiosi allenatori che mi dicevano che non ero capace di combattere… Chyna, voglio tornare a casa dalla mia mamma!» pigola cercando di trattenere i lacrimoni che minacciano di inondare le guance.

«Non piangere o si rovina il trucco e tua madre si preoccuperà più del dovuto». Colgo subito l’appiglio per farla reagire a questo momento di sconforto.

Alicia mi guarda per qualche secondo poi annuisce. «Hai ragione, devo essere forte, altrimenti la mia mamma si preoccupa» e un attimo dopo gli occhi non sono più così lucidi.

«Sei pronta per l’intervista? Dovrai sembrare bravissima e bellissima per conquistare degli sponsor» le dico incoraggiante.

 

«Ieri mi sono trovata a duellare con un candidato dell’otto. Thabo. Sai che era più imbranato di me? Mi sono sentita fortissima» dice lei ridacchiando.

«Cattivella. Thabo è un ragazzino dolcissimo, non trattarlo male» le do un buffetto sul naso, poi veniamo chiamate a salire sul palco e ci dobbiamo dividere.

Rispondo al saluto veloce di Alicia e mi accomodo sulla mia poltroncina accanto a Dick che è già seduto.

Lo guardo e sorrido tirata. Ha lo sguardo torvo, fisso verso il pubblico che sta entrando in platea ma, in realtà, sono sicura che non vede nessuno.

«Dick, ciao. Come stai? È andato tutto bene in questa settimana?» chiedo sottovoce. Spero con tutto il cuore che le parole degli istruttori non abbiano intaccato l’affetto che il mio compagno nutre nei miei confronti o quel poco di ascendente che ho su di lui andrà a farsi benedire, con buona pace di non avere violenza gratuita nell’arena.

Lentamente volta la testa verso di me. Ha lo sguardo vuoto quando mi fissa e per parecchi minuti resta immobile e in silenzio. Poi, come se una piccola scintilla iniziasse a brillare nella sua coscienza, comincia a sorridermi con il solito calore e io tiro un sospiro di sollievo. Il mio Dick è tornato e non posso fare a meno di allungare una mano e stringere la sua.

 

Quello che succede dopo non credo che se lo aspetti nessuno.

Con un braccio mi avvolge la vita e mi solleva verso di lui che rimane seduto e, stringendomi a sé mi bacia.

Mi gira la testa, continuo a sbattere gli occhi sconvolta e ad agitare le braccia come un pesciolino fuor d’acqua. Alle mie spalle sento un trambusto di sedie rovesciate ma ho la testa bloccata dalla manona di Dick e non riesco a muovermi. Cerco di spingere via il mio compagno ma è impossibile con le mie sole forze, lui è molto più potente di me.

Riesco solo a tenere la bocca chiusa e a dimenarmi, sperando che mi molli il prima possibile perché sto cominciando ad avere bisogno di respirare.

«Dick, lasciala subito!» sento urlare alle mie spalle. Stranamente non sono né Paban né Brieg. È mio padre, Peeta Mellark.

 

É come se avesse ricevuto un ordine al quale non può assolutamente sottrarsi. Mi lascia immediatamente ed io scivolo a terra, subito raggiunta da Christal e Bor che sono lì accanto.

«Stai bene?» sussurra lei mentre aiuta ad alzarmi. Io annuisco solo, troppo sconvolta per parlare.

In sala il pubblico sta ancora accomodandosi sulle poltroncine della platea e il palco dove siamo seduti noi non è illuminato, ma sono certa che questa scena non è passata completamente inosservata e tra poco tutta Panem ne sarà a conoscenza.

Ora però non penso a niente altro se non correre tra le braccia di mio padre che è giunto accanto a me. Grosse lacrime minacciano di uscire dalle ciglia. Lascio subito papà quando alle sue spalle intravedo il sorriso dolce di mia madre. C'è anche lei, stanno bene e sono salvi. Non c'è altra cosa che mi interessi di più in questo momento.

 

«Come osi mettere le mani addosso a mia figlia!» tuona papà alzando la testa per guardare negli occhi Dick. «Io mi fidavo di te, ti ho sempre difeso e invece tu mi tradisci così?». Vedo la sua potente autorità solo in questo momento. Non avevo mai considerato quanto potesse apparire grande, anche nella sua figura bassa e tozza. Ha una grande personalità che incute rispetto e timore ed io lo ammiro ancora di più.

Dick ci appare mortificato come un cucciolo smarrito. «Non volevo... io pensavo che siamo ai giochi insieme come voi e voi vi siete sposati, così pensavo che anche io e Chyna vinciamo insieme e ci sposiamo». È una logica che mi fa tremare dall'indignazione. Neanche lui può aver pensato a una cosa simile senza che qualcuno gliela abbia suggerita. Altrimenti non avrebbe consentito a Paban di abbracciarmi o di baciarmi e non mi avrebbe fatto passare del tempo con Brieg.

Mi volto cercando qualche figura da insultare e da prendere a pugni, per il male che hanno fatto a quella mente ingenua che ha Dick, ma non trovo nessun allenatore.

 

Mio padre sospira rassegnato. Forse ha capito cosa è successo in questi giorni di isolamento assoluto. «Ragazzo, Chyna ti vuole bene ma non come Katniss vuole bene a me. Voi siete solo amici e gli amici si aiutano, non si fanno dei dispetti come hai fatto prima». Credo che queste parole facciano effetto perché noto che l'espressione di Dick si fa sempre più disperata.

«Non volevo fare un dispetto, io voglio bene a Chyna, è mia amica. E voglio bene a Christal e anche a Paban. Loro mi danno sempre il dolce. Mi piacciono tanto i dolci».

Ormai siamo tutti riuniti intorno al mio compagno. Sorrido a Christal che mette una mano sull'avambraccio di Dick e gli fa una carezza, sento Paban al mio fianco che circonda le mie spalle nude con il suo braccio. Mia madre mi stringe forte la mano e papà annuisce decisamente più sollevato.

 

«Bene, ragazzi. Si può sapere cosa avete fatto in questa settimana dove siete scomparsi? Credevamo di aver terminato il nostro lavoro anzitempo» esclama leggera Johanna.

Mi guardo attorno e finalmente li vedo tutti: i mentori sono sul palco insieme a noi.

Finnick, Gale, Enobaria, Johanna, mamma, papà, John e tutti gli altri. Sono tutti salvi e stanno tutti bene. Non sembra abbiano segni di lotta sul corpo e questo mi fa pensare che le acque si siano decisamente calmate dopo l'omicidio di Beetee. Almeno apparentemente.

Conoscendo mia madre, sarà stato quasi impossibile non esplodere per cercare vendetta a questa morte assurda, ma sono sicura che ci sarà tempo dopo i giochi per mettere le mani sul vero responsabile della morte del vecchio vincitore del distretto tre.

 

Gli altri candidati sono accanto a noi e stanno parlando tra loro e con i mentori. Alcuni hanno facce scure e scatti inconsulti, ma in generale sembra stiano tutti bene e continuino a essere loro stessi. Alicia è sempre allegra, Owen polemico, Rainer e Nazig letali, Ilixo e Douce seri e taciturni, Sakìa indifferente, Rudy chiassoso, Thabo timido, i candidati del sei snob. Solo Brieg non mi guarda come faceva prima dell'isolamento. Adesso ha uno sguardo duro e inflessibile, non tanto rivolto a me, quanto a Dick. È evidente che non l'ha ancora perdonato per l'incidente in palestra di una settimana fa.

 

«Bene, signori! Accomodatevi sulle poltroncine assegnate. Voi mentori dovete disporvi laggiù e voi candidati in semicerchio qui». È arrivato Kuna Goldgames con la sua giacca dai risvolti improponibili, con le code, martingale e bottoni argentati. Sembra uscito da un catalogo d'epoca.

Ha il pizzetto curato delle grandi occasioni.

Ci disponiamo sulle nostre sedie disposte a semicerchio, disciplinati e in quel momento mi accorgo che al centro del palco ci sono quattro poltroncine al posto delle solite due. Saranno interviste multiple?

«Perfetto. Siamo in orario» commenta Goldgames accomodandosi su una delle quattro poltroncine.

Negli anni passati i candidati venivano intervistati solo da lui come si usava ai tempi degli Hunger Games della Violenza, perciò non capisco cosa voglia fare adesso.

 

«Sono quasi le nove. Prendete posto nei sedili assegnati che si va in onda» esorta l'assistente di sala e tutti gli ultimi che si erano attardati prendono posto.

Lo show inizia con le presentazioni da parte di Kuna che si diverte a fare battute su tutti i candidati, sui mentori, sul governo. Nessuno si salva dalla sua pungente ironia.

Per quanto mi riguarda sono talmente vulnerabile e scoperta che non faccio neanche caso a quello che dice sul mio essere una predatrice di uomini, una mantide religiosa, una vedova nera.

Iraida annuisce e Ilixo ridacchia divertito, così come Bor. Paban, Brieg e Rainer sbuffano, probabilmente per noia, le ragazze mi guardano comprensive e vedo la gamba di mia madre che saltella nervosa sulla sedia. Se Kuna continua così non presenterà la prossima edizione dei giochi.

 

«Quest'anno abbiamo pensato di offrirvi un aspetto più personale dei candidati. Pertanto li faremo intervistare dalle persone che li conoscono meglio, ossia i loro stessi mentori!» annuncia elettrizzato. Beh, senza dubbio mia madre è una delle persone che mi conoscono meglio, decisamente.

 

Le interviste iniziano con i ragazzi di Capitol City e un gran boato quando vengono presentati i candidati dal cognome così ingombrante.

«Pur facendo di cognome Crane, non hai alcun legame con l'ultimo capo stratega degli Hunger Games della Violenza, esatto?» chiede il mentore della capitale e Owen annuisce deciso.

«Esattamente. Non sono in nessun modo parente di quell'uomo, ma il suo cognome, che per combinazione è anche il mio, mi ha perseguitato sin da piccolo» risponde il ragazzino.

«Tu, Alicia, invece sei parente con il defunto presidente Snow». Non è una domanda ma una affermazione.

«Era uno zio di mio nonno. Io non ho mai conosciuto neanche il nonno e tutto quello che so l'ho letto sui libri di storia. Non ho niente a che fare con la famiglia Snow di quel tempo e la memoria del presidente tiranno» risponde seriamente. «Sono davvero stanca di essere identificata con il mio cognome. Io sono Alicia e non ho nulla a che fare con quel passato».

Un timido applauso inizia da un angolo della platea e poco per volta coinvolge sempre più persone, sino ad arrivare un completo boato di tutta la sala. Applaudo anche io e Dick, insieme a quasi tutti i candidati presenti sul palco. Conosciamo i due giovani di Capitol City e sappiamo che non sono neanche lontanamente accumunabili ai personaggi dei quali portano lo stesso cognome.

 

L'intervista continua con toni leggeri e battute da parte del mentore e, soprattutto, di Goldgames.  Eccezionalmente anche Owen risulta simpatico e disponibile.

Le interviste proseguono con i candidati del distretto uno. Il mentore è decisamente più arcigno e i due candidati più cattivi e tesi alla lotta e alla vittoria. Rainer è certamente il più sicuro nel suo ruolo di combattente per i giochi.

«Voglio vincere. È una vita che mi preparo per questo momento e non ci potrà essere nessuno ad impedirmi di raggiungere quello che mi spetta». La sua dichiarazione che porta a pensare a uno scontro di guerra. Sarà dura contro di lui. La sua compagna è più sottomessa ma sempre determinata. Sembra quasi non si rendano conto del fatto che non ci si fa male, che sono giochi della pace, che si fa solo finta.

 

Una intervista simile viene fuori anche dal distretto due. Dopo tutti questi anni, Enobaria dimostra di essere ancora la spietata tributo dei vecchi Hunger Games, assetata di gloria e di sangue vero. I suoi denti brillano e fanno rabbrividire. Nazig è la sua pupilla e il suo clone. Neanche il suo compagno di distretto riesce a essere alla sua altezza. Se ci fossero ancora i vecchi giochi, io punterei su di lei per la vittoria. Mi fa più paura di Rainer, il che è tutto dire. Oggi è diverso, si gioca in astuzia, si vince per sopravvivenza più che per duelli.

 

John sostituisce Beetee. Nessuno fa cenno alla repentina sparizione del vecchio mentore, è come se non fosse mai esistito. John cerca di essere allegro e spiritoso e i suoi candidati sono lucidi e rilassati. È uno scambio tra persone intelligenti e argute.

Il pubblico si diverte e dopo i primi due distretti, finalmente si rilassa.

«E' vero che già un componente della tua famiglia aveva partecipato ai vecchi giochi?» chiede il mentore.

«Esattamente. Ma ho scoperto di non essere l'unica. Moltissimi di noi candidati abbiamo parenti defunti negli Hunger Games della Violenza o che li hanno addirittura vinti. Se calcoliamo queste coincidenze, si potrebbe pensare che le mietiture siano state pilotate».

Nella platea cala il silenzio, per poi scoppiare in un brusio incalzante. “Cosa sta dicendo?”, “Sarà vero?”, “Cosa hanno intenzione di fare?”, “Perché mietiture pilotate?”, “Non posso crederci!”.

Quelli del tre sono stati davvero abili a instillare il dubbio durante le interviste. Nelle registrazioni potranno anche tagliare alcuni pezzi, ma adesso, nella diretta, l'affermazione si è diffusa in tutta Panem.

 

«Avete idea del perché?» John gioca al rilancio e la candidata è ben felice di rispondere. Se non fosse che si sono appena rivisti dopo una settimana di isolamento, direi che si sono messi d'accordo.

«Non ne ho idea. Però il fatto di essere allontanati da tutto il mondo esterno e addirittura di non avere contatti tra di noi ma solo con gli allenatori, come se fossimo prigionieri, mi fa pensare a una tecnica di tortura che si usava a Panem più di trenta anni fa. Il regime del tiranno Snow ne faceva ampio uso a quanto si legge sui libri di storia». Una deflagrazione più grande di questa bomba può esserci solo con il nome terribile che sentirò tra poco. È quanto mio padre ha subito ed è quello da cui scappa da tutta la vita. La causa dei suoi malesseri. La platea è in fermento, agitati nel sapere e avidi di altre notizie.

«Quale?» domanda John.

«Il depistaggio» risponde sicura lei.

«E' una accusa molto grave» mormora Goldgames guardando intorno, probabilmente nella speranza di trovare qualcuno che possa indirizzare questa intervista verso terreni più solidi.

«E' vero. Non sto dicendo che ci siano riusciti. Hanno avuto solo una settimana, ma è stato un martellamento continuo di accuse contro altri candidati, per minare anche il più piccolo barlume di amicizia tra noi. Hanno insinuato che molti ragazzi avrebbero colpito anche alle spalle, che i favoriti dell'uno e del due si sarebbero alleati, così come quelli del dodici con il quattro e il sette...» sta cercando di spiegare, ma viene interrotta dalla risata sguaiata e lievemente isterica di Kuna.

«Vuoi dire Chyna con i candidati del sette e del quattro? Certamente, con i pettegolezzi sui loro incroci amorosi, non poteva essere diversamente» e incita un applauso del pubblico al mio indirizzo.

 

Vorrei alzarmi e prenderlo a martellate. Guardo il pavimento imbarazzata e irritata per la situazione dove sono andata a cacciarmi.

«Bene... direi che abbiamo conosciuto i candidati del distretto tre e, adesso, possiamo sentire direttamente da loro come stanno le cose con il distretto 12. Vengano i candidati del distretto quattro e il loro mentore Finnick Odair Junior!». In questo modo Goldgames riesce a bloccare ogni altro discorso di John e dei suoi ragazzi per andare a disquisire su temi da gossip.

Purtroppo, pur essendomi trovata in mezzo a questo quadrato, mi sento in colpa, soprattutto con i candidati che stanno tornando ai loro posti, abbattuti per non essere riusciti a far capire tutte le loro preoccupazioni e le loro accuse.

 

«Eccoci con Iraida e Paban, i candidati del distretto quattro. So che tu, Paban, sei il nipote del vincitore dei cinquantatreesimi Hunger Games della Violenza» comincia subito a dire Goldgames, avvalorando inavvertitamente la tesi dei candidati del distretto tre. Paban sorride soddisfatto e mi fa mancare un battito del cuore. Stupida! Che reazioni assurde a un sorriso.

«Esatto. Infatti, come diceva prima Shae, molti di noi sono parenti di chi ha vinto i vecchi Hunger Games della Violenza, altri sono lontani parenti di chi è caduto in quei giochi. Trovo tutto questo davvero sinistro. Tu no?» chiede rivolgendosi direttamente a Kuna e lasciando tutti a bocca aperta.

 

«Infatti...» mormora il presentatore, poi si rivolge a Iraida come se fosse la sua ancora di salvezza.

«Iraida! Candidata del distretto quattro! Sei davvero una splendida ragazza!» esclama con un entusiasmo leggermente forzato.

A quel punto Finnick decide di intervenire, preso dalla compassione per l'imbarazzo nel quale versa il presentatore.

«Quali intenzioni hai per i giochi? Ti senti pronta? E dopo? Tornata a casa?». Odair è davvero abile, riporta i binari nelle solite domande che si fanno ai candidati, facendo in modo che possano raccontarsi a ruota libera. Se la ragazza è loquace se la caveranno alla grande.

 

Iraida inizia a parlare delle sue intenzioni. Ovviamente vuole vincere e tornare a casa con un bel bottino in premio e un bel lavoro a coronamento di tutte le sue aspettative.

«Per la casa non mi preoccupo. In ogni caso andremo a vivere insieme io e Paban, non appena finirà questa edizione degli Hunger Games e poi ci sposeremo. Siamo tanto innamorati e da tanto tempo e questa è la nostra occasione per sistemare il nostro futuro e vivere felici insieme».

Se non fosse che questa notizia mi piomba addosso come un macigno e boccheggio cercando di capire come far accedere l'ossigeno al mio cervello, mi verrebbe da ridere solo a guardare la faccia di Kuna Goldgames. Impagabile, per non parlare di quella di Paban. Se gli avessero strappato un dente a mani nude non avrebbe fatto quella faccia così schifata.

 

La telecamera continua a fare la spola tra la mia faccia stupita, quella di Paban sconvolta, e quella di Iraida felice. Possibile che tutti a Panem sappiano della finta tresca tra me e il candidato del quattro?

Pare che non ci sia altro di cui parlare.

«Ma... sei impazzita?» sibila Paban appena riesce a formulare due parole di senso compiuto. Da come stringe i braccioli della poltroncina, credo che voglia avvolgere il collo della sua compagna e strizzare.

«Come, Paban? Non erano questi i nostri piani? Ne abbiamo parlato alla stazione, quando siamo partiti per venire qui! Avremmo messo a parte del nostro amore tutta Panem!». La ragazza si rivolge al pubblico allargando le braccia e tutta la platea esplode in un boato di giubilo applaudendo frenetica.

 

Vedo Paban che sta per esplodere e si trattiene seduto per puro miracolo. Finnick lo guarda per ammonirlo e si rivolge di nuovo a Iraida.

«Non avevo inteso che il vostro rapporto fosse così profondo e io vi conosco bene, soprattutto tu, visto che sei mio vicino di casa da quando eri piccolissimo. Non credo che tua madre ne sarebbe felice. Aveva altri programmi per te e... permettimi un consiglio, Iraida, prima di dichiarare di aver accalappiato un uomo davanti a tutte queste persone, cerca di entrare nelle grazie della presunta suocera, oppure ti troverai a dover lottare contro una tigre. E ti assicuro che la madre di Paban è molto peggio di quel felino!» puntualizza facendo ridere tutti quanti e zittendo una Iraida che diventa imbronciata per veder sfumato il suo piano.

«Certo. Mia madre è gelosissima di me. Forse perché sono l'ultimo figlio che le è rimasto e non vuole dividermi con nessuna. Ecco perché non ho ancora portato alcuna ragazza a casa. Sarebbe un bagno di sangue peggio delle vecchie arene» dice sogghignando.

 

«Quello che dice Paban è una bugia» bisbiglia Dick al mio orecchio e io mi volto verso lui chiedendogli il perché.

«Mi ha detto che la sua mamma è morta tanti anni fa, proprio come la mia. Lui vive con suo padre e suo fratello, non con sua madre» risponde piano e io gli faccio cenno di stare in silenzio e gli sorrido.

Così è tutta una frottola per prendere in giro Iraida? Beh, forse se lo è pure meritato la ragazza! Sarà anche stata la fidanzata di Paban ma non sembra che lui la apprezzi molto adesso.

Iraida sta boccheggiando, non può certo dare dei bugiardi al suo mentore e al suo amore. Diventa quasi paonazza prima di arrendersi e sbuffare e poi sorridere come se niente fosse.

 

«Comunque mi sembra di capire che il vostro amore sia più forte che mai in questo momento». Goldgames interviene accorrendo in aiuto.

Iraida sorride grata e inizia nuovamente a parlare dei suoi sentimenti per il suo compagno, lanciando occhiate languide ed innamorate.

Poco distante da me, sento Ilixo che mima gemiti da conato. È davvero poco romantico il ragazzo. Non fosse così preso dai giochi e violento nelle sue azioni, saremmo amici. Ne sono sicura.

«Certamente Paban dovrà tenere conto di questa dichiarazione nel corso dei giochi» conclude Kuna e vedo il ragazzo annuire minaccioso nei confronti di Iraida.

«Può stare certo che ne terrò conto e tutta Panem lo vedrà nell'arena».

Per chi non sapesse tutta la storia, potrebbe credere che sia una dichiarazione d'amore. Io la vedo per quello che è: una minaccia. Una promessa di guerra.

Fossi in lei mi guarderei alle spalle perché credo che sarà uno dei primi obbiettivi del ragazzo del distretto quattro.

 

Finalmente la tortura di questi candidati è finita e vengono sostituiti da quelli del cinque quasi inesistenti, caratterialmente parlando, e poi quelli snob del sei, tanto antipatici e tronfi che non colgono neanche gli abboccamenti del loro mentore per cercare di parlare ancora della situazione strana che abbiamo vissuto sino a oggi.

Mi dispiace per Gale, ma credo proprio che se non riesco subito a uscire dall'arena, deciderò di sfogare la mia frustrazione su di loro. Liberare i giochi da questi due è una missione divina per la quale la gente mi renderà merito. Sono insopportabili. Peggio di Iraida.

 

Finalmente, alle poltroncine delle interviste, si dirigono Johanna e i suoi candidati del distretto sette. Sento il cuore che mi batte forsennato e aspetto con ansia di sentire quando avrà da dire Brieg.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

Eccoci qui in fondo!

Che dire? Il distretto uno e due non si è fatto mancare niente, come al solito. Il distretto tre ha provato a denunciare i brogli di questa edizione ma non si è dato peso alla segnalazione, nonostante gli sforzi.

Nel distretto quattro Iraida ha tirato fuori le unghie e Paban si è ritrovato fidanzato pubblicamente con una arpia. Chissà perché si crede che facendo una dichiarazione pubblica, la controparte non possa ritrattare…

Mentre i candidati del cinque passano inosservati, quelli del sei scatenano l’irritazione di Chyna (forse a sfogo di quanto era successo nel distretto quattro).

Nel prossimo capitolo ci saranno gli ultimi distretti con Brieg e Chyna. Cosa verrà fuori?

 

Vi lascio un piccolo assaggio di quello che ho già scritto (davvero poco):

A questo punto il pubblico impazzisce letteralmente ed inizia ad applaudire ed ululare che Brieg mi baci davanti a tutti, che faccia la proposta di matrimonio e che io accetti seduta stante…

 

Adesso vi saluto e vi ringrazio per l’attenzione.

Alla prossima settimana.

baciotti

 

 

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Capitolo 11
*** le interviste ***


 

Eccomi!

Rinnovo gli auguri di buon inizio anno e spero che non sia arrivata la depressione post-feste. (a me sì, il primo giorno di lavoro volevo scappare)

Ringrazio chi ha recensito (uau! 5 commenti!) chi ha preferito, ricordato e seguito questa storia e chi ha letto soltanto (anche gli accessi sono aumentati!).

 

Come al solito, doveroso ringraziamento per Elenri che mi ha fornito anche questo banner! Oggi il nostro protagonista sarà… ILIXO! Candidato del distretto dieci e decisamente arguto e sopra le righe!

A me è simpatico…

E ora vi lascio a questo capitolo… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Allora, Brieg… come ti sei trovato in questi preparativi per i giochi?» chiede Johanna al suo candidato dopo le brevi presentazioni di Kuna.

«Benissimo. Ho anche legato molto con Chyna, la figlia dei signori Mellark» dice mostrando uno splendido sorriso a favore del pubblico e delle telecamere «E visto che anche lei si trova bene con me, non vedo l’ora di uscire dall’arena per poterla frequentare con tutti i crismi… magari con un bel malloppo e un lavoro sicuro grazie al quale prendermi cura della mia futura sposa».

A questo punto il pubblico impazzisce letteralmente ed inizia ad applaudire ed ululare che Brieg mi baci davanti a tutti, che faccia la proposta di matrimonio e che io accetti seduta stante.

Le immagini del teleschermo, che ci mostrano quello che viene contemporaneamente trasmesso in tutta Panem, registra flash della mia faccia annichilita, di quella di Iraida soddisfatta e di Paban arrabbiatissimo. In mezzo a noi un gioioso Brieg e una panoramica di tutti gli altri candidati che mostrano le reazioni più disparate, dallo stupore alla noia.

 

«Non credi che forse dovresti parlarne con me prima e comunque evitare di insultarmi?». Senza che me ne renda conto sono in piedi e sto urlando iraconda verso il candidato del sette. Come può comportarsi così? Ed io che credevo fosse un bravo ragazzo simpatico. Vuole solo rendermi ridicola davanti tutto lo stato e ci sta riuscendo in maniera spettacolare. Quasi gli farei un applauso se le mie mani non volessero torcergli l’osso del collo.

«Io non volevo insultarti. Ero solo arrabbiato per quello che aveva fatto Dick… ho capito dopo che lui voleva solo proteggerti e che io mi sono fatto prendere la mano. Mi scuso per questo, ma non voglio rovinare tutto per un malinteso». Nel frattempo si è alzato e si sta avvicinando a me. Mi sento inchiodata al pavimento dalla rabbia e dallo stupore. Che caspita sta combinando?

Mia madre cerca di trattenermi ma ormai sono già a metà strada tra la mia poltroncina e il candidato del distretto sette.

 

«Chyna, non essere arrabbiata. Perdonami per quello che ti ho detto, ne sono davvero pentito» dichiara Brieg prendendo entrambe le mie mani e fissandomi negli occhi. Sembra che voglia comunicarmi qualche cosa e nello stesso tempo stia coprendo uno scopo preciso.

Per un attimo mi perdo nei suoi occhi azzurri che mi ricordano tanto mio padre, poi mi accorgo che tutto il teatro ci sta guardando e mi arrabbio ancora di più per la mia debolezza.

«Come ho detto prima, ne dovremmo parlare... in privato» sibilo e mi sento davvero furente. Mi volto prima che possa aggiungere qualcosa e mi trovi ancora più in difficoltà.

Mia madre e mio padre mi guardano preoccupati ma si rasserenano nel momento in cui vado ad accomodarmi nella poltroncina senza parlare oltre.

Vedo, con soddisfazione, che Brieg è rimasto basito e fermo con le mani tese verso di me, ma resta così solo un attimo, poi si mette a sorridere e si inchina verso di me. «Sei una ragazza troppo affascinante» e va a sedersi.

 

Il pubblico è letteralmente impazzito per la nostra scena. Urla a Brieg di dichiararsi e a me di perdonarlo e di lasciarmi andare a questo sentimento di amore. Sono tutti convinti di sapere quello che desidero e quello che desidera lui e pare che sia la nostra coppia unita.

Da parte mia sono sempre più stupita dal suo comportamento. Prima non si è mai comportato in questo modo. Ha sempre sorriso e chiacchierato amabilmente con me, ma onestamente sono io che ho sospirato, lui non ha mai mostrato una inclinazione plateale nei miei confronti, come invece ha fatto Paban.

Mi volto per scrutare il candidato del quattro. Sembra rilassato ed indifferente mentre guarda un punto indefinito del pubblico, ma vedo le sue mani stringere spasmodiche i braccioli della poltroncina e ne deduco che non è del tutto calmo come vuole apparire.

 

«Quindi abbiamo uno spasimante per la candidata del distretto dodici» commenta sorridendo ironica Johanna. Chissà perché, ma ho la sensazione che il suo tono sia più rivolto a mia madre che a me.

«Non sembra che lei sia della tua stessa opinione… pare quasi arrabbiata» interviene perplesso Kuna. Meno male che qualcuno non ha perso il lume della ragione!

Un boato simile a un lamento, si leva dal pubblico che vuole assistere a scene d’amore in diretta. Se continuano in questo modo mi alzo e me ne vado. Non ho alcuna intenzione di mettere in piazza i fatti miei più di quanto abbia già fatto.

Sono sottosopra di mio per l’assalto ingiustificato di Dick e tutte le false effusioni di Paban che invece sta con la sua compagna di distretto. Adesso ci si mette anche Brieg e le sue dichiarazioni che puzzano di bruciato peggio che un incendio in un forno a legna.

 

Il candidato del sette, questa sera, ha deciso di spiazzarmi  su tutta la linea, visto che risponde a Goldgames con un sorrisino malizioso «Questa settimana, quando tutti gli altri sono stati isolati, lei non era tanto irritata ad avermi accanto».

 

Lo guardo sconvolta e mi sento le guance andare a fuoco dalla rabbia. ‘Come osa?’ è la sola cosa che riesco a pensare.

Nell’ultima settimana siamo stati tutti separati. Ho visto solo Christal e Ilixo negli ultimi due giorni e nessun altro. Come può insinuare che ci siamo incontrati segretamente per fare chissà cosa? Questa intervista sta diventando una vera farsa e non riesco a capire come posso restare seduta a sentirmi denigrare in questo modo. Cosa penseranno i miei genitori? Non possono credere che quello che dice Brieg sia vero.

Mi volto verso gli altri candidati e noto uno sguardo infuocato da parte di Paban. Non può credergli!

Purtroppo penso che le menzogne del ragazzo del sette abbiano fatto almeno una vittima, visto che lui distoglie subito lo sguardo e torna a fissare truce il pubblico che invece inneggia alla nuova coppia degli Hunger Games. Mi sento come se fossi stata appena scaraventata in un girone infernale. Tutta Panem ha bisogno di uno psichiatra decisamente bravo!

 

«Stai dicendo che avete passato la settimana insieme?» ridacchia Johanna, sempre più divertita. In quel momento sento un rumore gutturale, come lo schiarirsi della voce e credo di riconoscere Gale in questo richiamo. Subito, sua moglie, si interrompe e batte una mano sulla fronte. Si deve essere ricordata qualche cosa di importante.

«Basta con le leggerezze. Parliamo di queste due settimane di allenamento e di cosa di aspetti nell'arena. Ti sei fatto una opinione?». Il tono della signora Hawthorne è decisamente più professionale e mi fa tirare un sospiro di sollievo per essere stata esonerata dall'essere al centro dell'attenzione.

«Sono state due settimane durissime con questo isolamento sempre più marcato. È stato misterioso e fastidioso. Ci ha resi tutti irritabili e le risse scoppiavano per nulla. Abbiamo cercato di rimanere calmi ma sembrava che gli stessi strateghi complottassero contro di noi». Brieg si sfoga, parlando a ruota libera su quanto successo e scatena i brusii nervosi del pubblico.

È questa la via giusta per cercare di far capire quale sia stata la nostra situazione.

 

«Dall'arena mi aspetto un territorio difficile ma affrontabile da tutti noi, vista la nostra preparazione che in questa edizione è stata molto curata» conclude con un sorriso splendente rivolto alla platea e alle telecamere. Scoppia l'applauso. Panem lo adora. Io no.

La sua giovane compagna di distretto, borbotta alcune frasi di circostanza ma è una delle candidate più giovani e Goldgames non perde tempo per passare al distretto successivo salutando calorosamente questi candidati che hanno tenuto banco.

 

«Ecco i candidati del distretto otto. Douce e Thabo» annuncia giulivo il presentatore.

Dopo la performance dei ragazzi precedenti l'attenzione del pubblico è al massimo per carpire nuove succulente informazioni sui retroscena dei giochi della pace.

«Come pensi possa essere questa edizione dei giochi?» chiede professionale il mentore ai suoi ragazzi. Inaspettatamente è Thabo a rispondere.

«Vorrei che si potesse scegliere se partecipare o meno. Io non sono adatto ai giochi. Non sono il più piccolo qui dentro ma ne faccio la figura, vista la mia inettitudine. Queste due settimane sono state una pena. Inoltre, con l'isolamento forzato al quale ci hanno sottoposti e il martellamento continuo per aizzarci uno contro l'altro, sarà un miracolo se non ci faremo realmente male nell'arena. Perciò, sì. Sarà una edizione molto dura per essere gli Hunger Games della Pace».

La sua dichiarazione lascia spiazzati tutti, anche me. Non tanto per il fatto che abbia confessato di essere debole o l'edizione troppo dura, quanto per aver parlato con tale sicurezza davanti a tutti.

È un quindicenne che si è sempre dimostrato timido e spaurito, sembra che sia diventato un altro.

 

«Tu, Douce, pensi che sia così?» chiede Kuna alla ragazza dagli assurdi capelli verdi. La candidata annuisce seria.

«Concordo su tutto quello che ha detto Thabo. In più sono sicura che in questi giochi ci sia qualche cosa di sinistro. Non avevo mai sentito di comportamenti simili nei confronti dei partecipanti».

Il brusio del pubblico si fa sempre più forte. Dopo diverse testimonianze, sembra che qualche cosa cominci a far breccia nelle loro coscienze.

«Che ne dici dei rapporti tra i candidati? Abbiamo sentito di alcuni intrighi amorosi che ci hanno incuriosito molto» suggerisce malizioso Goldgames. Sembra un cane che non vuole mollare l'osso.

Douce sospira in maniera irritata ed io sorrido. È decisamente la persona sbagliata alla quale chiedere queste cose. Lei non si è mai esposta quando era in nostra compagnia, è seria, decisa ed essenziale. Non le piacciono i pettegolezzi. In un certo senso è come vedere Ilixo al femminile.

 

Ancora una volta quello che stupisce tutti e Thabo che interviene.

«Vuoi chiederci di Chyna? La risposta ovvia è che sono solo fatti suoi. Noi non sappiamo niente di cosa le passa per la testa e non abbiamo visto niente di strano dei rapporti tra lei e gli altri candidati. Di mio posso dire che è stata molto gentile con me ed è molto affezionata a Dick, che è il suo compagno di distretto». Ringrazio con tutto il cuore il quindicenne timido e impacciato che si sta dimostrando più uomo di tanti altri adulti.

Anche Douce ridacchia all’ombra di delusione che passa fugace sul viso del presentatore.

 

L’intervista prosegue con domande più personali su quanto lasciato nel proprio distretto. Sorprende il fatto che Douce dichiari di avere un fidanzato con il quale ha deciso di sposarsi non appena potranno permetterselo.

Tra tutte le ragazze qui presenti mi sembrava la meno passionale e invece la scopro innamorata. È proprio vero che non bisogna giudicare una persona dalle apparenze. E così si spiega anche perché sembra quasi materna con Thabo.

Nella mia mente le auguro di ritornare al suo distretto e sposarsi felicemente con il suo amore.

L’interrogatorio non prosegue per molto tempo ancora, i dieci minuti a disposizione sfumano e a Kuna Goldgames non resta che salutare e ringraziare i candidati e spostare la propria attenzione al distretto successivo.

 

I ragazzi del nove sono piuttosto pettegoli invece.

Si lanciano in descrizioni abbastanza fantasiose di tutto quanto hanno visto durante gli allenamenti.

Descrivono i rapporti tra me, Brieg, Paban, Dick e Iraida come un’opera di uno sceneggiatore pazzo di romanzi rosa confetto. Davvero sgradevole.

Il pubblico pende dalle loro labbra e neanche i tentativi del loro mentore di riportare il discorso su temi più consoni sortisce l’effetto sperato.

Tutti gli sforzi fatti per denunciare i presunti brogli e le manovre attuate dagli strateghi, cadono nel vuoto, attirati da un argomento ben più succoso: la mia vita.

 

«Così siamo rimasti tutti stupiti quando li abbiamo visto baciarsi… non credevamo che avessero quel genere di rapporto». Descritto così il mio primo bacio diventa davvero banale e stupido.

«Continuava a parlare con il candidato del sette, anche se lui non sembrava così interessato».

«Però le sorrideva».

«E’ vero». Anche il mio rapporto con Brieg diventa stupido.

«Con Dick è stata davvero protettiva». Adesso sono la baby sitter dell’anno.

A quanto pare hanno osservato attentamente noi candidati, perché dopo la mia vicenda iniziano ad occuparsi di Bor e Christal.

 

Con la coda dell'occhio vedo la candidata dell'undici arrossire furiosa e guardare un Bor stupito e leggermente arrabbiato. Forse non si erano resi conto di essere stati analizzati così, ma come si stanno comportando gli intervistati è davvero vergognoso.

In pochi minuti esauriscono questo argomento ed iniziano ad attaccare Rainer dell'uno e Nazig del due. Nella mia mente mi complimento sulla scelta: tra tutti quanti non potevano scegliere qualcuno di meno pericoloso.

Questo discorso finisce allo scadere dei dieci minuti, con il comune disgusto di tutti gli altri candidati. Anche quelli del sei hanno il buon gusto di mostrare il poco gradimento di questa intervista.

Non capisco cosa vogliano fare questi due, se non farsi odiare.

Presumo di non essere l’unica che voglia vendicarsi nell’arena.

Questi giochi stanno mostrando i nostri aspetti caratteriali più negativi. E, come se non bastasse, non hanno assolutamente accennato a cosa pensano dei giochi e dell'arena. Il loro mentore scuote la testa scoraggiato. Forse non sono simpatici neanche a lui.

 

L'unico a essere soddisfatto dell'intervista a questi due è Kuna Goldgames, che gongola letteralmente. Se non altro ha avuto la soddisfazione di qualcuno che ha seguito i suoi discorsi.

I candidati del distretto dieci si siedono sulle poltroncine, accompagnati dal loro mentore.

Il tatuaggio di Ilixo spicca sul suo viso e rende la figura inquietante. Sembra rilassato quando si siede e fissa il suo mentore con gli occhi chiari e freddi. Credo che abbia in mente qualche cosa quando noto il suo sorrisetto prima di ricomporsi nella solita maschera.

«Dicci, Ilixo, cosa ti aspetti da questi giochi?» inizia a domandare il mentore.

Lui comincia a rispondere, animato da una inarrestabile sete di gloria e voglia di riscatto. Non nomina mai la sua situazione famigliare ma si sente che un risultato positivo dei giochi avrebbero molta importanza per la sua vita, al di là delle cose più ovvie.

 

Quando Ilixo si interrompe, Kuna interviene con la solita domanda indiscreta.

«Come ti sono sembrati i rapporti tra i vari candidati?». Una domanda velenosa come un serpente travestito da agnellino. Vedo Ilixo sorridere sornione e comincio a sudare freddo.

Nonostante ne abbia già sentite di tutti i colori, non sono tranquilla su quanto possa uscire dalle labbra irriverenti del candidato del dieci.

 

«Mi hai scoperto, Kuna» esclama ridacchiando. Si sistema meglio sulla poltroncina e si sporge verso il presentatore come se confidasse un segreto.

«Queste due settimane di allenamenti sono state una specie di girone infernale dei lussuriosi. Ci davamo alle orge con le spade e le lance tutti i santi giorni per tutte le ore che avevamo a disposizione in palestra. Ci siamo talmente sfogati in quel periodo che credo che me lo sognerò per tutta la vita…» poi si gira a guardare il pubblico attonito.

«E Chyna?» chiede retorico facendo scattare più di una testa verso di lui «Era la comandante di tutto questo. Mi sono innamorato come un pazzo del suo carattere ostico, della sua mente vuota e dei suoi capelli che mi ricordano il colore del caro sterco delle mandrie del mio distretto…».

Kuna si agita leggermente sulla sedia e il pubblico è sempre più sconvolto, mentre io inizio a aprirmi a un sorriso divertito, preceduto di poco da una sonora risata da parte di Rainer. La prima volta che sento ridere così di gusto il candidato dell’uno.

 

«Era questo che volevate sentire?» chiede retorico con voce stentorea.

«Noi» continua facendo un ampio gesto a indicare gli altri candidati «Siamo qui per i giochi. Nessuno di noi ha avuto tempo e voglia di pensare all’amore o al sesso o a qualsiasi altra cosa che non siano  gli allenamenti. Ci hanno sfiancati, ci hanno spronati e ci hanno insegnato a maneggiare armi e trovare viveri… Chyna ha lavorato esattamente come tutti gli altri e non è quella mangiatrice di uomini che hanno dipinto i miei colleghi» e fa un piccolo gesto con la testa indicando quelli del nove che chinano il capo e hanno il buon gusto di arrossire «Ci hanno isolati, addirittura rinchiusi come prigionieri. Hanno cercato di farci odiare a vicenda. Questi giochi sono strani. Stiamo cercando di spiegarlo da quando ci siamo seduti qui e sembra che nessuno sia interessato a questo, quanto invece i legami sentimentali tra di noi».

Si rialza e si volta di nuovo verso il pubblico «Siamo stati a stretto contatto. Abbiamo sviluppato amicizie e simpatie e questo è quanto. Guardateci, giudicateci per come andranno i giochi, ma non entrate nella nostra vita privata come avete cercato di fare questa sera, perché non ne avete il diritto».

Il pubblico è scioccato e muto. Ilixo si alza e torna al suo posto prima ancora che scadano i dieci minuti e la sua compagna lo segue senza dire una parola. Lo stesso fa il mentore e Kuna rimane solo davanti alla platea, alle telecamere e a tutta Panem.

 

Sorrido a questa sfuriata di Ilixo. Non pensavo che si esponesse tanto, visto che non gli interessa nulla se non la gara e i premi. Invece ha fatto tornare l’attenzione sul vero problema di questi Hunger Games della Pace, distogliendola dalle mie vicende. Gli sono davvero grata.

Azzardo anche un timido applauso ma Bor mi blocca subito le mani e fa un cenno impercettibile con la testa. Ha ragione, non dobbiamo tirare troppo la corda, potremmo rischiare ben più di una lavata di capo.

 

Passano un paio di minuti prima che Goldgames chiami a sé i candidati del distretto undici e il loro mentore, mio padre.

Christal è davvero splendente questa sera (come anche le altre ragazze, ma lei in particolar modo) e Bor è affascinante in giacca e cravatta. Però è mio padre ad attirare tutta l’attenzione, come sempre quando viene messo su un palco senza l’unica persona al mondo in grado di oscurarlo: mia madre.

«Buonasera» dice allegro papà stringendo la mano di Kuna e accomodandosi sulla poltroncina senza mostrare alcun segno che ricordi i discorsi appena fatti su questo palco.

 

«Cominciamo subito con le vostre impressioni. Come vi sono sembrati questi allenamenti? E cosa avete visto di Capitol City?» incalza Peeta senza che Goldgames possa pronunciare una sillaba.

Prende subito in mano la situazione e i suoi ragazzi lo seguono senza esitare.

«Di Capitol City non abbiamo visto molto» inizia a parlare Bor e Christal annuisce.

«Siamo passati subito dalla stazione ai dormitori e, eccetto il circuito della sfilata, non siamo mai usciti».

«Riguardo agli allenamenti sono stati davvero estenuanti» interviene Christal.

«Non avevo mai maneggiato tante armi così e non avevo mai duellato».

«Deve essere stato difficile per voi» dice mio padre.

«Sopratutto perché non avevamo una guida che ci indirizzasse per il meglio. Come sai, voi mentori e i presentatori delle nostre mietiture, siete stati allontanati subito e noi abbiamo potuto solo interagire tra noi e con gli allenatori» risponde Bor.

 

Il pubblico rumoreggia e Kuna ne approfitta per fare le domande che a lui piacciono di più.

«Raccontateci un po' dei vostri affetti nel distretto undici. Cosa significherebbe per voi e per loro, vincere i giochi? Oltretutto il vostro distretto non ha ancora vinto questi nuovi Hunger Games».

«Se vincessimo, per prima cosa potremmo affiancare Peeta Mellark nel fare da mentore ai prossimi candidati» ridacchia Bor.

«Vuoi rubarmi il lavoro?» chiede sorridendo mio padre, scatenando l'ilarità di tutta la platea. Il ragazzo ride più apertamente alzando le mani in segno di resa «Non sia mai. Siamo molto grati agli sforzi e l'affetto che la famiglia Mellark ha sempre dimostrato nei confronti del mio distretto» e papà china la testa ringraziando.

 

«Per ognuno di noi candidati, vincere gli Hunger Games della Pace, vuol dire vita migliore per tutta la nostra famiglia e un futuro assicurato per noi. Non ho mai pensato di poter vincere a tutti i costi questa competizione, ma certo che il desiderio di avere quello che ne comporta è sicuramente allettante» afferma Christal sorridendo.

«Non che sia facile mettersi a lottare contro persone che ci sono diventate amiche. Fortunatamente i giochi non sono più come una volta e quando duelli sai che non farai male alla persona che colpisci e questo consola molto e ci permette di affrontare queste sfide più tranquillamente» incalza Bor.

 

Nei minuti successivi le domande pacate e gentili si susseguono. Nessuno fa più riferimento a quanto detto prima, tanto che sembra che la trasmissione sia effettivamente iniziata con l’intervista di Ilixo.

Mio padre è allegro, come al solito, e conduce la trasmissione con piglio e simpatia. Secondo me potrebbe tranquillamente prendere il posto di Goldgames, il programma ne guadagnerebbe.

Nonostante Kuna morda il freno dal desiderio di fare domande più imbarazzanti ai due candidati, non riesce ad intervenire e, con grande sollievo da parte di tutti gli altri, i dieci minuti scadono.

Forse questo è stato l’intervento meno caotico dell’intero programma.

 

Sorrido soddisfatta a Bor e Christal quando si accomodano accanto a me e seguo mio padre che va a sedersi con gli altri mentori nei loro posti alle mie spalle. Sono orgogliosa di essere sua figlia.

«Ecco a voi i candidati del distretto dodici. Chyna Mellark e Dick Hemington!» annuncia Goldgames con una voce che manifesta tutta la sua felicità per questo momento.

Probabilmente non vede l’ora di mettermi sulla graticola di domande che ha in mente.

«E il loro mentore: Katniss Everdeen! La Ghiandaia Imitatrice!» oppure la ragazza in fiamme, oppure la ragazza di fuoco… se sono stanca io di sentirla nominare in questo modo, figuriamoci lei!

 

Il boato che ci accoglie quando avanziamo in mezzo al palco, è qualcosa di assordante. Credo che tremino anche i vetri dei lucernari. Nonostante siano passati tanti anni, le figure dei miei genitori sono ancora molto importanti per tutta Panem, quasi quanto lo sono per me.

Accanto a me, percepisco la figura di Dick, decisamente intimorito da tutto questo clamore.

«Perché urlano tanto?» sussurra al mio orecchio. Beato Dick. Sempre e comunque se stesso. L’enorme bambinone.

Scuoto la testa «Vogliono tutti bene alla mia mamma» bisbiglio e lui si illumina e annuisce.

«Anche io» conferma.

Una volta accomodati, scruto il viso di mia madre, nella speranza di cogliere qualche cosa oltre l’espressione di circostanza. È una settimana che non la vedo e la sua presenza mi è mancata tantissimo.

 

«Eccoci!» esordisce subito Goldgames anticipando di pochi istanti la mia mentore.

«Siamo con i personaggi più famosi di questa edizione degli Hunger Games della Pace. Chyna Mellark, figlia della famosissima Ragazza in fiamme e di Peeta Mellark, vincitori degli ultimi giochi della Violenza» snocciola il mio pedigree con lo sguardo più compiaciuto che può sfoggiare.

«Cosa si prova a dover entrare nell’arena dopo più di trenta anni dai tuoi genitori, sebbene in modo diverso». Ecco che iniziano le domande stupide.

Cosa vuole che risponda? Che i miei genitori stanno ancora lottando contro i demoni del passato e i fantasmi che vengono a trovarli quasi ogni notte? Che queste settimane, con il loro allontanamento, sono state le più terribili? Che mia madre sarà morta mille volte al solo pensiero di perdermi?

«Avrei preferito non essere estratta» rispondo tetra.

Kuna rimane stupito, come se fosse impossibile il solo pensiero di quello che ho detto. «Perché mai?».

«Perché il ricordo dei giochi è molto doloroso» rispondo.

«Ma i giochi non sono pericolosi oggi» continua imperterrit Kuna.

«Infatti, e sono sicura che andrà tutto bene, ma una mamma si preoccupa sempre per i suoi figli» interviene Katniss, scatenando un applauso caloroso di approvazione.

 

«Dimmi, Chyna, come ti sei trovata in queste due settimane a Capitol City?» chiede Goldgames non appena il rumore si placa.

«Come hanno detto i candidati del distretto undici, non abbiamo visto molto della città ed io non c’ero mai stata prima. Quindi non saprei cosa dirti. Abbiamo passato il tempo ad allenarci per affinare le tecniche in vista dei giochi» rispondo facendo spallucce.

«E i tuoi rapporti con gli altri candidati?» incalza Kuna anticipando nuovamente mia madre.

Certo che papà se la cava decisamente meglio quando si tratta di parole. Sono certa che in questo momento, l’unico aiuto che potrei ottenere dalla mamma è un tiro di freccia direttamente nel cuore del presentatore per farlo stare zitto. Infatti la vedo stringere le labbra stizzita.

«Buoni. Con alcuni di loro sono anche diventata amica. In generale ci rispettiamo» resto sul vago e spero di non dover rispondere ad altre domande del genere.

 

«Chyna è mia amica» interviene Dick sorridendo entusiasta «E vinceremo insieme come hanno fatto Peeta e sua madre, tanti anni fa» annuncia facendo scatenare un nuovo applauso alla platea.

Goldgames sorride benevolo ma vedo nei suoi occhi una scintilla di malizia e cattiveria ed inizio a sudare freddo. Per il cielo di Panem! Vuole parlare del bacio!

«E’ come mai prima hai baciato Chyna se siete solo amici?». Eccolo infatti che fa detonare la bomba. E tutto il teatro rumoreggia.

«Non credo che Dick avesse delle intenzioni strane… non ha baciato Chyna, era solo un gesto di affetto» si affretta a dire mia madre, ma i suoi balbettii hanno l’effetto contrario, sollevando ancora più rumore.

 

«Gli istruttori mi hanno detto che per vincere dovevo fare così» risponde Dick ed io sorrido trionfante. Era quello che volevo sapere.

«Questa ultima settimana ci hanno tenuti separati ed hanno cercato di depistarci! Dick ha qualche problema e questo è il risultato se si continua a ripetere determinate cose. Noi siamo amici e lui non mi avrebbe mai baciato se qualcuno non l’avesse convinto a farlo. Non è il modo di comportarsi per i giochi della Pace. C’è qualche cosa di profondamente sbagliato in tutto questo e credo che si dovrebbe sospendere l’evento e fare delle indagini per stabilire che non vi siano pericoli o comportamenti sospetti, come in questi ultimi giorni!» mi alzo in piedi mentre faccio la mia denuncia e il teatro esplode in un boato sotto gli occhi increduli di Kuna Goldgames.

 

Si sente una voce che viene dall’autoparlante sopra le nostre teste che urla di spegnere le telecamere e alcuni militi che accorrono sul palco e ci spingono verso il corridoio che ci riporterà alla nostre stanze.

«Chyna!» chiama mia madre mentre tenta di prendere la mia mano.

Altre mani prendono le mie braccia e mi strattonano lontano da lei. È come se fossimo divise da un torrente di persone con flussi differenti. La corrente che scorre da lei la trascina dalla parte opposta rispetto alla mia.

Accanto a me, Dick, cerca di sottrarsi alle spinte dei militi cercando di proteggere anche me.

Qualcuno mi strattona alle spalle e il mio vestito inizia ad afflosciarsi lasciandomi quasi completamente nuda sul petto. Immediatamente le mie mani corrono a sorreggere la seta che mi ricopre e così impacciata seguo la folla composta dai candidati.

 

Con la coda dell’occhio mi accorgo che Sakìa e Rudy sono stati trattenuti ancora sul palco. Probabilmente per fare anche la loro intervista, visto che erano gli ultimi.

Accanto a me appare Brieg, infilandosi davanti al corpo di Dick il quale non si oppone, troppo impegnato a sfuggire alle grinfie dei militari.

«Certo che questa serata è stata un crescendo, ma tu hai saputo fare piazza pulita» ridacchia lui mettendo una mano sul mio fianco e attirandomi a sé.

Mi volto seccata. Come osa anche solo rivolgermi la parola dopo quello che ha dichiarato? Ha fatto intendere che ci siamo frequentati, che abbiamo fatto chissà cosa… non riesco neanche a formulare una accusa decente e mi limito a ringhiare per l’irritazione.

 

«Non ho mentito, Chyna. Io ero il tuo vicino di stanza al dormitorio» afferma strizzando l’occhio.

«Questo non ti da il diritto di fare insinuazioni. Sembra che io e te non abbiamo fatto altro che rotolarci tra le lenzuola e non è vero!» ribatto alzando la voce. Purtroppo ho le mani impegnate a tenere il vestito stretto al petto, altrimenti i miei pugni si abbatterebbero sul suo bel faccino.

«E’ stata solo una battuta innocente… per il pubblico» poi si abbassa leggermente e mi schiocca un bacio sulla guancia «Ci vediamo domani, Chyna» e affretta il passo per raggiungere la sua compagna di distretto più avanti.

Scorgo anche Paban, tra i candidati, ed ha le dita della mano incrociate con quella di Iraida.

Non mi ha mai guardato un attimo da quando siamo scesi dal palco.

«Chyna, non essere triste. Non ti bacio più, promesso» dice Dick prendendo la mia mano e seguendo gli altri.

 

Questa sera non ci riportano ai dormitori – prigione ma nei nostri vecchi appartamenti.

Non ho neanche la forza di pensare a quanto è successo questa sera, spero solo che il governo interrompa l’evento e faccia una indagine per chiarire la situazione.

Passo parecchie ore sperando che Jayson o Paban entrino dalla porta della mia camera ad annunciarmi importanti novità, ma nessuno arriva ed io, alla fine, scivolo in un sonno agitato.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

capitolo lungo il solito e… boh, non so spiegarmi. Piatto, forse?

Volevo inserire la parte di Brieg che sembra tornato alla carica e mi sono accorta che ho focalizzato l’attenzione su praticamente tutti i candidati dal sette in su. Forse perché ho dato loro un nome e quindi ‘umanizzati’ ma non sono riuscita a sorvolare su Douce e Thabo, oppure su Bor e Christal.

Prendetela come viene.

 

Vi lascio con le sole righe che ho scritto del prossimo capitolo, nella speranza che riesca a finirlo per venerdì prossimo:

«Fuori è un inferno! Hai fatto parecchio scalpore ieri sera, te lo garantisco» esclama Sigma, sedendo sul divano con aria distrutta.

«Mi interessa solo sapere se hanno interrotto i giochi» ribatto io agitando le braccia come una pazza. Non mi interessa se pensano che sono da rinchiudere o che l’amore mi abbia dato alla testa. Voglio solo tornare alla mia vita…

 

Ringrazio per l’attenzione

Alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 12
*** l'arena ***


 

Eccomi!

Visto che la settimana scorsa ho postato sabato perché non ero riuscita il giorno prima, oggi recupero con un anticipo.

Il presente capitolo è leggermente più corto e ci porta diritti al centro dell’azione.

 

Ringrazio per i commenti, e chi ha segnato questa storia tra le preferite, i ricordati e i seguiti e per chi ha solo letto ma spero apprezzato questo lavoretto.

 

Adesso un ringraziamento speciale alla bannerista per eccellenza! Elenri (Teresa) e i suoi personaggi che danno un volto ai miei candidati! Oggi una tenerissima, bellissima, cucciolosissima ALICIA! La giovanissima candidata di Capitol City!

E ora… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

E' l'alba quando suona il telefono in camera per la sveglia.

Oggi è il grande giorno, dove si arriva all'arena, sempre che il governo non decida di interrompere la trasmissione e indagare sulle palesi irregolarità. Spero che mettano sottosopra gli strateghi e che chiariscano tutta questa incresciosa situazione.

E, come cosa più importante di tutte, che scoprano e puniscano chi è il responsabile della morte del povero Beetee. Chiunque sia stato merita la pena capitale!

 

Ho passato metà della notte a pensare a quanto è successo nella serata precedente. Cosa si è capito dei candidati e delle loro idee. Già conosco le potenzialità combattive dopo una settimana di palestra in comune, ma sentirli parlare delle proprie intenzioni è stato come scoprire una nuova parte di loro.

In sostanza, come aveva anticipato Brieg quando mi aveva parlato dei candidati, parecchi di loro hanno buone ragioni per voler vincere gli Hunger Games della Pace. Il denaro, la casa, il lavoro fanno gola a tutti.

Devo dire che mi sono commossa e compiaciuta dal loro accanimento nel cercare di far capire agli spettatori quanto abbiamo subito nelle due settimane appena trascorse.

L'isolamento e questo senso di terrore e impotenza che strisciavano come una bassa nebbia nella palestra e negli appartamenti. Entrava nelle ossa e portava l'inquietudine, il sospetto, l'ira e infine la violenza. È difficile spiegare queste sensazioni dovute al comportamento degli strateghi. È  psicologia e perciò materia volatile. Ma almeno il seme del dubbio l'abbiamo piantato e speriamo che germogli...

 

Altro discorso è quanto accaduto nelle interviste riguardo ai pettegolezzi.

Sono stata denigrata in ogni modo possibile.

Paban e Iraida stanno davvero insieme e sembra che abbiano intenzione di sposarsi appena usciti dall'arena. Vero che lui mi sembrava seccato e per niente propenso alle dichiarazioni della sua compagna e poi, quella menzogna sulla madre.

Iraida non poteva proprio controbattere ma Paban voleva metterla in difficoltà o solo scherzare come si può usare tra fidanzati? Non lo so, sono così confusa.

Mi aveva baciato con trasporto quando eravamo nel corridoio e anche io l'avevo baciato. Avevo risposto al suo impeto con le labbra e con il corpo e avevo sentito il suo interesse.

Come posso credere che invece avesse giocato con me?

 

Il suo primo abbraccio è stato per parlare con i miei genitori. Il suo primo bacio è stato per comunicare con i mentori. Tutto quello che ha fatto con me è con uno scopo ben preciso. Quando ha fatto un gesto solo per il suo piacere? Solo perché voleva stare con me?

La risposta è semplicissima quanto disarmante: mai.

È sempre stato il solo con il quale parlare e preoccuparsi della situazione che si è venuta a creare ma niente di più. Sono io che ho frainteso, abbagliata dalla luce dei ricordi di quattro anni fa e dal desiderio che quello che era stato cambiasse.

 

Mia madre ha detto di fidarmi di Dick e di lui. Come posso ora?

Anche lei taglierebbe i ponti con un soggetto del genere. Ha già giocato con il mio cuore quattro anni fa e non sono disposta a farmelo spezzare ancora.

 

Brieg? Assurda dichiarazione. Ieri sera sembrava un serpente che sibilava promesse di miele che nascondevano un veleno mortale.

Non può essere tanto stupido da pensare che creda al suo nuovo innamoramento nei miei confronti! Nato così improvvisamente che ne sono travolta e stravolta. Ha dichiarato che abbiamo legato agli allenamenti... è vero. Ha dichiarato che gli dispiaceva per come mi aveva trattato... può essere.

Quello che non mi è piaciuto è stato il dichiararsi davanti a tutti, in modo così plateale come se si aspettasse qualche tornaconto.

Ricordo che anche mio padre ha fatto una dichiarazione pubblica ai suoi primi Hunger Games, e ci ha guadagnato il nomignolo di 'amanti sfortunati' con mia madre. Però ha scatenato attenzione e insieme hanno ottenuto diversi doni dagli sponsor.

 

Spalanco gli occhi davanti allo specchio e la spazzola che sta districando i capelli si blocca. Che sia questo il suo intento? Ottenere doni come innamorato? Rifiutato lo fa sembrare ancora più debole e magari il suo mentore può trovare maggiori sponsor per fargli passare bene i giochi e alla fine vincere. Può essere così perfido? Può aver studiato un piano simile?

Tutto può essere.

 

Ripensandoci bene, sia Paban che Brieg sono delle incognite.

Sembrano giocare con i miei sentimenti ma non capisco quali siano le loro reali intenzioni. Forse è meglio allontanarsi e pensare solo a quanto ci sarà nell'arena.

 

Il fatto che ci siamo allenati solo con armi classiche, può significare che i giochi saranno normali, senza armi tecnologiche come pistole o fucili. Diciamo un ritorno ai cari vecchi coltelli.

Quando ci hanno fatto studiare le piante erano prodotti dei boschi o delle foreste, quindi dovrebbe essere un normale campo boschivo, in tutto simile a quello che aveva ospitato mia madre all'epoca dei suoi primi Hunger Games, ma senza gli ibridi.

Fortunatamente sono stati vietati per i giochi della pace. Meno male, erano letali e avrebbero causato più morti di quanto si possa immaginare.

Cerco di concentrarmi su quali trappole possano aver escogitato gli strateghi. In genere lasciano che i candidati se la cavino da soli, ma a volte inseriscono dei trabocchetti per sfoltire il numero dei partecipanti. Ovviamente nessuno si fa male, non sono vere le armi, però creano sempre un grande scompiglio... e qualche livido.

 

Ormai anche Dick dovrebbe essersi alzato. Decido di andare in sala a fare colazione, l'ultima di questi giochi.

Non rivedrò più questo appartamento e la palestra. Non sono mai stata così felice come quando mi compare in testa questo pensiero. L’ambiente rimbomba dei miei passi mentre mi affaccio alla sala da pranzo. Il tavolo delle portate è imbandito e non mi resta che prendere un piatto e servirmi.

Dopo la mia decisione di non farmi più scrupoli o pensieri sui ragazzi, mi sento decisamente meglio e con uno spirito positivo, quindi posso affrontare anche una colazione pantagruelica.

«Ciao, Chyna. Dormito bene?» saluta allegro il mio compagno non appena si siede a tavola con un paio di piatti stracolmi di cibo.

«Abbastanza. Sono felice che è quasi finita… tra qualche ora saremo condotti all’arena e dopo un po’ potremo sventolare i nostri drappi e tornare a casa» dico felice di questa soluzione.

«Io volevo vincere» borbotta Dick con la bocca piena.

«Credimi, meglio se ne restiamo fuori. Quest’anno ci sono tantissimi candidati che aspirano a conquistare i giochi e credo che ci potremmo fare male se restiamo anche solo qualche giorno. Meglio rinunciare subito… non ti manca tua nonna?» mi gioco la carta della famiglia, sperando che il mio compagno abbocchi.

 

Infatti i suoi occhi si illuminano e annuisce eccitato. Credo di averlo convinto.

Anche se la mia speranza primaria è che il governo blocchi subito i giochi. Chissà che effetto hanno fatto le nostre accuse? Non sono riuscita a capire se fuori, nella piazza, il popolo di Panem sia stato scosso o meno dalle nostre parole.

In quel momento entra la nostra stilista con un piglio da sembrare una furia.

«Fuori è un inferno! Hai fatto parecchio scalpore ieri sera, te lo garantisco» esclama Sigma, sedendo sul divano con aria distrutta.

«Mi interessa solo sapere se hanno interrotto i giochi» ribatto io agitando le braccia come una pazza. Non mi interessa se pensano che sono da rinchiudere o che l’amore mi abbia dato alla testa. Voglio solo tornare alla mia vita.

Sono felice che le mie parole non siano cadute nel nulla e la sua irritazione mi urta alquanto. Ho subito una pressione psicologica terribile in queste due settimane e adesso mi vuole anche fare la predica? Possono pensare quello che vogliono, non mi interessa.

 

«Hanno interrotto i giochi?» chiede curioso Dick, come se la cosa fosse una tragedia.

«No» risponde secca Sigma «Non ci sono novità su questo fronte. Il governo non ha fatto alcuna dichiarazione, ma il malumore per come siete stati trattati si sta riversando verso la presidente Paylor e il suo entourage» spiega.

«Cosa stai dicendo? A quanto sappiamo noi sono gli strateghi che ci stanno tenendo prigionieri» contraddissi ma la stilista scuote la testa a negare.

«Sai che l'ultima parola spetta al governo. Era così anche ai tempi del presidente Snow, la gente pensa che sia ancora così» fa spallucce e prende un bicchiere di succo che inizia a sorseggiare.

«Mamma mi ha detto che non era più così» obbietto.

«Non so cosa risponderti, Chyna. So solo che sia qui a Capitol City, sia in alcuni distretti, tra cui il tuo, ci sono state delle proteste in piazza e i militi hanno faticato a sedare gli animi. Hanno anche lanciato alcuni sassi alle vetrate del palazzo presidenziale» incredibile, penso.

 

«Qualcuno si è fatto male?» chiede Dick preoccupato. Mi fa sorridere la sua sensibilità. Ha un cuore enorme questo ragazzone.

«No, caro. Nessuno si è ferito. Hanno solo scagliato un paio di sassi contro le finestre del palazzo presidenziale infrangendo un vetro istoriato, ma a parte questo niente di preoccupante».

«Certo che sei informata, Sigma. È mattino presto e sai già un mucchio di cose» esclamo ammirata. Sembra quasi che abbia una rete di spionaggio a sua disposizione.

«Te l'avevo già detto che avevo delle assistenti che sapevano tutto di tutti» risponde sorridendo.

 

«Quello che mi chiedo è che senso avrebbe se fosse stato davvero il presidente a studiare questo piano contro i candidati ai giochi. Tutti sono convinti che sia colpa sua e se le cose dovessero peggiorare la prima ad andarci di mezzo sarebbe la Paylor» penso a voce alta, senza rivolgermi a nessuno in particolare.

«Infatti, è quello che si chiedevano anche le mie assistenti» conferma Sigma, poi osserva il quadrante dell'orologio appeso al muro. «E' tardi, ragazzi. Dobbiamo andare sul tetto e salire sul hovercraft che ci porterà all'arena» annuncia.

 

Ormai è ora. Non possiamo più aspettare e, in definitiva, siamo pronti.

Io e Dick abbiamo indossato dei pantaloni di tela pesante e magliette di cotone a maniche lunghe. Sono i vestiti che ci ha portato Sigma e sono comodi e resistenti. L'arena deve essere un luogo difficile e impegnativo per necessitare di questo abbigliamento.

Sento che sto analizzando tutto con la mente allenata di un tributo dei vecchi giochi violenti, come ho letto sul libro delle memorie dei miei genitori e, in un certo sento, mi sto spaventando per il cinismo che sento nei miei pensieri. Ma non ho paura di quello che troverò, solo nozioni e concetti.

 

Ci infiliamo nell'ascensore e saliamo verso il nostro passaggio aereo.

In questo momento dovrebbero esserci i mentori a darci le ultime indicazioni, dirci che dobbiamo aspettare la fine del conto alla rovescia per evitare l'eliminazione, oppure cercare di guadagnare più armi possibili alla cornucopia o invece rinunciare ai primi duelli per trovare un altro modo, giocare d'astuzia per eliminare gli avversari. Dirci se dobbiamo sventolare subito il drappo bianco oppure aspettare qualche giorno.

Invece non c'è nessuno e io sospiro per la mancanza della mia mamma.

Arrivati sul tetto, il vento mi sferza i capelli ed io quasi vado a sbattere contro la scala che è stata fatta calare sul tetto.

Ce ne sono quattro e noi ci aggrappiamo a una di queste e veniamo tratti sul veicolo in sospensione sopra le nostre teste. La stessa cosa vedo che la fanno i candidati del numero nove. Probabilmente useremo lo stesso hovercraft.

 

L'inserviente fa accomodare me e Dick sui sedili appositi. Accanto a noi ci sono altri candidati. Dobbiamo essere stati suddivisi in due squadre, perché non vedo Alicia e nemmeno Paban o Brieg. Devono averci divisi a metà e noi siamo la seconda parte.

«Stai bene?» sussurra Christal accanto a me. Annuisco semplicemente e ci stringiamo la mano.

Fisicamente sto bene ma sento l'agitazione crescere dentro il mio corpo. Strano. Non avrei mai creduto di temere l'entrata nell'arena. So perfettamente che i giochi sono pacifici, che a parte qualche livido non si rischia niente, ma... accidenti! È tutto così reale!

 

Un milite si avvicina a noi ed inizia a inserire il localizzatore nel braccio, dopo di che ci allaccia al polso il decodificatore di impulsi che stabilisce se il candidato è stato colpito virtualmente a morte e quindi se è eliminabile o meno.

Sobbalzo quando mi viene impiantato il microchip. È una macchinetta fastidiosa e devo soffocare la sensazione di prurito sull'avambraccio dove una piccola collinetta pulsa sottopelle. Il decodificatore somiglia a un orologio ma non è meno fastidioso, visto che al di sotto, a contatto con la pelle, ci sono diversi minuscoli aghi che si conficcano nel polso.

Sento un gemito più avanti, e vari sospiri. Questa pratica non piace a nessuno a quanto vedo. Mi sento marchiata come un bovino. Dubito che anche Ilixo si senta a suo agio.

 

Il viaggio non dura tanto, una ventina di minuti al massimo. A causa delle vecchie guerre del passato, la scarsa popolazione è racchiusa nei grandi distretti ma, tra questi, oltre alle parti abitate, coltivate o utilizzate per le attività specifiche, si estendono immense zone deserte, coperte da boschi, foreste o praterie. Nessuno vi abita e le zone attorno a Capitol City vengono utilizzate e preparate come arene.

Quando atterriamo veniamo sospinti in un tunnel che ci porterà alle piattaforme che circondano la cornucopia.

Nonostante il nome ricordi i vecchi e cruenti bagni di sangue, anche il suo identificativo non è stato sostituito con un altro meno evocativo e neanche la sua forma che ricorda il solito cestino appuntito dorato. È ironico che si usi questa immagine per custodire armi e viveri, come se quegli oggetti fossero depositari di fortuna.

 

Sigma ci accompagna insieme a due militi quando si ferma davanti a una portoncina in metallo, simile a tante altre che si aprono su questo corridoio curvo.

«Chyna, penso che sia meglio che mi fermi con Dick... sai, per evitare che abbia il panico rimanendo chiuso nel tubo della piattaforma». Si rivolge a me ed io accenno un piccolo sorriso ed annuisco.

Non sono in grado di dire altro, perché il terrore mi ha attanagliato lo stomaco. Vorrei continuare a non avere paura come questa mattina ed essere coraggiosa. Invece sento che sto crollando. Vorrei avere la compagnia di qualcuno che mi incoraggi e mi dica che andrà tutto bene. Invece acconsento a rimanere da sola e alzando il mento, proseguo verso la mia postazione mentre Sigma e Dick spariscono dietro la porta grigia.

Anche il mio compagno è agitato, visto che non mi ha neanche salutato e sono consapevole di aver fatto la scelta migliore lasciandogli la nostra stilista.

Il mio viaggio in questo corridoio che declina dolcemente a sinistra, si interrompe dopo più di dieci porte e vengo invitata ad entrare. Un milite mi segue e mi indica la giacca appesa che dovrò indossare prima di presentarmi ai giochi.

È una giacca pesante, imbottita e con tante tasche di un colore che ricorda la terra umida del sottobosco. È simile a quelle che usa la mamma per andare a cacciare nei boschi. La indosso. Credo che mi terrà caldo anche di notte, sebbene non sia sufficiente se la temperatura dovesse scendere di parecchi gradi.

Sul bavero della giacca è appuntata la vecchia spilla di mia madre, con la ghiandaia imitatrice dalle ali spiegate. L'accarezzo con amore e sento con me tutto il suo affetto come se fosse presente al mio fianco.

 

«Mellark, è ora» annuncia il milite con voce atona, indicandomi il la piattaforma tonda che mi solleverà sino al piano dell'arena, attorno alla cornucopia.

Faccio un sospiro profondo, come se volessi ossigenare anche la più remota cellula del mio essere, e mi muovo verso il ‘tubo di lancio’.  Appena la piastra si abbassa leggermente a causa del mio peso, il ‘tubo’ viene chiuso alle mie spalle e mi ritrovo con le mani appoggiate alle pareti curve e trasparenti che sembrano portarmi via l’aria.

Il milite mi osserva impassibile e lascia trascorrere i secondi senza muovere un muscolo. Il mio cuore pulsa. Doloroso. Le mani mi sudano e provo ad asciugarle sulle cosce.

All’improvviso la piattaforma si alza, sulla mia testa si apre l’oblò ed io vengo spinta verso la luce.

Sono entrata nell’arena.

 

Il sole mi acceca per un attimo e non vedo nulla attorno a me. Quando strizzo gli occhi e riesco a focalizzare, mi stupisco di quanto vedo.

Mi trovo sul piedistallo che, compresi gli altri ventisette, formano un ampio semicerchio davanti alla bocca della cornucopia, dove sono deposte le armi e alcuni zaini contenenti probabilmente viveri e oggetti utili alla sopravvivenza. Siamo distanti poco più di venti metri dalla costruzione dorata. Il conto alla rovescia è iniziato. Gli ultimi sessanta secondi.

54... 53...

Osservo quanto mi circonda.

 

Ci sono colonne di pietra, capitelli e architravi lievemente smussate. Statue che raffigurano teste, corpi sgraziati o minuti, braccia, piedi. Pietre gialle e rosate, quadrate e ricoperte di muschio. Una specie di giungla cerca di ghermire queste costruzioni ed ovunque fronde di rami, liane e viticci avvolgono e stringono questi resti di città. Sembra che ci troviamo in una piazza circolare. Il pavimento è composto da lastroni di selce irregolare da cui spuntano ciuffi di erba. A circa cinquanta metri alle nostre spalle frammenti di colonne rappresentanti di un tempo lontano, limitano una circonferenza esterna.

50... 49...

 

Tra le fronde degli alberi più lontane si scorgono ancora colonne e statue giganti dal colore caldo dell'ocra. Oltre il muro di verde umido, nascono, improvvise, le rocce brulle a gradoni, sormontate da costruzioni sottili e aguzze.

45... 44...

 

Sembra che l'arena sia un immenso catino rotondo dove la cornucopia dorata è il punto più basso. Oltre la piazza e poche costruzioni ricoperte dalle piante, inizia la giungla vera. Ampia, umida, misteriosa. Dopo quello che sembrano parecchie centinaia di metri, iniziano le rocce che arrivano a punte scoscese nere. Noto che ci sono colonne nere e tetti coperti di tegole. Hanno un aspetto sinistro e spettrale, come ossa bruciate sparse sulle rocce.

41... 40...

 

Guardo gli altri piedistalli. Alla mia destra, lontano circa due metri, si trova Thabo e dopo di lui il candidato del cinque e la candidata del sette. Alla mia sinistra si trova Rudy del tredici, Nazig del due e la candidata del nove. Vedo Iraida cinque piedistalli più a destra che mi lancia uno sguardo di puro astio, prima di concentrarsi sulle armi che luccicano al sole. Paban è ancora più lontano e ha Dick accanto. Il mio compagno mi guarda con aria perplessa, come se non capisse cosa fare. Gli faccio segno di stare fermo e gli indico il timer che scorre sopra la bocca della cornucopia.

Vedo Paban che si volta verso di lui e gli parla e noto Dick annuire e sorridere più rilassato.

Ilixo è parecchi piedistalli più a sinistra ed ha un'aria tranquilla e serafica, così come Rainer che si trova a due posti più in là. Vedo anche Alicia e mi sembra abbastanza tranquilla.

38... 37...

 

Mi metto ad osservare la disposizione delle armi e degli zaini. Sono accatastati tutti alla bocca della cornucopia. Ci sono un paio di archi con le relative faretre, sicuramente destinati a me. Alcune lance e una collezione impressionante di coltelli attaccati a una tavola e ordinati per grandezza. Accanto sono distese le spade di varie lunghezze. Ho visto anche un tridente appoggiato alla parete. Ci sono praticamente tutte le armi che abbiamo provato.

33... 32...

 

Presumo che negli zaini ci siano i viveri e oggetti di prima necessità. Spero che ci siano corde e sacchi a pelo per dormire, come aveva trovato mia madre nei suoi giochi. Borracce per raccogliere l'acqua... l'acqua è importante e devo assolutamente trovarla.

30... 29...

 

In questo momento mi accorgo di non aver mai parlato di alleanze. Con la settimana di assoluto isolamento non abbiamo potuto stringere amicizie tali da stipulare patti di non belligeranza. Posso ipotizzare che non sarò attaccata da Alicia e Christal o Dick, ma quanti dei candidati possano essere considerati amici non saprei dirlo.

Qualche giorno fa avrei detto Paban o Brieg. Oggi non mi fido di nessuno di loro.

26... 25...

 

Sicuramente devo guardarmi da Rainer. È pericoloso e vuole vincere. Non gli interessa far male ma piuttosto eliminare la concorrenza. Lui sarà uno di quelli che correranno ad accaparrarsi le armi più letali e comincerà a menare fendenti a destra e a manca, colpendo tutto ciò che è mobile.

Anche Ilixo non è un cliente gentile. Anche lui vuole vincere e colpirà senza pietà. Sono convinta che non si getterà subito su un duello con Rainer, aspetterà tempi migliori e un luogo dove non sia possibile essere colpiti alle spalle mentre ci si difende davanti.

Guardo Nazig. È da lei che mi dovrò guardare io. Da lei e da Iraida. Sono convinta che saranno loro quelle che cercheranno di colpirmi appena raggiunta un'arma alla cornucopia.

22... 21...

 

E se invece, piuttosto di correre alla cornucopia, mi voltassi e fuggissi? Potrei trovare l’acqua e iniziare a costruire trappole per gli altri candidati. Sicuramente qualcuno con le armi dovrei riuscire a catturarlo e a quel punto sarei armata anche io.

17… 16…

 

Spalanco gli occhi, stupita dai miei pensieri. Non ero forse io che ho sempre pensato di sventolare il drappo bianco non appena finito il conto alla rovescia? Davvero sto pensando di lottare per vincere questa edizione dei giochi? Ma soprattutto, davvero mi interessa vincere?

Continuo a voltarmi intorno. Valuto il tempo necessario per correre alle armi o per voltarmi e correre via. Non posso sventolare il drappo bianco prima di essere insieme a Dick.

Lasciarlo da solo nell’arena, dove gli altri candidati combattono realmente con le loro armi smussate, rendendo reale ogni mossa, sarebbe da irresponsabili.

Potrebbe scatenarsi come quando ha preso per il collo l’istruttore l’ultimo giorno prima dell’isolamento.

13… 12…

 

Potrei tentare di raggiungerlo e difenderlo dagli altri candidati, nel frattempo che decido come comportarmi e quando sia il momento opportuno per sventolare il drappo bianco.

Allungo la mano e mi tasto il taschino posto sulla spalla destra, leggermente gonfio e chiuso da una zip. Il fazzoletto che serve come chiave per ritirarsi dai giochi si trova lì dentro. Stranamente sento che quel punto è più caldo rispetto al resto della giacca, ma forse è solo una mia impressione, visto che sto sudando copiosamente a causa dell’agitazione e dallo stress.

10… 9…

 

Mi riscuoto dai miei pensieri. Siamo arrivati alla fine del conto alla rovescia. E io non ho ancora deciso come comportarmi.

8… 7…

 

Do ancora una occhiata agli altri candidati. Sono tesi e pronti a scattare, esattamente come me.

6… 5…

 

Fletto una gamba in avanti e una indietro, allargo leggermente le braccia, faccio lunghi e calmi respiri per frenare la corsa impazzita del mio cuore.

4… 3…

 

Focalizzo l’attenzione sull’arco e una specie di spadino corto posato lì accanto. Ho deciso. Quelle saranno le mie prede. Per i primi minuti  di questi Hunger Games della Pace, giocherò come gli altri. Se verrò colpita sarò esclusa e me ne tornerò a casa. Se riuscirò a scamparla troverò Dick e sventoleremo il drappo bianco. In ogni caso, nel giro di due ore, uscirò dall’arena.

2… 1…

 

Sento un fischio acuto che mi fa automaticamente scattare in avanti. Come me, vedo correre anche gli altri candidati in macchie scure veloci.

I settimi Hunger Games della Pace sono ufficialmente iniziati.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ci siamo! Gli Hunger Games della Pace sono iniziati.

Cosa accadrà adesso?

 

Questo è stato un capitolo piuttosto intimista. Le impressioni di Chyna rispetto a tutto quel che concerne il gioco. Nessun Paban, nessun Brieg, nessun Ilixo per farla distrarre.

 

Vi lascio allo spoiler del prossimo, importantissimo capitolo:

Mi sento strattonata e scossa mentre le mie braccia non reagiscono. Sono lasciate inermi lungo i fianchi. Sto ancora fissando il viso bello di Douce e i suoi assurdi capelli verdi…

E sì, il prossimo banner postato sarà proprio Douce… un personaggio creato apposta dopo aver visto l’immagine.

 

Ringrazio per l’attenzione

Alla prossima settimana

baciotti

 

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Capitolo 13
*** la cornucopia ***


 

Signore e Signori, buonasera!

Considerando che venerdì sera sono impossibilitata a postare e che il capitolo più importante di tutti (cioè questo) è pronto da un po’, ho deciso di postare con un giorno di anticipo, nella speranza di farvi cosa gradita.

 

Come tutti gli HG questo è il capitolo più difficile: cosa succede alla fine del conto alla rovescia, ed è anche il punto cardine di tutta la mia storia. Spero che lo apprezziate quanto io mi sono appassionata a scriverlo. Non so se l’ho reso bene, visto che le immagini nella mia mente si dovevano accavallare frenetiche, mi auguro, se non altro, di essere stata chiara.

 

Ringrazio chi mi ha inserito tra i suoi preferiti, ricordati e seguiti. Chi legge e scopre che questa storia gli piace, chi recensisce e magari becca i miei orrori permettendomi di correggere e rendere la storia ancora più bella. Grazie.

 

E soprattutto ringrazio Elenri (Teresa) che rende questa storia più interessante con le sue immagini che danno un volto ai vari personaggi, rendendoli più reali. Questa volta abbiamo una ragazza curiosa. Ecco a voi DOUCE, la ragazza del distretto 8 dai capelli verdi. Lei è stata creata proprio dopo aver visto il banner.

E ora… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Urlo. Mi fa male la gola ma continuo a urlare. Grido straziata e piango. Piango, urlo e mi rannicchio a terra, con le ginocchia al petto. La testa tra le mani. Tiro ciocche di capelli con le dita. E intanto urlo. Dondolo sulla mia posizione e urlo. Accanto a me ci sono l’arco, la faretra e lo spadino coperti di sangue. Gli alberi mi circondano e mi offrono il loro riparo. Ma nessuno mi può riparare e proteggere da quello che ho visto. Dal sangue che ho visto… urlo e piango. Piango finché non ho più lacrime, urlo finché non ho più voce, dondolo finché le forze mi abbandonano e la mia mente diventa completamente buia.

Finalmente non sento più nulla. Forse sono morta anche io.

 

Purtroppo non è così. La mia mente addormentata mi fa rivivere tutto come in un crudelissimo film, ed io rivedo quello che è successo a partire dal fischio che ha dato inizio ai giochi.

 

Il fischio interrompe il bip del conto alla rovescia. In quel momento scattiamo tutti verso il centro della piazza, verso la cornucopia. Sento solo il fiatone mio e di quelli accanto a me.

Mi dirigo immediatamente a raccogliere l'arco e mi getto a terra per afferrare lo spadino con una mano e la faretra con l'altra.

Sul mio capo sibila una lama, della quale scorgo solo lo scintillio dovuto alla luce del sole. Rotolo lontano dall'ombra che incombe su di me fin vicino alle piattaforme, stringendo le mie armi al petto. Riesco a sollevare la testa quel tanto che basta per riconoscere Sakìa che si allontana veloce da me, attirata da qualcosa d'altro.

 

Mi metto in ginocchio ed infilo la testa nella cinghia della faretra.

Sento urla di dolore. È iniziato il cosiddetto bagno di sangue, anche se di sangue non ne scorre più da parecchi anni.

Adocchio uno zaino. Con quello sarei equipaggiata in modo ottimale per affrontare l'arena.

Accanto a me corre un altro candidato che mi sembra di riconoscere come Owen.

La mia mano scatta ad afferrare saldamente lo spadino per difendermi, ma lui mi supera senza degnarmi di uno sguardo, attirato da altre cose.

 

Incuriosita mi volto e inorridisco.

Davanti alla bocca della cornucopia le spade mulinano. Rainer colpisce con ferocia chiunque sia vicino. Accanto ai suoi piedi sono accasciati il candidato del cinque e la candidata del sei.

Ilixo si sta difendendo dagli assalti del candidato del nove e del tre.

Fisso quasi affascinata, quei due corpi abbandonati al suolo.

I loro occhi sono aperti, sbarrati eppure vuoti.

Perché sono vuoti? Non dovrebbero far finta? Non dovrebbero gemere per il colpo, ma muoversi comunque? Non dovrebbero parlare o urlare? Qualsiasi cosa, tranne quella innaturale immobilità. I corpi hanno una strana angolazione. Sono fermi e... sono insanguinati.

Non hanno il solito segno carminio di ferita addosso. Il candidato del cinque ha un segno ampio, slabrato, dal quale sgorga copioso un fiume di rosso scuro. Sangue. Che si mischia a quello che sgorga dal petto della candidata del sei.

 

Thabo sta usando una specie di larga ascia contro due candidati e vedo Douce correre verso di lui. Si affiancano contro Nazig, il candidato del sei e quella del nove. La ragazza dai capelli verdi para e contrattacca. Avanza e arretra e colpisce. La foga di Thabo è più disorganizzata ma comunque efficace. I candidati del sei e del nove cadono con una mezza giravolta e affondano il viso nei ciuffi d'erba che crescono tra la selce, e che si colorano di rosso.

Douce si piega in avanti e viene colpita al petto dalla lancia di Nazig che si affretta ad estrarre la punta e ad avvicinarsi ad un'altra vittima.

 

«Chyna! Chyna!» sento gridare. Mi volto a quella voce famigliare e mi trovo a osservare Christal che corre verso di me e si accascia in ginocchio al mio fianco.

«Sei ferita? Stai bene? Le armi sono vere! Oh, Dio! Ho paura, Chyna! Le armi sono vere! Uccidono!». Mi sento strattonata e scossa mentre le mie braccia non reagiscono. Sono lasciate inermi lungo i fianchi. Sto ancora fissando il viso bello di Douce e i suoi assurdi capelli verdi.

Era bella. Doveva sposarsi appena uscita dai giochi con il suo innamorato del distretto 8. invece è lì, stretta tra le braccia di Thabo che piange e le chiede di svegliarsi.

 

«Le armi sono vere?» chiedo atona. Non riconosco neanche la mia voce. Le armi sono vere? Quando le usiamo tagliano davvero? Non capisco cosa sta dicendo. Le armi sono vere? Certo, questo potrebbe spiegare perché quelle persone non si muovono più.

 

Accanto alla bocca della cornucopia, Paban sta recuperando il tridente. Tipico del suo distretto. Vicino a lui, Dick sta mulinando una spada per saggiarne il bilanciamento. È diventato davvero esperto. Addosso a loro si gettano altri due candidati che brandiscono una spada e una lancia.

Dick è spaventato. Tenta di farsi piccolo e para i colpi senza rispondere agli assalti. Ha gli occhi spalancati ed è sempre più debole, come se gli mancassero le forze.

Paban si para davanti a lui e riesce a ferire alla spalla  uno dei due prima che questo scappi. L'altro lo colpisce al braccio e gli fa mollare il tridente di mano e lo fa cadere in ginocchio.

Nel momento in cui vedo che alza la spada sopra la testa di Paban per dargli il colpo di grazia, urlo un 'no' che si confonde con gli altri suoni della piazza. Dick si riscuote e colpisce al petto, facendo schizzare il sangue del suo avversario, tutto intorno a loro.

Anche in questo caso il  candidato è a terra e il mio compagno aiuta Paban ad alzarsi ed allontanarsi dalla cornucopia, raccogliendo il tridente, due spade e uno zaino voluminoso.

 

Sul terreno iniziano a crearsi rigagnoli rossi, come fiumi che cercano il mare attraverso la pianura.

Brieg sta lottando contro Iraida e la candidata dell'uno. Sono forti e lo stanno mettendo in difficoltà. Dietro le loro spalle spunta la candidata del dieci che colpisce quella dell'uno e viene atterrata da due fendenti dati in contemporanea dagli altri due.

Nazig si è impossessata dei coltelli e ne lancia due contro Sakìa che viene ferita al fianco mentre si ripara dietro a uno zaino, dove si conficca l'altro.

 

Rudy sta lottando contro quello del due ed è decisamente in difficoltà. Para i fendenti sempre più debolmente.

No. non voglio che venga ferito o peggio. Vedo che il favorito ghigna, pregustando la vittoria e il sangue di una nuova vittima ed io, in automatico, raccolgo arco e freccia e incocco pronta a scoccare. Non  mi interessa che ferirò quel candidato. Voglio salvare Rudy.

Respiro a fondo e trattengo il fiato, poi lascio andare il filo che da la spinta alla mia arma.

Ma è troppo tardi. Il braccio del favorito disegna un ampio semicerchio in aria e colpisce il collo del candidato del tredici, lasciato scoperto. La testa bionda di Rudy, rotola ai piedi di Christal, accanto a me, e ci guarda con occhi vitrei e spenti.

Iniziamo a urlare, terrorizzate da questa violenza.

Al nostro grido si sovrappone quello del candidato del due, colpito dalla mia freccia alla coscia.

 

Vedo Sakìa voltarsi e guardare fissa la testa mozzata di Rudy. Cerca di capire cosa sia successo e il suo sguardo si volta al mucchio dove riconosce il resto del corpo. Ai piedi del candidato del distretto 2 che si sta estraendo a forza la mia freccia dalla gamba.

Anche lei lancia un urlo. Un grido di rabbia. Un grido di vendetta. E si lancia contro l'assassino del suo compagno.

Lui se ne accorge e riprende in mano la sua spada ritornando in posizione di guardia, ma è sbilanciato dalla ferita e non riesce a fermare lo slancio della ragazza. Le rispettive armi trovano la loro nuova custodia accanto al cuore degli avversari, uccidendo entrambi.

Come a rallentatore, guardo i due corpi cadere in ginocchio e sostenersi a vicenda, in una grottesca opera funebre.

 

Le urla e i lamenti sono ovunque.

Noto vagamente che Rainer e Nazig fuggono verso la giungla. Anche Ilixo, con il suo zaino e la piccola ascia, sparisce verso il muro verde correndo veloce.

Iraida si affretta ad avvicinarsi a Paban ma lui la scansa in malo modo, provando anche a colpirla con il tridente. Iniziano a lottare e il ragazzo, se pur ferito a un braccio, riesce a contrastare la furia di lei senza alcun problema, anzi, riesce anche a mettere in difficoltà la sua compagna.

In un attimo, Iraida è in piedi e corre verso la foresta, preceduta da pochi passi da Brieg che scompare tra gli alberi dopo pochi secondi.

 

«Christal. Christal, stai bene?» chiede preoccupato Bor, inginocchiandosi accanto alla sua compagna e tastando il suo corpo per constatare che non vi siano ferite.

«Bor, sto bene. Davvero» risponde Christal con le lacrime agli occhi. Sembra che le lotte siano terminate.

Siamo tutti sconvolti. Le armi dovevano essere smussate, non dovevano essere pericolose e vere. E allora perché Sakìa e Douce non si muovono? Perché la testa di Rudy è orrendamente staccata dal suo corpo?

Anche Paban e Dick si stanno avvicinando a noi, così come i ragazzi del tre che stanno piangendo straziati. Sento gemere e lamentarsi le ragazze del cinque e del sette, inginocchiate insieme a consolarsi, poco distanti da noi.

 

«E' colpa tua! È solo colpa tua!» sbraita Owen correndo verso di me. Lo guardo stranita, con ancora gli occhi velati dalle lacrime. Non capisco cosa voglia dire.

In quel momento, la mia attenzione viene attirata dalla ragazza del cinque e quella del sette che si alzano e aprono decise il taschino sulla spalla destra ed estraggono all'unisono i drappi bianchi, decise a evadere da questo girone infernale.

Vedo anche Shae e il suo compagno del tre guardare le due ragazze e aprire gli stessi taschini per estrarre a loro volta il drappo.

Li osservo come se fossi al di fuori del mio corpo. La testa di Rudy mi sta ancora guardando e sembra che mi sussurri “Fallo anche tu... vattene via... fallo anche tu” e non posso essere più d'accordo.

La mia mano tremante si avvicina alla spalla destra e ogni cellula del mio corpo è tesa a fuggire da questo posto. Non potrò mai scordare l'orrore di queste ore... minuti... secondi di sangue.

 

Guardo attentamente le mani delle ragazze che si sollevano verso il cielo. Non c'è neanche un filo di vento e il fazzoletto rimane rigido lungo il braccio, sino a quando, incredibilmente, i pezzi di stoffa bianchi si sollevano, pur persistendo l'assoluto immobilismo dell'aria. Non appena la punta del drappo è perfettamente verticale in linea con il braccio alzato, una scarica elettrica, come una freccia appuntita e fatale, colpisce ciascuna delle ragazze.

Il fazzoletto funge da conduttore e la corrente trapassa i corpi, friggendo le cellule e uccidendo le due candidate.

I corpi cadono rigidi a terra, scossi dagli ultimi spasmi. Nell'aria si spande una ripugnante puzza di carne umana bruciata.

 

I candidati del tre rimangono interdetti e spaventati guardando i due corpi delle candidate, ma ormai hanno già alzato i drappi al cielo.

«Shae! Gettalo!» urla Paban, correndo verso la ragazza. Dick lo segue con urgenza e urla anche al ragazzo di lasciare andare il pezzo di stoffa. Purtroppo il candidato del tre si trova già perpendicolare al braccio e prima del mio compagno arriva il fulmine che scaglia il ragazzo a cinque metri di distanza. Bruciato.

«Shae! Gettalo!» ripete Bor, spaventato. La ragazza del distretto tre scoppia nuovamente a piangere. «Non riesco. Ho il braccio bloccato! Vi prego! Fate qualcosa!» implora mentre il suo viso è una maschera di terrore.

Paban si getta contro di lei e cerca di piegare il braccio alzato. Vedo che gonfia i muscoli ma, nonostante tutto, l'arto della candidata rimane stoicamente dritto. Anche Dick si aggrappa al braccio della ragazza, mettendoci una forza tale che un normale corpo sarebbe stato spezzato. Nessun risultato.

Il drappo si sta mettendo in verticale. Tra pochi istanti arriverà la scarica elettrica che segnerà la fine della vita di un altro candidato.

«Paban... Dick... toglietevi. Rischiate di rimanere fulminati anche voi» pigola Shae tra le lacrime, rassegnata a morire tra pochi secondi.

 

Il fazzoletto bianco è quasi allo zenit e sia Paban che Dick si sono allontanati per evitare di ricevere la scossa anche loro. Il candidato del quattro ha il viso coperto di sangue e polvere e non si riesce a distinguere la sua espressione. Il mio compagno ha lo stesso strato di sporco, rigato dalle lacrime che scendono copiose sulle guance.

Raccolgo nuovamente il mio arco. Voglio fare un ultimo disperato tentativo. Svelta prendo la mira e scocco una freccia verso il quadrato bianco che spicca nella piazza. Ho mirato alla base, vicinissimo alle dita. Spero che funzioni.

Il mio dardo non perdona e colpisce e trapassa con precisione. Grazie alla forza di spinta, la mia freccia trascina nella sua corsa il drappo bianco, facendolo atterrare a circa quattro metri distante da Shae, staccandolo dalla sua mano. In quell'istante arriva il fulmine e la scossa carbonizza la stoffa, lasciandola floscia ed annerita, come una mantella a coprire la mia freccia. Lei è salva.

 

La candidata del distretto tre cade in ginocchio, e scoppia in lacrime mentre ripete continuamente «Grazie... grazie...». Il più vicino a lei è Dick e Shae si getta letteralmente tra le sue braccia, mendicando un abbraccio e un sostegno.

«Va bene. Stai bene. Non piangere. Stai bene» mormora imbarazzato il mio compagno, stupito di questa scena, non sapendo come comportarsi.

 

In tutto questo periodo, Owen è rimasto accanto a noi e ricomincia a urlare, riempiendo la sua voce di odio. «Chyna, è tutta colpa tua!» sbraita indicandomi.

Siamo tutti scioccati da quanto accaduto. Forse lui non ha ancora realizzato pienamente i fatti.

«Gli istruttori me l'hanno detto, ma io non ci credevo! È tutta colpa tua!» continua a urlare avvicinandosi minaccioso.

Come può accusarmi di questo? Non ho messo io le armi vere nella cornucopia. Non ho ucciso io i candidati nel bagno di sangue. Tra l'altro, non ho più visto Alicia da quando sono finiti i sessanta secondi. Spero che sia fuggita subito, addentrandosi nella giungla, lontana da questo inferno di sangue.

«Tu volevi ucciderci!» grida più forte, con gli occhi spiritati e accesi. Brandisce la spada alzandola verso il cielo come una mazza da abbattere sulla mia testa.

“Colpiscimi. Finisci le mie pene e il mio terrore” chiede la mia mente, incapace di formulare altro pensiero se non la voglia di fuggire, in qualunque modo, anche morendo.

 

Bor si alza e si frappone tra lui e me, che sono ancora di nuovo appoggiata a Christal.

«Owen! Non dire sciocchezze!» urla il candidato del distretto undici. «Le armi dovevano essere smussate e non dovevano essere vere. Non dovevano uccidere! Credi che lei abbia potuto sostituirle?». È una domanda retorica. Non posso averlo fatto, non avrei gli agganci e le possibilità. È una idea semplicemente assurda.

 

«E' stata lei, io lo so!» continua a dire ostinato. «E' stata lei!». Ormai è rosso in viso e l'espressione stravolta dall'odio e dalla furia cieca.

All'improvviso prende una decisione. Noto la determinazione nel suo sguardo. Sono sicura che vuole colpirmi ma c'è il candidato dell'undici che si interpone tra noi due. Owen alza di nuovo la spada e la spinge nel corpo di Bor, infilzandogli il torace e schizzando sangue.

 

Bor cade in ginocchio, guardando stupito il suo ventre e poi Owen. Io urlo più forte di prima. Christal urla più forte di prima. Dick, Paban e Shae gridano, ma è Owen che lancia il gemito più straziato, inarcando la schiena e mostrando la punta della spada che spunta dal suo petto trafitto e sputando un fiotto di sangue.

Dietro le sue spalle, Thabo, con occhi pieni di odio e determinazione, spinge forte l'arma sino a strappare al giovane candidato di Capitol City il suo ultimo respiro.

«Basta morti... basta morti... basta morti...» ripete il moro estraendo la spada e infilandola nuovamente nel corpo di Owen. E ancora. E ancora. Sino a quando Paban non lo abbraccia impedendogli di continuare e Thabo ricomincia a piangere a dirotto.

 

Accanto a me, Christal stringe spasmodica un Bor morente, cercando di trattenere la sua anima con la sola forza delle mani e della sua disperazione.

«Andrà tutto bene... Bor, non morire... ti prego... non morire...» continua a ripetere mentre piange sul viso del suo compagno.

«Christal... tesoro, non piangere» mormora lui con grande sforzo, cercando il suo viso con la mano. «Voglio che tu... sappia una cosa...» deglutisce con fatica «Io... ti amo. Voglio che tu viva... che sia felice... am... o... re...».

Bor lascia andare l'ultimo respiro tra le braccia tremanti di Christal e chiude gli occhi per sempre.

Piango silenziosa, per la perdita che mi fa più male di tutte sino a questo momento.

 

L'urlo straziato e isterico di Christal, sovrasta tutti gli altri gemiti. Stiamo piangendo tutti ma è lei la più distrutta.

«Christal, lascialo» dice gentilmente Shae, cercando di staccare le dita della ragazza dalla giacca di Bor.

«No... no... lui ha detto di amarmi... dobbiamo stare insieme... non voglio lasciarlo...» farnetica ostinata. Shae e Paban riescono a staccare Christal dal corpo senza vita del suo compagno e a trascinarla di qualche passo lontano da lui.

Distrattamente mi rendo conto che anche io sono aiutata ad alzarmi da Dick e vengo gentilmente spostata verso gli altri, più distante rispetto a quel campo di battaglia disseminato di morti.

 

«No!». All'improvviso Christal si divincola dalle mani dei due candidati ed estrae il drappo bianco sventolandolo immediatamente in alto e correndo ad inginocchiarsi accanto a Bor. Piange quando gli sfiora le labbra in un primo, ultimo bacio. Piange quando sussurra «Sto arrivando da te». Piange quando alza il viso mentre il fulmine la colpisce e la fa ricadere esanime sul corpo del suo compagno e amore. Piange ma sul suo volto contratto, aleggia un'ombra di sorriso.

Tutto si svolge talmente in fretta che nessuno di noi ha il tempo di reagire ed impedirle di suicidarsi.

 

Sbarro gli occhi per un attimo, pietrificata dal terrore di quello che sto vedendo e cerco di capire. Di far entrare nel mio cervello tutto quello che è successo sino ad ora.

I ragazzi del sei e del cinque sono morti. Le ragazze del sette e del nove sono morte. Douce, Sakìa, Rudy... Bor è morto per difendermi, Owen è morto perché voleva uccidere, Christal è morta perché non voleva sopravvivere al suo compagno... E' morta per colpa mia. Bor è morto per colpa mia. Owen aveva ragione.

«Aveva ragione» mormoro con gli occhi sbarrati. Nessuno mi ascolta, traumatizzati come me e occupati a guardarsi intorno. «Aveva ragione» dico più forte.

«Cosa, Chyna?» domanda gentile Dick guardandomi curioso.

«Owen. Aveva ragione. È colpa mia» dico ancora più forte.

Paban si volta verso di me e aggrotta le sopracciglia «No. Non è colpa tua. La colpa è degli strateghi che hanno messo armi vere. Che ci hanno isolati e ci hanno convinti ad alimentare un odio cieco tra di noi. Tu non centri niente» afferma con veemenza, ma io non so sento.

Continuo a scuotere la testa che mi sta per scoppiare. Vorrei morire. Vorrei fuggire da questo incubo.

«Aveva ragione» urlo acutissima, riversando di nuovo le lacrime sul viso.

 

Dick tenta di abbracciarmi per consolarmi e Paban si avvicina, ma questa volta sono più veloce e mi volto verso la giungla. Non mi rendo neanche conto che ho ancora l'arco in mano e lo spadino alla cintura. La faretra mi sbatte sulla schiena mentre inizio a correre come se avessi una fiera alle calcagna.

Corro e piango. I miei occhi sono velati e non riesco a vedere chiaramente dove mi sto dirigendo. Piango e grido il mio dolore per tutte quelle vite spezzate.

Sento Dick e Paban che mi richiamano, mi dicono di tornare indietro ma io non voglio. Devo assolutamente allontanarmi da quel sangue. Da quell'orrore. Da quelle morti.

Non ho idea di quanto corro. Continuo sino a quando i muscoli mi fanno talmente male da non riuscire più a sostenermi. Continuo sino a quando il cuore sta per scoppiare e mi impedisce di fare un passo in più.

Mi accascio sulle radici di un albero e urlo. Mi fa male la gola ma continuo a urlare. Grido straziata e piango. Piango, urlo e mi rannicchio a terra, con le ginocchia al petto. La testa tra le mani. Tiro ciocche di capelli con le dita. E intanto urlo. Dondolo sulla mia posizione e urlo. Accanto a me ci sono l’arco, la faretra e lo spadino coperti di sangue. Gli alberi mi circondano e mi offrono il loro riparo. Ma nessuno mi può riparare e proteggere da quello che ho visto. Dal sangue che ho visto… urlo e piango. Piango finché non ho più lacrime, urlo finché non ho più voce, dondolo finché le forze mi abbandonano e la mia mente diventa completamente buia.

Finalmente non sento più nulla. Forse sono morta anche io.

 

 

Un colpo di cannone mi sveglia di soprassalto. Mi siedo intontita, con un gran dolore alle tempie e frego le mani sulla faccia distrutta. Un altro colpo di cannone e a breve distanza un'altro. I colpi si susseguono. Provo a contarli... uno... due... tre... quattro... cinque... sei... sette... otto... nove... dieci... undici... dodici... tredici... ma avevo saltato anche quelli dell'inizio.

Quindici o sedici colpi. Quindici o sedici vite. Quindici o sedici ragazzi come me, con tutta la vita davanti, con i loro pregi e i loro difetti che sono stati spezzati, uccisi, annientati da questo gioco terrificante.

Ora capisco mia madre e mio padre, quando guardano con l'occhio vitreo senza vedere nessuno, quando urlano nella notte, quando tremano. Anche io vedo quello che adesso non è davanti a me. Anche io adesso vedo la testa di Rudy, i suoi occhi che mi guardano, i suoi occhi dove non c'è più vita. Anche io adesso vedo Christal che alza il drappo bianco e si accascia sul corpo senza vita di Bor.

 

È un gioco orribile. Questi erano gli Hunger Games della Violenza. Questi erano i giochi di più di trenta anni fa. Perché oggi è successo tutto questo? Perché tanti ragazzi sono morti? Perché?

Sto tremando. Mi stringo le braccia al petto, più forte. Morirò? Anche io verrò uccisa come gli altri candidati? Oppure cadrò in qualche trappola predisposta dagli strateghi?

A questo punto mi aspetto di tutto.

 

Chissà se mia madre ha visto quanto è successo nell'arena? Avrà avuto paura per me? Si sarà meravigliata come tutta Panem per questa violenza inaudita? Sarà inorridita per tutto quel sangue e quelle giovani vite spezzate?

Come avranno reagito i miei genitori? E gli altri mentori? E Jayson?

Io volevo solo tornare a casa e ora lo voglio ancora di più e non posso usare il fazzoletto bianco. È stato crudelissimo sostituire un innocuo pezzo di stoffa in una macchina mortale come quella che abbiamo visto.

Ci troviamo con l'impedimento di fatto di poter uscire volontariamente dall'arena. Ci vogliono chiusi qui dentro ad ucciderci come ratti.

 

Di chi mi posso fidare? Chi non vuole uccidermi? Saranno tutti come Owen? Oppure potrò trovare qualcuno dei sopravvissuti? Chissà dov'è finita Alicia? Spero davvero che stia bene. Deve essere fuggita subito dopo il conto alla rovescia e non si è avventurata alla cornucopia.

Invece Rainer, Ilixo, Iraida, Nazig e Brieg sono fuggiti prima di vedere i drappi bianchi. Non sanno che non si può uscire dall'arena con quel metodo. Anche se dubito che loro vogliano avvalersene. Sono più i tipi che lottano per vincere, anche a costo di uccidere gli altri nel vero senso della parola.

 

Guardo lo spadino che è appoggiato a terra e sfioro il sangue rappreso sulla lama. Di chi è questo sangue? Chi lo ha schizzato sino a me? Sarà il sangue di Bor? Di Owen? O di Rudy?

 

Che fine faranno i corpi dei candidati morti? Come reagiranno i distretti di fronte a questa barbarie? Trent'anni fa è scoppiata una rivolta che ha portato alla deposizione del presidente Snow e a un nuovo tipo di governo più umano. Perché questo cambio di direzione? Cosa si vuole ottenere da tutto questo sangue?

Mi immagino il distretto undici, attorno alle famiglie di Christal e Bor mentre piangono i loro ragazzi, composti nelle bare di legno grezzo. Quali sentimenti di vendetta albergheranno negli animi di tutta Panem? E verso chi sarà indirizzato questo odio?

 

Mi sento svuotata. Stanchissima. Ma non riesco a chiudere di nuovo gli occhi. Posso fidarmi a dormire qui sulla terra? Posso essere sicura che non arriveranno belve feroci, ibridi a sbranarmi? Oppure i candidati assetati di sangue come Rainer? Iraida sarebbe ben felice di porre fine ai miei pensieri in modo definitivo.

La luce si sta affievolendo, sta facendo notte e con il buio si stanno svegliano nuovi rumori nella giungla.

Rimpiango di non aver avuto lo spirito di prendere uno zaino. Dentro avrei potuto trovare quanto necessitava per passare una notte più confortevole che non la dura terra.

Avrei dovuto rimanere con Dick. Lui mi avrebbe protetta, ne sono sicura.

Ci sono troppi rimpianti per non apparire ridicola. Non sono una bambina e se ho fatto alcune scelte, come scappare, devo accettarne le conseguenze, come aver freddo la notte.

 

Secondo i racconti del papà e come funzionava negli altri Hunger Games della Pace, tra poco farà totalmente buio e in cielo verrà proiettato lo scudo di Panem e le immagini dei candidati usciti dal gioco sino a questo momento. “Usciti dal gioco” penso ironica “Che definizione simpatica per identificare un morto”.

Non riesco ancora a capacitarmi. Le armi erano vere e noi ci siamo uccisi a vicenda, poi per fuggire all'arena ci siamo affidati al drappo bianco e siamo rimasti fulminati. Perché le armi erano vere? Perché i drappi erano manomessi? Contro chi, i miei compagni di giochi, devono gridare vendetta? Chi si porta sulla coscienza tutte quelle giovani vite?

 

Decido di salire sull'albero per poter vedere chi ci è rimasto alla cornucopia. In realtà non ho bisogno di guardare le loro immagini. I loro volti sono stampati nella mia mente e nel mio cuore. Mi verranno a cercare nei sogni, ogni qual volta proverò il sollievo di un sonno tranquillo. Ne sono sicura. Eppure ne ho bisogno. È come cercare il dolore perverso. Come cauterizzare una ferita con la fiamma viva direttamente sul sangue e sui nervi. È cercare il dolore per provare di essere ancora viva per poter soffrire ancora di più.

Ogni volto che vedrò, anche il meno famigliare, sarà una pugnalata al cuore. E una lacrima agli occhi.

 

Salgo velocemente sull'albero e riesco a vedere il simbolo di Panem in uno spazio tra due rami frondosi. Dagli autoparlanti, parte l'inno di stato e poi iniziano le immagini dei candidati morti al bagno di sangue.

Si parte con Owen di Capitol City e si passa alla ragazza dell'uno e al ragazzo del due.

Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che non c'è Alicia. Lei è salva!

 

Compare l'immagine del ragazzo del tre che ho visto fulminato, prima della mia fuga. I ragazzi del cinque e del sei e la compagna di Brieg del sette. Il volto bellissimo di Douce illumina la volta celeste e mi si stringe lo stomaco mentre un singhiozzo sfugge dalle mie labbra.

Le ragazze del nove e del dieci. La dolcissima Christal e il suo adorato Bor. La dura Sakìa, tanto disciplinata, e il chiassoso Rudy, così fuori le righe.

Sono sedici. Sedici vite stroncate nel fiore degli anni senza neanche sapere il perché.

Almeno, trenta anni fa, si sapeva che chi entrava nell'arena aveva altissime probabilità di morire. Oggi non è così. Non doveva essere così!

 

Sto per iniziare a scendere quando una voce mi blocca e mi fa tremare dalla paura.

«Chyna! Dove sei?». Non sono sicura di riconoscere la voce, non sono certa di avere tutte le facoltà.

Chi sarà? Amico o nemico?

 

---ooOoo---

Angolino mio:

siamo alla fine del capitolo. spero di aver comunicato quella tensione e quella intensità che gli è dovuta visti gli eventi.

 

Buona parte del capitolo è il ricordo, visto sempre da Chyna. Bisogna tenere presente che, sebbene sia distante, non ha visto proprio tutto (infatti si accorge che non c’è Alicia ben dopo il bagno di sangue). Inoltre bisogna ricordare che le armi erano smussate e loro facevano i duelli con la sicurezza di non ferire. Adesso si ritrovano dei morti tra le mani ma visto che le lotte si sono svolte in contemporanea tra più ragazzi, ci sono state parecchie vittime prima di accorgersi che si moriva davvero.

 

Anche il drappo bianco è stato un brutto colpo! Qui c’è proprio la volontà di tornare alla violenza degli Hunger Games. Provate a formulare delle ipotesi sul perché!

 

Riassumendo, su 28 candidati, ne sono sopravvissuti 12. mi mancheranno Bor e Christal, erano i miei preferiti ma volevo una scena di pazzia e dolore totale per loro due e con Owen e Thabo è stata davvero perfetta (a parte i decessi).

 

Adesso vi lascio un piccolo assaggio del prossimo capitolo:

 «Può darsi. Ora come ora sono più preoccupato delle trappole che possono aver disseminato nell’arena. Dovremo stare molto attenti. Credo che adesso sia il pericolo maggiore».

«Più di Rainer e Nazig?» chiedo.

«Sì, più di loro» conferma lui…

E vi dico che il prossimo personaggio dei banner sarà… l’antipatica per antonomasia: IRAIDA.

 

Alla prossima settimana (tenete sempre presente il venerdì o il giorno prima)

Grazie per l’attenzione

baciotti

 

 

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Capitolo 14
*** la notte ***


 

Ragazzi! Benvenuti al nuovo capitolo degli Hunger Games della Pace! Dove di pace se ne trova molto poca a dire il vero.

Ecco perché questo capitolo è la calma dopo la tempesta. Un tocco romantico nel dramma che stanno vivendo i candidati.

 

Ringrazio coloro che hanno inserito questa storia nei preferiti, ricordati e seguiti e coloro che hanno recensito facendomi sapere impressioni e dubbi. A tal proposito vi esorto a scrivermi le vostre idee riguardo alla vera ragione di questa svolta violenta negli Hunger Games.

 

Non ultima ringrazio Elenri (Teresa) per i banner stupendi! Oggi dovevo postare l’antipatica del 4, ma ho ricevuto delle immagini nuove e mi sono trovata tra le mani un ragazzo già deceduto ma che è troppo carino per ignorarlo. Ecco a voi RUDY, il povero ragazzino chiacchierone del distretto 13, decapitato nel bagno di sangue alla cornucopia.

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Chyna! Dove sei?» la voce si ripete, sempre più vicina.

È famigliare. È amica. Decido che è amica, e se così non fosse mi sentirei comunque sollevata nell’aver anticipato la mia fine e la mia agonia.

Scendo attenta a non cadere. Appena i miei piedi toccano terra, sento scricchiolare le foglie alle mie spalle e mi volto armando contemporaneamente l’arco, puntandolo verso il nuovo arrivato.

Istinto di conservazione. Troppo grande per permettere di farmi uccidere passivamente. Almeno ora so che voglio vivere.

 

«Chyna, finalmente… sono io!» esclama. Tiro un sospiro di sollievo. L’ho riconosciuto. È Paban.

Dovrei ordinare alle mie braccia di abbassare l’arco, ma non ci riesco. Non so perché ma non riesco a toglierlo da sotto tiro.

Lui alza le braccia mostrando i palmi liberi da armi, dopo aver lasciato cadere a terra il suo tridente.

«Chyna… guardami… non voglio farti del male… guardami, sono io. Paban». Avanza lentamente, parla con calma, sottovoce. Si comporta come se io fossi un cane feroce da addomesticare.

Perché mi tratta così?

Per l’arco? Non voglio tirare contro di lui. Non voglio fargli del male. A nessuno di loro voglio fare del male. Eppure non riesco ad abbassare la freccia.

 

Paban scivola calmo. Passo dopo passo arriva vicino a me. Allunga una mano e mi sfiora il braccio. È come essere attraversata da un’onda calda. È avvolgente. È sicuro.

In quel momento sbatto gli occhi come se mi risvegliassi da un sogno e lascio cadere a terra il mio arco mentre mi lancio al suo petto, facendomi avvolgere dalle sue braccia.

«Chyna, stai bene?» domanda tra un bacio e l’altro che mi da sui capelli mentre mi carezza la schiena.

«Sì» mormoro solo. Ho parlato piano ma lui mi ha sentita lo stesso.

 

«Sono ore che ti cerco. Ero terrorizzato che ti fosse successo qualcosa» dice stringendo più forte il mio corpo al suo. Sembra quasi che voglia inglobarmi nel suo torace, per proteggermi meglio.

Perché è così che mi sento adesso: protetta. Penso che se arrivasse un pericolo, Paban mi difenderebbe con tutto sé stesso.

«Ero sconvolta è non ho pensato a niente. Sono solo scappata» mi giustifico. Non che importi molto adesso. Mi dispiace davvero che si sia preoccupato e sono felice che sia venuto a cercarmi.

 

Appena ritiene che mi sia calmata abbastanza, si stacca da me. Lentamente.

«Vieni. Ho visto un riparo poco lontano da qui, mentre ti cercavo. È una specie di stanza con un tetto parziale. Doveva essere una città questo posto, prima che la foresta se ne impadronisse» dice. Mi prende per mano con decisione, dopo che io ho raccolto il mio arco e ho rimesso la freccia nella faretra appesa alla schiena. Lui recupera il suo tridente.

Solo allora mi accorgo del grosso zaino che porta sulla schiena.

 

«Gli altri?» chiedo dopo alcuni passi.

«Siamo solo Dick, Shae, Thabo e io. Li ho lasciati poco distanti dalla cornucopia. Torneremo da loro appena sarà giorno» dichiara con un filo di voce. Sa che il mio pensiero va a quelli che non ci sono più.

«Non sarà pericoloso? Gli altri potrebbero tornare per prendere dei viveri» obbietto preoccupata per loro. Lui scuote la testa.

«No. Sono al riparo e ho spiegato dettagliatamente a Dick come comportarsi. Ti assicuro che nessuno dei tre è uno da sottovalutare. Anche Thabo ha più coraggio di quanto dimostrato durante gli allenamenti. Staranno bene. Fidati». Cerca di tranquillizzarmi ed io non posso fare altrimenti se non credergli e sperare che abbia ragione.

 

Facciamo il resto della percorso in silenzio. Paban mi precede di qualche passo ma non stento a seguire la sua stessa velocità. Ha fretta di arrivare al rifugio e anche io.

Dopo circa venti minuti di marcia, arriviamo a un muro di foglie verdi che ci sbarra il passaggio. Paban solleva un lembo di viticci e fronde e scopre una specie di buco in una parete di pietra. Senza esitare si infila dentro e tiene questa specie di tenda alzata per farmi passare.

Dentro è una specie di stanza quadrata, con un soffitto quasi completo, se non si conta un enorme buco lungo il lato opposto alla porta.

 

«Vieni, aiutami» ordina, togliendosi lo zaino dalle spalle ed aprendolo. Da lì estrae un sacco a pelo , un telo sottile di nylon e  una coperta. Lo aiuto a stendere il telo sul pavimento umido, dopo aver eliminato tutte le pietre dal fondo. Sopra il telo mettiamo il sacco a pelo e sopra la coperta.

Senza dire una sola parola, tira fuori anche due mele e due strisce di carne secca che dispone sulla coperta.

«Avanti, mangia» dice prima di addentare la sua parte di carne.

Solo in quel momento mi accorgo di non aver mangiato nulla da questa mattina. La colazione mi era sembrata esagerata ma ora devo solo ringraziare per l’abbondanza se non ho sofferto i crampi dalla fame durante la giornata.

«Grazie» dico col cuore e lui mi sorride.

 

La nostra cena frugale termina dopo pochi minuti.

«Adesso andiamo a dormire. Sono davvero esausto» si lamenta, infilandosi dentro il sacco a pelo e portandosi dietro la coperta.

«Non dovremmo fare la guardia? Per evitare attacchi». Fuori non sappiamo quello che c’è e rischiamo di essere un bersaglio troppo facile questa notte.

«No. Questa stanza è mimetizzata benissimo e non credo che gli altri vogliano ancora uccidere per oggi. Non prima di aver capito cosa sta succedendo, almeno. Credo che questa sarà una delle poche notti tranquille» risponde Paban sbadigliando. «Dai, vieni qui, così non avrai freddo».

Non è la prima volta che dormo accanto a lui, ma questa mi sembra decisamente più intima rispetto alle precedenti situazioni. Però ha ragione. Sento freddo.

Decido che per questa notte dormirò con lui e scivolo dentro il sacco. Subito mi circonda le spalle con un braccio ed io appoggio la testa sul suo petto, sospirando soddisfatta.

Mi sento bene qui. Trovo strano anche solo pensarlo dopo tutto quello che è successo oggi, ma qui sto bene.

In pochi istanti ci addormentiamo, fiduciosi e incoscienti dei pericoli che potremmo correre.

 

«Chyna, Chyna, stai bene?» è la voce di Christal che sta urlando «Le armi sono vere! Uccidono!».

«Le armi sono vere…» ripeto piano, sconvolta da questa realtà.

Vedo Douce cadere sulle pietre, con gli occhi sbarrati. Era così bella…

«No! Rudy!» urlo mentre la sua testa rotola ai miei piedi. Anche Christal urla e grida ancora più forte quando Owen infilza Bor con una spada.

«No! Bor, io ti amo!». Lo abbraccia e tenta di fermare il sangue.

«Shae, gettalo!» sento Paban che urla alla candidata del tre di lasciare il fazzoletto bianco che porta la morte ed io prendo l’arco e scocco una freccia appena prima che venga colpita dal fulmine. Ma sbaglio la mira e colpisco Christal che sta ancora piangendo Bor. Il fulmine arriva e li avvolge tra le fiamme.

«E’ colpa tua! È solo colpa tua!» urla Owen al mio indirizzo.

«Chyna… Chyna…». Owen artiglia la mia spalla e la scuote violentemente.

 

«Chyna… Chyna, svegliati». Owen continua a scuotere la mia spalla… la sua voce sta diventando più roca, meno acuta.

«Chyna… tesoro… svegliati, ti prego». Paban. Questa è la sua voce. “Svegliati” sta dicendo svegliati e so che devo ascoltarlo attentamente e ubbidire. Sento che ha ragione.

Lentamente apro gli occhi. Stavo solo sognando, ma era così reale…

Il volto di Paban è accanto al mio, che mi scruta nell’ombra. È ancora notte, si sente solo il frusciare dei rami e i versi dei gufi. Ho il cuore gonfio di paura e mi getto tra le sue braccia per farmi stringere più forte e farmi sentire con i piedi per terra. Tutto torna alla realtà. In questo momento di realtà, dove non ci sono sangue e teste mozzate.

Sento che mi carezza dolcemente i capelli e mi da alcuni piccoli baci sulla fronte. È tutto molto lieve e delicato. «Vuoi parlarmene? Del sogno?». Scuoto la testa velocemente. Cosa dovrei dirgli? Che ho sognato i nostri compagni morti? Il sangue che ho visto poche ore fa, scorrere e imbrattare tutta la piazza della cornucopia? A che pro? C’era anche lui, ha visto tutto l’orrore che ho visto io!

 

«Domani mattina torneremo dagli altri. Shae sarà molto felice di vederti. Voleva ringraziarti per averle salvato la vita. Sei stata magnifica» dice costringendomi di nuovo ad appoggiare la testa sul suo petto.

«Ho salvato Shae? Davvero?» chiedo atona.

Davvero sono stata così coraggiosa da salvare qualcuno? E perché allora non ho potuto salvare Christal? Perché ho permesso a Bor di mettersi tra me e Owen? Non sono magnifica! Sono una disgrazia. Perché io sono viva e gli altri sono morti? Che senso ha questa cosa?

Ricomincio a singhiozzare sulla maglia di Paban e lui mi stringe più forte.

«Non piangere, Chyna. Non permetterò che ti facciano del male, non aver paura. L’ho promesso a tua madre che ti avrei protetta ed io mantengo sempre le promesse… schhh… non piangere» mormora.

Davvero mi sento bene qui tra le sue braccia. È consolante e protettivo. A poco a poco mi calmo. Credo di non aver mai pianto tanto come da quando sono cominciati questi Hunger Games della Pace. I miei nervi non potrebbero essere più scossi.

I miei genitori avevano una vaga idea di quello che li aspettava dentro l’arena. Io no. Non dovevano esserci dei morti. Non doveva scorrere sangue.

 

Quando ritengo che sia passato abbastanza tempo per evitare che mi venga un’altra crisi isterica, formulo la domanda che mi ha tormentato da quando è finito il conto alla rovescia.

«Cosa è successo? Cosa è successo secondo te?».

Mi risponde un sospiro profondo. «Non ne ho idea. Tutti noi eravamo convinti che le armi fossero quelle innocue dei duelli. Ti assicuro che quando mi sono trovato a difendermi e poi a colpire non pensavo di… uccidere». Finisce la frase in un gemito disperato. «Chyna, ti giuro, non sono un assassino… non volevo uccidere…».

Adesso sembra lui che abbia bisogno di consolazione ed io non perdo tempo, abbracciandolo a mia volta, stringendolo per fargli sentire il mio supporto. «Lo so. Paban, lo so che non sei un assassino… hai anche rischiato la vita per Dick, l’ho visto. E sei corso ad aiutare Shae… non sei un assassino».

«Grazie» sussurra «Dormiamo ancora un poco. Saranno giornate lunghe quelle che verranno».

 

Un’altra cosa mi preme di sapere, anche se lui non può darmi una risposta.

«Cosa credi che faranno fuori?».

«Se conosco bene Finnick, a quest’ora starà setacciando tutta Capitol City per trovare il modo per tirarci fuori di qui» risponde in un sospiro.

«E i miei genitori lo stesso» appoggio io.

«Credo che tutti i mentori stiano cercando di salvarci. I distretti e Capitol City saranno sconvolti da questa violenza. Immagino che ci saranno già state proteste».

Trattengo il fiato, atterrita. ‘Proteste?’, come rivolte?

«Credi che centri il governo? La Paylor?». Cosa può aver scatenato questa ondata di violenza? Per quale ragione l’anziana presidentessa ha deciso di scatenare questo inferno? Rischia la rivolta. Rischia la morte. Perché nessuno dei distretti è disposto a subire ancora le vittime degli Hunger Games e neanche la capitale credo che intenda offrire i suoi figli alla morte violenta dei vecchi giochi.

Perché allora rischiare? Questo è il suicidio politico del governo.

 

«Qualcuno del governo deve esserci di sicuro. Tutto questo non può essere frutto solo degli strateghi. Chiunque abbia ordito questo, quando finiranno questi giochi, sarà sicuramente messo sotto processo e probabilmente condannato a morte» dice Paban.

Sono d’accordo. Di sicuro chi ha studiato tutto questo è stato per qualche piano più grande che non il gradimento o meno del pubblico a casa.

«Credi che ci saranno sponsor?».

«Ne dubito fortemente. Se vogliono fare in modo che ci ammazziamo l’un l’altro non credo che i nostri mentori si mettano a contrattare sui paracadute. Se arriverà qualche cosa sarà tutto da parte degli strateghi» conclude.

 

«L’ultima settimana di allenamento ho incontrato Jayson» confesso dopo un lungo silenzio. Paban scatta guardandomi in faccia, attendendo il resto delle mie parole.

«Mi ha detto che lui e Vick avevano trovato un amico del vecchio Plutarch che è molto vicino al nuovo capo stratega. Fenix ha detto che si chiama».

Paban aggrotta la fronte «Sì, ho capito di chi parli» dice.

«Questo Fenix gli ha detto che c’è un uomo del governo che è a stretto contatto con il capo degli strateghi. Magari è questo uomo che ha organizzato tutto» ipotizzo.

«Può darsi. Ora come ora sono più preoccupato delle trappole che possono aver disseminato nell’arena. Dovremo stare molto attenti. Credo che adesso sia il pericolo maggiore».

«Più di Rainer e Nazig?» chiedo.

«Sì, più di loro» conferma lui.

 

«Per quanto riguarda me, credo che il pericolo maggiore venga da Iraida» borbotto io appoggiandomi di nuovo al suo petto, anche per evitare che veda il rossore sulle guance.

In effetti la mia battuta lo fa ridacchiare. «Forse hai ragione… è solo gelosa. Stai tranquilla, non le permetterò di avvicinarsi a te». Lo dice con il tono solenne della promessa ed io annuisco sfregando la guancia sul suo torace e sbadiglio.

«Dormiamo ancora un poco. Sarà una giornata molto lunga domani».

Mi mordo la lingua per impedirmi di chiedere qualcosa del suo rapporto con l’altra candidata del distretto quattro. Vorrei sapere come stanno davvero le cose e cosa prova per lei, ma mi trattengo. Domani avrò tutto il tempo per sondare il terreno.

Non che lo voglia per me… credo.

 

La mattina dopo mi sento carezzare la spalla e la schiena, in un movimento lento ed ipnotico. È il gesto che mi strappa lentamente dal sonno. Sembra come quando arriva papà a svegliarmi per annunciare la colazione. Quando sbatto gli occhi e alzo leggermente la testa, vedo Paban che mi scruta sereno.

«Buongiorno, dormigliona» dice, poi sogghigna «Lo sai che sbavi quando dormi? Mi hai bagnato tutta la maglietta» e si mette a ridere, facendomi scattare  imbronciata.

«Non è vero! E se anche fosse stavo sicuramente sognando qualche cosa di bellissimo» ribatto concludendo poi con una linguaccia degna di una bambina di due anni.

«Quindi stavi sognando me!» afferma sicuro.

«No».

«Sì».

«No».

«Sì».

«No».

«Chyna, ti rendi conto che mi sei ancora sdraiata sopra? Potrei anche avere reazioni strane…» ride ancora più forte, estremamente divertito dalla situazione. Ed io arrossisco, come è ovvio. E tiro un pugno al suo braccio, come è nel mio carattere.

 

Quando lo sento gemere e sbiancare dal dolore dovuto al mio gesto, mi preoccupo e, in quel momento, ricordo che, durante il bagno di sangue alla cornucopia è stato ferito dal suo avversario.

Devo aver riaperto la ferita, perché la maglia adesso è macchiata di sangue.

«Togliti i vestiti e fammi vedere il braccio» ordino, sgusciando fuori dal sacco a pelo e aprendo lo zaino per controllare se ci sono delle bende e qualche cosa per medicare.

Sono fortunata a metà: le bende ci sono, i medicamenti no. C’è dell’acqua, almeno posso lavare il taglio.

Quando mi volto verso Paban, ha già tolto la maglia e posso vedere chiaramente il taglio che gli attraversa tutta la spalla, sino quasi al gomito. È sottile e pulito e stilla qualche goccia di sangue appena. Non è un taglio profondo ma credo sia davvero fastidioso.

Mi torna in mente il cespuglio che ho visto mentre arrivavamo al rifugio. Sono le ‘Foglie di Rue’ come la chiamano la mamma e la nonna. Le stesse foglie che la piccola Rue mise a mia madre per estrarre il veleno degli aghi inseguitori, nei vecchi Hunger Games. Toglieranno l’infezione e eventuale pus.

«Aspetta, torno subito» dico e, infilata di slancio la giacca, prendo l’arco e la faretra e corro fuori, prima che Paban riesca a fermarmi.

 

«Chyna! Torna immediatamente qui!» sento sbraitare con voce irritata.

Sbuffo. Un po’ iperprotettivo il ragazzo! Mica devo andare tanto distante. Ho visto quel cespuglio a una decina di metri e, se è vero che gli altri candidati sono nascosti a capire quello che è successo, non dovrei correre alcun pericolo.

Imbraccio l’arco e incocco una freccia per difendermi, mentre avanzo leggermente abbassata in avanti, pronta a gettarmi a terra. Posso anche essere fiduciosa, ma non sono proprio stupida.

Cammino senza fare rumore, come quando sono a caccia. Come mi ha insegnato la mamma.

Evito le foglie secche e i rametti, scavalco i piccoli sassi coperti di muschio e finalmente arrivo al mio obbiettivo. Le foglie verdi precise al disegno che aveva fatto mio padre sul libro di famiglia delle piante.

La mamma si è raccomandata tante volte di controllare bene prima di raccogliere una pianta, perché, se sbagli, difficilmente hai una seconda possibilità per rimediare all’errore.

Osservo bene sia sopra che sotto, riconosco il colore verde oliva, la forma a cinque punte, frastagliate, la carnosità e i segmenti. È proprio la ‘Foglia di Rue’.

 

Ne raccolgo una manciata e mi volto per tornare indietro, quando scorgo Paban, a dorso nudo con in mano il tridente, che avanza contro di me a passo spedito.

«Non ti azzardare ad allontanarti! Mai più! Ti voglio avere sempre sotto gli occhi e a portata di mano sino a quando non saremo usciti da qui tutti interi. Mi sono spiegato? C’è qualcosa che non hai capito?». Non urla ma il suo tono è quello delle grandi arrabbiature. È furente. I suoi bellissimi occhi sono gelidi. I suoi muscoli sono contratti dallo sforzo di trattenersi. Probabilmente vorrebbe mettermi le mani addosso e impartirmi una sonora lezione.

«Paban… non è il caso di arrabbiarsi! Stavo già tornando» mi difendo.

«Ho chiesto: cosa non hai capito? Voglio essere sicuro che il concetto ti entri in testa!». Ormai il suo naso è a pochi centimetri dal mio.

«Ho capito, ho capito» borbotto girandogli intorno per superarlo e tornare al rifugio, ma Paban è più veloce e si sposta di nuovo davanti a me.

 

«Avrei voglia di prenderti sulle ginocchia e darti una bella sculacciata» sospira e chiude gli occhi «Oppure…» e lascia cadere il discorso «Torniamo dentro. È pericoloso stare fermi qui fuori».

Chissà cosa voleva dire?

In pochi istanti torniamo alla camera nascosta e ci inginocchiamo sul sacco ancora steso. Mi metto subito all’opera, iniziando a masticare le foglie fino a trarne una poltiglia verdastra che applico sul suo taglio al braccio. Lui mi sta guardando, vedo il suo torace abbronzato, sollevarsi lento ad ogni respiro e un calore famigliare, quanto l’imbarazzo che sto provando adesso, mi si distende sulla faccia. Finisco di medicarlo e fascio la ferita con le bende che ho trovato nello zaino.

 

«Sono salva dalla sculacciata?» chiedo sorridente, cercando di alleviare la tensione che sento.

«Per ora… avrei voglia di fare un’altra cosa…» mormora con lo sguardo perso nel mio.

È come se fossi ipnotizzata, non riesco a distogliere gli occhi dai suoi. «Cosa?» chiedo distrattamente.

«Voglio un bacio» risponde deciso ed io spalanco gli occhi nel momento in cui capisco completamente la sua richiesta. Buffo. Tutte le volte che mi ha baciato non ha mai chiesto. E adesso? Perché non si fa avanti direttamente, al posto di domandare? E io perché lo desidero così tanto? Potrei dirgli di no, ma non ne ho la forza. Voglio la sensazione che ho provato nel corridoio del dormitorio la mattina delle interviste. Il calore e l’entusiasmo.

«Fallo» mormoro sottovoce, ma è come se l’avessi urlato, perché lui si muove fulmineo e mi abbraccia, poi mi mette una mano sulla guancia e mi bacia dolcemente.

 

Le sue labbra. Il suo calore su di me, intorno a me. Le mie braccia, come se avessero vita propria, si avvolgono al suo collo, attirandolo ancora di più verso di me.

Distrattamente sento il calore della coperta dietro la mia schiena ma sono troppo assorbita dalle sensazioni che sto provando per soffermarmi su qualcosa di così insignificante.

Le sue labbra sono morbide, perfette. Si muovono dolcemente eppure con passione ed io sento bruciare. Uno strano fuoco che parte dal cuore e si propaga per tutto il corpo, come un’onda continua.

La sua mano mi lascia la guancia e si sposta lungo il collo, la spalla e poi il fianco, insinuando la punta delle dita sotto la maglietta. Sono calde, come la sua pelle abbronzata dal sole. Sa di sale e mare ed è forte.

Faccio scorrere le mie mani sulle spalle e parte della schiena, sfiorando i contorni dei muscoli che guizzano al mio passaggio. Potrei stare così per sempre e nello stesso tempo voglio di più.

 

Lo sento gemere quando, inavvertitamente, alzo il bacino a scontrarmi con il suo e mi blocco. Mi stacco dalla sua bocca e lo guardo preoccupata «Cosa c’è? Ti sei fatto male?» lo scruto.

Ha il fiatone come me e lo sguardo lucido, che cambia subito in divertito quando si mette a ridacchiare, per chissà cosa.

«Assolutamente no, sto benissimo» dice rimettendosi in ginocchio e sollevando anche me prendendo il mio braccio.

Mi fisso a guardare il suo torace, bellissimo, scolpito «Sei cresciuto…» bisbiglio allungando una mano a sfiorare i pettorali. In questi anni si è formato. Aveva già un bel fisico quattro anni fa, ma, da allora, la sua vita a pescare e a nuotare, ne hanno forgiato una forma assolutamente perfetta. Sorride con una piccola smorfia tra il dolce e il malizioso e anche lui allunga una mano.

«Oh, anche tu sei cresciuta» risponde sfiorando sfacciatamente il mio seno. Sobbalzo alla reazione tesa del mio corpo, come se volesse che la sua mano tornasse a toccare proprio lì. E arrossisco furiosamente. Di nuovo. Se continuo così andrò incontro alla combustione spontanea.

 

«Forza, è ora di raggiungere gli altri» dice iniziando a raccogliere il nostro equipaggiamento e infilarlo nello zaino.

Non riesco più a trattenermi e lascio che la mia bocca si apra senza alcun filtro «E Iraida? È vero che siete stati insieme?». Lui si blocca per un attimo e poi continua a piegare il sacco a pelo e il nylon per infilarli nello zaino.

«E’ stato due anni fa. Niente di particolare. All’epoca era simpatica ed io ero solo…» dice scrollando le spalle.

«Tu solo? Mi ricordo tutte le ragazze che ti giravano attorno! Mi mandavi via per quelle!» ribatto acida mentre mi carico delle armi ed iniziamo la nostra marcia verso il resto del gruppo.

Ridacchia. Lo odio quando fa il superiore! «Sì, ricordo…» fa guardando verso il cielo «Comunque non erano niente di importante».

«Se non erano “niente di importante” perché eri così seccato della mia compagnia?». Io vivevo per quelle giornate alla spiaggia, dove mi insegnava a nuotare, dove mi ero innamorata di lui.

 

Si blocca e quasi vado a sbattere contro la sua schiena «Io non ero seccato dalla tua compagnia. Mi piaceva passare il tempo insieme a te».

«Allora perché?». Lo guardo negli occhi e mi sembra di vedere un lampo di dolore.

«Tu eri troppo piccola. Lo so, io non ero tanto più grande, ma ero un ragazzino con un sacco di…» si passa una mano tra i capelli, frustrato «Come posso dire? Di voglie…» sbuffa «La ragazza che volevo non potevo averla… e tu eri così vicina… al mare con i costumi. Non è mica facile per un ragazzo». Sbuffa ancora più sonoramente. Lo guardo perplessa.

Era solo una questione di ormoni? Di voglie da sfogare?

 

Ricominciamo a camminare nella giungla. Lui usa il mio spadino per tagliare le felci più grosse per passare, mentre io tengo in mano il suo tridente e l’arco.

«Quindi… okay, ho capito. La ragazza che ti piaceva? L’hai conquistata, dopo?». Cerco di non sembrare così curiosa come invece sento di essere. Vorrei tanto sapere chi è questa tizia e perché non poteva stare insieme a lei all’epoca.

«Forse…» risponde e sento che sta sorridendo, dal tono di voce.

«Le stai ancora dietro? Dopo tutti questi anni ti piace ancora?». Erano passati quattro anni da allora. Se il sentimento che nutrivo per Paban si era affievolito in me, avrebbe dovuto essere lo stesso anche per lui. È evidente che era davvero preso da questa ragazza per esserne ancora interessato.

 

Si ferma di nuovo e mi guarda serio. I suoi occhi. I suoi occhi stupendi, in questo momento sono così profondi e intensi da togliermi il fiato.

«Non solo mi piace. Io sono innamorato».

Il mio cuore si stringe, come se qualcuno avesse messo una mano nel petto e avesse avvolto e stritolato il mio centro, con dita gelide e cattive. «Oh» riesco solo a dire. Sono delusa. Tanto.

«Quindi, perché non sei con Iraida adesso?» chiedo dopo un attimo, cercando di sembrare leggera nelle mie affermazioni.

«Non sono innamorato di Iraida. Ho detto che siamo stati insieme, speravo di farmi passare la cotta ma non è stato così. Allora l’ho lasciata e adesso non capisco perché lei si ostini a dire che c’è qualche cosa tra noi. Era almeno un anno che non parlavo con lei, prima della mietitura».

Ha ricominciato ad avanzare nella giungla ed io mi sono posizionata dietro di lui.

Si volta ancora una volta verso di me «Non sono un santo. Ho avuto altre ragazze ma nessuna che mi sia rimasta dentro. Adesso sono sicuro più che mai di quello che voglio e ti assicuro che non è Iraida». 

«Poverina» mi concedo di essere magnanima verso la sua compagna di distretto. Lei è così persa per Paban. Poi mi viene in mente una cosa. «Però dovresti dirglielo che non sono io quella che ti distoglie da lei. Mi odia senza motivo!». Torniamo ad arrancare.

 

Il sudore mi appiccica la maglia addosso e ho già tolto la giacca fissandola in vita.

«Continuo a dirti di non preoccuparti di Iraida. Piuttosto… davvero hai visto Brieg durante l’isolamento?». La povera felce che sbarrava il cammino viene tranciata di netto con foga.

«No. E non capisco perché abbia detto una cosa simile. Ho incontrato solo Ilixo e… Christal» dico e poi aggiungo «E te poco prima delle…». La mia voce va sparendo. “Quando mi hai baciata” penso. Mi sfioro le labbra con le dita. I miei primi baci.

Sembra che non si sia accorto delle mie esitazioni, perché continua con il suo indagare «Quindi? Come va con lui? Mi sembra di aver capito che vorrebbe avere una storia con te, quando usciremo». Un’altra felce fa una brutta fine.

«Non ho intenzione di vederlo. Mi ha preso in giro e onestamente non credo neanche di piacergli così tanto… mi sembrava viscido quando lo diceva». Mi secca ammetterlo, soprattutto perché mi era piaciuto appena l’avevo visto alla sfilata dei candidati, ma alle interviste mi era sembrato odioso. E poi, probabilmente, vuole solo trovare un modo per avere degli sponsor e dei regali nell’arena. Lui vuole vincere e se per questo deve fingere, l’avrebbe fatto. Ne sono sicura.

 

«Beh, almeno non sei proprio stupida. Si vedeva lontano miglia che voleva solo far colpo sul pubblico. Secondo me dovresti aspirare a qualche cosa di meglio» borbotta continuando a infierire sulle povere felci di sottobosco.

«Come te?». Questa volta a ridacchiare sono io.

«Appunto. Come me» conferma lui, sorridendo apertamente.

«Ma tu sei innamorato di un’altra. Non potrei mai impedirti di vivere il tuo idillio con la ragazza dei tuoi sogni!».

«Che ne sai? Potrebbe…» non riesce a finire la frase che una voce gioiosa richiama la nostra attenzione.

«Chyna! Paban!» è Thabo che sta arrivando di corsa «Shae! Dick! Sono tornati!» urla felice abbracciando prima me e poi il candidato del quattro.

Nel frattempo arrivano anche gli altri due e siamo tutti felicissimi di esserci riuniti.

Da questo momento inizia un nuovo capitolo dei nostri Hunger Games della Pace.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine del capitolo 14. I nostri Chyna e Paban trascorrono una notte insieme. Non c’è niente di romantico nel dormire vicino, se non gli diamo noi un determinato significato. E loro? Non si capisce bene, né cosa pensa Paban né cosa prova Chyna.

Frasi criptiche e comportamenti ambigui. Chissà cosa stava per dire Paban?

 

Adesso che si sono ricongiunti agli altri, vedremo cosa succederà.

 

Vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo dove tornerà qualcuno:

«Sei tornato con dei rinforzi? Se mi tocchi ancora ti uccido!» sibila la figura inginocchiata. Sta tremando. Ma il suo tremore, a differenza del nostro che è dovuto alla pioggia, è dovuto alla paura…

Prossimo banner, Iraida? Probabilmente sì.

 

Ringrazio per l’attenzione,

alla prossima

baciotti

 

 

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Capitolo 15
*** la pioggia ***


 

 

Buongiorno a tutti!

Anche questa volta torno con un nuovo capitolo ma in anticipo. Sto producendo e ormai sono talmente avanti che se non posto non mi raccapezzo più.

Lo scorso capitolo ci siamo goduti una notte con Paban e Chyna. Banale? Spero di no, un pochino di calma serviva.

Adesso ci troveremo con gli altri compagni, un candidato ritrovato e…

Siamo agli Hunger Games! Cosa vi aspettavate?

 

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, coloro che mi hanno inserito nei preferiti, ricordati e seguiti, chi ha solo letto.

Particolare ringraziamento a Elenri per il banner presente anche oggi!

Ecco a voi una simpaticona! IRAIDA, la candidata del quattro, compagna di Paban.

E ora… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Dov’eri finita? Sei scappata come se avessi paura. Io non ti ho fatto del male… vero?». Dick mi guarda con degli occhioni spalancati e il terrore che traspare da ogni gesto. Dolcissimo Dick.

«No. Non mi hai fatto niente… mi sono solo spaventata per tutte quelle persone. Per il sangue» rispondo facendogli una carezza. Lui sospira forte.

«Christal non c’è più» mormora con le lacrime agli occhi e io lo abbraccio, prima di iniziare a mia volta a piangere.

Siamo tutti tristi per quello che abbiamo visto ieri, alla cornucopia. È stato davvero orribile.

 

Paban prende in mano la situazione con i problemi più urgenti.

«Dove stavate andando? Non eravamo d’accordo che ci avreste aspettato alla grotta?» chiede.

«Thabo ha sentito dei colpi e ha pensato che fossero gli altri che ci cercavano. Ci siamo spostati di poco. Vi stavamo cercando» si giustifica Shae. Paban sorride rassegnato.

«Okay. Adesso però dobbiamo trovare un rifugio sicuro e nel frattempo trovare l’acqua e del cibo. La carne che abbiamo non durerà ancora molto». Annuisco e approvo.

Morire di disidratazione o di fame non è la mia massima aspirazione.

«Tutto questo verde significa che la terra è ricca di acqua. Dobbiamo trovare il fiume che alimenta l’arena» propongo.

«Sei tu l’esperta dei boschi. Io e Thabo siamo operai! E Paban cerca solo grandi distese d’acqua salate che non aiutano… guidaci!» ridacchia Shae, sistemandosi lo zaino sulle spalle.

 

Guardo le armi che hanno in mano. Dick ha una spada e una lancia, oltre allo zaino più grosso che abbia mai visto sulle sue mastodontiche spalle. Thabo ha solo uno spadino e, credo, un paio di coltelli alla cintura. Shae non sembra avere nulla in mano e visto come si era tenuta alla larga dalle armi alla cornucopia, penso che non l’abbia neanche sfiorata una lama. Bene, ci toccherà difendere anche lei.

«Dovremmo cercare Alicia. Credo che sia fuggita appena scesa dal piedistallo e forse non sa che il drappo bianco è pericoloso» ci ricorda Thabo, iniziando a camminare accanto a noi.

 

Mi guardo attorno e decido di dirigermi verso le rocce. Mi sembra di vedere una grossa spaccatura tra due montagne. Se c’è una gola è possibile che ci scorra un torrente. E quindi acqua. Paban e Dick concordano con il mio ragionamento. Anche perché non abbiamo altre idee.

Quindi iniziamo a camminare in quella direzione, il candidato del quattro in testa a far strada con il mio spadino e Dick in coda a guardarci le spalle.

«Dove ti eri cacciata ieri? Paban era diventato quasi isterico quando sei scappata nella giungla. Ci è mancato poco che lo legassimo per convincerlo a organizzarci un minimo» dice Shae mentre avanziamo. È abbastanza chiacchierina questa ragazza, ma non sembra la solita oca dalla zucca vuota, si vede  dall’aspetto che è intelligente, e anche da come ha reagito alle interviste.

«Guarda che ti sento… e non ero isterico» borbotta il ragazzo del mare sfogandosi sull’ennesima povera felce. Come giardiniere farebbe schifo.

 

Thabo sghignazza e mi guarda sottecchi. «L’hai proprio tramortito… quando si tratta di te non capisce più niente». Restituisco una occhiata curiosa. Cosa sta dicendo?

«Sento anche te. E ti consiglio di non continuare. A Shae non torcerei un capello, ma a te…». Paban lascia in sospeso la frase e taglia un’altra felce. Se questo è l’esempio io starei zitta.

«Paban è innamorato di Chyna e Chyna è innamorata di Paban. Quando escono dall’arena si sposano. Però vinciamo io e Chyna, non Paban» annuncia Dick con convinzione.

Subito sbotto «Non dire sciocchezze! Noi non siamo innamorati!» sibilo cercando di mettere tutto il mio astio nel tono di voce.

Thabo e Shae scoppiano in una risata divertita e lei cerca di calmarmi «Dai, Chyna, poteva andarti anche peggio. Pensa fosse stato Thabo ad essere innamorato di te!» e ci riesce, visto il sorriso che mi scappa.

«Ehi! Io sono un buon partito per qualunque ragazza!» protesta il ragazzino di colore.

«Quando la troveremo, proveremo a chiedere ad Alicia cosa ne pensa» dice Paban e noto che sulle guance di Thabo sembra accendersi un lieve rossore, mascherato dal colore scuro della pelle.

Ecco perché non aveva combattuto contro la candidata di Capitol City durante di duelli. Mi sembrava strano, visto che non era parso così sprovveduto alla cornucopia.

 

Passiamo a chiacchierare tutto il resto della mattina. Non facciamo molta attenzione al fatto di far scoprire la nostra posizione. Sappiamo che nell’arena c’è un solo arco ed è quello che tengo in mano. Se gli altri candidati volessero attaccarci dovrebbero affrontarci a viso aperto e potremmo difenderci egregiamente.

Rainer si sarà alleato con Nazig e probabilmente ci sarà anche Iraida. Ma loro sono in tre e noi in cinque. Sono un po’ preoccupata per Brieg. Non ho idea di cosa abbia fatto dopo essere scomparso nella giungla, visto che era seguito da Iraida.

Di sicuro Alicia è sola ed è la cosa che mi fa stare peggio.

Ilixo non si alleerà con nessuno. Da come parlava, è un solitario e se la caverà da solo.

All’appello manca anche il ragazzo del nove. Hemmo, mi sembra si chiami. Io l’ho soprannominato “il pettegolo”, vista la figura che ha fatto assieme alla sua compagna durante le interviste. Ma potremmo chiamarlo anche il viscido o qualche altro complimento spassionato.

 

«Avete portato via le provviste che erano alla cornucopia?» chiedo sorpresa. Io non ci avrei pensato.

«Gli altri erano fuggiti prendendo già qualche cosa, quindi ci siamo divisi il resto che era rimasto e abbiamo seppellito quello che ritenevamo non servisse» risponde Shae.

«Abbiamo trovato anche delle tavolette di cioccolata, ma Dick le ha mangiate quasi tutte ieri sera» si lamenta Thabo «Ne ho salvate solo due».

«Potevate togliergliele» interviene Paban senza interrompere il suo passo.

«Provaci tu a togliere qualche cosa dalla bocca di quel gigante! Ti taglia una mano con un morso e io alle mie dita ci tengo!» protesta il ragazzino facendoci ridere ancora.

«Però ci sono le mele! E anche dei panini dolci per Chyna» dice Dick, come se questo lo giustificasse. Credo che razionare il cibo a lui sarà estremamente difficile, dopo aver goduto di quindici giorni così comodi e abbondanti.

 

A giudicare dal sole allo zenit dovrebbe essere intorno a mezzogiorno, quando accanto a noi sfreccia un'ombra bassa e scura. In automatico tendo l'arco e mollo la freccia che si conficca nella carne dell'animale. Torniamo indietro e vediamo, con soddisfazione, che è un coniglio.

«Chi lo cucina?» chiedo mentre tolgo la freccia e la pulisco sul muschio.

Vedo Paban che guarda Thabo, che guarda Dick che guarda Shae che guarda me. Okay!

«Tranquilli, non tutti insieme. Lo pulisco io» borbotto. Mi faccio consegnare uno dei coltelli di Thabo ed inizio a scuoiare e ripulire dalle interiora il nostro pasto. Siamo in tanti e un coniglio è appena sufficiente se ci aggiungiamo qualche frutto.

Mando Shae e Dick a raccogliere qualche altra cosa da mangiare, mentre Paban e Thabo si occuperanno della legna e cercheranno l'acqua.

 

Quando il fuoco è acceso infilzo il coniglio su uno spiedo ed inizio ad affettare i frutti che Dick ha portato. Paban afferma che sono uguali a quelli che loro chiamano amanga, dalla buccia leggermente dura e dalla polpa gialla e zuccherina. Shae trova anche dell'uvetta selvatica e insieme possiamo imbandire un buon pranzo. Peccato che Thabo non abbia trovato una sorgente, e sebbene la frutta aiuti a non soffrire troppo, sentiamo tutti la mancanza di una generosa sorsata di acqua fresca.

«Chyna, sei davvero fantastica!» esclama Thabo dopo aver addentato un pezzo di coniglio. «Questa carne ci voleva proprio!». Anche gli altri annuiscono ed io sorrido e ringrazio mentalmente la mamma che mi ha insegnato a procacciarmi il cibo in situazioni simili. Non avrei mai pensato che potessero servirmi quelle lezioni.

 

Rimaniamo ancora un po' di tempo accampati attorno al fuoco ormai spento, per riposare della marcia della mattina. Il fatto di essere pressoché immobili, però, ci spinge a pensare a quanto successo e le ipotesi fioccano, al pari di quelle che abbiamo fatto io e Paban questa notte.

«Secondo voi chi è stato a organizzare tutto questo?» sbotta Shae.

«Gli strateghi. Ma non avrebbero potuto nulla senza l'appoggio di qualcuno del governo» risponde Paban.

«All'epoca degli Hunger Games della Violenza, non si muoveva una foglia nell'arena senza che il presidente Snow non volesse. Non credo che oggi sia molto diverso» dico. Ne sono davvero convinta. E mi fa paura, perché se centra il governo siamo finiti in ogni caso.

«Peeta riuscirà a trovarci» afferma convinto Dick.

«E’ probabile che gli strateghi si siano nascosti. Capitol City è grande ma non enorme. Peccato che i rifugi del governo possono essere infiniti… galleria, bunker…» ipotizza Thabo.

«Possono aver fatto tutto in segreto ma non così tanto. Hai idea di cosa ci vuole per organizzare una cosa simile?».

«Manipolare le mietiture. Toglierci i mentori e i presentatori. Isolarci. Sostituire le armi e i drappi bianchi. Ho dimenticato qualcosa?» chiede Thabo retorico a Shae.

«Appunto. Ci vuole organizzazione, metodo e tanta gente. Non si può improvvisare una cosa simile» ribatte lei.

«Vuoi dire che è da tempo che studiano questo piano?» chiede Paban e lei annuisce.

 

«Di una cosa sono sicura» intervengo «Non è stata la Paylor. Qualcuno del governo sì, ma non lei».

«Come fai a dirlo?» chiede Dick.

«Perché sa che non ne uscirebbe viva e non mi risulta che sia una squilibrata. Ha sempre dimostrato carattere e polso. Secondo me vogliono incolpare lei e farla fuori».

«Accuse pesanti…» borbotta Paban.

«Ma che darebbero un senso a tutto. In effetti sembra strano anche a me che sia la presidente».

«Pensi che qualcuno voglia far incolpare la Paylor di queste morti?» chiede Paban.

«Potrebbe...» risponde vaga Shae.

 

«Non risolveremo niente con le nostre supposizioni. Rimettiamoci in marcia, abbiamo dell’acqua da trovare» esorta subito dopo Thabo.

Ha ragione, non ha senso perderci in questi meandri mentali, quando è la nostra stessa vita ad essere in pericolo. Che sia la Paylor o qualcun altro del suo staff, noi dobbiamo sopravvivere. Una volta usciti da qui, sapremo o scopriremo tutto quello che ci serve.

Dick è il primo ad issarsi in piedi e caricarsi sulle spalle lo zaino. In pochissimi istanti, siamo tutti pronti e ricominciamo ad avanzare verso le montagne.

All’improvviso, dopo circa un’ora di marcia nell’umidità più totale, il cielo diventa scuro, come se fosse il crepuscolo, il che non è possibile visto che saranno passate si e no tre ore dal pranzo.

La conseguenza di questa oscurità inattesa è quanto mai gradita: uno scroscio d’acqua inizia a sferzarci senza pietà.

«Finalmente» esclama Thabo aprendo la bocca al cielo come un uccellino nel nido.

 

Il problema di questo scrosci è che non hanno misura. In men che non si dica, ci troviamo ad essere bagnati sin alle ossa e a tremare dal freddo. Con i teli di nylon siamo riusciti a raccogliere l'acqua da riempire le nostre bottiglie, ma adesso la situazione sta diventando ridicola.

I nostri scarponi affondano nel fango sino alla caviglia e sta diventando sempre più difficile camminare. Inoltre abbiamo bisogno di un riparo e anche in fretta.

Iniziamo ad avanzare il più velocemente possibile, prendendoci per mano per evitare di perderci. La pioggia è così fitta da non riuscire a vedere a distanza di due metri.

«C'è una costruzione là!» urla Paban iniziando a tirare verso destra.

Ci voltiamo tutti in quella direzione ed iniziamo ad avanzare con la forza della disperazione.

Ho le gambe completamente a pezzi e le braccia che mi fanno male per la tensione. È davvero terribile. I minuti sembrano non passare mai e neanche il nostro avanzare verso quella che sembra una costruzione simile al rifugio che avevamo trovato ieri sera.

 

Quando siamo pressoché esausti, riusciamo a raggiungere il riparo. È un cubo costruito nelle pietre ocra che abbiamo visto disseminate per tutta la giungla. Su due lati si sono avviluppate le piante rampicanti, ma qualcuno deve esserci già passato, visto che alcuni rami sono stati divelti, mostrando l'apertura che funge da entrata.

«Andiamo!» incita Paban con voce stanca.

Ci trasciniamo stancamente all'interno.

Rispetto al riparo di ieri, ci sono due sostanziali differenze. La prima è che il tetto della stanza è completo e quindi siamo davvero all'asciutto. La seconda è che c'è una specie di camino nell'angolo opposto all'entrata, dove sta scoppiettando un allegro fuoco, alimentato dalla piccola catasta di legna appoggiata a fianco. E davanti a questo fuoco, è rannicchiata una figura che brandisce un pezzo di legno come mazza.

 

«Sei tornato con dei rinforzi? Se mi tocchi ancora ti uccido!» sibila la figura inginocchiata. Sta tremando. Ma il suo tremore, a differenza del nostro che è dovuto alla pioggia, è dovuto alla paura.

È Alicia.

 

Subito mi faccio avanti e la chiamo, felice che sia ancora viva «Alicia! Sono io, Chyna!».

Mi precipito accanto a lei, e la sostengo quando mi crolla tra le braccia ed inizia a piangere isterica. Cosa le è successo?

Dick si porta al mio fianco e con la sua manona accarezza la spalla di Alicia. Anche lui non vuole che la piccola pianga in questo modo. La reazione della candidata di Capitol City, è quanto mai violenta. Sobbalza non appena viene sfiorata dal mio compagno, si getta all'indietro accucciandosi contro al muro e torna a brandire il pezzo di legno urlando come impazzita.

Ci scambiamo occhiate perplesse sui nostri volti malamente illuminati dal fuoco. Alle pareti danzano le nostre ombre rendendo l'ambiente molto minaccioso e fuori imperversa lo scroscio di pioggia continuo.

«Lasciami! Non mi fare del male! Ti prego, lasciami!» urla sconvolta Alicia, prima di tendersi verso il soffitto e, rovesciati gli occhi, crollare sul pavimento di pietra sconnesso, svenuta.

Subito io e Shae accorriamo per constatare che non si sia ferita.

Il suo polso è debole ma costante, il suo respiro lieve ma sicuro.

«E' solo svenuta» dico in tono professionale, come se stessi facendo un'esercitazione, poi mi volto verso la candidata del tre «Cosa le può essere successo per aver reagito così. Dick l'ha solo sfiorata e lei non ha mai avuto tanta paura di lui».

 

Anche lei non sa cosa rispondermi. Dick è rannicchiato nell'angolo opposto rispetto ad Alicia e fissa il corpicino della ragazzina con stupore e dolore. «Tranquillo, Dick, non è colpa tua» lo rassicuro e lui mi fa cenno di assenso per aver capito.

«Deve essere successo qualche cosa di spaventoso. Forse ha visto il bagno di sangue alla cornucopia, anche se nascosta» ipotizza Shae.

«Questo spiegherebbe perché non ha ancora utilizzato il drappo bianco. Ha visto quello che succede... ma allora perché non ci ha raggiunti una volta che è finito tutto?» chiedo io.

«Ti avrà visto scappare e avrà provato a seguirti. Magari si è persa nel tentativo» prova a dire Thabo, guardando preoccupato la ragazzina. «E' spaventata a morte per svenire così».

Mi volto verso di lei e in quel momento noto un livido violaceo sul collo e un altro sul braccio dove la manica si è sollevata.

 

«Guardate. È stata colpita e stretta. Quel livido ha la forma delle dita di una mano». Quasi urlo mentre indico i segni che spiccano sulla pelle candida e infantile. Chi può aver fatto una cosa simile a una ragazzina indifesa? E poi nell'arena? Con tutte le telecamere puntate addosso? Non si è mai vista una tale violenza nei confronti di qualcuno! Nei vecchi Hunger Games la violenza era finalizzata alla morte dell'altro tributo, non alla tortura. Sono sconcertata e sto tremando dalla rabbia.

Anche gli altri candidati si avvicinano e guardano i segni.

«A giudicare dalla grandezza deve essere un ragazzo. Ma non uno dei grandi» dice Paban freddamente.

«Non sono stato io» protesta Dick spalancando gli occhi. Mi scappa un sorriso. È talmente terrorizzato di far del male a qualcuno (a parte poi uccidere un candidato per difendere Paban alla cornucopia) che credo possa essere definito il più pacifico di tutti noi. Se fa del male, lo fa a fin di bene... che pessima scelta di termini...

 

«Mi riferivo a quelli tra i quindici e i diciotto. Escluse le tue. Tu hai mani enormi, se avessi stretto da farle venire i lividi, le avresti staccato la testa. Sicuramente non sei stato tu» lo tranquillizza il ragazzo del mare.

«Credete siano stati Rainer o Brieg?» chiede Thabo. Rabbrividisco. Possibile che il biondo possa fare una cosa simile a una ragazzina?

«Oppure Hemmo, il candidato del nove, o Ilixo» dice Shae.

Forse tra i quattro, il più probabile come crudeltà è Rainer, il candidato del distretto 1. Eppure non ce lo vedo aggredire Alicia e non ucciderla. Sarà violento ma lasciarla viva non sarebbe nei suoi piani. Secondo me è l'unico nell'arena ad essere soddisfatto della piega sanguinaria che hanno preso questi giochi.

«Prepariamoci per la notte, ormai non riusciremo più a muoverci e, in ogni caso, dobbiamo cercare di chiarire questa situazione di Alicia» dice Paban, tirando fuori dallo zaino il sacco a pelo e la coperta.

 

Con delicatezza prende in braccio Alicia e la depone nel sacco, vicino al fuoco.

«Chyna, restale vicino questa notte. In caso si svegli, penso che sia meglio che veda te prima di qualsiasi altro» dice ed io annuisco, carezzandole lentamente i capelli lunghi.

Anche Shae estrae due sacchi per lei e Thabo e Dick si prepara il suo, enorme.

«Questa notte faremo i turni di veglia. Non siamo mimetizzati. La pioggia ci aiuta ma non sappiamo se ci sono altri candidati o animali pericolosi là fuori» dice ancora Paban.

 

Le ore passano lente e quel poco di chiarore esterno va declinando nel buio completo.

Nel fragore della pioggia, non abbiamo sentito alcun colpo di cannone e con il cielo così coperto, non possiamo neanche osservare se in cielo vi siano altri volti di candidati morti.

Per cena finiamo gli ultimi pezzi del coniglio e la frutta. Mangiamo anche un paio di panini dolci che Dick aveva stipati nel suo zaino e una striscia di carne secca a testa.  Beviamo l'acqua piovana che abbiamo raccolto oggi pomeriggio e cerchiamo di raccoglierne altra per i prossimi giorni, ma non riusciamo a posizionare che un unico telo che fa scivolare nelle bottiglie un rigagnolo di acqua. Ci vorranno almeno un paio di ore per riempire una bottiglia. Fortuna che il sistema si alimenta da solo e non dobbiamo presenziare a tutto l'imbottigliamento.

 

Mentre gli altri si coricano, io mi appoggio al muro, accanto alla testa di Alicia, con l'arco e le frecce a portata di mano. Paban viene a sedersi accanto a me.

«Hai freddo?» chiede porgendomi la coperta.

Scuoto la testa ma la prendo e me la drappeggio attorno al busto.

«Cosa credi che le sia successo?» bisbiglio.

«Sicuramente è stata aggredita. Da quello che ha urlato sembrerebbe che qualcuno l’abbia…» interrompe la frase e sospira. Mi volto a guardare il suo viso e vedo le sue labbra tirate in una linea dura e uno sguardo arrabbiato. Mi fa quasi paura, ma non quanto il pensiero di quello che potrebbe esserci dietro le sue parole.

«Spero di no. È così piccola, sarebbe terribile» sussurro, asciugando una lacrima che scivola sulla guancia.

Rimaniamo così per alcune ore e nessuno di noi si muove. Non capisco se stiano tutti dormendo oppure facciano finta, sta di fatto che mi sto rilassando appoggiata alla spalla di Paban e neanche mi accorgo quando i miei occhi si chiudono.

 

Sento un urlo. Un grido pieno di terrore e spalanco gli occhi spaventata. Attorno a me c’è solo un poco di penombra dovuta alle piccole fiamme del fuoco acceso nel caminetto. Tento di capire dove sono: non alla cornucopia, per fortuna.

«Schhh… Alicia, calmati… sono Paban, calmati». Sento la sua voce lamentarsi e piangere e mi si stringe il cuore. Cosa le hanno fatto?

Mi alzo quasi correndo e incespico nella coperta. Sono stesa sopra a un sacco a pelo, probabilmente messa da Paban quando mi sono addormentata. Fatti due passi, crollo accanto ad Alicia e la stringo tra le braccia.

«Alicia, sono io, Chyna. Non piangere… sei al sicuro adesso… con noi» mormoro sottovoce.

Anche gli altri si sono svegliati, lo sento dal diverso respiro che fanno, ma non dicono niente e gliene sono grata.

A forza di carezzarle la schiena sento che si sta rilassando. Paban è tornato ad appoggiarsi contro il muro e ci guarda in silenzio soppesando il mio spadino con le mani.

Finalmente sento che smette di singhiozzare contro la mia maglietta e mi stacco da lei per guardarla bene in faccia. Ha gli occhi gonfi per il pianto e lo sguardo perso e terrorizzato di un cucciolo. Mi si stringe il cuore.

 

«Cosa ti è successo?» chiedo in un sussurro. Ho paura che si spaventi se uso un tono di voce normale. I suoi occhi tornano lucidi e pieni di lacrime pronte a tracimare. Ma rimane in silenzio.

«Sei fuggita dalla cornucopia e non hai preso parte al bagno di sangue… sai cosa è successo?» chiedo ancora. Lei mi fa cenno di sì ed aggiunge con un filo di voce. «Lui me l’ha raccontato».

Okay. C’è un lui, uno dei quattro che abbiamo nominato prima.

«Sai che anche il drappo bianco è stato manomesso? Non possiamo fuggire dall’arena». Di nuovo fa un cenno affermativo.

«Te l’ha raccontato questa persona?». Altro cenno. Sì. Cerco di ricordare chi ci fosse in quel momento ma non ricordo altri che non siano noi cinque. Forse gli altri si erano fermati subito dopo essere entrati nella giungla.

«Chi è?» soffio. Le prendo il viso tra le mani, fissando i suoi occhi scuri. Ti prego, parlami imploro nella mia mente.

«Hemmo» mormora con un filo di voce, prima di crollare di nuovo tra le mie braccia.

 

La faccio stendere nel sacco a pelo e mi ci infilo, in modo da tenerla stretta tra le mie braccia e continuare a carezzarla per calmarla. Quando i suoi singhiozzi si calmano mi accorgo che si è di nuovo addormentata.

Cosa le ha fatto quel disgraziato? Non avrà mica cercato di… non riesco neanche a pensarci senza avere conati di vomito. Giuro che se lo incontro lo uccido!

«Paban, vai a dormire. Resto io a fare la guardia» dice Dick. Non mi ero neanche accorta che si fosse alzato. Guardo il ragazzo del mare che si corica accanto a me, prendendo il sacco del mio compagno e lasciandogli la coperta.

«Sei sicuro che…» provo a dire, ma lui mi zittisce subito.

«Dormi tranquilla. Dick è perfettamente in grado di fare il prossimo turno» risponde.

Il fatto di essere circondata da amici mi fa sentire sicura e spero che anche Alicia riesca a riposare davvero, con me vicino.

Fuori continua a piovere e con quel rumore mi addormento anche io.

 

Una tenue luce grigiastra dell’alba ci sveglia. La notte è passata, con una pioggia incessante. Fuori dalla stanza sarà un mare di fango.

Con calma scivolo fuori dal sacco, cercando di non svegliare Alicia che sta ancora dormendo. È stata agitata per tutta la notte e non può continuare in questo modo. Se adesso dorme tranquilla è meglio farla continuare.

 

Shae e Thabo stanno alimentando il fuoco per scaldare un poco di acqua per farne una pappetta con dei cereali recuperati dalla cornucopia. Dick e Paban sono usciti per fare un sopralluogo dei dintorni e io inizio ad arrotolare i sacchi e le coperte.

Oramai abbiamo l'acqua e dobbiamo decidere dove andare. Non possiamo rimanere fermi, gli strateghi potrebbero organizzare qualche cosa di orribile per farci soccombere. Dobbiamo rimanere vigili e soprattutto vivi, nella speranza che i mentori ci tirino fuori di qui.

Osservo ancora Alicia. Sembra così tranquilla e innocente, non diresti mai che nella sua mente girano immagini tratte direttamente dall'inferno.

 

«Direi che possiamo muoverci dopo colazione se siamo pronti. Non è prudente rimanere qui, siamo sotto un costone di roccia che sembra pericolante, non vorrei che precipitasse a causa della pioggia di ieri» dice Paban rientrando.

Nessuno risponde, le parole sono superflue in questo caso. Mi affretto a svegliare Alicia per fare insieme la colazione preparata dagli altri.

Ci vogliono alcuni minuti perché recepisca dove si trova e in compagnia di chi. Guarda Dick e Paban con timore e si siede appiccicata a me, cercando di mettere spazio tra lei e Thabo che si è seduto dall'altra parte.

«Alicia, nessuno ti vuole fare del male. Sei al sicuro con noi» dice il ragazzino, passando una foglia larga con una montagnola di cereali sopra.

Non abbiamo stoviglie e dobbiamo arrangiarci. La fame è più forte del bon ton.

Alicia lo guarda titubante, poi prende la foglia e fa un piccolo cenno di ringraziamento, contraccambiato da un gran sorriso.

 

Sembra più tranquilla, seppure non dica molto e si esprima a monosillabi. Non oso tornare a chiedere cosa le sia successo nel periodo prima di incontrarla. Hemmo deve averla davvero traumatizzata, non è la ragazzina che ha fatto gli allenamenti con noi.

Mangiamo tranquillamente, chiacchierando di cose futili e inutili. Sembriamo tanti bufali che non osano fare un passo per paura di distruggere l'arredamento.

Quando abbiamo finito, spegniamo il fuoco e raccogliamo tutto quello che ci è utile. Poi iniziamo a consultarci per la nuova destinazione.

«Io propongo di andare alla cornucopia. È il centro dell'arena ed è più facile che ci trovino» propone Thabo.

«Chi? Gli strateghi o gli altri candidati? Saremo troppo in vista» ribatto io.

«Io propongo di andare al confine esterno dell'arena. Voglio vedere se è impenetrabile» dice Shea.

«Sono d'accordo. Dobbiamo capire le nostre possibilità, non possiamo rimanere qui ad aspettare» replica Paban. In effetti non hanno torto. Se riusciamo a capire totalmente la nostra situazione, magari ci viene in mente come fuggire.

 

Fuori è ancora nuvoloso ma, per lo meno, non piove. Il fango impedisce un cammino spedito e già dopo un'ora siamo completamente sudati ed esausti.

«Coraggio. Non appena arriveremo a quelle rocce cammineremo più agevolmente» dico indicando la collina che dista qualche centinaio di metri da noi.

Avanziamo ancora faticosamente, ormai siamo quasi arrivati alla meta, tanto che Paban e Shea stanno iniziando a salire sulle prime rocce.

All'improvviso si sente un boato fragoroso e terrificante.

«Forza! Salite!» incita Paban aiutando Thabo e sporgendosi per Alicia.

La fretta, l'umidità e il sudore fanno scivolare più di una volta mentre guardiamo atterriti una incredibile massa d'acqua che si sta riversando nella valle, come se si fosse abbattuta una diga o fosse tracimato un argine di un fiume. L'acqua scura sotto di noi, crea numerosi mulinelli e lambisce le rocce dove ci stiamo arrampicando. In pochi istanti sembra di salire su un'isola. Siamo completamente circondati e bagnati fradici.

«Più in fretta! Salite!» urla Shae con urgenza. Continuiamo a salire aggrappandoci alla meno peggio, possiamo ancora arrampicarci per una ventina di metri e spero ardentemente che siano sufficienti per non farci cadere nel limo che scorre. La corrente dell'acqua sotto di noi si sta leggermente calmando ma è ancora pericolosa.

«Ah! Aiuto!» urla Alicia mulinando le braccia. Deve aver perso l'equilibrio. Mi slancio verso di lei e, miracolosamente, riesco ad afferrarla per un polso con la mano libera dall'arco.

«Attenta, Chyna» urla Dick mentre si avvicina per aiutarmi.

Con un ultimo colpo di reni sollevo Alicia verso il mio compagno ma, non appena vedo che l'ha afferrata saldamente, la roccia sotto i miei piedi frana, trascinandomi inesorabilmente nel fiume in piena.

 

«Chyna! No!» riesco solo a sentire Shae che urla e vedo Alicia con una mano tesa verso di me, prima che l'acqua si chiuda sulla mia testa. Vengo trascinata dalla corrente violenta. Annaspo per cercare aria ma la forza dell'acqua è tremenda, impari. I polmoni mi bruciano e gli arti mi dolgono nello sforzo muscolare di tornare a galla. Per qualche volta ci riesco, poi un ennesimo mulinello mi porta a fondo. È tutto buio ed io cedo. Non respiro più. Addio.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine del capitolo. Chyna cade nell’acqua e viene travolta. Tenta di galleggiare e nuotare (non sto a ricordare che Paban le aveva insegnato a nuotare al mare quattro anni prima, ve lo rammentate di certo) e sembra affogare.

 

Tranquillizzo subito. È la protagonista, vi sembra che la faccia fuori prima della fine? Al limite la ammazzo all’ultimo capitolo. E ora sto scrivendo il numero 18…

 

Spero che vi sia piaciuto sino ad ora, aspetto commenti!

 

Adesso vi lascio un piccolo spoiler della prossima puntata:

Non appena riesco ad uscire dall’acqua crollo sulle pietre che costeggiano questo fiume improvviso. Il mio respiro è ansante e sputacchio un po’ dell’acqua che ho ingurgitato mentre tentavo di non affogare. Quando finalmente riesco a fare un lungo respiro, lascio che l’incoscienza mi avvolga, sperando di non diventare cibo per animali…

Così state tutti più tranquilli. Prossimo banner Hemmo!…

 

Adesso vi ringrazio per l’attenzione

Alla prossima settimana

baciotti

 

 

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Capitolo 16
*** la violenza ***


 

Cari lettori, buonasera!

Eccoci per il nuovo capitolo di questa storia.

Come al solito ringrazio chi recensisce, inserisce nei preferiti, ricordati o seguiti e per chi legge solamente e spero apprezzi questo lavoretto.

Grazie ad Elenri (Teresa) che mi fa fare bella figura con i suoi banner. Oggi abbiamo un personaggio che è venuto alla ribalta ultimamente: HEMMO, il candidato del distretto 9.

I commenti li lascio al fondo, per ora auguro… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

La mia mano ha trovato un ramo. È flessibile. È lungo e forte. Mi aggrappo ed inizio a tirare. Forse non servirà ma non voglio arrendermi. Ho ancora l'arco nella mano e faccio scivolare il polso tra la corda e il fusto. Devo riuscire ad uscire da lì. Se c'è un ramo c'è anche una pianta ed è probabile che sia ancora piantata a terra, altrimenti non farebbe opposizione anche contro la mia poca forza.

Riesco a sollevare la testa oltre le onde vorticose e inspiro con golosità l’aria che riempie i polmoni e mi fa tossire. La voglia di vivere è più forte della stanchezza che sta dilaniando i miei muscoli. Continuo a tirare il ramo e ad avanzare come se fosse una corda. Ormai sto tagliando la corrente in perpendicolare e la mia speranza è di toccare un fondo solido tra pochi metri.

Ancora uno sforzo e mi ritrovo a sollevarmi come se fossi in una specie di stagno, riparata contro la corrente da un masso che interrompe il flusso. Mi aiuto ancora avanzando un po’ in piedi e un po’ in ginocchio, esausta.

Non appena riesco ad uscire dall’acqua crollo sulle pietre che costeggiano questo fiume improvviso. Il mio respiro è ansante e sputacchio un po’ dell’acqua che ho ingurgitato mentre tentavo di non affogare. Quando finalmente riesco a fare un lungo respiro, lascio che l’incoscienza mi avvolga, sperando di non diventare cibo per animali.

 

Mi ritrovo coricata a pancia in giù, sopra un insieme di pietre e muschio. Ho la punta dei piedi ancora in acqua e la mano che stringe l’arco. Ormai è quasi buio e devo cercare un riparo per la notte. Sono infreddolita e non potrò accendere un fuoco, quindi meglio cercare un qualche anfratto tra le rocce che costeggiano questa parte di quello che adesso sembra essere appena un torrentello di montagna. Osservo l’arco per benino. È ancora intatto. Il metallo non si è incurvato e la corda è perfettamente tesa. Mi sfilo la faretra dalle spalle. Ci sono ancora sei frecce, incastrate nel sistema di sicurezza, le altre sono andate perdute nella corrente. Dovrò fare attenzione a non sprecarle e non perderne neanche una. Ho perso il coltello che mi aveva dato Thabo e non ho uno zaino con me, quindi niente coperte, bottiglie, provviste. Niente di niente. Mi viene quasi da piangere.

Non so quanta strada abbia fatto nel fiume prima di fermarmi qui. Mi è sembrato una eternità il tempo passato in acqua.

 

Guardo più a monte. Gli altri mi staranno cercando? Certo che sì. Li ho sentiti chiamare il mio nome mentre cadevo. Shae, Alicia, Thabo, Dick, Paban. Speriamo che stiano bene e non siano caduti anche loro. Sono contenta che ci sia Shae con Alicia. Se è stata aggredita come pensiamo, sarà più facile essere confortata da una ragazza.

 

Provo ad alzarmi. Le gambe traballano ma ce  la faccio. Guardo in alto e vedo un albero con delle mele. Non ho la forza necessaria per colpire un frutto con la freccia ma, aiutandomi con l’arco, riesco a staccare un pomo e mi ci avvento senza neanche pensare a pulirlo. Mettere qualcosa nello stomaco è una delizia. Il frutto finisce in fretta ma non riesco a procurarmi altro, per ora. Preferisco cercare un riparo per la notte o morirò di freddo restando all’aperto.

Mi trascino stancamente verso un insieme di massi e smuovo i cespugli vicino con una freccia, per far uscire eventuali animaletti. Un colpo di fortuna mi fa scoprire una specie di buca tra i massi che mi può riparare dal freddo. Mi ci infilo. È grande appena per il mio corpo ma il muschio e le rocce impediscono se senta il vento fresco che si è alzato. Attiro su di me un po' di foglie che sono lì vicino. Non è come una vera coperta ma mi posso anche accontentare. Spero che la temperatura non scenda troppo. Siamo quasi in estate ma gli strateghi potrebbero giocare con i gradi.

 

Ormai è buio completo, quando sento l’inno di Panem e guardo la volta celeste per vedere se ci sono state delle vittime di questa inondazione. Non ho sentito colpi di cannone, ma essendo sott’acqua potrebbero essermi sfuggiti.

Con mio grande sollievo non vedo nessuna faccia. Vuol dire che sono tutti vivi, anche i miei amici. Me li immagino tirare un sospiro di sollievo guardando il cielo come ho fatto adesso io.

Torno ad accucciarmi nella buca. Domani mattina andrò subito a cercarli, seguendo il greto del fiume o quel che ne rimane, in senso inverso rispetto a dove sono scesa io.

«Buonanotte, ragazzi» mormoro. Sono le prime parole che dico dopo la mia avventura nell'acqua e devo dire che, nonostante il tono basso, il fiato mi raschia la gola in modo incredibile. Mi ci vorrà un poco per riprendermi.

 

Riesco ad appisolarmi tutta rannicchiata. Non sento neanche più il rumore dell'acqua. Di sicuro quando mi alzerò domani mattina non troverò neanche una goccia.

Le mie previsioni non sono del tutto esatte. Vero che non trovo niente nel torrente che mi ha trascinato via dagli altri, in compenso piove sopra di me, inzuppandomi sino alle ossa e facendomi battere i denti dal freddo.

Prendo una grossa foglia e faccio in modo di far scivolare quanta più acqua possibile nella mia bocca. Tanto vale approfittarne, visto che non ho bottiglie dove contenere una scorta.

Raccolgo un paio di frutti e li sbocconcello, iniziando a camminare verso i miei compagni, almeno spero che siano da quella parte.

È fastidioso sentire tutti i capelli e gli abiti appiccicati addosso. Ormai la maglietta non è altro che un ammasso informe marrone e grigio. I pantaloni presentano alcuni piccoli strappi e alla giacca sono saltati un paio di bottoni. Devo avere un aspetto orribile, ma non posso farci nulla.

 

Continuo a camminare. Sento con piacere che i miei muscoli stanno rispondendo bene alle sollecitazioni. Le gambe reggono, le braccia non tremano. Il busto non presenta ammaccature tali da rendere impossibile la marcia. Nel complesso mi è andata estremamente bene. Non è da tutti riuscire a sopravvivere a una ondata del genere e poterlo raccontare. Questa volta dovrò proprio ringraziare la mia buona stella.

 

La pioggerellina insistente, attutisce i miei passi. Il muschio fa il resto ed io sembro un’ombra che attraversa la giungla. Faccio attenzione a quello che ho attorno. Queste piante hanno poco a che fare con i miei boschi e presumo che anche gli animali siano diversi. Io so come comportarmi con i cani selvatici, molto meno con esseri striscianti provenienti da altre parti del mondo. E non so proprio cosa fare di fronte a nuovi ibridi che gli strateghi potrebbero aver utilizzato. Non me ne stupirei.

Sarà quasi un’ora che cammino e la pioggia si è fermata.

A causa di alcune rocce, mi sono dovuta allontanare dal letto del torrente. Era davvero un’onda anomala ma sembra più che altro, essere stata una apertura delle chiuse di una qualche diga, perché, seppure quasi in secca, dove ieri scorreva acqua non vi sono piante ma sparuti cespugli e sassi, tantissimi sassi levigati di tutte le dimensioni. Questo è davvero il letto di un fiume e non capisco come abbia potuto sfuggirci ieri.

Non riconosco niente lì attorno. Probabilmente ho davvero fatto parecchia strada lungo quel fiume.

 

All'improvviso, come se le piante si fossero spostate, senza soluzione di continuità, mi trovo in una specie di villaggio in rovina. Stanze squadrate in pietra ocra si ergono ai lati di viuzze strette e tortuose. Qui la giungla non ha ancora inglobato le costruzioni. Entro in una stanza e mi trovo a guardare un ambiente del tutto simile a quello che ci ha ospitato la notte scorsa, quando abbiamo trovato Alicia. Torno di  corsa per la strada lastricata in selce, esattamente come alla cornucopia, e mi metto a urlare.

«Ragazzi! Alicia! Paban! Dick! Thabo! Shae!» li chiamo tutti e intanto corro cercando di mantenermi in una linea retta in modo di attraversare il villaggio. Trovo quasi tutte le case in piedi. Ve ne sono alcune crollate, ma in linea generale è come se gli abitanti fossero andati via da poco.

«Alicia! Dick!» continuo a urlare mentre entro ed esco dalle case che trovo con gli usci aperti.

Comincio a pensare che sia una perdita di tempo. Se mi avessero sentita a quest’ora sarebbero già qui.

 

Mi guardo attorno. Chissà dove sono le telecamere? Non ne ho notate in questi due giorni, ma lo scopo degli Hunger Games è far vedere quello che succede nell’arena, perciò posso presumere che ci sia qualcuno che in questo momento mi sta guardando.

«Ehi! Ehi, voi!» mi metto a urlare al nulla. «Dico a voi che mi guardate! Che senso ha tutto questo? Vi piace proprio vederci morire? Volevate ancora sangue? Non vi sono bastati settantacinque anni di ragazzi morti? Io voglio tornare a casa mia! E voi dovete lasciarmi uscire! Erano questi i patti e io ho rispettato i miei entrando qui dentro, voi dovete rispettare i vostri tirandoci fuori! Ehi! Mi sentite?» grido e la mia voce rimbomba tra le case e più in là sulle pareti di roccia, creando un sottofondo cacofonico. Adesso tutti i candidati mi avranno sentito! Anche i miei amici. E anche i miei nemici…

 

Decido di procurarmi un poco di carne per pranzo. Ho mangiato solo della frutta da ieri sera e onestamente inizio ad avere davvero fame. Incocco una freccia all’arco e inizio a muovermi verso le piante della giungla, appena fuori le ultime case del villaggio.

Non passa molto tempo che un grasso e strano coniglio dalle orecchie corte e dalle zampe più lunghe del normale, mi sfreccia davanti ed io ho giusto il tempo di reagire e colpirlo, infilzandolo senza pietà. La freccia lo inchioda al suolo ed io posso riappropriarmi dell’unica arma che ho ancora a mia disposizione.

Purtroppo non ho un coltello e mi tocca scuoiarlo con la punta della freccia e una pietra tagliente che ho trovato per strada.

Rientro in una delle case che mi sembrano più solide e in ordine e mi avvicino al camino che c’è al lato della stanza. Accanto trovo una catasta di legna e addirittura l’acciarino. C’è anche una specie di madia, dove trovo un paio di ciotole e un attrezzo simile a un cucchiaio fatto in legno. Mi sembra quasi di essere tornata alla civiltà.

 

Accendo il fuoco e lascio che il fumo vada su per il camino a segnalare ulteriormente la mia posizione. Voglio che gli altri mi trovino, chiunque siano. In questo momento mi andrebbe bene anche quella piaga di Iraida. Mi saprei difendere, ma non sopporto di essere sola in questo modo.

Il coniglio sfrigola sullo spiego, lambito dalle fiamme vive. Il grasso cola lungo lo stecco lanciando in giro delle piccolissime scintille.

Meglio che vada a raccogliere qualche frutto e a prendere dell’acqua. Raccolgo una delle ciotole e mi dirigo verso l’uscita di quella stanza, quando all’improvviso, a circa un metro e mezzo dall’uscio, il pavimento sprofonda sotto i miei piedi e si apre una voragine che cerca di inghiottirmi.

Ho appena la presenza di spirito di lasciare cadere la ciotola e lanciarmi verso il bordo del pavimento che rimane ancora fisso.

Mi ritrovo con i piedi a penzoloni e le mani saldamente aggrappate al bordo del baratro. Sotto di me è tutto completamente nero e presumo anche profondo, visto che sento sbattere la ciotola dopo parecchi secondi. Non ho nessun appiglio per tirarmi fuori dai guai. I miei piedi non toccano niente e se qualcuno non mi darà una mano presto, la mia avventura agli Hunger Games potrebbe finire adesso.

 

«Aiuto! Aiuto! C’è qualcuno? Aiuto!» urlo disperata. Le mani iniziano ad intorpidirsi. Non resisterò ancora a lungo. I secondi passano lenti e sembrano ore. Maledizione! Che qualcuno mi aiuti!

«Aiuto! Vi prego, aiutatemi!» sto cominciando a piangere. Le dita mi fanno male e tra poco non riuscirò più a sostenere il peso del mio corpo. Possibile che nessuno si sia accorto del fumo? Se davvero mi stanno cercando l’avranno di sicuro avvistato.

«Aiuto!». Sto perdendo le forze. Ancora pochi istanti e non riuscirò più a sostenermi. Provo a far forza sulle braccia per sollevarmi ma non riesco assolutamente a muovermi. Sono bloccata. O arriva qualcuno e mi salva o morirò tra poco.

«Aiuto» soffio sempre più debole. Le lacrime stanno colando senza sosta. Non ce la faccio più.

«Non ce la faccio più» mormoro. E sto quasi per lasciare la presa che sento una voce.

«Aspetta! Ti lancio questa corda! Afferrala che ti tiro su!». Il cielo di Panem sia lodato! È arrivato qualcuno! Il mio cuore batte forsennato e felice per questa nuova opportunità di vita.

Afferro con la destra la spessa corda che mi viene gettata e subito stacco anche la sinistra dal bordo e mi aggrappo con tutte le forze che mi sono rimaste.

Chissà chi è il mio salvatore? La voce la conosco ma non mi è famigliare. Forse è Rainer, è quello con cui ho parlato meno.

 

Sento il ragazzo sbuffare e poco alla volta vengo sollevata oltre il bordo del buco, sul pavimento solido. Quando anche le ginocchia sono risalite mi affretto a gattonare lontano dal buco verso il mio salvatore. Ringrazio il cielo che qualcuno abbia ascoltato le mie grida.

Alzo lo sguardo verso il suo volto, pronta a ringraziarlo «Ti…» ma le parole mi muoiono in gola.

Un vecchio detto dice “dalla padella alla brace” e non riesco a formulare nessun altro pensiero.

Davanti a me c’è il candidato del distretto 9. Il ragazzo giovane, dai capelli color mogano, dal viso ordinario e, da come ne ha il terrore Alicia, dalla spiccata sadicità: Hemmo.

Inizio a tremare mentre balbetto. «Ti ringrazio per avermi salvata. È molto profondo, lì. Potevo morire». Cerco di fare un sorriso riconoscente e mostrarmi rilassata. Sono sola, non so  che idee potrebbe avere.

«Uf… figurati. Sei pesantuccia, Chyna! Fortuna che passavo qui vicino quando ho visto il fumo» risponde sorridendo tranquillo. Non sembra così cattivo. Ma non riesco ad impedire alle mie mani di tremare. Spero che non se ne accorga.

«Non eri con il tuo compagno di distretto e i suoi amici?» chiede curioso. Forse è meglio mentire.

«Sono andati a cercare del cibo. Io avevo iniziato a cucinare la carne» dico indicando lo spiedo. Ormai il coniglio sarà cotto, anzi, forse anche un po’ bruciato.

«Strano che non ti abbiano sentito… ti spiace se mi servo? È da un po’ che non mangio carne» dice tranquillo e taglia una coscia con il coltello che teneva appeso alla cintura. Ne taglia un altro pezzo per me e me lo passa.

«Mangia prima che si freddi. Se i tuoi amici arrivano si arrangeranno con quel che resta».

 

Occuparsi del cibo mi sembra una buona idea. Almeno lui sarà distratto ed io tornerò a respirare un pochino più tranquilla. Cosa ha fatto davvero ad Alicia? Abbiamo visto dei lividi. L’ha stretta con le sue mani… eppure, se lo guardo in viso non riesco a trovare questo odio, questa pazzia. Davvero ha fatto del male ad Alicia? Oppure è lei che si è confusa? Non so cosa pensare.

«Notevole! Sei davvero brava con la selvaggina!» mi fa i complimenti leccandosi le dita unte. «A casa abbiamo solo grandi distese di grano e recintiamo bene perché gli animali non entrino a far danno, quindi non abbiamo molte occasioni per mangiare della cacciagione» mi spiega con un gran sorriso.

Rispondo anche io con una smorfia tirata e spero che non si insospettisca. «Anche noi siamo recintati al distretto 12. Mia madre, però, mi ha insegnato a cacciare nei boschi che circondano il villaggio e le miniere, quindi non ho mai avuto di questi problemi» rispondo.

«Il mio distretto è molto più ampio e noi siamo al suo centro. Se volessi uscire dalle recinzioni esterne mi ci vorrebbero almeno tre giorni di cammino» risponde facendo spallucce.

Comincio a rilassarmi. «Ma se i campi sono così lontani come fate a lavorarli?».

«Abbiamo dei camion che ci trasportano fino ai campi più lontani. Però i mezzi sono del governo e nessuno di noi ha i soldi per permettersene uno». Mentre parla, prende un altro pezzo di coniglio e lo addenta con gusto. Non sembrava tanto denutrito ma, evidentemente, lo era più di me, vista la sua voracità.

 

Comincio a rilassarmi davvero. Non mi sembra pericoloso. Forse è stata realmente una razione esagerata di Alicia. Eppure i lividi ci sono e lei non ha detto cosa era successo davvero. Solo per aver stretto un poco le mani non poteva scatenarle quella paura. Sono così confusa…

Mi alzo per uscire e andare a prendere un poco di acqua con l’altra ciotola.

«Ehi, dove vai?» chiede Hemmo sporgendosi verso di me.

«Vado a prendere un po’ d’acqua» rispondo sollevando la ciotola.

«Noooo!» dice ridacchiando lento «Resta qui. Tanto i tuoi amici arriveranno tra poco e avranno portato anche l’acqua, no?».

 

Un brivido mi attraversa la schiena. Il suo sorriso non è più tanto naturale, mi ricorda quello delle bambole di plastica che mi regalava mia nonna quando andava a Capitol City per delle consulenze all’ospedale.

«In ogni caso, ho anche io una bottiglia» annuncia giocoso e mi tira la borraccia che estrae dal suo zaino. «Tieni, bevi pure. La riempiremo di nuovo più tardi» dice facendo un gesto di invito.

Lo guardo sottecchi mentre svito il tappo e ingollo il primo sorso breve. È fresca e mi scivola in gola che è una meraviglia. Ne faccio uno più lungo e la ritappo. Strano. Lascia un retrogusto come di piccante e amaro. Rivolgo a Hemmo una occhiata perplessa.

«Oh, forse non te l'ho detto. Ho corretto l'acqua con alcuni fiori che ho trovato per la strada e sono tipiche del mio distretto. È tanto per dargli un gusto diverso. Niente di che» dice facendo ancora spallucce. Mette le mani dietro la testa e allunga le gambe davanti a sé incrociando i piedi e appoggiandosi al muro, accanto al camino.

«Ah! Proprio una bella mangiata. Adesso riposiamoci un poco mentre aspettiamo» dice tranquillo e sorridente.

Ho la lingua come impastata. Come se fosse diventata il doppio delle sue dimensioni. La testa mi gira e la sento pesante. Sbarro gli occhi terrorizzata. Mi ha drogata. Provo ad alzarmi ma non riesco a muovere un muscolo e crollo supina sul terreno.

 

«Bastardo» dico con odio, con tutta la voce che riesco a far uscire dalla bocca.

«Ops. Forse dovevo anche dirti che è un leggero anestetico. Non potrai muoverti per un poco, ma non ti preoccupare, resterai comunque cosciente». Ridacchia completamente rilassato. «Adesso lasciami riposare qualche minuto. Tirarti su da quel buco mi ha letteralmente sfiancato. Non sono mica un forzuto come il tuo compagno o il tuo amante... » poi si sposta verso di me con un'aria curiosa.

«Dimmi un po'. Il ragazzo del mare è davvero così bravo? Perché da come ne parlava Iraida, mi ha fatto venire una voglia...» dice mordendosi il labbro inferiore e lanciandomi uno sguardo complice.

«Non lo so! Quello che so è che Paban non farebbe mai quello che tu hai fatto ad Alicia!». L'unica cosa che posso fare è sibilare il mio disprezzo verso quel ragazzo disturbato. Lo guardo mentre troneggia sul mio corpo inerme. Il mio cuore batte come un tamburo impazzito. In questo momento non riesco neanche a muovere un dito, potrebbe farmi di tutto.

 

Sbuffa. «La ragazzina di Capitol City. Non avevo ancora trovato i fiori, ero appena fuggito dalla cornucopia. L'ho trovata che stava appostata dietro alcuni alberi pronta a tornare alla piazza non appena non vi fosse stato pericolo». Mi fa venire il vomito. Sta raccontando un episodio osceno e brutale, come se fosse la favola della buona notte.

«Le ho detto che c'erano alcuni candidati, tipo quelli dell'uno e del due che stavano cercando di ucciderci tutti e di allontanarsi con me. Poi saremmo tornati a cercare gli altri. L'ho portata in una stanza come questa...» ride «Dovevi sentire come strillava quando le ho fatto togliere la maglietta e i calzoni. Però, vedi? Contro un coltello così affilato...». Posa il pollice sul filo della lama, fa fiorire una linea rossa sul polpastrello e fa scivolare via gocce di sangue carminio. «Fanno sempre quello che vuoi davanti alla scelta del dolore fisico. In fin dei conti quello che voglio è piacere... giusto?».

Sbatto le palpebre incredula. Davvero crede che violentare una ragazza sia un qualche cosa di piacevole?

 

So che Capitol City, i distretti e i militi, hanno una politica di tolleranza zero contro queste pratiche. Una volta ho sentito di una ragazza che è stata violentata da un uomo ubriaco, vicino alle miniere. L'uomo è stato arrestato, processato e condannato. Prima è passato alla gogna in modo che tutti potessero insultarlo e gettargli addosso sassi (in quel frangente aveva perso un occhio), poi l'hanno reso impotente permanentemente con un miscuglio chimico che chiamano “castratore” e infine l'hanno trasferito ai lavori forzati a vita in un altro distretto. Per questo crimine non esiste più la pena di morte, ma la somma di tutte le punizioni è molto peggio che morire subito.

Per Hemmo non basterebbe. Lui deve morire! E se riuscirò a liberarmi non avrò pace sino a quando non l'avrò ucciso. Feccia come lui non merita di vivere.

 

«Comunque è riuscita a liberarsi prima che terminassi, quindi ho cercato di perfezionare la tecnica, se capisci cosa intendo. Adesso, lasciami riposare un attimo» dice cercando si sistemarsi meglio. Appoggia la testa al muro e chiude gli occhi soddisfatto, mentre l'unica cosa che riesco a fare è pensare come fuggire.

Quanto ho bevuto? Due sorsi. Uno breve e uno più lungo. Quanto durerà l'effetto della paralisi? Mi sforzo di muovere un dito ma non sento assolutamente nulla, solo un lieve formicolio al piede all'interno dello scarponcino.

Riesco a voltare la testa e vedo che Hemmo ha la testa completamente a ciondoloni sul petto. Sta dormendo. Faccio un lungo respiro e ricomincio a cercare di flettere mani e piedi. Il formicolio del piede diventa sempre più intenso e finalmente sento che riesco a piegare l'alluce: il dito che non formicola più.

In compenso sento che si sta svegliando anche la mano sinistra, mentre il fastidio sta salendo alle caviglie lasciando liberi i piedi. Comincio a capire come funziona mentre riesco a muovere le dita della mano sinistra. L'effetto sta svanendo. Ancora mezz'ora e dovrei riuscire a scappare sulle mie gambe.

 

Tiro un lungo sospiro e continuo a piegare e flettere mani e piedi, nella speranza di accelerare il processo e liberarmi da queste catene. Il fatto di sapere di poter reagire mi consola e mi stimola. Non riesco neanche a pensare a quello che voleva fare Hemmo. Violenza contro un fantoccio che vedeva, sentiva e non poteva reagire. La cosa peggiore di tutte. Non meritano di vivere persone che agiscono in questo modo. Non merito di vivere una esperienza simile e neanche Alicia lo meritava.

Ormai riesco a piegare le ginocchia e muovere tutto il braccio sinistro e parte del destro. Sto per decidere di muovermi quando sento un rumore che mi fa sussultare e spaventare.

«Oh! Non pensavo di addormentarmi così. Ieri ho dormito poco e mangiato ancora meno e adesso ero proprio stanco... tu? Che carina! Mi hai aspettato con ansia? Ne sono davvero contento» dice Hemmo scivolando verso di me con il coltello nella mano.

 

Mi sta terrorizzando e lui lo fiuta. Devo stare calma, attenta e vigile. Concentrata. Non ho ancora la mobilità completa e non so se le mie gambe reggerebbero in caso di fuga. Credo che dovrò lottare.

Lui dovrebbe avere un anno o due in meno di me. Ha un fisico forte ma mingherlino e anche io sono forte. Forse non lo batterei, ma sicuramente gli renderei molto difficile il compito. Non ho intenzione di farmi sopraffare senza combattere.

Ringhio alle sue risposte ma non mi muovo. Non voglio che si accorga che posso muovermi, anche se di poco. L'elemento sorpresa è tutto quello che mi rimane.

Hemmo ha finito di strisciare come il verme che è, ed è arrivato al mio fianco.

 

Con il coltello inizia a toccarmi, facendo passare la lama sopra la maglietta a partire dallo scollo e per tutta la lunghezza del cotone, sopra lo sterno sino ad arrivare in vita. Chiudo gli occhi e tento di non tremare e non fare gesti che potrebbero spaventarlo e farmi infilzare prima del tempo. Sento la fronte sudata e mi prudono le mani dalla voglia di ucciderlo. Credo di non aver mai desiderato così intensamente l'uccisione di una persona.

«Vediamo un pochino cosa c'è qui sotto» dice e solleva la maglietta con le dita, sino ad arrotolarla sotto le ascelle, lasciando libero tutto il busto.

«Oh... reggiseno. Beh, pensavo peggio. Non le hai enormi ma neanche piccoline» commenta e con il coltello mi taglia l'elastico che tiene insieme la biancheria e scopre il mio seno. Fremo di rabbia e impotenza. Il coltello sta passando con la lama piatta e fredda sul mio petto ed io trattengo il fiato nel futile tentativo di sottrarmici.

«Ferma, o ti potrei tagliare e non vorrei rovinare questa bella pelle... sai che facciamo? Posiamo il coltello e ci divertiamo sul serio» annuncia e lancia distrattamente la lama dietro le sue spalle, accanto al camino, troppo distante perché possa allungare una mano e recuperarla per difendermi.

 

Questa è la mia occasione. Non ci sono armi tra noi, solo le nostre mani per una lotta corpo a corpo. Raccolgo tutte le mie forze e per prima cosa urlo più forte che posso per confonderlo: «Aiuto! Aiuto! Qualcuno mi aiuti!».

Dopo un primo istante di sbigottimento, Hemmo sghignazza «Nessuno ti sentirà» risponde e si abbassa verso di me avvicinandosi al seno.

In quell'istante in cui è distratto, chiudo il pugno, avvolgendo le dita intorno al pollice e lo tiro contro la mascella del ragazzo che si bilancia e cade sul fianco lasciandomi libera.

Subito rotolo dalla parte opposta e mi metto in ginocchio. Ho difficoltà a respirare ma fino in questa posizione riesco ad arrivare. Provo a mettere un piede a terra e cerco di alzarmi.

Gemo disperata. La gamba non risponde ancora. E crollo a terra. Ricomincio subito a strisciare e poi a gattonare verso l'uscita, evitando di passare troppo vicino alla voragine nella quale avevo rischiato di cadere alcune ore prima.

 

Provo ancora a gridare, magari arriva qualcuno, anche se ne dubito. «Aiuto! Aiuto».

Hemmo si è ripreso e mi sta raggiungendo, lo sento alle mie spalle. Mi sento afferrare una caviglia e inizio a scalciare. Sento un grugnito ma non controllo se l'ho colpito e continuo ad avanzare verso la luce e l'uscita. Mi sento di nuovo afferrare, questa volta per una gamba e quando cerco nuovamente di scalciare, mi sento pestare con un ginocchio. Mi ha bloccato pancia a terra. Mi prende le braccia e le storce sulla schiena. Sento una corda e mi agito come una anguilla. Mi sta legando i polsi. Se mi lega è finita!

«Aiuto!» urlo ancora ma non riesco a continuare prima che mi arrivi uno schiaffo a farmi sanguinare il labbro inferiore.

 

«Adesso vedrai! Brutta cagna!» urla mentre mi gira violentemente. Si siede sulle mie gambe in modo da tenerle ferme e mentre con una mano palpa brutalmente un mio seno e mi preme a terra, con l'altra inizia a sganciare i bottoni della chiusura dei pantaloni. No! Per carità! No! Spalanco gli occhi terrorizzata e cerco di sgusciare via dalle sue mani. I sassolini che ci sono sul pavimento mi graffiano la schiena, ma non riesco a spostarmi tanto da fuggire. Le braccia legate dietro il mio tronco, mi fanno male e tra poco verrò violentata.

«Aiuto! Aiuto!» grido. Non mi arrendo. Non voglio arrendermi. Continuo a muovermi, a sussultare. Hemmo è costretto a lasciare il mio seno per riuscire ad aprirmi i pantaloni e questo mi fa venire in mente di potermi sollevare il busto di scatto e disarcionarlo.

Prima che riesca a muovermi sento dei passi di corsa e un'ombra si staglia nel vano della porta.

«Che succede?... Oh!». È un ragazzo. È il ragazzo del distretto 10. Ilixo.

 

«Aiutami!» urlo implorandolo. Non riesco a vederlo ma sento che è entrato di corsa.

«Lasciala» ordina avvicinandosi.

«Vattene» risponde Hemmo sfoderando un altro coltello più piccolo.

Non fa in tempo a lanciarlo contro Ilixo che questi muove la sua scure e taglia la carotide del candidato del distretto 9. Il sangue schizza da tutte le parti, molto anche sulla mia pelle scoperta. Urlo spaventata e vedo che il cadavere viene spinto e scivola vicino al buco nel pavimento e poi, con un ulteriore calcio da parte di Ilixo, Hemmo sparisce nelle profondità nel terreno.

 

Non sento. Non sento niente. Vedo Ilixo che muove le labbra e cerca di dirmi qualche cosa che non afferro mentre mi libera le mani. Ho un fischio persistente alle orecchie che mi impedisce di sentire altri rumori.

Mi sollevo in ginocchio. Ho le braccia lungo i fianchi e credo… credo di avere le guance bagnate dalle mie lacrime. Sento il mio petto che si squassa di singhiozzi. Ilixo si inginocchia davanti a me e mi guarda in viso, attento a cogliere segnali di dolore o di ferite fisiche. Ma la mia ferita è nel cuore, nel corpo. Sento freddo dentro. Sento freddo e voglio scaldarmi.

Mi tornano in mente i baci di Paban. Quelli mi scaldavano dentro.

Sento le braccia che mi avvolgono e un torace che mi accoglie.

«Adesso non c’è più pericolo. Chyna, sei salva. Non piangere» mormora convincente.

Lentamente sollevo le braccia e lo stringo a me. È caldo ma voglio di più. Voglio sentirmi protetta e amata davvero. Sollevo la faccia e gli do un bacio sulla guancia.

Sento che trattiene il fiato e quasi mi verrebbe da ridere. Sto meglio però.

Provo a dare un altro bacio sulla guancia e la situazione migliora. Un altro e migliora ancora. Un altro. Un altro. Un altro, un altro, altro, altro. I miei baci diventano sempre più urgenti e quasi isterici.

Copro di baci tutto il volto di Ilixo. Lui è fermo, bloccato e, lo sento, anche stupito.

«Chyna» prova a dire, ma io lo blocco e lo bacio sulla bocca, soffocando ogni altro suono.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

dunque, questo è un capitolo abbastanza duro. Abbiamo un Hemmo psicopatico che ha drogato Chyna per violentarla. Decisamente il peggio che una persona possa fare.

Fortuna che è arrivata la cavalleria, nella veste di Ilixo.

Che soddisfazione che ho avuto quando ho scritto che a Hemmo veniva recisa la giugulare! Non ne avete idea.

 

Potrà sembrare strano che Chyna si aggrappi così al candidato del decimo distretto, ma è sconvolta e diciamocelo, se riesce a farsi subito toccare da qualcuno, forse riesce anche a superare prima il trauma.

 

Abbiamo scoperto che Alicia è stata aggredita ma è riuscita a scappare. Meno male!.

 

Ora vedremo cosa succederà tra Ilixo e Chyna… soli… lei che ha bisogno di calore umano… Paban non c’è…

 

Vi lascio a un piccolo spoiler del prossimo capitolo:

«Resta con me, allora. Lo desideri e lo desidero io. Stiamo insieme. Ti supplico, non lasciarmi» e, di getto, mi chino su di lui e lo bacio. Un bacio diverso dal primo che era pieno di disperazione e richiesta di aiuto. Questo è un bacio di supplica. Di salvezza. Di amore verso un’altra persona che non si vuole perdere…

E, nel prossimo capitolo la ragazza del distretto 3: Shae.

 

Adesso lancio un sondaggio: pensavo di far arrivare un paio di persone vive alla fine ma forse ne potrei aggiungere una terza o anche di più. Chi suggerite?

 

Ringrazio per l’attenzione e attendo commenti.

Alla prossima

baciotti

 

 

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Capitolo 17
*** il baratro ***


 

Ciao a tutti!

Questa volta sono tornata prima, perché ho finito di scrivere il capitolo 19 e non volevo avere tanta scorta. (bugia, mi hanno espressamente chiesto di postare prima e visto che sono arrivata a 9 recensioni in una botta ero troppo felice per negare questo contentino).

Grazie a tutti quelli che recensiscono, segnano nelle liste speciali e leggono.

Spero che amiate questa storia come la amo io.

 

Mi è stato chiesto che fine hanno fatto i mentori. Sono fuori dall’arena e sapremo quello che hanno fatto e come gli sono andate le cose al termine di questa parte della storia.

Tenete presente che è Chyna a raccontare e lei non può sapere cosa succede al di fuori del suo campo visivo.

 

E adesso un altro volto della storia. Quando ho visto questo banner (grazie Elenri – Teresa) mi sono detta: è lei! La dolce Shae, intelligente e quasi materna nei suoi rapporti con gli altri del gruppo.

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Copro di baci tutto il volto di Ilixo. Lui è fermo, bloccato e, lo sento, anche stupito.

«Chyna» prova a dire, ma io lo stoppo e lo bacio sulla bocca, soffocando ogni altro suono.

Sento che sta cedendo ai miei baci. Adesso mi risponderà ed io avrò il calore che mi serve. Avrò l’amore dentro di me.

«Chyna… Chyna fermati» dice quasi implorando. Le sue braccia sono sulle mie spalle e tentando di allontanarmi gentilmente.

«Ti prego… ti prego, ne ho bisogno» replico ricominciando a piangere silenziosamente. «Fammi sentire amata nel modo giusto. Voglio sentirmi protetta e rispettata… voglio…».

Questa volta è lui a baciarmi con impeto e dolcezza. Le sue mani callose e forti carezzano le mie guance e le sue labbra giocano sulle mie.

Finalmente sento quel calore e mi stringo ancora di più a lui.

 

«Chyna… ti amo» mormora staccandosi leggermente. «Chyna, non dovrai più avere paura. Ci sono io con te. Sempre». E ricomincia a baciarmi con trasporto. Sorrido sulle sue labbra. Ha risposto a tutto quello che gli ho chiesto. Sono amata, sono protetta, sono rispettata. E gli sono grata.

«Grazie» sussurro e ricomincio a baciarlo.

Comincio a carezzargli la schiena e sento che mi fa scendere la maglietta gentilmente, coprendomi il busto per poi far sostare le sue mani in vita a stringermi dolcemente verso di lui.

 

Dopo un tempo che sembra infinito ci stacchiamo. Abbiamo entrambi il fiatone come chi ha fatto una lunghissima corsa. Ma noi abbiamo fatto di più. Lui mi ha donato la pace e la forza per tornare dal baratro della paura e di questo non potrò mai ringraziarlo abbastanza.

«Vieni, andiamo a dormire. Ne hai bisogno». Mi tende la mano e mi fa entrare in un sacco a pelo che estrae dal suo zaino. Sistema le armi alla parete: il mio arco, la faretra, la sua ascia e i due coltelli di Hemmo, l’unica cosa utile della vita di quell’essere. Attizza ancora il fuoco e mette altri ciocchi a bruciare, poi si stende accanto a me.

«Vuoi che ti abbracci?» chiede sottovoce. Sembra quasi imbarazzato, ed è quasi comico se si considera quello che è successo tra noi prima. Mi ha vista quasi nuda!

«Certo» rispondo gettandomi addosso a lui. Adesso mi sento bene.

 

Chiudo gli occhi e mi rilasso. Annuso il suo odore. È un misto di cuoio e terra. È forte e maschio e mi piace. Mi riempie il cuore. È un odore che conosco, l’odore simile a quello che sento quando sono vicino al cavallo di zio Haymitch. Una delle cose che ha lasciato a me. È un profumo che adoro perché mi fa sentire libera tra i miei boschi.

Le sue braccia sono quasi restie, ma poi si decidono a stringermi ed io mi addormento serena sulla sua spalla, sicura che niente altro potrà disturbare questa notte.

 

Mi sembra di aver dormito per giorni. Sento un respiro pesante sulla nuca, un braccio sotto il mio collo e qualcuno che dorme appoggiato alla mia schiena. Eppure non ho paura.

Apro gli occhi e li sbatto, cercando di capire dove mi trovo.

Sono nell’arena degli Hunger Games della Pace. Si è svolta la lotta alla cornucopia. Sono morti sedici ragazzi. Eravamo in dodici. Io ero con Paban, Dick, Thabo e Shae. Abbiamo trovato Alicia terrorizzata. Era stata aggredita e quasi violentata da Hemmo. Sono scivolata nell’acqua dell’inondazione. Mi sono salvata. Sono stata aggredita da Hemmo. Ilixo mi ha salvata.

Piccoli terribili flash mi tornano in mente, come diapositive delle vacanze ma molto più colorate e realistiche. Comincio a tremare per quanto è accaduto in questi giorni. Un orrore continuo che, ho paura, non mi abbandonerà per il resto della vita.

 

«Calmati, Chyna. Non aver paura, sono io, Ilixo» sento una voce calma soffiarmi nell’orecchio mentre le sue braccia mi stringono leggermente per farmi tornare sulla terra.

È il candidato del 10. E’ il ragazzo che mi ha salvato. Mi volto e ancora una volta lo bacio.

«Ehi! Credevo che non avessi più bisogno di queste attenzioni» ridacchia lui staccandosi. «Se continui così mi consumerai!» poi si avvicina al mio orecchio e sussurra a mio solo beneficio «Ricorda che siamo sugli schermi di Panem» e questo mi fa bloccare e rammentare tutto quello che ciò implica.

Sono stata dipinta come una mantide religiosa per via di Paban e Brieg. Dick mi ha baciata sul palco poco prima dell’inizio delle interviste e ora mi avvento su Ilixo che mi ha salvata dalla violenza di Hemmo. Decisamente non sto facendo una bella figura.

Cosa direbbero i miei genitori di questo comportamento? E Jayson? Oddio! E se Dick o Paban guardassero le registrazioni?

 

Arrossisco violentemente e mi scosto da lui. «Piantala di prendermi in giro» borbotto. Ilixo inizia a ridere divertito e si alza di scatto, aiutando anche me.

«Prova a camminare. Vediamo se hai ancora problemi con la droga» dice tenendo ancora la mia mano per evitare che cada. Mi sento una bambina di pochi mesi che impara di nuovo a camminare. Avanzo titubante, passo dopo passo, pochi centimetri alla volta.

Provo ad alzare le braccia sopra la mia testa e poi mi abbasso sulle ginocchia. Piego il busto in modo da toccare la punta dei piedi con le mani e poi giro il tronco a destra e sinistra portando i polsi sui fianchi. Guardo Ilixo e sorrido felice «Tutto in ordine» gioisco.

È stupendo avere il possesso del proprio corpo. Sentire che posso fare tutte le cose che facevo prima, compreso difendermi e trapassare con una freccia chi mi attaccherà ancora.

 

«Perfetto! Suggerisco di ripulirci un po’ dal sangue del verme e poi trovare qualche cosa da mangiare, che ne dici?» chiede raccogliendo l’ascia e un coltello.

«Sono d’accordo».

«Propongo di trovare un’altra stanza senza voragini interne, magari stiamo più comodi». Raccoglie il sacco a pelo e lo spinge dentro lo zaino che issa sulle spalle. Eccolo l’Ilixo duro degli Hunger Games.

«Cosa hai fatto dopo essere uscito dalla piazza della cornucopia?» chiedo una volta usciti dalla stanza teatro del mio terrore il giorno prima.

«Ho cercato di seguire Rainer per un po’ ma ho perso le tracce praticamente subito. Non sono abituato alle foreste e qui non ci sono terreni umidi delle praterie».

Ci stiamo dirigendo verso il centro del paese. Ho visto una specie di fontana con una grande vasca. Potremmo ripulirci lì perché dubito che ci sia ancora sufficiente acqua nel torrentello che aveva raccolto l’onda anomala dalla quale ero uscita.

 

«Perché cerchi Rainer? Oltretutto credo che sia in compagnia di Nazig e Iraida e quei tre assieme farebbero paura anche ai vecchi tributi favoriti» commento.

«Voglio misurarmi contro di lui» risponde bloccandosi e guardandomi fisso negli occhi.

Sono sconcertata. «Per quale motivo? Gli Hunger Games sono sospesi. Non possono pretendere che ci uccidiamo a vicenda. Non lo faremo comunque e qualcuno ci libererà presto. I militi dei distretti e di Capitol City non riusciranno a impedire al popolo…».

«So benissimo che non devo più considerarmi un candidato dei giochi. Voglio solo provare la mia forza e dimostrare a me stesso che avrei potuto vincere» risponde deciso.

«E secondo te l’unico che poteva vincere era Rainer? Sei un pochino limitato, ti sembra?» obbietto. Secondo me i pretendenti alla vittoria potevano essere più di uno.

«Nazig è forte ma non quanto me. Lo so. Iraida e tu siete ancora più deboli e, scusami tanto, ma Dick non ha la stoffa di un combattente e Paban è troppo distratto da…» si interrompe quasi imbarazzato e carezza una ciocca dei miei capelli.

«Da me» concludo io con un soffio. Tutti a dirmi che Paban è innamorato di me. È stressante. Io? Sono innamorata di lui? Guardo Ilixo e mi accorgo di non saperlo, non ancora.

 

Scuoto la testa. Non ci voglio pensare adesso. «Non siamo innamorati» e la mia affermazione è lapidaria. Lui alza le mani e borbotta uno “scusa” prima di continuare a camminare lungo il vicolo.

Riuscire a togliersi le incrostazioni di sangue da addosso è un sogno. Visto che c'è una colonna quadrata al centro della fontana ci disponiamo ai lati opposti come se fossimo divisi da un paravento e ci spogliamo.

Appoggio l'arco e le frecce sul bordo della fontana, a portata di mano, e inizio a strofinare ben bene le macchie di sangue rappreso di quel porco. Liberarmi di quel sudiciume esterno è come togliere il lordume dalla mia anima. Mi sento pulita e pura anche dentro. Sospiro di sollievo e soddisfazione.

Laviamo i nostri vestiti e li stendiamo al sole sui bracci di pietra che adornano la piazza centrale di questo villaggio fantasma, e ci copriamo con delle tovaglie che avevamo trovato dentro un cassettone in un'altra stanza che si apriva sul vicolo.

Mentre aspettiamo, Ilixo sbuccia e taglia alcuni frutti e mi passa un paio di fette. Seduti al sole, ci scaldiamo anche noi.

 

«Quando avremo mangiato, cosa hai intenzione di fare? Dove andrai?» chiedo, masticando la polpa zuccherina.

«Continuerò a cercare Rainer» risponde alzando le spalle.

«Sarà pericoloso. Ti troverai anche Nazig con lui. Ne sono sicura. Li ho visti fuggire insieme».

«Lo so. Ma sono sicuro che non mi colpirà alle spalle mentre lotterò contro il candidato dell’uno. Io ho intenzione di sfidarlo e di pungerlo sul proprio onore. Non vorrà far credere di non essere capace a sconfiggermi da solo». È deciso e incosciente. Potrebbe essere lui a soccombere, ma questa opportunità non lo sfiora neanche.

«Potremmo cercare gli altri e provare ad uscire di qui sani e salvi. Potrai sempre duellare contro Rainer fuori, magari organizzate un combattimento con le armi da duello. Sarebbe un grande richiamo di pubblico, in ogni caso» propongo.

«Non mi interessa. Io voglio combattere contro di lui per me stesso. Il pubblico può anche non esserci per quanto mi riguarda».

 

«E se ti succedesse qualcosa? A tua madre non ci pensi?». Comincio ad agitarmi. Non voglio che rischi la vita in un modo così stupido. Ci tengo a lui.

«Mia madre non può curarsi. Anche il medico dice che potrebbe stare meglio ma non guarire del tutto. Ha una malattia incurabile e, a parte lei, non mi resta nessun altro». Nei suoi occhi non c'è dolore, c'è rassegnazione. Quella sensazione che subentra dopo aver sperato e lottato ed aver perso. Stringo le labbra e sospiro. Niente può fargli cambiare idea. È già tanto che si sia fermato insieme a me e di questo lo ringrazio.

Ormai è pomeriggio inoltrato e i nostri vestiti sono asciutti. Ci vestiamo e decidiamo di andare a caccia. Abbiamo bisogno di qualche cosa di sostanzioso, visto che oggi ci siamo sfamati solo con la frutta.

 

Siamo stati fortunati. Appena usciti dal villaggio ho visto uno scoiattolo passare da un ramo all'altro e ho tirato. Subito dopo ne è passato un altro un po' più guardingo che è stato facile catturare.

Mentre stavamo raccogliendo le nostre due cene, Ilixo mi fa cenno di guardare sul ramo e vedo strisciare un grosso serpente dai colori verde e nero. Ecco perché gli scoiattoli stavano scappando. Ringrazio mentalmente il serpente per averci aiutato e spero di non aver rubato la sua cena.

Questa volta ci rifugiamo in una stanza che si apre sulla piazza principale del Villaggio deserto.

Anche qui c'è un camino abbastanza grande da poter cuocere la nostra carne.  Ilixo ha anche trovato alcuni tuberi nel terreno sul retro e che adesso sono circondati dalla brace nel nostro camino.

Sta cominciando ad imbrunire.

«Domani andremo a cercare i tuoi compagni. Una volta che sarai al sicuro con loro, andrò a cercare Rainer» dice con decisione. Annuisco. Non riuscirei a fargli cambiare idea in ogni caso.

 

Ormai i nostri arrosti dovrebbero essere pronti, quando sentiamo delle voci rimbombare tra le pareti delle varie case del Villaggio.

«Prendi le armi, presto» dice correndo ad appostarsi vicino alla porta.

Sento le voci allegre. Non sarebbero con questo tono fossero i candidati favoriti. Quando scoppia una leggera risata, riconosco il tono allegro di Thabo e lancio un urletto gioioso che confonde Ilixo, prima che capisca che non c'è alcun pericolo.

«Ti ho detto che ho visto il fumo. Solo Chyna potrebbe avere l'idea di segnalare la sua presenza in questo modo. Secondo me è ancora viva» dice convinto il ragazzino. Sorrido alla sua convinzione.

«D'altra parte non abbiamo visto la sua immagine in cielo» ribadisce Dick.

Sento Paban sospirare. «Nessuno più di me vorrebbe che fosse così. Continueremo a cercare». Non so se sia convinto di quello che dice o rassegnato per far contenti gli altri del gruppo, ma onestamente non mi importa. Esco di corsa dal mio nascondiglio e mi precipito verso il punto in cui ho sentito le loro voci.

 

«Alicia! Dick!» urlo per farmi sentire. In un attimo sento correre. Un rumore assordante verso di me.

«Chyna! Hai visto il cielo ieri sera? Hemmo è morto!» ride Alicia mentre mi corre incontro a braccia alzate, non appena svolta l'angolo della piazza. Sono felice che stia bene e non mi sento per niente inorridita del fatto che gioisca della morte di quell'essere. Anche io sono stata contenta della sua fine. Forse così lei troverà la pace molto prima.

 

Una scossa incredibile mi fa tremare e cadere in ginocchio. Un terremoto! La casa accanto a quella dove ci eravamo rifugiati io e Ilixo, crolla come se fosse di carta, così come quella dopo. Sono momenti terribili. Mi appoggio al candidato del distretto 10 che mi ha raggiunto.

Alicia continua a camminare verso di me, nonostante gli urli di tornare dagli altri.

Tra noi si è aperta una faglia nella pavimentazione e potrebbe rischiare di precipitare nelle buche sotto il Villaggio.

«Alicia! Torna indietro!» urlo disperata. Anche Ilixo che mi sta trascinando più indietro, sbraita «Vai là!». Paban la richiama, ma lei sembra non sentire nessuno.

«Chyna! È finita!» è l'ultima cosa che le sento dire, prima che una voragine si apra sotto i suoi piedi e lei venga inghiottita dalle viscere della terra.

La vedo sparire sotto i miei occhi. Allungo una mano ad afferrare l'aria. Ormai Alicia non c'è più. Sento solo l'eco lontana del suo urlo terrorizzato mentre precipita per diverse decine di metri e il tonfo di morte che viene seguito da un silenzio irreale.

 

Ilixo mi stringe e lascia che le mie lacrime e le mie urla si infrangano sulla sua maglia. Alicia Snow. La ragazzina di Capitol City. La più piccola di noi, che non faceva male a nessuno. Che è stata aggredita da quel bruto. Che voleva solo vivere in pace, senza il peso di quel cognome ingombrante. Che era mia amica. Che ora è morta.

Al di là del baratro che ci divide come un fiume invalicabile, gli altri miei compagni piangono per la stessa ragione mia. Orrore, dispiacere, disperazione, lutto.

Finisco di singhiozzare e mi asciugo gli occhi con rabbia.

«E' colpa degli strateghi. Questa è opera loro e la pagheranno cara!» prometto, poi mi alzo in piedi e volgo il viso al cielo. Non so se vi siano telecamere in quella direzione ma non importa. Qualcuno sentirà. «Non vi aveva fatto niente! Voi l'avete uccisa! Il suo sangue vi macchierà le mani e la coscienza per sempre! Io, Chyna Mellark, qui e ora, chiedo giustizia! Voglio giustizia per tutto questo male! Mi sentite? Mi sentite? Voglio giustizia!» mi metto a urlare a più non  posso, tanto che mi fa male la gola.

 

Accanto a me, Ilixo si alza e intreccia le dita della mia mano con le sue, poi alza il viso verso il cielo come me e mi fa eco «Anche io voglio giustizia! Voglio giustizia per la mia compagna Eleonir, per i candidati del distretto 11 Christal e Bor e per tutti gli altri. Io voglio giustizia!».

Dall’altra parte del buco si alza la voce di Paban «Io voglio giustizia! Per tutti quelli che sono morti. E per tutti quelli che sono ancora vivi e che credono di averne colpa! Non ne abbiamo colpa e per questo io voglio giustizia!».

«Voglio giustizia per Douce!» urla Thabo.

«E anche per il mio compagno Noah! Io voglio giustizia!» aggiunge Shae con la voce incrinata e commossa.

«Vogliamo giustizia per tutti i nostri amici!» grida anche Dick con la sua voce tonante.

Li guardo tutti, vicini e più lontani e sono commossa. Ancora due lacrime scivolano sulle guance e non riesco a fermarle. So che questo sfogo al cielo non risolverà nulla. Spero solo che nei distretti, qualcuno si faccia carico della nostra situazione e agiscano per tirarci fuori il prima possibile. Prima che altre persone a me care perdano la loro vita senza neanche un motivo.

Non sono più gli Hunger Games della violenza, dove la morte dei tributi era la punizione per la rivolta dei Giorni Bui. Oggi doveva solo essere uno spettacolo di intrattenimento e invece c’è sangue vero, morti vere su un altare di non si sa quale dio. Chi ha voluto orchestrare tutto questo?

Quale sadico piacere ne prova a portare tanto dolore e morte?

 

Sento avvicinarsi dei passi e, voltandomi, noto che gli altri ci hanno raggiunti, passando attorno alla grande voragine dove è scomparsa Alicia. Subito vengo abbracciata da Shae che ricomincia a singhiozzare sulla mia spalla.

«E’ terribile. terribile» mormora come un disco rotto.

Anche Dick e Thabo hanno gli occhi lucidi di chi ha pianto e sofferto. Tutti noi siamo sconvolti. Guardo Paban che si è avvicinato e mi appoggia una mano sulla spalla, in modo solidale, ma il suo sguardo ha un qualcosa di distratto e stringe le labbra in una linea dura. Vedo che lancia un’occhiata alla mia mano e mi accorgo di averla ancora intrecciata con quella di Ilixo.

 

È un attimo. Tutti ci allontaniamo e cerchiamo di darci un contegno. Mi sento imbarazzata, come se mi avesse sorpresa ad amoreggiare nuda con il candidato del 10.

«Venite. Se la stanza non è crollata, ci sono un paio di scoiattoli cotti e qualche patata. Non è molto ma almeno mangeremo qualcosa» dice Ilixo precedendo tutti verso la costruzione che sembra ancora stabile. Con cautela entra nella stanza ed io trattengo il fiato per la paura che possa crollare da un momento all’altro. Non riuscirei a sopportare che succedesse qualche cosa anche a lui. Per oggi i morti sono stati anche troppi, uno è già troppo.

Mi accorgo di aver trattenuto il fiato solo quando lo vedo uscire con lo zaino a spalle e un grande asse in mano, dove sono disposte le nostre vivande fumanti. E torno a respirare.

 

Ci posizioniamo vicino alla fontana, al centro della piazza e lontano da qualsiasi pericolo di buco o crollo. Mangiamo in fretta ma senza la voglia e la fame che caratterizza chi ha lo stomaco vuoto da ore. Abbiamo urgenza di lasciarci questo Villaggio alle spalle. È diventato una trappola mortale.

«Chyna» inizia a dire Thabo, dopo che tutti abbiamo mangiato in silenzio, ancora scossi per quanto accaduto. «Dobbiamo dirti una cosa». Il suo viso è serio e dispiaciuto e il mio cuore batte forsennato. Ha la classica faccia di chi porta cattive notizie e non riesco a capire quali possano essere.

Alicia è morta ma loro sono vivi e stanno bene. Cos’altro può essere successo?

Mi prendo la testa tra le mani mentre Paban circonda le mie spalle con un braccio e, cercando di modulare la voce, mi comunica la notizia.

«Questa mattina, in una specie di tempio a circa tre ore da qui… abbiamo trovato Brieg».

Alzo di scatto la testa e mi guardo attorno, come se potessi vedere spuntare la testa bionda del candidato del distretto 7 che arriva per mangiare con noi.

«Dov’è?». Ansia. Il tono di Paban non mi è piaciuto e ho paura di sentire il resto.

 

Tutti chinano la testa contriti. Shae prende la parola mentre Paban mi stringe più forte.

«Doveva aver tentato di prendere un gioiello su una specie di altare. L’abbiamo trovato trafitto da quattro lance con una mano tesa verso qualche cosa di brillante. Non abbiamo osato entrare nel tempio perché avevamo paura che ci fossero delle trappole… mi dispiace, Chyna. So che eravate amici» finisce il suo racconto in un soffio.

Nascondo il mio viso contro il petto di Paban e chiudo gli occhi. Anche Brieg. Il candidato che somigliava a mio padre. Quello che voleva vincere fingendo amore per me. Come sembra tutto futile adesso che è morto. Mi interessava davvero che facesse i suoi intrighi? No. Volevo solo che vivesse. Che uscisse tutto intero dall’arena.

 

Quanti moriranno ancora?

 

«Voi due invece?» cerca di sembrare più allegro Thabo, guardando alternativamente Ilixo e me, «Come vi siete trovati?».

«L’ho trovata appena in tempo, prima che Hemmo potesse violentarla» risponde secco il candidato del dieci, lasciando tutti gelati.

Subito Paban, che è seduto accanto a me, prende il mio viso tra le mani e mi fissa negli occhi con aria terrorizzata. «Ti ha fatto qualcosa? Stai bene?» chiede con urgenza.

«Ilixo è arrivato in tempo… Mi aveva drogata e non potevo muovermi». Sto di nuovo tremando al solo ricordo. «Mi toccava… Oh, Paban, è stato orribile». Mi lascio abbracciare per l’ennesima volta. Sento che trema anche lui e lo stringo per calmarlo. Sono sana e salva. Questo è l’importante.

«Cosa è successo a Hemmo?» chiede con rabbia a Ilixo.

«L’ho sgozzato e l’ho gettato in un buco» risponde. Sento un sospiro, quasi di sollievo.

«Ti ringrazio per averla protetta quando io non c’ero. Ti sarò debitore per sempre».

 

La sera passa in silenzio. Ognuno con i propri pensieri a tormentarlo. Vedo Shae e Thabo stretti in un abbraccio consolatore e fraterno quando inizia l’inno e appare in cielo il sigillo di Panem seguito dall’immagine della piccola Alicia e da quella di Brieg. Una lacrima scorre ancora sul mio viso, prima che riesca a fermarla con un gesto brusco. Sono stanca di piangere gli altri candidati. Siamo amici ormai.

Guardo, Dick, poco distante che osserva lontano, oltre le case, come se vedesse fuori di qui. Guardo Paban che fa finta di essere concentrato sul fuoco ma in realtà mi osserva con la coda dell’occhio. Guardo Ilixo, Shae e Thabo. Non sopporterei di perdere nessuno di loro. E ho tanta paura che possa accadere.

«Andiamo a dormire. La stanza dove eravamo è solida e non ci sono crepe nel pavimento. Direi che possiamo passare la notte lì e domani mattina lasciare il Villaggio» propone Ilixo e tutti sono concordi.

Ci organizziamo per dormire e il candidato del dieci si offre di fare il primo turno di guardia.

Quando ci corichiamo nei sacchi a pelo, sento la mano di Paban che stringe la mia. Si è messo vicino a me, come lo è stato per tutto il tempo da quando ci siamo riuniti. Accanto al camino si siede Ilixo e nel silenzio della notte lo fisso guardare la piazza.

Mi addormento così, con le dita intrecciate nella mano di Paban e gli occhi fissi su Ilixo, con il cuore gonfio di pena per Alicia e Brieg e con il desiderio feroce di uccidere chi ha orchestrato questo massacro.

 

Mi sveglia Shae un paio d’ore prima dell’alba per l’ultimo turno di guardia. Senza neanche dircelo, abbiamo stabilito che Thabo avrebbe dovuto solo dormire.

Dick russa rumorosamente e distrae dai rumori che possono esserci fuori la porta. Per il resto è tutto avvolto dal silenzio del sonno profondo prima del risveglio.

«Tutto a posto, Chyna. Tocca a te» sussurra la ragazza del tre, prima di scivolare nel sacco a pelo che le lascio alzandomi. Mi guardo attorno, sorpresa di non vedere Ilixo al suo posto.

«Dov’è andato?» chiedo indicando il giaciglio vuoto.

Shae sbadiglia prima di rispondere «E’ fuori. Ha detto che voleva fare due passi da solo». Chiude gli occhi e apparentemente si addormenta di botto.

Silenziosamente mi avvicino alla porta e vedo un’ombra seduta su un masso, rimasuglio del crollo della casa accanto.

 

«Non dormi?» chiedo sottovoce.

«No».

«Perché? Hai qualche pensiero?». Ridicolo chiedere una cosa del genere visto i drammi che si susseguono in questi pacifici giochi. Ma chiedere dei pensieri di Ilixo è diverso. Lui non ragiona come gli altri. Lui pensa alle sue mosse e alle sue ambizioni.

«Appena si svegliano tutti e dopo aver fatto colazione, me ne andrò per la mia strada» annuncia.

«Ti prego» sospiro «Non farlo. Resta con noi. Resta con me, lo avevi promesso». Provo. Provo di tutto. Non voglio che vada ad uccidersi o ad ammazzare qualcuno. Basta con questa violenza.

«E’ arrivato Dick. E’ arrivato Paban. Non sarai sola e loro ti proteggeranno meglio di me». Mi guarda e, per la prima volta noto i suoi occhi chiari e luminosi. In questo momento non sono freddi come al solito e mi accorgo di volere che rimangano sempre così. Belli e sereni.

«Perché vuoi andare a combattere contro Rainer. Non porterà niente di buono questa cosa. Resta, ti prego». Ormai lo sto implorando ma lui scuote la testa sorridendo.

«Per quanto possa desiderare di stare qui con te, devo provarci. Per me stesso. Per il mio essere uomo. Non pretendo che capisca, stento a capirmi io stesso… ma sento che lo devo fare».

 

Mi aggrappo alla sua confessione, senza soffermarmi su quanto in realtà significhi.

«Resta con me, allora. Lo desideri e lo desidero io. Stiamo insieme. Ti supplico, non lasciarmi» e, di getto, mi chino su di lui e lo bacio. Un bacio diverso dal primo che era pieno di disperazione e richiesta di aiuto. Questo è un bacio di supplica. Di salvezza. Di amore verso un’altra persona che non si vuole perdere.

Lentamente appoggia le sue mani sulle mie braccia e mi allontana.

«Tu potrai anche non essere sicura di quello che provi per Paban, ma di sicuro non ami me. Non farmelo credere per tarparmi le ali. Sarebbe crudele  e la Chyna che amo non lo è». Provo ad aprire la bocca per rispondere ma lui mi anticipa. «So che mi vuoi bene. Ma non mi ami, e, ad essere sincero, neanche l’amore che provavano Christal e Bor, basterebbe per farmi rimanere qui. Sento che è il mio destino, non me lo impedire. Adesso sono io che ti prego».

Un senso di sconfitta mi avvolge il cuore. Non posso fermarlo, ormai ha deciso.

Torno a baciarlo, sfiorandogli solo le labbra. Non posso salutarlo così domani, alla luce del sole non ce la farei. Questo potrebbe essere un addio e lo faccio quando il giorno sembra ancora lontanissimo a venire e mi da la sensazione di avere tutto il tempo del mondo.

 

Torno silenziosamente nella stanza che abbiamo occupato e attendo l’alba. Mi siedo accanto al camino quasi spento e ne alimento un pochino le fiamme, poi mi appoggio alla parete e faccio scorrere lo sguardo sui miei compagni.

Dormono tutti. Hanno un sonno leggermente agitato, lo si vede per gli scatti che stanno facendo. Solo uno è immobile e, fissandolo, mi accorgo dei suoi occhi che brillano nel buio e che guardano me. Incrociamo lo sguardo per un attimo, poi lui si volta dalla parte opposta e si rimette a dormire.

Paban. Cosa hai visto? Cosa hai sentito? Faccio un altro piccolo sospiro. Non posso pensarci adesso. Prima voglio uscire dall’arena, poi metterò ordine nel mio cuore.

 

Sebbene abbia continuato a guardare fuori dalla porta, scorgendo e ammirando tutti i cambiamenti di sfumatura del colore del cielo, l’arrivo dell’alba mi coglie impreparata. Tra poco Ilixo continuerà per la sua strada e io non so se sopravvivrà, se lo vedrò ancora vivo.

Quando usciamo dal nostro rifugio, troviamo la nostra colazione già pronta e il candidato del dieci accoccolato a mangiarne la sua parte.

«Ecco! Mi avevate detto che dovevo andare a procurare la colazione visto che non avevo avuto il turno di guardia, invece fate tutto voi! Lo volete capire che non sono un bambino? Posso lottare esattamente come Chyna o Shae. Non dico di essere forte come Dick, ma almeno datemi fiducia!» inizia a lamentarsi Thabo, facendo ridacchiare tutti gli altri.

«Nessuno pensa che tu sia un bambino» rispondo con lo stesso tono che avrei usato per Jayson. Erano uguali quei due. Più li si voleva proteggere e aiutare, più mordevano il freno e lo ritenevano una offesa personale. «Vogliamo solo aiutarti. So benissimo che sei forte quanto me. E poi si cresce in fretta qui dentro» termino lanciando una occhiata alla voragine dove è scomparsa Alicia.

 

«Mi stavo chiedendo una cosa» sbotta improvvisamente Shae, attirando la mia attenzione. «Non ho ancora visto un hovercraft per raccogliere i morti. Capisco quelli che sono caduti sotto, nei buchi» dice indicando quello di Alicia «Ma Brieg? Era morto da almeno mezza giornata. Il sangue sembrava secco. Eppure era ancora lì appeso». Hanno intenzione di lasciare i morti a decomporsi? Un cimitero all’aria aperta? Magari mangiati dai cani selvatici o peggio?

«Vuoi dire che i ragazzi, alla cornucopia, sono ancora lì?» chiede Dick spaventato.

«Non ne ho idea. Spero di no» risponde lei.

«Quelli alla cornucopia sono stati raccolti. Sono passato il giorno dopo lo scontro e non c’era più nessuno, vivo o morto» dice laconico Ilixo. Tiro un sospiro di sollievo. Almeno Christal, Bor, Douce, Sakìa e Rudy potranno tornare ai loro distretti composti, per ricevere l’ultimo saluti dai loro congiunti.

 

«Dove decidiamo di andare adesso?» chiede Thabo una volta finita la colazione. Rimaniamo tutti in silenzio. Dove è possibile andare?

«Come avevamo deciso. Io vorrei vedere la fine dell’arena. Fin dove arriva e cosa c’è per contenerla. Una rete oppure un campo di forza» propone Shae.

«Giusto. È inutile stare alla cornucopia. È il centro dell’arena e da lì non si può uscire, magari c’è una falla nella recinzione esterna» le da ragione Paban. Annuisco, tentar non nuoce.

Guardo preoccupata le montagne che ci circondano. Superarle non sarà affatto semplice, però.

«Io me ne vado a cercare gli altri» dice invece Ilixo con voce tranquilla.

Io guardo a terra, mentre cerco di tranquillizzare la stretta al cuore che ho sentito in quel momento. Ha deciso. Vuole andare.

 

«Ilixo, potrei parlarti un attimo in privato, prima della tua partenza?» chiede cortese Paban. Alzo la testa di scatto a quelle parole. Curiosa di sapere cosa devono dirsi e vedo solo il candidato del dieci annuire ed alzarsi. Si allontanano di una ventina di metri, accanto alle macerie della seconda stanza crollata sulla piazza.

«Chyna, puoi andare a prendermi degli assi per trasportare gli utensili? Vorrei lavare qualche ciotola per portarla via» interviene subito Shae. Sospiro. Avrei voluto origliare quello che quei due si sarebbero detti, ma forse è meglio così.

Faccio per alzarmi e dirigermi verso la fontana centrale, quando Shae aggiunge. «Devi fare il giro da dietro. È meglio» e mi strizza l’occhio.

Immediatamente capisco che mi da l’occasione per realizzare il mio pensiero e con un gran sorriso, annuisco e scompaio dietro le macerie dei due crolli.

Dopo pochi istanti mi appoggio a un muro che è rimasto miracolosamente in piedi e da lì sento i due ragazzi parlare.

«Hai deciso di andartene per duellare con Rainer? Chyna ne sta soffrendo» sento dire a Paban.

«Non far finta di non essere contento che me ne vada» replica annoiato Ilixo.

«Oh, lo sono. Vi ho visto questa notte…» e mi copro la bocca di scatto trattenendo il fiato.

Maledizione!

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine. Sono gli Hunger Games, è normale la sindrome da ‘dieci piccoli indiani’ per la serie ‘ne rimarrà soltanto uno’. (Dieci piccoli indiani è un giallo di Aghata Christie – Ne rimarrà soltanto uno è una citazione famosissima del film Highlander).

 

Alicia e Brieg ci hanno lasciato. Pace all’anima loro. Mi spiace per la piccola di Capitol City, un pochino meno per il biondo del distretto 7. Concordo comunque che nessuno merita di tirare le cuoia lì dentro.

Adesso rimangono in 9 e cioè: Chyna, Dick, Paban, Shae, Thabo, Ilixo, Rainer, Nazig e Iraida.

Confortata dalle vostre idee ho deciso chi salvare. (Elenri taci!).

 

Adesso vi lascio al solito piccolo spoiler del prossimo capitolo:

… Dick cammina velocemente verso i pomi, ma io sto guardando il terreno e mi metto a urlare spaventata al suo terzo passo, quando vedo una specie di onda concentrica che si spande da sotto il suo piede.

«Fermati, Dick! Torna indietro!» grido e anche gli altri trattengono il fiato e si bloccano…

E il banner postato sarà il dolce faccino di Rainer. Ne abbiamo parlato tanto, è ora che sappiamo che faccia ha.

 

Non sono solita fare promesse simili, ma, visto che ho capitoli in cascina, se mi fate avere una decina di recensioni per questo capitolo, posto il 18, altrimenti aspetterete i soliti sette giorni.

 

Ringrazio per l’attenzione,

alla prossima

baciotti

 

 

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Capitolo 18
*** il boschetto ***


 

 

Ciao a tutti!

Come si dice? Ogni promessa è debito. Avevo chiesto 10 recensioni e dieci sono arrivate, quindi pago con questo nuovo capitolo.

Siamo tutti ansiosi di sapere quello che Paban e Ilixo diranno su Chyna, quindi mettiamoci a origliare tutti!

Avremo anche altri colpi di scena. Spero che questo capitolo vi piaccia, a me ha dato buone sensazioni.

 

Come al solito ringrazio chi recensisce, chi segna nelle preferite (già 36!) ricordate e seguite e chi semplicemente legge e spero tanto che apprezzi le mie pazzie. Grazie soprattutto a Elenri (Teresa) che contribuisce con il suo ingegno a rendere più godibile questa storia.

Oggi vi presento un soggetto che anche per il banner ha fatto lavorare parecchio. È strano perché non è un personaggio che è intervenuto molto (praticamente non ha mai parlato) ma è sempre stato una sinistra presenza costante. Sto parlando di RAINER il candidato terribile del distretto 1.

 

E adesso vi lascio al capitolo… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Hai deciso di andartene per duellare con Rainer? Chyna ne sta soffrendo» sento dire a Paban.

«Non far finta di non essere contento che me ne vada» replica annoiato Ilixo.

«Oh, lo sono. Vi ho visto questa notte…» e mi copro la bocca di scatto trattenendo il fiato.

Maledizione!

«Cosa hai visto?». Ilixo incrocia le braccia sul petto, in attesa.

«Vuole te. Resta». Spalanco gli occhi. Oh, Paban...

«Lei non sa quello che vuole. Si è affezionata a me, quanto a te, lo so, ma deve ancora decidere».

«E non vorresti avere una possibilità con lei? Potresti perdere l'opportunità. Non sono tanto generoso».

«Non lo sarei neanche io se fossi in te. Ma tu vuoi restare vicino a lei, io devo prima dimostrare di esserne degno». No! Ilixo, non devi dimostrarmi niente.

«Non te lo chiederebbe mai. Non usare lei come una scusa per la tua ambizione».

«Può anche darsi che sia ambizioso, ma ci sarai tu a beneficiarne. Perché ti preoccupi tanto? Lasciami andare in pace e goditi la ragazza». Con che astio e rabbia! Che ti ho fatto Ilixo?

«Se tu te ne vai, io non starò ad aspettare per uno scontro leale. Mi porterò in vantaggio e tu te la potrai scordare».

«Non credo di avere tutte queste speranze». Ilixo fece spallucce.

«Da come vi baciavate questa notte non l'avrei detto». Paban, aveva visto i baci. Oddio!

«Anche tu l'hai baciata parecchio, mi pare». E anche Ilixo. Le mie mani vanno alle guance rosse. Che vergogna!

«Ma non le ho mai detto “ti amo”. Tu sì. Vuoi rinnegare anche questo?».

«No. Non rinnego di essermi innamorato di lei. Si è dimostrata straordinaria sin dalla prima volta che l’ho vista. Non ho potuto evitarlo». Mormora quasi vergognandosi.

«Lo capisco. Lei è speciale. Lo è sempre stata».

 

Mi volto. Non riesco più a guardare. Appoggio la schiena al muro e mi faccio scivolare a terra.

Sento il mio cuore che si spezza, dal dolore per il male che sto causando. A Paban, per il mio comportamento e a Ilixo per la mia indecisione. Potessi scegliere ora. Uno di loro due, fosse anche Ilixo che sta andando via, ma almeno l'altro potrebbe mettersi tranquillo, invece di sperare, magari il nulla.

«Perché non le hai detto che la ami?». Sento domandare. È Ilixo che ha chiesto a Paban.

«Perché... è una situazione complessa... non volevo soffocarla con altri pensieri». Fatico a sentire la risposta.

«Oppure avevi paura che dicesse di no?».

«Terrorizzato». Sorrido. Oh, Paban.

«Vedi? Sei troppo preso. Non potrei mai mettermi in mezzo!». Sento un tono ironico e divertito.

«Non fare il finto modesto. Tu sei già in mezzo».

«Okay, Paban. Adesso basta con le buone maniere, tanto qui non se ne esce».

«E allora cosa proponi?».

«Quello che avevo già in mente. Io voglio battermi con Rainer. Motivi e problemi miei di cui non devo rendere conto a nessuno. Tu continuerai a fare da cavaliere a Chyna. Se avrai trovato le palle per chiarirle esattamente quello che provi, bene, altrimenti avrò tutto il tempo per tornare e provarci io e tu rimarrai con un pugno di mosche. Ti va l'idea?».

«Perfetto. Vai pure. Io vedrò di corteggiarla e conquistarla prima che tu torni alla carica, in modo che quando sarai di nuovo con noi, lei non si accorgerà neanche della tua presenza e starà solo tra le mie braccia. Ti va l'idea?».

«Credo che non ci sia soluzione migliore». Sento dei colpi, come delle pacche sulle spalle. Sicuramente si staranno facendo i soliti pugni amichevoli da ragazzini.

 

Alzo lo sguardo quando non sento più parlare. Probabilmente si sono allontanati ed io posso tornare al bivacco. In quel momento mi accorgo che c'è Shae davanti a me che sorride tranquilla.

«Ti amano tutti e due. Sei fortunata» asserisce.

«Lo so. Non credevo che Paban... e poi da come aveva parlato Ilixo io non avevo... oddio! Perché deve essere tutto così difficile!». Le mie dita corrono ai capelli. Sono talmente agitata che vorrei strapparmeli.

«Chyna, ascoltami. Nessuno di loro ti ha chiesto di scegliere adesso. In questo momento siamo nell'arena e dobbiamo cercare di uscirne vivi. Non sappiamo quello che succederà da adesso a domani... non pensarci ora. Nel momento in cui non sentirai più la necessità di scegliere è perché, in cuor tuo, avrai deciso e allora tanti pensieri saranno superflui».

Ha ragione. Se continuo a farmi tanti pensieri per scegliere, vuol dire che non so cosa decidere e potrei solo fare dei danni. Quando non avrò più pensieri, allora saprò che scelta ha fatto il mio cuore e sarà tutto più semplice.

Lasciamo che gli eventi facciano il loro corso e vedremo.

Ciò non toglie che mi senta in colpa per il loro sentimento non corrisposto. Sorrido mesta e mi rialzo per tornare con Shae.

 

Thabo ha già radunato le armi e gli utensili e Dick si è caricato lo zaino in spalla. Anche Paban e Ilixo sono pronti. Raccolgo il mio arco e infilo uno dei coltelli di Hemmo nella cintura e la faretra con le sei frecce, sulla spalla.

«In bocca al lupo». Paban saluta Ilixo e comincia a camminare verso le montagne, brandendo il mio spadino contro le felci.

«Buona fortuna». Anche gli altri salutano Ilixo e seguono il candidato del quattro uscendo dal villaggio.

Io mi avvicino e lo abbraccio stretto. «Grazie per avermi aiutato. Stai molto attento e fai quello che devi fare in fretta, così usciremo tutti insieme da qui» gli dico.

«Stai attenta, Chyna. Mi raccomando» mormora e mi da un bacio in fronte, poi si volta e si allontana diretto dalla parte opposta rispetto alla nostra.

Penso che abbia intenzione di tornare alla Cornucopia e iniziare a cercare partendo da lì.

Mi affretto a raggiungere Dick che mi sta aspettando.

«Ilixo è stato un bravo amico. Spero che tornerà presto con noi» dice prima di inoltrarsi nella giungla dietro agli altri.

«Lo spero anche io» bisbiglio a me stessa.

 

La nostra strada diventa sempre più lunga e impervia. Stiamo salendo in quota e la giungla si sta diradando. Riusciamo a procurarci appena quello che si serve per mangiare. Pare che gli animali, che potrebbero servirci per il cibo, siano quasi spariti. Se ne trovano con il contagocce.

Sono ormai tre giorni che stiamo camminando verso l'estremità dell'arena. Tre giorni fa abbiamo lasciato il candidato del distretto 10 che andava a cercare Rainer. Non abbiamo saputo niente di quanto successo agli altri, ma presumo non ci sia nulla di nuovo, altrimenti avremmo visto le immagini nel cielo. Potrebbero anche essere feriti e bloccati, ma, in questo caso, non lo saprei. Ma no, non credo. Sono sicura che non ci sono stati scontri.

 

«Andiamo di là» dice Paban, indicando un gruppo di piante più verdi rispetto alle altre «Sembra che dopo quella macchia, arriveremo alle pendici delle montagne». In effetti sembra proprio che dopo qualche centinaio di metri, giungeremo alle rocce.

Continuiamo a camminare in fila indiana, con Thabo a seguire Paban, poi Shae e io con Dick a chiudere il gruppo.

Entriamo dentro a una specie di boschetto con piante decisamente diverse rispetto alla giungla che ci siamo lasciati alle spalle. Le piante sono filiformi, quasi secche, eppure le foglie, piccoline e aghiformi, sono di un verde brillante e sono tantissime. Tra le fronde, pendule, un numero imprecisato di liane collegano le piante tra loro creando una fitta chioma boschiva.

 

«Che bello» sospira Shae guardandosi intorno. In effetti è una macchia verde un po' strana eppure molto affascinante.  Carezzo un tronco e mi sorprendo a sentire la corteccia liscia e morbida come velluto. Sembra quasi che non sia legno.

«Non senti un profumo strano?» chiede Thabo voltandosi verso di me. Annuso l'aria come il cagnolino randagio che gira sempre al mercato al distretto 12. Si sente un olezzo dolciastro che somiglia alla vaniglia, eppure queste piante non hanno nulla a che fare con la vaniglia. Chissà da dove viene? Mi avvicino ancora al tronco e annuso. No. Non viene da lì.

Anche Paban si gira intorno perplesso. Il terreno è morbido, liscio e vellutato, esattamente come i tronchi degli alberi. Un leggero venticello fa oscillare le liane, che sembrano quasi vivere e muoversi come serpenti attorno ai rami dove sono appese. Si stendono, risalgono, si annodano e si ristendono.

 

«Ragazzi, forza. Andiamo avanti» dice alla fine il nostro capo. Ormai ci siamo tutti affidati a Paban e al suo intuito. Nonostante che il territorio boschivo, non sia il suo ideale, finora ci ha condotti con prudenza e attenzione, evitando ogni pericolo potesse esserci, durante tutto il nostro sentiero.

Con decisione parte verso le rocce nere che si scorgono oltre la chioma del boschetto.

Sento una voce dietro di me. «Quelli sono frutti! Aspettate che ne raccolgo qualcuno» dice Dick allontanandosi.

Non so perché ma non mi sembra una buona idea. Mi volto preoccupata e guardo dove si trovano i fantomatici frutti a cui si rivolgeva il mio compagno di distretto e li vedo. Dei globi rossi e lucidi, pendono tentatori da alcuni rami oltre uno spiazzo piatto che si estende alla nostra destra.

 

Dick cammina velocemente verso i pomi, ma io sto guardando il terreno e mi metto a urlare spaventata al suo terzo passo, quando vedo una specie di onda concentrica che si spande da sotto il suo piede.

«Fermati, Dick! Torna indietro!» grido e anche gli altri trattengono il fiato e si bloccano.

Il mio compagno si ferma e si gira verso di me con aria interrogativa. Mi sento come se avessi il fiatone. Sono agitata e mi sto dando della idiota, visto che non sta accadendo nulla. È solo una sensazione e forse dovrei stare più calma.

Passano alcuni secondi e tutto sembra fermarsi. Non ci sono movimenti strani e mi sento davvero stupida ad aver pensato il peggio. Sorrido incoraggiante e scuoto la mano per scusarmi con Dick. Non è il caso di essere tanto apprensiva.

 

«Allora vado» mormora dirigendosi nuovamente verso i frutti rossi.

Dopo altri due passi, vedo che si blocca e sgrano gli occhi, preoccupata.

I suoi scarponcini sono scomparsi. Dick si volta verso di noi e inizia ad agitare le braccia.

«Aiuto! Non mi muovo. Sto sprofondando... Chyna! Aiutami!».

Sono sabbie mobili. Sta lentamente inabissandosi nelle sabbie.

«Cosa possiamo fare? Non possiamo andare lì» dice Thabo indicando il terreno che adesso sta ondeggiando attorno ai polpacci del mio compagno del distretto.

Vedo che Paban corre ai tronchi ed inizia a staccare le liane. «Presto, prendete queste e intrecciatele. Dobbiamo fare una corda abbastanza robusta per tirarlo fuori!». È un'ottima idea, l'unica che ci venga in mente.

Subito Thabo e Shae iniziano a tirare le liane per poi passarmele. Io le intreccio grossolanamente tra loro. Non posso fare un lavoro di fino, deve solo essere robusto per sostenere il peso di Dick.

Paban cerca di abbattere un albero non tanto grosso, probabilmente per potersi appoggiare e avvicinarsi di più al nostro compagno che adesso ha la sabbia che arriva a metà coscia.

 

«Veloci, forza!» incita Paban. Sono sudata e le dita mi scivolano sulle liane che sui rami che sto intrecciando. Riesco ad annodare diversi pezzi tra loro e a irrobustire quella corda primitiva che ci serve per trascinare Dick, fuori dalle sabbie che stanno raggiungendo i suoi fianchi.

«Ecco! Adesso, Shae e Thabo, mettiamoci qui a tenere l’albero. Tu, Chyna, passa la corda in quella biforcazione e poi accostati di più e lancia le liane a Dick. Poi tiriamolo su». Paban dirige con frasi e gesti secchi.

Mi affretto ad ubbidire e faccio esattamente come mi ha detto il capo. Faccio calare dall'alto la corda e subito Dick la afferra. A quel punto mi affretto a tornare indietro dagli altri, cominciando comunque a tirare la corda.

 

Che le sfortune non arrivino mai sole, non è solo un modo di dire, è proprio un dato di fatto. Il mio piede si incastra in un buco stretto della corteccia, bloccando il mio ritorno sulla terra ferma dove mi stanno aspettando gli altri.

Sbuffo, consapevole che non è il momento di trovare altri guai e mi metto a tirare, esattamente come gli altri. Dick è pesante, moltissimo. Tirarlo fuori è uno sforzo immenso.

«Cerca di tirarti fuori dalle sabbie mobili, Dick! Lavora di braccia!» suggerisce Thabo mentre gonfia i suoi muscoli, tirando allo spasimo.

Il mio compagno ubbidisce e comincia ad arrampicarsi sulla corda. Tra il nostro tirare e il suo scalare, dopo ettolitri di sudore e fatiche titaniche, il corpo di Dick inizia a riemergere dalle sabbie. Come se il limo volesse tenerlo dentro di sé, lotta per trattenerlo. Centimetro dopo centimetro riusciamo a trascinare il mio gigante buono, fuori da questa trappola, sino a quando esplodo in un grido di gioia vedendolo penzolare al ramo dove avevo fatto passare la corda.

 

«Chyna, tiralo verso di te!» ordina Paban. Potessi! La mia caviglia è affondata ancora di più nella corteccia liscia e vellutata di questa pianta. Purtroppo, l'apparente morbidezza non ha nulla a che fare con il legno vero e proprio. Sembra quasi cemento o pietra. È durissimo e non sembra essere intenzionato a lasciare la mia caviglia che adesso si sta lamentando dal leggero dolore che comincio a sentire.

«Sono incastrata» rispondo aggrappandomi alla corda per evitare che Dick scivoli nuovamente nelle sabbie mobili. Sento Paban imprecare a mezza voce, da vero signore.

«Coraggio, Chyna. Adesso leghiamo la corda alle piante qui, e veniamo a liberarti» dice Shae a voce alta. Vedo i ragazzi che si allontanano con la corda e la avvolgono stretta a un paio di fusti in successione. Poi vedo Thabo che scivola verso di me e mi supera per raggiungere le gambe di Dick e farlo arrivare al tronco dove sono incastrata io.

 

Tiro un sospiro di sollievo quando vedo tornare indietro Thabo seguito da un Dick molto contento. Il fango viscido che li lascia dietro ha davvero un odore nauseabondo e spero che vengano presto a liberarmi perché rischio di dare di stomaco se mi lasciano ancora respirare questo fetore.

Il mio compagno mi lega la corda di liane alla vita. «Così non cadi lì dentro» mi dice ed io sorrido e annuisco. Lungi da me l'idea di finire ammollo.

Seguo i miei due compagni che arrivano in salvo alla fine del tronco e si affiancano a Shae che li sta aspettando e che si lancia ad abbracciare Dick, con una espressione estremamente sollevata. Nel frattempo noto che Paban ha iniziato ad avvicinarsi camminando cauto sul tronco e tenendosi alla corda tesa che lega me alla terraferma.

 

«Si può sapere cosa hai combinato adesso?» mi chiede leggermente divertito. Come se fosse colpa mia il fatto che la corteccia di questo tronco che, sottolineo, lui aveva scelto, aveva un buco che mi ha quasi mangiato il piede.

«Colpa tua» rispondo facendo la linguaccia, da vera signorina educata. «Guarda che razza di albero hai messo giù! Sembra una groviera, talmente pieno di buchi, cosa pretendi?». Non sono arrabbiata, anzi, sto ridendo, proprio come lui.

«Seriamente, Chyna. Ti fa male? Sei tutta intera?» domanda preoccupato.

«E’ solo indolenzito. Non mi sono fatta niente. Tranquillo». Lui annuisce e comincia a lavorare sul buco per liberarmi il piede. Lo vedo aiutarsi a scavare con il coltello, mentre siamo ambedue in bilico sul tronco.

Pezzetto dopo pezzetto apre e spacca il legno che tiene legata la mia caviglia sino alla sua totale liberazione. La caviglia mi fa leggermente male ma riesco a muoverla senza fatica e non ho alcun taglio, indice che eventuali schegge non mi si sono conficcate nella pelle. In definitiva poteva andarmi molto peggio. Siamo stati fortunati, tra sabbie mobili e incidenti vari, potevamo essere decimati.

 

Sorrido entusiasta quando, finalmente, libero la mia gamba e mi sto avvicinando alla faccia di Paban per dargli un bacio sulla guancia, quando lo vedo impallidire e sgranare gli occhi come per uno spavento, il che spaventa anche me.

Mi guardo attorno con terrore, cosa può essere successo? Quando abbasso lo sguardo vedo un serpente marroncino, con una serie di macchie rosse sul dorso, lungo circa trenta centimetri e con i denti, chiaramente velenosi, infilzati dentro l'avambraccio del candidato del distretto quattro.

Senza pensarci oltre, mi lancio sul suo coltello e glielo strappo dalle mani inermi, per poi recidere decisa la testa del serpente.

«Maledizione» sussurra Paban con voce rotta.

«Andiamo subito al sicuro sulla terra ferma» suggerisco come se dicessi di andare a mangiare. Non devo cedere al panico. Non voglio cedere al panico e non voglio che Paban muoia.

 

Velocemente torniamo dove la terra è più stabile che qui.

«Cosa è successo?» chiede Thabo preoccupato, mentre Shae trattiene il fiato appena nota la testa mozzata del serpente. «Oh Signore!» esclama.

Anche Dick si spaventa e comincia a gridare «Paban! Non morire! Paban!».

Mi rifiuto di perdere un altro amico. Soprattutto, mi rifiuto di perdere Paban, non prima di aver capito i miei sentimenti verso il candidato del distretto quattro.

Senza fare commenti, tolgo veloce la testa recisa del serpente ormai morto, strattono il braccio di Paban verso il mio viso e dopo aver inciso e allargato il morso della bestia venefica, inizio a succhiare e subito sputare lontano, il sangue che fuoriesce dal suo muscolo.

 

«No, Chyna… è pericoloso…» mormora mentre sento che le sue forze cedono. Deve essere un serpente estremamente pericoloso, visto la velocità della sua reazione. Mi stacco da lui solo pochi secondi per rispondergli con rabbia. «Non fare il martire! Sto provando a salvarti, quindi non ti ci provare neanche a morire o giuro che ti uccido io!» e ritorno a succhiare.

Ormai sulla lingua non sento più il pizzicore che ho sentito alla prima aspirazione. Forse ho tolto tutto quello che potevo.

 

Sto sudando dal panico. Chiedo un po' d'acqua per risciacquare la bocca e Shae si affretta ad aprire il suo zaino per consegnarmi la sua borraccia.

«Non dovremmo spostarci al di fuori di questo posto? Ho anche paura a fare un passo per paura di quello che può succedere» dice Thabo.

«Non possiamo. Se lo muoviamo il veleno andrà più velocemente in circolo e potrebbe morire. Non so quanto sia riuscita a toglierne. Qualcosa è sicuramente rimasto» rispondo secca.

Cosa posso fare? Avessimo del siero. In altre occasioni, in altri Hunger Games della Pace, sarebbe arrivato un hovercraft per raccogliere il ferito e curarlo immediatamente. Adesso ce lo possiamo anche scordare un comportamento simile.

«Shae, Thabo, guardate dentro gli zaini e tirate fuori tutti i medicinali che avete preso alla cornucopia. Vediamo se siamo fortunati» ordino. È l'ultima speranza. Se non trovo niente ho paura che Paban sia spacciato.

 

Lo vedo iniziare a tremare leggermente, mentre la sua fronte si copre di sudore. Stringe i denti e fa lunghi respiri come a calmarsi. Sorrido lieve. Certo! Calmare i battiti del cuore rallenta la circolazione del sangue e quindi il diffondersi del veleno.

«Dick, prendi il sacco a pelo, così ci stendiamo Paban» suggerisco.

Passo un panno umido sulla sua fronte, mentre prego nella mia mente che si trovi qualcosa per guarirlo.

«Ti ringrazio, Chyna» sussurra con qualche sforzo.

«Risparmia le forze. Tra poco troveremo una medicina e starai sicuramente meglio». Mi permetto un attimo per guardarlo attentamente, come non mi sono concessa in questi giorni. Con quello che era successo al villaggio, mi sentivo in colpa non appena incrociavo il suo sguardo.

 

In questi giorni, Paban, era stato molto dolce con me. Attento alle mie necessità e prodigo di gesti per aiutare e rendermi il cammino più facile. Adesso è qui, si affida a me ed io non posso deluderlo. Non lo farò. Smuoverò anche il cielo ma lui dovrà vivere, perché mi ama e io gli voglio bene. Perché lui mi ha aiutato in tutti questi giochi ed io ho solo preso e ora è il momento di restituire. Gli carezzo la guancia. È sempre bellissimo. Mi sale un groppo alla gola ma lo ricaccio giù. Non è il momento di piangere e io voglio lottare per lui.

«Questo è tutto quello che abbiamo» dice Shae, portandomi il pacchetto di medicinali che avevano prelevato alla cornucopia.

Inizio a controllare tutte le confezioni in modo febbrile. Devo fare in fretta o non ci sarà più tempo.

«Pacchetti, blister... no... questo no...» stavo perdendo le speranze. Il mio cuore batte furioso. Devo trovare qualcosa! Devo per forza trovare qualcosa! Non posso permettere che Paban muoia. Devo trovare qualcosa.

Ricontrollo di nuovo tutto quello che c'è. Pillole per la febbre, medicine per raffreddore, antidolorifici, antibiotici, termometro, fisiologica... un sacco di cose, ma di qualche antiveleno neanche l'ombra.

 

Mi strapperei i capelli. Non ricordo niente di casalingo per questi casi. Solo togliere il veleno, tenere sotto controllo la febbre e pregare tutti gli dei che ti vengono in mente. E, di norma, non funziona.

«Non hai trovato niente?» chiede Shae, timorosa. Scuoto la testa, più delusa di lei e Thabo lancia un grido strozzato. Dick crolla in ginocchio ed inizia a piangere come un bambino «E' colpa mia. È tutta colpa mia se Paban si è ferito e sta male» si lamenta.

«No, Dick. Sono io che mi sono incastrata nell'albero e lui, per liberarmi, è stato morso da quel maledetto serpente».

«Smettetela. Non è colpa tua né sua... è stato un incidente. In questi giochi può capitare, come è successo anche ad Alicia e a Brieg... non è colpa vostra». Assurdo. Paban cerca di consolarci con un filo di voce, stringendo la mia mano con le ultime forze rimaste.

«Chyna... io...» prova a dire, ma io non voglio farlo continuare. Quello che mi può dire mi farebbe stare solo peggio, nel caso che non ce la facesse ed io non riesco neanche a pensare a una simile eventualità.

«Non ci provare! Non te lo permetto! Mi hai sentito?». Lo afferro per le spalle e sento il calore anomalo della sua pelle, anche attraverso la maglietta.

«Allora mi dovrò impegnare» ridacchia con gli occhi chiusi.

«Non mi puoi lasciare anche tu» mormoro con un filo di voce che si incrina nell'ultima parola. Non riesco a pensarci. Come faccio se muore? Non voglio che mi lasci.

 

«Possibile che negli zaini non ci sia proprio niente?» sbotta Thabo arrabbiato. «Neanche in quello enorme di Dick? Chissà quanti taschini ci sono. Sei sicura di aver guardato in tutte le parti?».

«Riproviamo» esorta Shae e prende nuovamente in mano lo zaino che porta Dick. È davvero mastodontico, possibile che non ci sia niente di utile?

Continuo a passare una pezzuola umida sulla fronte di Paban e che mi sorride grato, sempre a occhi chiusi. I suoi meravigliosi occhi verde acqua. I più begli occhi che io abbia mai visto. Non posso permettere che si chiudano per sempre. Devo avere la certezza che si riaprano.

Shae estrae tutto quello che contiene lo zaino, apre tutte le cerniere e tasta tutto per sicurezza. «Ehi, cosa c’è qui?» chiede retorica. Le sue dita cercano frenetiche una apertura che, infine si trova, nascosta tra altre due cerniere e una patta. Ne estrae un paio di fiale contenute in una scatoletta, una scatola di siringhe ipodermiche e tre rotoli di bende elastiche.

Mi precipito a vedere cosa contengono le fiale e nulla mi impedisce di emettere un piccolo grido di pura gioia quando leggo ‘siero contro veleni comuni’.

Non so se il malefico serpente abbia un veleno comune, ma sembra che questa fiala sia una specie di panacea contro tutto ciò che può essere velenoso, dai ragni ai serpenti alle piante.

È la nostra unica possibilità, quindi mi affretto a caricare la siringa con una dose e iniettarla direttamente in vena a Paban.

 

«Paban, Paban, mi senti?» lo chiamo piano, dopo che gli ho tolto l’ago dal braccio ma lo vedo ansante, sudato e con gli occhi chiusi come se avesse perso conoscenza.

«Spero solo non sia troppo tardi» mormoro con un grande sospiro. Metto due dita sul collo, il suo cuore batte, debole ma batte. Non tutto è perduto.

«Dobbiamo trovare qualcosa da mangiare» dice Thabo. Lo guardo e vedo che mi fissa.

Lo so, con l’arco sono la loro miglior cacciatrice e sono sempre stata io a provvedere a tutti noi, uccidendo le prede. Ma ora sono troppo preoccupata per Paban e non voglio assolutamente allontanarmi da lui.

Sto per rispondere al ragazzino dalla pelle scura, quando Shae mi precede. «Chyna non può lasciare Paban da solo. È l’unica tra noi che sa qualche cosa di medicina. Andiamo noi. Fuori da qui però, non vorrei trovarmi con altre sabbie mobili e altri serpenti».

Ha ragione. Devono tornare alla giungla. Sembrava più pericolosa ma è una passeggiata, rispetto a quello che ci è successo qui dentro.

«Andiamo» dice semplicemente Dick, raccogliendo lo spadino e il coltello e dirigendosi verso la giungla che ci eravamo lasciati alle spalle.

«Meglio che prendo anche questo zaino, altrimenti la frutta non sapremo dove metterla» borbotta Thabo per poi seguire Dick.

Shae mi guarda e sorride, poi fa una leggera carezza a Paban e si affretta a seguire gli altri due ragazzi.

 

Probabilmente anche lei sarebbe riuscita a far fronte a una eventuale emergenza con il candidato del quattro, ma ha capito la mia necessità di rimanere accanto al ragazzo. Gli passo una pezzuola umida sulla fronte, per l’ennesima volta, e sospiro.

Chi l’avrebbe mai detto, quattro anni fa, che mi sarei trovata a fare da infermiera al ragazzo del quale mi ero innamorata, e che adesso, che lo so innamorato di me, non riesco a cedergli? Non capisco il mio cuore ed è terribile.

«Chyna… Chyna…» mormora Paban mentre si agita sul sacco a pelo. Non è un buon segno, sta delirando.

«Sono qui, Paban. Calmati, sono qui» cerco di tenerlo fermo puntando le mie mani sulle sue spalle ma lui è estremamente forte e si solleva a sedere, spalancando gli occhi e urlando.

«Chyna! Attenta!» una mano si alza veloce e poi si abbatte sul mio braccio con violenza e facendomi sbalzare di lato.

«Chyna, Chyna!» continua a chiamare.

 

Nonostante la botta che pulsa sulla mia spalla, non ho intenzione di fermarmi e subito gli salto addosso, cercando di farlo coricare con tutto il peso del mio corpo.

«Stai giù, Paban! Sono Chyna, sono qui e sto bene. Non ti agitare o è peggio. Stai giù, Paban!» continuo a dire sperando che da qualche parte, nel suo cervello, arrivi la mia voce e si tranquillizzi.

È evidente che le mie preghiere vengono esaudite, quando sento che si rilassa e le sue braccia mi avvolgono.

«Chyna, io ti amo» dice guardandomi con gli occhi lucidi dalla febbre. Poi mi passa una mano sulla nuca e mi spinge sulle sue labbra. Un bacio. Un nuovo bacio con Paban, dopo Ilixo. Un bacio caldo di febbre e pieno di preoccupazione per la sua salvezza. Eppure è un bacio che mi fa battere il cuore. Tanto come quando eravamo in palestra. Come quando eravamo diretti alle interviste. Un bacio d’amore, il bacio di Paban.

Poco per volta sento la pressione delle sue braccia scemare sino a lasciarmi libera, mentre scivolano a terra. Ma sono io che rimango ancora qualche secondo ferma, prima di accorgermene e alzarmi, portando due dita sulle labbra, assaporando ancora il nostro contatto.

«Ha ragione Ilixo, Paban. Sono affezionata a tutti e due e tu non devi arrenderti con me, perché sei estremamente importante per il mio cuore» dico sottovoce. È impossibile che mi abbia sentito, ma vedo un bel sorriso dipingersi sul suo volto e, in fin dei conti, spero davvero che qualcosa gli sia arrivato.

 

In quello stesso istante sento urlare Shae. «Thabo! Thabo! No!».

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qua. Che pathos arrivare a questo punto! Non ho riletto attentamente questo capitolo (cioè meno del solito, visto che strafalcioni mi partono lo stesso) se trovate orrori, segnalatemeli.

 

Adesso, tanto per ridere, vi dico che, se arrivano 20 recensioni a questo capitolo, posterò il prossimo, altrimenti ci rileggiamo mercoledì prossimo. (questo perché, o pagate qualcuno, oppure sono sicura di rimpinguare le mie scorte, visto che il prossimo sarebbe l’unico scritto).

 

Parlando di cose più serie, questa volta non vi lascio uno spoiler ma un pezzo dell’introduzione che ho già scritto per il prossimo capitolo:

sono costretta a invitarvi a non leggere se siete impressionabili. Sono immagini di orrore puro. Io stessa, rileggendo quello che ho scritto e immaginando la scena, ho avuto problemi di stomaco e sono stata male… Per non farvi perdere il senso della storia, vi farò un riassunto alla fine della pagina. Affidatevi a quello. Non voglio impressionare nessuno…

Posso sembrare melodrammatica ma non è così. Voglio solo avvisare.

Il banner che posterò è quello che ho richiesto espressamente a Teresa e lei ha fatto il miracolo. Si tratta un bel personaggio: THABO.

 

Adesso voglio ringraziarvi tantissimo per l’attenzione.

Attendo vostri commenti

Alla prossima

Baciotti.

 

 

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Capitolo 19
*** il fiore ***


Ciao a tutti!

Avevo promesso il capitolo nel caso di 20 recensioni. Non ci siamo arrivati ma ringrazio di tutto cuore quelle che mi hanno commentato. Purtroppo sono stata presa da un virus allo stomaco, altrimenti il capitolo l’avreste già letto lunedì, visto che ero troppo contenta. Va beh, meglio tardi che mai.

Sto per farvi leggere un capitolo davvero difficile e sono costretta a invitarvi a non leggere se siete impressionabili. Sono immagini di orrore puro. Io stessa, rileggendo quello che ho scritto e immaginando la scena, ho avuto problemi di stomaco e sono stata male. Pertanto vi invito a NON LEGGERE se siete deboli di stomaco e non reggete gli horror.

Per non farvi perdere il senso della storia, vi faccio un riassunto alla fine della pagina. Affidatevi a quello. Non voglio impressionare nessuno.

 

In questo triste capitolo posto il banner della nostra Elenri (Teresa) che è arrivata a sfornare il banner numero 40 per questi Hunger Games (non tutti saranno postati...). Ecco a voi THABO! Il candidato del distretto 8.

Ecco a voi il capitolo... BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

In quello stesso istante sento urlare Shae. «Thabo! Thabo! No!».

«Shae!» strepito spaventata. Cosa è successo. Il grido che ho sentito non presagisce niente di buono. Ho paura che sia successo qualche cosa al piccolo Thabo. Che poi tanto piccolo proprio non lo è.

Sento correre con passo pesante. Di sicuro è Dick che sta arrivando.

«Chyna! Chyna, abbiamo bisogno di aiuto... Thabo!». Ha una voce con una nota di urgenza che mi fa scattare in piedi.

Quando arriva accanto a me, ha il fiatone ed è talmente agitato che non capisco quello che sta dicendo. «Calmati, Dick! Dimmi cosa è successo?». Cerco di parlare tranquilla in modo che lui mi dica chiaramente quello che è capitato nella giungla. Spero non sia niente di grave, per oggi ne avrei abbastanza.

 

«Vieni, presto. E prendi il tridente di Paban» ordina senza spiegarmi niente.

Lancio un'occhiata preoccupata al ragazzo addormentato sul sacco a pelo. Non mi fido molto a lasciarlo da solo ma non c'è scelta, perché, da come ho sentito gridare, c'è bisogno dell'aiuto di tutti per salvare Thabo.

Corriamo insieme verso il punto dove mi sembra di aver sentito il primo grido. Mi pare di fare tantissima strada prima che gli alberi lisci e infidi lascino la terra alle piante più normali della giungla. Mi dà la sensazione di essere tornata a casa, cosa assurda, visto che i miei boschi attorno al distretto 12 sono totalmente diversi.

In questa parte dell'arena, non facciamo tanta strada e mi ritrovo in uno spazio ampio e pieno di strani baccelli verdi e rosa sparsi. Sono stretti e lunghi, alti più o meno come me. Sembrano dei germogli, come quei boccioli duri che devono ancora maturare prima di aprirsi al sole. Però meno triangolari. Sono strani, è la prima volta che ne vedo di simili.

Shae è al limitare di questa spianata e sta fissando un baccello particolarmente panciuto che si trova a poca distanza da lei.

 

«Dov'è Thabo?» chiedo appena arrivata. Shae fa un gesto con la mano che mi lascia spiazzata e mi terrorizza. Indica il baccello grosso.

Con le lacrime agli occhi inizia a raccontare velocemente «Dobbiamo tirarlo fuori da lì. Abbiamo già provato con i coltelli ma non riusciamo ad avvicinarci abbastanza. Stavamo andando da quella parte quando Thabo è inciampato su una specie di liana. Erano tutti aperti, sembravano fiori ma erano talmente grossi che ci stavamo girando attorno. Poi ci siamo passati troppo vicino e... quelle cose si sono avvolte alla sua gamba e l'hanno trascinato dentro» e inizia a singhiozzare.

Osservo questa specie di bocciolo. Se è vero che i fiori si sono chiusi nel momento in cui hanno catturato la loro preda, vuol dire che sono collegati tra loro e questo potrebbe essere ancora peggio.

 

Mi guardo attorno, cercando di non farmi prendere dal panico. Devo trovare una soluzione prima che sia troppo tardi. Sento dei mugugni strozzati dal baccello. Thabo è ancora vivo.

Come possiamo fare a fargli aprire i petali? Guardo le mie mani: ho il tridente di Paban. Mi hanno fatto venire qui per questo. È l'unica arma abbastanza lunga che ci permetta di menare fendenti senza essere troppo vicini alla pianta.

Dick continua a girare attorno a questo spiazzo, come se cercasse una soluzione. Ho paura che non ci sia una soluzione, ma dobbiamo comunque provarci.

 

«Shae, Dick, accendete un fuoco. Io intanto provo a bucarlo» c'è il rischio che ferisca Thabo, ma meglio ferito che morto.

Cerco di bilanciarmi bene sulle gambe e inizio a pungere la pianta. A un primo impatto è molto dura, sembra quasi legnosa. Sta continuando a muoversi leggermente. Chissà che dolori ha Thabo.

Continuo a colpire, sempre più forte. Contemporaneamente, resto alla larga dagli altri baccelli che, pur essendo chiusi, potrebbero giocare brutti tiri e catturarmi.

Finalmente pare che i petali esterni stiano cedendo. Sono passati solo pochi istanti da quando sono arrivata, ma ho la sensazione che sia passata una eternità. Sono stanca e ho le braccia che mi fanno male.

«Chyna, abbiamo acceso il fuoco» dice Shae.

«Cercate un ramo lungo e provate ad appiccare il fuoco alla base, dove ci sono le radici. Dovrebbe avere lo stimolo di aprirsi, così...» almeno spero. Non so se questo metodo possa funzionare oppure se rischiamo di uccidere il nostro amico bruciandolo vivo. L'alternativa è lasciarlo dentro questo mostro e non credo che gli piacerebbe.

 

Con un ennesimo colpo ben assestato, riesco ad aprire uno spiraglio nel bozzolo. Subito fuoriesce un liquido vischioso e verdastro, seguito da un braccio scuro coperto dallo stesso gel.

Mentre cerco disperatamente di aprire il più possibile il baccello, prima che Thabo soffochi. Shae e Dick hanno iniziato ad appiccare il fuoco a dei lunghi rami che posizionano alla base del bozzolo.

Non appena le fiamme lambiscono la pianta, si alza un odore dolciastro e decisamente nauseante. Lo stesso odore che avevamo sentito non appena eravamo entrati nel boschetto strano... dove in quel momento c'era Paban addormentato.

«Per il cielo di Panem, ti prego, non fargli capitare niente di male. Fa che stia bene sino al nostro ritorno» mormoro sottovoce, con il cuore stretto dal panico, mentre continuo a colpire la pianta.

 

Sono riuscita ad aprire di più lo squarcio e adesso riesco a vedere anche il viso del nostro amico. Non è un bello spettacolo: è tumefatto, il viola si distingue chiaramente, nonostante la pelle scura, e ha uno strano rigonfiamento sulla guancia, che gli raddoppia le dimensioni del viso. Mi viene quasi da vomitare, ma tengo duro perché la cosa importante è liberarlo. Poi vedremo come sistemare la faccenda.

«Guarda, Chyna! Si sta aprendo!» esulta Dick accanto a me e indicando la pianta che ha Thabo al suo interno. Continuo a bucare la pianta che ora offre meno resistenza di prima. Sta cedendo e il mio cuore si esalta.

«Guardate!» urla Shae indicando la radura «Stanno fumando anche le altre». Stranamente, dalle punte dei baccelli chiusi stanno uscendo rivoli di fumo scuro. È evidente che queste piante sono collegate tra loro, probabilmente dalle radici.

 

Con un ultimo strappo, facendomi aiutare dalla forza smisurata di Dick, riusciamo ad aprire completamente la punta della pianta dove è rinchiuso il nostro amico.

Sembra che un bicchiere sia stato riempito troppo e adesso strabordi di liquido facendolo cadere per terra. Una cascata di viscidume verde e viscoso scivola fuori, spegnendo il fuoco che avevamo acceso.

Subito Shae si affretta a mettere altri due rami sotto il baccello accanto, visto che le piante sono comunque collegate.

Tra il tridente, che uso io, e una specie di arpione naturale fatto con un lungo ramo ritorto, che usa Dick, riusciamo ad aprire totalmente la pianta e a far scivolare Thabo all’esterno.

 

Appena lo vediamo, io e Shae urliamo terrorizzate, mentre Dick inizia a singhiozzare sempre più forte.

Il ragazzino allegro, con gli occhi neri e la pelle di ebano non esiste più. Davanti a noi c’è un ammasso di carne senza forma. Quattro tentacoli, che dovevano essere gli stami di quella pianta, avvolgono e trapassano diverse volte il suo corpo ancora scosso da terribili tremori.

Dal suo occhio, esce un tentacolo ancora mobile. Dal suo petto, altri due. La sua pancia è enorme e tesa. È almeno grande quanto tre angurie ed è tutta bozzi.

Mi volto e vomito anche l’anima. Accanto a me, anche Shae e Dick fanno la stessa cosa.

Possiamo essere candidati agli Hunger Games, ma nessuno riuscirebbe a resistere a uno spettacolo simile.

 

«Chyna…» sento un rantolo da quel corpo e mi volto di scatto, cercando di limitare i conati che stringono il mio stomaco. Dalla sua bocca esce un rigagnolo di sangue nero. Non c’è più niente da fare per lui. Lo sento, anche se rifiuto di crederci.

«Dimmi, Thabo» mormoro sottovoce, cercando di frenare le lacrime.

«Bruciatemi. Ho i suoi maledetti semi dentro me. Se mi bruciate moriranno tutti e non ci saranno altre piante così». Stento quasi a sentirlo ma il mio intuito riempie le pause dove tossisce sangue o gorgoglia nelle sue stesse viscere.

L’unico occhio che gli rimane, mi implora.

 

Shae è ancora in ginocchio che piange e Dick la abbraccia cercando di consolarla.

«Datemi il fuoco» ordino tra le lacrime.

Resto a distanza di sicurezza, non vorrei che quella cosa si infilasse anche dentro di noi.

Prendo il tizzone e mi avvicino a Thabo. Abbasso la fiamma e vedo un’ombra di sorriso sulle sue labbra tumefatte e l’occhio con una piccola lacrima che sgorga. Mi sta perdonando per quello che sto per fare. Lo so. Lo sento. Ma non riesco a dargli fuoco. Non così. Non al nostro amico. Al ragazzino dalla pelle di ebano, così imbranato con le armi, così affettuoso con Douce che non gli parlava mai. Così coraggioso nell’arena.

Sento che continuo a piangere, ormai, senza ritegno. La mia mano trema e non riesco ad avvicinarmi.

 

Sobbalzo quando il suo corpo ha un nuovo violento fremito. E altro sangue nero sgorga come un getto, dalla sua bocca. La sua pancia sta aumentando di volume e sta diventando traslucida. Dobbiamo fare in fretta. Lui sta soffrendo e i semi stanno germogliando e nutrendosi dei suoi intestini. Nessuno merita di morire così.

Non mi rendo neanche conto che Shae e Dick si sono avvicinati a me. Quando sento la manona sulla spalla e qualcuno che mi sfila il tridente di mano, sobbalzo e mi volto.

«Lascia stare» dice Shae tra le lacrime, prendendo a sua volta la fiaccola «Lascia, facciamo noi».

Guardo Dick e lui annuisce tirando su con il naso e strizzando gli occhi rossi.

«Io non voglio che Thabo stia ancora male» dice singhiozzando.

Stiamo davvero crollando. Non so quanto resisteremo a questo strazio.

 

Mi allontano a testa bassa, ma non riesco a non voltarmi quando sento un sibilo di una lama che frusta l’aria. Dick ha reciso la testa al povero Thabo, ponendo fine al suo dolore. Subito dopo lo vedo lanciare un urlo disperato e far cadere il tridente per poi scappare verso il boschetto dove abbiamo lasciato Paban.

«Attento, Dick» urlo. Non abbiamo bisogno di altre tragedie.

«Ci penso io» dice Shae, correndo dietro al mio compagno dopo aver lasciato cadere la fiaccola sul corpo informe.

 

Ormai ho la mente completamente vuota. Sono sicura che se penso a qualcosa potrei tagliarmi le vene o tentare di uccidermi in altre maniere, perché, sono certa che non potrò mai dimenticare l’orrore di questi minuti. Abbiamo dovuto uccidere un nostro compagno per impedire che soffrisse in maniera immane. È terribile. È mostruoso.

Come un automa, raccolgo altri due tizzoni ardenti e li getto sul corpo di Thabo. Sento che sfrigola, mentre il fuoco consuma le sue carni e uccide i parassiti.

Il suo ventre si è aperto e vedo chiaramente i piccoli tentacoli coperti di sangue nero, tendersi diritti verso l’aria, come a scappare alla morte data dalle fiamme.

Nell'aria si spande un odore pestilenziale di carne putrefatta bruciata e vaniglia troppo cotta. Mi giro attorno e trovo altri rami più o meno secchi per appiccare il fuoco a tutte le piante che riesco a raggiungere. Prendo il tridente e lo passo sopra la fiamma viva per bruciare i residui viscidi che sono rimasti appiccicati.

Lancio gli ultimi fasci di legna ardente e mi assicuro che vi siano più focolai sparsi in modo da bruciare tutte  quelle orrende piante. Poi, dopo aver dato un'ultima occhiata al corpo carbonizzato di Thabo, mi allontano di qualche passo e lascio via libera agli spasmi che sento allo stomaco, liberandolo, sino ad arrivare a vomitare bile.

 

Non so quanto tempo passo con la fronte appoggiata sul muschio umido che ho trovato a una ventina di metri di distanza. Però qui non mi arriva la puzza del rogo delle piante che, comunque, ho potuto controllare a distanza. Oramai tutte le piante sono carbonizzate ed io ringrazio il cielo che siano definitivamente sparite.

Sta diventando buio ed è meglio che mi sbrighi per tornare dagli altri, altrimenti rischierei di perdermi.

 

Ripercorro quella che dovrebbe essere lo stesso sentiero che conduce al boschetto di piante lisce, ma quando arrivo al suo limitare lo trovo praticamente carbonizzato. Non sono rimasti che spettrali tronchi senza rami, senza foglie, che si ergono verso il cielo come tanti pali piantati distanti l'uno dall'altro.

«Oh Signore!» esclamo trovandomi davanti quel triste spettacolo. Scorgo qualche decina di metri più avanti, un baccello avvizzito e fumante. Anche qui erano arrivati e adesso non ci sono più.

Mi guardo attorno con ansia. Dove sono gli altri? Dov'è Paban?

Mi tremano le ginocchia. Starà bene? Sarà stato colpito da quel baccello come Thabo? Non posso neanche pensare a una simile eventualità. Mi sento morire dal terrore.

Dove sono?

«Dick! Shae! Paban!» urlo. «Shae! Paban! Dick!». Non è possibile. Non può essere che siano morti anche loro. Che la pianta assassina li abbia uccisi. Che io con il fuoco che ho appiccato li abbia uccisi. Non posso farcela.

Mi metto le mani tra i capelli e tiro, piegandomi su me stessa, inizio a piangere disperatamente. Non posso rimanere da sola. Non posso perdere i miei amici. Ne ho già persi troppi e so già che non me ne farò mai una ragione. Non dimenticherò il modo orribile in cui sono morti.

 

Non ho il coraggio di attraversare il boschetto bruciato, quindi torno indietro, verso lo spiazzo che ho bruciato nel pomeriggio. «Paban! Shae! Dick! Dove siete?» continuo a chiamare mentre commino stancamente, sostenendomi con il tridente che uso come un bastone.

«Siamo qui!» sento Shae che risponde dopo parecchio tempo, quando ormai stavo perdendo la voce e le speranze. Poco dopo sento dei passi pesanti e scorgo Dick che sta arrivando.

Le mie spalle si afflosciano, le mie ginocchia cedono e mi ritrovo a terra sul muschio mentre piango di sollievo nel vedere che almeno Dick è sano e salvo.

«Chyna. Stai bene? Hai delle ferite?» chiede preoccupato vedendomi in ginocchio. Scuoto la testa e continuo a piangere. Piango per tutto questo schifo. Per tutto quello che ho visto da quando sono chiusa nell’arena. Piango per la mia innocenza perduta e spero di non piangere anche la dipartita della mia sanità mentale, perché ho paura che diventerò pazza qui dentro, ammesso che non lo sia già.

 

«No. Sto bene, Dick» bisbiglio stremata. Provo a rialzarmi ma ormai le gambe non reggono più e lui mi prende in braccio come una bambina e inizia a trasportarmi.

«Dov’è Shae?» chiedo con un filo di voce.

«E’ con Paban. Io sono scappato… non mi piaceva vedere Thabo quando gli ho fatto male… così sono corso da Paban ma c’era del fumo e del fuoco anche lì. Ho dovuto caricarlo sulle spalle e correre via. Shae ha preso le altre cose… siamo stati bravi, non abbiamo perso niente» dice, con un filo di orgoglio.

Allora era vero che quel boschetto era legato a quelle piante assassine. Ora erano tutte morte. Almeno questa piccola soddisfazione mi era rimasta.

«Paban sta bene?».

«Sì. Ha tossito tanto ma sta bene» risponde semplicemente.

Non passa tanto tempo che arriviamo al piccolo accampamento allestito da Shae e Dick.

Ormai ho paura anche delle ombre. Sobbalzo appena sento un crepitio e mi stringo forte al collo taurino del mio compagno. È solo il fuoco che brucia la legna, l’ho capito subito, ma se questo è in grado di farmi reagire in questo modo, non ho idea di come mi comporterò in occasioni più pericolose.

 

Adesso capisco i miei genitori. Quello che hanno subito nelle arene e durante la rivolta, va ben oltre l’umana sopportazione. Loro urlano ancora la notte. Loro hanno ancora degli incubi. Loro tremano ancora. Ho sempre pensato che fosse strano, poi la nonna, un giorno, mi aveva detto che gli Hunger Games li avevano rovinati. Mia madre, mio padre, zio Haymitch erano stati rovinati per sempre. All’epoca pensavo si riferisse alle cicatrici che vedevo sulle braccia dei miei genitori. Adesso capisco. Loro sono rovinati mentalmente. Non sono più gli stessi nella loro anima spezzata. E io farò la stessa fine, urlando la notte mentre sognerò Thabo squarciato dalla pianta mostro, o Christal carbonizzata dal fulmine mentre si accascia sul corpo insanguinato di Bor.

Ho davvero paura che non riuscirò più a provare qualche cosa come facevo prima. Gioirò ancora per un bel tramonto? Oppure per un cespuglio in fiore? O per la risata allegra di Jayson?

 

Arrivati vicino al fuoco, Dick mi deposita su un sacco a pelo e si siede accanto a me. Shae mi offre una ciotola con della frutta e delle bacche, ma non ne ho voglia e la lascio per terra. Poco spostato da noi vedo Paban con gli occhi chiusi che continua a tossire piano. Deve essere la conseguenza del fumo che ha respirato.

«Come sta Paban?» chiedo a Shae.

«Abbastanza bene per essere uno che è stampato al veleno di un serpente e a un incendio nel giro di poche ore» risponde serafica. «Quel bosco era collegato con quelle piante carnivore che abbiamo bruciato. Quando siamo arrivati era tutto avvolto dal fumo. Io e Dick ci siamo coperti il viso tirando su la maglietta, ma Paban dormiva ed è rimasto intossicato. Però va meglio adesso, non tossisce più come prima» tenta di fare un piccolo sorriso. «Ha ancora la febbre alta per il veleno... dici che dobbiamo somministrare un'altra dose di siero?».

Il fatto di pensare a guarire qualcuno mi risveglia dallo stato catatonico dove mi ero rifugiata.

«Non ora. Sono trascorse solo sei ore. Meglio se lo inietto domani mattina. Per ora direi che una pillola per la febbre dovrebbe essere sufficiente».

 

«Chyna... Chyna... attenta...» mormora Paban agitandosi.

In ginocchio mi trascino accanto a lui e, dopo aver preso un po' d'acqua per bagnare una pezzuola, inizio a passargliela sul viso e sul collo, per alleviare la febbre. Tenermi occupata fa bene. Curare Paban mi fa bene.

«Meglio che gli stai vicino questa notte, casomai avesse dei problemi» suggerisce Shae.

Annuisco e gli somministro la pillola anti-febbre. Forse sono le mie parole sussurrate, forse sono le mie mani che lo accarezzano mentre tergono il suo sudore, ma Paban apre gli occhi e mi sorride felice. Lui è felice. E lo è solo perché io sono vicino a lui. In questo momento mi accorgo di sorridere a mia volta. Forse non tutto è perduto per me. Forse.

 

La sera, quando è tutto buio, arriva il momento più straziante e non c'è nulla che possa fermare le lacrime che esprimono il nostro dolore per la perdita del compagno. Inizia l'inno e compare il sigillo di Panem nel cielo e, subito dopo, il volto sorridente di Thabo. Lo stesso volto che vorrei ricordare per sempre. Lo stesso volto non ancora trasformato dall'orrore. Il volto che invece scorderò, per sempre, soppiantato dalla sua testa mozzata, tumefatta, sformata dalla pianta assassina.

La notte, nonostante tutto, passa abbastanza tranquilla, ammesso che io riesca a chiudere gli occhi per un tempo superiore ai venti minuti senza trovarmi di nuovo davanti al cadavere straziato di Thabo. Ho sentito Dick piangere per buona parte del suo turno di guardia, ma non ho voluto intervenire. Siamo sulla stessa barca, stiamo soffrendo tutti e a volte serve soffrire da soli con i propri pensieri. Anche Shae non si è riposata. Ha continuato ad agitarsi dal momento che ha chiuso gli occhi, sino al suo grido straziato che ha svegliato mezza arena, facendoci sobbalzare dallo spavento. Si è rifiutata di tornare a dormire ed ha fatto l'altro turno di guardia, anche se toccava a me. Anche Paban, accanto a me, si è agitato, calmandosi solo quando, non so come, ha capito che tra le sue braccia c'ero io. Allora ha sussurrato il mio nome, seguito da un “Ti amo” per poi addormentarsi tranquillo.

 

«Dici che possiamo spostarlo?» chiede Shae il mattino dopo, mentre stiamo facendo colazione. Ovviamente si sta riferendo a Paban.

«Non oggi almeno. Ha già dovuto essere trasportato ieri, deve riposare almeno un giorno e riprendersi un pochino». Onestamente non è solo lui ad averne bisogno. Una pausa farà bene anche a noi altri.

«Allora ti spiace se mi corico un po’ prima di andare a cercare qualcosa da mangiare?». È una domanda retorica quella di Shae. Non potrei mai negarle del riposo, visto che questa notte ha coperto anche il mio turno di guardia. Infatti faccio un cenno, come di dormire pure, e mi dedico a finire la mia poltiglia di cereali mentre lei si addormenta immediatamente.

Inutile dire che siamo tutti stravolti.

«Dick, vuoi stare tu con Paban e Shae a fare la guardia? Io andrei a cacciare. Abbiamo bisogno di carne» propongo.

«Certo. Io farò buona guardia. Sono diventato bravo, vero?» dice con un sorriso orgoglioso. Oggi, il suo sorriso è contagioso, visto che confermo subito e sorrido a mia volta.

 

Raccolgo il mio arco, la faretra che mi infilo sulla spalla e un coltello che aggancio alla cintura. Mi guardo bene attorno per ricordarmi dei punti di riferimento e, con calma, mi dirigo verso quello che sembra il nord. Quando mi inoltro e sono sufficientemente lontana dal campo base, mi permetto di fermarmi e lasciare che il mio corpo si sfoghi come vuole.

Inizio a pesare i piedi, digrignare i denti e tiro anche un pugno a un albero. Poi mi metto a singhiozzare. Non riesco a fermarmi, neanche volendo. Cosa devo ancora sopportare? Mi sento letteralmente demolita dentro. Mi sembra di non avere più nulla di intero nella mia anima.

Non so quanto mi sia fermata a sfogare il mio dolore, ma quando finalmente riesco a fermare i singhiozzi e a tirare un lungo sospiro, decido di mettermi al lavoro seriamente e comincio a cercare qualche preda.

Non è facile, ma devo davvero riuscirci. Comincio a camminare leggera, senza fare rumore, come mi ha insegnato la mamma, nei boschi intorno al nostro distretto. L'arco pronto con la freccia incoccata.

Spero che ci siano più animali ora che abbiamo debellato quelle piante mostruose. Probabilmente è per quello che non trovavamo prede mentre ci stavamo avvicinando alle montagne.

La mia speranza è ben ripagata da due conigli e uno scoiattolo. Trovo anche dei tuberi dal cucinare sotto le braci e un cespuglio di fragoline selvatiche. Riempio la borsa con tutto quello che trovo e, lentamente, torno al campo.

 

Trovo Paban e Shae seduti appoggiati a un ampio albero, che parlano, mentre Dick sta raccogliendo dei rami per il fuoco. Sembra che il candidato del distretto quattro, stia meglio. Quando ancora dormiva gli ho somministrato un'altra dose di siero e credo che ormai il pericolo veleno sia completamente debellato.

Mi accomodo accanto a loro per pulire i conigli e lo scoiattolo e affido i tuberi a Dick per la loro cottura.

«Complimenti, Chyna. Ci hai procurato un gran pranzo!» esclama Shae, sorridendo lieve. Non si è riposata come doveva, secondo me. Si vedono chiaramente le occhiaie e lo sguardo stanco. La ringrazio con un cenno e continuo, concentrata, il mio lavoro.

«Secondo te, posso mangiare la carne o devo limitarmi?» chiede Paban.

«Come ti senti. Puoi provare a mangiare piccoli pezzetti e vedere se il tuo stomaco non li rifiuta. L'importante è che non ti abbuffi» rispondo facendo spallucce.

 

Sento il silenzio che mi avvolge e guardo interrogativa i miei due amici. Cosa c'è?

«Chyna... stai bene?». Paban lo chiede sottovoce, come se avesse paura di urtarmi i nervi. Scuoto la testa. Non ha senso mentire.

«No, non mi sento bene. È un miracolo che non sia già impazzita da quando sono entrata nell'arena. Abbiamo visto cose orrende. Terribili». Mi tremano anche le mani. «Non credo di riuscire a sopportare queste cose. Non ce la faccio» protesto.

Paban mi costringe a posare gli animali che stavo ripulendo e mi attira sulle sue ginocchia per poi costringermi ad accoccolarmi tra le sue braccia. Mi sento in un caldo bozzolo.

«Hai ragione. Abbiamo visto cose che non avrei mai creduto possibile. Mi dispiace che dobbiate subire questo» dice lui, carezzando la testa di Shae con una mano e stringendo me con l'altro braccio. «Vorrei potervi evitare tutto questo, ma non possiamo farci niente, se non impegnarci perché nessuno di noi possa cadere vittima di altre trappole».

 

Mi prende il viso tra le mani e mi fissa negli occhi. «Farò tutto il possibile per farci uscire sani e salvi. Ti devo la vita, Chyna. Non ho intenzione di dimenticarlo». Usa il tono delle promesse solenni ed io riesco solo a pensare che la ragione principale che gli fa promettere tutto quello che ha detto, non è il fatto di averlo salvato, ma sono quei “ti amo” che ha ripetuto più volte durante il delirio della febbre.

Non credo che si ricordi cosa mi ha confessato, né è a conoscenza del fatto che ho sentito mentre lui e Ilixo si confidavano. Non è il momento per dirglielo, lo metterei solo in imbarazzo e non è il caso.

Però voglio che sappia che non mi è indifferente il fatto che mi stia vicino, perciò lo abbraccio e mi seppellisco nel suo petto.

Sento il suo cuore battere forte e regolare, finalmente. Niente a che fare con il battito di ieri. Ora è davvero il miglior suono del mondo. «Ti voglio bene, Paban. Grazie».

 

---ooOoo---

Angolino mio:

che pena arrivare sin qui.

Come ho premesso, qui di seguito leggerete un riassunto del presente capitolo, per la parte violenta.

 

Quando Chyna arriva nel posto dove ha sentito urlare Shae, la vede che sta guardando una specie di baccello leggermente grosso, ai limiti di un campo con altri baccelli. Subito si capisce che all'interno della pianta è stato preso Thabo.

Chyna e Dick, dopo diversi tentativi, riescono a liberare il ragazzo, ma lui è consumato dalla pianta stessa e loro sono costretti a ucciderlo per evitargli ulteriori sofferenze.

Chyna rimane alla radura a bruciare gli altri baccelli, mentre Dick e Shae tornano da Paban.

Dopo aver cercato in giro i suoi compagni, li ritrova nella giungla. Paban ha ancora la febbre e delira, ma gli altri sono sconvolti per la morte di Thabo.

Visto che Paban non sta ancora bene, decidono di fermarsi e Chyna va a caccia. In quel frangente, cerca di sfogare ancora le sue lacrime, stressata da quella situazione e da quanto successo a Thabo.

Quando torna al campo base, trova Paban e Shae che chiacchierano e si lascia scappare quanto sia traumatizzata. Paban cerca di consolarla, promettendole che la proteggerà e farà di tutto per far uscire tutti loro sani e salvi dall'arena. Chyna gli confessa di volergli bene.

 

Questo è quanto, riassunto, è successo in questo capitolo.

Abbiamo perso Thabo, in un modo orribile, purtroppo. Adesso restano solo Chyna, Paban, Dick, Shae, Rainer, Iraida, Nazig e Ilixo.

 

Nel prossimo capitolo avremo un momento di pace e di confessioni. Un po’ per mitigare questo che è difficile da digerire.

 

Vi lascio un piccolo spoiler:

«Hai ragione. Chyna Mellark,.. io ti amo» dice finalmente e si abbassa a far combaciare le nostre labbra nel bacio più tenero che potesse darmi…

E assieme a questo chilo di melassa che vi getto addosso (occhio al diabete) posterò anche l’immagine di un’altra simpaticona poco vista ma molto sentita: Nazig, la candidata del distretto 2.

 

Null'altro da dire, ringrazio per l'attenzione, attendo recensioni, alla prossima settimana, probabilmente giovedì, visto il carnevale in mezzo. A proposito, buon divertimento.

Baciotti

 

 

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Capitolo 20
*** la confessione ***


 

Ciao a tutti!

Oggi è il mio compleanno, quindi vi faccio un regalo e posto il nuovo capitolo (voi fate un regalo a me e commentate).

Pezzo molto soft oggi. Tanto per riprenderci dalla morte di Thabo della settimana scorsa.

 

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito e inserito questa storia negli elenchi particolari.

Grazie anche a Elenri per il banner di questo capitolo. Avevo promesso una faccia ma ho deciso di postarne un’altra. Questa è l’immagine di un personaggio che ci ha lasciati ai tempi della Cornucopia: la candidata del distretto 13, Sakìa. Mi è arrivata dopo ed ero quasi convinta di non postarla perché era già passato un po’ di tempo, ma è talmente bella… beh, giudicate voi!

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Non appena Paban recepisce il mio “Ti voglio bene” si irrigidisce prima di stringermi forte e sussurrare in un sospiro «Io di più».

A questo punto mi sento di andare oltre. Non voglio che abbia la sensazione di sbattere contro un muro di gomma, perché non è così. Non lo amo, è vero, ma potrei tranquillamente riannodare i vecchi sentimenti a dei nuovi e più maturi. Forse è questo, quello di cui ho bisogno per non affogare nella disperazione. La speranza di un amore che mi sostenga, e Paban me lo può dare, come io posso imparare a darlo a lui.

«Lo so. Non mollare con me. Sento che possiamo farcela». Mi scosto per fissarlo nei suoi meravigliosi occhi verdi e lo bacio, per dare maggiore enfasi alle mie parole. “Non ti arrendere, Paban. Fammi innamorare completamente di te. Ne ho bisogno” penso intensamente.

Lui risponde immediatamente al mio bacio, con tutto l'entusiasmo di un uomo innamorato. Quando ci stacchiamo, i suoi occhi brillano di una felice, ferrea decisione «Non mollerò mai, con te. Lo giuro».

 

«Quanto siete carini» sospira Shae, vagamente divertita.

Arrossisco furiosamente ma non mi stacco da lui che ancora mi avvolge con le sue braccia.

«Shae» ammonisce Paban sorridendo.

«Tranquillo. Godetevi il momento, ragazzi. L'innamoramento reciproco, quando si è all'inizio, è il periodo più bello».

«E tu? Sei innamorata? Hai qualcuno al distretto tre che ti aspetta?» chiedo. Voglio parlare di cose dolci e allegre. Niente brutture, niente arene.

Intanto Dick ha terminato di sistemare la cottura del pranzo e si è seduto accanto a noi ad ascoltare, come farebbe un bambino con le favole della nonna. Fa tenerezza.

«Uhm. Sì, ho un innamorato ma non si trova al distretto tre» risponde la ragazza, facendo un sorrisino furbo.

 

Anche Paban sorride complice, il che mi fa venire il sospetto che io possa conoscere questa persona.

«Non sarai tu, vero?» chiedo piccata, alzando lo sguardo sul ragazzo del mare. Si mette di nuovo a fare il cascamorto con tutte le ragazze che si trova a tiro? Dov'è il suo imperituro amore?

Arrossisco di nuovo quando si mette a ridere di gusto.

«Chyna, sono io che mi sono praticamente dichiarato a te. Al limite, sono io che ho diritto di essere geloso di Ilixo, come lo ero di Brieg» risponde carezzandomi una guancia. Che stupida. Ha ragione.

Sorvolo sul fatto che sia geloso, anche perché la cosa mi gratifica alquanto, e mi rivolgo di nuovo a Shae.

«Allora chi è? Se non si trova al distretto tre, lo puoi aver conosciuto durante gli allenamenti in palestra... oh, è un candidato, forse? Un inserviente? Un mi...» comincio a snocciolare una serie di ipotesi ma Paban mi ferma prima che abbia finito, mentre noto che anche Shae è arrossita. Forse ci ho azzeccato.

«Se voleva dircelo, lo avremmo già saputo. Ci saranno buoni motivi per il suo segreto, lascia stare» poi guarda lei e con tono comprensivo e partecipe dice quello che pensiamo tutti «Spero che dovunque sia, stia bene».

A questo punto è lei ad avere gli occhi lucidi «Lo spero tanto. Ho paura solo a pensare a cosa sta succedendo fuori di qua. Quando riusciremo ad uscire, spero che non ci troveremo nel mezzo di una nuova rivolta, come trenta anni fa».

È vero. Qui dentro lottiamo per la vita, ma anche fuori, mia madre, mio padre, Jayson, i mentori, i distretti, staranno sollevandosi per liberarci. Le vecchie ferite dei violenti Hunger Games sono ancora impresse nella memoria. Troppo per far passare in silenzio il massacro che si sta perpetrando qui dentro.

 

«Io ho sempre detto che Chyna ama Paban e Paban ama Chyna» esclama contento Dick, facendoci ridere tutti. Poi aggrotta la fronte. «Ma chi ama Shae? Io voglio molto bene a te» afferma strappandoci un sorriso indulgente.

«Anche io ti voglio molto bene, Dick» risponde la ragazza gettandosi tra le braccia del mio compagno di distretto.

La giornata passa così, cercando di chiacchierare di cose allegre e senza pensare a quelli che ci hanno lasciato. Ogni volta che il discorso cade, anche lontanamente, in qualche argomento che possa ricordare gli altri candidati, qualcuno interviene a raccontare un aneddoto buffo e si vira subito il discorso.

 

Quando la sera ci accomodiamo di nuovo attorno al fuoco, cala un silenzio imbarazzato che viene spezzato da un Dick particolarmente sveglio.

«Domani possiamo andare via da qui? Non voglio più stare vicino a dove è morto Thabo. Poi dobbiamo trovare l’uscita per tornare a casa. Voglio tornare dalla nonna e non mi interessa se non vinco i giochi». Mai proposta è più gradita, almeno per quanto mi riguarda.

«Cosa ne dici? Posso provare a muovermi?» chiede direttamente Paban.

È stato abbastanza sveglio tutto il giorno. Non ha più avuto febbre, anche se gli ho dato un’altra pillola. Si è riposato e non ha fatto sforzi. Del veleno non c’è traccia.

«Sì. Dobbiamo anche trovare altra acqua, quindi è meglio muoversi» acconsento.

«Bene, allora faccio il primo turno di guardia» annuncia Paban, prendendo posto accanto a un grosso albero vicino.

Una volta organizzati i turni, con me che devo dargli il cambio, ci posizioniamo nei sacchi a pelo attorno al fuoco e aspettiamo di passare la notte.

 

I rumori della giungla sono soffocati e ormai non spaventano più. Non è per questa ragione che non riesco a dormire. Guardo Paban ad di là del fuoco. Lui è rilassato, appoggiato al tronco e mi guarda tranquillo. Sembra quasi che voglia imprimere nella sua memoria ogni tratto del mio volto, ogni espressione. È uno sguardo innamorato, non mi posso più sbagliare.

Era questo che aveva visto mia madre quando mi aveva affidata a lui? Sapeva che avrebbe fatto di tutto per proteggermi? In effetti non avrebbe potuto fare scelta migliore.

E io? Lo guardo, per nulla imbarazzata dal suo fissarmi. Sono confusa dall’intensità di quello che provo per lui. Come reagisco quando mi bacia o quando mi abbraccia. Sono sintomi questi?

Se faccio il confronto con Ilixo, il candidato del dieci perde su tutta la linea. Eppure ho baciato anche lui. E ho provato qualcosa anche con lui.

Potrebbero conquistarmi tutti e due? Potrei amare tutti e due contemporaneamente? E Brieg? No, lui mi piaceva perché assomigliava a papà, ma era una cotta superficiale. Per Paban e Ilixo è totalmente diverso.

Avevano ragione loro due. Paban mi è vicino, mi sta corteggiando, si è dichiarato. Se Ilixo non torna presto, mi vedrà tra le braccia del ragazzo del mare e non potrà fare più nulla perché il mio cuore sarà blindato.

Sento che mi manca poco, pochissimo…

 

«Chyna… tesoro, spostati un poco» sussurra la voce di Paban. Apro gli occhi assonnata e faccio per alzarmi per il mio turno di guardia. «No. Ho continuato fino al turno di Dick. Volevo che riposassi… ma… vorrei che ti riposassi con me accanto». Non posso far a meno di sorridere mentre mi sposto e gli faccio spazio accanto a me. È un invito che potrebbe essere frainteso, ma non importa. Sentirmi abbracciata e protetta è più importante. Sentire accanto Paban, vivo e vitale è più importante.

Lo abbraccio e faccio un sospiro soddisfatto mentre mi accomodo sulla sua spalla e lui mi cinge la schiena attirandomi a sé. È così che ci trova il nuovo giorno. Un giorno plumbeo dopo tanto sole. Un giorno che preannuncia pioggia e non proprio il giorno ideale per riprendere il nostro cammino.

 

«Io propongo di andare comunque, tanto siamo all'aperto. Se anche piove non ci ripareremmo qui» dice Paban. Nessuno di noi gli dà torto e cominciamo a raccogliere tutto quello che abbiamo sparso nel campo. Dopo aver infilato i sacchi a pelo nei nostri zaini, Dick e Shae iniziano a camminare verso le montagne vicine, quando sento una mano sul braccio che mi trattiene.

«Chyna... aspetta un attimo». Paban ha gli occhi bassi e una voce imbarazzata. «Voglio ringraziarti per quello che hai fatto per me. Se non avessi agito subito, sarei morto a quest'ora».

«Non mi devi ringraziare. Ho fatto quanto era necessario e sono felice che abbia funzionato» rispondo.

«Volevo dirti... cioè, ormai l'avrai capito... upf...». Le sue guance si colorano di un tenue rosso e le mani iniziano ad agitarsi.

«Cosa, Paban?». Beh, sono una donna, alcune cose amiamo sentircele dire chiaramente, aumenta la nostra autostima. Perciò, pur sapendo cosa non riesce ad esprimere, decido di non aiutarlo e mi godo il momento.

«Che io... insomma. Dai, lo sai!». Sembra proprio difficile per lui. Quasi lo preferivo con la febbre.

«No, cosa?» rispondo. Mi sento quasi sadica, ma voglio che lo dica chiaramente.

 

«Mi prendi in giro?» sbotta irritato. Sorrido. Non mi sento minimamente colpevole. Mi avvicino e gli metto le braccia intorno al collo e lo fisso negli occhi.

«No. Ma mi spieghi perché riesci a confessarti con Ilixo, a dirlo quando sei quasi incosciente dalla febbre e non me lo dici adesso?». Gli carezzo la guancia e sento che lui si rilassa sotto le mie dita.

«Hai ragione. Chyna Mellark,.. io ti amo» dice finalmente e si abbassa a far combaciare le nostre labbra nel bacio più tenero che potesse darmi.

È possibile sentirsi così felici da farsi scoppiare il cuore? È possibile che sia lui che mi fa sentire in questo modo? È possibile che mi sia innamorata di nuovo di lui? Quanto vorrei parlare con la mamma adesso!

Lentamente ci stacchiamo e riapro gli occhi per bearmi della vista dei suoi. Gli occhi più belli che abbia mai visto, amore o non amore. Subito mi colpisce un fatto. Imbarazzante. Devo rispondere. Ma cosa posso dire se io stessa non so che sentimenti provo?

«Paban, io...» la voce sfuma senza che io lo voglia.

«Chyna, non mi devi rispondere adesso. Quando quello che senti qui...» e punta l'indice sul mio cuore «Arriverà qui» e passa alla fronte «Allora saprai cosa dirmi. Io sono felice di averti qui, accanto a me, anche se preferirei saperti fuori al sicuro. Per ora mi accontento» conclude strizzando l'occhio, per poi indicarmi il sentiero dove sono passati Dick e Shae, che, discretamente, ci hanno lasciato parlare in privato.

 

Facciamo un giro lungo, evitando attentamente i resti del boschetto e lo spiazzo con le piante assassine. Ogni tanto siamo costretti a fermarci per evitare che Paban si stanchi troppo. Lui, ostinato, prova a protestare ma davanti al suo pallore e al fiatone che evidenzia la sua condizione, non può barare.

Siamo ancora nella giungla, quando, nel tardo pomeriggio, scoppia un grosso temporale, con tanto di lampi che squarciano il cielo e nubi nerissime che rendono il paesaggio tetro e buio. Ci affrettiamo a tirare fuori dagli zaini, alcuni teli in plastica per cercare di coprire qualcosa. Difficilmente riusciremo a stare asciutti.

«Meglio che cerchiamo di raccogliere acqua» suggerisce Shae, posizionando i teli su alcuni rami, in modo che facciano da imbuto alle nostre bottiglie quasi vuote.

Ci sistemiamo in piedi, appena sotto le fronte di un albero particolarmente ampio, restando a distanza rispetto al tronco.

 

Mentre aspettiamo mi metto a sfregare energica le braccia e la schiena di Paban. È appena guarito, non è il caso di rischiare una ricaduta per la febbre. Nessuno commenta questo gesto ma mi stanno guardando in modo strano.

«Che c'è? Non voglio che abbia una ricaduta. Ci rallenterebbe troppo» rispondo piccata. Adesso vorrei togliere le mie mani dalle sue spalle, ma se lo facessi, vorrebbe dire che le mie parole erano una scusa e non voglio dare questa soddisfazione, perché non è così.

«Certo, certo» dice leggera Shae, per poi controllare il livello delle bottiglie che si stanno riempiendo.

Stranamente, dopo essersi prospettato un lunghissimo nubifragio, in poco più di una decina di minuti, la furia si esaurisce e il cielo si apre a un bellissimo e caldissimo sole. 

 

Ricominciamo con la marcia, mentre il sole asciuga i nostri vestiti e il terreno circostante. Le bottiglie si sono riempite, nonostante la brevità dell’acquazzone. Questa volta puntiamo direttamente alle rocce. Se stringo gli occhi e allungo una mano potrei avere la sensazione di toccarle. In realtà sono ancora lontane almeno qualche centinaio di metri.

Verso il tramonto ci accampiamo alla base delle montagne. Da qui in avanti ci saranno solo rocce scure che sembrano quasi perpendicolari al terreno dove siamo ora. Superarle non sarà facile. Noto, parecchi metri sopra le nostre teste, alcune tettoie e colonne. Ricordano i templi antichi di migliaia di anni, che dipinge mio padre copiandoli da vecchissimi libri. Chissà se sono proprio questi?

Anche questa sera dormiamo attorno al fuoco, facendo i turni di guardia. Nel cielo compare solo il simbolo di Panem e nessuna immagine, per fortuna. Gli altri sono ancora vivi e questo mi consola, nonostante non sia una loro fan, non auguro a nessuno di loro di morire.

Ormai diventa quasi una necessità dormire con qualcuno accanto che ti stringe, anche solo con una mano. Sento che quella mano tiene lontani gli incubi che, invece, ha continuamente Dick.

 

Quando, il mattino dopo, iniziamo a salire, pensavo che ci fosse una mulattiera da seguire o un sentiero, invece ci troviamo a scalare le rocce, salendo sasso dopo sasso, come se fosse una scomodissima scala.

I muscoli sono doloranti già dopo un paio d'ore. Non credo riusciremo a fare tanta strada con questa scalata. Fortuna che arriviamo a un piccolo spiazzo dove troviamo le rovine di un tempietto con delle colonne doriche nere.

Ci sediamo su una colonna crollata ed io tiro un sospiro di sollievo al solo pensiero di potermi riposare. Beviamo l'acqua a piccoli sorsi e molto poca. Dubito che riusciremo a trovare delle fonti. Per ora non si vede niente altro che roccia scura a strapiombo su di noi. Al di sotto un mare di verde ondeggia lieve a perdita d'occhio e, molto lontano, un luccichio dorato ci fa capire che là in fondo c'è la cornucopia, dove tutto ha avuto inizio.

 

Sembra che sia passata un'eternità da quando siamo entrati qui dentro. Ancora di più da quando siamo stati estratti per la mietitura. Sono successe così tante cose e abbiamo perso così tanto.

Appoggio la testa alla spalla di Dick e lo sento tremare. «Non voglio che morite anche voi» sussurra con voce rotta. Lui è sicuramente uno dei più traumatizzati. L'essere stato costretto a porre termine alle pene di Thabo, l'ha spezzato in modo permanente. Ha un animo troppo gentile per non subire il danno psicologico e io ho paura di quando torneremo a casa. Come affronterà la vita al di fuori. Sono sicura che per me sarà tremendo, per lui anche peggio.

Maledetto chiunque tu sia. Dovessi passare la vita in caccia, troverò e ucciderò chi ci ha condotto a un passo dalla pazzia.

«Nessuno di noi morirà più. Staremo attenti e tu ci proteggerai tutti. Mi fido di te» rispondo baciandogli la guancia. Mi sento stringere in un abbraccio soffocante dalle sue enormi braccia, ma non me la sento di protestare. Capisco che ha bisogno di questo contatto e, forse, anche io.

 

«Credete che ci sia ancora tanto? Per trovare qualcosa?» chiede Shae.

«Ho paura di sì. Fortuna che abbiamo fatto scorta di cibo. Visto cosa abbiamo trovato sino ad ora, dovremo razionare le scorte e calcolare di poter tornare a valle se non troviamo niente» rispondo pratica. Sarebbe la fine, rimanere senza viveri in cima a queste montagne.

«Cerchiamo un sentiero più comodo. Non abbiamo un granché di corde e rischiamo di precipitare a ogni passo» propone Paban. Annuisco e indico un punto, dietro a un masso, da cui sembra partire una stretta mulattiera. Speriamo che salga e che ci porti da qualche parte.

Dopo esserci riposati, torniamo a salire e scopriamo che, proprio il sentiero che avevo visto, ci porta a un altro tempio e poi a un altro, in una specie di susseguirsi di tappe votive, e sempre più in alto.

Nonostante si salga, l'aria non diventa rarefatta. Addirittura sembra che si appesantisca. Siamo sudati e a pezzi quando, la sera, ci accampiamo nel quarto tempietto che incontriamo nel nostro cammino. In linea d'aria non abbiamo percorso tanta strada, ma i miei muscoli non sono d'accordo con questa idea e protestano doloranti.

Riusciamo a trovare un pochino di legna spezzando degli arbusti che si trovano tra le rocce e ci disponiamo per la notte.

Decido di fare la prima guardia e Paban mi fa compagnia, rifiutando di andare a dormire.

 

Chiacchieriamo a bassa voce mentre Dick e Shae dormono di un sonno agitato. Chissà cosa sognano di brutto. Anche io, ormai, ho paura a chiudere gli occhi e preferisco stare sveglia a fissare il nulla.

Visto il momento di quiete e la disponibilità di Paban nel parlare, gli pongo la domanda che mi sta tormentando da qualche giorno.

«La prima notte che abbiamo passato nell'arena, tu hai detto di essere innamorato da tempo di una ragazza...». Non ho il coraggio di terminare la frase e la finisco nella mia mente: “Ero io?”.

Lui sospira pesantemente «Mi chiedevo quando avresti fatto questa domanda. Sì. Eri tu. Sei sempre stata tu» mi conferma stringendo le dita della mia mano.

«Allora perché? Io ero completamente cotta per te quattro anni fa e tu mi hai mandato via. Hai riso di me. Mi hai detto che ero piccola e infantile e io ti ho odiato. Non è vero che mi amavi allora. Non può essere. Mi stai mentendo». Sono talmente stupita, quasi sconvolta, da quello che ha detto che sto alzando la voce in maniera stridula. Mi sta mentendo e se mente su questo, sta mentendo anche sui suoi sentimenti!

Lui stringe più forte la mia mano ma continua a guardare il fuocherello al centro del tempio «Non ti sto mentendo. Sono stato costretto a dirti quelle cose. Tu eri davvero piccola, e quando tua madre e Finnick sono venuti da me non ho potuto far altro».

 

Sembra che sia crollato qualcosa all'interno del mio corpo. Sento un dolore sordo all'altezza del petto e il respiro mi si spezza. Mia madre? Cosa ne sapeva mia madre di quello che provavo per Paban. Avevo tredici anni e non andavo certo a dire alla mamma che ero innamorata del mio amico del mare. Non era un argomento di cui avrei parlato volentieri con lei. Forse con papà, ma non con lei.

«Mia madre?» sussurro. No. Non può essere.

«Chyna, tu avevi tredici anni e io quindici. Io ero completamente perso. Un ragazzo con una voglia matta di metterti le mani addosso e non per farti galleggiare tra le onde. Non immagini quanto fosse difficile averti lì, accanto, abbracciata a me con tutta quella pelle scoperta. Devo aver fatto un commento di troppo… Una mattina sono arrivati Finnick e Katniss e hanno cominciato a parlare su quanto eri giovane, su quanto io fossi piccolo e che certe cose non potevo ancora capirne la portata…» sbuffa «In sostanza che dovevo lasciarti in pace e rivolgermi ad altre ragazze per placare… come li avevano chiamati? I miei bollenti spiriti» dice mimando due virgolette per aria.

 

Sono rimasta senza parole. Come si è permessa la mia mamma? Perché? Ho sofferto così tanto.

«Così quando sono venuta a parlarti…».

«Ho detto cose terribili che non pensavo». Si volta verso di me per guardarmi il viso in penombra. «Ma era vero. Tu eri troppo piccola per l’amore. Avevi tredici anni, ed io non ero il tipo da restare mano nella mano a guardare le stelle. Mi sarei approfittato di te e mi sarei odiato per questo».

«Ma adesso…». Adesso non mi vuole più? Si è calmato così tanto? Oppure sono io che non lo attiro come quelle ragazze, come Iraida?

«Ho trovato un equilibrio. Ma se ti dico che adesso vorrei essere su quella spiaggia per poterti tenere al sicuro… non è solo per quello…» sussurra avvicinandosi, per poi terminare la frase sulle mie labbra e avvolgermi completamente in un abbraccio possessivo.

 

Quindi è stata mia madre. Adesso staremmo insieme da quattro anni se non si fosse intromessa. Eppure… eppure credo che abbia avuto ragione. Altrimenti il mio sentimento non si sarebbe affievolito in questi anni, se fossi stata davvero così presa. Lui è stato più costante di me.

Il mio cervello fatica a pensare nel tempo che Paban gioca magistralmente con le mie labbra, ma si spegne completamente quando si sposta a baciarmi il collo. Sposto la testa per dargli maggior spazio e un gemito esce dalla mia bocca. Lo stomaco è tutto un groviglio e sento pulsare il sangue in posti che neanche pensavo fossero così sensibili.

Lui fa scivolare un mano dal collo al petto e quando passa vicino al seno mi stringo a lui con forza, ansimando. Vorrei che mi toccasse sulla pelle. Vorrei togliere questa giacca. Vorrei...

Ma si stacca lui, lentamente. Ha il fiato grosso e deglutisce a fatica. «Quattro anni fa non mi sarei fermato. Adesso capisco che non è il momento e ci riesco» mormora.

«Non ti piaccio più come prima?». Cerco di fare lunghi respiri per calmare il mio cuore e mi lascio sfuggire il pensiero che avevo formulato prima.

Paban ridacchia e scuote la testa. «Farei l'amore con te anche adesso! E se ci fossero dieci donne bellissime e nude qui, non le guarderei perché ci sei solo tu per me. Ma tu non sei sicura e io voglio rispettare i tuoi tempi, anche se dovrò impiegare tutte le mie forze per calmarmi» termina portando una mia mano sul suo cuore che batte come un cavallo imbizzarrito.

 

«Posso provare una cosa?» chiedo titubante. Voglio provare a fare come ha fatto lui. Quando mi ha baciato lentamente il collo, strusciando le labbra, ho letteralmente perso la testa. Sarà così per tutti?

«Quello che vuoi» risponde tranquillo.

Torno a baciarlo lieve sulla bocca e comincio a dargli piccoli baci sul mento, mandibola per poi scendere accanto all'orecchio sul collo. Lo sfioro soltanto che lui mi strattona le spalle allontanandomi.

«Cosa vuoi fare? Vuoi che ti salti addosso? Vuoi farmi comportare come Hemmo?». È arrabbiato. Ha gli occhi praticamente neri talmente sono torbidi. Le sue mani stringono e la giugulare sta pulsando visibilmente sul suo collo.

Spalanco gli occhi spaventata e si spezza il respiro «Perché mi dici così? Tu...» la mia voce si rompe e iniziano a tremarmi le mani. «E' stata colpa mia? Ho fatto qualcosa che non andava? È per questo che Hemmo...».

«No! Non è colpa tua! Accidenti, dimentico sempre che tu non sai...».

«Ma tu mi hai allontanato. Ho sbagliato. Sono sbagliata».

«No. Non sei sbagliata» mi prende le mani e le accarezza. «Sono io che dimentico che tu non sai. Non hai mai provato... come posso spiegarti? Hemmo era un bastardo che ti ha assalita come un animale. Non è stata colpa tua» dice.

«Allora perché ti sei arrabbiato? Ti ho fatto male?». Devo cercare di capire. Perché io stavo bene e mi piaceva quello che stavo facendo.

«Perché mi stava piacendo troppo. Non hai idea...» soffia appoggiando la fronte alla mia e chiudendo gli occhi.

«Quindi... ti piace...». Almeno avevo la sicurezza di non essere una pazza. In effetti sentivo il suo cuore pompare più forte. Chissà se anche lui sentiva stringere lo stomaco e se sente il calore in giro nel suo corpo.

A questo punto, Paban sorride indulgente e a me sale la mosca al naso «Non prendermi in giro! Tu avrai avuto tante ragazze ma io no. Non so cosa si prova quando si sta... così... vicini». Mi viene la voglia di mettere il broncio come una bambina e un piccolo pugno sullo sterno non glielo toglie nessuno.

«Ahi... adorabile manesca» borbotta massaggiandosi «Mi piace abbracciarti, toccarti. Mi è piaciuto quando mi hai baciato. Mi fai battere fortissimo il cuore, mi si stringe lo stomaco e...» si avvicina e mi sussurra nell'orecchio, come se fosse un segreto «Mi viene voglia di stare con te».

 

Arrossisco furiosamente mentre mi allontano da lui. «D'accordo, ho capito. Però adesso basta!» borbotto, alzandomi. È ora di andare a dormire e, visto il discorso, meglio andarci da sola.

«No! Chyna!» urla Dick saltando in piedi e correndo verso di me. Rimango letteralmente basita e pietrificata. Cosa è successo?

«Chyna, stai bene?» chiede con urgenza. Anche Shae si sveglia e Paban accorre al mio fianco.

«Certo, Dick. Che succede?» chiedo carezzandogli le braccia alzando la testa per fissarlo negli occhi. Sono leggermente velati, ancora appannati dal sonno.

«Eri in pericolo. Ti vedevo con delle mani al collo, con un'ombra sopra di te. Stavi soffocando. Ti agitavi e questa persona stringeva e non c'era nessuno che ti aiutava» spiega Dick. È davvero agitato.

«Dick, sto bene. Vedi? Sono qui, non è successo niente. Forse hai sognato quello che ti ho raccontato di Hemmo» ricordo. Certamente sta pensando ancora a quell'episodio terribile. Chissà cosa succede nel nostro inconscio quando abbiamo gli incubi.

«No, non era Hemmo. Era più grosso... non so» scuote la testa. «Faccio il turno di guardia. Non voglio più dormire. Sono sveglio» si giustifica e si va a sedere sul masso che mi aveva ospitato sino a pochi minuti prima.

Io, invece, mi infilo in un sacco a pelo e lo richiudo, avvolgendomi. Sento distintamente il sospiro frustrato di Paban, ma dopo quanto ci siamo detti, non voglio stargli troppo vicino. Ci devo meditare sopra.

 

Nei giorni seguenti, cerco di tenermi leggermente scostata da Paban. Mi sento imbarazzata ed emozionata. Cerco di analizzare le mie reazioni. Tutto quello che mi ha detto Paban, capita anche a me. Ogni volta che incrocio il suo sguardo, arrossisco e il cuore perde un battito.

Mi impongo di concentrarmi sul nostro obbiettivo: uscire vivi dall'arena. Fuori da qui, avrò tutto il tempo e la serenità per capire i miei sentimenti.

Intanto continuiamo a salire. Abbiamo incrociato almeno una quindicina di tempietti e ormai la cima non è distante. Abbiamo trovato anche una sorgente, che ci ha permesso di rimpinguare le nostre scorte di acqua.

In compenso non abbiamo trovato nessuna preda e abbiamo dovuto razionare il cibo e siamo quasi agli sgoccioli. È probabile che se non arriviamo subito a destinazione, dovremo tornare indietro se non vogliamo avere problemi di inedia.

Il tempo è stato clemente, visto che non ha piovuto né il sole ha picchiato inclemente. Siamo stati immersi in un clima relativamente mite che ha favorito il nostro riposo e i ritmi biologici del nostro corpo.

 

«Guardate! Sembra che manchi pochissimo alla cima» dice Shae esultando. Vedere la fine della marcia così vicina, consola parecchio. Abbiamo appena lasciato il tempietto e siamo su un sentiero molto stretto, con parecchie insenature e altrettanti punti a strapiombo sulla montagna perpendicolare. La tappa successiva ancora non si vede e non ci resta che proseguire su questa strada che risulta essere pianeggiante, se non addirittura in lieve discesa. Mi aspetto di vedere meglio la nostra prossima destinazione non appena avrò passato un angolo di roccia che impedisce di guardare oltre.

Non appena svoltiamo sentiamo un gran tremore. I sassolini scuri si muovono e quelli più vicini al margine esterno, precipitano nel vuoto.

«Che succede?» urlo terrorizzata. Il sentiero sarà largo solo cinquanta centimetri. Se questo si sbriciola o se mettiamo un piede in fallo, facciamo una caduta di alcune centinaia di metri e ci sfracelleremmo sulle rocce più in basso.

«Ripariamoci là in fondo! Dick, copri Shae!» grida Paban, afferrando la mia mano e trascinandomi in precario equilibrio sino a fenditura leggermente coperta, che si apre sul fondo del sentiero prima della prossima curva.

Dick lo imita prontamente prendendo il braccio di Shae, ma per quanto possa correre, non può evitare i massi che iniziano a scendere.

Io e Paban siamo i primi ad arrivare al riparo e lui mi spinge dentro con forza, coprendomi con il suo corpo per evitare qualsiasi colpo. Sentiamo un urlo di dolore da parte di Shae e una rara imprecazione di Dick, cosa che non è da lui.

Sto tremando e non so se sono le rocce che cadono o la mia paura che mi fa battere i denti. Finalmente arrivano anche gli altri due e vediamo subito che Shae si tiene il braccio sinistro sopra il gomito e piange. È probabile che sia stata colpita.

«L'ha colpita un sasso» dice telegrafico Dick, che spinge la candidata del tre accanto a me e si piazza all'ingresso della fenditura.

«Tira sulla testa lo zaino» ordina secco Paban, subito ubbidito dal mio compagno.

Sono attimi lunghissimi. Siamo pigiati nella nostra fenditura con alcuni sparuti sassolini che si cascano sulla testa.

 

Quando non sentiamo più tremori attorno a noi, Dick si azzarda a far scivolare lo zaino e voltarsi verso l'esterno.

«Che succede?» pigolo flebile. È finita la valanga? Possiamo uscire?

«E' finita» annuncia Dick e tutti tiriamo un sospiro di sollievo. Ci siamo salvati anche questa volta.

Titubanti, usciamo sul sentiero che miracolosamente è rimasto intatto e appena cosparso da piccoli massi. Il cielo è sereno e immoto e sembra davvero che non sia successo nulla poco fa.

 

«Ti fa tanto male il braccio?» chiedo a Shae che se lo tiene stringendo le labbra. È sicuramente rotto. Dovremo fasciarlo e immobilizzarlo, sperando che ci facciano uscire presto dall'arena, per poterla curare in modo adeguato.

All'improvviso Dick attira la nostra attenzione «Guardate lassù!» dice indicando un punto sopra le nostre teste.

A circa venti metri sopra di noi, sul fianco della montagna, c'è una porta in ferro socchiusa.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ed eccoci qui alla fine di questo capitolo.

Forse alcuni punti vi avranno fatto sorridere o fatto esclamare “ma è deficiente, questa!”. Volevo dare l’impressione di una ragazza che non ha confidenza con le reazioni del proprio corpo, figuriamoci con il comportamento uomo-donna in generale.

Queste cose se capitano a qualcuno di dodici o tredici anni è capibile, a diciassette ti danno della ritardata. Eppure c’è chi prova il bacio a venti anni (sono pochi ma esistono).

Pertanto immaginate una ragazza adulta che chiede cose che tutti dovrebbero sapere alla sua età. Credo che questo sia il risultato.

 

Detto questo, abbiamo una dichiarazione completa e finita di Paban e abbiamo saputo cosa era successo quattro anni fa. Io avrei fatto la stessa cosa per mia figlia. Madre impicciona? Forse. Rischio della sindrome di Romeo e Giulietta? Un azzardo. È andata bene e adesso sono più maturi tutti e due.

 

Adesso abbiamo avuto anche il terremoto. Ma un terremoto particolare che scopre qualche cosa che in una arena non dovrebbe esistere. Devo dire che la soluzione del prossimo capitolo è un punto di orgoglio per me.

 

Mi hanno chiesto quante recensioni per avere la pubblicazione anticipata del prossimo capitolo. Allora, siamo arrivati a 10 quello passato. Diciamo che 12 per il prossimo e vi posto quello nuovo, altrimenti la prossima settimana.

 

Adesso un piccolo spoiler:

All'improvviso Rainer si lancia contro Ilixo, e cala un colpo dall'alto verso il basso, mentre l'altra mano continua diritta la sua corsa. Subito, una delle spade viene intercettata dall'ascia e l'altra allontanata dal coltellaccio. Con un salto Ilixo contrattacca e fa sibilare il suo fendente…

Il duello che tutti aspettavamo. Per il banner il prossimo è davvero quello di Nazig. (è più adatto, scoprirete perché).

 

Vi ringrazio per l’attenzione.

Alla prossima

Baciotti.

 

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Capitolo 21
*** i video ***


 

Ciao a tutti!

Torno oggi con il nuovo capitolo. Avevo chiesto 12 commenti e ne sono arrivati molti di più. Pertanto pago pegno!

 

Questo è un capitolo al quale tengo molto. E’ una soluzione narrativa per non stravolgere il racconto e ne sono orgogliosa.

 

Detto questo, andiamo avanti con gli Hunger Games. In questo e nel prossimo capitolo avremo delle belle scosse…

 

Per ora, vi ringrazio tantissimo per le recensioni, per avermi inserito nell’elenco dei preferiti, ricordati e seguiti e per aver solo letto. Spero che amiate questa storia come piace a me.

Detto questo, ringrazio Elenri ancora una volta per le sue immagini. In questo capitolo posto la candidata del distretto 2: NAZIG, che incontreremo tra queste righe durante la sua avventura nell’arena. Finalmente sapremo cosa è capitato agli altri ragazzi.

Non aspettiamo oltre… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

A circa venti metri sopra di noi, sul fianco della montagna, c’è una porta in ferro socchiusa.

«Cosa ci sarà là sopra?» chiede Paban senza domandare a nessuno in particolare.

«Come si arriva?» chiede Dick. In effetti è la domanda più sensata. C’è una cosa, davanti a noi, che non dovrebbe esserci in una arena degli Hunger Games.

«Dite che dobbiamo andare a vedere?» dice Shae, stringendo i denti.

«Chi può dirlo? Certo che una porta in ferro nel bel mezzo di una montagna, non è una cosa normale. Soprattutto se pensi che questa è una arena» commento.

Come facciamo a salire fin lassù?

«Guardiamo quanta corda abbiamo» propone Paban e iniziamo ad aprire i nostri zaini, facendo l’inventario.

«Cosa vuoi fare?».

«Dobbiamo arrampicarci. Dobbiamo vedere cosa c’è li sopra» sta cominciando a misurare quanta lunghezza ne abbiamo.

 

«Come dovremmo fare? È perpendicolare, diritta. Non siamo mica dei ragni!». La sola idea mi spaventa. Un piede in fallo e si precipita direttamente nella morte.

«Mi arrampicherò io, con una corda. Una volta arrivato là, aiuterò Dick a salire» dice Paban, avvolgendosi la cima della corda alla vita.

«No, Paban. È pericoloso. Potresti scivolare. Potresti cadere e morire» protesto, mettendomi davanti a lui e tentando di sciogliere la corda. «Potrebbe esserci un sentiero che arriva lì. Cerchiamolo, è più sicuro».

«Chyna, ascolta… dobbiamo vedere quello che c’è. Può essere pericoloso, sia salire, sia scoprire cosa nasconde quella porta, ma se siamo arrivati sin qui è per riuscire a scappare dall’arena. Magari lì c’è l’uscita» risponde lui.

«Che differenza fa se cerchiamo un modo più semplice e sicuro?» interviene Shae e io annuisco dandole ragione.

«Dobbiamo curare Shae e di sicuro lei non può salire arrampicandosi» puntualizzo io.

 

Paban fa un gesto, come a invitare a procedere ed io decido di dedicarmi totalmente al braccio della candidata del distretto tre.

Non ci metto molto a somministrare un antidolorifico, fasciare e immobilizzare il braccio nel modo migliore che posso, visti i mezzi limitati di cui dispongo.

«Ecco, adesso possiamo andare» annuncio, alzandomi. Mi guardo attorno e così fa Shae e ci accorgiamo che Paban è già oltre alla metà del costone e sta per raggiungere la sporgenza dove si trova la porta.

Porto le mani alla bocca e cerco di trattenere un urlo. Ma è impazzito? Mi vuole far venire un infarto? Giuro che se cade penso io a ucciderlo!

Vedo che Dick regge la cima della corda e io mi affretto ad affiancarlo.

«Chyna, sta andando bene. Tranquilla» mormora il gigante buono. Proprio in quel momento, la mano che sostiene Paban, scivola e rimane a penzoloni appeso con una sola mano.

È un attimo che dura in eterno e mi sento in agonia per tutto il tempo, sino a quando rimette la mano attaccata a una sporgenza e i piedi puntati.

«Paban! Appena riesco a metterti le mani addosso, ti uccido!» urlo arrabbiata, appena lo vedo stabile.

«Non lo distrarre, Chyna» mi richiama Shae.

Fortunatamente, dopo un tempo che mi sembra infinito, Paban arriva alla porta e scivola cauto all’interno. Dopo pochi istanti, esce e fa cenno a Dick di attaccare gli zaini che si occupa di sollevare.

 

«Adesso, Chyna, tocca a te» mi ordina Dick, avvolgendo la corda alla mia vita. Mi rassegno e inizio a scalare la parete, facendomi forza con i piedi e le mani e salendo velocemente grazie alla corda che mi sostiene. Riesco a salire sino a Paban senza particolari problemi e appena tocco terra pianeggiante, mi trovo stretta in un abbraccio dal ragazzo del mare.

«Salire da solo è stato più facile che tirare su te» mi dice.

«Vuoi dire che sono pesante?» chiedo piccata e lui ride.

In ogni caso stiamo bene e io mi sento più tranquilla.

«Adesso Dick legherà Shae e noi due la tireremo su a forza, visto che lei non riuscirebbe a farcela da sola. Dopo sarà la volta del gigante» conclude la spiegazione.

In effetti funziona tutto a meraviglia, salvo quando la corda oscilla troppo e la povera Shae si trova sbattuta contro la parete un paio di volte. Parecchio difficile è tirare su Dick, vista la sua mole. Meno male che lui si aiuta tantissimo e riesce a risalire a tempo di record.

 

Nel momento in cui ci troviamo tutti e quattro davanti alla porta in ferro, Paban ci invita ad entrare.

«Venite. Non crederete mai ai vostri occhi» annuncia aprendo l’uscio.

Entro con un po’ di timore. Se fosse una trappola? Non appena i miei occhi si abituano alla penombra della stanza mi guardo attorno e spalanco gli occhi dallo stupore.

Ci troviamo in uno stanzone ovale abbastanza grande, con tre pareti coperte interamente da schermi grandi e piccoli che mostrano immagini di vari, innumerevoli scorci dell’intera arena di questi Hunger Games. Sulla parete centrale c’è un banco con una serie di pulsanti, leve, lancette e lucette. Deve essere una delle sedi degli strateghi, ma loro? Dove sono?

Ci sono quattro poltrone nella sala ma nessuna persona presente.

 

«Deve essere una specie di centro di controllo. Da qui registrano le immagini dell’arena e le trasferiscono a Capitol City» commenta Shae mentre inizia a pigiare tasti e a muovere leve. Spero che sappia quello che fa. A me sembrano cose strane. «In effetti mi sono sempre chiesta come facessero. Ci sono montagne troppo alte e i segnali troppo numerosi per avere delle immagini di qualità. Adesso tutto ha un senso».

Annuisco senza averci capito nulla. Mi fido di quello che dice e lo prendo per buono.

«Dovevano esserci delle persone qui dentro. Non posso credere che abbiano abbandonato tutto così, con il rischio che lo scoprissimo» dico indicando le poltrone dove si sono accomodati Paban e Dick.

«Hai ragione». Cominciamo a guardarci attorno, ma sembra che non ci siano accessi a questa sala, se non la porta dalla quale siamo entrati.

«Fuori ho visto che parte un sentiero verso destra, ma si interrompe a una decina di metri da qui. Quindi non passavano all’esterno» dice Paban.

«Allora deve esserci qualche uscita qui dentro».

 

«Ragazzi! Guardate! Ci sono Iraida e Nazig!» esclama Shae ancora alle prese con gli schermi.

Tutti ci voltiamo verso la parete che le sta di fronte «Sposta l’immagine sullo schermo grande» dice Dick, «Così vedo meglio».

Mi sento sollevata nel notare che le due ragazze stanno bene. Hanno gli abiti incrostati di fango e Nazig ha uno squarcio sulla coscia dove si vede una macchia di sangue. Evidentemente deve essersi ferita e sta zoppicando, ma non in modo vistoso.

Quelle due sembrano diventate amiche. Niente di più facile, visto quanto erano letali agli allenamenti. Sembrano due cobra che stanno aspettando la preda. Io non mi avvicinerei. Però, adesso, vederle così rilassate alla luce del sole, mi fa sorridere.

Chissà cosa hanno fatto in questi periodi. 

«Nazig è ferita, ma non mi sembra grave» commenta Dick indicando la coscia della ragazza del due.

«Credo che sia abbastanza pericoloso stare vicino a Iraida. Solo quella furia poteva riuscirci» borbotta Paban. È evidente che non ha ancora digerito quello che la sua compagna di distretto gli ha combinato alle interviste.

 

Guardiamo l’immagine per qualche minuto e io tento di capire dove siano le ragazze. Non mi sembra che siano vicino alla cornucopia e neanche al Villaggio deserto. Però, a un centinaio di metri da loro, ho scorto il letto sassoso del fiumiciattolo che aveva ospitato l’inondazione che mi aveva travolto. Sono ancora abbastanza vicino al centro, quindi.

«Ehi! Qui ci sono le registrazioni!» esclama Shae pigiando un paio di pulsanti.

Su due schermi della parete destra, si illuminano riproducendo le immagini di me e Paban accanto al fuoco, quando abbiamo parlato di quello che era davvero successo quattro anni fa.

Quando arriviamo al mio imbarazzante tentativo di seduzione, sbotto irritata «Okay, abbiamo capito! Adesso togli quella registrazione!» facendo sghignazzare tutti i miei compagni.

 

Shae, accomodante, toglie la registrazione e ne mette un’altra, che raffigura uno squarcio di giungla immobile. Quella dopo vede lo spiazzo pieno di baccelli e noi sul limitare che cercavamo di aprire quello che conteneva Thabo. Subito si affretta a cambiare e vediamo Rainer, Nazig e Iraida che mangiano carne accanto a un fuoco da campo. Sembra che non succeda niente e si cambia ancora con Ilixo che cammina spedito tra le piante con il suo zaino a spalle e la sua ascia in mano.

Continua a cambiare. Ogni registrazione ha la data e l’ora all’angolo in basso. 

Non sembra che vengano prodotte con una logica temporale, ma potrebbe essere che Shae non sappia quali tasti toccare per le registrazioni corrette.

Troviamo le registrazioni dell’inizio alla Cornucopia, con il bagno di sangue. Sicuramente queste saranno state trasmesse da ogni angolazione. Nessuno di noi è ansioso di rivedere quelle scene che sono stampate nella nostra memoria. Cambiamo ancora. Altra giungla immobile. Poi vediamo Hemmo che cammina tranquillo come se fosse il padrone del mondo e da lontano un filo di fumo sopra gli alberi. È il giorno che mi ha trovata.

 

L’immagine successiva mi fa mancare il fiato. Sono io stesa a terra con Hemmo su di me che mi solleva la maglietta e mi taglia il reggiseno.

«Avrei voluto ucciderlo io» mormora Paban accanto a me, facendomi sobbalzare. Istintivamente mi scanso da lui. Nessuno mi deve toccare. Il solo ricordo delle sue mani mi ripugna. Il solo pensiero di altre mani mi ripugna. Era meglio non aver visto e far finta di niente come stavo facendo.

«Bastardo» mugugna Shae, cambiando immagine.

Ormai è un caleidoscopio di figure che girano sullo schermo. Vediamo Alicia quando si nasconde e poi quando la rintracciamo.

«Perché stiamo guardando le registrazioni?» domando stancamente.

«Solo per constatare che non ci siamo persi niente di quello che è successo lontano da noi» risponde Shae. Ormai sta diventando brava con i passaggi e non dobbiamo visionare più di qualche secondo per capire a cosa di riferisce. In caso va avanti veloce e poi cambia.

 

«In base alle date, siamo qui da almeno una decina di giorni» commenta Paban.

All’improvviso, sullo schermo mi trovo davanti quello che speravo non accadesse mai e anche Shae si blocca per osservare meglio. In basso, a destra riporta la data di due giorni fa e le quattro del pomeriggio. Nello schermo grande, Rainer e Ilixo che si guardano ai lati opposti di un fuoco da campo.

Vedo Rainer che muove la bocca. «Shae, non puoi mettere l’audio?» chiedo ansiosa.

«E’ quello che sto cercando di fare» mi risponde mentre continua a spostare leve e toccare pulsanti alla consolle principale.

Mentre lei cerca, io non riesco a distogliere lo sguardo dallo schermo. Credo di essermi avvicinata. Alle mie spalle sento dei respiri pesanti. Credo sia Paban, ma non ho voglia di sincerarmene. L’azione è davanti a me, non dietro.

 

Sicuramente Ilixo sta parlando (è di spalle e non si vede), Rainer lo guarda con sufficienza e un sorrisetto sardonico. Probabilmente gli sta dicendo le ragioni che lo hanno portato a cercarlo e a sfidarlo.  Sembrano conversare tranquillamente come se fossero a un tè in compagnia. Quanto vorrei capire i loro toni, cosa si dicono i loro sguardi.

Non sembra che il candidato dell’uno sia intenzionato a dare ragione a quello del dieci. Forse lui si rende conto di quanto sia ridicola questa fissazione che ha Ilixo.

«Secondo te l’ha convinto» pigolo sottovoce. So che qualcuno mi ha sentito. È Shae a rispondere.

«Guarda qua» dice e ingrandisce l’immagine sul primo piano di Rainer.

Anche io che non so leggere il labiale, capisco quando il candidato del distretto uno risponde “Okay, ci sto”.

Li vedo stringersi la mano e prendere le loro armi, facendole sibilare nell’aria. Ilixo ha il coltello lungo di Hemmo e la sua ascia che fa roteare senza problemi. Rainer sfoggia due spade di uguale lunghezza.

Si spostano dal fuoco e si dispongono al centro dello spiazzo libero. Sono di fronte, accucciati, con le armi pronte i pugno e lo sguardo di ghiaccio. Sono pronti a infliggere morte. Pazzi!

Mi scappa un gemito di sconforto. Questa lotta sarà definitiva e loro lo sanno. Stanno deliberatamente decidendo di distruggersi. Come possono? Dopo tutto il dolore e la morte che ci sono stati qui dentro. Come possono volerne ancora?

 

Paban si avvicina e mi mette una mano sulla spalla. «Chyna, non preoccuparti. Andrà tutto bene, vedrai… Hanno deciso di combattere al primo sangue. Quando uno dei due sarà ferito finirà il duello. Nessuno morirà».

«Come fai a dirlo. Non si sente quello che si sono detti» mormoro, senza staccare gli occhi dallo schermo, dove i ragazzi hanno iniziato a scrutarsi girando attorno a un immaginario cerchio.

«Ilixo ha fatto il gesto e Rainer l’ha confermato. È una cosa che mi ha spiegato l’istruttore agli allenamenti» risponde.

Mi sento più sollevata. Forse non si uccideranno.

 

Continuo a guardare lo schermo, quasi affascinata. Osservo i due ragazzi pronti alla lotta, con i muscoli in tensione e lo sguardo duro. Sembrano due fiere sul punto di sbranarsi.

All’improvviso Rainer si lancia contro Ilixo, e cala un colpo dall’alto verso il basso, mentre l’altra mano continua diritta la sua corsa. Subito, una delle spade viene intercettata dall’ascia e l’altra allontanata dal coltellaccio. Con un salto Ilixo contrattacca e fa sibilare il suo fendente.

Se non ci fosse pericolo, sarebbe uno spettacolo davvero bellissimo da guardare. Potente ed elegante. Sono davvero due combattenti molto bravi.

I colpi e i rimbalzi si susseguono. Rainer attacca più spesso e cerca di superare la guardia di Ilixo, ma lui è estremamente attento e riesce a schivare, anche se a volte è difficile.

I loro muscoli sono in tensione. Hanno tolto le giacche e dalle maniche delle maglie, si vedono i fasci dei nervi che scattano. Le loro fronti sono lucide e brillano agli ultimi raggi di sole.

Il fatto di guardare questo duello, questi colpi inferti e parati, senza il clangore delle armi, rende le immagini più finte. Quasi non vi fosse nessun pericolo.

 

Mi accorgo di guardare il video come quando ero comodamente a casa. È diverso rispetto a viverle. Ed è diverso da quando ho vissuto qui, dentro l’arena. Una volta erano solo immagini e forse avevo perso il senso del pericolo (anche se relativo, visto le armi depotenziate). Adesso invece so che aspetto ha la morte vista da vicino. Quella cruenta che ti spiazza e ti toglie il fiato dal dolore della perdita. Quando vedi il sangue vero, inferto da una lama, che scorre sulla terra.

 

Ormai i due ragazzi sono stanchi. Continuano a menare fendenti, ma sono meno precisi e potenti rispetto all’inizio. Non so se questo può essere una cosa buona o cattiva per la fine del duello. Finora sono stati molto bravi a non ferirsi, ma adesso che le loro forze stanno scemando, potrebbero scoprirsi più facilmente. Sto stringendo la mano che Paban ha posato sulla mia spalla. La stringo tutte le volte che mi sembra che Ilixo rischi di essere colpito. È una reazione automatica. Non vuole essere niente di più che partecipazione alla sfida. Dick guarda silenzioso e attento. Anche Shae ha smesso di toccare tasti con la mano sana e sta guardando i due contendenti come faccio io.

Vedo Rainer attaccare per l’ennesima volta, brandendo la spada di destra. Questa volta, però, ha lasciato scoperto il fianco sinistro e Ilixo si infila strisciando la lama del coltellaccio appena sotto le costole del suo avversario. Una riga rosso sangue. Il primo sangue. Ilixo ha vinto.

 

«Ilixo ha vinto!» esulto e abbraccio Paban con un enorme sorriso. «Adesso tornerà da noi!».

«Sì» mi fa eco Paban «Adesso tornerà». Non faccio caso al tono di voce che usa, sono solo felice che il candidato del dieci non si sia fatto uccidere. Considerando poi, che ha vinto la sfida, dovrebbe tornare molto più contento di prima.

«Guarda, Chyna!». Dick richiama la mia attenzione sul video. Rainer ha cercato di colpire Ilixo mentre questi stava per stringergli la mano. Subito il candidato del dieci si rimette in guardia.

Si vede che stanno urlando mentre le armi continuano a cozzare in modo violento e scomposto. Sembra che Rainer non si voglia arrendere ad essere stato sconfitto. Eppure è un duello in regola, con Ilixo vincitore. Non dovrebbero continuare. Rischiano di farsi male seriamente.

«Che stupido. Perderà la vita se continua in questo modo» mormora Paban accanto a me.

Non so a chi si riferisca e neanche lo voglio immaginare. Spero solo che la smettano di rischiare.

 

Rainer si lancia ancora contro Ilixo, con tutta la forza del suo corpo, spingendo direttamente torace contro torace. Le lame sono incrociate. Ilixo cade sulla schiena, trascinando con se anche il suo avversario. Cominciano a rotolare insieme per alcuni metri.

Sto trattenendo il respiro. So che questo è l’ultimo atto a cui assisto nella completa impotenza. Tra qualche minuto sarà tutto finito.

Infatti i due si bloccano, Rainer steso sopra Ilixo. Si vedono le figure muoversi, come se avessero il fiatone. Dopo alcuni istanti che sembrano ore, il corpo steso si solleva per poi ricadere supino. Il manico del coltellaccio di Ilixo spunta attraverso il costato del candidato del distretto uno e da lì fuoriesce un copioso rivolo di sangue che si allarga sul petto senza vita.

Gli occhi di Rainer sono sbarrati. È morto.

 

Non so se essere sollevata dal fatto che Ilixo è sopravvissuto, oppure essere sconvolta dalla morte del suo avversario. C’è già stato troppo sangue. Basta.

Il silenzio riempie la sala delle registrazioni dove siamo riuniti adesso. Io continuo a fissare lo schermo, a fissare Rainer steso a terra.

Vedo distrattamente che Ilixo tasta il collo dell’altro ragazzo e continua a voltarsi verso il cielo, come se aspettasse qualcosa.

«Il cannone» dice Dick, riscuotendomi dal torpore «Non c’è il colpo di cannone, adesso?» chiede.

Sia Paban che Shae si guardano.

«E’ vero. Anche noi non abbiamo sentito niente due giorni fa» conferma Shae.

«Nell’arena si sente da tutte le parti… Pensateci. Non abbiamo visto neanche il sigillo di Panem quella sera» ricorda Paban.

«Non c’è stata la sua immagine sul cielo. Ma… è morto? Magari…» provo a dire.

«No. Ilixo ha controllato, vedi? Rainer è sicuramente morto ma sembra che il colpo di cannone non arrivi» replica il ragazzo del mare, senza farmi finire.

«Credete che vi siano dei problemi?».

«Siamo dentro una sala che non avremmo mai dovuto scoprire. Direi che per gli strateghi dei giochi, questi sono ben più che problemi» evidenzia Shae.

«Fuori di qui ci sarà una situazione esplosiva se si riesce a bloccare il normale svolgimento degli Hunger Games della Pace».

 

Ormai, ognuno di noi è perso nei suoi pensieri. Io continuo a guardare Ilixo che piange sul corpo di Rainer, mentre lo ricompone ed estrae il coltellaccio che lo ha ucciso. Si renderà conto di quanto fosse folle il suo desiderio di lotta? Si renderà conto di quanto sia stato stupido Rainer nell’ostinarsi al duello dopo essere stato sconfitto?

Non c’è più nulla da vedere adesso. Mi guardo intorno e per la prima volta cerco di analizzare bene dove siamo capitati.

Questa è una stanza abbastanza grande, di una cinquantina di metri quadrati. È scavata totalmente nella roccia nera della montagna. I video, tantissimi tra grandi e piccoli, sono disposti su tre pareti, a partire dall’altezza dei pannelli di controllo (che occupano solo la parete centrale) sino ad arrivare quasi al soffitto. Credo che da questa posizione si potesse controllare l’intera area dell’arena. Un sguardo completo su questi Hunger Games.

Quello che attira la mia attenzione è la quarta parete. C’è una porta e due capienti armadi in metallo ai suoi lati.

 

Do una occhiata ai miei compagni. Dick è ancora occupato a guardare le immagini delle varie televisioni, mentre Paban e Shae stanno toccando alcuni comandi della consolle. Io mi dirigo verso la porta. Dove andrà? In un attimo sento i passi pesanti del mio compagno di distretto che si avvicinano. 

«Dove vai?» chiede con curiosità. Gli indico il battente che mi incuriosisce.

«Voglio vedere dove porta». Con cautela ci avviciniamo e, brandendo lo spadino con la destra, apro la porta di scatto con l’altra mano.

Non che mi aspettassi chissà cosa, ma non credevo proprio di trovarmi davanti a un bagno con lavandino, piccola doccia e annesso fornellino da campo. I nostri controllori erano piuttosto spartani nei loro comfort.

 

«Qui ci sono provviste. Ma non sono grandi scorte. Se davvero c’erano quattro persone qui dentro, sarebbero bastate per una settimana al massimo» dice Paban dalla stanza dei video.

Anche lui si sta guardando intorno. «E ci sono alcuni cambi di biancheria, ma niente che faccia pensare a una lunga permanenza».

«Allora dovevano uscire da qualche parte. Tornare a Capitol City, darsi il cambio» esco dal bagno, dove non ho visto neanche una finestra. Niente porte. Mi guardo attorno e noto che manca anche altro.

«Non ci sono brandine. Non stavano svegli tutto il tempo. E dormire su quelle poltroncine è praticamente impossibile».

Stiamo facendo ipotesi su ipotesi. Ormai il desiderio primario è trovare il sistema per uscire dall’arena.

 

«Sposta quella poltrona» ordina Shae indicando la seggiola più lontana, con il braccio sano. Automaticamente mi volto per guardare bene sul sedile e, come è ovvio, non vedo nulla. Quando il mio sguardo passa al pavimento, noto il coperchio di quella che sembra una botola.

Velocemente Paban sposta la sedia e Dick alza il ferro pesante. Sotto, troviamo una specie di tubo che conduce verso il basso, con una serie di staffe in metallo che servono per salire e scendere.

«Restate qui. Noi scendiamo a vedere cosa c’è là sotto» dice Paban risoluto e, fatto un cenno a Dick a seguirlo.

Io e Shae aspettiamo parecchi minuti fissando il buco che ha inghiottito i nostri compagni. Sotto di noi non si sente altro che rumori ovattati, come passi.

Quando riemergono dal buco, sono così piena di speranza che mi affloscio letteralmente quando scuotono la testa, mesti.

«Abbiamo percorso il tunnel per circa dieci metri, poi è tutto ostruito da una frana. È probabile che il terremoto l’abbiano provocato loro facendo crollare il passaggio».

«Vuoi dire che sono stati gli strateghi?» chiedo.

«Magari ci hanno visto arrivare e temendo che scoprissimo questo posto, sono fuggiti, impedendoci di seguirli» conclude Shae.

Niente di più facile.

 

Non ha senso cercare ancora qui dentro, quello che dovevamo scoprire l’abbiamo visto. Con calma pilucco del pane contenuto in un sacchetto nelle scorte, mentre guardo alcune registrazioni. Sono curiosa di vedere gli altri che non abbiamo più incontrato da quando siamo qui dentro.

Devo dire che Nazig e Rainer se la sono cavata egregiamente, sia con la caccia che con la sopravvivenza. Iraida era più pigra, ma anche lei ha fatto la sua parte. Hanno continuato a girare tornando sempre alla Cornucopia, dopo essersi allontanati per un massimo di tre giorni.

Quando rischio di addormentarmi davanti alle immagini, decido che è il momento di coricarmi e riposare un po’.

 

Non riesco a chiudere gli occhi, perché, nell’aria si spande un fastidioso campanello.

Subito tutti ci voltiamo verso gli schermi cercando l’origine del suono.

«Shae, hai trovato l’audio?».

Shae sta toccando varie levette «No. Non viene da qui… è… è da fuori» risponde aggrottando la fronte.

Balzo velocemente in piedi e mi precipito alla porta. Tutti noi sappiamo che quello è il suono di un paracadute, ma come può essere? Allora ci sono altre stazioni di osservazione, altrimenti non sarebbe possibile far arrivare un regalo con questa precisione.

 

Appena usciti, vediamo il paracadute argenteo che si posa delicato ai nostri piedi. Sono stata la prima ad uscire e quindi mi affretto a raccogliere il contenuto del pacchettino appeso.

«Cos’è, Chyna?» chiede Dick.

Nel momento in cui apro la scatoletta, rimango piuttosto perplessa: nella mia mano c’è una piccola riproduzione della Cornucopia. Non ci sono biglietti, né altre indicazioni, solo il piccolo soprammobile dorato.

«Probabilmente ci stanno dicendo di tornare al centro dell’arena» suggerisce Paban.

«Credo che tu abbia ragione. In ogni caso, non c’è molto altro da trovare qui». Anche Shae è d’accordo con lui e, sembra anche a me… ma forse…

«E se dicessero esattamente il contrario? Del tipo, “Non tornate alla cornucopia”?».

«Non possiamo pensarci troppo. Qui non abbiamo altro da fare visto che l’uscita è stata chiusa, l’unica soluzione è tornare al centro… vi ricordate che sotto la Cornucopia ci sono altri tunnel?». I ragionamenti di Shae fatti ad alta voce ci freddano tutti. Come abbiamo fatto a dimenticarcene? È da lì che siamo entrati, ovvio pensare che ci sia anche la via di uscita.

«Okay. Torneremo indietro. Partiremo domani mattina. Adesso è meglio che ci prepariamo. Carichiamo quanti più viveri possiamo prendere e poi andiamo a riposare». Paban è entrato in modalità capo ed è meglio che collaboriamo.

 

Annuisco pensosa mentre rientriamo nella sala dei video.

Sullo schermo grande compaiono Nazig e Iraida che camminano per la giungla. All’improvviso trovano sul loro cammino un orsetto piccolino e tenerissimo.

Nazig si inginocchia e inizia a carezzarlo dolcemente mentre Iraida si mette a correre terrorizzata.

«Perché Iraida è scappata? Quell’orsetto è così carino» commento.

In effetti quell’orsacchiotto è molto simile ai pupazzi che avevo da piccola. Gli occhietti neri, circondati da pelo chiaro, risaltano e attirano l’attenzione. La pelliccia marrone sembra morbidissima e viene voglia di abbracciarlo. Anche le piccole corna che si trovano sulla testa dell’orsacchiotto fanno simpatia. Il nasino rosa si muove come ad annusare il profumo della mano della candidata del distretto 2. Ha quattro zampette tozze con piccole unghie nere aguzze e due orecchie tonde e pelose ai lati della testa.

Cosa ci può essere di pericoloso in quel delizioso esserino?

 

«Scappa! Nazig, scappa!» esclama Shae al video. Anche Paban sta guardando ora e ha un cipiglio preoccupato. Ma cosa ci sarà di così pericoloso? Devo avere la faccia molto perplessa perché lui risponde alla mia domanda silenziosa.

«Quello è un Bloodybear».

«Bloody… Bloodybear?».

«Un ibrido creato da Capitol City. Uno dei più infidi e pericolosi».

Un brivido percorre la mia schiena mentre mi volto e guardo Nazig che coccola l’orsetto. Cosa succederà adesso? È davvero così pericoloso?

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci arrivati alla fine. Come avete visto, non abbiamo proprio incontrato i candidati. Li abbiamo visti in televisione. Mi è piaciuto tantissimo questo pezzo, questa stanza. In effetti mi sono sempre chiesta come facessero a comandare tutto da distanze elevate. Così ha più senso, non vi sembra? Grazie a imetjoshutcherson (detta Myr) per l'idea del paracadute. Non l'avevo ancora usato ma qui ci stava proprio bene.

E il terremoto era causato proprio dagli Strateghi, per chiudere la via di fuga della sala di controllo video.

 

Rainer è morto e Ilixo è vivo. Presumo che siamo tutti felici per questo.

Nazig, invece, non mi sembra in una posizione ottimale e il piccolo orsacchiotto, forse nasconde qualche cosa di orribile che a occhio nudo non si vede. Lo scopriremo nel prossimo capitolo. Vi assicuro che è davvero teso.

 

Adesso un piccolo spoiler sul prossimo capitolo:

Gli dispone le braccia lungo i fianchi e mette diritte le sue gambe, poi si guarda intorno come a capire dove siamo. A est spunta il sole, su una delle giornate più tristi da quando è iniziata questa avventura…

Non sarà un capitolo allegro. Il prossimo banner sarà il Bloodybear. Ebbene sì! Quella matta di Teresa (Elenri) mi ha trovato anche l’ibrido! È un mito!

 

A proposito di pazzia! Guardate che banner mi ha confezionato!

 

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Ditemi voi! Che voto date al dolce? (specificate quale).

 

Adesso vi ringrazio per la vostra attenzione e vi rimando alla prossima settimana. Vogliamo continuare il gioco degli anticipi? Ho un solo capitolo pronto. È vostro se arriviamo a 20 recensioni (visto che adesso siamo arrivati a 16…) altrimenti a venerdì prossimo!

 

Baciotti!

 

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Capitolo 22
*** la febbre ***


Ciao a tutti!

Non siamo arrivati a 20 recensioni e come promesso, vi ho fatto aspettare una settimana. Ad essere sincera è meglio così visto che questo è l’ultimo capitolo che ho pronto. Quindi niente ricatti per il prossimo, aspetterete buoni buoni il mio postaggio.

 

Ringrazio comunque la valanga di recensioni che sono arrivate per il capitolo scorso. E anche chi mi ha inserito nelle preferite (40!), ricordate e seguite. Chi ha letto e riletto e apprezzato.

 

Ringrazio Elenri per questo banner folle! Ebbene sì, è lui! Il Bloodybear! Non è tenero?

 

Image and video hosting by TinyPic

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Quello è un Bloodybear».

«Bloody... Bloodybear?».

«Un ibrido creato da Capitol City. Uno dei più infidi e pericolosi».

Non riesco a staccare gli occhi dallo schermo. Nazig continua ad accarezzare l'orsacchiotto e io sto aspettando che accada qualcosa. Qualsiasi cosa. E nello stesso tempo aspetto che non succeda nulla.

I minuti passano con una lentezza esasperante.

Dietro a Nazig, arrampicata su una pianta, Iraida sta gridando alla sua compagna. Sono sicura che è così, anche se non si sente niente. Vedo le sue guance gonfie e la bocca che si spalanca a ritmo. Sta decisamente gridando, ma la candidata del due sembra non sentire. Appare isolata, proprio come noi.

A questo punto mi viene voglia di osservare meglio e mi avvicino, finendo per fissare intensamente lo schermo. Cosa c'è che mi sfugge? Perché Nazig non si muove? Poi capisco. I suoi occhi sono vacui. Sta continuando a carezzare il Bloodybear ma adesso ha gli occhi spenti e il sorriso vuoto. Come... come...

«E' stata ipnotizzata. Ormai è quasi finita» mormora Paban. Accanto a lui, Shae piange in silenzio e continua a guardare lo schermo come me. Dick è seduto sulla poltrona davanti alla consolle centrale e osserva le immagini con sguardo serio e senza fare un fiato.

 

È un momento terribile questo. Stiamo aspettando di vedere qualcuno che muore, sapendo che sta per morire e senza poter far niente per lei.

«Cosa succederà adesso» pigolo con voce sottile.

«L'orso si avvicinerà e poi aprirà le fauci ed inizierà a strappare pezzi di carne dal corpo, finché riuscirà a squarciare il petto e estrarrà il cuore ancora pulsante per mangiarlo». La voce monocorde e dolente di Paban mi riempie di pena.

«Nazig sarà ancora viva?». Terribile. Mostruoso. Come Thabo.

«Sì». Un soffio che è una sentenza. «Morirà quando le strapperà il cuore, ma fino ad allora sentirà tutto».

«Ce ne saranno altri? Iraida si salverà?». I nostri occhi non si lasciano sfuggire neanche una immagine.

«Normalmente i Bloodybear vivono solitari e si riuniscono solo per l'accoppiamento. E non sono animali che sanno arrampicarsi, loro ammaliano le prede e poi le uccidono, non sono in grado di inseguirle. Se Iraida non scende dall'albero, è salva» risponde Shae. «Pensavo non ci fossero ibridi nelle arene. Avrei dovuto aspettarmelo dopo quello che era successo a Thabo. Devo dire che gli strateghi hanno trovato i trabocchetti più subdoli per questi giochi. Complimenti». Non è certo un tono allegro quello che usa per commentare.

 

«Voglio avere gli strateghi tra le mani e picchiarli» dice Dick. Poi, quando gli scappa un singhiozzo si alza e si chiude in bagno, per non vedere quello che sta trasmettendo lo schermo in questo momento.

Nazig sta urlando. Adesso si è svegliata e si trova senza una parte di braccio, strappato a morsi dall'animale che non sembra più una tenera creatura. Urla. Urla terrorizzata scalciando ed allontanandosi, ma è troppo tardi. La gamba all'altezza del polpaccio si stacca dal resto del corpo. Il dolore deve essere lancinante. Noi vediamo solo le sue labbra spalancate e gli occhi lacrimanti, ma posso tranquillamente immaginare come siano le sue grida.

Mi volto appena prima che l'animale si avventi sul suo petto per strapparle il cuore. Ma nella mia mente vedo chiaramente tutto quello che mi hanno detto Paban e Shae. Il che potrebbe essere anche peggio.

«Voltati pure, è finita».

 

Anche questa volta non sentiamo il colpo di cannone, né, la sera, sentiamo l'inno di Panem e neanche vediamo il sigillo nel cielo o l'immagine di Nazig. Niente. È come se questa parte fosse completamente fuori controllo. Cosa sta succedendo fuori di qui?

Oramai siamo arrivati a sei. Io, Dick, Shae, Paban, Ilixo e Iraida.

E pensare che volevo uscire subito dall'arena. Invece sono ancora qui, ricordando le persone che ormai non ci sono più, come Alicia e Owen, Christal e Bor, Sakìa e Rudy, Douce e Thabo.

 

La notte passa in modo agitato. Continuo a girarmi nel sacco a pelo.

Mi spavento, quando sento il mio bozzolo aprirsi e un corpo infilarsi accanto a me e stringermi «Scusami. Magari se ti tengo ferma riusciamo a dormire» bisbiglia divertito Paban. Mi costringe a poggiare la testa sul suo petto e intreccia le gambe con le mie. «Adesso sei legata. Dormi» ordina.

Mi fa sorridere, ma finalmente riesco a rilassarmi, lo abbraccio e cullata dal ritmo del suo respiro riesco ad addormentarmi. Non ricordo neanche più perché non mi lasciavo avvicinare da lui. Ne ho bisogno adesso.

 

La mattina presto ci svegliamo grazie a Dick che ha fatto l'ultimo turno di guardia e l'ha passato sulla porta, chiamandoci appena si schiarisce il cielo. Razziamo quello che riusciamo a infilare negli zaini e li caliamo lungo la parete. Subito dopo vengo calata io e poi Shae che con il suo braccio rotto è davvero impedita nei movimenti. Quando anche Dick e Paban hanno raggiunto il terrapieno, ricominciamo a scendere la montagna, ripassando nel sentiero tra i vari tempietti e rovine che avevamo trovato all'andata.

Continuiamo a fare i turni di guardia e la notte ricomincio a dormire con Paban. Riesce a calmarmi e anche lui si agita meno. Lo abbiamo capito già la prima sera della nostra discesa. Anche Shae ha provato con il contatto umano e Dick è un pochino imbarazzato per il fatto di dormire accanto a lei, ma è molto orgoglioso del fatto di farla riposare tranquilla.

Dolcemente gli abbiamo spiegato che Shae è fidanzata e che non c'è nulla di romantico e lui pare aver capito. È anche riuscito a farsi confidare chi sia questo fantomatico ragazzo, esclamando entusiasta quando ha saputo il nome, ma non ce lo vuole dire e noi rispettiamo il loro patto di segretezza.

 

Nonostante che, nello scendere, si sia più veloci, occorrono alcuni giorni prima di giungere in pianura. La sera non mandano più il sigillo di Panem, né l'inno.

Ogni tanto tiro fuori la cornucopia e me la rigiro tra le mani. Sarà questo il vero messaggio? Non abbiamo molta scelta. Che il cielo ce la mandi buona!

Quando finalmente arriviamo alla base delle montagne, abbiamo quasi finito le scorte e non abbiamo più acqua. Non appena tocco il terreno umido e verde mi sento come tornata a casa. Poso subito lo zaino a terra e imbraccio il mio arco. «Vado a caccia» annuncio e mi metto subito a correre verso la giungla. Non mi aspetto di trovare qualcosa. Solo libertà, per quanto sia falsa ed effimera in questa arena.

Passo tutta la giornata in giro. So che i miei compagni saranno preoccupati, in particolare Paban, ma non posso farne a meno. Ho bisogno di pensare e starmene per conto mio. Cacciare è terapeutico in questo. Sì, sono solo io, che mi muovo senza rumore, e le mie prede.

 

Mi fermo quando arrivo ad aver preso tre conigli e due scoiattoli. Non mangeremo tutta questa roba e di sicuro non voglio buttare niente.

Per pranzo mangio delle fragoline selvatiche e delle bacche. Non è molto ma voglio godermi un po' di questa libertà.

Alla fine non penso a niente. Non penso a Paban e al suo amore. Non penso ai miei sentimenti contrastanti. Non penso a Ilixo che ora è libero. Non penso a Nazig che ha fatto una fine orrenda per la quale tutta la sua forza non è servita a salvarla. Non penso a Iraida che ora è sola nella giungla. Non penso a niente. Mi godo solo il silenzio frammentato da piccoli stridii degli animali e il sole che filtra tra le foglie.

 

Quando torno dagli altri, che si sono accampati alla base della montagna e che hanno fatto scorta di acqua, mi scuso per il ritardo e inizio a preparare la selvaggina per cucinarla.

Paban mi guarda torvo ma non dice niente e si limita a scuoiare un coniglio.

«Capisco che tu ne abbia avuto bisogno, ma non farlo più. Non sapevamo niente e non funziona più neanche il cannone per dirci se qualcuno è morto. Loro due sono stati intrattabili tutto il giorno e tu mi devi dieci notti di sonno tranquillo in pagamento per averli dovuti sopportare! Sono andata a cercare dei tuberi e delle radici, pur di non restare con loro!» mi sibila Shae nell'orecchio. Ridacchio come risposta e annuisco ma lei alza le spalle e fa cenno che stava scherzando sui turni di guardia.

Beh, meglio così.

 

La sera mi aspetto una lavata di capo da parte del ragazzo del mare, ma lui si limita a scivolare accanto a me nel sacco a pelo e stringermi forte tra le braccia. «Non farlo più» mormora sottovoce, poi sospira e si rilassa, pronto ad addormentarsi.

Mi viene quasi da ridere. D'accordo che sono la più piccola tra noi quattro, ma trattarmi come una poppante che ha sempre bisogno della balia mi sembra esagerato. Poi mi tornano in mente le morti atroci di Thabo e Nazig. Loro erano in compagnia, eppure non sono scampati alla morte. È inutile pensarci troppo. Se credi di non poter sopravvivere, allora non vale la pena alzarsi la mattina.

Però, se fossi stata io ad aspettare il ritorno di Paban o di Dick per tutta la giornata, avrei dato di matto. Mi riprometto di non fare più una cosa simile, almeno finché siamo qui dentro.

Durante la giornata che ho trascorsa da sola, ho ritrovato il letto sassoso del torrente quasi asciutto. È lì che conduco i miei compagni la mattina dopo. Seguendone il corso, dovremmo trovare delle casupole come quelle del villaggio deserto, per ripararci la notte e rendere più facile il tragitto diurno.

 

Cominciano a passare i giorni in questo modo. La mattina facciamo colazione con frutta che cogliamo al momento e la solita pappetta di cereali che abbiamo trovato tra le provviste nella sala video in montagna. Poi camminiamo per almeno tre ore, poi mangiamo a pranzo la carne che caccio e delle radici che cercano gli altri. Ci riposiamo all'ombra un paio d'ore e poi marciamo per il resto del tempo sino all'imbrunire, quando ci fermiamo per la cena e accamparci per la notte. Se troviamo una casa ci fermiamo prima, altrimenti ci disponiamo in un campo all'aperto. Non restiamo mai troppo vicino al ruscello, soprattutto la notte, per paura di improvvise piene come quella che mi aveva travolta.

Io e Paban continuiamo a dormire insieme. Avrei potuto scambiare il mio compagno di sacco con Shae, ma non riesco a proporlo, forse perché non voglio.

 

Sono già cinque giorni che siamo arrivati in pianura, nella giungla. Non manca molto alla cornucopia. Mi chiedo se incontreremo Ilixo e Iraida, gli ultimi sopravvissuti dell'arena oltre a noi.

Quando scende la notte, facciamo ancora i turni di guardia. Non che non ci fidiamo degli altri candidati, ma le trappole presenti in questa arena sono troppo pericolose per potersi rilassare.

Normalmente il primo turno lo faccio io, poi Paban sostituito da Shae e infine Dick. In questo modo dobbiamo restare vigili per un tempo massimo di tre ore per notte e nessuno di noi è troppo stanco per non poter continuare il giorno dopo. Ci siamo abituati.

 

«Secondo te, siamo vicini?» chiedo a Paban, mentre sono appoggiata al tronco di un albero e gioco con le dita della sua mano. Lui è seduto accanto a me e ha un braccio attorno alla mia vita.

Ormai non mi dà più fastidio la sua necessità di contatto fisico costante. Il fatto che mi prenda spesso per mano o che sfiori il mio braccio mentre marciamo durante il giorno o quando ci accampiamo la sera, non mi crea più alcun imbarazzo. Sembra quasi normale.

Questa notte, come altre in precedenza, stiamo facendo il nostro turno insieme. Lui si rifiuta di andare a dormire senza di me. Dice che non riesce a dormire bene e a me fa piacere avere compagnia, il tempo passa prima.

«Non manca molto. Direi ancora tre o quattro giorni. Non di più» conferma lui.

Spero solo di trovare qualche cosa di risolutivo quando giungeremo lì.

 

In quel momento, sentiamo un leggero fruscio nella notte. Il nostro fuoco è ridotto a un insieme di braci pressoché spente e rilasciano una piccola luce che non illumina niente al di là di un metro di distanza. Subito ci alziamo e prendiamo le nostre armi. Inutile incoccare una freccia al buio, meglio usare lo spadino, mentre Paban imbraccia il suo fido tridente. Con un braccio teso verso di me, mi copre, a proteggermi, con l'altro è pronto a scagliare l'arma contro il nemico che sta arrivando.

Il cuore pompa sordo nel petto. Ho paura di trovarmi davanti quei terribili orsacchiotti che ti divorano il cuore strappandolo dal petto. Non vorrei incontrarlo. Proprio per niente.

Dopo lunghissimi minuti di attesa, vediamo anche l'ombra che si staglia vicino al tronco dell'albero che delimita il nostro campo e poi un piede che si fa avanti sull'erba.

Quando tutto il corpo entra nella fioca luce delle braci, riconosciamo il nuovo arrivato ed io sospiro il suo nome con sollievo.

«Ilixo».

 

Anche Paban si rilassa al vedere che non c'è pericolo a mi passa il braccio attorno alla vita, attirandomi a se, nel gesto di possesso più vecchio del mondo. È solo un attimo, prima che gli faccia una automatica, veloce carezza sul petto per poi allontanarmi a dare il benvenuto al nuovo arrivato, ma tanto basta.

«Così hai scelto lui» sibila il ragazzo del distretto 10, gelandomi. Sbatto gli occhi perplessa.

«Ilixo...».

«Hai scelto lui? Solo qualche giorno e ti sei gettata tra le sue braccia?». Il suo tono è furente. Mi sembra di vedere gli occhi lucidi.

«Ilixo, ti prego...». Allungo una mano verso il suo braccio che sfioro appena, mentre lui mi strattona il polso con l'altra mano, allontanandomi. È bollente, forse ha la febbre.

 

«Non è come pensi...» gemo. Non so neanche io perché mi sto giustificando. Non ho fatto niente di male. Non ho deciso niente, ancora. Non dovrebbe comportarsi così.

«Senti, Ilixo. Questo era nei patti. Ne avevamo parlato. Hai rischiato di non trovarla più quando hai deciso di andartene. Non puoi tornare e recitare la parte del ragazzo offeso» dice Paban cercando di calmarlo.

Vedo che gli stanno tremando le mani. Deve essere fuori di sé. È probabile che stia delirando. Dobbiamo calmarlo e dargli qualche cosa per abbassare la febbre che lo divora.

Non riusciamo a fare niente di tutto questo.

Con un verso simile a un ruggito, strattona Paban lontano e lo spinge violento contro un albero, poi si volta verso di me e mi stringe forte le spalle, facendomi scappare un gemito di dolore. La sua rabbia è cieca. Bisogna fermarlo, prima che qualcuno si faccia male.

 

«Ilixo, calmati. Non è successo niente. Stavamo solo parlando» cerco di blandirlo, ma lui scuote la testa continuando a guardarmi con odio.

«Tu ti sei data a lui. Non mi hai mai voluto come ti volevo io. Sei solo una ragazza facile, come tutte le altre» dice e comincia a scuotermi violentemente.

Paban torna a caricare Ilixo per staccarlo da me ma riceve un colpo ancora più forte e inciampa sbattendo la testa e rimane svenuto a terra. Signore del cielo di Panem! Cerco di liberarmi. Sono preoccupata per quello che ha fatto a Paban.

«Ilixo, fermati. Sei impazzito? Basta, fermati» gli urlo. Mi sta facendo male e mi sto spaventando a morte. Non lo riconosco più, il ragazzo duro ma gentile che mi ha salvato da Hemmo e mi ha protetto. Dov'è quel ragazzo?

Cerco di liberarmi dalla sua morsa ma lui stringe più forte. Sarò piena di lividi domani.

 

Sento che anche gli altri si sono alzati dal loro sacco a pelo.

«Ilixo, basta!» urla Shae.

Quello che non dice niente è Dick, che urla solo un potente “No” prima di avventarsi sul candidato del distretto dieci.

Mi sento ancora strattonare violentemente e non riesco a capire cosa sta succedendo tra le varie mani che mi agguantano. Poi all'improvviso sono libera.

Il contraccolpo mi manda seduta a terra. Shae è accanto a me.

Stupita guardo in alto e vedo Dick con le mani attorno al collo di Ilixo, mentre lo solleva con la forza viva delle sue braccia.

Il ragazzo del distretto 10 sta agitando le gambe mentre tenta di respirare. Sembra una marionetta alla quale sono stati tagliati i fili di sostegno.

 

«Fermati, Dick!» urlo. Il mio grido viene perso nel vento. Il mio compagno non sente nessuno e continua a strozzare.

«Non devi fare male a Chyna! Io non te lo permetto! Non devi fare male a Chyna!» sbraita mentre stringe. Le sue braccia mostrano tutti i muscoli in tensione. Sta usando tutta la sua forza.

«Fermati, Dick». «Smettila!» gridiamo io e Shae. Continuiamo a urlare. Ci alziamo e ci appendiamo alle sue braccia, ma lui non sente niente.

Dietro le mie spalle, sento Paban gemere, probabilmente si sta riprendendo dal colpo subito. Non può esserci di aiuto, purtroppo e adesso abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile per fermare la furia omicida del mio compagno di distretto.

Mi pizzicano gli occhi dalla frustrazione. Non riesco. Vorrei essere più forte e non ci riesco.

 

Quando Ilixo non si agita più, Dick allarga lentamente le mani e lascia cadere a terra il cadavere che si affloscia sul muschio verde scuro.

«Ilixo! No!» urlo e gattono veloce verso il corpo ormai senza vita, del candidato del distretto dieci. Lo scuoto, gli carezzo la testa, lo chiamo, nella vana speranza che apra gli occhi e mi sorrida come solo lui sapeva fare. Inizio a singhiozzare. Grosse lacrime mi scendono sulle guance e vanno a bagnare il petto del ragazzo steso.

«Chyna… Chyna…» balbetta Dick costernato.

La sua voce mi fa uscire dal dolore come il colpo di cannone che non sentiamo ancora. E, piena di rabbia cieca, mi alzo e inizio a picchiare il petto possente del mio compagno di distretto.

Questa volta è riuscito a uccidere qualcuno. Questa volta non si è fermato.

 

«Come hai potuto? Come hai potuto ucciderlo?» grido e piango mentre i miei pugni continuano ad abbattersi contro Dick.

«Chyna, basta» mormora Paban, che è rinvenuto e si appoggia a Shae mentre tampona il taglio sanguinante che ha alla testa. Gli do un’occhiata fugace e torno a concentrarmi sulla mia rabbia, contro Dick che non si protegge.

«Sei un mostro! Come hai potuto ucciderlo? Non mi avrebbe fatto del male! Era solo deluso e aveva la  febbre!». La mia voce sta raggiungendo picchi di isteria.

«Non mi avrebbe mai fatto del male. Mi voleva bene. Avremmo sistemato tutto!». Le lacrime mi offuscano la vista.

Anche Dick sta piangendo ora, e continua a dire “Mi dispiace”.

«Sei un mostro!... Aveva la febbre! Andava curato!... Non ucciso!». Ormai le forze non mi sostengono più e neanche la rabbia mi fa reggere in piedi. Scivolo contro il corpo di Dick e cado in ginocchio ai suoi piedi, accanto a Ilixo che ha gli occhi chiusi dalla morte.

 

«Non doveva morire. Non doveva morire» continuo a mormorare.

Mi sento in colpa. Se non mi avesse trovata con Paban, non mi avrebbe aggredita e Dick non sarebbe intervenuto. Forse avrei dovuto parlargli, in modo di calmarlo. Forse avrei potuto curarlo. Aveva la febbre e questo lo faceva sragionare. Probabilmente una ferita derivante dallo scontro con Rainer, si era infettata. È la spiegazione più probabile.

Perché non sono riuscita a fermarlo? Dovevo proprio farmi abbracciare da Paban in questo modo? Lo sapevo che avrei dato un dolore a Ilixo. Dovevo aspettare fuori dall’arena. Quando fossimo stati tutti al sicuro, avrei potuto parlargli.

Per dirgli cosa? Che mi ero sempre più legata a Paban? Ma anche lui mi era caro, ma non come il ragazzo del mare che mi era stato sempre vicino in tutto il periodo. Che mi aveva protetta quando c’era stato il crollo della montagna.

Cosa avrei potuto fare perché nessuno si fosse fatto male?

 

Sto ancora pensando, con lo sguardo perso sul corpo di Ilixo e gli occhi che versano lacrime. Paban mi è accanto ma non osa sfiorarmi. Forse ha paura che lo respinga. Non lo so nemmeno io se lo farei. Magari non è proprio il caso di abbracciarmi davanti al candidato del distretto dieci. Lui è morto per il dolore di avermi persa. O almeno è quello che credeva.

Non sento niente altro intorno a me. Non sento più neanche Dick che piangeva sino a pochi istanti fa.

«No! Dick, Fermati!» urla Shae. Io e Paban ci voltiamo spaventati.

«Non volevo fargli male. Mi dispiace Chyna. Tu sei l’unica che mi ha sempre trattato bene e io ti ho fatto male. È colpa mia. È tutta colpa mia» continua a dire il mio compagno di distretto.

Lo vedo aprire il taschino dove è riposto il maledetto drappo bianco e in quel momento capisco.

Vuole uccidersi. Vuole togliersi la vita per espiare al suo peccato. Il peccato che crede di avere commesso contro di me. E io gli ho dato del mostro.

 

Anche io urlo e allungo una mano verso di lui ma afferro solo aria «Non farlo, Dick!».

Dispone subito il fazzoletto in verticale e un fulmine lo colpisce nello stesso istante.

Lo vedo come se fosse a rallentatore. Il suo corpo scuro e fumante che si accascia sul terreno, con gli occhi sbarrati e il viso in una smorfia dolente.

«Ah!» urlo portandomi le mani a coprire la faccia.

Adesso Paban non si fa più remore ad abbracciarmi. 

«E' colpa mia! Si è ucciso per colpa mia!» grido. Gli ho dato del mostro e sapevo che lui era terrorizzato di esserlo davvero. Il suo primo pensiero è sempre stato non fare del male. E il male l'ha fatto davvero. A sé stesso.

«E' colpa mia» continuo a dire. Sembro un disco rotto.

Paban mi abbraccia ma non dice niente. Non ancora. Sarebbe inutile se lo facesse. Sarebbe una bugia pietosa e io non voglio pietà. Shae piange silenziosa accanto ai due cadaveri.

 

Perché non me lo dicono direttamente? Perché non mi accusano per ciò che ho fatto? Sono una assassina. È come se io stessa avessi armato la mano di Dick per uccidere Ilixo e poi togliersi la vita.

Se Ilixo non mi avesse trovata con Paban, non mi avrebbe aggredito. Se non avessi dato del mostro a Dick, lui non avrebbe estratto il drappo bianco. Sono io la responsabile. È tutta colpa mia.

«E' tutta colpa mia» ripeto.

A un tratto, sento qualcuno che si alza e cammina. So che non è Paban, che mi stringe ancora, in ginocchio accanto a me.

Alzo lo sguardo su Shae che si ferma davanti a me e mi fissa dall'alto in basso con uno sguardo severo e arcigno. Sento la pelle raggrinzita dal sale delle lacrime, ma ancora piango e non mi rendo neanche conto di quello che succede, sino a quando un potente ceffone della ragazza, si abbatte violento sul mio viso.

 

«Shae!» esclama Paban. Io la guardo solo, stupefatta.

«Piantala! Piantala di autocommiserarti! Vuoi essere consolata? Non te lo meriti!» urla la candidata del tre al mio indirizzo.

«Lui era il più debole di tutti noi. Aveva vissuto questo male con tutta la sua bontà. Senza filtri! Quanto credi che avrebbe resistito ancora? Quanto tempo prima di impazzire del tutto?». Prende un gran respiro prima di continuare.

«Non ce la faceva più! Non riusciva più a distinguere il reale dall'orrore che aveva in testa. Se non fosse stato per Ilixo, avrebbe fatto qualche altra follia, magari a qualcuno di noi tre, anche se ci amava. Smettila di piangere, nessuno prova pena di te! È di lui che dobbiamo avere pena!».

Shae ha il fiatone appena finisce di urlare contro di me.

Anche Paban scioglie il suo abbraccio protettore dal mio corpo. Anche lui la pensa così.

«Shae. Adesso basta... ha capito» mormora piano.

«Lo spero» risponde lei secca.

 

Con le lacrime agli occhi, la vedo che comincia a darsi da fare attorno ai due cadaveri. Con mani tremanti e occhi lucidi, inizia a sistemare Ilixo supino. Gli dispone le braccia lungo i fianchi e mette diritte le sue gambe, poi si guarda intorno come a capire dove siamo. A est spunta il sole, su una delle giornate più tristi da quando è iniziata questa avventura.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci alla fine di un capitolo davvero intenso. È un pochino più corto degli altri, ma non potevo allungarlo di più era già pieno di tristezza così.

Qui perdiamo tre personaggi.

Nazig era prevedibile.

Ilixo era febbricitante ed è andato fuori di testa quando si è visto come l’uomo tradito della situazione. Non ha ragionato e Dick aveva già sopportato troppo per la sua mente da ragazzino. Vi ricordate quando si era svegliato la notte perché aveva sognato che un’ombra stava strozzando Chyna? Ormai aveva problemi tra realtà e sogni. L’arena non aiuta in questo senso.

 

Adesso un pochino di calma? Vedremo…

Vi lascio un piccolo spoiler di quanto ho già scritto:

Abbiamo finito i due cumuli di pietre. Shae ha trovato due rami grossi e corti, che infiliamo tra i massi e alla cima ci annodiamo un pezzo di stoffa rossa dove scriviamo i loro nomi con un pezzo di legno carbonizzato…

E il prossimo banner sarà… deciderò all’ultimo momento. I personaggi dell’arena li ho finiti, quindi posterò quelli che aspettano fuori…

 

Ringrazio per l’attenzione e ci leggiamo il prossimo venerdì.

baciotti

 

 

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Capitolo 23
*** il ritorno ***


Ciao a tutti!

Posto oggi, con un giorno di ritardo sul tempo di marcia, ma è un periodo che sono in ritardo su tantissime cose, quindi…

 

Nuovo capitolo, nuovi eventi, vecchi ringraziamenti che, come sempre, porgo a chi legge questa mia storiella.

Finalmente ho visto HG la Ragazza di Fuoco! Direi notevole. Abbastanza fedele al libro. Mi è piaciuto!

 

Ho deciso quale banner postare! Ecco a voi l’ennesima creazione di Elenri (che saluto e ringrazio, come sempre) IL CAPO DEGLI STRATEGHI. Il nome non l’ho ancora studiato. Se volete potete suggerire.

 

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E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

A est spunta il sole, su una delle giornate più tristi da quando è iniziata questa avventura.

«Voglio seppellirli. Finché non capiremo che fine fanno i morti, non ho intenzione di lasciarli qui a disposizione degli animali. Appena saremo fuori, cercheremo di recuperarli per trasferirli ai loro distretti, ma sino ad allora, voglio che siano al sicuro» dice Shae.

Annuisco e a fatica mi alzo da terra. Anche io inizio a guardarmi attorno. Siamo in una piccola radura, con il terreno coperto di felci e muschio e una volta spessa di fogliame brillante al sole. A qualche centinaio di metri da noi, scorre il torrente nel suo letto quasi secco.

Mi avvicino a quella parte e trovo un punto dove il terreno diventa sabbioso e non vi sono piante a coprire.

«Portiamoli qui. Li copriamo con i massi del torrente. In questo modo, quando torneremo per portarli via, sarà più facile trovarli, anche dall'alto» propongo. A forza di piangere e urlare, ho la gola secca e la voce roca, ma non importa.

Shae ha ragione. Il dolore che provo è per i miei due amici, non per me o le mie colpe. Quelle, se esistono, me le dovrò gestire io. Loro sono lì e non vivranno più. È a loro che deve andare il mio rispetto.

 

Estraiamo i sacchi a pelo e ci facciamo rotolare i poveri resti.

Su queste lettighe improvvisate li trasportiamo verso il terreno sabbioso e lì componiamo i loro corpi. Poi iniziamo a portare i sassi che preleviamo direttamente dal letto del torrente. Li circondiamo e poco a poco li copriamo con giri concentrici di massi gialli e levigati dall'acqua.

I miei muscoli gridano per lo sforzo ma stringo i denti. Non ha importanza quanto possa soffrire, è ben poca cosa rispetto a loro che non ci sono più.

Per tutto il tempo continuo a far sgorgare grosse lacrime che bagnano la loro tomba. Anche Shae piange mentre sposta i sassi più piccoli con la sola mano che può usare, e ho visto Paban asciugarsi il volto più volte, fingendo che sia sudore.

Questo lavoro ci strazia più di qualsiasi altro. Se con Ilixo era solo una amicizia superficiale, data dalle circostanze e poco di più, con Dick eravamo insieme dall'entrata nell'arena. Io lo conoscevo da anni. Era il gigante buono. Era il mio amico. Colui che si era imposto il dovere di proteggermi da ogni male.

 

Dick era quello che amava tutto della vita. I colori dell'arcobaleno che lo stupivano sempre. Le rose piantate da mio padre dietro la casa al Villaggio dei Vincitori, dalle sfumature così tenui. I giochi con gli altri ragazzi. L'amicizia di zio Haymitch. L'amore di sua nonna.

Come farò a dire a sua nonna che Dick è morto? Ammesso che non l'abbia già visto attraverso i televisori di Panem. Come farò a tornare a casa e guardare in faccia le persone del mio distretto? Avevo promesso di proteggere Dick e mi sentivo come se non avessi fatto abbastanza.

Non era colpa mia se questi Hunger Games erano diventati violenti. Ma avrei dovuto prestare più attenzione ai segnali. Già quando eravamo in montagna si svegliava la notte con l'incubo di qualcuno che ci stava attaccando. Che mi stava attaccando. Come quella sera dove aveva detto di aver visto un'ombra che mi stringeva il collo. Già allora era al limite.

 

Abbiamo finito i due cumuli di pietre. Shae ha trovato due rami grossi e corti, che infiliamo tra i massi e alla cima ci annodiamo un pezzo di stoffa rossa dove scriviamo i loro nomi con un pezzo di legno carbonizzato.

«In questo modo, anche sorvolando la zona con un hovercraft, riusciremo subito ad individuarli» dico mesta.

«Vuoi dire qualche cosa?» chiede Paban avvicinandosi alla testa dei due cumuli, dove eravamo posizionate io e Shae.

«Diciamo tutti qualche cosa» propongo. «Inizio io».

 

«Non conoscevo bene Ilixo, ma per quel poco in cui la mia vita ha incrociato la sua, gli devo essere grata. Mi ha salvato da un pazzo. Ha ucciso per me. Non potrò mai dimenticare i suoi sorrisi. Quelli speciali di quando era più contento. Lui faceva il duro, ma in quelle due occasioni dove si è lasciato andare ho visto una persona speciale… mi mancherai Ilixo» termino asciugando una lacrima che scende e mi volto verso la montagnola più grossa, che contiene le spoglie di Dick.

«Tu sei il mio gigante buono. Zio Haymitch aveva visto il meglio di te e mi dispiace non averlo saputo apprezzare pienamente. Mi sei sempre stato accanto. Mi hai protetto e sostenuta e per questo ti sono grata. Se sono ancora viva lo devo anche a te, Dick. Sei stato il migliore amico che potessi incontrare e ti posso assicurare che tutti, al distretto 12, sentiranno la tua mancanza. Ti voglio bene e non ti dimenticherò mai». La mia mano va ad accarezzare il pezzo di stoffa rosso.

 

«Tocca a me» mormora Shae.

«Con Ilixo non ho avuto modo di parlare granché. Lui era piuttosto concentrato sulla conquista del titolo. Voleva vincere e combattere. Ma quello che ha fatto contro Hemmo ne ha fatto un mio amico. Ho scoperto una persona buona come non pensavo potesse essere. Mi dispiace molto non averti conosciuto meglio, sono sicura che ne sarebbe valsa la pena». A questo punto si sposta verso i massi che nascondono Dick. «Tu sei stato il mio protettore. Hai imparato a fare i turni di guardia per aiutare me. Hai imparato a cercare acqua e viveri per aiutare tutti noi. Mi sei stato vicino quando avevo paura. Quando non riuscivo a dormire mi hai calmato. Ti ho voluto bene. Sei stato un grande amico» termina in un soffio.

 

Subito dopo inizia Paban.

«Anche io non posso parlare di Ilixo. Non lo conoscevo, se non come valido combattente, ma ha salvato Chyna e per questo gli sono grato. Credo che se ci fossimo incontrati in altri tempi, saremmo andati d'accordo, come con Dick. Lui è stato davvero una sorpresa per la sua bontà, il suo cuore grande, il suo amore per tutti noi. Sapevo che potevo contarci e questo mi faceva stare più tranquillo e sicuro in questa arena pazza. Ci mancherete, tutti e due» conclude.

 

Non ci sono altre parole per esprimere tutti i nostri pensieri di addio a questi due ragazzi.

Ci allontaniamo e torniamo al piccolo accampamento.

«Oh, finalmente siete tornati!» esordisce una figura seduta all’ombra di un albero accanto ai nostri zaini. Sobbalziamo. Non mi aspettavo una persona qui.

«Ciao, Iraida. Mi chiedevo quando saresti arrivata» risponde Paban, cominciando ad occuparsi degli zaini e senza guardare minimamente la nuova arrivata.

«Volevo lasciarvi seppellire i due laggiù» risponde.

«Potevi darci una mano» rimbecca Shae guardando la nuova arrivata con diffidenza.

«Tu non mi hai dato una mano quando mi sono occupata del corpo di Nazig, o quello che ne restava. Perché avrei dovuto pensare io a loro?».

«Non iniziamo così. Queste ripicche non portano a niente» intervengo.

 

Decido di mettere subito in chiaro la situazione. Lei è l’ultima arrivata e noi abbiamo già il nostro programma. O si adegua o se ne va.

«Noi stiamo tornando alla Cornucopia» annuncio aiutando Paban a sistemare i nostri averi negli zaini.

«Chi c’è ancora in giro? Ho perso il conto ed è da tanto che non vedo immagini in cielo» chiede lei.

«Siamo solo noi quattro. Gli altri sono tutti morti» mormora Shae.

«Perfetto» sbotta. «Bene, Paban. Sei in mezzo a tre ragazze… come farai a soddisfarci tutte?» e detto questo scoppia in una risata.

«Per quanto mi riguarda te la puoi fare con il primo pezzo di ferro che incontri per la strada, non mi interessa. Anzi, vattene pure da un’altra parte». Sicuramente Iraida non è tra le sue simpatie.

«Ma come? Tu così sensibile, mi lasceresti andare da sola in questa arena piena di pericoli? Saresti così crudele?».

Questo botta e risposta mi sta stancando. Onestamente mi interessa poco che questi due vadano d’accordo o meno. Quello che voglio è arrivare sani e salvi alla Cornucopia e trovare il modo per uscire da qui.

 

«Ripeto. Noi andiamo alla Cornucopia. Adesso. Se vuoi venire con noi sei la benvenuta, altrimenti buona fortuna» replico io e mi carico lo zaino sulle spalle, prendo l'arco e la faretra e appendo lo spadino alla cintura, pronta per partire.

In pochi istanti, anche Shae è accanto a me e Paban, poco più distante. Iraida non si è ancora mossa da dove è seduta e ci sta guardando con aria divertita. Sembra che non ci prenda sul serio, quindi inizio subito ad avviarmi verso il centro dell'arena. Non mi interessa se lei va da un'altra parte oppure no. Non mi interessa proprio.

 

Quando iniziamo a marciare verso il letto del torrente per poi seguirlo fino verso il centro dell'arena, sento altri passi cadenzati oltre ai nostri tre. Era ovvio che si accodasse a noi, visti i pericoli, questa è l'unica soluzione per avere qualche speranza a rimanere viva.

Non ci voltiamo, né ad aspettarla né a guardare che ci segue. Continuiamo a camminare lungo la strada sassosa che abbiamo davanti. Ogni tanto aiutiamo Shae a passare i punti più difficili. Ha ancora il braccio stretto al busto, nonostante abbia voluto portare uno zaino a tutti i costi.

Ho seriamente paura che il suo braccio non si stia risaldando come si deve. Se così fosse, sarà costretta a rompere di nuovo l’osso, oppure non potrà più usarlo correttamente. Chissà quanto dolore sta sopportando in questo momento. E non si lamenta mai.

Verso mezzogiorno ci fermiamo nei pressi di una casetta quadrata dalla pietra ocra. Una delle case lontane dal Villaggio deserto. Dobbiamo essere abbastanza vicini, visto che ne stiamo incontrando parecchi di quei ripari.

Estraggo i viveri già cotti e li distribuisco in quattro parti. Inutile che ci fermiamo oltre. Lungo la strada provvederò a cacciare qualcosa per questa sera. Non voglio fermarmi più del necessario.

Non so perché ma la presenza di Iraida mi ha messo una fretta dannata di uscire da questo posto.

Come se, rimanendo qui con lei, rischiassimo tutti la vita.

 

«Allora, raccontatemi un po' cosa vi è successo da quando ci siamo salutati alla Cornucopia» esordisce Iraida, dopo aver terminato la sua razione e senza ringraziare.

«Saluti particolari da parte tua. Ricordo che volevi trapassarmi con la spada» puntualizza acido Paban.

«Non farla tanto lunga. Sei vivo, no? Quindi non volevo farti fuori» risponde lei facendo spallucce. Sembra che qualsiasi cosa le diciamo le scivoli addosso senza nessun segno. Quindi evitiamo di attaccarla oltre.

«Hai visto chi è morto il giorno del nostro arrivo nell'arena» dico io e lei annuisce.

«Con noi è arrivato anche Hemmo del distretto nove e Alicia di Capitol City ma sono finiti dentro a dei crateri che si sono aperti al Villaggio».

«Brieg del distretto sette, lo abbiamo trovato trafitto dalle lance in un tempietto» interviene Shae.

«Thabo dell'otto, è rimasto vittima di una trappola» dico io con un filo di voce.

«E hai visto che abbiamo seppellito Ilixo e Dick» termina Paban.

 

A tutto Iraida annuisce seria, poi si volta verso di me.

«Mi dispiace per il tuo compagno di distretto. So che ci eri molto affezionata e lui ti voleva un gran bene». Rimango colpita dalle sue parole. Sembra davvero dispiaciuta.

«Grazie. Era davvero un buon amico» commento.

«Beh, credo sappiate che Rainer è morto in un duello con Ilixo. Abbiamo visto a distanza. Poi Nazig ha incontrato un Bloodybear e potete immaginare il resto» conclude Iraida.

«Perché l'hai lasciata con quell'animale?» chiedo.

«Ho provato ad avvisarla, ma non mi ha ascoltato... e poi non mi sentiva più» termina la frase in un sussurro. Forse era affezionata a Nazig. Sembra che le dispiaccia. O forse si sente in colpa per non essere riuscita a salvarla.

 

«Perché stiamo tornando alla Cornucopia?» chiede di nuovo.

«Pensiamo di trovare un modo per uscire da questa arena» risponde Shae. Non parliamo del soprammobile dorato che ci è giunto con il paracadute. Non riesco a fidarmi.

È una di noi, adesso. Una sopravvissuta, eppure qualche cosa mi suona strano. Stonato. Ed io mi fido delle sensazioni anche se spesso mi hanno portato fuori strada.

Ci siamo fermati per un po', adesso è ora di proseguire. Ci rimettiamo in marcia, ma questa volta ho già la freccia incoccata da scagliare per colpire una preda. Non ci metto molto a beccare due conigli. Finalmente Iraida si rende utile raccogliendo frutta.

Alla fine riusciamo a mangiare un buon pasto alla sera, quando ci fermiamo presso un'altra casa lungo il torrente.

 

Sembra che riusciamo a collaborare. La notte ci dividiamo in due turni di guardia. Per la prima volta da giorni, io faccio la prima parte della notte con Shae, mentre Paban passa il resto del tempo con Iraida.

Io e Shae dormiamo vicine, tenendoci per mano. Lei mi dice che sentire una mano nella sua le impedisce di cadere. Non mi spiega cadere dove. Per me significa non cadere tra incubi che mi rincorrono la notte, non cadere nel baratro che inghiotte Alicia e Hemmo, non cadere tra i petali del fiore di Thabo oppure nelle sabbie mobili di Dick. Quello che ho vissuto sino ad ora mi perseguita e lo farà per molto tempo, ora lo so.

 

Ogni tanto osservo Paban e Iraida, quando si stanno occupando del fuoco oppure quando raccolgono la frutta. Non si parlano ancora. Cioè, lei continua a parlargli e lui a snobbarla. Mi da una sottile soddisfazione constatare che non cede al fascino della sua compagna di distretto. Sono stati insieme, ma è palese che a lui non interessa più.

In compenso, qualche volta si gira verso di me e mi sorride. Mi imbarazza il sorriso di Paban, perché so che dietro c’è tutto un mondo di sentimenti che io non sono ancora pronta ad accettare come miei. O semplicemente ho troppa paura per ammettere che anche io sto cominciando a provare qualche cosa di profondo.

Onestamente, preferisco non pensarci adesso.

 

I successivi due giorni passano quasi monotoni.

Continuo a controllare Iraida e a non conversare con lei, se non per le poche occasioni necessarie che riguardano il cibo o l'approntare l'accampamento.

Intorno a noi non succede niente. Non incontriamo ibridi, né abbiamo scontri con piante assassine o trappole infernali approntate dagli strateghi. Sembra che, più ci avviciniamo alla cornucopia, più il territorio diventi sicuro. Non ho idea se questo sia un buon segno. Se stiamo andando verso una trappola mortale o verso la nostra salvezza.

L'unica cosa della quale sono sicura è che le cose cambieranno proprio lì. Ormai questa situazione di stallo non può continuare. Dovrà succedere qualche cosa di definitivo, in un modo o nell'altro.

 

Sembra quasi un miraggio quando arrivo a scorgere un riflesso dorato.

«Ci siamo quasi» sento dire da Paban. Un grosso sospiro lascia le labbra di Shae e anche io sono sollevata dall'essere arrivata a destinazione. Spero davvero che questa storia finisca adesso. Sono allo stremo e non so cosa altro fare per uscire da qui.

«Quella laggiù? È la cornucopia?» chiede la candidata del distretto 3 con voce emozionata. Anche lei non vede l'ora di arrivarci.

«Sì» sibila Iraida.

La guardiamo quasi sorprese. Lei sembra l'unica a non essere felice di essere finalmente arrivati. Chissà perché? Cosa voleva fare in giro per l'arena? Andare a caccia di Bloodybear? Cadere in altre trappole?

Non ci sono più gli Hunger Games dal momento in cui abbiamo affrontato il bagno di sangue che si è dimostrato tragicamente vero. Dal momento che ci sono stati dei morti, nessuno di noi si è sentito obbligato a combattere contro gli altri. Non siamo più ai tempi della violenza. Morire qui dentro non ha senso. E di sicuro nessuno di noi pensa più alla vittoria. Portare a casa la pelle è già una ricompensa più che sufficiente.

 

Il sole sta rapidamente scendendo e tra poco comincerà a calare oltre le montagne e il buio inghiottirà ogni cosa. Decidiamo di non fermarci. È pericoloso continuare a marciare di notte, ma siamo troppo vicini e troppo impazienti per poter fermarci.

Per evitare di perdere tempo per la cena, raccogliamo della frutta e delle bacche che mangiamo continuando a camminare.

«Voglio accamparmi ai margini della piazza» dice Paban.

Sembra che siamo ancora distanti, immersi completamente nel verde della giungla che ci avvolge e da la sensazione di non volerci far uscire. È quasi soffocante l'umidità che respiriamo.

Ed ecco che l'ultimo ramo si spezza, l'ultima felce si piega e la grande piazza circondata da colonne di pietra simili ai tempietti cadenti della montagna e con al centro la cornucopia dorata, ci accolgono sotto i raggi luminosi di una enorme luna piena.

 

Batto le mani come una bambina e saltello contenta. «Finalmente siamo arrivati!» esclamo.

«Domani perlustreremo palmo a palmo tutta la zona. Vediamo se ci sono delle possibilità di scendere al piano di sotto» dice Paban pensieroso.

«Magari hanno dimenticato uno sportello aperto, proprio come alla montagna» ipotizza Shae.

Velocemente allestiamo il campo, accendiamo un fuoco e ci disponiamo per la notte.

 

«Chyna, vieni con me un minuto? Dovrei parlarti» dice improvvisamente Paban. In quello stesso istante mi ricordo che non abbiamo più parlato da soli da quando è morto Dick, tre giorni prima.

Mi alzo di scatto e lo affianco subito, diretti verso il corno dorato che svetta imponente al centro della piazza.

 

«Cosa c'è, Chyna?». La sua prima domanda mi spiazza completamente. La sua voce è timorosa, indecisa, non ha nulla a che vedere con il capo di questo gruppo e le sue decisioni durante le marce. Lo guardo aggrottando la fronte. Non capisco a cosa si riferisca.

«Non ti avvicini più. Quasi non mi parli da quando è arrivata Iraida... è per lei? A me non interessa. Te l'ho già detto...». Ha lo sguardo smarrito mentre si piazza davanti a me e afferra le mani facendole appoggiare al suo petto. Il suo cuore batte impazzito, lo sento sotto i polpastrelli e so che vuole capisca che batte così per me. Il suo atteggiamento mi fa ridere e mi accorgo che era da giorni che ne avevo bisogno di questa risata.

 

«Paban, perché pensi che ti stia evitando?» chiedo ridacchiando, mentre mi appoggio alla cornucopia e sciolgo le mani dalle sue. «Non è così. Solo che... con Dick... e Ilixo». Non so neanche come spiegarlo. Mi sono sentita in colpa e poi piena di dolore per queste morti, e Paban è rimasto ai margini dei miei pensieri. Adesso mi accorgo che è sbagliato. Lui è vivo.

«Lo so. È stato terribile anche per me. Mi ero affezionato a quel gigante e per Ilixo avevo grande… rispetto» risponde con un sospiro

«Poi però, è arrivata Iraida… e io. Non so. Mi sono esclusa, ti ho dato tempo per pensarci» gli dico facendogli strabuzzare gli occhi.

 

«In queste notti ho solo fatto il turno di guardia con Iraida, ma solo perché non mi fidavo a lasciarla sola con te o Shae, non perché volessi la sua compagnia» cerca ancora di giustificarsi.

«Guarda che lo so. Ti ho visto... a dire il vero mi sono svegliata anche la notte per osservare cosa facevate» confesso arrossendo e questo lo fa rilassare.

«Quindi mi stavi controllando?» soffia avvicinandosi fino ad appoggiarsi su di me che ormai sono spalmata sul fianco della cornucopia.

«Non ti stavo “controllando”» protesto mimando le virgolette «Non riuscivo a dormire visto che tu non…». Mi blocco capendo appena in tempo che stavo per dire qualche cosa di davvero imbarazzante.

 

«Che io?» mi fissa negli occhi e io mi perdo nel verde acqua più puro.

«Che…» mormoro.

«Cosa?». Si avvicina.

«Tu…». Deglutisco.

«Io…». Mi sento ipnotizzata.

«Tu» sospiro. Le mie braccia si trovano attorno al suo collo e non capisco neanche come abbiano fatto ad arrivarci.

«Noi» dichiara prima di impossessarsi della mia bocca che non aspettava altro.

Finalmente un bacio. Un bacio forte, bagnato, passionale.

Le sue braccia mi avvolgono, mi stringono, mi amano.

Lo attiro verso di me, ancora di più di quanto non sia. Sulla mia schiena sento il calore nel metallo scaldato dal sole, che sta via via scemando. Ma è davanti a me, che il fuoco si è acceso. Un fuoco intenso che mi attrae come mai prima d’ora.

 

Poco per volta il bacio diventa più leggero, più dolce e quando è appena uno sfregamento di labbra ci stacchiamo. Faccio un respiro profondo e soddisfatto. Mi era mancato. Davvero.

«Non voglio che tu abbia dei dubbi su di me, Chyna. Ti ho detto che ti amo e continuerò a ripeterlo. Voglio portarti fuori di qui, sana e salva e voglio parlare con i tuoi genitori, perché questa volta non ci saranno né Katniss né Finnick a costringermi a starti lontano. Solo tu potrai mandarmi via». Mi lascia un altro bacio leggero. «Solo tu… ma spero che non lo faccia mai» conclude con una risatina.

«Non ho intenzione di mandarti via, Paban» lo stringo e gli faccio abbassare ancora il viso verso il mio «Nessuna intenzione» soffio e, per la prima volta, prendo l’iniziativa e lo bacio.

 

«Cosa credi che troveremo domani?».

«Non lo so» mi risponde. «Nelle vecchie arene non era possibile uscire da qui, ma neanche da altre parti. Quello che abbiamo trovato sulla montagna mi fa pensare che ci possa essere un modo».

Sospiro guardandomi attorno. «Già. La sala controllo e poi il tunnel. Credi che fosse collegato qui?».

«No. Troppo distante e poi non è una uscita questa, ma una entrata. È probabile che passasse la montagna e uscisse al di fuori del campo di forza che penso circondi ancora il perimetro dell’arena».

«Non lo abbiamo trovato» lo contraddico.

«In realtà sì. Era poco più in alto. Quando ho lanciato un sasso ha fatto un rimbalzo che deve aver causato una valanga nel cadere a valle».

«E se ti chiedi se potevamo disattivarlo, la risposta è no. Shae ha cercato i comandi ma non ha funzionato niente. Là dentro trattavano solo le registrazioni» risponde alla mia domanda mentale.

«Andiamo. Shae sarà preoccupata» dico. Lo prendo per mano e intrecciamo le dita.

«Un altro bacio» mormora Paban carezzandomi la guancia, prima di baciarmi ancora una volta, poi, finalmente, ci decidiamo a tornare dove le altre ci stanno aspettando per organizzarci per la notte.

 

Quando arriviamo al campo, troviamo Shae già coricata nel suo sacco a pelo.

«Aveva sonno e visto che siamo io e Paban a fare il primo turno, ho pensato fosse meglio lasciarla dormire» ci dice Iraida non appena arriviamo accanto al fuoco.

«Beh, allora è meglio che anche tu, Chyna, ti metta a dormire, così ci darete il cambio tra quattro ore» dice Paban e mi spinge verso il sacco a pelo.

Mi sistemo e sospiro mentre prendo la mano di Shae. Questa sera, però, non è come le altre volte. Le sue dita non mi stringono in maniera automatica. La sua pelle è molle e sudata. Stranamente molto calda. Probabilmente ha qualche linea di febbre. Spero solo che non sia a causa del suo braccio.

La sua mano, però, serve anche a me, visto che non dormo più accanto a Paban. Subito mi rilasso e chiudo gli occhi cercando di addormentarmi subito.

 

«Allora? Hai proprio deciso di attaccarti a quella ragazza?» chiede Iraida.

È una specie di ronzio. Non sono ancora addormentata e mi ritrovo ad origliare il colloquio tra i due candidati del distretto 4.

«Non sono affari tuoi» risponde Paban.

«Oh, ma io sono curiosa. Dimmi, tesoro. Spiegami quello che ci trovi e che io non ho». Il tono di voce della ragazza è divertito, per niente arrabbiato. Non è il tono di una ragazza rifiutata o gelosa.

«Lei è dolce, decisa, allegra e testarda. Lei è tutto è il contrario di tutto. È perfetta». Oh, Paban.

«Mamma mia! Sei proprio innamorato perso! A me non hai mai detto queste cose» ridacchia Iraida.

“Forse perché non te le meritavi! Lui ama me!” penso e mi sento potente a percepire tutto l'amore del ragazzo del mare nei miei confronti.

Non riesco a sentire la risposta che Paban dice sottovoce. Il sonno mi avvolge, e il mio ultimo pensiero è che gli incubi mi lascino stare, almeno per qualche ora.

 

In effetti, gli incubi non ci sono nei miei sogni, ma nella realtà sì e me ne accorgo subito quando vengo scossa dalle mani poco gentili di Iraida.

«Svegliati, principessa. Svegliati che c'è una bella sorpresa per te». Il suo tono è beffardo e cattivo e ancora prima di aprire gli occhi sono già vigile e pronta a scattare.

Non ho più la mano di Shae nella mia.

Alzo la testa di scatto e non vedo Paban nel suo sacco a pelo, né accanto al fuoco che sta crepitando non lontano da noi.

«E' il nostro turno?» faccio finta di essere ancora assonnata, ma con la mano tasto nel mio sacco per trovare lo spadino che mi tengo sempre accanto quando dormo.

«E' il tuo turno» ribadisce Iraida. Quando mi prende per i capelli e inizia a trascinarmi sono ormai pronta a difendermi. Ma dov'è Paban?

 

Con uno scatto mi accovaccio e poi mi lancio lontano dalla candidata del quattro, colpendo di striscio il braccio che mi tiene i capelli. Immediatamente lei lascia andare le ciocche ed io posso mettermi in piedi e brandire lo spadino nella posizione di difesa, come ci hanno insegnato al centro di addestramento.

È ancora notte, direi quattro o cinque ore da quando sono andata a dormire. Mi giro intorno e, grazie ai riverberi del fuoco e alla luce della luna, individuo Paban e Shae, legati a un albero sul limitare della giungla.

«Cosa gli hai fatto?» chiedo.

«Niente. Shae sta ancora dormendo... quei fiori sono un portento aggiunti alle bacche soporifere. Paban si è distratto un attimo a guardarti e ci ho messo un secondo ad atterrarlo. L'hai proprio conciato per le feste, ragazzina. Un tempo non si sarebbe fatto fregare in questo modo» commenta con una notevole vena di soddisfazione nella voce.

 

«Perché? Cosa vuoi farci?» sono perplessa. Come mai questa imboscata?

«A loro niente. È te che mi hanno incaricata di uccidere» risponde con un ghigno e mi si gela il sangue. Chi è che vuole uccidermi e per quale ragione?

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci arrivati alla fine.

Abbiamo ritrovato la nostra simpaticissima Iraida che nasconde ben più di quanto abbia fatto capire in realtà. Mi sembra di scoprire sempre lati nuovi di questi personaggi. Sfaccettature rimaste nascoste sino ad ora. Segreti inconfessabili.

 

Si accettano scommesse su chi potrebbe essere il cattivo del caso…

 

Se non avete idee, dovrete aspettare la prossima settimana. Per ora vi lascio un piccolo spoiler, come al solito:

 «Hai visto il biglietto? Hai letto con i tuoi occhioni dolci dolci, il tuo nome?» chiede ancora. Si sta divertendo alle mie spalle. Sento l'irritazione salire nel petto e, con un briciolo di razionalità, rifletto che devo calmarmi e ragionare, altrimenti lei avrà vinto in due secondi…

Il banner postato sarà l’immagine di John, il primo vincitore degli Hunger Games della Pace, dal distretto 3. il giovane mentore che aiutava Beetee.

 

Non mi resta che ringraziarvi ancora per l’attenzione.

Alla prossima

Baciotti.

 

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Capitolo 24
*** il bombardamento ***


 

Ciao a tutti!

Anche oggi posto in ritardo di un giorno e anche oggi devo ammettere di non aver pronto il prossimo capitolo quindi non posso postare nulla prima di una settimana.

Detto questo, ringrazio chi mi ha inserito tra le preferite (45!), ricordate e seguite e chi ha recensito o solo letto il capitolo e spero anche apprezzato.

 

Su suggerimento di Elenri (la mia bannerista ispiratrice co-autrice di facce) ho deciso di battezzare il capo stratega VENATIO CRUEL. Non male, mi piace. Ha qualcosa a che fare con “caccia spietata” e mi sembra azzeccato.

 

Inoltre ringrazio Elenri per questo particolare banner che mi ha rifatto e rimaneggiato tre volte prima di arrivare a questo che era quello che volevo io.

Vi presento JOHN, il primo vincitore degli Hunger Games della Pace, aiuto mentore del distretto 3, personaggio importante per il quale farete il tifo sin dal prossimo capitolo.

 

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E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«È te che mi hanno incaricata di uccidere» risponde con un ghigno e mi si gela il sangue. Chi è che vuole uccidermi e per quale ragione?

Iraida si lascia andare a una risatina di scherno prima di aggiungere «E non mi chiedere chi sia che tu vuole morta. Non te lo dirò. Sono stata contattata con un paracadute argentato e quando ho letto il mandante… devi aver fatto qualcosa di davvero brutto,  Chyna Mellark... come vedi, non c'era margine di errore. Sei tu la prescelta».

Sono allibita. Mi vogliono uccidere. Qualcuno vuole la mia morte, tanto da incaricare Iraida di fare il lavoro sporco.

«Perché non mi hai cercato prima?» chiedo.

Devo farla parlare e dico la prima cosa che mi viene in mente.

Alle sue spalle, vedo Paban che si agita e strattone le corde nel tentativo di liberarsi, mentre Shae ha la testa a ciondoloni sul petto. Li ha imbavagliati, perché non riuscissero ad avvisarmi. Ma ha voluto strafare e svegliarmi al posto di uccidermi nel sonno.

 

«A dire il vero io ti cercavo. Ho ricevuto il paracadute due giorni dopo il bagno di sangue e da allora ho cercato di trascinare Rainer e Nazig lontano da qui, ma loro non si allontanavano mai dal centro dell’arena e io non volevo dar loro motivi per dubitare di me» risponde mentre guarda distrattamente la sua spada, saggiandone il filo.

«Mi hai svegliata» non era una domanda. «Perché non uccidermi nel sonno?».

«E dove sarebbe tutto il divertimento? Poi, lo sai come funzionano gli Hunger Games. Per vincere devi sconfiggere i tuoi nemici, e adesso, uccisa te, io ho vinto… come vedi, due piccioni con una fava» esulta.

 

«Chi è? Chi mi vuole morta?» grido arrabbiata. Non voglio morire senza sapere il perché.

«Ti ho detto che non te lo dirò» risponde mentre fa un piccolo passo verso destra.

La guardo attenta. Non mi faccio sfuggire nessun gesto, potrebbe assalirmi in qualsiasi momento e voglio sapermi difendere. Sono pronta per i suoi attacchi.

«Perché mai vorresti tenere per te un segreto che è destinato a morire con me? Fai conto che sia il mio ultimo desiderio» cerco di blandirla ma lei ride e scuote la testa.

«Bel tentativo, principessa. Niente da fare».

 

«Allora credo che tu voglia solo togliermi di mezzo per avere Paban solo per te. Lo sai che ti odierà a morte dopo, e non avrai più alcuna possibilità» provo un'altra tattica, voglio vedere se il suo amor proprio salta fuori oppure no.

«E cosa ti fa pensare che voglia ancora quello là?». No, decisamente non salta fuori.

«Perché secondo me stai mentendo. Nessuno ti ha dato ordini, sei solo gelosa!». Beccati questa!

Iraida, inaspettatamente, si mette a ridere sguaiata «Io gelosa? Non potrei essere gelosa di te neanche se tu fossi dieci volte più bella e credimi... non lo sei per niente» risponde lei.

«E' inutile che cerchi di offendermi, non mi incanti. Ho ragione» ribadisco.

 

Le nostre gambe si sono mosse lentamente, come se fossimo ai confini di un cerchio disegnato sul terreno. Stiamo continuando a scrutarci con le lame in mano. Mi sento un po' svantaggiata. Iraida è più abituata di me al corpo a corpo e io non credo di riuscire a farcela, ma venderò cara la pelle. Non mi farò sconfiggere senza lottare per la mia vita. Ho tanto ancora da vivere e soprattutto voglio sperimentarla con quel ragazzo biondo che adesso sta cercando di liberarsi per venire a lottare al mio fianco.

Anche per lui, non voglio perdere. Non si salverebbe da Iraida così legato.

 

«Allora ti spiego una cosa» ricomincia a parlare «Lui ha sempre cercato solo il sesso. Quando ci siamo messi insieme era solo per sesso. Non sono mai stata innamorata di lui. Quando ho parlato alle interviste è stato solo per dargli fastidio e per dare fastidio a te... Cielo! Hai fatto una faccia impagabile! Solo per quello è valsa la pena di stuzzicarti».

«Ha cercato solo sesso con te, ma ha voluto altro da me. Lui vuole amore» ribadisco.

«Ti ho detto che non mi interessa!» urla alzando la spada e che scende veloce sulla mia testa. Ho appena il tempo di scansarmi e parare con lo spadino.

A quel punto si riprende e sospira con un lamento. «Se mi avessero detto che eri così fastidiosa ti avrei fatta fuori già al Centro di Addestramento».

 

«Ragiona, Iraida! Se davvero non fossi gelosa, non reagiresti così» cerco di irritarla sempre di più. Sento che sta per cedere e per lasciarsi sfuggire qualcosa.

«No. Hai ragione. Se fossi solo gelosa non mi sporcherei le mani, mi volterei e me ne andrei. Non ha senso abbassarmi a tanto...» risponde per poi continuare sottovoce. «Alfie doveva dirmelo che eri così noiosa  e petulante. Sei uno strazio».

Ha concluso il suo commento ma io non l'ho neanche sentito. Mi sono fermata al nome e si è fermato anche il mio corpo. Scioccato. Annichilito.

Alfie. Alfie Down. Il nostro presentatore.

No. Devo aver capito male. Come può volermi morta? Perché? Non gli ho mai fatto niente, neanche gli ho mai parlato prima di questi giochi!

 

«Davvero credevi di essere entrata nell'arena per puro caso?» chiede ridacchiando.

No. Lo sapevo già che c'erano stati dei brogli nelle estrazioni dei giochi, ma come per me, anche per altri candidati in altri distretti.

«Hai visto il biglietto? Hai letto con i tuoi occhioni dolci dolci, il tuo nome?» chiede ancora. Si sta divertendo alle mie spalle. Sento l'irritazione salire nel petto e, con un briciolo di razionalità, rifletto che devo calmarmi e ragionare, altrimenti lei avrà vinto in due secondi.

«Nessuno ha mai letto i biglietti con i nomi» rispondo io.

«Sbagliato. Il sindaco controlla sempre i nomi alla fine della cerimonia della mietitura. Non lo sapevi? Con tutti quei soldi in palio, è un obbligo nei confronti del governo. Però, quest'anno no. Quando sono arrivati al controllo finale, tutti i biglietti delle bocce erano stati bruciati. Che ne pensi allora?».

 

Nel frattempo che parlava ha menato due fendenti dall'alto verso il basso, per saggiare la mia attenzione. Fatico a parare ma ci riesco. Devo concentrarmi di più su quello che fa, non su quello che dice, anche se è enormemente difficile.

«Alfie non può aver pilotato le estrazioni per tutti i distretti» rispondo con la prima cosa che mi viene in mente e mi accorgo di aver detto una cosa molto sensata.

«Esatto. Quasi tutti i presentatori erano d'accordo. Nel nostro distretto per esempio. Il nipote di un vincitore? Tra tutti i ragazzi che c'erano? Non poteva essere la mano del fato».

«E nel due? Nell'undici?» non ricordo esattamente tutti i familiari dei passati vincitori ma ricordo che ce n'erano tanti.

«Nell'uno e nel due è stata solo fortuna... o sfortuna, come vuoi» risponde agitando molle la mano, come a scacciare una zanzara. «In altri sì. Hemmo è stato un colpo di genio. Lo hanno voluto apposta, perché sapevano dei suoi trascorsi non proprio limpidi».

 

Un brivido di disgusto mi trapassa la schiena. Hemmo? Sapevano delle devianze di Hemmo? Come è possibile?

«Vedi, il tuo amichetto ha sempre avuto il pensiero per... azioni un pochino violente. Da piccolo si divertiva a torturare gli animali. Sapessi cosa mi ha raccontato riguardo al suo gattino. Ne ha fatto scempio!». Come fa? Come può ridere al solo ricordo? Io me lo immagino ed ho ribrezzo per tutti e due!

«Così lo hanno mandato per uccidere?».

«Non credo. Piuttosto volevano aumentare il tasso violento dei giochi. Un po' per aumentare gli ascolti» fa spallucce prima di abbattere nuovamente la spada sulla mia testa. Di nuovo paro e mi salvo dal colpo.

«Perché hanno fatto entrare i discendenti dei vincitori?» chiedo.

«A dire il vero non lo so» risponde di getto, poi ci ripensa «Sai dove è meglio nascondere un albero?» chiede maliziosa.

La guardo come se fosse un alieno. Di che sta parlando? Comincia a fare gli indovinelli?

«Okay, non ci arrivi. Allora te lo dico io: un albero lo nascondi in una foresta. Un sasso lo nascondi nel letto di un fiume... ci sei?» ridacchia.

Ed è come una epifania. Dove si dovrebbe nascondere un albero? In una foresta. Un sasso? Nel letto di un fiume. Un morto? In mezzo ad altri morti. Un morto erede di un vincitore dei vecchi Hunger Games? In mezzo ad altri morti eredi di un vincitore dei vecchi Hunger Games.

 

«Alfie non poteva fare tutto da solo, neanche con l'aiuto degli altri presentatori» ragiono ad alta voce e, per la prima volta, provo io un affondo che Iraida para senza fatica.

«Presumo che tu abbia ragione. Pensa! Sei al centro di un grande complotto... cos'hai tu per godere di tanta attenzione?» chiede.

Cos'ho io? Non sono importante. Non sono che una ragazzina. Sono solo Chyna... Chyna Mellark.

Spalanco gli occhi per questa rivelazione. Sono una Mellark. Sono la figlia di Peeta Mellark vincitore dei settantaquattresimi Hunger Games e sopravvissuto ai settantacinquesimi giochi e alla rivolta dei distretti contro Capitol City e il vecchio presidente Snow.

Ma soprattutto sono Chyna, la figlia di Katniss Everdeen, la vincitrice dei settantaquattresimi vecchi Hunger Games e colei che è fuggita dall'arena dei settantacinquesimi giochi, facendo saltare definitivamente non solo il campo di forza che circondava il terreno di gioco, ma anche il poco equilibrio tra i distretti e la capitale di Panem. Io sono figlia della Ghiandaia Imitatrice.

 

Non è per chi sono ma per cosa rappresento.

I distretti sono ancora pieni di gente che venera i miei genitori. Cosa farebbero se io fossi palesemente in pericolo nella resurrezione dei giochi che tutti odiavano? E se io morissi? Chi griderebbe la sue sete di vendetta insieme alla mia famiglia?

Sicuramente buona parte di Panem sarebbe sconvolta. Posso anche pensare che sarebbe facile per chiunque ritrovarsi con un esercito di persone assetate di giustizia. A maggior ragione se con me sono morti altri ragazzi giovani, come è successo in realtà. La rivolta di trenta anni fa ha dimostrato che insieme si può battere chiunque. Anche il vecchio regime dittatoriale del presidente Snow.

Ho paura che se una persona di adeguato carisma riuscisse a parlare alla folla e indirizzare l'odio verso qualche obiettivo, potrebbe davvero impadronirsi del potere.

Non sarebbe difficile trovare una scusa per chiarire chi ha la colpa della fame e della miseria diffusa nel paese. Io, noi candidati, siamo la miccia. La miccia che può innestare una nuova rivolta.

E chi ha ordito tutto questo è la persona che vuole salire al potere.

 

Tutto questo mi appare chiaro in una frazione di secondo, come se l'avessi sempre saputo.

«Sai chi vuole salire al potere? Chi vuole prendere il posto della Paylor?» chiedo a Iraida, mantenendo sempre la posizione di guardia.

«Cosa vuoi che ne sappia io? La politica non fa per me! Io devo solo occuparmi della piccola Mellark e guadagnare il mio futuro tranquillo e sicuro. Sei un buon passaporto per la ricchezza» risponde serafica.

«Ma non sei neanche un pochino curiosa?» faccio io. So che non mi cambierebbe più di tanto, ma avere le idee chiare mi potrebbe aiutare nell'uscire da questa trappola.

«A dire il vero no. Adesso basta parlare, voglio finire il mio lavoro e vincere questi Hunger Games» risponde prima di gettarsi contro di me, menando fendenti dall'altro in basso.

 

Iniziamo a combattere. Iniziamo a combattere e io mi sento perduta. Iraida è forte, è abituata al corpo a corpo. In più è ancora buio e il fuoco si sta spegnendo, lasciando solo la fievole luce della luna a illuminare il duello.

Cerco di difendermi alla meno peggio. Quando la spada arriva da sopra, alzo il braccio e difendo la testa, sul davanti incrocio la lama.

Man mano che passa il tempo riesco a prendere più confidenza delle movenze e inizio a fare qualche timido affondo.

«Ma guarda... la coniglietta si è svegliata... mica mi diventi una tigre?» mi prende in giro Iraida.

Non cedo sicuramente alle sue provocazioni. Sono concentrata sul combattimento. È l'unico modo per restare viva.

 

Incrociamo ancora le lame e lei si appoggia con il suo corpo contro di me, per farmi cadere. Io resto stoicamente in piedi e salto via, riprendendo subito la posa di guardia. Mi lancio io, questa volta, contro di lei, affondando lo spadino vicino al costato. Lei riesce a evitare con un balzo per un soffio e, girandosi, mi colpisce di striscio al braccio.

«Colpita. E uno! Aspetta che ne arrivino anche altri e vedrai come ti affetto per benino» ridacchia Iraida.

Non le do retta e mi preparo per il suo prossimo attacco.

Sono pronta quando si muove contro di me, cercando di colpirmi il ventre. Con un balzo evito la lama e ribatto, sfiorandole l'omero, ma senza neanche lacerare la stoffa della maglietta.

Continuiamo a affondare e parare, senza una reale supremazia di una di noi rispetto all'altra.

Sono migliorata parecchio se non è ancora riuscita a battermi e a farmi fuori.

 

I minuti scorrono lenti tra il clangore delle nostre spade che si incrociano. Il cielo si sta rischiarando e tra poco sarà l'alba. Più in là, la giungla si sta risvegliando con i suoni gutturali e striduli degli animali.

Ogni tanto ci giriamo intorno, come due fiere che si studiano, pronte per saltare e sbranarsi azzannando la gola.

Iraida ricomincia ad attaccare menando fendenti a tutto spiano ed attaccando avanza come una furia, facendomi indietreggiare mentre cerco di parare le sue stoccate.

Un sasso mi colpisce il tallone e cerco di contrattaccare ma lei è più forte e mi trovo sbilanciata all’indietro.

“E’ la fine” penso mentre mi accorgo di cadere schiena a terra.

In un attimo Iraida incombe su di me e sorride trionfante. Alza la spada sulla testa e si prepara a calare il fendente che mi toglierà da questo mondo. Cerco di mettere lo spadino in modo di potermi difendere, ma so già che se riuscirò a scampare al primo taglio, non ce la farò per quelli successivi.

 

Ormai sono rassegnata quando, all’improvviso, due braccia circondano le spalle della mia nemica e la sollevano letteralmente da terra, per poi scaraventarla a un paio di metri da me.

Sorrido riconoscente a Paban che è riuscito a liberarsi appena in tempo.

«Dammi lo spadino» ordina massaggiando il polso arrossato. Ha anche la sua spalla sinistra che sembra avere una angolazione strana. Sembra che si sia slogato le articolazioni.

Gli passo l’arma mentre mi alzo.

«Cosa ti sei fatto?» chiedo senza osare sfiorare il suo braccio. Ha il volto pallido e la fronte imperlata di sudore. Probabilmente sta soffrendo le pene dell’inferno per sopportare il dolore alla spalla.

«Non preoccuparti e vai a prendere il tridente» ordina Paban mentre si avventa su Iraida.

Corro immediatamente verso il fuoco, dove sono appoggiate le nostre armi e raccolgo il tridente e un coltello.

 

«Paban, togliti di mezzo!» urla furiosa Iraida. Si avventa contro il suo compagno di distretto come se ne andasse della sua vita. E in effetti è così perché da come la sta guardando il ragazzo del mare, non credo che riuscirà ad uscirne viva.

Paban è senza dubbio più forte di lei, ma avendo il braccio inutilizzabile, pur usando la destra per difendersi ed attaccare, non riesce a sovrastarla con la sua mera potenza.

Li guardo per un attimo, mentre riprendo fiato. Sono abbastanza distante e sto pensando se è il caso che anche io intervenga tra di loro. Ho paura di distrarlo troppo e che lasci scoperto qualche punto che quella vipera potrebbe colpire.

 

Sto ancora soppesando come fare a distogliere Paban dal duello e difenderlo, quando vedo Iraida fare una mossa e contromossa seguita da una finta e un affondo, degna di un manuale di alto livello. Costringe Paban a scoprirsi e lo colpisce con un taglio laterale all'altezza dell'ultima costola.

Grazie all'impatto con l'osso, non può affondare di più la lama, ma tanto basta per interrompere il suo combattimento e farlo accasciare dal dolore.

«Paban!» urlo. Getto a terra il tridente. Lui non è in grado di usarlo, con il braccio fuori suo.

C'è solo una cosa che posso fare.

Raccolgo l'arco con una mano e la faretra con l'altra, che con un gesto automatico, infilo a tracolla. In meno di un secondo ho preso una delle cinque frecce che mi restano, l'ho incoccata e sto cercando di mirare a un punto vitale di Iraida.

Non mi interessa ferirla. La voglio morta e fuori dai giochi. Adesso. Prima che faccia ancora più male al mio Paban.

 

Il fatto di definire Paban come mio, mi dà un leggero brivido, ma scaccio subito questa sensazione e mi concentro su come colpire lei senza ferire lui.

Paban si è rialzato, tenendo la mano sul fianco ferito, para ancora un paio di stoccate furiose da parte di Iraida. Non è più in grado si contrattaccare. Rischia di farsi uccidere in questo modo.

Se solo si abbassasse...

«Non volevo ucciderti! Ho sperato tanto che qualche trappola mi avesse tolto questa incombenza» dice Iraida con voce quasi dolente. Come se le dispiacesse davvero uccidere il suo compagno di distretto.

«Siamo stati bene, noi due. Ma tu non avevi che lei in mente... quando mi hanno offerto di farla fuori durante i giochi, ho esultato. Sarebbe stata la vendetta perfetta per tutte le lacrime che avevo versato per te» sibila. Ha uno sguardo arrabbiato e folle.

«Non riuscirai a farle del male. Te lo impedirò a qualunque costo» risponde lui lanciandosi contro di lei.

 

Non ho ancora abbastanza spazio per colpirla senza rischi per Paban. Sono impaziente. Seguo la lotta puntando la mia freccia su loro due. La corda dell'arco mi sta incidendo la guancia, ma io non sento nulla. Sono concentrata sul mio obiettivo: il collo di Iraida.

Continuano a scambiarsi colpi, ma quelli di Paban sono sempre più deboli, e alla fine si scopre ingenuamente e la spada di Iraida affonda nel suo petto.

«No!» urlo.

Nello stesso istante che il mio grido lascia le labbra, Paban si accartoccia su se stesso e crolla in ginocchio e Iraida estrae la spada grondante di sangue per poi alzarla sopra la sua testa in modo da dare il colpo di grazia. È a gambe divaricate, le braccia alzate, ferma con la testa leggermente inclinata in basso per guardare Paban una ultima volta, e la mia freccia parte, implacabile, e si conficca nel suo collo, facendola crollare e soffocare nel suo stesso sangue.

Come a rallentatore, lascia la spada che si conficca di punta sul terreno vicino al corpo ferito di Paban, e lei alza gli occhi al cielo e cade a terra, fredda.

 

«Paban!» urlo ancora. Corro verso di lui e mi inginocchio al suo fianco. Lui ormai è a terra rannicchiato su se stesso. Scomposto.

Lo volto delicatamente verso di me e mi tolgo quel che resta della mia giacca sbrindellata per pigiarla con forza sulla ferita del petto da cui sgorga un fiotto copioso di sangue. Anche il suo fianco è ferito e la pelle mostra un taglio netto e sanguinante.

«Paban… ti prego, Paban, rispondimi» imploro. Mi sento dolere la testa digrigno i denti. Non voglio piangere. Non serve a niente adesso. piangerò quando si sarà salvato e starà bene. Piangerò di sollievo perché altre opzioni non ce ne sono. Anche solo il pensiero di perderlo è intollerabile e non permetto neanche che si affacci al mio cervello.

«Paban, rispondimi… ti prego… Paban» sussurro. Singhiozzi silenziosi mi squassano il petto. Ha gli occhi chiusi e il respiro affannato.

La ferita la petto mi preoccupa tantissimo. È profonda. Non gli ha toccato il cuore, altrimenti sarebbe morto sul colpo, ma potrebbe aver danneggiato i polmoni. Vorrei poter fare qualcosa. Vorrei avere i miei libri, una sala operatoria, gli strumenti necessari per curarlo al meglio e farlo guarire.

«Resta con me… Paban, resta con me… non mi lasciare» supplico.

 

Un rantolo esce dalla sua bocca, insieme a un rivolo di sangue. «Non ti lascio» risponde in un soffio. Non apre gli occhi. La sua mano si solleva di pochissimo e poi crolla sul suo ventre insanguinato, inzuppandogli le dita.

Mi si gela il sangue! «Fa che non sia morto… fa che non sia morto…» ripeto sottovoce mentre mi chino ad ascoltargli il cuore. Metto due dita sotto il suo naso per constatare che sta respirando.

Un lievissimo tepore mi colpisce i polpastrelli e riesco a sentire le pulsazioni dalla carotide.

«Resta con me» ripeto ancora una volta.

Mi guardo attorno affranta. Potessi avere qualcosa per curarlo.

 

Mi alzo e corro verso Shae. Voglio controllare anche lei, un minuto, prima di raccogliere tutto quello che ho e tornare a occuparmi di Paban.

La trovo ancora addormentata contro l’albero. Le corde sono molli attorno al suo busto ma ha ancora i polsi legati.

Le libero mani e piedi e lei scivola lentamente appoggiando la testa a terra. Poi corro agli zaini e prendo quello con tutte le nostre medicine. Mi servono le fasciature e fili per suturare.

In un attimo sono al capezzale di Paban, ancora una volta.

 

Mentre sto esaminando il contenuto degli zaini, sento il colpo di cannone.

Quello che segnala la morte di un candidato. Quello che ho sentito il primo giorno dopo il bagno di sangue e che negli ultimi giorni non si è più udito in nessuna parte dell’arena.

Sobbalzo e mi guardo attorno.

Che siano tornati gli strateghi nella postazione video sulla montagna? Se è così non avremo scampo per fuggire. Ci terranno qui sino a quando non faranno arrivare degli ibridi o un’altra inondazione a farci fuori. A farmi fuori, visto quanto mi ha detto Iraida.

 

Sento un altro colpo e poi un altro. Sembrano sempre più vicini e non capisco come sia possibile.

Non sono i colpi che annunciano la morte dei candidati. Adesso che ci faccio caso, sono più come bombe che scoppiano. Come missili che vengono scagliati. Sono esplosioni.

 

Mi guardo attorno. Cosa sono queste esplosioni?

Ormai il cielo è chiaro e si vedono gli uccellini che sorvolano l'arena in stormi. Un gruppo sta volando verso di noi.

Qualcosa cade dagli animali e sorrido pensando che quei pennuti non hanno ancora imparato a mettersi il pannolino. Poi mi accorgo che non sono uccelli. Sono hovercraft. E quello che rilasciano non sono escrementi. Sono bombe. Che esplodono e fanno saltare in aria le piante della giungla e le rocce delle montagne. E si stanno avvicinando.

 

Mi prende il panico. Mi volto verso Shae e la vedo coperta dall'albero alla quale era stata legata.

Io e Paban siamo senza copertura. All'aperto.

Devo trasportarlo verso gli alberi, altrimenti ci colpiranno. Passo le braccia sotto le sue ascelle e metto tutta la mia forza per trascinarlo. Non dovrei spostarlo. Gli farà perdere ancora più sangue, ma non possiamo restare così scoperti, altrimenti ci colpiranno e saremo morti in pochi istanti.

È una fatica che mi esaurisce, ma riesco ad arrivare sotto il primo albero frondoso che delimita la giungla.

Corro ancora a raccogliere le armi e agguanto un braccio di Iraida e la nascondo nella cornucopia. Poi corro velocemente verso Paban.

Non sono ancora arrivati e spero che non lancino delle bombe anche qui vicino, altrimenti dubito che riusciremo a passare indenni.

 

Controllo ancora una volta Paban. Sta rantolando e respira a fatica, ma è vivo.

Guardo in cielo e vedo gli hovercraft che arrivano. Le bombe vengono ancora sganciate a intervalli regolari. Non c'è un bombardamento fitto e scientifico. Non a “tappeto”. Ma è comunque pericoloso.

Stanno arrivando ed io inizio a tremare.

Il rumore di una decina di hovercraft è davvero assordante, per non parlare delle esplosioni delle bombe e del rumore delle piante abbattute e dei massi sbriciolati.

Quando li sento sulla mia testa, non ragiono neanche e mi getto sul corpo di Paban per proteggerlo con il mio. Non so quanto possa essere efficace ma non voglio che venga ulteriormente ferito. Già così ha urgente bisogno di cure.

 

Gli hovercraft sono sopra di noi e alcune bombe vengono sganciate nella piazza. Pezzi di pietra selce si sollevano e schizzano in varie direzioni. Una scheggia mi colpisce alla tempia, urlo dal dolore. Ho la vista appannata quando mi rialzo a controllare che niente abbia colpito Paban e sospiro di sollievo. Almeno lui non ha subito ulteriori danni.

 

In quel momento sento la terra tremare sotto le mie dita, ma è diverso dalle esplosioni delle bombe che ci sono state sinora. Vedo che accanto alla cornucopia si apre una voragine nel terreno, dal quale emergono delle persone.

La prima che vedo mi sembra di riconoscerla. È un ragazzo di venticinque anni o giù di lì, mi sembra di conoscerlo ma non riesco a metterlo bene a fuoco. Sulle sue spalle trasporta un piccolo lanciamissili. Si inginocchia e spara verso il cielo, verso gli hovercraft, colpendo l'ala di uno di loro, il quale subito inizia a precipitare sopra la giungla, sino a schiantarsi ed esplodere.

Guardo altre persone uscire dal buco. Sembrano piccoli insetti verdi e marroni che iniziano a lanciare missili contro gli hovercraft, cercando di abbatterli.

Due di questi, non appena sono saliti nella piazza, non si fermano con gli altri ma corrono verso di me.

 

Imbraccio l'arco e incocco una freccia, ma mi blocco un secondo dopo essermi posizionata a scoccare il dardo. Riconosco le due persone: sono Jayson e mia madre, Katniss, e stanno correndo verso di me.

L'unica cosa che riesco a sussurrare è un flebile «Siamo salvi» mentre inizio a piangere dal sollievo sul petto di Paban. È finita. Possiamo uscire da questo inferno.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

decisamente impegnativo questo capitolo.

Abbiamo scoperto un pochino (ve lo aspettavate Alfie? Mi sono accorta che i presentatori lo ho snobbati e invece erano perfetti nella macchinazione) di cose e altre domande sorgono spontanee.

Siamo quasi alla resa dei conti, abbiamo davanti cinque capitoli intensi e un epilogo. Tutti i nodi, più o meno prevedibili verranno chiariti.

 

Ho una preghiera: è possibile che mi dimentichi di spiegare qualche cosa, se così fosse ditemelo, oppure comunicatemi quello che volete sapere, così inserisco direttamente la spiegazione nel racconto.

 

Adesso vi lascio lo spoiler del prossimo capitolo:

Si inginocchia accanto a me, con Shae ancora tra le sue braccia e comincia ad accarezzarla dolcemente chiamandola «Shae… Shae, amore, svegliati… ti prego, tesoro, torna da me» mormora…

E chi sarà mai?

Il banner della prossima settimana sarà un personaggio cui avevo appena accennato, ma importante fuori dell’arena: FENIX. Ricordate chi è?

 

Bene, non mi resta che augurarvi buona domenica,

alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 25
*** l'uscita ***


 

Ciao a tutti!

Scusate il ritardo nel postaggio ma non ho proprio avuto tempo, anche se il capitolo era già pronto da qualche giorno.

Non sto più lì a ringraziare tutti, sappiate solo che, grazie a voi, questa storia è finita tre le 40 storie più popolari della sezione Hunger Games (penultima ma meglio di niente). GRAZIE!

 

Adesso postiamo un personaggio nuovo: FENIX uno stratega, vicino al nuovo capo ma amico di Plutarch. E grazie a Elenri per averne trovato la faccia!

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

L'unica cosa che riesco a sussurrare è un flebile «Siamo salvi» mentre inizio a piangere dal sollievo sul petto di Paban. È finita. Possiamo uscire da questo inferno.

«Chyna!» grida Jayson correndo verso di me. Riconoscere la sua voce, anche in mezzo alle esplosioni, è una cosa meravigliosa. Mi sembra di essere a casa, al sicuro, e non c'è niente di meglio di questa sensazione.

«Jayson! Mamma!» urlo.

«Chyna!». Anche mia madre urla. Jayson è quello che arriva prima. Si lascia cadere in ginocchio e mi abbraccia forte, nascondendo la sua testa bionda nell'incavo del mio collo.

«Chyna, stai bene?» chiede concitata mia madre, abbracciandomi stretta e cominciando subito a tastarmi per constatare che sono viva lì accanto a lei.

 

Mi lascio abbracciare e stringere. E piango. Sono salva. Siamo salvi.

«Portami fuori di qui» pigolo.

«Certo, tesoro. Subito» risponde lei. Alle sue spalle una quindicina di uomini stanno lanciando missili contro gli hovercraft e ne hanno già abbattuti almeno tre, mentre gli altri stanno scomparendo all’orizzonte.

«Dobbiamo andarcene da qui! Subito!» grida un uomo in lontananza.

«Vado a chiedere aiuto per trasportare Paban» dice Jayson alzandosi e correndo verso gli altri.

 

«Sei sicura di stare bene?» chiede ancora mia madre mentre controlliamo Paban. «Sei ferita alla testa».

«E' solo un graffio» minimizzo. «E' più brutto di quel che sembra. È lui quello messo peggio» concludo, mentre carezzo leggera la fronte del ragazzo del mare. Guardo se stanno arrivando i soccorsi. Quanto ci mettono per una barella?

«Lo cureremo. Non preoccuparti» mi consola mia madre.

«Come siete arrivati?» mi guardo attorno e inizio a preoccuparmi «Dov'è papà?». Come mai non è qui con loro?

Mamma sospira profondamente. «Stammi bene a sentire. Siamo in una brutta situazione fuori di qui. Ci sono rivolte e scontri armati... Peeta è stato ferito» appena lo dice mi scappa un gemito di orrore e inizio a tremare dalla paura.

«No, no. Calmati. È ferito ma in modo lieve... voleva venire anche lui ma l'ho costretto a restare al sicuro». Non mi guarda in faccia e questo mi fa sospettare che ci sia dell'altro.

«Mamma, ti prego. Dimmi la verità, sta bene?».

«E' al sicuro e sta bene. L'ho rinchiuso a chiave in una stanza e ho lasciato Johanna e il vecchio Plutarch Heavensbee a guardia. È stato colpito di striscio a un braccio, ma tra quello e la sua gamba... non potevo lasciarlo venire qui. Ho già dovuto sopportare l’incoscienza di tuo fratello e ti assicuro che sarò tranquilla solo quando vi avrò portato tutti al sicuro» mormora tentando di fare un sorriso.

Adesso la riconosco. Il suo primo pensiero è sempre tenerci al sicuro, a costo della sua vita. Lo era trent'anni fa con mio padre e zia Prim, lo è oggi con papà, Jayson e me. Chissà quanto ha patito vedendomi rinchiusa qui dentro.

La abbraccio di slancio e lei fa altrettanto, carezzandomi i capelli.

«Andrà tutto bene» sussurra convinta.

«Lo so. Ci sei tu con me» ribatto «E’ impossibile che qualche cosa vada storto con la Ghiandaia Imitatrice» e lei ride.

 

Verso di noi sta correndo il ragazzo che ha lanciato il primo missile contro l’hovercraft e porta Shae tra le braccia. Adesso lo riconosco! È John, il primo vincitore degli Hunger Games della Pace, l’aiutante mentore di Beetee del distretto 3.

«Chyna! Non si sveglia! Cosa le è successo?» dice con tono terrorizzato. È la sua candidata, la ragazza che viene dal suo distretto ed è l’unica sopravvissuta con me e Paban. È naturale che sia preoccupato.

«Non ti preoccupare, John. Iraida l’ha drogata ma sta solo dormendo» gli spiego, ma poi rimango spiazzata dai suoi gesti.

Si inginocchia accanto a me, con Shae ancora tra le sue braccia e comincia ad accarezzarla dolcemente chiamandola «Shae… Shae, amore, svegliati… ti prego, tesoro, torna da me» mormora.

 

Sia io che mia madre, guardiamo stupiti questa dimostrazione dei amore.

«Allora sei tu il suo fidanzato!» esclamo in automatico.

John fa solo un piccolo sorriso, continuando a carezzare il volto di Shae e senza distogliere lo sguardo.

«Non voleva si sapesse per evitare delle gelosie. Avevamo deciso di renderlo pubblico una volta finiti i giochi, come se ci fossimo innamorati adesso» risponde.

«Scusami, John. Non ho capito quanto doveva essere dura per te, là fuori con lei qui» commenta mia madre con aria contrita.

Di nuovo sorride «Non fa nulla. Ha avuto l’intelligenza di allearsi con le persone migliori che l’hanno protetta e salvata» e punta i suoi occhi nei miei. «Non potrò mai ringraziarti abbastanza per averle salvato la vita al bagno di sangue».

«Ci siamo aiutate a vicenda. Tutti quanti» rispondo.

Non sto minimizzando. È proprio così. Se non ci si aiuta, gli Hunger Games… questi Hunger Games, ti schiacciano.

 

«Eccoci!» grida Jayson tornando con altre tre uomini e una specie di lettiga. Con enorme cura, spostiamo Paban sul tessuto e lo solleviamo dagli appositi angoli.

«John, la porti tu Shae?» chiede Jayson, vedendo la candidata del 3 tra le braccia.

«L'aiuto io» dichiara mamma, aiutando John ad alzarsi e accompagnandolo alla voragine che ci porta al piano sottostante.

Seguo la barella. Per un attimo mi si sdoppia la vista e poi si annebbia, prima di tornare normale. Devo essermi alzata troppo in fretta.

Velocemente attraversiamo la piazza e cerchiamo di scendere con attenzione. Il terreno non è stabile e la terra frana leggermente, ma la priorità e non muovere troppo Paban che sta gemendo dal dolore nel dormiveglia.

 

Ricordo vagamente i corridoi asettici che avevo attraversato al momento dell’entrata dell’arena. Adesso è tutto distrutto. Uno scorcio di guerriglia urbana con pavimenti dalle  piastrelle saltate, muri scheggiati o bucati, luci intermittenti o spente e soffitti scrostati.

«Dove porteremo Paban?» chiedo affrettandomi a restare al suo fianco, insieme agli altri che lo stanno trasportando.

«Fuori di qui c’è un hovercraft che ci porterà in un ospedale alla periferia di Capitol City. Il nostro quartier generale è lì vicino» spiega telegrafico Jayson.

Praticamente corriamo e nel giro di dieci minuti siamo a bordo e stiamo volando verso la nostra destinazione. Stranamente non riconosco i corridoi. Forse non sono stata attenta, l'ultima volta che ci sono passata. Mi sembrava che curvassero dolcemente, mentre adesso percorriamo una linea retta. Ho quasi la sensazione che sotto l'arena ci fosse un labirinto e non solo le “camere di lancio”.

 

Quando raggiungiamo l'esterno il sole è ormai alto nel cielo. A pochi passi da noi, si staglia sul terreno brullo, un'ombra gigantesca.

È un hovercraft solo. È evidente che per questa spedizione hanno monitorato attentamente il nemico per non farsi abbattere.

Ci sono diverse scale di corda che ci permetteranno di salire, grazie alla corrente elettrica che ci calamita al dispositivo, ma mi chiedo come possano issare Paban a bordo.

Quando vedo calare una specie di asse, mi sento meglio e decisamente sollevata. In men che non si dica ci troviamo a bordo pronti a partire.

 

Sono seduta accanto a un tavolo dove hanno appoggiato Paban e due medici lo stanno visitando, mentre un terzo sta controllando la mia testa.

«Non è grave» sento dire da un medico, e subito mi esce un grandissimo sospiro di sollievo.

«La lama sul petto ho trapassato solo tessuti molli. I polmoni sono salvi. Dovremo solo ricucire».

«Ha perso molto sangue. La pressione sta scendendo, dovremo fare presto una trasfusione».

«C'è una sacca di plasma. Cominciamo con questa. Tu sutura il fianco, i penso qua».

«Dovremo mettergli a posto la spalla lussata».

«Quando si sarà stabilizzato e dopo la trasfusione».

Ascolto attentamente il botta e risposta dei due medici. Non sembrano particolarmente allarmati. È probabile che Paban se la cavi con un paio di cicatrici e una bella storia da raccontare ai nipotini.

 

«Segui il dito» mormora il mio dottore, mentre sposta l'indice da destra a sinistra e mi fissa negli occhi. Ubbidisco docile. Ho solo un leggero mal di testa, ma dubito che altre persone non risentano di quanto ho subito io. Mi sembra il minimo.

«Dovrò farti altri esami ma sembra che non ci sia niente di grave... anche se...» il medico mi distrae dai pensieri verso Paban.

«Anche se?» chiedo curiosa.

«Mi preoccupa. C'è qualche cosa che non va agli occhi. Devo fare altri accertamenti. Tu non devi muoverti e non devi affaticarti, sino a quando non avremo scoperto tutto» ordina.

«Non bisogna dirlo a mia madre. Lei è estremamente apprensiva con la sua famiglia... per favore» bisbiglio con fare cospiratorio e implorante al dottore che mi ha visitata e medicata.

Lui annuisce benevolmente, facendomi un buffetto sulla guancia. «Non sia mai che Katniss Everdeen si agiti. Rischieremmo di andare a ferro e fuoco. Tu prometti che ti riguarderai come ti ho detto e io starò zitto» promette. Mimo un grazie accorato e mi volto nuovamente a guardare Paban che ora sta dormendo tranquillo mentre gli altri dottori lo curano.

I monitor che controllano il suo battito cardiaco, risuonano nella sala nell'hovercraft ed è il suono più incoraggiante del mondo.

 

Non ci vuole molto, mi sembra che sia meno che all'andata.

Quando sento che il veicolo si sta abbassando, mi accorgo che mia madre non era accanto a me e neanche Jayson, John e Shae e mi chiedo dove siano. Il fatto che mi abbiano lasciato in questa sala di medicazione mentre loro sono riuniti chissà dove per discutere di chissà cosa mi fa infuriare.

Credono che non sia in grado di partecipare? Credono che non possa fare la mia parte? Sono sopravvissuta all'arena! Ho ucciso anche! Posso sentire e soprattutto capire cosa è successo in questo periodo, da quando siamo stati isolati a quando sono iniziati i giochi in senso stretto.

Controllo ancora Paban che sta riposando tranquillo e mi alzo, nonostante i rollio che sento sotto i piedi.

 

In fondo alla sala delle medicazioni, è acceso il segnale di allacciare le cinture, ma io non mi soffermo neanche e proseguo ondeggiando verso la porta che mi fa accedere a un corridoio stretto. Sento parlare in fondo al corridoio  e riconosco il tono arrabbiato di mia madre e di Jayson. Ci devono essere altre persone, lì dentro.

Con fatica raggiungo la porta ma non riesco ad afferrare la leva che la fa aprire. Mi si sdoppia la vista e sto annaspando. Scuoto la testa per focalizzare meglio e in quello stesso momento la porta viene aperta e mi trovo faccia a faccia con un uomo serissimo di almeno quarant'anni, dai connotati spigolosi e con una lunga cicatrice che gli taglia il viso nella parte sinistra, dalla fronte al mento. Solo guardarlo fa venire i brividi e tutte le terminazioni nervose urlano pericoloso!

 

«Oh! Chyna Mellark! Benvenuta a bordo, bambina. Siediti! Stiamo scendendo e non ho voglia di raccoglierti mentre ruzzoli per l'hovercraft» dice scansandomi poi senza gentilezza e proseguendo per il corridoio per poi sparire in una porta che si apre sulla destra.

Resto spaesata e basita per questo incontro e mi volto verso le altre persone all'interno di quella che sembra una sala da pranzo, con un grande tavolo ovale e tante sedie attorno.

Sul divano, in fondo alla stanza, dal lato opposto alla porta, è coricata Shae, che sta parlando sottovoce con John che è accucciato accanto a lei.

 

Mi avvicino a una sedia che gira su se stessa, inchiodata al pavimento e mi siedo per poi allacciare la cintura.

«Tesoro, stai bene?» chiede subito mia madre, che è seduta accanto a Jayson e a Finnick Odair Junior. Vicino a me ci sono Gale e il mentore del distretto 13 e quello del dieci.

«Chi era quello?» chiedo indicando la porta.

«Un consigliere del governo, molto vicino alla Paylor. Apollo Yoismith» risponde Finnick. «Ci sta aiutando a capire chi sta dietro a tutto quello che è successo».

«Prima di tutto, raccontaci cosa è successo dal momento in cui sono morti Hemmo e Alicia. Da quel momento non abbiamo più ricevuto immagini» interviene Jayson «Plutarch ci ha provato con tutti i suoi contatti ma non è più riuscito a farci vedere qualcosa».

 

Immaginavo che trovare la sala dei video così deserta, fosse un presagio di questo, ma la cosa mi lascia lo stesso sconvolta. Abbiamo passato l'inferno lì dentro e nessuno ne è testimone?

Comincio a raccontare quanto è successo, la trappola in cui è caduto Dick e il boschetto dagli alberi lisci. Il salvataggio e l'orribile morte di Thabo.

Quando finisco di descrivere l'incendio che ho appiccato, mi accorgo che Gale mi sta abbracciando ed io sto piangendo sopra la sua spalla.

Mia madre ha gli occhi chiusi e il volto rivolto al soffitto, come se si rifiutasse di ascoltare. Eppure so che lo sta facendo e contemporaneamente sta rivivendo quello che ha vissuto lei. Gli Hunger Games rovinano, diceva la nonna, e adesso capisco che è la verità. Non mi passerà mai. Potrò attenuarne gli effetti, ma non passerà mai.

 

Racconto della sala dei video che abbiamo trovato sulla montagna.

«Ecco! Lo sapevo che c'era qualche cosa per riunire i segnali» esclama John che si è avvicinato al tavolo, lasciando Shae ancora sdraiata sul divano e con gli occhi chiusi.

«Lei sta bene?» chiedo.

«Sì. Solo che non è ancora in grado di parlare. Ha pensieri sconnessi. Credo sia sull'orlo di una crisi e non ho voluto pressarla con altri pensieri» risponde lui.

«Per questo chiediamo a te» sottolinea mio fratello.

Allora non mi resta che continuare, penso. Ricomincio a parlare di Rainer e Nazig che abbiamo visto nei video, poi racconto della fine di Ilixo e Dick, facendo scorrere alcune lacrime sulle guance di Roxie, la mentore del distretto 10. «Povero ragazzo» mormora accorata.

«Poi non è successo niente, sino a questa notte, quando Iraida ha deciso di attaccarmi» concludo ormai afona.

 

L'hovercraft è fermo a terra e alcune persone ci invitano a scendere per rifugiarci nelle sedi opportune. Subito vengo condotta verso il quartier generale mentre scorgo un paio di lettighe che portano Shae e Paban verso l'ospedale, una struttura giallo paglierino lì accanto.

Non appena siamo di nuovo in una sala, simile a quella dell'hovercraft, ricomincio a raccontare.

Sono arrivati anche Plutarch, il vecchio Capo Stratega dell’Edizione della Memoria, l’ultima dei vecchi Hunger Games, ed è tornato Apollo Yoismith, quello che sembra il capo di tutta l’operazione.

«Iraida ha dato del sonnifero a Shae. Io e Paban ci eravamo allontanati» arrossisco al ricordo del nostro bacio «E quando siamo tornati, lei dormiva profondamente, perciò Paban e Iraida si sono disposti per la guardia notturna e io mi sono addormentata. Durante la notte lei ha colpito Paban e l'ha legato insieme a Shae, poi è tornata a chiamarmi e abbiamo iniziato a lottare».

«Ti ha detto il perché voleva ucciderti?» chiede mia madre.

«Ha detto che ha ricevuto un ordine da un paracadute durante il secondo giorno, dopo il bagno di sangue» rispondo.

Jayson annuisce. «E' vero, ricordo che ha ricevuto un paracadute, ma non abbiamo visto cosa contenesse il cestino appeso e visto che lei non ha fatto una piega... pensavamo non fosse importante».

 

«Ha detto che non credeva ai suoi occhi e che dovevo aver fatto arrabbiare qualcuno di importante per averle mandato quel messaggio» dico ancora, ricordando il mio alterco con Iraida e i miei patetici tentativi di farle dire la verità.

«Ti ha detto altro?» chiede ansiosa mia madre.

Scuoto la testa a diniego. «No. Ho tentato di farla parlare, prendendola in giro e dicendole che era gelosa di me e Paban e schiaffandole in faccia il nostro amore…» nello stesso momento che quelle parole lasciano le mie labbra mi accorgo del grosso errore commesso, soprattutto davanti alla mia famiglia.

Jayson ridacchia accanto a me, accompagnato da quello che credo sia Vick Hawthorne, il fratello di Gale, e un altro paio di persone. Solo l’amico della mamma guarda lei con apprensione e lei guarda me con occhi spalancati.

«Chyna… non…» non la lascio finire che la interrompo subito.

«Mamma, non è il momento per questo. Ne parleremo più avanti da sole» ribatto decisa. «Quello che è più importante è che mi ha detto che alcuni presentatori facevano parte del complotto».

 

Tutti i presenti mi guardano più interessati che mai.

«Così avrebbe un senso l’estrazione» mormora John. Sicuramente Beetee aveva espresso a lui le sue perplessità, prima ancora che agli altri alla sfilata.

«Ha detto che il distretto uno e due non erano coinvolti. Non so esattamente per gli altri, mi ha parlato del distretto 4 e del distretto 9 come certi, ma credo che si riferisse a tutti quelli che hanno estratto un discendente dei vincitori».

«Credo anche io che sia andata così» afferma Finnick.

«Ma è vero che i sindaci controllano i biglietti dopo l’estrazione?» chiedo curiosa.

«A quanto ne so, sì. È la prassi, ma ho visto solo contare i biglietti nelle bocce, non controllare i nominativi» risponde Gale.

«Iraida mi ha detto che quest’anno li hanno bruciati».

«E’ quello che mi ha detto Johanna quando ha assistito alle estrazioni nel suo distretto di origine» conferma Gale.

A questo punto non ho altro da riferire, ma voglio sapere quello che è successo qui mentre io ero chiusa dentro l’arena.

 

Sto per parlare quando il mentore del distretto 13 mi anticipa.

«Credo che con questo abbiamo saputo tutto quello che potevamo, riguardo l’arena. Sappiamo che qualcuno ti vuole morta a tutti i costi, visto che vi hanno inviato un paracadute per farvi tornare alla Cornucopia. È stata una fortuna che avessimo deciso di fare irruzione proprio questa mattina».

«L’ho sempre detto che sei quella fortunata» esclama Jayson.

Se ritiene essere fortunata, il vedere i tuoi amici fatti a pezzi e uccisi nei modi più disparati… ha davvero un bel problema in testa.

«Non rispondergli. Probabilmente, Katniss l’ha fatto cadere in terra quando era piccolo» commenta Gale ridacchiando alla mia espressione.

«Oppure ha sniffato colla» dice Vick.

«E’ rimasto troppo sott’acqua quando gli faceva il bagnetto» rincara Finnick.

«Okay! Ho capito! Sono stato un idiota!». Mio fratello ride e alza le mani, facendo ridere tutti gli altri.

Quando mi fissa negli occhi, capisco che ha stemperato l’atmosfera solo per me, e ancora una volta mi accorgo di quanto gli voglio bene.

 

«Dobbiamo rintracciare i presentatori. Se chi c’è dietro tutto questo, sa che abbiamo liberato gli ultimi candidati, potrebbe pensare che abbiamo Iraida tra le mani. Mandiamo subito una squadra per catturare quei debosciati e vediamo se qualcuno riusciamo a farlo parlare. Questa è la prima bella notizia che ci arriva da quando è iniziata questa storia!» esclama Apollo sbattendo una manata sul tavolo ed alzandosi subito per impartire gli ordini.

«Adesso, per favore, qualcuno vuole spiegarmi cosa sta succedendo qui?» sbraito invece io, bloccando tutti i presenti sul posto a guardarmi come se fossi la pazza di turno. Non mi interessa un granché di quello che pensano, in ogni caso. «Io sono stata rinchiusa per un mese. Ho visto i miei amici morire. Ho ucciso! E adesso voglio sapere perché!». Sbatto il mio pugno sul tavolo tanto forte che sento le vibrazioni nel braccio che si propagano sino al mio cervello, e di nuovo mi si appanna la vista. Meglio che resto calma o potrei peggiorare.

 

Non so se mia madre se ne accorga o sia semplicemente una precauzione ma inizia subito a dare ordini a me e Jayson che sbuffa insofferente.

«Jayson, aspettate qui qualche minuto. Vado a liberare vostro padre». Papà! Sorrido immediatamente. Poi si rivolge direttamente a me. 

«Dopo però, Chyna, andrai a farti visitare per bene. Voglio essere sicura che non ci siano conseguenze all’arena. Ti lascio tuo fratello per fargli tutte le domande che vuoi. Così saprai cosa è successo a Capitol City mentre tu non c’eri» conclude con un piccolo sorriso.

Io ghigno in direzione di mio fratello che invece sbuffa. «Uffa! Volevo venire anche io dai presentatori!» protesta, ma nessuno gli dà retta e restiamo seduti in attesa di nostro padre Peeta.

La mamma mi ha rassicurato che sta bene ed è stato ferito in modo lieve, ma voglio sinceramente di persona.

 

Per questo quando lui entra con un braccio appeso al collo, mi alzo e gli corro incontro, schiantandomi letteralmente contro il suo petto. «Ought!» si lamenta per il colpo ed io mi allontano subito.

«Scusami, papà» mormoro mortificata per avergli fatto male.

«Non essere stupida e abbracciami. Devo sentire che stai bene» mi risponde con un gran sorriso e io ubbidisco ben lieta.

«Mi dispiace non essere riuscito a proteggerti da tutto questo... non avrei mai voluto che subissi questa tortura» mormora soffiando nei miei capelli.

Mi stringo più forte a lui. So che si è sentito impotente, esattamente come mia madre. Ma, mentre lei agisce e fa in modo di fare qualcosa, lui pensa alla mia mente, alle mie sensazioni per aiutarmi e supportarmi.

«Papà, non è colpa tua» rispondo. Stiamo ancora stretti qualche minuto, poi Jayson mi richiama.

«Vai. Parleremo un'altra volta. Adesso devo andare da tua madre a litigare per avermi rinchiuso». Mi bacia sulla fronte ed esce, lasciandomi ridacchiante al solo pensiero della discussione tra i miei genitori. Spero che non la facciano davanti agli altri o mia madre potrebbe perdere la testa e colpire lui solo per farlo stare zitto.

 

Quando io e Jayson usciamo ci accoglie un pallido sole stanco. Stanco come me.

Arrivo in ospedale dopo pochi minuti ed incontro subito il medico che mi ha visitato che mi accompagna direttamente in una camera per completare la diagnosi.

Fatico non poco a tenere mio fratello fuori dalla stanza. Non voglio che senta quello che mi dirà il dottore.

Mi fa passare dentro alcuni macchinari e praticamente mi ispeziona la testa. Mi sento come se tentasse di aprirmi il cranio come un melone. Mi punta in faccia varie luci che mi causano un mal di testa lancinante, e dopo circa un'ora mi fa accomodare sul lettino per dirmi i suoi risultati.

«Questa notte dovrai rimanere qui in osservazione e domani mattina raccoglieremo gli ultimi dati, poi sarai libera».

Tutto tempo sprecato. «Ha trovato qualche cosa?» chiedo cercando di mostrarmi tranquilla.

«Per ora niente di strano» mi rincuora.

 

Quando esco dalla stanza, Jayson è seduto su una sedia e sta chiacchierando con una ragazza dai capelli lisci e scuri e dal viso simpatico che mi sembra di avere già visto.

«Eccomi. Questa notte ti tocca farmi compagnia e raccontarmi quello che è successo». Cerco di sembrare entusiasta del fatto che non posso ancora allontanarmi dall'ospedale come vorrei, e anche mio fratello dimostra la stessa gioia.

«Uffa» borbotta, poi si ricorda della tizia accanto a lui. «Forse non l'hai mai vista. Lei è Grace, una delle inservienti che mi hanno ospitato quando sono stato cacciato dal dormitorio di voi candidati». Fa le presentazioni ed io ricordo alcune battute che si sono scambiati lui e Paban a proposito delle due gemelle e giochini vari. E arrossisco. Mentre mi allungo e stringo la sua mano nella mia.

«Io sono Chyna, sua sorella» rispondo al sorriso che mi fa la ragazza, per niente imbarazzata.

 

Subito mi ricordo che non era da sola. «Dov'è tua sorella?» chiedo.

L'atmosfera rilassata cambia di colpo raggelandosi.

«Glory non ce l'ha fatta» mormora Grace, asciugandosi una lacrima che subito precipita dal suo occhio. «E' stata uccisa lo stesso giorno dell'inizio dei giochi nell'arena».

Spalanco gli occhi sconvolta. Già da quel giorno è successo qualche cosa di grave.

Guardo mio fratello, nella speranza che finalmente si decida a chiarirmi le idee e lui sospira pesantemente.

«Va bene. Andiamo in camera tua, tu ti corichi e noi ti raccontiamo tutto quello che ti sei persa mentre eri impegnata a sopravvivere agli Hunger Games», e prendendo per mano Grace, mi precede verso una delle camere che si aprono nel corridoio al primo piano della struttura sanitaria.

 

Non sono mai stata ubbidiente come in quel momento. Mi corico nel letto e sistemo il cuscino in modo da poterci appoggiare tranquilla le spalle. Mi copro con il lenzuolo e mi metto, vigile ed attenta, ad ascoltare quello che mi diranno.

«Tu sai che già la sera delle interviste ci sono stati dei tafferugli» inizia Jayson .

Annuisco seria «Sigma mi aveva detto che qualcuno aveva lanciato dei sassi al palazzo del governo rompendo dei vetri» rispondo.

«Esatto. Quando si è visto che le armi erano pericolose ed uccidevano, gli scontri sono aumentati. Gente di ogni età è scesa in piazza per protestare contro questa edizione degli Hunger Games e quando qualcuno ha iniziato a colpire i militi, questi hanno risposto al fuoco».

Una scintilla.

I giochi erano stati una scintilla gettata in un campo di sterpaglie, e in un secondo era divampato un fuoco incontrollabile.

«Non sappiamo chi abbia fomentato la gente, ma ci siamo ritrovati con una guerriglia per le strade nel giro di una settimana e con almeno cinquanta morti e qualche centinaio di feriti».

«Tra cui Glory» mormoro.

Sembra l'inizio dell'apocalisse e ho paura che ci sia di peggio.

Faccio segno a Jayson di continuare con il suo racconto e lui, dopo un profondo respiro, ricomincia.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci arrivati alla fine del capitolo. E un passaggio questo, per cominciare poi a raccontare tutto quello che è successo fuori.

Come già ipotizzato tempo addietro, sarà Jayson a raccontare quello che ci siamo persi in questi quindici giorni di Hunger Games.

 

Allora? Vi piace il nostro John per la dolce Shae? Scrivendo mi è venuta in mente questa coppia e non mi sono sentita di far morire anche lei.

 

Adesso vi lascio con un piccolo spoiler della prossima puntata e vi annuncio che il prossimo banner sarà Grace, così vedremo questa ragazza che sembra piacere così tanto al nostro Jayson.

Era tutto completamente vuoto.

Non c’era niente di niente. Neanche un mobile, una sedia, una scrivania, un video. Nulla.

Plutarch, ma soprattutto Fenix, erano molto preoccupati. Allo stratega non era stato detto nulla, il che voleva solo dire una cosa: era stato scoperto. Ormai era palese che faceva il doppio gioco e non ci si poteva fidare di lui. Venatio Cruel aveva intuito tutto. Come avesse fatto era un mistero…

 

Rinnovo l’invito a scrivere se volete sapere qualche cosa in particolare, così evito di dimenticarmi dei punti che ritenete fondamentali (la mancanza dei colpi di cannone, ad esempio)

 

Alla prossima settimana

Grazie per l’attenzione

baciotti

 

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Capitolo 26
*** il racconto ***


 

Ragazzi salve.

Sono di corsa pertanto vi posto il capitolo, ringrazio chi legge e recensisce.

Ringrazio Elenri per il banner di Grace (io non sono proprio così… ma come avatar mi ci rispecchio… che topina! Sognare non costa).

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Facendo un grosso respiro, Jayson inizia a raccontare quello che è successo al di fuori dell'arena.

 

La mattina dell'inizio dei giochi, io e Vick eravamo nell'appartamento di Grace e Glory e guardavamo la televisione. Dovevamo aspettare il tardo pomeriggio per incontrarci con Plutarch e Fenix e fare il punto della situazione.

Plutarch voleva liberare i mentori e pensavamo che, avendo tutta l'attenzione della popolazione sui giochi, potevamo avere via libera riguardo alla sede dove li tenevano prigionieri.

Avevamo già fatto un sopralluogo e sapevamo che i militi non erano tantissimi. Con un buon piano potevamo sgominarli in fretta.

 

Stavo ancora guardando il televisore, mentre indossavo un giubbotto imbottito sotto il maglione, quando ho visto che iniziava il bagno di sangue.

Vederti lì a correre mentre sangue vero schizzava da tutte le parti… è stato orribile, come ascoltare gli incubi di mamma e papà, ma questa volta non eravamo a casa nostra, questa era reale e tu eri in pericolo.

Io e Vick siamo usciti di corsa per incontrarci con Fenix. Grace e Glory sono uscite per andare al palazzo dei dormitori ma sono state intercettate da alcuni gruppi che marciavano per protesta verso il palazzo del governo.

Lì si sono trovate un plotone di militi in uniforme antisommossa, pronti ad aprire il fuoco sulla folla.

La Paylor è comparsa sul balcone della presidenza e ha invitato tutti alla calma.

Non so quanti l’abbiano ascoltata.

 

Ad un tratto un ragazzo dai capelli neri e il volto semicoperto ha lanciato una pietra contro il presidente, colpendola in fronte. Altri sassi sono stati lanciati verso i militi e questi hanno iniziato ad avanzare usando il manganello a scariche elettriche  per difendersi.

Così ci sono stati i primi feriti.

La gente scappava e urlava. Grace e Glory sono state separate dalla folla e si sono trovate alle estremità della piazza davanti al palazzo del governo. Poi qualcuno ha azionato un piccolo ordigno che ha fatto saltare in aria l’angolo est. Ha fatto un buco nel terreno, grande quanto tre autocarri e il muro di cinta del giardino presidenziale è crollato. Glory era lì sotto e non c’è stato niente da fare per lei.

 

Noi eravamo già sotto il palazzo dove erano rinchiusi i mentori e gli strateghi. Quando abbiamo sentito le sirene ci siamo nascosti appena in tempo.

Davanti a noi sono passati altri militi, usciti proprio dal palazzo che volevamo assaltare. Se l’impressione era quella, avremmo trovato pochissimi guardiani ai mentori.

«Forza, entriamo» ha esclamato Fenix «Dobbiamo far presto... gli strateghi sono all'ultimo piano e con l'inizio dei giochi saranno troppo occupati per pensare ai mentori».

«Non dovresti essere vicino a Cruel?» ho chiesto io.

«Questa mattina non mi ha voluto» fa spallucce e si raddrizza gli occhiali sul naso.

Non mi sembrava un buon auspicio, ma in quel momento dovevamo pensare ai mentori. Avevamo bisogno di altre braccia con molta esperienza come loro.

 

Quando siamo entrati, esattamente come pensavamo, ci siamo ritrovati con un paio di militi nella hall del palazzo e qualche inserviente che ci ha subito indicato il piano da raggiungere.

Devo dire che i militi hanno collaborato in modo davvero solerte: Vick si è anche lamentato di non aver sparato un solo colpo.

Al piano dei mentori ci siamo trovati ben altra accoglienza.

Un gruppo di militi ha cominciato ad arrivare con le armi in pugno.

Mamma, papà e Gale hanno assalito la guardia davanti alle loro porte e Johanna ha preso le armi. Finnick e Gunther sono riusciti a disarmare le altre guardie del salotto e John ha preso quella a guardia del bagno. Figuriamoci che controllavano anche il cesso!

 

A quel punto ci siamo trovati, noi dalla porta di entrata a sparare contro i militi e i mentori ad attaccarli sul retro. In pratica erano tra due fuochi, ma non per questo la cosa non era pericolosa.

All'improvviso sono arrivati altre tre guardie che, probabilmente, si erano attardate da qualche parte.

Avevano già i fucili spianati, pronti a fare fuoco alle spalle di mamma e papà e degli altri che non se ne erano accorti. Allora mi sono messo a urlare ed Enobaria è stata la più rapida a reagire e si è messa davanti alla schiena della mamma e si è beccata una pallottola al petto, proprio sopra il cuore.

Questo ha dato il tempo anche agli altri di reagire e difendersi. In pochissimo tempo i militi sono stati uccisi e gli ultimi quattro si sono arresi gettando a terra i fucili.

 

Enobaria era ancora a terra e tossiva, sputando sangue.

«Perché mi hai salvata?» ha chiesto la mamma.

«Ti dovevo l'immunità e altri trenta anni di vita...» la sua risposta era un soffio «Ho... ho pagato il mio debito... Ghiandaia Imitatrice... grazie. Non te l'avevo mai detto» e, detto questo, era spirata.

La mamma, quando spiavo le sue discussioni con papà, ha sempre detto di non avere grande stima di Enobaria, visto che all'Edizione della Memoria, voleva ucciderli, ma quando è morta, mi è sembrato di vedere una lacrima nei suoi occhi.

 

Purtroppo non potevamo stare lì troppo a lungo e quindi ci siamo affrettati, salendo all'ultimo piano del palazzo, per colpire gli strateghi e bloccare di fatto questi Hunger Games.

Quando si sono aperte le porte dell'ascensore, mi aspettavo di trovare un plotone di militi a crivellarci di colpi, invece abbiamo trovato solo un vecchio inserviente con una scopa e una paletta in mano che urlava terrorizzato e gettava cartacce in giro «Aiuto! Pietà! Non uccidetemi!».

Devo confessare che era abbastanza comica come situazione.

Noi armati sino ai denti contro un poveretto che non si reggeva neanche sulle sue gambe.

In compenso quando abbiamo ispezionato il piano, abbiamo trovato una brutta sorpresa.

 

Era tutto completamente vuoto.

Non c’era niente di niente. Neanche un mobile, una sedia, una scrivania, un video. Nulla.

Plutarch, ma soprattutto Fenix, erano molto preoccupati. Allo stratega non era stato detto nulla, il che voleva solo dire una cosa: era stato scoperto. Ormai era palese che faceva il doppio gioco e non ci si poteva fidare di lui. Venatio Cruel aveva intuito tutto. Come avesse fatto era un mistero.

Fenix era stato molto accorto. Aveva incontrato solo Vick e Plutarch nell’appartamento di Hawthorne. E nessuno sapeva che Vick voleva contrastare questi Hunger Games. Non c’era una resistenza. Nessuno stava lottando contro il potere centrale di Capitol City.

Il governo della Paylor era duro ma giusto. La vita era difficile sia nella capitale che nei distretti. Si cercava di stare tutti bene, anche se era difficoltoso.

 

Comunque, nel quartier generale degli Strateghi non c’era nessuno e questo creava altri problemi.

Dove erano tutti? Dove erano le leve dei comandi dell’arena?

Mamma e papà erano davvero preoccupati, così come John. Anzi, lui era proprio fuori di testa. Aveva addirittura scaricato un interno caricatore di un fucile contro un muro della sala degli strateghi, per la frustrazione. E nessuno aveva capito il perché di questo scatto eccessivo… sino ad oggi.

 

A quel punto era necessario riorganizzarsi e anche in fretta.

Visto che volevamo farvi uscire dall’arena, sani e salvi, abbiamo cercato un posto dove stare. I quattro militi che si erano arresi, hanno cominciato a darci consigli e a fare commenti su dove potevamo andare e cosa potevamo fare per contrastare il potere degli strateghi.

Per quella sera ci siamo divisi tra le case di Vick, Plutarch e della ragazza di Fenix. Io sono tornato a casa delle gemelle in compagnia di papà e mamma che volevano ringraziare le ragazze.

Purtroppo, non mi aspettavo la notizia che ci stava aspettando.

Abbiamo trovato Grace in terra che piangeva disperata su una fotografia che ritraeva lei e Glory insieme.

In quel momento abbiamo scoperto la portata dei tumulti che ci sono stati nella capitale e soprattutto le contromisure prese dai militi e dal governo. Le bombe, gli spari, le cariche.

 

La mamma l'ha presa per le spalle e l'ha accompagnata a letto. Deve averle parlato della zia Prim.  Almeno secondo quanto pensava papà. Forse era l'unica che potesse capirla davvero. Anche lei aveva perso una sorella troppo presto. Non erano gemelle come Grace e Glory, ma erano lo stesso legate. Il fatto che la mamma si fosse offerta volontaria al posto di Prim negli Hunger Games, che avesse sempre messo la sorellina davanti a tutto e a tutti ne era la dimostrazione.

Comunque, il mattino dopo sembrava che tutto fosse più tranquillo in giro.

Grace è andata a lavorare in lacrime e noi siamo andati da Plutarch, tutti coperti e incappucciati come se fosse pieno inverno al distretto 12.

 

Quando siamo arrivati alla villa di Plutarch, ci siamo trovati davanti un cumulo di macerie e pezzi di muro ancora fumanti. Delle persone che dovevano esserci dentro non c'era traccia.

A quel punto ci siamo trovati per la strada, nella capitale, da soli. Il problema era che eravamo ricercati. Avevamo visto uno spot alla televisione tra un'immagine degli Hunger Games e l'altra. In pratica c'erano i volti dei mentori, accusati di aver abbandonato i candidati e quindi ricercati dai militi per tradimento al governo.

Abbiamo strisciato contro i muri sino all'alloggio di Vick e qui abbiamo trovato Gale, sua moglie, Finnick, John e un milite di quelli che avevamo arrestato.

«Avete notizie degli altri?» ha chiesto papà, ma nessuno sembrava sapere niente, neanche dove potevano essersi rifugiati.

Poi mi è venuto in mente la casa della fidanzata di Fenix. Non sapevo dove si trovava, ma Grace sembrava esserne a conoscenza, visto che conosceva lo stratega da parecchio a quanto sembrava.

 

Abbiamo aspettato la sera che la gemella tornasse a casa e poi ci siamo fatti accompagnare a questo rifugio. A sorpresa ci siamo trovati all'interno di un enorme palazzo, con tantissime stanze e con accanto un piccolo ospedale, il tutto alla periferia della capitale.

In pratica dove siamo adesso.

I genitori e gli zii della fidanzata di Fenix erano dei fedelissimi ai distretti, e filogovernativi. Il fatto di conoscere di persona la Ghiandaia Imitatrice come mia madre, mi ha fatto guadagnare una bellissima camera con vista sul giardino d'inverno, interno, bagno personale con idromassaggio e sauna e scala per accesso privato alla piscina. Una vera pacchia. Anche Grace ha apprezzato molto.

 

Qui abbiamo trovato Plutarch che è riuscito a salvarsi per un pelo. Ci ha raccontato che gli hanno attaccato la casa, facendo saltare in aria la villetta. Fortunatamente sono riusciti a salvarsi grazie alla stanza segreta blindata nell'interrato. Sono rimasti uccisi solo due militi e il mentore del distretto 8, purtroppo.

 

Visto che ci siamo trovati in una specie di quartier generale, abbiamo cominciato a guardarci attorno per capire la situazione globale e non solo quella che si respirava nell'arena da te.

I padroni di casa, entusiasti di collaborare, ci hanno messo a disposizione i loro collegamenti con il resto dei distretti e tutte le immagini disponibili nell'etere.

Abbiamo piazzato Plutarch davanti al televisore e abbiamo iniziato ad analizzare i video.

 

Ci siamo trovati con alcune proteste più o meno violente in quasi tutti i distretti.

C'erano persone che si riunivano spontaneamente e andavano a chiedere spiegazioni davanti ai propri palazzi di giustizia. Nel nostro distretto c’era la nonna di Dick che chiedeva a gran voce di interrompere i giochi.

Non sembrava che ci fossero degli scontri violenti, ma i militi erano sempre minacciosi, a difesa delle piazze.

 

Nei distretti dove c’erano già stati i morti degli Hunger Games, stavano arrivando le salme dei ragazzi ed era soprattutto lì che c’erano le proteste più sentite.

Quando poi è morto Brieg, come un topo in una trappola, le rivolte, nei distretti sono state più violente e i militi hanno cominciato a caricare e ad applicare la legge marziale contro la popolazione.

I capi dei militi nei distretti, gli sceriffi, hanno cominciato a fare giustizia sommaria e a ogni punizione enunciavano quello che sembrava essere un editto del governo.

Tempo tre giorni e tutti erano arrabbiati con la Paylor e il suo entourage.

 

È a questo punto che è arrivato Apollo da noi.

Non uscivamo più dal palazzo per paura di farci riconoscere, visto che i mentori erano ricercati. Anche Grace non andava più a lavorare al palazzo dei candidati, tanto non c’era più nessuno.

Apollo ci ha portato le notizie che aveva avuto direttamente dalla Paylor.

«Sospettiamo che ci sia qualcuno del nostro gabinetto, che stia cercando di abbattere il governo. Sembra che le nostre contromosse contro queste manifestazioni di piazza, siano stravolte ancora prima di uscire dal palazzo presidenziale» ci ha detto subito.

Alla fine abbiamo saputo che Apollo e la Paylor si erano messi d’accordo in modo segreto e che lui doveva venire ad aiutarci.

Con lui sono arrivate parecchie armi fighissime che papà non mi ha ancora fatto usare, e anche l’hovercraft che ti ha fatto uscire dall’arena, oltre a qualche altra persona fedelissima all’attuale governo.

 

La presidente è rimasta al palazzo presidenziale a cercare di barcamenarsi, facendo in modo di non infierire contro il popolo e, nello stesso tempo, cercando di scoprire chi tra i suoi più stretti collaboratori, era il traditore.

Il primi due obiettivi di Yoismith erano:

far uscire dall’arena quanti più candidati vivi;

trovare dove erano rintanati gli strateghi.

 

Quello che era più logico era rivolgersi agli stilisti, loro erano gli ultimi che vi avevano visti. Purtroppo anche voi siete stati gli ultimi ad averli visti. Sigma e gli altri sono spariti nel nulla. Per questo dovevamo sguinzagliare tutti i nostri contatti e ne avevamo davvero pochi in Capitol City, visto che noi eravamo stranieri nella capitale e sia Plutarch che Fenix erano bruciati.

Ci siamo dovuti affidare a Agrom e Durin, i due militi che erano sopravvissuti che ci avevano assicurato la loro fedeltà.

In realtà non mi piaceva molto come Durin guardava Grace, mi sembrava volesse metterle le mani addosso e mi dava parecchio fastidio…

Comunque… tornando a noi, questi due e Vick erano gli unici a cui potevamo affidarci per girare indisturbati nella capitale a cercare indizi.

 

Non era noto dove fosse locata l’arena dove si stavano svolgendo i giochi. Vedevamo solo le montagne circolari e dalle rocce nere, con al centro la valle verde piena di piante strane che non dovevano neanche esistere a Panem.

Anche io ricordo quelle piante ma illustrate nei vecchi libri della scuola, non dal vivo con te in mezzo!

 

Da quel giorno hanno iniziato a girare in lungo e in largo per Capitol City.

La cosa più importante era riuscire a trovare gli strateghi. Se trovavamo loro, avremmo avuto in mano i comandi per eliminare tutti i rischi e, soprattutto, avremmo saputo dove vi trovavate.

Per non dare troppo nell'occhio, si sono portati dietro anche Grace. Secondo Durin, un tocco femminile sarebbe stato più normale, rispetto a tre uomini da soli. Giustificazione assurda.

Nel frattempo tu eri finita del fiume e ti eri ritrovata addosso Hemmo. Io, mamma e papà eravamo terrorizzati davanti al televisore mentre lui ti drogava e tu non potevi muoverti.

Avrei voluto entrare nello schermo e uccidere quel ragazzo con le mie mani. Mi straziava dentro, vedere le lacrime silenziose di mamma e i tremori alle mani di papà. Credo che non abbiano mai sofferto tanto come vedere te in quelle condizioni.

Non ti dico come ho esultato quando è arrivato Ilixo ad ammazzare quel verme. Gli avrei fatto un monumento. Ho offerto il mio dolce al mentore del dieci, per ringraziare.

 

Quel giorno Vick e gli altri fuori, si sono trovati con una specie di blocco stradale in una strada vicino al centro di addestramento. Alcuni militi hanno tirato dei colpi per aria e i nostri si sono affrettati a ritirarsi verso le strade più sicure. Provando a girare attorno all'isolato si sono trovati uno squadrone dei militi che sparava a raffica su una folla di cittadini che lanciavano bottiglie incendiarie contro quei soldati.

Grace mi ha detto che c'erano mobili, sedie e assi. Vick e Grace si sono messi ad aiutare i feriti, portandoli al riparo lontano dalla prima linea, mentre Agrom e Durin hanno cominciato a dare ordini su come tirare contro i loro ex colleghi.

Grazie ai contatti di Vick, abbiamo avuto la possibilità di avere un paio di furgoni e, con quelli, li abbiamo trasportati i feriti e i morti all'ospedale accanto alla nostra base.

 

Quella è stato l'inizio di una serie di  scontri con guerriglia urbana. E da quel momento i feriti e i morti sono comparsi per le strade della capitale.

Quello che nessuno ancora capiva era chi incitava i cittadini alla rivolta armata. I militi dovevano difendersi ed è logico, ma attaccare? E perché venivano attaccati?

Tutto quello che si sentiva sempre era che il governo lottava contro la gente. Le istituzioni si sentivano sempre più lontane.

 

«Non riusciamo a capire dove siano gli strateghi» aveva detto Durin tornando al quartier generale. Ogni volta che uscivano, ci riunivamo attorno a un grosso tavolo nella sala che hai visto e facevamo il punto della situazione.

In quel momento sono stato orgoglioso di essere figlio di Peeta Mellark, molto più di quanto non lo sia ogni giorno della mia vita. Papà ha iniziato a ragionare ad alta voce sulle prime barricate che abbiamo trovato. E se gli strateghi fossero proprio dentro il centro di addestramento? E se i militi fossero lì attorno per proteggerli?

«Direi che la cosa ha un senso» ha esclamato Gale, battendo una manata sulla spalla di papà, che per poco non andava diritto sul tavolo.

«Potrebbe essere vero. Magari si sono istallati negli appartamenti. Sono senza dubbio molto meglio del palazzo dove erano piazzati prima» ha confermato Plutarch.

 

Così ci siamo organizzati e abbiamo deciso di affrontarli. Ci siamo armati di tutto punto e ci siamo camuffati in modo di arrivare più vicino possibile all'obiettivo.

In totale eravamo in una trentina di persone. Abbiamo lasciato il vecchio Plutarch a guardia del forte e siamo andati. Io ho dovuto fare una furente litigata con mamma e papà per poter uscire dalla porta e con il solo impegno di stare vicino e ai loro ordini.

In pratica, dopo due giorni dallo scontro sulle strade, siamo tornati sotto il palazzo dell'addestramento e abbiamo cercato il modo di entrare.

I militi erano decisamente meno del primo giorno, e questo ci facilitava, senza alcun dubbio.

 

Fingendoci inservienti per il cambio dei turni che sarebbero terminati da lì a venti minuti, metà di noi sono entrati nello stabile e abbiamo iniziato a cercare le apparecchiature e il quartier generale degli strateghi.

Siamo riusciti ad arrivare alla palestra e qui abbiamo trovato una serie di consolle e schermi che riprendevano quanto era accaduto nell'arena sino a quel momento, senza tagli o oscuramenti.

John si è affrettato a scaricare i girati in modo da trasportarli da Plutarch per riuscire a scoprire dove vi avevano mandati, mentre noi altri cercavamo di intercettare il segnale.

Qualcosa deve essere andato storto a quel punto, perché abbiamo sentito un grandissimo fischio e sono cominciati a piovere proiettili.

Sono arrivati i militi nella stanza e hanno cominciato a tirare contro di noi e noi a rispondere al fuoco.

 

Hanno colpito papà a un braccio e alla coscia della gamba sana e mamma è andata fuori di testa. Ha iniziato a lanciare frecce esplosive. Forse un pochino esagerato, visto che ha rischiato di far crollare il soffitto, ma proprio grazie a quelle, siamo riusciti a uscire, ferendo o uccidendo i militi che ci bloccavano.

Quando siamo stati fuori ci siamo accorti che erano volate giù dal tetto delle antenne e delle parabole.

Non abbiamo capito prima a cosa servivano, ma quando siamo rientrati, sconfortati per non aver trovato gli strateghi, neanche questa volta, abbiamo trovato un Plutarch decisamente agitato.

I teleschermi sugli Hunger Games erano bui, vuoti.

Era come se si fosse perso il segnale. Non vedevamo più l'arena e non sapevamo più nulla di voi.

«Sicuramente i proiettili hanno danneggiato i sistemi» ha commentato Finnick.

Quello più perso era John che continuava a lamentarsi e a gettare oggetti contro le pareti per il fatto di aver perso il segnale. Pensavamo che fosse preoccupato per Shae, visto che era l'ultimo candidato che gli era rimasto del distretto 3. Non pensavamo certo che fosse preoccupato perché era innamorato di lei.

 

Comunque, da quel momento non avevamo più alcun contatto con l'arena.

Per televisione mostravano ancora i pezzi vecchi e gli spot che avevano registrato.

Nelle trasmissioni private e riservate per i governativi, si vedevano ancora gli scontri e i tumulti nei vari distretti. Per ora non avevano ancora scatenato i bombardieri, ma era solo questione di tempo prima che la situazione degenerasse e si usassero anche le bombe.

Alla fine, eravamo riusciti a trovare la sede nuova dei mentori ma non avevamo trovato nessuno e non  eravamo riusciti a trovare degli indizi che ci suggerissero dove eravate voi. Cioè un piano perfettamente riuscito.

 

A questo punto ci è toccato ricominciare da capo, controllando quello che veniva trasmesso sia dai distretti, sia dagli strateghi.

A circa due o tre giorni dalla nostra incursione nel centro addestramento, Vick ha trovato un inserviente che ha viaggiato sull'hovercraft che vi ha portato all'arena. Non che lui abbia potuto dirci dove eravate, ma sapeva chi c'era su quel veicolo, sapeva chi guidava e chi poteva sapere la rotta.

Con questi dati, siamo andati alla ricerca di queste persone.

È stato davvero estenuante e lungo.

Dovevamo trovare dei documenti, delle registrazioni, qualcosa che ci indicasse dove eravate finiti e la stessa cosa dovevamo fare per gli strateghi.

 

Apollo con i suoi agganci segreti al palazzo presidenziale, non aveva trovato nulla.

Sembrava che l'hovercraft fosse stato pilotato dai fantasmi.

Nei distretti, a parte alcune agitazioni, prontamente soffocate dai militi, sembrava che ci fosse una calma apparente. Come una lenta scossa sottoterra. La cosa sorprendente è che cominciavamo ad avere notizie sottobanco dai distretti.

Arrivavano dati e soffiate da quasi tutti i posti di Panem. Dal nostro distretto il sindaco comunicava con Plutarch riferendo le mosse dei militi. La stessa cosa ha fatto il sindaco del distretto otto. Dal distretto sei arrivavano notizie direttamente dallo sceriffo. Dal distretto 4 si riusciva a sapere qualcosa dalla famiglia di Paban e, per inciso, Annie Cresta sta bene, con gran sollievo di Finnick e della mamma.

 

Sembrava che nei distretti fossero tutti concordi ad essere contro il governo, colpevole di aver ceduto alla violenza negli Hunger Games, colpevole di voler nuovamente schiacciare i distretti a favore della capitale. Capitol City ancora al centro del potere. Era come vedere il male risorgere sulla terra. Come vedere tornare il vecchio Snow dai morti.

 

La notizia più importante è arrivata dopo alcuni giorni dal distretto sette. Secondo il capo dei boscaioli, i piloti dell'hovercraft dei giochi della Pace, erano di stanza lì.

Il problema è stato riuscire a farli arrivare a Capitol City, rischiando di perderli per la strada.

Abbiamo cercato di avere le indicazioni direttamente dagli interrogatori che i boscaioli, amici di Johanna Mason, hanno fatto ai piloti.

Non ho idea di come si siano comportati. Fatto sta che siamo riusciti ad arrivare alla soluzione: dove si trovava l'arena.

 

A questo punto abbiamo organizzato il nostro ingresso trionfale per salvarvi. Esattamente non sapevamo quanti di voi fossero sopravvissuti, visto che non avevamo più delle immagini, quindi ci siamo accontentati di sperare di trovarvi presto, ed è stato davvero un colpo di fortuna che foste esattamente dove siamo entrati noi.

 

«Avevamo ricevuto un paracadute che ci invitava a tornare alla cornucopia. Per questo eravamo lì» dico. Sono frastornata per quanto ho sentito sino ad ora.

È stato davvero complicato venire a liberarci e anche riuscire a capire quello che succedeva al di là del visibile.

«Sicuramente non veniva da noi» commenta Jayson.  «Saranno stati gli strateghi».

«Beh, visto che hanno tentato di bombardarci, direi che è stato un tentativo di omicidio in piena regola» sospiro io.

 

«Adesso prova a dormire. Domani sarà una giornata piena» ribatte Jayson, bloccando ogni mio tentativo di indagare oltre quanto mi ha detto sino ad ora. Come si diceva una volta: domani è un altro giorno, sicuramente riuscirò a sapere altro ancora.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ecco a voi il riassunto di quanto successo fuori dall’arena.

Questa è la dimostrazione di come un malessere diffuso nella popolazione possa essere manipolato da gente intelligente e direzionato verso i propri scopi.

È politica questa. Niente di diverso a quanto succede oggi.

 

Jayson è un amore di fratello. Allegro e spensierato ma anche serio e adulto. A me piace.

 

E adesso piccolo spoiler del prossimo capitolo:

«Quando finirà?» mormoro sottovoce. Mi viene voglia di piangere e di picchiare la testa contro un muro, per poter aprire il mio cervello e togliere quelle immagini che, so già, rimarranno lì in eterno a tormentare il resto della mia esistenza.

«Non finirà mai» risponde flebile Jayson. Ha il tono dolente del dispiacere. Senza rabbia e questo fa più paura che mai. Perché vuol dire che è rassegnato, che non c’è soluzione. Vuol dire che, secondo lui, vivrò per sempre con questi fantasmi dentro…

E il banner del prossimo capitolo sarà APOLLO YOISMITH.

 

Adesso se mi fate… 15 recensioni, vi sbologno il prossimo capitolo prima di sabato. Altrimenti aspettate…

 

Comunque grazie per l’attenzione e alla prossima

baciotti

 

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Capitolo 27
*** l'ospedale ***


 

Ciao carissimi!

Sono entusiasta, persone diverse commentano per dirmi che la storia piace. GRANDE! Non pensavo… grazie davvero di cuore a tutti quelli che leggono, inseriscono nelle liste particolari e commentano con tanto affetto e qualche graditissimo suggerimento (qualche cosetta l’ho scritta proprio grazie a voi).

Grazie a Elenri (Teresa) per l’immane lavoro svolto con i banner sempre diversi. Qui ne posteremo un totale di 27 tutti diversi! Incredibile!

Oggi, nostro gradito ospite sarà APOLLO YOISMITH il collegamento tra i mentori ribelli e il governo sotto assedio. Un personaggio strano, inquietante che rende spontaneo chiedersi se è un buono o un cattivo…

 

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E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Non credo al detto che la notte porta consiglio.

La mia mente è più simile a una pentola a pressione per quanto ci sta girando dentro.

Sangue, inseguimenti, sparatorie, morti, morti, morti. Quante morti avevo visto in quei giorni? Quanti ragazzi morti. Giovani come me e con la vita già finita.

Mi siedo urlando. Urlo. Urlo. Urlo.

Mi sento scuotere. Due mani mi tengono le spalle e una voce di ordina di tornare. «Chyna. Chyna, svegliati. Ti prego». È Jayson che mi chiama e mi attira verso la realtà.

La realtà è meglio dei sogni. Nei sogni tutto torna indietro, al bagno di sangue, alle trappole nell'arena. La realtà non ha tutto quel sangue. È più sicura, più pulita.

 

Apro gli occhi lentamente e sbatto le palpebre. Stranamente mi trovo seduta e non capisco come abbia fatto a ritrovarmi in quella posizione.  «Jayson. Cosa... cosa è successo?».

Ho un leggero mal di testa, e la vista mi si annebbia, ancora una volta. Ho il fiatone, come se avessi corso per miglia.

Scivolo di nuovo tra le lenzuola e appoggio il capo sul cuscino. Perlomeno la testa si fermerà.

«Stavi urlando di Thabo e Dick» mormora lui assonnato.

Guardo verso la finestra e vedo una miriade di stelle che bucano il blu della volta celeste. È notte fonda ed è probabile che abbia svegliato tutti quelli del piano.

«Scusami» rispondo. «Tornate a dormire» dico poi.

«Guarda che Grace è andata via già da ore. Sono rimasto solo io a godermi la tua dolce compagnia, sorellina» puntualizza tornando alla poltrona e avvolgendosi nella coperta.

«’Notte» borbotta e chiude gli occhi.

 

Io mi volto ma gli occhi non li chiudo. Come potrei dopo quello che ho visto mentre stavo dormendo? Almeno da sveglia non corro il rischio di rivivere quei momenti. Non vedo quel sangue.

«Quando finirà?» mormoro sottovoce. Mi viene voglia di piangere e di picchiare la testa contro un muro, per poter aprire il mio cervello e togliere quelle immagini che, so già, rimarranno lì in eterno a tormentare il resto della mia esistenza.

«Non finirà mai» risponde flebile Jayson. Ha il tono dolente del dispiacere. Senza rabbia e questo fa più paura che mai. Perché vuol dire che è rassegnato, che non c’è soluzione. Vuol dire che, secondo lui, vivrò per sempre con questi fantasmi dentro.

Un singhiozzo mi sfugge dalla gola. Provo pena per me stessa.

«Dovrai parlarne con mamma e papà. Loro sono riusciti a conviverci. Non si supera, ma almeno si continua a vivere» aggiunge sottovoce.

Sembra il necrologio che annuncia il mio funerale mentale. Il corpo vive, la mente è morta.

 

«Come posso fare? Li vedo attorno a me. Sento le loro urla. Appena chiudo gli occhi torno là dentro. È terribile». Io non volevo il mio cervello perso in questo modo.

«Chyna... tu hai noi. Hai la mamma e il papà. Hai Paban, lui ti vuole bene. Devi ripartire da questo punto e andare avanti. Io ti aiuterò, ti starò vicino» promette.

Il mio fratellino, così spensierato e impulsivo che diventa saggio come un vecchio rugoso.

A stento trattengo le lacrime. Piangermi addosso non serve. Piangere di riconoscenza non serve. Occorre solo stringere i denti e cercare di soffrire il meno possibile.

Chiudo gli occhi e mi rassegno al sonno, e accolgo il sogno che vorrà trovarmi tremante di paura.

 

La mattina una luce dorata inonda la stanza. L'alba di un giorno libero. Il mio primo giorno libero.

Mi volto e vedo Jayson accucciato sulla poltrona con un leggero rivolo di bava che esce dalla bocca aperta e mi metto a ridere.

Per essere un fiero guerriero che ha partecipato a degli scontri armati è davvero un bambinone, ancora.

«Che c'è? Stai male?» sbadiglia quanto lo sveglio.

«Niente» rispondo. «Dici che possiamo andare a sentire alla base, cosa faranno oggi?» chiedo.

 

Sicuramente volevano andare a prendere i presentatori e interrogarli. E volevo esserci anche io, davanti a Alfie Down a chiedere perché aveva incaricato Iraida di uccidermi.

Io non gli avevo fatto niente e lui voleva farmi fuori. Adesso volevo sapere il perché.

Iraida mi aveva detto che, per nascondere un cadavere si doveva mettere insieme ad altri cadaveri. Questo significava forse che gli altri ragazzi che erano morti, servivano per nascondere la mia uccisione? Era colpa mia se gli altri erano stati uccisi? Era come se avessi armato la mano dei sicari contro i miei compagni negli Hunger Games.

 

«Aspetta il medico prima. Io comincio ad andare. Ricordati che devi passare nel tunnel per raggiungerci» si raccomanda mio fratello.

Mi viene voglia di sbuffare arrabbiata. Mi secca dover restare qui ad aspettare il dottore per terminare la visita alla testa. vorrei andare subito dai miei genitori e dagli altri mentori a sentire le novità. Magari, in questo momento, qualcuno sta interrogando i presentatori. Qualcuno sta scoprendo la verità che vorrei sentire io.

 

Il medico arriva dopo mezz'ora che Jayson è andato via.

Sono abbastanza ansiosa di uscire da lì. Vorrei andare a controllare come stanno Paban e Shae e poi correre dai miei genitori. Invece ho aspettato paziente nel mio letto bianco.

Quando il medico finisce di visitarmi e riguarda gli esiti dei precedenti esami, tira un sospiro profondo che mi preoccupa. Cosa ho che non va?

«Chyna. Non hai una bella situazione» inizia a parlare ed io vado quasi in panico.

«Cosa succede?» chiedo inghiottendo un fiotto di saliva. Sono agitata e sto tremando.

«C'è una compressione, niente di drammatico ma sta schiacciando alcuni nervi nel cervello. Questo potrebbe portare a frequenti nausee, vomito, mancanza dell'equilibrio e anche annebbiamento della vista o, addirittura, momentanea cecità» risponde lui con tono professionale.

«Cosa devo fare? Potete guarirmi, vero?». Ho capito solo compressione, cervello e cecità. Non posso diventare cieca. Non posso. Non potrei vivere in un perenne buio, dove le uniche cosa a tenermi compagnia sarebbero le immagini che già vedo quando dormo. Sarebbe un perenne sonno. Un perenne incubo. Impazzirei.

 

«Non c'è niente di preoccupante, per ora. Non voglio operarti. Normalmente queste lesioni si riassorbiscono e tutto torna normale. L'unico accorgimento che devi avere è stare tranquilla, a riposo e non prendere colpi alla testa. In questo modo tutto tornerà normale nel giro di poco». E torno a respirare sollevata. Devo solo riposare e non prendere colpi. Facile.

Sorrido soddisfatta per le belle notizie. «Grazie, dottore» dico stringendogli la mano.

«Mi raccomando. Riposo e attenzione. Non voglio doverti aprire la testolina per rimettere tutto a posto» risponde prima di uscire e lasciarmi sola.

Beh, almeno questa è una buona notizia.

 

Mi affretto a cambiarmi ed esco di corsa. Voglio vedere Paban. Sicuramente lui non potrà uscire subito e io voglio che stia tranquillo qui, mentre io vado dai mentori ad affrontare Alfie.

La prima stanza che incontro subito dopo la mia è quella di Shae.

Sta ancora dormendo e sembra pallidissima tra le lenzuola bianche. Il suo braccio è coperto dal gesso. Sulla poltrona, uguale a tutte le altre presenti nelle stanze, John sta sonnecchiando, girandosi e spostandosi per trovare la posizione più comoda.

Mi fermo a guardare dalla porta ma devo aver fatto qualche tipo di rumore perché lui si sveglia di soprassalto e guarda preoccupato Shae che invece è immobile.

Si rilassa visibilmente e poi volta il capo per vedere l’origine del suo risveglio e quando mi vede sull’uscio, sorride. Ha un bel sorriso, adesso che lo guardo meglio. È amichevole e caldo. Sa di casa.

 

«Sei già in piedi. Come stai?» chiede bisbigliando.

Entro in punta di piedi per non disturbare e mi siedo su una sedia di formica e ferro, fredda e  scomoda. Senza dubbio la poltrona è meglio per schiacciare un pisolino distruggi ossa. «Bene, grazie. Mi hanno visitata e mi hanno spedita fuori. Lei?» chiedo indicando il letto.

«Le hanno rotto di nuovo il braccio e l’hanno rimesso a posto» risponde. Prima ancora che possa pensare qualcosa, aggiunge «Non è colpa tua. Se non l’avessi steccata sarebbe stato peggio. E non lo dico per farti stare meglio, l’hanno detto i dottori» chiarisce

«Beh, allora sono contenta» dico.

 

Dopo un minuto di silenzio dove guardiamo Shae che dorme faccio la domanda che mi preme da quando l’ho svegliato. «Anche tu sei sempre attento? Anche tu sobbalzi ai rumori?».

«Gli Hunger Games fanno questo effetto, anche per me che ho vinto quelli pacifici, dove non ci sono stati morti» sospira. «Erano i primi e non sapevamo cosa aspettarci. Avevamo solo le storie terribili della violenza e il fatto che ci facessero allenare come se dovessimo uccidere…».

Chiude gli occhi e appoggia la testa. Non dico niente, voglio che parli, che mi dica cosa prova, che mi dica che posso superare tutto quello che ho visto. Anche se lui non ha ucciso. Anche se lui non ha visto il sangue.

 

«Quando è suonato il gong di inizio ero talmente pompato di adrenalina che non ho sentito niente altro. Sono corso alla Cornucopia per prendere le armi ed ho cominciato a menare fendenti. Ho colpito una candidata che era diventata mia amica, del distretto cinque. Le ho rotto il naso e lei ha ricevuto la piccola scossa dal localizzatore per l’eliminazione. Non mi sono neanche fermato. Non ho visto niente. Mi sono voltato e mi sono difeso dall’attacco del candidato dell’uno. Ho rotto il suo braccio, ho preso uno zaino e sono fuggito» sorride triste. «Ti so dire chi ho colpito perché ho visto le registrazioni. All’epoca non avrei saputo distinguere un ragazzo da mio padre. Nella mia mente è ancora tutto confuso».

Si passa una mano tra i capelli corti e scuri, prima di continuare «Dormivo nascosto ed ho cominciato ad avere il sonno così leggero che a volte mi basta un sospiro per svegliarmi. Il fatto di essere sempre attento mi ha consentito di non essere preso alla sprovvista e poi di organizzare le mie trappole. Ho vinto, ma avrei preferito non aver mai partecipato».

 

Oh, anche io!

«Hai più visto qualche altro candidato dei tuoi giochi?» chiedo.

«So che il ragazzo dell’uno ha dovuto tenere il tutore al braccio per parecchio tempo e che Anja, la ragazza del cinque, ha subito una operazione per sistemarle il setto nasale. Ci sentiamo ancora, qualche volta… dice che le ho fatto diventare la voce più sexy e il suo ragazzo mi ringrazia sempre» ridacchia leggero «In realtà credo che lo dica solo per farmi stare meglio».

Le sue ultime parole si spengono e io rimango a pensare.

Anche lui è stato colpito da questi giochi. Erano pacifici ma, anche se per poco, hanno fatto dei danni. È terribile cosa si sia spinti a fare per una vita migliore.

 

«Però non hai incubi o altri problemi… a parte il sonno leggero» dico. Spero che sia così.

«Non ho ucciso ma per anni mi sono sentito in colpa per il dolore fisico che avevo causato… Chyna, non so cosa voglia sentirti dire. Quello che avete vissuto tu, Shae e Paban, va ben oltre a quanto ho visto e subìto io. Se vuoi che ti dica che andrà tutto bene e che supererai tutto te lo dirò, ma in realtà non ne ho idea. Non so neanche come starà lei quando questa storia sarà finita. Non so se riuscirà a superare questi giochi e se io riuscirò ad aiutarla in questo. Non posso far altro che starle vicino, tenerle la mano e soffrire con lei se lei soffrirà… farò di tutto per farla stare bene, ma è tutto quello che posso fare». È uno sfogo accorato il suo.

«Credo che Shae non potrebbe chiedere di più. La ami molto, vero?».

«Sì» risponde in un soffio, sorridendo di più mentre ancora guarda il letto.

«Anche io ti amo, John» risponde la voce di Shae. «E sono sicura che insieme avremo una vita felice».

 

Ci alziamo entrambi e io mi lancio verso di lei e la abbraccio forte, nonostante i suoi sospiri di protesta per il dolore al braccio, ma non posso farne a meno. Devo sentire che è viva, perché se lei lo è, lo sono anche io.

«Ehi, bionda. Come stai oggi?» chiedo sorridendo.

«Acciaccata, dolorante, annebbiata ma viva. Credo di non aver ancora smaltito la droga che mi ha dato Iraida… Chyna, mi dispiace così tanto. Mi sono proprio lasciata fregare. Quando, ieri John mi ha detto quello che è successo, mi sono sentita così in colpa…».

«Non devi. Lei aveva un  piano. Sono contenta che tu dormissi, altrimenti avrebbe potuto ucciderti e sarebbe stato peggio, ti pare?». Sorrido incoraggiante e lei annuisce.

«Anche tu sei acciaccata» dice sfiorando la medicazione che ho sulla testa.

«Non è niente. Una scheggia mi  ha tagliato la pelle e sanguinava, ma ti assicuro che è più brutta da vedere di quanto sia in realtà»

Chiacchieriamo ancora  qualche istante, poi inizio a sentirmi di troppo. Loro due devono recuperare il periodo in cui sono stati separati ed hanno rischiato di perdersi per sempre e io voglio vedere come sta Paban.

«Ci vediamo presto» bacio Shae sulla guancia e saluto John uscendo dalla camera.

 

Cammino lungo il corridoio, sbirciando nelle camere per vedere dove possono aver condotto Paban, ma di lui nessuna traccia. Quando ho finito di guardare in tutte le camere, inizio a preoccuparmi. Dove lo avranno portato? I dottori dicevano che non era grave.

Non so neanche come, ma mi ritrovo a correre, entrando e spalancando tutte le porte che incontro per trovare lui. Era al sicuro, dove lo hanno portato? Starà bene? È grave? È morto?

Quest’ultimo pensiero mi fa stringere lo stomaco con il rischio di vomitare tutta la colazione. Non è morto. Paban non può morire. Non dopo quello che abbiamo passato. Lui deve essere il mio John. Mi deve aiutare e io aiuterò lui. Ci sosterremo come Shae e John e vivremo felici come loro.

 

«Non puoi correre, ragazza» mi richiama una donna coperta da un camice bianco.

«Allora ditemi dov’è Paban?» sbraito io con il fiatone.

«Chi?».

«Il candidato del distretto quattro. Era ferito al fianco e al petto. L’hanno portato qui ieri» rispondo sempre più agitata. Se lei non sa dove si trova, potrebbe davvero essere morto.

«Oh! Certo. Il belloccio dagli occhi verdi. È tuo amico?». Ma cosa vuole questa?

«Dov’è?» chiedo con impazienza.

«Terzo piano. Stanza 312» risponde ridacchiando.

Se voleva farmi agitare ci è riuscita. In due nanosecondi.

 

Corro all’ascensore e schiaccio i tasti freneticamente. Paban, sto arrivando. Chissà se sta davvero bene. Perché non è a questo piano?

Finalmente le porte si aprono con lento sadismo. Sono sicura che sono in combutta con l’infermiera molesta. Quando la cabina riparte mi sento più sollevata. La distanza si accorcia.

Non appena arrivo al terzo piano mi trovo investita da una lettiga che viene spinta frettolosamente da alcuni medici.

«Presto! Arresto cardiaco! Sala operatoria, presto!» urla uno di loro per farmi togliere di mezzo.

Mi butto letteralmente contro il muro e vedo una testa coperta da capelli castani schiariti dal sole, lunghi e sciolti sopra il lenzuolo bianco.

È un attimo e urlo «Paban!». Non posso crederci. È in arresto cardiaco. Sembrava stesse bene e invece rischia di morire.

 

Di corsa seguo la lettiga, ma vengo fermata dalle porte chiuse della stanza dove opereranno il mio amore.

«Che c’è, ragazza? Piangi? C’è la tua mamma lì dentro?» chiede una donna anziana azzardando una leggera carezza al mio braccio.

«E’ un ragazzo» mormoro sbattendo le palpebre stranita.

«No, piccola. È una donna arrivata qui due giorni fa. È nella stessa camera di mio figlio» conferma lei.

“Non è Paban!” urla la mia testa e mi apro a un sorriso, scacciando le lacrime con un colpo di mano.

«Mi sono sbagliata… sto cercando un ragazzo, lo hanno portato ieri. Ha lo stesso colore dei capelli…». Cerco di spiegare e agito le mani. La donna sorride benevola.

«Con i capelli lunghi? Sì è la camera dopo. Ti accompagno» e dicendo questo mi prende per mano come faceva mio padre, tanti anni fa.

 

«E’ il tuo innamorato?» chiede avanzando lungo il corridoio.

Arrossisco furiosamente ma non rispondo. È una cosa personale, segreta, solo mia. Perché dovrei parlarne a questa signora quando non ho ancora detto niente a lui o ai miei genitori?

«Eccoci. È qui dentro» annuncia prima di lasciarmi la mano e regalarmi un’altra carezza sul braccio. Mi lascia qui. Sola davanti a una porta bianca chiusa. E Paban dall’altra parte.

Ho paura ad aprire la porta e trovare il letto vuoto, o peggio ancora, con lui senza vita. Non potrei sopportarlo. Anche lui no.

Tremante abbasso la maniglia e spalanco lentamente la porta. Entro e richiudo alle mie spalle, poi inizio a guardarmi attorno.

 

La mia attenzione viene subito catalizzata dall'unica figura presente nella stanza: un uomo nel letto. Lentamente mi avvicino e riconosco subito il bel volto di Paban. Appena vedo il suo petto sollevarsi ed abbassarsi ritmicamente, tiro un sospiro di sollievo. È vivo e sta dormendo.

Mi perdo ad osservare i suoi lineamenti fini, come non faccio da tanto tempo.

Il naso diritto, la bocca ben disegnata, il castano dorato dei suoi capelli lunghi, il mento volitivo e provo il desiderio di sentire lo sguardo dei suoi meravigliosi occhi, su di me.  I suoi stupendi occhi verdemare. I più belli che abbia mai visto.

«Paban». Non mi accorgo neanche di mormorare il suo nome. Lo fisso e mi rilasso. Andrà tutto bene. Lo sento.

Tutti i miei pensieri tristi, tutte le mie paure si sono sciolte davanti al sole. Davanti al ragazzo del mare. Perché lui mi aiuterà sempre. Mi proteggerà e mi amerà. E io farò altrettanto per lui.

 

Vedo che si agita e aggrotta la fronte. Forse sta sognando qualche cosa di brutto anche lui. In automatico intreccio le mie dita con le sue e mi siedo sul bordo del letto. Immediatamente lo vedo rilassarsi e continuare a dormire con un’ombra di sorriso sulle labbra.

Avere una mano alla quale attaccarsi è una necessità, quando si dorme. Come diceva Shae durante gli Hunger Games, ti tiene attaccata alla terra, alla realtà e non ti fa cadere nell’incubo.

Adesso sono io la terra e la realtà per Paban e mi piace esserlo.

 

Non so quanto tempo sto seduta ad osservarlo che dorme. Mi chiedo se non sia un pochino inquietante, ma accantono il pensiero. Nessuno me ne può fare una colpa.

Nel silenzio assoluto, osservo la camera. Bianca e asettica come la mia.

La flebo rilascia il suo liquido lentamente, scivolando nel braccio steso. Scosto leggermente le lenzuola e vedo il petto fasciato ma senza ombra di sangue. L’hanno ricucito bene.

Mi allontano un secondo a prendere la sedia e posizionarla vicino al letto e riagguanto la sua mano che sembra mi stia cercando flettendo le dita.

Il silenzio mi accompagna ancora nel sonno, nel riposo tranquillo e ristoratore, anche se sono scomoda sulla sedia di formica dura. Anche se ho solo la testa appoggiata alle mie braccia ripiegate sul materasso. Anche se so che sarò tutta un dolore quando riaprirò gli occhi. Ma la testa riposerà. La mia terra mi tiene la mano e non mi lascerà vagare nel buio. Mi addormento serena.

 

Mi sento trascinare lontano dalle braccia di Morfeo, dopo tantissimo tempo, per ritrovarmi tra altre braccia. Sbatto gli occhi, colpiti e accecati da un timido raggio di sole. Sollevo leggermente la testa e mi accorgo di essere appoggiata al petto di qualcuno.

«Buongiorno dormigliona». Una voce allegra mi sveglia del tutto. A vedere quanto è calato il sole all'orizzonte, sembra sia quasi il tramonto.

«Paban! Stai bene? Ma... che ci faccio qui?». Sono più che sorpresa. Ricordo esattamente che mi ero appoggiata con la testa sul letto e ora mi trovo stesa accanto a lui, avvolta dalle sue braccia.

«Mi sono svegliato che tu dormivi e poco dopo è passato Finnick. Lui voleva portarti via, ma mi stavi staccando le dita, talmente tenevi stretta la mano. Così ti ha messo nel mio letto, almeno saresti stata più comoda... e anche io» termina mostrando la mano e agitando le dita libere.

 

Rido e lo abbraccio di nuovo, stretto. Lui si lascia scappare un piccolo gemito e si irrigidisce, segno che non è perfettamente a posto. «Come stai?» chiedo nuovamente.

«Ricucito, visitato e ho bisogno solo di riposare. La spalla è a posto e tra poco sarò come nuovo» dice soddisfatto. Si lascia andare a un enorme sorriso. «Tu? La testa?» chiede riferendosi alla mia medicazione.

«Niente di che. Fa più scena che altro. Ho visto Shae, prima. Hanno dovuto operarle il braccio e ingessarlo ma adesso sta bene» gli rispondo, poi mi avvicino con fare cospiratorio, «Sai che è fidanzata con John? Era lui l'innamorato che aveva fuori dall'arena» e ridacchio accompagnata anche da lui.

«Dai? Devo dire che John ha buon gusto. Shae è davvero molto dolce e anche bellissima».

Bellissima? Strabuzzo gli occhi e mi imbroncio. E lui si mette a ridere ancora più forte.

«Ma tu sei più bella» mi sussurra all'orecchio, dopo aver aver notato il mio malumore.

 

Lo guardo sottecchi, ancora imbronciata. Mi sta prendendo in giro. Ne sono sicura.

«Non essere gelosa. Chyna... lo sai che nessuna è più bella di te». Lo dice con tono leggero e mi bacia sulla guancia. Un piccolo bacio gentile. Ma è a me che non basta. È al mio cuore che manca un battito e anela più attenzione.

Alzo il viso verso di lui e mi allungo a cercare le sue labbra, che mi porge senza ritrosie.

Mi ritrovo così, avviluppata dalle sue braccia, schiacciata dal suo corpo, saccheggiata dalle sue labbra. Eppure, in questa specie di immobilità, di costrizione, non mi sono mai sentita più libera e felice. Come se avessi trovato il mio posto nel mondo.

 

«Ehm! Paban, togli subito le mani dal corpo di mia figlia».

La voce di mio padre mi fa sobbalzare dallo spavento e Paban si alza subito a sedere, ansimando per il nostro bacio e arrossendo per essere stati beccati.

«Papà!» esclamo. Non so neanche io se per il fatto di vederlo in piedi con solo un bastone da passeggio e il braccio ancora fasciato ma libero dal tutore, oppure perché sta recitando la parte del padre geloso e possessivo.

Sorride e si avvicina zoppicando leggermente. «Chyna, tesoro, ero venuto a prenderti per andare alla sala trasmissioni. I nostri stanno prelevando i presentatori proprio in questo momento e pensavo volessi essere presente, quando interrogheremo Down».

 

Paban ci guarda subito attento e interessato. «I presentatori?».

Annuisco. «Sembra che molti di loro fossero in combutta con chi ha organizzato tutto questo imbroglio. Hanno pilotato le estrazioni, sicuramente nel 12, nel 4 e nel 9. Anche in alcuni altri distretti, pare. Adesso i mentori sono andati a prenderli per portarli al quartier generale e interrogarli... giusto, papà?» chiedo per sicurezza e lui annuisce.

«Voglio esserci anche io» annuncia Paban, sollevando le lenzuola per alzarsi, ma è ancora troppo debole e ricade sul materasso, appena i suoi piedi toccano terra.

«Non muoverti. Vado io e poi torno a riferire, d'accordo?». Intanto mi sono già alzata e sono a fianco di mio padre pronta ad uscire. Paban sbuffa e si rassegna a tornare sotto le lenzuola.

 

Voglio sapere la verità su quanto è successo, su quello che vogliono queste persone che hanno giocato sporco con la mia vita.

«Stai attenta... ti prego. Peeta, tienila lontana dai guai». Si rivolge direttamente a mio padre. Sono così poco degna di fiducia?

«Tranquillo, Paban. Katniss non ha permesso né a me né a Jayson di andare con loro. Non succederà niente alla mia bambina... perché ricordatelo sempre: lei è la mia bambina».

Lo dice con il sorriso benevolo sulle labbra, ma nei suoi occhi brilla una luce decisa e forte che fa sorridere me. Il mio protettivo papà in versione capofamiglia, fa più paura della mamma.

«Ti faccio solo presente che è cresciuta...» replica Paban, poi alza le mani in segno di resa «Ma ho recepito il messaggio e ti assicuro che non hai nulla da temere».

«Ne sono convinto. Bene, figlia, andiamo a sentire cosa vuole il cattivo» e dicendo questo mi fa cenno di uscire.

 

Siamo sulla porta quando arrossisco violentemente e mi giro di scatto. Corro verso il letto di Paban e lo bacio sulla guancia prima di tornare da mio padre e uscire dalla porta in pochi secondi.

«Scusa» mormoro uscendo.

«Se tua madre fosse stata così espansiva, avrei fatto molta meno fatica» borbotta papà mentre mi accompagna all'ascensore. Rido a quella battuta. Forse ha ragione, ma credo che neanche Paban abbia avuto tutto facile con me.

Quando si chiudono le porte ed iniziamo a scendere, siamo in modalità combattenti. I sorrisi scompaiono e ci focalizziamo sul prossimo incontro.

Voglio proprio vedere Alfie. Voglio capire cosa aveva per la testa quando mi ha gettata nell'arena a morire.

 

Il passaggio dall’ospedale al nostro rifugio è velocissimo. Ci ritroviamo in pochi istanti, nel corridoio che conduce a una sala dove mio padre ha detto che si svolgeranno gli interrogatori.

Mentre ci avviciniamo sento delle voci e blocco mio padre prima che possa voltare l’angolo e interrompere le due persone che stanno parlando a bassa voce. Uno di loro è Jayson.

«Quindi credi che non sia strano? Voglio dire, lei ha tre anni più di me» dice mio fratello.

Sorrido sorniona verso mio padre. Anche lui ha riconosciuto la voce e si mette ad origliare, molto attento. Quello di cui sono curiosa è sapere con chi sta parlando, anche se credo che lo capirò tra breve.

Infatti. «Non è strano. Io ho parecchi anni in meno di mia moglie. L’importante è quello che senti nel cuore e se ti piace veramente, l’età è un punto insignificante… Dimmi un po’, è per questo che hai chiesto a me?». È Gale Hawthorne. L’amico di mamma. L’amico di cui papà è geloso.

Perché Jayson chiede a lui?  E a proposito di cosa?

«In effetti mi sembravi un buon esempio. Non credo riuscirei a parlare di questo a mio padre» borbotta contrariato.

 

Guardo papà ma lui nega e mi fa cenno di tacere. Nel frattempo sentiamo Gale ridere con gusto.

«Beh, immaginare Peeta e Katniss che ti danno consigli in amore... sembra impossibile». Mio padre aggrotta le sopracciglia e sbuffa irritato.

«Non è vero! Solo che non ho idea di come potrebbero reagire a un eventuale rapporto tra me e Grace». Ecco il problema. Grace è davvero una bella ragazza ma ha la mia età. Jayson fa tanto l’adulto e sembra più grande di quello che è, ma ha solo quattordici anni.

«Prima di preoccuparti di cosa possano pensare di te con una ragazza più grande, non credi che sia meglio parlarne con la diretta interessata? Magari a lei non piaci neppure». A questo punto mi apro a un sorrido. Il mio coraggiosissimo fratellino non si è dichiarato!

«Poi, comunque, sei ancora un ragazzino. Goditi la vita che per trovarti una ragazza fissa hai sempre tempo» termina Gale, sminuendo quello che prova Jayson.

 

Sto per uscire dal nascondiglio per dirne quattro a quel tronfio, quando mio padre mi blocca e mi fa segno di stare zitta. Jayson sta rispondendo.

«Mio padre si è innamorato di mia madre sin da piccolo. Perché non potrei provare io qualche cosa di grande?».

«Non ho detto questo, ragazzo. Se sei convinto ti fai onore. Io dicevo solo che mi sembri giovane, non incapace di provare sentimenti grandi. Se lo pensi davvero allora parla con lei, non pensare a cosa diranno gli altri. Contate solo tu e lei... Sei soddisfatto?».

«Grazie, Gale. Vick, ha ragione, sei un gran fratello».

 

Sento qualcuno che si allontana, poi una voce che chiama.

«Mellark, esci» dice Gale e mio padre si fa avanti. Lo seguo immediatamente e ci troviamo davanti quella specie di gigante Hawthorne. «Hai qualche appunto da pormi o sono andato bene?».

«Grazie» borbotta mio padre prima di superarlo.

Gale si rivolge a me. «Vieni, Chyna. È arrivato un tuo grande ammiratore. Alfie non vede l'ora di parlarti, sempre che Katniss non lo zittisca prima piantandogli una freccia in mezzo agli occhi. Ho dovuto disarmarla per sicurezza» mi dice indicando la porta della sala.

 

Mi affretto ad entrare e trovo quasi tutti i mentori, i miei genitori, Plutarch e Fenix. Al centro della sala quattro presentatori, tra cui Alfie che si guarda intorno con occhi sgranati. Poi mi vede e urla.

«Tu! Dovevi essere morta! Dovevi far soffrire tua madre come avevo sofferto io!».

Spalanco la bocca e guardo lui e poi la mamma. Era per questo? Era perché ero figlia di Katniss Everdeen?

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qui. Un capitolo di passaggio con più attenzione ai sentimenti e alle paure dei candidati. Gli Hunger Games rovinano. Non solo il fisico ma anche la mente. Unica soluzione stringere i denti e andare avanti.

 

In questo capitolo soft mi è piaciuto lo scambio di battute con Jayson e con John, il momento tenero con Paban e il cucciolo Mellark che si confessa con Gale. (chiede lumi a un uomo che ha sposato una donna più grande).

 

E arriviamo ad Alfie Down. Cos’ha contro Chyna? E contro Katniss? Lo saprete alla prossima puntata (prestissimo se mi lasciate 15 recensioni…).

 

Adesso vi lascio un piccolo spoiler:

«Non verrà la mamma, vero?» chiede Jayson, ben sapendo che a noi sarà vietato uscire dal palazzo.

«Di questo parlane con tuo padre. Io ho già il mio daffare a convincere Johanna a rimanere qui. Avere a che fare con lei e Katniss contemporaneamente sarebbe troppo per chiunque» si lamenta ma sorride complice. Si vede che ama sua moglie ed è sinceramente affezionato a mia madre.

Annuisco e vado nella camera di mio fratello a dormire. Nonostante abbia riposato nel pomeriggio, sono comunque esausta…

Si stanno muovendo…

Prossimo banner, un ritrovato Jayson, più figo che mai!

 

Alla prossima settimana e BUONA PASQUA! (non uccidete troppe colombe! Esistono anche le uova… la pasta… la carne…)

Baciotti!

 

 

 

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Capitolo 28
*** il presentatore ***


 

Ciao a tutti!

Anche questa volta ho deciso di postare oggi, il giorno prima della liberazione. Una settimana esatta. Siamo agli sgoccioli e qui si svela un bel mistero, ma solo in parte. Saranno tre capitoli intensi.

Per ora ringrazio chi mi ha inserito nelle seguite, ricordate e preferite, chi ha letto e chi ha recensito facendomi sentire tutto l’apprezzamento e l’affetto per i personaggi.

 

Infine, posto d’onore per la coautrice al 30% di questa storia, con gli infiniti banner che ha fornito e le sue ideuzze alle quali ho attinto non poco. Elenri mi ha fatto questa immagine. Ho già pubblicato questo personaggio ma è uno dei miei preferiti e lo riposto: JAYSON il fratellino Mellark.

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Tu! Dovevi essere morta! Dovevi far soffrire tua madre come avevo sofferto io!».

Spalanco la bocca e guardo lui e poi la mamma. Era per questo? Era perché ero figlia di Katniss Everdeen?

«Cosa vuoi dire?» chiede mia madre senza lasciar trasparire niente. Strano vederla così compassata. Normalmente avrebbe fatto il diavolo in terra per aver minacciato così me o qualcuno della famiglia.

«Cosa voglio dire? Cosa voglio dire?» urla lui senza più limiti e facendo arrivare la voce a degli strilli inauditi anche per una donna. «Voglio dire che tu hai ucciso mio padre!» grida Alfie puntando il dito secco verso mia madre.

In tutta la sala cala un grave silenzio.

 

«Alfie, smettila. Questa storia non centra niente» mormora la presentatrice di un altro distretto.

«No! Non la smetto! La Ghiandaia Imitatrice deve sapere!».

Ormai urla ed è fuori controllo, come se la mia vista e quella di mia madre l'avessero fatto completamente impazzire.

«Lei ha ucciso mio padre. Un padre che non ho mai neanche conosciuto per colpa sua!».

Ancora una volta restiamo tutti in silenzio attoniti. Poi mio padre parla e ci rendiamo conto che sino ad ora non abbiamo sentito nulla di sensato.

«Chi era tuo padre? Tu hai all'incirca trent’anni. All'epoca c'è stata la grande rivolta e la caduta di Snow. Sono morte tante persone».

 

«Eccolo! Peeta Mellark! Lo sventurato innamorato del distretto 12! Quello che si è fatto calpestare per anni dalla ragazza di fuoco, come un cagnolino! Non sei neanche un'unghia dell'uomo che era mio padre».

«Non l'hai neanche conosciuto, come fai a dirlo?» replica papà con una ferrea logica. Mamma fa un passo avanti, verso Alfie.

«Chi era?» scandisce le parole con rabbia, poi ripete urlando «Dimmi chi era!» ordina.

«Marvel!» grida Alfie di rimando, «Marvel del distretto 1! Ti dice niente questo nome? Ti ricordi?».

 

Ancora una volta stiamo tutti in silenzio. Ognuno perso nei propri pensieri.

Marvel. Distretto 1. Il ragazzo dei Favoriti che ha ucciso la piccola Rue, l'alleata di mia madre nei primi giochi ai quali ha partecipato con papà. I settantaquattresimi Hunger Games della violenza.

Marvel ha ucciso Rue e mamma gli ha trapassato la gola con una freccia. All'istante. È uno dei tributi che lei ha ucciso con le armi.

«Certo che lo ricordo... Credi davvero che potrei dimenticare quell'orrore? La morte e la paura dell'arena?» risponde mamma con odio.

«Allora ricordati anche dell’odio che provo per te! Tu lo hai ucciso! Mia madre era incinta quando lui è partito. Doveva tornare vincitore. Lui avrebbe vinto se non fosse stato per colpa tua!». Alfie continua ad accusarla e lei lo fissa senza rispondere, stringendo solo le labbra in una linea dura, come se trattenesse la rabbia.

 

«Permettimi di dissentire» interviene Plutarch serafico. «Io c’ero. Ho seguito tutti i giochi e tuo padre non era furbo come Katniss e Peeta, e soprattutto non era forte come Cato. Lui non avrebbe mai vinto. Assolutamente mai». La sua è una analisi fredda e inattaccabile.

La mia maestra lo ripeteva spesso, con tanto di sospiri accorati, di quanto erano belli i miei genitori insieme, quanto aveva sospirato per loro e quanto aveva avuto paura del fortissimo Cato del distretto 2, che era il più forte quell’anno. Questo Marvel non avrebbe mai potuto vincere. La storia parla chiaro.

 

«Non è vero!» urla ancora Alfie. «Mio padre era il tributo più forte che fosse mai esistito. Era coraggioso e temerario. Un vero combattente e un sicuro vincitore. Ed era dolce e gentile con mia madre. Ci amava tantissimo e saremmo stati una famiglia felice se non fosse stato per te!».

«Allora come mai non ha mai parlato di tua madre? Lo sai che io mi sono alleato con i Favoriti nei primi giorni degli Hunger Games. Tutti parlavamo di quello che avremmo fatto fuori dall’arena, e di chi avevamo lasciato… mai una volta tuo padre ha accennato a una donna e mai ha fatto riferimento a un figlio. Sia Cato che Lux hanno confessato delle persone che avevano fuori e che li aspettavano, lui ha dichiarato di non avere nessuno se non la sua famiglia». È mio padre a parlare adesso.

«Tu menti! Mio padre pensava continuamente a noi! Ci amava con tutto il cuore!» ormai Alfie ha cominciato a piangere come un bambino.

Mi guardo attorno e vedo sui volti degli altri, la compassione, mentre un pensiero si fa strada nella mia mente: sua madre ha mentito. Ha raccontato una storia per giustificare il fatto di essere sola. Ha costruito una figura falsa per evitare che il figlio si sentisse in difetto.

 

«Non ho mentito, Alfie, e tu lo sai molto bene. Le registrazioni degli Hunger Games della violenza non sono segrete, sicuramente avrai visto anche tu che quello che ho detto è vero. Tu vieni dal distretto cinque…» mio padre ricomincia a parlare ma viene interrotto dal presentatore.

«Era del distretto 1 ma l’hanno trasferita non appena sono nato io» mormora Alfie.

«Sicuramente avrà amato tantissimo tuo padre e per te sarà stato terribile crescere senza la sua figura, ma non puoi condannare Katniss per essersi difesa. Gli Hunger Games erano una lotta per la sopravvivenza. Nessuno poteva evitare di uccidere».

«A meno che non si tentasse di mangiare delle bacche velenose» replica piccato.

«E questo ha portato a tornare nell’arena, a una rivolta e altri morti. Non credere che mi sia divertita in quegli anni. Ho solo tentato di sopravvivere perdendo una parte di me stessa» interviene secca la mamma.

Non è giusto accusarla. Solo papà sa quanto abbia sofferto. Neanche io conosco fino in fondo la portata di tutto il dolore che ancora si porta dentro. Io conosco solo il mio e so che è immenso.

 

«Non mi importa di quello che dite. Io so la verità ed è che Katniss Everdeen ha preso la vita di mio padre ed io volevo la vita di sua figlia» dice Alfie con rabbia.

«E' per questo che volevi ucciderci tutti nell'arena? Per vendicarti di mia madre?». Esplodo con tutta la mia ira. «E' per questo che hai macchinato? Per questa tua vendetta hai messo a ferro e fuoco tutta Panem? Confesso di esserne quasi onorata! Tutto questo in onore della mia famiglia!». Agito le braccia, incapace di stare ferma e con una gran voglia di picchiare il presentatore del distretto 12.

Come era potuto succedere che si arrivasse a questo punto?

 

«Certo... sono stato bravo, vero?» dice lui con un sogghigno.

Gale e Finnick lo guardano sbalorditi. «Vuoi dire che hai fatto scoppiare tutti quei tumulti per questa ragione?» chiede Vick sconvolto.

«Quante persone devono morire per la tua sete di vendetta? Che colpa ne hanno le persone che sono state ferite per questo tuo piano?» chiede Roxie portandosi le mani tra i capelli lunghi.

Alfie continua a sorridere, con una stranissima luce folle negli occhi.

«Sono stato bravo, vero?» ripete.

Non capisco cosa stia succedendo. Sta diventando surreale.

 

«Quindi sei stato tu a organizzare tutto». Mio padre fa una affermazione, non una domanda.

«Ho catalizzato l'attenzione» replica Alfie, tronfio.

«Certo che nella presa del palazzo sei stato davvero un grande. Quando gli uomini hanno iniziato ad agitarsi, i militi hanno cominciato a gettare sassi e poi bombe facendo passare tutto come se fosse stato un ordine della Paylor» continua a parlare papà.

 

Guardo mio padre un pochino perplessa. Secondo il racconto di Jayson, i militi stavano difendendo il palazzo governativo. Il palazzo non è stato preso e sono state delle persone non identificate a scatenare i cittadini e a far saltare il muro di cinta del palazzo presidenziale.

Che abbia capito male? No, non credo proprio.

Non sapevamo chi o cosa avesse scatenato e fomentato la folla. Come faceva mio padre a dire cose di cui non sapeva nulla?

«Hai ragione, Peeta. Sono stato davvero geniale e adesso che il palazzo presidenziale è caduto potrò far eleggere il mio presidente» dichiara Alfie.

«Chi?» chiede Fenix.

«Ancora non lo so. Farò delle mietiture... come avete visto mi vengono estremamente bene».

 

Osservo gli altri presentatori presenti. Hanno delle espressioni perplesse ma anche ilari. Come se non capissero cosa stia succedendo ma ne godessero la parte comica. Che, inoltre, capiscono solo loro. Come se Alfie raccontasse un mucchio di fandonie.

«Non sei tu la mente di tutto questo e non è solo per vendetta contro di noi che è stato organizzato questo imbroglio» dice papà con calma. Mia madre si volta verso di lui e scorgo una scintilla di ammirazione mista ad orgoglio nel guardare suo marito. Non dice una parola ma percepisco tutto il suo appoggio e la sua fiducia a quanto sta facendo mio padre e anche io mi alleo con loro. Forte della mia intuizione.

Nello stesso momento, sia io che Jayson ci avviciniamo ai nostri genitori, come a fare un fronte unito contro il nemico. Contro Alfie e chi lo controlla.

 

«Peeta, che stai dicendo? Ha confessato che voleva vendicarsi di tua moglie. Per questo le mietiture sono state manomesse e i giochi sono tornati violenti» dice Gunther.

«E secondo te avrebbe fatto tutto questo per uccidere Chyna? Poteva arrivare nei boschi e tendere un'imboscata. Bastava seguirla e avrebbe saputo che anche lei va a caccia e spesso si trova da sola» ribatte mio padre.

«E allora quale sarebbe il piano?» chiede Gale.

«Trasformare gli Hunger Games della Pace in giochi violenti, avrebbero fatto scatenare il malcontento della popolazione. Contro chi credete che si sarebbe rivolta?» chiede mia madre.

Papà continua «Contro la Paylor e il governo, chiedendo le dimissioni. Resta solo da chiedersi, chi avrebbe il potere per salire al comando. Qualcuno in alto, molto in vista e con grandi agganci e consensi».

«Siamo davanti a un tentativo di colpo di stato» mormora Roxie sconvolta.

 

«Dobbiamo scoprire chi si nasconde dietro a tutto questo» dice Plutarch.

«Loro possono darci una mano» afferma Vick indicando i presentatori. Subito alcuni mentori si avvicinano minacciosi ai quattro che si stringono tra loro.

«Noi non sappiamo niente. Dovevamo solo manovrare le mietiture e aiutare gli Strateghi. Solo Cruel sa chi comanda» dice precipitosa la presentatrice del distretto 9.

Odio quella donna. Ha fatto entrare Hemmo nell'arena facendo di me ed Alicia delle vittime.

«Quindi torniamo al punto di partenza. Dobbiamo scoprire dove si trovano gli Strateghi. Voi cosa sapete?». Per la prima volta Apollo interviene. Ha ascoltato sino a questo momento con una calma olimpica. Credevo quasi non gli interessasse nulla.

 

«Non sappiamo dove sono» dice un altro presentatore.

«E anche se lo sapessimo non lo diremmo a voi» aggiunge Alfie con un ghigno.

«Allora vediamo se con la nostra tecnologia riusciamo a carpire qualche informazione dal vostro cervello» ribatte Apollo senza fare una piega.

Tutti noi lo guardiamo impauriti e scettici. Cosa vuol dire? Che gli apre il cranio e usa delle pinzette?

«I miei dottori stanno preparando gli strumenti. Farà un pochino male, ma il fine giustifica i mezzi» termina alzando le spalle con noncuranza e avvicinandosi a una scrivania con microfono. «Siamo pronti. Adesso ve li portiamo, preparate il sedativo» scandisce a qualcuno.

Mi sento sconvolta. Vuole torturare i presentatori? Ma è immorale! È come tornare ai tempi di Snow e il suo potere basato sul terrore e il veleno.

 

«Yoismith, non ci faremo intimidire» risponde Alfie schiumante di rabbia.

«Neanche io» risponde tranquillo, mentre si avvia alla porta e chiama alcune persone.

Vediamo entrare qualche figuro e mi spavento ancora di più: sono dei militi. Cosa ci fanno dei militi qui?

La presentatrice trema spaventata e inizia a urlare. «Nei sotterranei! Nei sotterranei!».

«Stai zitta stupida!» grida un altro presentatore, tirandole un manrovescio sul viso.

 

«Tirate fuori la piantina dei sotterranei di Capitol City» ordina Plutarch, sbarazzando una scrivania con un solo gesto e facendo cascare per terra una enorme quantità di fogli bianchi.

«Prendeteli e portateli nelle cantine... separati. Non vorrei che continuassero a picchiarsi tra loro» ordina Apollo ai militi, poi aggiunge «John, Durin, Agrom, toglietevi quelle divise, vi stanno da schifo» e si volta verso Plutarch a studiare le mappe che sono magicamente comparse sul tavolo.

I militi ridacchiano e prendono in custodia i presentatori, portandoli nelle cantine. Anche io sorrido. Era tutto un trucco.

«Non c’erano quattordici presentatori?» chiedo infine. È un piccolo dettaglio che ancora non mi torna da quando sono entrata in questa sala.

«Alcuni erano già spariti e altri non sapevano niente. Abbiamo preso quelli che ci sembravano più coinvolti, viste le estrazioni: Capitol City, 4, 9 e il caro Alfie Down» risponde Fenix prima di affondare il suo naso tra i fogli che gli tendeva Gale.

 

Ormai erano tutti in fase di ricerca, piegati sulle mappe dei sotterranei di Capitol City, per cercare qualche segnale che facesse intuire dove potessero essere gli Strateghi.

«Che ne dite di questa sala? Sembra abbastanza grande da contenere dei macchinari di controllo».

«No, viene allagata costantemente dalle fogne durante il giorno. Non dobbiamo guardare queste linee, ma queste rosse».

«Il sottosuolo di Capitol City è più complesso della città stessa».

«E’ come duplicato. Ha sette livelli che scendono in profondità, non è facile trovare qualcosa lì sotto».

«Ci vorrebbe qualcuno che ci abbia lavorato e che conosca quei cunicoli».

«Conoscevo un vecchio, anni fa. Aveva fatto per anni il manutentore lì sotto. Probabilmente potrebbe suggerirci qualcosa».

Le voi dei presenti si accavallano creando una cacofonia assordante. Non si capisce nulla.

 

Mi allontano lentamente e mi appoggio al muro accanto alla porta, dove vengo raggiunta poco dopo da mia madre.

«Mi dispiace che il mio passato ti abbia causato tanti problemi. Non avrei mai voluto che accadesse. Ho sempre cercato di proteggere tutta la mia famiglia, ma questa volta non ci sono riuscita. Perdonami, Chyna» dice a bassa voce, abbracciandomi stretta.

«Mamma, non ti devi incolpare. È stato Alfie, non tu e poi, come dice papà, c’è qualcun altro che comanda tutti» rispondo.

«Mi sembra di essere tornata ai tempi della rivolta dei distretti, con la lotta cieca per il potere della Coin» riflette lei.

«Forse la persona dietro a tutto questo è qualcuno a cui non abbiamo ancora pensato» dico io.

 

Le consultazioni tra i mentori e gli altri membri del gruppo durano per buona parte della notte. Io decido di andare nella sala video a guardare le notizie dei distretti in compagnia di mio fratello e Grace.

Li guardo confabulare e faccio finta di nulla. Ci manca solo che inizi a prendere in giro mio fratello per la sua cotta. Devo ammettere che Grace è davvero bella. Almeno Jayson ha buon gusto.

Guardo distrattamente le notizie che arrivano dal distretto 5 e dall’8. Pare che i militi si siano rivoltati contro il governo, disubbidendo agli ordini e supportando la popolazione.

Arriva anche una notizia dal distretto 2, dove risulta che il capo generale dei militi, in visita, abbia dato il suo pieno appoggio alla popolazione, difendendo contemporaneamente anche il governo e adducendo la presente crisi a forze oscure contrastanti. In pratica ha cercato di salvare capra e cavoli, ma alla fine quello applaudito è stato lui. Elki Cox il capo dei militi.

 

«Ragazzi, andate a dormire, è tardi» dice Gale entrando nella sala video dopo alcune ore.

«Avete trovato qualcosa?» chiedo sbadigliano.

«Sembra che il vecchietto ci abbia dato delle dritte. Fenix e Vick dovrebbero aver individuato il posto dove si trovano gli strateghi. Domani partiremo per fare una retata» risponde lui.

«Non verrà la mamma, vero?» chiede Jayson, ben sapendo che a noi sarà vietato uscire dal palazzo.

«Di questo parlane con tuo padre. Io ho già il mio daffare a convincere Johanna a rimanere qui. Avere a che fare con lei e Katniss contemporaneamente sarebbe troppo per chiunque» si lamenta ma sorride complice. Si vede che ama sua moglie ed è sinceramente affezionato a mia madre.

Annuisco e vado nella camera di mio fratello a dormire. Nonostante abbia riposato nel pomeriggio, sono comunque esausta.

 

Quando mi alzo, il mattino dopo non c’è nessuno nella camera con me e nel mio giro al palazzo, incontro solo Plutarch e Johanna nella sala dei video, attaccati a una specie di cassa acustica da dove risuonano voci e rumori di gente che sta marciando in un luogo chiuso e rimbombante.

«Dove sono gli altri?» chiedo mentre lancio occhiate curiose ai marchingegni che si trovano nella stanza.

Johanna mi indica la cassa da dove escono i suoni. «Sono nei sotterranei di Capitol City, alla ricerca degli Strateghi» risponde.

Il cuore comincia a pompare dall’agitazione. «Sono andati tutti?».

«Non si sapeva quanti erano gli Strateghi e con quanta difesa ci saremmo scontrati. Praticamente, sì. Sono andati tutti» risponde Plutarch.

«Mamma? Papà? Jayson? Grace?» sussurro fievole. Johanna non mi guarda neanche e annuisce, mentre mi accascio su una poltroncina accanto al tavolo.

«Stiamo aspettando sviluppi. Con questo siamo in contatto con loro» spiega Plutarch «Non preoccuparti. Andrà tutto bene». Mi stringe la mano e mi consola.

 

Dagli autoparlanti sento lo scalpiccio dei piedi nel rimbombo di un tunnel.

«Dove si trovano esattamente?» chiedo.

«In questo punto, al secondo livello sotto di noi». Plutarch mi indica uno schermo vicino dove compare una specie di mappa. Vedo lampeggiare alcuni punti e cerco di capire a cosa si riferiscono.

«Fin dove devono arrivare?».

«Qui. Devono passare per questo tunnel e poi da questa parte. Non è tanto». Plutarch cerca di essere incoraggiante.

«E' pericoloso?» pigolo timorosa. Non potrei sopportare che qualcuno dei miei cari potesse ferirsi.

«Certo che è pericoloso» risponde secca Johanna. «Credi che non possano esserci trappole lì sotto? Gli strateghi si saranno premuniti per proteggersi. Spero che non debbano scontrarsi con ibridi o militi. Molti di loro perirebbero in quel caso».

«Non sei preoccupata? Perché non ci sei andata anche tu?» chiedo sgomenta.

«Non posso andare dove c'è tanta acqua e sì, sono molto preoccupata. Il mio Gale è lì con gli altri ed è probabile che si piazzerà in prima fila in caso di scontro. Avessi potuto legarlo e trattenerlo qui lo avrei fatto, ma lui mi avrebbe odiato ed io non voglio». Fa spallucce e continua a seguire le luci e i suoi che arrivano a noi.

 

All'improvviso sentiamo correre e voci concitate che urlano di sbrigarsi. Dopo pochi istanti sentiamo abbaiare e ringhiare.

«Ibridi!». Sussulto e artiglio il tavolo sporgendomi verso la cassa acustica, come se riuscissi ad aiutarli solo con la mia totale attenzione.

«Mamma! Mamma!Jayson» urlo. Devono salvarsi. Devono.

“Avanti! Correte!” sento dire chiaramente “Katniss, Gale, smettetela con le frecce... dobbiamo andare dietro quello sportellone... avanti!”.

Sospiro. Dovevo immaginare che ci sarebbe stata mia madre di mezzo. Sentiamo correre e Gale incitare mia madre ad andare più veloce, chiamandola in un modo strano.

Quando sento un clangore metallino la voce dice piano “Se ci sentite, tutti salvi ora”.

Io e Johanna ci guardiamo e mi accorgo di aver trattenuto il respiro sino ad ora.

“Per di qua” dice ancora la voce gracchiante.

«Chi è che porta la trasmittente?». Mi accorgo di non averlo chiesto prima.

«Vick» risponde semplicemente Plutarch.

 

Per un po' non si sente nulla, solo il rumore dei passi di una ventina di persone. Mi rendo conto che non potrebbero essere tutti quanti lì sotto. Eravamo quasi quaranta.

«Sei sicuro che siano andati tutti? Non credo riusciranno a passare nei cunicoli» obietto.

«Si sono divisi. La sotto ci sono tre squadre diverse a cercare. Noi siamo collegati con quella dove ci sono i tuoi, Gale e Vick, Fenix, Grace, Durin, Gunther e qualche alleato che ha portato Apollo» risponde Johanna.

 

È terribile aspettare. È la cosa più terribile che una persona possa fare. Soprattutto quando in pericolo ci sono i tuoi cari. Le persone più importanti che hai al mondo e non vorresti mai che gli capitasse qualcosa.

“Cos'è quella cosa là in fondo che luccica?”.

“No! Fenix! Non toccarlo!”. L'urlo che ne segue è disumano.

«Che succede, Vick?» grida Johanna avvicinandosi alla cassa. Purtroppo non la può sentire.

Restiamo così, in silenzio, con i nostri respiri ansimanti in attesa di una notizia che non arriva. Si iniziano a sentire spari e colpi, esplosioni. Che succede? Guardo Johanna con la mia domanda muta, ma anche lei non sa rispondere.

Finalmente sentiamo delle grida più chiare. “Andate di là! Peeta, prendi Katniss e portala via, ormai per Gunther e Fenix non c’è più niente da fare!”. Rimaniamo attoniti. Plutarch piange. Era molto legato a Fenix, anche se non erano parenti.

“Per di qua!” questa è la voce di Jayson. Ha il fiatone ma è vivo!

“Laggiù! Vedo una luce!”. Non sarà un’altra trappola? Sto tremando di paura e tensione.

“Sembra una luce neon dietro a una porta” commenta una voce che non conosco.

“Secondo la nostra mappa, quella potrebbe essere il posto dove sono gli strateghi” dice un’altra voce che mi sembra quella di Agrom.

 

Sentiamo ancora lo scalpiccio dei piedi. Devono aver trovato un rigagnolo d’acqua, visto anche il rumore come se si attraversasse un torrente.

Respiro pianissimo, quasi potessi aiutarli con il mio silenzio. “Schh” sento dire. Si stanno avvicinando alla porta socchiusa, lo sento.

Dalla cassa arrivano delle voci concitate di sottofondo. Probabilmente le persone riunite sotto quella luce al neon. “Stanno arrivando, Venatio. Cosa dobbiamo fare? Non possiamo continuare a nasconderci come topi”.

“Ha ragione lui. Se non ci danno una mano, cadremo nelle loro trappole e sarà finita”.

“Non sarà finito niente! Stupidi topi che non siete altro. Sapete qual è la nostra missione! Dobbiamo depistarli mentre lui organizza l’ascesa al potere. Quando tutti lo acclameranno sarà una passeggiata”.

“Ma noi non torneremo. Noi saremo sempre gli Strateghi che hanno ucciso i candidati della settima edizione degli Hunger Games della Pace”.

“Ma noi obbedivamo al governo. Questa è la nostra scusa. Con la nostra testimonianza, nessuno si salverà nelle alte sfere”.

“E tu, Cruel, che posto guadagnerai?”

“La vice presidenza, forse?”. Una risata sguaiata, copre il resto della conversazione.

 

«Loro sanno chi è il capo. Devono prenderli! Devono interrogarli, così, finalmente, termineranno gli scontri» dico io alzandomi in piedi.

«Calmati, Chyna, e siediti. Prima devono fare irruzione e, soprattutto, devono rimanere vivi» mi ricorda Johanna con terribile logica. Quanto la odio quando fa così.

Mi risiedo cercando di rimanere più calma e sono sempre in ascolto. Sullo schermo della mappa dei sotterranei lampeggia il punto dove si trovano i miei genitori. Speriamo vada tutto bene. Sono talmente vicini adesso.

 

“Siete pronti? Entriamo” sussurra una voce.

Subito dopo sentiamo urlare e correre. “Fermi! Arrendetevi!”. Appena dopo uno scoppio e alcune esplosioni. Si sentono colpi di arma da fuoco. “Fermi”.

“Attaccate!”. Altre voci si sovrappongono. “Copritevi! Sparate! Sparate!”.

«Oddio! Per il cielo di Panem! Che succede?» dico con il cuore in gola. Ho paura. Sento sparare, urla, grida e ho il terrore che colpiscano la mia famiglia o chiunque dei nostri amici.

«Mamma! Papà! Jayson!» grido ancora. 'Ditemi qualcosa, vi prego'.

“Cessate il fuoco! Cessate il fuoco!” sembra la mamma.

“Arrendetevi!”. Spari, scoppi esplosioni.

“Gale, fermo! No!”. Vick grida e si sente benissimo uscire la sua voce dalla cassa.

Si sentono diversi spari e alcuni tonfi.

Johanna ha gli occhi sbarrati. Boccheggia ma dalla sua bocca non esce un suono.

“Peeta!”. La mamma chiama papà. Mi metto una mano sulla bocca a trattenere un urlo che non esce.

 

Sentiamo ancora dei passi e poi silenzio.

Passano i minuti e sembrano ore. «Dite qualcosa, maledizione!» sbotta Plutarch ansioso.

Nello stesso momento sento dei passi nel corridoio e vedo la porta aprirsi. John, Shae e Paban sono sulla porta.

«Sono tornati?» chiede John con tono serio, come avesse intuito tutta la nostra tensione. Johanna e Plutarch scuotono la testa mentre io mi precipito tra le braccia di Paban.

«Sono felice che tu sia qui. Stai bene?» sussurro.

«Sì. Sto meglio di ieri. Cosa è successo? Stanno tornando? Li hanno trovati?» chiede lui.

«Non lo sappiamo ancora. Abbiamo sentito urla e spari… mamma ha urlato il nome di papà… ma non dicono niente altro…». Mi accorgo di stare piangendo. Il solo pensiero che siano stati feriti o peggio, uccisi, mi stringe il cuore e mi fa mancare il respiro.

 

Nessuno sta parlando e per questo che sentiamo la voce che esce flebile dalla cassa.

“Torniamo alla base” poi sentiamo ancora dei passi di corsa e un “No” urlato a gran voce.

Poi un gran rumore di ferro rotto e poi più nulla.

Corro al tavolo e inizio a scuotere la l’autoparlante. «Parla! Ti prego, parla!» urlo. Ma nessun rumore rivela qualche cosa.

Sulla mappa la lucina che indica i nostri, sta ancora lampeggiando e si sta muovendo.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ho riletto ma non sono sicura di aver prestato la dovuta attenzione, se vedete degli orrori, segnalateli.

 

Adesso ditemi, non è da ansia sentire una radio che trasmette i rumori della battaglia, senza poter far niente e senza capire bene cosa succede? Mi è uscita così ma devo dire che mi piace molto.

Alfie… beh, una pedina in un gioco più grosso di lui. Forse dagli strateghi si saprà di più. Aspetto vostre idee, sospetti ed opinioni.

 

Per questa settimana niente numero recensioni: sono neanche a metà del prossimo capitolo.

Però vi posso fornire uno spoiler:

«No. Hai ragione, Peeta Mellark. Non sarò io». Un sorrisino sardonico increspa le sue labbra.

«Esattamente come dicevamo prima. Tu sei comandato da qualcuno. Dicci chi è!». Non è una domanda, è un ordine quello che ulula Apollo…

E il prossimo banner sarà una dolce e più sexy CHYNA.

 

Grazie per l’attenzione e alla prossima settimana.

baciotti

 

 

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Capitolo 29
*** la piazza ***


 

ciao a tutti.

Eccoci con un nuovo capitolo. spero che questo spieghi tutto quello che è successo e il perché. Troveremo il colpevole… forse.

Premetto che questa idea è lo sviluppo di un pensiero di Elenri che ha subito trovato il mio consenso. Se non vi piace date la colpa a lei.

 

Grazie per tutti i commenti, il segnare questa storia nelle preferite, ricordate e seguite e anche chi mi ha segnalato per le scelte (sei matta! Ma ti ringrazio tanto).

 

Infine grazie a Elenri (Teresa) per questo banner che ha subito incontrato i miei favori. È troppo dolce la nostra CHYNA, non trovate?

 

E adesso… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

Credo di non aver mai sofferto tanto nell'attesa di qualcosa o qualcuno.

Le altre due squadre sono già rientrate e Apollo si è accomodato al tavolo ad aspettare con noi.

Sono quasi due ore che Johanna sta camminando avanti e indietro, Plutarch legge dei fogli sul tavolo, John e Shae si tengono per mano seduti davanti al video con le lucette intermittenti e io continuo ad avvicinarmi alla porta per poi farmi ricondurre sul divano da Paban.

«Arriveranno presto».

«Paban, l'hai detto esattamente due minuti fa! E non sono ancora arrivati» rispondo piccata.

«Non è continuando ad agitarti che torneranno prima».

«Ma se sono feriti... o peggio. Se hanno bisogno di aiuto?» ribatto.

«Chyna. Smettila. Tutti noi stiamo aspettando, senza fare l'isterica» sibila irritata Johanna.

«Mason, piantala. Siamo tutti agitati. Non sfogarti su di lei» dice Heavensbee, continuando a leggere i documenti.

Ognuno di noi cerca di reagire come meglio può, aspettando notizie, aspettando i propri cari.

 

Nessuno di noi parla per un'altra ora. Paban mi stringe le mani. Non mi stringe tra le braccia e gliene sono grata. Sarebbe troppo facile appoggiarmi totalmente, ma non sarei io. Non voglio crollare, ci sarà tutto il tempo dopo che avrò visto i miei famigliari sani e salvi.

Mi sembra di essere arrivata all'Eldorado quando sento uno scalpiccio concitato lungo il corridoio. Mi alzo in piedi e aspetto che la porta si apra. Non riesco a fare un passo verso l'entrata, aspetto e basta.

E in quel momento entrano.

 

Jayson e Grace sostengono Gale che è ferito al fianco. Ha una specie di fascia insanguinata sul torace ma non sembra troppo grave. Subito dietro ci sono Durin e mio padre che trasportano la mamma. Sembra ferita a un braccio. Man mano entrano anche gli altri componenti della squadra e cinque persone vestite con i colori sgargianti di Capitol City.

Sono arrivati gli Strateghi. E davanti a loro c'è il mio carnefice: Venatio Cruel.

 

Questa sortita ci è andata bene, non fosse per Gunther e Fenix, abbiamo avuto solo la mamma e Gale feriti. E un Vick incavolato nero che continua a insultare suo fratello. Supportato dalle battute al vetriolo di Johanna che è letteralmente furiosa con suo marito.

«Cosa è successo?» chiedo a Jayson mentre siamo attorno alla mamma.

«Siamo arrivati alla sala degli Strateghi e ci siamo scontrati con loro. C'è stato uno scontro a fuoco e questo è il risultato: due feriti nostri, cinque prigionieri e altri... morti» sospira infine.

L'idea che Fenix con il suo coraggio e il suo modo compassato o che Gunther con il suo modo di fare tutto fuoco, non entrino più in quella sala a pianificare i vari attacchi, mi fa stare male.

Quante vite ancora, si porteranno via?

 

«Bene, Venatio. Cosa ci racconti di bello? Perché tutta questa pantomina? Cosa hai in mente?» chiede Apollo alzandosi e piazzandosi davanti al capo stratega.

«Cosa? Io non ho niente in mente. Non so neanche perché sono stato portato qui» risponde tranquillo Cruel, facendomi innervosire parecchio.

«Cominciamo dall’inizio. Perché le armi vere nell’arena?».

«Sarebbe stato più realistico, ti pare?». China la testa di lato e fa un sorriso sardonico.

«Più realistico? Abbiamo rischiato la vita e altri di noi sono morti!» urlo io lanciandomi contro di lui come una furia. Le braccia di Paban e Vick mi trattengono da perpetrare il mio secondo omicidio nel giro di pochi giorni.

«Appunto. Le morti e il sangue rendono tutto più realistico» ribatte lui.

 

«Perché le trappole e gli ibridi?» chiede ancora Apollo.

«Per la stessa ragione. Sospettavamo che dopo il bagno di sangue i ragazzi non avrebbero più combattuto tra di loro e così ci siamo cautelati per farli fuori lo stesso» risponde Cruel. È freddo, lucido e assolutamente terrificante il tono che usa.

«Volevate far sollevare i distretti contro il governo?» sbotta Vick.

«Noi? Non siamo responsabili per quello che fa il popolo».

«Lascia stare. Non è abbastanza intelligente per aver orchestrato un piano simile» interviene Plutarch. «Io avrei potuto. Avevo i mezzi e le capacità ma lui no. Lui deve avere chi ordina. Giusto, Venatio. Sei sempre stato brillantemente mediocre».

Il silenzio copre le ultime vibrazioni sonore della sua stoccata.

Vedo il collo di Cruel ingrossarsi e diventare rosso di rabbia.

«Brillantemente mediocre? Tu dici? Grazie alla mia mediocrità Panem è di nuovo a ferro e fuoco. Finalmente la Paylor lascerà il posto da primo ministro e il potere tornerà a Capitol City! A chi lo merita. A chi ha perso tutto con la caduta di Snow e se lo riprenderà adesso. Portando ordine. Rispetto alla capitale come avrebbe sempre dovuto essere!» declama con voce stentorea.

«Ma non tu» dice papà tranquillo.

 

Tutti ci voltiamo verso di lui. Non sarà Cruel a prendere in mano le redini del potere? Perché avrebbe fatto tutto questo allora?

«No. Hai ragione, Peeta Mellark. Non sarò io». Un sorrisino sardonico increspa le sue labbra.

«Esattamente come dicevamo prima. Tu sei comandato da qualcuno. Dicci chi è!». Non è una domanda, è un ordine quello che ulula Apollo. La sua calma proverbiale si sta volgendo in rabbia contro il capo degli strateghi.

«Non c’è nessun capo. Siamo tutti uguali e stiamo lavorando per il bene di Panem». Sembra quasi una frase impostata per evitare di dire cose compromettenti.

«Tu non parteciperai al governo. Nessuno dei distretti potrebbe accettarti dopo quello che hai fatto negli Hunger Games della Pace» azzarda Paban. «E sappiamo tutti che per andare al governo, oggi come trent’anni fa, si deve avere il sostegno dei distretti, altrimenti ci troveremmo nella rivolta e tra i morti ancora una volta».

«Esatto» esclamo avvicinandomi al ragazzo del mare e fissando Cruel «Perciò se tutto questo fa parte di un piano… sapete già chi salirà al potere e questo è qualcuno che è dalla parte dei distretti».

 

Il capo degli Strateghi sorride e ci squadra uno a uno. «Non riuscirete mai a capire tutto il quadro».

Il quadro… il quadro di insieme…

Guardo mia madre e lei fissa me. Non so perché ma mi si spalanca la mente in quell’istante e forse anche a lei, visto che sgrana gli occhi come se avesse raggiunto la meta. Apriamo la bocca e all’unisono esclamiamo «Elki Cox!».

«Certo! Cox! Il capo della milizia!». Apollo sbatte la sua mano sul tavolo, come a dare più enfasi a quello che ha detto.

«Chi? Quella mezza sega? Non sarebbe capace a mettere insieme due lettere per fare un articolo» risponde Cruel sghignazzando.

 

Lui è convincente, chi lo è di meno sono i suoi colleghi strateghi. Uno in particolare, seminascosto dietro al capo che è diventato rosso ed inizia a sudare copiosamente.

«E’ Cox. Vero?» chiedo a quello. Lui abbassa gli occhi ma non risponde e per noi è più chiaro che se l’avesse urlato.

«No! Non è Cox. Non è lui, credetemi» comincia a gridare il capo degli strateghi, ma nessuno gli da retta. Siamo tutti tesi a capire le prossime mosse da attuare.

Siamo tutti così distratti che non ci accorgiamo neanche del salto che fa Cruel contro Durin, disarmandolo della pistola per poi voltarsi verso lo stratega traditore e freddarlo con un proiettile in fronte. «Idiota!» dice come elogio funebre, prima di venire disarmato da almeno tre di noi.

«Durin, accidenti! Potevamo avere altre informazioni!» protesta Plutarch, ordinando lo sgombero del cadavere.

«Adesso andate a medicarvi e voi accompagnateli. Io, Plutarch e… Vick faremo il punto della situazione. Ne parleremo insieme più tardi» ordina Apollo, indicando noi, la mamma e Gale con Johanna e altri combattenti.

Ho sentito una esitazione prima del nome di Vick. Probabilmente stava per dire Fenix, ma lui non c’è più.

 

Per arrivare all'infermeria di questo palazzo è cosa abbastanza veloce. Ormai abbiamo un medico in pianta stabile da noi, visto tutti i rappezzi che deve fare. Si mette subito a visitare la mamma, mentre spedisce Gale in ospedale. Lui è più grave e non è in grado di curarlo qui.

«Così... Elki Cox?» commenta Jayson, sedendosi accanto a Grace su una delle poltroncine per le attese.

«E' solo una sensazione, ma anche la mamma è della mia idea. Ho visto dei filmati che vengono dai distretti. Lui sta facendo comizi su come ci sia un'ombra che spinge il governo a comportarsi contro il popolo e che lui non ordinerà più ai suoi uomini di combattere contro persone inermi» spiego.

«In pratica non sta accusando nessuno ma si sta ergendo a difensore di Panem e così si farà amare e potrà acclamare il potere una volta che la Paylor sarà destituita o darà le dimissioni» ragiona Paban ad alta voce.

«Ho la sensazione che ormai alla Paylor rimaniamo solo noi» mormora Jayson.

«No. Ha la Ghiandaia Imitatrice al suo fianco e Panem non è tanto vecchia da avermi dimenticato» replica mamma, uscendo dalla sala medicazioni con un braccio appeso al collo e papà al suo fianco.

«Se lasciamo che Cox continui con il suo piano, rischieremo di trovarci di nuovo con un presidente simile a Snow. Dobbiamo trovare il sistema per far calare i consensi del capo della milizia o saremo tutti finiti». L'analisi di mio padre è quanto di più brutto riesco ad immaginare. Rievoca scenari terribili come i vecchi Hunger Games della violenza. I veleni che la facevano da padroni trent'anni fa.

 

Durin arriva di corsa. «Ragazzi! C'è una nuova conferenza pubblica di Cox... sembra che vogliano assalire il palazzo presidenziale!» annuncia.

Assieme torniamo di corsa nella sala dei video. Gli strateghi sono stati portati via e ci siamo solo noi. Mi sento l'ultimo baluardo a difesa della libertà.

Nello schermo un viso deciso e dal sorriso affabile tenta di spiegare la situazione politica di Panem senza far sembrare nessuno colpevole. Sono innocenti gli strateghi, sono innocenti i militi, sono innocenti i rappresentanti del governo, è innocente il presidente. E chi sono i colpevoli di tutto questo caos? Noi candidati mandati a morire, forse?

Il pubblico acclama eccitato ed io non stacco gli occhi dallo schermo.

All'improvviso si sente una voce seguita da decine di altre “Cox presidente! Cox presidente! Via la Paylor! Cox presidente!”

«Ecco! Ci siamo! È iniziata la sua parte conclusiva del suo piano. Adesso attaccheranno il palazzo presidenziale e deporranno la Paylor» dice Apollo.

«Cosa possiamo fare?» chiede Agrom, dando voce ai nostri pensieri.

Non possiamo cedere il potere a un soggetto simile. Un uomo che non ha esitato a complottare contro dei poveri ragazzi e mandarli al macello per scatenare una reazione a catena che ha portato a decine di morti e ben più feriti. Un potere malato.

«Dovremo combattere ancora. Dobbiamo rispolverare tutti i crediti che avevamo trent'anni fa. Dobbiamo trovare consensi anche noi» dice Plutarch.

«Combattere?» fa qualcuno.

«Combattere» conferma Apollo.

 

Vedo molte teste piegarsi a questa conclusione. Fissarsi le scarpe assorti nei pensieri più tristi. Combattere contro tutta la milizia di Panem è un suicidio. Siamo circa trenta persone e non riusciremo certo a fermare questo colpo di stato da soli. Dovremo trovare degli aiuti e i migliori arriveranno dagli abitanti dei distretti, dal popolo.

«Dovremmo inserirci nelle trasmissioni di Capitol City e trasmettere la nostra versione dei fatti» propone John.

«Avessimo ancora Beetee. Lui saprebbe come fare tutto questo. All'epoca della rivolta era un mago» commenta mio padre.

Stiamo cercando di trovare una soluzione e mi sembra di annaspare come un pesce nella rete, senza sapere cosa fare.

 

«Mettiamo alcune sentinelle nei pressi del palazzo presidenziale, per sapere quando inizia l'assalto» propone Plutarch.

«Dobbiamo essere precisi e finalizzati a dei chiari obiettivi. Se sappiamo chi o cosa dobbiamo colpire, basteranno meno persone e saremo più incisivi» precisa Apollo.

Le discussioni proseguono per altre ore estenuanti.

Alla fine si decidono le squadre. E a questo punto iniziano i problemi e i litigi.

Riuscire a convincere mamma e papà che vogliamo partecipare sembra un problema insormontabile. Si sono coalizzati per impedirmi di combattere. Per non parlare di Paban, che è ben felice di dar loro man forte. E Jayson che, non  solo si trova con lo stesso mio divieto, a anche con Grace che non vuole che lui partecipi, insultandolo quando lo nomina “piccolino”.

 

Non volendo disturbare gli altri ci siamo diretti in una stanza vicino a continuare le nostre discussioni.

«Jayson, non puoi venire anche tu. Sei troppo piccolo» protesta mia madre.

«Combatto con la spada, so tirare con l'arco e me la cavo con i fucili. E sono cose che mi hai insegnato tu. Perché adesso mi ritieni piccolo? Quando andavamo a caccia insieme non mi dicevi che ero troppo piccolo». Non ha tutti i torti. Inoltre ha dimostrato di sapersela cavare in molte situazioni spinose e di questi tempi, si cresce in fretta. Definirlo piccolo non è essere giusti.

«Sono solo preoccupati per te» interviene Grace.

«Non hanno capito che sono in grado di fare le stesse cose che fanno loro» ribatte mio fratello. «E Chyna? Anche lei vuole uscire con le squadre di attacco. Impedirete anche a lei di combattere?».

«Lei non esce di qui» puntualizza Paban.

«E chi dovrebbe andare? Tu, che non ti reggi in piedi?». Sta diventando un litigio in piena regola dove tutti sono contro tutti. «Diciamocelo. Tu sei meno efficiente rispetto alla sottoscritta. Non sei in grado di essere preciso e svelto come me».

Lui sbuffa ma non fa altro che ribadire il suo ordine. «Tu non esci».

Le lotte continuano con papà che vuole far restare la mamma, me e Jayson. Noi che vogliamo uscire e Grace e Paban che si oppongono.

«Smettila di fare il bambino, Jayson» urla Grace a mio fratello.

«Bambino? Ti faccio vedere io se questo è da bambino» sibila lui, prima di strattonarla tra le braccia e schiacciare la sua bocca su quella della ragazza.

Cala il silenzio. Finalmente Jayson è riuscito a far stare tutti zitti.

 

Quando i due si staccano, attendo ansiosa qualche reazione da parte di Grace. Tipo un ceffone o uno spintone, un urlo oltraggiato o semplicemente andarsene. Invece arrossisce e china la testa, fissando i suoi piedi. «Jayson, che fai?» mormora sottovoce. Sembra davvero imbarazzata, ma dal sorrisino che le spunta, anche molto contenta.

«Ti dimostro che non sono un bambino e spero proprio di averti convinto, altrimenti mi prenoto per quando questa storia sarà finita... ci sarà tutto il tempo».

Lei lo guarda e annuisce. «Non sei un bambino» conferma. Mi sa tanto che abbiamo assistito al primo passo di una bella storia.

 

«Non potete impedirmi di uscire con gli altri. Non posso rimanere ancora qui. Cox ha ucciso Christal e Alicia e Bor e Thabo e il mio amico Dick. Come faccio a dimenticarmi di Ilixo? E di Douce? Non posso perdonare un macellaio simile e voglio avere la possibilità di vendicarmi, o almeno di proteggere la libertà e impedire che succedano altre volte queste cose terribili».

Nessuno di loro mi può contraddire su questo. Ho diritto di andare al palazzo presidenziale e ho diritto di combattere per quello in cui credo. I miei genitori avevano la mia età quando si trovarono a lottare contro Snow e lo strapotere di Capitol City ed io voglio la stessa possibilità oggi.

Restiamo a guardarci tutti in cagnesco, fino a quando mio padre emette un lungo sospiro rassegnato.

«Tutti noi vogliamo partecipare e nessuno ci farà cambiare idea. È il nostro modo di amare e di proteggere chi amiamo... farete tutti attenzione e al minimo cenno di pericolo, vi ritirerete in un luogo sicuro. Questo è il mio accordo» propone.

«Accetto» dico precipitosa.

«Accetto» conferma mamma.

«Accetto» le fa eco Jayson.

«Anche noi» dice Grace indicando se stessa e Paban.

La contrattazione è finita. Possiamo tornare dagli altri e prepararci per la battaglia. Sento che è vicina e non vedo l'ora di avere Cox tra le mani. Non lo chiedo come mio trofeo personale. Ma se riuscissi ad ucciderlo personalmente, ne sarei estremamente felice e soddisfatta.

 

«Ragazzi! Stanno marciando verso il palazzo presidenziale!» grida Agrom.

È arrivato il momento.

Plutarch resterà alla base, cercando di coordinare le operazioni da qui.

Vengono distribuite le armi. Fucili e per me, mamma e Jayson, archi e faretre piene di frecce normali, esplosive e perforanti.

«Katniss, abbiamo cercato di trovare qualche cosa che ti facesse assomigliare alla Ghiandaia Imitatrice. È una delle poche carte che possiamo giocarci» dice Apollo, indicando una tutta nera con macchie bianche sulle maniche.

Tremo leggermente. Avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile. E l'unico aiuto in cui possiamo sperare è l'appoggio dei distretti e del popolo di Panem.

 

Usciamo alla spicciolata diretti verso il centro della capitale. Sotto i mantelli abbiamo le armi. Io sono in compagnia di Paban, Jayson e Grace. Mamma e papà sono già usciti. In gruppetti da tre o quattro persone non diamo nell'occhio. Nessuno fa caso a noi e man mano ci uniamo alla folla che si sta avvicinando al palazzo presidenziale.

Mi guardo attorno e vedo i miei compagni vicini e distanti, fare piccoli gesti per segnalare le loro posizioni. Siamo sparsi nella piazza e controlliamo tutte le vie di accesso. Ci sono parecchi militi, ma non sono con la divisa completa. C'è a chi manca l'elmetto, a chi il giubbetto, come se con questa dimenticanza, fossero più connessi alla gente comune.

 

«Vorrei tanto ci fosse Haymitch» sento sospirare mia madre alle mie spalle, coperta da una coperta drappeggiata come un mantello.

«Anche io» conferma mio padre.

Zio Haymitch era il mentore dei miei genitori nelle edizioni degli Hunger Games nelle quali hanno partecipato ed era l’unico che riusciva a comunicare con mia madre senza neanche parlare. Sembrava avessero una connessione mentale quei due e se devo essere sincera, manca molto anche a me. Sono sicura che tra lui e la mamma, avrebbero scoperto molto tempo prima tutto il piano di Cox.

«Eccolo» mormora Paban.

 

Ci voltiamo leggermente e vediamo l’agitarsi delle teste nella piazza attorno a un punto che si muove in obliquo verso il portone principale del palazzo. Sembra l’onda del mare che va a infrangersi sulla battigia. Man mano le teste si agitano, si voltano, e poi tornano quiete mentre l’oggetto della tensione avanza.

«Cox! Cox! Cox!» sentiamo scandire dagli spettatori.

Anche accanto a noi le persone agitano le braccia e inneggiano al capo della polizia.

«Vorrei trapassargli il cuore con una freccia esplosiva e far scoppiare il resto del suo corpo in modo che non ne resti nessuna traccia» sibilo con odio. Sento odio puro nel mio cuore contro quell’uomo che ha ucciso i miei compagni. Che ha ucciso la dolce Christal e il suo amore Bor. E Alicia. E Ilixo. E Thabo, il dolcissimo Thabo dalla pelle di ebano e dal sorriso così aperto. E Douce. E il mio caro Dick. Loro avevano diritto di vivere e invece sono morti. Piano terrificante di quel essere che vuole il potere su Panem. Lo voglio morto.

«Calmati, Chyna. Non reagire in questo modo. Tua madre non ha pensato ed è stata isolata per anni come una pazza, non vorrai fare la stessa fine? La storia non deve ripetersi» mi risponde Paban stringendo con forza il mio braccio e facendomi tornare alla realtà.

Non dobbiamo farci prendere dalle emozioni.

Abbiamo studiato un piano che implica sangue freddo. Se ci facciamo prendere dalla frenesia della vendetta, creeremo il caos e non varrà a nulla il nostro tentativo di salvare Panem da una dittatura peggiore di quella di Snow. Perché sono convinta che sarà peggiore. Lui ha agito nell’ombra. Ha fatto uccidere, ha giocato sulla mente del popolo. Ha seviziato e ucciso il nostro libero pensiero, convincendoci che lui fosse il bene. Snow non è mai riuscito a fare tanto. Se ne fosse stato in grado, oggi sarebbe ancora qui.

Dobbiamo smascherare Elki Cox per quello che è. E lo faremo qui, in piazza con le telecamere che stanno riprendendo tutto in diretta e i vari microfoni che John e Shae hanno piazzato su di noi per avere l’audio più ampio possibile. Deve essere tutto chiaro, senza ombre, senza dubbi. E lui sarà inchiodato alle sue colpe e noi saremo liberi.

 

Improvvisamente il punto dove si trova il capo dei militi, sembra iniziare ad avanzare velocemente e, a pochi passi dal portone di ingresso del palazzo presidenziale, questo si spalanca completamente consentendo l’entrata trionfale del traditore della patria.

Subito le ante si richiudono e il popolo continua ad inneggiare al finto salvatore.

«Cox! Cox! Cox!». È assordante.

Passano alcuni minuti. Sappiamo che Apollo e alcuni uomini fidati, tra cui i più addestrati Durin e Agrom, sono all’interno del palazzo, entrati attraverso dei passaggi segreti lasciati aperti appositamente dalla Paylor in persona.

Se fossero riusciti ad attaccare il capo dei militi, appena entrato, la rivolta sarebbe finita ancora prima di iniziare e senza alcun ferito.

Purtroppo niente può essere così semplice.

 

Dopo parecchi minuti di attesa ecco che finalmente Elki Cox appare sul balcone presidenziale, quello da dove la Paylor faceva i discorsi nelle occasioni di feste e proclami.

«Popolo di Panem!» un boato accoglie il suo inizio.

«Eccomi, a difendere la vostra vita… Ho sempre preso questo impegno, da quando mi sono arruolato nei militi… E adesso sono qui per continuare a difendere la libertà dall’oppressione e dal tradimento… In questo momento… con il vostro sostegno… depongo la presidente Paylor e la arresto per crimini contro il popolo!». A ogni interruzione scoppia un boato più forte. Tutto il pubblico in piazza inneggia verso Cox.

 

«Guarda lì» mi sussurra Jayson indicando una persona con un lieve cenno della testa. Osservo meglio e vedo che è il primo che urla accanto a noi ed è quello che da sempre il via alle voci acclamanti di questo lato della piazza.

«E’ sicuramente uno d’accordo con lui» rispondo sottovoce.

Probabilmente ci sono altri mischiati nella piazza che incitano alle ovazioni. Così come c’erano quando avevano lanciato i sassi contro il palazzo presidenziale più di un mese fa.

 

Ed ecco che trascinano fuori la Paylor, legata e con un vistoso livido sulla guancia rugosa e rossa.

Lei si agita e i suoi capelli color ferro, si sciolgono dal lato destro del viso, coprendo lo zigomo colpito. «No! Lasciatemi! Non sono io la colpevole!».

Di nuovo l’uomo accanto a noi urla il suo “Buuuu!” lungo e acuto, seguito da altri in varie parti della piazza.

«Non possiamo aspettare troppo» dice Grace.

«Aspetta. Vediamo cosa fa lui» risponde mio padre che ci ha raggiunti.

 

Le nostre armi sono ancora ben coperte e nessuno ci sta guardando.

Cerco di ricordare il punto esatto dove ci dobbiamo posizionare prima di rivelarci. Noi tre saremo sotto lo sguardo di tutti ad attirare l’attenzione. Mentre Apollo metterà ai ferri Cox e noi parleremo al popolo.

Mia madre Katniss, la Ghiandaia Imitatrice è la sola che possa catalizzare tutta l’attenzione della piazza. Mio padre al suo fianco per ricordare gli sfortunati innamorati ed io per rappresentare chi ha perso più di ogni altra persona a Panem. La candidata più famosa degli ultimi Hunger Games della Pace.

Controllo ancora una volta l’arco, sfioro la faretra al mio fianco e controllo il microfono che ho appuntato al petto e che è collegato a due grossi amplificatori posizionato ai lati della piazza, in modo che le mie parole vengano udite da tutti anche se parlo piano.

Noi tre siamo equipaggiati in questa maniera.

Il cuore mi batte fortissimo, e per un attimo la vista si annebbia e poi tutto diventa scuro, per poi tornare brillante e luminoso. Maledizione! Sfrego la fronte come a voler diradare la nebbia dalla vista. Fortuna che nessuno se ne accorge.

 

Lentamente, come se fossimo spinti dalle persone attorno a noi, ci spostiamo verso il punto dove c’è un piedistallo vuoto, lasciato lì a ricordo del punto dove Snow venne ucciso durante la rivolta dei distretti di trenta anni fa.

È abbastanza grosso per sostenere noi tre senza restare pigiati e nello stesso tempo ci permette di essere più in alto rispetto a tutti gli altri cittadini. Per ora ci sono solo un paio di ragazzini seduti lì sopra, ma quando arriveremo noi faremo il vuoto.

Nel frattempo altri ribelli come noi, si disporranno attorno per difenderci da eventuali attacchi di militi infiltrati tra la gente.

È pericoloso ma è l’unico modo che abbiamo per fermare quel pazzo che ha fatto precipitare Panem di nuovo nel caos e nella guerra.

 

«Uccidila! Uccidi la Paylor!» grida qualcuno e altri si accodano a questa richiesta folle.

Ormai non c’è più tempo. Dobbiamo agire subito o sarà troppo tardi.

«Ci deve essere un processo!» risponde Cox con un sorrisino compiaciuto sulle labbra.

«E’ colpevole! Uccidetela!» risponde la piazza assetata di sangue.

Lentamente vedo un fucile levarsi tra le teste che popolano la piazza e puntare verso il balcone. Probabilmente un cecchino assoldato dal capo dei militi che ha il compito di uccidere la Paylor prima del processo. Ucciderla ora.

Cox risulterebbe innocente. Aveva difeso la presidente perché voleva un processo, ma senza imputato la colpa sarebbe tutta della defunta, lui il difensore degli oppressi e, probabilmente, assumerebbe il potere con il beneplacito della piazza.

Non deve andare così. Non può andare così.

 

In quel momento vedo mia madre iniziare a correre e lanciarsi sul piedistallo, mentre mio padre zoppica cercando di starle dietro.

In un attimo lei è in piedi al centro della pietra, sopra tutti gli altri.

Sembra che abbia attirato tutti gli sguardi su di sé. Toglie la coperta con un solo gesto e la lascia cadere sul selciato della piazza, facendo ammirare la sua tenuta nera con strisce bianche.

Imbraccia l’arco e afferra una delle frecce della sua faretra, la incocca e la punta contro il balcone presidenziale. Contro Cox.

«Sono Katniss Everdeen! La ragazza di fuoco! Sono la Ghiandaia Imitatrice! E sono qui per difendere la libertà di Panem!» urla a gran voce.

Gli amplificatori aumentano il suo tono a dismisura, azzittendo per un attimo qualsiasi persona nel raggio di tre isolati.

Poi la piazza esulta. Esulta e inneggia all’eroe che non è più Elki Cox. L’eroe è mia madre.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

ed eccoci qui. Penultimo capitolo.

pienissimo di eventi, tensione e un pochino di paura.

Siamo alla resa dei conti. La domanda è, riuscirà Katniss a non essere impulsiva come trenta anni prima? Riuscirà a far capire a tutti le sue ragioni? Oppure ucciderà Cox come aveva fatto con la Coin?

 

Come si dice? Lo saprete alla prossima puntata.

L’ultima. Come avevo promesso 30 capitoli.

 

Lasciatemi le vostre impressioni, sono curiosissima di sapere quello che ne pensate.

 

Non vi lascio alcuno spoiler questa volta. Tutto deve essere avvolto dal mistero. Cosa succederà lo sappiamo solo io e la mia fida chiavetta usb.

 

Vi auguro una buona festa e, ringraziando per l’attenzione, vi rimando alla prossima settimana.

Baciotti

 

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Capitolo 30
*** la vittoria ***


 

Ciao a tutti!

Eccoci al nuovo capitolo.

Al nuovo ultimo capitolo.

Ringrazio tutti quelli che, con costanza ammirevole, si sono sorbiti tutti i trenta capitoli di una lunghezza stancante, si sono appassionati alla sfiga della protagonista che è più perseguitata di Calimero, che hanno recensito facendomi sentire supportata e incentivandomi a continuare, che si sono divertiti e hanno sopportato i miei orrori.

 

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SORPRESA! Ebbene sì, è l'ultima puntata.

Commenti alla fine e ora... BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Sono Katniss Everdeen! La ragazza di fuoco! Sono la Ghiandaia Imitatrice! E sono qui per difendere la libertà di Panem!» urla a gran voce.

Gli amplificatori aumentano il suo tono a dismisura, azzittendo per un attimo qualsiasi persona nel raggio di tre isolati.

Poi la piazza esulta. Esulta e inneggia all’eroe che non è più Elki Cox. L’eroe è mia madre.

 

Cox sorride a mia madre come se fosse lì ad inneggiare a lui. «Anche Katniss Everdeen è qui per difendere Panem! Esattamente come me! Faremo di tutto per liberare il popolo dai traditori della pace!». Un altro boato fa tremare la piazza. Altre grida di giubilo tra i presenti.

Mio padre si issa sul piedistallo dove mia madre continua a tenere Cox sotto tiro.

«Non ci devono essere altri morti! La pace è questo!» dice, trasmettendo con gli amplificatori in tutta la piazza, poi copre il microfono.

«Katniss! Katniss, smettila! Metti giù la freccia, non puoi ricominciare. Ti arresteranno, ti drogheranno di nuovo. Non potrai più uscire dal distretto 12. Sarai confinata. È questo che vuoi? Che esempio dai ai tuoi figli?» sibila sottovoce.

Io sono ai loro piedi. Sento quello che dice mio padre e so che ha ragione.

Abbiamo l’attenzione del popolo. Nessuno può colpire senza far scatenare le ire della piazza. Siamo pronti e attenti. Dobbiamo giocarcela bene.

Tra poco Apollo prenderà Cox in custodia e noi potremo produrre il testimone e spiegare il piano del traditore. Solo così riusciremo a farcela.

 

Salgo sulla piattaforma con i miei genitori.

«Sono Chyna Mellark! Sono la candidata per il distretto 12 dei settimi Hunger Games della Pace!» dico con voce chiara, ripetuta dagli amplificatori ai lati della piazza. «Sono stata sorteggiata nel mio distretto con l’inganno! Mi hanno allontanato dal nostro mentore! Mi hanno confinato negli alloggi senza parlare con nessuno e poi mi hanno gettata nell’arena a combattere con armi vere. A dare la morte ai miei amici!». Nessuno fiata. Mia madre tiene ancora Cox sotto tiro.

«Hanno disseminato di trappole mortali e ibridi tutta l'arena! I mentori ci hanno rintracciato e hanno dovuto cercare di abbattere degli hovercraft che ci stavano bombardando! Venticinque candidati sono morti e vogliono il colpevole!» grido forte.

 

Subito un boato della gente accompagna la mia ultima affermazione. Tutti vogliono il colpevole.

«La Paylor! La Paylor è colpevole! La presidente!» varie voci si sovrappongono indicando comunque la Paylor come imputata e già condannata dalla folla.

«No!» urlo più forte e grazie agli amplificatori tutti mi sentono. «Non è stata la Paylor».

A questo punto cala il silenzio nella piazza. Tutti mi ascoltano rapiti e curiosi.

«Abbiamo dei testimoni e sappiamo chi è stato» concludo. Mio padre incalza subito dopo di me.

«E' una persona potente, che aveva un posto di prestigio».

«E' una persona che ha finto di difendere il popolo per farsi amare ed eleggere a suon di piazze» aggiunge mia madre, sempre con la freccia incoccata e senza cedere dalla mira. Probabilmente il suo braccio pulsa di dolore ma lei è una che stringe i denti, come ora.

«E' qualcuno che aveva la possibilità di scavalcare e cambiare gli ordini del governo e della presidente e di farli sembrare come non suoi». Stiamo inchiodando il coperchio della bara di Cox.  La gente comincia a rumoreggiare.

«E' una persona che poteva organizzare le mietiture e incaricare gli Strateghi come meglio gli piaceva».

«E' una persona che ha il potere delle armi e può disporne meglio che non il presidente stesso» concludo.

A quel punto, più di una persona inizia a mormorare il nome di Cox, intuendo quello che era accaduto. Quando il rumore inizia a sovrastare le proteste che lo stesso Cox sta urlando dal balcone presidenziale, papà annuncia.

«Abbiamo i testimoni» e trascina sul piedistallo Venatio Cruel ammanettato, mentre io mi affretto a scendere e mi trovo avvolta dalle braccia protettive di Paban.

I rumori sono sempre più pressanti. Le persone presenti vogliono sapere.

 

«E' vero» dice Cruel a voce bassa. Grazie agli amplificatori, a nessuno sfugge la sua ammissione.

«E' Cox colui che ha organizzato tutto, per destituire la presidente Paylor e farsi eleggere nuovo presidente di Panem». La piazza è completamente ammutolita e lo rimane per qualche secondo, prima di esplodere in una cacofonia di proteste e incredulità.

Con la coda dell'occhio, vedo il fucile che prima era puntato contro la Paylor, spostarsi verso il piedistallo e un instante dopo, sparire sotto le mani di due dei nostri. Hanno cominciato ad agire.

«Non è vero!» risponde urlando Elki Cox. «E' una manovra della Ghiandaia Imitatrice. Ricordatevi l'ultima volta. Ha ucciso un presidente senza ragione».

Vedo che mia madre fremere indignata. Anche la storia ha dimostrato che lei era nel giusto. Negli anni, quando tutto è andato a tranquillizzarsi, Plutarch ha portato le prova in televisione e tutti hanno potuto sapere che era stata la Coin a far uccidere i bambini di Capitol City e poi a uccidere i nostri medici con il resto delle bombe. Era stata lei a far uccidere mia zia Primrose.

 

«Voi sapete che la Ghiandaia Imitatrice è dalla parte del popolo. Lo è sempre stata! E lo è anche ora!» urla papà, cercando di spegnere le proteste sul nascere.

«E’ stato Elki Cox a organizzare tutto» dice Cruel ormai alle corde. «E anche gli altri strateghi possono confermarlo».

I nostri uomini hanno fermato qualsiasi tentativo di assalto al nostro piedistallo, arrestando di fatto i sobillatori della piazza.

I militi che non fanno parte del complotto, guardano stupiti il loro comandante in capo, cercando di comprendere come e quando siano diventati delle pedine loro stessi.

All’improvviso, alle spalle di Cox, compare Apollo che, insieme a Durin, Agrom e gli altri della sua squadra, imprigiona il capo della milizia e libera la presidente Paylor.

Un grido di esultanza scoppia attorno a noi, coprendo le parole che stanno dicendo sul balcone.

 

Qualcuno tira giù Cruel e due militi, insieme a Vick, conducono lo stratega al palazzo presidenziale.

«Tutti coloro che sono invischiati nel complotto contro il legittimo governo di Panem e contro la presidente Paylor, verranno giudicati dal popolo in un tribunale straordinario! Il popolo e i suoi rappresentanti, stabiliranno l’entità della pena o l’assoluzione!». Così annuncia Apollo, non appena si riesce ad avere un poco di silenzio.

L’esultanza della piazza è ancora più grande di quando si tentava di far condannare la presidente in maniera pubblica.

 

Nell'istante in cui Apollo cerca di trascinare il capo dei militi all'interno del palazzo, si scatena l'inferno tra i sostenitori del governo legale e i fautori del colpo di stato. Alcuni sobillatori in incognito estraggono le armi ed iniziano a sparare in aria, creando il panico tra il popolo in piazza che cerca di fuggire indirizzandosi verso le vie di accesso alla piazza.

La forza della gente terrorizzata è davvero immensa. Una marea inarrestabile che travolge tutto quello che incontra, comprese le persone che cadono e vengono calpestate dagli altri che cercano la salvezza.

I proiettili sibilano e vedo mia madre lanciare alcune frecce in direzione dei colpi esplosi. È pericoloso, perché è in vista e scoperta rispetto a qualsiasi altra persona.

Con il terrore che la colpiscano, mi lancio su di lei per trascinarla di sotto, ma vengo spintonata da altri corpi. Vedo mia madre cadere e mio padre lanciarsi per arrestare il suo corpo. Io faccio la stessa cosa, ma di nuovo vengo rispedita indietro.

Solo che questa volta non c'è nessuno a trattenere la mia caduta che si conclude con il corpo sul selciato. Mi rannicchio su me stessa, cercando di riprendere il fiato che mi si è spezzato per il colpo.

Le urla rimbombano nelle orecchie che fischiano.

I piedi corrono attorno a me, ma so che tra poco sarò calpestata dalla folla impazzita. Cerco di strisciare verso la colonna del piedistallo, in modo da avere un poco di protezione.

Non appena arrivo accanto alla pietra, un colpo alla testa mi fa urlare dal dolore, prima che la vista si annebbi per l'ennesima volta e che il buio mi inghiotta senza scampo, così come i miei sensi.

 

Sto galleggiando. Non sento più nulla. Sto galleggiando nel buio liquido e calmo. La folla deve essersi dispersa e io mi sento tranquilla. So che adesso mi dovrei svegliare, ma proprio non riesco ad aprire gli occhi.

«Chyna... Chyna, ci sei? Apri gli occhi, amore. Chyna, tesoro, svegliati» sento dire a un Paban dal tono di voce estremamente preoccupato.

Devo svegliarmi. Voglio svegliarmi per sapere se stanno tutti bene.

«Dottore, perché non si sveglia ancora?». Dottore?

«Tranquillo, ragazzo. Tra poco sarà tra di noi. Non ci sono ragioni perché non si debba svegliare» risponde una voce che non conosco.

«Come stanno i Mellark?» chiede Paban. I miei genitori? Mio fratello? Cosa è successo? Sono in pericolo? Stanno male? Sono feriti? Vi prego, ditemi qualcosa!

«Katniss e Peeta, hanno solo qualche escoriazione e sono in sala medicazioni. Jayson ha subito più traumi da schiacciamento quando si sono mossi in piazza. Lo stanno operando in questo momento, ma dovrebbe cavarsela» risponde la voce.

«Grace?».

«La ragazza con Jayson Mellark? Sana e salva. Sta aspettando notizie anche lei».

Sospiro e prego che vada tutto bene a mio fratello.

 

Sento un gemito e un lamento e subito Paban si avvicina al mio letto. «Chyna. Chyna mi senti? Ti prego, apri gli occhi. Amore. Ti prego». Mi stupisco nel comprendere che il lamento era il mio.

Apro gli occhi e deve essere ancora buio, perché non vedo neanche la punta del mio naso. Richiudo gli occhi e un gemito di fastidio mi esce dalla bocca. Okay, sono io che mi sto lamentando. Adesso è chiaro.

«Chyna, ti sei svegliata» esclama Paban con un tono felice. Sento che si ha abbracciato e il suo profumo di sole e sale mi avvolge tutta. Anche a distanza di tempo lontano dal mare, il suo odore non sarà mai diverso. Il distretto 4 è radicato in lui, più di qualsiasi altra cosa.

«Cos’è successo?» mormoro con la gola secca che raschia.

«Abbiamo vinto. È tutto finito. Elki Cox è stato arrestato, così come gli strateghi e i presentatori che hanno collaborato a questa congiura. Stanno già predisponendo per il processo. Sarà un evento che probabilmente sarà trasmesso anche in televisione. Credo che avrà più successo degli Hunger Games» dice in fretta e con gran soddisfazione.

Sento che mi sto rilassando, come se mi avessero tolto un peso dalle spalle. «E’ tutto finito» mormoro incredula. E inizio a ridere, felice.

 

Dopo qualche minuto di risate incontrollabili e abbracci, torno me stessa. Non c’è la mia famiglia vicino a me. Perché?

«Dove sono gli altri?» domando.

«Sono accanto a Jayson. L’operazione è andata bene. Hanno dovuto togliergli la milza ma non ci saranno altri problemi e potrà fare una vita pressoché normale» risponde il ragazzo del mare.

«Paban… ti spiace aprire le finestre o accendere la luce? Non vedo assolutamente niente e comincio a sentirmi a disagio».

Alla mia domanda segue un minuto buono di silenzio. «Paban?».

«Chyna… le luci sono accese» mormora con voce sconvolta.

«Stai scherzando? Non sono cose che mi piacciono, non in questo modo. Dai, Paban, accendi la luce» insisto ma nel mio cuore so che ha ragione. Che sta dicendo la verità. Non mi sono riposata, ho battuto la testa e i miei annebbiamenti sono peggiorati.

«Non sto scherzando. La luce è accesa. Chiamo subito il medico. Non muoverti» mi ordina e poi sento i passi pesanti di una persona che corre disperata.

Sulle mie labbra sento del liquido salato e mi accorgo di stare piangendo. Non ho ancora formulato il pensiero ma il mio corpo ha già capito. Io non ci vedo. Sono diventata cieca.

 

Quello che dovrebbe essere il medico arriva correndo ed inizia a tastarmi.

«Vedi niente davanti a te?» chiede professionale.

«No. Niente di niente» rispondo in un soffio.

Per il cielo di Panem! come farò a sopravvivere a questo?

«Chyna, amore… andrà tutto bene» dice Paban prendendo la mia mano e stringendola.

Paban… come posso costringerlo a stare con me con quello che mi sta capitando? I miei genitori sono da Jayson, ma so che tra poco saranno qui e quando arriveranno avrò tutta l’assistenza di cui ho bisogno. Non voglio che anche lui sia costretto a soffrire nel vedermi così. E se non riuscissi più a riavere la vista? Se rimanessi sempre così? Come potrei accettare di avere Paban accanto quando io non posso rendermi utile? Sarei un peso per lui.

«Dottore, guarirò?». È la sola speranza. Se lui mi toglie questa…

«Non so cosa dirti, è presto per fare diagnosi. Dobbiamo fare delle analisi e valutare» risponde professionale. Al diavolo la professionalità, io voglio sapere se vedrò ancora o sarò cieca per sempre.

 

«Paban, ti prego, lasciami sola» gli dico dopo che il dottore se n’è andato.

«Chyna, non dire sciocchezze. Potresti aver bisogno di qualcosa. Ci sono io, qui. Non ti lascio, tranquilla. Tu intanto dormi» risponde lui cercando di restare positivo.

«Ti ho detto di lasciarmi sola» ripeto. Non riesco ad averlo vicino adesso. Vorrei guardare il suo viso, carezzare le sue mani, baciarlo e cominciare a pensare a domani e dopo e dopo e dopo. Invece non c’è niente altro che buio. Sento che è vicino a me ma non lo vedo e non riesco a non pensare che potrebbe essere così per sempre.

Mi allungo verso il comodino per prendere il bicchiere. So che ne mettono sempre uno pieno per i pazienti, ma quando arrivo in prossimità il dorso della mia mano urta qualche cosa di freddo e umido e pochi istanti dopo, sento infrangersi del vetro.

«Chyna, aspetta che ti aiuto!» dice sollecito il ragazzo del mare.

 

Questo è troppo. Non voglio un infermiere a disposizione giorno e notte e adesso lui sarebbe solo questo per me. Non lo voglio legare a un infermo che non è neanche capace di bere un bicchiere d’acqua senza aiuto. Deve andarsene.

 

Sento dei passi veloci che si avvicinano e mi sembra di riconoscere la cadenza claudicante di mio padre. Infatti poco dopo la voce di mamma arriva alle mie orecchie.

«Chyna, tesoro, dimmi. Il dottore ci ha avvisati del tua cecità» dice mia madre abbracciandomi stretta.

«Non preoccuparti, amore. Andrà tutto bene. Il medico dice che probabilmente la botta che hai preso a smosso il grumo che si stava riassorbendo. Se le analisi daranno risposte positive, dovrebbe operarti domani e tutto tornerà a posto» aggiunge papà stringendo la mia mano.

«E se non succedesse? Se rimanessi così per sempre? Non vedo nulla! È tutto buio!» urlo piangendo.

«Non devi essere spaventata. Ci siamo noi con te. Se anche dovessi rimanere così, noi ti staremmo vicini» cerca di confortarmi Paban, ma è proprio lui che non voglio vicino se il mio destino fosse quello.

 

Prendo un respiro profondo e mi rivolgo verso quella che mi sembra l’origine della sua voce.

«Vattene» ordino.

«Cosa stai dicendo?» chiede mia madre.

«No, Chyna. Non me ne vado» ribatte lui.

«Ho detto vattene! Una volta mi hai detto che solo io potevo mandarti via. Adesso ti sto mandando via. Non voglio che rimani qui. Ci sono i miei genitori con me, non ho bisogno anche della tua presenza. Vattene». Mai delle parole sono state più difficili da proferire rispetto a queste.

Ho mandato via il mio cuore. Se provassi ad ascoltare il battito non lo sentirei più perché non è qui che sta battendo, ma con lui. Ormai ne sono talmente consapevole da esserne sconvolta.

«Come vuoi». Sento un sospiro e dei passi che si allontanano. E comincio a piangere.

«Chyna, non mandarlo via» prova a dire mio padre, ma io scuoto la testa e mi giro, lasciando che le lacrime vengano assorbite dal cuscino, così come i miei singhiozzi.

 

Non so quanto tempo sia rimasta in lacrime, ma quando arriva il dottore per gli ulteriori esami, non piango più da un pezzo.

Papà ha cercato di farmi ragionare ma non gli ho dato retta, neanche gli ho risposto. La mamma non la sento da quando ho mandato via Paban, e papà mi ha spiegato che è andata da Jayson per vedere se stava bene e se si era svegliato dall’operazione. È difficile per loro, dividersi tra due figli, entrambi in ospedale.

«Eccoci, Chyna. Adesso ti sposto su questa sedia a rotelle e iniziamo a fare gli esami che ci servono per domani… pronta per il tour? Voi potete venire ad accompagnarci, ma dovrete rimanere fuori dalla sala» dice il medico, ma qualche cosa mi suona male.

«Voi?» chiedo. Chi c’è oltre a mio padre?

«Mia moglie non viene. Sta con l’altro nostro figlio che ha subito una operazione difficile. Resto solo io» dice papà frettolosamente, poi aggiunge. «Katniss aveva chiesto di essere presente, ma visto che gli esami saranno privati è meglio che lei rimanga con Jayson finché non si sarà svegliato».

«Jayson è ancora in pericolo?» chiedo preoccupata. Mi avevano detto che stava bene, che l'operazione era andata alla perfezione.

«Certo che no. Solo che è giusto avere un genitore vicino, ti pare? Io sto con te e Katniss con tuo fratello» dice con un tono leggermente divertito e io mi tranquillizzo. È giusto che anche mio fratello abbia un genitore vicino. Annuisco e mi lascio trasportare.

«Adesso io e l'infermiere ti trasportiamo a fare delle altre analisi» dice il medico, poi due braccia muscolose mi sollevano e mi depositano su una sedia a rotelle che subito viene spinta verso la mia destinazione.

 

Le visite sono davvero estenuanti, ogni volta, vengo spostata dalla sedia alla barella. Mi fanno lastre, misurazioni, analisi del sangue. Vengo sballottata e rivoltata. L'infermiere a cui mi hanno affidato non si lamenta mai. Anzi, a dire il vero non ha mai parlato, continua solo a spingermi e spostarmi quando il medico glielo dice. Non so perché ma mi fido di lui.

«Bene, Chyna. Adesso studieremo i dati raccolti, nel frattempo tu starai tranquilla nella tua stanza. Domani mattina ti prepareremo per l'intervento».

E devo ammettere di essere davvero esausta quando mi stendo nel mio letto in camera e in men che non si dica sono addormentata.

 

Forse è il fatto che vivo nel buio e non mi accorgo se è giorno o notte. Forse è che non c’è niente che mi distragga, nessuna immagine se non i miei ricordi.

Mi ritrovo ad essere stesa sul tavolo operatorio dove il dottore mi sta spiegando come funziona l’anestesia. Io annuisco, anche se capisco davvero poco di quanto mi spiega.

In un attimo sento i miei sensi sfilare via e cado nell’incoscienza.

Spero che l’operazione vada per il meglio e che tutto funzioni.

Sia mamma che papà erano molto preoccupati questa mattina e quasi non volevano farmi operare. Ho sentito Jayson al telefono. Non ha potuto muoversi ma si è svegliato e sta decisamente meglio. Riesce a respirare senza macchine anche se è tutto fasciato. Lui dice di sembrare una mummia come quella disegnata nei vecchi libri di papà, io penso ai bambini piccoli nelle culle dell’asilo.

La mia mente corre e corre e non sento altro che i miei pensieri.

Sono sveglia? Sto dormendo? Mi stanno operando? Hanno già finito?

Ho perso la sensazione del tempo che passa, tanto è tutto buio.

E ho capito che mi manca Paban. Non so quanto tempo sia passato da quando l’ho cacciato in quel modo orrendo, ma vorrei che tornasse e mi tenesse la mano. Poi mi ricordo le ragioni che mi hanno spinta a mandarlo via e capisco di aver avuto ragione. O forse no.

 

«Chyna… ormai è passata una settimana dall’operazione. Possiamo togliere le bende e vedere se è andato tutto bene. Ti abbiamo fatto tenere gli occhi chiusi un po’ più a lungo del necessario per consentire al tuo corpo di riposarsi. Adesso dovresti essere pronta. Procediamo?». La voce del medico è calma e rilassante e io mi affido completamente.

«Sì» dico intimidita.

Sento le dita armeggiare con la fascia che mi hanno coperto gli occhi per tutta la settimana trascorsa. Sono dita leggere, delicate, abituate a curare il male.

Quando mi libera delle garze tengo ostinatamente gli occhi chiusi.

«Apri gli occhi, piano» sussurra il medico.

Ho paura. E se non vedo ancora nulla? Se l'operazione non fosse riuscita? Resterei cieca per sempre.

 

«Coraggio sorellona. Hai affrontato di peggio. Devi solo aprire gli occhi» scherza Jayson che mi ha raggiunto. Si sta rimettendo in fretta ma non è ancora pronto per lasciare l'ospedale. Nonostante questo ha deciso di essere presente quando mi avessero tolto le bende.

Da quando è iniziata questa faccenda degli Hunger Games, sebbene non fossimo entrambi candidati, sento che ci ha uniti come mai prima. So che posso e potrò sempre contare su di lui e lui può e potrà sempre fare altrettanto con me.

«Forza, Chyna» dice anche mia madre.

Respiro forte e mi decido. Piano piano apro gli occhi.

È ancora buio e mi agito. Non ci vedo. Sono ancora cieca!

 

All'improvviso vedo che si sta illuminando un tenue puntino al centro del mio campo visivo. Questa  piccola luce si allarga sempre più. Vedo del bianco poi si aggiunge dell'azzurro e del giallo.

Ombre che poi diventano figure sfocate e poi definite.

Sbatto le palpebre e vedo il medico davanti a me che mi osserva attentamente, accanto a lui i miei genitori che sorridono quando si accorgono del mio sguardo su di loro. Giro leggermente la testa e vedo Jayson dall'altro lato del letto seduto sulla sedia a rotelle, accanto a lui Grace e più indietro Paban.

 

È tornato. Sorridergli mi viene automatico.

«Avevo detto di andartene» gli dico.

È implicito che ci vedo e mia madre afferra subito la mia affermazione scoppiando a piangere per il sollievo e abbracciando stretto mio padre. Per lei vuol dire tanto. Siamo riusciti ad uscirne interi. Acciaccati ma interi.

«Vero» mi risponde Paban facendo spallucce. «Però ho deciso che neanche tu puoi mandarmi via».

«Sei sempre stato qui?» chiedo.

«Non è mai andato via. Hai sentito la mamma che si allontanava. E ti ha aiutato quando serviva una mano» mi spiega papà.

Non so cosa dire ma gliene sono grata, davvero.

E mi metto a ridere. Rido e mi sento leggera e felice.

Da oggi comincia la mia nuova vita. Una vita con il mio ragazzo del mare.

 

§§§§§

 

«Piccola! È ora! Dobbiamo andare!» urla Paban prendendo in braccio il piccolo Peeta.

Ebbene sì! Ho un figlio, anzi due. Solo che l'altro deve ancora uscire e io mi sento una balena. Davvero.

Dalla nostra casa si sentono le insistenti onde del mare che si infrangono sugli scogli. Sono felice di essere venuta qui a vivere. Ho studiato e adesso lavoro nell'ospedale dove ha lavorato tanti anni mia nonna.

«Arrivo!» rispondo.

Oggi dobbiamo prendere il treno e tornare al distretto 12. Tra una settimana mio fratello si sposa.

Sembra ieri che faceva la spia durante i settimi Hunger Games della pace. E invece sono già passati dieci anni.

Lui ha deciso di aiutare papà nel forno, e divertirsi ogni tanto con la caccia fuori dal recinto in compagnia della mamma.

Probabilmente, per l'occasione troveremo tutti riuniti nel distretto. Vick e Apollo hanno annunciato il loro arrivo e anche Gale e Johanna con la loro nipotina. Plutarch non ci sarà, è troppo vecchio per sopportare un viaggio simile. Anche Shae non si può muovere. Ha problemi con la sua gravidanza, visto che sono gemelli e non è consigliabile farla stancare. Ho sentito John al telefono, stanno tutti bene e ci augurano una felice giornata.

Grace non verrà. Lei e Jayson si sono lasciati qualche anno fa e nonostante abbiano promesso di restare amici, non si sono più sentiti. Forse era troppo doloroso, non ne ho idea.

 

La Paylor ha lasciato il governo quattro anni fa. Il nuovo presidente sembra una persona corretta.

Panem è una di nuovo in pace. E gli Hunger Games sono stati definitivamente cancellati. Non si vuole più dare l'occasione a qualcuno di manovrare il popolo su un argomento tanto scottante.

In compenso hanno cominciato ad avere molto successo gli show sui processi e sulla giustizia.

 

È pomeriggio quando arriviamo nel distretto 12. Troviamo mio padre che ci accoglie alla stazione.

Dopo i calorosi saluti a noi e le coccole al nipotino, andiamo tutti a casa da mia madre, dove troviamo anche Jayson.

«Allora, fratellino, quando potrò conoscere la tua sposa? Non mi hai neanche detto il suo nome!» protesto appena lo abbraccio.

Non so perché ma sembra che l'identità della ragazza mi debba essere nascosta e la cosa sta diventando ridicola. Pensa forse che non mi piacerà? È lui che si sposa, mica io! Pretendo solo che lei lo faccia felice, altrimenti potrei rispolverare il mio arco. Non è una minaccia, è una promessa.

«In realtà, mi conosci già, Chyna» dice una voce alle mie spalle.

Sono passati anni, ma la riconosco subito. Grace. Jayson la va subito ad abbracciare.

«Ci siamo rimessi insieme l'anno scorso. Non ce la facevo più senza di lei e le ho dato il tormento» confessa mio fratello.

«E io ho ceduto».

«Zio!» grida il mio piccolo mentre sgambetta verso di lui.

Adesso cominceranno la lotta e Jayson fingerà di soccombere tra versi assurdi. Uno più bambino dell'altro.

 

In quel momento, Paban si avvicina e mi avvolge tra le sue braccia, carezzando con me, anche il mio pancione. «Avresti mai detto dieci anni fa che saremmo arrivati a questo punto?» bisbiglia al mio orecchio.

«Lo speravo... grazie».

Lo devo ringraziare. Perché ha avuto pazienza con me. Si è ostinato e non si è mai arreso e se adesso sono così felice è tutto merito suo.

Spesso ci sono ancora le urla e gli incubi. Spesso ci troviamo terrorizzati da qualche cosa che ci riporta nell'arena. Spesso vediamo i visi dei nostri amici che sono morti là dentro. Ma andiamo avanti, la famiglia ci sostiene e, in fin dei conti, siamo felici.

 

---ooOoo---

angolino mio:

okay, è la fine.

Siamo arrivati all'ultimo capitolo. Non volevo farla troppo lunga e, onestamente, non me la sono sentita di far passare ancora altri guai a Chyna. Il brivido della cecità mi è sembrato sufficiente, anche se lo avevo costruito negli ultimi due capitoli.

Ho scritto anche un piccolo epilogo perché la mia esperienza con gli Hunger Games finisce qui.

Credo di aver dato tutto a questa sezione di fanfiction. Almeno per quanto riguarda la mia attuale ispirazione su Katniss, Peeta, Gale & C.

 

Per le romantiche irriducibili, mi spiace, niente scene a luci rosse. Primo perché non ero sufficientemente ispirata e mi sarebbe venuta una ciofeca e secondo perché... avrei descritto una scena sesso assolutamente inutile. Posso dirvi che sarebbe stato romantico, tenero e dolce. Ovvio! Lui è Paban! Che volete di più?

Comunque, visto che non credo al sesso degli angeli, vi ho comunicato che hanno un bambino e sta arrivando il secondo. E il colpevole è il ragazzo del mare.

 

Ultime due cose:

primo) ringrazio per l'attenzione e l'affetto che avete dimostrato per questa storia. Spero di non aver deluso nessuno e che ve la siate goduta nel leggere come io nello scrivere. Ringrazio chi ha recensito tutti i capitoli, quasi tutti, metà, alcuni, qualcuno e solo uno.

Ringrazio chi ha inserito questa storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite, in modo da non perdersi neanche una sillaba. E ringrazio chi ha letto senza clamore ma costantemente e spero abbia apprezzato.

Ringrazio Elenri per gli innumerevoli banner che hanno dato una marcia in più alla storia (a volte creando proprio il personaggio). Un lavoro immane per te, una grande soddisfazione per me. Grazie.

 

Secondo) permettetemi di fare un pochino di pubblicità. Ho detto che non ho altro da scrivere sul questa sezione, ma ho postato altre cose da altre parti e qui sotto potete vedere... la mia produzione passata.

La punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane Malfoy alle prese con una maledizione che lo trasforma in una donna. In corso. fa parte di una serie di storie indipendenti (I trasformisti) dove troverete altre storie sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi, uomo-donna. Tutti umani. Concluse.

 

Fidanzato in prova (Romantico) storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In corso. Sequel di AAA Offresi Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa. Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca della donna da amare.

 

Si dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere tra Bella e Edward per una tenuta vinicola. In corso.

 

AAA Affittasi Moglie (Twilight) cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad affittare una moglie? In corso.

 

7mi Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni dopo, i giochi ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora è il turno della figlia dei Mellark. Conclusa.

 

Dottore dei tubi (Twilight) commedia su sei amici al bar e un racconto su cosa è successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.

 

Mini fic Twilight, Concluse. Come Andromeda, Acqua che cade, entrambe storie fantasy (senza vampiri) e Twiligh delle caverne parodia.

 

Sakura – Fiore di ciliegio (Twilight) Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906 partendo da Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa

 

Fu la prima volta che… e Déjà vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot rosse. Umani.

Prima di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere di fumare (Twilight) tre shot leggere. Umani.

I casi della vita, ovvero, l’inizio di un amore (romantico originale) raccolta di one-shot.

 

Dovessi chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la mole è notevole. Ovvio che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità e il motivo di avermi entusiasmata.

Li troverete tutte nella mia pagina di efp.

Fatemi sapere se e cosa ne pensate.

 

 

Saluti a tutti!

Alla prossima

baciotti!

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