Harry's New Home

di kbinnz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note della traduttrice: Di nuovo in sala comandi, qui è Elos pronta a partire. Questa è la traduzione di una storia inglese (l'originale della quale può essere liberamente letto qui), che l'autrice ha acconsentito cortesemente a veder tradotta in italiano e pubblicata su EFP.
Si ringrazia di cuore l'autrice, kbinnz, per cortesia, per disponibilità, e soprattutto per averla scritta, questa storia. Si ringrazia poi Salice, veso la quale è stata esercitata un'opportuna coerciz... coff coff! Che si è offerta!... come beta, malgrado la lunghezza della storia e le ore improponibili alle quali le passo i capitoli.
Per le note alla traduzione, si rimanda a fondo pagina!

Note dell'Autore: Questo è il seguito di “Harry's First Detention”
(N.d.t.: in italiano qui), e fa riferimento agli eventi che si svolgono in quella storia. Se non l'avete ancora letta, questo racconto potrebbe non avere molto senso, per voi... Se l'avete letta, questo seguito è la storia di come Piton portò a termine il compito che Silente gli aveva assegnato. La narrazione riparte da solo pochi giorni dopo “Harry's First Detention”. Sperando che vi piaccia!





“E così, Severus, volevi parlare con me? A proposito del signor Potter, immagino?” disse Albus Silente in tono incoraggiante, offrendo un vassoio di caramelle al limone.
“No, grazie, Preside,” replicò Piton, riuscendo a non alzare gli occhi al cielo alla vista dell'onnipresente dolce. Davvero, anche tenendo conto della magia, come faceva l'uomo ad avere ancora un dente sano in bocca? Chiunque avesse dubbi sulle abilità magiche di Silente doveva semplicemente compararne le abitudini alimentari con la dentizione per avere conferma del suo enorme potere. “E sì, è a proposito di Potter. Hai chiesto - ” ordinato “ - che io stabilissi quale potesse essere un appropriato sostituto per quegli orridi Babbani i quali tu hai considerato appropriati custodi per l'ultimo decennio.”
Albus sospirò. “Dubito che sarò mai in grado di perdonarmi. Sono solo felice che tu sia stato in grado di apprendere la verità sui loro abusi così in fretta dopo l'arrivo di Harry, e di convincere il ragazzo a parlare.”
Piton si permise un piccolo ghigno. Certo, questo non era stato dovuto a nulla se non alla sua propria cieca fortuna ed al totale fraintendimento della situazione da parte del ragazzo, ma non aveva intenzione di ammetterlo.
“Chiaramente hai un legame speciale con il bambino,” continuò Silente in tono d'approvazione.
Il ghigno di Piton sparì. L'ultima cosa che voleva era che qualcuno pensasse che teneva al moccioso. Era la prole di James Potter, per amor di Merlino! Già Minerva aveva assunto certe orribilmente sbagliate concezioni a proposito del suo rapporto con il ragazzo, chiamando Piton suo “protettore”, tra tutti i modi in cui avrebbe potuto chiamarlo: di sicuro lui non voleva che il Preside cadesse nello stesso errore e immaginasse che i sentimenti da lui provati per il piccolo mostro fossero qualcosa di diverso dal disgusto.
Dopotutto, a causa di Potter Silente aveva già minacciato di morte Severus - intendendolo seriamente. Piton soppresse un brivido. Poteva ancora sentire il potere dell'esplosione magica causata da Albus superarlo mentre questi l'avvertiva - l'unico avvertimento che Severus avrebbe ricevuto, probabilmente, sull'argomento. Ovviamente, la strategia migliore era restare il più lontano possibile dal moccioso per evitare di fare qualche cosa di stupido. Ancora.
Piton ricacciò indietro l'ondata di sensi di colpa che accompagnava ancora il mero ricordo dell'ossuto ragazzo dai capelli scuri e dagli enormi occhi verdi. Non era come se avesse avuto intenzione colpire il bambino – be', sì. In effetti, l'aveva fatto, ma non aveva avuto intenzione di colpirlo così forte – be', in realtà sul momento l'aveva fatto... Ma si era immediatamente pentito delle proprie azioni. Ora era tormentato non solo dal fatto che aveva perso il controllo di sé abbastanza a lungo da ferire un bambino, ma anche dal ricordo che, in quell'attimo, aveva veramente voluto farlo.
Durante il proprio servizio come zelante Mangiamorte, si era consolato con il pensiero che, a differenza di molti altri, come Lucius Malfoy o Voldemort stesso, lui non aveva mai tratto piacere dalle torture e dalle uccisioni che accompagnavano i loro assalti. Anche prima di perdere la fede e di fuggire da Silente, si era sentito superiore agli altri nel non condividere il loro piacere perverso. Quando Silente l'aveva salvato da Azkaban e l'aveva incoraggiato a spiare il proprio antico Padrone, era stato capace di farlo sapendo che la sua presenza ad ogni futuro festino di Mangiamorte sarebbe servita solo a fortificare il suo legame con l'Ordine della Fenice e a cementificare il suo disgusto per il Signore Oscuro. Come poteva far quadrare quest'immagine di sé con quella di qualcuno che aveva deliberatamente schiaffeggiato un ragazzino con forza sufficiente da mandarlo a sbattere contro un muro?
Meglio non pensarci affatto, e molto meglio evitare il più possibile il ragazzo in questione.
“Non esiste nessun legame del genere,” disse fermamente, aggrottando la fronte verso Silente. “Il ragazzo si è confidato con me perché l'ho ingannato per riuscirci. Come sempre, l'ingenuità Grifondoro non ha difese davanti all'intelligenza Serpeverde.”
“Se lo dici tu, mio caro ragazzo,” il tono di voce del Preside rese chiaro che si stava prendendo gioco del professore di Pozioni.
Piton aggrottò la fronte ancora più ferocemente, ma Silente si limitò a rivolgergli un'occhiata scintillante in risposta. “Come stavo dicendo,” Piton decise che era meglio proseguire con l'incarico che aveva intenzione di abbandonare, piuttosto che finire impantanato in una discussione che, sospettava, non avrebbe vinto. “Sono qui per discutere della sistemazione di Potter.”
“Sì?” lo invitò Albus.
“A seguito di una ricerca estensiva sulla psicologia dei bambini, sull'appropriate metodiche educative, e i trattamenti migliori per le vittime di abuso minorile -” Silente chiuse per un attimo gli occhi, il dolore sul suo viso tale che anche Piton sentì una fitta di pietà “- ho stabilito che Potter ricaverebbe i maggiori benefici da una combinazione di condizioni ambientali. Non avendo alcuna esperienza con una famiglia normale, ha bisogno di rapportarsi con una tipica vita famigliare. Immergendosi in una famiglia, sarà capace di osservare una salutare dinamica nel rapporto genitore-figlio, così come di osservare come i fratelli normalmente si comportino gli uni con gli altri. Mentre può essere stato cresciuto assieme al suo cugino Babbano, è chiaro che la loro relazione era tutto meno che fraterna. Potter ha bisogno di imparare com'è una normale rivalità tra fratelli, così come la vicinanza che – mi è stato detto – è possibile. Questo lo aiuterà più avanti nel corso della sua vita, dovesse decidere di avere figli propri, e gli sarà utile nelle interazioni con i compagni di classe.”
“Suona molto ragionevole, Severus. Hai qualche candidato potenziale per una famiglia del genere?”
“Potter è già diventato amico con l'ultimo dei Weasley, e dal momento che entrambi i parenti sono stati membri dell'Ordine durante la Guerra, immagino che sarebbero anche troppo felici di adottare Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto. Ancora meglio, vista l'estensione della loro prole, un bambino in più sarà a malapena notato.” Vedendo l'espressione accigliata di Silente, Piton alzò un sopracciglio in un gesto di sfida. “Oltretutto, i Weasley, perennemente in una situazione di difficoltà pecuniaria, potrebbero indubbiamente utilizzare il sussidio che avevi previsto per i Babbani. Non ho dubbio che, malgrado la loro maggiore necessità, le probabilità che lo utilizzerebbero effettivamente per cose che beneficerebbero Potter così come i mocciosi Weasley sono infinitamente maggiori, piuttosto che, come i Dursley hanno fatto, riservarlo a vantaggio esclusivo di quella balena di loro figlio.”
Severus annuì gentilmente. “Mi piace molto la tua idea, Severus. Ho notato che Ron ed Harry sono divenuti buoni amici piuttosto in fretta, e pensò che Ron trarrà beneficio della presenza di Harry in famiglia. E' troppo grande per i gemelli la tentazione di usarlo come bersaglio, mancandogli un gemello proprio a spalleggiarlo, e, mentre la sorella più piccola potrebbe allearsi con lui, la situazione di Ginny come unica ragazza Weasley in sette generazioni tende a tenerla al sicuro dagli scherzi più eccessivi dei gemelli, così come a far finire in ombra Ron. Penso che avere un alleato della sua età potrebbe fargli molto bene.”
“Non considero il benessere del moccioso Weasley un fattore importante nella decisione.” obiettò Piton arcignamente.
“Sì, Severus, lo so,” il tono di Silente era di rimprovero. “Questa è la ragione per la quale devo considerarlo io. Harry difficilmente potrà sperimentare un'esperienza familiare armoniosa e utile se la sua presenza influirà negativamente sui membri della famiglia, in particolar modo sul membro con il quale è probabile che si legherà più strettamente.”
“Io... non avevo considerato il problema in questa luce,” ammise Piton con riluttanza. “Forse è la mia esperienza come figlio unico che mi rende meno capace di comprendere la complessità delle relazioni tra i Weasley.”
“Non c'è problema,” il sorriso scintillante di Silente riapparve. “Dopotutto, siamo d'accordo che sarà in effetti una buona cosa per entrambi i ragazzi, e penso anche io che Molly ed Arthur saranno molto probabilmente favorevoli alla sistemazione. Ma credo che tu abbia menzionato qualcosa a proposito di una combinazione di sistemazioni? Questo significa che non vuoi che i Weasley siano nominati tutori di Harry?”
Piton rabbrividì al pensiero di consegnare chiunque – anche un Potter – alla mercé assoluta del clan delle teste rosse. “No, Preside. Immagino che i Weasley saranno una destinazione frequente per il ragazzo, ma non, sotto nessuna circostanza, i suoi tutori. Mentre è importante per Harry sperimentare una normale vita familiare, è ancora più importante che abbia un tutore con il quale poter sviluppare una stretta relazione basata sulla fiducia. Dato il suo passato, sarà difficile. Gli è stato detto per anni che è immeritevole e mostruoso; richiederà dei tutori che possano impegnarsi a capovolgere questo condizionamento. Dovranno dedicarsi ad assisterlo in questo focalizzandosi sui suoi specifici bisogni. I libri spiegano chiaramente che Potter può non sapere di cosa ha bisogno, ancor meno essere capace di richiederlo. Per questa ragione, i suoi tutori dovranno essere capaci di dargli la loro attenzione indivisa. Questo i Weasley non possono farlo.”
“Hmm. Capisco il tuo punto di vista. Forse qualche giovane coppia...”
Piton aggrottò la fronte. “Le giovani coppie figliano, Preside. Non sono stato chiaro? Potter deve essere la loro sola preoccupazione; non tollererò che i suoi tutori siano distratti dai propri mocciosi piagnucolanti. Oltretutto, Potter richiederà una mano ferma -” Severus arrossì di fronte all'occhiata tagliente di Silente. “Non intendo letteralmente, Preside,” protestò sulla difensiva. “Intendevo dire che anche nella migliore delle ipotesi Potter deve essere considerato un bambino problematico, e come tale avrà bisogno che i suoi tutori stabiliscano una struttura chiara per la sua vita, con appropriate conseguenze per i comportamenti negativi.” Piton si schiarì la voce. Non era ancora riuscito a trovare un modo per esporre l'affermazione successiva senza farla suonare sentimentale. “Dovranno anche provvedere Potter con qualcosa chiamato 'stimolo positivo', definizione che sembra riferirsi ad un generoso ammontare di supporto, incoraggiamento, e rassicurazione. In breve, a-a-amore.”
Gli occhi di Silente sfavillarono per il divertimento, ma lui si limitò ad annuire saggiamente. “Così, pensi ad una coppia più anziana, con una certa esperienza da genitore?”
“Questo sarebbe indubbiamente l'ideale, ma dobbiamo essere sicuri che abbiano fatto un buon lavoro, in passato, nell'educazione dei figli. E, ovvio, il rischio di nipoti che richiedano attenzione sarebbe presente. Mi è parso di comprendere che i nipoti possano essere una distrazione ancora più grande dei figli. Sono anche preoccupato del fatto che una coppia anziana possa non avere l'energia necessaria per essere al passo con un ragazzino, per non parlare del comprendere le preoccupazioni attuali degli adolescenti.”
“Hmmmmm. Comprendo quel che intendi.”
“Forse l'aspetto più importante - oltre alla volontà di concentrare i loro sforzi verso il benessere di Potter – è la comprensione di quel che il ragazzo ha passato. Può essere difficile per qualcuno senza alcuna esperienza personale di abuso capire il comportamento dei sopravvissuti. Detto questo, non devono compatire il ragazzo o scusare un comportamento sbagliato nel presente a causa di un desiderio fuori luogo di fare ammenda per l'eccessiva disciplina del passato. Dovranno essere dotati di una grande forza di carattere per opporsi a Potter quando questi userà l'espressione da cucciolo infelice che quelle manipolative piccole creature adottano.”
Silente sembrò intento a combattere un sorriso mentre chiedeva educatamente, “Harry ha già provato queste tattiche con te, Severus?”
“Certo ce no, Preside,” replicò Piton. “Infatti, hai appena contribuito a dimostrare quanto sia giusto il mio punto di vista riguardo al bisogno, per i tutori di Potter, di essere familiari con situazioni abusive. Har- Potter è stato addestrato, senza dubbio brutalmente, ad accettare qualunque trattamento, non importa quanto malvagio, come gli fosse dovuto. Nella sua situazione attuale è incapace di provare ad evitare una punizione giustamente meritata, o anche da una punizione ingiusta, per quel che conta.” Non riusciva a non ricordare come Harry aveva accettato istantaneamente il pensiero che Piton potesse progettare di bastonarlo per la sua pessima calligrafia. Rabbrividì; questo era troppo simile a qualcuno dei suoi ricordi delle brutali punizioni d'infanzia. Per qualche ragione, pensieri del genere si erano mostrati fastidiosamente vicini alla superficie, ultimamente.
“Comunque,” riprese, spingendo via tali disturbanti memorie, “con un appropriato trattamento, così come l'inevitabile guida ed incoraggiamento della prole Weasley, è sperabile che Potter raggiungerà il punto in cui tenterà di usare un simile ricatto emotivo. I suoi tutori dovranno avere sufficiente forza di carattere da trattare una tale evidente manipolazione con lo sdegno che merita e di mettere in atto le conseguenze precedentemente stabilite.”
“Spero che tu non stia suggerendo che Harry meriti un caporal maggiore. Sicuramente compassione e cura dovrebbero essere all'ordine del giorno -”
“Preside, rispondere con caramelle al limone e coccole di fronte a pessimi comportamenti difficilmente porterà allo sviluppo di un adulto sano,” disse Piton con impazienza. “Potter deve imparare cosa significa essere ritenuto responsabile per le sue azioni in un'appropriata maniera – non picchiato a sangue per qualcosa che è stato suo cugino a fare, ma nemmeno venire scusato dal rispettare tutte le regole a causa della sua condizione speciale.
E, malgrado sia a conoscenza della tua posizione sulle punizioni corporali, lasciami sostenere che se dei potenziali tutori desiderano usare un opportuno castigo fisico sul ragazzo, questa non è una ragione adatta per escluderli a priori. Harry – voglio dire, Potter – è stato ferocemente picchiato ogni volta che si era presumibilmente comportato male, per così tanto tempo che potrebbe non riuscire nemmeno a riconoscere qualcosa che non sia uno schiaffo come un tentativo di correzione. Ancora più importante, deve imparare a distinguere un trattamento appropriato da uno che non lo è, e gettare uno schermo sulla sua persona contro qualunque forma di violenza difficilmente lo aiuterà, a lungo termine. Se non altro, ha bisogno di uscire fuori dall'abitudine di raggomitolarsi a palla per difendere i propri organi vitali al primo segno di scontro o – peggio ancora – di restare ubbidientemente immobile di fronte a chiunque desideri ferirlo.”
“Stai suggerendo che essere colpito gli insegnerà a non restare fermo?” Silente batté le palpebre.
“Sto suggerendo che i bambini abusati sono spesso stati educati a resistere alle punizioni. Sarebbe meglio per Harry imparare a lamentarsi, a discutere, a protestare, a piangere, a contorcersi e a gridare. Sospetto che tutti i Weasley saranno perfettamente in grado di insegnarglielo,” aggiunse Piton asciuttamente. “Una volta che Potter avrà imparato che non deve restare fermo per chiunque voglia picchiarlo, si dimostrerà uno studente molto più adatto nella difesa contro le arti oscure. Indifferentemente all'attuale posizione di Tu-Sai-Chi e al suo probabile ritorno, Potter ha bisogno di imparare a difendersi, ed al momento è terrificato fino alla catatonia da ogni accenno di punizione fisica. Si limita a restare fermo, Albus! Non sto cercando di scusare il mio comportamento, ma non ha neanche provato ad evitare il colpo!”
Piton riprese con evidente fatica il controllo delle proprie emozioni. Schiarendosi la voce, continuò molto più quietamente. “Ecco perché richiede un tutore che sia interamente dedicato a lui: qualcuno che aiuti il ragazzo – er, moccioso – a riguadagnare il proprio senso d'autostima. Senza di questo, sarà una preda facile per Tu-Sai-Chi, in un modo o nell'altro,” aggiunse cupamente.
“Non hai bisogno di ricordarmi quanto seducente possa essere Voldemort per una persona ferita e non amata, Severus,” Silente sospirò. “Ho delle mancanze nei confronti di molti, nella mia lunga vita, ma nessuna di essa è forse così grande come quella che ho commesso verso te ed Harry.”
“Per favore, Albus, basta dichiarazioni di autocolpevolezza,” sbottò Piton. “Stiamo parlando del moccioso Potter,non di me.”
“Mm.” Silente corrugò le labbra, l'espressione pensosa.
“Allora, come stavo dicendo, il tutore ideale dovrà non solo possedere un carattere forte per resistere ai tentativi di blandirlo che Potter cercherà un giorno di mettere in atto, ma anche forza d'animo. Dopotutto, ai suoi tempi il padre del ragazzo era capace di convincere praticamente l'intero corpo docente di Hogwarts a credere a qualunque cosa dicesse. Ha salvato sé stesso e la sua piccola banda di terroristi dalla loro giusta punizione infinite molte. E' ragionevole presumere che, una volta che non sarà più a lungo in questo stato di sottomissione imposta a suon di botte, quest'ultima generazione di Potter si dimostrerà altrettanto in grado di offrire spiegazioni credibili, malgrado io voglia sperare che lui non si troverà mai nella posizione di difendere un potenziale assassino.” Piton rivolse un'occhiataccia all'uomo più anziano. “Ricorderai che la disinvoltura nel mentire del penultimo dei Potter si è dimostrata in grado di portare avanti anche un compito del genere – qualcosa che sono ancora incapace di comprendere.”
Il Preside sospirò e si allungò per prendere una caramella al limone. “Come ti ho già detto molte volte, Severus, non sono state le preghiere di James a convincermi a mostrare tanta indulgenza verso Sirius, dopo quel che ti aveva fatto. Ho deciso di non espellere Sirius perché volevo salvare l'unica altra persona innocente in questa situazione oltre a te stesso: Remus.”
Piton emise un verso di disprezzo e il Preside gli rivolse un'occhiata triste. “So che disapprovi, mio caro ragazzo, ma Remus era innocente. Quel giorno, credo che Sirius non intendesse ucciderti: sono persuaso che la sua normale irresponsabilità e incapacità di prevedere le conseguenze l'avessero convinto che tu saresti semplicemente stato spaventato a morte dalla forma di mannaro di Remus; in tal modo ti saresti trattenuto dall'infastidirli ancora e gli avresti dato la possibilità di deriderti per la tua paura. Sono comunque altrettanto persuaso che senza l'intervento di James, tu saresti stato ucciso, e anche tu devi convenire che Remus Lupin non avrebbe mai desiderato questo.”
“Forse non la mia morte,” ammise Severus cupamente. “Ma non è come se Lupin fosse molto meglio degli altri tre.”
“E' così,” assentì Silente. “Ma quando James è intervenuto e ti ha salvato, allora ho dovuto decidere se ne valesse la pena di espellere Sirius a prezzo della vita di Remus. So che pensi che il mio rifiuto di espellerlo indicasse una mancanza di riguardo nei tuoi confronti, ma il fatto è che se io avessi espulso Sirius, Remus probabilmente sarebbe stato ucciso. Se fosse stata meramente una questione di stabilire se Sirius meritasse o meno di essere espulso per aver messo la tua vita a rischio, l'avrei allontanato da scuola quella sera stessa: ero tuttavia consapevole che, se avessi espulso l'erede della famiglia Black, i suoi genitori avrebbero richiesto una spiegazione chiara. Potevano essersi distanziati da loro figlio – malgrado non l'avessero ancora disconosciuto – ma certamente non avrebbero accettato senza combattere la disgrazia di un'espulsione: e questo avrebbe significato che la situazione di Remus sarebbe venuta alla luce. I Black avrebbero indubbiamente richiesto non solo il suo allontanamento da Hogwarts, ma anche che fosse processato per tentato omicidio – ed entrambi sappiamo che il fatto che avrebbero devastato Sirius, facendo così, fosse semplicemente un altro incentivo per loro. Dato il punto di vista del Ministero dei lupi mannari, l'influenza della famiglia Black all'epoca, e i timori intorno al potere crescente di Voldemort, era estremamente probabile che Remus sarebbe stato condannato e giustiziato e questa – specialmente perché tu non eri stato ferito seriamente – era una cosa che non volevo permettere.
Mi dispiace terribilmente che tu abbia pensato che mi curavo più di loro che di te, ragazzo mio. Posso solo sperare che le mie azioni nel corso degli ultimi anni ti abbiano dimostrato quanto tu mia sia caro e quanto mi preoccupi per te.”
Piton sbuffò e distolse lo sguardo, ma in realtà gli piacque alquanto sentire Silente esprimere i propri sentimenti in questo modo. Non che Severus avrebbe incoraggiato tali commoventi affermazioni bofonchiando a sua volta melense dichiarazioni, ma se Silente ammetteva quel che provava mentre si scusava (ancora) per uno dei pochi incidenti nei quali Severus era stato moralmente innocente, l'uomo più giovane non aveva intenzione di lamentarsi. Anche gli adulti sopravvissuti ad abusi infantili tendevano a rimanere incerti a proposito del proprio valore.
“Basta con queste insensatezze sentimentali,” disse altezzosamente, agitando una mano come per accantonarle. Scelse di ignorare lo scintillio d'intesa negli occhi di Silente. “Stiamo andando fuori discorso. Potter richiederà qualcuno che sia sufficientemente intelligente da affrontare qualunque moina il moccioso inventi. Questo significa che dev'essere qualcuno che non oscillerà di fronte a dichiarazioni di grande bisogno o d'intento eroico – il che significa che il suo tutore non dev'essere un altro Grifondoro. Sei d'accordo?”
“Be', Severus, hai indubbiamente fornito un argomento eccellente,” replicò Silente senza sbilanciarsi.
“Spenderà già una significativa porzione del proprio tempo con i Grifondoro, tra la sua Casa e il suo tempo con i Weasley – tutti Grifondoro! Potter dovrebbe venire a contatto con altre Case e altri modi di pensare.”
“Hm. Capisco la tua logica, Severus. A chi stavi pensando, allora? Una famiglia Tassorosso, forse?”
“Albus! Non hai sentito una parola di quello che ho detto? Ci sono stati troppi idioti Tassorosso che sono stati sufficientemente ottusi da credere in Tu-Sai-Chi, poi troppo leali per disconoscerlo anche dopo che la sua pazzia è diventata innegabile. Devi innanzitutto e prima di ogni altra cosa trovare qualcuno che non costituirà una minaccia per il ragazzo. Dev'essere qualcuno che ha combattuto contro il Signore Oscuro.”
“La guerra è finita -”
“Sei impazzito? Chi sa quando il Signore Oscuro risorgerà? Ed anche se non ritorna durante la vita di Harry, hai dimenticato così facilmente i Paciock? Anche nell'assenza di Tu-Sai-Chi, lui ha ancora seguaci leali e il pericolo a Potter è sempre presente! Non può essere sistemato con nessuno che non abbia dimostrato dove sia veramente riposta la sua lealtà.”
“Sì, riesco a capire il tuo punto di vista...”
“Allora devi anche capire che nessun Tassorosso avrà la forza d'animo di sopportare la prima lacrima di coccodrillo del ragazzo! Soffocherebbero il moccioso con abbracci e regali e scuserebbero ogni pessima condotta con tristi esclamazioni sulla sua vita passata. Non lo permetterò!”
“Molto bene, Severus, se sei così deciso su questo argomento. Forse un Corvonero sarebbe meglio, dopotutto – Lily era uno studente decisamente capace, no?”
“Albus, stai diventando senile?” Sbottò Piton rabbiosamente. Come osava l'uomo insultare Lily con un apprezzamento così debole? “Lei era una delle streghe più brillanti del nostro anno, malgrado non si sia mai comportata come una secchiona arrogante. Eccelleva sia in Pozioni che in Incantesimo, e teneva Minerva in mano – direi letteralmente – con le sue capacità nelle Transfigurazioni. Come puoi aver dimenticato i suoi talenti?”
Il sorriso di Silente aveva una sfumatura di malizia. “Certo, certo, ragazzo mio. Grazie per avermelo ricordato. Be', non pensi che Harry potrebbe aver ereditato qualcosa di quella formidabile intelligenza?”
Piton sogghignò. “Se mi stai chiedendo se l'eredità di James Potter sia stata sufficiente a sopraffare quella di Lily Evans, non esiterei a dire di no. La nozione che Harry – voglio dire, Potter – abbia ereditato dalla madre solo il clore degli occhi è assurda. Sono sicuro che l'influenza di Lily abbia invece sopraffatto quella dell'idiota, e che il ragazzo – il moccioso – assomiglierà molto a sua madre, una volta che la sua personalità comincerà a rivelarsi.”
“Sono un po' preoccupato, Severus. Sappiamo entrambi che i Corvonero, malgrado tutto il loro spaventoso intelletto, tendono a lasciarsi eccessivamente influenzare da argomenti logici. Se Harry è capace di combinare l'intelligenza di Lily con la capacità persuasiva di James, mi chiedo se c'è un Corvonero vivo che sarebbe in grado di contrastare gli argomenti di Harry.”
Piton aggrottò la fronte. Non aveva pensato a questo. “B'e, Preside, ci dev'essere qualcuno. Non possiamo cercare un Serpeverde: non c'erano troppi Serpeverde nell'Ordine durante la Guerra, e di quei pochi, ancora meno sono sopravvissuti. Oltre a me stesso, riesco a ricordarne solo due, e Giles è in Australia mentre Jean è fuori questione perché – oh, no. No, no, no. Per nessuna ragione!”
“Ora, Severus,” disse Albus con leggerezza, “devi ammettere che tu soddisfi in maniera ammirevole i criteri che hai identificato.”
“Assolutamente no! Non ho intenzione di diventare il tutore del ragazzo! Sei diventato matto?”
“Be', se sei così contrario -” Silente sospirò.
“Lo sono! E tu devi essere diventato folle per anche solo completarlo. Specialmente dopo le mie azioni della notte passata, ti immagini che Minerva o Poppy acconsentirebbero a vedermi nominato custode di Potter?”
“Be', Minerva sembra pensare -”
“Era chiaramente preda di allucinazioni. E' da un po' che penso che la menopausa abbia fatto qualcosa alla mente di Minerva,” ringhiò Piton, troppo esterrefatto di fronte alla ridicola proposta di Silente per considerare la saggezza di fare una simile affermazione senza poi obliviare all'istante tutti coloro che fossero a portata d'orecchie, incluso sé stesso.
“Molto bene,” disse il Preside con leggerezza. “Allora pensiamo a chi altri sarebbe adatto. Sarà ovviamente importante trovare qualcuno con il quale Harry possa formare un legame: dopo il deplorevole trattamento ricevuto dai Dursley, mi chiedo quanto sarà difficile.”
Severus sbuffò, altamente sollevato per aver dissuaso il Preside dalla sua precedente, altamente inappropriata linea di pensiero. “Non mi preoccuperei troppo, Albus. Dopotutto, il ragazzo ha già mostrato segni di essersi legato a me.” Troppo tardi, vide la trappola.
“No! Aspetta! Io -”
“Bene, bene, ragazzo mio. Sembra che continuiamo a tornare sullo stesso punto, non importa quanti giri facciamo,” Albus s'illuminò. “Sembrerebbe essere destino per te -”
“NO.” Piton balzò in piedi, guardandosi intorno selvaggiamente come in cerca di una via di fuga. “Questa è follia! Io sono assolutamente inadatto!”
“E perché?” Silente lo interruppe in tono cordiale. Ignorò completamente il frenetico scuotere di testa di Piton e il suo muoversi avanti e indietro in preda al panico. “Tu saresti certamente capace di dare ad Harry l'attenzione che richiede: non hai altri obblighi familiari né progetti di averne. Hai già portato avanti estese ricerche sul trattamento appropriato di un bambino simile. Capisci anche troppo bene cosa significhi essere la vittima di un abuso. Sei anche il più adatto di tutti a comprendere i pericoli che Harry affronta – e affronterà – a causa dei poteri Oscuri. Hai sufficiente forza di carattere da resistere ad ogni manipolazione emozionale, e il tuo intelletto sarà sicuramente in grado di demolire ogni discussione pretestuosa, per non menzionare il fatto che potrai limitare eccessive tendenze “Griffondoresche” in germoglio. Sono certo che non avrai difficoltà a stabilire una chiara struttura di regole e responsabilità e, mentre sospetto che potresti aver bisogno di lavorare sul dimostrare apertamente le tue emozioni e il tuo interesse, immagino che Harry sarà in grado di aiutarti in tal senso.”
“Preside, io non -”
“E il tuo trovarti a Hogwarts è ancora più conveniente, in quanto sarai in grado di supportare Harry anche durante l'anno scolastico. Certo, le forti barriere che si trovano qui lo terranno al sicuro, anche senza la magia del sangue dei Dursley... Sì, Severus, penso che questa sia decisamente l'opzione migliore. Dopotutto, qualunque altra cosa possa accadere, so che almeno tu non attaccherai il ragazzo.” Il “di nuovo” rimase non detto, così come la minaccia di cosa sarebbe accaduto se la fiducia di Silente fosse risultata fuori mal riposta.
Piton inghiottì a fatica. Il Preside non era affatto suonato come gli piaceva fingere di essere, né era così ignaro. Era ovvio – molto, molto ovvio – che le sue proteste sarebbero state ignorate, e che continuare a discutere avrebbe potuto portare ad un'altra manifestazione del potere di Silente. Era preparato a continuare ad opporsi? Quando avrebbe dovuto comunque, alla fine, perdere? Era, onestamente, conveniente farlo?
“Io non posso. Anche se volessi farlo, non posso. Se Tu-Sai-Chi ritorna e scopre che Potter è mia responsabilità, si aspetterà che glielo consegni immediatamente. Se non lo faccio, saprà che non lo servo più. Non sarò in grado di essere più la tua spia.”
“Vero,” acconsentì Silente blandamente, ancora sorridendo.
“Io non sono una persona gentile, Albus,” obiettò Piton con crescente disperazione. “Non posso credere di essere la migliore scelta dell'intero mondo Magico nel trattare con un ragazzo abusato ed emozionalmente fragile.”
“Molly Weasley sarà, ne sono sicuro, capace di provvedere tutte le coccole e gli abbracci che Harry possa desiderare. Ed io sospetto che sarai capace di sorprendere te stesso. In fatti, direi di contarci.”
A queste parole, Piton seppe che il suo fato era segnato. L'intera conversazione era stata una burla – un modo, per Silente, di spingerlo ad acconsentire, più o meno, a quello che Silente aveva comunque intenzione di far accadere. Mentre lui pensava di stare spiegando al vecchio cosa era necessario, quell'irritante vecchia folaga stava solo annuendo e sorridendo e guardando Piton scavarsi una fossa sempre più profonda. Come poteva non essersene accorto? Lui, di tutte le persone, avrebbe dovuto riconoscere la manipolazione di Silente sin dall'inizio! Come poteva anche solo chiamarsi un Serpeverde dopo essere stato ingannato in questo modo? Avrebbe dovuto prendere il posto di Sprite come Capo dei Tassorosso.
“Ora, ora, mio caro ragazzo, non essere troppo duro con te stesso,” cercò di placarlo Silente, mostrando l'inquietante capacità di leggere la mente anche del primo tra gli Occlumanti di Hogwarts. “Sai di aver avuto sempre un punto debole lì dove Lily è coinvolta. Ora, ad ogni modo, torna alle tue stanze e tieni il broncio per l'indegnità di tutto ciò, ma poi sii sicuro di andare ad ottenere il consenso dei Weasley. Ti suggerisco di spiegare le novità ad Harry questo fine settimana – so che ha continuato ad essere preoccupato.”
La rassomiglianza di Piton con un basilisco era veramente straordinaria, ma sfortunatamente Silente ne sembrava immune, forse a causa della sua estesa esposizione a Fanny. Accompagnò gentilmente il mago più giovane, senza parole, fuori dalla porta, dandogli una pacca sulla spalla e una scatola di pastiglie al limone. Mentre la porta si chiudeva sull'espressione oltraggiata di Piton, l'ultima cosa che quest'ultimo vide fu Silente, che selezionava una caramella frizzante al limone con l'inconfondibile aria di qualcuno che si stesse premiando per un lavoro ben fatto.



Note alla traduzione: Il titolo può essere reso come La nuova casa di Harry.
Per la traduzione, ho deciso di seguire la versione italiana dei nomi, propri o comuni, dei luoghi, dei verbi e dei riferimenti: un po' perché ci sono affezionata, un po' perché credo siano quelli che i lettori italiani sentono più facilmente come propri.
Se avete errori da segnalare, vi prego, fatelo! Ci terrei veramente molto a che questa storia venisse pubblicata nella miglior forma possibile: ma, dato che sto cercando di tradurre il più in fretta possibile - la storia è veeeeeramente molto lunga - per assicurare una pubblicazione frequente, non posso soffermarmi su ogni capitolo come vorrei.

Si ringrazia shinu per aver risposto all'appello ed avermi segnalato diversi punti poco chiari nella traduzione. ^_^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***







Severus rimase nelle sue stanze per diverse ore - pensando, non tenendo il muso, fu veloce a dirsi - ma sapeva che alla fine avrebbe dovuto fare quello che Silente gli aveva detto. Per quanto gli sarebbe piaciuto fortificarsi per l'ordalia con un bicchiere di Whiskey Incendiario, sospettava che l'odore di alcool nel suo fiato avrebbe potuto non andar bene ai Weasley.
Per un breve momento considerò l'ipotesi di presentarsi ubriaco, nella speranza che sarebbero corsi da Silente sostenendo che era un tutore inadeguato, ma rinunciò con riluttanza all'idea. Non sarebbe occorso sforzarsi per convincere i Weasley della sua inadeguatezza al ruolo, ma Silente era fatto di tutt'altra pasta, e avrebbe compreso immediatamente il piano di Severus. Piton serrò i denti. Era proprio la sua fortuna: era passato dal servire un maniaco egocentrico praticamente onnipotente al servire una vecchia folaga manipolativa praticamente onnisciente.
Perché non poteva fare la fine di tutti gli altri insegnanti di Pozioni? Leggeva le loro lettere nel Quotidiano degli Educatori di Pozioni. Gli altri insegnanti di Pozioni lamentavano che i loro presidi non procurassero loro spazio sufficiente per i loro rifornimenti, o rifiutassero di sovvenzionare nuovi calderoni o facessero battute taglienti sugli occasionali incidenti capitati con le pozioni: ma nessun altro scriveva dopo essere stato costretto ad adottare un ragazzino marchiato da una profezia o dopo aver dovuto partecipare alla costruzione di elaborate trappole su terreni scolastici contro Signori Oscuri in caccia di un semi-mitico tesoro.
Severus compose mentalmente la propria lettera. Caro QEP, sarei interessato a sapere come gli altri insegnanti di Pozioni dividono il proprio tempo tra i diversi incarichi. Trovo complicato creare nuovi piani per le lezioni e preparare le sessioni di laboratorio mentre contemporaneamente spio per la Luce. Qualcuno ha qualche suggerimento sul come combinare incontri di Mangiamorte con la preparazione per i M.A.G.O.? No, nessun altro sembrare avere di questi problemi. Com'era fortunato, lui.
Realizzò che si stava facendo tardi. Avrebbe dovuto farlo ora oppure spiegare a Silente la sua mancanza, e se avesse dovuto gestire un altro sguardo scintillante o un'altra caramella al limone, sarebbe diventato pazzo, pazzo da legare. La vita nel letto accanto a quello dei Paciock cominciava a sembrare sempre più attraente, giorno dopo giorno. Prese un respiro profondo e attivò la Metropolvere.
“Signora Weasley?” chiamò, rivolgendosi alla donna dai capelli rossi affaccendata all'interno del soggiorno confortevolmente trasandato.
“Sì? Oh, professor Piton!” Le sopracciglia di Molly si sollevarono per la sorpresa, prima di corrugarsi in un'espressione spaventosa. “Cos'hanno fatto questa volta?”
“Sorprendentemente, non sto chiamando per via dei gemelli,” replicò Piton in tono asciutto. “Posso entrare?”
L'espressione di sorpresa di Molly si riaffacciò. “Certo.”
Non fece in tempo ad arrivare alla Tana che Molly Weasley lo sistemò in una poltrona che era solo leggermente rovinata, con una tazza di tè accanto al gomito. Combatté per respingere il piatto di biscotti fatti in casa. “Grazie, no,” insisté, con tutta l'educazione della quale fu capace attraverso i denti stretti.
“E' allergico al cioccolato?” gli chiese Molly, con tono compassionevole. “Ne ho qualcuno al burro di arachidi, in cucina. O preferisce dei biscotti all'uvetta? O di pastafrolla? Potrei preparare qualche focaccina –”
“No!” lui si trattenne e si costrinse ad abbandonare il suo tono alla “comincia ad ascoltarmi o farò esplodere il tuo calderone e nutrirò con i tuoi organi interni il calamaro gigante”. Qui si trattava di un genitore, non di uno studente: un genitore fastidioso, indubbiamente, ma nondimeno un genitore. “Voglio dire, nulla per me, grazie. Sono a posto così.”
Molly sembrò ferita. “Non le piace la mia cucina?”
Severus poteva sentire la propria pressione sanguigna crescere mentre prendeva un biscotto dal piatto. “Mm. Delizioso,” ringhiò.
Molly sorrise e si sedette. “Cosa posso fare per lei?”
“C'è qualcosa del quale mi piacerebbe discutere con lei e suo marito. Lui è disponibile?”
“Sì, è solo nel retro con Ginny, a liberare il giardino dagli gnomi. Può darmi un'idea di cosa si tratti?”
“Penso che sarebbe meglio spiegare insieme ad entrambi. E forse vostra figlia potrebbe essere allontanata per un'ora o due?” Tacque per un attimo, pensando a come meglio assicurarsi la sua collaborazione senza dovere (a) spiegare di più o (b) consumare altri biscotti. “Sono qui dietro richiesta del Preside.” Più o meno.
Era ovvio che Molly morisse di curiosità, ma, come una veterana del vecchio Ordine, reagì in maniera prevedibile al nome di Silente. “Certo.”
Cinque minuti dopo, Ginny era stata spedita a sua nonna via camino, ed Arthur, Molly e Severus erano riuniti nel soggiorno. “Mi scuso per avervi disturbato questa sera – e per aver mandato via Miss Weasley – ma ho ritenuto che fosse meglio affrontare questo discorso senza alcuna possibilità di essere uditi da altri.”
Ora entrambi i Weasley avevano espressioni insieme preoccupate e curiose. “C'è qualcosa che non va, Professore?” Chiese Arthur, la fronte corrugata. “I ragazzi sono a posto?”
“I vostri figli stanno tutti bene,” lo rassicurò Piton. “Sono qui per chiedervi se ne vorreste un altro.”
Hm. Sembrava non se ne fosse uscito fuori nel modo più opportuno: ora tutti e due lo stavano fissando con le bocche spalancate. “Non a tempo pieno,” si affrettò a spiegare. “Si tratterebbe più di un affido per brevi periodi.”
“Sta affittando bambini?” chiese Molly, la voce che cresceva sino a divenire uno squittio.
Arthur le prese la mano. “Sono sicuro che non è come sembra, cara.”
Severus aggrottò la fronte. Non era poi così complicato: davvero - conta sempre su un branco di Grifondoro per trovarti di fronte alla necessità di spiegare tutto lettera per lettera. Decise di parlare molto lentamente. “Voi avete, io credo, incontrato il signor Potter -”
“Harry?” esclamò Molly, sorpresa. “Quel dolce ragazzino con gli occhiali? Cielo, che bambino adorabile!”
“Ron sembra aver fatto amicizia con lui,” confermò Arthur. “E i gemelli e Percy ne hanno scritto anche loro, raccontando buone cose. Ho saputo che è stato mandato in Grifondoro.” L'“ovviamente” venne educatamente omesso, visti i presenti.
“Invero,” disse Piton, piattamente. “Ho scoperto che la vita familiare del signor Potter è inaccettabile, e così -”
“Cosa vuole dire?” Chiese Molly. “Silente non l'ha affidato alla sua famiglia dopo che James e Lily sono stati uccisi? Mi ricordo che se ne fece un gran parlare perché non volle dire a nessuno dove fosse Harry, ma ci assicurò che il bambino era al sicuro e stava bene.”
Severus fece un mezzo sorrisetto. “Apparentemente, no. Albus aveva l'assurda convinzione che i legami di sangue siano sinonimi di legami di affetto. Il ragazzo è stato mandato da parenti Babbani che erano – quantomeno – capaci sia di negligenza che di abusi.”
Gli occhi di Molly si fecero enormi. “Abusi? No! Quel povero bambino!” Arthur le toccò gentilmente la spalla, ma sembrava molto cupo.
“Il Ministero lo sa, questo?” chiese.
Severus scrollò le spalle. “Può discuterne con Albus, se desidera. La mia preoccupazione va alla situazione corrente di Potter, non al perché gli sia stato permesso di rimanere con dei tutori inadatti per gli ultimi dieci anni.”
“Così, vuole che adottiamo Harry?” chiese Arthur. Accanto a lui, Molly smise di tirare su con il naso abbastanza a lungo da alzare la testa, eccitata.
“Adottare Harry? Certo che lo faremo! Ho detto a Silente dieci anni fa che avremmo voluto -”
“Non sono qui per chiedervi di adottare Harry, e neanche di diventare i suoi tutori. Piuttosto, mi piacerebbe che consideraste l'ipotesi di costituire per lui una destinazione regolare che possa visitare per lunghi periodi durante le vacanze scolastiche.”
Arthur gettò un'occhiata alla propria moglie, prima di girarsi verso Severus. “Sospetto dalle lettere di Ron che ci troveremmo probabilmente a fare lo stesso in ogni caso – visto quanto d'accordo stanno andando i due ragazzi.”
Molly aggrottò la fronte. “Perché non possiamo adottare Harry? Ha appena detto che ha bisogno di una casa. Se non lo prendiamo noi, chi lo farà?”
“Il Preside ha un altro tutore in mente,” esclamò Severus in tono cauto.
“Chi?” chiesero entrambi i Weasley.
“Me,” replicò lui freddamente, sperando di scampare all'inevitabile reazione.
Che era, come previsto, inevitabile. “LEI?”
Molly si riprese per prima. Ignorando interamente Piton, si volse verso il marito. “Ecco. Silente è impazzito. Dovrai avvertire il Ministero, domattina.”
Arthur rivolse un'occhiata apologetica a Piton. “Ora, Molly, non essere precipitosa. Suppongo che il professor Piton -”
“Arthur! Era un Mangiamorte. Ed è a lui che Silente vuole affidare Harry? Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto?”
“Era una spia,” osservò suo marito. “L'ha detto Silente.”
Molly sbuffò. “Forse. Magari. Ma porta il Marchio Nero. Pensi che l'abbia preso appositamente solo per poter essere una spia? A quale famiglia appartiene, comunque?”
“Penso che sia uno dei Prince, no?” Arthur si era perso dietro al discorso di Molly, adesso, e aveva dimenticato completamente Severus.
“Bene! Cos'altro hai bisogno di sapere? I Prince erano tutti più Oscuri della pece e anche più pazzi dei Black!” Molly fece una pausa. “Be', eccettuato per quella povera ragazza. Qual era il suo nome? Quella che era qualche anno avanti a noi? Elizabeth? Elaine?”
“Quella era mia madre,” disse Piton con quello che sentiva essere un ammirevole contegno.
“Ma c'era qualcosa di sbagliato anche con lei, no?” proseguì Molly, picchiettandosi con un dito sul mento. “Fammi pensare, cos'era? Cos'era? O, sì, aveva sposato quell'orribile Babbano.”
“Quello era mio padre,” specificò Severus.
“Sì, be', doveva esserlo, no?” assentì Molly distrattamente. “Oh, Arthur, è terribile. Non possiamo permettere a Silente di farlo. Harry ha bisogno di amore e di una famiglia e -”
“Potter ha bisogno di attenzione e di coerenza e di supporto.” Severus non ne poteva più di essere ignorato. “Ed è improbabile che avrà nulla di tutto ciò in questa casa, nel mezzo della vostra orda di figli.”
“Be'!” Molly gli rivolse un'occhiataccia. “Congratulazioni! Ha il fegato di venire qui e di insultarci anche mentre ci chiede un favore?”
Arthur le toccò una mano. “Ascoltiamo, Molly. Ha ragione quando dice che Harry può avere bisogno di più attenzione di quanta ne potrebbe ottenere probabilmente in una famiglia grande come la nostra.”
Piton si esibì in un brusco, formale segno di assenso per ringraziare Arthur. “Esattamente. Non intendo offendervi, ma mentre la vostra famiglia è adatta a formare un modello di salutari dinamiche familiari per Harry, lui avrà anche bisogno di qualcuno il cui solo interesse sia il suo benessere. Dato il suo – difficile – passato,” Molly riprese a tirare su con il naso, “sarebbe ingiusto sistemarlo in una famiglia tanto grande, nella quale i suoi particolari bisogni non vengano corrisposti. Facendo in modo che la Tana rimanga un premio speciale per lui, imparerà qui delle preziose lezioni senza dover rinunciare all'attenzione che può ricevere come unico bambino nella -” inghiottì a fatica “- mia famiglia.”
“E perché lei vorrebbe assumere questo ruolo?” Arthur chiese, gettando a Severus una strana occhiata.
“Le mie ragioni non vi riguardano,” sbottò Piton.
“In realtà, sì,” Arthur replicò, senza lasciarsi scoraggiare. “Lei ci sta chiedendo – in pratica – di diventare genitori con lei, e un bambino come Harry ha delle necessità che sono aggravate non solo dal suo passato, ma anche dal suo probabile futuro.” Piton aggrottò la fronte, ma non poté negare la delicata insinuazione di Weasley di un suo interesse da Mangiamorte per Harry fosse ben fondata. “Dobbiamo sapere che cosa stiamo accettando di fare.” Vedendo che Severus rimaneva scettico, Arthur sorrise. “Oltretutto, se dovremo giocare un ruolo così grande nella vita di Harry, allora sono sicuro che avremo modo di sentire molte cose su di lei: e, dal momento che la maggior parte di questi commenti saranno probabilmente espressi sotto forma di lamentele, sarebbe utile se fossimo nella posizione di difenderla.”
Il viso di Piton si piegò in un'espressione di feroce irritazione. Come osava Weasley suggerire che Potter avrebbe avuto qualcosa del quale lamentarsi!
“Severus,” disse Arthur, enormemente divertito. “Ogni bambino si lamenta dei propri genitori. E' normale. Ma se abbiamo tutti intenzione di sopravvivere all'adolescenza di Harry, allora avremo bisogno di lavorare insieme. Si fidi di noi sull'argomento.”
A Piton questo non piaceva, ma doveva ammettere che l'uomo più anziano aveva ragione. “Ho acconsentito a fare questo – con riluttanza! - perché ho una certa... familiarità … con quel che Potter ha sperimentato.” Gettò un'occhiataccia alla coppia, sfidandoli a chiedere dettagli, ma erano entrambi silenziosi. “Poi, ero molto vicino a Lily Evans. Siamo cresciuti nello stesso quartiere ed siamo stati amici fino alla fine dei nostri anni ad Hogwarts.”
“Oh, caro,” disse Molly, in tono compassionevole. “James si è messo tra di voi?”
Piton inghiottì le proprie emozioni e distolse lo sguardo dagli occhi gentili della donna. “Per così dire. Io – io sono stato estremamente sciocco. La nostra amicizia non si è mai pienamente ripresa.” Prese un respiro profondo. “Ma desidero ottenere la custodia del ragazzo. Con la vostra assistenza, così come con la mia, mi aspetto che sarà in grado di riprendersi dal trattamento subito da quei Babbani,” sputò la parola. Molly ed Arthur si scambiarono un'occhiata significativa. Severus non sapeva se avessero preso il veleno nel suo tono come una prova delle sue residue inclinazioni da Mangiamorte o della sua apparente devozione per il bambino. Forse avevano stabilito che, fino a quando era devoto al bambino, qualche tendenza da Mangiamorte era una buona cosa, specialmente nell'avere a che fare con i Babbani che l'avevano maltrattato.
“C'è un'altra questione della quale dobbiamo discutere,” aggiunse rapidamente, ansioso di cambiare l'argomento della conversazione. “Ci sarà uno stipendio che vi sarà assegnato quando avrete acconsentito a partecipare a questo progetto.”
Come aspettato, entrambi si adombrarono. “Non abbiamo bisogno di venire corrotti per aiutare Harry!” disse Molly in tono indignato.
Piton sospirò. I Grifondoro erano così prevedibili. “Non è corruzione. E' un introito aggiuntivo per sostenere le spese aggiuntive che vi troverete davanti.”
“Possiamo riusci-”
“Harry avrà bisogno di essere vestito e nutrito. Se volete portare la famiglia in gita, ci sarà il costo della sua partecipazione e del viaggio da considerare.”
“Noi non escluderemmo mai -”
“Non farete ad Harry alcun favore se lo tratterete come un caso caritatevole,” disse Piton minacciosamente. “In questo modo, sarà chiaro che il beneficio è reciproco.”
“Si immaginerà che lo stiamo facendo solo per il denaro!” obiettò Molly.
“Ci si aspetterà che voi – a differenza dei Babbani – provvediate un resoconto dei fondi usati. Sarà chiaro ad Harry, se il problema dovesse nascere, che non state beneficiando finanziariamente dalla sua presenza: semplicemente, non state risentendo di ulteriori privazioni a causa sua.”
Arthur e Molly si scambiarono una lunga occhiata. Piton fece del suo meglio che non alzare gli occhi al cielo per l'esasperazione.
“Be'... suppongo che potremmo accettare un piccolo sussidio che sarebbe speso per Harry.”
“O a suo beneficio – per esempio, potrebbe essere usato per rimpinguare le spese per gli approvvigionamenti alimentari o per la manutenzione della casa, dal momento che sarà qui su base regolare,” osservò Piton, trattenendosi eroicamente dal menzionare diversi ovvi settori nei quali i fondi sarebbero stati dolorosamente necessari, a cominciare dalla poltrona bitorzoluta nella quale era seduto al momento. “E, se non accetterete, troverò un'altra famiglia.”
Molly scattò in piedi. “Non lo farebbe!”
Piton si limitò a fissarla. Lei guardò preoccupata Arthur.
“D'accordo. Accettiamo,” annuì Arthur.
“E dovremo rinforzare le barriere attorno alla Tana,” disse Piton. “Sono consapevole che siano già piuttosto forti, dati i vostri trascorsi in guerra e la professione del maggiore dei vostri figli, ma, dato che il Ragazzo Che E' Sopravvissuto si troverà a passarvi del tempo di frequente...”
“Non abbiamo nulla da obiettare sull'argomento,” disse prontamente Arthur. “Dovremmo chiedere a Bill e ai goblin o Silente preferirebbe fare da sé?”
“Ne parlerò con il Preside e vi farò sapere. Sospetto che preferirà occuparsene personalmente.”
“Io non vedo l'ora di incontrarlo!” Molly aveva un luccichio combattivo negli occhi, e Piton ricacciò indietro un risolino. Ci sarebbe stato un bello shock ad aspettare Albus, quando fosse arrivato.
“Dunque acconsentite?” insisté, avendo bisogno di un assenso chiaro.
Arthur gettò un'occhiata a Molly. “Saremmo felici di aiutare lei ed Harry, Severus. Le propongo di portare Harry qui per dargli modo di trascorrere qualche tempo con Molly e me. Se va tutto bene, riporteremo i ragazzi a casa questo fine settimana: riuniremo tutta la famiglia e faremo sapere a loro e a Ginny cosa sta per accadere. Dopodiché, lei ed Harry potrete venire a cena, e magari Harry potrebbe restare a dormire qui sabato notte. Cosa ne pensa?”
Severus ne fu suo malgrado impressionato. Weasley se n'era uscito fuori con un piano ragionevole: dopotutto, lui ed Harry non si erano mai incontrati, e sarebbe stato prudente assicurarsi che Harry andasse d'accordo con i Weasley adulti così come, sembrava, con il gruppo ora ad Hogwarts. “Molto bene. Parlerò al ragazzo entro i prossimi due giorni.”
“Perché non porta Harry qui a cena domani?” propose Molly. “Usi la Metropolvere non appena può. Arthur può tornare a casa presto ed avremo una possibilità di conoscerci, così come ha suggerito. Se lei sarà qui, Harry ne verrà rassicurato.
Severus quasi sbuffò. Rassicurare il ragazzo? Considerando il modo in cui aveva trattato in passato il bambino, era molto più probabile che questi avrebbe trovato snervante la sua presenza: ma Piton non aveva intenzione di ammetterlo davanti ai Weasley. “D'accordo.”
Si alzarono tutti, ed Arthur e Severus si strinsero le mani. Molly sorrise con un poco di incertezza: era chiaro che fosse ancora preoccupata a proposito della reputazione della famiglia Prince, ma Arthur le strinse la mano per rassicurarla. “A giovedì, allora,” Arthur sorrise.
“A giovedì.” Piton rientrò nel camino, chinandosi, e puntò dritto dritto verso il suo bicchiere di Whiskey Incendiario.



Note alla traduzione: Gli eventi ci hanno placcate! x°D Chiediamo perdono per la lentezza dell'aggiornamento e promettiamo che il prossimo capitolo arriverà molto, molto prima!

Si ringraziano Vekra e Evan per le segnalazioni!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***







“Cosa diamine ci fai tu qui?” gli chiese la Signora Grassa.
“Apriti,” ringhiò Piton al ritratto che chiudeva l'ingresso alla Torre di Grifondoro.
“Certo che no,” rispose lei altezzosa. “Vattene, piccolo Serpeverde.”
“Non sono più uno studente, tu, scarabocchio idiota. Sono Capo della Casa di Serpeverde e il professore di Pozioni della scuola, e voglio parlare con uno dei miei studenti. Ora apriti!”
“Non lo farò,” replicò lei prontamente.
Gli occhi si Piton si strinsero in due fessure. “Apriti o io -”
Cosa precisamente Piton avrebbe fatto non fu mai chiaro, poiché in quel momento il ritratto si aprì e un Grifondoro del terzo anno cominciò ad uscire: trovandosi la strada bloccata dalla figura incombente del professore meno preferito da tutti, squittì per il terrore e ricadde indietro.
“Un Grifondoro modello,” ghignò Piton. “Byerly, vai a prendere Potter.”
“Io – io – sì, signore!” Byerly riuscì a rantolare, prima di fuggire via. La Signora Grassa provò a chiudere l'ingresso, ma Piton mantenne la presa sulla cornice del ritratto e lo tenne aperto.
In un lasso di tempo decisamente breve, quella che sembrava essere metà della Torre di Grifondoro era accorsa. “Um, professor Piton, signore, cosa posso fare per lei?” Oliver Baston, capo della squadra di Grifondoro, era stato apparentemente nominato loro portavoce.
“Porta qui Potter,” replicò lui brevemente e minacciosamente.
Baston inghiottì. “Er, cosa vuole da lui, professore? Voglio dire,” aggiunse in fretta, vedendo l'espressione di Piton, “dovrei andare a chiamare la professoressa McGranitt? Se Potter è nei guai, allora dovrebbe esserne avvertita...”
“Non ti ho chiesto del Capo della tua Casa, semplicemente di Potter,” puntualizzò Piton, con la pazienza che scemava rapidamente. “Cortesemente, portalo qui.”
“Ha intenzione di trasformarlo in materiale per pozioni!” giunse un sussurro spaventato dalla folla. “E se stesse progettando di darlo ai Mangiamorte?” ne arrivò un altro. “Idiota! Lui è un Mangiamorte!” disse un terzo. “Non possiamo dargli Harry!” “Veloci! Nascondetelo!” “Ti avevo detto che era molto più cattivo con Potter!” “Qualcuno è andato a chiamare la McGranitt!” “Riportate Harry nella sua stanza!”
“Erm, Harry ha una punizione con lei?” chiese Baston incerto.
“Dieci punti in meno a Grifondoro per aver ficcanasato!” ringhiò Piton. Il suo occhio colse un movimento nel retro della folla, come se qualcuno stesse cercando di farsi strada attraverso di essa e stesse venendo ricacciato indietro. “E cinque punti in meno a chiunque blocchi la strada a Potter!”
La folla si aprì come per magia, ed un Harry dal viso arrossato apparve ai margini. Arrossì ancora di più, poi si affrettò ad avanzare.
Piton si accorse che alcune delle facce preoccupate degli studenti si facevano sospettose mentre Harry si faceva avanti volenterosamente. Afferrò Harry per la collottola nello stesso istante in cui fu a portata di mano ed intonò: “Cinque punti in meno a Grifondoro per aver perso tempo, Potter!”
"Ma, professore, non stavo -” le proteste di Harry si interruppero con uno squittio mentre Piton alzava il braccio, costringendo Harry ad alzarsi in punta di piedi e strangolandolo quasi.
Si girò e si allontanò rapidamente, trascinando Harry con sé. Dietro di sé, mentre il ritratto si chiudeva, poté udire diversi commenti, la maggior parte dei quali contenenti il termine “bastardo”. Be', almeno non erano più arrabbiati con Potter.
Non appena ebbe girato l'angolo, lasciò la presa sul ragazzo. Harry tirò il colletto e guardò Piton, gli occhi sgranati.
“Non opporti quando ti tolgo punti, sciocco ragazzino,” lo rimbrottò Piton. “Ne perderai semplicemente di più per essere stato scortese.”
“Mi dispiace, signore,” Harry deglutì a vuoto. “Ma non stavo cercando di prendere tempo. Davvero! Semplicemente, non riuscivo a farli spostare.”
“E pensi che io non lo sappia?” chiese Piton, afferrando Harry per una spalla e tirandolo avanti. “Ti sembra che non abbia gli occhi?”
“Ma – ma se lo sapeva, perché mi ha tolto punti?” chiese Harry, sorpreso.
“Perché i tuoi compagni Grifondoro stavano diventando sospettosi a causa della tua pronta accondiscendenza ai miei ordini,” ribatté Piton. “La tua accondiscendenza malgrado la loro preoccupazione è stata considerata strana, e i Grifondoro, essendo dotati di un cervello piccolo, non amano le stranezze.”
Harry rifletté su questo mentre trottava al fianco di Piton. Finalmente afferrandone il significato, aggrottò la fronte. “Non penso che i Grifondoro abbiano un cervello piccolo. Hermione Granger è veramente intelligente.”
“Hm. Un'autentica Corvonero in una pelle di leone,” disse Piton, sarcastico.

Harry si morse un labbro. Non riusciva ad immaginare perché Piton voleva parlare con lui. Non aveva neanche avuto lezione di Pozioni, quel giorno. L'ultima volta che aveva veramente parlato con Piton era stato nella mattina successiva alla sua punizione, mentre era ancora in Infermeria.

***



Piton era arrivato lì ed era stato prontamente trascinato nell'ufficio di Chips. Dopo una lunga pausa, era riemerso con due chiazze brillanti di colore sugli zigomi, mentre la strega appariva ferocemente trionfante. Lei lo aveva sospinto verso il letto di Harry e li aveva lasciati con un definitivo, “E ti terrò d'occhio, Severus!”
“Potter,” aveva grugnito Piton.
“Sì, signore?” Harry era stato cautamente ottimista. Piton gli aveva fatto una promessa, e lui sperava terribilmente che l'uomo intendesse mantenerla. Solo perché poteva colpire forte come zio Vernon, questo non significava che non avrebbe mantenuto le proprie promesse... no?
“Potter. Ti devo le mie scuse,” aveva detto Piton in un tono piuttosto strangolato.
Il respiro si bloccò in gola ad Harry. Delle scuse? Da un adulto? Per cosa? Per cosa Piton avrebbe dovuto scusarsi con lui?
Oh, no! Si stava scusando perché non poteva mantenere la propria promessa? Il Preside era determinato ad espellere Harry, dopotutto? Era vero che la sua grafia era orribile e che lui non conosceva affatto il materiale scolastico come Granger, e neanche molto a proposito del mondo Magico come Ron, ma ci stava provando veramente, veramente molto. Erano passati solo pochi giorni! Sicuramente l'avrebbero lasciato provare un altro po' prima di decidere che era un mostro inutile?
Ma no, se Piton si stava scusando doveva essere perché non poteva fare le cose che aveva promesso di fare, come non far espellere Harry o non farlo tornare dai Dursley.
“Va bene, signore,” disse, sforzandosi di parlare intorno all'enorme groppo rovente che gli era comparso improvvisamente in gola. “Non è colpa sua.” Sbatté gli occhi con forza, ricacciando indietro le lacrime. Un piagnucolone non piaceva a nessuno.
Sperò solo che lo zio Vernon non sarebbe stato troppo furioso, quando lui sarebbe riapparso. Madama Chips gli aveva appena dato una medicina dal sapore orribile che aveva guarito tutte le ferite e i lividi sul suo sedere così come i tagli e il livido sulla sua testa. Lui non voleva davvero subire altre percosse ora che si stava finalmente sentendo meglio.

“Di cosa stai parlando, Potter?” chiese il professore, rabbiosamente. Lui era lì, e si stava veramente scusando con uno studente, e il piccolo idiota lo stava ascoltando solo a metà. Come osava dire che non era colpa sua! Cosa stava insinuando, che Piton fosse stato controllato dal fantasma di Voldemort?

“E' tutto a posto,” insisté Harry, strofinandosi rapidamente gli occhi quando le lacrime traditrici trapelarono. “So che ci ha provato. E' colpa mia. Avrei dovuto lavorare di più.” Malgrado, in tutta onestà, non sapesse dire come avrebbe potuto riuscirci. Stava già restando alzato tutte le notti fino a tardi provando a studiare e a lavorare sulla sua grafia e ad apprendere cose sulla società dei maghi. “Andrà tutto bene. Probabilmente non saranno molto arrabbiati.” Dopotutto, le ultime parole che suo zio gli aveva rivolto erano state, “Non piacerai a loro più di quanto piaci a noi, piccolo mostro!” Lo zio Vernon sarebbe stato probabilmente compiaciuto di aver avuto ragione. Questo avrebbe potuto salvare Harry dalle botte per un giorno o due. Magari più a lungo, anche, se filava dritto al lavoro e dipingeva la recinzione del giardino o qualcosa del genere.

Piton serrò i denti per la rabbia. Che cosa stava farfugliando il ragazzino? Perché non poteva solo accettare le scuse, gongolare come avrebbe fatto quel bastardo di suo padre, e lasciarlo ritornare ai sotterranei? Ma no, ora stava singhiozzando e piagnucolando e comportandosi come se Piton gli avesse lanciato una maledizione. Da un momento all'altro Chips sarebbe arrivata infuriata, e questa volta probabilmente avrebbe messo in atto la propria minaccia. Piton non voleva proprio scoprire cosa una strega infermiera di talento considerasse “un'appropriata punizione per maltrattatori di bambini”. Come osava il piccolo mostro fingere in questo modo solo per cacciare Piton ancora più nei guai? “Smettila subito di piagnucolare, Potter!”
Poi qualcosa che il moccioso aveva detto catturò la sua attenzione: “Chi non sarà arrabbiato?” Silente e il resto del corpo insegnante erano già furiosi con lui, come il piccolo mostriciattolo doveva sapere anche troppo bene. Per quale altra ragione Poppy avrebbe dovuto fisicamente trascinarlo nel proprio ufficio non appena aveva superato la soglia dell'Infermeria? Se non fosse stato così rapido con un Muffliato, l'avrebbero sentita urlargli contro fin dentro la sala comune di Serpeverde.
“I miei parenti,” rispose Harry, sorpreso.
Il cipiglio di Piton si fece spaventoso. Il disgraziato pensava di poter minacciare Piton dicendo che i suoi parenti sarebbero stati arrabbiati? Quel suo zio mostruoso avrebbe eccezionalmente usato qualcun altro oltre il ragazzo come un sacco da boxe? “Di cosa stai parlando? Che cosa c'entrano i tuoi parenti?”
“Qu-quando mi rimanderete indietro. Loro pensavano che non mi avrebbero rivisto fino all'anno prossimo. Intendevo solo dire questo -”
“Cosa? Chi ti sta rimandando da quei Babbani?” esplose Piton. “Il Preside ha detto che -”
Pessima mossa. Non appena cominciò ad urlare, Chips si precipitò fuori dal proprio ufficio. “Severus Piton! Ti ho avvertito! Adesso -”
Notevolmente più allarmato dall'espressione determinata di lei di quanto volesse ammettere, Piton indicò in fretta Potter. “Ha detto che Albus ha intenzione di rimandarlo dai Babbani!”
Questo, ovviamente, distrasse Poppy. “COSA?” Fu anche più rumorosa ed arrabbiata di Piton. “HA DETTO COSA?”

Harry guardò dall'uno all'altra, preso dal panico. “No, no!” In qualche modo si erano tutti confusi, e lui aveva la terribile impressione che fosse tutta colpa sua. Le cose, in genere, lo erano.

“ALBUS SILENTE, VIENI SUBITO QUI!” Poppy cacciò la testa nel camino.
Un attimo dopo, il sorridente Preside apparve, solo per essere affrontato da due membri furiosi del suo corpo insegnante. “Cosa intendevi fare dicendo ad Harry che deve tornare dai suoi parenti?” chiese Poppy.
Silente sbatté le palpebre. “Cosa?”
Poppy si girò verso Piton, irritata. “Non è questo che mi hai detto?”
Piton si girò per affrontare il ragazzo, solo per trovarsi un letto vuoto alle spalle. “Dov'è quel piccolo mostro?” Disse, ribollendo per la rabbia.
“Ahem.” Il Preside puntò il dito.
Sia Piton che Poppy si accovacciarono e guardarono sotto al letto. Nell'angolo più lontano, Harry si era rannicchiato in una piccola palla: solo i suoi verdi occhi spaventati erano visibili al di sopra delle ginocchia. “Mi dispiace,” bisbigliò. “Per favore, non arrabbiatevi troppo.”
“Potter, esci fuori di lì!” ringhiò Piton.
Poppy gli assestò un pugno alla spalla. Forte. “Zitto!” sibilò. “Potter,” disse, in un tono molto più dolce, “vieni qui. Nessuno ti farà del male.”
Gli occhi di Harry guizzarono verso Piton, e Poppy lo colpì di nuovo. “Vai via!”
Offeso, Piton si ritrasse per massaggiarsi la spalla dolorante. “Avanti, Harry,” lo blandì lei. “Nessuno ti farà del male. Vieni da Poppy.”
Per la segreta gioia di Piton, le moine della strega si rivelarono del tutto inefficaci. Dopo qualche minuto, lei si arrese, sconfitta. “Cosa diamine c'è che non va? Gli ho promesso che non ha nulla da temere...”
Albus le rivolse un sorriso scintillante. “Sì, mia cara, ma ti ha appena visto colpire Severus. Due volte. Con una certa forza. Immagino che possa aver presunto che, se hai colpito un collega insegnante, avresti potuto anche più probabilmente colpire uno studente.”
Gli occhi di Poppy si spalancarono per la costernazione. “Oh! Non avevo pensato a questo! Albus, prova tu.”
Il Preside si chinò. “Harry, ragazzo mio, vorresti uscire di lì, per favore?” Nessuna risposta. “Harry? Per favore?” Niente.
Lui si raddrizzò con un sospiro. “Sembra che io debba ancora guadagnarmi la fiducia del ragazzo.”
Piton sogghignò. “Considerando che deve ringraziare te per le proprie condizoni di vita degli ultimi dieci anni, io credo che stia dimostrando una rimarchevole perspicacia.” Ignorando l'occhiata scandalizzata di Poppy, si girò verso il letto. “Potter,” disse, ancora una volta accovacciandosi. “Hai intenzione di venire fuori da lì?”
“E' – è molto arrabbiato?” Potter inghiottì a vuoto.
“Lo sarò, se non esci fuori da sotto al letto” replicò Piton. “Sbrigati!”
Per lo choc di Poppy, Potter gattonò fuori da sotto il letto. Si sollevò, quasi sussultando, ma non si ritrasse quando Piton lo sollevò e lo depositò di nuovo sul letto.
“Ecco fatto.” Piton non riuscì ad impedirsi di rivolgere un'occhiata di trionfo verso la strega di malumore.
“Harry,” disse lei, avanzando molto lentamente e cautamente. “Prometto che non ti farò del male.”

“Sissignora,” assentì Harry, nervosamente. Questo era quel che dicevano tutti, giusto? Be', non Piton. Lui non aveva mai fatto un'affermazione così ridicola: ecco perché si poteva fidare dell'uomo. Quand'era arrabbiato, te lo faceva sapere, non mentiva o fingeva. Harry era piuttosto sorpreso che Piton non lo avesse picchiato non appena era emerso da sotto il letto; ma l'uomo non era venuto a scusarsi con lui per doverlo rimandare indietro dai Dursley? Magari si sentiva così in colpa che, per questa volta, avrebbe chiuso un occhio sul fatto che Harry si fosse nascosto.
“Perché hai detto a tutti che il Preside aveva intenzione di rimandarti dai Babbani?” chiese Poppy gentilmente.
Oh no. Non ancora. Se c'era una cosa che Harry odiava veramente, era che gli venisse chiesto perché aveva fatto o detto qualcosa che non era stato lui a fare o a dire. Sapeva che era meglio non negare, certo, ma prendersi una punizione per qualcosa che non aveva fatto lo faceva sempre sentire molto più arrabbiato, dentro di sé. Comunque, non c'era niente che potesse fare. Ricacciò indietro la propria ira di fronte alle ingiustizie della sua vita: arrabbiarsi o replicare avrebbe solo reso le cose peggiori per lui. “Mi dispiace, signora.” chiuse gli occhi strettamente e piegò le spalle, aspettando il primo colpo.
“Potter!” Era nuovamente Piton. Harry inghiottì a fatica. Sapeva quanto potesse fare male un ceffone dato dall'alto, cupo uomo. “Guardami!” Lui non voleva aprire gli occhi, davvero non voleva, ma sapeva che li stava facendo solo arrabbiare di più. Lo zio Vernon qualche volta voleva che tu vedessi arrivare il colpo, anche. Forzò gli occhi ad aprirsi e sbirciò prudentemente attraverso la frangia. Il professore di Pozioni lo stava guardando male, ma le sue braccia erano intrecciate sul petto. Harry sbatté le palpebre. Come aveva intenzione di colpirlo da quella posizione?
Poi Harry realizzò che Piton e gli altri in realtà erano arretrati un po'. Al momento nessuno era a portata di mano, ed Harry sedette un po' più diritto.
“Potter,” il professor Piton lo stava guardando in maniera bizzarra. “Quando ho detto che mi dispiaceva, tu hai risposto che non era colpa mia.” Sia il preside che la strega lo guardarono sorpresi. “Giusto?”
Harry annuì immediatamente. Così andava molto meglio: avrebbe potuto ancora finire picchiato, ma almeno sarebbe stato per qualcosa che aveva detto veramente.
“Cosa intendevi dire?”
“S-solo che sapevo che ci aveva provato, signore. Aveva detto che l'avrebbe fatto. Per questo non penso sia colpa sua.”

“Per cosa?” insisté Piton. C'era qualcosa di sbagliato, qui. Merlino, di che cosa stava parlando il ragazzo?
“Per la mia espulsione.”
Ora sia Piton che Chips stavano fissando Silente. “L'hai espulso?” esalò la strega.
Anche Piton appariva sconcertato. Il ragazzo non stava mentendo. Credeva veramente che sarebbe stato espulso, e da chi avrebbe ricevuto una simile notizia se non dal preside? Ma per quale diamine di ragione Albus avrebbe fatto una cosa simile? Sì, il vecchio impiccione giocava ad un gioco tutto suo, ma espellere il ragazzo? Rimuoverlo da uno dei pochi posti nei quali era al sicuro?

“Harry,” il preside fece un passo avanti, ed Harry si ritrasse. Ecco, adesso arrivava. Non era ancora sicuro di cosa avesse fatto, ma ovviamente stava semplicemente continuando a farla. Silente allungò la mano, ed Harry provò a non rannicchiarsi. Loro odiavano quando ti rannicchiavi.
“Caramella al limone?” offrì il preside, e, sbalordito, Harry realizzò che l'uomo reggeva una scatoletta di caramelle in mano. Mentre Harry guardava, il preside ne prese una e se ne fece saltare una in bocca, sorridendo con aria incoraggiante.
Gettò un'occhiata nervosa al preside e poi agli altri due. Qual era la risposta giusta? Ma i vecchi occhi scintillavano verso di lui, e malgrado fossero tristi, sembravano gentili. Harry si protese in avanti, lentamente, e quando nessuno urlò contro di lui o gli schiaffeggiò una mano, prese cautamente una caramella. “Grazie, signore,” disse educatamente. Anche se l'avessero schernito e gliel'avessero portata via il minuto successivo, doveva ancora essere educato quando qualcosa gli veniva offerto.
Con uguale lentezza portò la caramella alle labbra, aspettando il ringhio o lo schiaffo, ma non arrivarono: e poi il delizioso gusto al limone stava riempiendogli la bocca. Non riuscì a reprimere un sorriso, e il preside gli sorrise di risposta.
“Adesso, Harry, mi chiedo se potresti aiutarmi,” disse Albus con leggerezza.
“Proverò, signore,” acconsentì Harry. Guardò verso Piton. Era tutto a posto? Il professore di Pozioni si limitava a stare lì, l'espressione minacciosa, ma non sembrava più arrabbiato del solito, il che significava che Harry probabilmente non aveva fatto nulla di stupido. Per ora.
“Sembra che ci sia una po' di confusione, qui,” proseguì il preside. “Cosa ti fa pensare che sei stato espulso?”
“Vuol dire che non è così?” chiese Harry, confuso.
“Rispondi alla domanda del preside, Potter!” sbottò Piton, ed Harry fece un salto.
“Sì, signore!” inghiottì a vuoto. “Mi scusi, signore!” Guardò verso il preside e, sebbene il vecchio non sembrasse arrabbiato, si ritrasse comunque solo un pochino. Dopotutto, Piton era decisamente grosso e spaventoso, ma anche lui dava retta al preside. Questo voleva dire che il preside era ancora più potente, e non era stato lui a mandare Harry dai Dursley, tanto per cominciare? Ovviamente non ci avrebbe pensato due volte a rimandarlo da loro.
“Mi stavi dicendo perché pensavi che saresti stato espulso,” lo spronò Silente gentilmente.
“Perché il professor Piton si è scusato, signore,” spiegò Harry.
“E si è scusato perché...”
“Non poteva mantenere la sua promessa, signore. Aveva promesso che non sarei stato espulso, così...” La voce di Harry sfumò. Era sicuro che ci fosse qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa.
“Harry, il professor Piton ha davvero detto che non avrebbe potuto mantenere la sua promessa?”
“N-no, signore,” ammise Harry. “Ma per che cos'altro avrebbe dovuto scusarsi?”
Poppy si fece sfuggire un rumore strano, a metà tra un singhiozzo e un ringhio, e si allontanò bruscamente. Albus si limitò a battere piccole pacche sul piede di Harry sotto la coperta, per qualche momento. “Capisco.” Continuò con le piccole pacche ancora per un po'.
Harry spostò lo sguardo dal preside al professore. Piton aveva un'espressione tanto minacciosa che sembra fosse sul punto di esplodere, mentre il preside appariva molto vecchio e molto triste. “Signore? Mi dispiace,” offrì Harry. Non aveva ancora idea di cosa avesse fatto di sbagliato, ma in genere scusarsi era una buona idea.
“Potter, smetti di scusarti!” sbottò il professor Piton. D'accordo, forse non proprio una buona idea, dopotutto.
“Sì, signore, mi scusi, signore,” replicò Harry automaticamente, prima di realizzare cosa aveva fatto. “Mi scus-” si interruppe prima di farlo di nuovo.
Silente rise piano, sebbene non sembrasse pensare che ci fosse qualcosa di molto divertente. “Vedo che il lavoro è fatto apposta per te, ragazzo mio.” Si alzò in piedi, diede al piede di Harry un'ultima pacca gentile, poi poggiò la scatola di caramelle al limone sul letto. “Per te, Harry.”
Dopodiché, lo lasciò da solo, di nuovo, con il professor Piton. “Signore? Mi -” Harry pensò che scusarsi ancora non fosse una buona idea. “Uhm, cosa ho fatto di sbagliato?” chiese. Sapeva che questo non sarebbe bastato ad evitargli di essere punito, ma forse, se avesse saputo cosa aveva fatto, avrebbe potuto evitare di rifarlo in futuro.

Piton aggrottò la fronte. “Sta' buono, Potter. Ascolta solo.”
Harry si raddrizzò, obbediente, e sembrò attento. “Tu non stai per essere espulso, Potter. Quando ho detto che non saresti tornato da quei tuoi parenti, intendevo mantenere la mia parola. Tu non vivrai più con loro. Mai più.” Gli occhi di Harry si accesero di speranza, e Severus si trovò con il fiato mozzo. Lily lo stava guardando, e lui dovette combattere per tenere la voce sotto controllo.
“Resterai qui ad Hogwarts, e se anche mai dovessi fare qualcosa di talmente straordinario da richiedere la tua espulsione – il che è difficile da immaginare, dato l'attuale Preside – anche allora non tornerai da quei disgustosi Babbani. Sono stato chiaro?”
Harry annuì. Non credeva che sarebbe stato in grado di parlare. Sarebbe rimasto! Sarebbe rimasto!
“Le scuse che ti ho rivolto erano per le ferite che ti ho causato ieri,” proseguì Piton. “Non avrei dovuto colpirti in quel modo, e mi scuso.” Ora perché il ragazzino stava aggrottando la fronte? Si era scusato molto gentilmente – anche Minerva sarebbe rimasta impressionata. “Cosa c'è?” chiese, offeso.

“Perché si sta scusando per quello?” chiese Harry, candidamente. Si era comportato male in classe, aveva fatto un disastro con le frasi, e aveva provato a lasciare la sua punizione in anticipo. Perché il professore si stava scusando per averlo punito?
Piton lo fissò. Il ragazzino stava cercando di essere divertente? Ma no, anche senza Legilimanzia era chiaro che Harry non ci vedesse sinceramente niente di sbagliato con il modo in cui era stato trattato.
“Ne discuteremo più avanti,” prese tempo. “Per ora, accetterai semplicemente la mia parola sul fatto che sia stato inappropriato.”
“Sì, signore.” disse Harry, ubbidiente.
“Continua a riposarti,” lo istruì Piton, la voce ancora una volta gelidamente formale. “Parleremo quando ti sentirai meglio.”
“Sì, signore,” Harry annuì. “Grazie, signore.”

***



E ora Piton l'aveva tirato fuori dal suo dormitorio – presumibilmente per portare avanti quel discorso che era stato rimandato? Almeno questo era quel che Harry sperava. Non pensava di essere nei guai... Ma, dopotutto, c'erano già state infinite volte nelle quali aveva commesso quell'errore. Meglio controllare.
“Signore, ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese, cercando di non suonare nervoso.
“Sai qualcosa che io dovrei sapere?” chiese Severus asciuttamente.
“No, signore!” gli assicurò Harry, scuotendo vigorosamente la testa.
“Molto bene. Entra,” gli ordinò Piton, aprendo un ritratto con una parola d'ordine mormorata. Harry obbedì e si trovò in un grande salotto. Tè e biscotti aspettavano su un basso tavolino.
“Siediti, Potter,” Severus indicò il divano, ed Harry obbedì cautamente. Questo era un po' strano. Perché si trovava in quelle che dovevano essere le stanze private del professore?

L'istante successivo il caminetto ruggì, e la testa della professoressa McGranitt apparve tra le fiamme. “Severus? Hai tu – Ah. Potter, sei lì.”
“Sì, signora,” rispose Harry docilmente.
“Severus, per caso mi potresti spiegare perché metà della mia Torre è entrata correndo nel mio ufficio per informarmi che avevi rapito il signor Potter ed eri al momento probabilmente intento ad eviscerarlo?”
“Forse perché i tuoi studenti sono insolenti, irrispettosi idioti che hanno letto troppi racconti epici?”
“Severus Piton, non c'è ragione per una simile maleducazione!” Minerva, fastidiosamente, usò con lui lo stesso tono che adoperava con i sui suoi piccoli leoni, e Severus udì una risatina soffocata alle sue spalle. Lanciò un'occhiata promettendo morte istantanea al moccioso sul divano, ed Harry si nascose in fretta dietro alla sua tazza di tè.
“Sono andato a recuperare Potter e i tuoi studenti hanno immediatamente dedotto che avessi intenzioni malefiche. Sono sempre così inclini a fantasie paranoiche? Avrei pensato che simili sfoggi di inventiva fossero pressoché riservati alla mia Casa.”
Lei gli rivolse un sorrisetto compiaciuto. “Solo quando tu sei coinvolto, Severus. Dovrei rassicurarli del fatto che il signor Potter goda ancora di buona salute.”
“Farai anche bene ad assegnare loro dei punti per qualunque eufemismo tu useresti per riferirti ad un'irragionevole bravata mascherata da sfoggio di iperprotettività, o il signor Potter potrebbe essere criticato per la parte svolta nel condurmi sulla vostra soglia,” aggiunse Piton con riluttanza. Doleva - o, come doleva! - anche solo contemplare di assegnare punti al Grifondoro; ma non voleva che il moccioso iniziasse male il rapporto con i suoi compagni di Casa. Sapeva troppo bene come poteva essere dover attraversare sette anni ad Hogwarts senza l'amicizia ed il supporto della tua Casa.
Minerva era ovviamente sconcertata; ma poi il suo sguardo scivolò al di sopra della spalla di lui, e la sua espressione si ammorbidì. “Sei un brav'uomo, Severus Piton,” disse inaspettatamente. Prima che Severus potesse commentare acidamente la sua nuova abitudine di sputare non sequitur1, lo sguardo della McGranitt ritornò su di lui. “Penso che venti punti per aver protetto un compagno di Casa dovrebbero andar bene.”
“Quindici sarebbero più che sufficienti!” replicò Piton. “Dieci, anche, considerando i commenti maleducati che hanno fatto riguardo alla mia igiene personale.”
Questo causò un'altra risatina dietro di lui, prontamente trasformata in un accesso di tosse.
“Grazie per il suggerimento, Severus. Provvederai affinché il signor Potter faccia ritorno senza correre rischi?”
“No, Minerva,” sbottò lui. “Lo lascerò libero di vagare nei corridoi finché non sarà o catturato da Gazza o mangiato da Fluffy.”
“Il sarcasmo non è affatto necessario,” lei fece una smorfia e, con un ultimo cenno verso Harry, si ritirò.

Harry tenne gli occhi fermamente fissi sul proprio tè. Magari non sarebbe stato punito per le risatine. Magari il professor Piton non l'aveva sentito veramente. Magari...
“L'hai trovato così divertente, Potter?” Lui alzò la testa, spaventato. “Mi dispiace, signore!” Ma, guardando con attenzione l'uomo, Harry realizzò che Piton non era davvero arrabbiato. Oh, aveva ancora l'espressione accigliata, ma lui ce l'aveva sempre. I suoi occhi non erano duri. Semmai, sembravano quasi un po', be', rassegnati. Ma non poteva essere così, no? “Mi dispiace, signore.”
Piton alzò gli occhi al cielo. “Ora per che cosa ti stai scusando, Potter?”
“Um, per essere qui?” “Ti ho portato io qui, Potter. Hai dimenticato questo piccolo fatto?”
“No, intendo dire per essere stato qui quando la professoressa McGranitt ha detto quelle cose. Lei, ehm, lei la tratta un po' come uno studente, ogni tanto, sì?”
Piton emise un ringhio, ma Harry non pensava fosse rivolto a lui. “Non assumere mai una posizione da insegnante alla tua alma mater2, Potter. A meno che non vi sia stato un cambio completo del corpo insegnante.”
“Uhm, sì, signore,” assentì Harry obbediente. Povero professor Piton, non c'era da sorprendersi che dovesse essere così aggressivo tutto il tempo. Non era solo che gli studenti avrebbero probabilmente fatto saltare in aria mezzo castello se non l'avessero ascoltato, ma anche che nemmeno gli altri insegnanti gli mostravano molto rispetto. Harry sapeva cosa significava sentirsi un pesce fuor d'acqua. Gettò a Piton uno sguardo di simpatia.

Piton aggrottò la fronte. E questo, perché? L'espressione del moccioso era quasi amichevole. Come poteva il furfantello provare per Piton qualcosa che non fossero terrore e disgusto?
“Potter, dobbiamo parlare del tuo futuro,” annunciò duramente.

Harry sentì lo stomaco contorcersi. Si fidava di Piton sul fatto che non sarebbe dovuto tornare dai Dursley, ma allora dove sarebbe andato? In un orfanotrofio? Poteva ancora frequentare Hogwarts e tornare all'orfanotrofio solo durante le vacanze? Si morse il labbro, ansiosamente.

Piton aggrottò la fronte, pensieroso, mentre si sedeva di fronte al moccioso. Aveva avuto un'idea brillante, dopo aver parlato con i Weasley. Se Harry avesse obiettato alla nomina di Piton come suo tutore, sicuramente Silente non avrebbe insistito. La vecchia folaga sembrava essere stata sinceramente turbata dal trattamento subito in passato dal ragazzo, così se Harry fosse uscito dai gangheri di fronte all'ipotesi di avere Severus come tutore, il Preside non avrebbe potuto costringerlo ad avere un altro adulto odiato sopra di sé.
Così, tutto quel che Severus aveva da fare era presentare il piano a Potter, aspettare che il moccioso cominciasse a gridare e poi convocare Albus. Piton sicuramente non avrebbe potuto essere accusato, se il giovane Grifondoro non avesse voluto l'Untuoso Bastardo come tutore, ed Albus avrebbe dovuto semplicemente ricominciare le ricerche per un genitore appropriato. Ghignò quasi. Forse il Preside avrebbe scelto Minerva. Piton riusciva quasi ad immaginare l'espressione della vecchia strega la prima volta che Potter si fosse nascosto sotto al letto. O forse Silente avrebbe preso il ragazzo per sé? Ma no, Severus ricordò con qualcosa più che una punta di soddisfazione, Harry aveva messo abbondantemente in chiaro che non si fidava del Preside.
“Potter, come ho detto prima, tu non tornerai dai tuoi parenti Babbani,” cominciò Piton, passando al ragazzo i biscotti. Poteva sicuramente cominciare piano e con calma, e lasciare che Silente vedesse che lui aveva provato ad ingraziarselo. Non era colpa sua se Harry era un Grifondoro fatto e finito e non avrebbe mai accettato la supervisione di un Serpeverde.
“Grazie, signore!” Vedendo la gioia negli occhi del ragazzo, Severus dedusse che non stesse puramente esprimendo apprezzamento per il cibo.
“Il modo in cui sei stato trattato è inaccettabile, e -” Il moccioso cominciò a parlare, ma poi decise ovviamente che era meglio non farlo. Piton sospirò. Questa timidezza avrebbe dovuto passargli molto in fretta. Non che lui volesse che il ragazzo ereditasse i modi arroganti del padre, ma vedere un Potter rannicchiarsi era stranamente inquietante. “Che c'è, Potter? Chiedi quello che vuoi.”
“Ecco, mi stavo solo chiedendo cosa facessero che fosse sbagliato. Non che io voglia tornare indietro!” aggiunse in fretta. “Ma... perché mi state portando via da loro ora? E' per via della lettera?”
Piton aggrottò la fronte. “Quale lettera?”
“La lettera da Hogwarts. E' stato perché non mi hanno lasciato rispondere? Interferire con la posta via gufo è veramente una cosa così terribile?”
L'espressione di Piton si adombrò di fronte all'ingenuità del ragazzo. Questo era decisamente preoccupante. Cosa sarebbe venuto dopo? Mi scusi, signore, ma come fa a sapere che i Mangiamorte sono malvagi? Voglio dire, loro non portano addosso segnali che dicono che lo sono. Siamo sicuri che intendano uccidermi? Forse dovrei cominciare una conversazione con loro quando ci incontriamo, piuttosto che alzare uno scudo, giusto per essere sicuri. Potter avrebbe avuto le aspettative di vita di una mosca domestica se qualcuno non gli avesse insegnato qualche semplice nozione di vita.
“No, assurdo ragazzino. Quel che hanno fatto di sbagliato è stato picchiarti ed affamarti ed insultarti e mentiti. Sono disgustose, malvagie creature che hanno sfogato le proprie mancanze su un bambino innocente e indifeso.”
Harry sbatté le palpebre. “Ma...”
“Cosa?” Quest'abitudine di iniziare a metà una frase e poi rimangiarsela avrebbe fatto impazzire Piton. Era una buona cosa sapere che non avrebbe avuto a che fare con il moccioso ancora a lungo.
“Ma loro si sono comportati così da sempre!” Se ne uscì fuori Harry. “Quindi perché non mi avete portato via prima?”
Ah. Forse non era poi così idiota, dopotutto. Severus rifletté. Cosa avrebbe dovuto dire? Provava un sentimento di lealtà verso Silente, e sapeva che la sfiducia di Potter feriva il vecchio profondamente. D'altra parte, trovava difficile credere che la decisione dell'anziano mago di affidare Potter ai Dursley fosse stata un errore come sembrava essere. E se Silente avesse saputo esattamente che genere di vita domestica Potter avrebbe avuto e fosse comunque andato avanti lasciandolo lì per ragioni proprie? Se l'attività di spia di Piton gli aveva insegnato una cosa, era che Silente avrebbe messo le persone sulla linea di fuoco se avesse pensato fosse per il bene superiore. Se era stato convinto che permettere che Harry crescesse in una casa di abusi e priva di amore l'avrebbe reso un'arma migliore contro Voldemort, Albus avrebbe esitato? Piton onestamente non lo sapeva.
Alla fine disse l'unica cosa che sapeva essere vera. “Non appena io sono venuto a conoscenza della tua situazione, Potter, ho preso provvedimenti per porvi fine.”
Gli occhi di Harry si spalancarono, e poi il bambino annuì. C'era uno sguardo nei suoi occhi che Severus non riconobbe: ma lo classificò come ininfluente e proseguì.
“Come ho detto, tu non tornerai dai Babbani. Comunque, sei ovviamente troppo giovane per vivere da solo, così ti devono essere trovati una nuova casa e un nuovo tutore.”

“Potrei andare a vivere con Ron?” Chiese Harry, prima di tapparsi rapidamente la bocca con le mani. Sapeva di non dover interrompere.

Piton ignorò il gesto. “Ho già parlato con i genitori del signor Weasley. Ci hanno invitati a cena domani per discutere della possibilità che tu trascorra del tempo con loro ad ogni vacanza.” Gli occhi di Harry scintillarono per la delizia. “Ti suggerirei di non parlare di questo con i tuoi compagni, ancora, perché non è ancora stabilito. Devi incontrare prima il signore e la signora Weasley e vedere se andate d'accordo.”
“Sì, signore.”
“Ma anche se andrà tutto bene, i Weasley non ti adotteranno.” Piton provò uno spasmo nel vedere la faccia di Harry contrarsi. Si sentì stranamente spronato a spiegare in fretta, quasi fosse colpito dal dolore del ragazzo: ma sicuramente non poteva essere così. Dopotutto, lui era l'orribile, sgradevole professore di Pozioni Mangiatore di Morte. A lui non importava se uno studente piangeva. Ma, malgrado tutti, proseguì comunque alla svelta. “Gli Weasley hanno una famiglia numerosa e sono felici di allargarla per includerti. Ma avrai bisogno di più che una sedia al tavolo della cena: avrai bisogno anche di una tua famiglia, una che non sia distratta dalla concorrenza delle necessità degli altri figli. Dunque avrai un tutore che sarà focalizzato su di te, e nel contempo l'opportunità di spendere del tempo in un contesto familiare con i Weasley. Capisci?”
La tristezza di Harry era evaporata come per magia. “Intende dire che avrò due famiglie?”
Piton rifletté. “Suppongo potresti metterla in questi termini.”
“Wow!”
“Sì, be'...” Piton si schiarì la voce. “Parlando di chi sarà il tuo tutore -” Ecco che arrivava. Si preparò mentalmente per la scenata e si assicurò di avere la Metropolvere a portata di mano. Avrebbe avuto bisogno di contattare Silente mentre il moccioso era in pieno attacco isterico.
“Potrebbe essere lei?” La voce di Harry era così bassa che Piton non era sicuro avesse veramente parlato.
“Cosa!”

Harry chinò la testa. Stupido! Era così stupido! Come aveva potuto semplicemente uscirsene fuori così? Avrebbe dovuto sapere che non doveva chiedere qualcosa del genere. Ora il professor Piton sarebbe stato furioso con lui. Perché qualcuno come Piton avrebbe dovuto volere un mostriciattolo come Harry? Harry non era neanche un membro della sua Casa. Era solo uno degli studenti del Professore, così praticamente qualunque altro ragazzo ad Hogwarts.
Harry sbirciò attraverso la frangia e si affrettò ad abbassare lo sguardo. O, sì, Piton era veramente arrabbiato. Aveva quell'espressione maniacale ad occhi spalancati che aveva avuto l'ultima volta proprio prima che schiaffeggiasse Harry. Harry serrò di nascosto le dita attorno al cuscino sul quale era seduto, sperando che avrebbe aiutato ad ancorarlo se fosse stato colpito ancora.
“Cosa hai detto?”
Harry deglutì. “Mi dispiace. E' stato molto scortese da parte mia chiederlo.”
Cosa hai detto?
“Ho chiesto se avrebbe potuto essere lei il mio tutore,” disse Harry nella voce più bassa che riuscì a tirar fuori. Si fece forza. Fissò il pavimento, preferendo venire colto di sorpresa dal colpo piuttosto che dover guardare lo sguardo di disgusto che era certo che il professore gli stesse rivolgendo.

Piton sbatté le palpebre per lo sconvolgimento assoluto. Non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui era stato preso così di sorpresa. Be', eccezion fatta per la notte in cui aveva appreso la verità sulla vita familiare di Harry. Perché questo fastidioso moccioso continuava a scioccarlo? Si supponeva che lui fosse imperturbabile, inamovibile, insensibile. E tuttavia l'irritante ragazzino continuava ad insinuarsi oltre le sue difese.
“Perché vorresti che io fossi il tuo guardiano?” chiese. Fu compiaciuto di notare che lo stupore veniva fuori suonando come fosse rabbia.
Harry non sembrò intenzionato ad alzare lo sguardo. Sollevò una spalla in una mezza scrollata.
“Rispondi alla mia domanda,” comandò Piton in tono tagliente.

Harry non era certo se non essere ancora stato colpito o deriso fosse un buon segno o un pessimo segno. Sapeva che Piton non avrebbe acconsentito alla sua richiesta - quando era stata l'ultima volta che Harry aveva ottenuto qualcosa che aveva chiesto di avere? - ma pensò che forse, solo forse, avrebbe potuto spiegarsi in maniera tale che l'uomo si sarebbe sentito almeno un po' lusingato, invece che disgustato. “L-lei è gentile.”
“Potter! Io non sono gentile!” Suonava come se avesse appena accusato l'uomo di qualche pratica veramente orribile.
“Lei è stato gentile con me,” disse Harry testardamente. “Nessun altro lo è. Be', eccetto per Hagrid o Ron. E lei ha già detto che passerò del tempo con i Weasley, ed Hagrid, be', non penso che sarebbe un buon tutore. E' un grande amico e tutto, ma non pensò che sarebbe molto, sa...”

Piton represse uno sbuffo divertito. Bene, il ragazzo non era un completo idiota. Ovviamente aveva già inquadrato Hagrid.
“Vai avanti.”
“E lei non mi ha mentito. E tutti quanti dicono che è veramente intelligente. E nessuno se la prende con lei, così forse se fosse il mio tutore, nessuno se la prenderebbe con me, anche.” La voce di Harry sfumò e lui si rannicchiò per la disperazione. Bel lavoro, Harry. Di tutte le cose che avresti potuto dire, hai dovuto scegliere quella che mostra quanto tu sia bisognoso e disperato. Certo che ti sceglierà, ora. Chi non vorrebbe un tale inutile, lamentoso piccolo mostriciattolo?

Piton scoprì che era diventato improvvisamente difficile deglutire. L'ossuto bambino dai capelli scuri, rannicchiato così desolatamente nell'angolo del divano, aveva riportato indietro un inaspettato fiume di ricordi. Bramare disperatamente di appartenere, avere bisogno che qualcuno lo proteggesse, o anche solo che si preoccupasse almeno un po', desiderare che qualcuno – chiunque – provasse affetto per lui... E, ovviamente, non ricevere nulla se non violenza da tutte le parti: suo padre, i Malandrini, i suoi compagni di Casa. E tanti saluti ad Hogwarts che avrebbe dovuto essere un santuario. Sì, gli aveva risparmiato il peggio degli eccessi di suo padre, ma non gli aveva precisamente offerto sicurezza, non quando era stato costantemente attirato in imboscate e deriso. C'era poco da meravigliarsi che fosse caduto preda delle blandizie del Signore Oscuro: sebbene, certo, alla fine si era rivelato anche lui solo un altro sadico, violento tormentatore.
Piton soffocò le proprie emozioni con brutale efficienza. Qui non si stava parlando di lui. Si stava parlando del demonietto Potter... Sebbene non assomigliasse affatto ad un demonietto, tutto raggomitolato in quel modo. Più ad un qualche patetico, rotto... Basta. Basta così. Stai diventato ridicolmente sentimentale, si disse con fermezza. Che differenza fa, per te, se il figlio di James Potter ha avuto un'infanzia spaventosa come la tua? Perché dovrebbe importarti se – e poi il bambino guardò in su, e gli occhi di Lily lo pregarono.
“Sì.” Quasi si guardò intorno per vedere chi aveva parlato. Non poteva essere stato lui, giusto?



Note alla traduzione:
1non sequitur: nell'originale non sequitars, ho preferito riportare la forma al suo originale latino. Potete trovare qui il significato dell'espressione.
2alma mater: così nell'originale. Potete trovare qui il significato dell'espressione, alla sezione Usi in accademia.

L'impaginazione è stata modificata rispetto all'originale: Fanfiction.Net ha un'impaginazione ben diversa da EFP, e il risultato agli occhi dei lettori italiani sarebbe apparso lievemente caotico, credo, se non avessi fatto così. Ho separato la sezione del racconto in analessi ambientato nell'infermeria e diviso le scene in cui il punto di vista è quello di Harry da quelle in cui il punto di vista è quello di Piton. Si ringrazia sentitamente Salice, come sempre Amata Beta agli orari più improbabili, per il consiglio. Spero che il risultato sia gradevole.

Di nuovo, la vita è stata più forte di noi, ma alla fine ce l'abbiamo fatta! x°D Potete trovare qui la traduzione che ho pubblicato da poco di una deliziosa storia di Lucillia, un'autrice splendidamente ironica e multiforme.

Un grazie a chi continua a seguire questa storia e si ferma a lasciare un parere! Si ringrazia in particolar modo Vekra, che praticamente si ri-beta ogni capitolo, tutte le volte.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***







“Sì.” Quasi si guardò intorno per vedere chi aveva parlato. Non poteva essere stato lui, giusto?

Gli occhi scintillanti del ragazzo gli dissero che sì, era stato lui. Prima che potesse maledire sé stesso od obliviare il moccioso, il corpo di Harry si era lanciato contro il suo, afferrandolo attorno ai fianchi. La forza assolutamente inaspettata del piccolo ma solido corpo gli levò il fiato, e gli occorse un momento per poter parlare... O, almeno, questo fu quello che si disse fieramente.
“Sì, d'accordo, d'accordo,” esclamò in tono seccato, assestando piccole pacche caute sulla spalla del moccioso. Tutti i bambini erano così... infantili?
“Diceva sul serio?” Harry guardò verso di lui, ma mantenne la stretta ferrea attorno alla vita di Severus. Questo causò al piccolo mento appuntito del moccioso di piantarsi nel suo plesso solare, e fece venir fuori la voce di Severus un po' più priva di fiato del solito - be', così è come spiegò la cosa a sé stesso.
“L'ho detto, no?” sbottò. “Mi stai accusando semplicemente di insincerità oppure di pura disonestà?”
“No, no!” protestò Harry, gli occhi che si spalancavano per l'orrore. “Intendevo solo dire – Non pensavo -”
“Ovviamente.” Piton gli rivolse un'occhiataccia. Per qualche ragione le sue mani si trovavano ancora attorno alle spalle del piccolo mostro, malgrado la sua intenzione fosse stata chiaramente quella di respingerlo già da un pezzo.
Harry chinò la testa e affondò il capo nelle vesti di Piton, colpendo nuovamente lo stomaco dell'uomo e forzando un grugnito fuori da lui.
“Grazie,” disse piano il moccioso contro i suoi vestiti.
“Prego,” replicò burberamente. Merlino – che cosa ho fatto? Ora come mi libererò del moccioso?
“Sto facendo bene?” chiese Harry con incertezza, ancora tenendo stretto Piton come se avesse intenzione di non lasciarlo andare mai.
“Facendo bene cosa?” chiese Piton, irritato. Ora di che cosa stava parlando il piccolo orrore? Era così che sarebbe andata avanti? Le infinite domande? Il bisogno di costante rassicurazione? Lui non era mai stato così pieno di necessità! … Tu non hai mai avuto nessuno al quale potessi esprimere i tuoi bisogni, puntualizzò una voce traditrice nel fondo della sua mente.
“Abbracciare.” Harry guardò verso l'alto, ancora, con espressione preoccupata. “L'ho fatto solo una volta, prima, quando la signora Weasley ha salutato me e Ron alla stazione. Lei ha abbracciato prima lui e poi me. Non ero sicuro di cosa dovessi fare. Ron si era tirato via, ma sembrava sgarbato, così non l'ho fatto, ma non sapevo se c'era qualcos'altro invece che avrei dovuto fare.”
Questo pose effettivamente fine ad ogni dubbio che Piton potesse aver avuto riguardo al modo in cui i Babbani avevano trattato il ragazzo.
“Giusto.” La sua furia omicida, impossibilitata a scatenarsi sui bersagli appropriati, trovò una via di uscita in un'altra direzione. Tirò via il ragazzo e lo fece sedere ancora sul divano, inchiodandolo sul posto con gli occhi. “Tu ed io abbiamo bisogno di fare una piccola chiacchierata.”

Harry sussultò immediatamente, ritraendosi, gli occhi che si scurivano per il panico. Stupido! Lo zio Vernon aveva fatto di queste “chiacchierate” con lui, prima. Si assestò mentalmente un calcio. Come aveva potuto essere così idiota? Sapeva di non dover provare ad abbracciare qualcuno – era stato schiaffeggiato a sufficienza per averci provato con i suoi parenti – e solo perché il professore era così gentile da aiutarlo ad evitare l'orfanotrofio non significava che volesse essere toccato da un mostriciattolo come Harry. Non appena Piton aveva acconsentito ad essere il suo tutore, Harry era saltato su e l'aveva abbracciato. Nessuna meraviglia che stesse per prenderle; poteva solo sperare che il professore non avrebbe cambiato idea su tutto il resto. “Mi dispiace molto,” farfugliò. “Non lo farò più. Ero solo eccitato. Non la toccherò più. Davvero.”

Gli occhi di Piton si strinsero. Così il piccolo prezioso Grifondoro non voleva toccare lo sporco Serpeverde? “E precisamente cosa c'è di sbagliato in me che non osi macchiarti toccandomi?” domandò in tono minaccioso. Se il mocciosetto pensava di essere in grado di insultarlo impunemente...
La faccia di Harry si velò di confusione. “Non è lei. Sono io. So di non dover toccare le persone normali.” Subito dopo andò veramente nel panico davanti all'espressione di Piton. “Mi dispiace!” esclamò, rannicchiandosi prima dell'inevitabile colpo.
“Potter!” Piton si sforzò di reprimere la propria furia. Sarebbe stato così felice di visitare quei Babbani. “Smetti di raggomitolarti e di scusarti!”

“Mi disp –” Harry si trattenne. Guardò Piton con occhi spaventati. Non riusciva a capire perché, malgrado la rabbia ovvia dell'uomo, questi non avesse ancora colpito Harry. Cosa stava aspettando?

Il professore prese un respiro profondo e usò tutte le proprie abilità nell'Occlumanzia per calmarsi. “Potter,” disse, in un tono molto più pacato. “Chi, precisamente, tu consideri persone 'normali'?”
Harry sbatté le palpebre. “Uhm, sa. Le persone che non sono mostri.”
“E chi è precisamente un mostro?”
“Io,” disse Harry con un'assoluta mancanza di autoconsapevolezza. Avrebbe potuto star parlando del colore dei suoi capelli.
Piton snudò i denti. Quei Babbani avrebbero pagato per questo. “E perché sei un mostro?”

“Uhm, be', perché sono diverso. Sa, dalle persone normali.” Harry studiò il suo professore con confusione. Perché stava facendo tali semplici, ovvie domande? Avrebbe potuto quasi chiedere perché il sole era caldo.
“E le persone normali sono i tuoi parenti?” sputò Piton.
Harry annuì.
“Dunque sei considerato un mostro per essere diverso dai Babbani?” Un altro cenno di assenso. “Per essere un mago?” Un altro assenso. “Perciò, ovviamente, consideri anche me un mostro.”
Colto dal panico, Harry cominciò a scuotere la testa. No, no! Non aveva avuto intenzione di insultare il professor Piton!

“E di conseguenza non hai bisogno di evitare di toccarmi, dato che siamo entrambi mostri,” proseguì Piton inesorabilmente, talmente preso dalla propria rabbia verso i Dursley da non essersi reso conto del fatto di aver appena dato al ragazzo il permesso di abbracciarlo. “In effetti, puoi abbracciare chiunque nel Mondo Magico, il che include chiunque qui ad Hogwarts eccetto Gazza, e non riesco a immaginare che neanche tu saresti sufficientemente disperato da abbracciare quel Magonò.” Harry lo stava fissando, la bocca spalancata. “Comunque, se anche solo contemplerai l'ipotesi di abbracciare quel tricheco di tuo zio o qualunque altro di quegli spregevoli Babbani, ti farò rinchiudere da Madama Chips in Infermieria fino a quando i guaritori del San Mungo non potranno venire a prenderti.” Piton gli lanciò uno sguardo torvo. “Ragazzino idiota, come osi pensare di essere tu il mostro? Ogni parola che ti hanno detto è stata o deliberatamente errata o una menzogna lampante. La prossima volta che li citerai, ti laverò la bocca con il sapone. Le loro bugie sono più sporche di quanto non potrebbe essere qualunque imprecazione.”

Harry batté le palpebre, sbalordito da questo filo di pensiero. Sì, aveva saputo che i suoi parenti non erano stati onesti con lui fin dal momento in cui Hagrid aveva aperto – be', aveva fatto esplodere – la porta, ma non aveva ancora del tutto afferrato quanto assolute fossero state le loro menzogne. Finché Piton non aveva esposto le cose in questo modo non aveva realizzato che la sua intera visione del mondo potesse essere in qualche modo... sbagliata.

“Ti ricordi le orribili regole di quei Babbani?” chiese Piton. Harry inghiottì e annuì. “Ottimo. Devi dimenticarle. Interamente.” Harry sgranò gli occhi.
iton gli rivolse un'occhiataccia. Il ragazzo sembrava imbecille, con la bocca spalancata a quel modo. “Che c'è di così difficile da capire, Potter. Io sono il tuo tutore, ora, e tu avrai un nuovo elenco di regole.”

“Sì, signore,” Harry riuscì a balbettare. Questo, almeno, aveva un senso.
“Tu seguirai ovviamente le classi come precedentemente sistemato e vivrai nel dormitorio con i tuoi compagni di Casa. Comunque, mi accorderò con il Preside affinché un'altra stanza sia aggiunta ai miei quartieri per te, così che -”
“Una stanza? Un'intera stanza? Per me?” Harry non aveva potuto farne a meno, gli era semplicemente scappato.

Piton alzò gli occhi al cielo. Merlino lo salvasse dai Grifondoro imbecilli. Perché il ragazzo non poteva essere quantomeno un Corvonero? “Sì, Potter. Una stanza. Per te. In quale altro posto vorresti dormire? In un ripostiglio?” Per suo sbalordimento, Harry annuì meramente. Uno spaventoso sospetto si fece strada nella mente di Piton.
“Potter, dove vivevi, esattamente, nella casa di quei bastardi Babbani?”

“Come era scritto sulla mia lettera da Hogwarts,” spiegò Harry, chiedendosi perché questo giungesse come una novità al professore. “Nel ripostiglio sotto le scale.”

Piton non aveva voluto così tanto maledire qualcuno dal giorno in cui il padre e il padrino di Harry avevano provato a sabotare la sua pozione per i M.A.G.O.. “E com'era esattamente una giornata tipica in quella casa?”

Harry si morse il labbro inferiore, domandandosi perché Piton fosse così curioso. Poi capì. Probabilmente voleva sapere in quale genere di compiti Harry era bravo, così che potesse assegnargli i suoi nuovi incarichi. Harry si raddrizzò a sedere – con un po' di fortuna sarebbe riuscito ad impressionare Piton con tutte le cose che poteva fare. L'uomo non sarebbe rimasto deluso di averlo adottato, una volta che avesse realizzato quanto utile Harry poteva rendersi. “Mi alzavo per primo e preparavo la colazione per tutti,” cominciò ubbidiente. “Dopo aver servito tutti e aver pulito la cucina, mi occupavo dei compiti della mattina. Se non era un giorno di scuola, di solito cominciavo con il giardino, poi la casa, e le domeniche lavavo sempre la macchina. Dopo aver preparato il pranzo in genere potevo avere un panino o qualche avanzo prima di cominciare i compiti del pomeriggio. Se zia Petunia aveva invitato il suo club di giardinaggio o di lettura o qualcosa del genere, allora preparavo il soggiorno per loro prima di fare il tè. Finivo di solito tutti i compiti in giardino prima di preparare la cena – allo zio Vernon piaceva che riverniciassi il capanno e la recinzione tutte le volte che sembravano sporche, così lo facevo spesso. Quando i miei parenti avevano finito di cenare, se mi era permesso di mangiare, lo facevo prima di pulire la cucina e lavare il pavimento, e poi andavo a dormire.” Fece una pausa, riflettendo. “Oh, e sono un bravo cuoco. Anche le signore del club di bridge lo dicono. E riesco a dipingere le cose molto bene, senza sgocciolature o niente del genere. Ho fatto un sacco di giardinaggio, dal piantare semi al tagliare il prato allo strappare le erbacce e al potare le siepi. E posso pulire il bagno davvero in fretta, così da non stare in mezzo ai piedi. So che devo stare attento sulle impronte di dita e cose così, perciò non deve preoccuparsi.”

Piton lo stava fissando. Quella vecchia folaga idiota aveva trasformato Harry nel Ragazzo Sopravvissuto Per Essere un Elfo Domestico Per Babbani. Anche il padre di Piton, con tutta la sua brutalità, non si era aspettato un tale livello di servilità da parte sua. A che cosa stava pensando Silente quando aveva permesso a quegli orridi Babbani di maltrattare così il ragazzino? “Pensi veramente che io abbia acconsentito ad essere il tuo tutore perché ho bisogno di un elfo domestico?” Davanti allo sguardo vacuo di Harry, Piton si ricordò che il ragazzo era nuovo a tutte le cose magiche. “Uno schiavo.”
Harry aggrottò la fronte. “In quale altro modo mi posso guadagnare da mangiare, signore?”
Piton strinse la radice del naso tra due dita. Questo stava diventando orribilmente deprimente. “Fammi indovinare. Un'altra regola dei Dursley era niente lavoro, niente cibo.”
Harry annuì. “Se non faccio un buon lavoro, non merito di mangiare, e vengo punito.”
Gli occhi di Piton si strinsero. “Punito come? In aggiunta all'essere affamato, intendo,” aggiunse con sarcasmo.

Harry abbassò gli occhi. Immaginava fosse solo giusto che il suo nuovo tutore sapesse come i suoi parenti l'avevano punito, ma sperava veramente che il professore potesse non essere esattamente tanto severo come lo zio Vernon. Certo, si ricordò, consolandosi, mentre frequentava Hogwarts c'erano tre pasti al giorno, così, a qualunque altra punizione fosse andato incontro, probabilmente non sarebbe rimasto senza cibo... A meno che il professore non decidesse di ordinargli di saltare i pasti.
“Ebbene?” La voce dura di Piton interruppe le sue riflessioni, ed Harry si affrettò a rispondere.
“Soprattutto con uno schiaffo od una sculacciata o venendo chiuso nel mio ripostiglio,” spiegò Harry. “Ma se finivo in grossi guai, come a scuola o per aver fatto -” gettò un'occhiata veloce al professore “- strane cose, allora con la cintura.”

“Che mi dici della restrizione di privilegi? Togliere regali o giocattoli? Compiti in più?” Davanti allo sguardo perso di Harry, Piton alzò gli occhi al cielo. Ovvio che il ragazzo fosse confuso. Come potevi togliere privilegi o giochi da un bambino che non ne aveva sin dall'inizio? E suonava come se non ci fossero compiti in più per il ragazzo da fare, perché li stava già facendo tutti.
“Per curiosità, Potter, come punivano quella balena di tuo cugino? Lo colpivano mai?”
“Dudley?” chiese Harry, sorpreso. “Non penso che abbiamo mai punito Dudley.”
“E non vedi nulla di strano in una situazione così iniqua?”
Harry indovinò cosa “iniqua” significasse. “Be', loro volevano lui. Con me, erano solo rimasti incastrati.”
“Potter, tu mi farai diventare matto con la tua incapacità di vedere le cose,” lo rimproverò Piton. “Tu eri un bambino. Tu sei un bambino. E' responsabilità degli adulti trattare appropriatamente ogni bambino sotto le loro cure. I bambini sono da nutrire e da tenere al riparo e da vestire e da proteggere dai danni. Sono -”

Harry guardò verso Piton con preoccupazione. Questo suonava come un sacco di lavoro. E se il professore avesse deciso che Harry sarebbe stato un problema troppo grosso? “Per favore, signore, sarò buono. Non sarò di alcun disturbo, e farò qualunque lavoro lei voglia io faccia, e ...”

Piton interruppe quella patetica litania prima che la pressione potesse alzarglisi troppo. “Zitto, Potter. Ho già acconsentito; non hai bisogno di provare a convincermi ulteriormente.”

Harry si rilassò con un sospiro di sollievo. Il professore era veramente gentile. Magari non sarebbe stato colpito per quell'abbraccio, dopotutto. Magari la “chiacchierata” sarebbe stata nulla più che questo.

Piton si accigliò. Non voleva davvero iniziare il discorso successivo, ma sapeva di doverlo fare. “Potter, in infermeria hai detto che non capivi perché le mie azioni durante la tua punizione fossero inappropriate. Pensavi che il modo in cui ti avevo trattato fosse giustificato.”
“Sì, signore.”
“Non lo era. Gli insegnanti ad Hogwarts non colpiscono gli studenti. Ancora peggio, il mio colpo era eccessivamente duro. Nessun bambino dovrebbe essere trattato in quel modo.” Fece una pausa. “Questa è una regola.”

Harry provò seriamente a capire cosa il professore stesse dicendo. “Ma se i professori non puniscono così gli studenti,” disse lentamente, pensando ad alta voce, “allora perché mi ha colpito?”

Piton cercò di non contorcersi. Si poteva contare sul moccioso per fare l'unica domanda alla quale davvero lui non voleva rispondere. Ma doveva al piccolo mostro la verità. “Non stavo colpendo te, Potter,” ribatté. Davanti all'occhiata assolutamente sconcertata di Harry, si sforzò di elaborare. “Sì, certo, ho colpito te, ma non stavo veramente mirando a te. Io -” si interruppe, frustrato, e decise di tentare un diverso approccio. “Tu... assomigli fortemente a tuo padre, Potter,” iniziò. Il ragazzo si sedette più dritto a quelle parole.
“Davvero?”
Piton gli gettò un'occhiataccia. “Certo che sì. Non hai visto delle foto?” Oh. Ovviamente no. Non in quella casa.
Nello stesso momento in cui lo pensava, Harry scosse la testa. “Mia zio e mio zio dissero che non volevano avere nessuna fotografia di 'inutili ubriaconi' in casa. Non ho visto nessuna foto dei miei genitori ed io -” arrossì, come se stesse confessando un doloroso peccato. “-non li ricordo veramente.”
Piton combatté contro la pietà. “E' naturale che non li ricordi, sciocco moccioso. Eri poco più grande di un anno quando sono stati uccisi.” Doveva? Non doveva? Alla fine, disse quel che sapeva che Lily avrebbe voluto. “Ho qualche fotografia di tua madre. Te le mostrerò, un giorno o l'altro.”
Per un momento pensò che il moccioso si sarebbe lanciato di nuovo verso di lui, e si preparò per l'impatto dell'ossuta, piccola figura; ma Harry si contenne, malgrado la sua scintillante espressione di gratitudine fosse infinitamente eloquente.
Piton si schiarì la gola. “Sì, be', suppongo che ci siano anche pitture di tuo padre da qualche parte nella scuola. Era sempre impegnato ad attrarre l'attenzione su di sé,” sputò. “Parlerò con il resto degli insegnanti e vedremo se hanno delle foto che possano essere copiate.”

“Grazie,” Harry riuscì a far uscire fuori attorno all'enorme groppo in gola. Piton poteva insultarlo ed essere brusco con lui, ma le azioni gentili dell'uomo tradivano il suo tono ringhioso.

“Hmf.” sbuffò Piton, messo grandemente a disagio sia dai ringraziamenti del ragazzo che dall'espressione di adorazione che stava crescendo sul viso di Harry. “Come stavo dicendo,” riportò a forza la conversazione sul tema. “Tu assomigli a tuo padre e e-”
Di nuovo, il ragazzo lo interruppe. “Non assomiglio per niente alla mia mamma?” chiese supplichevole.
“Tu... hai i suoi occhi,” ammise Piton con riluttanza, prima di soffocare uno sbuffo quando il ragazzo praticamente incrociò gli occhi cercando di vedere le proprie stesse fattezze. Con uno sguardo torvo al pensiero del ritardo, Trasfigurò uno specchio con il manico e lo porse alla problematica creatura. Harry fissò la propria faccia come se non l'avesse mai vista prima, cercando di sentire qualche connessione con i suoi parenti morti.
Piton sentì la gola cominciare a serrarglisi per la pietà, e si affrettò a Trasfigurare nuovamente lo specchio nella sua forma originaria. “Se hai finito di interrompermi,” sbottò verso il ragazzo, ed Harry docilmente annuì “Tu sei praticamente una copia carbone di tuo padre, come appariva la prima volta che l'ho incontrato. Durante la tua punizione, il tuo aspetto mi ha fatto pensare a tuo padre, e quando ho male interpretato qualcosa che stavi dicendo, io -” Piton si sentì arrossire “-ho perso il controllo. Ti ho colpito piuttosto brutalmente mentre pensavo a tuo padre, e per questo mi sono scusato.”
Con suo assoluto choc, Harry si sporse in avanti e gli batté lievi pacche sul braccio. “Qualche volta mi confondo anche io,” bisbigliò nel tono di una confidenza. “Come quando il mio insegnante si è chinato sul mio banco, ed io ho pensato che fosse lo zio Vernon sul punto di colpirmi.”
Meraviglioso. Il moccioso aveva dei flashback. Come se Piton avesse avuto bisogno di ulteriori conferme di quanto la vita domestica di Potter fosse stata orribile. Era sorprendente che il bambino non fosse catatonico, e malgrado tutto Albus pensava che Piton fosse la persona migliore per custodire questo bimbo rotto, danneggiato? Il Preside era veramente pazzo. Forse lui e Potter avrebbero potuto seguire una terapia di gruppo da uno psichiatra.
Si schiarì la voce a disagio. “Sì, be', probabilmente questi ricordi cominceranno a svanire ora che sei lontano da quell'ambiente spaventoso,” spiegò, “ e dal momento che non sarai più trattato in quel modo.”

Harry lo fissò. “Intende dire che non sarò picchiato? Mai più?” Questo suonava pericolosamente simile alle parole insensate che gli altri insegnanti avevano detto. Gettò verso Piton un'occhiata sfiduciata.

“Tu non sarai colpito dai tuoi istruttori,” replicò Piton, sollevato che stessero abbandonando il discorso specifico dei suoi errori verso temi più generali. “Questo è contro la politica della scuola. Se chiunque dovesse provare a ferirti, mi aspetto che tu ti difenda.”
Harry lo fissò come se avesse improvvisamente cominciato a sputare follie, e lui suppose che, per il ragazzo, così fosse stato. “Potter, quando tuo zio ti colpiva, eri obbligato a rimanere fermo e zitto, giusto?” Il ragazzo annuì. “Queste erano le sue regole.” Harry annuì. “E cosa ti ho detto riguardo a queste regole?”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Ha detto di dimenticarle. Allora intendeva dire, io – io non dovo rimanere fermo?”
“Non ti ho appena esplicitamente detto che non devi farlo?” chiese Piton.

“Sì, ma...” Harry lasciò la frase in sospeso. Non aveva veramente pensato che l'uomo fosse serio.

“Quando ti dico di fare qualcosa, mi aspetto che tu la faccia!” lo ammonì Piton, severamente. Così andava molto meglio. Era bravo in questo genere di cose. “Pensi che io parli unicamente a mio beneficio?”
“No, signore!” Harry scosse la testa vigorosamente. “Mi dispiace, signore!”
Piton si fermò, riflettendo. Quanto doveva raccontare al ragazzo? Sarebbe stato meglio avvertirlo ora di Voldemort e dei Mangiamorte e del fatto che, per molti nel Mondo Magico, Harry era un bersaglio irresistibile? Avrebbe dovuto spiegargli che avrebbe avuto bisogno di seguire lezioni speciali per difendersi e duellare? Guardò verso il ragazzino, da così poco liberato da una forma di servitù ed entrato in un altro tipo di obbligazione – questa volta con l'intero Mondo Magico. Decise di non rivelare tutto subito. Innanzitutto Harry doveva abituarsi a non essere più un sacco da boxe: ci sarebbe stato tempo in abbondanza per spiegargli che era ancora un bersaglio.
“Tu sei il mio pupillo,” Piton decise la piega del discorso. “Come tale, la tua disciplina è mia responsabilità. Gli altri insegnanti possono assegnarti punizioni o togliere punti, ma nessuno di essi deve alzare un dito su di te. Se lo fanno -” si sforò duramente di non pensare in particolare a Raptor “- devi difenderti e impedire loro di farti del male. Questo vale anche per i tuoi compagni di classe. Se chiunque di loro cerca di ferirti, devi difenderti. Energicamente.” Lui era il professore più odiato di Hogwarts per una buona ragione, e non era improbabile che qualcuno tra gli studenti più sciocchi potesse cercare di saldare i conti con Piton attaccando il suo protetto.
Harry avrebbe dovuto dimostrare che non era una preda facile per scoraggiare gli assalti, malgrado, con un po' di fortuna, la posizione di Piton in Serpeverde e l'appartenenza di Harry al Grifondoro avrebbero ridotto le possibilità di simili aggressioni. Ipotizzando che i leoni o i serpenti non l'avrebbero attaccato, questo lasciava solo i Corvonero o i Tassorosso, e Piton non era poi molto preoccupato di queste Case. Oltretutto, rendere Harry un Weasley onorario avrebbe dovuto fornirgli abbondanza di supporto.
“Merlino ti aiuti se inizi una lite,” continuò, gettando ad Harry un'occhiata minacciosa, “ma se un altro piccolo idiota è sciocco a sufficienza da tentare qualcosa con il mio pupillo, farai meglio a dimostrare che sei in grado di proteggerti. Non permetterò che la mia reputazione cali; mi hai capito?”

Questo Harry poteva capirlo perfettamente. Anche i Dursley erano molto preoccupati per la loro reputazione; aveva senso che il professor Piton non volesse che Harry sembrasse debole o stupido, ora che sarebbe divenuto responsabile per lui.
“E per questa ragione mi aspetterò che tu abbia successo a scuola,” continuò Piton fermamente. “Non sarò messo in imbarazzo da bassi voti.”
Harry si morse il labbro. “Ma io non sono bravo nelle cose di scuola.”
“Chi te l'ha detto, questo?” chiese Piton.
“Mia zia ha detto -”

“E cosa ti ho detto riguardo al citare loro?” Piton lo interruppe prima ancora che Harry avesse finito di parlare. Era parzialmente tentato di mettere in atto la minaccia di prima.
“Ha detto che erano bugiardi e che non dovrei citarli?” tentò Harry, nervosamente, la mente intenta a seguire un percorso simile a quella di Piton.
“Esattamente. Devo fartelo scrivere cinquecento volte perché tu lo ricordi?” minacciò Piton. “O preferisci il sapone?”

Harry provò a distrarre l'uomo accigliato. “Ma io non ho mai preso buoni voti, signore. Mi mettevo nei guai perché mi addormentavo in classe e i professori mi urlavano sempre contro.”

“Potter,” Piton riuscì a mantenere il controllo. Di questo passo avrebbe sviluppato un'ulcera prima della fine della settimana. “Non capisci che parte di questo era dovuto al modo in cui i tuoi parenti ti trattavano? La tua piccola mente riesce a comprendere che essere malnutrito e sovraccaricato di lavoro rovinava i tuoi risultati scolastici? I tuoi genitori erano abili maghi ed eccellenti studenti, e io non mi aspetto di meno da te.” Lo faceva soffrire ammettere questo riguardo a Potter, ma era innegabilmente vero.
“Ma mio zio ha detto che i mostriciattoli sono stupidi e che i miei genitori erano inutili ubriaconi che non riuscivano a tenersi un lavoro onesto,” protestò Harry. Non voleva che il professore pensasse che lui era intelligente per poi esserne deluso dopo. “Ecco perché devo imparare come guadagnare il mio mantenimento facendo lavori.”
“I tuoi parenti sono creature disgustose che ti hanno maltrattato sin da quando eri un neonato. Tu sei un bambino. Tu non devi “guadagnare il tuo mantenimento”. Sono gli adulti che sono tenuti ad occuparsi di te, non il contrario. Tu sei tenuto a seguire le lezioni ed obbedire alle regole. Io sono responsabile di nutrirti, vestirti, darti una casa, curare la tua maturazione emozionale e fisica, e oltre a ciò di assicurare il tuo benessere e la tua sicurezza. Capisci?” Ecco fatto. Così era messo chiaramente in parole piccole. Anche un Potter avrebbe dovuto capirlo.
Naturalmente, il ragazzo parve confuso. “Ma lo zio Vernon ha detto -”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. “Cinquecento righe, Potter! Ti ho detto di non prestare attenzione a quel pallone ripieno di lardo!”

Harry sussultò davanti al tono, ma non poté trattenere una risatina alla descrizione di suo zio fatta da Piton. “Sì, signore. Proverò a prendere buoni voti. Ma, veramente, io non so molto.”
Piton alzò gli occhi al cielo per l'esasperazione. “Mi rendo conto che sei il figlio di tuo padre, Potter, ma magari potresti considerare l'ipotesi di studiare o di fare i compiti? Magari di leggere un libro una volta ogni tanto?”
“Mi è permesso?” chiese Harry, cautamente. “Non dovrei leggere o fare i compiti, per non rischiare di prendere voti più alti di Dudley.”
“E chi ti ha detto questo?” chiese Piton, la voce flautata. Avrebbe assegnato al moccioso altre 500 righe e gli avrebbe lavato la bocca con il sapone se avesse pronunciato il nome del Babbano, giurava che l'avrebbe fatto.
“Zi -” Harry si trattenne e sorrise davvero. “Oh. Giusto.”
Piton gli gettò un'occhiataccia prima di continuare. “Da quel che mi dici, è ovvio che avrai bisogno di lezioni di recupero. Parlerò con il tuo Capocasa. Se – come sospetto – Grifondoro manca di opportuni tutori, ti presenterai nelle mie stanze diverse volte alla settimana fino a che non sarò soddisfatto con i tuoi risultati.” Piton salutò tristemente le sue pacifiche serate prive di orribili, lamentosi mocciosi. Almeno gli incontri di Mangiamorte erano riservati agli adulti.
“Così devo solo andare a scuola e seguire le regole?” chiese Harry in un tono di confusa felicità. “Tutto qui?”
“Questo era anche troppo per tuo padre,” ghignò Piton. “Confido che tu non abbia ereditato il suo talento per i guai, o non ti piaceranno le conseguenze. Scoprirai che io sono, quantomeno, difficile da manipolare.”

La fronte di Harry si corrugò. Voleva davvero sentir parlare di più di suo padre – malgrado il tono di Piton fosse tutto meno che incoraggiante – ma era più preoccupato riguardo a quelle minacciate “conseguenze”. “Sarò buono, signore!” promise.

“Farai meglio ad esserlo,” ribatté Piton; ma si chiese cosa avrebbe fatto se il ragazzo si fosse comportato male. Be', oltre a sfilettarlo verbalmente. Era riluttante a fare qualunque cosa che ricordasse al ragazzo la sua vita precedente, e pulire calderoni od essere confinato nella sua stanza erano cose spiacevolmente simili a quello che i Dursley avevano fatto. Oh, Harry non sarebbe uscito da Hogwarts senza avere un paio di punizioni con Gazza, ma Piton voleva che queste fossero legate alla sua condizione di studente. Un conto era essere punito allo stesso modo dei suoi compagni di classe, un altro era essere trattato – di nuovo – come un elfo domestico o un prigioniero dal suo tutore.
Dunque, cosa restava? Il ragazzo non aveva oggetti o passatempi che potessero essere temporaneamente proibiti. Righe e saggi potevano funzionare, rifletté Piton, ma avrebbe avuto bisogno di fare una visita ai negozi di giocattoli di Diagon Alley per trovare qualcosa che piacesse al ragazzo: solo per poterglielo togliere come punizione, si rassicurò in fretta. Non era come se fosse disperatamente desideroso di rendere Potter felice, per amor di Merlino.
E ancora, considerando quando abissalmente ignorante fosse il moccioso riguardo alla società Magica, avrebbe dovuto probabilmente portarlo regolarmente in visita a varie destinazioni per maghi, come Diagon Alley ed Hogsmeade. Poi, quando il piccolo mostro si fosse comportato male, gli potevano essere negate le escursioni. Questo gli avrebbe strappato qualche lacrima. Piton sorrise, soddisfatto. Che non fosse detto che non poteva trovare modi per torturare un Potter, anche se questo significava un'ulteriore riduzione del proprio tempo libero.
“Davvero, signore!” Harry inghiottì. “Non avrà bisogno di usare la cintura quasi per niente!”
“Non hai sentito quel che ti ho detto prima?” Esclamò Piton, arrabbiato. “Irritante ragazzino! Tu imparerai a prestarmi attenzione!”
“Ma – ma -” Harry lo fissò ad occhi sgranati, confuso. “Cosa ho fatto?”
“Ti ho detto che non ti avrei maltrattato.” Di nuovo, aggiunse Piton silenziosamente. “Non sarai picchiato con una cintura.”
Stranamente, Harry non parve rassicurato. “Per favore, signore, non il bastone.”
Oh, per amor di Merlino. Doveva davvero comprare al ragazzo degli occhiali adatti. “Vieni con me,” ordinò Piton, trascinando Harry in piedi e tirandolo lungo il corridoio dalla porta fino alla sua classe.

Il cuore di Harry batteva selvaggiamente. Perché aveva deciso di chiedere cose tanto ridicole? Dopo che il professore era stato così gentile da promettergli che nessun altro l'avrebbe colpito, e che avrebbe potuto scappare e schivare ed anche proteggersi dai bulli, cosa aveva fatto Harry? Aveva ringraziato Piton? O promesso di renderlo orgoglioso? No, aveva piagnucolato sul non voler essere picchiato con il bastone. Gli sarebbe servita da lezione se il professore l'avesse picchiato per la sua ingratitudine e sfacciataggine.
Infatti, Harry vide con una sensazione di nausea che era precisamente quel che stava per accadere: erano passati attraverso una porta nascosta ed ora si trovavano nella classe del professore, proprio accanto alla sua scrivania. Era precisamente dove Harry era quasi stato bastonato poche notti prima; questa volta dubitava che sarebbe sfuggito miracolosamente allo stesso modo.
Be', dovrai solo accettarlo, si disse fermamente. Almeno non doveva più preoccuparsi di restare fermo e di mantenere il silenzio. Il professore era molto più gentile dello zio Vernon in questo senso.

Il professore frugò sotto la scrivania ed estrasse il suo mestolo per calderoni di lucido legno di cedro. “Vieni qui, Potter!” ordinò.
Harry si costrinse a muoversi in avanti, sforzandosi di non guardare il bastone stretto nella mano del professore.
“Sai cos'è questo?” chiese Piton.
“Sissignore.” Harry inghiottì, gli occhi distolti. “E' un bastone, signore.”
“Idiota. Pensi che i bastoni abbiano iscrizioni sopra che si complimentano con me per aver vinto la centoquarantatreesima Competizione Annuale di Pozioni Di Tutte Le Contee?” chiese Piton, brandendo il mestolo sotto al naso del piccolo semplicione. “Questo è un mestolo incantato per calderoni, Potter. E' raro e costoso, e non dev'essere rovinato portandolo in contatto con i posteriori di bambini irritanti.”
Harry sbatté le palpebre e strizzò gli occhi verso il mestolo. “Ma – ma – lei vuole dire...” Guardò verso Piton, un sorriso incredulo che si apriva sulla sua faccia. “Non ha intenzione di colpirmi con quello?”
Il professore alzò gli occhi al cielo. “No, Potter,” Esclamò Piton con voce strascicata e sarcastica. “Ho fatto tutta la fatica di vincere questo premio solo per poterlo rompere sul tuo sedere impervio.”

Harry ridacchiò. Il professore era divertente, una volta che ti abituavi al suo senso dell'umorismo.

Grande. Ora il mocciosetto pensava che lui fosse un comico. “Piantala con quel ridicolo risolino, Potter. Non era così divertente.”
“Sissignore,” replicò Harry allegramente.
Piton gli rivolse un'occhiataccia. Così, con la minaccia del bastone rimossa, improvvisamente il ragazzo era tutto sorrisi, eh? Non gli avrebbe fatto danno realizzare che non era del tutto immune all'unica forma di disciplina che avesse mai conosciuto. “Scoprirai che non ho bisogno di affidarmi a crudeli bastonature per punirti, Potter.” Perché da quando un Serpeverde degno del suo nome deve contare sulla forza bruta? “Ma sentirai la mia mano se violerai le mie due regole più importanti.” Fece una pausa per impressionarlo. “Tu non -” si interruppe. Che cosa era assolutamente improbabile che il piccolo disgraziato facesse? L'ultima cosa che Piton voleva era dover tener fede alla minaccia che stava per fare. Adocchiò il bambino, ora in apprensione, che aveva di fronte. “ - mi disobbedirai deliberatamente -” questo avrebbe dovuto funzionare; al ragazzo era stata insegnata da quei Babbani l'assoluta obbedienza a suon di botte. “- né metterai te stesso in pericolo.” questa era un'altra buona idea. Il ragazzo era timido fin quasi alla catatonia; non si sarebbe messo da solo nel mezzo del pericolo. Oltretutto Piton aveva raggiunto il massimo dando un'alta considerazione alla vita del moccioso, in tal modo aiutando a superare l'importanza di un decennio di disprezzo e svalutazione da parte dei Dursley, e la loro propensione per la definizione di “inutile mostriciattolo”.
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Non lo farò!” giurò.
Senza scherzare. “Vedi di non farlo,” disse Piton cupamente, “o il tuo posteriore lo rimpiangerà.”
“Ma queste sono le uniche cose per le quali verrò picchiato?” chiese Harry, incerto. “Non per altre cose?”
“Ad esempio?”
Harry scrollò le spalle. “Non fare bene i compiti. Essere irrispettoso. Rompere qualcosa. Non ascoltare.”
“Tu potrai anche pensare che io non abbia niente di meglio da fare con il mio tempo che essere ossessionato dalle tue piccole malefatte, Potter, ma ti assicuro che ce l'ho,” disse Piton austeramente. “Non ho intenzione di spendere ogni mio minuto da sveglio pedinandoti, controllando le tue infrazioni minori, e poi colpendoti per esse. Ti ho già detto quali azioni sono sufficientemente da farmi ricorrere a una punizione corporale. Vedi di evitare queste azioni e non avrai bisogno di preoccuparti.” Finse di non vedere l'espressione di incredula gioia del ragazzo.

“E se qualcuno prova a farmi male, posso picchiarlo?” Harry cercò chiarimenti.

“Non solo hai il permesso di farlo, Potter. Io mi aspetto che tu lo faccia. Ti è assolutamente proibito di restartene lì seduto come una lumaca ad aspettare che qualcun altro – probabilmente me! - venga a salvarti. Ho abbastanza da fare, grazie tante. Se qualcuno sta provando a ferirti, allora tira su quel tuo pigro sedere e fermalo. Devo spiegartelo più chiaramente?” Gli istinti da Serpeverde di Piton stavano vibrando. Se e quando Voldemort fosse tornato, avrebbe sicuramente cercato questo bambino; per quel momento, Piton voleva che Harry fosse del tutto a proprio agio con l'idea di combattere per difendersi – o anche di lanciare un attacco preventivo.
Harry sorrise lupescamente, e Piton fu stranamente confortato dal vedere un lampo di suo padre. Certo, l'ultima volta che aveva visto quell'espressione, Potter padre e Black stavano perseguitando lui. “A cosa stai pensando?” chiese al bambino, curioso.
“Solo che mi piacerebbe molto tornare indietro e fare una visita a mio cugino, signore,” replicò Harry con uno scintillio nello sguardo.
“Ti ho detto che non devi cominciare niente,” lo ammonì Piton, ma fu sollevato dall'apprendere che lo spirito del ragazzo non era stato del tutto domato.
“Oh, non importa. Non appena mi vedesse, Dudley proverebbe di sicuro a fare qualcosa,” disse Harry in tono confidente. Poi la sua espressione si rabbuiò. “Ma probabilmente avrebbe un branco di amici con sé. In genere era così per la sua “caccia ad Harry”.”
Gli occhi di Piton si strinsero davanti a quelle parole, e qualunque pensiero potesse aver avuto di risparmiare al cucciolo dei Dursley la sua vendetta se ne uscì dalla finestra. “Così si coalizzavano contro di te?”
Harry annuì con aria depressa. “Erano generalmente in tre o quattro. Non potrei sperare di combatterli tutti insieme.”
Caro Lord Voldemort, la mente di Piton scrisse alacremente una lettera immaginaria, scrivo per conto del Ragazzo Che E' Sopravvissuto. Vorresti essere così gentile da evitare di mandare contro di lui più di un Mangiamorte alla volta? E' decisamente poco sportivo da parte vostra coalizzarvi contro il ragazzo. “Potter,” disse severamente, “devi imparare a difenderti contro forze superiori alle tue. Fare qualunque altra cosa è scioccamente poco realistico.”
“Questo è fa-” Harry si interruppe.
Piton inarcò un sopracciglio. “Cosa? Facile per me da dirsi?” Harry annuì, il viso vergognoso. “Ti informo, Potter, che quando ero studente qui, ero sistematicamente aggredito da una banda di quattro bulli, e più spesso che no ero in grado di tener loro fronte.”
Gli occhi di Harry stavano scintillando. “Davvero? Mi potrebbe insegnare come?”
Piton si pavoneggiò un po'. “Suppongo di sì,” acconsentì con apparente riluttanza.
Improvvisamente gli occhi di Harry si adombrarono. “Signore...?”
Piton aggrottò la fronte davanti all'improvviso cambiamento nell'atteggiamento. “Che c'è?” “Signore, uno di quei quattro era...” Si interruppe e riprovò. “Era mio padre – è per questo che non andavate d'accordo? Perché mio padre era uno di quei quattro bulli?” Harry fissò ansiosamente il professore.
Le difese di Piton scattarono, giusto in tempo per evitare che il suo choc si rivelasse. Ora, questa era stata una deduzione straordinariamente veloce. Ma cosa, nel nome di Merlino, si supponeva che ora lui replicasse? Se avesse detto la verità il ragazzo avrebbe probabilmente deciso che il suo defunto e santificato padre sapeva cos'era meglio, e avrebbe respinto sul posto la custodia di Piton; ma mentire era insopportabile. C'erano troppe persone intorno ad Hogwarts che sapevano la verità; il ragazzo l'avrebbe appresa, prima o poi.
Oltretutto, rimproverò sé stesso, perché si stava comportando come se la rinuncia del moccioso sarebbe stata una brutta cosa? Non aveva cominciato questa conversazione cercando disperatamente un modo per abbandonare quella custodia?
Ignorò l'improvviso martellare del suo cuore e disse con tutto il freddo disprezzo che riuscì a racimolare, “Sì, Potter. Tuo padre era uno di loro.”
Gli occhi del moccioso si abbassarono. Ecco che veniva – lo sguardo di disgusto o di repulsione. La richiesta di sapere cosa avesse fatto Piton per incorrere nell'ostilità di Potter padre. L'implicito pensiero – o magari l'esplicita dichiarazione? - che tali sentimenti dovevano essere stati meritati, e di conseguenza Piton era ovviamente un custode inappropriato per l'unico figlio di Potter.
Ma invece, quando si rialzarono lentamente, gli occhi di Harry erano umidi di lacrime non versate. “Mi dispiace davvero, professore. Mi dispiace che mio padre fosse un bullo. Dev'essere stato orribile, proprio come mio cugino, per prendersela con lei così.”
C'era un ruggito nelle orecchie di Piton. Era incredibile. Inconcepibile.
Se chiunque avesse chiesto ad un più giovane Severus Piton quale fosse il suo più caro desiderio, la risposta sarebbe stata che James Potter e Sirius Black pregassero il suo perdono in ginocchio: ma improvvisamente Piton vide che neanche quello sarebbe stato sufficiente.
Quanto era meglio, quanto era più ineffabilmente dolce, avere l'unico figlio dell'uomo scusarsi per conto suo, ripudiare il padre in quell'occasione. Ora, questa era veramente una vendetta da Serpeverde – e per rendere il tutto ancora meglio, non aveva neanche dovuto manipolare il moccioso per ottenerla. Lui aveva, se mai, preso la strada moralmente più alta; e, malgrado ciò, aveva ancora ottenuto le sue scuse. Davvero, niente avrebbe mai potuto superare questo momento.
Si crogiolò nell'inesprimibile soddisfazione di quell'attimo, l'indecibile dolcezza della vendetta, prima di riuscire a celare le sue emozioni e annuire brevemente al ragazzo. “Scuse accettate, Potter.” Riuscì anche ad aggiungere. “Non pensare troppo severamente di tuo padre; i ragazzi fanno cose sciocche.”
“Lei non le ha fatte.”
Piton si strozzò e quasi inghiottì la propria stessa lingua. “Cosa?”
“Lei non ha aggredito in gruppo qualcuno mentre era ad Hogwarts,” disse Harry, rabbiosamente. “Non si è comportato da bullo verso nessuno. Non deve fingere che mio padre fosse migliore di quel che era.”
“Potter,” Piton si sforzò goffamente di cercare le parole. Improvvisamente non si sentiva poi così moralmente superiore: lui era, dopotutto, quello che aveva permesso ad un po' di bullismo infantile di condurlo tra le braccia del Signore Oscuro e di fargli commettere atrocità migliaia di volte peggiori di qualunque cosa che Potter e Black gli avessero fatto. “Tutti noi facciamo cose sciocche. Alcuni di noi più sciocche che altri. Devi solo – devi solo cercare di non ferire gli altri con le tue azioni.”
Gli occhi di Harry contenevano sia lacrime che fierezza. “Io non farei mai male a nessuno così. Io proteggerò le persone dai bulli, non diventerò uno di essi.
Piton sentì i capelli drizzarglisi sulla nuca. E così ha inizio...



Note alla traduzione: Con le solite avvertenze per quanto riguarda la paragrafazione. Vi lascerei note più coerenti, ma sto dormendo alla tastiera. Un grazie rinnovato a Vekra che si è prestata anche nello scorso capitolo a revisionare il capitolo già pubblicato. Un enorme ringraziamento, come sempre, a Salice, che si presta a betare ad orari sempre più assurdi e in tempi sempre più brevi. Se non fosse per lei non avreste avuto questo capitolo.

Un appunto: ho tradotto mind-healers con psichiatri perché in italiano le strutture composte non rendono, e tutto quel che mi veniva in mente era un Guarimente francamente illeggibile, a mio parere; e guaritori della mente spezzava la brevità ironica della battuta.
Se avete suggerimenti per una diversa traduzione, come sempre, vi prego, segnalatemeli!
Un grazie a tutti quelli che si sono fermati nello scorso capitolo a lasciare un parere, e a chi si fermerà in questo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***







Gli occhi di Harry contenevano sia lacrime che fierezza. “Io non farei mai male a nessuno così. Io proteggerò le persone dai bulli, non diventerò uno di essi.
Piton sentì i capelli drizzarglisi sulla nuca. E così ha inizio...



Poco dopo quella dichiarazione, Piton rimandò il ragazzo indietro alla sua Torre: fare diversamente avrebbe rovinato il pathos. Aveva detto a Potter che il giorno dopo, alla fine della sua ultima ora di lezione, sarebbe dovuto tornare nei sotterranei così che loro due potessero raggiungere il signore e la signora Weasley per cena. “Indossa i tuoi abiti migliori, Potter,” si era raccomandato. “Devi fare una buona impressione.”
Solo perché lui sapeva che nulla di meno di un ippogrifo rabbioso sarebbe riuscito a dissuadere Molly Weasley dall'adottare il bambino non era una buona ragione per Potter di mostrare noncuranza. Il ragazzo aveva annuito, ubbidiente, sia a quello che ai ripetuti ordini di non menzionare nulla a nessuno dei ragazzi Weasley. Sarebbe spettato ai genitori decidere cosa e come dire alla loro prole, e Piton non aveva intenzione di permettere a Potter di spargere la notizia prematuramente.
Il giorno successivo le sue lezioni terminarono presto, dopo che una Tassorosso del terzo anno era riuscita a produrre una nuvola di gas velenoso invece che la pozione Rimpolpasangue che lui aveva assegnato. Non era ancora certo esattamente di cosa la sciocca ragazza avesse fatto, ma sospettava che fosse stata troppo occupata ad adocchiare il ragazzo Corvonero del banco accanto per poter selezionare davvero i giusti ingredienti, per non parlare del combinarli insieme nell'ordine appropriato. Nessun problema, gli incantesimi di fumigazione avrebbero pulito l'aria entro il mattino successivo, e solo tre degli studenti erano finiti da Poppy.
Piton usò l'inaspettato tempo libero per aggirarsi attorno al campo da Quidditch. Il primo anno del Grifondoro e del Serpeverde stava seguendo la sua prima lezione di volo con Madama Bumb, e Piton era ansioso di vedere se c'era qualche nuovo talento per la squadra della sua Casa. Il fatto che il moccioso Potter fosse lì era meramente una coincidenza, si disse. Il fatto che Potter fosse stato cresciuto dai Babbani e che sarebbe probabilmente caduto dalla scopa, rompendosi qualcosa, non aveva nulla che fare con lui. Solo perché ora era il nuovo guardiano del ragazzo non voleva dire che ci si aspettava che lui, be', lo guardasse. Bumb aveva l'incarico di insegnare a volare ed era sua responsabilità assicurarsi che nessuno dei suoi studenti si facesse male.
Non che lei stesse facendo un buon lavoro, Piton si disse cupamente, ma questo era un problema di Potter, non suo. Lui era lì per cercare talenti Serpeverde, non per proteggere qualche moccioso Grifondoro. Il fatto che avesse la bacchetta in mano e un Incantesimo Ammortizzante sulle labbra era meramente una coincidenza.
Com'era ovvio, la lezione era appena cominciata quando quel grassoccio imbecille di Paciock si ruppe prontamente qualcosa. Ovviamente la sua inettitudine con le pozioni era la regola, non l'eccezione. E Voldemort sosteneva che i purosangue fossero superiori? Ovviamente il Signore Oscuro aveva bisogno di trascorrere qualche tempo insegnando in un convitto magico: questo l'avrebbe portato a rivedere le sue teorie sull'eugenetica piuttosto in fretta.
Bumb spinse il ragazzo piangente verso l'Infermeria, ordinando ai restanti studenti di aspettare tranquilli il suo ritorno. Ah, sì, come se fosse probabile che questo accadesse, ghignò Piton. Prendi una classe piena di giovani idioti, da' loro qualche manico di scopa, rimuovi tutta la supervisione da parte degli adulti, e aspettati che siedano educatamente. Com'era ragionevole. E il Preside rimproverava lui per i suoi metodi per mantenere l'ordine nelle classi.
Forse se Bumb avesse picchiato qualcuno di loro con quei manici di scopa, prima di allontanarsi, avrebbe avuto la speranza di venire obbedita, ma Piton ne dubitava decisamente. Ovviamente, occorsero solo pochi secondi prima che le ostilità esplodessero, e – magari poco sorprendentemente – fu Malfoy che le iniziò.
Le sopracciglia di Piton si aggrottarono. Quel viziato piccolo orrore. Il primo giorno, dopo il Banchetto, aveva ripetuto a tutta la sua Casa il suo solito discorso riguardo al non infangare il nome di Serpeverde; aveva lanciato il suo abituale e particolarmente minaccioso sguardo ai bambini del primo anno, ma già in quel momento aveva sospettato che l'arroganza di Draco l'avrebbe spinto ad avere bisogno d'essere persuaso del fatto che le regole si applicassero, in effetti, anche a lui. Ed ora eccone qui la prova.
Il solo aspetto sorprendente era che l'avversario di Malfoy nello scontro era Potter. Piton si sarebbe aspettato che fosse Weasley – chi meglio da schernire, per un purosangue, che un presunto traditore del suo sangue – ma forse Draco non aveva saputo resistere all'opportunità di prendersela con il famoso Ragazzo Che Era Sopravvissuto.
Piton era troppo distante per sentire di cosa stessero discutendo, ma era ovvio che, malgrado tutta la sua timidezza e gli abusi del passato, Potter stava fronteggiando il biondo Serpeverde. Poi, bruscamente, la discussione si fece più accesa, e improvvisamente Draco era in aria e – no! Quel disobbediente piccolo moccioso! - Potter in qualche modo era in aria accanto a lui. Oltretutto, sembrava in grado di affrontarlo.
Piton sbatté le palpebre. Era assolutamente sicuro che Draco Malfoy avesse ricevuto un'educazione speciale sul volo sin dal suo sesto compleanno, ed ora Potter, durante quella che doveva essere la sua prima volta di sempre su una scopa, gli stava tenendo testa.
Dannazione. Piton odiava ammetterlo, ma forse il moccioso aveva ereditato qualcosa di meritevole da quel cretino di Potter, dopotutto. Ancora meglio, se gli piaceva volare, allora questa era una cosa in più che gli poteva venir tolta durante una punizione. Piton fece un sorrisetto compiaciuto al pensiero di avere un'altra leva sul ragazzo.
Ovviamente, però, avrebbe avuto bisogno di comprare al moccioso una scopa – e, dato il suo indubbio talento, doveva essere una buona scopa – perché, a meno che Harry non ne avesse una tutta sua, come avrebbe potuto Piton confiscarla? Piton sorrise tra sé e sé al pensiero di tutte le lacrime che il ragazzo avrebbe sparso indubbiamente... malgrado l'immagine di un Harry raggiante intento a scartare la sua nuova scopa continuasse ad intrufolarsi. Piton scacciò via simili pensieri, irritato: non era interessato a fare felice il bambino, solo a trovare nuovi modi per tormentarlo quando si comportava male.
Ma poi Draco urlò verso Harry e lanciò qualcosa lontano da sé. Un Boccino? Una roccia? Qualunque cosa fosse, Harry si gettò immediatamente dietro di essa, e Piton scattò in avanti per l'orrore. Quel piccolo sciocco! Si sarebbe sicuramente schiantato contro il muro del castello! Non poteva risalire a quella velocità! Si sarebbe – e poi Potter fece l'impossibile.
In qualche modo riuscì ad afferrare l'oggetto e simultaneamente a cambiare direzione esattamente l'attimo prima di quello in cui si sarebbe sfracellato – avrebbe dovuto sfracellarsi – in una composta contro le mura di pietra di Hogwarts. Piton si trovò a incedere furiosamente verso il campo da Quidditch, del tutto incandescente per la rabbia. Aveva quasi raggiunto gli studenti, che stavano cinguettando affaccendati attorno ad un Potter che sorrideva orgogliosamente, quando quasi si scontrò con una McGranitt egualmente incoerente. “Severus – Hai – Non potevo – Mai in tutti i miei anni – Non posso crederci – Quel ragazzo...!” Balbettò verso di lui.
“Sono completamente d'accordo, Minerva,” disse lui cupamente. “Aspetta che io gli metta le mani addosso.”
“Oh, no!” esclamò lei bruscamente. “E' mio! E' nella mia Casa!” “Ed è il mio protetto,” replicò lui furioso.
“Questo è irrilevante!” disse lei, la voce stranamente stridula. “E' stato assegnato al Grifondoro. Questo lo rende mio.”
Ormai le loro voci alzate avevano attratto l'attenzione dei bambini, e improvvisamente Potter sembrava spaventato. Piton combatté la propria ira. Su che cosa stavano litigando, comunque? Ovviamente Minerva era arrabbiata come lui con il ragazzo. Se avessero coordinato le loro punizioni sarebbe stato comunque meglio per Potter; in questo modo, avrebbe visto che gli adulti presentavano un fronte compatto. “D'accordo, Minerva,” disse, abbassando la voce così che gli studenti non potessero sentire. “Non c'è ragione per noi di discutere su questo. Sarà meglio, probabilmente, se condividiamo...”
“Assolutamente no!” dichiarò Minerva. “Non pensare di poter aggirare il problema, Severus! Le regole sono inequivocabile. Non fa differenza alcuna che un genitore lavori a scuola o meno – la fedeltà alla Casa di uno studente si basa esclusivamente sulla sua assegnazione da parte del Cappello Parlante. Harry è un Grifondoro e giocherà solo per il Grifondoro.”
Piton sbatté le palpebre. “Giocherà per – Di che cosa stai parlando, tu, stupida donna?”
La McGranitt pareva compiaciuta. “Di Quidditch, tu, pipistrello idiota. Il ragazzo giocherà per la mia squadra, non per la tua.”
Piton ponderò seriamente la possibilità di strangolare l'anziana strega. Potter era arrivato a pochi millimetri dalla morte, volando su una scopa che non gli era familiare ad una velocità irragionevolmente alta direttamente contro un muro di pietra, e l'unica cosa alla quale il capo della sua Casa stesse pensando erano le sue possibilità di vincere la Coppa delle Case. Nessuna meraviglia che lei e il Preside andassero d'accordo così facilmente: condividevano le stesse priorità.
“Sembri esserti dimenticata quell'altra regola, Minerva,” esclamò con un suono di fusa. “Quella che dice che agli studenti del primo anno non è permesso far parte delle squadre di Quidditch.”
Lei fece un verso sgarbato. “Con il suo talento? Sono sicura che il Preside farà un'eccezione per Harry.”
“Alla quale il suo tutore può opporsi,” puntualizzò Piton serafico.
Osservò con soddisfazione gli occhi di Minerva spalancarsi per l'orrore quando realizzò la verità dietro alle sue parole.
Ci fu una pausa distinta; poi la McGranitt parlò nuovamente, il tono improvvisamente raddolcito. “Severus, sicuramente non negheresti al ragazzo un'opportunità di aumentare la propria popolarità all'interno della sua Casa? Ha un talento che dovrebbe essere sviluppato e -”
“Risparmiami, McGranitt,” disse Piton sgarbatamente. “I tuoi sogni di gloria nel Quidditch sono basati sul tentativo folle del mio protetto di mettere in pericolo la propria vita, senza parlare del suo assoluto disprezzo degli ordini di Madama Bumb. Non sei per niente preoccupata per questo?”
La McGranitt si schiarì la gola. “Er, sì. Sì, certo. E avevo intenzione di parlare con Potter molto fermamente di questo. Molto fermamente, davvero. Ma, er, riguardo alla squadra di Quidditch -”
Prima che Piton potesse maledire la strega nel tentativo di distoglierne la mente dalla sua ossessione, Madama Bumb giunse affrettandosi. “Cos'è tutto questo? Che succede?” chiese.
“Potter! Malfoy! Venite qui!” tuonò Piton e, sembrando spaventati, i due ragazzi si affrettarono.
“Questi due miscredenti,” disse Piton alla Bumb, gettando un'occhiataccia ai bambini ora tremanti, “ti hanno deliberatamente disobbedito e hanno volato in tua assenza.”
“Davvero!” La Bumb aggrottò la fronte verso di loro. “Ragazzacci!”
“E Potter ha mostrato un talento per il volo che non si era visto in una generazione,” aggiunse la McGranitt con aria d'intesa.
Gli occhi della Bumb si illuminarono. “L'ha fatto? Davvero? Tale e quale al padre, eh?”
“Anche meglio,” disse Minerva ammiccando con aria da cospiratrice.
“Davvero!” La Bumb si fregò le mani con gusto. “Bene!”
Piton digrignò i denti. Che Merlino lo salvasse dalle drogate di Quidditch. “Malfoy, Potter – andate ad aspettarmi all'entrata del castello.” I ragazzi corsero via: il semplice tono diceva loro che stavano per diventare molto, molto dispiaciuti dal loro volo estemporaneo.
“Ora, se voi due poteste cortesemente concentrarvi sulla salute dei bambini invece che sui vostri patetici desideri di vivere indirettamente i vostri sogni di Quidditch attraverso i vostri studenti,” cominciò Piton, ignorando gli sbuffi indignati da parte di entrambe le donne. “Sarei interessato a sapere quale punizione state progettando di assegnare ai ragazzi per il loro orribile comportamento.”
“Be', io non ho visto niente, in realtà,” cominciò la Bumb: ma, davanti all'espressione di Piton cambiò rapidamente idea. “Er, che ne pensi di cinque punti ciascuno per aver disobbedito alle istruzioni?”
“Per favore, professori,” la so-tutto-io Grifondoro dovette mettere naso nella questione. “Harry voleva solo salvare la Ricordella di Neville. Lui l'ha persa quand'è precipitato; Malfoy l'ha presa ed aveva intenzione di romperla contro il muro – ecco perché Harry ha dovuto afferrarla.”
La furia sorse nuovamente in Piton. Una maledetta Ricordella? Il ragazzo si era quasi ammazzato per uno stupido gingillo?
Peggio ancora, vide la McGranitt annuire con aria d'approvazione. “Proteggendo un compagno di Casa – molto nobile da parte sua. Cinque punti al signor Potter.”
Piton si strozzò quasi per la rabbia. Quell'idiota strega stava premiando il ragazzo? Per aver rischiato il collo per una chincaglieria che avrebbe potuto essere facilmente sostituita, e che – conoscendo Paciock – sarebbe comunque stata persa, probabilmente, entro le seguenti 12 ore? Come si supponeva che lui insegnasse ad Harry che la sua vita aveva valore e non doveva essere rischiata inutilmente?
Idioti Grifondoro. Sempre a belare di “eroismo” e “nobiltà”, ma senza mai preoccuparsi di gettare un'occhiata al quadro d'insieme. Nessuna meraviglia che i Weasley si riproducessero come conigli – i Grifondoro avevano l'istinto di sopravvivenza di un mattone.
“Se volete scusarmi,” si lasciò uscire dai denti digrignati, “andrò a provvedere al mio protetto e al mio studente.”
Minerva lo seguì ansiosamente. “Ma, Severus, non ti opporrai veramente a che Harry si unisca alla squadra di Quidditch della sua casa, vero? Sarebbe un modo talmente meraviglioso, per lui, di onorare suo pa-” si interruppe bruscamente. Minerva poteva essere una Grifondoro, ma non era stupida, e sapeva che invocare il nome di James Potter non avrebbe aiutato la sua causa. “Gli darebbe qualcosa di cui parlare con gli altri bambini, lo aiuterebbe ad introdursi nella società Magica -”
Lui la interruppe prima che lei potesse divagare ulteriormente. “Se ti appoggerò in questo, presumo che avrò il tuo pieno appoggio nel mio rapporto con Potter, anche malgrado le obiezioni del Preside?”
La McGranitt tacque per un attimo, adocchiandolo scaltramente, poi: “Affare fatto.”
Lui annuì, cupamente trionfante. Era piuttosto sicuro che l'impicciarsi di Albus nella vita di Potter non fosse affatto finito, e voleva assicurarsi di avere abbondanza di alleati nelle inevitabili battaglie. Desiderava anche essere certo di non doversi preoccupare che Minerva cavillasse sul modo in cui trattava il ragazzo; la posizione di Harry in Grifondoro le dava una certa responsabilità su di lui – malgrado a Piton non sembrasse di averla vista particolarmente vigile nel valutare e provvedere ai suoi bisogni – e non voleva che obiettasse ogni volta.
Lei lo lasciò quando furono vicini ai ragazzi. “Prenderò Baston e ti raggiungerò nel tuo ufficio,” esclamò mentre puntava verso l'ingresso.
Lui annuì, poi si girò verso i ragazzi. “Allora.” Rivolse su di loro il suo sguardo più feroce, ed ebbe la soddisfazione di vederli sgomenti. “Avete deciso di ignorare le istruzioni di Madama Bumb e di perdere cinque punti a testa per le vostre Case.”
Potter deglutì. “Mi dispiace, signore.”
“Oh, ti dispiacerai eccome, Potter. Vai nel mio ufficio e aspettami lì.”
Dopo aver rivolto solo una brevissima occhiata al campo da Quidditch, Harry obbedì, lasciando Piton e Malfoy da soli.
“Malfoy. Sei appena arrivato qui a scuola ed hai già perso punti della nostra Casa.”
“Non si preoccupi; li recupererò in un'altra classe,” Draco provò ad emulare il sogghigno di suo padre, ma fallì miseramente.
“Non è questo il punto, Malfoy, disse Piton, la voce bassa e curiosamente ipnotica. “Eri stato avvisato riguardo alle conseguenze del mettere in imbarazzo la Casa. Ti era stato detto di non rovinare la reputazione di Serpeverde, e che cosa hai fatto? In una delle tue prime lezioni, hai spudoratamente disobbedito alla tua insegnante.”
“E' s-solo un volo,” Draco cercò disperatamente di fare lo spaccone per uscire da quella situazione.
“No, Malfoy, non lo è. Con le tue azioni hai dimostrato non solo la tua mancanza di rispetto verso Madama Bumb e i suoi ordini per la tua classe, ma anche verso di me ed i miei ordini verso la nostra Casa,” puntualizzò Piton gentilmente. Draco sbiancò ulteriormente.
“Io non considero la mancanza di rispetto con leggerezza, Malfoy. Sono sorpreso che tu appaia inconsapevole di ciò.”
Draco provò a parlare, ma nessun suono emerse.
“Farai ritorno al tuo dormitorio, dove trascorrerai il resto del pomeriggio scrivendo 'Chiedo scusa per le mie azioni irrispettose' cinquecento volte.” Ignorò l'espressione costernata di Draco. “Questo fine settimana, mentre i tuoi compagni di classe si godono il proprio tempo libero, tu resterai in punizione due volte con il signor Gazza, pagando per il tuo pessimo comportamento con lo scrostare il pavimento della Guferia con uno spazzolino da denti. Se sento anche solo l'accenno di una lamentela da te o dal signor Gazza, scriverò a tuo padre della mia insoddisfazione verso la tua condotta. Devo puntualizzare le probabili conseguenze di un'azione del genere?” Draco aveva ora un colorito di un verde chiaro e stava scuotendo la testa con veemenza.
“Non solo sei un ragazzino arrogante e sciocco, Malfoy,” proseguì Piton nella medesima, quieta, pericolosa voce, “ma sei anche un ragazzino estremamente male informato. Il signor Potter è sotto la mia protezione,” La mascella di Draco cadde. “Ora è il mio protetto, e qualunque azione contro di lui sarà considerata un'azione contro di me. Deve essere considerato come un Serpeverde e trattato di conseguenza. Se ti vedo discutere con lui in pubblico, la interpreterò come una deliberata violazione del codice della nostra casa: Serpeverde Uniti, Uno Contro il Mondo. Comprendi?”
“S-sì, signore,” Draco balbettò con voce tremante.
“Allora ti suggerisco di cominciare queste cinquecento righe. Se non le avrò per la colazione di domani, faremo in modo che siano due finesettimana di punizione, e ti prometto che l'incarico del secondo farà apparire quello del primo un giardino di delizie. Mi capisci?” Draco annuì a scatti. “Bene. E trasmetti il mio avvertimento riguardo al signor Potter al resto della Casa, mh? Sarò veramente scontento con te se qualcuno ripeterà il tuo errore.”
“Sì, signore!” balbettò il biondo prima di fuggire.
Entro il tramonto, rifletté Piton, la Guferia sarebbe stata vuota, probabilmente, poiché ogni Serpeverde avrebbe scritto a casa delle novità. Sarebbe stato molto interessante vedere cosa sarebbe accaduto poi.

Nel frattempo, fuori dall'ufficio di Piton, Harry stava aspettando con un senso crescente di panico. L'espressione sulla faccia del professore... Rabbrividì.
Piton parlava spesso duramente e ringhiava, ma non sembrava davvero arrabbiato. Questa volta la rabbia si era irradiata da lui in ondate quasi palpabili. Harry pensò che avrebbe potuto sentirsi male se avesse dovuto aspettare ancora troppo a lungo. Non sapeva cosa Piton avesse intenzione di fargli, ma aveva l'orribile terrore che l'uomo avrebbe cambiato idea, ora che aveva visto quanto poteva essere di disturbo Harry.
“Dentro,” Piton scivolò dietro di lui, le vesti che si gonfiavano, ed aprì la porta con un movimento della bacchetta.
Harry si affrettò all'interno e rimase in piedi davanti alla scrivania, la testa chinata e gli occhi fissi sulle punte delle scarpe. “Potter, sono pronto ad ascoltare qualunque scusa tu possa offrire per giustificare il tuo comportamento,” disse Piton freddamente, fermandosi accanto a lui, le braccia incrociate.
“Nessuna scusa, signore,” sussurrò Harry, sentendo lo stomaco serrarsi.
“Allora forse puoi spiegarmi a cosa stavi pensando?”
“Io – io mi sono solo arrabbiato quando Malfoy ha preso la Ricordella di Neville. Si è comportato male con Neville, in un modo davvero cattivo e odioso, e quando ha provato a romperla, io – io semplicemente non volevo lasciarglielo fare.”
“Così hai permesso a Malfoy di manipolarti fino a farti infrangere le regole e perdere punti della tua Casa. Ti avesse preso per il naso, non avrebbe potuto essere più evidente,” disse Piton, mordace. Harry trasalì. “Ti lasci sempre controllare così facilmente, Potter? Sei del tutto incapace di pensare per te stesso? O di dedurre le intenzioni di un'altra persona?”
“Sapevo che Malfoy stava cercando di cacciarmi nei guai,” protestò Harry, gli occhi che si riempivano di lacrime, “ma non volevo che Neville perdesse la sua Ricordella. Mi dispiace per aver disobbedito, ma -”
“Potter!” La voce di Piton era tagliente come una frustata. “Tu, ragazzino idiota! Perché pensi che io sia tanto arrabbiato con te?”
“P-perché non ho ascoltato Madamam Bumb.” Harry fu sorpreso a sufficienza dallo sbuffo sprezzante di Piton da guardare in su. “Allora perché?”
Piton gli fu di fronte in un istante, trattenendolo per le spalle. Chinandosi in un modo tale da guardare direttamente negli occhi del bambino, Piton sottolineò ogni parola con una piccola scrollata. “Avresti-potuto-ucciderti-con-quella-bravata! Come hai osato volare contro il castello in quel modo!”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Non avevo neanche visto davvero il muro. Stavo seguendo solo la palla,” deglutì.
Questo riuscì solo a rendere il professore più arrabbiato. “Valuti così poco la tua vita, il sacrificio dei tuoi parenti, che non consideri neanche le conseguenze delle tue azioni?” chiese Piton, furioso.
Harry sentì un vivido calore spandersi in profondità nel suo stomaco. Il professore non era arrabbiato perché lui aveva disobbedito. Il professore era arrabbiato perché lui avrebbe potuto farsi male.
Questa era la prima volta che Harry riuscisse a ricordare in cui qualcuno era stato preoccupato per lui. Quando era malato o ferito dai Dursley, a loro era importato solo che questo influenzava la sua capacità di svolgere i suoi compiti e cucinare per loro. Occasionalmente erano stati preoccupati riguardo a cosa i vicini avrebbero pensato, ma mai, ma, erano stati interessati ad Harry per il suo stesso bene. Ma qui c'era il professor Piton, assolutamente furioso perché Harry avrebbe potuto farsi male.
Non gli importava neanche che Harry non si fosse fatto male: era comunque arrabbiato che Harry avrebbe potuto farsene. Le farfalle nello stomaco di Harry erano scomparse, sostituite da una sensazione calda, felice.
Rischiò una rapida occhiata al viso livido del professore e rapidamente abbassò di nuovo lo sguardo. Ooh, Piton era arrabbiato. Harry combatté per trattenere un piccolo sorriso. Al professore importava. Gli importava veramente.

L'intollerabile moccioso. Piton fumava di rabbia. Sorridere per la propria bravata scervellata come fosse qualcosa di cui essere orgogliosi! Ovviamente ci sarebbe stato bisogno di misure più severe per fargli arrivare il messaggio.
“Potter,” disse, il tono pericoloso, “ricordi cosa ho detto che ti avrei fatto se tu fossi stato sciocco a sufficienza da metterti in pericolo?”
Gli occhi di Harry si spalancarono. Ah! Questo aveva cancellato quel sorrisetto dalla faccia del mocciosetto. “S-sì, signore,” balbettò lui.
“E cosa avevo detto che avrei fatto se tu avessi deliberatamente disobbedito?”
“La stessa cosa, signore.”
“Ovviamente non mi hai creduto,” disse Piton freddamente.
Harry alzò la testa a quelle parole. “No, signore! Io le ho creduto. E' solo – è solo...”
“Dal momento che è ovvio che hai bisogno di un promemoria di quanto seriamente io prenda un simile comportamento, sono felice di provvedertene uno. O due, a seconda dei casi.” Piton girò Potter tenendolo per la spalla finché il ragazzo non fu alla giusta angolazione. “Non devi metterti in pericolo.” Assestò al ragazzo un severo sculaccione sul sedere. “Non devi disobbedire ai tuoi insegnanti – se non per una ragione molto buona,” aggiunse prudentemente, prima di amministrare una seconda, efficace pacca. Questa fece scappare un piccolo guaito al moccioso.
“Confido di aver reso chiara la mia posizione?” disse severamente, girando il ragazzo per fronteggiarlo. Se il mocciosetto aveva pensato che non avrebbe tenuto fede alle sue promesse, era appena stato liberato da quell'idea.
L'espressione scioccata di Harry era quasi comica. Piton ricacciò indietro una sensazione poco familiare di colpa. Il ragazzo l'aveva meritato. Era stato avvertito, ed era andato avanti comunque, poi aveva avuto la temerarietà di ridacchiare davanti al suo rimprovero. Be', se serviva un sedere dolorante per spingere il ragazzo a prenderlo sul serio, allora l'avrebbe accontentato.

***



“Potter, ricordi cosa ho detto che ti avrei fatto se tu fossi stato sciocco a sufficienza da metterti in pericolo?” Il cuore di Harry sprofondò. Lo ricordava anche troppo bene.
“S-sì, signore.” Abbassò la testa. L'uomo non era stato responsabile di lui neanche per un giorno interno, e già si era meritato le sue prime botte.
Anche se, si ricordò Harry, speranzoso, il professore aveva detto che non avrebbe usato una cinghia. O un bastone. Così, forse, sarebbe stato solo picchiato con una spazzola: non sarebbe stato per niente divertente, ma almeno avrebbe potuto tenere nascosti tutti i marchi agli altri ragazzi.
Il professore era sembrato spaventosamente deluso da lui. Questo era terribile, ma Harry non riusciva a non sentirsi almeno un po' felice. Anche se stava per essere picchiato, per la prima volta era perché qualcuno era preoccupato per lui. Harry decise che non era poi una brutta cosa per la quale essere colpiti.
Harry era dispiaciuto per essere stato sconsiderato. Il professor Piton era così intelligente; lui avrebbe saputo cosa fare in quella situazione. Harry aveva solo commesso un errore clamoroso, senza pensare. Nessuna sorpresa che l'uomo fosse così irritato con lui... Ma il fatto che fosse irritato in un certo senso provava che pensasse che Harry avrebbe dovuto uscirsene fuori con un piano migliore; e questo significava che riteneva Harry almeno un po' intelligente. Lo zio Vernon non avrebbe mai picchiato Harry per aver fatto qualcosa di stupido – aveva sempre puntualizzato quanto fosse stupido Harry. Sarebbe stato solo troppo felice se Harry avesse fatto qualcosa di sciocco; ma il professor Piton aveva grandi aspettative su di lui. Lui si aspettava che Harry usasse il cervello, ed era deluso quando non lo faceva. Harry si raddrizzò un po'. Non sembrava neanche lontanamente così spaventoso essere punito per non aver fatto onore al proprio potenziale. Gli piaceva molto l'idea che il professor Piton si aspettasse un sacco da lui. Nessun altro l'aveva fatto mai.
“E cosa avevo detto che avrei fatto se tu avessi deliberatamente disobbedito?”
“La stessa cosa, signore.” Rispose Harry, più fermamente. Gli era appena venuto in mente che il professor Piton stava mantenendo la parola data riguardo alle punizioni, e questo significava che probabilmente avrebbe mantenuto anche le sue altre promesse. Come la promessa di essere il guardiano di Harry. Oltretutto, non si sarebbe preso il disturbo di picchiare Harry se non avesse progettato di rimanergli attorno, giusto?
“Ovviamente non mi hai creduto,”
Harry ne fu sorpreso. Non aveva dubitato del professor Piton neanche per un attimo. “No, signore! Io le ho creduto. E' solo – è solo...” Lasciò sfumare la voce, non trovando le parole per descrivere quel che provava. Semplicemente non pensava in funzione della propria sicurezza: non aveva mai avuto alcuna ragione di farlo. Nessuno nella sua vita si era mai preoccupato abbastanza da irritarsi con lui se si metteva in pericolo, così non aveva mai imparato a considerare la propria sicurezza. Ma ora aveva il professor Piton. E il professore stava rendendo molto chiaro che a lui importava di Harry, e che non aveva intenzione di permettergli più di fare cose stupide. Questa realizzazione valeva un mese di sculacciate, per quanto riguardava Harry.
“Dal momento che è ovvio che hai bisogno di un promemoria di quanto seriamente io prenda un simile comportamento, sono felice di provvedertene uno. O due, a seconda dei casi.”
Harry deglutì. Venire picchiato due volte con la spazzola? Questo avrebbe fatto un sacco male, ma immaginò di meritarselo. E Piton l'aveva avvertito.
Quando il professore gli mise le mani sulle spalle e lo fece voltare circa di un quarto sulla destra, Harry non era sicuro di cosa stesse accadendo. Quando aveva intenzione, Piton, di fargli tirar giù i calzoni e di farlo piegare? O di metterlo di traverso alle sue gambe?
Ma il professore stava parlando di nuovo. “Non devi metterti in pericolo.” Quasi prima che lui potesse capire cos'era successo, Piton aveva piazzato una rapida pacca sul sedere di Harry. Harry sobbalzò, più per lo stupore che per il dolore. Il professore non aveva neanche scansato le vesti di Harry, per non parlare del fargli abbassare i calzoni.
Non devi disobbedire ai tuoi insegnanti – se non per una ragione molto buona,” Una seconda manata cadde sullo stesso punto, ed Harry era così confuso che si lasciò davvero scappare un guaito. Era questa la sculacciata promessa? Ma faceva male a malapena!
Prima che potesse districare i propri pensieri confusi, venne strattonato nuovamente perché si girasse a fronteggiare il professore. “Confido di aver reso chiara la mia posizione?” chiese Piton severamente. Harry poté solo restare a bocca aperta, gli occhi spalancati e le labbra schiuse in una “O” stupita.

Piton combatté con sé stesso. Lui non si sarebbe scusato. Aveva detto a Potter cosa aspettarsi e ne aveva portato avanti le conseguenze. Il fatto che il ragazzo fosse stato abusato dai suoi parenti Babbani non gli garantiva un lasciapassare gratuito per qualunque futuro comportamento: tutti i libri erano stati estremamente espliciti riguardo alla necessità di stabilire conseguenze e rinforzare i limiti.
Ma quando il bambino ti fissava con quello sguardo scioccato – e tradito? – era difficile obbedire ai fottuti libri.
“Be'? Che c'è, Potter?” Piton esaurì la pazienza. Se il ragazzo aveva intenzione di gridare o protestare, che lo facesse e basta!”
“Questo – era questo?” balbettò Harry. “Ma aveva detto -”
Piton aggrottò la fronte. “Sono stato perfettamente chiaro, Potter. Ti ho detto che se mi avessi disobbedito in questo il tuo posteriore avrebbe sentito la mia mano, e così è stato. Hai avuto uno schiaffo sul tuo posteriore coperto per esserti messo in pericolo ed un altro per aver disobbedito. In futuro, se non vuoi due scapaccioni, non romperai tutte e due le regole in una volta sola.”
“Ma non ha fatto veramente male,” se ne uscì fuori Harry. Le mani erano corse immediatamente a coprirsi il sedere, ma quel poco di dolore che c'era stato stava scomparendo in fretta.
Piton alzò gli occhi al cielo. “Potter, non essere stupido. Innanzitutto, se il mio obiettivo fosse farti del male, difficilmente userei metodi babbani. Ci sono Maledizioni Oscure che ti farebbero urlare per il dolore per giorni e giorni.” Gli occhi di Harry si spalancarono e Piton si ricordò bruscamente che si supponeva stesse rassicurando il moccioso. “Io sono il tuo tutore – il mio lavoro è proteggerti, non ferirti. E' solo perché quei bastardi dei tuoi parenti babbani hanno una visione del mondo così perversa che tu pensi che gli adulti debbano causarti dolore e miseria. Noi siamo qui, in realtà, per provare ad assicurare che tu non sperimenti queste cose.” Almeno si suppone che sia così, pensò Piton. Tu ed io siamo entrambi rimasti incastrati in infanzie atroci, ma non è stata colpa di nessuno dei due. “Ti ho detto che, se fossi stato abbastanza sciocco da rompere le tue regole più importanti – riguardanti il mantenerti al sicuro ed il seguire le regole – allora avresti potuto aspettarti una punizione speciale, ed è per questo che sei stato picchiato, Potter – per mostrarti che sono molto arrabbiato con te. Ma questo è tutto quello a cui servono gli schiaffi. Se volessi davvero farti soffrire, avrei molti altri, molto più efficienti, modi per riuscirci.” E gli gettò un'occhiataccia molto Serpeverde.
E bastò questo a far scoppiare Harry in rumorosi singhiozzi.
Piton si gelò.
Che cosa diavolo - ? Harry non aveva pianto quando Piton l'aveva fatto sbattere contro il muro, ma due piccole sculacciate sul sedere e si era trasformato in una pozzanghera? Nessuno ci avrebbe creduto. Non era sicuro di crederci neanche lui. Oh, Merlino, sono morto. Né Albus né Minerva avrebbero mai creduto che non avesse fatto nulla di spaventoso al piccolo mostriciattolo, non con i precedenti di Piton. E Potter appariva davvero patetico, lì in piedi con le lacrime che gli scorrevano lungo le guance ed il moccio che gli colava dal naso. Nell'istante stesso in cui qualcuno avesse visto il bambino, avrebbe presunto che Piton l'avesse maledetto a sangue, poi guarito in fretta prima che chiunque potesse constatare l'evidenza. Come diamine ne sarebbe uscito vivo?
Potter era forse impazzito davanti all'ultima minaccia? Ma lui era stato così attento a dire al moccioso che non aveva intenzione di colpirlo. Si era anche assicurato di usare parole brevi, appropriate per un Grifondoro, e quelle pacche erano meri buffetti amorosi comparati alle botte infernali alle quali l'orribile zio di Potter l'aveva regolarmente sottoposto. Dunque, perché tutte quelle lacrime? Il ragazzo stava avendo un flashback? Be', se una pacca leggera era sufficiente a risvegliare i demoni, allora come si supponeva che insegnasse al bambino a duellare? Nell'istante in cui avesse subito anche solo un leggero Incantesimo Pungente sarebbe corso a piangere sotto al tavolo più vicino. Il bambino aveva ovviamente bisogno di aiuto professionale, malgrado ciò che Albus voleva credere.
“Potter, “iniziò cautamente, facendo un passo avanti, incerto. Perché questo genere di cose accadevano sempre a lui? Non sembrava che Sprite dovesse occuparsi di studenti emozionalmente instabili, ed era lei la fottuta Tassorosso!
Ripensandoci, il passo in avanti era stato un errore. Nel momento in cui si avvicinò al moccioso, Potter si mosse: ma, per la sorpresa di Piton, piuttosto che scattare verso l'angolo più lontano della stanza, il ragazzo si aggrappò a lui e cominciò a singhiozzare nelle sue vesti. Le sue eleganti, fresche, pulite vesti.
Piton non sapeva cosa fare delle proprie mani. Davvero non voleva toccare il viscido, smocciolante bambino, ma non poteva certo nemmeno starsene lì con le mani in aria. Decise che la schiena del ragazzino era probabilmente la superficie più asciutta a disposizione, e poggiò le mani lì. Il fatto che ad un osservatore non a conoscenza dei fatti potesse sembrare che Piton stesse realmente abbracciando il moccioso semplicemente dimostrava che l'apparenza poteva ingannare.
E adesso? Restare lì finché il moccioso piangeva fino a disidratarsi e sveniva? Non bisognava schiaffeggiare qualcuno, quando diventava isterico? Ma schiaffeggiare il piccolo mostro era quello che aveva causato il problema in primo luogo. Avrebbe potuto chiamare Poppy, ma la strega senza dubbio gli avrebbe solo tirato di nuovo un pugno.
Di tutte le volte, non avere proprio ora una Pozione Calmante in tasca! Piton si maledisse per la propria mancanza di previdenza. “Potter, che c'è che non va?” esplose alla fine per la pura frustrazione.
“Non c'è niente che non va. Sono felice!” pianse Potter contro il suo petto.
Piton sbatté le palpebre. Poi le sbatté di nuovo. Cosa? Il moccioso stava distruggendo la sua veste e facendogli perdere anni di vita perché era felice?
Afferrò il ragazzo per la parte superiore delle braccia e lo tirò via da sé alla distanza di un braccio. “Potter? Indendi dirmi che tutto questo trambusto e questa follia sono perché sei FELICE?”
Il ragazzo tirò su con il naso e annuì. “Lei è così gentile con me. Nessuno è mai stato così gentile con me, prima.”
L'uomo “gentile” represse l'impulso di schiaffeggiare la testa di Potter finché non gli si fosse staccata dalle spalle. “Piantala immediatamente con questa crisi, Potter! Parlo sul serio! Se entro trenta secondi non sei calmo e quieto, Evocherò un secchio d'acqua gelata e ci ficcherò dentro la tua testa.”
Il moccioso ebbe la temerarietà di ridere davanti alla minaccia! Ma prima che Piton potesse riscuotersi dal proprio stato di choc ed Evocare il secchio per annegarci il piccolo demone, Potter era riuscito, singhiozzando e tirando su con il naso, a raggiungere in qualche modo un maledetto stato di calma.

“Mi dispiace,” Harry riuscì a deglutire. Davvero non capiva perché avesse pianto in questo modo; ma tutto ad un tratto si era semplicemente sentito sicuro, come se qualche orribile pericolo che non riusciva neanche più a riconoscere fosse finalmente scomparso. Il colpo definitivo era stato realizzare che non avrebbe mai più dovuto preoccuparsi di essere preso a cinghiate finché non poteva camminare; tutto ad un tratto, si era sedimentato in lui il pensiero che Piton avesse intenzione di occuparsi di lui, di proteggerlo e di assicurarsi che nessuno – proprio nessuno – gli facesse ancora del male. Era l'aver realizzato che, per la prima volta da quando i suoi genitori erano morti, lui non era più da solo, che aveva infranto del tutto il suo controllo, e lui era crollato così come non aveva mai fatto prima. Era puro, assoluto sollievo, e lui non sarebbe riuscito a fermarsi neanche se avesse voluto: e, francamente, non voleva. L'aveva fatto sentire così bene solo piangere e piangere.
Anche se ora, ovvio, si sentiva come un completo scemo.
Alzò gli occhi per incontrare quelli del professore. “Uhm, mi dispiace,” offrì. Lo sguardo gli cadde sulla viscida macchia sulle vesti dell'uomo, e trasalì. Davvero, aveva undici anni o uno? Si era davvero soffiato il naso contro il petto dell'uomo?

Gli occhi di Piton seguirono i suoi, e il professore si preparò a dire all'orribile moccioso precisamente cosa pensava dei piccoli ipersensibili piccoli mostri che non riuscivano neanche ad usare un fazzoletto; ma, prima che potesse cominciare, qualcuno bussò alla porta. La McGranitt chiamò, “Severus! Ho portato Baston!”
“Aspetta un momento!” gridò di rimando, infastidito. Il San Mungo doveva decisamente studiare per quale ragione persone altrimenti razionali potevano essere rese folli dal Quidditch. Magari la McGranitt era stata colpita alla testa da un Bolide di troppo durante i suoi giorni da giocatrice.
Si girò verso il ragazzo e fu sorpreso di scoprire che gli occhi di Harry erano su di lui, spalancati per la paura. “Per favore, signore – non glielo lasci fare. Ha detto che non l'avrebbero fatto.”
“Non avrebbero fatto cosa?” chiese Piton. Grande Merlino, il bambino era peggio di uno di quegli yo-yo babbani. Questi infernali sbalzi di umore non sarebbero mai finiti?
Interiormente si meravigliò che Harry si rivolgesse ancora a lui in cerca di aiuto, anche quando era chiaro che era furioso con il ragazzo. Com'era arrivato Potter a guardarlo con tanta fiducia?
“Bastonarmi. Ha detto che gli insegnanti non picchiano gli studenti.”
Piton aggrottò la fronte verso il ragazzo spaventato. “Di che cosa stai parlando, sciocco ragazzino? Il Capo della tua Casa non ha intenzione di bastonarti.”
Harry parve leggermente meno preoccupato. “Baston non è un bastone?”
Piton alzò gli occhi al cielo ed assestò alla spalla di Potter una piccola scrollata. Era una scrollata esasperata, non una stretta rassicurante. Assolutamente no. “Baston è uno studente, non un bastone, tu, piccolo idiota. Oliver Baston. E' il capitano della squadra di Quidditch della tua Casa.”
“Oh!” La tensione abbandonò le spalle di Harry: come Piton poté sentire, dato che le sue mani, per qualche inesplicabile ragione, erano ancora posate lì. Le rimosse rapidamente. “Conosco Oliver. Ron me l'ha indicato. A Ron piace davvero il Quidditch,” spiegò il ragazzo.
“E a te?”
Harry scrollò le spalle, asciugandosi le ultime lacrime dalle guance. “Non ne so davvero molto. Ron pensa che sia forte, perciò penso che mi piaccia.”
Piton sbuffò di fronte all'ulteriore prova dell'incapacità del ragazzo di pensare per sé stesso. “La professoressa McGranitt gradirebbe che tu provassi ad entrare in squadra. Lei crede che, basandosi sul tuo volo di oggi, tu possa essere adatto.”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Davvero?”
“Sì. Ovviamente, io ho puntualizzato che, come tuo tutore, certo non intendevo premiarti per esserti messo in pericolo, senza parlare dell'aver disobbedito ad un istruttore.” L'espressione di Harry si rabbuiò. “Ad ogni modo, dal momento che essere in squadra ti farebbe ricevere un'istruzione dolorosamente necessaria sul come volare in sicurezza, ho dato alla professoressa McGranitt il permesso di farti incontrare Baston e di farti provare ad entrare in squadra. Tu sarai ancora punito per le azioni di oggi, comunque, e se dovessi vedere qualunque ulteriore esempio di un simile comportamento sconsiderato, con o senza una scopa, non esiterò a toglierti dalla squadra.”
Ancora una volta il fiato gli venne strappato quando Harry gli si precipitò addosso. Davvero, il bambino aveva bisogno di lanciarsi in un modo così poco composto?
“Grazie! Grazie!” disse Harry ancora e ancora.
Piton alla fine riuscì a districarsi. “Sì, be', non avrai voglia di ringraziarmi una volta che avrai sentito la tua punizione, Potter. Mi aspetto duecento righe di 'Non correrò rischi inutili con la mia salute e il mio benessere' – e non pensare che io abbia dimenticato le cinquecento righe che mi devi per aver citato tuo zio l'altra notte!” L'espressione di Harry si fece colpevole. “E trascorrerai due notti la prossima settimana nelle mie stanze, scrivendo un saggio riguardo alla necessità di pensare prima di gettarsi scioccamente in azione.” Aggrottò la fronte minacciosamente verso il ragazzo, ma Harry ne fu sorprendentemente poco turbato.
“Sì, signore,” cinguettò il moccioso, felice.
Piton gli gettò un'occhiataccia. Cos'aveva il disgraziato da sembrare così compiaciuto? Non aveva appena perso diverse notti di tempo libero ed era stato aspramente rimproverato? Era stato chiamato “bambino idiota”. Era anche stato sculacciato. Perciò, perché Potter lo stava adocchiando con espressione così pensierosa? “Che c'è?” chiese in tono difensivo. Il ragazzo si aspettava altre coccole? Be', se era così, avrebbe aspettato a lungo. Severus Piton, Mangiamorte e spia, non coccolava disobbedienti, testardi mocciosi.
“Stavo solo pensando a come chiamarti,” spiegò Harry, innocentemente. “Fuori dalla classe, voglio dire. Quando ci siamo solo noi due.”
“Cosa!” gracchiò Piton.
“Be', non voglio davvero chiamarti zio Severus,” spiegò Harry, ignaro del modo in cui gli occhi di Piton si spalancarono davanti al suo uso dell'appellativo, “perché questo mi ricorda troppo mio zi – be', tu sai chi. Ma non penso neanche che dovrei chiamarti papà.” Ora Piton era veramente incapace di parlare. Solo la sua sicura, deliziosa consapevolezza che James Potter stesse rivoltandosi nella sua tomba gli permise di rimanere cosciente. “Hmm.” Harry ci pensò ancora per un momento, poi scrollò le spalle. “Dovrò solo continuare a pensarci, immagino. Grazie, professore! Andrò ad incontrare Oliver e la professoressa McGranitt e non appena avrò finito tornerò indietro, così potremo andare dai Weasley.” Fece una pausa e poi sorrise impudentemente. “Immagino che non sarò in grado di cominciare le mie righe fino a domani.”
Mentre Piton continuava a combattere per ritrovare il fiato, Harry si diresse verso la porta: poi, un attimo prima di raggiungerla, si girò e schizzò indietro indietro. Il respiro che Piton era quasi riuscito a riguadagnare gli fu strappato di nuovo quando Harry volò contro di lui. “Grazie. Mi dispiace d'essere stato cattivo e che tu abbia dovuto picchiarmi,” borbottò, stringendo il professore più forte che poteva. “E sono davvero felice che tu sia il mio tutore.”
E poi se n'era andato, correndo attraverso la porta verso i sonori benvenuti degli altri Grifondoro, lasciandosi dietro un Piton senza fiato e molto, molto pensieroso.



Note alla traduzione: Ormai le avvertenze per la paragrafazione sono state ripetute così tante volte che suppongo siano diventate noiose, perciò non le dico più.
E 3, 2, 1, contatto! Siamo passati dal lei al tu nei discorsi di Harry e Severus: in inglese sono beatamente ignari della piccola differenziazione che in Italia si è diffusa uniformemente a partire dalla fine del secolo scorso, e perciò l'Autrice ha avuto un problema in meno da affrontare. In questo capitolo in particolar modo ho optato per una traduzione a senso e non letterale in molti casi, per rendere il più piacevole che fosse possibile la lettura dei due dialoghi accesi che fanno da fulcro della scena. Mi auguro che il risultato sia gradevole.

Non ci vedo più per il sonno, ma volevo pubblicare per potervi augurare Buona Pasqua. Un grande grazie a tutti voi che seguite questa traduzione.

Di nuovo, si ringraziano Vekra, ormai adottata come B.A.P. (Beta A Posteriori) di questa storia, e shinu, che ritrovo qui con gioia e che (malgrado io debba ancora sfornare la storia della sua meravigliosa sfida) ha ri-betato cinque capitoli in un giorno solo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***







Piton era – più o meno – riuscito a riguadagnare la propria compostezza quando Harry fece ritorno nelle sue stanze più tardi, quello stesso pomeriggio. Sentire un Potter contemplare l'ipotesi di chiamarlo “Zio” o – Merlino lo aiutasse, la parola gli faceva tremare la terra sotto i piedi – “Papà” era stato sufficiente a causare in lui la necessità di due Pozioni Calmanti e un panno freddo sulla fronte.
Se anche Voldemort non fosse esistito e James e Lily fossero stati vivi, difficilmente Piton sarebbe stato un visitatore benvenuto nella casa dei Potter, per non parlare dell'essere in termini amichevoli con la loro prole. Il commento spontaneo di Harry l'avevano scosso sin nell'intimo. Un uomo che fin dall'infanzia aveva evitato quasi del tutto le amicizie strette era anche troppo facilmente predisposto a sciogliersi davanti alle parole ingenue di un bambino.
Piton era a malapena riemerso dal trauma di aver perso l'amicizia di Lily quando aveva preso il Marchio Nero. Il suo servizio a Voldemort e la guerra nella quale si erano trovati avevano poi occupato tutto il suo tempo e tutti i suoi sforzi, e non era certamente stato propenso a farsi degli amici tra i suoi compagni. Per i purosangue lui era una creatura inferiore, tollerato perché la sua abilità con le pozioni l'aveva reso uno dei favoriti del Signore Oscuro, ma indubbiamente non qualcuno con il quale fare amicizia. Piton stesso era ancora un adolescente goffo nel campo delle relazioni, e dopo aver visto come aveva malamente rovinato la sua amicizia con Lily era diventato ancora più riluttante a rischiare di essere ferito di nuovo. Quando era divenuto una spia per la Luce era stato troppo pericoloso avvicinarsi a chiunque – sia per evitare che questi venissero a conoscenza del suo segreto che per non mettere in pericolo qualcuno al quale teneva.
Poi era giunto quell'orribile Halloween, e Piton si era sentito come se la sua vita fosse finita. Si era ritirato in un mondo oscuro, amaro, squallido, dal quale nessuno – men che meno lui stesso – era davvero interessato a tirarlo fuori. Albus aveva provato, ma era stato distratto da altri doveri, e Piton l'aveva combattuto con le unghie e con i denti. Alla fine, il Preside si era tristemente rassegnato ad aspettare che l'uomo malinconico ne uscisse.
Quando la crudezza delle emozioni aveva cominciato a diminuire, Piton si era creato una vita come il Malvagio Pipistrello dei Sotterranei, la quintessenza del Serpeverde la cui caustica lingua devastava migliaia di infanzie. Come avrebbe potuto anche solo pensare di cercare amicizie “normali” quando la sua sola esperienza in proposito era stata con una strega dai capelli rossi quasi due decenni prima? Non aveva la più pallida idea di come andare d'accordo con le persone – sapeva solo intimidirle, alienarle o comunque respingerle. Se non fosse stato per Silente sarebbe andato avanti letteralmente per mesi senza sostenere una conversazione civile con un altro essere umano. Aveva bruciato tutti i ponti con il resto del corpo insegnante nel giro di poche settimane dalla sua assunzione come professore, e le voci persistenti – opportunamente abbellite da anni di studenti di Hogwarts – del suo (letteralmente) Passato Oscuro difficilmente l'ideale di uomo con il quale avere un appuntamento, o anche solo adatto ad andare a bere con qualcuno un paio di pinte al Paiolo Magico.
Così forse non c'era da sorprendersi che le semplici parole di Harry avessero fatto traballare le fondamenta del mondo di Severus: in molti modi, malgrado (o forse per via dei) solitari, rabbiosi anni trascorsi, era ancora quel goffo adolescente che cercava disperatamente amore ed affetto. E l'incondizionato, convinto amore di un bambino era molto, molto seducente.
Per principio – lui era un Serpeverde, dopotutto – Piton si aspettava il peggio: così immaginò che l'attitudine che il moccioso mostrava verso di lui sarebbe cambiata l'istante in cui Harry si fosse trovato tra Weasley. Dopotutto loro erano i genitori per eccellenza. I loro bambini li adoravano, palesemente, e mostravano una feroce lealtà malgrado i mezzi limitati della famiglia. Molly ed Arthur probabilmente sapevano come gestire qualunque crisi, e non insultavano i loro bambini con appellativi sprezzanti, per non dire che non li mandavano a sbattere contro un muro con un manrovescio. Le mura alla Tana potevano essere decrepite, ma si poteva sentire praticamente l'amore trasudare da esse. Piton aveva sempre sostenuto che fossero i biscotti di Molly, in grado di causare il diabete, a dargli la nausea durante le sue rare visite lì – generalmente collegate alle attività extra-curricolari dei gemelli – ma, a dire la verità, era la sensazione palpabile di Casa che lo snervava sempre.
Harry sarebbe indubbiamente fiorito sotto le loro cure e avrebbe dimenticato del tutto il solitario dalla lingua tagliente che abitava nei sotterranei e non aveva la più pallida idea di come essere gentile con un bambino. Terrorizzare i bambini, oh, sì, in quello Piton era impareggiabile. Non piaceva neanche ai suoi Serpeverde: lo rispettavano, apprezzavano il modo in cui si mostrava fieramente protettivo verso di essi, onoravano la sua lealtà... e lo evitavano come la peste. Non importava quanto ad essi potessero mancare i propri parenti, i Serpeverde del primo anno che soffrivano di nostalgia di casa decidevano invariabilmente di cercare conforto presso un Prefetto, piuttosto che dal Capo della loro Casa.
Ma, malgrado il suo carattere pungente, le sue aspre critiche, la sua assoluta mancanza di gentilezza od indulgenza, in qualche modo Piton aveva dato ad Harry l'impressione di essere “gentile”. Senza neanche provarci: in effetti, mentre provava molto energicamente a non esserlo. Ma Harry non era stato allontanato dagli sforzi di Piton; al contrario, in qualche modo li aveva fraintesi sino al punto in cui aveva apertamente preferito il professore di Pozioni all'approccio da nonno del Preside, alle dolcezze e alle blandizie dell'infermiera, e anche all'adulazione del Capo ossessionato dal Quidditch della sua stessa Casa. Il cuore di Serpeverde di Piton gioiva al pensiero di quanto questa situazione dovesse irritare i suoi colleghi, ma la sua storia passata lo rendeva convinto che sarebbe stata di breve durata. Gongolare ora avrebbe solo portato a soffrire poi, una volta che Harry avesse rinunciato a lui e che gli altri avessero la possibilità di vendicarsi.
Piton si alzò a sedere, strappandosi l'impacco dagli occhi e aggirandosi selvaggiamente per le sue stanze. Che cosa c'era che non andava in lui? Comportarsi come se gli interessasse che il moccioso vivesse o morisse? Be', d'accordo – gli importava di quello. Ma solo per via del suo Voto Infrangibile. Non era come se il piccolo mostro valesse due zellini ai suoi occhi. Sleale moccioso che era senza dubbio. Avrebbero visto quanto sarebbe occorso agli Weasley per conquistarlo.
Piton indossò un altro dei suoi completi inesorabilmente neri. Con un raro sfoggio di sensibilità scelse una veste che, seppur del tutto presentabile, era tutto meno che nuova: avrebbe mostrato comunque il suo rispetto verso i suoi ospiti, ma senza sottolineare la differenza che intercorreva tra le sue risorse economiche e le loro. Gettò un'occhiata all'orologio e imprecò. Dov'era quel piccolo produttore di moccio -
Un bussare al battente lo interruppe prima che potesse cominciare veramente ad inveire. Un guizzo della bacchetta aprì la porta ed Harry capitombolò all'interno, arrossato e senza fiato.
“Mi dispiace!” esclamò prima che Piton potesse ringhiare contro di lui per il suo ritardo. “La professoressa McGranitt ed Oliver mi hanno tenuto per un secolo. Sono andati avanti a farmi acchiappare quella piccola cosa dorata, ancora e ancora e ancora finché ho pensato che mi sarebbero cadute le dita. Continuavano solo ad eccitarsi di più e a dire 'Un'altra volta!' Non so che ci sia di speciale in questo, tu lo sai?”
Piton gettò un'occhiataccia al monello. E tanti saluti alle possibilità della sua Casa di vincere la Coppa. Visto come il piccolo idiota stava così allegramente cianciando del suo acchiappare il Boccino “ancora e ancora”, Grifondoro sarebbe stato praticamente impossibile da sconfiggere.
Affatto scoraggiato dalla mancanza di risposte del suo tutore, Harry si fece cadere la borsa giù dalla spalla e si contorse, stiracchiando i muscoli della schiena e strofinandosi il sedere. “Sedere su una scopa così a lungo fa male, sai? Non avevo idea che il Quidditch fosse un lavoro così duro. Mi farà male domani: mi sento come quando ho dovuto estirpare le erbacce da tutte le aiuole di zia Petunia.”
Piton aggrottò ancora di più la fronte quando gli fu ricordato come quei Babbani avevano forzato in servitù un bambino Magico. Con un sol passo fu alle spalle di Harry, ignorando sia il sussulto istintivo del ragazzo che il conseguente rossore imbarazzato. “Dove fa male?” chiese, premendo sulla schiena e sulle spalle del ragazzo.
Harry chiuse gli occhi per la beatitudine, contorcendosi deliziato dal massaggio improvvisato. “Urr, proprio lì. Tra le scapole. E più in basso giù per la schiena.”
Piton aggrottò la fronte davanti ai nodi nella schiena del ragazzo: il suo trapezio era esageratamente teso, e la sua zona lombare era stata messa sotto sforzo da tutte quelle acrobazie. “E poi dove?”
“Erm, be', più in basso,” ammise Harry, arrossendo. “Sai... dove ti siedi.”
Ignorando gli squittii imbarazzati di Harry, Piton lo fece piegare e continuò il suo esame. Sì, i muscoli del grande gluteo di Harry erano stati maltrattati da troppo esercizio, e il suo sedere e le sue cosce erano probabilmente irritati e doloranti per aver stretto il manico di scopa durante le numerose picchiate e gli avvitamenti. La McGranitt era una completa fanatica, pensò Piton con un ringhio, furioso che la strega avesse incoraggiato il suo protetto a stancare il proprio corpo a quel modo. Non si era resa conto che i muscoli del ragazzo erano esausti? Ancora pochi minuti e la forza l'avrebbe abbandonato, molto probabilmente proprio mentre stava rischiando il suo sciocco collo su qualche assurda acrobazia che quei idioti avevano incoraggiato.

“Ahi. Ouch,” protestò Harry mentre le forti dita di Severus impastavano la sua schiena e il suo sedere doloranti, ma dovette ammettere di sentirsi molto meglio quando i muscoli furono forzosamente decontratti.
Piton lasciò andare il ragazzo e recuperò con un Accio una pozione ed un vasetto dalla sua dispensa. Harry li guardò curiosamente. “Bevi questo,” ordinò il professore.
Harry arricciò il naso: poteva essere nuovo del Mondo Magico, ma aveva già imparato quanto disgustoso fosse il sapore di gran parte delle pozioni. Gettò un'occhiata di sottecchi al professore, sperando di poter evitare il tutto blandendolo, ma uno sguardo alla faccia severa dell'uomo gli fece cambiare idea. Sospirò ed accettò la fiala. Chiudendosi il naso con una mano, se ne buttò il contenuto giù per la gola con l'altra.
“UGH!” esclamò, rabbrividendo violentemente. “Il sapore è peggio di quello dei calzini sporchi!”
“Come c'è da aspettarsi, considerando che sono l'ingrediente principale,” disse Piton asciuttamente.
Harry lo fissò. “Davvero?” bisbigliò, un po' più che lievemente nauseato.

“Idiota. Certo che no.” Piton alzò gli occhi al cielo. Grifondoro! “Vedo che le ripetizioni di Pozioni figureranno considerevolmente nel tuo futuro, Potter. Prima della tua prossima lezione, mi porterai dodici pollici sugli ingredienti reali di una pozione guaritrice.”
Harry rise forte. “Ci ero cascato!” ammise allegramente, con grande confusione di Piton. Aveva appena insultato il moccioso e gli aveva assegnato – piuttosto ingiustamente per uno studente del primo anno alla sua prima settimana di lezioni – un saggio per punizione, ed Harry pensava che fosse un bello scherzo?

Harry si stiracchiò felice. Il professor Piton continuava semplicemente a prendersi cura di lui. Anche se – come la professoressa McGranitt si era premurata di spiegargli – Harry avrebbe giocato contro la squadra di Quidditch della Casa di Piton, l'uomo si era interessato ai suoi provini. Ancora meglio, nell'istante in cui Harry aveva appena menzionato il fatto di non sentirsi bene, si era concentrato su di lui, stabilendo che cosa c'era che non andava e migliorando la situazione. Harry non aveva pensato che la sua blanda lamentela riguardo alla propria stanchezza avrebbe portato a qualcosa: ai Dursley piaceva sentirlo gemere, ritenendo che mostrasse che stava lavorando duramente; così aveva preso l'abitudine di lamentarsi un po'. Non abbastanza da rendersi colpevole di piagnucolare, badate bene, solo a sufficienza da indicare che non stava perdendo tempo.
Ma mai in un milione di anni sua zia o suo zio gli avrebbero massaggiato la schiena – o il sedere! – per farlo sentire meglio, per non parlare del dargli una medicina. Harry guizzò per la pura felicità. Il professore si prendeva davvero, davvero buona cura di lui.
Era anche divertente. Fingere che Harry stesse veramente bevendo calzini sporchi. Harry sorrise. Questa era veramente buona – avrebbe dovuto vedere se riusciva a farci credere qualcuno degli altri ragazzi. E dargli il permesso di studiare più del dovuto? Questo era un altro segno di quando gentile il professor Piton fosse. I Dursley non gli avrebbero mai lasciato fare i compiti assegnati, perché non facesse sembrare Dudley anche più ottuso di quanto era, e la maggior parte dei suoi professori stabiliva di conseguenza che fosse pigro e stupido come uno cugino. Qualunque domanda Harry potesse avere riguardo ai suoi compiti riceveva una risposta breve e semplice, dal momento che uno studente tanto lento non poteva assolutamente comprendere concetti complessi. E invece il professor Piton non solo si aspettava che lui conoscesse le risposte, voleva anche che Harry provasse a indovinare le cose da solo quando non le sapeva.
Ad Harry piaceva leggere – dai Dursley era stata la sua sola via di fuga – così che gli venisse detto di cercare qualcosa era un'ottima ragione per passare del tempo tra i suoi libri: e sapere che il professore desiderava prendersi del tempo per guardare quel che avrebbe trovarto, e per dirgli se era giusto o sbagliato... Be', questo era uno sforzo maggiore di quello che chiunque altro avesse avuto intenzione di spendere con Harry.

“Come ti senti ora?” chiese Piton, domandandosi se la pozione si fosse inaspettatamente combinata con le tossine dei muscoli stressati per creare una sensazione di stordimento incoerente. Per quale altra ragione il ragazzo – er, il moccioso – sarebbe stato intento a sorridere in una maniera tanto strana?
“Meglio,” rispose Harry immediatamente. Si massaggiò il sedere un'ultima volta. “Ancora un po' dolorante, signore, ma molto meglio di prima. Quella pozione è brillante, anche se ha un sapore pessimo!”
Piton aggrottò la fronte, più per principio che per altro, e porse al ragazzo il piccolo barattolo. “Massaggiati questo balsamo sul sedere e le cosce prima di cena e di nuovo al mattino. Quei muscoli sono particolarmente tesi, e tu non hai volato prima. Avrai bisogno di prepararli gradualmente nel corso delle prossime settimane.” Fece una pausa quando un pensiero lo colpì. “Baston ti ha mostrato come riscaldarti prima e dopo l'allenamento?”
Harry scosse la testa sconcertato. “No, signore. Si riscalda la scopa?”
“Idiota.” Piton scosse la testa con fastidio. “Devi riscaldare i tuoi muscoli per evitare precisamente le difficoltà che hai appena sperimentato.” I suoi occhi si strinsero mentre contemplava quale vendetta avrebbe compiuto sul capitano Grifondoro. Ci avrebbe pensato lui ad insegnare a Baston ad ignorare il benessere di uno studente del primo anno nella sua noncurante eccitazione per aver trovato un nuovo Cercatore.
“Signore?” La voce di Harry lo fece riemergere da piacevoli fantasie di Baston che singhiozzava cominciando a strofinare il quindicesimo calderone in una notte. Oh, avrebbe mostrato a quell'idiota cosa fosse una schiena dolorante!
“Che c'è?” chiese.

“Non dovremmo andare dai Weasley, signore?” chiese Harry cautamente. Non sarebbe stato sorpreso di scoprire che i Weasley avevano cambiato idea. Dopotutto, il professore era un grande tutore e si stava già prendendo cura di Harry meglio di quanto lui avesse osato sperare: avere una seconda famiglia, oltre a ciò, be', sembrava quasi avidità. Harry avrebbe capito se i Weasley avessero deciso di avere ragazzi a sufficienza per tenerli occupati e di non aver bisogno di un inutile mos – oh oh. Harry si interruppe a metà del pensiero e gettò un'occhiata colpevole verso il professore. Dati gli altri talenti dell'uomo, Harry non si sarebbe stupito di scoprire che poteva anche leggere le menti.
Se Piton avesse sentito ancora Harry riferirsi a sé stesso come un mostro, il ragazzo immaginava che sarebbe stato fortunato a finire solo con un altro blocco di righe da scrivere: il professore aveva reso chiaro che non gli piaceva che usasse quel termine, anche se Harry non era del tutto sicuro di credere che l'uomo avrebbe effettivamente portato a compimento l'insaponatura della bocca che aveva minacciato.
Il professore era stato, in linea di massima, inaspettatamente e sorprendentemente gentile. Malgrado tutti i suoi scatti d'impazienza e i suoi ringhi – e nonostante Harry l'avesse abbondantemente provocato – non aveva ancora dato ad Harry uno schiaffo come quello della prima notte. Harry non era sicuro del perché. Sì, Piton aveva detto che era stato “inappropriato”, ma Harry sapeva perfettamente che qualche volta lui era davvero, davvero cattivo, come quando aveva disobbedito a Madama Bumb: e se aveva imparato una cosa dai Dursley, era che, comportandosi male, si veniva sempre puniti. Ma Piton, pur non essendo affatto eccessivamente tollerante, non sembrava afferrare il concetto di punizione.
Invece di saltare in avanti e schiaffeggiare veramente Harry per bene, aveva fatto cose come assegnarli righe, che gli avrebbero permesso di fare molta, necessaria pratica nell'uso di una penna; o gli aveva fatto scrivere saggi che gli avrebbero insegnato qualcosa; o aveva insistito sul fatto che dovesse venire e spendere tempo con il professore. Harry aggrottò la fronte. Il professor Piton sembrava avere i concetti di “ricompensa” e di “punizione” interamente confusi.
Harry sapeva che si supponeva che le punizioni facessero male, ma anche gli schiaffi di Piton non l'avevano fatto, per niente; erano stati poco più che buffetti ammonitori sul sedere. Certo, sapere che il professore era arrabbiato con lui faceva male. Un sacco. Molto più che qualunque scarica di botte dei Dursely, in effetti. Sentire che aveva fatto arrabbiare l'uomo o che l'aveva deluso faceva dolere il cuore di Harry molto più di quanto il suo sedere avesse fatto mai, e quel dolore non scompariva affatto così velocemente.
Harry aggrottò la fronte con aria pensierosa. Forse il professore, dopotutto, sapeva qualcosa riguardo alle punizioni.

Piton trattenne un sospiro. Non poteva rimandare più a lungo: sarebbero dovuti andare alla Tana e cenare con i Weasley. Grugnì tra sé e sé, chiedendosi se Molly avrebbe ripresentato le sue obiezioni alla sua tutela di fronte al ragazzo. Be', ottimo. Che lo facesse. Se il ragazzo sceglieva di spendere tutto il suo tempo con quel clan di semplicioni dalla testa rossa, affari suoi. Non era come se a Piton importasse qualcosa.
Adocchiò il ragazzo. Si era ovviamente lavato dopo il Quidditch; quello spazzolone ingarbugliato che lui chiamava capelli era umido ed anche più disordinato del solito. “Vieni qui,” ordinò, flettendo un dito nella direzione in cui il ragazzo se ne stava con un'espressione corrugata rivolta a sé stesso, ovviamente perso in un sogno ad occhi aperti; probabilmente chiedendosi cosa avrebbero avuto per dolce quella sera, ghignò Piton.

Harry camminò obbediente verso il professore e si fermò, pietrificato per lo choc, quando l'uomo gli sollevò entrambe le mani per ispezionargli le unghie, poi controllò dietro alle sue orecchie. “Che c'è?” chiese Piton, scorgendo l'espressione del ragazzo. “Pensi che ti permetterei di imbarazzarci entrambi arrivando malamente pulito?”
“N-no, signore,” Harry inghiottì. “E' solo che nessuno mai – Voglio dire, io non ho -” Si interruppe, senza sapere come spiegare che alla zia Petunia non era mai importato che lui sembrasse un completo straccioncello, finché non camminava troppo vicino alla sua famiglia. Non aveva mai avuto nessuno che si prendesse il disturbo di assicurarsi che apparisse a a posto: usualmente aveva da affidarsi alle risate degli altri ragazzi a scuola per dedurre cose come il significato di “alla rovescia” o che si era abbottonato la camicia storta.

Piton sbuffò sarcastico di fronte a questo ulteriore esempio dell'incapacità del ragazzo di articolare pensieri coerenti. Non potendo trovare mancanze nell'igiene del ragazzo, rivolse la propria attenzione ai suoi vestiti. “Perché sei nell'uniforme scolastica?” chiese. “Non ti avevo detto di vestirti al meglio così che avresti fatto una buona impressione? Pensi che stessi parlando a me stesso?”
Harry ridacchiò di fronte all'immagine mentale del professor Piton intento ad avere una piacevole conversazione con sé stesso, ma inghiottì in fretta la propria ilarità quando gli occhi di Piton si assottigliarono. “No, signore,” disse, piegandosi per recuperare la sua cartella. Era una bella sensazione poter dare la schiena a qualcuno senza preoccuparsi che questi avrebbe colto l'opportunità per colpirlo – o peggio. Aveva imparato a non dare mai la schiena allo zio Vernon o a Dudley, non dopo l'ultima volta, quando un calcio sul sedere non solo l'aveva sollevato da terra, ma lo aveva anche spedito in volo per mezzo soggiorno.
Sì, rifletté Harry, era una sensazione grandiosa avere la possibilità di fidarsi del professor Piton; e sapere che aveva avuto il permesso di difendersi se qualcun altro avesse provato a fargli del male. Si chiese se il professore sapesse quant'era bello sapere che non avrebbe dovuto mai più preoccuparsi che un colpo venisse fuori da chissà dove.

Piton fissò la borsa, incredulo. Il piccolo mostro progettava davvero di spostarsi dai Weasley. “Cosa stai facendo, in nome di Merlino, con quella, tu, atroce moccioso?”
Il ragazzo tirò fuori alcuni stracci macchiati. “Be', sapevo che non volevi che io mettessi l'uniforme scolastica, ma i miei altri vestiti non sono belli. Ho pensato che li avrei portati e che avresti potuto decidere.”
Piton arricciò il naso e sollevò gli offensivi “indumenti” dalle mani del ragazzo usando il minor numero di dita che fosse possibile. “Questi non possono essere assolutamente i tuoi vestiti migliori,” sibilò, gettando un'occhiataccia al moccioso. I jeans e la maglietta da poco prezzo erano sporchi ed enormi: si sarebbero appesi alla magra figura di Potter come un costume da pagliaccio.
Harry arrossì. “Mi dispiace,” disse, vergognoso. “Immagino che avrei dovuto prendere dei vestiti normali quando Hagrid mi ha portato a Diagon Alley, ma non erano sulla lista...”
Piton dette fuoco agli stracci con un Incendio, desiderando di aver potuto incendiare così i Dursley stessi. Dunque avevano vestito il bambino di Lily con abiti usati e malmessi che nessun ente di carità che si rispettasse avrebbe accettato, e poi avevano fatto sentire il ragazzo come se fosse colpa sua il fatto che non avesse un paio di mutande da chiamare proprie. La rabbia rese la sua voce anche più dura del solito. “Certo che non lo erano, idiota di un ragazzino. I genitori ed i tutori normali provvedono vestiti adatti per i loro bambini, ed è di conseguenza inutile specificarlo sulla lista della scuola. Tu hai avuto la sventura di essere lasciato con creature disgustose la mostruosità delle quali è apparentemente illimitata. Tu ed io andremo a fare compere nel prossimo futuro: ho intenzione di spezzare, una volta e per tutte, il lascito residuo dell'orrore dei tuoi parenti.”

Harry inghiottì. Il professore sembrava spaventosamente irato, ma invece di rimproverare sonoramente Harry per la sua mancanza di previdenza gli aveva invece promesso un'escursione per fare compere. Harry stava diventando orribilmente confuso: il professor Piton davvero doveva essere nuovo a questa cosa del genitore, per avere le punizioni e le ricompense così mescolate.
Oh! Forse era per questo che stavano andando dai Weasley? Così che i genitori di Ron potessero spiegare delle cose al professore, per esempio come i bambini dovrebbero essere puniti e quante ore al giorno dovrebbero trascorrere facendo lavori e cose del genere. Il professor Piton ovviamente non capiva davvero come si supponeva che le cose fossero, e i Weasley, con tutti i loro figli, sarebbero stati capaci di metterlo sulla giusta strada. Harry inghiottì a vuoto. Si chiese quanto severi fossero i Weasley. Ron aveva detto che la sua mamma era famosa ad Hogwarts per le sue “strillanti”. Harry non pensava che gli sarebbe piaciuto se il professore avesse urlato contro di lui, anche se immaginava fosse meglio che venire schiaffeggiati dai Dursley. Comunque, il suo stomaco fece un piccolo salto al pensiero di avere il professore che gli urlava contro come i suoi parenti usavano fare.

“Molto bene, Potter. Indosserai la tua uniforme scolastica. Ora vieni con me.” Piton lo guidò verso il camino, chiedendosi perché gli sembrasse di avere lo stomaco fatto di piombo. Certo che il ragazzo avrebbe preferito i Weasley a lui. Questo era un dato di fatto. Ed era stato questo l'obiettivo, no? Darlo ad una famiglia vera così che potesse essere coccolato e viziato da quegli imbecilli dalla testa rossa?
Potter, com'era prevedibile, si bloccò davanti al camino. “Cosa – cosa stai facendo?” inghiottì.
“Non hai mai viaggiato con la Metropolvere?” disse Piton con impazienza; poi alzò gli occhi al cielo. Certo che non l'aveva mai fatto. Un pensiero orribile lo colpì, e si chinò per fissare direttamente il ragazzo. “I tuoi parenti ti hanno mai bruciato? Nel camino o sul fornello?” Se si fosse trattato di questo, allora il bambino avrebbe potuto essere veramente incapace di usare la Metropolvere.

Harry sbatté le palpebre. “No,” rispose onestamente. Per quanto i Dursley fossero stati spaventosi, non erano stati così depravati. Schiaffi e pacche e cinghiate, insulti e negletto ed espressioni di disgusto – tutto questo gli era stato diretto contro, ma i suoi parenti non erano stati sadici. Erano stati forzati a prendersi cura di un bambino indesiderato, mostruoso e pericoloso, e si erano assicurati che lui fosse consapevole di questo in ogni momento della sua vita, ma non l'avevano ferito solo per il gusto di fargli male. “Per la maggior parte del tempo erano solo cattivi – sai, con quel che dicevano e come mi chiamavano e come mi guardavano – ma, anche quando mi colpivano, in genere era solo con le mani.” Certo, la mano dello zio Vernon faceva parecchio male, come quella della zia Petunia, ma era stato chiaro che non avevano voluto veramente toccarlo. “Usavano la spazzola o la cintura, qualche volta, ma in genere gridavano e mi schiaffeggiavano solo. Era più il fatto che non sapessi mai quando sarebbe accaduto, non era poi così tanto male. In genere.” si corresse, ricordando quelle volte in cui era stato decisamente orribile. “Non è come se mi rompessero le ossa o mi bruciassero o mi annegassero o niente,” aggiunse, leggermente indignato.
Piton si lasciò sfuggire uno sbuffo che era per metà sollievo che il disgusto dei Babbani verso la magia li avesse portati ad essere più negligenti che abusivi verso il ragazzo, e per metà indignazione che avessero potuto essere così arroganti e chiusi nel loro modo di pensare. Stupidi Babbani! “D'accordo. Seguimi.”
Ma il ragazzo esitò ancora, guardando le lingua di fiamma con timore.
Piton sospirò, frustrato, e afferrò il ragazzo tra le braccia. Sorpreso, Harry si aggrappò istintivamente al corpo del professore, e quando Piton marciò fermamente verso le fiamme, sussultò per la paura ed affondò la faccia nel collo dell'uomo.



Note alla traduzione: Crollo alla tastiera, perciò mi limito a ringraziare tutti quelli che si sono fermati a lasciarmi un commento, e shinu e Vekra in particolare per avermi segnalato diversi errori presenti nei capitoli passati.
Vi prego di manifestare tutto il vostro supporto alla mia Amata Beta, che, malgrado la vita se la mangi, riesce a trovare il tempo di betare tutti i capitoli.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***







Piton sospirò, frustrato, e afferrò il ragazzo tra le braccia. Sorpreso, Harry si aggrappò istintivamente al corpo del professore, e quando Piton marciò fermamente verso le fiamme, sussultò per la paura ed affondò la faccia nel collo dell'uomo.

Harry sentì il professore sbottare “La Tana”, ma la vampa di calore che si era aspettato non giunse mai: invece, vi fu uno strano suono che li investì, e poi il professore stava improvvisamente camminando in avanti, ancora, poi fermandosi. Harry sbirciò cautamente e vide due adulti con i capelli rossi che lo fissavano, con espressioni di assoluto choc sulle loro facce.
Incoraggiato, Harry si raddrizzò e vide che si trovavano, ora, in un soggiorno accogliente, con giocattoli magici e libri sparpagliati attraverso la stanza assieme ad una marea di foto di famiglia. “Forte!” sorrise. “E' stato fantastico, Professore!”

Piton si schiarì la gola. Cosa, in nome di Merlino, ci faceva il ragazzo ancora nelle sue braccia? Aveva perso la pazienza davanti all'esitazione del ragazzo – per quando potesse essere comprensibile in qualcuno per il quale il Mondo Magico era così nuovo – e l'aveva sollevato così che potessero raggiungere i Weasley un po' prima che Voldemort risorgesse. Non era stato per un desiderio di proteggere o rassicurare il moccioso, ma semplicemente perché il ragazzo era ancora piccolo a sufficienza da poter essere fisicamente preso e costretto all'obbedienza. Quando Potter gli si era aggrappato come un fottuto primate, era stato troppo sconcertato per rimostrare con lui. Oltretutto, aveva evitato che il moccioso inalasse della fuliggine e poi vomitasse tutto addosso alle vesti pulite di Piton.
Il loro arrivo alla Tana aveva creato una certa agitazione: Piton avrebbe fatto tesoro per sempre dell'espressione sulla faccia di Molly nel momento in cui lui era apparso nel fuoco con il moccioso Potter raggomitolato tra le braccia come un bambino piccolo.
Arthur fu il primo a riprendersi. “B-benvenuti alla Tana, Severus, Harry,” disse, solo un debole tremito nella voce a rivelare lo stupore per lo spettacolo di fronte a lui.
A Piton sarebbe piaciuto ghignare, ma, realizzando che stava agendo in funzione del proprio dovere di modello di comportamento, si sforzò di replicare civilmente. “Grazie, Arthur. Vi siamo grati per il vostro gentile invito. Harry,” spronò, il tono tagliente. Perché non se ne sta dritto sui propri piedi? “Saluta i Weasley.”

“Salve, signore, signora,” disse Harry timidamente. Sapeva perfettamente che si stava comportando come un bambino piccolo. Qualunque undicenne che si rispettasse si sarebbe scapicollato fuori dalle braccia del professore alla prima opportunità, mortificato per essere stato trattato come un bimbo. Ma Harry non era mai stato trattato come un bimbo, neanche quando lo era, e scoprì che gli piaceva decisamente la sensazione di sicurezza procurata dall'essere trasportato nelle braccia di un adulto. Ancor di più, sapeva che, una volta che i Weasley avessero avuto un'opportunità di parlare con il Professor Piton, gli avrebbero messo in chiaro che gli undicenni erano troppo vecchi per essere coccolati così; dunque, immaginava che questa fosse la sua unica e sola opportunità di venire trattato a questo modo. Oltretutto non c'erano altri bambini attorno ad osservare la sua imbarazzante regressione, perciò all'inferno. Sarebbe rimasto dov'era finché Piton non si fosse staccato le sue dita da attorno al collo.

Severus provò a mettere giù il ragazzo, ma il mocciosetto serrò meramente la propria stretta attorno al suo collo e si aggrappò più forte con le gambe. “Potter,” sibilò nell'orecchio del ragazzo. “Scendi.” Per sua intensa irritazione, il ragazzo gli rivolse un'occhiata laterale, poi lo ignorò del tutto. Cosa diavolo aveva preso al ragazzo? Non aveva mostrato segni di intensa timidezza, prima, ma non era come se Piton lo conoscesse poi così bene.
“Er, ci sediamo?” suggerì Molly, quando i secondi trascorsero e divenne chiaro agli adulti che Harry non aveva intenzione di scendere volontariamente.
“Perché non prendi questa sedia? E' la più confortevole,” invitò Arthur, indicando la poltrona bitorzoluta che Piton ricordava anche troppo bene dalla sua visita precedente.
“Grazie,” riuscì a farsi uscire Piton attraverso i denti serrati. Si lasciò cadere nella sedia, riuscendo a manovrare il ragazzo così che sedesse in grembo a Piton. Un Potter! Seduto sul suo grembo! IL SUO GREMBO! Piton non avrebbe mai superato l'esperienza.

Harry si illuminò, appoggiandosi contro l'ampio petto del professore. Non riusciva a credere che Piton non l'avesse spinto via. Non si era mai seduto sul grembo di qualcuno, prima, neanche su quello del Babbo Natale del centro commerciale, dal momento che i Dursley avevano detto che Babbo Natale non portava regali ai piccoli mostri. Si agitò, cercando un punto comodo – il professore aveva delle ginocchia piuttosto ossute – e si guardò intorno con interesse.

Arthur Weasley aveva superato la sorpresa iniziale e stava ora cercando disperatamente di nascondere il proprio divertimento. Conosceva Severus Piton soprattutto per via del suo lavoro come spia dell'Ordine nell'ultima guerra e come insegnante dei suoi figli: in nessuna delle due incarnazioni l'uomo era stato nulla se non minaccioso e sinistro. Vederlo, adesso, sistemarsi goffamente un bambino sulle gambe... Arthur si chiese se l'Apocalisse fosse prossima.

Molly sbatté le palpebre e continuò a sbatterle. Semplicemente, non aveva senso. Il Severus Piton che conosceva – o che pensava di conoscere, ammise in silenzio – non avrebbe avuto pazienza per un bambino appiccicoso: Molly si sarebbe aspettata che Piton o lo respingesse con uno schiaffo pungente o – nella migliore delle ipotesi – che rimettesse a posto il ragazzo con qualche insulto crudele. Invece, aveva tollerato l'aperta disobbedienza del ragazzo (Molly aveva un udito eccellente) ed ora stava anche strofinandogli la schiena con atteggiamento rassicurante.

Severus si agitò nervosamente. Odiava le serate in società. Era terribile in queste, per non dire del tutto privo di esperienza. Silente l'aveva costretto a partecipare ad alcuni eventi sociali “genitori-insegnanti” poco dopo la sua assunzione; ma, dopo che Severus aveva ridotto diversi parenti in lacrime con le sue osservazioni taglienti sulle prodezze scolastiche, educazione e probabile carriera futura dei loro figli, anche Albus si era arreso. A Piton era stata data una dispensa speciale per evitare tutte le occasioni nelle quali era probabile che venisse messo a contatto diretto con i genitori, e così il suo calendario sociale dell'ultimo decennio era stato in gran parte ristretto agli incontri di Mangiamorte. Spiare e socializzare erano un pessimo connubio, ed anche i suoi compagni Mangiamorte avevano imparato in fretta a non invitarlo a cena.
Il risultato era che si sentiva come un goffo adolescente in queste cose. Cosa si supponeva che facesse? Era suo compito come ospite fare conversazione, o i Waeasley come suoi anfitrioni? Ancora una volta invidiò il naturale savoir-faire di Lucius Malfoy. Si poteva dire quel che si voleva riguardo ai bigotti purosangue, ma almeno erano tutti dotati di maniere eccellenti: non che scegliessero spesso di usarle, ma almeno potevano.
Caro Mensile del Purosangue, pensò, che consiglio avreste per un mezzosangue Mangiamorte (in pensione) che fosse invitato a cena a casa di traditori del loro sangue e si trovasse con Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto incollato alle ginocchia? Devo usare un coltello da pesce, da burro o da bistecca per rimuovere chirurgicamente il moccioso? E' considerata pessima forma tagliarmi la gola piuttosto che soffrire una serata tanto tormentosa? Se non lo è, quale coltello devo usare? Il suicidio è considerato più o meno un faux pas se si aspetta fino a che la cena non sia stata servita?
Piton si schiarì la gola. Doveva dire qualcosa. Qualunque cosa. Fece dardeggiare selvaggiamente lo sguardo nella stanza, cercando ispirazione, e realizzò con orrore che, nel suo nervosismo, stava distrattamente battendo piccole pacche sulla schiena del mostriciattolo.

Harry si rilassò con un sospiro felice mentre il professore gli strofinava gentilmente la schiena. I suoi muscoli erano ancora doloranti per tutto quel Quidditch, e poi si era teso nuovamente, preoccupandosi per i Weasley. Era spaventosamente gentile da parte del professore capirlo ed aiutarlo a calmarsi. E lo stava facendo di fronte ai Weasley, anche! Non stava nascondendo quel che provava o fingendo una cosa in pubblico e facendo qualcos'altro in privato. Wow, Harry era davvero fortunato.

“Allora, Harry, ti stai godendo Hogwarts?” chiese il signor Weasley, realizzando che la sua generalmente loquace moglie era, per una volta, scioccata al punto da essere senza parole dall'immagine che aveva di fronte.

“E' fantastica!” replicò Harry con un ampio sorriso.
“Finora qual è stata la parte che hai preferito?”
Harry gettò un'occhiata al di sopra della spalla. “Incontrare il Professor Piton,” rispose onestamente, girandosi verso il papà del suo migliore amico.

Arthur fece del suo meglio per ignorare i suoni strozzati che emersero sia da sua moglie che dal suo ospite alla replica di Harry. “Davvero? E perché?” continuò, sentendo di stare scivolando sempre più nella tana del coniglio verso qualche universo alternativo alla rovescia.
“Perché è stato davvero grande,” spiegò Harry. “Si sta prendendo cura di me, ora, sa.”

“Harry, tesoro, non ti piacerebbe che noi ci prendessimo cura di te?” chiese Molly debolmente. Tenne gli occhi sulla faccia di Harry, ignorando sia l'occhiataccia assassina di Piton che l'espressione di corrugata disapprovazione di Arthur.

Harry si ritrasse contro il petto del Professor Piton. “Uhm...” Non era sicuro di come rispondere. Non voleva insultare la famiglia del suo migliore amico, e voleva visitarli un sacco – probabilmente – ma non voleva perdere nemmeno il Professor Piton. Anche se i Weasley avessero spiegato al professore come avrebbe dovuto funzionare quella cosa del genitore, e gli avessero impedito di continuare ad essere così tollerante, ad Harry sarebbe piaciuto comunque avere qualcuno così grosso e spaventoso ad occuparsi di lui.

Molly si riscosse. Il linguaggio del corpo di Harry diceva tutto e, che Merlino l'aiutasse, Severus Piton aveva brillato per la sue dimostrazioni protettive verso il ragazzo sin dal momento in cui era arrivato attraverso il camino. Ovviamente i suoi preconcetti erano stati sbagliati: Harry era – piuttosto sorprendentemente – felice con l'austero uomo, e che lei fosse dannata se avesse permesso a chiunque, compresa lei stessa, di interferire con la sua scelta. Certamente, se le cose fossero mai cambiate sarebbe stata la prima a portargli via il ragazzo; ma, per ora, era chiaro che Harry era dove aveva bisogno di essere.
“Be',” si sforzò di suonare allegra, “anche se non vuoi che ci prendiamo cura di te tutto il tempo, magari potresti voler comunque visitarci per un po' di tempo?” Lo guardò speranzosa. “E, certo, il Professor Piton potrebbe venire con te ogni volta che lo desideri.”

Harry si girò per guardare di nuovo il professore, in cerca di rassicurazione. Se anche Piton fosse stato lì, allora era diverso. Sorrise a Molly. “Sarebbe bello.”
Lei sospirò per il sollievo. Poi, boccheggiò. “I miei antipasti!” Schizzò verso la cucina.

“Harry, oltre a Pozioni,” disse Arthur facendogli l'occhiolino, “quali sono, per ora, la tua lezione preferita e quella che preferisci di meno?”
“Penso che Trasfigurazione sia veramente difficile,” ammise Harry, “anche se la insegna la Professoressa McGranitt. Lei non riserva alla sua Casa nessun trattamento speciale,” disse, gettando un'occhiata scaltra verso il Professor Piton.
Arthur rise, perfettamente consapevole per via dei suoi figli del trattamento preferenziale dei Serpeverde da parte di Piton. “Pensi che avere il tuo ragazzo in classe sarà facile o difficile, Severus?”

Piton si strozzò di nuovo. Il suo ragazzo? Weasley l'aveva detto veramente? Non era così fuori di sé da farsi sfuggire il modo in cui Harry si raddrizzò orgogliosamente alla domanda: il moccioso ora lo stava adocchiando con – buon Dio! - un'autentica aria da proprietario.
“Ho già avvertito il signor Potter che mi aspetto alti livelli di comportamento e risultati scolastici da parte del mio pupillo,” riuscì finalmente a lasciarsi scappare, malgrado il suo ghigno abituale fosse sciupato dal tremito nella sua voce.
Harry sospirò ed alzò gli occhi al cielo. “E' spaventosamente severo,” disse ad Arthur, sporgendosi in avanti ed abbassando la voce in tono di confidenza. “Devo già scrivere 700 righe per lui, e non è ancora passata neanche un'intera settimana scolastica!”
“Sono seduto proprio qui.” Piton punzecchiò con il dito il mocciosetto, irritato. Come osava riferirsi a lui in terza persona! Con suo ulteriore fastidio, Harry ridacchiò e Arthur rise. Ovviamente, doveva punzecchiare più forte. Oppure un bel pizzicotto deciso...

“Allora, qual è la tua classe preferita?” proseguì Arthur, felice di quanto Harry si stesse rilassando. Almeno, allevare sei ragazzi rendeva facile cominciare una conversazione con uno.
“Mi piace volare! Abbiamo avuto la nostra prima lezione oggi,” rispose Harry, gli occhi scintillanti. Molly, che era appena rientrata con piccoli piatti di leccornie, sorrise al vedere la sua animazione. Poggiò uno dei piatti di fronte al bambino, proprio mentre questi spiegava, con un'occhiata colpevole a Piton, “Sono finito nei guai, però.”
“Cos'è successo?” chiese lei, il tono consolatorio. “Hai volato troppo in alto?”

Harry si contorse. Non avrebbe voluto confessarlo ai Weasley: non voleva che pensassero che fosse uno che creava problemi o qualcosa del genere. “Madama Bumb ha dovuto portare Neville in infermeria, e ci ha detto di restare a terra, ed io, più o meno, non l'ho ascoltata.”
“Harry James Potter!” lo rimproverò Molly in una voce che anche Harry riconobbe come il tono da mamma da “sei in grossi guai, giovanotto”. “E' stato davvero pericoloso!”
“Particolarmente dal momento che si è quasi schiantato contro le mura del castello nello sforzo di salvare uno sciocco gingillo,” puntualizzò una voce serica da dietro di lui, ed Harry si girò per guardare con aria riprovatoria il suo professore.

Piton ghignò. Questo avrebbe mostrato agli Weasley che il Principe Potter non era tanto un piccolo angelo.
Com'era ovvio, Molly parve anche più preoccupata. “Harry! Non era la tua prima volta su una scopa? Cosa sarebbe accaduto se non fossi stato in grado di fermarti in tempo? Avresti potuto farti male! Promettimi che non farai più nulla di così sciocco, o non potrò smettere di preoccuparmi per te!”

Harry abbassò la testa; ma dentro di sé era euforico. Tutte queste persone erano preoccupate per lui! Anche se lo stavano rimproverando, era perché erano spaventate che avrebbe potuto farsi male. Questo era grandioso! “Prometto,” disse, mentre Molly protendeva una mano gentile e con la punta delle dita gli faceva sollevare il viso. Lui sorrise incontrando i suoi occhi ansiosi. A lei, lui piaceva davvero!
“Non lo farò di nuovo, prometto,” disse, cercando di rassicurarla. “Il professor Piton l'ha visto ed è stato davvero arrabbiato! Mi ha picchiato e tutto.”

La temperatura nella stanza calò bruscamente di diversi gradi, mentre entrambi i Weasley rivolgevano occhiatacce furiose a Piton. Lui replicò con un'altra occhiataccia. Non aveva intenzione di spiegarsi: che andassero ad urlare a Silente, se volevano opporsi alla sua scelta come tutore.
“Hmf,” sbuffò Molly, gettando a Piton uno sguardo malefico. “Harry, amore, vorresti aiutarmi a portare le bibite? La Burrobirra tende a perdere le bollicine se viene presa con un Accio.”

Harry annuì amichevolmente e saltò giù dal grembo di Piton. La signora Weasley era gentile come la ricordava, ed anche il signor Weasley sembrava gentile. Magari non avrebbero detto al professor Piton di essere troppo duro con lui.

“Vedo che è già finito nei guai,” disse Arhur quietamente una volta che Harry ebbe lasciato la stanza. “Sta avendo dei ripensamenti?”
Piton non aveva intenzione di ammettere nulla di fronte a Weasley. “Non mi aspettavo affatto che un undicenne fosse un modello di perfetto comportamento.”
“Sembra che lei l'abbia messo in chiaro anche con Harry,” commentò l'uomo più anziano in tono neutro.
Harry e Molly fecero ritorno in quel momento con le bevande, e la conversazione riprese, focalizzandosi principalmente intorno alle memorie di Hogwarts degli Weasley più anziani e delle loro avventure lì. Harry ascoltò felice, deliziato di imparare di più sulla sua nuova scuola, mentre Severus guardava male la propria Burrobirra e desiderava che la serata finisse.
Quando si spostarono verso la tavola da pranzo, gemente sotto al peso di cibo sufficiente a nutrire un'armata – o l'intero clan dei Weasley – Harry rimase indietro.
Piton gli gettò un'occhiataccia; ma, quando il ragazzo non li raggiunse al tavolo, si trattenne accanto a lui. “Qual è il problema?” domandò, impaziente, tenendo la voce bassa. “Devi andare in bagno?”
Harry scosse la testa. “Dove dovrei andare?” bisbigliò.
Piton aggrottò la fronte per la confusione. “Che intendi?”
“Devo andare in cucina? Potrei cominciare a lavare le pentole, se lo faccio, o i Weasley vogliono che aspetti in soggiorno? O magari nella stanza di Ron?”
“Di che cosa stai parlando?”

Harry sospirò. Certe volte gli adulti, anche il professor Piton, potevano essere davvero lenti. “Mentre voi state mangiando. Cosa faccio? Dai Dursley venivo sempre mandato nel mio ripostiglio quando c'erano ospiti a cena, ma qui non so dove andare. Dovrei andare ad aspettare in camera di Rom, o pensi che dovrei cominciare a pulire la cucina?”

“Tu devi venire a tavola con noi,” disse Piton, troppo stupefatto anche per insultare il ragazzino. “Sei stato invitato qui per cena, non per guardare gli adulti mangiare mentre ti comporti come un elfo domestico.”

“Ma... vuoi dire che posso mangiare con voi? Insieme?” Harry rimase a bocca aperta. Era rimasto sorpreso e compiaciuto quando gli era stato permesso di unirsi agli adulti per le burrobirre e gli spuntini. Non avrebbe mai immaginato che avrebbe potuto veramente sedersi a tavola durante il pasto.

Adesso il loro bisbigliato tête-à-tête aveva attirato l'attenzione dei Weasley. “Tutto a posto, Severus?” chiese Arthur, mentre Molly adocchiava Piton con aria di sfiducia. Il commento affrettato di Harry riguardo all'essere stato picchiato aveva risvegliato tutti i suoi dubbi.
“Sì,” replicò Severus in un tono che li sfidava a contraddirlo. Posò una mano sulla spalla di Harry e lo tirò con sé, parlandogli quietamente. “Ti siederai a tavola e ti comporterai come un gentiluomo. Osserva me o i Weasley se sei incerto sul come reggere le posate, e non gettarti sul cibo come una bestia famelica.” Piton aggiunse alla fine, ricordando come appariva Ron alla tavola di Grifondoro.

Harry, confuso, prese posto sulla sedia indicatagli. Questo era senza precedenti. Gettò un'occhiata incerta ai Weasley, un po' più che convinto per metà che Severus avesse commesso un errore e che l'avrebbero allontanato dalla tavola: ma Arthur gli sorrideva, e Molly gli stava già passando il cestino del pane. Harry ne prese una fetta e il raggiante sorriso che ne risultò fece salire le lacrime agli occhi di Molly.
Harry si comportò piuttosto bene, tutto considerato. Guardò Piton con attenzione, e il professore rallentò i propri movimenti, rendendo facile per il bambino mimarli. I Weasley si accorsero subito di quel che stava accadendo, ed anche Molly cominciò a pensare di essersi sbagliata riguardo a Piton; poi Harry provò a sollevare il piatto dell'arrosto e sussultò.
“Tutto a posto, tesoro?” chiese Molly, preoccupata. “E' troppo pesante. Arthur, aiutalo.”
“Grazie,” disse Harry educatamente, tagliando un pezzo di carne come aveva visto fare al professor Piton.
“Stai bene?”
“Sì,” esclamò Harry allegramente. Al suo fianco, Piton soffocò un gemito, sapendo cosa sarebbe seguito. “Sono solo ancora un po' dolorante dopo questo pomeriggio.”
“Dolorante!” ripeté Molly con voce sempre più alta, gli occhi fissati con espressione furiosa su Severus. Com'era piuttosto naturale, avendo sentito che Harry era stato schiaffeggiato prima quel giorno, era balzata alla conclusione che si stesse riferendo ai postumi della sua punizione. “Sei ancora dolorante?”
“Sì,” confermò Harry, del tutto ignaro del tumulto in corso attorno a lui. “Il professor Piton dice che ci metterò un po' ad abituarmi. Mi ha dato una crema per il sedere, però. Quello mi fa ancora più male che la schiena o le braccia.”
Arthur gettò un'occhiata al viso della moglie e si alzò in piedi, tirandola in cucina. “Er, Severus, vorresti darci una mano? Continua pure a mangiare, Harry,” gli ordinò con calma, “noi torneremo subito.”



Note alla traduzione: In questo capitolo l'Amata Beta non ha potuto beteggiare. La ringrazio egualmente per tutte le volte che c'è stata (e per quelle in cui ci sarà, mwahahah), e mi scuso, perciò, per eventuali errori nella traduzione: sono tutta colpa mia. Per cercare di pubblicare il prima possibile e di passare all'ottavo capitolo (la strada verso la conclusione è ancora luuuunga) ho deciso di aggiornare la storia senza rileggere più che superficialmente la traduzione. Perciò la presenza di errori non è solo probabile, è certa.

Grazie a tutti!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***







“Sì,” esclamò Harry allegramente. Al suo fianco, Piton soffocò un gemito, sapendo cosa sarebbe seguito. “Sono solo ancora un po' dolorante dopo questo pomeriggio.”
“Dolorante!” ripeté Molly con voce sempre più alta, gli occhi fissati con espressione furiosa su Severus. Com'era piuttosto naturale, avendo sentito che Harry era stato schiaffeggiato prima quel giorno, era balzata alla conclusione che si stesse riferendo ai postumi della sua punizione. “Sei
ancora dolorante?”
“Sì,” confermò Harry, del tutto ignaro del tumulto in corso attorno a lui. “Il professor Piton dice che ci metterò un po' ad abituarmi. Mi ha dato una crema per il sedere, però. Quello mi fa ancora più male che la schiena o le braccia.”
Arthur gettò un'occhiata al viso della moglie e si alzò in piedi, tirandola in cucina. “Er, Severus, vorresti darci una mano? Continua pure a mangiare, Harry,” gli ordinò con calma, “noi torneremo subito.”


Nell'istante in cui la porta della cucina si chiuse alle spalle degli adulti, Arthur gettò un incantesimo silenziante sulla stanza. Appena in tempo. “ABITUARSI? SI ASPETTA CHE CI SI ABITUI? E' IL COLMO! HO INTENZIONE DI CHIAMARE SILENTE IMMEDIATAMENTE!”
Piton si massaggiò la fronte. In teoria, se tutto ciò fosse accaduto a qualcun altro sarebbe stato piuttosto divertente. Dato il suo ruolo nel dramma, tuttavia, lo trovava un po' più che lievemente fastidioso. “Ha male interpretato la situazione,” disse a Molly, senza aspettarsi che lo ascoltasse veramente.
Per sua sorpresa, lei si interruppe. “Come?” chiese. “Sta dicendo che non ha picchiato il bambino? Quel povero, indifeso bambino?”
“Quel povero, indifeso bambino ha quasi spiaccicato le sue minuscole cervella contro le mura del castello! Meritava di essere punito.”
“Allora lasci che il Capo della sua Casa lo punisca assegnandogli righe da scrivere o togliendogli punti o mettendolo in punizione! Cosa voleva fare, intervenendolo e poi punendolo tanto che gli fa ancora male ore più tardi? Cosa gli ha fatto, in nome di Merlino? La sua schiena, le sue braccia, il suo sedere – se Albus non chiama gli Auror lo farò io!”
“Non è dolorante per la mia punizione, stupida strega!” ringhiò Piton. “E' dolorante per il Quidditch. Minerva McGranitt l'ha visto volare e l'ha prontamente preso nella squadra della sua Casa. L'ha sottoposto ad un provino di due ore, ed è per questo che gli fa male.”
“Questa è la scusa più ridicola che io abbia mai sentito!” sbottò Molly. “Ha dimenticato che io ho sette – SETTE! – figli ossessionati dal Quidditch? So perfettamente che gli studenti del primo anno non giocano nella squadra delle Case. Ha la minima idea di quante lamentele su questa regola io abbia sentito nel corso degli anni? Includendo quest'anno?”
“Signora, può considerarmi capace di brutalizzare un bambino, ma pensa veramente che sarei così stupido da picchiare il ragazzo e poi potarlo qui per permettergli di parlarvene?”
Causandogli un miscuglio di gratificazione ed offesa, questo la spinse a fermarsi. “Be', no. In realtà, non ha senso.” Ammise Molly. “E il suo comportamento quando è arrivato... Ma non ho intenzione di correre altri rischi con il benessere del bambino. Mi ha detto lei stesso che Silente l'ha sistemato con dei Babbani che l'hanno abusato per gli ultimi dieci anni; perché, dunque, dovrei credere che abbia scelto meglio questa volta?”
Piton fu infastidito dallo scoprire che aveva effettivamente qualcosa in comune con un Weasley. Peggio ancora, lei era un avversario formidabile ed uno che sarebbe risultato molto utile nel corso delle sue future battaglie con Silente (e la McGranitt) riguardo all'educazione del ragazzo. I suoi istinti da Serpeverde presero il sopravvento. Ovviamente, doveva cooptarla al suo fianco.
“Rispondete ad una mia domanda,” disse bruscamente, sorprendendo entrambi i Weasley con il cambio di soggetto. “Se Ronald avesse disobbedito a Madama Bumb e si fosse gettato in acrobazie a rischio della sua vita, mostrando tuttavia nel contempo abilità nel volo rimarchevoli, cosa avreste fatto?”
I Weasley si scambiarono uno sguardo. “L'avremmo rimproverato fino a fargli ronzare le orecchie, spedito a letto senza cena, avremmo confiscato la sua scopa per una settimana e poi cercato di trovare il denaro per fargli avere lezioni di volo in più,” rispose Arthur per entrambi.
“Gli avreste permesso di unirsi alla squadra della sua Casa, se un'eccezione fosse stata permessa dal Preside?”
“Sì,” annuì Arthur.
“Gli avreste permesso di unirsi alla squadra della sua Casa senza punirlo?”
“Direi proprio di no!” sbuffò Molly.
Severus annuì. Sarebbero andati bene. “Molto bene. Credo che quest'idea di essere suoi tutori insieme possa funzionare.”
“Chiedo scusa!” lo interruppe Molly con veemenza. “Stavo per chiamare gli Auror!”
“Lei è rimasta vittima di un equivoco,” sbottò Severus. Né lui né Molly notarono che Arthur stava sgattaiolando via. “Dopo l'acrobazia di Potter, Minerva ha ignorato tutto tranne l'abilità nel volo del ragazzo – oh, ha preso in considerazione una punizione simbolica, ma tutta la sua attenzione era sul potenziale di Potter come Cercatore. Io ho messo in chiaro che questa era una risposta inaccettabile al suo comportamento, e mi sono occupato di lui personalmente. Io non ho, comunque,” aggiunse in fretta, “ferito il ragazzo. Ha ricevuto appena due pacche sul sedere, una per la sua disobbedienza ed una per essersi messo in pericolo, insieme a delle righe e ad un saggio da scrivere. Poi è andato ai provini ed è stato spremuto senza pietà; certo che è dolorante – l'hanno tenuto su una scopa alla quale non era abituato per due ore, forzandolo ad acchiappare il Boccino ancora e ancora.”
Molly aggrottò la fronte, considerando le sue parole. Aveva ancora un'espressione sospettosa in viso. “Si aspetta che io creda che Minerva McGranitt era disposta a sorvolare su una deliberata disobbedienza da parte di uno dei suoi leoni?”
“Ha mai visto la sua espressione mentre guarda alla Coppa delle Case?” chiese Piton stancamente.
“Be', sì...” Molly esitò. “Ma cosa dice riguardo al modo in cui ha trattato il ragazzo, Severus? Non permetterò che lui paghi il prezzo del trattamento che suo padre riservava a lei!”
Piton arrossì. Come osava questa strega giudicarlo? “Oh, e lei non sta cercando di rimediare alla sua indifferenza verso di lui negli ultimi dieci anni? Pensavo che fosse vicina ai Potter, ma era ovviamente troppo occupata con i suoi figli per riservare un pensiero al benessere del loro orfano.”
Molly rimase senza fiato. “Questa è una cosa terribile da dire!”
Piton ghignò. “Un po' di verità fa male?”
“Tu, pipistrello dai capelli unti -”
“Tu, aspirante dea della fertilità-”

***



Una volta che si sentì ragionevolmente sicuro che Molly e Severus non si sarebbero scagliati incantesimi l'un l'altro fino ad annichilirsi, Arthur uscì dalla cucina e raggiunse Harry al tavolo.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Harry preoccupato guardando verso la cucina silenziosa.
“Solo durante la lezione di volo, da quel che mi hai detto,” replicò Arthur a suo agio, sedendosi nuovamente e mettendo un altro po' di verdure nel piatto di Harry.
Il ragazzo fece una smorfia ma cominciò a mangiarle ubbidientemente.
“Harry, non sono certo di aver seguito quel che stavi dicendo, prima. Perché sei dolorante?”
Harry alzò la testa, sorpreso, i broccoli appesi alla forchetta. “Non l'ho detto? Sono entrato nella squadra di Quidditch di Grifondoro!”
Il sopracciglio di Arthur si sollevò in un'espressione sorpresa. “Uno studente del primo anno? Stai scherzando!”
“No, davvero!”
Arthur lo fissò; poi, gli fece una domanda in tono penetrante. “Ron è entusiasta per te, o verde d'invidia?”
Harry dovette ridere. “Un po' di entrambe, penso. Non ho avuto molto tempo di spiegargli le cose, perché dovevo correre per venire qui.”
“E' passato molto tempo dall'ultima volta in cui ad uno studente del primo anno è stato permesso di entrare nella squadra della sua Casa, Harry. Devi essere davvero bravo. Hai volato molto prima di venire ad Hogwarts?”
Harry scosse orgoglioso la testa. “Per niente. Oliver Wood, è il nostro capitano, lui e la professoressa McGranitt mi hanno messo alla prova per tipo due ore oggi pomeriggi. Mi hanno fatto volare e inseguire delle cose ancora e ancora e ancora. Ma alla fine hanno detto che potevo entrare in squadra, e il professor Piton aveva già dato il suo permesso. Quando sono potuto finalmente scendere dalla scopa mi sentivo come se fossi stato picchiato con la spazzola più grande del mondo. Non ero mai stato su una scopa, prima. I mie parenti-” parve a disagio “-a loro la magia non piace.”
“Certi Babbani sono così,” disse Arthur tranquillamente, ed Harry si rilassò di nuovo. “Be', questo spiega perché sei così dolorante. Penso che se avessi trascorso il pomeriggio facendo provini di Quidditch, sarei sdraiato sul divano a gemere.”
Harry rise. “Il professor Piton mi ha dato una pozione – aveva un sapore orribile, ma mi ha fatto sentire immediatamente meglio. Ha anche massaggiato i muscoli che mi facevano male fino a quando il dolore non è passato un po'.” Guardò ansiosamente Arthur, mentre tutte le sue paure tornavano a crescere. “Cos'ha intenzione di dirgli?”
“A chi? A Severus?” Arthur non capiva. “Riguardo a cosa?”
“Riguardo a come crescermi. Fa un sacco di cose che non dovrebbe,” ammise Harry in tono infelice. “Gli dirà di smettere?”
Arthur gettò un'occhiata alla porta della cucina. Non c'era segno che sarebbero stati disturbati. “Potrei dirgli di smettere,” acconsentì prudentemente, abbassando la voce e sporgendosi verso Harry. “Cosa fa che non dovrebbe?”
Harry inghiottì a vuoto, sentendo le lacrime accumularsi. Sapeva che non era giusto da parte sua sfruttare l'ignoranza del professore, ma temeva il pensiero di scambiare i tocchi gentili, gli abbracci affettuosi e le pacche leggere con le più ortodosse urla e botte, e che gli venisse detto di comportarsi secondo la sua età.
“Harry?” la voce di Arthur era gentile. “Il professore cosa dovrebbe smettere di fare?”
“Io – io immagino che dovrebbe dirgli delle vere punizioni,” Harry si strozzò, strofinandosi via una lacrima. “Lui non lo capisce veramente.”
“Cosa intendi dire? Come ti ha punito, prima, oggi?”
Harry guardò Arthur spaventato. L'uomo sembrava gentile, ma avrebbe punito Harry di nuovo? Questa volta per la sua disobbedienza verso Madama Bumb?
“Harry?” La voce di Arthur era gentile, ma insistente.
“Lui – lui ha solo detto che dovevo scrivere delle righe e un saggio,” ammise, abbassando lo sguardo. “Ma questo mi aiuterà solo a migliorare la mia grafia. E dovrò scrivere il saggio nelle sue stanze, così avrò del tempo in più con lui, anche. Non capisce che si suppone che le punizioni facciano male.” Ricacciò indietro altre lacrime, tirando su con il naso. “Mi dispiace per non averglielo detto. Per favore, non sia troppo arrabbiato. Lei – lei gli dirà di punirmi ancora, ma gli farà vedere come si fa, stavolta?” Aspetto cupamente il severo assenso del signor Weasley.
Arthur se ne rimase seduto lì a sbattere le palpebre. Harry era preoccupato che Severus Piton, il cui solo nome bastava a spingere gli studenti di Hogwarts (passati e presenti) di numerosi anni a farsela sotto, fosse nuovo alle punizioni spaventose? Che lui, Arthur Weasley, avesse intenzione di insegnare a Severus come instillare veramente la paura in un bambino? I suoi stessi figli erano più spaventati di Piton di quanto non lo fossero di lui: anche Ginny, che non aveva mai incontrato l'uomo, era timorosa di Piton per via dei racconti dei fratelli, ma riceveva i rimproveri furiosi di suoi padre con una calma da mandare ai matti – o con fasullo rimorso.
“Ma, Harry, pensavo avessi detto che ti aveva picchiato.”
Harry sospirò. Poteva anche dire tutto al signor Weasley. “Non colpisce neanche nel modo giusto,” confessò. “Pensa che non debba fare male, solo dimostrarmi che è davvero arrabbiato. Ha detto che, se volesse farmi male, userebbe la magia; ma poi ha detto che non lo farebbe mai, e questo vuol dire che non mi farò mai davvero male, neanche se sono stato davvero cattivo.” Si costrinse a guardare Arthur. “So che deve insegnarli come colpire davvero – sa, così che faccia male e tutto – ma, per favore, potrebbe non essere troppo duro? Voglio dire, so che il professor Piton può colpire forte come lo zio Vernon, ma pensa che sia sbagliato e ha detto che non lo farà mai più. Perciò, magari potrebbe solo dirgli di colpire più forte di come faccia ora, ma non così forte come potrebbe. Per favore?”
“Fammi vedere se ho capito,” disse Arthur, ancora una volta avendo l'impressione di essere in una realtà alternativa. “Severus ti ha detto che non avrebbe usato la magia per farti male.” Sobriamente, Harry annuì. “Ha parlato di qualcosa di specifico, come gli incantesimi pungenti o la Cruciatus? O ha detto che non avrebbe usato nessuna magia?”
Harry aggrottò la fronte. “Ha solo detto che, se avesse voluto farmi male, ci sarebbero stati incantesimi che avrebbero fatto molto più male di qualunque schiaffo, ma che questo non è quello che si suppone che gli adulti facciano.” Sospirò. “Davvero non capisce. Ogni volta che faccio qualcosa di sbagliato, lui fa qualcosa di gentile. Come quando gli ho detto che non sapevo di dover comprare vestiti buoni mentre ero in Diagon Alley; lui ha detto che mi avrebbe portato a fare compere invece di punirmi per essere stupido. E quando Draco ed io abbiamo disobbedito a Madama Bumb, era più arrabbiato perché mi sarei potuto fare male che perché non avevo ascoltato un insegnante.” Harry si morse le labbra mentre guardava l'espressione del signor Weasley. La faccia dell'uomo era completamente stravolta dallo stupore. Non doveva aver realizzato di quanto aiuto avesse bisogno il professor Piton.
“Perciò Severus ha detto che non ti avrebbe fatto male con la magia. Nessuna magia. Ed ha anche detto che non ti colpirà veramente forte?”
Harry annuì ancora.
“Quando ti ha colpito sul sedere oggi -”
“Non mi ha fatto male per niente. Non mi ha neanche fatto mettere sulle sue ginocchia, o qualcosa del genere. Si è semplicemente sporto, più o meno, e mi ha dato un piccolo schiaffo,” ammise Harry tristemente, desiderando di non dover tradire l'incapacità del professore. Povero professor Piton! Il signor Weasley avrebbe pensato fosse davvero senza speranza!
“Sei preoccupato che io abbia intenzione di dirgli che deve colpirti molto più forte?”
“So che deve insegnargli come essere un papà,” spiegò Harry, cercando di non piacere. “Ma mi piace che mi permetta di abbracciarlo e che non mi abbia neanche gridato contro quando gli ho fatto finire il moccio tutto addosso dopo aver pianto. E mi lascia comportare come un vero bambino, certe volte, senza dirmi di smettere. Come quando mi ha portato attraverso quella Metrocosa, non mi ha preso in giro o niente del genere. So che deve dirgli di smettere, ma -”
“Harry.” lo interruppe Arthur. “C'è qualcosa che Severus fa che tu vorresti che non facesse? Nulla che ti faccia sentire triste o che ferisca i tuoi sentimenti o che ti metta a disagio?”
“No, signore.”
“Non dice nulla di strano né ti tocca in certi posti o ha dei giochi segreti dei quali non ti è permesso di dire niente a nessuno?”
Harry aggrottò la fronte per la perplessità. “No, signore.”
“Non ti fa del male in nessun modo? La tua unica preoccupazione è che sia troppo gentile con te, troppo indulgente, e che io stia per dirgli di smettere?”
“Sì, signore.”
“E non ti ferisce né ti insulta o ti fa sentire stupido o insicuro?”
“No, mi fa sentire sicuro,” protestò Harry. “E ha detto che se chiunque prova a farmi male, anche un adulto, posso proteggermi.” Un mezzo sorriso gli tirò le labbra. “Immagino che dovrà dirgli che lei e la signora Weasley potete picchiarmi.”
“Harry, penso che tu sia confuso a proposito di qualcosa,” disse Arthur lentamente. “Non è Severus ad avere l'idea sbagliata riguardo a quel che è un papà. Sei tu.” Harry lo guardò stupefatto. “I papà non devono ferire i loro bambini. Se chiedi a Ron, penso che ti dirà che non ha paura di me o della sua mamma. Che noi non lo feriamo. Che noi non permettiamo a nessuno di aggredirlo. Tutte le cose che Severus ti ha detto – sono vere. Si sta comportando come un buon papà. Non c'è nulla che debba insegnagli. In effetti, è probabile che possa insegnare lui a me un paio di cose, perché ci sono state delle volte in cui io ho perso il controllo con Ron e gli altri. E' probabile che io abbia dato loro schiaffi che facevano male più a lungo di pochi secondi o detto qualcosa che ha ferito i loro sentimenti o fatto qualche altro sbaglio. E, Harry, è probabile che, mentre Severus si prenderà cura di te, farà anche lui degli sbagli. Ma credo che se ti ricorderai che sta facendo del suo meglio per essere un buon padre, e continuerai a provare ad essere un buon figlio, allora per voi due andrà tutto bene.”
La bocca di Harry era spalancata per lo choc. “Dice sul serio? Sta facendo bene? Ma lo zio Vernon ha detto - ” Boccheggiò ed entrambe le mani volarono a coprirgli la bocca. “Non dica al professor Piton che l'ho detto!” pregò. “Si arrabbierà!”
Arthur non poté fare a meno di sorridere davanti all'agitazione di Harry. “Davvero?”
Harry annuì veementemente. “E' davvero furioso con i Dursley, e dice che le cose che mi hanno detto sono peggio di qualunque parolaccia io possa dire. Devo già scrivere 500 righe sul fatto che sono stupidi bugiardi, e dice che se li cito di nuovo mi laverà la bocca con il sapone.” Gettò un'occhiata alle proprie spalle, verso la porta della cucina, ed abbassò la voce. “Non penso che lo farebbe, ma non voglio scoprirlo.”
Proprio in quel momento la porta della cucina si spalancò, e Molly e Severus ne uscirono. Arthur fu felice di vedere che entrambi erano ancora in piedi e che non c'era sangue visibile.
Harry, sorpreso dall'improvviso ritorno dei suoni quando l'incantesimo silenziante venne infranto, sussultò per la sorpresa, e la sua mano colpì il bicchiere di succo di zucca. Molly si sporse oltre la sua testa per afferrarlo, ed Harry sussultò violentemente.
Tutti si gelarono.
Sono proprio un idiota! Harry pensò, desolato. Sapeva – be', era quasi sicuro – che Molly non avesse avuto intenzione di colpirlo. Ora penseranno che sono un mos- che sono strano.
Arthur e Molly si scambiarono occhiate scioccate. Il trattamento di Harry da parte dei Dursley doveva essere stato peggiore di quanto avessero immaginato, se aveva sviluppato tali reazioni istintive.
Poi il silenzio venne infranto da una voce calma. “Eccellenti riflessi, Potter. Come ti ho detto, mi aspetto che tu non te ne stia seduto e lasci che qualcuno ti ferisca. Ti sei scansato piuttosto in fretta. Sono felice che tu stia seguendo le mie istruzioni così bene. La prossima cosa sulla quale lavoreremo è la distinzione tra amici e nemici, ma sono certa che la signora Weasley sia impressionata dalla tua abilità.” E con questo, Piton tornò a sedersi.
“Er, sì, Harry, caro,” assentì Molly. “Hai fatto molto bene.” Si mosse lentamente per raddrizzare il bicchiere, e con un veloce colpo di bacchetta fece svanire il succo versato.
Harry si raddrizzò e gettò un'occhiata di gratitudine verso Severus. Si poteva far conto sul professore per salvare la situazione! Ora i Weasley non avrebbero pensato che fosse strano o stupido – avrebbero capito che stava solo facendo pratica. Sorrise alla signora Weasley. “La cena è stata davvero grande,” le disse.
Lei gli prese il mento nel palmo della mano e lo guardò fissamente negli occhi. “Sono davvero felice che ti sia piaciuta, Harry.” Gli posò un bacio gentile sulla guancia. “Ti è rimasto un po' di spazio per il dolce?”
Lui sorrise. “Sì, signora!”
“Lascia che ti aiuti,” disse Arthur, e i due scomparvero di nuovo nella cucina.

Harry li seguì con lo sguardo, pensieroso. Sembrava che ai maghi adulti piacesse indubbiamente spendere del tempo in cucina. “Signore?” chiamò Piton.
“Mm?” Piton stava punzecchiando la sua cena fredda con una distinta mancanza d'entusiasmo.
“Mi piacciono i Weasley.”
“Hmf.” Piton fece del proprio meglio per ignorare il brivido freddo che le parole gli spedirono su per la schiena. Come se i sentimenti del moccioso gli interessassero!
“Pensi che io piaccia a loro?”
“Sono piuttosto sicuro di sì,” replicò, con tutto l'interesse che poté racimolare.
Harry si illuminò. “Bene!” Ora che non doveva preoccuparsi che Arthur potesse trasformare il professore nello zio Vernon, si stava godendo la visita molto di più.
“Signore?”
Cosa?” ringhiò Piton.
“Possiamo andarcene presto?”
“Cosa?” Questa volta, Piton non suonava impaziente: suonava sorpreso.
“Mi piace qui,” spiegò Harry, in fretta, “ma pensavo solamente che, se potessimo andarcene presto, allora magari potrei stare nelle tue stanze per un po'. Prima di tornare alla Torre.” Gettò un'occhiata al professore da dietro la frangia, valutando le reazioni dell'uomo. “Potrei fare un po' delle mie righe,” propose.
“Puoi farle nella Torre di Grifondoro.,” puntualizzò Piton, adocchiando il ragazzo. Cosa voleva il mocciosetto? Perché diavolo era disposto a lasciare la Tana per potersi attardare con Piton nei sotterranei umidi e malsani?
Harry fece una faccia triste. “Voglio avere un po' di tempo solo per noi,” ammise. “A meno che tu non sia ancora arrabbiato con me?”
Piton stabilì che la calda sensazione nel suo petto dovevano essere bruciori di stomaco causati dalla cucina di Molly. Sì, la maledetta strega probabilmente stava cercando di avvelenarlo, si disse, anche se sembrava che loro due avessero raggiunto in qualche modo una cauta tregua, prima; non che Piton capisse come ci erano riusciti. Dopo diversi minuti trascorsi a scagliarsi insulti l'un l'altro, lei era improvvisamente scoppiata a ridere, l'aveva abbracciato (!) e aveva detto, “Comincio a capire cosa Lily abbia visto in te, Severus! Non ci sono molti uomini che possano tener testa ad una strega dai capelli rossi.”
Lui non aveva idea di cosa i capelli di una donna avessero a che fare con le sue capacità come genitore, ma sembrava che lei avesse stabilito che lui, in effetti, stava trattando bene Harry. Aveva anche accettato la sua parola sul fatto che non avesse picchiato Potter fino a ridurlo ad una gelatina – al posto suo, lui avrebbe insistito su un esame fisico del ragazzo, ma lei non l'aveva neanche suggerito. Invece, aveva mormorato qualcosa riguardo al linguaggio del corpo di Harry ed aveva lasciato cadere l'argomento.
Rincuorato dalla sua attitudine inaspettatamente conciliante, lui le aveva spiegato, piuttosto a disagio, la situazione del guardaroba di Harry; e le aveva chiesto cosa un normale ragazzo undicenne avrebbe dovuto avere nel proprio armadio. Lei aveva promesso di spedirgli via gufo una lista la mattina seguente, e, quando aveva sentito dei suoi piani di portare il ragazzo a fare spese, aveva cominciato a sorridere. “Dimmi ancora quanto consideri un peso Harry, Severus?”
“Non proietti il suo lacrimevole sentimentalismo su di me,” lui aveva sbottato. “Mi sto meramente assicurando che si venga adeguatamente incontro ai bisogni materiali del moccioso.”
“Hm. Dunque non stai progettando una sosta al negozio di Quidditch, poi?”
Lui arrossì. “Non riesco a capire che attinenza abbia questa domanda con il problema dei vestiti del ragazzo. Se deciderò di acquistare qualche – articolo addizionale – per il bambino, è puramente per essere certo che non si cacci nei guai mentre è nei miei quartieri. Non permetterò che se ne stia ozioso e cerchi problemi.”
“Ah. Questo suona piuttosto plausibile. Continua a fare pratica,” ghignò lei, e subito dopo era fuggita – er, era uscita – dalla stanza.
Dopo tutto quello stress, non c'era da meravigliarsi che il cibo gli stesse sconvolgendo lo stomaco; anche se il calore non era veramente fastidioso. In effetti, decisamente l'opposto.
“No, non sono ancora arrabbiato con te per la tua idiota acrobazia,” disse Piton al moccioso. “Sei stato punito, no?”
“Più o meno. Voglio dire, devo ancora scrivere per te le righe e il saggio,” puntualizzò Harry.
“Allora, forse, è opportuno che tu stia nelle mie stanze fino al coprifuoco ed inizi la tua punizione,” acconsentì Piton in tono austero. Dopotutto, il demonietto avrebbe avuto di certo bisogno di costante supervisione, o non avrebbe mai fatto i compiti assegnati.
Harry sorrise guardando il piatto. Ha! Aveva fatto in modo che Piton acconsentisse. “Tu sarai lì, vero?” disse, improvvisamente spaventato mentre un pensiero gli passava per la testa. “Non andrai via per fare una pozione o qualcosa del genere...?”
“Potter, tu non 'fai' una pozione, le pozioni sono 'distillate', e, se pensi che ti lascerò girovagare nelle mie stanze senza controllo, ti sbagli di grosso. Tu resterai alla mia diretta presenza fino a che non sarò sicuro che tu sappia come comportarti in maniera soddisfacente.”
“Mi farai vedere come si tiene una penna?” insisté Harry. “Voglio dire, se devi leggere tutte le righe, dovresti aiutarmi ad imparare a scrivere esatto.”
“Scrivere bene, Potter,” ringhiò Piton. Cosa insegnavano i Babbani nelle loro scuole, di questi giorni?
“Bene. Lo farai?” pregò Harry. “Per favore?”
“Oh, d'accordo, Potter. Se non altro, per far cessare il tuo incessante piagnucolio.” Severus mandò giù brontolando l'ultimo sorso del suo succo di zucca. Proprio come aveva temuto, il suo tempo libero stava venendo interamente sottratto dal fastidioso moccioso. Dove si supponeva che trovasse il tempo di progettare la loro uscita per compere, senza parlare di quello per valutare i saggi dei suoi studenti?
Molly e Arthur riemersero a quel punto. Entrambi apparivano molto felici e piuttosto divertiti, per grande sorpresa di Harry e fastidio di Severus. Harry fece fuori tre porzioni di dolce al cioccolato e declinò l'offerta di una quarta solo quando Severus gli assestò un'occhiataccia sommata ad una botta pungente sulla caviglia.
“Allora, Harry, a te a Severus piacerebbe ritornare per cena questo sabato? Avremo tutti i ragazzi a casa, a quel punto, e potremo discutere del farvi diventare entrambi membri onorari della famiglia,” annunciò Arthur.
Harry si raddrizzò, felice, ma Piton si strozzò sull'ultimo morso di dolce. “Io!” riuscì finalmente ad ansare il professore di Pozioni. “Un onor-onor-”
“Be', certamente, stiamo parlando di entrambi,” disse Molly, uno scintillio malvagio negli occhi. “Siete un pacchetto unico, vero?”
“Sì,” assentì Harry in fretta.” Giusto, professore?”
Piton soffocò in uno sputacchiare incoerente che il resto della tavolata prese, ottimisticamente, come un assenso.
“Non dire nulla ai ragazzi, Harry,” lo istruì Molly. “Li porteremo a casa domani notte per spiegare il tutto, poi voi due potrete venire sabato, e magari ti piacerebbe restare la notte con Ron e gli altri?”
“Come una festa in pigiama?” chiese Harry, speranzoso. Non era mai stato ad una di esse, ma aveva sentito i ragazzi a scuola parlarne.
“Sì, amore,” assentì Molly. “Esattamente come una festa in pigiama.”
Harry gettò un'occhiata al punto in cui Severus sembrava intento a strangolare il proprio tovagliolo e decise che ora poteva non essere il miglior momento per chiedere il permesso. “Mi piacerebbe,” disse, onestamente. “Grazie.”
“Saremo felici di averti qui, Harry,” disse Molly gentilmente. “Prima di andare via, vuoi fare un giro della casa?”
Harry lanciò un'occhiata a Severus e, avendo ricevuto un gesto d'assenso, guizzò via.
“Sospetto che Fred e George potrebbero scoprire di aver trovato una degna sfida in Harry e Ron,” disse Arthur, sperando di cambiare il soggetto verso qualcosa che avrebbe meno probabilmente fatto infuriare il loro ospite. “Mi sembra di aver capito da Harry che ha reso chiaro che non dev'essere tormentato o preso di mira.”
Piton annuì, sembrando cupo. “Il suo cugino Babbano era abituato a portare avanti qualcosa chiamato “caccia ad Harry”, ed i suoi genitori impedivano qualunque rivalsa. Ho messo in chiaro che non è più legato a quelle regole.”
Arthur apparve per un attimo stanco. “Considerando che ci sono maghi, là fuori, che stanno veramente “cacciando Harry”, questa è una lezione che deve imparare bene e in fretta.”
Molly guardò i due uomini. “Pensate che stia ricominciando di nuovo? Abbiamo avuto dieci anni di silenzio quasi totale...”
Piton inarcò un sopracciglio. “Il silenzio non necessariamente significa che non vi sia nulla lì fuori.”
“Lo so. Ma è un bambino così piccolo... Insegnagli bene, Severus.”
“Intendo farlo,” replicò lui brevemente, ma senza il suo ringhio usuale. “Come potete vedere, comunque, c'è molto lavoro da fare. I suoi parenti erano disgustosi. Non si è sentito fisicamente sicuro per gran parte della sua infanzia.”
“Direi che sta cominciando a sentirsi così ora,” Arthus sorrise. “Mi ha raccontato che gli hai detto che nessun altro adulto ha il diritto di toccarlo. Suonava molto impressionato.”
Piton combatté il desiderio di pavoneggiarsi. “Precisamente. E questo vale anche per il suo tempo qui. Se si comporta male, deve essere riportato da me per essere punito.”
Molly alzò le sopracciglia. “Se si comporta male in qualunque modo? Ti ricordi che è un ragazzo di undici anni, vero?”
Piton aggrottò la fronte. “Nel corso degli ultimi dieci anni è stato picchiato, affamato, rinchiuso e usato come uno schiavo da lavoro. E' importante che nessuna delle punizioni, ora, gli ricordi della vita con i suoi orribili parenti.”
“Cosa ne pensi di questo?” suggerì Arthur. “Sicuramente non lo colpiremo, né gli faremo stare pasti: ma se Harry si caccia in piccoli guai insieme ai nostri ragazzi, allora verrà punito insieme al nostro gruppo. Se lui e Ron verranno mandati a letto presto, per esempio, o dovranno liberare il giardino dagli gnomi, questo riporterà indietro brutte memorie per lui? Se venisse punito insieme a Ron, non sarebbe questo un modo, per lui, di vedere che è parte della famiglia?”
Piton dichiarò, con riluttanza, che questo poteva essere accettabile. Molly ed Arthur si scambiarono un sorriso non troppo ben nascosto.
“Dovremo -” La domanda di Moly fu interrotta da un tremendo fracasso proveniente dalle scale.
Gli adulti si alzarono tutti insieme e accorsero, per trovare un Harry dall'espressione colpevole che combatteva per rimettersi in piedi. “Mi dispiace,” disse non appena li vide.
“Cos'è successo, Harry?” chiese Molly, affrettandosi a controllarlo in cerca di ferite.
Lui si ritrasse. “Sono inciampato mentre scendevo le scale. Mi dispiace molto. Penso che potrei aver rotto la ringhiera.” Indicò, esitando, uno dei pomelli ammaccati che correvano lungo le scale, ma tenne lo sguardo cauto fisso su entrambi i Weasley e cercò di sgattaiolare furtivamente più vicino a Severus.
“E' tutto a posto, Harry. Eravamo solo preoccupati che potessi esserti rotto tu,” disse Arthur. “Ti sei fatto male?”
“No, signore,” disse Harry in fretta. “Sto bene.”
“Harry, la tua gamba!” Molly indicò uno strappo nei suoi calzoni.
“Mi dispiace,” disse lui nervosamente, guardando Severus. “Posso ripararlo, davvero!”
“Harry, stai sanguinando,” insisté Molly.
“E' a posto,” protestò Harry, ma Severus aveva già estratto la bacchetta e stava lanciando un incantesimo diagnostico.
“Potter,” sbottò l'attimo dopo. Harry sussultò davanti al tono. “Credo di aver già espresso la mia intolleranza verso le menzogne?”
Harry inghiottì a vuoto e annuì. “Ma non era una vera bugia, signore. Ho solo -”
“Potter,” Piton si sporse per guardarlo negli occhi, “è una delle regole dei Dursley? Non ammettere quando sei ferito?”
Harry tremò mentre fissava lo sguardo negli occhi arrabbiati del professore; ma non era in grado di guardare altrove. “S-sì, signore,” ammise alla fine.
“E cosa ti ho detto riguardo alle loro regole?”
“Di dimenticarle.” La voce di Harry era molto piccola e dispiaciuta. Il professore sbuffò.
“Se sei ferito o dolorante per qualunque ragione, mi aspetto che tu me lo dica,” disse Piton severamente. “Considererò una mancanza in tal senso non solo come una bugia, ma anche come un modo di metterti in pericolo. Capisci?” chiese, intenzionalmente.
Harry si coprì inconsciamente il sedere con le mani. “Sì, signore.”
“Allora, forse, non ti spiacerebbe rispondere ancora alla domanda del signor Weasley?”
Harry annuì in fretta. “Sì, signore. Uhm, mi fanno male il polso e la gamba, signore.”
“Il tuo polso è slogato. Ti darò una pozione quando torneremo ad Hogwarts. Per quanto riguarda il taglio sulla tua gamba -”
“Lascia che ci pensi io,” propose Molly. Prese Harry per mano e gli sorrise, incoraggiante. “Dopo sette bambini predisposti agli incidenti, sono praticamente una Guaritrice certificata.”
Condusse Harry verso il divano nel soggiorno. “Non sono elastica o magra come ero una volta,” spiegò ad Harry “perciò, invece che farmi piegare per guardare il tuo ginocchio, perché non ci sediamo entrambi sul divano?” Lei si sedette, fece sedere Harry accanto a sé, poi lo aiutò a ruotare così che la sua schiena fosse contro il bracciolo e da avere il suo ginocchio piegato poggiato di traverso al grembo. Sollevò gentilmente la gamba dei calzoni ed emise un basso verso di disapprovazione davanti al piccolo taglio.
Harry guardò, sorpreso e deliziato, mentre lei puliva gentilmente la ferita con un Tergeo, rimuovendo tutto il sangue, poi sigillava magicamente la lacerazione con un incantesimo mormorato, facendo scorrere la punta della bacchetta sulla ferita. “Come va così, amore?” chiese.
“Grande!” Lui si illuminò in viso. Questo sarebbe sicuramente risultato utile un sacco di volte, in passato.
Un altro incantesimo e i suoi pantaloni furono puliti e riparati, ed Harry era ancora più affezionato alla magia di quanto non lo fosse stato prima. “Questo è fantastico, signora Weasley! Grazie!”
Cominciò ad alzarsi, solo per essere gentilmente respinto a sedere. “Oh, no, Harry. Non abbiamo ancora finito.” Arthur sorrise e diede una piccola gomitata a Severus.
Davanti allo sguardo confuso di Harry, Molly spiegò, “In questa casa, se ti fai male, devi restare seduto per qualche minuto e lasciare che gli incantesimi di guarigione facciano effetto; e c'è una regola per la quale, se ti fai male, vieni coccolato. Va bene?”
Harry batté le palpebre. La mamma di Ron voleva coccolarlo? Ma non si supponeva che lo facesse solo con i propri figli? E lui non era troppo grande, comunque?
Molly doveva aver visto l'indecisione nei suoi occhi, perché si sporse e sussurrò, “Non dirgli che te l'ho raccontato, ma Ron si è storto la caviglia due giorni prima di andare ad Hogwarts, e non gli è dispiaciuto essere coccolato.”
Harry sentì il proprio cuore cominciare a battere più veloce. Stava per scoprire finalmente come ci si sentiva ad essere abbracciato da una mamma! Certo, era quella di qualcun altro, non la sua, ma era quasi altrettanto bello: specialmente perché lui era praticamente un Weasley onorario. “Be',” disse cautamente, “se è una regola...”
Molly sorrise e allungò le braccia. Un attimo dopo Harry era accoccolato contro di lei, che lo stava cullando, canticchiandogli nell'orecchio.
Piton pensò che avrebbe potuto vomitare per tutto quel sentimentalismo, ma uno strano sentimento d'invidia si stava facendo sentire a sua volta, in profondità nel suo petto. Avrebbe potuto essere lui a fare questo. Non che avrebbe voluto, ma avrebbe potuto.
Harry si sentiva avvolto in nuvole di amore. Non aveva idea che fosse tanto bello essere abbracciato così. Quando aveva abbracciato Piton si era sentito al sicuro e caldo, ma questo era diverso. Questo era... più morbido.
Diversi minuti più tardi sentì il professor Piton schiarirsi la voce e alzò doverosamente la testa. Per sua sorpresa, la faccia di Molly era bagnata di lacrime mentre gli sorrideva. “Sei proprio un bravo ragazzo, Harry,” disse, e lo baciò.
Harry decise che sarebbe dovuto cadere dalle scale della Tana con una frequenza pressoché regolare.
Quando Harry si alzò e si mosse per raggiungere un impaziente Piton, Molly si lasciò scappare un'esclamazione. “Oh! Quasi dimenticavo!” Si affrettò verso un piccolo armadietto e sollevò una scatola piatta. “Ho qualcosa per Harry.”
Harry non si avvicinò. “Non è il mio compleanno, signora Weasley,” disse, confuso.
Lei rise. “L'ho conservato per per per molto, molto tempo, Harry. Possiamo considerarlo come un regalo di compleanno che tu semplicemente non hai ricevuto, d'accordo?” Si risedette sul divano e batté sul proprio grembo. Obbediente, Harry la raggiunse.
Lei se lo tirò in grembo, così da avere la sua schiena contro il proprio petto, e fece girare la scatola per posargliela sulle gambe. “Chiudi gli occhi,” lo istruì.
Harry lanciò un'occhiata al professor Piton. Severus aggrottò la fronte e si mosse per avvicinarsi: non che non si fidasse di Molly Weasley, ma non aveva intenzione di correre rischi. Si fermò a meno di mezzo metro di distanza, la mano posata discretamente sulla bacchetta. “Procedi.” annuì una volta.
Harry chiuse strettamente gli occhi. Molly sussurrò un incantesimo e sollevò il coperchio della scatola, reggendola così che fosse appena al di sotto del naso di Harry. “Cosa senti, amore?” chiese dolcemente.
Harry annusò. Un profumo sorse incontro a lui, e il suo cuore sobbalzò. In qualche modo, ad un livello troppo profondo per il pensiero consapevole, riconobbe il dolce profumo di agrumi. Il suo intero corpo si tese, e lui trasse un altro, più profondo respiro. La gola gli si serrò. “Mamma,” bisbigliò, le lacrime che cominciavano a sgorgare al di sotto delle palpebre abbassate.
Piton gelò. Non poteva essere.
Gli occhi pieni di lacrime di Molly incontrarono i suoi, e lei abbassò la scatola abbastanza perché lui potesse vedere. Un maglione, accuratamente piegato, giaceva nella scatola. “Apri gli occhi, Harry, amore,” sussurrò lei. “Questo apparteneva alla tua mamma. L'ho conservato per te.”
Harry allungò un singolo dito e, con una delicatezza che sconfinava nella reverenza, sfiorò leggermente la lana blu. “Come – come l'ha avuto?” chiese, la voce serrata dalle lacrime.
“I tuoi genitori erano nell'Ordine con noi,” cominciò lei.
“Cos'è l'Ordine?” la interruppe Harry, sollevando lo sguardo dal punto in cui era rimasto a fissare il maglione come fosse un'icona sacra.
Molly vide che Severus scuoteva la testa. “Era... un gruppo nel quale eravamo tutti, Harry. I tuoi genitori, Severus, Arthur ed io – eravamo tutti membri. E la tua mamma ed io eravamo amici. Eravamo entrambe incinte nello stesso periodo – malgrado io fossi qualche mese più avanti rispetto a lei – e prima che i tuoi parenti si -” Si interruppe bruscamente. “Prima che i tuoi parenti andassero via, lei veniva spesso alla Tana. In una delle sue ultime visite, ha lasciato il suo maglione. Pensavo di restituirglielo, ma non ne ho mai avuto la possibilità. Quando ho saputo che era morta, ma che tu eri sopravvissuto, ho messo via il maglione con un incantesimo di stati, così che tu lo potessi avere quando fossi stato più grande.”
Harry ricacciò indietro un singhiozzo. In qualche modo, poter odorare sua madre – un profumo che aveva completamente dimenticato ad un livello consapevole – improvvisamente gliela fece mancare mille volte di più. Era come se si fosse appena allontanata e potesse tornare indietro da un momento all'altro, ma lui sapeva che non l'avrebbe mai fatto. Lo rendeva infinitamente peggio e incommensurabilmente meglio, tutto in una volta. Era come se lei fosse lì, in qualche modo, ma non nel modo in cui lui voleva: ma la rendeva reale, in una maniera in cui non era stata, per lui, non da quando era un neonato. Per la prima volta da molto, molto tempo, Harry Potter voleva disperatamente sua madre. “Mamma!” singhiozzò, e poi si girò e affondò la testa nel petto di Molly, lasciando che le lacrime scendessero.

Molly spinse immediatamente la scatola verso Severus ed avvolse Harry tra le sue braccia, cullandolo e mormorandogli qualcosa mentre piangeva. Arthur condusse Piton, che ora reggeva la preziosa scatola come una reliquia religiosa, in cucina. Gettò un'occhiata al viso di Severus e se ne andò, ritornando un attimo dopo con un bicchiere di Whisky Incendiario. Mise il bicchiere a portata di mano per Severus e lo lasciò da solo.
Piton strofinò delicatamente la lana fine pressapoco allo stesso modo in cui l'aveva fatto Harry. Abbassando il viso appena al di sopra della scatola, inspirò profondamente e lasciò che il profumo di Lily gli riempisse la mente. I ricordi lo sommersero. La bambina Nata Babbana che era stata la sua prima amica, la Lily adolescente dei loro giorni ad Hogwarts, la giovane donna che aveva intravisto di sfuggita ad un incontro dell'Ordine... Lei era qui – e insieme non lo era. I suoi occhi vivevano, e la sua compassione, la sua illimitata capacità di amare – tutto ciò viveva in Harry. Il suo bambino. Suo figlio che, lui lo seppe improvvisamente, ora era la cosa più importante della sua vita.
La presenza di Lily scese su di lui, e improvvisamente, benché non fosse affatto un uomo spirituale, Piton fu persuaso che lei fosse lì con lui. Guardando. Aspettando.
“Prometto, Lily. Prometto che mi prenderò cura di lui come tu avresti fatto. Prometto.” Mentre stringeva il suo secondo Voto Infrangibile, poteva giurare che il profumo di lei s'intensificasse. Chiuse gli occhi, desiderando disperatamente di vederla un'ultima volta, anche se solo con gli occhi della mente. Sentì qualcosa sfiorargli una guancia, ma quando i suoi occhi si aprirono, era solo, il maglione di Lily accanto a lui nella scatola.

Passò qualche tempo prima che Piton lasciasse la cucina, gli occhi arrossati, il maglione tornato al sicuro nella sua scatola e nel suo incantesimo di stasi, e il Whisky Incendiario che ancora gli bruciava la gola. Trovò Arthur e Molly seduti quietamente nel soggiorno, Harry profondamente addormentato tra le braccia di Molly.
“Ha pianto fino ad addormentarsi,” spiegò Molly in un bisbiglio. “E' stato un giorno talmente pieno di emozioni per lui.”
“Invero,” disse Piton rigidamente. Porse la scatola a Molly, ma lei scosse la testa. “E' di Harry, Severus, e io so che nessuno la conserverà per lui meglio di te.”
Lui ricacciò indietro un insolito groppo in gola. “Questo è stato molto – premuroso – da parte tua.”
“Conoscere Lily era amarla, Severus, ma io penso che te, Harry e James sapeste questo meglio di chiunque.”
Lui reagì automaticamente nell'udire il proprio nome collegato in qualunque modo con quello di James Potter, ma non poté trovare l'energia necessaria a sostenere la propria rabbia. Annuì e ridusse la scatola per farsela entrare nella tasca. Si sporse e prese Harry tra le proprie braccia. Il ragazzo ciondolò mollemente e lui sistemò Harry cosicché la sua testa gli premesse contro il petto.
“Grazie per l'ospitalità,” disse Severus formalmente.
“E' stato un piacere per noi. Vi rivedremo di nuovo questo fine settimana,” disse Arthur. Molly agitò una mano mentre Arthur gettava la Metropolvere nel fuoco per lui.

Severus emerse nelle sue stanze e contemplò il ragazzino tra le sue braccia. Sapeva che la cosa appropriata, la cosa alla Piton, sarebbe stata scrollarlo per svegliarlo e spedirlo al suo dormitorio. Il ragazzo aveva undici anni, dopotutto, e, giornata lunga o meno, era grande abbastanza da mettersi da solo a letto. Perciò, perché diavolo Piton lo stava deponendo attentamente sul divano e rimboccandogli sopra una pesante coperta di lana?
Severus aggrottò la fronte mentre toglieva gli occhiali al ragazzo e li posava sul tavolo là accanto. Non stava rammollendosi. Era solo che era quasi il coprifuoco, e lui non aveva desiderio di ascoltare le lamentele della McGranitt riguardo al fatto che aveva trattenuto uno dei suoi studenti in giro oltre l'ora dovuta. Oltretutto, era il tutore del ragazzo, perciò non erano affari di nessuno se decideva di tenere qui il moccioso; meglio fare così che correre il rischio che i mocciosi Weasley gli chiedessero dov'era stato. Sì, ecco perché. Stava tenendo il ragazzo qui per evitare che dovesse affrontare pericolose domande da parte dei suoi compagni di Casa. Perfetto. Ecco perché. Non aveva nulla a che fare con un maglione blu ed un fiume di memorie. Proprio nulla.



Note alla traduzione: Di nuovo, temo che l'assenza dell'Amata Beta. si faccia sentire. In corso d'opera ho deciso di far passare Molly ed Arthur dal tu al lei, verso Severus, ad un certo punto; ed ho paura di aver lasciato qualche forma invariata strada facendo. Se le avete trovate, be', adesso sapete come sono comparse. x°D
Cercando di pubblicare il prima possibile, poi, non sto rileggendo i capitoli con la cura dovuta: perciò vi sarei grata se voleste segnalarmi gli errori che trovate per permettermi di correggerli.
Ho modificato le scelte della paragrafazione per questo capitolo: invece di dividere tra i pensieri di Harry e quelli di Severus - avendo anche quelli di Arthur e Molly da considerare - ho optato per una separazione in scene per eventi. Spero che sia gradevole e renda piacevole la lettura.

Questo capitolo è stato tradotto più liberamente degli altri, a causa della presenza ricorrente di un linguaggio estremamente colloquiale e di termini modificati tratti da Harry Potter: mi auguro, tuttavia, di aver reso il senso nel miglior modo possibile.

Grazie a tutti!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***







Severus gemette, tormentato, invocando la beata liberazione della morte. Non poteva credere di essere stato così stupido da farsi catturare in questo modo. Avrebbe dovuto saperlo. Lo aveva saputo. Ma in qualche modo era stato distratto, aveva abbassato la guardia, e questo era il risultato.
Severus era sopravvissuto ai tormenti di suo padre, dei suoi compagni di Casa, dei Malandrini e di Voldemort. Aveva sofferto sotto Cruciatus più volte di quante ne volesse ricordare, senza parlare delle minori – ma ancora tormentose – maledizioni Oscure, degli incantesimi umilianti e dolorosi e, certamente, della preferita dai Babbani, la forza bruta. Probabilmente aveva sopportato più punizioni che qualunque altro mago vivente (eccezion fatta per quelli che godevano di questo genere di cose), e la sua tolleranza al dolore era notevolmente alta. Ma non alta abbastanza. Non per questo.
Ricacciò indietro un singhiozzo di angoscia. Non avrebbe pregato. Non avrebbe gridato. Nn avrebbe dato al suo torturatore tale soddisfazione. Anche mentre si contorceva sotto la bacchetta di Voldemort, non aveva pianto cercando pietà, e non avrebbe cominciato ora. Sicuramente avrebbe presto perso conoscenza...
La sola cosa che gli restava era la vendetta. Era ciò che lo teneva aggrappato alla vita, che lo preveniva dal cercare veramente la liberazione del suicidio. Questa era tutta colpa di quel disgraziato moccioso Potter, e, fosse stata l'ultima cosa che faceva a questo mondo, Severus avrebbe preteso una dannata retribuzione dal demonietto.
Vide il suo torturatore avvicinarsi, uno scintillio entusiasta nello sguardo, e pregò per la liberazione. Per favore, per favore, basta. Per favore – una Passaporta. Un massiccio aneurisma. Il ritorno del Signore Oscuro. Qualunque cosa che mi salvi da questa agonia.
“Severus!” esclamò Albus Silente, felice. “Guarda! Hanno una versione degli scacchi magici, ma con il Quidditch! Harry la amerà! Vuoi provarla?”
Severus ancora non riusciva a credere di non essere stato sufficientemente intelligente da mentire, quando il Preside l'aveva visto lasciare il castello, quella mattina, e aveva chiesto dove stesse andando. Avrebbe dovuto sapere che Silente avrebbe insistito per accompagnarlo nel giro di compere per attrezzare la nuova stanza di Harry, e avrebbe dovuto aspettarsi che la pazza vecchia folaga avrebbe trasformato quella che avrebbe dovuto essere una breve, efficace missione in infinite, infernali ore.
Nessun negozio venne saltato. Il perché Silente pensasse che avevano bisogno di esaminare mobili da cucina era sfuggito del tutto a Severus: immaginava che Potter avrebbe partecipato all'83esima Annuale Gara di Dolci (sopran)Naturali? Avevano di fatto speso oltre un'ora in un fottuto negozio di biancheria, ponderando sul fatto che Harry potesse preferire dragoni o ippogrifi sulle sue lenzuola. O, per meglio dire, Albus aveva ponderato sulle lenzuola e Severus aveva ponderato sulla possibilità di randellarsi fino a svenire. E, dopo che il vecchio suonato aveva finalmente optato per gli ippogrifi, avevano ricominciato tutto da capo sul colore dei tendaggi. Severus aveva puntualizzato – con le ultime tracce del proprio autocontrollo – che lui viveva in un sotterraneo. Un sotterraneo senza finestre, ma questo aveva semplicemente fatto spostare Albus dai tendaggi ai tappeti.
Davanti al Magico Negozio del Corpo, Piton aveva pensato, al principio, che potesse vendere qualche genere di pornografia magica: ed era stato sul punto di mettersi a discutere con Albus sul fatto che, mentre Harry poteva essere un ragazzo in crescita con una naturale, salutare curiosità, Piton non aveva intenzione di incoraggiare quel genere di cosa. Ma poi aveva realizzato – con suo infinitamente più grande orrore – che era una specie di stravagante negozio di accessori per la toeletta nel quale nessun uomo che si rispettasse, mago o Babbano, si sarebbe mai fatto sorprendere neanche da morto. Nel mezzo di quello che sembrava essere un milione di differenti saponi, lozioni, shampoo, creme, ciprie e cosmetici (per non nominare attrezzature dall'aspetto vagamente osceno sulla funzione delle quali Piton non voleva pensare), Albus cominciò un lungo dialogo con la strega dietro al bancone. Severus si nascose meglio che poté tra l'ingombrante, aromatica mercanzia – il negozio faceva sembrare vuoto quello di Ollivander – e sperò in un attacco di Mangiamorte.
Mentre Severus sopportava le occhiate curiose del resto della clientela (interamente femminile, ovviamente), Albus discuteva l'appropriata cura per la pelle per i preadolescenti con più concentrazione di quella che normalmente mostrava durante gli incontri del Wizengamot. Dopo che il Preside ebbe acquistato una borsa di prodotti, che la strega insisté avrebbero garantito ad Harry un'adolescenza a prova di brufoli, Severus si precipitò verso la porta solo per essere trascinato indietro dalla magia di Albus.
Mortificato oltre misura – quell'incantesimo veniva usato dalle madri per i pargoli fuggitivi! - Piton aveva aperto bocca per dire al Preside precisamente cosa pensava del suo comportamento, ma era stato scioccato fino a restare senza parole dalla realizzazione che Albus e la strega commessa stessero ora discutendo della cura dei capelli. Specificatamente, della cura dei suoi capelli! Tutte le sue proteste, grida, discussioni e furia vennero allegramente ignorate, e venne forzato accanto al bancone – dietro minaccia di un Incantesimo Adesivo – mentre il suo scalpo e i suoi capelli erano meticolosamente esaminati. Per suo intenso sgomento, diverse delle clienti si unirono alla discussione che ne risultò, offrendo i propri rimedi e consigli; e occorsero venti minuti buoni prima che gli fosse finalmente consentito di fuggire, con una borsa di acquisti anche più grande di quella prevista per Harry.
Da lì in poi il suo pomeriggio era andato peggiorando. Nel negozio di abiti aveva veramente minacciato di un Avada Silente, se questi non avesse smesso di selezionare gli esempi più eccessivi di vestiti psichedelici. Nella libreria ad Albus era stato impedito di acquistare per Harry una biblioteca personale pari al numero di volumi complessivi presenti in quelle di Piton e di Silente solo ricordandogli urgentemente che Madama Pince avrebbe sicuramente preso una simile azione come un insulto personale, e si sarebbe nascosta tra gli scaffali in lacrime. Al negozio di animali, il Preside avrebbe voluto comprare ad Harry un animale, ma Piton era riuscito a persuaderlo che Edvige avrebbe difficilmente accolto con piacere l'intrusione di un Kneazle o di un Crup.
Ma era nel negozio di giocattoli – prevedibilmente – che Albus era impazzito; ed ora Severus lo stava rapidamente seguendo su quella strada. “Basta.Giocattoli.Albus.” Riuscì a ringhiare Piton attraverso i denti serrati. La pila di giocattoli al bancone appariva giù più appropriata per una nuova filiale del negozio che per la piccola camera da letto di un unico bambino magico.
L'espressione del Preside si fece delusa. “Oh, ma, Severus, hanno -”
No. Basta.” Vedendo che il mago più anziano era sul punto di obiettare, Severus si fece furbo. “Cosa gli prenderai per Natale se svuoti il negozio ora?” chiese, rifiutandosi di immaginare come sarebbe stato Natale con il moccioso. Tutto decorazioni e ho-ho-ho e sufficiente allegria festaiola da rendere Piton nauseato per un mese.
“Hmmmm. Non hai torto,” assentì alla fine Albus, e Piton non sprecò tempo nello spingerlo fuori dal negozio.
“Ooh – aspetta! Quidditch!” disse Albus, puntando un dito, mentre Piton cercava di trascinarlo verso il Punto di Smaterializzazione.
“Mentre tu eri occupato a tergiversare sul tessuto migliore per le vesti di Potter, io sono passato al negozio di Quidditch,” lo informò Piton, ignorando spietatamente l'espressione delusa di Silente.
“Magari hai dimenticato qualcosa?” suggerì questi speranzoso.
“Natale, Albus. Manca solo un mese,” replicò Severus, senza allentare la presa sul braccio dell'uomo più anziano.
Silente sospirò, prima di illuminarsi. “Sono ansioso di vedere l'espressione sulla faccia di Harry quando – ”
“No, Albus. Tu non trasformerai tutto ciò in una scusa per una festa a sorpresa. Non permetterò che le mie stanze private siano invase da metà della Torre di Grifondoro, senza dir nulla degli idioti membri assortiti del corpo insegnante quali la Cooman.”
“Forse solo qualcuno degli amici più stretti di Harry...” iniziò Albus.
“Riesci ad immaginare la devastazione che Hagrid porterebbe se dovesse inciampare nei miei ingredienti per pozioni? No.”
Il Preside sospirò, sconfitto. “Molto bene, ragazzo mio. Ma voglio che mi mostri l'espressione di Harry nel Pensatoio.”
“Il moccioso è ancora in punizione per l'incidente di volo,” disse Piton freddamente. “Non ho ancora deciso quando permettergli di avere uno o due degli oggetti più piccoli.”
Silente sospirò ancora. “Non dovresti essere così rigido, Severus. Non eri tu ad enfatizzare l'importanza del supporto positivo?”
Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Se non ti piace il lavoro che sto facendo, non avresti dovuto costringermi a farlo. Ti riordo che questa non è stata una mia idea.” Fu profondamente gratificante vedere l'assenso mite di Albus, malgrado la sensazione perdurasse solo fino alle successive parole di questi.
“Tutto vero, ragazzo mio. Così, è ancora più soddisfacente vederti all'opera con tale dedizione. Mi sembra di aver capito da Molly ed Arthur che sono stati impressionati dal modo in cui hai gestito Harry a cena, la scorsa notte. Hanno detto che sembrava decisamente naturale, per te,” sorrise Albus.
Severus digrignò i denti. Fottuti, chiacchieroni Grifondoro!
Riuscì ad ottenere una parziale rivalsa rifiutando di permettere ad Albus di aiutarlo a preparare la nuova stanza di Harry, anche se, a posteriori, desiderò che fosse stato il Preside a dover gestire gli elfi domestici. Quando appresero che la nuova stanza era prevista per Padron Harry Potter Signore, le piccole creature impazzirono per l'eccitazione e ne apparvero circa trenta, schizzando attraverso la stanza e preparandola per il nuovo occupante. Piton dovette intervenire in innumerevoli discussioni tra le testarde, piccole creature, ed occorse tutta la sua furbizia da Serpeverde per impedire loro di portare avanti auto-punizioni di massa ogni volta che decidevano che un pezzo del mobilio sarebbe apparso meglio dall'altra parte della camera, dopotutto. Per il momento in cui la stanza ricevette finalmente la loro unanime approvazione, Severus si era convinto che sarebbe stato di gran lunga più semplice fare da sé alla maniera Babbana.

Quando aveva fatto alzare il ragazzo, quel mattino, dal punto in cui si era addormentato sul divano di Piton, Harry era stato alternativamente imbarazzato e deliziato di scoprire che gli era stato permesso di rimanere nelle stanze personali del professore. “Um, grazie per avermi lasciato dormire qui,” mormorò, arrossendo. Si tirò su su un gomito e si strofinò gli occhi. Wow – il professore l'aveva lasciato dormire sul suo divano buono e tutto!
“Sì, be', era molto tardi ed io avevo di meglio da fare che accompagnarti per tutta la strada fino alla Torre,” disse Piton con una smorfia. Tirò su il ragazzo per un orecchio, fosse mai che il moccioso pensasse che si stava ammorbidendo. “Lavati e vestiti, o salterai la colazione”, minacciò cupamente, malgrado non avesse nessuna intenzione di mandare via il moccioso troppo magro senza un pasto completo e nutriente nello stomaco. “Gli elfi domestici stanno aspettando per inviarla.”
“Va bene,” Harry assicurò al professore, anche mentre, ubbidiente, si incamminava lungo il corridoio verso il bagno. Non voleva che l'uomo si disturbasse in nessun modo per colpa sua. “Posso anche prendere un panino dolce e mangiarlo sulla strada per la classe – eep!” Si interruppe quando le dita salde del professore si chiusero ancora sul suo orecchio e lo fecero volgere per fronteggiare l'uomo.
Sbatté le palpebre per la sorpresa. La stretta sul suo orecchio non aveva fatto male, precisamente, ma Harry sapeva di non dover resistere.
“Potter, se ti vedo ingozzarti di dolciumi insalubri, ordinerò agli elfi domestici di imboccarti con il cucchiaio per il prossimo mese,” minacciò Piton, furioso. “Mi aspetto che tu mangi tre pasti bilanciati al giorno, e che limiti la tua ingestione di dolci. Come ti aspetti di mettere muscoli e peso sul tuo corpo ossuto, se non mangi propriamente? Cioccorane e panini dolci e tre porzioni di dolce ti faranno largo come quella balena di tuo cugino. Hai capito?”
Con gli occhi spalancati, Harry annuì. I suoi parenti gli davano a malapena cibo a sufficienza, di certo non si interessavano a che fosse o meno nutrizionalmente bilanciato.
“Discuteremo di ciò più a lungo più tardi,” promise Piton severamente. “Per ora, però, dovrai prendere l'abitudine di seguire la signorina Granger. Sembra che lei mangi piuttosto intelligentemente.”
Harry arricciò il naso. “Lei prende sempre un sacco di verdure e di roba verde,” protestò. “Mangia come una ragazza.”
“E il signor Weasley mangia come un pozzo senza fondo, e tu, giovanotto, sei sulla strada buona per una brufolosa e insalubre adolescenza. Ora fai come ti dico o te ne pentirai.” Spedì il ragazzo verso il bagno con un'occhiataccia. Veramente! Tanta insolenza – e così presto la mattina, anche!
Harry si affrettò verso il bagno ed eseguì le sue abluzioni mattutine. Il suo cuore stava cantando. Merlino, il professor Piton si preoccupava per lui! Non gli bastava che Harry mangiasse, insisteva che Harry mangiasse i cibi giusti. E gli avrebbe anche insegnato quali erano, così che Harry sarebbe cresciuto forte e in salute. Harry sorrise al proprio riflesso. Sospettava che, se il professore avuto qualcosa da dire in proposito, Harry sarebbe stato più alto di Ron per la fine dell'anno scolastico. Sarebbe stato un bel cambiamento dall'essere sempre il ranocchietto della classe.
Pulito e lavato, Harry scivolò nella propria sedia al tavolino nella cucina di Piton, sotto agli occhi severi del professore. “'giorno, signore,” disse Harry, ricordandosi le buone maniere con un po' di ritardo.
“Buongiorno,” replicò il professore. Un piatto di uova, toast e frutta apparve con un pop, ed Harry sorrise felice. “Assicurati di finire il tuo latte, Potter, e così anche questa fiala di integratore dietetico. Recupererà alcune delle... inadeguatezze nutrizionali della tua vita precedente.”
Harry gettò alla pozione un'occhiata dubbiosa, ma immaginò fosse meglio non protestare. Si ricordò come il signor Weasley gli avesse dato delle verdure in più, la scorsa notte, e decise che era una cosa da papà.
“Prenderai una dose giornaliera di questa pozione,” proseguì Piton, compiaciuto che Harry fosse troppo occupato a cacciarsi in bocca con la forchetta le uova per protestare. “finché Madama Chips mi informerà che sei rientrato nella media della crescita per la tua fascia d'età.”
“Ha un cattivo sapore?” chiese Harry con un sospiro.
“Indubbiamente.” Piton sorrise mentre il ragazzo gemeva. Era piuttosto divertente. Non era ancora cominciata la prima lezione del giorno ed aveva già tormentato un bambino. “Dato che sono certo che tu non abbia nemmeno cominciato le righe che mi devi – ” Il rossore colpevole di Harry confermò i suoi sospetti “ - ti presenterai per una punizione con me questo pomeriggio, subito dopo la tua ultima ora di lezione.”
“Awwww,” protestò Harry. “E' venerdì!”
“E tu sei in punizione,” lo informò Piton spietatamente. “Preferisci cercare di ottenere una punizione anche per sabato?”
Harry emise un verso scontroso e cacciò irritato la forchetta nella frutta.
“E precisamente quali piani eccitanti avevi per questo pomeriggio?” ghignò Piton, seccato dal broncio del ragazzo.
Harry scrollò le spalle. “Non so. Pensavo solo che Ron ed io avremmo – ”
“Idiota. Hai dimenticato che Weasley e i suoi fratelli saranno chiamati alla Tana immediatamente dopo le lezioni?”
“Oh.” Harry rifletté per un momento. Se Ron non era lì attorno, non c'era davvero molto da fare. Granger avrebbe probabilmente cercato di convincerlo a studiare con lei, e, anche se Dean e Semus avrebbero potuto includerlo nei loro progetti, era altrettanto probabile che non l'avrebbero fatto.
Lui aveva veramente bisogno di lavorare sulle sue righe, e sarebbe stato meglio farlo qui, dove poteva avere l'aiuto del professore con la sua grafia, che nella Sala Comune dove chiunque avrebbe visto che stava venendo punito. Data l'assenza di Ron, il professore aveva ragione: questo era veramente il momento migliore per fare le linee assegnate, quando non si sarebbe perso nient'altro.
Harry gettò un'occhiata al professore. L'uomo aveva scelto l'opportunità migliore per Harry di concludere la propria punizione, quando non avrebbe dovuto abbandonare altre, più divertenti attività, ed Harry stava piagnucolando con lui. Ancora peggio, il professor Piton era stato spaventosamente gentile riguardo al suo non aver finito le righe in fretta. Un sacco di altri professori si sarebbero arrabbiati se lui non le avesse consegnate il giorno successivo. “Mi dispiace,” bofonchiò, colpevole.
“Hmf.” Piton, con la fronte ancora aggrottata, non alzò neanche lo sguardo dal punto in cui stava leggendo attentamente una rivista di pozioni, mentre sorseggiava il caffè del mattino.
Harry si afflosciò nella sedia. Ora era il professore era arrabbiato con lui, e giustamente. Punzecchiò quel che restava della sua frutta, l'appetito improvvisamente scomparso.
“Finisci la colazione, orribile moccioso,” ordinò Piton seccamente. “Le lezioni cominceranno tra poco.” Si sporse e sistemò il colletto del piccolo mostro lì dov'era storto, dietro al collo. Onestamente, non riusciva neanche a vestirsi da solo?
Harry guardò in su, speranzoso, attraverso la frangia. Forse il professore non era poi così arrabbiato, se stava sistemando la camicia di Harry?
“Ho detto, mangia!” Piton diede al ragazzino ribelle una pacca su un lato della testa. Era decisamente una pacca, non un buffetto. E certamente non un gesto per arruffare i capelli scomposti del moccioso. Non era colpa sua se le sue dita erano rimaste intrappolate in quel nido di ratti.
Rassicurato, Harry sorrise e spazzolò il resto della sua colazione. “Sissignore,” bofonchiò attorno all'ultimo sorso di latte.
“E non parlare con la bocca piena!” sbottò Piton: ma il rimproverò passò inavvertito mentre il moccioso scivolava giù dalla sedia e, afferrando la borsa, correva verso la porta.
“A questo pomeriggio, Professore!” gridò Harry al di sopra di una spalla.
“E' una punizione, Potter!” gridò Piton arrabbiato. “Non una festa!” Ooh, ribollì, in preda alla rabbia, avrebbe insegnato lui a quel piccolo disgraziato a temere le sue punizioni. Cinguettare un saluto felice, eh? Mentre si preparava ad un pomeriggio in punizione? Avrebbe fatto scrivere al moccioso righe finché le dita non gli fossero cadute, e poi l'avrebbe fatto davvero soffrire.

Per l'ora in cui le lezioni terminarono, Piton aveva riguadagnato il buonumore riducendo in lacrime quattro studenti per i M.A.G.O. ed assegnando ad Oliver Baston una punizione che gli avrebbe assicurato di fare implorare al ragazzo pietà. Dopo essere stato curvo a strofinare un decennio buono di schizzi di pozioni dalle gambe dei tavoli della classe di Piton, la schiena di Baston avrebbe avuto i crampi per giorni: o, almeno, finché non fosse riuscito a zoppicare fino all'infermeria.
Il Grifondoro capitano di Quidditch si era scusato ed aveva strisciato mentre Piton lo scorticava verbalmente per non aver spiegato ad Harry gli appropriati esercizi di riscaldamento prima e dopo i provini; ma ciò che aveva veramente fatto riempire i suoi occhi di lacrime di orrore era stata la minaccia di Piton di spostare il ragazzo nella squadra di Serpeverde, se quella di Grifondoro non si prendeva la dovuta cura dei propri giocatori. Baston aveva farfugliato promesse terrorizzate e si era offerto di lasciare che Piton si rifacesse sulla sua pelle di qualunque ferita ulteriore che Harry avesse sofferto. “Oh, signor Baston,” aveva replicato Piton, la voce serica, “Stavo già progettando di fare così.”
Dopo tutte le minacce, la vera punizione era stata un benvenuto sollievo per il nervoso Baston, e Piton l'aveva lasciato a strofinare quando Harry era entrato nella stanza.
“Salve, signore,” disse Harry educatamente, cacciando in fretta la Cioccorana che era stato intento a masticare in una tasca della veste.
Piton gli prese il mento in una stretta ferma e, tirando fuori un bianco fazzoletto pulito, aveva strofinato la faccia del monello. “Hmmm?” aveva chiesto minacciosamente, mostrando al moccioso le tracce di cioccolata che avevano, fino ad un momento prima, decorato le sue fattezze.
“Erm... E' il compleanno delle gemelle Patil,” aveva spiegato Harry in tono supplichevole. “Stavano distribuendo Cioccorane a tutti. Sarebbe stato sgarbato rifiutare.
“Niente dolce, stanotte.” Sostenne Piton in un tono che non permetteva discussione alcuna.
Harry sospirò. “Sì, signore. Posso almeno finire la mia rana, almeno?” chiese, speranzoso.
“No.” Piton allungò la mano, ed Harry, dolorosamente, vi depositò sopra la Cioccorana semi-mangiata. Era piuttosto appiccicosa dopo essere stata nella sua tasca, ammise a sé stesso. Piton la guardò con disgusto e la fece Evanescere. Prese Harry per la spalla e lo spostò prontamente attraverso l'aula verso una sedia nella prima fila.
“Ciao, Oliver!” disse Harry mentre veniva trascinato oltre il Grifondoro più anziano.
“Ehi, piccolo,” Baston gli sorrise dal punto in cui era piegato sull'alto tavolo, sfregandone le gambe con una spazzola dalle setole rigide.
“Questa non è una festicciola pomeridiana, Potter,” sbottò Piton. “Siediti e comincia le tue righe.”
“Sì, signore,” disse Harry obbediente, tirando fuori pergamena e penna dalla borsa. Ad essergli assegnate per prime erano state le righe riguardo ai suoi parenti, ma sarebbe stato più semplice finire quelle per l'incidente di volo, dato che ce n'erano solo 200 di quelle. Decise che sarebbe stato meglio terminare almeno una parte della sua punizione il prima possibile, e stabilì che avrebbe lavorato sul compito da 200 righe.
Lo stomaco gli brontolò, e lui pensò con desiderio alla Cioccorana prima di focalizzare la propria attenzione sul lavoro che aveva davanti. Ora, cos'era che Piton gli aveva detto di scrivere...? Oh, giusto – Harry si piegò al lavoro.
Saltò per la sorpresa quando un bicchiere di latte e un piatto di fette di mela apparvero sul tavolo di fronte a lui.
Alzando la testa verso il professore, vide che Piton lo stava fissando trucemente. “Mettiti al lavoro, pigro moccioso!”
“Signore!” protestò Baston dal fondo della stanza, ed Harry si girò per la sorpresa. “Non dovrebbe chiamarlo così!”
“Occupati degli affari tuoi, Baston: o desideri pulire le sedie, oltre che i tavoli?” minacciò Piton.
Baston chinò la testa per tornare al lavoro, borbottando in tono ribelle, mentre Harry sbocconcellava una fetta di mela e si chiedeva per cosa fosse tutto quel trambusto.
Aveva finito gran parte della mela e tutto il latte quando Piton trascinò una sedia accanto a lui. “Ti aspetti che io riesca a leggere queste zampe di gallina?” lo rimproverò il professore, gettando un'occhiata fugace alla dozzina, più o meno, di righe che Harry aveva scritto.
“Mi dispiace, signore,” disse Harry mitemente.
“Guarda qui. Questo è il modo appropriato di reggere una piuma, e – dove hai preso una simile, patetica parodia di piuma, Potter?”
“Erm, erano in saldo in Diagon Alley, signore...”
“Ovviamente scontate perché altrimenti nessuno sarebbe stato sciocco a sufficienza da acquistare attrezzature di tanto spaventosamente bassa qualità,” Piton fece una smorfia sprezzante. “Ecco. Questa è una penna a prova di perdita ed autoinchiostrante. Non voglio più sentire altre piagnucolose scuse sul fatto che la tua penna è la causa di quest'atroce scrittura.”
Harry stava per puntualizzare che non aveva fornito nessuna scusa, piagnucolosa o no; ma immaginò che sarebbe stato sgarbato discutere quando gli era appena stato dato un regalo. “Grazie, signore!”
Piton aggrottò la fronte orribilmente. “Piantala di chiacchierare e prova di nuovo! No, no – reggila così.” Quindici minuti più tardi la grafia di Harry era sensibilmente migliorata, e Piton fece ritorno al proprio tavolo. “E se non hai fatto cinquanta righe entro la prossima volta in cui controllerò, Potter, ti troverai incantato su quella sedia fino al coprifuoco!”
“Maledetto pipistrello,” aleggiò dal fondo della stanza.
“Hai detto qualcosa, Baston?” chiese Piton morbidamente.
“No, signore,” replicò Oliver docilmente.
“Tirati su e guardami in faccia quando ti rivolgi a me, Baston!”
I versi che Oliver emise mentre si raddrizzava dolorosamente portarono un ghigno di puro piacere sul viso di Piton. Baston gemette pietosamente quando la sua schiena protestò, agonizzante, per le due ore precedenti.
“Accidenti, Baston. Suppongo che avrei dovuto permetterti di fare un po' di riscaldamento, prima di farti strofinare il lato inferiore di tutti quei banchi,” disse Piton allegramente. “I muscoli della tua schiena devono essere contratti.”
“Sì, signore,” Oliver sussultò. Doveva ammettere, dolorante com'era, che c'era una qualche poetica giustizia in questa punizione. Lanciò un'occhiata di scuse verso il punto in cui Harry stava rubando un'occhiata al di sopra di una spalla. Non aveva avuto veramente intenzione di sovraccaricare di fatica il ragazzino in quel modo, ma era stato semplicemente così entusiasmante vederlo sfrecciare ed afferrare il Boccino ancora e ancora e ancora.
“C'è ancora un'ora e mezza prima di cena,” ponderò Piton, godendosi il modo in cui il capitano del Grifondoro impallidì al pensiero di altri novanta minuti di un tale lavoro capace di spezzare le schiene.
“Per favore, signore,” tentò Baston, “i provini sono durati solo due ore.”
“E tu sei più vecchio, più forte, e – presumibilmente – più saggio di un undicenne, Baston!”
Lui sospirò. “Sì, signore.” Baston fece per chinarsi di nuovo, ma fu fermato dalla voce fredda del professore di Pozioni.
“Puoi trascorrere il resto del pomeriggio riflettendo sulla lezione che hai appena appreso.”
Baston guardò con incertezza verso il professor Piton. Cosa intendeva dire? Stava per essere spedito in un angolo come un bambino di quattro anni? L'untuoso bastardo era capace praticamente di tutto, finché era umiliante, doloroso, e in grado di far piangere uomini adulti.
Piton alzò gli occhi al cielo. Parole piccole – i Grifondoro hanno bisogno di parole piccole e istruzioni chiare, ricordò a sé stesso. “Suppongo tu possa riflettere sulle tue azioni senza essere impegnato in un lavoro manuale, Baston?”
“Oh! Erm – sì, signore,” Oliver annuì in fretta, fiutando una sospensione della pena.
“Allora puoi andare. Mi aspetto un saggio di sessanta centimetri sulle responsabilità del comando sulla mia scrivania entro lunedì, insieme ad altri trenta centimetri sulla prevenzione dei dolori alla schiena.” Fece un sorrisetto. “Immagino che tu possa rivolgerti a Madama Chips per l'ultimo argomento, quando ti rivolgerai a lei per i suoi servigi. Se entrambi i saggi non incontreranno la mia approvazione, provvederai a scrivere altri sessanta centimetri sulla frequenza e la prevenzione dei danni sportivi. Ci siamo capiti?”
“Sì, signore,” assentì Baston, desolato. Due saggi in più! E tanti saluti ai suoi piani di fare pratica di volo nel fine settimana. E, se conosceva Piton, sarebbe finito a fare comunque il terzo saggio. Le spalle di Baston si abbassarono per il senso di sconfitta, e sussultò immediatamente al caldo, pungente dolore che il movimento aveva causato. Almeno Piton gli aveva appena dato, praticamente, il permesso di vedere Madama Chips. Si era aspettato che gli venisse proibito di adoperare qualunque tipo di sollievo magico per il dolore, ed era una piacevole sorpresa scoprire che neanche Piton era così malvagio.
Oltretutto, avrebbe potuto andare molto peggio. Il bastardo avrebbe anche potuto tener fede alla sua minaccia di trasformare Potter in un Serpeverde volante! Ammiccò a Potter, ed il ragazzo gli sorrise di risposta.
Baston si sentiva un poco colpevole ad abbandonare lo studente del primo anno, da solo, alla mercé del Malvagio Pipistrello; ma, d'altra parte, non era come se la sua presenza fosse stata di molto aiuto al ragazzo. Piton aveva ancora sbottato e ringhiato contro di lui per tutto il tempo, piombando su di lui a causa della sua scrittura, per amor di Merlino! Che gli importava se la grafia del ragazzo era spaventosa? La McGranitt non avrebbe mai cacciato il suo naso in una cosa come quella. Lei rispettava i suoi studenti e non li trattava come un branco di bimbetti. Baston aveva sentito che Piton assegnava anche orari per andare a letto ai suoi Serpeverde del primo anno – Merlino! Qual era il punto di essere lontano da casa, a scuola, se non potevi neanche stare alzato fino a tardi quanto ti andava?
Baston salutò con la mano Harry e si girò per andare. “Grazie, professore,” salutò, immaginando fosse molto più sicuro essere educati.
“Quale parte di 'puoi andare' non ti era chiara, Baston?” la replica tagliente del professore lo inseguì mentre scappava fuori dalla porta.



Note alla traduzione: In attesa che la Vita smetta di cercarsi di mangiare la mia Amata Beta - e questa torni disponibile vittima delle mie tormentose richieste - anche questo capitolo non è passato per le sue esperte mani: perciò temo vi siano manciate di imprecisioni ed errori sparsi qua e là.

Ho mantenuto il nuovo sistema di divisione in paragrafi inaugurato nello scorso capitolo; e ho deciso di continuare a tradurre un po' più liberamente per aderire allo spirito allegro e ironico della storia, senza perderne il senso in articolate e convolute locuzioni.

Grazie a tutti coloro che si fermeranno per regalare un'opinione ad autrice e traduttrice: a kbinnz sono stati fatti avere i commenti (tradotti) di Harry's First Detention; poco alla volta, spero di farle avere tutti i commenti che le lasciate.
Si ringrazia JDS per aver segnalato un Wood rimasto tale in fase di traduzione.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***







Piton tenne un occhio sul moccioso e l'altro sul tempo che passava. Con una nuova conoscenza dei principi dell'appropriato uso della penna e con una piuma funzionante, Harry riuscì a dimostrare un miglioramento sostanziale prima della fine delle sue 200 righe, che terminò poco prima di cena.
“Fatto, professore!” esclamò Harry allegramente. “Ho contato due volte per essere sicuro di averle fatte tutte.” Sventolò la pergamena con orgoglio.
Normalmente, a questo punto Piton avrebbe bruciato con un Incendio la pergamena per dimostrare al furfante semplicemente quanto inutile la punizione fosse stata: tutto quel tempo e quello sforzo spesi su qualcosa del tutto privo di significato e di valore anche agli occhi dell'uomo che aveva richiesto fosse fatto. Più di una volta quest'atto indifferente di crudeltà aveva portato gli studenti a lacrime impotenti, mentre realizzavano quanto spietato e crudele fosse veramente il loro professore di Pozioni.
Ma, in qualche modo, guardando la soddisfazione con la quale Harry contemplava le sue 200 righe, il risultato di un intero pomeriggio di laborioso sforzo con la lingua tra i denti, Piton non poté farlo. “Hmf,” scorse la pergamena con gli occhi. “Non del tutto atroce come avrebbe potuto essere,” disse a malincuore.
“Perciò, invece che zampe di gallina, magari sono... zampe di scimmia?” chiese Harry sfacciatamente.
Piton strinse gli occhi. “La tua grafia non ha ancora raggiunto il livello evolutivo dei primati, Potter.”
“Zampe di tacchino? Zampe di gufo? Zampe di pinguino –” Harry stava divertendosi troppo con questa linea di pensiero, e Piton abbatté la mano sulla scrivania con un tonfo echeggiante.
“POTTER. Stai venendo punito!”
“Oh,” disse Harry, il tono colpevole. Fece del suo meglio per apparire penitente. Il professore non avrebbe dovuto aver bisogno di ricordarglielo. Ora l'uomo si sentiva probabilmente come se non avesse fatto davvero un buon lavoro nel disciplinare Harry. Povero professor Piton! Harry sapeva com'era quando ti facevano sentire come se non avessi fatto davvero un buon lavoro, malgrado aver provato a fare del tuo meglio. Non voleva far sentire il professore in quel modo.
Malgrado quel che il signor Weasley aveva detto, era chiaro ad Harry che il professore semplicemente non era capace di essere terribilmente severo. Tuttavia, solo perché Piton davvero non capiva tutta questa cosa delle punizioni, non significava che Harry dovesse farlo sentire depresso per le sue carenze. “Mi dispiace, signore.” Pensò in fretta. Cosa avrebbe potuto dire che avrebbe fatto credere al suo professore che la “punizione” aveva fatto effetto? “Erm, sono veramente molto dispiaciuto per aver rischiato di farmi male. Ho imparato la lezione, davvero.” Guardò il professore, preoccupato. Avrebbe funzionato? Davvero, non aveva avuto intenzione di far sentire inadeguato il professor Piton.
Piton adocchiò il moccioso con le palpebre socchiuse. Così andava meglio. Appariva ansioso, adesso, e si stava mordendo nervosamente il labbro. Ovviamente lo sbotto di Piton aveva spaventato la piccola minaccia. I suoi parenti gli avevano probabilmente urlato contro parecchio.
Piton si mosse a disagio mentre un senso poco familiare di colpa si piazzava nel suo petto. Harry era molto più fragile che l'orribile studente medio di Hogwarts. Doveva ricordarsene e non essere tagliente come al solito, per non rircordare al moccioso quei disumani Babbani.
“Sono felice di sentirlo, Potter,” disse, la voce ancora severa ma più tranquilla. “Il tuo benessere è troppo importante perché tu lo consideri con indifferenza o corra dei rischi quando non è necessario. Io non diventerò più indulgente su questo, perciò, a meno che tu non desideri trascorrere più pomeriggi copiando righe, scrivendo saggi e massaggiandoti un sedere dolorante, ti suggerisco di mostrare maggior cautela nelle tue attività quotidiane.”
Occorsero ad Harry alcuni istanti per decifrare tutte le parole grosse: ma, una volta che ci fu riuscito, il suo viso si illuminò di un sorriso raggiante. Il professor Piton aveva appena detto che Harry contava! Aveva detto che la salute e la sicurezza di Harry erano importanti. Che Harry non poteva semplicemente fare ogni sciocca cosa che potesse ferirlo, perché lui era importante. Questo era quasi come se Piton avesse detto che gli importava. Meglio, quasi, perché un sacco di persone dicevano che gli importava, ma non facevano nulla per dimostrarlo.
Ma Piton aveva fatto più che questo. Aveva detto che, se Harry si fosse messo in pericolo, lui, Piton, l'avrebbe fermato. L'aveva minacciato anche con altre botte – non che le sue leggere pacche avessero veramente lasciato Harry con un sedere dolorante, ma era ovvio che il professor Piton credeva che fosse così. E ancora, la sua minaccia mostrava quanto fosse serio, perché lui usava le botte solo per i comportamenti più seriamente sbagliati. Wow – questo era quasi come dire che nulla era più importante di Harry.
Harry sbatté le palpebre. Questo era un pensiero così rivoluzionario che doveva metterlo alla prova.
“Signore?”
“Cosa?” Piton aggrottò la fronte. Il ragazzo sembrava avere ancora la bocca contratta. Che cosa lo stava disturbando così tanto? La minaccia di altri schiaffi? Il rimprovero? Il tono di Piton era stato troppo duro?
“Mi picchieresti se rispondessi con insolenza a qualcosa che hai detto?” chiese Harry cautamente. L'insolenza era sempre stato un peccato importante nella casa dei Dursley. Per Harry, comunque. A Dudley era ovviamente permesso di dire tutto quel che voleva o di fare i capricci per delle sciocchezze.
Piton sbatté le palpebre. Che strana domanda. Che cosa poteva star progettando Potter? Lanciò al moccioso la sua occhiataccia alla “dal momento che stai evidentemente trovando la vita come un essere umano troppo gravosa, vediamo se sei più utile alla società sotto forma d'ingrediente per pozioni” e ringhiò, “No, Potter, anche se mi assicurerò con altri mezzi che sia improbabile che tu ripeta questo comportamento più che una volta.”
Harry ci pensò sopra. Forse l'insolenza non era poi un grosso problema, qui. Aveva sentito alcuni degli altri ragazzi – come Ron – dire cose agli altri professori che lui non avrebbe mai detto allo zio Vernon, a meno di non desiderare che il suo posteriore si riempisse di lividi in tutti i colori dell'arcobaleno. Magari avrebbe dovuto chiedere riguardo a qualche altra cosa.
“Mi picchieresti per aver preso a pugni qualcuno? Come Draco, per dire?” Harry pensò che mettersi a fare a pugni con un membro della Casa di Piton avrebbe sicuramente portato Harry a ricevere la punizione più severa che fosse possibile.
Piton adocchiò il ragazzo aggrottando la fronte. Da una parte era incoraggiato dal vedere che il ragazzo contemplasse l'ipotesi di colpire qualcuno, piuttosto che essere la vittima passiva che i Dursley l'avevano addestrato ad essere. D'altra parte, non era compiaciuto da questo segno di aggressività maschile preadolescenziale. E perché il piccolo idiota stava anche facendo una domanda del genere? Era davvero abbastanza stupido da informare Piton dei suoi progetti di comportarsi male in futuro, anche se girando intorno alla questione? “No, Potter, perché la risultante perdita di punti e le numerose detenzioni che riceveresti dimostrerebbero adeguatamente l'idiozia delle tue azioni.”
Harry sbatté le palpebre. Wow. Allora il professore pensava che prendere a pugni Draco fosse una colpa inferiore al mettersi in pericolo. Questo era sorprendente. Sapeva che avrebbe dovuto fermarsi, ma si sentì spinto a tentare la fortuna e provare una cosa di più. Sicuramente questo avrebbe sorpassato tutti gli altri crimini, almeno qui a scuola.
“Mi picchieresti per... aver imbrogliato a scuola?” Harry a malapena soffiò fuori le ultime parole. S'immaginò che, per un insegnante, imbrogliare a scuola fosse il peccato ultimo. Dopotutto, a parte le risse e l'insolenza, cos'altro gli studenti facevano che rendeva i professori indicibilmente furiosi?
Il piccolo mostro! Cosa stava complottando? Piton si sporse e, afferrando Harry per la spalla, lo trascinò vicino a sé. “Potter,” disse, lanciando un'occhiataccia al moccioso. “Imbrogliare ad Hogwarts è una delle poche cose che vengono punite dal professor Silente stesso. Vuoi veramente che lui sia arrabbiato con te?” Harry impallidì e scosse la testa violentemente. “Bene.” Piton fece una pausa. “Ma, per rispondere alla tua domanda, no. Non ti picchierei per questo. Ti ho detto ripetutamente che tu sarai colpito solo se violerai le mie due regole più importanti, entrambe le quali hanno a che fare con la preservazione della tua salute.” Aggrottò la fronte minacciosamente. “Hai bisogno di copiare quest'affermazione qualche centinaio di volte per poterla imprimere nella tua testa dura?”
“No, signore!” disse Harry in fretta. Le dita gli facevano già male per aver stretto la penna per 200 righe, e ne aveva ancora altre 500 da fare. Ma, malgrado la minaccia di Piton, non poté reprimere l'accecante felicità che sorse dentro di lui. Era vero, malgrado quel che poteva sembrare. Piton stava in effetti dicendo che la salute e il benessere di Harry erano per lui più importanti di qualunque altra cosa.
Considerando quanto spesso Harry si era bruciato cucinando i pasti dei Dursley o si era fatto male lavorando nel loro giardino, era proprio strano che Piton mettesse tanta enfasi sul suo benessere. I Dursley avevano sempre insistito che tutto quel che riguardava Harry, includendo la sua salute, era piazzato ad un distante secondo posto rispetto anche al loro più piccolo desiderio. Non avrebbero disturbato sé stessi per qualcosa anche di fondamentale importanza per Harry, e per la maggior parte della sua vita Harry aveva solo dovuto accettare che il più banale desiderio di Dudley sorpassava il suo più profondo bisogno. Fino ad ora.
Ora il professor Piton stava facendo ruotare il mondo attorno alla sua testa, e diceva che la PIU' importante cosa, per lui, era Harry. La salute di Harry. La sicurezza di Harry. E era intenzionato a supportare le sue parole con le azioni, fino al punto di includere una sculacciata – che ovviamente considerava una Punizione Veramente Molto Severa. La sensazione di calore dentro Harry si intensificò. Il professor Piton chiaramente non aveva alcuna idea di come picchiare un bambino; ma il fatto che fosse ancora intenzionato a fare un tentativo, giusto per essere sicuro che Harry capisse quando serio Piton fosse riguardo al suo tenersi al sicuro, significava che fosse intenzionato di affrontare un sacco di problemi per via di Harry – qualcosa che nessun altro aveva mai fatto da quando Harry poteva ricordare.
Harry desiderò che ci fosse qualcosa che potesse fare per il professor Piton, per mostrargli quanto apprezzava quel che il professore stava facendo per lui. “Signore?” disse, cautamente.
“Cosa c'è ora, Poter?” domandò Piton irritato. Perché il moccioso se ne stava lì, con la fronte aggrottata mentre rifletteva?
E tutto ad un tratto il piccolo mostro l'aveva stretto in una presa mortale. Piton quasi estrasse la bacchetta prima di realizzare che Harry non lo stava attaccando: era un abbraccio – completamente incomprensibile, viste le circostanze. Il disgraziato era un detenzione; aveva appena dovuto copiare la stessa lunga frase 200 noiosissime volte; era stato minacciato di punizioni addizionali, compresi e non esclusi i castighi fisici; e gli era stato reso esplicitamente chiaro che Piton non gli avrebbe offerto alcuna scappatoia, né mostrato alcun favoritismo nel caso in cui si fosse messo nei guai. Aveva rapidamente distrutto ogni speranza che il moccioso potesse avere che i suoi cattivi comportamenti sarebbero stati ignorati.
Aveva finalmente dedotto che Harry stava portando l'argomento su alcune tipiche pessime condotte scolastiche nella speranza che il suo tutore promettesse di adoperare il suo status di membro del corpo insegnante per lasciar perdere la punizione in favore di un rimprovero. Ma Piton aveva messo in chiaro che Harry sarebbe stato punito piuttosto spiacevolmente anche per trasgressioni minori. Perché diavolo questo aveva causato un abbraccio grato?
Piton si chiese se il ragazzo fosse anche più confuso di quanto avesse inizialmente pensato. Era stato ovvio sin da quella prima detenzione che Harry non aveva idea di cosa costituisse un'appropriata punizione, per non parlare di un premio; ma ora Piton si chiese se era così confuso che qualunque cosa che non fosse una scarica brutale di botte veniva vista come un'indulgenza incredibile.
“Potter, basta così,” disse, sciogliendo il cucciolo dal proprio collo. Gettò un'occhiataccia al moccioso, che gli stava sorridendo commosso, ma in qualche modo le mani che stavano tenendo Potter alla distanza di un braccio erano molto più gentili di quanto avrebbero dovuto essere. Aveva avuto intenzione di dare al ragazzo una bella scrollata, fosse mai che pensasse che tali lacrimevoli sfoggi di emozione sarebbero stati i benvenuti: ma invece si era trovato a battere leggermente su quelle spalle magre. Davvero! Che stava facendo? Solo perché aveva acconsentito di seguire il ragazzo non significava che dovesse mostrare anche lui una tale disgustosa sdolcinatezza.
Ora di cambiare argomento.
“Potter, vieni con me.” Si schiarì la voce, a disagio, e si alzò in piedi. Harry trotterellò accanto a lui mentre Piton faceva strada verso le sue stanze personali.
Piton discusse con sé stesso durante tutto il percorso; ma alla fine decise che aveva senso affrontare il tutto qui ed ora, se non altro perché non voleva che Albus lo tormentasse per quello durante la cena. “Entra,” ordinò, aprendo la porta per la nuova stanza di Harry.
Il moccioso – disobbediente in questo come in tutte le cose – gli lanciò un'occhiata incerta e sbirciò all'interno cautamente. “Entra!” ripeté Piton. Portò rapidamente la mano in avanti, con l'intenzione di spingere il piccolo mostro nella stanza con una spinta energica.
La spinta ammonitrice non funzionò precisamente come Piton avrebbe voluto, perché la cosa immediatamente successiva della quale si rese conto era che il moccioso gli aveva afferrato la mano e la stava stringendo mentre si avventurava in avanti. Visto il modo in cui stava esitando, avresti pensato che un drago vivo giacesse in attesa all'interno della stanza buia.
“Oh, per amor di Merlino, Potter.” Piton si mosse in avanti, tirando il ragazzo con sé. Agitò la bacchetta, illuminando quel che li circondava, e la bocca di Harry si spalancò.
Erano nel mezzo di una grande stanza, con magiche finestre che fornivano una visuale del campo da Quidditch. Un letto a baldacchino si ergeva lì, sfavillando con i (dal punto di vista di Piton) vistosi colori del Grifondoro, mentre tutt'attorno alla camera scaffali sorreggevano sia libri di testo che letture di piacere, per non menzionare molti dei giocattoli e dei passatempi che Albus aveva insistito per comprare. Una scrivania nell'angolo – troppo vicina alla finestra, nell'opinione di Piton; la microscopica capacità di concentrazione del moccioso sarebbe stata costantemente distratta – conteneva alcuni opportuni materiali di base, un set di penne appropriato per l'età del ragazzo (a prova di macchia, in grado di inchiostrarsi da sole magicamente e incantate per riconoscere gli errori di ortografia), ed una pila di pergamene di diverse lunghezze.
Piton vide che gli occhi del ragazzo erano stati attratti dagli ippogrifi animati sulle lenzuola, ed una volta di più alzò gli occhi al cielo davanti alla stravaganza di Albus. Sicuramente Potter era troppo vecchio per una simile infantile insensatezza!
“Forte!” esalò il ragazzo.
Be'. Apparentemente no.
Gli occhi di Harry scivolarono sulla stanza. Era come una camera da letto dei sogni, riempita con un numero di stupefacenti giocattoli ancora maggiore rispetto a quella di Dudley. C'era un cavalletto con le tempere in un angolo, un gioco miniaturizzato di Quidditch nell'altro, più libri di quanti ne avesse mai visti fuori da una biblioteca... Anche qualcosa di pratico come il letto aveva lenzuola magiche, e poteva vedere attraverso una porta semiaperta che il bagno annesso era grande e conteneva una vasca insieme ad un lavandino e alla tazza.
Chiunque viveva in quella stanza era incredibilmente fortunato! Harry si domandò per quale ragione avrebbe mai lasciato questa stanza meravigliosa. Se Harry avesse avuto una camera che fosse stata bella anche solo una frazione rispetto a questa, i Dursley non avrebbero mai dovuto rinchiuderlo; lui sarebbe stato anche troppo felice di stare lì, fuori dai piedi.
Harry si guardò intorno, chiedendosi di chi fosse questa stanza. Non aveva pensato che il professor Piton avesse dei figli, ma ovviamente si era sbagliato. Harry sentì una pungente sensazione di perdita e – era gelosia? - nel petto. Stupido, disse a sé stesso, fieramente. Solo perché è stato gentile con te non vuol dire che sei niente di speciale per lui. E' solo gentile, tutto qui.
Harry ricacciò indietro un sentimento di disappunto amaro, che sapeva essere sia inutile per lui che ingiusto verso il professore. Sapeva anche troppo bene com'era essere la seconda scelta, e aveva sperato brevemente che per una volta sarebbe stato la preoccupazione primaria di un adulto: ma ovviamente non doveva essere così. E, davvero, il professor Piton sarebbe stato un sacco meglio dei Dursley. Non era già stato più gentile con Harry di quanto loro lo fossero mai stati? Anche se aveva un figlio suo, del quale ovviamente si curava di più, probabilmente sarebbe stato ancora gentile con Harry e, oltretutto, Harry aveva anche i Weasley.
Ohhhhh, ora Harry poteva vedere le sue visite dai Weasley in una nuova luce. Ovviamente sarebbe stato mandato dai Weasley ogni volta che il professor Piton avesse voluto spendere del tempo con il suo i>vero figlio. Be', questo era un sacco meglio rispetto all'essere esiliato in un ripostiglio. Harry provò a sorridere. Visto? Si disse. Il professor Piton si sta comportando in modo spaventosamente gentile e sta pensando a me.
Questa era la cosa dell'essere un orfano. Non potevi davvero aspettarti che qualcun altro ti volesse una volta che i tuoi genitori erano morti: chiunque era occupato a sufficienza con i propri figli, ed essere incastrato con un altro era, be', scomodo. Ad Harry quel concetto era stato piantato dentro sin da un'età davvero giovanissima, e sapeva che avrebbe dovuto essere grato per ogni piccola gentilezza che gli fosse stata indirizzata.
E lo era. Davvero. Era solo che per qualche stupida, sciocca, infantile ragione aveva immaginato che il professor Piton fosse... suo. E lo feriva in un modo sorprendente realizzare diversamente.
Ricacciò indietro lacrime traditrici. Non avrebbe mai permesso al professore, che era stato così gentile con lui (anche dandogli un regalo nel mezzo di una punizione!), di capire quanto Harry fosse stato presuntuoso.
“Sì, signore?” si sforzò di suonare il più naturale che fosse possibile. Guardò di nuovo la stanza. Perché erano lì? Forse Piton voleva che pulisse la camera? O voleva avvertirlo – come i Dursley avevano fatto con entrambe le camere da letto di Dudley – che gli era proibito entrare in questa stanza? Come se lui fosse stato abbastanza stupido da toccare le cose di qualcun altro? Dudley gli aveva insegnato a non fare quello prima che avesse raggiunto i quattro anni di età.
Piton aggrottò la fronte davanti al ragazzo. Non si era aspettato i salti di gioia – be', in realtà sì – ma, per una una piccola creatura emozionale com'era Potter, questa faccia impassibile che sorvegliava la stanza era esasperante. Il piccolo ingrato era apparentemente troppo orgoglioso anche per offrire un simbolico 'grazie', e si era guardato intorno con una distinta espressione di acuto disappunto.
Perciò tutti i suoi sforzi (per non menzionare quelli degli elfi domestici) erano stati sprecati, giusto? Piton si maledisse anche solo per aver provato a compiacere l'ingrato cucciolo. Perché si era mai aspettato che un Potter mostrasse gratitudine? Naturalmente il ragazzo pensava che qualunque camera da letto in un sotterraneo fosse inappropriata per il Principe del Grifondoro!
Piton serrò i denti, ricacciando indietro i ringhi d'invettiva che poteva sentir crescere sulle sue labbra. Avrebbero rivelato troppo del suo stato emotivo. No, meglio rispecchiare l'attitudine disinteressata, vagamente sdegnosa, del ragazzo. Non aveva mai permesso che il padre sapesse quanto dolore le sue azioni avevano causato; non aveva intenzione di cominciare ora con il figlio.
Quando Harry si volse verso di lui con un'espressione interrogativa e piena d'attesa, Piton ricambiò lo sguardo con la propria espressione aggrottata. “Che c'è, Potter?” Che lui fosse dannato prima di spingere il ragazzo per farsi rivolgere simbolici – e ovviamente insinceri – ringraziamenti.
“Erm... perché siamo qui, signore?”
La sfrontatezza del ragazzo! Come se la stanza fosse al di sotto del suo interesse! Irrilevante, per lui! Bene, a questo gioco si poteva giocare in due.
“Pensavo che ti sarebbe piaciuto vedere dove dormirai quando resti da me,” disse con sarcasmo. “Gran parte della gente civilizzata desidera essere messa a conoscenza della propria sistemazione.”
Oh, no. Quella era veramente una pessima idea. Harry si guardò intorno, verso l'incantevole, incantata stanza, con qualcosa di simile al panico. Una cosa era non avere molto. Un'altra cosa era che ti venisse ricordato. Essere circondato da tutte queste meravigliose cose che lui non avrebbe mai, mai potuto sperare di toccare, per non parlare del possedere, sarebbe stato molto, molto peggio che essere chiuso in un piccolo, polveroso ripostiglio pieno di ragni. Almeno, nel ripostiglio, Harry poteva circondarsi con le meraviglie della sua immaginazioni: potevano non essere reali, ma almeno erano sue.
E il proprietario della stanza? Non sarebbe stato felice che un intruso stesse nel suo letto, forse giocasse con i suoi giocattoli. Anche se non era come Dudley, che sembrava pensare che le sue cose fossero insozzate irrimediabilmente se Harry anche solo le guardava, non era probabile che volesse che qualcun altro vivesse nella sua stanza, con le sue cose. E se era come Dudley... Alcune delle peggiori punizioni di Harry erano derivate dal fatto che Dudley aveva dichiarato che Harry aveva rotto, toccato o giocato con i suoi giocattoli. Non importava che Harry fosse stato addirittura in un'altra stanza quand'era accaduto; sua zia e suo zio avevano sempre preso per buone le parole di Dudley.
Harry sperò che il professor Piton potesse essere un po' più giusto, se una cosa del genere fosse accaduta qui – che almeno aspettasse di sentire la versione di Harry della storia, prima di punirlo automaticamente – ma sarebbe stato molto, molto meglio evitare il problema in primo luogo.
“Per favore, signore,” Harry inghiottì a vuoto. Non voleva sembrare ingrato. Le persone ingrate erano veramente il peggio – e in genere non venivano nutrite per molto, molto tempo. “Non potrei semplicemente dormire sul divano come ho fatto l'altra notte? Era molto comodo. Non ho bisogno di un letto.”
Piton non poteva credere al moccioso. Era veramente così pieno di disprezzo che avrebbe preferito dormire su un divano piuttosto che su un letto, solo per mostrare quanto pienamente disgustato fosse dagli sforzi di Piton di renderlo felice?
“E se io non volessi avere un moccioso russante in soggiorno?” ringhiò, riuscendo a malapena a contenere la propria ira. Solo il pensiero della reazione di Albus se lui avesse fatto fisicamente volare il piccolo miserabile fuori dalle sue stanze gli impedì di farlo.
Oh. Certo. Harry si sentì stupido. Come se chiunque avrebbe voluto un orfano schiaffato nel mezzo delle loro stanze. “Er, be', io non ho davvero bisogno di una stanza così,” disse, muovendosi irrequieto. “Voglio dire, se hai un magazzino o un ripos-” Non riuscì mai a finire la frase, perché Piton lo afferrò per le spalle e gli diede una scrollata.
“Ripostiglio?” chiese il professore, furioso. “Stavi per dire ripostiglio?” Davanti all'assenso ad occhi spalancati di Harry, il professore lo scosse ancora. “Come osi suggerire che io sia come quei tuoi spaventosi parenti, Potter! Pensi veramente che rinchiuderei un bambino come fosse qualche attrezzo per le polizie in disuso?” Non riusciva a ricordare l'ultima volta che era stato così arrabbiato. Anche quella volta in cui i gemelli Weasley avevano sabotato le docce della torre di Serpeverde, rendendo tutti gli studenti della sua Casa verdi, impallidiva nel paragone. Questo mocciosetto gli stava dicendo che preferiva il ripostiglio di quei Babbani rispetto al miglior tentativo di Piton di una stanza da letto lussuosa? Una tale oltraggiosa mancanza di rispetto era... decisamente Serpeverde.
Harry fissò scioccato il professor Piton. Era quasi arrabbiato quanto lo era stato quando Harry aveva inseguito la Ricordella. Ma cosa aveva fatto Harry? Tutto quel che aveva detto – oh. Aveva suggerito che un ripostiglio fosse buono a sufficienza per lui. Il professore aveva reso molto chiaro che i Dursley erano persone spaventose perché non avevano trattato Harry propriamente. Harry meritava di meglio; e invece lui era qui, comportandosi come fosse a posto essere chiusi in un ripostiglio. I Dursley non avrebbero mai trattato Dudley così, e il professor Piton aveva detto che Harry meritava di essere trattato almeno bene come Dudley. Almeno.
Il professore doveva pensare che fosse orribilmente stupido. Continuava a dimenticare. Continuava a comportarsi come i Dursley gli avevano detto che era giusto, anche se il professor Piton doveva avergli detto diversamente circa un milione di volte. Non c'era da stupirsi che fosse arrabbiato.
Certo, questo significava anche che il professore si interessava ancora a lui. Oh, ovviamente non quanto si interessava al suo vero figlio, quello al quale questa magnifica stanza apparteneva, ma comunque parecchio. Il cuore di Harry balzò un pochino. Gli piaceva davvero che il professore diventasse così furioso ogni volta che Harry si comportava come se non importasse. Era una chiara indicazione del fatto che Harry importava. A lui. Almeno un pochino.
“Mi dispiace,” mormorò, abbassando gli occhi per nascondere il sollievo in essi. “Semplicemente non voglio trovarmi nei guai per aver toccato qualcosa.”
L'ira di Piton tornò sotto controllo mentre le parole affondavano in lui. “Cosa? Perché dovresti trovarti nei guai per questo?”
Harry tenne gli occhi bassi e alzò una spalla in una scrollata, un'abitudine che Piton aveva già imparato a detestare. “Potrebbe non piacergli che io tocchi le sue cose.
“A chi?”
“A tuo figlio.”
A Piton quasi cedettero le gambe. Cosa? Il ragazzo era pazzo? Aveva una personalità dissociata, per parlare di sé stesso in terza persona? “Potter, di cosa, nel nome di Merlino, stai parlando?”
Harry lo fissò, confuso. “Tuo figlio. Il ragazzo al quale appartiene questa stanza. O è tuo nipote? Pensavo solo che probabilmente non vorrebbe che io stessi qui. Voglio dire, ci sono tutte queste cose, e potrebbe non piacergli. Io non toccherei niente,” aggiunse in fretta, “ma lui – lui potrebbe pensare che io l'abbia fatto. Per esempio se spostassi qualcosa mentre sto pulendo. E poi potrebbe arrabbiarsi,” concluse, deglutendo a fatica.
Piton fissò il ragazzo. Come sempre, le emozioni di Harry erano scritte a grosse lettere sulle sue fattezze. Desiderio, invidia, speranza perduta, apprensione... Era stato ovviamente accusato di “toccare qualcosa”, in passato – dai Babbani, chiaramente – e il risultato gli aveva lasciato una cicatrice. Probabilmente letteralmente. Piton serrò nuovamente i denti, ma ora la sua rabbia non era più diretta al ragazzo che aveva davanti, ma verso quei fottuti Babbani ai quali una visita era da lungo tempo dovuta.
Al momento, tuttavia, aveva diverse idee sbagliate da chiarire. “Potter. Io non ho un figlio, né un nipote, né un cugino, né alcun altro tipo di familiare biologico. Io ho un pupillo. Tu,” puntualizzò. Il ragazzo era un Grifondoro, dopotutto.
Harry fissò l'uomo, confuso. Dunque il professore era solo, come Harry aveva in qualche modo intuito. Ma allora perché era qui questa fantastica stanza?
“Questa camera,” proseguì Piton, ignorando il senso di colpa che lo pungolava per i suoi pregiudizi di prima, “è tua. L'ho creata io – con l'aiuto degli elfi domestici,” aggiunse controvoglia, “-per te. Non è mai appartenuta a nessun altro. E' tua.” Ripeté quel punto, poiché l'espressione scioccata del ragazzo suggeriva che stesse avendo delle difficoltà con il concetto. “Le cose in questa stanza appartengono tutte a te. A nessun altro. Si suppone che tu le tocchi.”
Ma ora il ragazzo stava scuotendo la testa disperatamente, e le sue mani erano strette disperatamente di fronte a lui, come se avesse paura che l'avrebbero tradito in qualche modo. “No, signore. No. Non sono mie. Non le ho mai viste prima. Devi aver fatto un errore, signore. Forse appartengono ad uno degli altri ragazzi nel dormitorio. Per favore, signore, non le ho mai toccate.”
Grande. Il moccioso stava diventando isterico. Idiota Grifondoro. Incapace di fare anche la minima deduzione e terrorizzato al pensiero che Piton avesse arredato la sua camera con beni accidentalmente sottratti.
Piton tirò il ragazzo verso il letto con sé e si sedette, ignorando i ruggiti infastiditi degli ippogrifi magici. Posizionò il ragazzo tremante tra le sue ginocchia e lo guardò dritto negli occhi. “Potter. Lo dirò lentamente, perciò prova a seguirmi,” sbottò, contorcendosi interiormente al pensiero di cosa stava per rivelare. “Le cose in questa stanza sono tue. Queste – smettila di scuotere la testa, tu, sciocco bambino! - ti appartengono, perché io le ho comprate per te. -
Harry si gelò. Non poteva aver sentito bene.
“Sì,” continuò Piton. “Ho creato questa stanza per te ed ho comprato queste cose per te. Un ragazzo dovrebbe avere delle cose sue. Il fatto che quei tuoi snaturati parenti non abbiano provveduto alle necessità basilari della tua vita, come il cibo e i vestiti, senza parlare di cose appropriate per un ragazzo in crescita – come libri e giocattoli educativi per stimolare la mente – in nessun modo risponde al mio comportamento. Tu hai visto la casa dei Weasley. Hai visto tutte le cose che i loro figli hanno, malgrado i loro mezzi estremamente limitati. Immaginavi che ti avrei trattato miseramente come quei Babbani hanno fatto? Tu sei il mio protetto, Potter. Sarai trattato come l'importante, meritevole bambino che sei. I bambini dovrebbero essere trattati come cose preziose, Potter. Il tuo trattamento qui rifletterà questo principio.” Oh, Merlino, se Albus gli avesse mai sentito pronunciare una tale spazzatura nauseante, non gli avrebbe mai permesso di dimenticarsene. Sarebbe stato Capo della Casa di Tassorosso entro la fine del giorno, se avesse continuato così, ma il ragazzo aveva bisogno di sentirlo. Tutti i libri lo dicevano.
In effetti, il bambino ora stava fissando Piton come fosse qualche specie di creatura aliena, intenta a borbottare assurdità. Piton ringhiò per la frustrazione, poi decise che – dal momento che non c'era nessuno intorno a testimoniarlo, e dato che aveva già superato un Tassorosso per pura sdolcinatezza emozionale – poteva anche prendere esempio da Molly. Prese il ragazzo in grembo (IL SUO GREMBO! A cosa stava pensando?) e gli batté la schiena goffamente. “E' tutto a posto, Potter. Ti meriti queste cose. Meriti di essere trattato bene. Sei un... bravo ragazzo.” Non poté sopprimere una smorfia mentre pronunciava l'ultima frase – era del tutto estraneo alla sua natura – ma forzò comunque le parole fuori da sé.
C'era un ruggito nelle orecchie di Harry mentre questi cercava di processare le affermazioni completamente impossibili che erano appena venute fuori dalla bocca di Piton. Tutto questo era per lui? Il professore era uscito ed aveva comprato queste per lui? Con il proprio denaro? Ma perché il professore avrebbe fatto una cosa del genere? Aveva già fatto tanto per Harry! Perché avrebbe speso così tanto tempo e sforzo in più per lui?
“M-m-ma perché?” riuscì finalmente a balbettare Harry.
“Potter! Non stavi ascoltando?” lo rimproverò Piton, stringendo la presa attorno alle spalle magre del ragazzo. Ottimo – aveva una ragione per rimproverarlo. Andava molto meglio in quello. “Te l'ho detto. Ora sei mia responsabilità. E' mio dovere assicurarmi che tu abbia le cose delle quali ogni giovane mago necessita.”
“M-ma tutto questo?” squittì Harry, agitando un braccio verso l'enorme, meravigliosa, magica (letteralmente) stanza. “Non ho bisogno di tutto questo.”
Piton aggrottò la fronte ancor più ferocemente. “Certo che ne hai bisogno, ridicolo ragazzino. Il semplice fatto che tu sia stato trattato come un elfo domestico illegittimo per la maggior parte della tua vita non è una ragione per far sì che questo stato di cose continui. Pensi che io mi comporterò come quegli orribili Babbani? Tu meriti e hai il diritto di avere le stesse cose che qualunque altro bambino del Mondo Magico ha, ed è mia responsabilità provvedere affinché tu le abbia.”
Gli occhi di Harry si abbassarono. “Ma mi hai già dato un papà,” bisbigliò, una mano che giocava con la manica di Piton. “Non devi darmi niente altro.”
Occorse un minuto affinché le parole di Harry penetrassero, e, quando l'ebbero fatto, furono immediatamente seguite da un ruggito così forte che Piton si chiese se qualcuno stesse usando la Metropolvere. Solo la strana sensazione di compressione nel suo petto gli disse che il suono proveniva da dentro di lui.
Quell'impertinente, incomprensibile, imprevedibile ragazzino aveva appena detto questo? Si era davvero riferito a Piton come ad un padre, suo padre? Piton si chiese se i maiali volanti che dovevano aver sicuramente invaso Hogwarts stessero interferendo con l'allenamento di Quidditch.
Provò a parlare e scoprì di avere bisogno di schiarirsi la gola, prima. “Erm, sì, be'.” Cosa si supponeva che dicesse in risposta ad una tale ridicola, inaccurata affermazione?” “Be', erm, sì.” Aveva bisogno di chiarire le cose una volta per tutte. Non poteva permettere al moccioso di girare per Hogwarts spargendo simili ridicole idee. Una cosa era che lui – con riluttanza! – servisse come il tutore temporaneo del moccioso finché Albus non fosse finalmente tornato in possesso della ragione e l'avesse sostituito con qualcuno di appropriato; e decisamente un'altra cosa per chiunque, in particolar modo la prole della sua nemesi, immaginarlo in qualche genere di ruolo paterno. Poteva solo immaginare le urla di incredulità e di derisione con le quali una nozione del genere sarebbe stata accolta. E quella sarebbe stata la reazione degli insegnanti.
No, meglio sistemare le cose con la piccola minaccia una volta per tutte. Rendergli chiaro che nessun Piton che si rispettasse si sarebbe mai associato con un moccioso, per non parlare di un Potter. Solo perché aveva giurato di provvedere al ragazzo non significava che dovesse avere a che fare con nulla oltre al suo benessere materiale. Anche i Dursley l'avevano fatto – più o meno. Be', più meno che più, se bisognava dire la verità.
Aprì la bocca per dire al moccioso, una volta per tutte, che non doveva mai più usare quella parola. Che era il protetto di Piton per ordine del Preside. Che Piton avrebbe provveduto a lui perché era dovere dell'uomo, nulla di più. Ma, prima che potesse farlo, Harry alzò la testa dal punto in cui era apparso ipnotizzato dalle proprie dita, che stavano tracciando gentilmente la manica di Piton, e gli occhi di Lily una volta di più inchiodarono la sua anima.
Nel fondo della sua testa notò vagamente che – per sua sorpresa – Harry non era cauto o preoccupato: piuttosto, i suoi occhi contenevano una quieta contentezza e pace, come se, qualunque altra cosa potesse accadere al mondo, lui avesse trovato un suo posto sicuro. Era timido, ma non spaventato.
Piton si schiarì ancora la voce. “Suoni come un sempliciotto, Potter. Essendo in, er, questo genere di posizione, è ancora più probabile che io provveda a queste cose. Ora, se non ti piacciono la stanza o i giocattoli, allora -”
“No!” gridò Harry. “No! Sono fantastici! Mi piacciono!”
Piton fece una smorfia di disapprovazione. “Be', dal momento che devi ancora dire grazie, io ho dedotto naturalmente -”
E una volta di più il ragazzo si lanciò contro il professore, con forza sufficiente a strappare il fiato dal corpo dell'uomo. “Grazie grazie grazie,” bisbigliò nel petto di Piton, stringendolo più forte che poteva.
Lo squisito dolore nel petto gli era stato ovviamente causato dal fatto che Potter avesse piantato il suo cranio appuntito contro il suo sterno, si disse Piton. “Sì, be', sarà meglio che non ci siano più di queste ridicole lacrime, Potter. Non ho intenzione di lasciare che un'altra delle mie vesti sia sporcata dalla tua incapacità di usare correttamente un fazzoletto.” Si sentì un sospettoso tirare su con il naso dalle parti del suo torace, e Piton soffocò un sospiro. “Hai venti minuti prima dell'ora di cena. Suggerirei che tu li adoperassi per esplorare la tua stanza, ma, se insisti, puoi anche trascorrerli piangendo disperatamente sulla mia spalla.”
“Io non piango disperatamente!” replicò Harry, indignato, tirandosi indietro e guardando verso il professore con occhi sospettosamente lucidi.
Piton alzò un sopracciglio. “Certo che no,” assentì, sardonico. Sollevò il ragazzo dal proprio grembo e lo depositò sul letto. “Verrò a chiamarti quando sarà ora di raggiungere la Sala Grande.”
Lasciò il ragazzo alle sue esplorazioni – con un po' di fortuna il piccolo idiota sarebbe stato in grado di convincersi a toccare le cose nella sua stanza, se lasciato inosservato per un po' – e, per essere giusti, non era sicuro di poter tollerare di restare nella camera ancora per molto. Silente sarebbe indubbiamente rimasto indietro, dimostrando l'uso di ogni passatempo e giocattolo; ma Piton scoprì che era inaspettatamente difficile mantenere la propria fredda attitudine. Ogni volta che il mocciosetto esprimeva choc di fronte alla più banale sfoggio di civiltà, Piton era preso da un desiderio pressoché incontrollabile di Materializzarsi a casa dei Dursley e di dimostrare loro qualche trucchetto per le feste di Mangiamorte. Si chiese se avrebbe potuto prendere in prestito Bellatrix LeStrange da Azkaban per un paio d'ore, e magari un Dissennatore o due...

Harry contemplò la stanza – la sua stanza, si corresse in fretta – e, ovunque guardasse, vide nuove meraviglie da esplorare. Strofinò le coperte sulle quali sedeva, e gli ippogrifi sulle lenzuola stridettero e sbatterono le ali in apprezzamento. Dudley non aveva lenzuola così. Non aveva neanche mai visto lenzuola così. E la sua stanza non era neanche così grande. Se anche si fossero messe insieme le sue due camere da letto, questa stanza – la stanza di Harry – era ancora più grande. E i giocattoli di Dudley non facevano nulla. I giocattoli di Harry (I GIOCATTOLI DI HARRY!) facevano tutta una serie di cose stupefacenti. Sapeva che avrebbe dovuto, probabilmente, fare un giro e guardare tutti i diversi giochi e oggetti, ma, in quel momento, tutto quel che voleva fare era sedersi e guardare.
Aveva una stanza. Una vera stanza, che era tutta sua. Ed era stata riempita – praticamente fino all'orlo – con giocattoli e libri e ogni genere di cosa meravigliosa. Ma la parte migliore, la parte che stava rendendo Harry così felice da fargli male, in una strada, stupenda maniera, era che il professor Piton aveva fatto questo. Per lui. Aveva creato la stanza e comprato tutte queste cose Solo Per Harry.
Harry si guardò intorno, nella stanza, e i suoi occhi non videro oggetti, videro Amore. Tangibili, concreti esempi di amore e gentilezza e premura. Harry pensò, un po' senza fiato, che il suo cuore sarebbe esploso se lui fosse stato ancora un po' più felice. Si lasciò cadere sul letto e guardò verso l'alto, verso il baldacchino; e si chiese se qualunque altro ragazzo in tutta la storia del mondo fosse mai stato così felice.
E fu così che Piton lo trovò venti minuti più tardi, sdraiato sulla schiena sul letto, una strana, beata espressione sul viso. “Potter!” lo rimproverò Piton, tirandolo giù dal letto e assestandogli uno scapaccione (non una pacca) sul sedere. Dopo tutto il sentimentalismo di prima, avrebbe fatto meglio a spedire ad Harry un messaggio fermo: che non si aspettasse tutti cuoricini e fiorellini e coccole da lui. “Non stare sul letto con le scarpe addosso, sconsiderato ragazzino. Non sei pronto? Ti sei lavato la faccia e le mani? Non ti ho detto che era quasi ora di cena?” Il ragazzo doveva essere inciampato mentre si metteva in piedi, perché improvvisamente le sue braccia erano attorno ai fianchi di Piton, e gli si stava aggrappando addosso per supporto. Le braccia traditrici di Piton lo strinsero un po' anche mentre tratteneva il ragazzo e lo raddrizzava con decisione.
Harry diede a Piton un abbraccio mentre l'uomo l'aiutava ad alzarsi, e fu deliziato quando ne ottenne uno breve in risposta. Era bello avere un adulto le mani gentili del quale ti sollevavano, insieme ad una pacca giocosa sul sedere. Prima di Hogwarts, Harry non aveva mai avuto un adulto che gli mettesse le mani addosso in nessun altro modo se non in rabbia, e scoprì che davvero, davvero gli piaceva il tocco affettuoso del professore. Non era soffice come quella della signora Weasley o di Madama Chips, rifletté, era più... virile di quello. Non era duro abbastanza da essere violento, ma non era infantile o da ragazza, nemmeno. Harry sorrise. Era come si supponeva che un papà fosse. Non troppo gentile, non troppo rude – solo giusto.
E ora il professore lo stava guidando verso il bagno, ordinandogli di lavarsi, assicurandosi che Harry fosse fresco e pulito prima di uscire. Era così bello avere qualcuno che si occupava di lui così, facendo in modo che non dovesse vergognarsi di sé stesso, assicurandosi che arrivasse ai pasti in tempo... Harry sospirò, felice.
Piton alzò gli occhi al cielo davanti ai suoni istrionici del ragazzo. Oh, per amor di Merlino. Simili sospiri e lamentele tutto perché aveva ordinato al ragazzo di lavarsi per cena. Che mostriciattolo melodrammatico. “Sbrigati,” sbottò. Il ragazzo era troppo magro. Aveva bisogno di mangiare abbondantemente ai pasti, ma, dato l'appetito dei suoi compagni di Casa, se il ragazzo non fosse arrivato in tempo a tavola sarebbe stato fortunato se Paciock e quegli altri pozzi senza fondo gli avessero lasciato qualche avanzo. “Se perdi tempo, dovrai prendere una pozione nutritiva in più,” minacciò cupamente.
Harry si asciugò la faccia e le mani e si sbrigò ad uscire. Era così gentile da parte del suo professore pensare a cose come le pozioni nutritive, ancora di più distillarle per lui. Forse... forse, se avesse chiesto molto gentilmente, dopo aver finito tutte le righe per punizione e i saggi, il professore gli avrebbe permesso di aiutarlo a prepararle?
“Vieni,” Piton tirò Harry con sé nella sua scia mentre camminava a grandi passi verso la Sala Grante. Harry notò diversi Serpeverde guardarli e bisbigliare mentre avanzavano attraverso i sotterranei, e sorrise e agitò una mano. Dopotutto, doveva andare d'accordo con i membri della Casa del suo professore. Stranamente, il suo saluto amichevole sembrò stimolare altri sussurri furiosi.
E poi stavano attraversando i corridoi principali, ed erano i Grifondoro a guardare e a bisbigliare. Harry non se ne preoccupò. Era abituato ad essere al centro dei bisbigli – Dudley aveva sempre fatto in modo che tutti gli altri ragazzi a scuola pensassero che era strano e stupido. Era bello che le persone sussurrassero su di lui per una buona ragione, qual era l'avere un nuovo tutore. Immaginava che non molti altri professori avessero dei figli a scuola, perciò sarebbe stato al centro dell'attenzione per un po'; ma andava bene. Come quando il professore lo rimproverava per essersi messo in pericolo – andava bene che accadesse una cosa poi non tanto bella (come il rimprovero o i sussurri) finché la ragione che c'era dietro era buona (come l'avere qualcuno che si occupava di lui od essere più o meno adottato).
“Raggiungi la tua Casa, e ricorda di mangiare un pasto bilanciato,” ordinò Piton mentre entravano nella Sala.
Harry annuì e si affrettò ad unirsi ai suoi compagni di Casa. “Oi, Harry,” Oliver Baston lo intercettò. Harry notò che Oliver si stava muovendo molto più agilmente di quando aveva lasciato la classe di Piton. “Sei a posto?”
“Sto bene,” rassicurò il ragazzo più vecchio. “E tu? Madama Chips ti ha dato qualche pozione?”
Baston sospirò pesantemente. “Già, e mi ha aiutato con i saggi, anche; ma prima ho ricevuto una bella sgridata anche da lei. Mi dispiace davvero di averti lasciato dolorante in quel modo, Harry.”
“Non era così male,” lo rassicurò Harry in fretta. Non voleva che il capitano della squadra pensasse che fosse un piagnucolone!
Oliver gli gettò un'occhiata dubbiosa. “Bene. Be', comunque, d'ora in poi, cominceremo e finiremo gli allenamenti e le partite con il riscaldamento. Assicurati che il tuo – erm, diciamo, potresti assicurarti che il professor Piton lo sappia?”
“Sicuro,” assentì Harry. Si sedette accanto ad Oliver e a diversi altri membri della squadra, e si trovò immerso dopo poco in una vivace discussione sui più sottili aspetti del Quidditch.

Alla tavola dei professori, Piton guardò il disobbediente moccioso mentre questi ignorava completamente le verdure, in favore di carne e patate. Peggio ancora, si rimpinzò di pane e succo di zucca mentre aspettava che apparisse la portata principale. Gli rivolse uno sguardo così rovente che i Grifondoro su entrambi i lati del ragazzo lo sentirono e sussultarono. Katie Bell diede in fretta un colpo di gomito a Potter e gli bisbigliò nell'orecchio. Il piccolo mostro sobbalzò, gettò un'occhiata rapida alla tavola dei professori, poi arrossì violentemente. Un attimo dopo stava scodellando vegetali nel proprio piatto, con grande divertimento di Katie ed Oliver.
“Hmm. Vedo che le abitudini alimentari di Harry stanno venendo sottoposte ad un cambiamento drammatico,” mormorò la McGonagall nel suo orecchio. “E' a causa della tua influenza, Severus?”
Le lanciò un'occhiata altezzosa. “Come Capo della sua Casa, mi sarei aspettato che tu esercitassi la tua influenza e gli spiegassi che le Cioccorane non sono un'appropriata forma di sostentamento.”
Lei sospirò. “Oh, Severus, ha avuto così poche dolcezze nella sua vita. Sicuramente, una Cioccorana o due -”
Lui la ignorò. Tipica, fottuta Grifondoro. Proprio come aveva detto ad Albus – troppo focalizzata sul passato tragico del ragazzo per aiutarlo a costruirsi un forte e salutare futuro. Bene, se doveva essere il Malvagio Pipistrello, che così fosse, ma Potter non sarebbe cresciuto per diventare Il Ragazzo che era Sopravvissuto Per Ignorare i Vegetali Verdi, se lui aveva voce in capitolo sull'argomento.
Quando apparve il dolce, Harry lo ignorò virtuosamente... dopo aver lanciato un'occhiata speranzosa verso la tavola dei professori. Quel che lesse sulla faccia di Piton fu sufficiente a convincerlo non provare neanche a rubare un assaggio.
Oliver colse lo scambio di occhiate. “Ti ha detto niente dolce, eh?” bisbigliò ad Harry.
Harry sospirò ed annuì.
“Vuoi che provi a passartene un po' sotto la tavola?”
“Meglio di no.” Harry scosse la testa, ricordando che il professore aveva minacciato di farlo imboccare dagli elfi domestici. Non era del tutto certo di che cosa fossero gli elfi domestici, ma immaginò che avere una qualunque cosa ad imboccarlo nella Sala Grande sarebbe stato umiliante oltre i suoi sogni più selvaggi.
Oliver gettò un'occhiata alla tavola dei professori e rabbrividì. “Già, probabilmente è meglio non rischiare.” Guardò verso il tavolo. “Ma non gli dispiacerà se tu prendi un po' di frutta,” disse, accennando alle ciotole di frutta che adornavano le lunghe tavolate.
Harry si morse il labbro. “Davvero?”
“Già, sono praticamente verdure.”
Harry si ricordò che il professore gli aveva dato una mela come spuntino, prima, dopo aver confiscato la Cioccorana. Allungò una mano cauta verso la frutta, guardando attentamente il tavolo dei professori. Al cenno d'assenso del suo professore, si rilassò e prese una banana e qualche grappolo. “Grazie!” disse a Baston.
“Di niente, piccolo,” Il ragazzo più vecchio sorrise. “Devo tenere il nostro Cercatore al massimo della forma!”
Dopo cena, Harry ritornò al dormitorio con Neville, Dean e Seamus – gli studenti più grandi si erano già avviati per studiare. Una volta raggiunto il ritratto, furono intercettati dalla McGranitt. “Signor Potter,” chiamò lei, “Il professor Piton mi ha chiesto di ricordarti che devi presentarti nel suo ufficio domattina alle dieci.” Lo guardò attentamente. “Non è segnalata come una detenzione nei miei registri, Potter, perciò non devi presentarti se non vuoi... Vorresti che parlassi con il professor Piton perché non ti obblighi a presentarti all'incontro, o è tutto a posto?”
Lui le sorrise. “Sono a posto, professoressa. Ehi, Neville – magari vuoi venire anche tu?”
Paciock si strozzò e impallidì. “Cosa? Perché?”
“Puoi vedere la mia stanza – è fantastica – ed ho intenzione di chiedere al professor Piton di lasciarmi distillare con lui. Magari, se vieni, puoi avere qualche indizio per aiutarti in classe.”
La McGranitt lo stava fissando con la bocca spalancata. “Tu – cosa – ma – Severus – eh?”
Fissò i ragazzi mentre si arrampicavano attraverso il ritratto, Harry ancora intentò a cercare, entusiasticamente, di convincere Neville. Lei aveva cominciato la conversazione sentendosi decisamente ansiosa riguardo al modo in cui Harry stava rapportandosi con Severus; ma ora, dopo aver osservato il comportamento di Harry, si trovava piuttosto più preoccupata riguardo a come la nuova situazione avrebbe colpito Piton. Povero Severus! Sospettava che lui non avesse idea di cosa lo aspettava...



Note alla traduzione: Sto liquefacendomi di stanchezza sulla tastiera ed al momento tutto il mio amore per il Meraviglioso Dante (Alighieri) è andato santamente a farsi benedire.
Tornerò ad amarlo alla fine dell'esame, con un po' di fortuna.
Tutto ciò per dire che non è probabile, è SICURO che ci siano degli errori, perché non ho avuto il tempo di rileggere il capitolo - volevo metterlo online il prima possibile, e questi sono i primi cinque minuti di tempo che ho racimolato. Temo che la traduzione si diraderà nel prossimo mese, ma farò tutto l'umanamente ed inumanamente possibile per impedirlo e continuare a pubblicare un capitolo alla settimana.

Sto ponderando sull'ipotesi di correreggere i corsivi così come sono nel testo inglese per adattarli all'uso italiano dell'enfasi. Cosa ne pensate?

Un grazie a tutti coloro che si fermano a lasciare un parere. Ho bisogno del vostro supporto. x°D

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***







La colazione ebbe inizio il giorno dopo come ogni pasto, abitualmente, il sabato mattina a quest'altezza del nuovo semestre. La tavolata del Grifondoro era inusualmente quieta, grazie all'assenza del clan Weasley, ma il ronzio eccitato alla tavola di Serpeverde compensava più che a sufficienza. Come Piton aveva predetto, la Guferia della scuola era stata decisamente sfruttata negli ultimi giorni, mentre la rivelazione riguardo al nuovo tutore di Harry Potter si faceva strada attraverso le voci dei genitori dei Serpeverde. Silente era stato leggermente sorpreso che le notizie non fossero ancora state divulgate nella Gazzetta del Profeta (o anche nel Cavillo), ma Piton non si era aspettato nulla di diverso. I genitori dei Serpeverde – come la loro prole – tendevano a pensare a lungo e intensamente agli effetti delle proprie azioni, piuttosto che saltare avanti prima d'aver guardato. Quelli che (come i Malfoy) erano stati sostenitori di Voldemort si stavano indubbiamente chiedendo se le azioni di Piton facessero parte di qualche elaborato piano da Mangiamorte, portato avanti sotto il naso del Preside. Quelli che si erano opposti al Signore Oscuro, apertamente o meno, era altrettanto improbabile che parlassero e tradissero le proprie alleanze fino a quando e a meno che non fosse stato a loro vantaggio.
Piton non si illudeva: se le notizie fossero state sparse tra i Grifondoro, lui, Silente e la McGranitt sarebbero stati indubbiamente sommersi di Strillettere e giornalisti mentre un apoplettico Mondo Magico pretendeva di sapere come ad un Serpeverde, senza parlare di un antico Mangiamorte, potesse essere stato affidato il benessere del Ragazzo Che Era Sopravvissuto. Mentre era sicuro che quel giorno sarebbe giunto, Piton era determinato, fino a quel momento, a godersi una piacevole colazione.
Almeno, questo era stato il suo piano.
Era leggermente in ritardo quella mattina, grazie a due Tassorosso del sesto anno che avevano scambiato il quieto corridoio accanto alle sue stanze (le sue stanze! Davvero!) per un buon posto per una pomiciata di primo mattino. Avendoli dissuasi fermamente da quella idea, Piton era di umore inaspettatamente buono. Si chiese oziosamente se aveva causato loro con qualche probabilità problemi a lungo termine di... completamento... avendoli interrotti in un momento particolarmente imbarazzante; ma stabilì che qualunque cosa che funzionasse come una valvola di controllo sui rampanti ormoni adolescenziali potesse essere solo che una buona cosa.
Notò che il resto del corpo insegnate aveva già preso posto alla tavola e si stava passando i piatti pieni di cibo, mentre si posizionava sull'unica sedia rimasta. Era quella accanto ad Albus, e lui salutò il Preside con la solita formalità. Si girò verso destra per augurare a Minerva il buongiorno, solo per scoprire che lei lo stava fissando con un'espressione di choc assoluto.
“Cosa?” chiese, immaginando istantaneamente che uno dei piccoli mostri fosse riuscito a colpirlo con una maledizione che aveva alterato il suo aspetto, malgrado, con i gemelli Weasley alla Tana, gli sarebbe stato difficile nominare il sospetto immediatamente successivo sulla lista in ordine di probabilità.
“Tu – tu -” L'anziana strega sembrava incapace di parlare.
Piton guardò oltre di lei, sperando che il resto del corpo insegnante fosse più coerente. Pomona Sprite si era gelata nell'atto di servirsi delle uova sbattute, e il contenuto del cucchiaio da portata le era finito in grembo. Lei non se n'era ancora accorta, gli occhi fissi sulle fattezze di Piton.
“Filius -” cominciò Piton speranzoso. Vitious alzò gli occhi della sua omelette con un sorriso, perse sia il sorriso che l'equilibrio mentre i suoi occhi incontravano quelli di Piton e cadde dalla sua sedia rialzata con uno squittio.
Ora era più preoccupato di quanto desiderasse ammettere, Piton si girò verso la sua sinistra. Albus stava continuando a mangiare con calma, ma fissando con occhi pazzamente scintillanti il proprio piatto. Oltre di lui Hagrid aveva mancato del tutto la bocca e si era cacciato una forchettata di bacon nella barba. Anche lui stava fissando Piton sbalordito, così come Madama Hooch accanto a lui. Raptor appariva, per una volta, troppo sorpreso per poter essere in preda ad un tic o al balbettio, mentre ancora oltre la Cooman si lasciò sfuggire uno stridio. “E' un segno! Un segno dell'apocalisse!”
Naturalmente questo attirò l'attenzione degli studenti; e tutti guardarono la tavola dei professori per vedere cosa aveva sconvolto la loro lunatica insegnante di Divinazione ancora più del solito. Una dopo l'altra, le conversazioni nella Sala languirono mentre tutti gli occhi si fissavano su Piton e si spalancavano.
“Albus!” sibilò Piton, combattendo un impulso quasi incontrollabile alla fuga. “Cosa diavolo sta succedendo?”
“Non ne ho idea, mio caro ragazzo,” replicò educatamente il mago più anziano, chiaramente mentendo spudoratamente. “Vuoi un po' di marmellata?”
“Minerva!” Piton era pronto a schiaffeggiare la strega, se fosse risultato necessario per toglierle quell'espressione sconvolta dalla faccia. “Qual è il problema, in nome di Merlino?”
“Severus,” lei provò a parlare, fallì, inghiottì a fatica e provò di nuovo. “Tu – tu sembri...”
“Cosa?” chiese lui, stringendo le mani a pugno per impedirsi di tastare la propria faccia.
“I tuoi capelli -” Filius rantolò, inerpicandosi in piedi, “sono – voglio dire – sono -”
“Meravigliosi!” se ne uscì fuori Pomona Sprite.
Cosa?” Tra tutti gli aggettivi che Piton si era aspettato, quello non c'era.
“Cosa hai fatto? Sono così... lunghi. E s-setosi,” rantolò Pomona. Piton lo fissò. Erano tutti sotto a qualche strana forma di Imperius?
“Severus, tu sembri piuttosto... diverso,” Minerva inghiottì, finalmente. “Decisamente – erm -”
“Sexy!” squittì una delle ragazze Corvonero del quinto anno verso la sua vicina. “Non avevo mai realizzato fosse così eccitante!”
Severus impallidì quando questo parve dare libero sfogo alla diga. Con suo intenso orrore, nel brusio che ne seguì, sentì anche alcune Grifondoro del quinto anno discutere sul fatto che il suo aspetto “alto, scuro e affascinante” dimostrasse che lui era in realtà “intenso e riflessivo” piuttosto che “ingiusto e malevolo”. La maggior parte dei ragazzi nella Sala lo stava guardando o con stupore o con irritazione, malgrado Piton ne scorgesse più di uno (inclusi diversi che non si era aspettato) adocchiarlo con aperta speculazione.
“Severus, sei stato sotto ad un Incantesimo di Disullusione per tutto questo tempo?” chiese Filius, fissandolo ancora con gli occhi spalancati.
“Tutti quei bellissimi, bellissimi capelli, e l'altezza... Be', hai proprio l'aspetto che aveva Sirius Black durante il suo ultimo anno qui.” Chiocciò la Bumb con una – poco sorprendentemente – completa mancanza di tatto. Anche peggio, proseguì in tono sognante. “Fa venire voglia ad una ragazza di arrampicarsi semplicemente su per il tuo corpo e di far scorrere le sue mani giù per il tuo...”
Colto dal panico, Piton sibilò all'istruttrice di volo (più vecchia di lui di più di tre decadi), “Per il buon Merlino, donna! Cerca di controllarti!”
“Oh, penso che dovrò farlo,” replicò la Bumb in tono significativo.
Piton arrossì – qualcosa che avrebbe potuto giurare di aver dimenticato come si faceva – e bofonchiò parole strozzate e senza senso. Avendo finalmente deciso che il membro più giovane del suo corpo insegnante era stato torturato abbastanza a lungo, il Preside si schiarì la voce. “Se un mero cambiamento di shampoo riesce a causare un tale stravolgimento, temo a pensare cosa tutti voi fareste se Severus decidesse mai di aumentare il proprio guardaroba,” disse in tono di rimprovero.
“Solo un cambiamento di shampoo?” disse Minerva meravigliata. Sollevò una mano con aria assente e avrebbe strofinato le ciocche di Severus se questi non avesse tirato indietro la testa con un ringhio incoerente. “McGranitt! Ti stai rendendo ridicola!” sbottò lui, sentendosi messo all'angolo come quella volta in cui i Malandrini l'avevano intrappolato in un bagno al quinto piano. Tra gli studenti e i suoi colleghi, Piton stava cominciando a sentirsi come il Boccino alla Coppa del Mondo di Quidditch.
“Sembri... stupefacente.” esalò la Sprite.
Filius rise, con la sua voce alta che suonava simile ad una risatina infantile in una maniera allarmante. “Oh, accidenti, Severus, sospetto che avrai bisogno di cambiare i piani delle tue lezioni per le prossime settimane.” Davanti all'espressione confusa dell'uomo più giovane, si spiegò: “Farai meglio a non avere pozioni che possano esplodere, nei tuoi programmi. Tra le ragazze che saranno troppo allibite per riuscire a seguire le istruzioni e quelle che cercheranno deliberatamente di ottenere punizioni nella speranza di essere da sole con te, ci sono buone possibilità che tu veda più esplosioni nei prossimi giorni che nei passati cinque anni!”
“Questa è tuta colpa tua!” sibilò Piton verso Albus; ma, in verità, c'era – molto in profondità sotto a tutta l'umiliazione – una sensazione piuttosto piacevole nel suo petto. Non aveva mai ricevuto complimenti, prima, per il suo aspetto; piuttosto l'opposto, in effetti. Era stato un magro, goffo adolescente con una postura curva e sulla difensiva e vestiti di seconda mano, e non aveva mai realizzato di essere emerso dalla sua crisalide di bizzarro adolescente in un uno slanciato, muscoloso adulto.
Aveva sempre pensato che il suo naso rotto anche troppo spesso (grazie a suo padre, prima, poi ai Malandrini e infine a Voldemort) e i suoi denti rotti (come sopra) si traducessero in un aspetto disgustosamente brutto. Merlino sapeva che suo padre l'aveva chiamato disgustoso, orribile piccolo goblin abbastanza spesso per fargli credere di esserlo. I capelli unti semplicemente erano in cima a quella che lui riteneva essere la lista delle sue caratteristiche poco allettanti. Essere considerato “sexy” aveva appena rivoltato al contrario l'immagine che aveva di sé.
Ora che i suoi capelli erano scintillanti e incorniciavano la sua faccia in onde gentili, piuttosto che pendere dritti in ciocche unte, i suo occhi ardenti, il mento forte e gli zigomi alti potevano essere apprezzati per la prima volta da anni. Insieme alla sua figura dominante, non c'era da sorprendersi che avesse colpito la popolazione femminile di Hogwarts (e parte di quella maschile) come un fulmine.
“Be', ragazzo mio, puoi sempre decidere di tornare all'aspetto di prima,” puntualizzò Albus con gentilezza, ignorando i versi strozzati di sgomento da parte del corpo insegnante femminile ai suoi lati.
Piton considerò l'opzione per circa un secondo e mezzo prima di scartarla con lo sbuffo di disgusto che meritava. Rendere la vita semplice egli studenti e agli insegnanti? E dove sarebbe stato il divertimento in questo? Molto più divertente tormentarli.
Gettò indietro la testa, sorpreso e deliziato dal basso gemito che l'azione causò tra le studentesse, ed esclamò nel tono più altezzoso nel quale poté esibirsi, “Non riesco ad immaginare perché la mia cura della persona dovrebbe essere l'argomento della conversazione del mattino. Per cortesia, passami il pane tostato.”
Alla fine, la novità del suo aspetto sbiadì. La Sprite si tolse le uova dal grembo, Hagrid rimosse i prodotti suini dalla propria barba e la Cooman smise di gemere a proposito del “Ragnarok”. In quel momento, tuttavia, Piton aveva scoperto una tendenza alla vanità precedentemente nascosta nella sua natura. Sapeva di essere giustificabilmente orgoglioso della sua abilità come Maestro di Pozioni; ma, per la prima volta, cominciò a comprendere come quel cretino di Black doveva essersi sentito, con le ragazze che andavano in deliquio per lui tutto il tempo. Ancor di più, scoprì Piton, gli piaceva. Davvero, davvero gli piaceva.

Fortunatamente, il suo talento in Occlumanzia gli permetteva di sopprimere tali basse emozioni: per l'ora in cui Potter bussò alla sua porta, alle dieci, Piton si era ripreso a sufficienza da accoglierlo con uno sguardo torvo. Aveva sperato decisamente che il moccioso sarebbe arrivato in ritardo, così che lui non avesse ragione di andare avanti con il proprio piano; ma la puntualità del piccolo disgraziato gli impediva di usare quella scusa.
“Potter, ti ho fatto venire qui così -”
“Ecco, signore!” Potter non solo ebbe la temerarietà di interromperlo, ma gli spinse anche in mano un rotolo di pergamena decisamente malmesso.
Fortunatamente per il ragazzo, Piton era in cerca di una distrazione. “Cos'è?” si informò, srotolando il rotolo leggermente appiccicoso.
“E' il mio saggio sulle pozioni guaritrici,” spiegò Harry, felice. Sapeva che il professore sarebbe stato compiaciuto di vedere che aveva usato bene il suo tempo. “Ricordi? Mi hai detto di scrivere trenta centimetri quando ho pensato che tu avessi usato calzini sporchi per -”
“Ricordo, Potter,” Piton interruppe il moccioso. Scorse il documento e ne fu impressionato suo malgrado. Il ragazzo non solo aveva incluso le informazioni rilevanti, ma l'aveva anche scritto con una grafia molto più limpida di qualunque suo altro lavoro precedente. Apparentemente, le lezioni dell'ultima punizione avevano avuto effetto.
“Oh, e qui c'è di più.” Prima che potesse rimproverare il moccioso per il misterioso appiccicume della pergamena, per non menzionare la sua apparenza sciupata, altri due rotoli vennero spinti verso di lui.
“Cosa diavolo?” Un'occhiata veloce confermò che questi erano in una grafia diversa da quella di Potter.
“Be', ho chiesto ad Hermione Granger di controllare il mio saggio per essere sicuro che fosse a posto, e così lei ha voluto scriverne uno per avere crediti extra,” spiegò Harry candidamente.
“Cosa sarebbero i 'crediti extra'?” chiese Piton. Suonavano sospettosamente come 'lavoro extra' per lui.
“Sai,” disse Harry, sorpreso. “E' quando gli studenti fanno cose in più che tu non hai assegnato, e questo migliora i loro voti.”
“Non siamo ancora entrati nella seconda settimana di lezioni, e la signorina Granger si è già dimostrata come un'insopportabile saccente. Perché, in nome di Merlino, penserebbe di aver bisogno di fare del lavoro in più?” chiese Piton.
Harry scrollò le spalle. “E' Hermione. Comunque, mentre lei ed io stavano lavorando sui nostri saggi, Neville ci ha raggiunti, ed Hermione l'ha costretto – erm, gli ha suggerito – che avrebbe potuto farne uno, perché poi, forse, non sarebbe stato così confuso e spaventato in classe.”
“Potter, l'unico lavoro in più nella mia classe è quello che assegno per punizione!” sbottò Piton. “Pensi che io non abbia nulla di meglio da fare che correggere saggi addizionali di saccenti Grifondoro? Ti aspetti che io legga tre copie di saggio sulla pozione guaritrice?”
Harry sorrise. “Sapevo che l'avresti detto!” Piton sbatté le palpebre, sconcertato. “Ho detto ad Hermione che non poteva scrivere un saggio sul mio stesso argomento, così lei ha deciso di scriverne uno sulla Pozione Polisucco. L'ha trovata su uno dei suoi libri ed ha pensato che sembrasse interessante. E poi ha detto a Neville di scriverne uno sulla pozione che ha fatto esplodere l'ultima settimana, così tu avresti potuto vedere che lui l'aveva capita davvero.”
Piton si dipinse un'espressione di scherno sul viso e fece per informare il demonietto che lui non aveva alcuna intenzione di rivedere nessun saggio non richiesto, per non parlare del provvedere “crediti extra” per questo: ma Harry alzò la testa. La fiducia in quegli occhi verdi ebbe un effetto imprevisto sulle sue corde vocali e lui scoprì, invece, di doversi schiarire la gola.
“Ho anche cominciato le mie 500 righe,” gli disse Harry orgogliosamente. Aveva deciso che un modo per rassicurare il professor Piton del fatto di essere davvero severo in materia di disciplina era mostrargli che Harry prendeva le sue punizioni seriamente. Aveva scritto le prime cento righe la notte passata nella Sala Comune di Grifondoro e, dopo la prima dozzina, più o meno, alcuni degli altri studenti si erano affacciati per chiedergli a cosa stesse lavorando. Malgrado all'inizio fossero stati scoraggiati dalla notizia che stava scrivendo righe per Piton, gli altri Grifondoro erano presto stati intrigati da cosa gli era stato detto di scrivere. Ben presto la sua “Io non citerò i miei disgustosi parenti” aveva dato spazio a “I miei parenti sono stupidi bugiardi”, “I miei parenti sono palloni ripieni di lardo” (i suoi compagni di Casa si erano davvero divertiti nello scoprire come Piton aveva chiamato suo zio), e “Io non presterò nessuna attenzione a qualunque cosa i miei grassi, stupidi parenti abbiano detto”, tra gli altri, molto fantasiosi, suggerimenti da parte dei suoi compagni Grifondoro. Harry sperava che al professore non sarebbe dispiaciuto che le 500 righe non fossero identiche; ma immaginò che, se non altro, la varietà le avrebbe rese più interessanti da leggere per Piton.
“Hmf,” brontolò Piton, decidendo che (solo questa volta!) avrebbe permesso alla stravagante nozione Babbana di “crediti extra” di venire usata nella sua classe. Era un poco curioso di vedere cosa una Nata Babbana al primo anno avrebbe scritto su una Pozione complicata come la Polisucco; e, sinceramente, qualunque cosa che rendesse meno improbabile che Paciock facesse esplodere il suo calderone poteva solo essere una buona cosa.
Avrebbe semplicemente dovuto spiegare ad Harry più tardi – in un tono molto severo – che questo genere di cosa non doveva accadere più. Il coraggio del mocciosetto! Pensare di poter parlare per conto di uno dei suoi professori! Avrebbe dovuto spedire l'arrogante cucciolo nella sua stanza, ma la consapevolezza di cosa il ragazzo avrebbe trovato lì gli fece decidere di non intraprendere quella linea d'azione.
“Potter, vieni con me,” sbottò, guidandolo verso la stanza del ragazzo.
Harry lo seguì, ubbidiente. Era grandemente compiaciuto di sé: immaginate, era stato in grado di insegnare al professore cos'erano i crediti extra! “Hai visto che ho mangiato farina d'avena e frutta a colazione?” cinguettò, trotterellando accanto all'alto uomo. “Hermione ha detto che era molto nutriente.”
“Spero che tu non sia così ottuso da aspettarti docce di complimenti e di regali ogni volta che fai quel che ti viene detto,” disse Piton rigidamente. Solo perché i libri dicevano di notare e ricompensare il buon comportamento, invece che semplicemente puntualizzare e punire il cattivo comportamento, non significava che lui stesse progettando di sorridere affettatamente intorno al mocciosetto, tubando ogni qualvolta fosse riuscito a soffiarsi il naso. “Entra.” Spinse la porta della camera da letto e indicò l'interno.
Harry non poté reprimere un sorriso mentre entrava nella sua stanza (la sua stanza!); ma vacillò un po' quando vide una scopa giacere sul suo letto. “S-signore?”
Ricordi di quando era stato tirato fuori dal ripostiglio sotto le scale e gli erano stati messi in mano uno spazzolone ed un secchio corsero attraverso la sua testa, anche se – si disse fermamente – era solo giusto se il professore si aspettava che lui svolgesse qualche compito da quelle parti. “Vuoi che pulisca le tue stanze?” chiese, sperando di non suonare piagnucoloso.
Non gli dispiaceva pulire, non dopo tutte le meravigliose cose che Piton gli aveva riempito; ma aveva solo pensato che, forse, Piton non sarebbe stato così brutale sull'argomento com'erano stati sua zia e suo zio. Ricevere uno spazzolone o una scopa o una bottiglia di sapone per piatti era stata una regolare ricorrenza dai Dursley, ed era servita a rendergli chiaro il fatto che l'unica cosa della quale tenevano conto, in Harry, era la sua capacità di svolgere i lavori di casa.
Piton fissò il ragazzo e represse il desiderio di sbattere la testa contro il muro. Ovviamente, un pomeriggio ad Hogwarts difficilmente poteva sopraffare anni di servitù presso i Babbani. “Potter,” disse quietamente, “tu sei un mago, non un Babbano.”
“S-sì, signore?” assentì Poter nervosamente. Non era sicuro di cosa il professore volesse dire. Stava per finire nei guai per aver fatto qualcosa che ai maghi non piaceva?
Piton lo prese per una spalla e lo guidò verso il letto. “I maghi non usano le scope per pulire, Potter. Le usano per volare.” Lasciò che il ragazzo guardasse giù, verso la Nimbus 2000.
La faccia di Harry si fece di un rosso vivido. Era un tale idiota! Non solo aveva dimenticato del volo sulle scope, ma era stato così sgarbato da pensare – ancora! – che il professor Piton si sarebbe comportato come i suoi parenti! Continuava a dimenticare, malgrado il professore lo rassicurasse ancora e ancora che non sarebbe più stato trattato così. Il professor Piton doveva pensare che Harry fosse un completo cretino. E, certo, il professore si sentiva probabilmente come se Harry lo stesse insultando, ogni volta che si aspettava che si comportasse come lo zio Vernon. Un groppo rovente gli crebbe in gola e quasi soffocò Harry.
Ecco che il professor Piton gli aveva comprato un altro regalo, e la risposta di Harry era accomunarlo con i suoi orribili parenti. Si sentiva orribile. Desiderò che Piton si riprendesse la scopa e lo picchiasse con quella. Era uno stupido, ingrato moccioso che -
Piton guardò il viso angosciato di Harry con un senso di colpa crescente. Era ovvio che uno strumento Babbano per pulire avrebbe riportato alla superficie memorie orribili per il ragazzo. Harry aveva già rivelato di soffrire di flashback, ed ecco che lui – apparentemente un adulto informato e responsabile – le stimolava. Sporse una goffa mano e diede qualche colpetto sulla spalla del ragazzo, aspettandosi per metà che Potter si ritraesse da lui.
Invece, Potter si girò e affondò la faccia nelle vesti di Piton. “Mi dispiace!” singhiozzò. “Mi dispiace!” “Potter, non devi scusarti un respiro su due,” cominciò lui.
“Ma io devo!” Harry si aggrappò più strettamente all'uomo. “Avevo dimenticato! Non volevo! Ho solo dimenticato!”
“Sei nuovo del Mondo magico,” puntualizzò Piton. “E' naturale che tu faccia riferimento alle abitudini di una vita.”
“Ma dovrei saperlo,” disse Harry, desolato, guardando verso di lui. “Voglio dire, tu sei molto più gentile con me che i Dursley, e -”
“E' un paragone che vuol dire poco, Potter,” lo interruppe Piton asciuttamente.
“Sei molto arrabbiato?” Si preoccupò Harry, tirando su con il naso. “Non voglio che tu ti senta triste. E' tutta colpa mia, sai, non tua.”
“Potter, occorrerà del tempo perché tu ti riprenda dal trattamento disgustoso che i tuoi parenti ti hanno riservato, per non parlare del familiarizzare con il Mondo Magico. Sono ben consapevole degli enormi aggiustamenti che stai facendo, e sono piuttosto – compiaciuto – dei tuoi progressi.” Ecco fatto. Questo era rinforzo positivo.
Harry trasse un profondo respiro, rassicurato dalle parole del professore. Era vero – nel giro di poche settimane era passato dalla sua solitaria esistenza come servitore detestato dei Dursley a questo nuovo mondo, nuova scuola, nuova cultura, nuovi amici, nuovo tutore... Forse non era poi così un idiota, dopotutto. Piton aveva detto che lui stava facendo buoni progressi, e non era suonato ferito o offeso.
Harry sentì un'ondata di gratitudine per l'alto, scuro professore. Quante altre persone sarebbero state così comprensive e pazienti con un mostriciattolo tanto piagnucoloso? Abbracciò Piton di nuovo. Sembrava come se tutta la pessima fortuna che gli era occorsa negli ultimi dieci anni stesse venendo finalmente bilanciata. Era così fortunato ad avere un tutore tanto fantastico.
“Potter,” intervenne Piton, prima che la piccola, emotiva creatura potesse venir presa di nuovo da una crisi isterica. “Sarò arrabbiato con te se non mostrerai in fretta maniere migliori di quelle di un babbuino illetterato. Hai appena ricevuto un regalo. Che cosa si suppone che tu faccia?”
Harry guardò verso l'alto, confuso, e si pulì il naso sulla manica. “Non sono illetterati tutti i babbuini?”
“Potter! Non essere sfacciato!” Richiamò con un Accio un fazzoletto e l'offrì al moccioso, con un'occhiataccia.
Harry aggrottò la fronte, dimentico del fazzoletto. “Non stavo facendo lo sfacciato,” protestò. “Ma i babbuini – almeno nel mondo Babbano – non sanno leggere.” Poi, per la prima volta, guardò davvero verso la scopa: e tutti i pensieri di babbuini, Dursley e incomprensioni evaporarono dalla sua mente.
“Q-questa è una scopa da corsa!” si lasciò sfuggire. “Ron mi ha mostrato delle foto nelle sue riviste di Quidditch!”
Piton alzò gli occhi al cielo. “Congratulazioni, Potter. Hai guadagnato un diploma in constatare il palesemente ovvio.”
“Ma questo è il tipo di scopa che usano i giocatori professionisti di Quidditch,” proseguì Harry, cercando di far comprendere al professore perché era così eccitato. L'intera conversazione dell'ora di cena con la squadra di Quidditch gli tornò alla mente. “Oliver ne ha una, e così una ragazza in Corvonero, ma nessun altro -” Si interruppe con un suono strozzato. “E' – è per me?” sussurrò, gli occhi enormi mentre fissava il suo professore.
“Mi rendo conto che sei un Grifondoro, Potter, ma il fatto che sia sul tuo letto, nella tua stanza, potrebbe portarti ad una simile conclusione,” replicò Piton, grandemente a disagio con l'adorazione che stava crescendo rapidamente nell'espressione del ragazzo. “Sicuramente anche tu avrai avuto il tempo di realizzare che un Cercatore deve avere una scopa adeguata per poter portare a termine il compito assegnatogli. Immagini che ti farei usare una vecchia scopa della scuola durante le partite?”
“Ma vuoi dire che tu – tu hai comprato questa per me?”
Piton aggrottò la fronte, orribilmente imbarazzato e furioso che il ragazzo glielo stesse facendo ammettere apertamente. Considerò brevemente una risposta altamente sarcastica; ma, data la quasi completa ignoranza del piccolo idiota del Mondo Magico, per non parlare della credulità tipicamente Grifondoro, era troppo probabile che avrebbe creduto qualunque affermazione, non importava quanto inverosimile. “Sì.”
Harry scintillò come una supernova e lo afferrò. “Grazie! Grazie! Grazie!”
Piton si sforzò di respirare. Se Potter continuava a fare così, ne avrebbe ricavato un livido permanente sullo stomaco. Magari qualche genere di armatura avrebbe potuto essere prudente – avrebbe dovuto chiedere a Charlie Weasley, quella sera a cena. Sicuramente quelli che lavoravano con i draghi avrebbero avuto qualche genere di equipaggiamento personale protettivo per difendersi dai traumi da impatto.
Caro Mensile del Domatore di Draghi, Attente ricerche hanno provato che la fronte appuntita di un undicenne essere umano denutrito può causare un colpo con la stessa forza dell'artiglio di un Ungaro pienamente cresciuto. Quale equipaggiamento protettivo raccomandereste, dato che lo stordimento preventivo tramite Schiantesimi è guardato con disapprovazione nel contesto scolastico?
“Potter!” riuscì ad esalare. “Fammi la cortesia di smettere subito di starnazzare in maniera indegna! Una semplice espressione di gratitudine ed una descrizione del modo in cui userai il regalo saranno più che sufficienti.”
Harry sorrise. Povero Professor Piton! Diventava sempre così rosa sulle orecchie quando Harry lo ringraziava. Aveva notato come, anche quando era stato in punizione, al professore non piaceva che Harry facesse notare le cose gentili che faceva, come dare ad Harry uno spuntino od aiutarlo con la sua grafia. Il Professor Piton era come una di quelle persone che Harry aveva visto in televisione – be', delle quali aveva sentito dai confini del suo ripostiglio, comunque – che preferivano fare le cose in silenzio piuttosto che attirare un sacco di attenzione. Erano chiamate qualcosa come 'nonimi benefattori', e la televisione aveva parlato di come uno di essi avesse appena regalato un sacco di denaro ad un ospedale che aveva bisogno di un nuovo strumento e di come un altro avesse dato alcuni computer ad una scuola in un quartiere povero di Londra. Il Professor Piton era così. Non poteva essere del tutto sconosciuto, ovviamente, ma non gli piaceva che Harry ne facesse una storia. Specialmente dal momento che stava provando a far pensare ad Harry che meritasse di essere trattato così bene.
Harry poteva essere un po' lento nel venire a patti con la comprensione che i Dursley non l'avessero trattato appropriatamente, ma non era sciocco a sufficienza da immaginare che la gentilezza del professor Piton verso di lui non fosse ugualmente straordinaria. I suoi compagni di Casa non avevano forse esclamato per la meraviglia e per l'invidia quando aveva raccontato loro della sua stanza? Harry sapeva che il Professore era uno degli uomini più gentili, più buoni che avesse mai incontrato, e non aveva intenzione di dimenticarselo. Non di nuovo.
“Grazie, signore. La scopa mi piace davvero, davvero molto. Farà di me il miglior Cercatore di sempre!” Esclamò Harry, facendo scorrere la mano sul manico di scopa. Era veloce anche al tatto!
“Hmf,” Piton fece una smorfia, piuttosto compiaciuto con sé stesso. Il ragazzo era ovviamente eccitato dal regalo, e, se fosse stato così stupido da collegare le proprie capacità nel Quidditch al manico di scopa, allora, quando Piton l'avesse confiscato come punizione per qualche malefatta, sarebbe stato un colpo anche più devastante. Ah! Ne valeva la pena di aver speso ogni singolo Galeone per la scopa, sapere che, almeno, avrebbe avuto una punizione altamente efficace da usare sul piccolo mostro. “Be'? Che stai aspettando?” chiese. “Hai gli allenamenti di Quidditch tra meno di un'ora. Vai a passare un po' di tempo sulla tua nuova scopa.
La faccia di Harry s'illuminò. “Sissignore!”
“E sii qui per le cinque e mezza di stasera, così che possiamo andare alla Tana!” Gridò Piton dietro al ragazzo mentre questi scappava via a tutta velocità! Veramente! Delle maniere così terribili! Piton si raddrizzò le vesti attorno alle spalle e si diresse verso la sua scrivania per correggere i tre saggi in più.

Harry tornò in anticipo, quella sera; una buona cosa, dal momento che permise a Severus di insistere che si cambiasse in qualcuno dei vestiti nuovi. Sfortunatamente, la loro puntualità non duro, perché Piton scoprì che, tra il suo nuovo desiderio di sistemarsi i capelli, e la fascinazione di Harry verso il proprio riflesso risplendente di sartoria, occorse loro decisamente più tempo per prepararsi di quanto ne avesse programmato.
“Potter, vieni qui, o altrimenti...!” Gridò Piton alla fine, una manciata di Metropolvere che gocciolava tra le sue dita.
“Sono qui,” protestò Harry, affrettandosi in soggiorno. Tirò i suoi vestiti nuovi un'ultima volta.
“Pensi di riuscire ad usare la Metropolvere da solo, questa volta, o ti piacerebbe che ti portassi di nuovo?” sogghignò Piton.
“Posso farcela!” Replicò Harry in fretta. Sapere che i ragazzi Weasley sarebbero stati tutti lì sradicò qualunque desiderio che il professore lo portasse.
“Molto bene. Tieni gli occhi e la bocca chiusi. Non inalare, e togliti rapidamente dal camino, non appena arrivi, perché io sarò proprio dietro di te.”
“Sissignore.” Harry inghiottì a vuoto e chiuse strettamente gli occhi mentre Piton gettava la polvere nel focolare e gridava “La Tana!” Sentì la mano ferma del professore spingerlo avanti, e subito dopo stava attraversando le fiamme fredde ed emergendo nel soggiorno dei Weasley. Molly l'afferrò mentre barcollava e lo tirò da una parte, spazzolandogli via di dosso un paio di fiocchi vagabondi di cenere.
Harry sollevò appena una palpebra e, scoprendo di essere arrivato sano e salvo, aprì gli occhi e prese un respiro profondo. “Era la tua prima volta nella Metropolvere da solo, amore?” Chiese Molly in tono incredulo. “Ci sei riuscito meravigliosamente!”
Harry sorrise, giusto in tempo per vedere Severus uscire maestosamente fuori dal camino. “Severus, è molto gentile...” La voce di Molly sfumò mentre lei gettava una prima, buona occhiata a Piton.
Dopo le reazioni del mattino, Piton si esibì meramente in un sorrisetto. “Buonasera, Molly,” replicò.



Note alla traduzione: E' tornata Salice. Dite la verità: si vede, eh? x°D

Sto pubblicando ogni capitolo non appena finisco di tradurlo, a getto continuo e senza preoccuparmi di date e scadenze, perché la strada da fare verso la fine è ancora lunga e noi non vogliamo che l'Apocalisse ci colga prima di aver terminato di leggere l'ultimo capitolo di questa storia, vero? x°D Prometto che renderà il Giorno del Giudizio molto più dolce!

Un grazie a tutti voi che continuate a seguire, e a supportare, questa traduzione.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***







Dopo le reazioni del mattino, Piton si esibì meramente in un sorrisetto. “Buonasera, Molly,” replicò.

“Ragazzi! Sono arrivati!” Gridò Arthur al di sopra di una spalla, quando entrarono in soggiorno. Si fece avanti, una mano tesa verso Severus. “Salve, Sev-” Un mare di teste rosse si fece largo attraverso la porta, spingendolo da una parte.
“Harry! Sei qui!” Esclamò Ron, guidando il branco. “Perché non ci hai raccontato le novità, amico?”
“Già, Harry -” I gemelli erano arrivati.
“- a cosa stavi -”
“- pensando quando non hai condiviso i tuoi piani -”
“- con noi? E, Professore -”
“- ora che sarà uno di noi -”
“- vuol dire che possiamo chiederle aiuto -”
“- con le nostre pozioni?”
“Non riesco a immaginare che un professore di Hogwarts vi aiuterebbe con i vostri esperimenti non autorizzati,” li schernì Percy, facendosi largo nella stanza.
“Ah, avanti, Perce,” un enorme giovane dai capelli rossi con una zanna di drago legata al collo arruffò i capelli del Prefetto, con grande fastidio di Percy. “Il professor Piton può considerare l'idea di supervisionare i gemelli come una misura necessaria per la sua salute e la sua sicurezza.”
L'ennesimo alto uomo dai capelli rossi entrò in soggiorno, con una ragazza a portata a cavalluccio. Harry cominciò a sentirsi un po' clautrofobico ed arretrò di un passo, avvicinandosi a Piton.
L'attimo dopo sentì la mano del professore sulla spalla. “Se stai cercando di riportarci ad Hogwarts,” disse Piton, la voce serica, “cortesemente, permettimi prima di prendere un po' di Metropolvere, prima che tu ci spinga nel fuoco.”
“Davvero, che maniere! Cosa penseranno di noi Harry e il Professor Piton!” Esclamò Molly, allontanando tutti. “Non hanno avuto neanche la possibilità di salutare vostro padre, ancora!”
Arthur finalmente riuscì a stringere la mano di Piton e ad arruffare i capelli di Harry. “Come stai, Harry?”
“Bene, signore, grazie,” disse Harry educatamente, attento ad evitare di assomigliare ad un “babbuino illetterato”.
“Severus, so che non hai bisogno che i nostri figli ti siano presentati; ma, Harry, mentre conosci i nostri quattro ragazzi più giovani, questi sono i due più grandi: Bill -” L'alto uomo dai capelli rossi gli sorrise, ed Harry notò il suo orecchino. “- e Charlie.”
“Ciao, Harry!” Il giovane muscoloso avvolse la mano di Harry con la propria, larga e callosa; ma la sua stretta era gentile. Harry gli sorrise, e gli piacque immediatamente.
“E non credo che nessuno di voi abbia incontrato nostra figlia, Ginny.” Bill girò su sé stesso così che la ragazza sulla sua schiena potesse essere vista. Lei arrossì sotto ai loro sguardi e squittì un “Ciao.”
Ron alzò gli occhi al cielo e bisbigliò ad Harry. “Non so se stia facendo la timida perché ha sentito così tante storie su Piton o perché ha una cotta per te – be', per Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto,” si corresse quando vide le sopracciglia di Harry levarsi in volo. “In ogni caso, non ti lasciare ingannare. In genere Ginny è come la mamma, solo più rumorosa!”
Harry sorrise.
“Mamma,” esclamò Ron, “possiamo prendere Harry e andare a giocare?”
“Certo, caro,” replicò Molly. Harry gettò un'occhiata a Piton e, avendo ricevuto un assenso austero, si affrettò fuori con gli altri. Ginny si contorse per scendere dall'ampia schiena di Bill e li raggiunse, lasciando Piton con Bill, Charlie, Molly ed Arthur.
Arthur sospirò a quella quiete improvvisa. “Avevo dimenticato cosa fosse il silenzio,” disse in tono nostalgico.
“I draghi nel periodo degli accoppiamenti sono più silenziosi di noi,” disse Charlie, con quella che Piton realizzò, inquieto, essere evidente orgoglio. Cosa diavolo stava pensando nel permettere che l'educato, tranquillo Harry gozzovigliasse con questi demoni?
“Accomodati,” Molly spinse Severus verso – oh, no, non di nuovo – la poltrona bitorzoluta, e lui si arrese al proprio destino con rassegnazione.

Nel frattempo Harry era stato frettolosamente sequestrato ai confini più distanti delle barriere dai Weasley più giovani. “D'accordo,” disse Ron con determinazione. “Che cosa ha usato su di te? La Cruciatus? L'Imperio?”
Harry sbatté le palpebre. “Cosa? Chi?”
“Piton!” esclamò Ron con impazienza. “Che cosa sta usando per costringerti ad acconsentire? O non ti è stata data nessuna scelta? Devi solo dire una parola, amico. Troveremo qualche modo per portarti via da quell'untuoso bastardo.”
“Non è untuoso!” Si intromise Ginny inaspettatamente. “Lo chiami sempre così, ma non lo è.”
“Be', no,” ammise Ron, lentamente. “Sembra, tipo, differente, oggi.”
“Molto poco Pitonesco, in effetti -”
“- probabilmente parte del piano -”
“- per cercare di cullare i nostri genitori in un falso senso -”
“- di sicurezza.”
“Li ha convinti completamente,” disse Ron, scuotendo la testa. “Non riesco a credere che mamma ci sia cascata. Voglio dire, papà non ha sentito tutte le storie, ma mamma sì!”
“Piton ci ha quasi strangolati -”
“- quella volta che abbiamo migliorato la colorazione della sua Casa -”
“- e non ci ha mai ringraziati per questo! Si è solo assicurato -”
“-che mamma facesse visita ad Hogwarts con il suo cucchiaio di legno -”
“Ha praticamente insistito per guardare, anche -”
“- l'untuoso bastardo.”
“Non è untuoso!” protestò Ginny, solo per essere ignorata.
“Voi due vi siete meritati ogni schiaffo che vi siete presi per quello scherzo,” disse Percy severamente. “Sono sorpreso che il professor Piton non vi abbia fatti espellere. Cosa ne avreste pensato se qualche Serpeverde ci avesse colorati tutti di rosso?”
“Forte!” esclamarono i gemelli all'unisono, con grande disgusto di Percy.
“Dai, Harry,” Ron ignorò i suoi fratelli. “Ho sentito tutti i miei fratelli – anche Percy – raccontare di quanto sia spaventoso Piton. E' crudele e cattivo e non mi interessa cosa qualunque adulto dice, tu non dovresti vivere con lui.”
Harry era commosso. Che grande migliore amico che aveva! Ron e la sua intera famiglia volevano solo essere sicuri che Harry stesse venendo trattato bene. “Grazie, Ron, ma, davvero, Piton non è affatto cattivo.” Ignorò gli sbuffi di derisione da parte dei gemelli e anche il più controllato mormorio di disapprovazione di Percy. “Davvero, è stato semplicemente fantastico. Mi ha dato una stanza e l'ha riempita di roba – aspetta di vederla! E mi sta aiutando con la mia grafia e non ha permesso al Preside di espellermi e -”
Gli occhi di Ron si strinsero sospettosamente. “Non ti ha messo in punizione? Ed assegnato delle righe da scrivere? E non hai detto che ti ha picchiato dopo la lezione di volo con Madama Bumb?”
“Be', sì,” ammise Harry. “Ma non è che abbia fatto davvero male, o qualcosa del genere. E anche durante la punizione mi ha dato una penna nuova da usare per le mie righe e mi ha fatto avere uno spuntino...”
“Così, non ti ha davvero affamato -”
“- e le botte non erano troppo spaventose -”
“Harry, questo non suona troppo bene -”
“- secondo noi.”
“Sì, Harry,” disse Percy, un po' pomposamente. “Devi sapere che ci sono leggi che governano il trattamento dei minori nella Società Magica. Se il professor Piton ha violato queste leggi, allora -”
“Piantala, Percy!” intervenne Ron, schivando l'irritata pacca dietro la testa del fratello più vecchio. “Amico, solo, io non so. Voglio dire, sono felice che lui ti piaccia e tutto, ma ci devono essere tutori migliori, là fuori!”
Harry sospirò. Questo stava diventando fastidioso. “Davvero, Ron, è fantastico. Non urla né mi fa male o -” Si interruppe quando realizzò cosa avrebbe potuto convincere i Weasley pazzi per il Quidditch. “Non solo mi sta lasciando giocare come Cercatore del Grifondoro, ma mi ha anche comprato una nuova scopa per questo.”
I gemelli aguzzarono le orecchie. “Una nuova scopa -”
“- per il Cercatore del Grifondoro -”
“- con gli omaggi del Capo della Casa di Serpeverde?”
“Deve essere sabotata -”
“- oppure qualche pezzo d'antiquariato pieno di schegge!”
“E' una Nimbus 2000 nuova di zecca,” li inforò Harry freddamente. “Ma, se pensate che sia stata sabotata, allora non dovete prenderla in prestito.”
“Una Nimbus?” Anche Ginny era stupefatta.
Ron se ne rimase fermo lì, sbattendo le palpebre. “Piton ti ha comprato una Nimbus? Una Nimbus 2000?”
Harry annuì con aria compiaciuta. “L'ho usata durante gli allenamenti, oggi. E' fantastica!” Disse, l'entusiasmo che prendeva il sopravvento sul suo umore offeso. “Devi vedere come va. Katie mi ha mostrato questa nuova mossa – una Wronski qualche cosa – ed è uno schianto con la nuova scopa!” Fece una pausa. “Non vuoi provarla, quando torniamo a scuola?”
Ron annuì così in fretta che Harry pensò che potesse essersi slogato il collo. “Puoi scommetterci!”
“Avanti, Harry -”
“- non ci impediresti davvero -”
“- di provarla anche noi, vero?”
“Wow! Una Nimbus 2000! Posso solo -”
“- immaginare come sarebbe -”
“- volarne una!”
“Posso provarla? Posso provarla?” pregò Ginny.
Harry ne fu impietosito. “La prossima volta che verrò qui, chiederò al professor Piton se posso portarla con me, d'accordo? Avete qualche posto dove si possa volare, da queste parti, giusto?”
“Vieni a vedere il nostro campo!” invitò Ron.
“Ricordate, non possiamo volare prima di cena,” si raccomandò Percy, affrettandosi dietro agli altri.
“E se noi -”
“- provassimo quel giocattolo Babbano che papà -”
“- ci ha portato? Magari Harry saprà -”
“- cosa farci!”

Dopo quello che fu un lasso di tempo neanche lontanamente così interminabile quanto Piton aveva temuto, Molly segnalò che la cena era quasi pronta. Per sua sorpresa, Bill Weasley, che Piton ricordava vagamente come un atroce allievo in Pozioni, era cresciuto per diventare un affascinante, arguto narratore. Raccontò storie divertenti del suo lavoro con i goblin, e Charlie intervenne con storie proprie della vita tra i draghi. Tra loro due, Piton non dovette parlare molto, e scoprì che quella parentesi gli piaceva decisamente – anche se non aveva intenzione di ammetterlo a nessuno.
Molly chiamò i bambini, e anche troppo presto i più giovani membri della tribù si compressero all'interno della casa in un mare di teste rosse attorno ad una sola zazzera nera. Avevano una qualche specie di pallone da calcio Babbano con il quale stavano giocando, e sfrecciarono attraverso il soggiorno con rumorosa confusione. “Non giocate con quella cosa in casa!” Molly gridò loro. “Mi avete sentita? Non qui dentro!”
Il caos si allontanò verso una più distante parte della casa, ed Arthur e Severus si scambiarono un'occhiata. “Non so come tu faccia a reggere una scuola piena di bambini giorno dopo giorno,” disse Arthur, scuotendo la testa.
“Già,” fece eco Charlie. “Voglio dire, noi siamo sufficientemente terribili, ed almeno mamma e papà hanno scelto di averci attorno.”
“Non pensa mai alla possibilità di scegliere qualche altro lavoro più tranquillo, come capo della sezione delle cavie per maledizioni o buttafuori del San Mungo?” Bill sorrise.
“Di frequente,” disse Piton, asciuttamente.
“Venite a sedervi,” ordinò Molly dalla soglia. “Chiamerò di nuovo i bambini.”
Gli uomini presero posto attorno alla tavola mentre Molly gridava ancora agli altri. Il livello del rumore cominciò a crescere, e Bill disse, “Li sento arrivare.”
“I morti possono sentirli arrivare,” puntualizzò Charlie.
Prima che uno dei bambini potesse comparire, comunque, fu il pallone Babbano a farlo: entrò nella stanza a tutta velocità, percorrendo un arco aggraziato che si concluse quando colpì con un tonfo sordo la testa di Arthur, si diresse contro il muro, rimbalzò su una credenza (fracassando un vaso a colori vistosi nel processo), ed atterrò con uno SPLASH fragoroso nella larga terrina di zuppa di piselli.
Scese, tutto ad un tratto, un silenzio mortale.
Severus e Bill erano riusciti a lanciare un Protego in tempo, ma Charlie ed un ancora confuso Arthur erano ora abbondantemente schizzati di zuppa verde, così come la tovaglia, i posti attorno al tavolo, e due muri.
I ragazzi più giovani si raggrupparono con gli occhi spalancati sulla soglia, osservando ammutoliti il disastro. Molly apparve sulla porta della cucina e ruppe il silenzio con uno strillo. Tutti sussultarono, mentre lei si girava verso i bambini con uno scintillio preoccupante negli occhi. “Chi è stato?
Ci fu un ulteriore momento di assoluta immobilità, poi: “Io!” esclamò Ron, proprio mentre i gemelli dicevano, “Noi!” ed anche Percy si offriva “Ehm, io.” Un attimo più tardi, Ginny insisté, “Sono stata io!”
I cinque adulti si scambiarono una lunga occhiata, proprio mentre l'unico brunetto si faceva lentamente avanti. “Sono stato io,” confessò Harry desolato, le spalle curve.
“No, non è vero!” insisté Ron, cercando di spingere Harry nuovamente dietro agli altri. “Mamma, non è vero!”
Harry riuscì a tirar fuori un debole sorriso per l'amico. “E' tutto a posto, Ron. Grazie.” Alzò gli occhi per incontrare quelli di Piton. “Sono stato io.”
Piton si toccò le labbra con il fazzoletto pulito e lo lasciò cadere sul piatto. “Se volete essere così gentili da scusarci per pochi istanti,” disse agli altri, prendendo Harry per una spalla. “Arthur, posso usare il tuo studio? Grazie.”
Sospinse Harry nella piccola stanza dalle pareti coperti di librerie e chiuse la porta dietro di loro. Per un attimo ponderò l'ipotesi di lanciare un Incantesimo Silenziante, ma alla fine decise di non farlo. Oltre ad essere una grossolana violazione dell'etichetta nel Mondo Magico, un incantesimo del genere non era affatto necessario alla Tana, dove il livello di rumore ambientale impediva qualunque intercettazione efficace.
“Dunque.” intrecciò le braccia e guardò verso il suo protetto con in faccia la più minacciosa delle sue occhiatacce. “Cos'hai da dire in tua difesa? Forse non hai sentito la signora Weasley dire di non giocare con la palla in casa?”
Harry desiderò di essere caduto dalla scopa durante gli allenamenti di Quidditch e di essersi rotto il braccio com'era successo a Neville; così non sarebbe venuto alla Tana e non avrebbe umiliato sé stesso – e, per estensione, il professor Piton – in una maniera così terribile. Non aveva mai fatto nulla di così orribile, prima. Anche dai Dursley i suoi crimini più atroci erano state cose che ora riconosceva come magia accidentale, che era oltre il suo controllo. Non aveva mai consapevolmente, deliberatamente, fatto qualcosa del genere. Poteva solo immaginare cosa sua zia o zio gli avrebbero fatto se avesse distrutto una delle loro cene così come aveva appena fatto con quella della signora Weasley.
Lei non gli avrebbe mai permesso di tornare alla Tana, ora; al contrario, avrebbe probabilmente detto a Ron e agli altri di stare lontani da lui. Una cosa era essere un mostro e fare cose strane senza volerlo; un'altra era disobbedire e creare il caos assoluto come conseguenza.
Non riusciva neanche a guardare Piton. L'uomo gli aveva dato la più fantastica scopa solo un paio d'ore prima, rendendolo l'oggetto delle invidie dell'intera squadra di Quidditch, ed Harry come lo ripagava? Venendo alla Tana e comportandosi come qualche zoticone incivile – proprio la cosa che Piton disprezzava di più. Era abbastanza sicuro che Piton non l'avrebbe spinto via da sé come una patata bollente, nel modo in cui presumeva che i Weasley avrebbero fatto; ma si immaginava anche che Piton avesse intenzione di rendere il suo disappunto molto, molto chiaro.
Sapeva che Piton poteva, quando spinto a farlo, colpire forte come lo zio Vernon; e pensò che sarebbe stato fortunato a scamparla solo con un singolo ceffone alla testa come durante quella prima punizione. O il professore aveva semplicemente intenzione di cominciare il tutto e poi lasciare che il signore e la signore Weasley avessero l'occasione di dargli qualche colpo anche loro? Non li avrebbe incolpati, se l'avessero fatto. Dopo quel che Harry aveva causato alla loro tavola? Era solo sorpreso che Piton l'avesse portato qui per avere un po' di privacy – almeno per cominciare.
“Be', Potter?” chiese il professore, avanzando d'un passo verso di lui. Ed Harry non poté farne a meno: sussultò.
Piton si immobilizzò. Il ragazzo era parso ipnotizzato dai suoi stessi piedi, ignorando le richieste di spiegazioni di Piton; perciò, era solo naturale che Piton si fosse mosso verso di lui, intenzionato a scrollare un po' di buonsenso nell'arrogante moccioso. Ma, non appena si era mosso, il ragazzo si era ritratto, come se si stesse aspettando qualche punizione veramente brutale.
“Harry,” disse Piton, forzando la propria voce in toni leggermente meno duri. “Ti aspetti che ti punisca?”
Il ragazzo annuì, gli occhi chiusi strettamente, le mani serrate ai suoi fianchi.
“Colpendoti?”
Lui annuì ancora, preparandosi visibilmente.
Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Idiota. Non ti ho chiaramente spiegato il mio uso delle punizioni fisiche?”
Gli occhi del ragazzo si spalancarono per la sorpresa. “Ma qu-quelle sono regole per la scuola, signore,” inghiottì a vuoto. “Questa non è Hogwarts. Voglio dire, quelle regole sono per, sai, cose di tutti i giorni. Quello che ho fatto qui è davvero terribile. Non hai visto la tavola della signora Weasley?”
“Sciocco ragazzino, stavo sedendo proprio lì!” puntualizzò Piton in tono seccato. Asino Grifondoro! “E precisamente cosa intendi con 'regole per la scuola'? Immagini veramente che io non abbia niente di meglio da fare che uscirmene con nuove regole per ogni occasione? Cosa ti aspetti? Regole per la Tana, regole per Hogwarts, regole per il Paiolo Magico, regole per Nocturne Alley -”
“Cos'è -” iniziò Harry, timidamente.
Piton lo ignorò “- regole per quando hai undici anni, regole per quando ne hai dodici, regole per quando stai indossando scarpe da ginnastica, regole per un martedì sì e uno no, regole per i mesi che hanno una 'r' nel nome?” Mentre il professore andava avanti, Harry cominciò a rilassarsi un po'. Per quanto tagliente Piton stesse suonando, ad Harry non era sfuggito il fatto che il professore stesse spiegando che le regole riguardo alle punizioni non valevano solo ad Hogwarts.
“Vuol dire che non hai intenzione di picchiarmi con la cinta?” Harry riuscì a inghiottire. “O lasciare che lo facciano i Weasley? Voglio dire, devono essere davvero arrabbiati.”
Piton si limitò ad aggrottare la fronte più ferocemente. “Tu sei il mio protetto, Potter. Non mi interessa se mandi a fuoco la loro maledetta casa, nessuno che non sia io può alzare un dito contro di te. Capisci?”
Harry annuì, gli occhi spalancati.
“E per quanto riguarda il 'prenderti a cinghiate', già conosci la risposta a questa domanda, non è vero?”
Harry inghiottì e annuì, un timido sorriso che si apriva sul suo viso.
“Allora, cortesemente, non cercare di distrarmi dal tuo orribile comportamento ponendomi sciocche domande. Sei perfettamente consapevole che ti sei comportato atrocemente, e sarai punito, ma non verrai fisicamente ferito, né da me né da nessun altro.” Piton incombette minacciosamente sul moccioso. “E infatti, cosa devi fare se qualcuno, come la signora Weasley, dovesse cercare di colpirti?”
“D- difendermi?” rispose Harry con incertezza, credendo solo a metà che la risposta non gli avrebbe fatto guadagnare uno schiaffo.
“Esattamente,” Piton lo contemplò con la fronte aggrottata per un altro istante. “Ora, per quel che riguarda il tuo comportamento incivile, cosa puoi dire in tua difesa, impossibile moccioso?”
Harry sospirò quando sentì quel che restava del suo terrore abbandonarlo. Sapeva che Piton era ancora arrabbiato con lui, e questa fu la sola cosa che gli impedì di abbracciare l'uomo per l'assoluto sollievo e la gratitudine. Non poteva credere a quanto fosse stato fortunato. Se una cosa del genere fosse accaduta anche solo due settimane prima, sarebbe stato picchiato tanto ferocemente che i risultanti segni delle cinghiate e i lividi sarebbero durati per settimane. Piton era davvero, davvero gentile. D'altro canto, questo faceva sentire Harry ancora peggio per aver causato il disappunto dell'uomo. Si sforzò di non tirare su con il naso.
“Mi dispiace,” mormorò, abbassando la testa.
“Non hai sentito la signora Weasley?”
“L'avevo sentita,” ammise Harry.
“E le hai comunque disobbedito?”
Le spalle di Harry si piegarono ancora di più. “E' solo che non la stava ascoltando nessuno, così...” Tirò su con il naso di nuovo.
“Non sei un ospite, in questa casa?” Harry annuì. “Eppure non senti nessun obbligo di rispettare la padrona di casa?” Harry si mosse a disagio per la vergogna. “Dopo tutta la gentilezza che la signora Weasley ha mostrato verso di te, non puoi farle la cortesia di obbedirle in una cosa così semplice?”
Harry sentì la prima lacrima scivolargli lungo una guancia. “Mi dispiace,” bisbigliò ancora.
“Oh, ti dispiacerà davvero, Potter,” promise Piton cupamente. “Perché pensi che la signora Weasley abbia detto di non giocare con la palla in casa?”
“C-così che niente si sarebbe rotto.”
E così che nessuno si sarebbe fatto male. Cosa sarebbe successo se la palla avesse colpito il signor Weasley in faccia?” Piton ricacciò indietro un sogghigno errante al ricordo dell'espressione di Arthur dopo che la palla aveva sbattuto contro il suo cranio. Aggrottò la fronte ancor più spaventosamente verso il moccioso piagnucolante. “Dunque?”
“Mi dispiace.” Harry si asciugò altre lacrime.
“E cosa sarebbe successo se la signora Weasley avesse già tirato fuori la torta che ha fatto per te? La torta, e tutto il duro lavoro di Molly, avrebbero potuto essere distrutti!”
“La signora Weasley ha fatto una torta? Per me?” Harry era così sbalordito che smise di piangere. Fissò Piton con incredulità. Qualcuno si era preso veramente il disturbo di cucinare una torta in suo onore? Dudley otteneva sempre una torta meravigliosa per il suo compleanno, ma oggi non era neanche il compleanno di Harry, e la signora Weasley gli aveva fatto lo stesso una torta?
“Sì, e si è impegnata molto per farla,” lo rimproverò Piton, alzando mentalmente gli occhi al cielo davanti al ricordo della descrizione passo per passo fatta da Molly. C'era stata una sfortunata pausa tra le storie di Bill sulla volta in cui aveva rotto un'antica maledizione in Transilvania e le esperienze di Charlie nel tentativo di stabilire una colonia di riproduzione di draghi Norvegesi; e Molly l'aveva riempita descrivendo, con tormentosi dettagli, la torta che aveva fatto “per il piccolo Harry”. “Come pensi che si sarebbe sentita se la tua disattenzione avesse distrutto tutto il suo duro lavoro?”
“Lei ha preparato una torta per me?” ripeté Harry, felicemente sorpreso.
“Potter!” ringhiando, Piton lo scrollò per la spalla, facendo saltare Harry. “Presta attenzione!”
Harry ricacciò indietro i propri caldi, soffici sentimenti e ricompose le proprie fattezze in un'espressione pentita. Il professor Piton lo stava rimproverando, e lui non voleva che il poveruomo realizzasse di non esserne capace: specialmente non qui alla Tana, con il signor Weasley così vicino. Harry doveva aiutare il professor Piton a fare una buona impressione, e sorridere come un maniaco durante una severa lavata di capo non era il modo giusto. “Mi dispiace,” ripeté, la voce piena di rimorso, stringendo a sé la deliziosa consapevolezza che non solo la signora Weasley aveva fatto una torta per lui, ma – anche nel mezzo di una ramanzina – il professor Piton si era anche assicurato che lui ne fosse a conoscenza.
Piton si chiese se avesse fatto la cosa giusta scrollando il ragazzo. Aveva semplicemente voluto che il piccolo mostro tornasse a concentrarsi, quand'era apparso chiaro che la sua attenzione stava vagando; ma ora il ragazzo appariva devastato. Tuttavia, si disse Piton, il ragazzo si era meritato un rimprovero per le sue azioni sventate. “Solo perché gli Weasley si comportano male non è una scusa, per te, per fare lo stesso,” continuò fermamente. “Non sei un idiota, che segue gli altri ciecamente. Mi aspetto che tu insegni ai figli dei Weasley a comportarsi con più cervello e maturità, non che ti faccia corrompere dalle loro tendenze da teppisti. Hai capito?”
“Sissignore,” disse Harry docilmente. Wow. Il professor Piton si aspettava molto da lui. Questo era bello. Strano, ma bello. Lo zio Vernon aveva sempre detto che Harry sarebbe diventato un inutile ubriacone ai margini dei canali di scolo. Ora il professor Piton si aspettava che lui insegnasse agli altri ragazzi (ragazzi più vecchi) come comportarsi.
“E anche se loro ti hanno lanciato la palla o l'hanno calciata verso di te, perché non hai avuto il buonsenso di prenderla e concludere il gioco o insistere che l'avresti tirata solo a qualcuno che fosse uscito fuori? O almeno calciarla nell'altra direzione? Non hai capito cosa sarebbe accaduto se nessuno avesse preso la palla? Sei certamente intelligente a sufficienza da saper calcolare la traiettoria di uno sferoide, tu, irriflessivo moccioso. Non farlo dimostra semplicemente la tua completa mancanza di rispetto verso le regole della casa. Devi usare quel tuo cervello, Potter,” disse Piton rabbiosamente, tamburellando leggermente sulla testa di Harry con le nocche. “Dovresti pensare prima, non commettere errori grossolani come qualche bestia senza cervello. Sei il protetto di un Serpeverde, giovanotto. Grifondoro o no, imparerai a pensare prima di agire.”
“Sissignore.” Wow! Il professor Piton pensava davvero che lui fosse intelligente! Il professore era arrabbiato perché pensava che Harry fosse troppo intelligente per comportarsi così stupidamente – e questo era uguale ad un complimento, giusto?
Fece del suo meglio per non sorridere raggiante al professor Piton, intuendo che ci si aspettasse da lui un comportamento sobrio e contrito.
Piton considerò la prossima mossa da fare. Il ragazzo era ovviamente pentito. Era stato sull'orlo delle lacrime in diversi momenti nel corso della sua paternale, e Piton era perfettamente consapevole che il ragazzo, malgrado il guaio causato, non aveva avuto intenzione di fare davvero nessun danno. In effetti, rifletté il professore con espressione accigliata, era tutta colpa di quei Weasley! Erano loro che avevano spinto Harry a disobbedire; sebbene, certo, la fortuna del ragazzo aveva fatto in modo che fosse lui quello che aveva alla fine causato il disastro. Tuttavia, almeno, gli altri bambini avevano cercato di proteggere Harry – questo faceva presagire bene per il futuro a lungo termine del ragazzo, quando avrebbe avuto bisogno di simili, leali alleati contro le forze di Voldemort.
Piton adocchiò il ragazzo. E adesso? Sapeva che il ragazzo si era tecnicamente meritato uno scapaccione per la disobbedienza ma, considerando quanto fragile era apparso Harry prima, forse sarebbe stato meglio fingere di non averlo realizzato. Non era come se il ragazzo stesso glielo avrebbe ricordato.
Harry adocchiò il professore. E adesso? Sapeva di essersi meritato uno scapaccione, ma sospettava anche che il professore sarebbe stato troppo gentile per amministrarne uno; e questo avrebbe otuto far pensare al signor Weasley che il professore fosse un tutore incapace. “Ho disobbedito,” puntualizzò Harry in fretta. “Dovresti picchiarmi.”
Piton nascose la propria sorpresa dietro ad un'espressione aggrondata e minacciosa. “Pensi che non lo sapessi?” Buon Dio. Il ragazzo non aveva alcun istinto di autoconservazione. Ovviamente quei bastardi Babbani gliel'avevano fatto perdere a suon di botte. Piton avrebbe dovuto sperare che venire esposto all'influenza degli Weasley, specialmente dei gemelli, avrebbe migliorato gli istinti di sopravvivenza di Harry. Così com'era ora, quando avesse appreso dei piani di Voldemort per lui, il ragazzo si sarebbe messo in marcia e avrebbe sfidato il Signore Oscuro ad una gara di braccio di ferro o a qualche egualmente idiota duello Grifondoro. Probabilmente si sarebbe incaricato lui stesso di spiegare a Voldemort quali incantesimi e controincantesimi doveva ancora imparare, nell'ingenua convinzione che così il Signore Oscuro avrebbe evitato di usarli. Piton riusciva quasi a sentire il moccioso: “Yoo hoo, Lord Voldemort! Sono qui! Tutta questa nebbia della battaglia ti sta rendendo difficile vedermi? Mira un po' più a sinistra!” Era ovvio che ci fosse un bel po' di rieducazione da fare.
Per ora, tuttavia, il piccolo idiota era stato causa del suo male. Piton si sporse e girò il ragazzo perché gli desse la schiena. Notò che il bambino si era tolto la veste per giocare con quell'assurdo giocattolo Babbano e prese nota d'alleggerire lo scapaccione di conseguenza.
Harry si piegò, volenterosamente, e si preparò, chiedendosi se, vista la grandezza del crimine compiuto, Piton potesse decidere che due (o più) scapaccioni sarebbero stati appropriati.
La mano di Piton gli colpì di piatto il sedere, accompagnata da un suono ben peggiore della sensazione mentre il whack rumoroso riecheggiava nella piccola stanza; ma ne seguì solo un leggero pizzicore. Harry attese per un altro scapaccione, la faccia contratta per l'anticipazione, ma i secondi passarono e nulla accadde. “Oh.” Si raddrizzò e guardò verso il punto in cui Piton aspettava, la fronte aggrottata verso di lui. “Erm – ouch!” disse in ritardo, tentando di suonare opportunamente punito. Portò le mani dietro di sé per massaggiarsi per bene il sedere. “Non lo farò di nuovo,” promise, facendo smorfie come se il pizzicore residuo fosse veramente doloroso.
“Bada a non farlo,” sbottò il professore automaticamente; ma pareva preoccupato per qualcosa.
“Non devi restare fermo o rimanere in silenzio, quando stai venendo punito,” gli ricordò finalmente Piton, la fronte ancora corrugata. Il ragazzo era così terrorizzato dalle punizioni corporali che non riusciva ad opporsi neanche in questi piccoli modi? Avrebbe dovuto stare attento a non essere troppo rude con Harry; dopotutto, lo schiaffo era semplicemente inteso per comunicare il suo dispiacere, non per infliggere un dolore significativo.
“Lo so,” replicò Harry, cercando di pensare ad una ragione per la quale non s'era contorto o aveva gridato. La verità – che quel singolo scapaccione non aveva fatto abbastanza male da preoccuparsene – era ovviamente inaccettabile. “Erm, ma dal momento che sono sicuro che mi darai comunque uno schiaffo sul sedere, non sembra che ci sia ragione nel provare ad evitarlo.”
Sembrava che questa fosse stata una buona risposta. Le linee di preoccupazione scomparvero e Piton gli sorrise. “Che sia una sfida per te.”
Harry continuò a reggersi il sedere per amor delle apparenze, ma il bruciore era già scomparso. Sebbene potesse ancora dire dove era arrivato lo schiaffo, non era rimasto nessun spiacevole calore – lo scapaccione non aveva lasciato alcun durevole fastidio. “Signore,” chiese, rassicurato sul fatto che Piton avesse compiuto il suo dovere paterno e non sarebbe finito nei guai con il signor Weasley o con il Preside per non essersi occupato del cattivo comportamento di Harry, “cosa dovrei fare mentre il resto di voi sta mangiando?”
Il cipiglio spaventoso di Piton ricomparve. Sembrava che il moccioso avesse la memoria di un Vermicolo. Non ne avevano parlato l'ultima volta che avevano visitato la Tana? “Potter, starai a tavola, mangiando con noi. Sicuramente non puoi esserti dimenticato il nostro ultimo pasto qui così in fretta!”
Harry sbatté le palpebre con sorpresa genuina. “Vuoi dire che sono ancora autorizzato a cenare? Anche dopo quel che ho fatto?”
“Malgrado tu abbia iniziato le tue 500 righe, sembra che tu non creda ancora alle parole che stai copiando,” lo rimproverò Piton. “L'abitudine dei tuoi parenti di escluderti dalla tavola e di affamarti era inumana. Tu ti siederai, ovviamente, con il resto della famiglia. Sei stato rimproverato e hai ricevuto uno schiaffo; la tua punizione è finita, ora. Capisci?”
Harry gli sorrise raggiante. “Sissignore!”
“Detto questo, non devi aspettare di riempirti con la torta, anche se è stata fatta in tuo onore. Devi anche – se non vuoi disobbedirmi!” lo avvertì Piton. Harry annuì energicamente per mostrare di aver capito. “- mangiare il resto del pasto, particolarmente le verdure.”
Harry arricciò il naso ma sospirò, rassegnato. “Sissignore.”
Piton fece una pausa. “Puoi comunque saltare la zuppa di piselli.”
Harry grugnì per il divertimento e – solo per un attimo – l'espressione normalmente severa di Piton si alleggerì un poco. “Pronto? Mi aspetto ancora che tu ti scusi con i nostri ospiti per la tua pessima condotta,” disse Piton severamente, girandosi verso la porta.
Harry annuì e Piton tirò la porta per aprirla, facendo sì che una marea di teste rosse crollasse nella stanza dal punto in cui erano stati appoggiati contro il battente, ascoltando.
Harry rimase a bocca aperta davanti ai Weasley, mentre Piton assottigliava le palpebre e guardava, semplicemente, a braccia incrociate, mentre la famiglia cercava di disincastrarsi.
“Alzatevi! Non posso respirare! Alzatevi!” squittì Ginny senza fiato dal fondo della pila, mentre Molly ed Arthur si risollevavano, arrossendo, dalla cima del mucchio.
“Er – scusateci – noi – erm – solo controllando – non veramente preoccupati – la cena – andare a controllare – scusatemi!” bolbettò Molly incoerentemente, prima di scappare in cucina.
“Sì – uh, quello che ha detto lei,” fece eco Arthur, la faccia in fiamme in tono con i capelli. Fuggì dietro alla moglie.
“Be', mi spiace per questo,” sorrise Bill, irreprimibile come sempre. “Dovevamo solo assicurarci che lei non stesse assassinando Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto.” Afferrò un Percy arrossito e senza parole e si ritirò nel soggiorno.
Charlie acchiappò Ginny e, con la faccia rossa, mormorò una scusa mentre si dirigeva rapidamente verso l'uscita.
“Erm, ci spiace per questo -”
“Professore, semplicemente non -”
“-credevamo precisamente che non avesse -”
“-intenzione di appendere Harry per i pollici -”
“- e, come può vedere -”
“- abbiamo dei terribili esempi di comportamento!” Su quella nota caratteristicamente irriverente, i gemelli si allontanarono, lasciando Ron come ultimo rappresentante della famiglia a fronteggiare la rabbia di Piton.
Prima che il professore avesse la possibilità di lanciarsi in un aspro rimprovero – che, ad essere giusti, avrebbe probabilmente dovuto essere diretto verso i genitori del ragazzo – Ron aveva chiesto ad Harry. “Tutto qui?”
Harry sbatté le palpebre. “Cosa?”
“E' questa tutta la punizione che riceverai? Voglio dire, nient'altro quando torni a casa?”
Harry gettò un'occhiata a Piton per averne conferma, poi annuì.
“Ma non ti ha gridato contro né ti ha detto che ti chiuderà in casa né ti ha colpito poi tanto forte!” Ron fece una pausa. “L'ha fatto?”
Harry non sapeva cosa rispondere. Non voleva ammettere la verità e far sentire Piton come se non avesse fatto un buon lavoro, ma non voleva neanche mentire al suo migliore amico. “Ehm, non è stato così male,” disse alla fine.
“Bene. Era quel che pensavo.” Ron annuì una volta, con decisione. “D'accordo, quando finiamo nei guai a scuola, voglio che il tuo papà punisca entrambi.”
Harry lanciò un'occhiata preoccupata a Piton, che sembrava essere stato colpito da un fulmine. “Non è davvero il mio papà,” cominciò, senza sapere se Piton sarebbe stato o meno offeso dalle parole di Ron.
Ron agitò una mano in un gesto sbrigativo. “Tutore, quel che sia.”
“Ma, Ron,” protestò Harry, “tu hai la tua famiglia che -”
“Già!” disse Harry, disgustato. “Io ho un intero branco di fratelli più vecchi che pensano di potermi sgridare tutti e picchiarmi solo perché sono più grandi di me, e Percy è il peggio di tutti, specialmente ora che è prefetto. E la mia mamma... Be', tu non hai ancora sentito una Strillettera, Harry, ma io ho guardato la mia mamma prepararle per spedirle a Charlie e ai gemelli, e non voglio ricevere una di quelle nella Sala Grande. Voglio dire, è già abbastanza brutto quando mamma ti sgrida di persona, ma che accada davanti a tutti a scuola? No, grazie! Preferirei che il tuo papà, ehm, il professore – se ne occupasse semplicemente... Va bene?” chiese, improvvisamente incerto. “Non ti dispiace, vero? Immaginavo solo che, dato che ora siamo come fratelli e il professor Piton è un Weasley, sarebbe stato a posto – come avere uno zio che ti sgrida se il tuo papà non è intorno. Ma se vuoi tenerlo per te...”
“No, è a posto!” Harry rassicurò il suo amico. Si sentiva piuttosto orgoglioso che Ron preferisse il tutore di Harry alla sua intera, vera famiglia. Non provava semplicemente quanto grande fosse il professore Piton? “Non mi dispiace condividerlo. Puoi usarlo anche tu.”
Piton aprì e chiuse la bocca, ma non sembrò riuscire a far emergere parola alcuna. Come osavano questi due cuccioli presuntuosi parlare di lui come se non fosse presente, per non dire del fare progetti come se lui fosse stato qualche cucciolo che avevano intenzione di condividere! Mentre capiva perché il più giovane dei ragazzi Weasley cercasse di evitare sia gli sculaccioni amministrati fraternamente che le lavate di capo spaccatimpani di Molly, lui non aveva nessuna intenzione di essere gravato dalla necessità di supervisionare due mocciosi invece che uno. E poi la prole Weasley aveva parlato di lui come di un Weasley e di uno zio, per amor di Merlino! Lui non aveva in nessuna maniera, modo o forma intenzione di provvedere a far da ZIO per questa banda di maniaci dalla testa rossa!
Peggio ancora, il più giovane maschio Weasley aveva anche detto “quando”, non “se” lui ed Harry si fossero cacciati nei guai; perciò era chiaro che non stava parlando solo in teoria. Piton doveva rendere indelebilmente chiaro a questi due demonietti, per non parlare del resto del clan Weasley, che lui non aveva intenzione di -
“RAGAZZI! LA CENA!” urlò Molly.
Con grande choc ed orrore di Piton, Harry e Ron acchiapparono una delle sue mani a testa e cominciarono a tirarlo verso la tavola. “Andiamo, professore!” sbuffò Harry. “E' scortese farli aspettare!”
Questo doveva essere qualche orrido incubo, magari causato da un estesa sessione di Cruciatus, pensò Piton disperatamente. Doveva essere preda delle allucinazioni – sicuramente era comodo e al sicuro e stava venendo torturato dal Signore Oscuro, e non stava sedendosi per un pasto come membro più recente della famiglia Weasley. Ma le sue flebili speranze vennero annichilite quando Molly gli sorrise e gli porse il cestino del pane. Non avrebbe avuto importanza quanto a lungo fosse stato sottoposto a Cruciatus, anche la sua più fervida immaginazione non avrebbe potuto uscirsene fuori con i centrini ricamati a mano, decorati con elfi domestici sorridenti, che coprivano le fette.
Albus, Piton giurò a sé stesso, mentre Ron ed Harry si sedevano contenti nelle sedie al suo fianco, io te la farò pagare per questo, fosse l'ultima cosa che faccio.



Note alla traduzione: Volevo pubblicarlo ieri notte, ma la mia connessione mi ha abbandonata mentre lo mettevo online. Potete prendervela con il mio wireless.

Il prossimo capitolo arriverà presto... e farà da preludio ad uno dei miei preferiti in assoluto!
Un grazie a tutti voi!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***







Fortunatamente, il resto del pasto trascorse senza incidenti. Per la prima volta Piton ebbe ragione di apprezzare la natura egocentrica dei bambini: perché la prole Weasley chiacchierò apertamente di trivialità, liberandolo così dalla necessità di parlare. Incredibilmente, Arthur e Molly sembravano godere del rumore e della pazzia e, entro la fine della cena, Harry stava ridendo e chiacchierando insieme al resto. Piton si annotò stancamente che lezioni di recupero sulle buone maniere da adottarsi a tavola – particolarmente riguardo al non parlare con la bocca piena – sarebbero state necessarie dopo le visite alla Tana.
Poi, finalmente, poté congedarsi senza apparire sgarbato. Harry, improvvisamente timido, lo raggiunse mentre se ne stava in piede accanto alla Metropolvere, impaziente di andarsene. Piton lo guardò. “Tu ti comporterai bene.” Non era una domanda.
Harry annuì obbediente. “Sì, signore.”
“Ci rivedremo ad Hogwarts domani sera. Non dimenticare di finire i tuoi compiti.” Piton si allungò per prendere un po' di Metropolvere, per darsi alla fuga, ma Harry lo afferrò attorno alla vita prima che potesse completare il movimento.
Dannazione! Quella solida, piccola fronte gli strappava sempre il fiato. Un attimo dopo Harry l'aveva lasciato andare ed era sfrecciato via, lanciando un “Ci vediamo domani!” al di sopra di una spalla mentre fuggiva per riunirsi ai bambini dei Weasley.
Piton si massaggiò l'addome e lanciò un'occhiataccia al moccioso. Molly ed Arthur nascosero i loro sorrisi. “Er – grazie ancora per essere venuto,” disse Arthur. “Spero che potremo trasformarla in un'abitudine.”
Piton alzò un sopracciglio. “E ripetere tutti gli eventi di stasera?”
Arthur ebbe la buona grazia di arrossire. Molly, comunque, si riprese dall'imbarazzo molto più in fretta. Con grande indignazione di Severus, lei lo tirò in un abbraccio. “Ora, ora, - meno se ne parla, prima si dimentica!” Completò l'assalto alla sua persona con un rumoroso bacio sulla guancia che solo il rigido autocontrollo appreso sotto la Cruciatus di Voldemort gli impedì di strofinare via.
“Invero,” disse lui, nel tono più gelido che riuscì a tirar fuori. “Buonanotte.”
Fuggì – ehr, si affrettò – attraverso il camino e si rilassò con un sospiro di sollievo mentre entrava nella sue stanze. Sollevato, vide che, malgrado fosse sembrata un'eternità, era stato dai Weasley solo per poche ore. Era ancora abbastanza presto da portare avanti i suoi piani.
Cacciò la testa di nuovo nella rete della Metropolvere e chiamò Albus. Un attimo dopo il Preside usciva fuori dal camino ed entrava nelle stanze di Piton. “Bene, bene, ragazzo mio, e com'è andata la tua serata?”
Piton gli lanciò un'occhiataccia dal punto in cui giaceva stravaccato su una poltrona. “Tu che pensi, vecchio? Sono stato circondato da Weasley, sottoposto alle inadeguatezze architettoniche della Tana e forzato a ingerire il cibo di Molly.”
“Sono sicuro che tu ed Harry abbiate trascorso una piacevole serata,” disse tranquillamente Silente, ignorando con noncuranza sia il contenuto che il tono della replica di Piton.
Piton alzò gli occhi al cielo. “Il tuo prezioso principe Grifondoro è al sicuro, piazzato tra le minacce dalla testa rossa. Sia Bill che Charlie sono lì stanotte, perciò difficilmente avrai bisogno di preoccuparti che qualche attacco di Mangiamorte superi la loro famiglia – per non parlare delle barriere – ed io ho intenzione di annegarmi nella Pozione Soporifera nella speranza di dimenticare che questo giorno sia mai accaduto. Ti starà bene se, durante la mia assenza dalla ronda di notte, gli studenti prenderanno il potere in questo manicomio.”
Albus rise e assestò piccole pacche sulla spalla del giovane uomo. “Su, su. Parlerò con Argus per assicurarmi che gli studenti non ne combinino qualcuna più del solito, e farò anche qualche giro nel castello per conto mio, se questo ti farà sentire meglio.”
Ah! Successo! Piton mascherò la propria sensazione di trionfo con un brontolio, e si sollevò dalla sedia. “Sono sicuro che tu conosca la strada per uscire,” sbottò, incamminandosi verso la propria camera da letto.
Il ruggito della Metropolvere sovrastò la buonanotte augurata da Albus, e sul viso di Piton apparve un sorriso lupesco. Avrebbe aspettato altri dieci minuti, nel caso in cui Silente si fosse ricordato qualcosa e fosse tornato indietro: più tardi di così, e Silente avrebbe dedotto che Severus fosse privo di conoscenza per via della pozione e avrebbe pensato fosse meglio non ritornare.
Perciò, con Silente distratto ed un alibi per sé accuratamente assicurato, Piton sarebbe stato libero di portare avanti i suoi veri piani per la notte.

Forse la sola cosa positiva nell'essere il figlio di Tobias Piton era che, dall'età di otto anni, Severus era, a causa di suo padre, perfettamente familiare con il lato più squallido della vita; sia che stesse spedendo suo figlio a piazzare una scommessa o a comprargli altro liquore, Tobias non aveva scrupoli ad esporre Severus agli elementi più malfamati della società. Anche dopo aver cominciato Hogwarts, Severus aveva mantenuto alcuni legami con la malavita Babbana: inizialmente perché così, durante le visite a casa, poteva ancora sbrigare le faccende per Tobias; ma le sue connessioni si erano anche provate utili durante i suoi anni come Mangiamorte, non perché Voldemort avrebbe mai considerato un'alleanza con i Babbani, ma perché dava a Piton una comprensione delle forze dell'ordine Babbane che il Signore Oscuro poteva sfruttare.
Questa notte Piton stava progettando una visita ad una vecchia conoscenza della sua infanzia che era ora un membro ben piazzato dell'élite criminale Babbana. Trasfigurò i propri vestiti in un abbigliamento che non avrebbe sollevato scalpore e si Smaterializzò alla destinazione stabilita, un pub vicino al luogo dov'era cresciuto. Entro pochi minuti era seduto in un angolo oscuro, di fronte all'uomo che era venuto ad incontrare.
“Oi – sembra che la Vita sia stata gentile con te, Severus,” osservò John Marvin, sollevando il bicchiere in un brindisi silenzioso. “Tuo padre ne sarebbe felice.”
Piton si esibì in un sorriso di scherno. “Mio padre ne sarebbe stato decisamente infelice, e tu lo sai. Era disgustato da me, e il sentimento era del tutto reciproco.”
Marvin scrollò le spalle. “Già, vero. Dunque – ovviamente non sei qui per parlare dei vecchi tempi. Cosa vuoi?”
Piton si appoggiò allo schienale. “Ho un incarico per te e per la tua organizzazione. Sei interessato?” Nelle quasi due settimane trascorse da quando aveva appreso del comportamento dei Dursley verso Harry, Piton aveva pensato a lungo riguardo a come meglio ripagarli per il maltrattamento di un bambino del Mondo Magico. Sfortunatamente, era in qualche modo limitato nelle opzioni che poteva prendere dal fatto che Albus gli aveva assegnato l'incarico e si sarebbe, di conseguenza, aspettato un rapporto.
Dal momento che l'anziano mago era sorprendentemente schizzinoso riguardo alla violenza fisica – sebbene non riguardo alla deliberata manipolazione degli altri, sia per il loro presunto bene che per “il bene superiore” - Piton sapeva di dover evitare le Imperdonabili o, invero, qualunque cosa fosse troppo Oscura. Se il suo trattamento dei Dursley fosse andato oltre qualunque cosa Silente pensasse che meritassero, l'anziano mago avrebbe potuto spedirlo ad Azkaban, decidendo che la sua influenza era troppo pericolosa per Harry. L'allusione non detta in tutto ciò che aveva a che fare con il ragazzo era la paura che Harry sarebbe cresciuto per unirsi, e non opporsi, a Voldemort; e se Silente avesse sentito che Piton stava in qualche modo incoraggiando un simile comportamento... Be', Severus sapeva già che il Preside sarebbe stato disposto a sacrificarlo, se necessario. L'avrebbe fatto con riluttanza e con grande tristezza, ma l'avrebbe fatto. Piton era determinato a non dargli alcuna ragione per un simile corso d'azione.
L'inappropriata (secondo Piton) pietà del vecchio verso maghi immeritevoli era la ragione per la quale molti Mangiamorte – inclusi Lucius Malfoy, Bellatrix LeStrange, e, ovviamente, Piton stesso – erano ancora in giro. Silente insisteva che l'Ordine della Fenice usasse mezzi non letali ogni volta che fosse stato possibile, e Piton era sicuro che avrebbe, di conseguenza, respinto qualunque cosa sembrasse troppo crudele verso i “poveri Babbani”. Silente ovviamente conservava la speranza che i parenti di Harry potessero vedere l'errore dietro alle proprie azioni. Piton avrebbe preferito, piuttosto, che vedessero l'interno delle proprie viscere.
Sospirò. Dal momento che questo non sarebbe accaduto, poteva almeno farsi avanti con la seconda opzione. Aveva pensato a lungo e intensamente a questo, e aveva escluso in fretta l'uso di ogni genere di incantesimo o maledizione sui Babbani. Silente avrebbe sicuramente obiettato a quelle che lui voleva usare, dal momento che esse avrebbero inevitabilmente portato a morti lenti e dolorose, e Piton non aveva nessun desiderio di lasciar andare i Dursley con l'equivalente di una severa ramanzina.
Alla fine, aveva deciso per due differenti approcci. Da una parte – la parte che avrebbe raccontato ad Albus – sembrava appropriato usare metodi Babbani per punire i Babbani. Confidava che John Marvin sarebbe, appropriatamente motivato, stato in grado di distruggere sia la qualità della vita dei Dursley che la pace della loro mente.
“C'è una famiglia nel Surrey,” cominciò, unendo le punte delle dita, “che mi ha offeso. Desidero essere sicuro che vengano fatti soffrire.”
Marvin annuì lentamente. “Sei sempre stato un piccolo bastardo vendicativo. Cos'avevi in mente?”
Piton scrollò le spalle. “Sono certo che tu possa essere più inventivo di me. Sicuramente ci sono modi per assicurare che siano tormentati da diversi uffici burocratici?”
Marvin sorrise. “E' sorprendente cosa puoi fare con i computer di questi giorni. Mandati d'arresto fasulli, patenti di guida cancellate, e, ovviamente, una volta che i ragazzi delle tasse cominciano a vederti di malocchio, la tua vita è bella che terminata.”
Piton agitò una mano in un gesto negligente. “Sì, sì. Certamente, fai uso dei tuoi 'confuser'1. L'obiettivo è rendere miserabile ogni giorno della loro vita.”
Marvin era occupato a scribacchiare sul retro di un fazzoletto di carta. “Giusto, giusto. Questa non è una richiesta neanche lontanamente inusuale quanto potresti pensare. Sempre felice di accontentare un amico...”
“E mi piacerebbe anche che tu facessi uso di metodi di intimidazione più... ortodossi.”
“Mandare qualcuno a spaventarli? Abbastanza facile. Hai qualche idea?”
“Assalti casuali mentre recuperano i loro veicoli nei parcheggi. Magari che qualcuno entri in casa loro mentre sono fuori e sposti le cose solo per innervosirli... Potrebbe anche essere divertente farli svegliare scoprendo che ci sono intrusi in piedi accanto ai loro letti,” rifletté Piton. “Nessun danno permanente, però – non voglio che il gioco finisca troppo presto.”
“Giusto, giusto. Più una guerra di nervi che di forza bruta? Riceviamo anche un sacco di queste richieste, sebbene in genere sia solo per una persona,” Marvin continuò a scrivere. “Accidenti, cosa ti hanno fatto queste persone, comunque?”
“Ha importanza?”
“Nah – sono solo curioso.”
“Hanno abusato un bambino che era sotto le loro cure, anche se non desidero che i tuoi dipendenti ne parlino. Molto meglio che non abbiano idea della ragione per la quale stanno venendo presi di mira.”
Il Babbano zufolò. “Be', è bello vedere che non sei cambiato molto, Severus. Una volta un bastardo malvagio, sempre un bastardo malvagio. Quanti sono in famiglia? Potrei doverti farti pagare degli extra se ce ne sono troppi.”
“Tre. Due genitori, un bambino di undici anni.”
“Vuoi che il bambino sia lasciato in pace?”
Piton si strofinò il mento. “No – o. Non direi. Non devi riservargli lo stesso livello di attenzione degli adulti, ma, come loro, deve sentirsi impotente e reso vittima.”
“Hmmm. Nessuna idea di dove lo stronzetto vada a scuola?”
Piton scosse la testa.
“Non importa. Sarà abbastanza semplice scoprirlo.”
“Perché?”
“Ogni scuola ha una sua buona quota di piccoli bulletti criminali. E' facile dar loro qualche sterlina e dirgli chi prendere di mira. Renderanno i giorni di scuola del ragazzo un vero inferno.”
“Eccellente,” mormorò Piton in un suono di fusa. “Sono veramente lieto di vedere che ci capiamo. Mi aspetto dei rapporti due volte al mese: rapporti separati per le vessazioni burocratiche e per quelle con un tocco più 'personale', se volessi essere così gentile.”
Marvin annuì. “Conosci i termini – finché il tuo denaro compare nel mio conto bancario, otterrai i risultati che chiedi.”
“Grazie. Qui ci sono i particolari,” Piton passò a Marvin una striscia di carta con i nomi e l'indirizzo dei Dursley. “Buona serata.”
Mentre si Smaterializzava, si permise un sorrisetto di soddisfazione. Albus sarebbe stato soddisfatto dall'incruenta persecuzione burocratica; e, se avesse pensato che la vendetta di Piton fosse troppo contenuta per essere credibile, allora al Preside sarebbe stato permesso di scoprire anche l'intimidazione aggiuntiva. Avrebbe potuto fare la ramanzina a Severus riguardo all'eccessiva punizione, ma dal momento che si trattava di violenza Babbana sui Babbani, gli Auror non sarebbero stati chiamati e Azkaban non sarebbe stato un possibile risultato.
E, parlando di Azkaban...
Quando Piton aveva deciso che non sarebbe stato soddisfatto dai piccoli tormenti che erano tutto ciò che Albus gli avrebbe permesso di usare contro i Dursley, aveva trascorso un bel po' di tempo decidendo in quale altro modo fargliela pagare. La soluzione ovvia era assicurarsi l'aiuto di qualcun altro, qualcuno del quale Albus non sapesse niente, e che non avrebbe avuto nessuna ragione ovvia per conoscere i parenti di Harry, per non dire prenderli di mira. In questo modo, potevano operare impunemente, senza essere notati da Silente o dal Ministero. Questo piano aveva una sola difficoltà: chi conosceva, Piton, che sarebbe stato sia in grado di torturare i Babbani che probabilmente felice di cogliere l'opportunità? Ovviamente i suoi doveri ad Hogwarts gli avrebbero reso impossibile trascorrere la quantità di tempo necessaria nel sorvegliare le attività a Privet Drive; e, per essere corretti, lui non era mai stato particolarmente ricercato durante i festini dei Mangiamorte.
Contrariamente a quello che i suoi studenti potevano credere, Piton in effetti non era un sadico, e non aveva mai tratto alcun piacere dal partecipare negli attacchi insieme a Voldemort. C'erano, tuttavia, molti Mangiamorte che trovavano tali attività assolutamente divertenti, ed erano le loro abilità che lui aveva deciso di adoperare contro i Dursley. Lucius Malfoy sarebbe stato perfetto in quel ruolo, ovviamente: ma, dal momento in cui aveva a malapena evitato Azkaban dopo la sconfitta del Signore Oscuro, si era dedicato a ristabilire l'influenza politica e sociale della sua famiglia. Specialmente ora che il suo erede stava avvicinandosi alla maggiore età, Lucius stava attento a tenere il proprio naso (ed altre parti del suo corpo) schizzinosamente pulito.
Bellatrix Black LeStrange aveva dato nuovi significati alla parola “sadica”, oltre che “pazza”. Anche il Signore Oscuro era stato, in certe occasioni, sconcertato dal suo entusiasmo. Comparato con Bella, Voldemort era il ritratto della salute mentale – dopotutto, lui aveva semplicemente desiderato di governare il mondo, un obiettivo non del tutto irragionevole. Bella era semplicemente e puramente matta.
Comunque, si poteva sempre contare su Bellatrix nello sviluppare sempre nuove e più inventive torture, e disprezzava i Babbani con un'ossessiva passionalità, due caratteristiche che l'avrebbero aiutata nel perseguitare i Dursley. Per quanto questo la rendesse un'allettante possibilità, comunque, Piton aveva deciso con rammarico che la sua follia la rendeva troppo imprevedibile per lavorare con lei a questo piano.
Sospirò. Aveva davvero sperato che non si sarebbe giunti a questo, ma chi altri era rimasto? Aveva bisogno di un Mangiamorte che odiasse i Babbani con un curriculum comprovato di uccisioni, torture, tradimenti, ed altre attività Oscure. Gli piacesse o no, c'era un solo ovvio candidato rimasto. Lasciandosi il pub scuro alle spalle, si Materializzò su una striscia di sabbia nebbiosa e deserta.
“Sei tu?” chiese una voce rauca.
Piton alzò gli occhi al cielo. “Certo. Hai preso le misure necessarie?”
L'altro mago emerse dalla nebbia. “Già – hai le pozioni?”
Piton sollevò una fiala verde e scintillante. “Eccone una. Richiamerò l'altra dopo essere tornato indietro in sicurezza.”
L'altro uomo sbuffò per il divertimento ed il disprezzo. “Non ti fidi di me?”
“Certo che mi fido,” replicò Piton con voce serica. “Perché tu sai bene quanto me che solo la prosecuzione del mio buon stato di salute preverrà a certe prove delle tue passate attività di raggiungere gli Auror. E ovviamente tu non vorresti che qualcosa mi accadesse, o dove otterresti le tue – ahem – pozioni 'di rinforzo'? Non puoi deludere tua moglie, giusto? Non è questo il problema con le Veela, che non sono mai del tutto soddisfatte?”
“Io la soddisfo perfettamente!” si infiammò l'altro uomo: ma si sporse ugualmente per afferrare la pozione.
Piton si esibì in un sorrisetto. “Certo che sì. Vogliamo andare?”
Non era veramente così difficile entrare ad Azkaban, rifletté Piton. Com'era naturale, tutti gli sforzi erano fatti per impedire ai maghi di andarsene. Finché avevi un alleato all'interno, ben posizionato e altamente motivato, entrare inosservati era decisamente una bazzecola. E potevi dire quel che volevi riguardo ai lati negativi dell'essere un Mangiamorte, ma non potevi negare che ti garantiva una conoscenza a tutto tondo con tutti gli elementi poco raccomandati della società magica; per non menzionare il fatto che ti forniva un bel po' di informazioni su di essi adatte al ricatto. Di conseguenza, identificare una guardia facilmente corruttibile era stato così facile che Piton quasi si sentiva deluso. Certo, il fatto che Voldemort fosse scomparso per quasi un decennio e che le attività dei Mangiamorte fossero praticamente non esistenti tendeva a cullare gli Auror e le guardie in uno stato di compiacimento...
Piton sospirò. C'erano volte in cui gli mancava molto l'eccitazione dei vecchi tempi. Sfidare l'ingegno degli studenti – anche quello dei gemelli Weasley – non era semplicemente lo stesso che servire come doppio agente, stretto nel mezzo tra i due più potenti maghi della sua epoca.



Note alla traduzione:
(1): Intraducibile con la pronuncia italiana, perciò l'ho riportato così com'era. Il gioco di parole inglese era tra computer e confuser (alla grezza, colui che confonde, inesistente ma credibile), che s'assomigliano abbastanza: in italiano il suono si perde. Se avete suggerimenti, sono bene accetti!

Dato che il capitolo è piccino picciò, uno sprint d'entusiasmo sarà gradito per far arrivare il prossimo in traduzione di volata. Dimostrate alla traduttrice che non sta lavorando per sé stessa (lei la storia l'ha già letta nuuuumeroseeee volte). x°°°D See you soon!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***







Piton sospirò. C'erano volte in cui gli mancava molto l'eccitazione dei vecchi tempi. Sfidare l'ingegno degli studenti – anche quello dei gemelli Weasley – non era semplicemente lo stesso che servire come doppio agente, stretto nel mezzo tra i due più potenti maghi della sua epoca.


Riflettendoci meglio, pensò Piton, fermandosi di fronte ad una porta a sbarre d'acciaio, c'erano ricordi dei vecchi tempi dei quali avrebbe fatto a meno. E tanti saluti alla nostalgia. Fece un gesto impaziente e l'altra guardia di Azkaban aprì il chiavistello con riluttanza. “E' pericoloso, questo! Uccidilo se anche solo ti guarda!” lo avvertì.
“Lo conosco meglio di te.” Piton lo spinse da parte ed entrò nella cella umida. Dietro di lui, la guardia borbottò risentita, ma se ne andò. Dannazione – fa veramente un po' più caldo che nei miei sotterranei. Ho bisogno di procurarmi qualche nuovo incantesimo riscaldante. Raggiunse la bassa e stretta cuccetta e assestò alla figura sdraiata un vigoroso calcio nel fianco. “Svegliati, bastardo.”
“Chi -” Palpebre furono sbattute su occhi annebbiati, mentre questi si sforzavano di mettere a fuoco e, finalmente, si spalancavano. “Mocciosus?”
Piton sospirò. Bene, ecco che una delle sue speranze a lungo coltivate se ne andava. La ripugnante creatura non era ancora del tutto pazza. D'altra parte, questo significava che avrebbe potuto essere in grado di recitare la parte che Piton aveva in mente.
Gli erano occorsi giorni per decidersi; ma, alla fine, la cosa aveva avuto un qualche spaventoso genere di senso. Piton voleva torturare i Dursley, e non solo per pochi giorni o settimane come Lucius o Bellatrix avrebbero fatto. Chi sapeva come rendere la vita di qualcuno un vero inferno per anni e anni? Chi, se non i Malandrini?
Sfortunatamente per il piano di Piton, sia Potter che Minus erano morti, e il rognoso Lupo Mannaro era stato il più rispettoso della legge del gruppo. D'altro canto, Black non era morto, solo in esilio ad Azkaban. Avrebbe potuto certamente essere pazzo, dopo così tanti anni in quel luogo, ma se non lo fosse stato... chi meglio di Sirius Black sapeva come rendere l'esistenza di qualcuno del tutto orribile? E chi lo sapeva meglio, questo, se non Severus Piton? Così Piton aveva vinto il proprio disgusto ed era andato ad Azkaban per avere consiglio da Black sui modi migliori per tormentare i Dursley.
Era un piano geniale, si congratulò Piton. Nessuno avrebbe mai presunto che, tra tutti, si sarebbe avvicinato entro un raggio di venti miglia a Sirius Black, per non parlare del cercare il suo aiuto. Questo era un piano che era sicuro che Silente non avrebbe mai anticipato.
“C-che diavolo -” Black stava tremando ed era quasi incoerente. Piton usò un Incantesimo Incollante per assicurarlo alla branda – poteva essere disorientato, ma Black era ancora un mago potente anche senza la sua bacchetta – e forzò cioccolata e Pozione Pepata giù per la gola dell'uomo. Dopo un lasso di tempo sorprendentemente breve, poté rilevare il ritorno della sanità negli occhi di Black.
“Sei venuto a gongolare, Mocciosus?” ringhiò Black; poi guaì quando un Incantesimo Pungente lo prese nel petto.
“Bada a quel che dici, Black,” strascicò Piton, pigramente. “Potresti aver notato una distinta mancanza di altri Malandrini dietro ai quali nascondersi.”
“Bast – ow!” Il secondo Incantesimo fece ancora più male del primo, e Sirius si interruppe con un'occhiataccia.
“Accidenti, sono sorpreso,” disse Piton, il tono derisorio. “Sono occorsi solo due incantesimi per insegnarti a tenere a posto la lingua? Il tuo quoziente intellettivo deve essersi alzato notevolmente negli ultimi dieci anni. Azkaban ti ha veramente giovato.”
“Cosa vuoi?” sputò Sirius.
Piton fece roteare oziosamente la bacchetta. “Hmmm. Così tante possibilità. Ripagarti per tutte le tue gentili attenzioni durante i nostri giorni di scuola, forse?” Sorrise malignamente quando Black impallidì a quelle parole. “Vedo che i Dissennatori non ti hanno strappato tutti i ricordi. Riesci a pensare a qualcosa che potrei fare?”
“Avanti – fai i tuoi sporchi trucchi, maledetto Mangiamorte!”
“Il bue che dà del cornuto all'asino, Black!” sbottò Piton, prima di fare una smorfia davanti all'esclamazione colloquiale.1 “Sei stato tu ad aver tradito il tuo migliore amico e ucciso una dozzina di Babbani nel farlo. Avresti reso Voldemort molto orgoglioso, se fosse stato ancora in giro per apprezzarlo!”
“Cosa?” Sirius scosse la testa, la confusione che gli annebbiava ancora una volta gli occhi.
Piton ringhiò frustrato e cacciò altra cioccolata giù per la gola dell'uomo. Quando Black sembrò essersi ripreso, ricominciò. “Black, se dovessi torturare una famiglia di Babbani, come procederesti?”
Black lo fissò per un attimo, prima di sputargli direttamente in faccia. Piton balzò indietro, sollevando la bacchetta.
“Fallo! Uccidimi! Maledicimi!” urlò Black, il viso distorto dalla rabbia. “Ma non aspettarti che ti aiuti a ferire degli innocenti, tu, bastardo Serpeverde!”
Piton pulì con un Gratta e netta lo sputo dal proprio viso; ma le strane parole del Grifondoro lo trattennero dalla rappresaglia immediata che voleva lanciare. “Senti rimorso per tutti i Babbani che hai ucciso?” lo provocò. “Non è un po' tardi per recitare il ruolo del nobile eroe?”
Black lo fissò. “Pensavo di essere io il pazzo, Mocciosus. Di cosa stai parlando?”
“Cerchi di fingere che si sia trattato solo di un brutto sogno, Black? Minus, i Babbani, i Potter – tu li hai uccisi tutti. Negalo, se ci riesci!”
Sirius scosse la testa come se stesse cercando di schiarirsi le idee. “Cosa? No – Voldemort ha ucciso James e Lily.”
Piton cercò di nascondere il sussulto causatogli dal nome del Signore Oscuro. “Dopo che tu li hai traditi rivelando il loro nascondiglio. E poi, quando quel povero idiota di Minus ha cercato di catturarti, l'hai ucciso e hai fatto saltare nel mezzo un quartiere pieno di Babbani!”
“Questo – questo non è vero,” protestò Sirius, gli occhi che si focalizzavano su qualcosa dentro di lui mentre cercava di dragare tra i ricordi. Una prolungata esposizione ai Dissennatori aveva un effetto nocivo sui processi razionali di pensiero. “Minus – Peter era il traditore. Ho provato a catturarlo. E' stato lui a causare l'esplosione, ad uccidere tutti... E poi mi sono svegliato qui...” Guardò verso Piton. “Che cosa fai adesso, Mocciosus? Sei il Ministro della Magia? O Malfoy ha sgraffignato il posto per sé dopo che Voldemort è scomparso? Passi tutto il giorno a gongolare sulle tue gloriose vittorie?”
Piton aggrottò la fronte. “Quali vittorie?”
“Quelle che hanno permesso ai sostenitori di Voldemort di ottenere il controllo anche dopo che il bastardo era morto,” ringhiò Sirius. “Sei orgoglioso di te, untuoso bastardo?” Sbatté le palpebre e fissò nuovamente Piton. “Ehi – cos'è successo ai tuoi capelli?”
“Caramell è Ministro, Silente guida ancora il Wizengamot, e i sostenitori del Signore Oscuro sono stati catturati e imprigionati dopo la Sua caduta,” Piton spiegò a Black, ignorando la domanda riguardante i suoi capelli. “Perché pensi che Malfoy e i Mangiamorte abbiano vinto?”
Gli occhi di Sirius si fecero ancora più confusi. “Ma – ma se non hanno vinto, se Silente è ancora vivo, allora perché sono qui?” La sua espressione si fece ancora più sconvolta. “Oh, Merlino - cos'è successo ad Harry? Se i Mangiamorte non hanno preso il potere e l'hanno ucciso...”
Fu l'ultima goccia. Piton ne aveva avuto abbastanza di questa conversazione a doppio senso. Da una parte sospettava che Black fosse semplicemente pazzo, ma... doveva esserne sicuro. Alzando la bacchetta, sbottò: “Legilimens!” Ed un attimo dopo era nella mente di Black.
Emotioni, immagini e suoni gli sfrecciarono oltre in una massa indistinta, tale da dare le vertigini – aveva sempre saputo che Black era un caotico disastro emotivo, ed Azkaban non l'aveva aiutato in quel senso – ma definitivamente non era pazzo. Ancora.
Piton ricucì insieme abbastanza frammenti e brandelli di ricordi da uscirne fuori sgomento. Anche il suo persistente odio verso l'uomo non poté sopprimere i sentimenti di orrore e pietà di fronte alla realizzazione di cosa era accaduto. Si tirò fuori e fissò il prigioniero, inorridito.
Black lo credeva – credeva di essere ad Azkaban perché il Signore Oscuro aveva vinto, che Minus avesse tradito James e Lily, che nel caos che ne era seguito Harry e i rimanenti membri dell'Ordine della Fenice fossero stati uccisi e la guerra persa.
“Dimostralo,” Piton si sforzò di impedire alla propria voce di tremare. “Dimostra che quel che stai pensando è vero.”
Sirius strizzò gli occhi, guardandolo, la testa che gli pulsava per il dolore causato dall'assalto mentale di Piton. “Fottiti. Non prendo ordini da bastardi Mangiamorte.”
Piton ignorò le parole di Black: rimosse l'incantesimo che lo bloccava al letto, ma tenne l'altro uomo sotto mira con la bacchetta. “I tuoi ricordi mostrano che tutti voi avevate forme da Animaghi. Dimostra che non è solo il delirare di una mente spezzata.”
Sirius si alzò faticosamente in piedi. “Bene. Qualunque cosa ti renda felice, tu, Serpeverde di mer-” Prima di poter terminare la parola, un grande, scheletrico cane nero apparve lì dove il magro uomo era stato.
Solo l'autocontrollo d'acciaio di Piton gli permise di restare in piedi. Era vero, allora. Minus era stato il Custode Segreto ed aveva tradito gli altri Malandrini. Era a causa sua che James e Lily erano morti e Sirius era stato incastrato per un crimine che non aveva commesso. Ma perché Silente non aveva... Piton si costrinse ad evitare quella linea di pensiero. Non era una domanda alla quale avrebbe potuto rispondere lì ed ora, ed in effetti non era sicuro di voler conoscere la risposta. O il Preside era molto più incline a sbagliare di quanto chiunque pensasse, o era un manipolatore molto più spietato di quanto chiunque temesse. Nessuna delle due opzioni gli era particolarmente gradita, e Piton non poteva permettersi di lasciarsi distrarre proprio ora.
Sirius ritornò alla sua forma umana. “Ebbene? Soddisfatto, Mangiamorte?” chiese sarcastico, rimettendosi seduto sulla branda. Apparentemente spendere del tempo in forma animale era piuttosto riposante: sembrava stare meglio, più stabile, di quanto non fosse stato prima.
“Mangia questa,” ordinò Piton, passandogli altra cioccolata. “Ne avrai bisogno.”
“Perciò, perché sei qui?” chiese Black. “Se la tua parte è stata sconfitta, come mai non sei nella cella accanto?”
“Io ero la spia di Silente, idiota,” sbottò Piton. “Come pensi che sapesse che il Signore Oscuro stava cercando Lily e James?” Black sbatté le palpebre. “Dopo la guerra, Silente parlò per mio conto e mi riprese ad Hogwarts. Sono Capo della Casa di Serpeverde e il professore di Pozioni.”
“Oh, Merlino,” esalò Black. “Silente ti ha scatenato su quei poveri bambini indifesi?”
Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Fa' silenzio, bastardo.”
“Ed Harry? Cosa gli è successo? Senza James e Lily, e con me rinchiuso qui -”
“Silente l'ha lasciato con la sorella di Lily.”
Sirius impallidì. “Non Petunia! Lei è -”
“Sì. E suo marito è peggio.” Piton lo squadrò malamente. “Ed io che pensavo che potessi veramente dimostrarti utile, per una volta nella tua superflua vita.”
“Di che cosa stai parlando?”
Piton agitò una mano, frustrato. “Stavo sperando che potessi avere qualche idea innovativa sul come farla pagare ai Dursley per aver reso l'infanzia di Harry miserabile; ma questo era quando credevo che tu fossi segretamente un Mangiamorte. Ovviamente, invece, sei inutile come sempre,” concluse, sentendosi decisamente depresso. Tutto quel che era riuscito a fare era stato provare l'innocenza di quella che era stata la sua nemesi da ragazzo e farsi venire alcuni dubbi molto preoccupanti riguardo al comportamento del suo mentore. Che schifo di notte.
“Non agitarti, Mocciosus,” rimbeccò Black. “Posso non essere un assassino, ma sono ancora un Malandrino. Certo che potrei avere delle buone idee.” Poi, sembrò realizzare finalmente tutte le parole di Piton. “Aspetta. Cosa intendi dire, che hanno reso Harry infelice?”
Piton scrollò le spalle e spiegò in tono causale. “Oh, ti interessa? Be', vediamo. L'hanno costretto a vivere in un ripostiglio, l'hanno a malapena nutrito e l'hanno usato come un elfo domestico mentre viziavano il loro piccolo orrore di figlio. Oh, e lo picchiavano su una base regolare. E' arrivato ad Hogwarts con troppi segni di cinghiate per riuscire a sedersi normalmente.”
Lo sguardo negli occhi di Black spinse Piton ad arretrare di un passo e ad alzare la bacchetta. Fu solo quando realizzò che la rabbia dell'altro uomo non era diretta a lui che sentì il proprio battito cardiaco cominciare a rallentare.
“Hanno fatto questo al mio figlioccio?” La voce di Black era un basso ringhio.
“Invero.”
“Ed Albus gliela sta facendo pagare?”
Piton alzò gli occhi al cielo. E poi dicevano che erano i Tassorosso quelli leali. “Albus, l'uomo che non ha fatto nulla per liberarti dalla tua incarcerazione ingiusta, ha lasciato sia la punizione dei Dursley che Harry nelle mie mani.”
Black si alzò dal letto in un balzo e Piton riuscì a malapena a sollevare la bacchetta in tempo. Respinse Black ancora sulla branda e lo incollò nuovamente lì. “Tu, bastardo. Devi esserne deliziato – ora puoi vendicarti di tutti noi prendendotela con Harry. Albus deve essere fottutamente pazzo.”
“Calmati, bastardino!” sbottò Piton. “Ti ricordo che non ero io il bullo durante gli anni a scuola, non ero io a prendermela con i compagni di classe quando avevo un vantaggio di quattro ad uno. Il ragazzo non riceverà alcun danno per mano mia, sebbene io non possa dire lo stessa cosa dei suoi parenti.”
Black ansimò; ma non aveva forza per sostenere la propria rabbia, e la furia che l'aveva sopraffatto veniva meno rapidamente. “Non farai male ad Harry? Lo giuri?” suonava quasi supplichevole.
“Certo, sì,” disse Piton seccato, ricacciando indietro un senso di pietà inaspettata verso l'altro. “E' un orribile, piccolo moccioso bisognoso, ma è troppo spaventato dalla propria stessa ombra – grazie a quei disgustosi Babbani – per ricordarmi di te o di James.” Be', non dopo quella prima notte... pensò a disagio.
Black lo fissò per un altro istante, come per stabilire se poteva credergli o meno, prima di abbassare lo sguardo verso il pavimento. Ci fu un lungo silenzio, poi: “Ti chiedo scusa.”
Piton nascose il proprio choc e riuscì anche a tirar fuori un gesto vago della mano. “Cos'è un insulto di più da parte tua, Black? Lo noto a malapena, ormai.”
“No, intendevo dire che mi scuso per quello che ti abbiamo fatto a scuola.” Ora Piton era davvero senza parole. Black tenne gli occhi sul pavimento, ma continuò a parlare. “Noi – James e Remus ed io – be', soprattutto James ed io – eravamo imbecilli. E più io che James, specialmente una volta che ha cominciato ad uscire con Lily e lei ha insistito che ti lasciassimo in pace. Noi – io – ti ho trattato di merda, e mi dispiace. In questi ultimi dieci anni ho imparato come si sente ad essere intrappolati e tormentati. Non ti avremmo mai dovuto trattare così. Ho solo pensato che, considerando quanto orribili siamo stati, te la saresti presa con Harry. Mi scuso anche per aver pensato questo.”
“C-cosa vuoi, Black?” Severus riuscì a trovare la voce.
Black si esibì in un sorriso vero, malgrado fosse solo un'ombra del suo antico, ampio sorriso sfacciato. “Sempre un Serpeverde, eh? Be', non direi di no ad un altro po' di quella cioccolata, ma non stavo scusandomi solo per farmi bello con te, Moccios- er, Piton. Mi sembrava semplicemente il minimo che potessi fare, considerando che ti stai prendendo cura del mio figlioccio dopo che il resto di noi ha fatto un casino. Non c'è molto altro che possa fare per te, da qui.”
“No,” assentì Piton acidamente, riguadagnando la propria compostezza. “Che sorpresa.”
“Non ti lagnare, Piton,” ribatté Black. “Giurerei che sei dispiaciuto che io non sia un Mangiamorte. E cosa avevi progettato per i parenti di Harry, comunque?”
Piton fece mentalmente spallucce e condivise i propri piani, enfatizzando le difficoltà che l'inutilità di Black gli avrebbe creato, ora. Forse faccio ancora in tempo a prendere Bellatrix...
Sirius lo fissò con un misto di esasperazione e cauta speranza. “Piton, maledetto idiota, posso non essere stato uno dei piccoli leccapiedi di Voldemort, ma hai dimenticato chi ha reso la tua vita un inferno in terra per tutti quegli anni? Fammi uscire di qui e farò diventare pazzi i Dursley entro la fine dell'anno. Li farò pagare per aver ferito Harry.”
Severus considerò l'offerta. Non c'erano dubbi che Black potesse essere un implacabile – ed anche troppo fantasioso – avversario. Una volta provvisto di una nuova bacchetta sarebbe stato in grado di torturare i Dursley con tutto, dalle bolle alle infestazioni di termiti, e mentre la sua fuga avrebbe indubbiamente scatenato una massiccia caccia all'uomo, nessuno avrebbe mai presunto che Piton avesse niente a che fare con essa. Piton riconobbe, riluttante, che, se gestita propriamente, la fuga di Black avrebbe anche aiutato a sollevare certi dubbi riguardo al suo imprigionamento – ad esempio, perché non avesse mai ottenuto un processo, perché il Veritaserum non fosse stato usato, e via discorrendo. Mentre l'ultima cosa che voleva era il ritorno di Sirius Black nella sua vita – per non parlare del fatto che il lupo mannaro non si sarebbe fatto attendere, una volta che Black fosse stato liberato – negli anni a venire Harry avrebbe avuto bisogno di tutti i protettori che poteva avere. E se Silente stava giocando a qualche sorta di gioco segreto, allora avere degli alleati al di fuori di Hogwarts avrebbe potuto essere più che utile – avrebbe potuto rivelarsi una disperata necessità.
“Oh, d'accordo,” grugnì Piton alla fine. “Sei sicuro che nessuno sappia che sei un Animagus?”
“Non so se Peter l'abbia detto a qualcuno, ma presumo che Remus non abbia detto una parola, o avrebbero messo delle barriere anti-Trasfigurazione qui per tutto questo tempo. Essere in grado di spendere gran parte del mio tempo come un cane è stata la sola cosa che mi ha tenuto sano.” Black ignorò il sorrisetto di Piton. “So che Silente e la McGranitt non l'hanno mai scoperto, o avrebbero insistito che ci registrassimo.”
“Hmf.” Piton lanciò a Black un'ultima occhiata minacciosa. “Prova a fare qualunque cosa e ti trasformerò in un tappeto, randagio infestato di pulci.” Eliminò l'incantesimo che incollava l'uomo alla branda, poi Evocò al suo posto sul letto un simulacro. “Non durerà più che pochi giorni, ma suppongo che tu non abbia molta compagnia che potrebbe notare la differenza,” disse, tagliente.
“Non c'è da preoccuparsi. Mi vuoi in forma di cane?”
“Se sei addomesticato.”
Il grosso cane nero si sedette e offrì educatamente una zampa.
“Non ci pensare neanche,” gli disse Piton freddamente, prima di lanciare un incantesimo d'invisibilità sull'animale. “Resta vicino a me. Se rimani indietro, non tornerò a prenderti.” Sentì il grosso animale premerglisi contro le gambe e alzò gli occhi al cielo. Sperava veramente che l'uso della definizione “infestato di zecche” non si sarebbe provato vero alla lettera.

Una volta che furono tornati al sicuro sulla terraferma, Piton porse la seconda pozione all'utile e disonesta guardia carceraria e si diresse verso il Surrey con un Black ancora invisibile al suo fianco. Si Smaterializzarono alla casa dei Dursley e Piton aggiornò Sirius sulla famiglia. Finì di parlare, poi gettò un'occhiata malevola al cane ora visibile. “Non sei nelle condizioni di intraprendere una campagna del terrore,” annunciò disgustato. “Sei emaciato e hai il pelo infeltrito. I vicini ti daranno un'occhiata e chiameranno il canile. Faremo meglio a portarti da qualche parte così che tu possa rimetterti un po', prima. Poi sarai in grado di farti passare come un cane domestico.”
Sirius si trasformò ancora. “Non ho precisamente un posto dove stare,” obiettò stancamente. Era ovvio che era prossimo al collasso; gli anni ad Azkaban avevano esatto il loro prezzo. “Ed entro poche ore – pochi giorni, al massimo – realizzeranno che me ne sono andato e attaccheranno la mia foto in tutto il paese, sia nelle zone di Babbani che in quelle di Maghi. Non posso semplicemente entrare in un hotel e sperare che nessuno noti che sono i vicini di stanza di un assassino in fuga.”
“Ci avevo già pensato, idiota.”
“Allora qual è il tuo brillante piano? Non ho l'energia per mantenere un'illusione sul mio viso,” sbottò Black, malgrado fosse chiaro che feriva il suo orgoglio dover ammettere una simile debolezza. “So che sei il professore di Pozioni, ma puoi davvero farmi abbastanza Polisucco da mantenere un travestimento per settimane e settimane?”
“No.” Piton fissò cupamente l'altro uomo. Perché lui? Perché sempre lui? “Vieni.”
“Dove stiamo andando?” Prevedibilmente, l'idiota Grifondoro arretrò.
Piton gli puntò contro la bacchetta minacciosamente. “Tu andrai ovunque lo dirò io; altrimenti sarò felice di colpirti con uno Stupeficium e trascinarti lì.”
“Vedo che il tuo temperamento non è migliorato con l'età,” bofonchiò Black in tono ribelle, mentre prendeva il braccio di Piton per la Smaterializzazione.

“Eccoci.” Piton si scrollò di dosso la mano del Grifondoro non appena poté. “Questa è una delle case della famiglia di mia madre. E' Indisegnabile e io sono il Custode Segreto: perciò, a meno che tu non mi irriti, dovresti essere al sicuro. Ignorando il brontolio dell'altro (“Sono condannato!”), Piton continuò. Ci sono due elfi domestici che si occuperanno di te. Non lasciare la proprietà – ci sono libri per occupar il tuo tempo ed anche alcune vecchie scope là fuori. Se cadi e ti uccidi, sii gentile e fallo da qualche parte dove il tuo cadavere non rovinerà il paesaggio. Alcune stanze sono protette da barriere. Entraci e ti ucciderò io, se le barriere non lo fanno." Piton lanciò un'occhiataccia al suo molto sgradito ospite. Questo sarebbe stato duro da dire, ma la sola alternativa era anche peggio. “Dal momento che ho cose migliori da fare che farti da infermiere finché non torni in salute, così che tu possa mantenere la tua parte del patto riguardo ai Dursley, posso...” si costrinse a pronunciare le parole, “... andare avanti e contattare il lupo mannaro, se vuoi.”
Gli occhi di Black si spalancarono. “Contatteresti Remus per me?”
“No, stavo progettando di mandare Fenrir Greyback. Certo che sto parlando di Lupin, decerebrato! Pensi che crederà alla tua storia o cercherà di ingraziarsi il Ministero denunciandoti?”
Black si rimangiò un'iniziale risposta arrabbiata e ci rifletté sopra veramente per un momento. “Penso che vorrà vedermi, specialmente se gli dirai che mi credi. Puoi correre il rischio.”
Piton scrollò le spalle. “Sei tu ad essere a rischio. Se ti catturano prima che il tuo nome sia stato ripulito, sarai condannato sicuramente al Bacio. Ti fidi ancora del lupo mannaro?”
Black gli lanciò un'occhiataccia. “Sì. A differenza tua, io ho amici dei quali mi fido.”
“Mmm. Come Peter Minus.” Piton fu piuttosto sorpreso quando Black non cercò di prenderlo a pugni per quell'osservazione. Ovviamente l'uomo era anche più debole di quanto apparisse.
“Vieni.” Presentò Black agli elfi domestici, si assicurò che fosse sistemato ragionevolmente bene e partì per Hogwarts. Mentre non aveva dubbi sull'abilità di Black di vendicarsi dei Durlsey, era più che un po' irritato con sé stesso per aver davvero aiutato l'uomo. Prima il moccioso Potter, poi Black, ed ora stava per contattare il lupo mannaro! Cosa gli stava succedendo? Ci mancava solo che desse qualche buffetto di supporto a Paciock sulla testa ed aiutasse Hagrid ad imboccare i Kneazle orfani! Questa era chiaramente tutta colpa del moccioso. Anche chiuso al sicuro alla Tana Potter gli stava ancora causando un'infinità di problemi.
Piton fece ritorno nelle sue stanze e controllò l'orario. Le tre e mezza. Sorrise tra sé e sé. Almeno avrebbe avuto il piacere di svegliare il lupo mannaro. Dopo essersi assicurato che mancassero effettivamente due settimane alla luna piena, Piton entrò un'altra volta nel camino.
Aveva stabilito di tracciare la locazione del lupo mannaro sin da quando Silente aveva per la prima volta vagheggiato l'ipotesi di assumerlo per la posizione di professore di Difesa contro le Arti Oscure, l'ennesima prova della crescente pazzia del Preside. Avere un lupo mannaro che si aggirasse attorno agli studenti – oh, questa era un'idea brillante. Certe volte Piton si stupiva che Silente non fosse ancora stato assaltato da una mobilitazione di genitori irati per le assunzioni nel corpo insegnante. Senza contare gli alti e bassi del passato dello stesso Piton, c'erano il gigante in disgrazia, la Veggente incompetente, l'attuale istruttore pieno di tic di Difesa contro le Arti Oscure... Effettivamente, un lupo mannaro ci sarebbe entrato perfettamente.
Tuttavia, finora era riuscito a dissuadere Silente ogni volta che l'idea di assumere Lupin era saltata fuori, anche se si chiedeva quanto ancora a lungo i suoi attacchi urlanti di collera e le minacce di dimissioni avrebbero funzionato. Il vecchio sapeva essere fastidiosamente persistente quando decideva di esserlo.
Risultò utile che Lupin gli avesse dato il codice per l'accesso al suo camino dopo che Piton aveva accettato di malavoglia, e dopo molte pressioni da parte di Silente, di provvedergli la dose mensile di pozione Antilupo. Sapere che il lupo mannaro non l'avrebbe morso per errore non era di molto conforto a Piton, che l'aveva detto ripetutamente ad Albus. Come sempre, il Preside aveva meramente sorriso e annuito. D'altra parte rendeva l'irrompere nelle stanze di Lupin nelle prime ore del mattino piuttosto semplice.
“Alzati!” ringhiò Piton, calciando il letto. Per suo disappunto – anche se non per sua sorpresa – Lupin era solo.
“Huh? Che c'è? Chi è lì?” Lupin si agitò, aggrovigliato nelle coperte.
Aguamenti!” Lupin si liberò delle coperte appena in tempo per permettere al getto d'acqua fredda di Piton di prenderlo in faccia.
Mentre il lupo mannaro tossiva e sputacchiava, Piton ghignò. “Oh, cielo. Perdonami, Lupin. Pensavo che avessi bisogno di aiuto per svegliarti.”
“Severus? Che ci fai qui?” Remus si asciugò l'acqua dagli occhi e aggrottò la fronte verso Piton, preoccupato. “Ti ha mandato Albus? C'è qualcosa che non va?”
Piton gli rivolse un'occhiataccia. Il lupo mannaro non era divertente. Black avrebbe imprecato furiosamente e l'avrebbe maledetto, ma Remus ignorava semplicemente i dispetti e gli insulti. “Dipende se pensi che imprigionare erroneamente qualcuno ad Azkaban per dieci anni costituisca 'qualcosa che non va.”
Remus si irrigidì. “Sirius. Stai parlando di Sirius.”
“No, Lupin. Sto parlando di Bellatrix LeStrange. Certo che sto parlando di Black, cretino. Perché non hai detto alle autorità che era un Animagus?”
Lupin inghiottì a fatica. “Come l'hai scoperto?”
Piton si limitò a rivolgergli un sorrisetto.
“E' -è ferito? Ha provato a scappare ed è stato catturato di nuovo? Cos'è successo? E'...” la voce di Lupin si spense.
“Morto?” Offrì Piton volenterosamente.
Gli occhi d'ambra di Lupin si spalancarono per l'orrore e, per un momento, Piton fu certo d'aver visto uno scintillio giallo apparire in essi. Improvvisamente prendere in giro un lupo mannaro non sembrava più una grande idea.
“No, no, non è morto,” disse in fretta. “Calmati, lupo! Era perfettamente in salute, l'ultima volta che ho controllato. Che differenza fa per te, comunque? Non ha ucciso i tuoi migliori amici?”
Lupin affondò la testa tra le mani, dimentico delle lenzuola zuppe che erano ancora drappeggiate attorno a lui. “Lo so, lo so. Continuo a ripetermelo, ma non riesco a smettere di preoccuparmi per lui. E' solo così difficile da credere...”
“Eppure l'hai fatto.”
Lupin alzò la testa. “Che intendi, Severus? Ho fatto cosa?”
“Hai creduto alla storia – che lui aveva tradito i Potter, ucciso Minus e tutti quei Babbani?”
“Be', l'evidenza era così schiacciante...” Ancora una volta, Lupin lasciò sfumare la frase.
“Quale evidenza?” chiese Piton.
“Cosa?”
“Be', io non ho bisogno dell'evidenza per credere il peggio di Black, ma cosa è servito a convincere te del tradimento del tuo migliore amico?”
Il lupo mannaro si sedette più diritto. “Severus, di cosa stai parlando? Era su tutti i giornali – il Ministero e gli Auror hanno spiegato cos'era accaduto. Silente e il resto dell'Ordine non hanno alzato un dito per aiutarlo. Che cos'altro dovevo credere? E perché tirare fuori vecchie storie ora, comunque?”
“Perché sembra che il bastardo non l'abbia fatto,” disse Piton, irritato.
Lupin lo fissò, un'incredula speranza che s'accendeva sul suo viso. “Davvero? Sei sicuro? Silente ha trovato le prove che lo discolpano?”
Piton serrò i denti. Tutta quella cieca devozione verso il Preside stava diventando fastidiosa. “C'è Silente qui?” domandò seccato. “No. Io sono qui. Io sono quello che sta aiutando a provare la sua innocenza. Sei interessato, o preferisci chiamare gli Auror?”
“Se Sirius non l'ha fatto, allora...” Lupin si interruppe. “Sono interessato. Dimmi come posso aiutare.”
Piton l'adocchiò. Si fidava del lupo mannaro? Era vero che, se fossero stati catturati, Black avrebbe ricevuto il Bacio, ma Piton sarebbe probabilmente finito a sua volta ad Azkaban. Anche lui aveva molto da perdere se il lupo mannaro li tradiva... Ma era difficile immaginare un lupo mannaro, anche uno rispettoso della legge fino alla nausea come Lupin, che tradiva un membro del branco, presente o passato.
“Ti porterò da lui e potrete sistemare le cose. Avrà bisogno di vestiti, una nuova bacchetta, e probabilmente un po' d'aiuto per riprendersi dopo aver passato tanto tempo ad Azkaban. Quando scopriranno che è scappato, verranno probabilmente a cercarti.”
Remus gettò un'afflitta occhiata circolare attorno al suo piccolo letto. “Non c'è niente che mi mancherà, qui. Portami da Sirius – due possono sopravvivere in fuga quanto uno.”
“Non quando uno è un lupo mannaro che ha bisogno di una provvista regolare di pozione Antilupo,” ringhiò Piton. Idiota Grifondoro! “Ti do tre giorni per uscirtene fuori con una scusa plausibile che ti porti sul continente. Per allora avranno scoperto che Black è fuggito e ti avranno interrogato. Dopodiché, mettiti in viaggio. Raggiungi il Continente e compra una bacchetta in più. Mandami un gufo con il tuo indirizzo e ti incontrerò lì, poi ti porterò da Black. Hai capito tutto o devo ripetermi finché il tuo cervello sottosviluppato non ce la fa?”
Remus sorrise, come al solito ignorando gli insulti. “Grazie, Severus. Sei molto gentile.”
Piton sbuffò per il disgusto e girò i tacchi. Stupido lupo mannaro.

Al sicuro nelle sue stanze, quasi un'ora prima del sorgere del sole, Piton riesaminò la sua nottata mentre si arrampicava sul letto. Giacque contro i cuscini e aggiunse una spunta mentale accanto ad ogni incombenza. Incontrarsi con criminali Babbani? Fatto. Organizzare un'iniziale vendetta verso i Dursley? Fatto. Osservare il resto della serata scivolare verso la follia? Fatto.
Sì, aveva ottenuto delle scuse sorprendentemente coerenti da Black, tra tutti – stanotte dovevano pattinare sul ghiaccio, all'Inferno – ma questo non cancellava il fatto che non solo aveva sottratto quel grandissimo fesso alla più temuta prigione Magica al mondo, ma l'aveva anche piazzato nella sua stessa casa di famiglia? Cosa sarebbe venuto dopo? Avrebbe preso nuovamente esempio da Molly Weasley e avrebbe sferruzzato a Black un maglione per Natale?
E poi fare qualcosa di gentile anche per Lupin? Avrebbe dovuto semplicemente lasciare che lo stupido Grifondoro andasse dritto da Black come aveva voluto fare: dopodiché i due avrebbero indubbiamente deciso che dovevano controllare come stava Harry e sarebbero corsi dritti tra le braccia degli Auror. Black avrebbe ricevuto il Bacio, il lupo mannaro sarebbe stato decapitato... E, anche meglio, se avessero dichiarato che Piton li aveva aiutati, nessuno avrebbe creduto loro. Avrebbero creduto piuttosto in un Malfoy sotto Polisucco piuttosto che in un Piton genuino – sarebbe stato un piano talmente perfetto, Serpeverde, si dolse lui. Ma no, solo perché Black e Lupin potevano essere forti alleati per Harry negli anni a venire, aveva dovuto aiutarli.
Le cose che faceva per quel piccolo mostro – ed era probabile che il ragazzo gli sarebbe stato grato? Ah! Una volta che il nome di Sirius fosse stato ripulito e lui avesse potuto incontrare Harry, non sarebbe risultato essere nulla se non un compagno di giochi troppo cresciuto. Harry l'avrebbe adorato e Black si sarebbe indubbiamente dimostrato un tutore assolutamente inutile. Disciplina? Non era neanche in grado di sillabare la parola, per non parlare dell'istillarne un po' nel ragazzo. Piton alzò gli occhi al cielo. Oh, sì, gli sarebbe piaciuto vedere Black cercare di spingere Harry a mangiare le sue verdure. Quello non avrebbe riconosciuto un cavoletto di Bruxelles neanche se ci fosse inciampato sopra.
Be', se quell'idiota di un bastardo – o il suo lupo mannaro addomesticato – pensavano di poter arrivare a passo di danza ed ottenere la custodia di Harry, avrebbero fatto meglio a ripensarci! Lui aveva speso troppo tempo e troppi sforzi per quel disgustoso moccioso solo per lasciare che questi due scendessero in picchiata e si prendessero tutto il merito. Sbuffò tra sé e sé. Tipici Grifondoro – correvano attorno senza un pensiero nelle loro teste e si aspettavano che qualcun altro raccogliesse i pezzi. Be', avrebbe istillato qualche tratto Serpeverde in Harry fosse stata l'ultima cosa che faceva. Piton non aveva intenzione di permettere che il Signore Oscuro risorgesse e riducesse in schiavitù il mondo solo perché Black non avrebbe pensato ad assicurarsi che il ragazzo fosse sufficientemente riposato per le sue lezioni di Difesa contro le Arti Oscure.
No, certo che no. Piton non avrebbe permesso che il Salvatore del Mondo Magico fosse affidato alle cure di un idiota che anche al suo Settimo Anno si dimenticava abitualmente di allacciarsi le scarpe. Black poteva essere stato un rubacuori, ma era anche uno stupido irriflessivo il senso di responsabilità del quale non era andato oltre al ricordarsi di non lasciar cadere il piccolo Harry sulla testa. A cosa stavano pensando Lily e James quando avevano affidato il loro indifeso figlio neonato a un tale immaturo ottuso? Bastava guardare cos'aveva fatto quand'erano stati uccisi. Aveva preso immediatamente in custodia il loro orfano? No, aveva lasciato il bambino ad Hagrid (!) e a Silente ed era corso via per cercare Minus – senza, badate bene, preoccuparsi di dire a chiunque altro che Minus era il Custode Segreto ed un Animagus ratto. Davvero, rendeva difficile dispiacersi per la sua incarcerazione. Forse l'idiozia avrebbe dovuto essere un'offesa legalmente perseguibile.
Comunque, a prescindere dai desideri vecchi di dieci anni del Potter padre, Piton non aveva assolutamente alcuna intenzione di lasciare Harry ad un imbecille sconsiderato, il cui cervello a malapena adeguato era stato fatto ulteriormente marcire dagli anni trascorsi ad Azkaban. Borbottò tra sé e sé. Era una cosa precisamente da Grifondoro presumere che crescere un bambino fosse tutto divertimenti e giochi. Un bambino fragile come Harry, con una storia di abusi, sarebbe durato meno di trenta secondi sotto la turbolenta supervisione di Black.
Piton borbottò ancora e rotolò su un fianco. Il maledetto moccioso, che chiedeva ancora più del suo tempo e della sua attenzione. Come se lui non avesse avuto di meglio da fare. Come se lui volesse occuparsi di un tale, fastidioso demonietto. Come se avesse veramente potuto essere affezionato alla creatura. Come se gli fosse importato se era felice, o se aveva abbastanza da mangiare, o se gli piaceva la sua nuova stanza... Piton scivolò nel sonno, il suo ultimo pensiero il ricordo dell'espressione di Harry mentre toccava amorevolmente la sua nuova scopa.



Note alla traduzione:
(1): "Let's not play the pot and the kettle, Black!" Snape snapped back, then grimaced at his involuntary pun.
Letteralmente, "Non giochiamo alla teiera e al bollitore, Black!" sbottò Piton, prima di fare una smorfia davanti all'involontario gioco di parole. (Modificato per: Volpotta si aggiudica infinite dosi d'amore per avermi illustrato il corretto riferimento. Il modo di dire è the pot calling the kettle black, ossia la teiera che accusa il bollitore di essere nero - chiunque beva té sa che genere di macchie la bevanda in questione lasci praticamente su tutto... tutto, tutto, tutto. Ho modificato la traduzione inserendo l'equivalente modo di dire italiano che mi ha suggerito... non rende comunque il gioco di parole, ma amen. @_@ Non tutto si può tradurre. Le mie orecchie sono comunque sempre spalancate - e mille, mille, mille grazie anche a HCSLSKHMAYSBDD che aveva già tentato un suggerimento.)

A molte delle domande poste nello scorso capitolo sarà stata data (penso! x°D) risposta in questo.
Se ad una prima lettura della storia mi ero fatta venire dei dubbi sull'IC della scelta di Severus, una seconda lettura ed una riconsiderazione sul genere della storia nel suo complesso mi hanno fatto cambiare idea; per quanto riguarda Sirius, credo che due anni di meno ad Azkaban, una fuga aiutata (e non una fuga disperata e mesi passati a nutrirsi di sorci) e il non essere rinchiuso nell'odiata casa dei suoi avi possano aiutarlo ad avere un miglior carattere e maggior ragionevolezza.
E poi, cribbio, qualunque cosa pur di vedere Sirius e Remus in giro! *_*

Per rispondere invece alla domanda di Lizard: non credo di spoilerare particolarmente niente nel dire che sì, c'è una trama di base che è già iniziata, che si svilupperà maggiormente nei prossimi capitoli e che seguirà in buona parte gli eventi di alcuni tra i libri. Tutto quel che è valido di base in Harry Potter e i Doni della Morte, poi, sarà mantenuto. Infatti si può considerare una what if...? e non un'AU: l'autrice aveva sicuramente letto il settimo libro quando ha cominciato a scrivere questa storia, e lo si vede - ad esempio - dal rapporto descritto tra Severus e Lily.

Come sempre, ricordo che sono sposata alla mia beta.
Grazie a tutti voi che supportate questa traduzione.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***







Harry si affrettò giù per i gradini che portavano alla Sala Grande. Non aveva idea che esercitarsi con la magia gli avrebbe fatto venire un simile appetito, ma dopo aver trascorso le ultime due ore con il professor Vitious lavorando sul suo Incantesimo di Appello, Harry era affamato.
Quando era ritornato dalla notte trascorsa con i Weasley, quattro giorni prima, il professor Piton l'aveva accolto con un programma di lavoro riveduto e corretto. In aggiunta alle normali lezioni (e, ovviamente, al Quidditch), Harry ora aveva sessioni di studio individuale con il professor Vitious, la professoressa McGranitt e, ovvio, il professor Piton. Aveva sbattuto le palpebre quando il Professore gli aveva sbandierato il nuovo programma sotto al naso. “Ma come mai devo seguire delle lezioni in più?” aveva chiesto, curioso.
“Sciocco ragazzino!” l'aveva rimproverato Piton. “Devi lavorare per superare le falle nella tua istruzione. Quelle disgustose creature con le quali sei vissuto ti hanno mal preparato per una vita nel Mondo Magico. Così come prendi delle pozioni nutritive per superare la loro negligenza verso lo stato della tua salute, devi prendere parte a delle lezioni di recupero per superare la mancanza di attenzione prestata allo sviluppo delle tue abilità magiche.” Piton non vedeva perché avrebbe dovuto spiegare al moccioso che aveva reso molto chiaro agli altri professori che, lungi dal focalizzare gli studi sul materiale di recupero, si aspettava in effetti che facessero avanzare la conoscenza di Harry il più rapidamente possibile.
La sua visita ad Azkaban, con l'ascolto delle strida pazze di Bellatrix e degli urli e delle minacce di alcuni tra i suoi antichi compagni, avevano fatto realizzare a Piton pienamente la situazione di Harry, ed era stato come un pugno nello stomaco. Il ragazzo era praticamente un Babbano a tutti gli effetti, ed alcuni tra i più malvagi e folli maghi e streghe della Bretagna lo volevano morto. Se il Signore Oscuro fosse mai ritornato – o se gli infiniti sforzi di Lucius Malfoy per consolidare il proprio potere politico avessero avuto successo – Harry avrebbe avuto bisogno d'essere adeguatamente preparato a difendersi. Farlo sedere in classe, circondato da un branco di piccole teste vuote, cercando di far svolazzare una piuma, era un ridicolo spreco di tempo. Avrebbe dovuto essere fatto avanzare attraverso gli studi tanto rapidamente quanto la sua mente e la sua magia consentivano, non forzato ad aspettare pazientemente mentre idioti come Paciock cercavano di tenere il passo.
Se avesse pensato che Albus gliel'avrebbe lasciato fare, Piton avrebbe tolto Harry dalla scuola del tutto, favorendo un'educazione privata in una località Indisegnabile. Avendo realizzato che lo sfrenato sentimentalismo di Silente non avrebbe mai permesso ad Harry di perdersi le supposte gioie dei suoi giovanili giorni di scuola (non che Piton avesse mai trovato molto di cui godere nel suo tempo come uno studente di Hogwarts, oltre all'indiscutibile fatto che lo teneva lontano da casa) e che la McGranitt non avrebbe mai ceduto un Cercatore di talento per la sua casa, Piton aveva deciso che era meglio non intraprendere una battaglia che sapeva che avrebbe perso. Invece, si era assicurato che Harry avrebbe cominciato a ricevere un addestramento avanzato da quei professori dei quali Piton si fidava... per quanto lui si fidasse di qualcuno, certo.
Piton era più che pronto a fronteggiare il piccolo mostro, se questi avesse avuto intenzioene di piagnucolare per la perdita di tempo libero e l'impossibilità di stare seduto senza fare niente insieme a quegli altri idioti dalla zucca vuota. Forse qualche ora trascorsa in piedi in un angolo o a copiare pagine dal suo libro di Pozioni avrebbero persuaso il moccioso che le lezioni in più erano molto meglio dell'alternativa.
“Non tollererò alcuna lamentela riguardo alla tua mancanza di tempo libero, Potter,” proseguì Piton, la voce che si alzava. “Sei qui a scuola per imparare, a prescindere da cosa quegli imbecilli dei tuoi compagni possono pensare, e se tu -”
Harry aggrottò la fronte, confuso. “Non mi stavo lamentando, Professore,” protestò. “Semplicemente, non so... Erm – ecco, non posso...” Abbassò gli occhi, imbarazzato. Era umiliante!
Harry sapeva perfettamente di avere bisogno di lezioni in più; la sua visita alla Tana, dove la magia era usata in una maniera così casuale e inconsapevole per svolgere i quotidiani lavoretti domestici, gli aveva mostrato precisamente in quale mondo nuovo fosse entrato. Per quanto avesse apprezzato il suo tempo con i Weasley – dopo quell'inizio piuttosto sfortunato – gli aveva anche fatto realizzare pienamente quanto non sapeva riguardo alla società magica.
Ad Hogwarts gli studenti imparavano ad usare la propria magia, perciò era naturale che ci fosse magia in giro; ma, dal momento che la maggior parte degli studenti erano ancora relativamente poco abili con la propria magia, questa non era del tutto integrata nella vita dello studente. Harry e i suoi compagni svolgevano la maggior parte delle loro attività giornaliere in modi che non erano poi tanto differenti dalla vita babbana; ma alla Tana Harry aveva visto per la prima volta com'era vivere in una casa magica, tra streghe e maghi potenti e maturi.
Molly, Arthur, Bill e Charlie usavano la magia con la stessa facilità con la quale respiravano. Attiravano gli oggetti con un Accio piuttosto che camminare fino alla stanza accanto per recuperarli. Le pulizie di casa erano fatte con la magia, non con l'olio di gomito. I libri, le riviste e i giochi nella casa erano (malgrado la passione di Arthur per le cose Babbana) del tutto estranei ad Harry.
Perciò quando era tornato ad Hogwarts con la Metropolvere e il Professor Piton l'aveva informato di avere – con la sua tipica previdenza! – predisposto delle lezioni in più, la prima reazione di Harry era stata di sconfinato sollievo. Ma poi si era ricordato quanto fossero costose le lezioni speciali nella scuola Babbana – che si trattasse di preparazione in più in matematica o di seguire un corso su uno strumento musicale o della partecipazione ad una squadra sportiva. Anche se Harry stava ancora adattandosi al Mondo Magico, non riusciva a pensare ad alcuna ragione per la quale gli insegnanti Maghi avrebbero dovuto essere diversi dalle loro controparti Babbane e non voler essere pagati per il tempo e lo sforzo spesi in più.
Harry sapeva di avere molto da imparare sull'economia del suo nuovo mondo – oltre alla conoscenza basilare di quante falci vi fossero in un galeone – ma gli studi ad Hogwarts dovevano costare un sacco e, mentre non aveva avuto la possibilità di dare una buona occhiata intorno alla sua camera blindata quando Hagrid l'aveva portato alla Gringott, sapeva che il denaro che era lì, di qualunque cifra si trattasse, avrebbe dovuto bastargli finché non fosse stato vecchio abbastanza da avere un lavoro. Era certo che, oltre alle tasse scolastiche e le uniformi e gli ingredienti per pozioni e i libri di testo ed una Cioccorana ogni tanto, ci sarebbero state altre spese quando fosse cresciuto – i maghi andavano all'università e, se sì, quanto costava quella? – ed era perciò diffidente nello spendere qualunque somma che non fosse assolutamente necessario spendere.
Magari, invece che seguire delle lezioni private, avrebbe potuto semplicemente fare delle letture in più? La Granger sarebbe stata probabilmente entusiasta da morire se le avesse chiesto consiglio, e forse il Professor Piton poteva suggerirgli qualche libro. Non aveva trascorso davvero molto tempo nella biblioteca di Hogwarts, ancora, ma di sicuro dovevano avere qualche libro per aiutare i Nati Babbani e quelli che con i Babbani erano cresciuti ad imparare qualcosa sul Mondo Magico?
“Non puoi cosa, tu, moccioso insolente?” Chiese Piton. Trovare il tempo? Essere disturbato? Ovviamente l'eredità paterna del ragazzo si stava facendo sentire.
Harry si fissò i piedi, scarlatto. Ora sapeva come Ron si sentiva ogni volta che qualcun altro stava comprando dolci sull'Espresso per Hogwarts. “Ehm... è solo che i miei parenti non, sai, mi aiuteranno con il denaro e io, ecco, non solo sicuro di quanto denaro è rimasto nella camera blindata dei miei genitori e voglio essere sicuro di averne abbastanza per tutti e sette gli anni ad Hogwarts...”
“E?” chiese Piton. Che cosa stava blaterando il ragazzino? Che differenza faceva quanto denaro c'era nel conto dei Potter?
“Be',” mormorò Harry, “So di avere bisogno di seguire delle lezioni, ma tu e gli altri professori dovete avere degli stipendi davvero alti visto che siete così intelligenti ed occupati e tutto, e io, semplicemente, non sono sicuro di poterli pagare.”
Il mondo di Piton gli vacillò attorno. Il ragazzo pensava davvero - “Potter!” Il tono secco nella sua voce spinse il ragazzo ad alzare la testa, gli occhi spalancati per la preoccupazione. “Quello zotico di tuo cugino deve pagarsi le proprie tasse scolastiche?”
“No, signore,” replicò Harry, pensando che il mondo Babbano doveva davvero essere poco familiare al professore, se questi pensava una cosa del genere. “Mia zia e mio zio pagano qualunque cosa che serva a Dudley per la scuola – e qualunque altra cosa,” aggiunse, con una punta di risentimento. “E' così che funziona per i Babbani. I genitori pagano per le cose dei loro figli. Ma i miei parenti non avrebbero mai pagato niente per me, non alla scuola Babbana e certamente non qui. Voglio dire, quando Dudley voleva -”
Piton si serrò la radice del naso tra le dita mentre il piccolo imbecille parlava a vanvera di come i suoi spaventosi parenti viziavano il loro grasso figlio, facendosi sfuggire del tutto il punto della questione. “Potter. Tua zia e tuo zio pagavano per tuo cugino, giusto?”
“Sissignore.”
“Perché è sotto la loro responsabilità.”
“Sissignore.” Harry pensava di aver capito cosa il Professor Piton volesse dire. “Ma, signore, loro non pensano davvero a me come ad una loro responsabilità, anche se devono fare per me certe cose. E' più come se io fossi un -”
Piton lo interruppe prima che Harry potesse dire qualcosa che si sarebbe dimostrato intensamente deprimente da ascoltare. “Sì, i tuoi parenti hanno reso la loro opinione piuttosto chiara.” Ecco perché Black si divertirà così tanto con loro. “Ad ogni modo, ti sei dimenticato qualcosa.”
Harry aggrottò la fronte, pensieroso. “Ummmm, che cosa, signore?”
Piton gli lanciò un'occhiataccia. Insolente, arrogante, irriflessivo moccioso! “Ora tu sei sotto la mia responsabilità. In questo modo, io sarò economicamente responsabile per te finché sei minorenne.”
La bocca di Harry si spalancò. Un conto era, per il professore, comprargli qualche regalo – regali assolutamente fantastici, badate bene! – ma tutta un'altra cosa era che si facesse carico della piena responsabilità finanziaria di Harry. Non era mai passato per la mente di Harry che il Professor Piton fosse disposto a fare più che non lasciare che Harry avesse una stanza nelle sue camere e provvedere supervisione paterna e disciplina. Sicuramente questo era un fastidio sufficiente per l'uomo!
Dire che in aggiunta a tutto ciò, aveva anche intenzione di spendere il proprio denaro per Harry, come se si fosse trattato del suo stesso sangue e della sua stessa carne... Anche la vera carne e il vero sangue di Harry si era tirato indietro a quella prospettiva. I Dursley avevano sempre spiegato il modo miserevole in cui trattavano Harry con alte lamentele su quanto costasse ospitare e nutrire un orfano non voluto. E ora il Professor Piton stava assumendo un simile onere senza neanche commentare?
“M-ma i bambini sono costosti, Professore!” esclamò Harry prima di potersi avvezzare troppo all'idea. Ovviamente il professore non aveva idea di cosa si stesse offrendo di fare. “Voglio dire, io non mangerò poi tanto quando Hogwarts non sarà più aperta, ma anche solo lasciarmi vivere con te ti costerà un sacco. Pensavo che avresti preso il denaro dalla mia camera e -”
“Ti sembro un locandiere, Potter?” sbottò Piton, sentendo un acuto dolore nel petto davanti alla profonda convinzione del bambino che nessuno potesse mai volerlo come un membro della propria famiglia, ma solo essere disposto a tollerare la sua presenza in cambio di un indennizzo monetario. Come al solito, l'empatia lo rese irritabile. “Non voglio né ho bisogno di essere rimborsato per prendermi cura di te. Ora sono nella stessa posizione, verso di te, che tuo zio aveva verso tuo cugino. Dubito che a tuo cugino sia presentato un conto settimanale per coprire il costo della sua stanza e delle sue tasse scolastiche.”
Harry sbuffò. “Se fosse così, sarebbe lungo quattro milioni di milioni di pagine!” Ma subito dopo s'incupì. “Ma, signore, perché faresti tutto questo?”
Piton sollevò un sopracciglio. “Non mi hai chiesto di diventare il tuo tutore?”
La mascella di Harry crollò ancora. Piton aveva veramente pensato che Harry si aspettasse di vedergli assumere un simile, enorme onere? E Piton era stato davvero disposto a farlo? Solo perché Harry gliel'aveva chiesto? “S-sì,” inghiottì a vuoto, “ma non ho mai pensato che tu avresti dovuto pagare per tutte le mie cose o -”
Piton gli gettò un'occhiataccia. “Sciocco ragazzo. Non dovresti mai chiedere qualcosa se non sai che cosa stai chiedendo, specialmente nel mondo magico. E' una buona cosa che almeno io sia pienamente consapevole delle responsabilità di un tutore legale.”
“Ma – ma tu non dovresti pagare -”
Nuovamente, Piton lo interruppe. “Hai la presunzione di dirmi come tenere fede ai miei obblighi, Potter? O – peggio ancora – di insinuare che io abbia accettato una responsabilità che non desidero portare avanti?”
Harry poteva essere scioccato, ma non era stupido. “No, signore!”
“Allora, gentilmente, tieni il tuo blaterare sciocco e scarsamente informato per te stesso, impudente disgraziato. Tu hai undici anni. Non devi preoccuparti dei dettagli del tuo sostegno finanziario: questa è responsabilità mia, non tua. Il tuo dovere è obbedirmi. Se io stabilisco che delle lezioni in più sono necessarie, tu non devi preoccuparti con i dettagli finanziari di tali lezioni, ma semplicemente seguire i corsi come richiesto e lavorare al meglio delle tue capacità. Non tollererò la pigrizia, Potter! Se non seguirai le tue lezioni – qualunque tua lezione – potrai aspettarti delle conseguenze decisamente spiacevoli!”
Ed era accaduto di nuovo. Malgrado il suo migliore e più minaccioso sguardo trovo, il moccioso ostinato gli stava sorridendo raggiante con un sorriso sdolcinato sulla faccia. Piton quasi imprecò per la frustrazione. Come si supponeva che instillasse la paura nel demonietto, se le sue minacce passavano inosservate?
“Studierò più di chiunque altro – anche di Hermione!” promise Harry, il cuore che gli cantava. Merlino, era così bello avere qualcuno che si occupava di lui! Ora non avrebbe dovuto sentirsi così ottuso quando gli altri ragazzi cominciavano a parlare dei diversi incantesimi o dei gruppi musicali di Maghi o di una qualunque altra delle migliaia di cose che erano una seconda natura per quelli cresciuti nel Mondo Magico.
Hmf. Be', almeno il moccioso aveva detto la cosa giusta. Piton gli lanciò un'altra occhiataccia, giusto per stare sul sicuro, e lo rimandò al suo dormitorio.
Le prime lezioni erano andate molto bene, rifletté Harry contento. Imparare più di quel che c'era sul libro di testo gli aveva dato una migliore comprensione del materiale, ampliandone il contesto. Ora che comprendeva più chiaramente a cosa servissero Trasfigurazione e Incantesimi, era molto più facile essere interessati agli esercizi in classe e comprendere l'importanza del far levitare una piuma o del cambiare un ago in uno stuzzicadenti. E il fatto che gli fossero insegnate nuove cose in queste lezioni in più, così che sentiva di sapere anche un po' più dei suoi compagni di classe, be', questa era semplicemente la parte migliore. Alcuni degli altri ragazzi già avevano cominciato a notarlo e gli avevano chiesto aiuto; il che era un bel cambiamento rispetto ai suoi giorni di scuola tra i Babbani, quando era stato considerato stupido grazie ai Dursley.
L'unico problema con le lezioni in più era che tendevano ad essere così interessanti che Harry restava fino all'ultimo – e questo significava che faceva tardi a cena. Dal momento che il Professor Piton tendeva a diventare irritabile se Harry era in ritardo, specialmente ai pasti, Harry provava duramente ad essere puntuale. Pensava che fosse un po' strano che il Professor Piton si preoccupasse così tanto delle sue abitudini alimentari – cosa mangiava, quanto, quando, se mangiava in fretta o lentamente e via discorrendo – ma immaginava che chiunque avesse qualche piccola mania, e se quella del professore era insistere che Harry mangiasse sufficienti verdure, be', andava benissimo.
Ma significava che Harry doveva sbrigarsi, se voleva arrivare alla tavola di Grifondoro prima che il cibo fosse servito. Aveva dovuto correre al dormitorio per posare i libri dopo che il professor Vitious l'aveva finalmente mandato via dal suo ufficio, e malgrado avesse corso per gran parte della strada, era comunque chiaro che sarebbe stato tra gli ultimi ad arrivare a cena. Poteva dire dai corridoi deserti che la maggior parte della scuola era già nella Sala Grande.
“Ehi! Guarda chi c'è!” Il grido alle sue spalle non venne registrato immediatamente; ma poi il suono di passi in corsa attrasse la sua attenzione.
Harry si girò appena in tempo per vedere quattro grossi ragazzi – probabilmente del sesto o settimo anno – che si affrettavano verso di lui. Avevano tutti vesti di Corvonero, e Harry non pensava di conoscere nessuno di essi.
“Salve,” tentò, un po' incerto. Non gli piaceva molto il modo in cui si erano mossi per circondarlo, ed arretrò finché non ebbe il muro alle spalle.
“Salve,” replicò il ragazzo più alto, sorridendo. Harry non era certo del perché, ma c'era qualcosa in quel sorriso che lo fece sentire a disagio. “Tu sei Harry Potter, non è vero?”
Harry annuì. Sperava davvero che non gli avrebbero chiesto di vedere La Cicatrice.
Il ragazzo si voltò verso gli altri. “Visto? Vi avevo detto che era lui. Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto. Il Ragazzo Che Non Va Da Nessuna Parte Da Solo.”
Harry aggrottò la fronte. Aveva già sentito il primo titolo, ma non il secondo.
Un altro Corvonero sorrise e fece un passo avanti. Harry si scansò. Tutto ciò cominciava a ricordargli la Caccia ad Harry. “Guà, avevi ragione, Jeffreys. Ma non puoi prendertela con noi per non averti creduto. Potter, qui, ha sempre la sua corte1 con sé. Chi si sarebbe aspettato di trovarlo qui, tutto solo?”
“Io non ho una corte,” obiettò Harry. “Ho solo degli amici.”
“Certo che hai degli amici,” mormorò il primo in tono morbido, gettando un braccio, amichevolmente, attorno alle spalle del ragazzo più giovane. “Ma ci ha reso difficile parlare con te in privato.”
Harry guardò gli altri ragazzi. Erano tutti alti e muscolosi, ed ora incombevano sopra di lui in un semicerchio, intrappolandolo a tutti gli effetti. “Di che cosa volete parlare?” chiese con nervosismo crescente. Cosa poteva volere da lui un gruppo di ragazzi più grandi da una Casa diversa?



Note alla traduzione:
(1): Nell'originale, entourage. Ero in dubbio se conservare o meno il termine come nell'originale, ma dopotutto non è una parola che in un dialogo in italiano si trovi spesso.

Questo capitolo e il prossimo probabilmente non saranno revisionati dall'Amata Beta, che a quest'ora dovrebbe essere intenta a godersi delle meritatissime vacanze. Se trovate qualche errore in giro, perciò, è tutta colpa mia.
Ora, considerate che sto traducendo di domenica sera il giorno prima di Ferragosto. Non mi merito il conforto di sapere che c'è sempre qualcuno che sta leggendo (e apprezzando) questa storia (come l'ho apprezzata io)?

L'autrice qui ci lascia con un cliffhanger. E' tutto sadismo autoriale, sappiatelo, e il prossimo capitolo sarà moooooolto gustoso.
Buone vacanze a tutti!

Si ringrazia duedicoppe per aver molto opportunamente suggerito un consolidare al posto di un solidificare. Si ringraziano Unbreakable_Vow ed Evan per aver trasformato la necessità di Harry di assistere ai parti in quella di partecipare ai pasti: sarebbe stata una ben bizzarra disposizione, altrimenti, da parte di Piton...

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***







Harry guardò gli altri ragazzi. Erano tutti alti e muscolosi, ed ora incombevano sopra di lui in un semicerchio, intrappolandolo a tutti gli effetti. “Di che cosa volete parlare?” chiese con nervosismo crescente. Cosa poteva volere da lui un gruppo di ragazzi più grandi da una Casa diversa?


Il sorriso di Jeffreys si fece più ampio, mentre questi gli stringeva leggermente le spalle. “Che cosa sai di tuo padre, Potter?”
“Il mio papà?” Fece eco Harry, perplesso, chiedendosi se stessero parlando di James Potter o del Professor Piton. “Perché?”
“Perché sono curioso di capire se sai che razza di assoluto bastardo fosse!” Ringhiò Jeffreys, facendo cadere la sua maschera amichevole e spingendo Harry con forza bastante a farlo sbattere contro uno degli altri ragazzi.
“Non lo era!” protestò automaticamente Harry, mentre già combatteva per liberarsi dalla stretta dello studente più grande. Il Corvonero lo tenne fermo con facilità, le mani che si serravano dolorosamente attorno ai bicipiti di Harry. “Lasciami!”
“Non ancora, Potter,” Jeffreys si esibì in un ghigno. “Lo stai tenendo, Smythe?”
“Non andrà da nessuna parte,” lo rassicurò il ragazzo che stava reggendo Harry.
“Lasciami!” esclamò Harry ancora, la voce che si faceva più forte. “Lasciami andare!”
Silencio!” Uno degli altri due ragazzi agitò la bacchetta verso Harry e, malgrado questi provasse con tutte le sue forze, nessun suono emerse dalla sua gola.
“Grazie, O'Leary. Non possiamo permettere che qualcuno lo senta e ci rovini la festa,” disse Jeffreys, fingendo di assestare piccole pacche sulla testa di Harry, poi assestando ai suoi capelli uno strattone feroce.
Il grido di Harry esplose – ovviamente – silenzioso, così come l'imprecazione che ringhiò verso l'altro ragazzo.
Jeffreys era apparentemente abile a sufficienza da leggere le labbra – almeno per comprendere quella parola – e schiaffeggiò Harry in faccia, con forza bastante a fargli volare via gli occhiali.
“Ehi, aspetta un attimo!” esclamò l'ultimo Corvonero, suonando allarmato. “Non pensavo che avessi intenzione di fargli davvero del male!”
“Zitto, Peterson,” sbottò Jeffreys. “Il vecchio di questo bastardello ha mandato mio padre ad Azkaban, ed ho intenzione di fargliela pagare. Oltretutto dobbiamo ringraziare lui personalmente per la sconfitta del Signore Oscuro e, se non fosse mai avvenuta, tuo zio e i genitori di Smythe non sarebbero stati cacciati fuori dal paese dagli Auror o uccisi come la mamma di O'Leary.”
Harry non era ben sicuro di cosa Jeffreys stesse parlando. Stava lentamente cominciando ad apprendere chi fossero Voldemort e i Mangiamorte e cosa precisamente fosse accaduto un decennio prima, quando i suoi genitori erano stati uccisi. Capiva che Jeffreys lo riteneva responsabile per qualcosa che suo padre aveva fatto, e che i parenti degli altri ragazzi sembravano essere stati sostenitori di Voldemort che rimpiangevano il modo in cui la guerra era finita. Perché esattamente questo si traducesse in un desiderio di picchiare a sangue lui, non lo afferrava, ma a questo punto non era interessato alle loro ragioni.
Le parole del Professor Piton riguardanti il fatto che dovesse difendersi gli tornarono alla mente, ed afferrò la bacchetta. Non era ancora in grado di fare molto con quella, e Smythe lo reggeva sempre per le braccia, ma si sentì meglio tenendola in mano. “Lasciami ANDARE!” urlò ancora – silenziosamente – mentre si gettava da una parte, sperando di riuscire a liberarsi.
Ottenne un braccio libero – il braccio della bacchetta – e cominciò a dimenarsi e scalciare. Jeffreys imprecò e si protese per afferrarlo, ricevendo per il suo sforzo un gomito nel naso. Smythe si aggrappò al braccio che ancora teneva con una presa mortale e O'Leary avanzò, sollevando nuovamente la bacchetta.
Accio bacchetta!” gridò Harry, senza essere sicuro di aver appreso il nuovo incantesimo a sufficienza da farlo funzionare, senza parlare del fatto che non sapeva se sarebbe stato efficace mentre era sotto un Incantesimo Silenziante: ma, con sua grande soddisfazione, la bacchetta di O'Leary tremò incontrollabilmente e la maledizione che era stata puntata contro Harry colpì invece Peterson. Peterson cadde con uno strillo di sorpresa, le gambe bloccate insieme, e sbatté il mento sul pavimento.
Harry girò su sé stesso e calciò con forza Smythe sugli stinchi, sperando di costringerlo a lasciarlo andare: ma il ragazzo più grande gli assestò un pugno nello stomaco, ed Harry crollò in ginocchio, boccheggiando per riprendere fiato. Riuscì a malapena a mantenere la presa sulla bacchetta.
“Ottimo lavoro,” ansò Jeffreys, asciugandosi il sangue dalla faccia e fissando Harry con un'espressione omicida. “Tiriamolo su e portiamolo in un qualche posto tranquillo e silenzioso.”
“Aspetta,” piagnucolò Peterson dal pavimento, mentre O'Leary cercava di cancellare la maledizione. “A che serve trascinarlo via? Cosa pensi che ci accadrà quando tornerà indietro e racconterà ad uno dei professori cosa gli abbiamo fatto?”
“Non tornerà indietro,” replicò Jeffreys, con una tale raggelante sicurezza nella voce da far comprendere precisamente ad Harry cosa intendesse dire; e, malgrado il dolore allo stomaco, combatté pazzamente quando Jeffreys l'afferrò per il colletto.
“Fermatevi!” Una voce nuova riecheggiò nel corridoio e, per un attimo, tutti si bloccarono. “Combattere nei corridoi è proibito! Storia di Hogwarts lo dice chiaramente!”
Per la prima volta da sempre Harry fu deliziato nel vedere Hermione Granger, per quanto potesse essere una so-tutto-io ficcanaso. Si contorse ed agitò le braccia convulsamente mentre le gridava – senza poter essere udito – di andare a cercare aiuto.
“Harry? Sei tu? Che stai facendo? Farai perdere punti al Grifondoro se un professore ti vede in una rissa.”
Jeffreys fissò la ragazza dai capelli cespugliosi con disgusto. “Liberati di lei,” sbottò verso Smythe, mentre serrava la presa su Harry.
“Con piacere,” replicò l'altro, alzando gli occhi al cielo. “Vattene, racchia,” ordinò, incombendo sulla studente del primo anno.
Hermione si irrigidì e non poté del tutto nascondere il dolore nel suo tono, mentre replicava caparbiamente, “Non me ne andrò da nessuna parte senza Harry. Cosa gli state facendo? Lasciatelo andare!”
Smythe ringhiò una parole estremamente sgarbata e, piazzando una mano sulla faccia di Hermione, la spinse con tutta la sua forza. Lei cadde all'indietro e strillò quando il suo sedere incontrò dolorosamente la pietra del pavimento. Smythe si eresse sopra di lei e si lasciò scappare una risatina divertita davanti alle lacrime nei suoi occhi. “Non sei più un arrogante piccola vacca, ora, eh?” la provocò. Vedere la ragazza ferita spinse Harry a contorcersi ancor più energicamente, le labbra che formavano imprecazioni verso i suoi attaccanti. Con la coda dell'occhio vide un lampo di capelli biondi, ma la piccola figura – era Malfoy, quello? – sgattaiolò via in un attimo.
Harry si era aspettato con quasi assoluta sicurezza che Hermione sarebbe scappata prima che il ragazzo più grande portasse avanti il suo attacco iniziale: ma Hermione era fatta di un materiale più solido di così. Rotolò su un fianco, quasi fosse sul punto di scappare via, ma poi fece invece scattare il piede in avanti e calciò Smythe precisamente sul lato del ginocchio. Il grosso ragazzo si fece sfuggire un urlo di dolore mentre la gamba gli sfuggiva da sotto – la giuntura forzata in una direzione decisamente innaturale – e lui collassava al suolo: sfortunatamente, cadde precisamente sopra ad Hermione, che si trovò schiacciata con uno stridio di spavento.
Jeffreys afferrò Harry per il davanti delle vesti e lo lanciò contro il muro. Il retro del cranio di Harry colpì la pietra, e il mondo scomparve per un attimo in una nebbia di agonia al calor bianco. Quando riprese a fatica conoscenza scoprì che O'Leary aveva rimesso Peterson in piedi e Jeffreys si stava sforzando di sollevare Harry di peso. “Prendigli le gambe!” ordinò a Peterson. “Andiamocene di qui!”
Peterson obbedì, afferrando le caviglie di Harry e sollevandole così che il ragazzo fosse sospeso tra i due Corvonero. “Lanciali una maledizione!” Ordinò Jeffreys a O'Leary. “Qualcosa di efficace e di durevole, così che smetta di agitarsi!”
Harry aveva perso la bacchetta, ma era lungi dall'essere indifeso. Si contorse pazzamente, mettendo a buon frutto la sua esperienza nella Caccia ad Harry. Riuscì a liberarsi un piede e calciò Peterson in piena mascella, gettandolo indietro contro O'Leary e facendoli cadere entrambi.
“Ehi!” Ron era uscito dalla Sala Grande per cercare Harry ed aveva visto la mischia in corso. Si guardò intorno e guizzò nella Sala, chiamando i suoi fratelli; poi, schizzò indietro verso la rissa per aiutare i suoi compagni di Casa.
Quando arrivò, vide che Harry era quasi riuscito a liberarsi dalla presa di Jeffreys. Smythe, comunque, era riuscito a scrollarsi di dosso il dolore dal ginocchio abbastanza a lungo da afferrare Hermione per i capelli, mentre lei cercava di sgusciare via da sotto di lui. La ragazza si lasciò sfuggire uno strillo di dolore mentre lo studente più anziano la strattonava brutalmente indietro, poi alzò le mani in un gesto di difesa mentre lui sollevava il pugno per colpirla. Ron si lanciò addosso al ragazzo più grosso, costrinendolo a lasciare andare Hermione ma anche – una volta di più – schiacciando la povera ragazza sotto alle forme dei due ragazzi che si battevano. Ron afferrò il polso di Smythe, impedendogli di colpire Hermione, mentre Hermione riuscì a piazzare il gomito nel plesso solare di Smythe mentre si contorceva per liberarsi.
Jeffrey imprecò, quando vide i suoi alleati cadere. “Tu, piccolo bastardo!” Afferrò Harry per la gola e lo inchiodò al muro. Il fiato di Harry gli si mozzò in gola. Artigliò la stretta del ragazzo più grande; vide confusamente Jeffreys tirare indietro il pugno serrato e seppe che non aveva speranza di bloccare il colpo diretto alla sua faccia.
“Lascia andare il Primino,” una nuova voce emerse, molto profonda e molto minacciosa. La pressione sulla gola di Harry si alleggerì improvvisamente e, mentre lui ingoiava disperatamente una boccata d'aria decisamente necessaria, vide che la punta di una bacchetta stava scavando nel collo di Jeffreys, proprio sotto al suo orecchio. Attaccato all'altra estremità della bacchetta vi era un Marcus Flint molto grosso e dall'espressione arrabbiata. Harry lo conosceva come prefetto di Serpeverde e membro della squadra di Quidditch, perché Oliver Baston una volta gliel'aveva indicato mentre i Grifondoro cedevano il campo ai Serpeverde. Le esatte parole di Baston erano state: “E' proprio un grosso stronzo, perciò tienilo d'occhio!”; e, guardando l'espressione malevola di Flint, Harry non trovò ragione alcuna per dubitare dell'affermazione di Baston.
Nel frattempo l'intervento tempestivo di Ron aveva impedito a Smythe di ferire ulteriormente Hermione; ma il muscoloso studente del settimo anno era riuscito a scrollarsi di dosso i colpi del bambino più piccolo. Acchiappò Ron per il davanti della camicia, mentre con l'altra mano afferrava la bacchetta. Il sangue di Ron gli gelò nelle vene quando Smythe gli puntò la bacchetta tra gli occhi e ringhiò, “Cruc-”
Prima che Smythe potesse concludere l'incantesimo, un altro corpo si schiantò contro il suo, strappandogli la bacchetta dalle mani e interrompendo la Maledizione Senza Perdono. Le cose si trasformarono in una lotta senza quartiere, a quel punto, e tutto si fece confuso; Ron non aveva idea di chi l'avesse salvato, ma immaginò si trattasse di uno dei suoi fratelli – un sospetto che si rafforzò quando sentì Smythe grugnire per la soddisfazione ed una nuova voce maschile gemere per il dolore. Ron affondò prontamente i denti nel polso che ancora stringeva ed ebbe il piacere di udire lo strillo di Smythe, mentre il grido di sofferenza dell'altra persona si spegneva. Un paio di gambe avvolte nei calzoni di un abito entrò agitandosi nel suo campo visivo, evitando di stretta misura di calciarlo in faccia e confermando che c'era almeno un altro ragazzo ad aiutarlo nello scontro. Poi Hermione riuscì ad afferrare due manciate piene dei capelli di Smuthe e sbatté il cranio del ragazzo più vecchio contro il pavimento; questi gemette e si afflosciò, e Ron afferrò l'opportunità per bloccargli insieme entrambi i polsi e per sdraiarsi sopra di essi. Solo allora alzò la testa e si guardò attorno.
Hermione era inginocchiata accanto al capo di Smythe, le vesti spiegazzate, e respirava pesantemente, con una sinistra luce di sfida negli occhi. Smythe stava gemendo, ma non opponeva molta resistenza – per ora – e Ron si guardò incontro per vedere quale dei suoi fratelli era corso in suo aiuto.
Spalancò la bocca. Lì, seduto con entrambe le ginocchia fermamente piantate nello stomaco di Smythe, vi era Draco Malfoy. Per una volta l'acconciatura immacolata del Serpeverde era scarmigliata, e lui aveva un labbro rotto. “Malfoy!” sbottò Ron, incredulo. “Eri tu?”
Nell'istante stesso in cui le parole furono fuori dalla sua bocca, desiderò di poterle ricacciare dentro. Di tutte le stupide cose da dire! Ma, sorprendentemente, per una volta Malfoy non ghignò. “Non pensavi che avrebbe lasciato che difendeste un Primino Serpeverde senza aiuto, vero?” chiese, gettando un'occhiataccia a Smythe. “Ehi, Granger, che ne pensi di sbattergli di nuovo il cranio contro il pavimento? Penso che si stia svegliando.”
Ron era troppo stordito per riuscire a comprendere l'inspiegabile affermazione di Malfoy, così si girò per vedere cos'altro era accaduto mentre lui era distratto. Vide che un grosso prefetto Serpeverde teneva sotto mira con la bacchetta quello che aveva stretto Harry, mentre Fred e George stringevano un terzo avversario in una presa mortale che Ron sapeva per dolorosa esperienza personale essere estremamente efficace. L'ultimo degli assalitori di Harry se ne stava rannicchiato per cercare di sfuggire ad un'alta ragazza dalla pelle nera con una spilla da prefetto di Serpeverde sulle vesti.
Anche quando fu chiaro che la rissa era finita, altri studenti accorsero correndo, attratti dalla Sala Grande dal rumore. Ron vide Percy, Oliver Baston e il resto della squadra di Quidditch di Grifondoro, ed anche il timido Neville Paciock che si avvicinava correndo pazzamente. A rendere la situazione anche più interessante, un considerevole numero di Serpeverde erano già accorsi e, con le bacchette estratte, davano manforte ai loro prefetti.
Ron notò che, mentre gli altri si assembravano, Flint e la ragazza (Jones? Jonas?) fecero schioccare ordini che fecero sì che i Serpeverde formassero un efficiente perimetro difensivo. I Grifondoro erano meno organizzati, e tendevano ad aggirarsi nei dintorni ed a chiedere risposte piuttosto che a cedere il comando ad un singolo individuo. Dal momento che Percy era l'unico prefetto Grifondoro presente, Ron non poteva veramente dare la colpa gli altri Grifondoro per essere scarsamente intenzionati a prendere ordini da lui. Oliver Baston, ad ogni modo, apprezzò in fretta l'utilità dell'approccio dei Serpeverde e fece in modo che la squadra di Quidditch imitasse immediatamente le manovre dell'altra Casa. Il resto dei Grifondoro prese esempio, e presto non solo c'era un gruppo misto a fare la guardia contro ulteriori attacchi, ma ciascuno degli attaccanti era ora sorvegliato da almeno due persone.
“Tu, ******* piccola Mezzosangue *****,” ringhiò Smythe verso Hermione quando la testa gli si schiarì e lui realizzò che, grazie all'intervento della ragazza, il loro piano per aggredire Harry era fallito.
Le labbra di Hermione si serrarono mentre lei si alzava, lentamente. “Bastoni e pietre possono spezzarmi le ossa, ma gli insulti non potranno mai farmi male,” replicò lei, malgrado la sua voce tremasse un poco. Fece due passi a sinistra, poi, ed abbassò bruscamente il tallone. La bacchetta di Smythe si spezzò in due sotto al suo piede, e il ragazzo più vecchio si fece sfuggire un urlo di angoscia. “Oh, cielo,” disse Hermione dolcemente. “Quanto sono stata goffa. Suppongo che, essendo una Mezzosangue, io continui a dimenticarmi quando siano fragili le bacchette.”
Gli altri studenti fissarono Hermione con un miscuglio di meraviglia e timore. Spezzare la bacchetta di qualcuno era l'equivalente scolastico di un'esplosione nucleare. I singhiozzi increduli di Smythe furono l'unico suono per diversi secondi, poi: “Bel colpo, Primina,” disse Jones, il prefetto Serpeverde, in tono d'ammirazione.
Questo infranse il silenzio. “Lasciami andare,” domandò Jeffreys: un discreto sfoggio di spavalderia, considerando che la bacchetta di Flint era ancora dolorosamente affondata nel suo collo. “Questo non ha nulla a che fare con te o le tue serpi, Flint.”
Flint sbuffò. “Hai dato fastidio ad uno dei nostri Primini. Questo è un affare fottutamente nostro.”
“Il moccioso Malfoy non avrebbe dovuto mettersi in mezzo ai piedi di Smythe,” discusse Jeffreys. “Si è meritato che gli dessimo una lezione.”
Flint gettò un'occhiata verso Draco e sorrise. “Sembra che a farsi dare una lezione sia stato Smythe,” replicò. “E stavo parlando di Potter.”
Jeffreys e gli altri Corvonero fissarono Flint, così come i Grifondoro. “Cosa? Potter è un leone, non un serpente.”
Flint scrollò le spalle. “Appartiene al Capo della nostra Casa, questo fa di lui un serpente. Toccalo e muori.”
“Cosa ***** stai dicendo?” sbottò Jeffreys, furioso. “E' il fottuto Ragazzo Che E' Sopravvissuto, tu, ******* imbecille! I tuoi Serpeverde dovrebbero essere occupati a mettersi in fila per ucciderlo!”
Harry tremò di fronte alla profondità dell'odio negli occhi dell'altro ragazzo, e Flint gli lanciò una rapida occhiata, valutandolo. “Baston, vieni a portare via il tuo Cercatore da questo pazzo cretino, d'accordo?”
Oliver accorse e tirò via Harry. Batté una mano sulla schiena di Harry, rassicurante, e Katie Bell, un'altra compagna di squadra, si affiancò dall'altra parte di Harry, avvolgendolo in un mezzo abbraccio e restituendogli i suoi occhiali, miracolosamente integri. “E' tutto a posto, Harry,” gli bisbigliò nell'orecchio. “E' tutto sotto controllo.”
“Tu, *******!” Jeffreys continuò ad imprecare, ed alla fine Jones ne ebbe abbastanza.
Schioccò le dita e rivolse un gesto di comando verso Percy. “Ehi, tu! Percy – finiscila di guardarti intorno inutilmente e tieni sottocontrollo questo spreco di spazio,” ordinò, indicando Peterson.
“Erm – bene, sì. Sì, certo!” Percy obbedì in fretta, sconcertato sia dall'ordine perentorio che dal fatto che la bellissima ragazza del settimo anno conoscesse il suo nome.
“Primina – sì, tu. Vieni qui,” Jones invitò Hermione al suo fianco e si accostò a dove Jeffreys stava ancora imprecando verso Flint. “Bene – questo è un ottimo incantesimo da imparare. Pronta? Guarda la mia bacchetta.” Alzò la bacchetta e la puntò contro Jeffreys. “Castrato ex-”
“NO!” Ogni maschio dal secondo anno in su nelle vicinanze urlò e si piegò, e Jeffreys impallidì, assumendo la stessa sfumatura di colore del muro di pietra.
Jones sospirò. “Oh, d'accordo. Te lo insegnerò più tardi,” promise ad Hermione. “In quanto a te, pezzo di merda codardo, abbassa la cresta, o te lo strapperò con una maledizione! Snip-snip!”
Nessuno dovette chiedere a che cosa lei si stesse riferendo con quel 'lo', e Jeffreys si quietò, gli occhi spalancati e le mani strette attorno a sé stesso in un gesto protettivo.
Flint alzò gli occhi al cielo, rivolgendosi a Baston. “Streghe!” Ma lo disse piano.

Piton gettò un'occhiataccia alla tavola di Grifondoro, alla quale un certo ragazzino dai capelli in disordine innegabilmente non era seduto. Il cibo sarebbe stato servito da un momento all'altro e Potter, il disobbediente piccolo moccioso, non si vedeva da nessuna parte. Vitious aveva preso posto alla tavola degli insegnanti diversi minuti prima, perciò il piccolo mostro aveva di certo finito la sua lezione speciale; e ciò significava che stava deliberatamente ignorando le esplicite istruzioni di Piton sull'essere in tempo per i pasti così da non doversi arrangiare con gli avanzi degli altri.
Potter aveva diversi anni di malnutrizione ai quali porre rimedio, ma essere incastrato tra Ron Weasley e Neville Paciock alla tavola del Grifondoro difficilmente avrebbe giovato al suo apporto calorico. Nel momento in cui quei due avevano finito di servirsi, gli elfi domestici erano fortunati se riavevano indietro le stoviglie. Se Harry non fosse stato lì nel momento in cui il cibo veniva servito, non gli sarebbe rimasto niente.
E tuttavia, malgrado Piton gli avesse spiegato il concetto in chiare, semplici parole di meno di tre sillabe, comprensibili anche ai Grifondoro, il posteriore di Potter non era fermamente piantato nel suo sedile nella Sala Grande: no, il demonietto stava ovviamente gironzolando per i corridoi, masticando Cioccorane e chiedendosi quale nuovo guaio potesse progettare. Piton serrò i denti. Avrebbe fatto vedere al ragazzo cosa significava ignorare le sue istruzioni! Tamburellò le dita sulla tovaglia, domandandosi dove avrebbe dovuto posizionare il moccioso così che il maggior numero possibile di studenti lo vedesse venire imboccato con il cucchiaio dagli elfi domestici. Forse, se avesse piazzato una tavola speciale proprio di fronte a quella degli insegnanti...
Venne distratto mentre era occupato a comporre menù punitivi – abbondanti fegato e cipolle, cassette di broccoli – dalla vista di uno dei suoi Primini che scivolava in ritardo nella Sala. Piton lanciò un'occhiataccia verso Draco Malfoy. I suoi serpenti avrebbero dovuto sapere che non dovevano arrivare in ritardo. Apparentemente la punizione nella Guferia non aveva insegnato al giovane signor Malfoy a seguire le istruzioni del Capo della sua Casa. Forse avere due Primini imboccati dagli elfi domestici avrebbe fatto recepire il messaggio...
Ma, un attimo – Malfoy non si stava sedendo: invece, stava bisbigliando con aria d'urgenza a Flint. Piton guardò, sorpreso, Flint rivolgere un segnale all'altro Prefetto anziano, Davidella Jones, ed entrambi affrettarsi fuori dalla Sala, seguiti da Malfoy.
Be'. Interessante. Quel particolare paio di prefetti prometteva una salutare dose di sofferenza per qualche povero furfante. Piton considerò distrattamente l'ipotesi di seguirli, ma decise che era meglio lasciare che i suoi prefetti affrontassero la situazione. Flint era grosso e non contrario a tirare uno schiaffo dietro la testa a qualche studente più piccolo, ma Jones era quella che la maggior parte dei suoi serpenti temeva davvero. Era decisamente simile ad una più sana versione di Bellatrix – capace di incredibile crudeltà, ma maggiormente discriminante nella sua scelta di vittime. Anche Flint sapeva che non era il caso di finire sulla sua lista nera.
Tra l'uno e l'altra, Piton era sicuro che potessero gestire chiunque fosse il responsabile del problema in questione, principalmente somministrandogli un'indelebile lezione sul perché comportarsi male fosse poco saggio. Il suo intervento avrebbe meramente intralciato la loro capacità di infliggere una punizione sommaria e, davvero, lui era occupato a sufficienza anche senza dover supervisionare punizioni in più. Ma gli altri suoi Serpeverde erano irrequieti ora, e si guardavano alle spalle, verso i prefetti e Malfoy; diversi li avevano già seguiti.
Poi il più giovane dei Weasley, che era stato – sorpresa, sorpresa – uno dei primi a sedersi a tavola, si alzò in piedi e lasciò la stanza. Probabilmente in cerca di Potter, rifletté Piton con un senso forzato rispetto per la lealtà Weasley. Il clan delle teste rosse aveva evidentemente accolto Potter come uno dei loro, e questo avrebbe anche potuto significare che Ron non si sarebbe accaparrato tutto il cibo. Forse.
Ed ora che succedeva? Weasley era appena schizzato nuovamente alla tavola del Grifondoro, ed il resto dei suoi fratelli, seguiti a breve distanza dall'intera squadra di Quidditch e da una discreta percentuale del resto della tavolata, lo stavano ora seguendo fuori dalla porta. Questo ruppe gli indugi anche per i Serpeverde che rimanevano, che a loro volta scattarono verso l'uscita.
Piton guardò Minerva, solo per scoprire che lei lo stava fissando con una simile espressione d'allarme. Quale calamità aveva potuto attrarre un tale numero di adolescenti affamati lontani dalla tavola della cena?
“Dovremmo andare a vedere cosa sta succedendo?” gli chiese Minerva, la voce deliberatamente bassa.
“Farlo indicherebbe una mancanza di fiducia nei nostri prefetti,” replicò, ma senza riuscire del tutto a sopprimere il disagio nella sua voce.
Ora anche i Corvonero si stavano guardando intorno nervosamente, avendo notato finalmente che c'era qualcosa che non andava. Tipico, ringhiò Piton tra sé e sé. Sarebbero stati capaci di recitare ogni permutazione conosciuta dell'incantesimo Ignatio Compelare del Diciottesimo Secolo, ma avevano bisogno che gli elfi domestici dicessero loro che i vestiti che avevano addosso stavano bruciando.
Un contingente di Corvonero si mosse verso la porta e finalmente anche i placidi Tassorosso cominciarono ad apparire curiosi. Mentre l'ultima tavola nella Sala Grande si svuotava, Piton e Minerva si scambiarono un'altra occhiata e si alzarono contemporaneamente.
“Andrò io,” disse Minerva, facendogli segno di tornare a sedersi.
“No, andrò io,” ribatté Piton. “Sai perfettamente che i piccoli idioti si disperderanno non appena mi vedranno.”
“Sì, ma tu non ti preoccuperai di informarti sul responsabile – ti limiterai ad esonerare dalla colpa la tua Casa e a dedurre arbitrariamente punti da tutti gli altri,” replicò lei.
Gli occhi di Piton si serrarono: ma, prima che potesse replicare, Silente si alzò in piedi. “Forse dovremmo tutti andare, dato che sembra che tutti gli studenti siano ora coinvolti in qualunque cosa stia accadendo – come spettatori o partecipanti.”
“Un'idea eccellente!” squittì Vitious, felice. Pomona Sprite sospirò – era stata una lunga giornata, nelle serre – ma seguì gli altri doverosamente.
Albus aprì la strada attraverso la Sala, mentre Piton teneva il muso e trascinava i piedi. Qualunque cosa potesse essere accaduta, con il Preside ad investigare era praticamente certo che la sua Casa sarebbe stata ritenuta responsabile mentre le lodi per i delinquenti della McGranitt sarebbero salite ai cieli.
Minerva era agitata, camminando al fianco di Piton. “Cosa diamine potrebbe aver attratto l'attenzione contemporaneamente dei Serpeverde, degli Weasley e della squadra di Quidditch di Grifondoro?” si chiese ad alta voce.
Il respiro si spezzò nella gola di Piton. I Weasley, il Quidditch, la sua Casa... Harry! Si fece bruscamente largo a spallate oltre Vitious e Sprite, correndo verso la porta a tutta velocità. Minerva sussultò, quando realizzò la cosa un attimo più tardi, e subito dopo era proprio accanto a lui, affrettandosi per vedere che cosa stava succedendo. Occorse tutto l'autocontrollo di Piton per non spintonare il Preside da parte quando raggiunsero il retro della folla assiepata.
Già mentre la presenza scintillante del Preside apriva un passaggio attraverso gli studenti, l'altezza di Piton gli permise di vedere al di sopra delle teste di molti. Colse l'immagine di qualcuno con scuri capelli arruffati stretto in un mezzo abbraccio da una delle più grandi tra le ragazze Grifondoro, e il cipiglio si intensificò. Aveva avuto ragione. Qualunque cosa fosse accaduta, Potter ci si era trovato in mezzo, sebbene, almeno, apparisse relativamente integro. Si costrinse a prendere un respiro profondo e a rimanere educatamente silenzioso, lasciando che fosse Silente a parlare, anche se smaniava dal desiderio di strappare Potter dalle mani dell'altra Grifondoro e controllarlo di persona.

Harry riuscì a sorridere quando Flint e Baston alzarono gli occhi al cielo di fronte a qualunque incantesimo l'altra prefetto di Serpeverde fosse stata sul punto di lanciare. Per la prima volta dal momento in cui aveva percepito i passi dietro di lui si sentiva al sicuro. Con i ragazzi più grandi di due Case ad occuparsi di lui, per non parlare di Ron e dei suoi fratelli e anche di Hermione (!), comprese che non sarebbe stato il bersaglio preferito dei bulli in questa scuola, come Dudley si era assicurato che accadesse in passato.
Ed Harry doveva tutto ciò al Professor Piton. Il Prefetto Flint non aveva detto questo? Harry apparteneva a Piton, perciò era un serpente. E il Cappello l'aveva reso un leone. E la Zia Molly e lo Zio Arthur (come ora loro insistevano che lui li chiamasse) l'avevano reso un Weasley... Harry sorrise tra sé e sé. Improvvisamente era passato dal non avere nessuno a cui lui importasse all'avere intere folle di persone schierate per aiutarlo.
“Oi! Che state facendo?” Un'ondata di Corvonero emerse dalla Sala Grande, seguita da alcuni Tassorosso curiosi che erano riluttanti a rinunciare al divertimento. Vedendo diversi compagni di Casa riversi sul pavimento o bloccati contro il muro, i Corvonero si fecero avanti: solo per bloccarsi, sgomenti, quando una falange di bacchette di Grifondoro e di Serpeverde li prese immediatamente di mira. Per un attimo sembrò che le ostilità potessero nuovamente esplodere, ma il famoso intelletto Corvonero permise ai nuovi arrivati di calcolare rapidamente le possibilità e di determinare che un attacco diretto si sarebbe concluso con poca probabilità a loro favore.
“Santo cielo.” Prima che qualunque altra cosa potesse accadere, il tono gentile del Preside fece bloccare tutti.
Ron sospirò per il sollievo. Finalmente gli insegnanti avevano capito che c'era qualcosa che non andava e si erano alzati da tavola. Il Preside, avvolto in abiti di uno scintillante color porpora e gialli, si fece strada attraverso la folla degli studenti, con i Capi delle Case che lo seguivano da presso. “Quale sarebbe il problema questa...?” La voce di Silente si spense nello choc quando lui realizzò che, contrariamente alla sua iniziale deduzione che una vera e propria guerra fosse finalmente esplosa tra Serpeverde e Grifondoro, le due Case erano per una volta realmente unite mentre fronteggiavano un branco di sconcertati Corvonero.
“Erm...” Sbatté le palpebre diverse volte, ma si riprese in fretta. “Come stavo dicendo, cosa succede, qui?”
“Be', signore,” cominciò Flint; ma Silente sollevò una mano in un gesto gentile.
“Forse, signor Flint, potremmo tutti abbassare le bacchette prima di andare avanti?”
“Meglio di no, Preside,” intervenne Malfoy. “Non si può dire cosa potrebbero provare a fare, se lo facessimo. Quello lì,” indicò, con uno scintillio malefico negli occhi, “ha provato a lanciare una Cruciatus su Ron Weasley.”
Si poté udire un ansimo strozzato. Nella foga dello scontro, in pochi avevano sentito davvero la maledizione di Smythe, ed anche Flint ne fu allibito.
Quello che accadde subito dopo fu anche più scioccante.
“TU, BASTARDO!” Uno scoppio di energia color rubino esplose superando gli altri e colpì Smythe in piena faccia. Questi urlò per il dolore mentre la sua pelle si ricopriva all'istante di bolle purulente dall'aspetto arrabbiato. “NON AVVICINARTI MAI PIU' AL MIO FRATELLINO, TU, FOTTUTO VIGLIACCO SACCO DI -”
“Ehi, ehi, ehi, Grand'Uomo,” disse Jones cercando di calmarlo, posando una mano, per fermarlo, sul braccio proteso di Percy, prima che questi potesse lanciare un'altra maledizione. “Pas devant les domestiques1, capisci. O les professeurs2, in questo caso. Calmati, splendore. Ha imparato la lezione. Per ora.”
Con il respiro affannoso e ancora cercando di trafiggere con lo sguardo l'ora piangente Smythe, Percy obbedì. Ron fissò a bocca aperta suo fratello, sbalordito, mentre i gemelli osservavano Percy con un nuovo rispetto. Chi avrebbe mai immaginato che quel cretino pedante e rispettoso delle regole che era loro fratello potesse scoppiare a quel modo? Il suo spirito protettivo rivaleggiava con quello di Molly.
“Hmmm,” disse Silente, pensoso. Agitò la bacchetta e improvvisamente i quattro ragazzi che erano stati tenuti sotto sorveglianza dagli altri furono stretti da funi. “Meglio? Ora forse il resto di voi potrebbe mettere via le bacchette e dirmi cos'è accaduto.”
La professoressa Sprite aveva già spinto i suoi Tassorosso e gran parte dei Corvonero verso la Sala Grande, mentre Vitious, Piton e la McGranitt rimasero dietro il preside, guardando severamene i propri studenti.
“Be', Professore, noi – cioé, io e Jones – siamo arrivati qui verso la fine. Non sono precisamente sicuro che cosa sia successo all'inizio...” Flint guardò verso Draco, che guardò Ron, che guardò Hermione, che guardò Harry.
Harry agitò le braccia, frustrato, e gridò: ma era ancora sotto l'effetto dell'Incantesimo Silenziante.
“Ti chiedo scusa, Harry. Molto negligente da parte mia.” Un altro movimento della bacchetta del Preside, e improvvisamente la voce di Harry ritornò.
“ - togliere questo FOTTUTO incantesimo – oh. Scusate,” Harry arrossì, evitando gli occhi di Piton.
“Harry, potresti per favore dirci cos'è accaduto?”
Così, Harry spiegò come i ragazzi più grandi gli avessero teso un agguato, e come Hermione fosse intervenuta in suo aiuto solo per essere buttata a terra. “ - e allora lei gli ha tirato un calcio al ginocchio e lui è crollato come un sacco di patate, proprio sulle chiappe!” Esclamò Harry entusiasta, prima di realizzare chi fossero i suoi ascoltatori. “Erm, scusate. Volevo dire, è caduto, e poi stavano lottando e allora -”
“Sono arrivato e ho visto cosa stava accadendo,” intervenne Draco, “così sono entrato nella Sala e ho chiamato i nostri Prefetti. Quando sono tornato indietro -”
“- io ero andato a cercare Harry e li ho visti lottare, così ho chiamato Percy e i gemelli e sono saltato su quello che stava per strappare via alla radice i capelli di Hermione,” si intromise Ron.
“Sì, e quando sono arrivato stava per lanciarti la Cruciatus, così l'ho placcato, e per un po' è stato tutto un po' confuso, fino a che,” Draco sospirò, ma quel che era giusto era giusto, “la Granger non ha sbattuto la testa di Smythe sul pavimento e l'ha messo fuori gioco.” Ora gran parte delle persone stavano adocchiando Hermione con meraviglia, e lei arrossì sotto ai loro sguardi.
“Non appena Malfoy è venuto a dire a me e a Jones che qualche Corvonero stava prendendo a calci uno dei nostri Primini, ci siamo messi a correre,” Flint aveva ovviamente deciso che gli studenti erano stati abbastanza a lungo sotto le luci della ribalta. “Così io e Jones siamo arrivati qui e abbiamo preso Jeffreys e Peterson sotto controllo. Poi io -”
“Un momento, signor Flint,” lo interruppe la professoressa McGranitt. “Sono un po' confusa. Hai detto che uno dei Serpeverde del primo anno stava venendo attaccato? Ma pensavo che solo il signor Potter fosse stato preso di mira.”
Flint la guardò semplicemente. “Sì, Professoressa.”
Lo sguardo della McGranitt passò da Piton a Silente. “L'ultima volta che ho controllato, signor Flint, il Cappello Parlante aveva messo il signor Potter nella mia Casa.”
“Il Capo della nostra Casa ha messo Potter sotto la protezione dei Serpeverde, Professoressa,” intervenne Jones freddamente. “Questo lo rende anche nostro.”
La McGranitt aprì e chiuse la bocca senza che alcun suono emergesse. Piton ghignò. “Ben reso, signorina Jones, signor Flint,” commentò in tono mellifluo.
Il Preside sorrise raggiante. “Sono d'accordo. E' meraviglioso assistere ad un simile splendido esempio di cooperazione tra le Case, così come ad una tale, evidente dimostrazione di rispetto verso il Capo della vostra Casa. Cinquanta punti ad entrambe le Case per aver lavorato assieme ed altri dieci a Serpeverde per aver offerto una pronta assistenza ad uno studente del primo anno. Ora, dunque, signor Flint. Credo che fossi arrivato al punto in cui tu e la signorina Jones siete arrivati in aiuto del signor Potter?”
“Sì, signore. Questi due,” fece cenno con il capo verso i gemelli, “avevano già bloccato O'Leary, e non sembrava che avessero bisogno di alcun aiuto, e Smythe era praticamente sepolto sotto a questi tre, perciò la battaglia era praticamente finita; fino a quando il resto dei Corvonero ha deciso che voleva farsi coinvolgere.” Flint fece una pausa, poi decise di essere gentile. “Ad essere sincero, signore, non penso che sapessero cosa questi quattro stessero facendo. Pensavano semplicemente che i loro compagni di Casa fossero in pericolo.”
Il professor Vitious era apparso sempre più sconvolto mano a mano che l'enormità dei crimini commessi da quattro dei suoi studenti venivano alla luce. “Santo cielo, Potter, stai bene? Sono scioccato e disgustato che qualcuno dei miei Corvonero possa aver pianificato una cosa simile!”
Harry sorrise al piccolo professore. “Io sono a posto, signore.”
“Un'altra menzogna, signor Potter?” chiese Piton severamente, trattenendosi a malapena dall'afferrare il ragazzo e trasportarlo di peso in Infermeria. “A prestar fede a quello che tu e gli altri avete detto, sei stato preso a pugni, strozzato, lanciato contro un muro e -”
“Professore!” esclamò Harry scandalizzato. L'ultima cosa che voleva era che il suo professore lo trattasse come un bambino di fronte a tutti. “Sono a posto. Davvero.”
“Forse, Severus, vorresti essere così gentile da portare tutti e quattro i nostri battaglieri studenti del primo anno da Madama Chips? Tutti loro, sembra, potrebbero essere un po' malconci.”
“Albus, devo puntualizzare che i miei studenti, il signor Smythe in particolare, potrebbero a loro volta avere bisogno di assistenza medica,” disse Filius. Poteva essere disgustato dal loro comportamento, ma avrebbe comunque fatto il proprio dovere e si sarebbe occupato della salute dei suoi studenti.
“Certamente. Magari potresti chiedere a Madama Chips di unirsi a noi nel mio ufficio non appena si è presa cura di questi quattro?” Silente si rivolse a Piton con aria d'attesa.
“Oh, per favore, Professore, non possiamo mangiare, prima? Sto morendo di fame,” protestò Harry, guardando Piton con espressione implorante.
“Già!” fece eco Ron. “Erm, voglio dire, anche io, signore,” aggiunse in fretta di fronte all'occhiataccia di Piton.
Piton aggrottò la fronte, ed avrebbe rimproverato i ragazzi per la loro imprudenza se Silente non avesse riso ed annuito prima che lui ne avesse la possibilità. “Molto bene, Harry. Questo permetterà a Madama Chips di provvedere a questi giovanotti, prima; ma non appena la cena sarà finita, il professor Piton vi porterà tutti e quattro in Infermeria, e mi aspetto che non ci siano discussioni.”
“Sì, signore,” promise Harry.
Vitious, Silente e i quattro studenti di Corvonero salirono all'ufficio del Preside, mentre la McGranitt e Piton spingevano il resto della scuola di nuovo nella Sala Grande. Per la prima volta a memoria di studente l'uso di sedere alla tavola della propria Casa andò a farsi friggere, perché quelli che erano stati coinvolti nella Grande Battaglia si lasciarono cadere seduti tutti attorno ad una tavolata, e il resto degli studenti si affrettò a raggiungere i posti più vicini per poter origliare e sentire cos'era accaduto.
“Miseria, sei uno che si contorce parecchio,” commentò Flint, assestando ad Harry una spintarella amichevole. “Mentre correvo verso di te ti ho visto mettere proprio una bella lotta con quegli imbecilli.”
Harry arrossì.
“Aspetta di vederlo muoversi su una scopa!” intervenne Baston attraverso la tavolata. “Il modo in cui cambia direzione praticamente non è umano!”
Dall'altra parte del tavolo, Ron e Draco erano finiti seduti vicini. Entrambi evitarono per un po' l'uno gli occhi dell'altro, accuramente; ma fu Ron a cedere per primo. “Perciò, um, Malfoy – er, Draco – grazie, voglio dire, per prima,” borbottò Ron. “Sai, con quel Corvonero.”
“Prego, Weasley.” Draco esitò, prima di aggiungere. “Suppongo che siamo pari – tu l'hai costretto a lasciarmi andare prima che mi spezzasse il braccio.” Ghignò. “Non sapevo che la tua famiglia si fosse data al cannibalismo!”
“Huh?” Gli occhi di Ron si serrarono. Sospettava che ci fosse un insulto, là in mezzo, ma non ne era sicuro.
Draco alzò gli occhi al cielo. “Il modo in cui gli hai masticato il polso? Cannibalismo? Afferrato?”
“Oh.” Ron arrossì. “Be', volevo che ti lasciasse andare. Suonava come se ti stesse davvero facendo male.”
Ora era il turno di Draco di farsi rosso. “Be', già...”
Vi fu una pausa imbarazzata.
“Tuo fratello conosce degli incantesimi davvero spaventosi,” commentò Draco alla fine. “Te li ha insegnati?”
“Qualcuno,” ammise Ron. “Vuoi che te li mostri?”
Draco scrollò le spalle in maniera deliberatamente indifferente. “Già, magari. Voglio dire, sarebbe divertente.” Ron sorrise. “Ce n'è uno che il più grande dei miei fratelli ha imparato dai goblin. Diamine – è fantastico.”
“Sì?” Draco lasciò cadere la maschera di disinteresse. “A cosa serve?”
Mentre i due ragazzi parlavano in tono animato ed Harry, Oliver, Katie e Marcus discutevano del Quidditch, Jones si rivolse ad Hermione.
“Hanno dovuto far levitare quel grosso gorilla fino all'ufficio del Preside, Primina – non poteva neanche camminare. Che incantesimo hai usato?”
Hermione arrossì. “Non era un incantesimo. Gli ho solo tirato un calcio. Mio padre si è assicurato che io conoscessi un po' di mosse per la difesa personale.”
Uno dei Serpeverde che non aveva partecipato alla rissa disse in tono di scherno: “Tuo padre te l'ha insegnate? Un Babbano? Che razza di difesa personale conosce un Babbano? E a che servirebbe, comunque?”
Hermione arrossì per la rabbia. “Stai insultando mio padre?”
Prima che l'altro Serpeverde potesse replicare, Jones disse in tono morbido, “E' stata lei a spezzare la bacchetta di Smythe, Singh. Starei attento a quello che dico, se fossi in te.”
Vi fu una distinta pausa di silenzio prima che Singh dicesse, in un tono decisamente più rispettoso, “Senza offesa, Granger. Non fare così la Grifondoro. Intendevo dire solo che i Babbani... be', cosa possono saperne sulla lotta?”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Hermione sapeva perfettamente che la sua incapacità di tenere la bocca chiusa in classe l'aveva fatta segnare a dito dai suoi compagni come una fastidiosa secchiona. Sapeva che la sua profonda conoscenza di tutte le regole spesso la faceva comportare come una santarellina spiona. Sapeva anche di non poter incolpare nessuno se non sé stessa per questo: ma, malgrado tutto il suo amore per le regole, il suo interesse nel rispondere alle risposte, il suo atteggiamento ossessionato dai compiti, Hermione Granger non era una codarda. Aveva un suo orgoglio e, qualunque cosa la società Magica potesse pensare, era ferocemente leale ai suoi genitori ed alla società Babbana nella quale era cresciuta. Decise che, se i ragazzi in questa nuova scuola avevano intenzione di disprezzarla così come quelli nella vecchia avevano fatto, allora poteva, già che c'era, dare loro una buona ragione. All'inferno l'essere una brava ragazza. Per una volta, Hermione avrebbe combattuto il fuoco con il fuoco.
Lanciò un'occhiata a Davidella Jones, la tendenza della quale a prendere a calci i sederi di chi la intralciava combinata con la sua spilla da Prefetto le avevano vinto l'ammirazione di Hermione. Ecco, qui c'era qualcuno che era ovviamente una studentessa rispettata ed una Brava Ragazza, ma che anche ragazzi imponenti come Flint non infastidivano. Hermione aveva trovato un esempio da seguire.
Jones alzò le sopracciglia in un silenzioso incoraggiamento e, confortata, Hermione lanciò un'occhiataccia circolare a Singh e agli altri purosangue. “Sulla lotta? Pensate che i Maghi siano i soli a saper combattere? Voi non avete la minima idea di che cosa sia veramente combattere. Lanciare maledizioni è per le femminuccie. I Babbani combattono a mani nude. E i Babbani sono molto più tosti dei Maghi, poi,” andò avanti, la fronte aggrottata mentre guardava la tavolata. “Qui nel mondo magico, se finisci ferito in uno scontro, vieni rimesso a posto in un attimo da Madama Chips o da qualche altro guaritore. Quando i Babbani combattono e vengono feriti, restano feriti. Non puoi sperare di combattere se non riesci a sopportare il dolore, e i Babbani sanno più cose sul dolore e la sofferenza di qualunque Mago.”
“Aspetta un attimo, Granger!” sbottò Malfoy. “Weasley, qui, è quasi stato cruciato3. Quello porta un sacco di dolore e sofferenza!”
Hermione alzò gli occhi al cielo. “Nessuno sta sminuendo il coraggio di Ron nel salvarmi, Draco.” Ron arrossì fino alla punta delle orecchie. “O il tuo nel salvare lui.” Ora era il turno di Draco di sembrare a disagio. Salvare un Grifondoro? Ma a cosa stava pensando? E che cosa avrebbe detto suo padre? “Ma i Babbani conoscono il vero dolore, quello che dura, ed è quello che ci rende buoni combattenti.”
“Perciò tu conosci il dolore, Granger?” Questa volta era stato un membro della squadra di Quidditch di Grifondoro a parlare, lo scetticismo chiaro nella sua voce. “Prova a venire colpita da un Bolide.”
Hermione si sporse in avanti. “I miei genitori sono dentisti, Bradley. Sai che cosa significa?” La maggior parte dei purosangue scosse il capo. “I Babbani hanno dei buchi dei denti, e i dentisti li sistemano. Sai come li sistemano? Prima, prendono un grosso, luuuungo ago,” sollevò le mani per mostrare quanto fosse lungo l'ago, “e lo ficcano nella tua gengiva,” mimò la cosa, “e leeeeeentamente iniettano una medicina che brucia terribilmente. E poi prendono una macchina che ha un'estremità appuntita che gira davvero davvero in fretta ed emette un suono lamentoso come questo -” La sua imitazione fu talmente buona che a causa sua metà della tavolata si coprì le orecchie per il dolore. “E alla fine la usano per scavare buchi nei tuoi denti.” Ora tutti i purosangue erano verdi. Anche Jones respirava debolmente ed era aggrappata al braccio di Percy. Gli altri Nati Babbani si stavano divertendo immensamente, e i Mezzosangue erano, a seconda del luogo nel quale erano cresciuti, o divertiti o disgustati.
“E questo può andare avanti per ore,” proseguì Hermione in un tono tale da dare i brividi. “E poi riempiono i buchi con il metallo, e -”
“Oh, avanti!” Sbottò Percy, un leggero velo di sudore sul viso. “Te lo stai inventando!”
“No, è tutto vero!” Un Nato Babbana Grifondoro del quarto anno fu anche troppo felice di sostenere la storia di Hermione. “Guardate – i miei non hanno saputo che io fossi un mago fino a quando non avevo quasi dieci anni, e per allora le mie carie era state guarite alla maniera babbana. Vedete? E'one una.” Spalancò la bocca e indicò all'interno così che gli affascinati e nauseati Purosangue potessero vedere le sue otturazioni.
“E' disgustoso!” disse Flint, debolmente.
Il ghigno di Hermione quasi superò quello di Piton. “E non ho neanche parlato del modo in cui i Babbani raddrizzano i denti storti – ti mettono delle strisce di metallo in bocca e le stringono e le stringono fino a che i tuoi denti non sono stati tirati in posizione, ed occorrono anni e anni.” Ora diversi tra i purosangue avevano spinto via i piatti e si reggevano i fazzoletti contro la bocca.
“Ed entrambi i miei parenti fanno questo di mestiere. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. E poi vengono a casa e mi raccontano tutto. Perciò non provare a scherzare con me, Singh. Infliggere dolore è nel mio sangue.”

“Minerva,” Severus aggrottò la fronte, osservando gli studenti. “Non ti sembra che molti degli studenti stiano guardando la tua signorina Granger con una specie di affascinato terrore?”
La McGranitt seguì la direzione del suo sguardo. “Santo cielo. In genere non vedo espressioni come quelle se non durante la consegna delle domande dei M.A.G.O. e dei G.U.F.O.. Cosa diamine sta succedendo da quelle parti?”

Prima che il pasto fosse finito, la reputazione di Hermione nel Mondo Magico era stata fatta. Oh, lei era ancora conosciuta come una brava studentessa, anche se un po' secchiona; ma la voce aveva fatto il giro della scuola come un lampo: Non Metterti Nei Guai Con La Granger. Tra il suo essere figlia di due esperti torturatori e la sua dimostrata tendenza a rompere le bacchette delle persone che l'offendevano, la Granger era evidentemente qualcuno da non far irritare.
Harry si guardò intorno nella Sala e sorrise raggiante. C'erano così tante persone che si preoccupavano per lui. Per la prima volta nella sua vita aveva degli amici – e non solo Ron, malgrado questi avrebbe sempre avuto un posto speciale come primo amico di Harry. Ma i Serpeverde erano venuti a salvarlo così come i Grifondoro, il che avrebbe reso il professor Piton felice; ed anche Draco e Ron sembravano andare d'accordo, tanto per cambiare.
Lanciò un'occhiata verso la tavola degli insegnanti: sia Piton che la McGranitt apparivano perplessi, ma Harry pensò che ciò fosse probabilmente dovuto all'inusuale quantità di chiacchiere che stavano andando avanti stanotte. Si strofinò il retro della testa. Sì, c'era un livido lì, ed era sicuro che il Professor Piton avrebbe fatto storie per quello – ad essere sinceri, Harry sarebbe rimasto un poco ferito se non ne avesse fatte – ma ne valeva la pena di ogni livido che si era fatto per vedere a quante persone in questa nuova scuola lui piaceva. Si ricordò le parole di commiato dello Zio Vernon, riguardo al fatto che lui non sarebbe piaciuto a nessuno ad Hogwarts, esattamente come dai Dursley, e sbuffò. Il Professor Piton aveva ragione. Lo Zio Vernon era solo un grasso, stupido tricheco. Non capiva niente.
Harry aveva trovato degli amici ed una nuova casa ed anche – malgrado dovesse stare attento a non dirlo troppo a voce alta, per paura di imbarazzare il Professor Piton – un nuovo papà che si preoccupava per lui e si assicurava che mangiasse tutte le sue verdure e visitasse l'Infermeria quando si faceva male. Harry sospirò, felice. Doveva essere il ragazzo più fortunato del mondo intero.



Note alla traduzione:
(1): Mai davanti ai domestici. In francese nell'originale.
(2): I professori. Come sopra.
(3): Malgrado io trovi spesso nelle fanfiction termini derivativi come cruciare o cruciato, in Harry Potter non mi pare siano presenti. Ho deciso comunque di usare il termine cruciato per due ragioni: intanto perché era la resa più simile all'originale inglese; poi, perché, essendo parte del discorso di Malfoy, mi sembrava avere un suo senso.

Festeggiamo qui il fatto di essere arrivati ad un quarto della storia. Ciò significa che ci saranno ancora mooooolti capitoli da godere, che la trama avrà ancora molto da offrire, ma che ci stiamo addentrando sempre più al suo interno. Ditemi che questo capitolo non vi è piaciuto e vi mando Moody a casa. E' tanto pieno di amore e buoni sentimenti e coccolosità inter ed extra Case hogwartsiane che viene voglia di mangiarsi tutti i personaggi.
Per la gioia di chi segue la storia, vi dico che il prossimo capitolo è già stato tradotto e aspetta solo che anche quello dopo ancora lo sia per essere pubblicato!

Buone vacanze e grazie a tutti voi che vi siete fermati a lasciare una recensione. Un grazie doppio a chi mi ha segnalato le opportune correzioni al testo.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***







Anche dopo che Madama Chips ebbe guarito i lividi e i tagli che i quattro studenti del primo anno avevano riportato nello scontro, Piton non riuscì a convincersi che Harry fosse a posto. Ovviamente Weasley stava bene – era abituato ad azzuffarsi con i suoi fratelli – e la rissa aveva creato un legame senza precedenti tra lui e Percy. Allo stesso modo Malfoy si stava godendo la sua nuova popolarità come cucciolo della Casa di Serpeverde.
L'arrogante pavoneggiarsi del ragazzo sin dai suoi primi giorni ad Hogwarts era stato disastrosamente accolto dagli studenti più grandi – una cosa era pubblicizzare la superiorità di Serpeverde tra le altre case, decisamente altra cosa pubblicizzare la superiorità dei Malfoy all'interno di Serpeverde – che avevano tratto estremo piacere nel rimettere al suo posto il ragazzo più giovane, senza pietà, in ogni occasione. Nel momento in cui Draco aveva realizzato come il suo comportamento gli aveva alienato le simpatie dell'intera Casa, era stato troppo tardi per fare ammenda, e lamentarsi del trattamento che riceveva aveva solo peggiorato i tormenti. Piton sapeva anche troppo bene con quanta abilità una Casa piena di Serpeverde potesse tormentare uno dei suoi; e, sebbene Draco avesse almeno l'alleanza incondizionata di Tiger e Goyle – qualcosa del quale lo stesso Piton non aveva mai goduto – era stato chiaro che il ragazzo stesse trovando la vita come un Serpeverde solitaria e spiacevole.
Ma il suo comportamento di quel giorno era stato l'epitome dei valori Serpeverde – proteggere un compagno di casa, cercare supporto invece che lanciarsi nello scontro da solo (come un Grifondoro avrebbe fatto), mostrare coraggio fisico quando richiesto e maliziosamente rivelare le malefatte precedentemente sconosciute di un nemico sconfitto, negandogli di conseguenza ulteriormente una futura capacità di fare danno – e tutto ciò era stato sufficiente a ripulire il suo stato tra i suoi Compagni di Casa. Draco si stava beando dell'ovvia approvazione di Flint e Jones – anche se i prefetti gli avevano reso tranquillamente chiaro che, se vi fosse stato un qualche ritorno alle sue arroganti vanterie, il suo posteriore sarebbe stato nuovamente precettato per servire da bersaglio a qualunque compagno di Casa che si fosse sentito in vena di fare pratica con gli Incantesimi Pungenti.
Durante la sua ottava notte ad Hogwarts, Draco aveva commesso l'errore di presumere che il fatto d'essere il discendente dei Malfoy l'autorizzasse a superare un terzo anno nella fila per le docce. Flint aveva osservato lo svolgersi dei fatti e, invece che permettere all'infuriato terzo anno di cacciare la testa di Draco in una tazza del bagno, l'aveva fatto piegare sul retro del divano della sala comune, incollato sul posto con un Incanto Adesivo e infine invitato tutti ad una sessione di “Pratica di Casa per il Tiro a Bersaglio”. I seguenti venti minuti avevano dimostrato a Draco in maniera convincente che: (a) un asciugamano attorno ai fianchi (che gli era stato permesso di tenere solo dopo avere a lungo pregato in preda al panico) era una protezione assolutamente inadeguata contro gli Incantesimi Pungenti; (b) tatto e umiltà erano abilità necessarie alla sopravvivenza; e (c), future osservazioni arroganti riguardo alla superiorità Malfoy l'avrebbero condotto inevitabilmente a possedere un sedere estremamente dolorante e arrossato. Era stato anche lasciato con assolutamente nessun desiderio di ripetere una simile esperienza. Come risultato, Draco era ora in grado di mostrare estremo apprezzamento per la sua nuova condizione di Casa, ed era improbabile che facesse qualunque cosa per metterla in pericolo.
Anche Hermione stava scoprendo che la reputazione di “spietata senza scrupoli” era molto più godibile di quella di “secchiona santarellina”, ed avere l'approvazione di Jones rendeva solo le cose più dolci. Ovviamente, dunque, stabilì Piton, gli altri bambini non aveva riportato alcun danno permanente dall'incontro – tutto l'opposto, in effetti.
Harry aveva, al contrario, visto ancora una volta l'illusoria sicurezza di Hogwarts infrangersi. Il ragazzo aveva appena cominciato a sentirsi al sicuro dagli abusi di quel suino di suo cugino quando si era ritrovato invischiato in quello che doveva essergli sembrato un altro round di quella disgustosa “Caccia ad Harry”. Piton serrò i denti per la furia. Quei quattro Corvonero avevano indubbiamente causato un enorme danno psicologico al fragile moccioso Potter, e sarebbe toccato a Severus, una volta di più, il raccogliere i pezzi.
Dopo aver scortato gli altri studenti nuovamente nelle rispettive sale comuni, Piton aveva spinto Harry verso le proprie stanze. Il ragazzo si era mostrato sorpreso di non dover ritornare al dormitorio con Ron ed Hermione, ma Piton non aveva intenzione di permettere che l'imminente crollo avvenisse quando il ragazzo fosse stato da solo con i suoi idioti compagni. Come se Paciock o Weasley sapessero come reagire ad un flashback post-traumatico! Piton sbuffò per la derisione alla semplice idea.

Harry gettò un'occhiata al di sopra di una spalla verso il suo tutore. Proprio come si era aspettato, Piton era rimasto ad incombere sopra a Madama Chips per tutto il tempo in cui lei aveva esaminato Harry nell'Infermeria. La strega era stata sul punto di maledirlo quando lui aveva insistito che lei ripetesse i suoi incantesimi diagnostici due volte, giusto nel caso in cui le fosse inavvertitamente sfuggito qualcosa. Alla fine, Madama Chips aveva incollato con un Incanto Adesivo il professore ad una sedia accanto al letto di Harry e aveva minacciato di lanciargli un Incantesimo Silenziante se avesse continuato a dirle come fare il suo lavoro.
Harry aveva gettato un'occhiataccia alla strega – come si permetteva di parlare al suo professore come se fosse un bambino piccolo! - ma lei aveva frainteso la sua rabbia per dolore e gli aveva dato un'altra pozione analgesica. Harry sospirò: aveva bisogno di lavorare di più sul suo cipiglio se sperava di poter mai essere spaventoso come lo era il suo guardiano.
Piton guardò il ragazzino accanto a sé ed aggrottò la fronte. Perché il moccioso stava sospirando e sembrava così depresso? Si stava agitando per quanto era popolare come bersaglio? Interrogandosi su chi sarebbe stato il prossimo a tendergli un'imboscata?
Harry osservò di sottecchi Piton. Oooh, il professore sembrava di cattivo umore. Era ancora arrabbiato con Madama Chips, o aveva intenzione di rimproverare Harry per la sua imprudenza nel chiedere di mangiare prima di andare in Infermeria? Harry si morse il labbro. Non aveva avuto intenzione di discutere con il suo tutore in pubblico a quel modo, ma, semplicemente, non aveva voluto apparire come un piagnucolone di fronte agli altri ed era stato spaventosamente affamato... Se n'era solo uscito fuori senza pensare e poi, prima che potesse rimangiarsi quel che aveva detto e scusarsi, Ron gli aveva fatto eco, e allora il Professor Silente era passato davanti al Professor Piton proprio lì, davanti a tutti.
Harry si agitò. Non era stato precisamente disobbediente, ma di certo non si era nemmeno comportato bene. Se avesse mai obiettato ai Dursley in quel modo (in pubblico, oltretutto!) gli sarebbe stata data almeno una settimana di lavori domestici raddoppiati, ed avrebbe sentito la cintura di suoi zio sul sedere. Era certo che il professor Piton non l'avrebbe trattato così, ma non era la minaccia della punizione che lo faceva stare così male; era sapere che aveva mancato al professore e gli aveva fatto fare una figuraccia davanti agli altri insegnanti.
Il cipiglio di Piton s'intensificò mano a mano che l'espressione del viso del moccioso si faceva sempre più desolata. Aveva avuto ragione – il ragazzo era vicino ad un crollo nervoso. Non appena la porta delle loro stanze si chiuse alle loro spalle, Harry si girò verso Piton con un grido strozzato. “Mi dispiace!” se ne uscì fuori, le lacrime che già scorrevano sulle sue guance. “Per favore, non essere troppo arrabbiato!”
Piton sbatté le palpebre, colto di sorpresa. “Per che cosa diavolo ti stai scusando, sciocco ragazzino?” chiese, trascinando Harry nella camera da letto del ragazzo e tirando fuori il suo pigiama.
Harry tirò su con il naso ed abbassò il capo. “Mi dispiace di essermi comportato male.”
Piton digrignò i denti e si sedette sul letto, trascinando il ragazzo piagnucolante finché non lo ebbe in piedi di fronte a sé. Il ragazzo pensava davvero di aver causato l'attacco? O di aver sbagliato a difendersi? Andando avanti così, non sarebbe mai stato in grado di fronteggiare Voldemort. Il Signore Oscuro avrebbe dovuto semplicemente fingere di strillare per il dolore durante il loro primo scontro ed Harry sarebbe corso verso di lui, sommerso dalla preoccupazione e dal rimorso. Mi dispiace così tanto! Ti ha fatto male? Sapevo che non avrei dovuto usare un incantesimo così violento! E' tutta colpa mia! “Non ti sei comportato male. Sono le azioni di quei quattro Corvonero ad essere riprovevoli.”
Ora fu il turno di Harry di sbattere le palpebre per la confusione. “Cosa?”
“Cosa?” domandò Piton. Come poteva Harry aver male interpretato questa affermazione? Oh, forse “riprovevoli” era una parola troppo lunga da usare con un Grifondoro. Si strinse la radice del naso tra le dita. “Non ti sei comportato male,” ripeté lentamente, sperando che quattro parole da una sillaba potessero essere sufficientemente chiare. Se così non fosse stato, cos'altro avrebbe potuto fare? Provare con dei disegni?
“Sì, l'ho fatto,” obiettò Harry, aggrottando la fronte.
“No, non l'hai fatto!” Un tipico bambino abusato – sempre a pensare di meritare il trattamento che riceveva.
“Sì, l'ho fatto!” Harry stava cominciando ad essere un po' stanco del fatto che il professore chiudesse sempre un occhio quando si comportava male, specialmente quando il suo comportamento lo metteva di riflesso in una cattiva luce. Il professor Piton doveva smettere di essere così gentile con tutti! Aveva permesso al Preside ed a Madama Chips e, sì, anche ad Harry, di trattarlo con troppo poco rispetto. Aveva bisogno di imporsi un po' più per sé stesso.
“Potter,” affermò Piton, “non è stata colpa tua se quei ragazzi ti hanno attaccato.”
“Oh, questo lo so!” Harry alzò gli occhi al cielo. Poi si illuminò in viso. “Hai visto come li ho combattuti? Proprio come hai detto, giusto? Anche Marcus ha detto che ho fatto davvero bene! Ed ho usato quel nuovo incantesimo e tutto!”
“Er, sì.” Piton ora era veramente confuso. Si supponeva che i sopravvissuti ai traumi sperimentassero sbalzi d'umore tanto drammatici?
Confortato dall'evidente approvazione del suo tutore, Harry si arrampicò in grembo all'uomo. “Avresti dovuto vedermi!” disse entusiasta, preparandosi a descrivere la battaglia a beneficio del suo professore. “Jeffreys ha fatto così ed io gli ho fatto bang! E avresti dovuto vedere il suo naso sanguinare! E poi ho fatto 'Accio!' e la bacchetta dell'altro ragazzo stava, tipo, contorcendosi dappertutto, e poi l'altro ha fatto thump e poi quando hanno provato ad acchiapparmi io ero così -” Ed Harry cominciò a contorcersi così tanto che Piton temette che stesse avendo un attacco di convulsioni. Afferrò il ragazzo prima che saltellasse giù dalle sue gambe fino al pavimento. “- e loro non riuscivano a tenermi! Ed allora ho fatto così, hiya!” Harry si esibì in un'imitazione davvero buona di un urlo di karate accompagnato da un calcio, lanciandosi contro il petto del suo tutore. “E poi -”
“Sì, sì, signor Potter, credo di aver capito,” lo interruppe Piton in fretta. “Ovviamente hai fatto quel che ti era stato detto... Ben fatto.” Riuscì a sputare fuori il complimento inusuale, ed Harry scintillò d'orgoglio.
“Ma, allora, per che cosa ti stavi scusando, sciocco ragazzino?” chiese.
“Oh.” L'espressione di Harry si rannuvolò. “Per quando sono stato maleducato.”
Piton aggrottò la fronte, cercando di comprendere di che cosa stesse blaterando il ragazzino.
Harry inghiottì a vuoto di fronte al cipiglio che apparve sull'espressione del suo professore. Aveva avuto ragione; l'uomo era irritato. “Non volevo essere impudente,” lo pregò. “Ero solo affamato, e non pensavo...”
“Un errore piuttosto comune per te, Potter. Devi pensare prima di agire,” sbottò Piton automaticamente, mentre ancora cercava di capire a che cosa il ragazzo si stesse riferendo.
“Sissignore,” mormorò Harry tristemente, sbirciando verso l'uomo attraverso la frangia. “Non discuterò mai più con te in pubblico. Non volevo farti fare brutta figura. Per favore, non essere troppo arrabbiato.”
Piton sbatté le palpebre. Il ragazzo era stato attirato in un'imboscata da studenti più grandi in uno scontro uno a quattro, con diverse centinaia di chili di vantaggio nel peso e molti anni in più d'esperienza con la magia. Aveva evitato ferite gravi, se non la morte, per un soffio, e solo a causa di un'alleanza assolutamente inaspettata tra Case rivali. Ne era uscito con lividi e bernoccoli tali da mandare a letto in lacrime l'undicenne medio, e l'unica cosa che lo preoccupava era il fatto di essere stato un po' impudente verso il suo tutore nel mezzo dell'eccitazione da adrenalina seguita allo scontro?
Piton aggrottò la fronte. Ovviamente il ragazzo era in una fase di negazione, reprimendo le sue vere emozioni e trasferendole sull'insensata preoccupazione di aver fatto fare brutta figura a Piton. Come se ad un Potter avrebbe potuto mai importare una cosa simile!
“Per favore, Professore!” L'ansia di Harry crebbe quando vide il cipiglio del professore. L'uomo si era deciso a liberarsi di lui? Harry avrebbe potuto capire perché il professore potesse non desiderare un tale, irrispettoso protetto. “MI dispiace! Mi scuserò davanti a tutti domani, se vuoi, o -”
“Zitto, Potter,” lo rimproverò Piton. Già, il ragazzo stava indubbiamente sublimando i propri sentimenti. Meglio infilarlo nel letto e lasciarlo riposare. Tirò le vesti di Harry, con una smorfia alla vista di quanto polverose fossero divenute durante lo scontro.
“Mi vuoi sculacciare?” offrì Harry, sorpreso ma non contrario. Se il Professore gli stava togliendo i vestiti per sculacciarlo, magari questo significava che l'avrebbe tenuto ancora. “Non essere ridicolo, Potter!” Piton gli lanciò un'occhiata, furioso davanti a quell'ulteriore evidenza del fatto che il ragazzo pensasse di meritare di essere assalito e picchiato. “Conosci perfettamente le mie regole riguardo alle punizioni fisiche. Non hai fatto niente per meritarti una sculacciata.”
“Ma – ma – io ho detto -” Le parole di Harry vennero soffocate quando Piton gli strattonò il maglione sopra la testa. “Ouch!” si lamentò quando il colletto premette su un punto dolente sul suo scalpo.
“Hmf.” Piton esaminò – con dita sorprendentemente gentili – il livido che restava sul retro della testa di Harry. “Ti darò un'altra pozione per quello. Signor Potter, hai ovviamente riportato una ferita al capo durante lo scontro. Di conseguenza, difficilmente puoi essere ritenuto responsabile per essere stato lievemente impulsivo quando hai parlato subito dopo."
Harry sbatté le palpebre. “Davvero?”
“Sì. Ora piantala di startene lì come se avessi appena visto un basilisco e mettiti il pigiama.”
“Ma è troppo presto per andare a letto!” protestò Harry automaticamente. “Non sono stanco!”
“Certo che lo sei,” lo informò Piton in tono autoritario mentre allentava la cravatta del ragazzo. “Sei appena passato attraverso Un'Ordalia.”
Harry si grattò il naso e ci pensò su mentre il Professor Piton continuava a mettergli il pigiama come fosse stato un bambino piccolo. Un'Ordalia? Davvero? Non era sembrato così strano ad Harry. Era abituato da un sacco di tempo ad essere aggredito in ogni momento – uno degli effetti collaterali dell'avere Dudley come cugino. L'unica cosa diversa, oggi, era stata che non solo gli era stato permesso di reagire, ma era anche stato aiutato, nel farlo, da un intero squadrone di alleati.
Ma forse il Professor Piton era preoccupato che tutte quelle emozioni – anche buone emozioni – fossero stancanti. Se questo era vero, allora sì, Harry sarebbe stato molto stanco, dal momento che on si era mai sentito così sicuro e protetto in tutta la sua vita come lo era lì ad Hogwarts: e ciò accadeva solo perché il Professor Piton aveva capito com'erano i Dursley e l'aveva portato via da loro.
Piton emise un piccolo sbuffo di soddisfazione mentre tirava la parte superiore del pigiama sopra a quell'indisciplinato spazzolone nero di capelli. Infilare bambini recalcitranti nelle loro vesti da notte non era neanche lontanamente difficile come sostenevano i libri. Era ovvio che fosse semplicemente necessario approcciarsi fermamente ai piccoli mostri.
Allungò le mani verso la cintura di Harry e il ragazzo squittì e saltò indietro, stringendosi la cinta. “Professore! Posso farlo da solo!” protestò, indignato.
Piton si alzò in piedi. “Allora fallo subito. Tornerò tra un attimo con la pozione per la tua testa, e se non sarai del tutto cambiato, allora ci saranno...” fece una pausa drammatica, “delle Ripercussioni.” Uscì maestosamente dalla stanza, le vesti che si gonfiavano.
Harry lo guardò uscire, impressionato. Ripercussioni? Wow. Non era mai stato minacciato con una di quelle, prima. Non era neanche sicuro di cosa fossero, ma suonavano abbastanza minacciose da spingerlo a precipitarsi nei pantaloni del pigiama.
Piton rientrò nella stanza e trovò un ragazzino infilato nel suo pigiama e circondato da vestiti in disordine. “Mi sono cambiato!” puntualizzò Harry orgogliosamente, compiaciuto di aver anticipato il ritorno del professore di 30 secondi buoni.
“Congratulazioni”, disse l'insegnante di Pozioni acidamente. “Bevi questo.”
Harry brontolò, sapendo che avrebbe avuto un sapore pessimo, ma era ancora un po' nervoso riguardo a quelle Ripercussioni, così fece quel che gli era stato detto. “Uggggggh! Come mai nessun altro ha dovuto prendere delle pozioni in più?” si lamentò, gettando a Piton un'occhiata furtiva piuttosto calcolatrice.
Proprio come aveva sperato, il professore ci cascò. “Perché, moccioso, nessun altro è il mio protetto, sotto la mia cura e protezione,” sbottò Piton. Harry sentì una vampa di felicità alle parole. Amava quando il professore diventava tutto protettivo e mostrava quanto gli importasse. “Ora di corsa in bagno e lavati.” Girò Harry tenendolo per le spalle e gli assestò una piccola spinta. “Sbrigati – come ti aspetti di liberarti del sapore della pozione se non ti lavi i denti, sciocco ragazzo?”
Harry si diresse allegramente verso il bagno. Questa era precisamente una cosa che il suo professore avrebbe fatto – dargli una pozione subito prima che si lavasse i denti, così che il dentifricio alla menta cancellasse il pessimo sapore. Madama Chips non era così premurosa. Lei aveva semplicemente dato loro tutte quelle pozioni guaritrici per i tagli e i lividi senza neanche un bicchiere d'acqua subito dopo. Sì, era stata molto occupata, ma il Professor Piton non si sarebbe mai dimenticato una cosa simile.

Piton gettò un'occhiata alla stanza e fece una smorfia irritata. Il ragazzino era stato lì per pochi giorni e sembrava già che un branco di ippogrifi avessero imperversato nella camera. Si piegò per raccogliere i vestiti e metterli via appropriatamente. Perché mai i ragazzi nel periodo dell'adolescenza lanciavano i vestiti qua e là? Qualcuno avrebbe dovuto scrivere un articolo sull'argomento: La produzione subconscia di campi caotici magici da parte dei maschi adolescenti.
Quando diede le spalle all'armadio, dopo aver sistemato ordinatamente le scarpe di Harry sul pavimento, il moccioso emerse dal bagno, lavato fino ad avere la pelle rosata e sorridente. Perse il sorriso quando gettò un'occhiata al letto. “Non voglio dormire!” si lamentò. “E' troppo presto!”
“Entra. Nel. Letto.”
Harry gettò un'occhiataccia al pavimento; ma si trascinò lentamente verso il letto e – sempre con insultante lentezza – vi si arrampicò sopra. “Non dormirò!” dichiarò in tono di sfida. “Mi siederò semplicemente qui e fisserò il soffitto e sarò annoiato. Non puoi costringermi a dormire.”
Piton sollevò un sopracciglio a quella frase, e Harry si chiese improvvisamente se non avesse esagerato. Solo perché non voleva andare a dormire non significava che dovesse essere così impudente. Non si era appena scusato proprio per quello? E, mentre questa volta non era in pubblico, magari il Professor Piton non sarebbe stato ancora così indulgente – ferita alla testa o meno.
Harry si ricordò in ritardo che l'ultima volta che era stato nelle stanze del professore e si era lamentato di essere annoiato – sperando che il professore avrebbe colto il suggerimento e si sarebbe offerto di fare una partita di Spara-Schiocco o con il Mini-Quidditch con lui – si era invece trovato spinto verso un tavolo, dove gli erano stati presentati una penna ed una pergamena e si era trovato di fronte a Il Compendio Mastro di Ingredienti di Pozioni per il Maestro di Pozioni: 1500 Ingredienti Dei Quali Non Puoi Fare a Meno1. Trascorrere i seguenti 45 minuti copiando pagine del compendio gli aveva insegnato che lamentarsi della noia con un professore di Pozioni non era la cosa più intelligente del mondo da farsi. D'altra parte, aveva convinto poi l'uomo a lasciargli usare la sua nuova conoscenza aiutando Piton a preparare ingredienti. Questo aveva portato a quasi tre ore trascorse nel laboratorio di Pozioni, con gran gioia di Harry.
Ma, dal momento che dubitava che il professore l'avrebbe portato nel suo laboratorio di Pozioni stanotte, Harry davvero non voleva dover stare seduto e copiare pagine e pagine di informazioni sugli ingredienti. Se avesse potuto scegliere, avrebbe preferito stare sdraiato nel suo comodo letto e rivivere nella sua mente la Grande Battaglia. Guardò verso il professore nervosamente. Aveva rovinato tutto? L'uomo l'avrebbe mandato a prendere il compendio?
Gli occhi di Piton si assottigliarono davanti al tono intransigente del ragazzo. Non c'era da sorprendersi che il demonietto si stesse agitando come un Folletto della Cornovaglia sotto stimolanti – di certo aveva un bel po' di adrenalina in circolo nel sangue, e i suoi rapidi sbalzi di umore – dalle scuse lacrimevoli all'atteggiamento scontroso di sfida – erano un'ulteriore dimostrazione del suo stato di mente, eccessivamente stanco, eccessivamente stressato ed emotivamente confuso. Avrebbe potuto somministrargli una dose di Pozione Calmante, ma il ragazzo era già inondato di pozioni medicinali. Meglio gestire la cosa alla maniera Babbana – con una mano decisa.
“Sdraiati sullo stomaco,” ordinò, sedendosi sul letto.
Gli occhi di Harry si spalancarono. D'accordo, tecnicamente era stato disobbediente – o almeno aveva minacciato di esserlo – ma non si era davvero aspettato che il professore fosse così arrabbiato. Ovviamente, però, l'uomo aveva deciso di averne abbastanza dell'arroganza di Harry. Stupido Harry! Così stupido! E' così che lo ripaghi per essersi preso cura di te? Protestando un altro po'?
Harry inghiottì a vuoto e fece come gli era stato detto, aggrappandosi al cuscino e affondando la faccia in esso. Sentì le mani del professor Piton tirare giù le coperte e si preparò per lo sculaccione che sarebbe seguito. Sapeva che non gli avrebbe fatto molto male al sedere, ma faceva dolere il suo petto pensare di avere, ancora una volta, fatto arrabbiare e causato disappunto all'uomo.
Stranamente, però, il professore non gli scoprì il sedere, lasciando le coperte arrotolate appena al di sopra di esso. Si sta assicurando che lo scapaccione non faccia male, con le coperte a fare da imbottitura? Proprio mentre Harry si stava chiedendo cosa stesse succedendo, la ferma mano del professore era scesa ed aveva cominciato a massaggiargli la schiena.
“Rilassa la muscolatura, impossibile moccioso,” ordinò Piton bruscamente. Poteva anche accarezzare il piccolo mostro, ma ciò non voleva dire che stesse diventato tutto sdolcinato e sentimentale. “Svuota la mente. Rilassati.”
Harry si lasciò sfuggire un gridolino soffocato di sorpresa quando, invece che assestargli un pungente scapaccione, la mano del suo professore cominciò invece a massaggiargli i muscoli della schiena, alleviando la tensione del giorno. Ancora una volta Harry si meravigliò di quanto l'uomo facesse assolutamente schifo nel punire, e si preoccupò pensando che gli altri studenti dovevano sicuramente approfittarsi di lui. Ma tutti i pensieri coerenti vennero rapidamente cancellati mentre la voce di velluto dell'uomo e le sue forti dita facevano svanire contrazioni e stress.
“Mmrglph,” mormorò Harry in assoluta beatitudine mentre il professore si allungava e gli massaggiava gentilmente lo scalpo. Gli sembrò di galleggiare su una nuvola mano a mano che i suoi muscoli si scioglievano e lo stress fuoriusciva da lui.
“Svuota la mente. Immagina di essere circondato da un'oscurità vellutata. Ne sei circondato, fluttui nel vuoto. Nulla può ferirti. Nulla può preoccuparti. Nulla può toccarti. Sei al sicuro e protetto,” mormorò la bassa voce del professore in tono ipnotico; ed Harry si rilassò ancor di più, praticamente sciogliendosi nel materasso mentre sia la sua mente che il suo corpo si rilassavano dopo l'eccitazione della giornata.
“Stai fluttuando nel nero, profondo vuoto -”
“Volando,” bofonchiò Harry, l'ultima scintilla di consapevolezza che si faceva sentire.
“Cosa?”
“Non fluttuando. Volando,” disse Harry, la voce impastata. “Mi piace volare.”
Piton alzò gli occhi al cielo. “Bene. Volando. Stai volando nel vuoto. La tua mente è calma, il tuo corpo rilassato. Niente può vederti.” Sotto le sue dita sentì i muscoli del ragazzo distendersi, il suo respiro farsi lento e profondo. Ah! Alla faccia del Signor 'Io Non Andrò a Dormire e Tu Non Puoi Costringermi', pensò compiaciuto. Questo avrebbe insegnato al moccioso chi era a comandare. Continuò il lento, gentile massaggio e l'invitante mormorare finché non fu certo che il ragazzo fosse profondamente addormentato.
Bene. Era stato disgustosamente facile. E lui che si era preoccupato di come avrebbe fatto ad insegnare al ragazzo l'Occlumanzia! Era ovvio che una simile abilità fosse necessaria per Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, per evitare che qualche Legillimante Oscuro provasse a ridurgli in pezzi la mente; ma Piton aveva temuto che, visto il passato del ragazzo, sarebbe stato impossibile per lui sviluppare tanta fiducia in un'altra persona da seguire le istruzioni sul come svuotare la mente. Era evidente che non avrebbe avuto bisogno di preoccuparsi; se questo era un indizio, Harry era quasi troppo fiducioso, seguendo le istruzioni di Piton senza esitazioni.
Piton decise che avrebbero dovuto farne un'abitudine regolare – abituare il ragazzo a svuotare la mente prima di dormire. Gli avrebbe insegnato gli elementi di base dell'Occlumanzia e, contemporaneamente, l'avrebbe fatto scivolare in un sonno profondo e riposante. E avrebbe evitato ulteriori prese di posizioni puerili sul suo “non essere stanco”. Il fatto che ciò avrebbe significato che Piton avrebbe dovuto impegnarsi in un rituale abituale all'ora di andare a dormire con il mostriciattolo era irritante, certo. Aveva cose molto più importanti da fare che non sedere sul letto accanto al mocciosetto, calmandolo e cullandolo verso il sonno con le parole. Diamine, un osservatore poco informato avrebbe anche potuto pensare che stesse coccolando il moccioso.
Piton assunse un'espressione torva. Non era affettuoso e premuroso; il massaggio rilassante era semplicemente di supporto all'addestramento per l'Occumanzia. Tutto lì.
Guardò verso il basso, verso il punto in cui la sua mano stava, inspiegabilmente, pettinando i capelli per scostarli dal viso del piccolo orrore. Mentre dormiva così era quasi possibile dimenticare che razza di impossibile moccioso fosse – sempre impegnato a cacciarsi nei guai ed a creare il disastro ovunque andasse. Piton aggrottò la fronte, ripensando agli eventi della serata. Come osavano quei Corvonero pensare di poter attaccare Potter? Se la Granger e i ragazzi non fossero capitati lì... Piton rabbrividì, le mani che si facevano ancor più gentili mentre accarezzava distrattamente il capo di Harry. Ovviamente era diventato il guardiano del ragazzo appena in tempo.
Sentì il ruggito del fuoco, poi la voce del Preside chiamarlo. Si alzò rapidamente dal letto – non gli sarebbe piaciuto essere trovato seduto lì e intento ad accarezzare il moccioso. Albus avrebbe sicuramente male interpretato la situazione e immaginato che Piton stesse facendosi sentimentale, piuttosto che occupato ad applicare semplicemente le tecniche necessarie per l'apprendimento dell'Occlumanzia.
Piton chiuse la porta della camera da letto dietro di sé ed andò incontro al Preside. “Sono qui, Albus,” rispose.
“Ah, eccoti qui, ragazzo mio. Harry sta bene?” Silente provò a sbirciare oltre le sue spalle, ma venne sconfitto dalla porta chiusa.
“Sta dormendo.”
“Hmm. Si è trattato di un evento interessante, non trovi?”
“Se consideri interessante l'imboscata e l'assalto ad uno studente del primo anno da parte di quattro studenti di livello superiori.”
Lo scintillio negli occhi di Silente si affievolì un poco. “Sì, confesso di aver in qualche modo sottovalutato il rischio per Harry da parte dei suoi compagni. Non avevo previsto che qualche genitore potesse aver corrotto tanto le menti dei propri figli con l'odio...”
Piton inarcò un sopracciglio. “No?” Ma, in effetti, Piton non era affatto sorpreso. La più grande debolezza di Silente, agli occhi di Piton, almeno, era la sua infinita capacità di credere il meglio di chiunque. Dare alla gente il beneficio del dubbio, offrire seconde (e terze e quarte...) possibilità, tutto ciò era il marchio di fabbrica di Silente. Nel profondo del suo cuore il Preside era un romantico, che credeva sempre che tutti avrebbero fatto alla fine la cosa giusta, se solo fosse stata data loro l'opportunità. Al contrario, la natura sospettosa di Piton lo spingeva a diffidare di tutti a prima vista; e, sfortunatamente, scopriva anche troppo spesso di aver ragione. D'altra parte, ciò significava che restava raramente sorpreso.
“Malgrado la tua sorpresa, Preside, confido che ora tu possa comprendere la minaccia per il mio protetto e che supporterai il suo apprendimento accelerato degli incantesimi difensivi?” L'espressione di Silente era triste, ma lui annuì in assenso.
“E di certo hai espulso i quattro Corvonero,” proseguì Piton, anche se aveva poca speranza che Silente avesse preso un simile corso d'azione. Il Preside detestava espellere chiunque, e avrebbe fatto quasi qualunque cosa per evitare una tale, ultima punizione, come Piton sapeva anche troppo bene. D'altra parte, il professore di Pozioni era quasi ansioso di poter esigere la propria vendetta sui quattro ragazzi – per non menzionare il pensare cosa la sua Casa e i leoni di Grifondoro avrebbero fatto loro quando nessun insegnante sarebbe stato nei dintorni. Sapendo di avere la tacita approvazione di Piton, i suoi studenti si sarebbero assicurati di rendere indelebilmente chiaro al resto della scuola che prendersela con un Serpeverde era decisamente una cattiva idea.
Le piacevoli fantasie di Piton si infransero bruscamente quando Albus sospirò. “Sì. Ho avuto poca scelta in merito.”
La mascella di Piton crollò. “Cosa? Dici sul serio? Li hai espulsi? Tutti e quattro?”
Albus riguadagnò un poco del proprio scintillio di fronte all'espressione sbalordita dell'insegnante di Pozioni. “Be', Severus, sapevo perfettamente che non mi avresti mai permesso di fare altrimenti. Anche se l'assalto dei ragazzi non avesse avuto intenti così chiaramente assassini, tu hai messo in chiaro che prendi la sicurezza di Harry estremamente sul serio. Sapevo che non gli avresti permesso di stare ad Hogwarts se i suoi attaccanti fossero rimasti in giro, e, date le circostanze, era ovviamente solo giusto che fossero i suoi aggressori ad andarsene.” Albus gli rivolse un'occhiata tagliente. “Non che i ragazzi abbiano obiettato alla mia decisione. Erano anche troppo preoccupati di cosa avrebbe potuto accadere loro se fossero rimasti a scuola. Credo che pensassero che la loro salute potesse essere... a rischio.”
“Cielo, cielo,” Severus inarcò un sopracciglio. “Perché l'avrebbero pensato?”
Albus non si degnò di replicare. Invece, proseguì, “A causa di questa convinzione, tutti e quattro erano anche troppo desiderosi di rendere una confessione completa. Non ho avuto scelta – ho chiamato gli Auror e loro hanno portato via i ragazzi. Sospetto che i signori Peterson e O'Leary saranno riconsegnati ai loro genitori dopo essere stati interrogati, ma Jeffreys e Smythe saranno probabilmente imprigionati.
“Bene,” sbottò Piton, impietoso.
Silente sospirò stancamente. “No, Severus. Non è bene. E' molto triste vedere tanta giovinezza e tanto potenziale sperperati per amarezza e vecchi rancori.”
“Hanno fatto le loro scelte, Preside, e ora sono ritenuti responsabili delle loro azioni. Non è questo che dovresti instillare in questi ragazzi?”
Albus alzò leggermente le spalle. “Suppongo di sì.”
“E quale messaggio avresti mandato agli altri studenti, per non parlare di Har – er, del moccioso Potter – se non li avessi allontanati da scuola?”
Silente batté gentilmente sulla sua spalla. “Grazie per aver provato a tirarmi su di morale, ragazzo mio.” Piton aggrottò la fronte; non era stata affatto questa la sua intenzione! “Ma devo ammettere che non solo venuto qui solamente per essere confortato. Ho qualche brutta notizia.”
Piton si irrigidì. “Cosa?”
“Quando gli Auror sono arrivati per recuperare i ragazzi, mi hanno informato che Sirius Black è fuggito da Azkaban.” Silente fece una pausa, guardando l'uomo più giovane con profonda preoccupazione.
Piton costrinse le proprie fattezze in una maschera gelida. “Sanno come Black è riuscito nell'impresa?” chiese, la voce vuota d'ogni emozione.
“Il Ministero ha cercato di tenere segreta la cosa, ecco perché non ne siamo stati informati prima; ma uno degli Auror mi ha detto che hanno scoperto un simulacro nella cella di Black qualche giorno fa. Non sono stati in grado di scoprire come Black abbia potuto accedere ad una bacchetta – la loro migliore ipotesi è che qualcuno gliene abbia passata una di nascosto, con la scusa di far visita ad un altro prigioniero. Hanno già interrogato tutti i visitatori della prigione degli ultimi mesi ma non hanno compiuto nessun arresto.”
“Di sicuro la risposta è ovvia,” osservò Piton beffardo, lieto che il codice etico di Albus gli impedisse di usare le sue abilità di Legillimante. “Il lupo mannaro dev'essere coinvolto.”
Albus sospirò. “Oh, ragazzo mio, se solo tu riuscissi a guardare oltre i vecchi insulti. Gli Auror hanno già interrogato Remus due volte – sotto Veritaserum la seconda volta – e non sapeva niente dell'attuale posizione di Black, né era stato ad Azkaban, né era stato coinvolto nella fuga.” Piton riuscì ad evitare di trattenere il fiato per il sollievo. Non si era aspettato che usassero il Veritaserum, anche se, data la condizione di Remus, non avrebbe dovuto esserne sorpreso. Era facile ottenere il permesso di usare il Veritaserum sui lupi mannari.
Schiacciò un riluttante sentimento di ammirazione per Lupin: ovviamente il suo ruolo di Malandrino era stato ben meritato, se era in grado di ingannare gli Auror anche sotto siero della verità – non che avesse dovuto mentire, ma Remus aveva ovviamente risposto con molta attenzione. Era una buona cosa che Piton non avesse detto al lupo niente riguardo alla fuga né dove aveva nascosto Black.
“Ancora più importante, Remus ha accettato un lavoro sul Continente – l'Italia è più tollerante verso la licantropia – ed è stato in grado di dimostrare che i colloqui con il suo nuovo datore di lavoro sono iniziati prima che Sirius scappasse. In nessun modo poteva essere coinvolto, anche se immagino che sarai felice di sapere che tra poco andrà a vivere dall'altra parte del mare.” Piton ghignò. “Temo che il Ministero non abbia idea di come trovare Sirius, e le notizie della fuga stanno cominciando a diffondersi – ecco perché l'Auror ha pensato di potermelo dire. Sono certo che l'informazione ti preoccupi, Severus, ma non riesco a credere che Sirius sarebbe così sciocco da cercare Harry – o te.”
“A differenza tua, Albus, io sono convinto che l'idiozia di Black sia illimitata. Provvederò ad adeguati arrangiamenti per assicurarmi che né il moccioso né io riportiamo alcun danno.”
Silente annuì e si volse per andare. Davanti al camino fece una pausa e si volse. “L'Auror ha menzionato qualcosa di strano, Severus.” Davanti al sopracciglio sollevato del professore di Pozioni, Silente continuò, “Sotto Veritaserum, Remus ha affermato di essere certo che Sirius fosse innocente. Amelia Bones, che era presente, era interessata al fatto che qualcuno continuasse a nutrire dubbi riguardo a quello che è stato per così tanto tempo considerato un caso chiuso e – come la strega coscienziosa che è – sta riaprendo le indagini iniziali sulla morte di Peter e le morti dei Babbani.” Albus apparve a disagio. “Ho paura che possano venir riportate a galla alcune antiche e dolorose memorie, ragazzo mio. Farò del mio meglio per impedire loro di andare avanti, certo, ma -”
“No.” Piton lanciò un'occhiataccia ad Albus. “Tu non farai nulla per intralciare l'indagine di Bones, Preside.” Grandioso – ho fatto tutta quella fatica per far uscire il bastardo da Azkaban, ed Albus prontamente mi mette i bastoni in mezzo alle ruote. Il vecchio mago lo fissò, sorpreso. “Ma pensavo che ricordare quei terribili giorni – gli omicidi di Lily e James – sarebbe stato acutamente doloroso per te ed Harry.”
Piton serrò i denti. “E' meglio per il ragazzo venire a patti ora con la perfidia di Black e le morti dei suoi genitori piuttosto che restarsene coccolato in qualche menzogna, come l'idea che i suoi parenti fossero due ubriachi morti in un incidente d'auto,” esclamò beffardo, fissando cupamente il Preside.
Silente arrossì davanti a quel ricordo dell'inidoneità dei Dursley. “Capisco come la pensi, Severus. Forse è meglio per Harry conoscere la verità, per quanto dolorosa possa essere.” Guardò con più attenzione Piton. “E tu, ragazzo mio? Come starai, dovendo sentire ancora una volta come Lily è stata tradita?”
Piton forzò fuori un ghigno. “Sentir parlare delle spregevoli, vigliacche azioni di Black non è affatto doloroso per me, Albus. E' Minerva della quale dovresti preoccuparti.”
Silente sospirò di fronte a quell'ulteriore prova della persistente amarezza di Piton. “Sì, suppongo che tu abbia ragione. Be', dovrei lasciarti occupare di Harry, allora.” Si girò un'ultima volta. “Hai motivo per essere molto orgoglioso della tua Casa, oggi, ragazzo mio – come il resto della scuola.”
Piton cercò di non apparire troppo compiaciuto. “Sì, sono stati piuttosto impressionanti, no?”
Silente gli rivolse un'occhiata scintillante. “Piuttosto.”
Piton si rilassò solo dopo che il Preside se ne fu andato con la Metropolvere. Bene. Ce l'aveva fatta – o sembrava avercela fatta. Ci sarebbe stato l'inevitabile scalpore quando le notizie della fuga di Black si fossero diffuse, ma sarebbe stato presto soppiantato dallo scandalo della più recente celebrità o vittoria di Quidditch. Si aspettava che Lupin lo contattasse da un giorno all'altro, adesso; avrebbe portato il lupo mannaro da Black e gli avrebbe permesso di continuare ad assistere l'idiota sulla strada della salute. Ancora una settimana o due e la caccia a Black si sarebbe spenta; e, subito dopo, Black avrebbe potuto iniziare a lavorare sui Babbani. Piton ricacciò indietro un sorriso – era riuscito ad ottenere due Malandrini al prezzo di uno. I Dursley sarebbero stato indubbiamente molto dispiaciuti.



Note alla traduzione:
(1): Ye Potion Master's Master Compendium of Potion Ingredients: Ye 1500 Magical Ingredients Thou Canst Not Live Without. Sfortunatamente, nessuna delle traduzioni che mi venivano alla mente rendeva al meglio la sfumatura arcaizzante dell'inglese originale (e, in particolare, il gioco di parole tra Master Compendium e Potion Master, necessariamente tradotti come Compendio Mastro e Maestro di Pozioni. A questo proposito, posso approfittarne qui per segnalare che nell'originale Piton è spesso chiamato Potion Master, nel senso tutto inglese di massimo esperto: ma nella traduzione italiana di Harry Potter la forma non è presente, ed ho scelto perciò di non adoperarla anche per via di un suggerimento lasciato dalla mia Amata Beta e da alcuni lettori).

Tre note, prima di passare ai soliti ringraziamenti.
La prima: il linguaggio di Harry nell'originale di questa storia è spesso pieno di abbreviazioni e apostrofi, per rendere l'idea di questo parlato affrettato e spesso bofonchiato, tipico di un ragazzo che parla di corsa e mangiandosi le parole. In italiano, sfortunatamente, la cosa non si poteva rendere se non in pochi, limitatissimi punti: a differenza di quanto avviene per l'inglese, infatti, fonemi e grafemi sono coincidenti nel 99% dei casi.
La seconda: una recensione molto accurata lasciata di Unbreakable_Vow mi ha fatto sentire la necessità di ribadire quanto già segnalato nelle Note alla fine del primo capitolo. Per quanto riguarda la traduzione di nomi di personaggi, luoghi, oggetti, incantesimi e quant'altro appartenente al mondo di Harry Potter, mi sono basata ove possibile sulla versione data nella traduzione originale italiana, anche quando le scelte presenti in quest'ultima non mi convincevano: in particolar modo, si faceva riferimento nella versione di Unbreakable_Vow alla parola Mudblood, nel Capitolo 16 tradotta, così come in Harry Potter e la Camera dei Segreti ed Harry Potter e il Calice di Fuoco in particolare, ma un po' ovunque all'interno della serie, con Mezzosangue. E' ovvio che non sia la migliore traduzione (e la confusione generata in Harry Potter e il Principe Mezzosangue lo dimostra), ma è quella adoperata dalla traduzione italiana e quella che ho intenzione di conservare, soprattutto per venire incontro a tutti i lettori che hanno imparato - come me - ad amare la saga dalle traduzioni in italiano. Cercherò d'ora in avanti, se ritenete sia necessario, di segnalare la cosa tutte le volte nelle Note.
Un altro punto sollevato da Unbreakable_Vow riguardava una personale scelta nella traduzione di un modo di dire: purtroppo non posso spiegare ora dettagliatamente il perché della mia scelta (il modo di dire in questione è being made of sterner stuff, da me reso con essere fatto di un materiale più solido di così, da Unbreakable_Vow con essere fatto di tutt'altra pasta), ma prometto che tornerò sull'argomento più avanti (e precisamente all'altezza del Capitolo 30, ancora da tradurre). Lo stesso modo di dire compare anche lì, infatti, e - come nel caso di Hermione - ho ritenuto non venisse pienamente reso dal più italiano essere fatto di tutt'altra pasta.

Detto questo, vi prego veramente di fare come Unbreakable_Vow ogni volta che pensate sia utile, e di segnalarmi tutte le modifiche, aggiunte o rimozioni che ritenete necessarie ai fini della comprensibilità e piacevolezza della lettura: in assenza dell'Amata Beta in particolare sono lasciata a me stessa, e spesso non rileggo neanche i capitoli una terza volta prima di pubblicarli, perché sono troppo impegnata a tradurre quelli che seguono. @_@

Un grazie a tutti voi, perché state dimostrando un sostegno eccezionale a questa traduzione!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***







Harry si svegliò il giorno dopo sentendosi sorprendentemente bene per essere uno che era stato assalito appena dodici ore prima. Le pozioni, per non parlare del massaggio del Professor Piton, avevano fatto il loro dovere, e il ragazzo praticamente saltellava attraverso il corridoio mentre accompagnava il suo professore a colazione. Certo, svegliarsi nella sua fantastica stanza, con il professore che gli batteva gentilmente la spalla, era abbastanza per metterlo di buonumore, abituato com'era ai Dursley che gli gridavano rabbiosamente attraverso la porta dello sgabuzzino.
Piton guardò con disapprovazione l'allegro moccioso al suo fianco. Odiava le persone mattiniere. Non che gli piacesse particolarmente chiunque altro, ma pensava che le persone che si svegliavano con un sorriso sul volto e una canzone nel cuore avrebbero dovuto essere annegate nel loro porridge mattutino. E cos'aveva il piccolo mostro da essere così felice? Aveva scrollato il moccioso praticamente fin quasi a fargli scappare fuori il moccio per svegliarlo, ed aveva evitato di usare l'Aguamenti solo perché non voleva sprecare tempo con gli inevitabili incantesimi asciuganti che sarebbero seguiti. “Potter,” ringhiò attraverso i denti serrati quando Harry si esibì in un saltello in corsa davanti ad uno degli arazzi appesi per vedere se riusciva a toccarne il bordo inferiore. “Se non ti comporti con appropriata dignità, ti trascinerò per i corridoi per l'orecchio.”
Harry gli lanciò una lunga occhiata, valutandolo, e per un orribile momento Piton temette che il moccioso avrebbe scoperto il suo bluff; ma alla fine il ragazzo sorrise e scrollò le spalle. “Ok, professore,” esclamò amichevolmente. “Posso avere delle frittelle per colazione?” chiese un momento dopo.
Piton gli gettò un'occhiata valutativa. Il tempismo era quasi Serpeverde. “Per favooore?” disse Harry, esibendosi nei suoi migliori “occhi da cucciolo”.
“Solo dopo aver mangiato un po' di frutta e una piccola ciotola di farina d'avena,” disse Piton severamente. “Non ti permetterò di saturarti di zucchero e sciroppo e poi di saltellare eccitato per il castello per il resto della giornata.”
Harry alzò gli occhi al cielo. “Non lo farei!”
“Hmf,” Piton gli lanciò un'occhiata scettica, ma non disse altro sull'argomento.
“Professore?” azzardò Harry un attimo dopo.
“Sì?” replicò lui minacciosamente.
“Distillerai qualche pozione, stanotte?” gli chiese Harry in tono fin troppo casuale.
Piton soppresse rigidamente la contrazione delle sue labbra. Così, ecco cosa voleva il ragazzo. “Forse,” disse senza sbilanciarsi.
Harry fece scivolare un dito contro il muro mentre camminavano. “Perciò forse ti servirà un po' d'aiuto nel preparare gli ingredienti?” propose, nel medesimo tono noncurante.
Piton alzò gli occhi al cielo davanti alla trasparenza delle azioni del ragazzo. E, peggio ancora, il moccioso pensava davvero che preparare ingredienti per pozioni fosse divertente! Gli piaceva trascorrere del tempo nei sotterranei, ed aveva preso l'orribile abitudine di portare con sé diversi Grifondoro. Che cosa si supponeva che Piton usasse come punizione se i nuovi studenti del primo anno volevano tutti passare il tempo schiacciando Bubotuberi ed estraendo occhi di salamandra? Era rimasto nauseato la prima volta che Harry aveva squittito in deliziato orrore e assegnato all'incarico, precedentemente gravoso, la definitiva onorificenza pre-adolescenziale di “DISGUSTOSO!”
Ora lui e Weasley, ed anche il precedentemente pietrificato Paciock, avevano preso l'abitudine di “passare” per il suo laboratorio nella speranza di essere autorizzati a sventrare, spellare, schiacciare o tritare qualcosa. Piton era cupamente consapevole che fosse solo questione di tempo prima che la piccola saccente venisse a sapere della cosa; e una volta che lei avesse cominciato ad insistere per venire, i Corvonero l'avrebbero seguita da presso. Poi i suoi serpenti avrebbero preso a lamentarsi per essere messi da parte, e i Tassorosso avrebbero fatto facce tristi e si sarebbero agitati come anime in pena perché venivano esclusi e poi che cosa si presupponeva che lui facesse per rendere le sue punizioni le più odiate e temute di Hogwarts? Avrebbe perso la sua reputazione di Malvagio Pipistrello del Sotterraneo, ed era tutta colpa del moccioso.
Lanciò un'occhiataccia al piccolo mostro. “Non sono ancora sicuro,” sbottò.
“Oh.” Harry parve deluso, ma non rimase avvilito a lungo. “Be', allora magari passerò solo per controllare.”
“Non ti scriverò una giustificazione, se sarai ancora in giro dopo il coprifuoco,” minacciò Piton, “e, se Gazza ti prende, finirai a pulire i bagni con uno spazzolino.”
Harry scrollò le spalle con noncuranza. “Come se questo non l'avessi mai fatto prima. Dai miei parenti, Dudley cercava di farmi usare lo spazzolino, dopo,” si ricordò, rabbrividendo, e Piton giurò silenziosamente che, quando Harry fosse finito in punizione con Gazza, avrebbe dato al Magonò istruzioni molto chiare sul come esattamente Harry dovesse essere trattato e cosa non ci si dovesse aspettare che facesse.
“Puoi venire questa sera, dopo aver finito tutti i compiti. Mi aspetto che tu mi mostri i tuoi saggi, se ti fai vedere, perciò non farmi perdere tempo facendoti vivo senza di essi.”
Harry sospirò. Il Professor Piton aveva messo in pratica la minaccia di seguirlo, e insisteva per controllare i compiti di Harry almeno tre volte alla settimana. Harry doveva ammettere che il professore era stato impagabile nell'aiutarlo ad apprendere come creare una struttura e fare ricerche per un saggio, senza menzionare il presentare le sue idee chiaramente, ma non era poi così felice di dover riscrivere i suoi compiti diverse volte, quando Ron e gli altri sembravano essere in grado di consegnare qualunque cosa. Lanciò un'occhiata al professore, chiedendosi se poteva rischiare di protestare: ma uno sguardo al viso severo bocciò l'idea.
Capiva che il lavoro in più ora gli avrebbe giovato a lungo termine, ed era stato deliziato di apprendere che il professore lo considerava intelligente e si aspettava molto da lui; ma stava praticamente spendendo tanto tempo con il naso nei libri quanto la Granger! Solo la consapevolezza dei suoi compagni di classe che Piton stava ricontrollando tutti i suoi compiti gli assicurava di avere le loro simpatie, piuttosto che essere deriso come un topo di biblioteca. Harry aveva levato una tiepida obiezione quando Piton aveva insistito affinché riscrivesse per la terza volta un saggio di Trasfigurazione, e il suo professore gli aveva lanciato un'occhiata talmente malefica che Harry si era parzialmente aspettato di essersi meritato di scrivere 500 righe di “Non cercherò di essere un imbecille” - cosa, aveva sentito, che Piton aveva assegnato ad uno dei suoi Serpeverde, il saggio di Pozioni del quale apparentemente aveva mostrato segni di uno sforzo insufficiente. Invece, Piton aveva fatto qualcosa di molto, molto peggio.
Si era alzato, aveva aperto la porta e aveva fatto segno ad Harry di andarsene. “Fuori, Potter,” aveva sbottato mentre il ragazzo era rimasto seduto, semplicemente, e l'aveva fissato. “Se sei così ingrato da mal tollerare l'impegno del mio tempo, allora sei più che benvenuto ad essere responsabile dei tuoi sforzi scolastici. Ma Merlino ti aiuti se non raggiungi i voti che mi aspetto dal mio protetto.”
“Ma – ma – ” aveva protestato Harry incoerentemente. Un'ondata di panico lo sommerse. Come poteva il professore pensare di buttarlo fuori in quel modo?
La faccia di Piton si era ammorbidita, in qualche maniera, davanti all'ovvio terrore di Harry. “Non ti sto sfrattando da queste stanze, sciocco moccioso, ma ho modi migliori di trascorrere il mio tempo che non provando a cacciare concetti da primo anno in un cranio testardo. Se non sei interessato al mio aiuto, puoi levarti dai piedi. Vai a studiare per conto tuo o con i tuoi piccoli amici.”
Harry aveva cominciato a tirare su con il naso. “Ma hai detto che mi avresti aiutato,” obiettò, ignorando il fatto di aver desiderato, pochi secondi prima, di fuggire dall'ufficio di Piton.
Piton aveva nascosto il proprio sogghigno. Grifondoro – facile come rubare le caramelle a un bambino.1 “E non hai appena reso chiaro che non desideri più il mio aiuto?” aveva chiesto.
“Non intendevo dirlo,” mormorò Harry. “Voglio restare.”
Piton sospirò pesantemente. “Ed io che pensavo di poter lavorare alle mie ricerche.” Harry sbirciò verso di lui con espressione implorante. “Oh, d'accordo, allora. Mettiti al lavoro su quel saggio,” acconsentì Piton riluttante, trovando difficile non ridacchiare quando la faccia dolente di Harry si trasformò istantaneamente in un sorriso radioso.
Dopo che Harry ebbe finito finalmente il saggio (di nuovo), il Professor Piton lo approvò con riluttanza; e poi trascorse quasi un'ora mostrando ad Harry un incantesimo di protezione assolutamente fantastico, “dal momento che hai dimostrato di avere – dopotutto – la maturità necessaria a concentrarti su un simile studio.” Harry poteva essere un Grifondoro, ma anche lui sapeva riconoscere un premio quando gliene veniva dato uno; e si era rilassato, sapendo che il professore non era più arrabbiato con lui. Doveva anche ammettere che il saggio revisionato tre volte aveva ottenuto un voto eccellente e fatto vincere ad Harry un raro complimento dalla Professoressa McGranitt.
Harry aggrottò la fronte al pensiero di quella discussione. Non era andata a finire neanche lontanamente come si era aspettato, ma un sacco di cose con il Professore andavano così. Qualcosa che pensava sarebbe stato orribile si rivelava essere buono per lui. Sospirò – il professore aveva probabilmente anche ragione per cose come le verdure e i dolci, per quanto fastidioso ciò potesse essere. “Professore?” chiese, un pensiero che gli passava per la testa.
“Mm?” Piton venne distratto dai pensieri delle lezioni progettate per il giorno. “Cosa?”
“Quei ragazzi – Jeffreys e gli altri – saranno a colazione?”
“No. Sono stati espulsi dalla scuola per le loro azioni e presi in custodia dagli Auror la scorsa notte. Gli Auror sono i poliziotti dei maghi,” spiegò, davanti allo sguardo vacuo di Harry.
Gli occhi di Harry si fecero enormi. “Cosa? Perché?” chiese, incredulo. Dopo che tutti i suoi anni di scuola erano stati rovinati dagli attacchi di suo cugino e dei suoi tirapiedi, Harry non avrebbe mai pensato che ai quattro Corvonero sarebbe stato chiesto di pagare per le proprie azioni.
“Erano anche troppo ansiosi di andarsene, piuttosto che affrontare la mia ira,” replicò Piton asciuttamente. “E ho già reso chiaro al Preside che non tollererò alcuna minaccia alla tua sicurezza. Se lui non avesse espulso quei ragazzi, io ti avrei trasferito ad un'altra scuola, piuttosto che dare ai tuoi attaccanti un'altra possibilità di avvicinarti.”
Harry lo fissò. Non aveva mai avuto, nella sua vita, qualcuno che si facesse avanti per lui in quel modo. Sua zio e suo zio avevano naturalmente presunto che Harry fosse stato l'istigatore in ogni scontro con Dudley, ed anche i professori avevano rapidamente preso il loro punto di vista, dal momento che Dudley aveva sempre protestato la propria innocenza rumorosamente e lacrimevolmente, mentre Harry sapeva di non dover dire una parola in propria difesa. Harry era stato piuttosto sorpreso che i ragazzi più vecchi portati via in tutta fretta dal Preside: ma, nell'eccitazione seguita alla Battaglia, non aveva prestato alla cosa molta attenzione. Ma non avrebbe mai, mai supposto che sarebbero stati espulsi – ed a causa sua!
“Dici davvero? Mi avresti trasferito?”
Piton si fermò e lo guardò. “Signor Potter, quali sono le mie due regole più importanti? Ti darò un'indizio: la violazione delle stesse si conclude con un posteriore dolorante per te.”
“N-non mettermi in pericolo e non disobbedire,” disse Harry, inghiottendo a vuoto.
“Esattamente. Tenerti al sicuro e in salute e -” Piton fece una smorfia, ma lo disse “-felice è mia responsabilità come tuo tutore. Io non tollererò alcuna minaccia al tuo benessere, che sia costituita da quello che fai o da questi o da qualcun altro. Hai capito, sciocco bambino?”
Con gli occhi spalancati, Harry annuì. Wow. Piton prendeva la cosa davvero sul serio. Gli doveva piacere Harry, almeno un po', se lo voleva tenere al sicuro. Anche se, al momento, sembrava che avesse addentato un limone. Harry sapeva che a Piton non piaceva doversene uscire allo scoperto ed ammettere tutta quella roba sentimentale, ma ad Harry questo andava bene, perché Piton mostrava quel che sentiva tutto il tempo, sia che si stesse assicurando che lui prendesse buoni voti o che gli stesse facendo un massaggio alla schiena quando era troppo agitato per andare a dormire o che stesse costringendo il Preside a liberarsi dei ragazzi che l'avevano attaccato.
“Professore?” chiamò Harry con una voce molto piccola.
“Che c'è, ora, Potter?” domandò l'uomo in un brontolio.
“Io ti v-”2 Harry si interruppe. Non poteva dirlo. Si sarebbe sentito un tale scemo, e il professore sarebbe stato altrettanto mortificato. “Um, grazie.”
Piton si agitò goffamente. “Prego,” disse in tono burbero, lasciando cadere una mano sulla spalla del ragazzo e dandogli una piccola strette. Ecco fatto. Un altro stimolo positivo per il demonietto.
A quel punto avevano raggiunto la Sala Grande; ed Harry si diresse verso le tavolate degli studenti, mentre Severus si faceva strada verso la tavola del corpo docente.
“Come sta Harry stamani?” chiese la McGranitt ansiosamente ancor prima che lui avesse avuto la possibilità di sedersi.
“Fastidioso come sempre,” replicò, ignorando l'espressione di rimprovero della donna.
“Davvero, Severus!” sbuffò lei. “E' appena passato attraverso un'esperienza terrificante. Mi verrebbe da pensare che anche tu potresti tirar fuori un po' di compassione!”
Piton si limitò a guardare verso il punto in cui Harry stava divertendo sé stesso e i suoi compagni di tavola usando fette di melone per crearsi dei baffi. La McGranitt seguì il suo sguardo e batté le palpebre. “Sì, è proprio un fragile fiorellino,” commentò lui, acidamente. Non aveva intenzione di lasciar spargere la voce che il suo protetto era un delicato bambino emozionalmente instabile. Certo che lo era, ma rendere pubblica una tale debolezza non sarebbe stato nei migliori interessi del ragazzo. Perché la McGranitt pensava che lui avesse insistito affinché il ragazzo ritornasse nelle sue stanze, la notte passata? Scosse la testa – vecchi o giovani, i Grifondoro avevano la sottigliezza di un mattone.
Oh, grande Merlino. Ora Malfoy stava seguendo l'esempio del più giovane dei Weasley e sperimentando quanti grappoli riusciva a cacciarsi in bocca in una volta sola. Piton si pizzicò la radice del naso. Era stato consapevole che permettere che si facessero eccezioni al vecchio sistema di seduta Casa per Casa, la scorsa notte, avrebbe creato un pericoloso precedente: e, sicuro come l'inferno, ora l'intera scuola si stava mescolando, con risultati disgustosi.
Caro Lord Voldemort, scrisse Piton nella propria mente. Quando hai marchiato i Weasley come traditori del proprio sangue, l'hai fatto per via della loro opposizione al tuo dominio o per le loro veramente orribili maniere a tavola? Poi, potresti per cortesia spiegare perché – se l'ascendenza purosangue è di gran lunga superiore – i bambini di tale provenienza appaiono infinitamente più facili da corrompere che non i Mezzosangue o i Nati Babbani?
Dopo aver velocemente abbandonato undici anni di rigido addestramento all'etichetta, Malfoy – scimmiottato come sempre da Tiger e Goyle – stava dimostrando ora come le striscioline di pane tostato potessero essere adoperate come zanne di vampiro, mentre Weasley cercava di ficcarsene una in ogni narice per qualche insensata ragione. Ora la Granger li stava rimproverando tutti per aver giocato con il cibo, e i ragazzi la stavano ascoltando con molto più rispetto di quando Piton si sarebbe aspettato. Forse la vicinanza della Jones era stata notata? E, ovviamente, il suo prefetto era seduto vicino a Percy Weaslye, che appariva alternativamente deliziato oltre ogni misura e terrificato oltre ogni descrizione. Mentre Piton guardava, Jones si spostò un po' più vicina e gli bisbigliò qualcosa nell'orecchio che fece arrossire il ragazzo sino alla punta delle orecchie.
Il resto dei suoi Serpenti erano dispersi per la Sala Grande, e lui sentì Teddy Nott e Millicent Bulstrode – entrambi eredi di orgogliose famiglie purosangue – pregare un Mezzosangue Tassorosso di mostrare loro qualche artefatto Babbano chiamato “gameboy”. Apparentemente il cugino più grande del Tassorosso, un Indicibile, era riuscito ad incantare l'oggetto perché funzionasse dentro Hogwarts, e i suoi serpenti erano ansiosi di giocarci. Ovviamente il Tassorosso stava acconsentendo, e perciò lui si sarebbe da ora in poi trovato ad avere senza dubbio Tassi in giro per la sala comune della sua Torre.
Meraviglioso. Oh, ed ora Malfoy, Potter e Weasley erano impegnati in una gara a chi grida più forte con la Granger e Paciock riguardo all'alto valore sociale del Quidditch. Ovviamente la so-tutto-io stava portando avanti gran parte della discussione, ma Paciock stava mostrando un'inaspettata tenacia nel suggerire che forse, e solo forse, i corsi di studio erano leggermente più importanti che le posizioni del Quidditch. Gli altri tre ragazzi lo stavano fischiando, mostrando allarmanti quantità di cibo semi-masticato nel procedimento, mentre Tiger e Goyle mangiavano imperturbabili tutto quel che rimaneva nei loro pressi – senza chiedersi di chi fosse il piatto sul quale il cibo si trovava.
L'umore di Piton precipitò quando realizzò che avrebbe dovuto schierarsi con la so-tutto-io e con Paciock quando – come sembrava inevitabile – avrebbe dovuto intervenire nella discussione che andava rapidamente degenerando. Ora alcuni studenti più grandi stavano cominciando ad interessarsi a loro volta.
“Hmmmm. Ho paura che la signorina Granger non stia imparando ad amalgamarsi bene con il gruppo,” commentò Minerva in tono di disapprovazione.
Piton le rivolse un'occhiataccia. “Perché non è diventata una lunatica ossessionata dal Quidditch come il Capo della sua Casa?” chiese malignamente.
La McGranitt gli rivolse uno sguardo fosco in risposta. “Il Quidditch è il più nobile degli sport! Il suo patrimonio culturale unico è -”
“- Irrilevante in un'istituzione di cultura superiore!” sbottò Piton. “Perché te e il Preside insistiate nel permettere una simile distrazione -”
La McGranitt ghignò. “Sei semplicemente geloso perché non sei mai stato un bravo giocatore.”
Mentre Piton si strozzava per la furia, la Chips si lanciò nella battaglia. “Il punto di vista di Severus è ragionevole, e tu lo sai! Il numero di ferite che il tuo stupido gioco causa ogni anno-”
“Stupido gioco!” stridette la Bumb. “Io ti-”
“Su, su,” provò il Preside, tardivamente, ad intervenire.
I discorsi degli studenti si erano interrotti e tutti gli occhi si erano rivolti alla tavola dei professori per vedere se la rissa che si stava preparando da quelle parti sarebbe esposta. Per questa ragione, occorsero diversi istanti prima che qualcuno realizzasse che le porte per la Sala Grande erano state spalancate.



Note alla traduzione:
(1): Letteralmente, Gryffindors – easier to play than a tambourine; ossia, Grifondoro - più facili da suonare di un tamburo. In italiano sarebbe risultata sfortunatamente incomprensibile.
(2): Era un I l-. C'è bisogno che vi dica quale sarebbe stata la frase che Harry si sarebbe lasciato sfuggire?

L'Amata Beta è tornata. E si vede.

Grazie a tutti voi che seguite questa storia!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***







I discorsi degli studenti si erano interrotti e tutti gli occhi si erano rivolti alla tavola dei professori per vedere se la rissa che si stava preparando da quelle parti sarebbe esposta. Per questa ragione, occorsero diversi istanti prima che qualcuno realizzasse che le porte per la Sala Grande erano state spalancate.



“Basta così!” Esclamò Silente alla fine in tono perentorio, la sua magia protesa a rafforzare l'ordine. Bumb, imbronciata, posò la tazza di farinata d'avena che era stata sul punto di tirare a Chips, mentre il resto dei professori si ricomponeva con espressione piuttosto colpevole. Piton e la McGranitt si scambiarono un'ultima occhiataccia, ma poi un grido dal fondo della Sala fece evaporare tutte le ostilità legate al Quidditch.
“Preside! E' questo il genere di comportamento che ci si aspetta che i nostri ragazzi emulino?” Harry, insieme agli altri studenti, sporse il collo per vedere chi aveva parlato. Un alto uomo aristocratico dai capelli di un biondo pallido avanzò lungo il corridoio centrale, un bastone dal pomo d'argento stretto in mano. Al fianco di Harry, Draco trattenne il fiato e si sistemò in fretta le vesti.
“Ehi, ti assomiglia,” bisbigliò Harry. “Quello è -”
“Mio padre,” confermò Draco brevemente. Inghiottì a fatica e guardò con apprensione Lucius che marciava verso la tavola dei professori.
“Buongiorno, Lucius,” disse Albus in tono piacevole, lo sguardo scintillante verso Malfoy padre. “Trovo che un vivace dibattito sia un'eccellente maniera di cominciare la giornata. Vorrebbe unirsi a noi per colazione?”
“Preside!” Un secondo uomo, questo con una piccola, bizzarra bombetta, trotterellò arrabbiato sulla scia di Lucius. “Pretendo di sapere che cosa sta accadendo qui!”
“Il pubblico pretende di sapere,” intervenne melliflua una donna magra, con gli occhiali, tenendo dietro al piccolo uomo. “Ha qualche commento da fare, Preside?”
Gli occhi scintillanti di Silente si posarono su tutti loro. “Magari se volessi spiegare cosa ti porta qui così di buon mattino, Cornelius, sarei in grado di rispondere alle tue domande e di provvedere ai commenti per la signora Skeeter.”
Lucius riprese il controllo del gruppo. “Siamo qui, Preside,” annunciò, “per via degli allarmanti eventi avvenuti ieri a scuola!”
“Potrebbe essere più specifico, per cortesia?” Gli occhi di Silente scintillarono ancor più allegramente. “Si sta riferendo al fatto che gli elfi domestici abbiano terminato il dolce, all'allarmante aumento dei calzini mancanti o -”
“Immaginate il mio choc e la prima preoccupazione,” proseguì Malfoy, ignorando il Preside, “quando sono rientrato questa mattina da un viaggio d'affari all'estero e mi sono fermato nell'ufficio del Ministro Caramell per informarlo in proposito, solo per scoprire che gli Auror erano stati chiamati a scuola la notte prima. Diversi studenti anziani sono stati espulsi ed arrestati! Perché non sono stato informato di tali eventi, come membro del Consiglio di Amministrazione e genitore coinvolto?”
“Forse perché era in viaggio all'estero?” suggerì Silente con gentilezza.
“Ero lì,” proclamò Lucius, parlando direttamente alla donna che stava guardando, Harry poteva vederlo, adesso, una penna affaccendata a scrivere, “pacificamente seduto nell'ufficio del Ministro, quando un Auror è entrato ed ha deposto un rapporto che mi ha fatto gelare il sangue! Maledizioni Imperdonabili sono state usate ad Hogwarts! Il mio stesso figlio era un bersaglio! Come è accaduto che una simile violenza sia stata permessa all'interno di queste sacre aule?”
“Oh, pover'uomo,” tubò la giornalista. “Che cos'ha fatto, dopo, in quanto parente coinvolto e membro del Consiglio di Amministrazione?”
“Naturalmente ho suggerito che raggiungessimo Hogwarts immediatamente per ottenere un rapporto completo dal Preside. Ho chiesto che il Ministero iniziasse un'inchiesta completa su -”
“Ed io, naturalmente, mi sono trovato d'accordo sul fatto che avessimo bisogno di sapere che cos'era accaduto esattamente.” L'omino dal cappello ridicolo si era finalmente stancato di essere ignorato. Afferrò la giornalista per il gomito e la girò per spingerla a fronteggiarlo. “Come Ministro della Magia, naturalmente la mia prima priorità è la gioventù della nostra grande nazione. Apprendere che avevano fronteggiato una simile minaccia in quello che dovrebbe essere uno dei luoghi più sicuri della Gran Bretagna è stato ovviamente allarmante, e perciò mi sono mosso immediatamente, fermandomi solo il tempo necessario a raccogliere uno dei dipendenti del Ministero, i figli del quale è detto, nel rapporto, che siano stati coinvolti.” Agitò una mano verso la soglia.
“Papà?” Ron, dall'altro lato di Harry, squittì sorpreso quando l'ultimo membro del gruppo del Ministro si fece avanti.
Harry alzò la testa, interessato, mentre Ron e i suoi fratelli saltavano in piedi e correvano verso l'uomo dai capelli rossi, che pareva a disagio.
“Come si sente dopo aver appreso le novità sulle Imperdonabili usate a scuola, signor Weasley?” premette la donna.
“”Sto ancora aspettando che la voce sia confermata, signorina Skeater,” disse fermamente il papà di Ron, guardando verso la tavola dei professori. “Buongiorno, professor Silente. Spero che perdonerà la nostra intrusione.”
“Non abbiamo nulla di cui scusarci,” sbottò Malfoy, seccamente. “Siamo qui come genitori coinvolti – anche se, forse, data la reputazione dei tuoi figli...”
“Ohi!” Esclamò uno dei gemelli, indignato, sbucando dietro suo padre. “Non abbiamo -”
“- fatto niente! E non è -”
“- vero che ci sono state delle Imperdonabili -”
“- in giro! Era solo Harry -”
La giornalista, la signorina Skeeter, si gettò in picchiata sull'ultimo gemello. “Harry? Harry Potter? Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto? Era coinvolto? Ha usato lui un'Imperdonabile?”
Piton si irrigidì e lanciò un'occhiata tagliente a Silente. Bisognava riportare la situazione sotto controllo. Ora.
“Non parli così di Harry!” Gridò Ron rabbiosamente, accorrendo. “E' stato solo -”
“BASTA COSÌ!” Una volta di più la magia del Preside emerse, e tutte le conversazioni si fermarono mentre un Incantesimo Silenziante increspava l'aria nella Sala. La McGranitt si rimise a sedere, con espressione compiaciuta, e Piton le concesse un riluttante cenno del capo in segno di rispetto.
“Grazie, Minerva,” Silente sorrise all'anziana strega. “Ora, poiché sembra che la maggior parte degli studenti abbiano terminato di fare colazione, vi suggerisco di dirigervi verso le vostre classi.” Ignorò i gemiti silenziosi e gli sguardi pieni di disappunto mentre i ragazzi si alzavano per uscire. “Gradirei, ad ogni modo, che quelli che sono stati direttamente coinvolti negli eventi della notte passata rimanessero qui.”
In un battibaleno gli studenti, guidati dal resto degli insegnanti, erano usciti dalla Sala Grande, lasciandosi alle spalle i professori Silente, Piton e McGranitt, assieme ad Harry, Draco, Hermione, Jones, Flint, Baston, Bell e tutti i Weasley.
“Grazie,” Silente sorrise, ignorando sia il Ministro della Magia, sempre più rosso in faccia, che la furia a labbra serrate di Lucius Malfoy. “Ora, Minerva, prima di cancellare il tuo Incantesimo Silenziante, forse potresti essere così gentile da ricordare alla signorina Skeeter e ai nostri ospiti la politica della scuola riguardo alle relazioni con i media.”

Mentre la McGranitt istruiva in tono severo gli altri, Silente raggiunse Arthur Weasley. “Salve, Arthur,” salutò allegramente l'uomo più giovane. “Come stai?” Un cenno d'assenso incoraggiante indicò che l'Incantesimo Silenziante era stato rimosso – almeno in quell'angolo della stanza.
“Sto bene, grazie, Albus,” replicò Arthur, controllando preoccupato i suoi figli. “Qualcuno di voi è ferito? Harry? Stai bene?”
Harry si sentì scaldare il cuore quando il signor Weasley lo incluse a quel modo. “Sono a posto,” assicurò, unendosi al coro degli altri ragazzi.
“Hai motivo di essere orgoglioso dei tuoi figli,” Silente sorrise. “Sono stati rapidi nell'assistere Harry, così come lo sono stati diversi altri studenti.”
Arthur sbatté le palpebre, l'espressione sorpresa, e lo sguardo gli cadde sui gemelli. “Questo è... buono a sapersi, Preside.”
I gemelli si mossero a disagio, sapendo che il padre era molto più abituato a dover venire a scuola per sentir parlare delle loro malefatte. Era decisamente meglio avere il Preside che li lodava per le loro azioni, invece che presentare un conto per i danni e spiegare la ragione dietro alla loro ultima punizione.
“Purtroppo ho dovuto rimproverare uno dei ragazzi, che si è fatto un po', ah, trascinare dall'eccitazione ed ha usato un linguaggio inappropriato ed una maledizione particolarmente violenta proprio davanti a diversi professori,” disse Silente in tono di scuse, malgrado gli occhi gli scintillassero pazzamente.
Arthur sospirò. “Ronald,” iniziò, conoscendo il temperamento del più giovane dei suoi figli.
“Er, no.” Silente scosse la testa.
“Fred? George?” Arthur si girò verso di loro. Era estremamente inusuale che solo uno dei gemelli si cacciasse nei guai, ma era, suppose, possibile.
“No.”
Arthur fissò il Preside. “Non -”
“Erm, sì, sono stato io,” ammise Percy goffamente.
La mascella di Arthur crollò. “Percy? E' stato Percy a imprecare e a maledire qualcuno? Di fronte ai professori?”
“Temo di sì,” disse Silente. “Sono stato costretto a rimproverarlo molto severamente e a spiegargli che un simile comportamento non può essere tollerato in un Prefetto. Dovesse accadere di nuovo, non avrò altra scelta che chiedergli di restituire la sua spilla.”
Ora anche i suoi fratelli stavano fissando Percy. Non avevano realizzato che fosse stato minacciato con la perdita della sua preziosa posizione di Prefetto.
“Tu avresti fatto questo per me?” Ron inghiottì a vuoto. “Ma essere un Prefetto – è qualcosa che hai, tipo, voluto per tutta la vita.”
Percy arrossì e scrollò le spalle, bofonchiando qualcosa di incomprensibile.
Silente spostò lo sguardo scintillante verso Arthur. “Come dicevo, Percy è stato grandemente provocato – il ragazzo che ha attaccato aveva appena cercato di lanciare una Cruciatus al giovane Ronald.” A quel punto Arthur impallidì. Allungando un braccio, tirò Ron verso di sé, mentre Silente sorrideva e si allontanava.
“Stai bene?” chiese di nuovo, facendo scorrere gli occhi sul figlio più giovane.
Fu il turno di Ron di arrossire. “Sono a posto, papà.” Si tirò un orecchio, a disagio. “Erm, è stato Draco Malfoy a salvarmi. Voglio dire, era lì prima che Perce e i gemelli arrivassero. E' stato lui a fermare la maledizione.”
Arthur si girò e fissò il punto in cui Draco Malfoy ora si trovava, accanto a suo padre. “Un Malfoy ti ha salvato? Sapeva chi eri?”
Ron sorrise. “Già. Ma, vedi, io stavo aiutando Hermione, che stava aiutando Harry, e dal momento che Harry è il figlio di Piton, questo fa di lui un Serpeverde, perciò, dal momento che io stavo aiutando un Serpeverde, Malfoy ha aiutato me.”
Arthur sbatté le palpebre, cercando di seguire il discorso. Guardò verso Harry. “Perciò sei stato ferito anche tu?”
Harry si agitò goffamente. Non era ancora abituato al fatto che la gente si preoccupasse della sua salute. “Non molto. Voglio dire, sì, hanno cercato di afferrarmi, ma avrebbe dovuto vederlo, signor Weasley – erm, voglio dire, zio Arthur. Sono tutti arrivati correndo e sono saltati addosso a quei tizi, e poi, quando era tutto finito, Draco ha detto quello che Smythe aveva fatto e Percy ha dato fuori di testa ed è diventato tutto protettivo ed è stato solo quando il Prefetto di Serpeverde l'ha afferrato che si è fermato.”
“Quella graziosa -”
“- e ben messa -”
“- Prefetto di Serpeverde,” aggiunsero i gemelli con aria d'intesa. Arthur fissò nuovamente Percy. “D-di quale Prefetto si tratterebbe, figliolo?” chiese, un po' incerto.
“Davidellajones,” ammise Percy, a voce molto bassa e molto in fretta, fissandosi le scarpe.
Arthur lanciò un'occhiata al punto in cui la piccola Grifondoro se ne stava accanto ad un'alta, flessuosa ragazza dalla pelle scura. Gli occhi di Arthur si spalancarono.
“E' fantastica!” Si entusiasmò Harry. “E' stata anche più spaventosa di Flint, zio Arthur! Ed ha quasi – erm – be', ha quasi fatto qualcosa di veramente terribile a quello che mi aveva fatto male.”
“Davvero?” Le sopracciglia di Arthur avevano ormai raggiunto la linea dei capelli. Be', ora sappiamo che piacerà a Molly. Adocchiò Percy con aria pensierosa, notandone l'espressione mezza imbarazzata e mezza orgogliosa. “Ragazzi, lasciatemi parlare con vostro fratello per un attimo.”
Gli occhi di Percy si alzarono a incontrare quelli del padre, poi si abbassarono. Piegò le spalle come se si aspettasse un colpo e strisciò i piedi a terra, spostandosi qualche metro più in là. Harry e gli altri ragazzi lo fissarono ansiosamente.
“Zio Arthur, non sarai davvero arrabbiato con lui, vero?” chiese Harry nervosamente, ricordandosi le parole dell'uomo riguardo a scapaccioni che qualche volta facevano male più a lungo che non per pochi secondi.
“Già, papà,” intervenne Ron, sembrando preoccupato. “Stava solo proteggendo me. Per piacere, non punirlo davvero.” “Avanti, papà,” aggiunsero i gemelli.
“- non è come -”
“- uno dei nostri scherzi.”
“Perce lo Scemo stava davvero -”
“- proteggendo Ronnino piccolino.”
“Non puoi essere arrabbiato con lui -”
“- per quello.”
Arthur si liberò gentilmente e si incamminò verso Percy. Prima che potesse parlare, il Prefetto esclamò, “Mi dispiace! So che non avrei dovuto farlo, ma quando ho sentito quello che aveva provato a fare a Ronnie ho perso semplicemente la testa. So che il Preside è furioso, e la professoressa McGranitt mi ha detto che se mi avesse sentito di nuovo usare un linguaggio del genere avrebbe usato un Incantesimo Insaponabocca, ma io -”
“Figliolo, calmati. Prendi fiato.”
Percy, obbedì, prima di gettare al padre uno sguardo imbarazzato. “Scusa. E' passato così tanto tempo dall'ultima volta nella quale sono stato nei guai che sono stato preso dal panico.”
Arthur sorrise. “Lo so – grazie ai gemelli ho perso l'abitudine di rimproverare un figlio alla volta. Ora, dunque: i tuoi professori sono molto arrabbiati con te?”
Percy gli lanciò un'occhiata furtiva. “Be'... il Preside ha minacciato di togliermi la mia spilla da Prefetto, se dovesse capitare di nuovo. Ma aveva gli occhi che gli brillavano e deve avermi dato una dozzina di caramelle al limone, perciò non credo che fosse davvero arrabbiato. E, erm, la professoressa McGranitt mi ha sgridato per il linguaggio, non per le bolle o cose così, perciò penso che neanche lei fosse poi così furiosa. Voglio dire, sai com'è, quando è davvero arrabbiata: non si prende il disturbo di gridare, si limita ad assegnare punizioni, perciò il fatto che mi abbia rimproverato solo per qualche minuto...”
“... fa pensare che non sia arrabbiata sul serio,” concluse Arthur. “Sì, be', sai che tua madre ed io siamo molto orgogliosi del tuo comportamento qui ad Hogwarts, ed il fatto che tu sia un Prefetto significa un sacco per noi.” Percy sussultò. Ecco che arrivava. “Ma la famiglia è più importante, ed io sono felice di sapere che le tue priorità sono a posto.” A Percy cadde la mascella. “Ora. Parlami di questa signorina Jones.” Mentre suo figlio lo fissava ad occhi sgranati, Arthur affondò le mani in tasca. “Ecco, devi aver bisogno di qualche Galeone per poterla portare ad Hogsmeade.”

Mentre Arthur parlava con Percy, Piton incontrò lo sguardo di Harry e gli rivolse un gesto imperioso. Finché c'erano giornaliste idrofobe là intorno, non aveva intenzione di permettere che le ingenue chiacchiere del ragazzo restassero prive di controllo.
Harry gli trotterellò obbediente accanto. “Rimani vicino a me a meno che non ti dica altrimenti,” ordinò il suo tutore severamente. Avendo inscatolato al sicuro Harry, Piton controllò gli altri studenti. I Weasley erano con il padre. Gli studenti più anziani – Baston, Bell, Flint e Jones – se ne stavano in gruppo, e Jones aveva preso sotto la sua ala la so-tutto-io Grifondoro. Restava Draco.
Draco era in piedi accanto a suo padre, in attesa che questi riuscisse a liberarsi della Vicepreside. Solo il pallore del ragazzo rivelava la sua ansietà, ma Piton conosceva anche troppo bene il temperamento esplosivo di Lucius Malfoy. Era troppo sperare che il ragazzo non l'avesse sperimentato personalmente e , a giudicare dalla sua espressione, Draco aveva indubbiamente imparato a temere lo scontento del padre. “Vieni,” sbottò verso Harry. Potter non era l'unico bambino con parenti brutali.
Si avvicinò al punto in cui Draco se ne stava sull'attenti e posò una mano sulla spalla del ragazzo. Draco sussultò, poi si rilassò visibilmente quando vide che si trattava del Capo della sua Casa. Harry sorrise e – ignaro come sempre – assestò una gentile gomitata all'altro ragazzo. Draco forzò un debole sorriso, prima di girarsi nuovamente ad aspettare suo padre.
Finalmente la McGranitt si allontanò dai visitatori con un sorrisetto soddisfatto e felino, e il sonoro ritornò per tutti e tre.
“Come osa trattarmi come fossi un bambino indisciplinato!” s'inalberò il Ministro.
Hogwarts imbavaglia i suoi ospiti – Un incantesimo silenziante ammutolisce il Ministro,” bofonchiò la Skeeter alla sua penna, ignorando il suono soffocato di sgomento di Caramell.
“Ora, aspetti un attimo! Non vorrà scriverlo così!” obiettò lui, tirandola da una parte.
“Draco,” cominciò Lucius in tono vellutato, le nocche bianche serrate sul bastone. Suo figlio inghiottì convulsamente e Piton poté sentirlo tremare.
“Lucius,” lo interruppe Piton.
Lo sguardo di Malfoy lasciò bruscamente il figlio; i suoi occhi si assottigliarono quando vide chi gli si era rivolto. “Severus,” salutò.
“Salve!” Harry, sentendosi felicemente al sicuro nei pressi del suo tutore, protese la mano verso di lui. “Io sono Harry Potter, signor Malfoy. Sono uno degli amici di suo figlio.”
Lucius sbatté le palpebre. “Tu... sei?” Scosse la mano di Harry con aria piuttosto assente.
Draco si morse il labbro, improvvisamente speranzoso. Suo padre gli aveva ordinato di farsi amico Potter, e Lucius era stato furioso quando Draco aveva raccontato del loro poco promettente incontro sull'Espresso per Hogwarts. Magari questo capovolgimento avrebbe soddisfatto suo padre?
“Scusatemi.” Una voce nuova proveniente da dietro di loro li fece girare tutti, e Draco osservò come l'espressione di suo padre si oscurava quando vide di chi si trattava.
“Cosa vuoi, Weasley?” Come sempre, pronunciò il nome con disgusto.
“Volevo ringraziare tuo figlio, Malfoy. Ha salvato il più giovane dei miei ragazzi da una Cruciatus.” Arthur si fece avanti e offrì la mano a Draco. “Io sono il padre di Ron, Draco, e quello che tu hai fatto è stato molto coraggioso ed onorevole. Io e la mia famiglia ti ringraziamo per aver aiutato Ron.”
Draco lanciò un'occhiata nervosa al padre, ma le sue maniere da purosangue l'ebbero vinta. “Prego, signore,” disse, sperando che suo padre non sarebbe esploso alla vista di lui che stringeva la mano di un traditore del suo sangue.
Arthur gli sorrise. “Magari ti piacerebbe venire a trovarci alla Tana durante le vacanze? Ron mi dice che ti piace il Quidditch – in genere noi abbiamo giocatori a sufficienza da mettere in campo due squadre.”
“Erm, grazie, signore.”
Arthur si rivolse a Lucius. “Tuo figlio fa onore alla tua famiglia, Malfoy.” Gli offrì la mano. “Devi essere molto orgoglioso di lui.”
Lucius fissò la mano protesa, poi lanciò un'occhiata al resto della stanza. Praticamente ogni occhio era rivolto verso di lui. Inghiottì a fatica. Weasley era un impiegato di basso livello del Ministero, un traditore del suo sangue che si era opposto al Signore Oscuro e qualcuno con nessun prestigio sociale. Ma era anche un purosangue di un'impeccabile – anche se impoverita – stirpe, e qualcuno che era sia molto amato che molto rispettato nel Mondo Magico. Insultarlo pubblicamente avrebbe giovato poco a Lucius e avrebbe potuto alienargli le simpatie di altri, molto potenti, maghi. “Er, grazie,” disse, strozzandosi sulle parole mentre accettava cautamente la mano dell'uomo.
Un lampo accecante quasi lo fece gemere ad alta voce. Ovviamente quella fottuta giornalista avrebbe fotografato l'evento. “Due antiche famiglie si riconciliano grazie all'eroismo dell'erede Malfoy!” sibilò la Skeeter verso la sua penna, prima di concentrarsi sul ragazzo dai capelli neri che aveva davanti. “Harry Potter – pensi che Hogwarts sia troppo pericolosa per te? Temi per la tua vita? Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto vive nella paura?”
Harry sbatté le palpebre. “Huh?”
“Il ragazzo è felice di essere qui. La sua unica paura è per gli esami in arrivo,” intervenne Piton freddamente, posando una mano sulla spalla del ragazzo e tirandolo indietro per farlo appoggiare contro di sé.
Gli occhi della Skeeter si spalancarono e la fotocamera magica scattò una foto. “Perché Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto viene protetto dal Capocasa e dagli studenti di Serpeverde?” chiese.
“Io sono una specie -” Le spiegazioni di Harry sul suo essere una specie di Serpeverde onorario si interruppero quando la mano di Piton gli strinse la spalla.
“E' stato smistato a Grifondoro ma ha legami anche in Serpeverde,” disse Piton brevemente, anche se dubitava che la strega si sarebbe accontentata di ciò.
La Skeeter aggrottò la fronte. “Quali legami? Nessun Potter è stato smistato a Serpeverde per sei generazioni, ed anche il suo padrino era un Grifondoro, a prescindere da quello che fossero il resto dei Black.”
“Padrino?” Harry aguzzò le orecchie.
“Sei terrorizzato al pensiero che il tuo padrino ti stia cercando?” chiese la Skeeter, abbassandosi rapidamente per trovarsi al livello degli occhi di Harry. “Quali sono i tuoi pensieri riguardo alla sua fuga? Al suo tradimento? Pensi che stia venendo qui per – eek!” L'interrogatorio al bambino si interruppe bruscamente quando Piton l'afferrò per il gomito e la trascinò di peso da una parte della sala.
“Lei non menzionerà il suo padrino al ragazzo, o io interromperò l'intervista e userò la Metropolvere per raggiungere con Potter l'ufficio del Cavillo. Mi ha capito?” sibilò Piton, naso contro naso con la giornalista.
Gli occhi di lei sbatterono rapidamente dietro gli occhiali. “Vuol dire che se non menziono la fuga da Azkaban posso intervistarlo?” insisté.
“Molto bene.” Lui le lasciò il braccio e indietreggiò. La Skeeter riprese fiato e si raddrizzò le vesti.
“Che le importa, comunque?” chiese lei con voce stridula, riguadagnando rapidamente la propria compostezza ora che Piton non incombeva più minacciosamente su di lei.
“E' il mio tutore!” intervenne Harry volenterosamente.
La Skeeter, Malfoy e Caramell si gelarono tutti, fissando Piton, che ghignò in tutta risposta, sperando che l'improvviso martellare del suo cuore non fosse udibile.
“Cosa?” esplose Caramell. “E chi l'ha deciso?”
Mangiamorte ottiene la custodia del Ragazzo Che E' Sopravvissuto!” La Skeeter suonava assolutamente eccitata al pensiero del possibile titolo.
Malfoy fissò il figlio, con il sangue agli occhi, e Draco alzò le mani di scatto in un gesto di supplica. “Ti ho mandato un gufo, Padre! Ti ho detto tutto”
Lucius si fermò; la sincerità di suo figlio era troppo evidente per poterne dubitare. “Ovviamente la tua cara madre non ha ritenuto opportuno trasmettermi il messaggio,” ringhiò attraverso i denti serrati. Lanciò un'occhiata calcolatrice a Piton. “Sei stato occupato, Severus.”
“Pretendo di sapere chi è il responsabile di tutto questo!” Caramell andò avanti con la sua sfuriata. “Si suppone che il ragazzo stia con i suoi parenti Babbani! Chi ha deciso -”
“L'ho deciso io,” disse Silente quietamente: ma il potere dietro a quelle calme parole interruppe tutte le altre conversazioni.”
“Ma – ma – ma io sono il Ministro,” disse Caramell in tono supplichevole.
“Sì, e sei decisamente troppo impegnato ed importante per essere coinvolto in una minuzia quale la sistemazione di un singolo bambino,” assentì Silente in tono piacevole, parlando lentamente e distintamente a favore della penna della giornalista, intenta a trascrivere freneticamente. “Inoltre, in quanto persona responsabile della sistemazione del ragazzo un decennio fa, era solo logico che me ne occupassi io quando si sono rivelate necessarie nuove misure.”
“Preside! Perché sono state necessarie nuove misure?” domandò la Skeeter. “Lei conferma che il ragazzo è rimasto con i Babbani tutto questo tempo? Non erano adatti?”
Silente scambiò un'occhiata con Piton. “Signora Skeeter, posso confermare che per diversi anni Harry ha vissuto con alcuni parenti che erano Babbani. Ad ogni modo, le circostanze cambiano, ed è recentemente apparso chiaro che Harry non avrebbe più potuto restare con loro. Nuove sistemazioni dovevano essere fatte, ed è stato con grande piacere che ho appreso che il professor Piton era disposto a rilevare la custodia di Harry.”
“Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto è stato affidato ad un Mangiamorte?”
Gli occhi di Silente persero il loro scintillio. “Il professor Piton è stato una spia tra i Mangiamorte, signora Skeeter. Il suo operato in tempo di guerra è stato lodevole ed è stato confermato da molti altri oltre a me stesso.” Il suo sguardo si fece come acciaio blu. “Sono certo che lei non stia suggerendo che il Ministro Caramell o io permetteremmo ad un Mangiamorte riconosciuto di insegnare ad Hogwarts?”
“Ovviamente no! Neanche per sogno! Come può anche solo suggerire una cosa simile?” squittì Caramell, oltraggiato.
Piton sentì lo sguardo sardonico di Lucius su di sé, ma rifiutò di guardarlo. “Professore, cosa -” La voce confusa di Harry lo raggiunse, e lui si piegò per mormorare morbidamente nell'orecchio del ragazzo.
“Ne parleremo più tardi. Niente domande, ora.”
Harry si morse le labbra, prima di annuire obbediente.
La Skeeter cambiò rapidamente strategia. “Le mie scuse per essere balzata alle conclusioni,” affermò con noncuranza. “Ma perché il professor Piton? E' scapolo, no? Cosa lo rende adatto ad essere il tutore di Harry Potter?”
Piton inarcò un sopracciglio e guardò il Preside con aria di sfida. Bella domanda.
Silente sorrise. “Severus Piton aveva la stessa età dei genitori di Harry. Sono stati tutti compagni di classe qui ad Hogwarts, insieme, e il professor Piton era un amico d'infanzia della madre di Harry. Chi meglio di un vecchio amico per crescere il suo figlio orfano?”
Harry e i Malfoy stavano ora fissando Piton sorpresi, e lui era pronto a strangolare il Preside con la sua stessa barba. Come osava condividere una simile, privata informazione con l'intero Mondo Magico?
Gli occhi di Lucius si assottigliarono. “Non ricordo che James Potter e Severus Piton fossero precisamente amici stretti, Preside, ed anche io ero qui durante parte dei loro anni di scuola.”
Silente agitò una mano con noncuranza. “Severus e Lily sono sempre stati più vicini di Severus e James, Lucius. Ma sai come le rivalità scolastiche si infiammano e poi si spengolo.” Piton riuscì a malapena a controllare un ringhio di rabbia. La sua persecuzione ad opera dei Malandrini, accantonata con indifferenza come una “rivalità scolastica”? “Ma quando i tempi si fecero cupi verso la fine della guerra, fu allora che le vere nature delle persone si rivelarono. Nessuno fece più di Severus Piton per cercare di proteggere i Potter quando si nascosero, e sono certo che sarebbero profondamente grati a Severus per la cura e l'affetto che sta mostrando verso il loro bambino.”
Ora Lucius lo stava fissando con aperto sospetto e Piton era praticamente incandescente per la rabbia per la spudorata manipolazione di verità fatta dal Preside. Sì, aveva fatto del suo meglio per proteggere i Potter – dopo aver realizzato chi aveva tradito a Voldemort rivelandogli quella maledetta profezia. Sì, era stato, tecnicamente, un membro dell'Ordine insieme ai Potter – ma non si erano mai visti, dal momento che le sue vere alleanze non potevano essere note a nessuno che non fosse Silente. Ma, peggio di tutto, come poteva Albus semplicemente uscirsene fuori dicendo che stava mostrando “cura e affetto” per il moccioso, come se veramente il disgraziato gli piacesse? Nessuna meraviglia che gli occhi del piccolo mostro stessero scintillando come stelle! Ed era tutta colpa del creativo rimaneggiamento dei fatti ad opera del Preside. Cosa si supponeva che facesse con il ragazzo, quando la verità sarebbe venuta alla luce?
“Dunque, mi sembra di capire che il professor Piton abbia la sua piena fiducia, Preside?” chiese la Skeeter, la penna occupata a scrivere. All'assenso di Silente, lei si rivolse al Ministro. “E lei, Ministro? Cosa ne pensa?”
Caramell inghiottì, sentendosi intrappolato. Certo che non voleva che qualche nessuno dal naso adunco e poco fotogenico avesse il controllo – er, la custodia – del Ragazzo Che Era Sopravvissuto, per non parlare di qualcuno il servizio in guerra del quale era, nella migliore delle ipotesi, aperto alle interpretazioni. D'altra parte, sembrava essere stato messo davanti al fatto compiuto, e opporsi avrebbe significato affrontare Albus Silente. Si strofinò le mani l'una contro l'altra nervosamente. Meglio far ricadere tutta la cosa sulle spalle della vecchia gazza – in questo modo, se ci fosse stato un problema, avrebbe potuto negare ed essere credibile.
Avendo deciso, si lanciò con scioltezza nella modalità da stampa. “Be', Rita,” disse con un ampio sorriso, “come hai sentito, in quanto Ministro della Magia non sono in grado di prestare attenzione personalmente ad ogni caso di custodia di minore nella società Magica, anche se si tratta di un bambino quale Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto. Mi fido delle nostre agenzie e del fatto che si assicureranno che il benessere dei bambini sia attentamente tenuto sotto controllo, e, certo, con il Preside Albus Silente a prendersi personalmente la responsabilità del caso, accetterò la sua parola sul fatto di aver trovato un tutore appropriato per il piccolo Harry.”
La Skeeter si abbassò per trovarsi di fronte ad Harry, che aveva la fronte aggrottata per l'indignazione di quella frecciata “piccolo Harry”. “E tu, Harry? Cosa ne pensi del tuo tutore? Il Preside ha scelto saggiamente?”
Harry lanciò un'occhiataccia alla giornalista. “Non è stato il Preside a scegliere,” sbottò, suonando simile al professore di Pozioni in una maniera rimarchevole. “Sono stato io. Io ho chiesto al professor Piton di essere il mio tutore.”
La Skeeter sbatté le palpebre. “Sei stato tu? Be'. Er, professore, questo è inaspettato, ma sembra che lei abbia l'appoggio del Ministro della Magia così come quello del capo del Wizengamot e del Ragazzo Che E' Sopravvissuto.”
“Ha anche l'appoggio della nostra famiglia,” intervenne Arthur Weasley. “Eravamo amici dei genitori di Harry ed abbiamo da molto tempo a cuore il benessere del ragazzo. L'abbiamo perso in questi dieci anni e siamo stati deliziati di rinnovare la nostra conoscenza con lui da quando ha iniziato Hogwarts. E l'abbiamo visto con il suo tutore e consideriamo il professor Piton una scelta eccellente per il ruolo.”
“Un'altra testimonianza,” disse la Skeeter, anche se il suo sguardo speculativo mal si accordava alla sua voce brillante e allegra. “Cielo, cielo, professore – lei deve essere davvero un uomo rimarchevole per ricevere tali elogi.”
“Lo è!” rispose Harry, al quale i commenti dolciastri della strega non piacevano. “E' fantastico. Ed ha fatto in modo che tutti in Serpeverde e in Grifondoro si occupassero di me. E quando quei quattro ragazzi hanno provato ad aggredirmi tutti mi hanno aiutato. Hermione li ha fermati quando non c'era nessun altro in giro, e poi Draco ed Hermione sono arrivati ed hanno chiamato aiuto, e poi Draco ha salvato Ron da quella Scruncio -”
“Non 'scruncio', 'Crucio'!” sibilò Draco.
“Ecco, giusto, quella Crucio mentre tutti fermavano gli altri. E il professor Piton mi ha dato una stanza e vestiti e una scopa e -” Harry si fermò, finalmente, quando la stretta di Piton sulla sua spalla si serrò dolorosamente.
“Basta così,” disse Piton quietamente; ma, dentro di sé, era furioso. Piccolo mostro! Dopo tutto quel che Albus ha fatto per cercare di glissare sugli abusi dei suoi parenti Babbani il piccolo mostro se ne esce fuori con il fatto che gli siano stati dati vestiti e una stanza, rivelando quanto apprezzi simili necessità di base.
Per fortuna, l'interesse della Skeeter sembrava essere stato deviato. “Un Malfoy ed un Weasley che lavorano insieme. Cielo, cielo – qual è la sua reazione a tutto ciò, signor Malfoy? Non conosce bene il professor Piton da molti anni?”
Lucius fissò Piton fermamente. “Conosco il professor Piton? Questa è un'eccellente domanda, signora Skeeter. E' certo che siamo stati insieme ad Hogwarts per alcuni anni.”
Harry si illuminò. “E sono stati amici, ed io e Draco siamo amici ora!” Gettò un braccio attorno al collo di Draco e la Skeeter scattò immediatamente una foto. “Andiamo,” Harry invitò Draco, tirandolo verso gli altri studenti. “Andiamo dagli altri che hanno aiutato nello scontro.”
La Skeeter, fiutando una storia da prima pagina, li seguì. “Perciò, questi sono i coraggiosi studenti che hanno aiutato a sventare il tuo attacco, hmmm?” Caramell trotterellò dietro alla giornalista, scarsamente disposto a che l'attenzione fosse distolta da lui.
Silente seguì per occuparsi delle introduzioni, lasciando Piton e Malfoy da soli a fissarsi.
“Bene, bene, Severus. Perciò eri davvero un traditore,” disse Lucius, la voce quieta ma piena di letale malizia. “Avrei dovuto sapere che non ci si poteva fidare di uno sporco Mezzosangue come te.”
“E se tu eri un tale leale servitore, Lucius, non dovresti stare marcendo in Azkaban come un martire alla causa della superiorità purosangue, invece che fingerti sotto Imperio e disconoscere il tuo Signore?”
Lo sguardo di Lucius avrebbe potuto incenerirlo sul posto. “A che gioco stai giocando, Severus? Per quanto tempo pensi di essere in grado di nasconderti dietro a quel vecchio pazzo di Silente? Quando il Signore Oscuro ritornerà, la Sua rabbia sarà -”
Severus sbadigliò. “Oh, Lucius, sembri un adolescente. Mi sarei aspettato di più da te.”
Malfoy sbatté le palpebre, confuso. “Cosa?” Come poteva Piton essere tanto immune al più minaccioso dei suoi atteggiamenti? Non temeva la vendetta di Voldemort?
“Guarda il Preside, Lucius. E', come hai detto, un mago molto anziano. Potente, certo, ma il Tempo è più potente di qualunque altra cosa, e quanti anni ancora pensi che gli siano rimasti?”
“Ma allora cosa stai facendo? Quando il Signore Oscuro ritornerà -”
“Lucius, il Signore Oscuro non è affatto nel primo fiore della sua giovinezza. Sì, è più giovane di Silente, ma lo è anche la maggior parte del Mondo Magico. Mi deludi. Eravamo entrambi poco più che bambini durante la prima guerra, ma ora – avevo sperato che saresti cresciuto.”
“E questo cosa dovrebbe significare?” chiese Lucius.
“Quando siamo bambini, ovviamente dobbiamo seguire un altro. Ma i tempi cambiano. Le persone crescono e ottengono il proprio potere.”
Lucius sbuffò, derisorio. “Pensi davvero di essere abbastanza potente da poter affrontare Silente o il Signore Oscuro?”
Piton sospirò. “Hai una visione così ristretta, Lucius. Narcissa deve spiegarti la Gazzetta del Profeta tutte le mattine?” Ignorando la furia crescente dell'altro, Piton proseguì, “Il potere di Silente si sta indebolendo con il passare degli anni. L'Oscuro Signore è già stato sconfitto una volta da un semplice bambino. Cosa pensi che accadrà quando il ragazzo sarà cresciuto?”
Malfoy scosse la testa. “Di che cosa stai parlando?”
“Lucius, il Signore Oscuro è già stato sconfitto. Quando ritornerà, non pensi che correrà probabilmente il rischio di essere sconfitto di nuovo?”
“Ma si è trattato di un colpo di fortuna. Un evento casuale.
“Pensa come un Serpeverde, Lucius,” disse Piton, la voce che sgocciolava sarcasmo. “Credi veramente che un Signore Oscuro all'apice dei suoi poteri possa essere sconfitto da 'un colpo di fortuna'? E, se è così, era davvero così potente come credi che fosse?”
“Perciò preferisci allearti con il vecchio? Perché?”
“Il vecchio è qui – il Signore Oscuro no. E il vecchio non sarà qui per sempre. Quando morirà, ci sarà un vuoto di potere a prescindere dal luogo in cui il Signore Oscuro si troverà. Chi pensi che prenderà il posto di Albus come Difensore della Luce?”
Lucius seguì il suo sguardo fino al ragazzino dai capelli in disordine che stava entusiasticamente assistendo il Preside con le presentazioni. “Non puoi credere -”
“Non essere ingenuo, Lucius. Saresti stato in grado di trascinare una giornalista del calibro della Skeeter fin qui se 'Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto' non fosse stato coinvolto nell'alterco della notte scorsa? Il Mondo Magico l'ha già accettato come il successore de facto di Silente. Il Signore Oscuro non avrà alcuna possibilità se non sconfiggerlo o corromperlo una volta tornato. Il ragazzo sarà al punto di congiunzione tra i Poteri della Luce e delle Tenebre nel prossimo futuro.”
Lucius ghignò. “E comportandoti da bravo cane da compagnia con la vecchia gazza, speri di -”
“Non hai ancora compreso che non sono particolarmente bravo a fare il piccolo cane da compagnia per nessuno?” domandò Piton con voce serica.
“Intendi dire che stai crescendo il moccioso Potter in ordine di presentarlo al Signore Oscuro?” Lucius si sforzò di comprendere.
“Lucius! Sii un uomo! Sei un mago adulto, non un adolescente che deve unirsi alla banda di un ragazzino più grande. Il potere di Silente è in declino. Il Signore Oscuro non c'è, e dovrà ricostruire le proprie forze quando ritornerà. Perché dovrei allearmi con uno qualunque dei due gruppi?”
“Stai preparando il ragazzo ad essere un terzo potere?” esalò Malfoy, gli occhi che si spalancavano. “Merlino, sei uno con le palle, Severus1!”
Piton permise all'accenno di un sorriso di tremolare sulle sue labbra. “Diciamo solo che quando il Signore Oscuro ritornerà, potrebbe scoprire che la Sua sfida più grande non è Silente, né il Ministero.”
“E il ragazzo?”
Piton scrollò le spalle, sprezzante. “E' un ragazzo. Ha bisogno di essere guidato e di una mano ferma. Io provvedo a entrambe le cose.”
“E il Preside?”
“Cerca di guidarlo lui stesso. Come mi aspetto che il Signore Oscuro farà quando riapparirà. Vedremo chi otterrà il controllo.” Piton lanciò un'occhiata tagliente a Malfoy. “E tu, Lucius? Che cos'è che vuoi, tu? Rimarrai legato ad una squadra che perde o ti alleerai con lo schieramento che ha già vinto una volta, prima?”
Malfoy gli rivolse un sorrisetto di superiorità. “Be', ora che so che non stai riportando le parole di quell'idiota scintillante, diciamo solo che sono nuovamente intrigato. Stai giocando a un gioco molto pericoloso, Severus. Se Silente sapesse che ti stai preparando ad andare contro di lui...”
“Cosa ti fa pensare che non lo sappia?” La voce di Piton era un suono di fusa. “E' vecchio, non senile. Stanco, non debole. Ha le sue opinioni sul come preparare il ragazzo. Io ho le mie. Se non prevalgo in questo, allora non merito di prevalerle neanche in battaglia, giusto?”
“Cosa vuoi da me?”
Piton scrollò le spalle. “Il giornale di domani dimostrerà che il tuo erede è all'interno del circolo di intimi di Potter. Quando il Signore Oscuro ritornerà, questo potrà essere un bene o un male, a seconda del Suo umore. Nell'istante in cui rifiuterò di consegnargli il ragazzo diventerò un bersaglio, ma è improbabile che la tua posizione venga definita così rapidamente. Sarebbe... interessante... apprendere dei piani dell'Oscuro Signore.”
“Vuoi che io diventi una spia?”
“No, Lucius. Voglio che tu continui a fare quel che è meglio per la Casata dei Malfoy. Non sei d'accordo sul fatto che tenere aperte tutte le opzioni e tutte le potenziali alleanze è nei migliori interessi della tua Casata... e del tuo erede?”
Entrambi gli uomini rivolsero lo sguardo al punto in cui gli studenti erano stati raccolti per una foto di gruppo – una che avrebbe spiccato sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta del giorno dopo. Harry, Ron e Draco erano davanti, ridendo, con le braccia gettate l'una attorno al collo dell'altro. Hermione era accanto a loro, un po' discosta, fino a quando un Harry sorridente non si sporse per afferrare la sua mano. Allora lei sorrise, illuminandosi, e si avvicinò. Immediatamente dietro agli studenti del primo anno stavano i tre prefetti dai visi severi, le braccia incrociate, mentre i sorridenti gemelli Weasley li fiancheggiavano da una parte e Oliver e Katie facevano le boccacce alla fotocamera dall'altra. Hermione si lanciò un'occhiata alle spalle e Jones allungò una mano, rassicurante, per battergliela lievemente su una spalla; poi assestò una leggera gomitata a Percy e gli fece lentamente l'occhiolino. Il rossore acceso di Percy venne immortalato per sempre dalla camera.
“Non avrei mai immaginato che avessi questo genere d'ambizione, Severus,” disse Lucius lentamente, girandosi per osservarlo con più attenzione. “Questo è di per sé impressionante. Considerami... cautamente interessato, per ora.”
Piton inclinò la testa in un gesto d'assenso, gli occhi ancora fissi sui ragazzi che ridevano e sorridevano davanti alla fotocamera della giornalista. Non è ambizione, imbecille purosangue, pensò tra sé e sé. E' disperazione e bisogno di proteggerlo. Aspetta fino a quando qualche psicopatico non metterà un bersaglio sulla testa di tuo figlio, e poi vedremo fino a che punto arriverai per permettergli di crescere al sicuro e in salute. Farei un patto con Merlino stesso o con un demone dall'Inferno, se fosse ciò che occorre per proteggere il moccioso. Al confronto, spingere in qualche modo te, Silente, Black e Caramell in un'involontaria alleanza e fare in modo che la Skeeter stampi la storia che io voglio che lei stampi è un gioco da ragazzi.


Note alla traduzione:
(1): Merlin, but you have a pair on you! Ho trovato qui una possibile traduzione. Che ne pensate?

Amo questo capitolo e sto crollando dal sonno. Per la vostra gioia, vi annuncio che ce ne sono altri due già pronti. E sapete cosa mi spronerebbe a pubblicarli prima? Che anche voi diceste all'autrice quanto avete amato questo capitolo e quanto dareste perché fosse più lungo. x°°°D
Su, su, che non voglio tenervi a stecchetto! U_u
La mia Luminosa e Amatissima Salice ha betato il capitolo. Lampada da tavolo per non diventare ciechi, 5 Galeoni, con Pottercard. Occhiali nuovi, perché sei già diventata cieca, 80 Galeoni, con Pottercard. Té a go-go per restare svegli, 2 Falci e 9 Zellini, con Mastercard. Avere un Genio di Beta non ha prezzo.
Ci sono cose che non si possono comprare. Per tutto il resto, c'è Pottercard.

Sia lode ad Elbarto, che ha trovato un Silente che si affacciava nel mezzo di una discussione nella quale non c'entrava niente e si è affrettato a ri-Trasfigurarlo in un Piton.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***







Dopo che i visitatori se ne furono andati, il Preside indirizzò gentilmente tutti verso le rispettive classi, con grande irritazione di Piton. Sapeva che il moccioso avrebbe avuto delle domande riguardo ai commenti che erano stati fatti in Sala Grande, e voleva essere lui a riferirgli le cose nel modo giusto... O, almeno, a fare in modo che la sua versione giungesse per prima.
Di conseguenza, Piton fece in modo di tendere un agguato al piccolo mostro sulla via per il pranzo, e lo trascinò nelle sue stanze dove, davanti a un pasto provveduto dagli elfi domestici, gli spiegò un paio di cose.
“Sono certo che tu abbia alcune domande dopo la piccola scenata del Ministero di stamattina, Potter, perciò puoi farle.”
Harry masticò il proprio panino con aria pensierosa per un attimo, prima di parlare. “Perciò è questo che era quello strano uomo dal cappello stupido? Un ministro?”
“Non un ministro, Potter. Il Ministro. Il Ministro della Magia, per essere precisi – l'equivalente del Primo Ministro Babbano.”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Vuoi dire che qualcuno ha davvero votato per lui?”
Piton sospirò. “Confesso di essere similmente sbalordito.”
“Allora perché era qui?”
“Il signor Malfoy ha una notevole influenza sul Ministero. Oltretutto, lui e il Preside sono spesso in disaccordo riguardo alla direzione che Hogwarts dovrebbe prendere. Quando ha appreso delle difficoltà che avevi incontrato la scorsa notte, il signor Malfoy ha sperato di poter sfruttare l'evento per mettere in imbarazzo il preside. A questo scopo ha spinto il Ministero e la Stampa, rappresentata dalla signorina Skeeter, a venire ad Hogwarts.” Vediamo che deduzioni il tuo cervello Grifondoro trarrà da ciò, pensò Piton, evitando deliberatamente di fornire troppi commenti o interpretazioni al moccioso.
Harry aggrottò la fronte. “Perciò stavano provando a far fare brutta figura al Preside?” chiese lentamente. “Pensi che ci siano riusciti?”
Piton ricacciò indietro un sorriso di puro orgoglio. Benissimo. Ne faremo un Serpeverde, di te. “Sospetto che la signorina Skeeter troverà più politicamente opportuno scrivere una commovente storia su di te piuttosto che un pezzo sensazionalistico che sparli del Preside.”
Harry sorrise per il sollievo. “E' tutto a posto, allora. Non voglio che nessuno finisca nei guai.”
“Hai altre domande?” Piton si costrinse a chiedere, temendo la risposta.
“Già – lei ha detto che ho un padrino. E' vero?”
“Sì.”
Harry attese, ma nessuna informazione in più stava arrivando. “Dov'è? Perché non lo conosco? Chi è? Quando -”
“Potter! Andrai in iperventilazione se vai avanti così! Domanda qualcos'altro, se non riesci a parlare coerentemente!”
Harry s'imbronciò, ma la sua curiosità non gli permise di rimanere in silenzio. “Cos'è un Mangiamorte?”
Piton desiderò d'aver avuto la possibilità di mandar giù una Pozione Calmante prima di intercettare il moccioso. “Sei a conoscenza del modo in cui i tuoi genitori sono morti – la storia vera, non quell'insensatezza che quei disgustosi Babbani hanno inventato?”
Harry annuì tetramente. “C'era un mago malvagio chiamato Volauvent, che -”
Non dire quel -” Piton si interruppe, un'espressione bizzarra sul viso. “Come hai detto?”
Harry, obbediente, ricominciò da capo. “C'era un mago malvagio chiamato Volauvent -”
Piton resisté all'impulso quasi irresistibile di gettarsi a terra e ridere istericamente. “No, Potter,” disse, con solo un infinitesimale tremito nella voce a tradire lo sforzo che gli stava costando mantenere la sua espressione normalmente severa. “Un 'vol-au-vent' è un delicato impasto contenente un ripieno saporito. Il nome del Signore Oscuro è -” Richiamò una piuma e della pergamena e scrisse “VOLDEMORT” in grosse lettere.
“Oh.” Harry adocchiò la parola, mentre Piton si perdeva in una felice fantasia ruotante attorno alla reazione di Voldemort se mai fosse stato chiamato Lord Vol-au-Vent. Forse Piton avrebbe potuto inventare una maledizione che avrebbe costretto tutti a pronunciare “Voldemort” a quel modo? “Immagino che abbia più senso. La zia Petunia mi faceva fare vol-au-vent per gli incontri del suo club. Mi chiedevo perché il mago malvagio si sarebbe fatto chiamare così. Voldemort suona un pochino più spaventoso.”
“Non dire quel nome ad alta voce di fronte a me,” sbottò Piton, una mano che correva sul suo avambraccio; registrò tuttavia con contentezza malamente celata il tono disdegnoso di Harry. Ovviamente “Voldemort” era, per un undicenne, una scelta mediocre. “Devi chiamarLo 'Tu Sai Chi'.”
Harry arricciò il naso. “E' una cosa stupida,” obiettò. “Voglio dire, suona come qualcosa che una ragazza direbbe. Se non possiamo pronunciare il suo nome, non possiamo almeno usare un nome in codice?”
Piton sbatté le palpebre. Il potere degli undicenni di concentrarsi sulle questioni più ridicole alle spese di quelle veramente importanti non cessava mai di sorprenderlo. Harry credeva veramente che Voldemort avesse scelto il suo nome nella speranza di instillare sorpresa e meraviglia nei preadolescenti? Ragazzi e Ragazze! La gelateria Fortebraccio presenta il concorso “Nomina il Signore Oscuro”. Provate a inventare il miglior titolo Malvagio e Spaventoso! Primo premio, un posto accanto al Trono del Signore Oscuro! Secondo premio, un gelato misto a dimensione troll! Solo una proposta per persona; gli imbroglioni saranno sottoposti a Cruciatus.
“Voglio dire, 'Darth Fener' è un nome davvero buono per un malvagio. O anche 'Skeletor1' o -”
“Basta così, Potter. Dubito che il Signore Oscuro verrà ferito dalla tua disapprovazione.”
“Be', voglio dire, era il suo vero nome o stava solo cercando di sembrare tutto forte e duro?” insisté Harry. “C'era questa ragazza nella mia scuola che si chiamava Janice; ma a nove anni aveva deciso di voler essere chiamata 'Angelique', e si rifiutava di rispondere se usavi il suo vero nome. E' questo che lui ha fatto? Sai, il mago malvagio? Se n'è uscito fuori semplicemente con un nome nuovo?”
Piton non riusciva a credere che, con tutte le rivelazioni che erano turbinate attorno alla testa del ragazzo quel mattino, il moccioso si stesse concentrando sulla scelta di nome del Signore Oscuro. “Alla nascita è stato chiamato 'Tom Orvoloson Riddle'. Ha preso questo nome -” batté un dito sulla pergamena “ - nel tentativo di distanziarSi dalle Sue parentele meno che ideali.”
“Ha avuto una pessima infanzia, allora?” chiese Harry. “A scuola dicevano che un sacco di criminali avevano avuto una brutta infanzia, e questa era la ragione per la quale si comportavano così. Oppure non erano davvero criminali; in realtà erano pazzi, ma non ricevevano le cure di cui avevano bisogno. Era questo il suo problema?”
Di nuovo, Piton fu costretto a ricacciare indietro risatine poco virili davanti all'innocente domanda. L'idea che l'attività del Signore Oscuro potesse essere attribuita ad una mancanza di – come li chiamavano i Babbani? - 'psicofarmaci', era piuttosto attraente. Forse, se avessero drogato il succo di zucca di Voldemort con qualche pozione, lui sarebbe stato felice di lavorare nel Ministero a fianco di Arthur Weasley? “No,” riuscì a dire, piuttosto fermamente. “Il Signore Oscuro non era la vittima innocente di una malattia mentale, né può alcuna infanzia, non importa quanto orribile, scusare le sue azioni. Era una persona malvagia che desiderava governare il mondo uccidendo tutti i dissidenti e terrorizzando la popolazione per costringerla a seguire i suo ordini. Ha adottato una filosofia inaccurata e piena d'odio che implicava che certe persone fossero meglio di altre per via delle loro ascendenze. Disprezzava i Babbani e chiunque avesse legami con essi.”
“Se era un tipo tanto cattivo, perché qualcuno si è unito a lui?”
Piton quasi sussultò. Le domande stavano cominciando ad avvicinarsi terribilmente al nocciolo della questione. “Era un mago molto potente. Questo di per sé attrae molti – l'idea di essere associati con qualcuno la forza magica del quale è così grande. Molti trovano il potere inebriante, specialmente quelli che sono stati tradizionalmente in posizioni di debolezza.” Harry aggrottò la fronte, ma annuì. “Altri, anche se non attratti dalla sua forza, temettero lo stesso di opporsi a lui a causa di essa. Alcuni accolsero la sua ideologia perché permetteva loro di sentirsi superiori ad altri, anche o, forse, soprattutto, quando erano persone significativamente meno degne di rispetto ed abili di quelli che stabilivano essere creature inferiori. E molti – forse la maggior parte – maghi e streghe erano contenti di ignorare il tutto e di lasciare che altri combattessero le loro battaglie.”
“Come hanno combattuto la mia mamma e il mio papà?” chiese Harry, quietamente.
Piton sentì un peso opprimergli il petto. “Sì.”
“Loro lo stavano combattendo, e lui ha provato ad ucciderli perché qualche strega aveva detto qualcosa riguardo ad un bambino e lui pensava che fossi io?”
“Sì. Era stato profetizzato che sarebbe nato un bambino che avrebbe potuto sconfiggerlo. Il Signore Oscuro decise di cercare e distruggere il bambino. Tu venisti identificato come un potenziale candidato, e i tuoi parenti si nascosero con te. Vennero traditi, alla fine, e il Signore Oscuro ti trovò.”
Gli occhi di Harry erano lucidi di lacrime. “E lui li ha uccisi ed ha provato ad uccidermi ed io l'ho ucciso e mi è rimasta questa cicatrice,” concluse. “Hermione mi ha fatto vedere un libro che ne parlava.”
Piton odiava quel che doveva dire adesso, ma sapeva che, a lungo andare, sarebbe stato meglio rendere il ragazzo consapevole di cosa avrebbe dovuto affrontare. “Non è chiaro se tu abbia ucciso il Signore Oscuro, Potter,” disse, il più freddamente che poté. “Chiaramente L'hai sconfitto, ma è possibile che Lui sia semplicemente... scomparso.”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Vuoi dire che potrebbe tornare?”
“E' possibile. Alcuni dei Suoi seguaci credono ancora che lo farà, e rimangono leali a Lui.”
“Ma il libro diceva che la guerra era finita!”
“I libri dicono molte cose inaccurate.”
“Questo non dirlo ad Hermione!” esclamò Harry. Un'ombra gli passò sul viso. “Perciò c'è ancora qualcuno che lo appoggia, là fuori? Probabilmente io a loro non piaccio.”
“Esatto. Ecco, anche, perché è importante che tu studi molto, per essere in grado di difendere te stesso – ed altri ai quali tieni,” aggiunse in fretta, realizzando che il senso di autoconservazione di Harry era sottosviluppato.
“Dunque, è per questo che quei ragazzi mi hanno attaccato?”
Piton annuì. “Ti ritengono responsabile delle sorti avverse delle loro famiglie, ignorando il fatto che sono state le loro famiglie stesse a causare tutto ciò attraverso le loro azioni.”
“Ci sono altri ragazzi, qui a scuola, ai quali io non piacerò per via di quel che è accaduto con Volauvent?” Harry era così preoccupato dalla sua domanda da non realizzare di aver usato ancora il nome sbagliato.
Piton decise ugualmente di ignorarlo. Se Harry avesse commesso quell'errore in pubblico sarebbe stato scambiato per una bravata Grifondoro, e ciò avrebbe potuto non essere una cattiva cosa. Se il Signore Oscuro fosse tornato, scoprire di essere stato chiamato come un pasticcino di pasta sfoglia avrebbe potuto farLo infuriare così tanto da fargli sbagliare la mira delle Sue prime Imperdonabili. “Ci sono alcuni ad Hogwarts e nel resto del Mondo Magico che ti disprezzeranno per aver causato certi eventi, proprio come ci sono molti altri che ti loderanno senza giustificazione per gli stessi motivi.” Davanti allo sguardo vago di Harry, riformulò la frase. “Ad alcune persone piacerai per questo, ed altri ti odieranno per questo.”
“Ma questo è stupido! Io non lo ricordo neanche, davvero! Io sono solo Harry – perché le persone non possono semplicemente vedere me e non questa cicatrice?” Harry si tirò indietro la frangia, rabbiosamente.
“Molte persone sono sciocche pecore che non riescono a prendersi il disturbo di pensare per sé stessi.”
“Ma tu lo fai! Tu non vedi solo la cicatrice! Tu vedi me,” disse Harry. “Perché gli altri non possono?”
Piton arrossì. Non era stata la cicatrice che l'aveva reso cieco davanti al ragazzo, al principio; era stata la rassomiglianza di Harry a James. In effetti, lui era meglio di quelli che si prostravano servili davanti al moccioso o che lo desideravano morto, tutto sulla base di quella cicatrice a forma di saetta?
“Come ho detto, signor Potter, gran parte della gente è troppo stupida o pigra per tirare le proprie conclusioni. Questo è ciò che rende le persone come la signorina Skeeter così potenti e permette ad idioti come Cornelius Caramell di essere eletti Ministri. Devi essere consapevole di ciò e stare attento a non cominciare a credere alle insensatezze che altri declamano.”
Harry giocherellò distrattamente con le sue patatine per diversi minuti. Alla fine, guardò verso di lui e chiese, “Professore, perché quella signora giornalista ti ha chiamato Mangiamorte?”
Piton inghiottì a fatica, costringendosi a mantenere un'espressione inalterata. “Un Mangiamorte,” iniziò, “è un seguace dell'Oscuro Signore.”
La testa di Harry si alzò di scatto, gli occhi enormi. “Di Voldecoso! Ma tu non sei -”
“Lo ero.”
Per sua grande sorpresa, Harry non si ritrasse né fuggì urlando dalla stanza. Invece, il ragazzo lo fissò intensamente, come se stesse provando a leggere la sua anima. “Ma il Preside ha detto che eri una spia,” disse alla fine. “L'ho sentito.”
“Lo ero.” Piton prese un sorso d'acqua. “Mi sono unito al Signore Oscuro quand'ero molto giovane e molto sciocco. Quando sono giunto a realizzare l'enormità del mio sbaglio, sono andato dal Preside e gli ho chiesto aiuto. Con la sua assistenza, sono diventato una spia nella speranza di aiutare ad accelerare la sconfitta del Signore Oscuro.”
“Perciò non appoggi ancora Voldevent?” insisté Harry cautamente.
“No, anche se molti ancora credono che io lo faccia, come avrai notato dalle domande della signorina Skeeter.”
Harry sbuffò. “Be', lei è solo stupida.”
Piton alzò freddamente un sopracciglio, anche se la dichiarazione del ragazzo aveva fatto fiorire una calda sensazione nel suo petto.
“Be', lei lo è,” insisté Harry. “E così tutti quelli che le credono. E' semplicemente idiota come tutte quelle persone che pensano di conoscermi a causa della mia cicatrice. Loro pensano di conoscerti solo per via di quello che quella giornalista dice.”
“Mm.” Piton non era sicuro che sarebbe riuscito a dire qualcos'altro; la fiducia incondizionata del moccioso lo deliziava e insieme lo terrorizzava.
Harry pensò ad un altro domanda: “Erm, perché quella signora ha chiesto del mio padrino? L'ha fatto sembrare come se dovessi aver paura di lui.”
Piton serrò interiormente i denti. Quell'idiota Skeeter aveva molto del quale rispondere. “Il tuo padrino era uno dei più stretti amici di tuo padre. Durante i suoi anni ad Hogwarts, tuo padre aveva tre migliori amici. Sfortunatamente, si rivelarono essere un idiota, un lupo mannaro e un codardo.” Piton ghignò quando gli occhi di Harry si spalancarono. “Tuo padre fece del suo amico più stretto il tuo padrino. E' ampiamente creduto che abbia anche affidato allo stesso uomo, Sirius Black, il Segreto della tua locazione, quando la tua famiglia si nascose. Quando il Signore Oscuro vi trovò, si ritenne che quell'uomo vi avesse traditi a Lui. Di conseguenza, vi fu battaglia tra il tuo padrino e un altro della loro piccola banda, che risultò in diverse morti e nella sparizione dell'altro mago. Il tuo padrino venne catturato e imprigionato ad Azkaban, un posto spaventoso.”
Harry stava cercando di tenere il filo. “Perché mio padre avrebbe avuto degli amici tanto terribili?” chiese, prima di emettere un suono soffocato. “Erano loro che se la prendevano con te?”
Piton inclinò meramente la testa. Davanti all'espressione piena di orrore di Harry, tuttavia, si ammorbidì. “Tuo padre – alla fine – sviluppò un modo di vedere le cose più maturo, Potter. Dimostrò un'intelligenza latente quando si innamorò di tua madre e, successivamente, la corteggiò. Mostrò grande coraggio quando la profezia venne resa nota, e morì coraggiosamente, difendendo te e tua madre. Forse i suoi amici non maturarono come era maturato lui, e questo causò la spaccatura che portò al loro tradimento; io non lo so. Mentre erano tutti a scuola, tuttavia, si divertivano a pavoneggiarsi in giro, prendendosela con quelli che potevano tormentare senza temere conseguenze. Io ero, sfortunatamente, il loro bersaglio preferito, forse perché ero spesso in grado di difendermi.”
“Perciò il mio padrino ha aiutato ad uccidere i miei genitori ed è stato mandato in prigione ed ora è rinchiuso,” disse Harry tetramente.
“Non esattamente,” ammise Piton. “Innanzitutto, il tuo padrino è fuggito di recente, e c'è chi ipotizza che cercherà di ferirti per via del tuo ruolo nella sconfitta del Signore Oscuro. Ecco perché la giornalista ti ha chiesto se avevi paura di lui.”
Harry inghiottì a vuoto. “Tu non gli permetterai di ferirmi,” disse, la voce un poco tremante.
Di nuovo, il calore gli si spanse dentro. “Io non lascerò che nessuno ti ferisca, specialmente Sirius Black,” sbottò Piton, imbevendo il nome di Black con tutto il vetriolo di vent'anni d'odio.
Harry si rilassò. “Allora è a posto. Come farebbe ad arrivare qui, comunque?”
“Precisamente,” assentì Piton. “Comunque, c'è un'altra errata opinione comune che dovrei correggere. Come ho detto, il tuo padrino venne imprigionato ad Azkaban. Non vi è mai stato un processo, comunque, ed sembra che alcuni nel Ministero, ora, stiano cercando di riaprire il caso.”
Harry lo fissò con gli occhi sbarrati, scandalizzato. “Come mai non ha avuto un processo? Le persone non possono semplicemente essere mandate in prigione senza processo – vero?” chiese, realizzando nuovamente di non vivere più nel mondo Babbano.
Piton si mosse sulla sedia. “In genere no; ma all'epoca tutti erano convinti della sua colpevolezza, e sembra che certe... formalità... furono tralasciate.”
“Ma è sbagliato! Perciò è stato rinchiuso per tutto questo tempo? E se non fosse stato lui?”
“Questa è decisamente un'opinione minoritaria, signor Potter,” Piton fece una smorfia. Non sarebbe stato il caso che il moccioso apparisse troppo convinto dell'innocenza di Black, quando il resto del mondo si aspettava che lui fosse terrorizzato.
“Sì, ma -”
“Ed ora sembra che ci saranno un'indagine e, presumibilmente, un processo, perciò il problema è irrilevante,” proseguì Piton, con una voce che non ammetteva obiezioni.
“Semplicemente, non è giusto,” bofonchiò Harry. Poi guardò di nuovo in su, la fronte aggrottata. “Se tu eri una spia e le persone pensavano che tu fossi un Mangiamorte, allora perché quando Voldevent -” Piton si era arreso e non cercava più di correggere il moccioso “- è scomparso, tu non sei stato mandato ad Izkibibble come il mio padrino?”
“Azkaban. Ed io sono sfuggito alla prigione perché il Preside ha parlato in mia difesa ed ha rivelato il mio ruolo come spia. I fatti non vennero ben pubblicizzati, ma la verità fu resa nota al Ministero, e loro accettarono la parola del Preside.”
La fronte di Harry si fece ancor più aggrottata. “Allora perché il Preside non ha parlato per il mio padrino o ha fatto in modo che il Ministero lo processasse?”
Due punti per aver pensato come un serpente e non un leone, pensò Piton, ghignando. “Ben ragionato, signor Potter,” replicò. “Tanta perspicacia merita una Cioccorana.” Richiamò con un Accio il dolce dalla scorta segreta che aveva nascosto nelle sue stanze, sapendo che quei dannati libri insistevano che lui avesse qualche modo di premiare il mocciosetto.
Harry fissò sbalordito la Cioccorana che atterrava di fronte a lui; ma la paralisi venne rapidamente superata dalla sua golosità di cioccolata. “Grazie!” disse, masticando la Ciocorana. “Erm, ma che cos'è la persicacia?”
Piton alzò gli occhi al cielo. Avrebbe dovuto comprare al moccioso un calendario delle “Parole Magiche del Giorno”. “Perspicacia è un'altra parola per intelligenza. Vuol dire che sei in grado di percepire le sottigliezze e di fare accurate distinzioni. In questo caso, hai correttamente identificato delle somiglianze tra due casi non relazionati ed hai fatto domande al proposito. Questo è stato intelligente, e mostra che possiedi la capacità di pensare criticamente.”
Harry si illuminò in viso, orgoglioso.
“Per rispondere alla tua domanda, dovrai interrogare il Preside, poiché solo lui può condividere con te le sue ragioni.” Piton non aveva alcuna intenzione di aprire quel vaso di Pandora. Oh, aveva i suoi sospetti, ma non aveva intenzione di condividerli con il moccioso. Anche se Silente avesse creduto nella colpevolezza di Black, avrebbe dovuto comunque insistere per un processo... a meno che non avesse avuto un'altra ragione per volere che l'intero problema svanisse rapidamente e quietamente. Una ragione come il suo modo estremamente poco ortodosso di gestire il posizionamento di Harry con i Dursley. Il processo di Sirius Black avrebbe sicuramente causato un sacco di domande riguardo al Ragazzo Che Era Sopravvissuto e, considerando quanto riservato Silente fosse stato all'epoca riguardo a tutto ciò che concerneva Harry, Piton riusciva perfettamente ad immaginare che non avrebbe bene accolto niente che tenesse le luci della ribalta sui Potter e sul loro bambino reso orfano.
Non voleva chiedersi se Silente credeva veramente che Black fosse colpevole e che il processo fosse una mera formalità che avrebbe potuto, se si fosse tenuto, mettere Harry in pericolo a causa dei restanti Mangiamorte. Se non aveva pensato che fosse colpevole, ma aveva permesso a sangue freddo a Black di languire ad Azkaban pur di fare in modo che Harry crescesse nell'ambiente che aveva scelto... No, quel pensiero era quasi troppo orribile per poter essere contemplato.
Ad ogni modo, anche se Silente non fosse stato tanto freddamente manipolativo, quantomeno non era intervenuto quando sapeva maledettamente bene di doverlo fare, e Piton aveva l'orribile sensazione che come risultato un uomo innocente – be', Black, comunque – avesse sopportato anni di tormento immeritato. Questo da solo era sufficiente a convincere Piton a non piazzare la propria vita o quella di Harry nelle mani dell'uomo. Silente era, nella migliore delle ipotesi, fallibile, e ciò significava che la salvezza di Harry non gli sarebbe stata affidata. Non più.
“Perciò... tu pensi che l'abbia fatto? Il mio padrino, voglio dire,” chiese Harry cautamente.
“Gran parte del Mondo Magico è convinta che l'abbia fatto, Potter, affiancata in ciò dagli articoli idioti di Rita Skeeter e di altri. L'alternativa – che il Ministero passa permettere un errore giudiziario tanto grande – è semplicemente troppo da tollerare, per molti.” Gettò il capo indietro. “Io, comunque, non ho alcuna fede nel Ministero, perciò, mentre ho tutti i motivi di sapere quanto maligno e sconsiderato sia il tuo padrino, non sono propenso a condannarlo sulla sola evidenza del fatto che 'tutti sanno che è vero',” concluse con sarcasmo.
Harry appariva addolorato. “Vorrei che la vita funzionasse e che fosse giusta e -”
“Non cianciare come un ingenuo idiota, Potter. Se fosse così, tu non avresti trascorso dieci anni della tua vita in quel ripostiglio Babbano, trattato come un elfo domestico e picchiato senza pietà.”
Harry si agitò. “Non era così male,” obiettò in modo poco convincente. “Voglio dire, la maggior parte delle volte era solo uno schiaffo o due, come quando pensavano che fossi sfacciato.”
Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Hai bisogno di scrivere altre righe?”
“No, signore!” gli assicurò Harry in fretta.
Piton l'adocchiò con aria pensierosa. “Se io trattassi il tuo amico Weasley come i Dursley trattavano te, dandogli 'solo uno schiaffo o due' quando penso che stia facendo l'impertinente, diresti che il mio comportamento è giustificato?”
“Non lo faresti!” protestò Harry.
Piton scrollò le spalle. “Perché no, se non è 'tanto male'?” lo schernì. “Dopotutto, Weasley può essere molto fastidioso.”
“D'accordo!” sbottò Harry, sentendosi imbarazzato ed arrabbiato anche se non sapeva perché. “D'accordo, ho capito!” Non c'era bisogno che il suo professore fosse così tagliente al proposito. Era solo che ad Harry non piaceva pensare di essere stato trattato così male. Gli faceva dolere la testa. Meglio fingere che non fosse stato tanto spaventoso, ma il professor Piton non gli permetteva di farlo.
“Bene,” replicò Piton severamente. “Non farti più sentire da me mentre condoni le azioni di quelle disgustose creature, o mitighi i loro crimini in alcun modo. Tu non meritavi di essere tratta così. Sei un bambino molto speciale, l'autostima del quale è stata gravemente danneggiata.” Piton lanciò un'occhiataccia spaventosa al moccioso, mentre lo diceva; non voleva che il demonietto pensasse che si stava ammorbidendo.
Harry si contorse, mentre la sua irritazione veniva lentamente sostituita da un formicolio di piacere alle parole del professore. Un bambino molto speciale. Gli piaceva davvero quando il suo professore diceva cose così, specialmente perché non usava una mielosa, appiccicosa voce dolce che avrebbe imbarazzato orribilmente Harry. Quando la zia Mollie lo chiamava “amore” o “caro”, era a posto, perché era questo che si supponeva che le mamme dicessero. Ma se il suo professore fosse diventato tutto sdolcinato con lui, Harry avrebbe desiderato di poter sprofondare nel pavimento. A questo modo non era come se Harry fosse un imbecille infantile che desiderava disperatamente una mamma e un papà; era solo che ora aveva un tutore che era forte e severo e lo costringeva ad accettare affetto. Questo era molto meglio per l'ego di Harry.
“D'accordo, Potter, ora che hai soddisfatto il tuo appetito ed io ho soddisfatto la tua insaziabile curiosità, puoi tornare in classe,” ordinò Piton.
“D'accordo,” esclamò Harry di buonumore, alzandosi e raccogliendo le proprie cose. “E posso ancora aiutarti con gli ingredienti per pozioni stanotte, giusto?”
Se i tuoi compiti mi soddisfano,” lo avvertì Piton.
Harry alzò gli occhi al cielo. “D'aaaaccordo. Oh, e viene anche Hermione,” esclamò mentre scivolava fuori dalla porta, ignaro dell'espressione piena d'orrore del suo professore.



Note alla traduzione:
(1): Skeletor e Dart Fener (in inglese: Dart Vader). Se il secondo non ha bisogno di spiegazioni, il primo poteva essere un po' più una chicca per gli appassionati.

Cercherò di tenere un aggiornamento settimanale o bisettimanale, a seconda dei casi, lasciandomi un paio di capitoli "di sicurezza" ogni volta: per ora, sono arrivata al Capitolo 23, per cui vedrete presto il 21 (e Salice si sta generosamente prestando a darmi manforte, guh! Il tutto mentre studia, lavora, si organizza casa... SuperGirl!).
Per rispondere alla recensione di May Des: no, non ho intenzione di abbandonare questa storia. L'autrice l'ha già completata da diverso tempo (scrivendo, tra l'altro, un finale aaaaaaassolutamente meraviglioso, questo ve lo posso serenamente spoilerare) e sono decisa a portarla fino in fondo, tutti e 64 i capitoli.

Grazie a tutte voi che vi siete fermate nello scorso capitolo. Siete il carburante di chi traduce.

Un grazie sentito a Unbreakable_Vow per un Marvolo riportato ad Orvoloson. La risposta alla sua domanda era infatti... perché ci siamo sbagliate. ò_ò

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***







Erano trascorsi ormai due mesi da quando la vita di Harry era cambiata completamente, e lui stava cominciando finalmente a sentire di appartenere ad Hogwarts. Era stato strano realizzare che un intero mondo magico esisteva al fianco di tutto quel che aveva sempre conosciuto, ma questo era un adattamento facile rispetto all'abituarsi ad avere persone che si preoccupavano per lui. La novità di avere persone che gli sorridevano e lo salutavano piacevolmente durante la sua giornata non era ancora sbiadita: perciò quando Halloween cominciò ad avvicinarsi, e tutti gli insegnanti e gli studenti presero a parlare eccitati della grande festa, Harry seppe che sarebbe stato sia ingrato che sgarbato dire alla gente che non voleva andare. Non voleva rovinare la notte per il professor Piton e per il resto dei Serpeverde, né per i suoi amici in Grifondoro; così decise che la cosa migliore da fare era tenersi il problema per sé.
Ovviamente questo era prima detto che fatto, quando avevi non uno ma due migliori amici. Sin dalla Grande Battaglia, Harry aveva considerato Hermione Granger un'amica intima. All'inizio Ron era stato un po' incerto riguardo a lei; dopotutto, era sia una ragazza che una secchiona. Ma, dopo le rivelazioni riguardo alla sua famiglia, era troppo spaventato per dirle di togliersi dai piedi, ed entro una settimana la disponibilità di lei ad aiutare con i compiti così come le sue idee astute per replicare agli scherzi dei gemelli le avevano assicurato un posto nel cuore di Ron così come in quello di Harry.
“Qual è il problema, Harry?” chiese lei durante il pranzo. “Sembri distratto.”
“Già, amico,” le fece eco Ron, cessando per un attimo di cacciarsi in bocca altro cibo. “Non sei ansioso di partecipare al Banchetto di stanotte?”
“No,” ammise Harry. “In realtà non vorrei andare.”
Ron lo fissò come se gli fosse cresciuta un'altra testa. “Cosa! Perché no?”
Harry distolse lo sguardo. “Semplicemente, non voglio.”
“L'hai detto al professor Piton o alla professoressa McGranitt?” chiese Hermione, sempre pratica. “Magari potresti essere esonerato dal partecipare.”
Harry arricciò il naso. “Non voglio dover spiegare tutto. Voglio dire, che differenza fa se non sono lì?”
“Ce n'è semplicemente di più per il resto di noi!” confermò Ron allegramente, prima di ricomporsi davanti all'espressione di Hermione. “Voglio dire, se non vuoi andare, amico, non vedo perché sia un male. Non è come se stessi saltando delle lezioni o qualcosa del genere.”
“Esatto!” esclamò Harry. “Perciò, pensate che potrei semplicemente squagliarmela?”
Hermione aggrottò la fronte. “Penso che dovresti chiedere il permesso. Perché è così difficile?”
Ron alzò gli occhi al cielo. “Accidenti, Hermione. Penso che chiederesti il permesso se andassi in bagno per fare la pipì e poi decidessi di aver bisogno di – OW!”
“Non essere volgare, Ronald Weasley!” sbottò Hermione veementemente. “E solo perché io non provo a cacciarmi nei guai non c'è ragione di prendermi in giro.”
“Okay, okay,” disse Ron in fretta. “Calmati.”
“Penso che me ne andrò solo in biblioteca, invece che al Banchetto,” disse loro Harry. “Nessun altro sarà lì, ed è facile nascondersi tra gli scaffali così che Madam Pince non ti veda.”
“Verrò con te, Harry,” si offrì Hermione. “Non ero ansiosa di andare al Banchetto neanche io, a dirti la verità. Dopotutto ci saranno tutti quei dolci e lecca-lecca, e i miei mi ucciderebbero se sapessero che ho mangiato tutto quello zucchero.”
Ron impallidì. Come gli altri purosangue, ora era terrorizzato dal pensiero dei dentisti in generale e dei genitori di Hermione in particolare. “Non farli arrabbiare!” la esortò, nel panico. “Vai in biblioteca come vuole Harry.” Fece una pausa. “Erm, immagino che potrei venire anche io,” aggiunse, infelice, punzecchiando il proprio cibo.
Harry scambiò un sorriso nascosto con Hermione. Entrambi sapevano quanto l'amico, il “pozzo senza fondo”, avesse aspettato con ansia il banchetto. “Accidenti, amico, ed io che speravo che tu andassi al banchetto e ci coprissi le spalle,” disse Harry in tono deluso. “Voglio dire, so che non è molto giusto da parte nostra aspettarci che tu vada da solo -”
“No, no!” disse Ron in fretta. “E' tutto a posto. Andrò io. Hai ragione. Sembrerebbe sospetto se mancassimo tutti ma, in questo modo, posso dare l'impressione che ci siate anche voi lì.”
E così quella sera Harry ed Hermione si trovarono piazzati in un angolo nascosto della biblioteca, lavorando sui propri compiti – e prendendo appunti in più per Ron – mentre il loro amico si ingozzava felicemente insieme ai suoi compagni Grifondoro.

Piton aggrottò la fronte, spostando lo sguardo nella Sala affollata. La situazione era ancora più folle del solito, con molti dei ragazzi in abiti bizzarri e tutti quanti che continuavano a sedersi qua e là per la Sala invece che in tavolate ordinate divise per Case. Stava cercando di assicurarsi che i suoi serpenti del primo anno non mangiassero tanto da cadere in coma per il troppo cibo – situazione che si concludeva, generalmente, con dolori allo stomaco a mezzanotte e lacrimevoli visite in infermeria – e che il moccioso Potter non sfruttasse l'occasion della festività per ingerire un'intera colonia di Cioccorane.
Dov'era il piccolo bastardo? Sicuramente quel caotico spazzolone di capelli avrebbe dovuto essere facile da individuare nel mezzo di qualunque folla? Dove – ah, be', almeno c'era un Weasley, e quello giusto, oltretutto. Piton calò in picchiata su Ron e contemplò con disapprovazione il moccioso dalla faccia appiccicosa.
“Hai perso il tuo tovagliolo, Weasley?” chiese.
“Scusi, professore,” Ron inghiottì in fretta e si strofinò la faccia, rimuovendo la maggior parte della massa di glassa.
“Avremo presto modo di parlare delle tue atroci maniere a tavola,” promise Piton con tono minaccioso, prima di guardarsi intorno lungo il tavolo. “Dov'è il signor Potter?”
“Erm, penso che sia appena andato in bagno,” disse Ron, servizievole. “C'è il suo piatto proprio lì,” disse, indicando un piatto con sopra metà di un'appiccicosa focaccia e diversi lecca-lecca.
Piton sospirò e soffocò il desiderio di confiscare i dolci. “Digli che può mangiare quel che resta sul suo piatto, ma nulla di più! Hai capito?”
“Sissignore. Finire il piatto. Nulla di più.”
“Grazie,” si costrinse ad essere civile verso il monello, poi si allontanò maestoso. I bambini avrebbero rimbalzato tutti da una parete all'altra come Folletti prima che la serata fosse finita, ed Albus – il grosso idiota – era il peggiore di tutti. “Ti piacciono i Topoghiacci, Severus?” gli offrì il Preside, non appena Piton ebbe ripreso il suo posto a tavola.
Piton guardò al di sopra della punta del proprio naso le leccornie offertegli e disse nel tono più gelido che riuscì a tirar fuori: “No, grazie.”
“E' un peccato che il suo carattere non sia migliorato insieme al suo aspetto,” bofonchiò la Bumb, due sedie più in là.
Piton alzò cortesemente il piatto che aveva di fronte e lo offrì alla donna. “Vorresti una mela caramellata?” propose.
“Ooooh! Le mie preferite!” La Bumb afferrò la più vicina.
“Non è quella che ci hai quasi lasciato tutti i denti l'altr'anno?” chiese Hagrid attorno ad un boccone di appiccicose caramelle mou.
“MMMMfffffMMMM!” si lamentò lei, i denti solidamente incastonati nella mela.
“Cielo, cielo,” si dolse Severus. “Come ho potuto dimenticare?”
La Bumb gli lanciò un'occhiataccia furiosa, ma era troppo occupata a liberarsi dalla mela per poter fare molto altro. Singhiozzò, girandosi verso la Chips e la McGranitt in cerca d'aiuto.
“Non è stato molto gentile da parte tua, ragazzo mio,” disse Silente in tono di rimprovero, facendo sentire Severus come fosse stato un undicenne disobbediente.
“Neanche lei è stata gentile,” bofonchiò in tono ribelle, sancendo così la sua rassomiglianza ad uno dei suoi studenti del primo anno. Il Preside gli rivolse un'occhiata scintillante, e Severus seppe, semplicemente, che l'anziano mago stava per dire qualcosa di disgustosamente adulto.
“TROLL! TROLL NEI SOTTERANEI!” Gli strilli terrorizzati di Raptor, fortunatamente, impedirono la piccola omelia di Silente; e, nel caos che seguì, il problema della mela caramellata venne rapidamente dimenticato.
Silente ordinò rapidamente ai Capi delle Case di scortare gli studenti alle loro rispettive Torri, dalle quali un troll e altre pericolose creature sarebbero stati tenuti fuori da avanzate barriere. Poi il corpo insegnante si sarebbe raggruppato ed avrebbe cercato per il castello finché il troll non fosse stato catturato. “Scorterò Madama Chips in Infermeria,” disse Silente a Piton, “poi tu, io e gli altri Capi delle Case ci ritroveremo qui.” Fece una pausa. “Se il troll è nei sotterranei, forse i tuoi Serpeverde dovrebbero cercare rifugio altrove?”
“Porterò Hagrid con me. Tra me, lui e i miei prefetti, credo che saremo in grado di raggiungere in sicurezza l'ingresso; altrimenti, faremo una deviazione e riunirò i miei studenti a quelli di Filius. Per quanto riguarda – l'oggetto? Di sicuro questa è una diversione per permettere a qualcuno di tentare di prenderlo.”
“Andrò io a controllare,” disse Minerva quietamente, apparendo alle spalle degli uomini. “Con il troll nei sotterranei, è improbabile che i miei studenti lo incontrino.”
Albus annuì; poi, andò ad accompagnare l'infermiera alle sue stanze ben protette. Piton diede ad Hagrid e ai suoi prefetti l'ordine di raccogliere i Serpeverde in cerchi concentrici organizzati per anno, con gli studenti del primo anno nel mezzo, ben sorvegliati, prima di correre a controllare Harry.
Non poté trovare né Harry né Ron, ma afferrò Percy per la manica. “Hai visto Potter?”
“No, signore, ma il primo gruppo di studenti è già stato indirizzato su per la Torre con metà della squadra di Quidditch. Una volta che avrò portato lì il resto, farò una conta e mi assicurerò che lui e Ron siano al sicuro.”
Piton annuì una sola volta e tornò in gran fretta dai suoi studenti. Sapeva che non era il caso di dubitare della vena protettiva di Percy. Il ragazzo si sarebbe accertato che i suoi protetti fossero al loro posto.
Con Hagrid, Flint e Jones a proteggere le retrovie e lui stesso in testa al gruppo, Piton aprì la strada verso il dormitorio Serpeverde. Non incontrarono nulla sul loro cammino, neanche un fantasma, ma Piton non si rilassò fino a quando l'ultimo studente, Flint, non scavalcò il ritratto. “Tutti presenti e al sicuro, signore,” riferì il prefetto. “Abbiamo contato le teste prima di partire, e nessuno ha lasciato la formazione.”
“Bene. Tu e Jones fate un giro e rassicurate tutti, specialmente quelli dei primi anni. Incoraggiateli a proseguire il banchetto. Tornerò non appena il troll sarà stato catturato e il castello sarà sicuro.” Il ritratto si chiuse dietro Flint, e Piton aggiunse uno strato in più di protezioni alle barriere.
“Vieni,” disse al mezzogigante. “Voglio controllare Harry, e poi ci uniremo agli altri insegnanti.”
Si affrettò verso la torre di Grifondoro solo per trovare la Signora Grassa sbatacchiata nella sua cornice. “No!” stava gridando lei, furiosamente. “Non devo aprirmi finché non sarà stato dato il via libera!”
“Apriti, tu maledettissimo stupido portale! Lasciami uscire!” Una voce soffocata proveniva dall'interno del dormitorio. “Giuro che ti maledirò fino a farti cadere la vernice di dosso, se non APRI QUESTA FOTTUTA PORTA!”
“Bene!” esclamò lei, offesa. Poi, avendo adocchiato Piton, si esibì in un sorrisetto molto sgradevole e si aprì.
Percy Weasley capitombolò fuori, cadendo direttamente nelle braccia di Piton. Il professore di Pozioni rimise il ragazzo in piedi con un tonfo. “Pensavo che il Capo della tua Casa ti avesse parlato del tuo linguaggio, signor Weasley,” disse Piton in tono minaccioso.
“Sono scomparsi, professore!” lo interruppe Percy, freneticamente. “Ron ed Harry ed Hermione. Mancano tutti e tre. Non sono nella torre, e nessuno sa dove siano!”
Piton si lasciò andare ad una feroce serie di imprecazioni che spinsero la Signora Grassa a rannicchiarsi, coprendosi le orecchie, mentre Hagrid e Percy lo fissavano con sbalordita ammirazione. “Torna alla tua torre, Weasley! Troverò io quei piccoli idioti, e Merlino li aiuti quando ci riuscirò!”
Percy annuì e si girò per rientrare nel ritratto. “Oh, e signor Weasley. Cinque punti in meno a Grifondoro per il tuo atroce linguaggio.”
Percy si strozzò. Ma, professore, lei ha detto -”
“Cinque punti o una chiamata a tua madre, signor Weasley. La scelta è tua.”
Il prefetto inghiottì a vuoto. “Cinque punti suonano molto ragionevoli, signore.” Fuggì all'interno del ritratto prima che il suo zio onorario potesse cambiare idea.
Piton lanciò un'occhiataccia al ritratto chiuso, lanciò uno strato in più di barriere e poi bofonchiò, “E dieci punti a Grifondoro per l'eccellenza nell'occuparsi della propria Casa.” Poi incitò con un'occhiata un sorridente Hagrid a seguirlo e corse di nuovo verso la Sala Grande e gli altri professori.



Note alla traduzione: Innanzitutto, vorrei ringraziare kiarettinalove per avermi segnalato che c'era uno Snape al posto di un Piton in giro nella storia (non sono infatti riuscita a trovarne altri oltre a quello - forse puoi aiutarmi segnalandomi i punti ai quali hai fatto riferimento?). C'è effettivamente già qualcuno che rilegge i capitoli - tranne quando, come in questo caso, la Vita Vera è troppo e ci si mangia a tutte e due. L'Amata Salice non ha ancora avuto modo di leggere infatti questo capitolo. Spero di poterglielo far leggere presto!
Detto questo, la scelta era tra aggiornamenti rapidissimi e una bella rilettura/controllata/sistemata alla fine di tutti e 64 i capitoli della traduzione oppure aggiornamenti più lenti ed una maggiore accuratezza volta per volta. Mi sembrava più simpatico essere svelta e, magari, un po' meno precisa. E' per questo che sono grata a tutti quelli che mi segnalano errori strada facendo.

Aggiorno post-Romics - ommioddiochemacello - e annuncio che, non essendo sadica, tra domenica e lunedì finirò di tradurre il capitolo 23 per poter pubblicare il 22. Lo stimatissimo dierrevi si è riletto il capitolo con me. In caso d'errore, è anche colpa sua. U_ù
Grazie a tutti quelli che leggono - accidenti, che folata di recensioni! *_* - e a presto!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***







Quando Raptor diede l'allarme, Ron rischiò di andare nel panico. Un troll in libertà nel castello? Ma come? Controllò l'orologio e vide che era quasi l'ora in cui Harry ed Hermione avevano detto che sarebbero tornati alla Torre, così che sarebbero già stati lì quando le persone avessero cominciato ad allontanarsi dal Banchetto. Se avessero preso la strada del ritorno e incontrato il troll... Praticamente erano entrambi Nati Babbani, e non sapevano niente di simili creature. Doveva avvertirli!
Ron si lanciò a rotta di collo attraverso i corridoi e si fermò slittando in biblioteca, sorprendendo Harry ed Hermione che stavano raggiungendo la porta. “TROLL!” urlò. Per una volta, sarebbe stato deliziato nel vedere Madama Pince incombere e cominciare rimproverarlo, ma non c'era nessuno per fare neanche un verso di disapprovazione.
“Perché stai urlando?” chiese Hermione, sorpresa. “Siamo soli, qui, ma ciò non vuol dire che tu debba -”
“C'è un troll in libertà nel castello!” Esclamò Ron, annaspando in cerca d'aria. “Raptor l'ha visto ed è venuto al banchetto per avvertire tutti!”
“Cos'è un troll?” chiese Harry.
“Intendi dire qualcuno grosso e goffo?” chiese Hermione, il tono perplesso1.
“No!” Ron alzò gli occhi al cielo. Nati Babbani! Si diresse verso il Dizionario delle Creature Magiche che era accanto alla scrivania della bibliotecaria e girò le pagine fino a quella giusta. “Guardate,” ordinò, lasciando vedere loro la definizione. Un attimo dopo:
“Oh.” Harry inghiottì a vuoto.
“Oh, Dio.” Hermione appariva pallida.
“Dobbiamo tornare al dormitorio,” disse Ron. “E' lì che il Preside ha detto che tutti dovrebbero andare, perché sono le parti più sicure e più protette del castello.”
“E se non ci arriviamo presto scopriranno che non eravamo al banchetto!” aggiunse Harry, mordendosi nervosamente il labbro.
“Oh, no!” gemette Hermione. “Potremmo finire in punizione! Potrebbe essere segnato sui nostri dossier2!”
“Veloci!” Afferrando le borse, il trio corse su per le scale. Erano più che a metà strada per la Torre, quando Hermione annusò l'aria. “Sentite questa puzza spaventosa?”
Un attimo dopo Pix apparve girando a tutta birra l'angolo proprio di fronte a loro. “CORRETE!” gridò. “IL TROLL STA ARRIVANDO!”
I tre ragazzi strillarono e corsero giù per la strada dalla quale erano venuti, solo per essere fermati dalla risata stridula del poltergeist. “Hahahahahaha! Stupidi piccoli primini! Ve la siete fatta sotto!”
Loro rallentarono sino a fermarsi, furiosi. “Pix, dannato vecchio bastardo!” gridò Ron, agitando un pugno furiosamente.
“Nyah, nyah!” Pix prese a danzare sopra le loro teste.
“Lo dirò alla professoressa McGranitt!” gridò Hermione.
“Pix, sai dove sia davvero il troll?” Harry tentò un approccio più conciliante.
Pix smise di ridere. “Di-dietro di voi!”
Ron alzò gli occhi al cielo. “Già, certo. Ha ha, Pix. Sei un tale bastardo.”
Proprio in quel momento Nick Quasi-Senza-Testa apparve levitando attraverso il pavimento. Eccovi qui, giovani sciocchi! Cosa state facendo, vagando per il castello quando c'è un troll in giro e si suppone che stiate nella vostra Torre? Ai miei tempi, ve le avrebbero date di santa ragione per una simile malefatta!”
“Nick, tu sai dove sia il troll?” chiese Harry, sperando di calmare lo spettro furioso. “Stiamo cercando di raggiungere la Torre, davvero.”
“Sì, per favore, Nick,” pregò Hermione. “Stavamo andando più in fretta che potevamo, ma poi Pix ci ha ingannati e ora siamo -” si interruppe. “Nessun altro sente quest'odore?”
Pix era ora al livello dei bambini e stava cercando di tirare la manica di Ron. “Troll! Troll! Dietro di voi! Troll!”
“Già, ha ha, Pix,” Ron ignorò le dita gelate che lo serravano e si mosse verso l'altro fantasma. “Nick, puoi dire a Pix di smettere di gridare che il troll è dietro di noi e -”
All'avvicinarsi di Ron l'altro fantasma smise di rimproverare Harry ed Hermione ed alzò gli occhi verso il ragazzo dai capelli rossi. Se un fantasma poteva impallidire, Nick lo fece. “Bambini! Correte! Correte veloci!”
“Nick, questo non è divertente,” disse Harry con incertezza; ma Hermione aveva già voltato il capo.
“EEEEEEEEEEEEEEK!” strillò lei quando vide il troll in fondo al corridoio. Il suono spinse i tre ragazzi in avanti: corsero più veloci che potevano, mentre Nick e Pix volavano verso il troll, urlando e (nel caso di Pix) sputando ectoplasma.
Il troll rimase poco impressionato dai tentativi dei due fantasmi di spaventarlo, ma molto interessato all'odore gustoso di carne umana che proveniva dalle rumorose creature che fuggivano da lui. “Cibo!” esclamò, e corse dietro ai bambini.
I Grifondoro superarono a tutta velocità l'angolo e continuarono a correre: ma era chiaro, a giudicare dai pesanti tonfi di passi alle loro spalle, che il troll li stava raggiungendo. “Aspettate un attimo!” Ansimò Harry quando slittarono oltre un altro angolo. “Aiutatemi con questo!”
Tirò la picca che era attaccata ad un'armatura lì accanto. “Veloci!”
Con l'aiuto degli altri, riuscì presto a liberare la lunga, pesante picca. “Harry, che pensi di fare? Riusciamo a malapena a reggerla, certo non a combatterci,” ansò Ron.
“No, mettetela giù – proprio qui.” Harry posò l'arma per terra nel mezzo del corridoio. “Wingardium leviosa!” La staffa non si mosse nemmeno. “Wingardium leviosa!” “Che stai facendo?” boccheggiò Hermione.
“Se riesco a farla levitare, potrebbe inciamparci sopra,” spiegò Harry. “Wingardium leviosa!” Questa volta la picca si mosse un poco, poi si sollevò di un paio di centimetri.
Wingardium leviosa!” Hermione aggiunse il proprio incantesimo a quello di Harry, e il momento dopo Ron fece lo stesso.
“No, no, Ron,” lo corresse Hermione. “Il latino non è accentato sulla prima sillaba; è win-gar-dee-um -”
“Non ora, Hermione!” gridò Harry, frustrato.
I tre gridarono l'incantesimo insieme e la picca si alzò lentamente in aria, galleggiando approssimativamente all'altezza degli stinchi del troll.
“Grande,” boccheggiò Harry. “Ora CORRETE!”
Corsero a rotta di collo lungo il corridoio, ed erano forse dieci metri più in là quando il troll emerse goffamente dall'angolo, diretto verso di loro. Sbatté contro la picca che galleggiava e cadde faccia avanti con un rauco urlo di dolore. Sfortunatamente, l'elemento del quale Harry non aveva tenuto conto all'interno del suo piano era il considerevole slancio in avanti sommato ai lisci e scivolosi pavimenti di pietra. Il troll crollò di pancia, ma continuò a muoversi in avanti, stavolta in posizione orizzontale: piombò addosso ai tre ragazzini, che saltarono in aria e ricaddero sulla sua schiena.
Harry riuscì a raddrizzarsi, contorcendosi, per primo, poi tirò Ron ed Hermione in posizione seduta su dorso del troll. Il troll sentì il loro peso e urlò per la frustrazione, ma non era in grado di afferrarli. I ragazzi continuarono a cavalcare il troll come fosse uno slittino su una strada innevata.
“Bleah – puzza!” Ron stava stringendo la chioma arruffata del troll con una mano e il proprio naso con l'altra.
“Che facciamo, ora?” chiese Hermione mentre schizzavano attraverso i corridoi.
Harry, seduto davanti, boccheggiò per l'orrore alla vista di ciò che li aspettava. “Reggetevi,” urlò al di sopra di una spalla. “Siamo arrivati alle scale!” E subito dopo cominciarono a scenderle.
Il loro troll-slittino rimbalzò giù per le scale, mentre i ragazzini strillavano forte quanto lui. Una volta arrivati in fondo, il troll si schiantò contro il muro sul lato opposto e l'impatto fece volar via i più piccoli umani.
“Oh, ow, ugh,” gemette Harry, barcollando in piedi. Era atterrato duramente sul pavimento di pietra, ma non sembrava essersi rotto niente. Solo qualche livido.
“Owwwww,” si lamentò Ron, tenendosi il sedere. “Ha fatto male!” Infilò una mano sotto alla veste e armeggiò con la tasca posteriore, solo per emettere un urlo di dolore ancora più forte. “LA MIA BACCHETTA!” Estrasse la sua bacchetta sciupata, ora spezzata in due. “Era nella mia tasca posteriore,” pianse, “e quando sono caduto sul sedere si è rotta.”
“Oh, no.” Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime di compassione, anche se il modo in cui si stava reggendo il polso faceva pensare che avesse una ragione in più per piangere. “Forse può essere aggiustata?”
“No, è rovinata,” Ron sembrava devastato. “E non possiamo permettercene una nuova.”
Harry lanciò un'occhiata nervosa al troll, che stava cominciando a gemere e a muoversi. “Uhm, Ron. Mi dispiace davvero per la tua bacchetta, ma penso che dovremmo ricominciare a correre.”
“Ma Harry, è la mia – oh, miseriaccia!” Mentre il troll si alzava alle spalle di Harry, Ron buttò via i resti della sua bacchetta, afferrò Hermione con una mano, Harry con l'altra, e si lanciò giù per la sala, trascinando i due ragazzi più bassi con sé. I ritratti su ambo i lati dell'ingresso gridarono incoraggiamenti e consigli mentre i ragazzini correvano. “Guadagna terreno! Guadagna terreno! Correte più in fretta!”
Arrivati all'angolo successivo, Harry si liberò dalla stretta di Ron. “Andate! Io proverò a rallentarlo!”
“Sei pazzo?” strillò Hermione. “Non fermarti!”
“Tu sei ferita e Ron è senza bacchetta! Correte a cercare aiuto! Almeno io ho avuto un po' d'addestramento in più in Difesa!” Il troll girò l'angolo e il tempo per le discussioni finì.
Hermione afferrò la propria bacchetta. “Corri, Ronald! Vai a cercare aiuto!”
“Non vi lascerò qui!” dichiarò Ron, indignato. Corse verso l'armatura più vicina e afferrò uno scudo. “Posso aiutarvi!”
Gli occhi del troll si illuminarono. “Urrrrr! Cibo!” Si mosse in avanti goffamente, sollevando la mazza.
“BUON MERLINO!” Dietro gli studenti apparvero la Sprite e la McGranitt, le bacchette sguainate e le vesti svolazzanti. I ritratti gridarono, acclamando, mentre la Vicepreside gridava un incantesimo ed una luce di un blu scintillante schizzava dalla sua bacchetta ed avvolgeva il troll. Un istante più tardi, un enorme panda porpora e bianco apparve nell'ingresso al posto del troll.
“Urrr?” Il panda apparve confuso; si lasciò lentamente ricadere seduto, prima di guardarsi attorno con atteggiamento perplessa.
Sprite, per non essere da meno del Capo della Casa di Grifondoro, lanciò a sua volta un incantesimo: ed uno spesso anello di bambù emerse dal pavimento e circondò il panda. Gli occhi dell'animale si accesero, mentre allungava pigramente una mano verso uno dei germogli di bambù. Se lo caccio in bocca e si sdraiò sul dorso, masticando con aria beata.
“Bell'incantesimo, quello!”
“Ben fatto!”
“Piante che nascono dalla pietra – questo non è qualcosa che si vede tutti i giorni, sapete.”
“E' stata una dei miei studenti, voglio che si sappia.” I ritratti espressero ad alta voce la propria approvazione per le due streghe, che guardarono prima il troll, poi l'una verso l'altra, prima di emettere due sospiri gemelli di sollievo e girarsi verso i bambini.v “Cosa pensavate di fare?” iniziò Minerva, arrabbiata, solo per ritrovarsi con due ragazzini in lacrime aggrappati alle vesti. Lei si interruppe, stupefatta, mentre Hermione singhiozzava dicendo che il polso le faceva male e Ron piangeva per la sua bacchetta rotta. Harry se ne stette da una parte, sentendosi nauseato e tremante, finché la Sprite non gli mise un braccio attorno alle spalle: a quel punto cedette allo choc e cominciò a piangere anche lui.
“Su, su,” disse la Sprite in tono di conforto. “E' tutto a posto, ora. Il grosso troll cattivo è solo uno sciocco vecchio panda, adesso.”
A quel punto Hagrid e Piton arrivarono correndo, seguiti a breve distanza da Silente e Vitious. Come la McGranitt e la Sprite, erano stati richiamati sul posto da una combinazione di ritratti isterici e fantasmi agitati.
“Harry!” Il cuore di Piton quasi si fermò alla vista del ragazzo singhiozzante. Ferito! Infortunato! Magari morente!
Nell'istante in cui sentì la voce del suo professore, Harry si liberò dalla Sprite e si lanciò contro l'alto uomo. Piton l'afferrò e lo tenne vicino, mentre cercava di liberare la bacchetta dalla stretta per vedere dove il ragazzo fosse ferito.
“Professoressa, la mia bacchetta si è spezzata!” gemette Ron, rivolgendosi alla Sprte mentre la McGranitt si agitava attorno al braccio di Hermione.
“Oh, santo cielo, santo cielo,” la gentile Tassorosso gli diede pacche gentili su una spalla mentre richiamava con un Accio i resti della bacchetta. “Ho paura che sia stata danneggiata troppo gravemente per essere riparata,” ammise tristemente, prima d'abbracciare il ragazzo quando questi cominciò a piangere forte. “Su, su, amore.”
“Oh, sei proprio una bella bestiola,” disse Hagrid in tono ammirato, sbirciando attraverso il boschetto il panda viola, che restituì lo sguardo con disinteresse mentre masticava il suo bambù.
Nel frattempo Silente si stava muovendo quietamente in mezzo ai bambini, lanciando incantesimi diagnostici. “Avanti, adesso, è tutto finito,” disse in tono confortante.
“Albus! Perché te ne stai semplicemente lì?” chiese Piton, furioso, mentre Harry tirava su con il naso e gli singhiozzava contro il collo. “Chiama Poppy immediatamente! Ci sono dei bambini feriti, qui!”
“Ora, ragazzo mio, per quanto sorprendente appaia, nessuno dei bambini è seriamente ferito; sono solo molto spaventati. La signorina Granger ha il polso slogato e il signor Weasley ha riportato un taglio sul suo – ehm – fianco, nel punto in cui la bacchetta si è rotta, ma è tutto qui, escludendo pochi bernoccoli e lividi.”
“Ma Harry è -”
“Illeso, ragazzo mio.”
“COSA?” urlò Piton – tirando via il ragazzo per portarlo alla distanza di un braccio. “Sei illeso?”
Harry tirò su con il naso e annuì. “E' stato solo molto spaventoso.”
“Per amor di Merlino,” Piton serrò i denti. “Mi hai fatto quasi morire di paura, tu, miserabile piccolo disgraziato. Pensavo che il troll ti avesse fatto a pezzi!”
Harry sorrise malgrado le lacrime. Il professor Piton diceva sempre le cose più meravigliose. I Dursley non si sarebbero mai preoccupati che il troll potesse ferirlo. “L'avrebbe fatto,” assicurò al professore, “se la professoressa McGranitt e la Sprite non fossero arrivate al momento giusto e non l'avessero trasformato in un panda.”
“Un panda?” Piton alzò un sopracciglio verso Minerva.
“Avevo bisogno di una Trasfigurazione veloce, Severus. Da creatura animata a creatura animata è più facile, specialmente con dei civili nella linea di fuoco, e la più grossa e calma creatura alla quale sono riuscita a pensare nell'agitazione del momento è stata un panda!” replicò lei con una certa asprezza.
“E il colore?” insisté lui.
Lei apparve un poco a disagio. “Forse ho passato troppo tempo con il Preside.” Silente le rivolse un'occhiata scintillante.
“Ora, ragazzi,” disse Albus gentilmente, “vorreste spiegare per favore come mai vi siete trovati in una situazione tanto pericolosa?”
“Mettendola in un altro modo,” disse Piton, fissando Harry con occhi a succhiello, “precisamente perché eravate dove non avreste dovuto essere?”
“Erm...” L'espressione di Harry si fece molto colpevole. Oh, il professor Piton sarebbe stato furioso con lui!
“Sto aspettando,” gli disse Piton in tono minaccioso.
“Salve, Preside! Ha trovato la nostra squadra in slittino!” Nick apparve levitando oltre l'angolo e puntò verso il Preside. “Questi tre hanno cavalcato quel troll giù per le scale come fosse una slitta giù per il fianco di una montagna! Assolutamente brillante, ragazzi miei! Dei veri Grifondoro, tutti quanti!”
Harry notò che il complimento del fantasma non fece sembrare il professor Piton affatto più felice, anche se distrasse il Preside e il Capo della loro Casa. “Cosa intendi?” chiese Albus con sconcerto.
Perciò dovettero spiegare e mostrare agli adulti dove tutto era accaduto, e rimettere lo scudo e la picca nel posto al quale appartenevano e spiegare come Ron fosse arrivato correndo per avvertirli proprio mentre Harry ed Hermione erano stati sul punto di lasciare la biblioteca. “E noi abbiamo provato a raggiungere la Torre, professore,” se ne uscì fuori Harry. “Stavamo andando più veloci che potevamo, finché non abbiamo incontrato Pix e ci ha ingannati -”
“Ma poi ha cercato di aiutare Nick a distrarre il troll così che potessimo fuggire,” gli ricordò Hermione, il polso della quale era ora immobilizzato in un'ingessatura evocata.
“Be', sembra che, come sempre, i ritratti e i fantasmi del castello abbiano dimostrato la loro devozione alla scuola e ai suoi studenti,” Albus sorrise.
“E i Grifondoro hanno provato la loro decerebrata incapacità di seguire gli ordini più semplici,” disse Piton ferocemente. “Perché eravate in biblioteca quando si supponeva foste al Banchetto?”
Hermione lanciò un'occhiata ad Harry, che stava fissando il pavimento. “Erm, be', professore, io non volevo davvero andare al banchetto. Ci sarebbero stati così tanti dolci con lo zucchero, e i miei genitori sono dentisti...” Sperò che la “parola-con-la-D” potesse far arretrare Piton, ma lui rimase imperturbabile.
“Davvero. E hai chiesto il permesso di assentarti dal banchetto?”
“N-no, signore.”
“E perché, precisamente, il signor Weasley mi ha informato che il signor Potter era al bagno, quando gliel'ho domandato?”
Ron inghiottì a vuoto e si coprì inconsapevolmente con le mani il suo già dolorante sedere. “Erm...”
“Gli ho detto io di fingere che fossimo nei dintorni,” confessò Harry, infelice.
“E perché fare questo, se stavate meramente studiando tranquillamente – anche se illecitamente – in biblioteca?” chiese Piton, sospettoso.
“Eravamo lì, professore!” protestò Hermione, interpretando correttamente l'espressione di estremo scetticismo di Piton. “Lo giuro. Stavamo solo lavorando ai compiti e cose del genere.”
Piton si allontanò un attimo dai bambini e chiese a Minerva quietamente, “Nessun segno che qualcuno fosse al terzo piano?”
“No,” lei scosse il capo. “Fluffy era già addormentato e la botola era indisturbata. Se qualcuno ha liberato il troll come diversivo, ha fallito.”
Lui le lanciò un'occhiata di preoccupazione malamente nascosta. “E la bestia non ti ha ferita?”
La McGranitt nascose un ghigno. Severus era veramente una mamma chioccia! “Dovevo solo dare un'occhiata all'interno, Severus. Che genere di goffo tontolone si sarebbe ferito con un compito tanto semplice? Oltretutto, perché – Merlino! Non penserai che i bambini stessero provando...?”
“Sto imparando a non sottostimare l'idiozia dei Grifondoro,” replicò lui in tono tagliente. “Particolarmente di quelli del primo anno.” Ignorò l'occhiataccia di lei e tornò dai ragazzini.
“Se scopro che eravate in un qualunque posto che non fosse la biblioteca, signor Potter,” disse Piton in un tono estremamente quieto e serico, “sarai un Potter molto dispiaciuto. Hai capito?”
“Non ero da nessun'altra parte!” protestò Harry. “Lo giuro. Non volevamo semplicemente andare alla Festa e io non volevo disturbare nessuno, ma non stavamo facendo niente di male. Davvero!”
“Se stai mentendo, la tua punizione sarà raddoppiata,” lo avvertì Piton freddamente.
“Puoi triplicarla,” offrì Harry. “O usare la cintura. Giuro che non sto mentendo.”
Piton aggrottò la fronte. “Non c'è ragione di tirar fuori ridicole punizioni che sai benissimo che non ho intenzione di adoperare. E' tanto assurdo proporre di permettermi di trasformarti in un Vermicolo o di usare le tue dita come ingredienti per pozioni quando proporre di permettermi di usare una cintura su di te. Sei perfettamente consapevole del fatto che non lo farei mai; di conseguenza simili affermazioni sono prive di significato,” lo rimproverò, “ e non fanno nulla se non far sprecar tempo a tutti.”
Harry non poté nascondere il suo sorriso. Il professore era talmente incapace di fare minacce severe! Eccolo qui, che aveva appena promesso di non fare ad Harry niente di davvero spaventoso, a prescindere da tutto il resto.
Piton lanciò uno sguardo torvo al moccioso, quando questi si limitò a sorridergli con impudenza. D'accordo. Era ora di usare una delle Grandi Punizioni. “Signor Potter, tu ti dirigerai a passo di marcia verso le nostre stanze, dove continueremo il discorso. Sono molto deluso da te.”
Harry perse il sorriso e quasi vomitò il pranzo. Le parole di Piton avevano colpito come uno schiaffo in faccia. “Molto deluso?” No! Questo era quel che aveva voluto evitare. La faccia di Harry si contrasse, e lui si accinse a imboccare la strada verso i sotterranei. “Non capisco perché sei così arrabbiato con me,” borbottò infelice mentre passava accanto al suo professore.
Piton lo afferrò per una spalla. “Non mugugnare a bassa voce in quell'irrispettosa maniera,” lo rimproverò. “Se hai qualcosa da dire, dilla.”
“Non capisco perché sei così arrabbiato con me,” replicò Harry ad alta voce, gli occhi scintillanti di lacrime. “Non è colpa mia che un troll sia entrato nel castello. Dovresti essere arrabbiato con il Preside.”
I visi degli adulti rivelarono il loro choc. “Con me, Harry?” ripeté Silente incredulo.
“Già,” insisté Harry; ma si spostò impercettibilmente più vicino a Piton. Non aveva dimenticato chi era stato a spedirlo dai Dursley in primo luogo. “Non è compito suo assicurarsi che la scuola sia un posto sicuro? Come ha fatto il troll ad entrare ad Hogwarts?”
“Da dove vengono i troll?” chiese Hermione all'improvviso. “Voglio dire, c'è una colonia di troll da qualche parte nelle vicinanze, o uno è entrato in cerca di cibo?”
“Ha ragione,” intervenne Ron. “Pensavo che fosse davvero raro che un troll si avvicinasse a grossi edifici o a grossi gruppi di umani. Il libro non diceva che cercano di assalire soprattutto viaggiatori solitari che capitano nel loro territorio?”
“E oltretutto,” proseguì Harry, “se il professor Raptor ha visto il troll e vi ha avvertiti, allora perché non l'ha combattuto lui? Non dovrebbe essere bravo a combattere troll e lupi mannari e cose del genere?”
I professori si scambiarono occhiate circospette. “Questo non ti riguarda, giovanotto,” lo rimbrottò alla fine Piton. “Non siamo qui per discutere delle mancanze del Preside, né di quelle del professor Raptor, e neanche del perché un troll sia stato in grado di entrare nel castello – anche se puoi stare certo del fatto che progetto di affrontare ciascuno di questi argomenti, in seguito,” aggiunse rivolgendo un'eloquente occhiata a Silente. “Comunque, qui e adesso la questione è il tuo comportamento sbagliato: includendo il perché non ti trovassi dove si supponeva che tu fossi, il perché tu abbia ritenuto opportuno mentire riguardo al luogo nel quale ti trovavi e il perché, quando sei stato informato che c'era un troll in giro per i corridoi, tu non sia rimasto nella biblioteca e non abbia aspettato di essere salvato!” Certo, se il troll non era stato pensato come un diversivo per permettere a qualcuno di accedere alla Pietra, allora avrebbe potuto essere stato mandato ad inseguire Harry? Se così fosse stato, e se il troll stava cercando il ragazzo, allora nascondersi nella biblioteca non avrebbe giovato affatto... Piton era più determinato che mai ad avere quella discussione con Raptor a breve termine, non importava cosa Albus potesse dire.
“Pensavamo solo di dover raggiungere la Torre come il Preside aveva detto che tutti dovevano fare,” obiettò Harry. “Come mai sei arrabbiato perché abbiamo fatto quel che ci era stato detto di fare?”
Piton incrociò le braccia. “Molto bene, signor Potter. Se mi dici che tu e i tuoi amici avevate davvero un piano e non vi siete semplicemente messi a correre attraverso corridoi infestati da un troll, puntando al dormitorio di Grifondoro come un branco di sempliciotti idioti, allora rinuncerò a punirti.”
Ci fu un momento di silenzio: poi Harry sospirò e, con le spalle che gli crollavano, puntò verso i sotterranei. “Lo immaginavo,” disse Piton con soddisfazione, incamminandosi dietro al suo protetto: solo per essere tirato indietro da un pugno aggrappato strettamente alle sue vesti.
“Anche io,” protestò Ron, guardando dal Capo della sua Casa al professor Piton e viceversa. “Devo essere punito dal professor Piton.”
Piton aprì bocca per rimettere a posto il piccolo demonietto: ma la professoressa McGranitt lo batté sul tempo. “Oh, sì, signor Weasley. Ho ricevuto la lettera di tua madre. Molto bene, allora, vai pure con tuo zio,” sorrise dolcemente a Severus, “e noi ci rivedremo domani alla torre.”
Ron sorrise e affrettò il passo per raggiungere Harry. Vitious stava cercando di nascondere le risatine dietro ad un ampio fazzoletto mentre la Sprite fingeva educatamente di essere diventata sorda: ma Silente non aveva di simili scrupoli. Gli occhi gli scintillarono pazzamente mentre guardava Piton. “Non mi avevi detto di essere uno zio onorario, ragazzo mio.”
Piton era perfettamente pronto a dire qualcosa di estremamente sgarbato a Minerva: ma colse uno scintillio negli occhi di lei e rammentò l'Incanto Insaponabocca che lei aveva usato su di lui durante il suo secondo anno. Perciò, invece: “Sono disgustato dal vedere che trovi l'eliminazione quasi conseguita di tre dei tuoi studenti così divertente,” disse aspramente. “Forse i doveri di Vicepreside sono troppo onerosi da combinare con quelli di Capocasa?”
Minerva sbiancò per lo sdegno, e lui le rivolse un sorrisetto, “Parlo in quanto genitore coinvolto, ovviamente.” Ha! Essere responsabile di un Grifondoro potrebbe rivelarsi piuttosto divertente, dopotutto. Si volse in un turbinio di vesti e si allontanò a passo deciso prima che la McGranitt potesse produrre una risposta efficace.

“Erm, vuoi che porti io la signorina Granger in Infermeria?” chiese Silente docilmente, mentre Minerva fissava furibonda la figura di Piton che si allontanava.
“Stai insinuando anche tu che non riesco ad adempiere ai miei doveri di Capo della Casa di Grifondoro?” Lei si girò verso di lui come fosse una delle Furie.
“No, no, no!” disse Silente in fretta, alzando ambo le mani in un gesto di resa. “Mi stavo chiedendo semplicemente se volessi assistere al trasferimento del panda. Se così fosse, sarei felice di accompagnare la signorina Granger da Poppy.” La ragazzina stava guardando lo scambio con occhi spalancati: ma dimostrò la propria intelligenza rimanendo in silenzio per tutto il tempo.
“Lascerò la cosa a te e agli altri professori,” replicò Minerva, tagliente. “Io ho una ragazzina ferita alla quale badare!” Si girò in uno schiocco di vesti e, sospingendo Hermione di fronte a sé, si allontano a passo di marcia, con la schiena che emanava rigida disapprovazione.
Albus sospirò. Non aveva raggiunto la propria veneranda età senza saper riconoscere i segnali di pericolo: e si chiese quanta fatica sarebbe servita a far sotterrare l'ascia di guerra a due dei suoi Capocasa. L'incontro di Quidditch del giorno dopo tra Grifondoro e Serpeverde non avrebbe fatto altro che aggiungere altra benzina sul fuoco.



Note alla traduzione:
(1): You mean something that lives under a bridge and argues with goats?, letteralmente Intendi dire qualcuno che vive sotto ai posti e discute con le capre?. In inglese troll è gergalmente usato nell'accezione di barbone, o anche matto. Dipende molto dal contesto. In italiano ovviamente questo senso non avrebbe avuto alcun senso (e avrebbe forse fatto senso - ah-ha! x°D) e ho cercato di arrangiare la cosa in maniera da conservare quantomeno l'incomprensione di Hermione.
(2): Nell'originale, permanent records. In Italia non abbiamo l'esatto corrispondente: sono registri nei quali vengono conservate le note disciplinari, di merito e demerito, dei singoli studenti. Ricordatevene, perchè ricompariranno nei prossimi capitoli!

Dato che qualcuno mi ha lasciato una recensione in proposito - recensione che mi ha, tra l'altro, lasciata quantomeno perplessa per differenti ragioni - ragazze, davvero, aggiorno tutte le volte che posso. Trovo inutile mettere online tre capitoli in tre giorni, se poi devo far passare due settimane in attesa di quello che viene dopo - o anche più settimane, in caso d'incidente.
Detto questo, siamo ad un terzo della storia - e il meglio deve ancora venire! *_*

P.s.: Vorrei segnalare che no, non scuserò bambolinazzurra. Fammi capire, prima mi segnali gli errori che faccio e poi mi chiedi anche scusa? ò_ò Vergogna a te!
Il bloody hell è stato Trasfigurato nel miseriaccia che avrebbe dovuto essere in origine; Harry ha smesso di guardare sé stesso ed adesso è guardato da Hermione. E' l'ultima frase non ti sembra aver molto senso... perché non ne ha! O_O A parte che ho scritto "porta" invece che "pronta", ma... precisamente, che cosa ho scritto?! Ascia di guerra sotterrata sia, anche perché tutte le altre traduzioni che mi vengono in mente mi sanno di ingleseggiante! Grazie di cuore! *.*

P.p.s.: Si aggiunge alla lista di persone da ringraziare flopi, che ha permesso a Ron di non afferrare sé stesso a metà del capitolo. Sarebbe stato proprio un caso di serpente che si mangia la coda. Leone, pardon. Ah-ha.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***







Mentre i tre scendevano nei sotterranei, Harry lanciò un'occhiata a Ron, che stava zoppicando un po', con una mano sul sedere. “Mi dispiace per la tua bacchetta,” mormorò piano.
Ron sospirò profondamente. “Già. Non so cosa mamma e papà faranno quando lo scopriranno. Voglio dire, non abbiamo altro denaro per prenderne una nuova per me.”
“Da dove hai preso quella vecchia?”
“Apparteneva al mio pro-prozio Hieronymus, e Charlie la usava quand'era qui ad Hogwarts,” spiegò Ron. “In un sacco di antiche famiglie le bacchette sono trasmesse alla generazione successiva, no? Così, quando è ora per ognuno di noi ragazzi di ricevere una bacchetta, andiamo sempre prima alla collezione di famiglia. Questa era l'unica che ha sfrigolato anche solo un po' per me,” sospirò.
“Ma pensavo che il signor Ollivander avesse detto che era la bacchetta a scegliere il mago,” affermò Harry.
“Già, be', lui sta provando a venderti una bacchetta nuova, no? Voglio dire, si può usare più o meno qualunque bacchetta, finché non è maledetta o protetta o qualcosa del genere, ma se non hai un buon legame con essa, non otterrai buoni risultati.” Ron sospirò. “Immagino che dovrò fare del mio meglio con la bacchetta della bisnonna Millie. Mi sembrava che fosse diventata calda, quando l'ho toccata.”
“Mi dispiace davvero,” ripeté Harry in tono colpevole.
“Ehi, amico – non è stata colpa tua. E' stato quello stupido troll, no?”
Harry lanciò un'occhiata alle proprie spalle, verso il professor Piton. “E' stata in parte colpa mia,” ammise. “E' stata davvero un'idea stupida non dirlo a nessuno, e mi dispiace averti chiesto di mentire.”
Ron scrollò le spalle. “Non sarà la prima volta che mi troverò nei guai, e preferisco comunque prendercele dal tuo professore che da Percy o dalla McGranitt.” Si sporse verso di lui e bisbigliò. “Pensi che mi picchierà lo stesso, anche se il sedere mi fa già male?”
Harry si morse le labbra. “Non penso. Voglio dire, dice sempre che non sta colpendo per far male davvero, e se ti picchia sul taglio, ti farà male sul serio, no?”
“Già!” disse Ron, sentitamente. “Un sacco. Non che a Perce importerebbe... Cioè, immagino che gli importerebbe, ma penso che mi picchierebbe lo stesso.”
Harry sorrise. “Già, non puoi dire più che a Percy non importa di te. Non dopo la Battaglia.”
Ron sorrise in risposta. “Già, anche se i gemelli dicono che forse era tutta scena per impressionare Jones.”
Harry alzò le sopracciglia. “Dicono così?”
“Già, ma non ad alta voce. Hanno davvero paura di Jones.”
Tutti hanno paura di Jones,” puntualizzò Harry.
“Anche Percy!” Le parole dei ragazzi si sciolsero in risolini.
“Sono lieto di vedervi prendere le vostre disgrazie con tanta leggerezza,” il tono gelido del professor Piton pose fine al divertimento. “Ora che siamo arrivati,” proseguì, aprendo il ritratto che dava sulle sue stanze, “mi aspetto che vi laviate e vi cambiate nelle vesti da notte. Weasley, in quanto ospite, puoi fare la doccia per primo.”
“Sì, signore,” Ron filò dritto verso il bagno.
Piton lanciò un'occhiataccia ad Harry, che teneva la testa bassa e giocherellava con l'orlo della manica. “Hai cenato?”
“Erm... Ron mi avrebbe portato un panino. Con l'insalata dentro!” aggiunse in fretta.
“Hmf.” Piton sbuffò. “Vai in cucina. Ti farò portare qualcosa.”
“Sissignore.” Harry si affrettò a fare quel che gli era stato detto, il cuore pieno di contentezza. Anche quando Piton era veramente deluso da lui, gli importava ancora abbastanza da preoccuparsi che Harry avesse cenato. Harry sapeva che sarebbe stato severamente punito – nel secondo in cui aveva visto la faccia colma di panico di Piton nel corridoio aveva saputo cosa l'aspettava – ma non gli interessava veramente. S'immaginava che il rimprovero avrebbe fatto molto più male degli schiaffi, e sospettava che questa volta il professor Piton non sarebbe stato soddisfatto dall'assegnare semplicemente delle righe da scrivere per punizione: ma era tutto a posto, perché ora Harry sapeva che al suo professore importava ancora di lui.
Harry si girò dopo essersi lavato le mani nel lavandino e vide il professore crollare in una sedia, un piatto già sul tavolo con pasticcio di carne e purè con broccoli accompagnato da un grosso bicchiere di succo di zucca. “Siediti e mangia,” sbottò Piton.
Quell'orribile moccioso sarebbe stato la sua rovina. Piton era piuttosto certo che gli fossero scoppiati diversi vasi sanguigni fondamentali durante la sua corsa attraverso il castello spronata dal terrore. Come diavolo si supponeva che sopravvivesse all'adolescenza di Potter? Il moccioso aveva già cercato di uccidersi su un manico di scopa ed aveva affrontato un troll adulto. Di questo passo, avrebbe affrontato Voldemort entro Natale! Si chiese se avrebbe potuto prendere una Pozione Calmante senza che il piccolo orrore lo notasse. Mai mostrar loro che avevi paura – non era una delle regole fondamentali dell'essere genitori? O quella valeva per i cani idrofobi, non per i bambini? C'era poi differenza?
Caro Mensile del Genitore Mago, sono il tutore di un bambino abusato e trascurato del quale è stato scritto in una profezia che dovrà affrontare il più potente Mago Oscuro dei nostri tempi. Quando scopro che detto bambino è impegnato in attività potenzialmente letali, devo (a) dargli uno schiaffo sul sedere e dirgli di non rifarlo, (b) dargli uno schiaffo sul sedere e dirgli di non rifarlo a meno che non si trovi di fronte al sopramenzionato Mago Oscuro, o (c) dirgli di fare pure perché tanto è comunque condannato?
Piton sospirò. Niente privazioni di cibo. Niente punizioni corporali dolorose. Niente lavori domestici. Niente reclusioni nella sua stanza. Cosa diavolo ci si aspettava che facesse per punire il moccioso Potter per un simile atto di pazzia? E Weasley? Perché, nel nome di Merlino, toccava a lui punire il più giovane dei ragazzi Weasley? Non aveva mai acconsentito a quello, malgrado quel che Minerva e Molly potevano pensare. Ponderò cupamente che era fortunato che la Granger si fosse fatta male al polso e avesse dovuto essere portata in Infermeria, o si sarebbe potuto trovare incastrato anche con lei: e lui non aveva intenzione di cominciare a sculacciare studentesse. Oh, no – lì era in agguato la follia, o almeno padri arrabbiati e investigazioni ministeriali.
Divenne consapevole di una presenza all'altezza del suo gomito. Il moccioso Potter se ne stava lì, guardandolo solennemente. “Che c'è?” domandò in tono scontroso.
“Mi dispiace davvero di averti spaventato, prima.” disse Harry quietamente. “Stavo solo cercando di riportarci alla Torre.”
“Non è stato il tuo obiettivo, ma il modo che hai scelto per raggiungerlo, a causare il problema, Potter,” disse Piton severamente. “In una situazione pericolosa è fondamentale evitare azioni dettate dal panico. Stanotte tu hai avuto il lusso del tempo per pianificare, ma non l'hai sfruttato. E' stato molto sciocco, ed io non accetterò un comportamento sciocco da un bambino tanto brillante. Dimostra pigrizia intellettuale, che io non tollero,” concluse, il tono tagliente.
Harry sbatté le palpebre. 'Bambino brillante'? Lui?
“L'uso astuto che hai fatto del Wingardium Leviosa dimostra che sai riflettere prima di agire ed usare la tua magia per scopi offensivi: ma, se ti fossi preso il tempo di pensarci sopra, piuttosto che dover improvvisare sulla scia degli eventi, saresti stato in grado di spedire solo il troll sulle scale, per poi darti alla fuga nel frattempo. E che cosa stavi pensando, precisamente, di usare per fermare il troll quando hai cercato di far fuggire i tuoi amici senza di te? La tua scintillante personalità?” chiese Piton.
Harry riuscì a soffocare una risatina. 'Scintillante personalità'? Il suo professore era terribilmente divertente. Harry riusciva proprio ad immaginarselo, ora – cercare di coinvolgere il troll in una discussione. “E qual è la tua squadra di Quidditch preferita?” “Urrr!” “Oh, capisco. E quali pensi che siano le loro possibilità in questa stagione?” “Urr urr urr!”
L'immagine mentale aveva migliorato significativamente il suo umore, ed Harry sospirò felice. Il suo professore riusciva sempre a farlo sentire meglio, anche quando non se lo meritava veramente. Ed Harry era ben consapevole che, anche se l'aveva fatto suonare come fosse un rimprovero, il professor Piton stava dicendo delle cose molto gentili su di lui. Harry era intelligente? E far levitare l'alabarda era stato astuto? Harry non riusciva a credere che, malgrado il suo professore stesse puntualizzando quel che aveva fatto di sbagliato, non lo stesse comunque insultando né gli stesse dando dello “stupido” e del “mostriciattolo”. E, considerando quanto Harry l'aveva spaventato, non sarebbe stato irragionevole se fosse stato davvero cattivo.
“Mi dispiace davvero, Professore. Non lo farò più. Sul serio.” Posò una mano sul braccio dell'uomo, cercando di comunicargli quanto apprezzasse la gentilezza di Piton verso di lui.
Piton sbuffò silenziosamente. Cercare di ingraziarti l'altro prima di una punizione? Avresti dovuto essere mandato a Serpeverde. “Sei un moccioso impossibile e insopportabile, chiaramente mandato su questa terra per tormentarmi,” replicò duramente. “Ora mangia il tuo cibo prima che si raffreddi.”
Harry annuì obbediente e poi – ignorando le sedie perfettamente funzionanti che circondavano il tavolo – ebbe la sfacciataggine di arrampicarsi sulle ginocchia dell'uomo per cenare.
Piton boccheggiò, attonito e furioso. Come osava il piccolo mostro aspettarsi di poter sedere sulle sue ginocchia a quel modo? Come se non ci fosse nulla di male! Come se Piton non avesse intenzione di punirlo entro pochi minuti! Come se fosse tutto a posto!
Ringhiò e fece per spingere il demonietto verso un'altra sedia, quando Harry lanciò un'occhiata al di sopra della spalla e gli sorrise timidamente. Come sempre, lo sguardo di quegli occhi verdi inchiodò la sua anima, e Piton scoprì che la sua mano stava gentilmente strofinando il dorso del ragazzo invece che scaricarlo rudemente in un'altra sedia.
Harry si lasciò sfuggire un sospiro di contentezza – od era sollievo? – e cominciò a mangiare la sua cena. Aveva quasi finito nel momento in cui un Ron perfettamente pulito apparve sulla soglia con indosso un completo di pigiami di Harry. Fortunatamente l'incantesimo ridimensionante funzionava: perciò questi entravano al ragazzo più grosso senza problemi.
Ron sorrise al professore, che aveva Harry in grembo e gli stava accarezzando distrattamente una spalla mentre il ragazzo terminava quel che restava del suo pasticcio di carne. “La doccia è tutta tua, Harry,” disse Ron.
Harry fece per saltare in piedi, ma scoprì che la mano sulla sua spalla lo stava tenendo seduto. “Finisci i tuoi broccoli, giovanotto,” disse Piton severamente.
Harry alzò gli occhi al cielo, ma si cacciò in bocca gli ultimi bocconi e poi, con le guance gonfie come quelle di uno scoiattolo, si affrettò verso il bagno.
Piton si alzò in piedi e lanciò un'occhiataccia alla minaccia dalla testa rossa. “Vai in soggiorno ed aspettami lì, Weasley.”
Ron inghiottì a vuoto ma obbedì. Un attimo dopo, Piton ricomparve. “Abbassa i calzoni del pigiama e chinati in avanti sul divano.”
Gli occhi di Ron si spalancarono sino a raggiungere le dimensioni di piatti da zuppa. “Ma, professore,” gemette sgomento, “pensavo che non sculacciasse sul sedere nudo!”
Piton si fermò ed aggrottò la fronte guardando il moccioso. “Non ho intenzione di 'sculacciarti”, ragazzino idiota. Ho intenzione di mettere un po' di crema sul taglio per poterlo guarire.”
La bocca di Ron formò una perfetta 'O' di sorpresa. “D-davvero?”
L'occhiataccia di Piton si fece più feroce. “Suppongo che non dovrei farlo, così che tu possa conservare un promemoria di quanto stupido sia metterti la bacchetta nel retro dei calzoni a quel modo, ma tua moglie potrebbe un giorno o l'altro avvicinarsi a me e pretendere di sapere perché ho permesso alla tua stupidità giovanile di lasciare una cicatrice permanente sul tuo posteriore: e, dal momento che non ho alcun desiderio di discutere con la futura signora Weasley, sì, ho intenzione di guarirti il sedere. Ora chinati in avanti!”
Ron era piegato sul bracciolo del divano prima ancora che l'ultima eco dell'urlo di Piton avesse cessato di vibrare nella stanza. Sentì le dita fredde del professore spargere attentamente un po' di crema sul suo taglio, poi udì Piton cantilenare quietamente un incantesimo di guarigione. Un attimo ancora, e il dolore era svanito.
Piton si girò e si allontanò, riportando il barattolo di crema nel ripostiglio delle scorte e permettendo a Ron di tirarsi su in privato i calzoni del pigiama. Ron si massaggiò il sedere, deliziato nello scoprire che era tornato perfettamente normale.
“Ora, signor Weasley,” disse Piton severamente, rientrando in camera. “Mi sembra di aver compreso che l'idiozia di oggi ha portato alla completa distruzione della tua bacchetta. E' esatto?”
Ron annuì, il viso vergognoso.
“E questa situazione o comporterà uno sforzo finanziario da parte dei tuoi genitori o richiederà che tu adoperi la bacchetta di un parente con la quale hai poca affinità?”
Ron annuì ancora.
“Ovviamente nessuna di queste è una soluzione soddisfacente, signor Weasley. Né alcuna delle due ti costringe ad assumerti la responsabilità delle tue azioni.”
Ron aggrottò la fronte. “Signore? Non capisco.”
“Aspettarsi che i tuoi genitori sistemino tutto va bene per un ragazzo più piccolo, signor Weasley, ma tu ti stai rapidamente avvicinando ad un'età nella quale dovresti almeno tentare di rettificare i tuoi sbagli.” Ron sbatté le palpebre, senza capire. Piton sospirò e tradusse. “Aggiustare quel che hai rotto.”
“Ma, signore, la bacchetta è troppo rovinata per poter essere aggiustata.”
Piton sospirò ancora. Perché sono finito incastrato con i Grifondoro? “Sto parlando metaforicamente, Weasley. Devi trovare un modo per ottenere una nuova bacchetta.”
“Erm... be', ho un paio di galeoni nel mio conto in banca,” offrì Ron, incerto.
Piton annuì. “E' un inizio. Sono certo che i tuoi genitori ti daranno un anticipo sul tuo regalo di Natale, o magari di compleanno, dal momento che presumo che preferiresti avere una bacchetta appropriata piuttosto che qualunque altra cosa?”
L'espressione di Ron si fece malinconica. “Stavo più o meno sperando in una scopa nuova,” ammise: ma di fronte al cipiglio sul viso di Piton aggiunse in fretta, “Probabilmente non ne avrei ricevuta una comunque. Sono spaventosamente costose e la mia vecchia scopa funziona ancora. Oltretutto, senza una bacchetta non posso fare niente.”
“Precisamente. E confido che tu sia stato ad Hogwarts sufficientemente a lungo da comprendere quanto sia importante imparare ad usare la tua magia in modo efficace – in particolar modo se hai intenzione di restare nei pressi del signor Potter.” Piton sospirò. “Sembra attrarre i guai.”
Ron sorrise. “Non è stata davvero colpa sua, sa.”
Piton gli lanciò un'occhiataccia vecchio stampo. “Non lo è mai, no? Ma, come stavo dicendo, signor Weasley, è necessario che tu ottenga una bacchetta adeguata il più in fretta possibile. A questo scopo, ti porterò domattina da Ollivander ed otterremo una bacchetta adatta.” Ignorò l'espressione di incredula gioia che sbocciò negli occhi di Ron. “Mi ripagherai interamente, com'è ovvio, signor Weasley, e mi aspetterò che tu trascorra una notte alla settimana nel mio laboratorio, preparando ingredienti per pozioni, finché il debito non sarà stato ripagato. Inoltre, per i primi due mesi, i tuoi compagni di malefatte faranno ammenda a loro volta unendosi a te nel mio laboratorio ed aiutando a ripagare il tuo debito.”
“Dice sul serio, Professore?” disse Ron, la voce che gli tremava. “Posso avere una nuova bacchetta? Di quelle di Ollivander? Sul serio?”
“No, signor Weasley. Ho l'abitudine di fare bizzarre promesse a studenti scelti a caso per poi non onorarle. Stai cercando di risultare offensivo?”
Subito dopo, una volta di più uno studente lo afferrò in una stretta mortale. Piton si sentì piuttosto compiaciuto di sé stesso per non essere corso immediatamente ad afferrare la bacchetta, stavolta. Invece, si limitò a battere una mano sulla schiena del ragazzo singhiozzante per un paio di volte. “Sì, sì. D'accordo, Weasley. Onestamente, tanto rumore per una piccola bacchetta. Basta così, adesso. Basta, ho detto.”
Ron tirò su con il naso e si strusciò la manica sugli occhi. Piton gli afferrò il braccio prima che potesse ripetere l'operazione con il naso. “Ci sono dei fazzoletti nel cassetto più alto di Potter, ragazzino malnato. Vai ad usarne uno, e ti suggerisco di tenerlo a portata di mano, dal momento che non ci siamo ancora occupati della tua punizione per le attività di stasera.”
Ron inghiottì a vuoto e annuì, scappando verso la camera da letto di Harry.
Hmf, irritanti bambini – sempre a spandere qualcosa di disgustoso su tutte le mie vesti. Piton aggrottò la fronte. E ancora non so come ho intenzione di punire i piccoli disgraziati!

Ron si affrettò nella camera da letto di Harry e trovò i fazzoletti. Si soffiò il naso in uno di essi e se lo cacciò sotto al cuscino; poi, ne nascose un altro sul letto di Harry. Non era certo di quanto forte Piton picchiasse, ma immaginò che il lato tagliente della lingua dell'uomo sarebbe bastato a farli scoppiare in lacrime entrambi. Aveva visto in azione il professore di Pozioni a sufficienza, in classe, da sapere che, quando voleva, il professore poteva farti desiderare che un Bolide ti colpisse in testa, piuttosto che dover sopportare un altro minuto nel quale ti avrebbe rimproverato. E, certo, le leggende che i suoi fratelli maggiori avevano riportato a casa dalle loro lezioni di Pozione (per non parlare delle loro punizioni) erano sufficienti a farlo sentir male per l'apprensione riguardo a quel che sarebbe accaduto a breve.
Harry emerse dalla doccia e gli lanciò un'occhiata tagliente. “Qual è il problema? Hai pianto?”
Ron arrossì. “Più o meno.”
Harry parve allarmato. “Che cos'ha fatto?”
“Be', prima mi ha guarito il sedere, ed è stato piuttosto imbarazzante,” ammise Ron, “ma poi ha detto che ha intenzione di comprarmi una nuova bacchetta. Una che sia tutta mia – e da Ollivander! Lo ripagherò, ma lui me la lascerà prendere domani anche se non sarò in grado di restituirgli tutto il denaro per mesi e mesi e mesi! Oh,” L'espressione di Ron si fece improvvisamente colpevole. “E, erm, be', dovrò aiutarlo per ripagare il mio debito, venendo giù una volta alla settimana per aiutarlo a preparare ingredienti per pozioni e, uhm, tu ed Hermione dovete aiutare per i primi due mesi per via del fatto che siete stati coinvolti in quello che ha rotto la mia bacchetta.” Parve contrito. “Non è stata un'idea mia, davvero.”
Harry sorrise e gli assestò un pugno sulla spalla. “Certo che Hermione ed io aiuteremo! Penso che sia fantastico che ti stia facendo avere una bacchetta nuova!”
Ron saltellò sul letto per gli ospiti. “Anche io! Aspetta solo di vedere quel che saprò fare una volta che avrò una bacchetta che avrà scelto me.”
“Che cos'è questo?” Harry tirò su il fazzoletto dal suo cuscino.
“Oh, erm, il tuo papà – uh, professore – ha detto che faremmo meglio ad averli a portata di mano, quando viene per punirci.”
“Oh,” disse Harry, con una vocina sottile.
“Erm, non userà una spazzola o qualcosa del genere, vero?” chiese Ron nervosamente. “Non che non ce lo meriteremmo, ed è ancora splendido che voglia portarmi a prendere una bacchetta domani e tutto il resto, ma, erm, me lo stavo solo chiedendo.”
Harry scosse la testa con espressione rassicurante. “Solo le mani. E puoi tenerti i vestiti addosso. Be', per questo, almeno,” sorrise.
“Ah, ah,” replicò Ron in tono tagliente. Poi sentirono i passi del professore alla porta, ed improvvisamente nulla sembrò poi così divertente. Entrambi i ragazzi si rannicchiarono sui rispettivi letti e attesero che la tempesta esplodesse sulle loro teste.
“Dunque.” Piton entrò nella camera ed osservò i due tremanti miscredenti. Oh, sì, ora siete tutti occhi da cucciolo e scuse – schifosi piccoli mocciosi. “Non solo avete deciso di infrangere le regole, ma vi siete anche accordati sul modo migliore per evitare di essere scoperti e puniti, ponendovi di conseguenza in estremo pericolo.”
“Ma non sapevamo che ci sarebbe stato un troll,” puntualizzò Harry con poca convinzione.
“Ma avrebbero potuto esserci altri generi di emergenze, giovanotto! Ed ecco perché dovete sempre far sapere dove siete. Le regole sono lì per una ragione – proteggere la vostra miserabile pelle,” replicò Piton, furioso. “Hai messo te stesso e la signorina Granger in pericolo senza una buona ragione, tu, sciocco, sciocco ragazzino.”
Harry si contorse a disagio.
“E tu, Weasley. Avere la temerarietà di mentirmi apertamente! Cosa ne direbbero i tuoi genitori di questo?”
Ron impallidì. “Mi dispiace, signore!”
“Oh, sono certo che siate entrambi molto dispiaciuti, ora che siete stati presi!” disse Piton in tono sprezzante. “Il vostro comportamento è stato orrendo! Sgattaiolare via, mentire, infrangere le regole ogni volta che vi sembri opportuno – è questo il genere di carattere che volete sviluppare? Immeritevole di fiducia? Disonesto? Avete un'idea di quanto sia difficile riguadagnare la fiducia di qualcuno, una volta che la si è persa?” Le lacrime, ora, colavano dagli occhi di entrambi i ragazzi. “Mi fidavo di voi, e tutti e due mi avete deliberatamente mentito.”
“Mi dispiace,” piagnucolò Harry. “Non volevo che tu non ti fidassi di me.”
“Dispiace anche a me,” singhiozzò Ron.
“Non riesco ad esprimere con sufficiente veemenza quanto profondamente mi abbiate deluso,” proseguì Piton duramente. “Avete dimostrato al Capo della vostra Casa e al Preside, così come a me, che non si può confidare che seguiate le regole. Vi siete dimostrati immeritevoli dell'alto riguardo nel quale vi tenevamo.” Ora entrambi stavano apertamente singhiozzando.
“La strada per tornare a dove eravate sarà lunga e dura,” li rimproverò. “Non dimenticherete di nuovo, ne sono certo, quanto tenue e fragile possa essere la fiducia.” Fece una pausa e guardò i due fagotti di miseria inzuppati di lacrime. “Sono estremamente tentato di farvi trascorrere le prossime due settimane scortati a e da tutte le lezioni e tutti i pasti da un prefetto, dal momento che avete dimostrato che non si può essere certi che vi presentiate per conto vostro.”
Ron trattenne il fiato per il panico. Oh, Percy sarebbe stato insopportabile! E i gemelli non gli avrebbero mai permesso di dimenticarsene.
Harry piegò le spalle, addolorato. Era tutta colpa sua. Lui e Ron sarebbero stati umiliati di fronte all'intera scuola, ed era stato lui a cacciare nei guai il suo migliore amico.
“E per quanto riguarda le vostre spaventose, Griffondoresche tendenze a rischiare l'osso del collo, avete una qualche idea di quanto siate stati fortunati stanotte? Tre studenti del primo anno contro un troll di montagna adulto?” Piton sentì che la propria voce si stava facendo acuta per l'allarme e la forzò di nuovo sotto controllo. “Ovviamente avete avuto la fortuna di Merlino, stanotte, ma è estremamente improbabile che sarete di nuovo tanto fortunati, ed io intendo dimostrarvi quando sciocco sia stato prendere le vostre vite nelle vostre mani in questo modo!” Aggrottò la fronte ferocemente, guardando verso Harry. “Che cosa ti ho detto riguardo al pensare prima di agire, signor Potter?”
“Ch-che è molto importante,” Harry tirò su con il naso, infelice, prima di soffiarselo nel fazzoletto.
“E l'hai fatto, stanotte?”
“No, signore,” ammise lui, piegando ancor più la testa.
“Pensi che dica queste cose per la mia edificazione o il mio divertimento, sconsiderato, irriflessivo ragazzino? Imparerai ad ascoltarmi!”
“Sì, signore.”
“E per quanto riguarda te, signor Weasley, solo perché provieni da una larga famiglia, ciò non significa che tu e i tuoi fratelli siate interscambiabili agli occhi dei vostri parenti. Se ti dovesse succedere qualcosa, ne sarebbero devastati!” Piton colse con la coda dell'occhio l'espressione di Harry di aperto desiderio.
“E sarebbero stati altrettanto sconvolti se qualcosa fosse accaduto a te, signor Potter,” aggiunse, sperando di cancellare quell'espressione di dolore dal viso del bambino. Curiosamente, Potter non parve affatto confortato dal commento, e continuò a fissare Piton, per metà spaventato, per metà speranzoso.
Oh, no. No no no. Come riusciva a cacciarsi sempre in queste situazioni? Piton serrò i denti e disse quel che sapeva di dover dire. “E io, ovviamente, sarei stato estremamente... dispiaciuto... a mia volta,” riuscì finalmente a cacciar fuori.
Harry si illuminò in viso.
“Ora, per la vostra impulsività da teste vuote, per non parlare della vostra spudorata disobbedienza, mendacità e disprezzo degli ordini, sarete puniti,” annunciò in un tono spaventevole. Harry perse il sorriso e le lentiggini di Ron spiccarono sulla sua faccia cinerea. “Dal momento che non potete essere lasciati con fiducia in un ambiente privo di supervisione, sarete in punizione per la prossima settimana. Ciò significa che quando non siete in classe, a mensa o altrimenti controllati da un insegnante, resterete nel vostro dormitorio o nella sala comune. Se sarete trovati fuori da queste aree, non solo arruolerò i prefetti come vostra scorta, ma vi consegnerò al Preside perché siate puniti,” minacciò Piton, la voce terribile. Sembrava che i ragazzi fossero sul punto di svenire, e Piton sperò che non scoprissero mai che il metodo di disciplina alla Silente prevedeva confortevoli chiacchierate ed abbondanza di caramelle al limone.
“Inoltre, userete questo tempo per scrivere un saggio lungo un metro su cosa avreste dovuto fare quando vi siete trovati isolati nella biblioteca con un troll in libertà nel castello. Mi aspetto che poniate particolare attenzione a tutti gli errori che avete commesso, così come alle scelte migliori di fronte ad ogni possibilità che vi siete trovati davanti. Avete capito?”
“Sì, signore,” risposero i ragazzi in corso.
“Per essere certo che troviate il vostro tempo in punizione acutamente sgradevole, a te, signor Potter, sarà proibito di volare durante questo lasso di tempo, mentre tu, signor Weasley, devi astenerti da tutte le cibarie zuccherose e i dolci.” Ora entrambi i ragazzi lo stavano fissando, gli occhi spalancati per l'angoscia.
“Una settimana?” Ron squittì, con un tono che rendeva chiaro che considerasse tutto ciò un trattamento disgustosamente crudele. “Ma la mia mamma non mi toglie mai il dolce per più di una notte!”
Piton gli sorrise malvagiamente. “Allora, forse, la prossima volta ti rivolgerai a tua madre per essere punito.”
“N-non posso volare per niente?” Harry inghiottì a vuoto.
“Per niente. Mi consegnerai la tua scopa domattina.” Piton si costrinse a mantenere una voce severa, anche se l'espressione desolata del ragazzo gli stava causando uno strano dolore al petto. “Se non posso fidarmi di te per andare dove ti viene detto con entrambi i piedi a terra, come puoi aspettarti che ci si fidi di te su una scopa?”
Harry tirò su con il naso, di nuovo. “Mi dispiace,” disse, la voce gonfia di rimorso.
“Hmf,” sbuffò Piton. “E, come sono certo che siate ben consapevoli, vi siete meritati una sculacciata. Sdraiatevi e mettetevi sullo stomaco.”
Harry e Ron si scambiarono un'occhiata infelice e obbedirono. Piton raggiunse prima il ragazzo dalla testa rossa, che era aggrappato al cuscino come fosse un'ancora di salvezza. Poazzò una mano sulla schiena del ragazzo, sentendo il piccolo disgraziato tremare trepidante. “Non disobbedirai e non mentirai ai tuoi professori,” intonò severamente, prima di abbassare l'altra mano in un secco colpo sul sedere rivolto all'insù.
Ron squittì e strinse più forte il cuscino. “Non metterai te stesso in pericolo.” Un secondo schiaffò venne piazzato, e Ron inghiottì prima di emettere un tremante, “Sissignore.”
“Sotto le coperte e dormi,” ordinò Piton bruscamente. Ron si affrettò ad obbedire, e Piton rimboccò rudemente le coperte al ragazzo.
“Buonanotte,” sbottò.
“B-buonanotte, signore,” azzardò timidamente Ron in risposta, e la mano di Piton – appendice traditrice! – gli assestò una pacca piuttosto goffa sul capo. Piton ignorò il sospiro di sollievo del ragazzo e si volse minacciosamente verso Harry.
Luminosi occhi verdi avevano seguito come quelli di un falco ogni sua mossa con il ragazzo Weasley: ma Harry abbassò lo sguardo quando Piton gli si avvicinò al letto. “Mi dispiace,” disse, così piano che il professore di Pozioni quasi se lo lasciò sfuggire. “Non volevo farti preoccupare o deluderti o perdere la tua fiducia. Ho solo -” tirò su con il naso “ho solo rovinato tutto.”
Piton sbuffò, annoiato, e si sedette sul letto accanto al moccioso affranto. “Hai commesso un errore,” disse quietamente, il tono fermo ma privo di condanna. “Ne commetterai molti altri durante la tua adolescenza, anche se spero sinceramente che nessun altro di essi comprenderà un troll. Comunque, il tuo dovere non è quello di evitare tutto gli errori, ma piuttosto di imparare da quelli che commetti. In particolare, mi aspetto che tu ti ricordi di pensare prima d'agire, d'ora in avanti.”
Harry annuì, ma quegli occhi verdi erano ancora cupi di dolore. “Potrai fidarti di nuovo di me?” bisbigliò. “Non voglio che tu mi odi.”
Moccioso melodrammatico! “Idiota. Io non ti odio. Sei un ragazzino impossibile, disobbediente e irriflessivo, ma, come bambino, ti trovo meno fastidioso della media.” Harry sbatté le palpebre, assorbendo quel che gli era stato detto: poi, tutto il suo viso si illuminò quando arrivò a capirlo.
“Davvero? Ti piaccio? Ancora?”
“Non l'ho appena detto?” domandò Piton, seccato. “Sciocco ragazzino. Imparerai ad ascoltarmi. Ora basta parlare.”
Harry piegò il capo nel cuscino per nascondere il proprio sorriso. Sentì il suo professore sollevarsi e posargli una mano fermamente sul dorso, poi – thwack! – il primo colpo gli fece dolere il sedere. Harry alzò la testa di scatto e fissò il suo professore, sorpreso. Quello aveva fatto male!
Oh, non era niente in confronto alle botte che i suoi parenti erano abituati a somministrare, ma era una pacca di tutto rispetto – decisamente più forte di quella pacchetta pro forma che aveva ricevuto dagli Weasley – e lasciò una fitta bruciante ben definita al suo posteriore. “Non rischiare di nuovo l'osso del collo!” sussurrò Piton in tono feroce ed amministrò un'altra pacca, anche più forte della prima.
Harry trasalì e mosse il sedere. “Ouch!” si lamentò, e questa volta non c'era finzione nella sua voce. S'imbronciò guardando Piton, mentre faceva guizzare indietro una mano e si strofinava il punto dolente.
“Se non desideri soffrire la penalità, allora non violare la regola,” replicò Piton poco empaticamente. “Dormi.” Aiutò Harry a cacciarsi sotto le coperte, poi gli assestò una pacca della buonanotte sul sedere.
Harry brontolò tra sé e sé mentre si sistemava sotto la coperta. Perché il professor Piton aveva dovuto dargli una pacca ? Il sedere gli faceva ancora male per gli schiaffi, ed anche il colpetto leggero era servito a rinforzare la punizione – il che, immaginò, era precisamente l'intenzione del suo professore. Sospirò. Sapeva di essersi meritato la punizione – schiaffi inclusi – ed era stato incredibilmente sollevato nel sentire che il Professor Piton non l'odiava. Desiderava semplicemente il suo professore non avesse scelto proprio quella notte per superare la propria avversione al somministrare qualcosa di più che pacche simboliche. Non voleva che Ron pensasse che il suo tutore non era molto gentile, dopotutto.
Piton ghignò di fronte all'espressione imbronciata del ragazzo. “Ricorda quel che ti ho detto,” lo ammonì, e incedette fuori dalla stanza, spegnendo con un Nox le luci mentre usciva.
Ci furono un minuto o due di silenzio nella camera, poi: “Tutto a posto, Harry?” bisbigliò Ron.
“Già. Il sedere mi brucia ancora, però.”
“Anche il mio. Diamine, prende questa cosa della sicurezza sul serio, eh?”
Harry sospirò. “Già. Non dà pacche neanche lontanamente così forti per le altre cose.”
Ron si massaggiò cautamente il sedere, prima di sussultare. “Be', non è tanto male. Voglio dire, un cucchiaio di legno fa più male.”
Harry sospirò. “O una spazzola.”
Ron emise un suono strozzato. “Pensavo che avessi detto che non usa una spazzola su di te!”
“Lui non la usa,” disse Harry rapidamente, non volendo che Ron si facesse l'idea sbagliata del suo professore. “Ma i miei parenti la usavano. Un sacco. E la cintura.”
Vi fu un momento di silenzio. “E' per questo che stai con Piton, ora? Perché i tuoi parenti ti picchiavano?”
Harry sospirò. “Già. Non voglio che nessuno lo sappia – voglio dire, tranne te ed Hermione – ma erano davvero spaventosi. Non pensavo fosse così male, ma quando sono arrivato qui e il Professor Piton l'ha scoperto, è andato tipo fuori di testa. Ha detto che erano terribili e che io non avrei dovuto essere trattato così.”
“E' per questo che hai dovuto scrivere tutte quelle righe su quanto fossero stupidi e come non dovessi ascoltarli?”
Harry non poté impedirsi di sorridere al pensiero di quelle 500 righe. Anche le labbra del Professor Piton si erano piegate all'insù quando Harry gli aveva consegnato la pergamena e lui aveva dato una scorsa a quel che c'era scritto. “Già. Faccio ancora quell'errore, qualche volta, e lui diventa tutto irritato e protettivo.” Fece una pausa. “E' davvero grande,” ammise, malgrado si stesse strofinando il sedere che ancora pizzicava.
“Immagino che è per questo che si arrabbia così tanto quando fai qualcosa di stupido e ti metti in pericolo. E' come se, quando lo fai, tu stessi ancora dando retta ai tuoi parenti.”
Harry annuì, pensoso. Non aveva considerato la cosa da questo punto di vista. “Già, immagino. Non c'è da meravigliarsi che si arrabbi così tanto, allora.Deve avermi detto che non devo ascoltare i miei parenti più o meno un milione di volte, ormai.”
Seguirono alcuni minuti di silenzio, rotti quando Ron chiese: “Fa ancora male?”
“Non sul serio,” ammise Harry. “A te?”
“Nah. Anche se sono contento che non dobbiamo andare a sederci in classe proprio ora.”
“Anche io.”
“Comunque... era davvero un grosso troll, sai?”
Harry sorrise. “E scendere per le scale sulla sua schiena? Quello è stato sul serio piuttosto forte – voglio dire, dal momento che non siamo finiti uccisi o qualcosa del genere.”
“Già! E quell'idea dell'alabarda? Quella è stata genia-”
“Andate. A. Dormire.” La voce severa dalla soglia interruppe ogni ulteriore chiacchiera e, inghiottendo a vuoto nello stesso momento, entrambi i ragazzi si cacciarono sotto le coperte.



Note alla traduzione: Il capitolo 26 che sto traducendo adesso è piuttosto lungo: per cui non so quando il 24 sarà messo online. Devo farmi due conti con le tempistiche, anche perché sto traducendo altre due storie in questo momento!

Ragazzi, vorrei fare in modo che questa storia arrivi alle 230 recensioni prima della pubblicazione del prossimo capitolo, perché non riesco a credere che l'originale di recensioni ne abbia collezionate quasi 10000 (sì, quattro zeri, non ho sbagliato a scrivere! x°D) e che qui noi si sia invece così parchi e tirchi di complimenti all'autrice, anche se questa storia è straordinariamente seguita. C'è qualche modo in cui ci si possa riuscire?
Grazie a tutti voi che ci siete sempre (e anche a tutti voi che ci siete solo ogni tanto, ma sempre con tanto entusiasmo).

Un grazie a bambolinazzurra, che ha prontamente ri-Trasfigurato una bacchetta in una scopa!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***







Molto presto, Ron prese a russare nel letto dall'altra parte della stanza; ma Harry non riuscì ad addormentarsi. Odiava aver dovuto mentire al suo tutore; ma, peggio ancora, sapeva di aver deluso l'uomo. Il professore aveva fatto tutto quel che aveva promesso, dimostrandosi un tutore ancor migliore di quando Harry potesse aver sperato; ma Harry continuava a rovinare le cose. Non era come se il suo professore gli avesse affidato degli incarichi onerosi; tutto quel che doveva fare era comportarsi bene e non fare idiozie, ma sembrava non riuscire ad impedirselo. Forse i Dursley avevano ragione a chiamarlo un immeritevole most- Harry interruppe quella linea di pensiero e guardò nervosamente la soglia.
Il suo tutore non aveva mai mantenuto la minaccia di lavargli la bocca con il sapone, ma Harry immaginò che quello non fosse un buon momento per provocare l'uomo. Tutto quel che restava del calore pungente era scomparso da parecchio dal suo sedere, ma la forza di quei due scapaccioni aveva reso chiaro che il suo professore era stato davvero spaventato. Harry non voleva dare all'uomo nessun'altra ragione per essere arrabbiato, stanotte, non se poteva impedirlo.
Harry sospirò. Il suo professore non si meritava di avere un pupillo tanto problematico. Harry avrebbe dovuto provare a rendere le cose migliori per l'uomo, non fare cose che facevano arrabbiare gli insegnanti e spaventavano a morte il suo professore. I Dursley gli avevano detto che lui era inutile; e se avessero avuto ragione?
Pensare ai Dursley fece sentire Harry ancora peggio. Doveva così tanto al suo professore, molto più di quanto l'uomo potesse comprendere. Nessuno si era mai preoccupato per Harry, prima, od aveva insistito che la sua vita valesse qualcosa. Nessun altro aveva mai pensato che potesse essere una buona persona, per non parlare del desiderare che lui si comportasse bene. Lo zio Vernon aveva spesso dichiarato, “Una buona riscaldata al sedere ti insegnerà a non essere così strambo, ragazzo!” prima d'assicurarsi che il posteriore di Harry fosse non solo scaldato, ma bruciato. Mentre giaceva sullo stomaco sul sottile materasso sotto le scale, soffocando i singhiozzi mentre si strofinava cautamente il sedere pulsante, Harry si era spesso chiesto quante altre volte avrebbe dovuto sopportare un trattamento del genere, prima che la stramberia venisse cancellata. Dal momento che non aveva mai davvero capito come faceva a produrre le azioni strambe che causavano le botte peggiori, Harry non poteva far niente più che cercare di lenire il dolore della sua pelle punita e sperare che, finalmente, gli schiaffi avessero cancellato la mostruosità.
Oh, il professore minacciava e rimproverava pazzamente, e avrebbe anche messo in atto le minacce con una punizione quando assolutamente necessario – come stanotte – ma non aveva mai quell'espressione di soddisfazione che i Dursley mostravano sempre dopo aver fatto dolere il sedere di Harry con una spazzola o dopo averlo spedito nel suo ripostiglio. Non era tanto che a loro piaceva ferire Harry (be', eccetto per Dudley), quanto che si sentivano virtuosi per avergli insegnato una lezione dolorosa e/o spiacevole. Piegato in due sulle ginocchia di sua zia o di suo zio, fissando il tappeto ed emettendo guaiti mentre il bruciore spaventoso si diffondeva attraverso il suo posteriore, aveva spesso pregato chiedendo qualcuno che non l'avrebbe punito per dimostrare quanto fosse marcio dentro, ma per aiutarlo a ricordarsi che era in realtà una persona migliore di quanto il suo comportamento del momento facesse pensare.
Vernon e Petunia lo avevano sempre punito con la tetra certezza che ogni sforzo da parte loro fosse futile; Harry era destinato a fare una brutta fine, e mentre loro potevano essere in grado di ritardare l'inevitabile con delle sonore sculacciate, il risultato finale sarebbe stato lo stesso. Conferiva una sorta di terribile convinzione ai loro rimproveri, ed una cupa soddisfazione ai loro schiaffi feroci. Loro stavano facendo il proprio dovere, ma Harry era Condannato.
Al contrario, il professor Piton si aspettava Grandi Cose da Harry, includendo (ma non limitandosi a) buoni voti, eccellenti rapporti sulla sua condotta, e una conoscenza magica sempre in crescita. Quando rimproverava Harry o – con riluttanza – lo puniva, metteva in chiaro che lo stava facendo perché sentiva che Harry non stava facendo onore al proprio potenziale. Ad Harry non era mai stato detto, prima, di avere alcun potenziale oltre a quello di crescere per diventare un nullafacente ubriacone, ed era deciso a provare che Piton aveva ragione e i suoi parenti torto. Voleva anche, disperatamente, essere un buon protetto e non dare a Piton alcuna ragione di rimpiangere d'aver accettato il suo ruolo come tutore.
E tuttavia, malgrado le sue buone intenzioni, ancora una volta aveva rovinato tutto.
Harry tirò su con il naso. Odiava il fatto di aver turbato il suo professore, in questa notte tra tutte. Aveva solo cercato di non rovinare Halloween per il professor Piton, e invece cos'aveva ottenuto? Aveva rovinato il Banchetto per i professori, rischiato le vite dei suoi migliori amici, fatto in modo che Ron finisse picchiato per aver mentito, era quasi stato randellato a morte da un troll... Harry cercò di soffocare i singhiozzi. Non importava con quanta convinzione provasse, sembrava non riuscire a stare lontano dai guai; e il fatto che fosse accaduto mentre stava cercando con tanto, tanto impegno a non essere un peso rendeva solo il tutto dieci volte peggiore.

***



Dopo aver punito i ragazzi, Piton uscì dalla camera di Harry e si precipitò verso il magazzino. Dopo aver mandato giù due Pozioni Calmanti in rapida successione, si sentì finalmente di nuovo sé stesso. Quell'orribile moccioso! Stava cercando di uccidersi? E poi, dopo aver causato praticamente a Piton un attacco di cuore, aveva recuperato in un batter d'occhio – al punto tale che lui e quella minaccia dalla testa rossa, che si era attaccato a Piton, stavano ridacchiando invece di essere pallidi per il terrore di fronte alla punizione in arrivo!
E poi aveva dovuto guarire il sedere di Weasley e – dal momento che ovviamente nessun altro l'avrebbe fatto – provvedere a che il mocciosetto ottenesse una bacchetta funzionante... Le umiliazioni non sarebbero mai terminate? Non era come se potesse permettere al miglior amico di Harry di girarsene disarmato, non dopo aver sentito Hermione dire a Minerva che Harry aveva incoraggiato gli altri due a fuggire mentre lui tratteneva il troll in una disperata azione di retroguardia.
Un troll. Ad undici anni di età, il moccioso era disposto ad affrontare un TROLL adulto per proteggere i suoi amici. Ci si poteva chiedere perché non avrebbe mai permesso a Weasley di girare senza una bacchetta? Quando il sovradimensionato istinto protettivo di Harry era già così iperattivo?
Perché a Piton era stato appioppato anche il più giovane dei Weasley? La McGranitt non avrebbe mai affidato non uno ma due dei suoi preziosi leoni al Malvagio Pipistrello dei Sotterranei, a meno che lei – così come gli stessi piccoli bastardelli – avesse deciso che non c'era niente del quale preoccuparsi. Piton aveva saputo che sarebbe accaduto. La sua reputazione era in brandelli ed anche troppo presto le sue classi lo sarebbero state a loro volta, dal momento che non c'era più niente ad impedire i comportamenti pericolosi degli studenti cretini.
Ghignò di fronte al ricordo dell'espressione sulla faccia del moccioso Weasley quando aveva sentito che gli erano proibiti tutti i dolci per una settimana. Hmmm. Forse quello sarebbe bastato ad assicurargli che Weasley ancora pensasse a lui come ad un “bastardo untuoso”, dopotutto.
Stranamente, aveva trovato che sottrarre l'amata scopa di Harry non era stato soddisfacente come si era aspettato. Invero, aveva sentito la più strana delle fitte quando il viso del moccioso si era fatto avvilito. Era probabilmente solo una conseguenza della sua precedente corsa in preda al panico attraverso il castello – uno stabilizzarsi ritardato del battito cardiaco o qualcosa del genere. Non era come se il moccioso non se lo fosse meritato, esattamente come si era meritato quegli scapaccioni.
Piton si agitò a disagio quando pensò agli scapaccioni. Sì, il ragazzo si era meritato la sculacciata – Harry sapeva perfettamente che aveva infranto le regole, e i libri erano unanimi sul bisogno di conseguenze regolari per il cattivo comportamento – ma Piton non aveva avuto intenzione di colpire il moccioso così forte. Era solo che era stato così spaventato dal pericolo al quale l'irragionevolezza del piccolo mostro l'aveva esposto... Severus si chiese se avrebbe dovuto scivolare nella camera del ragazzo ed applicare un po' di balsamo contro i lividi sul suo sedere mentre dormiva. Weasley stava bene, senza dubbio, ma Harry era così magro... Ed essere colpito così duramente aveva di sicuro eroso il suo senso di sicurezza. Non aveva promesso al ragazzo che non l'avrebbe colpito abbastanza forte da fargli male? Ed ecco che era subito tornato sui suoi passi ed aveva infranto la sua promessa.
Scosse il capo. Albus era pazzo. Non c'era modo in cui potesse farcela. Silente avrebbe dovuto semplicemente trovare un altro tutore. Qualcuno che sarebbe riuscito a mantenere la calma e che non avrebbe continuato a traumatizzare il ragazzo.
Piton si alzò in piedi, deciso a controllare il moccioso. Se il ragazzo fosse stato addormentato – senza dubbio dopo aver pianto fino ad assopirsi – avrebbe contattato Albus via camino immediatamente. Se Potter fosse stato ancora sveglio, l'avrebbe costretto a prendere una mistura di pozione guaritrice e pozione soporifera, poi avrebbe contattato il Preside.
Non appena entrò nella stanza le sue peggiori paure si realizzarono. Weasley giaceva su un letto, russando sonoramente, mentre nell'altro Harry piangeva lacrime quasi del tutto silenziose nel suo cuscino. Sentendo uno schiacciante senso di colpa piazzarglisi sopra le spalle, Piton camminò verso il ragazzo e gli tamburellò sulla schiena.
Harry sussultò violentemente e Piton imprecò davanti a quello che interpretò come un rannicchiarsi terrificato. “Vieni con me, Potter,” sussurrò. “Sveglierai Weasley.”
Harry tirò su con il naso e si inerpicò con riluttanza fuori dal letto. Come poteva guardare in faccia il Professor Piton dopo tutto quel che aveva fatto? Il suo professore era così buono con lui da venire persino a controllare per assicurarsi che potesse dormire! Harry si sentiva profondamente vergognoso per le menzogne che aveva detto.
“Siediti qui, Potter,” ordinò Piton una volta che furono riemersi nel soggiorno. “Vado a prendere una pozione per te.”
Harry lo guardò, sorpreso. “Non ho bisogno di una pozione,” obiettò, strofinandosi una manica sugli occhi.
Piton sbuffò. “Usa un fazzoletto, ragazzino maleducato!” Ne richiamò uno con un Accio e lo porse al ragazzo.
Harry si soffiò ed asciugò il naso. “Mi dispiace,” borbottò. “Ma non ho bisogno di una pozione.”
“Se non riesci a dormire perché hai paura o senti dolore, allora di sicuro hai bisogno di una pozione, sciocco moccioso!” replicò Piton, nascondendo il senso di colpa dietro ad un tono arrabbiato.
Harry era confuso. Perché il suo professore pensava che fosse spaventato o sentisse dolore? “Ma io sto bene.”
“Oh, davvero? E allora perché, precisamente, stavi singhiozzando nel tuo cuscino?” chiese Piton.
Harry arrossì. “Io non stavo singhiozzando,” si difese.
“Ovviamente sei ancora sconvolto dagli eventi di stanotte,” dichiarò Piton. “Se ti fa troppo male sederti, sdraiati sullo stomaco sul divano mentre io -”
“Troppo male?” fece eco Harry, confuso. “Perché dovrebbe – oh. No, sono a posto. Sul serio. Non hai colpito tanto forte. Voglio dire, sì, mi ha fatto male il sedere per un po'. Ma è a posto ora.”
“Tu non sei a posto e non apprezzo che mi si menta. Sei evidentemente molto sconvolto per qualcosa,” lo rimproverò Piton. “Di che si tratta?”
Harry abbassò lo sguardo, e gli occhi gli si riempirono nuovamente di lacrime. Il professore era così gentile con lui! Non se lo meritava.
“Potter!” Malgrado il tono furioso del professore di Pozioni, le dita che sollevarono il mento di Harry erano gentili. “Me lo dirai in questo istante, o rimpiangerai amaramente la tua testardaggine.”
Harry tirò su con il naso e sorrise allo stesso tempo. Era così bello avere qualcuno che si preoccupasse per lui, e tutto lo sbuffare e l'agitarsi del professore non riusciva a nascondere la sua evidente preoccupazione. “Mi dispiace.”
“Per cosa, in particolare? Ci sono molte cose alle quali potresti riferirti, dovrai essere più specifico,” disse Piton in tono strascicato; ma la sua fronte era ancora aggrottata per l'ansia.
Harry sentì le lacrime riempirgli gli occhi. “Ho rovinato tutto,” singhiozzò. “Non volevo rovinarti la giornata, e mi sono sforzato e sforzato per essere sicuro che non l'avrei fatto, ma alla fine ho solo rovinato tutto comunque!”
Piton sospirò rumorosamente. Perché i bambini erano piccole creature tanto emotive? Tirò Harry verso il divano e si sedette, tenendo una mano attorno alle spalle del ragazzo – solo per essere certo che il mostro non potesse scappare, assicuro a sé stesso. “Di che cosa stai parlando?” domandò, seccato. “Solo perché hai acconsentito ad accompagnare la signorina Granger in biblioteca quando lei non ha voluto partecipare al Bacchetto, non significa -”
“Non è andata così!” esclamò Harry. “E' stata lei a venire con me. E' stata tutta una mia idea. Lei non voleva che io me ne stessi per conto mio, e dal momento che non voleva davvero andare al Banchetto, non è stato difficile, per lei.”
L'occhiataccia di Piton fu indubbiamente spaventosa. “Hai mentito?”
Harry si afflosciò. “Uh huh,” bisbiglio. “Voglio dire, non ho precisamente mentito. Solo, non ho detto niente quando Hermione, erm, ti ha dato l'impressione sbagliata.”
“Pensi che questa sia una distinzione che accetterò?” chiese Piton.
“No, signore.” Harry si fissò i piedi nudi.
Piton seguì il suo sguardo e si lasciò sfuggire un indistinto sbuffo d'esasperazione, prima di richiamare con un Accio le nuove pantofole imbottite di lana di Harry. “Sciocco ragazzo! Speri di morire di freddo? Devi metterti le pantofole in questi sotterranei!”
Harry nascose il proprio sorriso. Yup, questo era il suo professore. Anche quando Harry era appena stato sorpreso a mentire spudoratamente, il professor Piton era comunque più preoccupato per la sua salute che arrabbiato per il suo comportamento. “Mi dispiace.”
“Ti dispiacerà davvero, Potter,” sbottò il suo professore. “Non tollero le menzogne. In questo caso la signorina Granger è maggiormente colpevole e riceverà di conseguenza la punizione più severa, ma tu -”
Harry lo interruppe con un sussulto di puro orrore. “No! Non farlo! Per favore, Professore! Non è stata colpa sua – stava solo cercando di aiutarmi! Per favore, non punirla! E' stata tutta colpa mia, davvero!”
Piton adocchiò l'adolescente sconvolto, la sua mente intenta a rimuginare. “Hmmmm. Molto bene, signor Potter. Farò un accordo con te. Non punirò la signorina Granger per aver mentito, questa volta.” Harry si afflosciò per il sollievo. “Tuttavia, se dovessi mai scoprire di nuovo che mi hai mentito – riguardo a qualunque cosa – non solo ti punirò per la tua bugia, ma punirò anche la signorina Granger, e ti assicuro che la severità della sua punizione non avrà eguali nella storia di Hogwarts.” Visto? Non sono solo i piccoli mocciosi a riuscire ad essere melodrammatici.
Gli occhi di Harry si spalancarono, ma il ragazzo annuì, sollevato. “Sì, signore. Grazie.” Esitò. “Significa – significa che devo dirti tutto?”
Piton discusse con sé stesso per un attimo, ma alla fine decise di essere ragionevole. “No. Puoi educatamente rifiutare di rispondere alle mie domande, ma non puoi mentire. Hai capito?”
“Sissignore.”
“Allora considererò chiusa la questione – per ora.”
La testa di Harry si sollevò bruscamente. E per quanto riguardava la sua punizione? Il suo professore aveva promesso di non punire Hermione per aver mentito, ma riguardo alla bugia di Harry? Harry si morse il labbro per un attimo, chiedendosi se avrebbe dovuto puntualizzare la dimenticanza dell'uomo: ma alla fine decise di starsene zitto. Non era solo che voleva sfuggire ad una punizione ben meritata: ma anche che sapeva che il suo professore odiava somministrarne. Forse era meglio per entrambi se avesse ignorato la dimenticanza?
Piton esalò il fiato trattenuto, in silenzio. La faccia del moccioso era disgustosamente facile da leggere: ma pareva che stesse, almeno, sviluppando un senso di autoconservazione e che non avesse intenzione di tirar fuori la questione della punizione che gli era ancora dovuta. Compiaciuto davanti all'evidenza di un tratto da Serpeverde, serrò distrattamente la presa sulle spalle del ragazzo.
Harry si appoggiò con gratitudine al braccio dell'uomo. Era così fortunato. Quanti altri ragazzi avevano un tutore così indulgente?
“D'accordo, signor Potter,” disse Piton alla fine. “Perché volevi evitare il Banchetto? Abbiamo ora stabilito che sei stato tu a decidere di assentarti. Voglio sapere perché – la verità, bada bene!”
Harry sprofondò più vicino all'uomo. “Semplicemente, non volevo andare ad una grossa festa. Non stanotte.”
Piton lo guardò con curiosità. “Perché no? Non ti aspetterai certo che io creda che la signorina Granger ti ha convinto ad abbandonare lecca-lecca e cioccolata, per quanto delizioso questo pensiero possa essere.”
Harry gli rivolse una smorfia. “No! Ma, be'...”
“La verità, Potter,” lo avvertì Piton.
“Hermione mi ha dato un libro riguardo a Vold- a Lui. E ha detto che i miei genitori sono morti la notte di Halloween. Così io – io ho pensato che non fosse giusto andare ad una festa, stanotte.” Harry azzardò un'occhiata verso il suo professore, interpretò erroneamente l'espressione congelata dell'uomo e finì immediatamente per andare nel panico. “Non volevo rovinare la festa per nessun altro, però! So che tutti amano il Banchetto e che tu devi guardare i Serpeverde e così non ho detto niente perché non volevo far arrabbiare qualcun altro o fare storie.” Le spalle di Harry si curvarono. “Ma è precisamente quello che è accaduto, perché non riesco a fare niente di giusto. Mi dispiace.”
“Non essere così imbecille!” lo rimbrottò Piton automaticamente; ma, dentro di sé, stava barcollando per lo choc. Aveva appena picchiato e rimproverato e punito un bambino per aver desiderato rispettare l'anniversario della morte dei suoi genitori. Poiché era un tutore troppo distratto per collegare la data con l'anniversario dell'omicidio dei Potter, aveva messo questo piccolo ragazzino tormentato nell'impossibile condizione di dover mentire e sgattaiolare via piuttosto che essere costretto a partecipare ad una festa. Severus aveva anche progettato di impegnarsi nel suo rituale annuale di accendere una candela alla memoria di Lily prima di andare a letto, quella notte, ma non gli era passato per la testa di parlare di quel giorno con il figlio di Lily.
“Mi dispiace,” ripeté Harry, le lacrime che ancora una volta gli colavano dagli occhi. “Sarei dovuto semplicemente andare al Banchetto. Non è come se mi ricordassi neanche i miei genitori, e tu sei stato fantastico. Ma pensavo solo che quest'anno potevo pensare a come – a come avrebbe potuto essere...” si interruppe, singhiozzando. Ora il Professor Piton l'avrebbe davvero odiato per essere un ingrato piccolo mostro, ma si era semplicemente sentito così sicuro qui ad Hogwarts, e trovarsi nel Mondo Magico e scoprire che i suoi genitori erano stati studenti qui e ricevere il maglione di sua mamma... Per la prima volta gli erano sembrati veri, ed aveva pensato che sarebbe stato bello spendere un po' di tempo pensando a loro. Ed invece aveva mentito e aveva cacciato tutti nei guai ed era quasi stato ucciso, ed ora il suo professore avrebbe pensato che, dato che gli mancavano i suoi genitori, ad Harry non piacesse avere Piton come tutore.
Piton riemerse dalla propria auto-flagellazione mentale. Come al solito, doveva mettere da parte i propri bisogni e concentrarsi su quelli di qualcun altro – in questo caso, quelli di un bambino isterico. “D'accordo, Potter. Calmati. Calmati, ora.” Batté un paio di pacche, goffamente, sulle spalle magre del ragazzo, causando ancora più lacrime e moccio.
Occorsero diversi minuti prima che Harry potesse essere persuaso che Piton non era furioso con lui, non lo odiava, non era triste, non voleva annullare la sua custodia e comprendeva la riluttanza di Harry a partecipare al Banchetto. Solo allora Harry poté essere calmato a sufficienza da essere ragionevolmente coerente.
Piton fece svanire il fazzoletto fradicio e ne richiamò con un Accio uno fresco. “Che cosa immaginavi potesse essere un modo di onorare i tuoi parenti?” domandò quietamente.
Harry tirò su con il naso nel nuovo fazzoletto. “Non ne ero sicuro. Non so abbastanza di loro, davvero, e nemmeno sul libro di Hermione c'era scritto molto.”
“Hm.” Piton avrebbe odiato essere considerato premuroso, ma era ben lontano dall'essere senza cuore. Si districò da Harry – come, precisamente, è accaduto che il moccioso finisse seduto su di me? – e raggiunse il camino. “Minerva, vieni immediatamente, per cortesia,” ordinò non appena l'anziana strega sbatté le palpebre assonnata verso di lui.
Un attimo dopo la strega era in piedi nel camino, stringendo la cintura delle sue vesti di stoffa scozzese e fissando i due maghi con le labbra strettamente serrate. “Qual è il significato di tutto ciò, Severus? Hai un'idea di che ore siano?”
Harry fissò la scena con terrore. Perché il suo professore aveva convocato il Capo della sua Casa? Aveva intenzione di buttare fuori Harry? Di insistere che lei lo portasse immediatamente alla Torre, spiegando che i protetti ingrati non meritavano di dormire nelle sue stanze?
Piton la prese da una parte, mentre Harry attendeva ansiosamente e si sforzava di sentire. “Siamo due idioti,” disse, la fronte aggrottata.
Le sopracciglia di Minerva presero il volo. “Come, prego?”
“Che giorno è oggi, Minerva? La data?”
“Be', è Halloween, ovviamente. Il 31 Ottobre. Che cosa stai -”
“E che cos'è accaduto in questa data in Godric's Hollow?”
Minerva trattenne il fiato quando comprese. “Oh, buone stelle!”
“Ecco perché non voleva partecipare al Banchetto; ma non ha voluto dirlo a nessuno per paura che non ci godessimo la festa,” il tono di Piton era di scherno, ma Minerva vide il dolore nascosto dietro al tono arrabbiato.
“Oh, cielo.” Gli posò una mano sul braccio. “Stai bene?”
“Io!” Severus la fissò. “Hai perso il senno? Non è di me che ti dovresti preoccupare, è del tuo prezioso piccolo leone proprio lì. E' lui quello che è stato traumatizzato stanotte – prima dal troll, poi da me.”
Minerva lanciò un'occhiata al divano. Harry li stava guardando nervosamente, ma non le sfuggì il fatto che fosse confortevolmente adagiato sui cuscini, avvolto strettamente in una nuova vestaglia e in nuove pantofole, e che apparisse decisamente più preoccupato per il suo guardiano che per qualunque altra cosa. “Non mi sembra molto traumatizzato,” commentò.
Piton le lanciò un'occhiataccia. Grifondoro idiota! “Solo perché ha smesso – per il momento – di piangere e lamentarsi e di nascondersi sotto i mobili, ciò non significa che stia bene,” sbottò. “Sono stato estremamente tagliente con lui, prima.”
Minerva scrollò le spalle con leggerezza. “Severus, per quanto comprensibili le sue motivazioni possano essere, il ragazzino ha mentito e si è deliberatamente assentato senza permesso. Si è anche comportato molto scioccamente quando ha appreso che c'era un troll in libertà nel castello e si è quasi fatto uccidere. Harry sa perfettamente di aver meritato una punizione per le sue azioni.”
Piton serrò i denti di fronte all'insensibilità della strega. “Minerva! L'ho sculacciato! Gli ho tolto la scopa per una settimana!”
“Bene!” replicò lei prontamente. “Questo dovrebbe farlo riflettere due volte prima di comportarsi così male in futuro. Confido che tu abbia trovato una punizione simile per il signor Weasley?”
Piton la fissò, troppo sbalordito per fare nulla che non fosse annuire. “Niente dolci per una settimana.”
La McGranitt sollevò un sopracciglio. “Tu sei malvagio, Severus. Sono piuttosto certa che il signor Weasley si ricorderà a lungo questa punizione. Ascolterò i tuoi suggerimenti per la signorina Granger prima di andarmene. Ma, per adesso, perché sono qui? Semplicemente per consentirti di confessare le tue malefatte immaginarie?”
La domanda acida aiutò Piton a recuperare il proprio equilibrio. Le lanciò un'occhiataccia. “Ti ho chiesto di venire qui per raccontare ad Har- a Potter qualche storia sui suoi genitori. Quei suoi parenti trichechi non gli hanno detto nulla se non bugie, ed io difficilmente sono la persona migliore per deliziare il ragazzo – er, il moccioso – con ricordi Griffondoreschi. Comunque, un'attività del genere sembra un modo appropriato di onorare la loro commemorazione.”
Minerva soffocò spietatamente un sogghigno. Chi avrebbe mai pensato che Severus Piton fosse tanto sentimentale? “Molto bene, signor Potter,” disse, rivolgendosi al ragazzo con un sorriso, “il tuo tutore mi dice che ti piacerebbe commemorare la morte dei tuoi genitori ascoltando qualche storia dei loro anni qui ad Hogwarts.”
Gli occhi di Harry volarono verso Piton con un'espressione di sbalordimento che lasciò presto spazio all'adorazione. Piton tossì e arrossì e guardò ovunque tranne che verso la ghignante McGranitt. Harry realizzò improvvisamente di non aver risposto al Capo della sua Casa e si volse in fretta verso di lei. “Sì, signora. Per favore?”
“Molto bene. Come forse sai, entrambi i tuoi genitori sono stati nella mia Casa. Sarei felice di condividere qualche ricordo con te, e ovviamente anche il tuo tutore può. Sai che conosceva tua madre anche prima di arrivare ad Hogwarts?”
Harry lanciò di nuovo un'occhiata a Severus e sorrise. “Sissignora. Ricordo che il Preside l'ha detto a quella signora giornalista un paio di settimane fa.” Fece una pausa quando un pensiero, evidentemente, lo attraversò. “Per favore, però, nessuna brutta storia stanotte?” pregò, la voce che gli tremava. Minerva aggrottò la fronte, senza capire.
Piton si sedette con calma accanto al ragazzo e spiegò, la voce piana. “Potter si sta riferendo al fatto che, stasera, preferirebbe non ascoltare esempi del comportamento più immaturo di suo padre, come la tendenza di questi a comportarsi da bullo verso altri. Non ti preoccupare, Potter. Sono certo che la Professoressa McGranitt non avrà difficoltà a trovare delle storie godibili da condividere con te.”
La Professoressa McGranitt stava, al momento, trovando difficile non svenire per la pura incredulità. Questo che aveva davanti era veramente Severus Piton, l'uomo che avrebbe potuto stravincere il Torneo Tremaghi se una delle prove proposte fosse stata in Serbare Rancore? Minerva si era da lungo tempo rassegnata alla consapevolezza che Severus non sarebbe mai stato in grado di portare avanti una conversazione civile riguardo a James Potter: la furia e l'odio riguardo al modo in cui i Malandrini l'avevano trattato durante i suoi giorni a scuola era troppo crudo dentro di lui. E tuttavia, improvvisamente, ecco che stava parlandone nel più calmo dei toni, con nulla ad indicare che per decenni gli era praticamente venuta la schiuma alla bocca ogni volta che il nome di James era stato menzionato.
La donna fissò Harry, che si stava raggomitolando contro Piton con lo sguardo di chi ammira un eroe. Il professore di Pozioni stava brontolando e guardando male il ragazzo, nello stesso momento in cui le sue mani si tiravano Harry gentilmente contro il fianco e gli sistemavano la veste. Minerva sbatté le palpebre, trovando difficile credere a quel che stava vedendo. Era stata consapevole che il rigido senso d'onore di Piton – una volta che le fette di prosciutto gli fossero cadute dagli occhi – avrebbe assicurato che proteggesse il ragazzo e che lo trattasse con attenzione puntigliosa. Era stata certa che avrebbe perfettamente provveduto ai bisogni fisici di Harry, anche se aveva presunto che le maniere fredde e distanti di Piton avrebbero creato un'insormontabile barriera tra di loro. Ma non aveva mai, neanche per un'istante, contemplato l'ipotesi che Severus potesse trarre beneficio da quella relazione.
E tuttavia le prove erano di fronte a lei. Severus stava riuscendo a dimostrare affetto genuino per il ragazzo, ed anche il fatto che l'avesse invitata nelle sue stanze personali era un enorme passo in avanti per l'uomo, intensamente riservato. Lei non avrebbe mai immaginato di poter vedere Severus così... tranquillo. Tutta la rabbia e l'amarezza sembravano essersi attenuate. Oh, era ancora brusco e pungente, ma quella lama di rasoio, che tendeva a tagliare lui così come gli altri, era scomparsa. Il fatto che potesse ricordare il trattamento da parte dei Malandrini senza una sibilante, sputacchiante esplosione di rabbia ne era chiara prova.
Minerva si sedette sull'altro lato del divano rispetto ad Harry. “Forse ti piacerebbe ascoltare di quella volta che tua madre ha deciso di portare agli elfi domestici un dolce dal Mondo Babbano. Conosci una caramella Babbana che si chiama 'Pixy Stix'?”

Diverse ore dopo, Harry era sdraiato di traverso sul grembo del suo professore, tanto rilassato da parere privo di ossa e profondamente addormentato. I professori gli avevano raccontato una storia dopo l'altra, tratteggiando un dipinto riccamente sfumato di due persone giovani, felici e intelligenti e che amavano divertirsi. Si era finalmente assopito con un sorriso sulla faccia, sentendosi al sicuro e amato mentre giacevano contro il suo tutore ed ascoltava la voce profonda dell'uomo riverberargli attraverso il petto.
“Santo cielo,” sospirò la McGranitt. “Pensavo che non sarebbe mai crollato. Non avresti potuto fargli bere un po' di Pozione Senza Sogni?”
Piton le lanciò un'occhiataccia. “Io non drogo il mio protetto per mia comodità,” disse, offeso.
La McGranitt rise piano. “Oh, cielo, Severus. Sei facile da prendere in giro.” Lui sbuffò, oltraggiato. Stupidi Grifondoro. Chi poteva sperare di comprendere il loro senso dell'umorismo?
“D'accordo, Severus – prima che io me ne vada, dimmi quale punizione hai assegnato ai miei due leoni, così che possa sicura che la portino a termine.”
“Sono in punizione per una settimana e devono scrivere un saggio di un metro e mezzo a testa sugli errori che hanno commesso nel decidere di abbandonare la biblioteca. Inoltre, come sai, ha ciascuno dei due è stata proibita per tale periodo un'attività favorita.”
La McGranitt annuì. “Eccellente?”
“Quale punizione hai assegnato alla signorina Granger?”
“Nessuna.” Davanti all'espressione scioccata di Piton, la McGranitt spiegò. “L'ho portata da Poppy per poter curare il suo polso, e lei ha dato alla signorina Granger una mezza dose di Pozione Senza Sogni. Non c'era ragione di rimproverare la ragazzina mentre era troppo intontita per ascoltare. Ho detto alla signorina Granger che avrei discusso della sua punizione con lei in mattinata – trovo che dar loro diverse ore per preoccuparsi di una punizione sia una forma di tortura piuttosto efficace.”
Piton l'adocchiò con ammirazione. Non aveva realizzato che la McGranitt potesse essere così malvagia. “Impressionante.”
Lei gli rivolse un sorriso felino. “Grazie. Le assegnerò la stessa punizione e lo stesso saggio dei ragazzi, ma non sono sicura di quale attività proibire. Dopotutto, i suoi passatempi preferiti sono attività che certamente non desidero scoraggiare. Dovrei proibirle di entrare in biblioteca? Impedirle di seguire le lezioni?”
Harry mormorò nel sonno e si aggrappò alla veste di Piton. Gli occhi della McGranitt scintillarono quando vide Severus chinarsi e placare il ragazzo: ma riuscì ad impedirsi di commentare. “Qualche suggerimento?”
Piton rifletté per un istante; poi, ricordò una conversazione che aveva avuto luogo alcune settimane prima. “E se invece di proibirle un'attività la costringessi a seguirne una?” Davanti all'occhiata incerta della McGranitt, si spiegò, “La signorina Granger non considera il Quidditch un inutile spreco di tempo, con grande fastidio dei suoi amici? Assegnale un saggio di due metri sul gioco, accompagnato dall'obbligo di presenza a tutte le partite e gli allenamenti della prossima settimana.”
Minerva scoppiò a ridere. “Oh, Severus, tu sei un uomo perfido! La signorina Granger ne odierà ogni secondo, specialmente quando sarà costretta a chiedere aiuto al signor Weasley.” Piton si pavoneggiò a quel complimento. “E, una volta che comprenderà il gioco, sarà maggiormente in grado di partecipare alle attività della Casa, alle conversazioni con gli altri studenti... Questa è un'idea brillante! Ora, per quanto riguarda la partita di domani,” lanciò un'occhiata ad Harry. “Presumo che non gli sarà permesso di partecipare?”
“Esatto,” disse Piton cautamente, aspettandosi un'enorme discussione con il Capocasa di Grifondoro.
Con sua grande sorpresa, Minerva si limitò a sospirare e ad annuire. “L'avrebbe messo comunque in una difficile situazione. Forse è meglio così, e sarà comunque in grado di giocare contro Tassorosso e Corvonero,” disse, consolandosi. “Permetteresti ad Harry di assistere alla partita per poterla spiegare alla signorina Granger? Se non avrà uno dei ragazzi con sé, la sua mera presenza alla partita non otterrà molto, e a Ron è stato dato un permesso speciale di trascorrere la partita sulla panca di Grifondoro con i suoi fratelli.”
Piton aggrottò la fronte, guardando verso il piccolo ragazzo, e si chiese quando la sua mano avesse iniziato ad accarezzargli i capelli in disordine. “E' in punizione, Minerva,” iniziò severamente.
“Ecco perché non potrà giocare in questa partita,” assentì lei. “Ma di certo potrebbe assistere per una dispensa speciale? L'intero corpo docente sarà lì, perciò si tratterà di una cerimonia ufficiale della scuola, supervisionata.”
Piton sbuffò, ma il ricordo dell'avvilimento di Harry quando aveva scoperto che gli sarebbe stato proibito di volare per una settimana lo punzecchiò. “Oh, d'accordo,” disse, con riluttanza. “Ma solo perché sarà d'assistenza alla punizione di Granger.”
“Eccellente!” Minerva si alzò in piedi e puntò verso il camino. “Oh, e, Severus – hai una qualche idea di cosa sia un “dossier” e perché la sola menzione di uno di essi dovrebbe terrorizzare così tanto la signorina Granger?”



Note alla traduzione: Tra il Lucca Comics & Games (oh, perché dura così poco e viene solo una volta all'anno?) e il Capitolo 26 che si è rivelato... infinitamente lungo!... questo capitolo si è fatto desiderare. Il prossimo sarà con ogni probabilità messo online con tempi molto più brevi: anche perché ci stiamo avvicinando con passi da gigante a quello che è il mio capitolo assolutamente preferito, e non vedo l'ora di tradurlo. Io AMO questa storia dall'inizio alla fine, ma quel capitolo... quel capitolo... non vi dirò nulla finché non lo leggerete. Dopodiché scriverò una ventina di righe sul perché lo considero il manifesto esemplificativo per tutti coloro che desiderano scrivere del buon fantasy d'azione.

Credo non ci sia niente da segnalare, se non quel dossier in conclusione di capitolo che i lettori dotati di miglior memoria ricorderanno per aver già trovato alla nota (2) del Capitolo 22.

Un grazie a tutti voi che avete accolto con tanto entusiasmo la sfida delle 230 recensioni. Che ne direste di puntare alle 250 entro il prossimo capitolo? Sarebbe meraviglioso!

Un grosso grazie a Slytherina che guadagna quindici punti per Serpeverde (U.u) per aver Trasfigurato abilmente un voci in un voti.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***







Prevedibilmente, Harry dormì fino a tardi il mattino dopo. Quando Ron rotolò fuori dal letto e si fece vivo, già vestito ma sbadigliando, Piton gli rivolse un saluto gelido, ancora seccato che gli fosse stato appioppato un Weasley e poco desideroso di vedere gli scintilli saccenti di Albus quando questi avesse saputo della visita di Piton da Ollivander.
Insensibile al tono gelato dell'uomo, Ron gli rivolse il suo solito allegro saluto. “'ngiorno, Professore!”
Merlino – eccone un altro! Piton serrò i denti e si chiese se essere persone fastidiosamente mattiniere fosse un prerequisito per l'ammissione alla Casa di Grifondoro. “Buongiorno, signor Weasley. Presumo che preferiresti fare colazione con i tuoi compagni nella Sala Grande?”
Ron si stiracchiò pigramente. “Già, ok. Erm – voglio dire, sì, signore,” si corresse, dopo aver notato l'assottigliarsi degli occhi di Piton.
“Allora apprezzerei se riferissi al signor Wood che avrà bisogno di impiegare il suo Cercatore di riserva nella partita di oggi, e se avvertissi il tuo Capocasa che io e te faremo una breve visita ad Ollivander stamani.”
Il viso di Ron, che aveva per un attimo assunto un'espressione depressa alla menzione della punizione di Harry, si illuminò nuovamente. “Sissignore!”
“Ritornerai poi qui, così che io non debba sprecare tempo a cercarti quando sarà ora di andare. Mentre aspetti, potresti iniziare il saggio per la tua punizione.”
“Sissignore,” disse Ron, ubbidiente, troppo eccitato per la visita al negozio di bacchette per obiettare a qualcosa che il Professor Piton potesse dire. Si affrettò ad uscire, ansioso di condividere le grandi notizie con i suoi fratelli.
Quando fece ritorno, dopo aver mangiato a sazietà, reso i suoi fratelli estremamente invidiosi e riferito i messaggi del professore, Harry era sveglio, anche se ancora in pigiama, e stava facendo colazione nella piccola cucina del professore.
“Ciao, Ron!” esclamò allegramente attorno ad un boccone di uova strapazzate.
“Oi, Harry!” Ron scivolò nella sedia accanto a lui. “Salve, Professore!” aggiunse educatamente, rivolgendosi all'uomo, che stava sorseggiando caffè e leggendo una rivista di pozioni.
“Buongiorno di nuovo, signor Weasley,” brontolò Piton, prevedendo cupamente anche troppe di quelle scenette mattutine negli anni a venire.
“Miseriaccia, erano tutti eccitati di sentire del troll!” disse Ron ad Harry. “Ho dovuto raccontare la storia dodici volte! Hermione è ancora in infermeria e, con te qui, nessuno aveva saputo molto di quel che è successo.”
“Hermione è a posto?” chiese Harry ansiosamente.
“Sì, ho parlato con la professoressa McGranitt, che andrà a prenderla dopo colazione. Ha solo che alzarci un po' più tardi stamattina ci avrebbe fatto bene.” Ron sorrise. “Avresti dovuto vedere Percy?”
“Perché?” chiese Harry, pulendo quel che restava delle sue uova con un po' di pane tostato.
“Be, quando mi ha visto era già pronto a balzarmi addosso e schiaffeggiarmi per la notte scorsa: ma poi gli ho ricordato che il Professor Piton mi aveva punito, e gli ho fatto notare che se mi avesse punito anche lui, sarebbe stato come dire che non pensava che il Professor Piton avesse fatto un buon lavoro.”
Piton, che stava quietamente origliando, ne fu impressionato suo malgrado. Chi avrebbe pensato che una mente tanto contorta potesse nascondersi dietro a quell'aspetto lentigginoso?
Harry quasi si strozzò. “Scommetto che questo l'ha fermato!”
“Sì, ma -” Ron lanciò un'occhiata a Piton, apparentemente ignaro della conversazione in corso, ed abbassò la voce, “-dopo era tutto preoccupato che Piton fosse stato davvero spaventoso con noi e che ci avesse – non so – picchiato con un bastone o qualcosa del genere. Mi ci sono voluti dieci minuti per calmarlo. Cribbio – è un irritante ansioso come la mamma. Chi l'avrebbe mai detto?”
“Forse è per questo che si preoccupa tanto delle regole, signor Weasley,” brontolò Piton, cogliendoli di sorpresa. “Perché teme il genere di conseguenze che sarebbe potuto accadere così facilmente la notte scorsa.”
Ron ci pensò su. “Be', forse... Ma io penso che insista tanto sulle regole solo perché gli piace comportarsi da scemo!”
Harry ridacchiò quando Piton alzò gli occhi al cielo.
“Signor Potter, se hai finito, puoi consegnarmi la tua scopa, poi raggiungere la tua sala comune mentre io porto il signor Weasley a prendere una bacchetta nuova.”
Harry si pulì la bocca con un tovagliolo. “Dovrò darti la scopa questa notte, Professore,” disse allegramente. “Abbiamo un incontro di Quidditch oggi, ricordi?”
Ron spalancò la bocca e i suoi occhi dardeggiarono da Piton ad Harry e viceversa. Si afflosciò nella sedia, prevedendo un impressionante spettacolo di fuochi d'artificio.
Piton depose il giornale sul tavolo molto deliberatamente e rivolse la sua piena attenzione ad Harry, che ancora sorrideva. Nessuna meraviglia che il moccioso fosse così cinguettante, stamattina. “No, signor Potter. Tu mi consegnerai la tua scopa ora. Tu-”
Harry lo interruppe, la voce che cominciava a tradire agitazione. “Ma, Professore, ho bisogno della scopa per l'incontro. Le vecchie scope della scuola non sono neanche lontanamente buone come quella che mi hai dato.”
Malgrado una piccola parte di lui registrasse il commento di Harry con compiacimento, Piton mantenne l'espressione e la voce calme ma ferme. “No, signor Potter. Tu non giocherai in questa partita. La tua punizione consisteva nel non giocare per una settimana. Questo include la partita di Quidditch di oggi.”
“Cosa!” Ora Harry era balzato in piedi, e sia il tono che il volume della sua voce si stavano alzando rapidamente. “Non puoi farlo! Devo giocare questa partita! Contano tutti su di me!”
Harry fissò il suo professore con incredulo orrore. Sì, era stato cattivo. Sì, si era meritato di essere punito. Ma Piton non poteva assolutamente avere intenzione di impedirgli di partecipare alla partita! Non dopo che aveva lavorato così duramente! Non quando era il più giovane Cercatore da anni! Non quando progettava di rendere l'uomo così orgoglioso!
Harry faceva schifo in un sacco di cose in questo nuovo mondo: ma volare era qualcosa che tutti ammettevano che facesse in maniera brillante. Ora aveva l'opportunità perfetta per farsi avanti e mostrare al suo professore che non doveva vergognarsi del suo protetto, che c'erano davvero delle cose che Harry faceva bene, anche se era un bisognoso, piagnucolante, stupido piccolo disastro per gran parte del tempo. Aveva intenzione di mostrare a Piton che poteva essere orgoglioso di lui, e nulla glielo avrebbe impedito, neanche Piton stesso.
“Tu non puoi!” ripeté, la voce che gli si spezzava. “Devo giocare. Puoi togliermi la scopa per due settimane, cominciando domani!”
In qualche modo doveva far sì che l'uomo capisse. Oliver e gli altri contavano su Harry per vincere la partita. Il ragazzo più grande l'aveva praticamente detto durante gli allenamenti ed ora, se Harry no fosse stato lì, avrebbero perso e sarebbe stata tutta colpa sua. Avrebbe deluso la sua intera Casa. E – ancora più importante – voleva mostrare al suo professore quanto amasse la sua nuova scopa. Quando avesse catturato il Boccino sulla sua Nimbus, avrebbe mostrato a tutti ad Hogwarts quanto fantastico era il suo tutore con lui. Doveva semplicemente giocare – doveva.
“No, signor Potter,” ripeté Piton, la voce che gli si induriva. “Tu non giocherai nella partita di oggi.”
“Harry, tu non vuoi essere messo in punizione per due settimane, o perderai solo altre partite,” intervenne Ron, cercando con tutte le sue forze di impedire al suo migliore amico di autodistruggersi. Sapeva grazie ai suoi genitori che cercare di rinegoziare una punizione funzionava di rado – e spesso portava a penalità aggiuntive.
Harry li ignorò entrambi. “Non m'importa cosa dici,” gridò verso Piton in tono di sfida. “Io giocherò oggi! Non puoi fermarmi!”
“Signor Potter,” Piton si sporse in avanti ed abbassò pericolosamente la voce, “se stai agendo sotto l'errata impressione che esiterei a fermare il gioco, rimuoverti dalla tua scopa e darti uno scapaccione per la disobbedienza davanti all'intero stadio, permettimi di correggerti qui ed ora. Stai venendo punito per un insano atto di pazzia, e tutto l'urlare del mondo non cambierà questo fatto.”
Una piccola parte del cervello di Harry stava saltando su e giù e pregandolo di zittirsi, ma il resto era stato apparentemente sopraffatto da Dudley Dursley. Tutta la frustrazione e la rabbia dentro al ragazzo esplosero in uno scatto d'ira assolutamente senza precedenti. “TI ODIO!” gridò a Piton, ignorando la presenza di un Ron con la bocca spalancata. “”SEI TERRIBILE E CATTIVO E TI ODIO! SEI UN TUTORE TREMENDO! VORREI CHE TU FOSSI MORTO! NON TI VOGLIO PIU' COME TUTORE! TI ODIO! TI ODIO!”
Fuggì dalla tavola e dall'espressione fredda e immobile del suo tutore, precipitandosi nel santuario della sua stanza. Un sonoro sbattere di porta echeggiò attraverso le stanze.


Interessante. Non ha provato ad andarsene ed a cercare rifugio tra i suoi compagni Grifondoro, ponderò Piton. Forse STIAMO facendo progressi. Tutti i libri spiegavano che gli scoppi d'ira emozionale erano parte del “processo di guarigione”: e, ad essere onesti, Piton trovava la rabbia un'emozione che si trovava a confrontare molto più a suo agio rispetto al dolore. Un Harry infuriato era molto meno inquietante di un Harry piangente, forse perché Piton stesso poteva immedesimarsi molto più facilmente con una persona arrabbiata. Aveva versato la sua ultima lacrima da molto tempo, ma – come tutti i suoi studenti potevano confermare – dal canto suo aveva regolarmente magistrali attacchi di rabbia.
Ron inghiottì a vuoto. Era stato troppo spaventato per dir molto durante lo sbotto di Harry, ed era piuttosto sorpreso che Piton non l'avesse interrotto con una sonora sberla sul sedere di Harry. I suoi genitori probabilmente non sarebbero stati tolleranti neanche la metà se lui avesse tirato fuori un simile attacco durante la colazione alla tavola della Tana. “Erm, posso – voglio dire, potrei andare a vedere se sta bene?” squittì alla fine.
“Hm?” A Piton occorse un istante per focalizzare lo sguardo su di lui. “Sì. Vai pure,” annuì in maniera distratta, ovviamente profondamente immerso in qualche pensiero.
Ron non aspettò di sentirselo dire due volte. Sgusciò giù dalla sedia e si affrettò per il corridoio. Come si aspettava, Harry se ne stava sdraiato a pancia sotto sul letto, singhiozzando tanto da sentirsi male.
Ron si morse le labbra, cercando di ricordare cosa Charlie e Percy gli dicessero in genere per confortarlo quando era lui a piangersi anche gli occhi dopo un capriccio. Si posizionò cautamente su un lato del letto e assestò piccole pacche leggere e caute sulla spalla di Harry, come stesse avendo a che fare con un Crup potenzialmente pericoloso. “Avanti, amico,” lo spronò. “Non è così male. Non prenderla così.”
Harry singhiozzò solo più forte. “Lo odio! Ha rovinato tutto!” gridò, la voce semisoffocata dal cuscino.
“Già, be', è piuttosto severo,” assentì Ron in tono di conforto, “ma, vedi, Harry, non è come se si stesse comportando così irragionevolmente. Voglio dire, l'abbiamo combinata bella grossa l'altra notte, e penso che tu l'abbia spaventato parecchio.”
“Non mi importa. Lo odio comunque.”
Ron sospirò e continuò a battere piccole pacche sulla schiena dell'amico. Lui era mai stato così ostinato? “Be', io non penso che ti piacerebbe davvero se lui ignorasse quel che abbiamo fatto, come se non gli importasse se vivi o muori,” puntualizzò. Harry inghiottì a vuoto e rabbrividì, ma non si disse in disaccordo con l'affermazione; rincuorato, Ron insisté. “E, avanti, Harry – stai comportandoti un po' da egoista, amico,” disse scherzosamente. “Già puoi giocare a Quidditch un intero anno prima di noialtri. Mancare ad un'unica partita non ti ucciderà.”
“Non è quello!” protestò Harry, tirandosi su sui gomiti. “Oliver ha detto che stavano contando su di me!” Il suo viso era arrossato e chiazzato di lacrime e moccio, e il respiro emergeva in singhiozzi tremanti. “Non sto cercando di fare il cretino, Ron, davvero! Ma odio deludere la gente.”
Ron aggrottò la fronte, cominciando a capire l'agitazione dell'altro ragazzo. “Harry, pensi di essere il primo giocatore a mancare ad una partita?” Davanti all'espressione improvvisamente incerta di Harry, Ron non riuscì ad evitare di ridere. “Miseriaccia, amico, questa è una scuola! Ci sono sempre giocatori in detenzione che si perdono una partita! Al sesto anno, Charlie è mancato a tre pattite di fila perché è stavo preso mentre cercava di far entrare di nascosto nei dormitori il suo progetto a lungo termine di Cura delle Creature Magiche. E' stato fortunato che la McGranitt non l'abbia buttato fuori dalla squadra del tutto. E, un altro anno, il capitano della squadra di Serpeverde è stata espulsa dalla squadra per metà della stagione, anche se non so precisamente cos'avesse fatto. E, tra le ferite e tutto il resto, i capitani si aspettano sempre di dover fare qualche sostituzione. Non è una gran cosa, Harry. Lo giuro. Baston non era neanche sorpreso quando gliel'ho detto stamattina. Ha detto solo che il tuo posto ti aspetta per quando potrai volare di nuovo.”
Harry emise un ultimo singhiozzo e tirò su con il naso. “D-davvero?”
Ron sorrise, sollevato. “Sì, scemo. Miseria – pensare di essere la persona più importante dell'intera squadra ancor prima di aver giocato una sola partita! Qualcuno si è montato un po' la testa o mi sbaglio?” lo prese in giro.
Harry si contorse a disagio e si pulì la faccia. “Non è questo. Solo, non sono mai stato in una squadra, prima, od ho avuto amici come ne ho qui. Non volevo smettere di piacere alle persone perché non mantengo le mie promesse.”
Il suo amico sbuffò. “Già, come se questo possa accadere. Harry, la scorsa notte era una TROLL. Siamo fortunati a non essere stati messi in punizione fino al diploma! Lo capiscono tutti!”
Harry riuscì a produrre un sorriso lacrimevole. “Già, immagino che ce la siamo cavata con poco...” La sua voce si spense mentre un'espressione di assoluto orrore gli attraversava la faccia, e Ron si girò tanto in fretta che quasi cadde dal letto.
Non c'era niente dietro di lui che giustificasse l'espressione di Harry, e lui si volse nuovamente, lo sguardo indagatore. “Amico, che c'è?”
“Oh, no,” esalò Harry, il viso bianco come il gesso. “Oh, no.”
“Cosa? Che c'è? Harry!” Ron si stava preoccupando sempre più mentre il suo amico fissava il vuoto, l'agitazione crescente. “HARRY!”
“Ron, ho rovinato tutto,” esalò Harry, l'espressione completamente devastata. “Non posso credere di aver detto tutte quelle cose.”
“Cosa? Vuoi dire prima? A Piton?” Ron alzò gli occhi al cielo. “Già, amico, hai tirato fuori un capriccio bello grosso. Sei fortunato che ti abbia tirato su per darti uno scapaccione; i miei genitori non avrebbero permesso a me di passarla liscia dopo qualcosa del genere,” aggiunse con malcelata invidia.
Harry si tirò le ginocchia al petto e cominciò a dondolarsi. “Ho appena rovinato tutto. Non mi vorrà più nere, ora. Mi rimanderà indietro – so che lo farà.”
“Piton? Rimandarti indietro?” Ron sbuffò. “Non essere idiota. Non la prenderà sul serio. Voglio dire, sì, probabilmente ti punirà per avergli urlato così, ma non smetterà certo di essere il tuo tutore.”
“Oh, sì, lo farà,” disse Harry con assoluta certezza. “E' diventato il mio tutore perché gliel'ho chiesto io, ed ora gli ho detto che non lo voglio più, così se ne andrà.” Cominciò a sbattere la fronte contro le ginocchia. “Oh, Harry, sei così stupido, stupido, STUPIDO.”
Ora veramente allarmato da quanto sconvolto il suo amico stesse diventando, Ron corse di nuovo in cucina per cercare Piton.

Cari Servizi Magici per l'Infanzia, compose mentalmente Piton, precisamente, quanto sarebbe illegale somministrare una Pozione Invecchiante – presumendo che se ne possa creare una, ovviamente – ad un bambino, in questo modo evitando interamente la fase dell'adolescenza? E, se è illegale, è meno illegale che lanciare un Silencio sul suddetto bambino per sei anni? Ovviamente, rifletté, non aveva bisogno di lanciare un Silencio sul moccioso: avrebbe potuto sempre semplicemente porre un Incantesimo Testabolla modificato su di sé e trascorrere le sue giornate in una beata condizione di sordità.
Da una parte, era stato gratificante vedere quanto furioso fosse stato Potter davanti alla confisca della sua scopa – il piano principale di Piton aveva certamente funzionato brillantemente a tal scopo – ma, d'altro canto, non si era aspettato che facesse male essere ripudiato dal moccioso. Perché gli sarebbe dovuto importare se il disgraziato gli strillava che era una persona detestabile, orribile? Lui lo era, dopotutto, e nessuno lo sapeva meglio di lui. Era stato il più odiato e temuto professore ad Hogwarts per anni, ormai, perciò perché avrebbe dovuto fargli dolere il petto vedere la furia e il disgusto negli occhi del moccioso Potter? Non era quello che voleva?
“Erm, signore...?” Piton prese consapevolezza della prole dei Weasley che si agitava all'altezza del suo gomito.
“Che c'è, Weasley?” disse, sorprendendosi nel notare quanto esausta la sua voce suonasse. Di sicuro avrebbe dovuto uscire fuori più tagliente di così.
“E' – è Harry, signore. E' molto sconvolto.”
Piton distolse lo sguardo. “La sua punizione rimane la stessa, signor Weasley. Potter dovrà venire semplicemente a patti con il fatto che tutte le urla da bambino viziato di questo mondo non cambieranno la cosa.”
“No, signore, non è questo. E' per lei, signore.”
Piton si alzò in piedi, improvvisamente disperatamente desideroso di andarsene prima che le sue fattezze rivelassero qualcosa del tormento che provava. “Sono perfettamente consapevole dei suoi sentimenti verso di me, signor Weasley. Li ha resi abbondantemente chiari.” Solo perché i libri sostenevano che fosse normale ed anche salutare, per Harry, sputare vetriolo a quel modo, questo non voleva dire che lui dovesse star lì ed ascoltarlo.
Il moccioso ebbe il coraggio di afferrarlo per la veste, di nuovo, bloccandolo. “No, signore! Harry pensa che lei abbia intenzione di buttarlo fuori! Si sta sentendo male sul serio per questo, signore. Dice che ha rovinato tutto. Lui – lui non capisce che i bambini sono autorizzati a dire cose del genere e che gli adulti sanno che non le pensiamo veramente,” balbettò, guardando verso Piton con aria supplichevole.
Non le pensano veramente? Piton era sorpreso. Dopotutto, sapeva che lui le aveva pensate, quando aveva giurato eterno odio verso suo padre. La maggior parte dei bambini non le pensava? Anche se, ad essere giusti, la maggior parte dei bambini probabilmente non diceva quelle cose dopo aver avuto il naso rotto dal loro stesso genitore. Di nuovo.
“Hai mai detto... qualcosa del genere... ai tuoi genitori?” chiese al monello Weasley, il tono esageratamente disinvolto.
“Certo!” Il ragazzo parve sorpreso. “Un sacco di volte.”
“Ma Molly ed Arthur sono considerati genitori eccellenti,” obiettò Piton, aggrottando la fronte.
Ron si agitò, imbarazzato. “Be', lo sono. Ma, sa, qualche volta ti capita di arrabbiarti e di dire cose per far arrabbiare anche loro. E io, più o meno, penso quelle cose quando le dico... ma non sul serio. E non una volta che la scenata è finita.” Ora si stava fissando le scarpe, il viso in fiamme. “Ho fatto piangere mia mamma, una volta,” bisbigliò a mezza voce. “Le ho detto che non l'amavo perché era troppo impegnata con Ginny e i gemelli e non le importava di me. Le ho detto che volevo andare a vivere con mia zia Ann perché lei mi avrebbe notato davvero.”
Gli occhi di Piton si spalancarono. “E tua madre ha pianto?”
Ron annuì, il viso vergognoso. “Non parlavo sul serio – voglio dire, è bello visitare la zia Ann, ma le piacciono i cavoli e tutta la sua casa ne ha l'odore. E ti dà dei baci bagnati ed ha un rospo disgustoso che lascia mangiare sulla tavola da pranzo e... be', io non avrei voluto davvero lasciare la Tana, ma ero arrabbiato con la mamma e volevo renderla triste, così ho detto qualcosa che sapevo che l'avrebbe resa davvero sconvolta.”
“Questa-” Piton sbatté le palpebre. Chi avrebbe pensato che cose tanto orribili accadessero anche in famiglie normali come quella dei Weasley? “-questa è stata una cosa decisamente orrida da farsi, signor Weasley.”
“Sì, lo so,” disse lui, depresso. “La mia mamma mi ha perdonato e mi ha abbracciato e tutto il resto, ma mi sento ancora molto in colpa per quello. Ed è successo quand'ero davvero piccolo – sei anni o qualcosa del genere, ma me lo ricordo ancora.” Guardò verso Piton. “E penso che sia come Harry si sta sentendo ora. Quella specie di strana, orribile sensazione, come se avessi rotto qualcosa che non puoi aggiustare. E dopo la notte scorsa e sapendo che abbiamo anche perso la tua fiducia...” la sua voce si affievolì. “Penso che sia davvero sconvolto.”
Piton sospirò. Che Merlino lo salvasse dai bambini fragili e traumatizzati. Cos'era accaduto a tutta quella simpatica rabbia facile da gestire? Il moccioso non poteva scegliere un'emozione e, semplicemente, conservarla per qualche ora? “Molto bene. Andrò a parlare con lui. Puoi iniziare il tuo saggio e... grazie, signor Weasley. La tua preoccupazione per il signor Potter è grandemente apprezzata.”
Ron sorrise. “E' il mio migliore amico, Professore. E' a questo che servono i migliori amici, giusto?”
Come se io potessi saperlo? Fortunatamente, il moccioso non si aspettava una risposta, e Piton si diresse lungo il corridoio verso la stanza di Harry. Come Ron gli aveva detto, il ragazzo era raggomitolato nella stessa posizione difensiva a forma di palla che aveva assunto nell'infermeria la prima settimana.
Piton sospirò di nuovo e si pizzicò la radice del naso, prima di sedersi accanto al moccioso. “Signor Potter -”
“Me ne andrò, signore.” Harry sussurrò, senza guardare verso l'alto. “Non mi porterò via niente, perciò puoi restituire tutto.”
“Potter -”
“Mi dispiace davvero di averti disturbato. Dirò a tutti i Serpeverde di non trattarmi più come uno di loro.”
“POTTER!”
Ma anche il suo urlo da classe non sembrò farsi strada attraverso il monologo in tono piatto del ragazzo. “Se vuoi, posso chiedere al Preside di farmi lasciare Pozioni, così non dovrai vedermi in classe.”
“Harry,” Piton sospirò, arrendendosi all'inevitabile. Grandi occhi verdi, sorpresi in una maniera impossibile, volarono ad incontrare i suoi.
“Sei un moccioso incivile, indisciplinato e impudente,” disse Piton, fissando in quegli occhi verdi con sguardo deciso. “L'esplosione di stamattina dimostra esattamente quanto hai bisogno di sviluppare un controllo migliore delle tue emozioni. Quel capriccio sarebbe stato molto più adatto ad un moccioso con metà dei tuoi anni. Inoltre, mentre stai finalmente imparando che non hai più bisogno di accettare punizioni ingiuste, io mi aspetto che tu mostri molta più grazia nel sottometterti a della disciplina ben meritata. Non pensare che la tua piccola esplosione di prima mi convincerà a non punirti quando ti sei meritato un castigo; in futuro, un simile comportamento immaturo causerà semplicemente un incontro ravvicinato con l'incantesimo Aguamenti.”
Harry lo fissò. “'In futuro'? Ma tu non resterai il mio guardiano.” Piton gli rivolse un'occhiataccia. “Pensi che io presti attenzione alcuna alle insensatezze che tiri fuori quando sei evidentemente fuori di te?” Tamburellò sulla fronte di Harry con le nocche. “Usa il cervello, signor Potter! Pensi di essere il primo bambino ad arrabbiarsi con i suoi genitori o con il suo tutore in questo modo? Quella balena di tuo cugino non ha mai urlato ai suoi genitori?”
Un angolo della bocca di Harry si mosse. “Praticamente tutte le volte che gli dicevano 'no'. Non che glielo dicessero spesso.” Almeno lui non aveva lanciato niente o morso nessuno come Dudley faceva di solito. Sbirciò verso Piton attraverso la frangia. Non riusciva a credere che il suo professore si stesse comportando in maniera così calma e razionale riguardo a tutta la cosa. Harry era stato certo che riprodurre Dudley in modalità completo attacco di rabbia urlante sarebbe stato abbastanza per far avere a chiunque – anche al suo professore – dei ripensamenti.
“E tua zia e tuo zio l'hanno trascinato in un orfanotrofio, quando l'ha fatto?”
Meravigliato, Harry scosse la testa. “Ma loro lo a-amano.”
Piton gli lanciò un'occhiataccia ancor più feroce e desiderò aver alzato una barriera davanti alla porta. Sarebbe stato proprio da Albus comparire all'improvviso, adesso, con una macchina fotografica. “Sì? E dunque, signor Potter?”
“Intendi dire che tu...?”
Piton giurò che avrebbe lanciato una Cruciatus addosso a sé stesso prima di dire nulla di così sentimentale: ma il ragazzo lo stava fissando con talmente tanta speranza in quegli occhi verdi... “Be', tu cosa pensi?” brontolò impaziente. “Pensi che mi darei tanto da fare senza ragione? Sciocco ragazzo! Non ti ho appena detto di usare il cervello?”
E poi quella fronte appuntita sbatté di nuovo contro il suo sterno, ed Harry si stava aggrappando alle sue vesti e piangeva istericamente e diceva quanto dispiaciuto fosse ancora e ancora e ancora.
“Sì, sì, d'accordo, signor Potter.” Pose un braccio attorno a quelle spalle magre e tremanti e cercò di battere su di esse un paio di pacche lievi e rassicuranti. Come si fa ad essere 'rassicuranti'? Si ricordò del modo in cui quella ragazza di Grifondoro aveva stretto Harry dopo lo scontro e cercò di emulare la sua postura. Meraviglioso, ora sto imitando i Grifondoro. Qual è il prossimo passo? Chiedere consigli ai Tassorosso? Si domandò acidamente.
Doveva aver funzionato, però, perché i singhiozzi di Harry cominciarono a rallentare, e la sua presa frenetica si rilassò in qualcosa di più simile ad un appoggiarsi esausto o – oh, Merlino – un abbraccio. Dopo quella che sembrò un'eternità – di agonia emotiva per Piton e di incredibile beatitudine per Harry – Harry si riscosse a sufficienza da chiedere, non senza trepidazione, “C-cosa hai intenzione di farmi?”
Piton notò che non si era sentito tranquillo a sufficienza da emergere dal punto nel quale era attualmente sepolto nelle vesti di Piton, con le braccia dell'uomo posate su di lui. “Ho intenzione di tenerti come mio protetto, sciocco moccioso. Non ho detto così?”
“No, intendo dire, cos'altro hai intenzione di fare?” insisté Harry.
“Oltre ad impegnarmi nell'inserire concetti di comportamento civilizzato ed erudizione nel tuo cranio?”
Harry ridacchiò sul serio. “Sì. A parte quello. Voglio dire, per punizione.” Ecco. Si era fatto avanti e l'aveva detto.
“Signor Potter, malgrado io realizzi che i tuoi inumani parenti non ti abbiano garantito il diritto di parlare liberamente, io non sono un orco tale da proibirti di esprimere le tue opinioni. Tu puoi, nella riservatezza delle nostre stanza, dirmi quel che desideri, anche se scoprirai che urlare non farà nulla per convincermi del valore dei tuoi argomenti.”
Harry si sedette diritto e lo fissò. “Vuoi dire che non hai intenzione di punirmi? Ma ti ho detto delle cose davvero orribili!”
Piton parve annoiato. “Dopo aver insegnato ad Hogwarts per tutti questi anni, pensi veramente che io non sia stato sottoposto a numerose esplosioni infantili di disprezzo? Tu non mi hai imprecato, Potter, né hai fatto commenti sgarbati riguardo ai miei genitori o ai miei modi di impiegare il tempo libero. Non mi hai detto nulla di anatomicamente impossibile né di particolarmente offensivo. Hai espresso i tuoi sentimenti e usato diversi aggettivi che, seppur pittoreschi, possono essere senza dubbio facilmente ritrovati in un dizionario elementare. Non vedo ragione per punirti per le tue affermazioni, anche se non ho intenzione né di rescindere né di ritardare la punizione che ha causato le tue grida in primo luogo. Sei ancora in punizione per una settimana, compresa la partita di oggi.”
“Sì, be', quello l'avevo immaginato,” ammise Harry mestamente.
“Ti sei ricomposto a sufficienza da poterti lavare e vestire e far ritorno alla torre di Grifondoro? Devo portare il signor Weasley a prendere una nuova bacchetta, e tu ricorderai sicuramente che devi trovarti nel tuo dormitorio o nella tua sala comune quando non sei sotto la supervisione di un professore.”
Harry arrossì. “Sissignore. Sono a posto, ora. Mi dispiace per – per tutto.”
Piton si alzò. “Una tale fragilità emotiva è da aspettarsi in qualcuno nella tua condizione, Potter. Ti stai riprendendo da un esteso periodo di maltrattamenti, ed adattarsi agli appropriati livelli di disciplina e di cura sarà... difficile, a volte.”
Fece una pausa, ricordando quel che aveva promesso a Minerva. Oh, bene, ora il moccioso penserà che io lo stia facendo per essere – rabbrividì – gentile. “Potter, anche se non puoi partecipare alla partita di oggi pomeriggio, assisterai ad essa.”
Harry sbatté le palpebre, incredulo. “Davvero?”
“Sì. Devi accompagnare la signorina Granger – lei o la Professoressa McGranitt ti spiegheranno – ma, quando la partita sarà terminata, devi tornare immediatamente alla tua Torre. Hai capito?”
E, esattamente come aveva predetto, il piccolo mostro gli stava sorridendo commosso. “Sissignore. Grazie, signore!”
Piton sbuffò. “Basta così. Lavati e vestiti!”
E quel fastidioso piccolo corpo schizzò in avanti e gli si avvolse attorno. “Anch'io ti voglio bene, Professore,” bisbigliò Harry nelle falde delle vesti del suo professore, fuggendo poi verso il bagno prima che l'uomo potesse reagire.
Oh, no. No no no. Non avrebbe dovuto accadere questo. Il moccioso NON avrebbe dovuto affezionarsi così. Tutte queste emozioni avrebbero dovuto essere riversate sui Weasley, non su di lui. Cosa si supponeva che lui facesse o dicesse dopo una simile rivelazione? Lui era una spia, un Mangiamorte, un professore di Pozioni, un Pipistrello Malvagio, un untuoso bastardo! Non qualcuno da amare.
Ma, un attimo! Cos'aveva detto il ragazzo Weasley? Qualcosa riguardo al fatto che i bambini dicessero spesso cose che non pensavano veramente. Doveva essere così. Sì, certo. Era tutto lì. Il ragazzo era tanto emotivamente confuso che non sapeva quel che stava dicendo e facendo. Era impossibile prendere qualcosa che aveva detto seriamente, e probabilmente non se ne sarebbe nemmeno ricordato. Sì. Era isterico, e tutti sapevano che le persone isteriche sparlavano. Ecco cos'era. Solo qualche balbettio isterico. Niente da prendere sul serio. Niente su cui contare. Niente in cui credere. Niente da sognare. Assolutamente niente.



Note alla traduzione: Io ho tirato su con il naso per una buona mezz'ora dopo aver letto l'ultimo paragrafo. Professor Piton, come lei faccia ad essere insieme così geniale e così imbecille è veramente un mistero.

Sto lavorando alla traduzione del Capitolo 29 (il meraviglioso, meraviglioso, meraviglioso capitolo 29), per cui è estremamente probabile che i prossimi capitoli siano messi online molto più in fretta.
Un grazie di cuore a tutti voi che state seguendo questa storia.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***







Quando emerse dal bagno, Harry era ormai sopraffatto dalla mortificazione. Perché era stato così sciocco da dirlo? Certo non era il genere di cosa che un qualunque maschio sopra ai tre anni che si rispettasse dicesse ad alta voce. Il fatto che il suo professore non avesse espresso disgusto a parole o l'avesse respinto – come i Dursley avrebbero fatto – era un chiaro segnale di cosa il suo professore provasse, insieme alla precedente, tacita confessione dell'uomo. Harry doveva davvero imparare a non uscirsene fuori con cose così. Era così imbarazzato che mormorò solo un veloce saluto verso sia Piton che Ron, prima di fuggire dalla stanza.

Bene. Era così, allora. Piton seguì con lo sguardo il mocciosetto, con uno strano miscuglio di sollievo e di dolore. Ovviamente aveva avuto ragione. Il ragazzino era stato confuso ed aveva semplicemente parlato senza sapere cosa stava dicendo. Nessun significato doveva essere attribuito alle sue parole: prova ne era la fuga frettolosa del ragazzo alla prospettiva di poter riunirsi ai suoi compagni di classe. Chiaramente il moccioso era anche troppo felice di sfuggire alla sua compagnia e non sentiva né il desiderio né l'obbligo di attardarsi.
Bene. Questo andava molto bene. L'ultima cosa della quale Piton aveva bisogno era un'altra complicazione. Il ragazzo avrebbe riservato naturalmente i suoi sentimenti più gentili per Molly – e per quel cagnaccio del suo padrino, una volta che i due si fossero incontrati. Piton era il Malvagio Pipistrello, colui che si occupava della disciplina, l'orribile bastardo che aveva appena proibito al ragazzo di partecipare alla sua prima partita di Quidditch. Piton sbuffò. Come aveva mai potuto immaginare che il ragazzo fosse stato sincero? Era stato probabilmente solo sollevato che Piton non gli avesse dato una punizione peggiore per il suo capriccio, come quei disgustosi Babbani avrebbero fatto. Le sue parole erano state motivate da puro sollievo, nulla di più.
Piton annuì fermamente, ignaro dell'occhiata perplessa di Ron. Era compiaciuto. Sì. Ecco cosa provava. Piacere e sollievo. Tutto qui. Non c'era alcun disappunto, meno che meno dolore. Dopotutto, sapeva di non poter essere amato. Quanto assurdo sarebbe stato sentirsi turbato quando la frase frettolosa di un moccioso appena punito si dimostrava essere un balbettio isterico. Non era rimasto sconvolto quando il ragazzo gli stava urlando contro; perché arrabbiarsi quando il bambino – in una maniera molto Serpeverde – provava la tattica opposta?
Si riscosse. Basta introspezione. Era Compiaciuto e Sollevato. Avrebbe finto che il ragazzo non avesse mai parlato. Nulla era cambiato e nulla mai l'avrebbe fatto. “Vieni, Weasley,” sbottò, come se il ragazzo non avesse aspettato pazientemente per dieci minuti mentre il professore era perso nei suoi pensieri. “Non perdere tempo.”

Sulla via del ritorno alla Torre, l'imbarazzo di Harry scemò in proporzione inversa alla distanza che lo separava dal suo professore. Nel momento in cui raggiunse la Signora Grassa, aveva un sorriso piuttosto idiota sul viso. Il suo professore lo amava. Non solo lo tollerava. Non solo lo accettava. Non solo gli piaceva. Il suo professore lo amava. Lo aveva praticamente ammesso e, quando Harry l'aveva detto ad alta voce, l'aveva abbracciato in risposta.
Bene. Questo significava che Harry doveva davvero cercare di comportarsi bene. Non tanto perché era preoccupato che il Professor Piton l'avrebbe rimandato indietro, ma più perché Harry non voleva far niente che mettesse a rischio quell'amore.
Anche se, realizzò Harry, se venire inseguito da un troll, tenere alzato l'uomo tutta la notte a raccontare storie su una persona che gli piaceva e diverse che non gli piacevano affatto (perché diversi dei racconti su James avevano coinvolto i suoi amici, anche se non erano stati impegnati in nessuna attività che concernesse Severus) e poi esibirsi in un enorme capriccio a colazione non aveva fatto diminuire l'affetto dell'uomo, era difficile immaginare che andare semplicemente male in un compito od essere impudente avrebbe potuto riuscirci.
E, oltretutto, il Professor Piton davvero non sembrava il tipo di persona che cambiava opinione molto facilmente. Le labbra di Harry si piegarono. Come per quanto riguardava la sua punizione. Poteva sul serio immaginarsi l'uomo calare sul campo da Quidditch e tirarlo via dalla sua scopa lì davanti a tutti.
Harry sospirò. Sospettava che, una volta che l'iniziale, incredula gioia di avere qualcuno al quale davvero, davvero importasse di lui fosse scomparsa, avrebbe cominciato a capire perché gli altri ragazzi sembravano sempre lamentarsi dei loro genitori; ma andava bene. Harry non era tanto stupido da pensare di non aver bisogno d'aiuto – per imparare quel che serviva su questo nuovo mondo, per non parlare dell'avere a che fare con tutta quella roba dei Mangiamorte e di Lord Volavenut – e il Professor Piton sembrava prendere i suoi doveri verso Harry molto sul serio. Harry era disposto a scendere a patti con qualche regola ed anche qualche punizione se ciò significava che, per la prima volta, avrebbe avuto qualcuno che si occupasse di lui.
“Be', caro, sembri molto felice per qualcuno che è stato un tale monello, la notte scorsa,” disse il ritratto in tono di rimprovero. “Eravamo tutti molto preoccupati quando non siamo riusciti a trovarti!”
“Sì, signora, mi dispiace,” disse Harry in tono penitente, rammentando il modo in cui diversi ritratti avevano fatto del loro meglio per aiutarli. “Mi sono cacciato in grossi guai per questo,” disse, sperando di ammorbidire la strega, generalmente di buon carattere.
“E te lo sei meritato,” disse lei, il naso puntato verso l'alto. Ma l'attimo dopo si piegò in avanti, un'espressione preoccupata sulle sue fattezze. “Il Professor Piton è stato molto severo con te?”
Harry non aveva visto Dudley manipolare sua zia senza imparare un paio di cose. Si piazzò un'espressione desolata sul viso e sospirò, lasciando che il suo labbro inferiore sporgesse.
“Oh, caro!” il ritratto ci cascò immediatamente. “Lo è stato, non è vero?”
Harry tirò su con il naso e si strofinò il sedere. Solo perché non faceva male ora – e non aveva fatto male se non per cinque minuti circa dopo gli schiaffi – ciò non cambiava il fatto che fosse stato sculacciato e potesse, quindi, trarne il massimo del vantaggio per ogni simpatia che potesse derivargli per questo. Era una chiara Regola dei Ragazzi, proprio come quella che diceva che, a meno che una nota fosse stata spedita a casa, nessun misfatto compiuto a scuola – o le conseguenze dello stesso – dovesse essere riferito a casa; o come quella che diceva che i primi tre avvertimenti provenienti da un genitore potevano essere ignorati e nessuna attenzione andava prestata finché il vero conto fino a tre non fosse iniziato.
“Oh, poverino!” Ora l'atteggiamento indignato di prima del ritratto era stato dimenticato, e lei lo stava guardando allarmata.
Harry sospirò. “E sono in punizione per una settimana, e non posso giocare nella partita di oggi né volare per un'intera settimana,” disse tristemente.
“Cielo, cielo,” lei scosse il capo, commiserandolo. “Be', il tempo volerà in fretta – vedrai. E, dopotutto -”
Harry annuì, sapendo quel che stava arrivando. “- me lo sono meritato,” intervenne, con il sospetto che l'avrebbe detto alla maggior parte del corpo insegnante, dei ritratti e dei fantasmi, prima di essere pienamente perdonato per averli fatti preoccupare così tanto.
La strega batté le palpebre. “Sì. Be'. La cosa importante è che tutto sia finito e che tu sia salvo. E, davvero, la punizione sarà finita prima che tu te ne renda conto,” gli disse lei in tono incoraggiante, aprendo la porta senza neanche preoccuparsi di aspettare la parola d'ordine.
“Grazie,” disse Harry educatamente, arrampicandosi all'interno. Era davvero bello avere delle persone dalla sua parte, tanto per cambiare – anche se alcuni di essi erano solo persone dipinte.
“Harry!” Fece appena in tempo ad entrare nella sala comune prima di essere praticamente assalito dai suoi compagni di Casa. “Sei a posto?” “Cosa pensavi di fare?” “Cosa ti ha fatto Piton?” “Sei ferito?” “Raccontaci la storia!”
Poi si sentì una nuova voce: “HARRY!” e la folla si divise rispettosamente. Hermione si fece largo nel mezzo e serrò Harry in un abbraccio feroce – piuttosto simile a quello che Piton gli aveva dato immediatamente dopo averlo visto con il troll/panda.
“Ciao, Hermione,” disse Harry piano, decisamente sorpreso da quella preoccupazione che tutti stavano mostrando.
“Stai bene?” chiese lei, lasciandolo andare ma osservandolo preoccupata. “La professoressa McGranitt ha detto che tu e Ron stavate bene, ma...”
“Avanti, Harry – siediti e raccontaci tutto! Ron ci ha dato la sua versione a colazione, ma Hermione non voleva dirci niente fino a quando tu non fossi arrivato! Sei a posto?” Oliver Baston riuscì a indirizzare tutti verso i divani.
Hermione ed Harry presero doverosamente posto al centro del palcoscenico – ehm, del divano – e si prepararono a raccontare la storia. “Io sto bene,” disse Harry, guardando con gratitudine il circolo di visi preoccupati. Esitò quando vide la squadra di Quidditch. “Io – mi dispiace davvero,” disse, balbettando, gli occhi ansiosi sollevati verso Baston. “Sai che non mi è permesso di volare per una settimana, inclusa la partita di oggi, vero? Mi dispiace di non poterci essere.”
Oliver scrollò le spalle. “E' tutto a posto, piccolo. Sarebbe stato bello averti, ma una volta che ho sentito chi era a mancare, la notte scorsa, ho più o meno presunto che avremmo dovuto trovare un rimpiazzo.” Sorrise. “Sono solo felice che sia solo per una partita!”
“Già, Harry!” intervenne Katie Bell. “Se quel troll ti avesse preso, sarebbe stato molto più a lungo di così!”
Harry annuì remissivo, scambiando un'occhiata con Hermione. Aveva la sensazione che avrebbero continuato a sentire cose del genere per un po'.
“Oltretutto, piccolo,” sussurrò Oliver, avvicinandoglisi. “Ho pensato che, una volta che Piton ti avesse messo le mani addosso, non saresti stato capace di sederti su una scopa, oggi – punizione o meno.” Ammiccò ad Harry e sorrise davanti al rossore del ragazzo. “Lo immaginavo,” disse, il tono compiaciuto.
“Sto bene,” protestò Harry, rosso in viso. “Ma, sì, era davvero arrabbiato.”
“Comincia dal principio,” lo pregò Neville, ed Harry ed Hermione lo raccontarono.
Occorse quasi un'ora perché tutta la storia fosse raccontata e discussa; ma, finalmente, il resto della Casa si allontanò ed Harry ed Hermione furono lasciati da soli.
“Stai davvero bene?” chiese lui, ansioso, adocchiando il polso della ragazza.
Lei annuì, piegando la giuntura per dimostrarlo. “E' strano pensare che un polso slogato si possa aggiustare così in fretta, qui,” disse Hermione, il tono meravigliato. “Voglio dire, so che pratichiamo la magia tutti i giorni, ma poi succede qualcosa del genere e ti accorgi davvero di che differenza faccia.” Poi il suo sguardo si fece più acuto. “E tu? Tu sei a posto?”
Harry sorrise. “Sì. Il Professor Piton era fuori di sé e ci ha sgridati sul serio, ma prima si è assicurato che io cenassi ed ha curato il taglio di Ron e adesso è uscito per prendergli una bacchetta nuova.”
“Gli hai detto perché non volevi andare al Banchetto? Era per via dei tuoi genitori, no?” chiese Hermione, gli occhi preoccupati.
“Sì,” ammise Harry, arrossendo di nuovo quando realizzò che Hermione aveva saputo tutto da sempre. “Ed è stato fantastico. Ha fatto venire la Professoressa McGranitt nelle nostre stanze, dopo che Ron si era addormentato, e loro due mi hanno raccontato storie sui miei genitori praticamente per tutta la notte.”
Hermione sorrise, gli occhi castani ora caldi. “Ci tiene veramente a te. Lo sai questo, vero?”
Harry abbassò gli occhi, imbarazzato e deliziato allo stesso tempo. “Sì,” ammise quietamente. “Lui – lui l'ha detto, più o meno.”
Hermione sbatté le palpebre. “Davvero? Non – ah – non sembra il tipo di persona che se ne va in giro a dire cose del genere.”
“Non lo è, davvero, ma io mi sono, erm, arrabbiato quando ho realizzato che non mi era permesso di giocare oggi. E, be', dopo ho detto un sacco di cose che non intendevo dire, e lui è stato semplicemente fantastico e, be', gli è più o meno scappato.”
“Oh, Harry!” Hermione gli gettò di nuovo le braccia al collo. “Sono così felice per te!”
“'Mione!” sibilò Harry, scandalizzato. “Gli altri ci guardano!”
Lei lo lasciò andare ma continuò a sorridergli luminosamente, gli occhi sospettosamente umidi. “E' solo così bello che – che abbiate ciascuno l'altro, ora.”
Harry sorrise. “Sì. Lo è davvero.”
Si sorrisero in maniera beota l'un l'altro ancora per un istante, ma poi gli occhi di Hermione si spalancarono. “Oh! Harry! Ti hanno detto di oggi? Del fatto che mi devi aiutare con la mia punizione?”
Harry aggrottò la fronte. “Huh?”
Hermione pareva insieme imbarazzata e infastidita. “Devo scrivere un saggio!” annunciò.
Harry scrollò le spalle. “Anche io e Ron. Un metro di pergamena su quello che abbiamo sbagliato con il troll. E siamo in punizione. E a me non è permesso di volare per una settimana e Ron non può mangiare dolci per una settimana.”
Ad Hermione crollò la mascella. “Niente dolci per una settimana? Ron ce la può fare?”
Harry sorrise. “Dato che l'alternativa è avere Percy che lo accompagna e lo viene a riprendere a tutte le lezioni, e gli elfi domestici che lo imboccano con il cucchiaio, io penso che ci riuscirà.”
“Oooooh!” Hermione rabbrividì. “Il Professor Piton è davvero severo!”
“Perciò sei in punizione anche tu?” chiese Harry.
Hermione annuì. “Ho le stesse cose, ma, invece che avere qualcosa proibito per una settimana, devo scrivere anche un altro saggio...” la voce di lei sfumò a disagio.
Aveva senso. Non era come se Hermione facesse molte cose che gli adulti trovavano discutibili. Mangiava meno dolci di chiunque altro, probabilmente, in tutto il loro anno, ed era sempre occupata a studiare o a leggere... Cosa avrebbero potuto portarle via? Harry la guardò, preoccupato. La ragazza si sentiva evidentemente profondamente umiliata per qualcosa. Di cosa poteva trattarsi?
“Hermione? Cos'è? Di che cosa devi scrivere?”
Hermione arrossì vivacemente. “Vi metterete a ridere. Tu e Ron..”
“No, non lo faremo,” la spronò lui. “Avanti, Hermione.”
“La Professoressa McGranitt mi sta facendo scrivere un intero saggio sul Quidditch!” sbottò lei. “E devo andare alle partite e agli allenamenti per tutta la settimana!”
Harry ci provò.
Ci provò davvero. Ma aveva solo undici anni, dopotutto, e così scoppiò a ridere senza poterselo impedire. “R-Ron impazzirà quando lo verrà a sapere!” balbettò senza fiato.
“Harry James Potter! Non c'è nulla di divertente!” Hermione, ora, era rossa in viso per l'indignazione. “Sai quanto il gioco piaccia alla Professoressa McGranitt; se scrivo qualcosa di sbagliato nel saggio, mi prolungherà probabilmente la punizione per un'altra intera settimana! Ecco perché devi venire con me alla partita e spiegarmi tutto!”
Alla fine Harry riuscì a soffocare i sogghigni e cominciò a spiegarle il gioco. Fu sconcertante vedere Hermione tirare fuori piuma e pergamena e cominciare a prendere note dimostrando lo stesso livello di attenzione che mostrava ai professori, ed anche troppo in fretta l'elementare conoscenza del gioco di Harry venne esaurita. Lui recuperò qualcuno dei libri e delle riviste di Ron sul Quidditch dal dormitorio, sapendo che l'amico sarebbe stato disposto a condividerli con la ragazza; e, per l'ora della partita, Hermione aveva assorbito abbastanza da avere un'idea generale di cosa aspettarsi.
Circa mezz'ora prima che la partita iniziasse, un Ron entusiasta arrivò saltellando e gridando: “Salice e pelo di unicorno!” mentre brandiva la sua nuova bacchetta.
“E' fantastico, Ron!” esclamò Harry.
“E' bellissima. Sono sicura che ora sarai in grado di riuscire in tantissimi incantesimi al primo tentativo,” aggiunse Hermione.
“Grazie!” Ron sorrise, orgoglioso. “E, ecco, questi sono per voi.” Porse un piccolo pacchetto a ciascuno dei due.
“Cos'è?” chiese Harry con curiosità, mentre Hermione esaminava l'incarto.
“Be', tuo pa – erm, il professore ha detto che -” Ron abbassò la voce in un'imitazione di Piton ragionevolmente buona. “- 'Dal momento che voi idioti bambini continuate a mettervi le bacchette nelle tasche posteriori, ovviamente non si può credere che sappiate decidere dove tenere le vostre stesse bacchette.' Perciò ci ha preso una guaina da polso. Non è forte?” Mosse il polso e la bacchetta gli scivolò in mano.
“Fantastico!” esclamò Harry, gli occhi spalancati.
“Oooh!” La faccia di Hermione si illuminò. “Questo renderà molto più facile incorporare la bacchetta nei movimenti appropriati per gli incantesimi.”
“Già, e renderà più facile estrarla in fretta in uno scontro!” Harry sorrise.
“E' stato molto gentile da parte del tuo professore prenderne una per ciascuno di noi,” commentò Hermione, lanciando ad Harry un'occhiata di sottecchi.
“Già,” assentì Ron. “Ma ha anche detto che, se mai dovesse scoprire che non stiamo usandole, ci metterà in punizione. Ooops – la partita! Devo andare!” Ron si affrettò verso il campo da Quidditch, dove sarebbe stato il fattorino della squadra per quella giornata. Uno studente del primo anno era scelto per essere utilizzato a quello scopo in ogni partita, ed era un premio altamente ricercato. Ron era stato deliziato di aver vinto il posto nella speciale lotteria, ed era praticamente scoppiato in lacrime di sollievo quando il Professor Piton gli aveva confermato che gli sarebbe stato comunque permesso di svolgere il suo ruolo.
Dopo essersi agganciati le guaine agli avambracci ed aver fatto un po' di pratica con l'estrazione e il riposizionamento delle bacchette, Harry ed Hermione puntarono verso il campo ad un passo più lento. Hermione stava ancora controllando i suoi appunti e borbottando tra sé e sé. “Bolide... Battitori... Boccino... Cercatore...”
Harry alzò gli occhi al cielo. “Hermione, rilassati. E' un gioco. Non sarai interrogata sull'argomento oggi, d'accordo?”
Comunque, quando raggiunsero il campo, anche Harry fu un poco sorpreso di vedere quando enormi fossero gli spalti, pieni di persone allegre e strillanti. Hermione gettò un'occhiata alla sezione di Grifondoro: ma era ovvio che, con tutte quelle grida, non avrebbe mai potuto sentire le spiegazioni del ragazzo sulla partita. Percorrendo lo stadio, gli occhi di Harry caddero su alcuni dei sedili più in alto.
“Lì!” li indicò e la tirò via verso la sommità degli spalti. Solo pochi studenti erano sparpagliati attorno alla balaustra, lì, e nessuno era vicino. Da così in alto avevano una vista panoramica del campo e, sebbene le grida fossero udibili, erano sufficientemente attutite da permettere ai due di parlare. Anche il commentatore si sarebbe sentito, ma Harry sarebbe riuscito facilmente a parlare più forte di lui.
“Avanti,” disse Harry, gettando una gamba dall'altra parte della balaustra e arrampicandocisi sopra come gli altri studenti stavano facendo.
“Oh, Harry. Non sono certa che sia permesso. E se cadi?” Hermione aggrottò la fronte.
Harry sospirò. C'erano volte nelle quali avere una ragazza come migliore amica poteva essere stancante. “Tutti gli altri stanno seduti così! Guarda – siamo praticamente dritti sopra al campo. E' fantastico. Potrai vedere tutte le azioni.”
Hermione alzò gli occhi al cielo. Ragazzi! C'erano dei sedili del tutto a posto e confortevoli proprio lì, ma no, loro dovevano appollaiarsi sulle balaustre e sedere al contrario sulle sedie e comportarsi similmente come completi imbecilli. “Oh, d'accordo,” brontolò, non volendo infastidire Harry quando avrebbe avuto bisogno di sfruttare le sue informazioni durante tutta la partita a venire.

***



La partita entrò nel vivo, ed anche Hermione cominciò ad eccitarsi quando lo scarto tra i punteggi delle due squadre si fece scarso. Harry, in particolare, si stava sporgendo più che poteva oltre il parapetto, cercando di vedere il Boccino per segnalarlo ai suoi compagni di squadra.
Poi, nel mezzo di un'azione particolarmente tesa, Harry sentì una spinta decisa. Si aggrappò al parapetto sul quale sedevano e aprì la bocca per protestare con Hermione: ma fu sorpreso nel vedere che lei se ne stava seduta a più di un braccio di distanza, l'attenzione interamente focalizzata sul gioco.
“Hermione?” iniziò incerto; ma, prima di poter dire altro, Harry si trovò improvvisamente sbalzato via dal sedile da un enorme strattone. Parve quasi che la terra stessa si fosse sporta e l'avesse tirato in avanti.
Con un grido sorpreso, precipitò verso il suolo molto più in basso.
Wingardium leviosa!” Harry udì confusamente Hermione gridarlo dietro di lui, e subito dopo il suo slancio in avanti rallentò. Per un attimo da cardiopalma levitò; poi, miracolosamente, riprese a salire di nuovo verso il parapetto.
Era risalito solo di pochi metri, comunque, quando la stessa forza lo serrò nuovamente e strappò la presa dell'incantesimo di Hermione. Strillò di nuovo mentre cadeva a precipizio, solo per venire bloccato di scatto ancora una volta. Riuscì a girarsi e vide il viso bianco e teso di Hermione che lo fissava, la bacchetta puntata e ogni grammo della sua forza di volontà focalizzata sull'incantesimo.
Risalì con un sussulto di qualche metro, poi ridiscese di un paio. Si sentiva come se due giganti invisibili stessero contendendosi lui, come fosse una specie di bambola di stracci strattonata tra l'uno e l'altro. Se non fosse stato per l'espressione di puro terrore sul viso di Hermione, avrebbe potuto pensare a qualche scherzo dei gemelli – dopotutto, come faceva a sapere che questo genere di avanti e indietro a mezz'aria non fosse normale nel Mondo Magico?
Incredibilmente, sotto di lui la partita di Quidditch proseguiva. Il resto della scuola non si era neanche accorto del dramma in corso in alto negli spalti, interessato com'era dalla partita arduamente disputata davanti a tutti.
Harry poteva percepire lo sforzo che l'amica stava mettendo nell'infondere la sua magia – il suo corpo cominciava a tratti a sollevarsi, come se la gravità avesse improvvisamente cessato d'avere effetto su di lui; ma, dopo pochi secondi, qualcosa bloccava l'incantesimo di Hermione, la gravità ritornava, vendicativa, e il suo corpo tutto ad un tratto pesante veniva strattonato verso il basso da uno strattone feroce... solo per essere riportato ad uno stato d'assenza di peso quando Hermione lanciava di nuovo l'incantesimo. Dopo una mezza dozzina di tali scambi, Harry era una trentina di metri più vicino al terreno e cominciava a sentirsi nauseato dalle numerose, brusche transizioni tra il galleggiare e il cadere. Cominciò a preoccuparsi di cosa sarebbe accaduto se si fosse sentito male nella sua attuale posizione: sospettava che nessuna delle due squadre avrebbe reagito favorevolmente ad una doccia di vomito caduta dall'alto.
Harry chiuse gli occhi, sforzandosi di placare il suo stomaco mentre i poteri contrastanti guerreggiavano su di lui; ma li riaprì in fretta quando la mancanza di informazioni sensoriali peggiorò semplicemente la nausea. Storse il collo per controllare come stesse Hermione e si trovò pieno d'orrore e d'allarme alla vista.
La sua amica sembrava stare malissimo; aveva il viso grigio e tirato per la stanchezza, come fosse lei ad essere strattonata, non lui. Il naso di Hermione aveva preso a sanguinare, ma la sua concentrazione rimaneva su Harry. Bisbigliava ancora e ancora e ancora il suo incantesimo, cercando di liberare l'amico da qualunque forza maligna stesse cercando di trascinarlo verso la morte.
Ma non era abbastanza.
Giudicando dalle sensazioni che trascinavano il suo corpo avanti e indietro, Harry poteva dire che la presa di Hermione su di lui si stava indebolendo. Ogni strattone verso il terreno era più forte del precedente, e sapeva che il prossimo – o magari quello dopo ancora – l'avrebbero strappato dalla presa vacillante di lei; e allora non ci sarebbe stato più niente ad impedirgli di precipitare come un sasso e di sparpagliare le proprie cervella sul suolo molto più giù.
Proprio in quel momento un lampo d'oro gli passò accanto e il Cercatore di Serpeverde, osservando il campo, lo vide. Poi vide Harry.
Frenò di scatto la scopa, gli occhi spalancati, e il Cercatore di Grifondoro, che cercava freneticamente il Boccino, seguì il suo sguardo. “HARRY!” strillò lei, scioccata, facendo girare e guardare il resto dei giocatori.
Harry poté udire l'imprecazione di Flint dal punto nel quale stava ancora venendo strattonato a mezz'aria; subito dopo i gemelli Weasley, Flint ed entrambi i Cercatori stavano puntando verso di lui a pazza velocità, il resto delle squadre che li seguiva da presso.
Ma, mentre li vedeva arrivare, sentì la forza misteriosa strappare la presa di Hermione su di sé un'ultima volta. Si trovò a precipitare verso il suolo spinto da una pressione feroce. Sapeva che i giocatori di Quidditch non l'avrebbero mai raggiunto in tempo.
WINGARDIUM LEVIOSA!” l'ultimo debole grido di Hermione gli risuonò nelle orecchie mentre gettava le braccia in avanti in un futile tentativo di respingere il terreno che balzava verso l'alto per venirgli incontro.

***



Piton e Minerva si scambiarono un'altra occhiataccia mentre le loro squadre guerreggiavano per la supremazia. “Sarebbe bello se la tua squadra riuscisse un giorno ad imparare a giocare senza imbrogliare gli avversari ad ogni occasione,” commentò lei in tono tagliente.
“Sarebbe bello se la tua squadra riuscisse un giorno ad imparare a giocare,” replicò lui, ghignando quando gli occhi della donna si assottigliarono pericolosamente.
“Oh, no,” Minerva scivolò in una serie di imprecazioni bofonchiate in Gaelico quando vide l'espressione del Cercatore di Serpeverde. “L'ha visto.”
Piton aggrottò la fronte. Quell'imbecille – sapeva benissimo di dover impedire alla sua espressione di rivelare qualunque cosa all'altra squadra! Cosa pensava di fare, con gli occhi sgranati a quel modo, rivelando che aveva avvistato l'elusiva sfera d'oro? Avresti potuto pensare che non avesse mai visto un Boccino prim – Cosa diavolo era quello?
“Harry!” boccheggiò Minerva, nell'esatto momento in cui gli occhi increduli di Piton finalmente realizzavano quel che stava vedendo.
Potter stava in qualche modo levitando al di sopra del campo di gioco, ad un'altezza impossibilmente elevata, e veniva lanciato avanti e indietro tra due forze invisibili. Lo sguardo acuto di Piton inquadrò la ragazza dai capelli arruffati e la sua bacchetta, ma chi stava controllando l'altra forza? Chi stava provando a mandare Harry a schiantarsi contro la sua morte, là sotto?
Mentre le grida e le urla esplodevano attorno a lui, mentre il resto degli spettatori finalmente vedeva perché tutti i giocatori di Quidditch avessero abbandonato la partita e stessero sfrecciando verso gli spalti alla massima velocità raggiungibile, Piton era occupato a scansionare la folla. Dove – dove – lì! Quell'idiota in turbante! Raptor stava osservando fissamente Harry e, anche se Piton non riuscì a sentire nessun incantesimo venire lanciato, non si fece illusioni sul chi fosse il responsabile. Sentì una vampa di furia omicida scorrergli addosso, solo rafforzata dal fatto che quel relitto balbuziente avesse l'audacia di cercare di uccidere Potter mentre se ne stava seduto proprio lì, negli spalti degli insegnanti! Fece due passi a destra e buttò in fuori il braccio.
Prese in pieno la scapola destra di Raptor, e l'insegnante di Difesa contro le Arti Oscure venne sbalzato via dal suo sedile. Con un grido sorpreso, rotolò giù per gli spalti scoscesi, la sua testa avvolta dal turbante e il suo sedere ricoperto dai vestiti che si alternavano in dolore collisioni con i gradoni finché non atterrò e giacque a braccia spalancate, privo di conoscenza, in fondo alla scalinata.

***



Nonostante lanciasse ancora e ancora, freneticamente, il suo incantesimo, Hermione sapeva che era inutile. L'altro mago – chiunque egli od ella fosse – era troppo potente. Lei l'aveva colto di sorpresa con il suo incantesimo, e lo choc le aveva permesso di tirare indietro Harry per qualche secondo: ma ora si era ripreso, e quell'ultimo strattone l'aveva quasi buttata a terra, oltre a far perdere ad Harry diversi metri di quota. Poteva sentire la propria magia esaurirsi nello sforzo. Molto poco ne era rimasto, ma strinse i denti e lanciò ancora l'incantesimo. Avrebbe continuato a lottare fino a quando fosse rimasta anche solo una scintilla di magia dentro di lei.
Sorprendentemente, miracolosamente, quando afferrò Harry questa volta non vi fu alcuna opposizione. Poteva percepire la sua forma in caduta ma, per la prima volta, non c'era alcuna forza malevola che cercasse attivamente di strapparlo via. Era troppo stanca per sperare di tirarlo su per tutta la distanza che lo separava da dove si trovava lei ora, ma poteva almeno rendere più controllata la sua caduta verso il suolo.

***



Nell'istante in cui Raptor venne neutralizzato, Piton lanciò una linea di potere verso Harry, sentendo Minerva, Silente e molti altri nel corpo insegnante fare lo stesso. Altri ancora – inclusi molti tra gli studenti – stavano lanciando Incanti Cuscino sul campo; e, nel mezzo, Harry venne calato al suolo decisamente più in fretta di quanto sarebbe piaciuto a Piton, ma abbastanza lentamente da non fargli riportare ferita alcuna.
Harry toccò terra e finì immediatamente in ginocchio, esausto sia fisicamente che emotivamente da quel tiro alla fune quasi mortale. Flint, Baston e gli altri calarono accanto a lui pochi istanti dopo.
Piton fu uno dei primi sul campo, anche se, in seguito, non fu in grado di comprendere come avesse fatto a scendere dagli spalti dei professori così in fretta. Tecnicamente le barriere anti-Smaterializzazione della scuola erano in funzione, ma pareva che avesse raggiunto Harry pochi secondi dopo che il ragazzo fu al sicuro.
Spinse da parte i giocatori di Quidditch, ora tutti scesi dalle loro scope e raccolti, preoccupati, attorno ad Harry.
“Professore!” Harry lo vide e riuscì a mettersi in piedi.
“Potter!” Piton lo afferrò per le braccia. Essere strattonato nel mezzo di due forze magiche avrebbe potuto facilmente strappare il ragazzo in due. Potevano esserci dei danni interni? Ferite invisibili? “Come ti senti?”
“Erm-” Harry pareva acutamente a disagio, e la spina dorsale di Piton parve gelarsi. Lo sapeva – il ragazzo aveva bisogno di essere trasportato immediatamente al San Mungo!
“Che c'è?”
“Io – uh – ho un piccolo problema,” ammise Harry, goffamente.
Piton fece un pausa nel mezzo del suo conteggio degli arti del ragazzo. “Be'? Parla, sciocco ragazzino! Che c'è?” domandò, il terrore che rendeva la sua voce anche più dura del solito.
“Erm...” Harry protese una mano, il pugno serrato strettamente. Piton lo fissò – spasmi muscolari? Paralisi?
Mentre guardava, il ragazzo aprì lentamente le dita e lì, posato quietamente sul suo palmo, stava il Boccino d'Oro.
“Io – ah – l'ho visto mentre scendevo e, più o meno, er, l'ho afferrato,” confessò Harry.
“Ha! Vinciamo noi! Il nostro Cercatore ha preso il Boccino!” gridò trionfante Oliver Baston, strappando il Boccino dalla mano di Harry e reggendolo in alto.
“Certo che no!” ringhiò Flint, afferrando Baston per il davanti delle vesti. “Non puoi far volare due Cercatori alla volta!”
“Potter non era su una scopa,” puntualizzò Baston, compiaciuto. “Perciò non stava volando.”
“Perciò non stava giocando per voi!”
“E' il nostro Cercatore!”
“Non in questa partita!”
“L'ha preso, no?”
“Mentre il Capo della nostra Casa controllava la sua caduta. Perciò, ovviamente, stava operando come Serpeverde, non Grifondoro.”
“Cosa?! Non ha senso! Non è il vostro Cercatore!”
“Oggi è nostro tanto quanto vostro! Non lo avete messo nella vostra lista!”
Madama Bumb si fece largo tra i due capitani urlanti e presto tutti e tre stavano strillando l'uno contro l'altro.
“Er... Mi dispiace?” tentò Harry, incerto, adocchiando Piton con preoccupazione.
Piton si massaggiò la fronte e desiderò ferventemente di poter avere una Pozione Calmante. “Per che cosa ti stai scusando, ora, signor Potter? Per aver afferrato il Boccino? Per aver trascinato la partita nel vortice della follia? Per aver portato due squadre sull'orlo di una guerra? Per essere quasi caduto a piombo incontro alla tua morte? Che cosa, precisamente, ti spinge a scusarti stavolta?”
Harry parve a disagio. “Mi dispiace solo ti averti fatto agitare tanto.”
Piton finse di non sentire il “Ohhh, non è dolce?” della Professoressa Sprite, ma poté praticamente sentire gli occhi scintillanti di Albus su di sé mentre lanciava un'occhiataccia al ragazzo. “Io non ero 'agitato', Potter!” sbottò. “Meramente... preoccupato.”
Aveva l'orribile sospetto che Harry – e il resto degli spettatori – non si fossero lasciati ingannare dalle sue proteste, ma che fosse dannato se avesse ammesso qualcosa.
Il moccioso sorrise, sollevato. “Allora va tutto bene.” La sua fronte si aggrottò quando un pensiero lo colpì. “Dov'è Hermione?”
“Qui.” La Professoressa McGranitt si fece largo attraverso la folla, sostenendo un'esausta Hermione. La ragazza si premeva un fazzoletto insanguinato contro il naso; ma, malgrado la spossatezza, stava sorridendo.
“Harry! Stai bene!”
“Tu come stai, 'Mione?” chiese Harry preoccupato. “Doveva essere una magia terribilmente potente, quella che stavi facendo.”
Madama Chips accorse trafelata, la bacchetta già in movimento. “Santo cielo, signorina Granger! Il tuo nucleo magico è quasi esaurito! Verrai dritta in Infermeria per diversi giorni di riposo!”
“E le lezioni?!” piagnucolò Hermione. “Ne perderò troppe!”
“Nessuna discussione,” la rimproverò Poppy. “Sforzi ripetuti a questo punto potrebbero trasformarti in una Magonò.” Davanti all'espressione lacrimevole di Hermione cedette un poco. “Signorina Granger, non avrai il permesso di fare alcun incantesimo per almeno una settimana, finché il tuo nucleo non si rigenera; perciò non c'è comunque molto senso nel farti seguire le classi.”
“Prenderemo un sacco di appunti per te, 'Mione,” aggiunse Ron, schiacciandosi tra i giocatori di Quidditch per assicurarsi che i suoi migliori amici stessero bene.
L'annuncio, fatto da un Weasley dalle propensioni decisamente poco intellettuali, ebbe l'effetto di ammutolire tutte le conversazioni nei pressi, mentre tutti, da Hermione a Silente, si giravano per fissare Ron. Il ragazzo si agitò, a disagio. “Be', voglio dire, io farò del mio meglio, ed Harry e Draco e Neville aiuteranno, anche, giusto?”
Gli occhi di Hermione volarono speranzosi a Draco. Sapeva che i suoi compagni di Casa avevano le migliori intenzioni, ma l'unico nei buoni appunti del quale avesse fiducia era Draco.
Se non fosse stato un Malfoy, Draco si sarebbe contorto sotto agli sguardi interessati di gran parte del corpo docente e di una buona percentuale degli studenti. Lui? Aiutare una mezzosangue? Per conto di un traditore del suo sangue? Suo padre avrebbe -
“Certo che lo faremo!” acconsentì Harry, fermamente, gettando un braccio sulle spalle di Draco. “Sarà come se tu stessi seduta proprio lì con noi,” promise ad Hermione.
Draco si schiarì la voce. “Sì, d'accordo,” bofonchiò a disagio. “Bene.” Lanciò un'occhiata apprensiva a Flint, chiedendosi come il prefetto Serpeverde avrebbe reagito alla sua promessa di aiutare una Grifondoro. Sapeva che la reazione del ragazzo più grande avrebbe determinato quella del resto della Casa.
Flint lanciò un'occhiata a Piton, poi scrollò le spalle. “E' bello vedere che voi leoni apprezzate l'intelletto Serpeverde,” disse in tono strascicato.
Harry alzò gli occhi al cielo. “Come se ci fosse qualcuno che non sa che Draco ed Hermione sono intelligenti come un qualunque Corvonero.” Si accorse che il professor Vitious era lì vicino e arrossì. “Erm, senza offesa, Professore.”
Vitious ridacchiò, deliziato. “Nessuna Casa ha il monopolio dell'intelligenza, signor Potter, né d'alcun altro tratto, per inciso. E devo dire che concordo con te sul fatto che sia il signor Malfoy che la signorina Granger si sarebbero trovati indubbiamente molto bene nella mia Casa!”
Draco riuscì a sopprimere una sensazione di nausea. Un Corvonero? Lui? Lanciò un'occhiata ad Hermione e vide che anche lei era ugualmente sconvolta dal pensiero: la cosa lo spinse a provare un inusuale senso di cameratismo verso la ragazza, e si sorprese nel dire, “Non preoccuparti, Granger. Mi assicurerò che questi babbuini prendano dei buoni appunti per te.”
“Oi!” Weasley, prevedibilmente, obiettò. “Chi staresti chiamando un babbuino?”
Draco ghignò. “Mi scuso, Weasley. Con quei capelli rossi, suppongo che un orango sarebbe stata una scelta più appropriata; ma li considero un po' troppo intelligenti.”
“Pagherai per questo, Malfoy,” minacciò Weasley, ma non vi era vero sentimento nella minaccia. Dopotutto, aveva proposto Draco volontario per del lavoro extra senza chiederglielo, tutto per il beneficio di una Grifondoro, e il Serpeverde aveva acconsentito a farlo.
Draco alzò gli occhi al cielo, cercando di non pavoneggiarsi al pensiero di un Weasley intento a riconoscere pubblicamente quanto fosse intelligente. “Mi tremano le ginocchia.”
“Bastardo viscido.” Weasley gli assestò una spintonata, più per mostra che per un desiderio di ferire l'altro ragazzo. Sia mai che qualcuno avesse pensato che lui e Malfoy fossero davvero amici.
“Stupido bastardo.” Draco lo spintonò in risposta, esattamente per la stessa ragione.
“Cribbio!” Harry si spinse tra i due. “Ci farete finire nei guai se non la smettete!”
Gli altri due sbuffarono; ma l'onore era stato soddisfatto dallo scambio rituale di spintonate e insulti e, con gli insegnanti nei pressi, ulteriori ostilità avrebbero attraversato la sottile linea tra atteggiamento d'obbligo e idiozia suicida. I due purosangue si piazzarono obbedienti su ciascun fianco di Harry.
“Signorina Granger, potresti cortesemente spiegare – in breve – cos'è accaduto?” chiese Silente. “Sarebbe molto utile comprendere il problema dal tuo vantaggioso punto di vista.”
Hermione rifletté per un istante. “Harry ed io stavamo guardando la partita; poi, tutto ad un tratto, lui stava cadendo.”
“Intendi dire che ha perso l'equilibrio sulla ringhiera ed è scivolato?” chiese la McGranitt, il tono tagliente.
“No, era come se qualcuno fosse arrivato di soppiatto dietro di noi e l'avesse spinto. Voglio dire, Harry non è semplicemente caduto giù dalla ringhiera – è stato come se fosse stato lanciato. Ecco perché era così avanti nel campo da Quidditch. E' stato spinto.”
O tirato, pensò Piton acidamente, chiedendosi dove fosse sgattaiolato Raptor. L'uomo era svanito nel mezzo dell'eccitazione.
“E tu, allora, cos'hai fatto?”
“Ho lanciato un Wingardium. Ho pensato che se avessi reso Harry abbastanza leggero, avrebbe potuto semplicemente galleggiare sopra il campo,” spiegò Hermione. “Ma poi qualcosa ha infranto il mio incantesimo ed ha tirato Harry verso il suolo. Io ho solo continuato a lanciare l'incantesimo, ma non sono stata forte abbastanza da trattenerlo.”
Vitious apparve pensieroso. “Non è precisamente così che funziona il Wingardium,” rifletté ad alta voce, scambiando un'occhiata significativa con il Preside.
“Verso la fine non stavo veramente lanciando l'incantesimo,” confessò Hermione. “Era più come se stessi semplicemente desiderando che Harry smettesse di cadere e fosse in salvo.” L'affermazione provocò un altro giro di sopracciglia inarcate tra il corpo docente. Tale potente magia dell'intento era molto inusuale in tutti se non tra i più potenti maghi e streghe; e, anche allora, che si fosse manifestata ad un'età talmente giovane era quasi inaudito. Nessuna meraviglia che la ragazzina avesse quasi esaurito il proprio nucleo.
La McGranitt passò il braccio attorno alle spalle di Hermione. “Di corsa in Infermeria, signorina Granger. Vieni, adesso.”
“Grazie, Hermione!” le gridò Harry dietro, mentre Hermione si lasciava condurre via senza opporre resistenza.
“Giusto!” Bumb avanzò a passò di marcia verso il Preside, le guance rosa dopo tutto quel gridare. “Bisogna rigiocare la partita,” annunciò. “Troppe interferenze – corpi in caduta attraverso il campo di gioco. Non possiamo permettere che gli spettatori acchiappino il Boccino, sapete!” disse, con un'occhiata severa ad Harry. Questi arrossì e si fissò la punta dei piedi. “Inutile cercare di ricominciare ora. Troppa eccitazione – tutti che corrono in giro. Giocheremo di nuovo la settimana prossima, magari. Bisogna controllare il calendario.”
“Un'idea eccellente,” disse Silente in tono rassicurante. “Propongo che entrambe le squadre abbiano ragione di festeggiare, oggi, e perciò premierò con 50 punti entrambe per i loro tentativi di salvare il signor Potter; e con altri 75 la signorina Granger, per la sua assistenza.” Le facce degli studenti si illuminarono alla notizia. “E altri 10 punti al signor Malfoy per l'aiuto prestato ad un compagno studente senza badare all'affiliazione di Casa.”
Flint assestò una pacca a Draco sulla spalla. “Bel lavoro, Primino!”
Draco riuscì a sopprimere un sussulto al colpo – Flint era incapace quanto Hagrid di calcolare la propria forza!
“Dirò agli elfi di preparare un banchetto celebrativo nella Sala Grande,” continuò Silente, “festeggiando il fatto che la cooperazione tra le Case ha evitato una tragedia, oggi.” Lanciò un'occhiata astuta a Piton, dicendo questo, e il mago più giovane serrò i denti. Come se salvare Grifondoro fosse qualcosa del quale essere orgogliosi!
“Festa in Sala Grande!” gridò Baston. “Andiamo a lavarci!”
Entrambe le squadre si lanciarono verso gli spogliatoi, mentre il resto della scuola si affrettava nella direzione del castello. Piton allungò un braccio ed afferrò Harry per il retro delle vesti quando il ragazzo accennò ad unirsi agli altri. “Oh, no, signor Potter. Non sei in condizione di saturarti di dolci. Devi riprenderti dalla tua Ordalia,” informò il moccioso severamente.
“Oh, Professore!” Harry gemette per il disappunto. “Non è stato così terribile. Davvero!”
“Madama Chips giudicherà,” replicò lui, imperturbabile. “Se lei ti dichiarerà in perfetta salute, allora potrai partecipare alla festa ma -” sollevò un dito in un gesto ammonitorio “-solo per due ore; dopodiché mi aspetto che tu riposi quietamente nella tua stanza. Puoi fare i compiti fino alle nove, poi andare a letto.”
Harry aggrottò la fronte e calciò l'erba. “Non è giusto,” brontolò. “Non è stata colpa mia se qualcuno ha cercato di tirarmi giù dalla ringhiera. Non vedo perché devo perdermi la festa. Ho preso il Boccino e tutto!”
Piton lo afferrò per una spalla e spinse il ragazzo riluttante verso l'Infermeria. Sicuramente il moccioso non poteva fronteggiare un altro tentativo di ucciderlo con tanto aplomb1? Era semplicemente sotto choc? Era una reazione di diniego? Meglio lasciare che Madama Chips lo controllasse.
“Dopo uno spavento del genere il tuo corpo ha bisogno di riposo,” informò il piccolo mostro, gelidamente. “Una sovrastimolazione ad una festa non porterà certo al tuo recupero.”
Harry emise un profondo sospiro, chiaramente sentendosi piuttosto maltrattato. “Non è stato così spaventoso, Professore,” obiettò. “Voglio dire, non è come se facesse male o qualcosa del genere. In realtà è stato quasi divertente – sai, sul genere del divertente spaventoso. Almeno, lo è stato fino a che non ho cominciato a sentirmi come se stessi per vomitare.”
Piton alzò gli occhi al cielo. Tutti i bambini erano così sciocchi? Si concentravano sulle sensazioni fisiche piuttosto che sulla vera minaccia? “Potter, tu mi farai diventare matto,” lo rimbrottò. “Non sei neanche minimamente preoccupato riguardo a chi ti abbia fatto questo?”
Harry sbatté le palpebre, fissandolo sorpreso. “No.” davanti all'espressione sorpresa di Piton, si spiegò con infantile sicurezza. “Perché tu scoprirai chi è stato e te ne occuperai, proprio come hai fatto l'ultima volta.”
C'era un groppo, nella sua gola, che rese difficile per Piton replicare immediatamente.
Dopo essersi schiarito la voce, a disagio, riuscì a dire, “Be', sì, Potter. Hai ragione.” Permise alla mano che era posata sulla spalla del ragazzo di assestargli cautamente un paio di pacche gentili. “Puoi lasciare che me ne occupi io.”
Harry sorrise, illuminandosi, al suo professore, gioendo della mano calda sulla sua spalla. Il Professor Piton poteva essere un po' ansioso ogni tanto; ma, per quando Harry potesse essere irritato al pensiero dell'esame medico e del coprifuoco anticipato (per non parlare del permesso di partecipare solo per poche ore a quella che prometteva una festa notevole!), era ancora più che deliziato di avere un adulto che si preoccupasse per lui. Significava che poteva concentrarsi sul prendere dei buoni appunti per Hermione – ed impedire a Ron e Draco di intraprendere una guerra aperta – piuttosto che dover risolvere l'enorme mistero di chi aveva intenzione di fargli del male questa volta. Supponeva che il Professor Piton fosse molto più astuto di quanto lui stesso non fosse – per non menzionare più potente – e perciò non solo l'avrebbe scoperto molto pi in fretta, ma sarebbe stato anche in grado di vendicarsi del suo aggressore molto meglio di quanto Harry avrebbe mai potuto.
Harry si ricordò di quei quattro ragazzi Corvonero. Piton li aveva fatti espellere prima della colazione del giorno dopo! Harry non sarebbe mai riuscito a fare qualcosa del genere – nella migliore delle ipotesi avrebbe potuto tenersi lontano da loro, o magari pensare a qualche scherzo. Il Professor Piton non doveva limitarsi a vendette da ragazzini come quelle – era molto più cattivo di quanto Harry avrebbe mai potuto essere. In effetti, Harry si sentiva piuttosto dispiaciuto per chiunque avesse cercato di fargli male, oggi. Il Professor Piton l'avrebbe ucciso. E, con un sorriso felice sul viso e il suo tutore al fianco, Harry camminò senza paura attraverso le porte di Hogwarts.



Note alla traduzione:
(1): Aplomb. E' il secondo dei significati, ovviamente, quello che ha poco a che vedere con le giacche e tutto a che vedere con la ragione per la quale verrebbe voglia di prendere a martellate 007.

Sto cercando di affrettare la pubblicazione della traduzione perché non mi dispiacerebbe affatto poter pubblicare sotto Natale i capitoli natalizi di questa storia - per i quali dovremo aspettare ancora un po'.
Grazie a tutti voi per il meraviglioso entusiasmo che dimostrate sempre.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***







Piton lanciò un'occhiataccia al grigio muro di pietra della sua classe nei sotterranei e contemplò l'ipotesi di sbatterci la testa contro. Del tutto contro la sua volontà, stava trascorrendo la serata supervisionando Harry, Hermione e Ron, insieme a due dei suoi piccoli serpenti che erano riusciti a meritarsi una punizione con la Sprite. (La Sprite! A cosa stavano pensando? Un Piton furibondo aveva assegnato a ciascuno dei due una seconda punizione per essere stati così inetti da far infuriare la normalmente placida professoressa d'Erbologia. Che razza di Serpeverde non riusciva a gestire un Tassorosso, per amor di Merlino? Be', due notti trascorse copiando “I Serpeverde non sono imbecilli” ancora e ancora avrebbero dovuto aiutarli a ricordare che la loro Casa si gloriava nel fatto di essere più intelligente del resto della scuola. Se loro non riuscivano neanche a gestire il Capo di Tassorosso, si meritavano ogni maledizione che i compagni di Casa avessero spedito al loro indirizzo.)
Normalmente avrebbe spedito i suoi Serpeverde a pulire calderoni; ma certo non poteva farlo mentre i tre Grifondoro erano seduti ai tavoli lì accanto lavorando sui loro saggi. Così, invece, tutti e cinque i ragazzini stavano laboriosamente scrivendo, e Piton aveva dovuto lanciare i suoi incantesimi di pulizia sui calderoni. Come se non avesse avuto niente di meglio da fare! Era tutta colpa di Potter.
E di Minerva. Lei gli aveva fatto notare che essere costretti a restare nella Sala Comune insieme a tutti i loro amici non era precisamente un'onerosa penalità per il Trio, né una che li avrebbe spronati a lavorare sui saggi per la punizione. E dal momento che né Granger né Weasly avevano accesso a stanze da letto private come Potter – anche se quella di Potter era (per colpa di Albus) tanto satura di giocattoli da non essere un luogo per essere reclusi più punitivo della Sala Comune – era solo ragionevole che i tre trascorressero il loro tempo in punizione sotto la supervisione di un professore. E, come la McGranitt aveva detto con uno scintillio d'acciaio nello sguardo, dal momento che lei aveva già passato le ultime tre sere supervisionandoli, ora era il suo turno.
Invano lui aveva protestato, obiettando che loro tre appartenevano alla sua Casa. Lei aveva fatto orecchie da mercante e prontamente, alle sette, i tre piccoli furfanti erano apparsi sulla soglia. I suoi due serpenti li avevano seguiti da presso e – con grande irritazione di Piton – erano apparsi visibilmente sollevati nel trovare lì i Grifondoro, sapendo perfettamente che il Capo della loro Casa non sarebbe stato neanche lontanamente pungente nella sua invettiva quanto lo poteva essere, quando c'erano dei non-Serpeverde a portata di orecchi.
Avevano sottovalutato il suo sibilo minaccioso, comunque: e, prima di spedirli ai loro banchi, Piton li aveva resi entrambi pallidi e sudati spiegando loro a voce bassa cosa sarebbe accaduto se mai fossero stati così scocchi da non dimostrarsi all'altezza dei valori della loro Casa. Ora, tuttavia, un'ora più tardi, stavano mostrando la capacità di ripresa tipica della giovinezza, cominciando ad alzare gli occhi dai loro fogli e ad scambiare ammiccamenti e cauti segnali con i Grifondoro.
Piton desiderò nuovamente di poter sbattere la testa contro il muro. I suoi Serpeverde stavano venendo corrotti da quei maledetti leoni. Normalmente i Serpeverde erano o troppo immusoniti per essere stati puniti o troppo imbarazzati per essere stati colti nelle mani nel sacco per far molto altro durante una punizione che non fosse il compito assegnato. Erano ansiosi di concludere la punizione e di scappare via, così da poter fingere poi che l'intera cosa non fosse mai accaduta.
Per contrasto, i Grifondoro (probabilmente perché ricevevano così tante punizioni, pensò Piton acidamente) sembravano guardare alla cosa come ad un'opportunità sociale. I maledettissimi leoni ovviamente non consideravano la loro punizione come una vergognosa indegnità, e stavano lanciando occhiate di simpatia verso i suoi serpenti, accompagnandole con facce buffe per cercare di tirar su di morale i depressi studenti del secondo anno.
Con sua immensa irritazione, stava funzionando: e, invece di avere in viso lacrimevoli espressioni di miseria, i suoi studenti ora stavano soffocando risatine. Anche Piton doveva ammettere che l'abilità di Weasley di incrociare gli occhi, muovere le orecchie e attorcigliare la lingua, simultaneamente, risultava in una... inusuale... espressione. Malgrado ciò, questo era il suo sotterraneo, e gli studenti erano qui per soffrire.
Sbatté forte la mano sulla scrivania e gli studenti fecero un saltello e impallidirono. “Qualcuno trova che ci sia qualcosa di divertente nella sua punizione?” chiese, il tono serico. “Qualunque cosa?”
Un frettoloso coro di “No, signore” venne incontro alle sue orecchie; lui lanciò un'occhiataccia ad ogni ragazzino prima di tornare al proprio lavoro. Fu gratificato nell'udire uno dei suoi serpenti emettere un piccolo singhiozzo di terrore prima di piegarsi nuovamente sul foglio, ma la sua gratificazione fu di breve durata.
“Non preoccuparti,” udì Harry bisbigliare – il ragazzo non aveva alcuna capacità d'essere furtivo. “So che suona cattivo, ma è davvero gentile. Sul serio,” insisté, avendo ovviamente ricevuto in risposta un'occhiata d'incredulità da parte della Serpeverde. “Anche i suoi scapaccioni non fanno male. Be', non molto, comunque. Ma non ti farà niente se non urlarti un pochino, e questo è solo perché vuole che tu vada bene a scuola e cose così.”
Piton rimase troppo paralizzato per l'orrore per riuscire a reagire per diversi secondi. Quando il suo cervello riuscì finalmente a processare cosa quell'orribile moccioso avesse appena fatto alla sua reputazione laboriosamente costruita, era troppo tardi. Alzò la testa e vide la sua Serpeverde lanciare ad Harry un sorriso grato, il suo sollievo palpabile, mentre Harry e gli altri Grifondoro le sorridevano in risposta. L'altro Serpeverde li guardava, cercando ovviamente di comprendere se le parole di Harry fossero una qualche specie di piano malvagio, degno di un compagno Serpeverde, o la rassicurazione diretta che sembravano essere.
Potter!” Piton riuscì finalmente a rimettere in funzione le corde vocali, e si preparò ad eviscerare verbalmente il mocciosetto una volta per tutte. Questo avrebbe effettivamente rimosso ogni dubbio concernente la sua “gentilezza”.
“Sì, signore?” replicò Harry, il tono innocente, alzando gli occhi per incontrare quelli di Piton.
Quello sguardo di smeraldo riportò Piton indietro nel tempo: e, una volta di più, si trovò impotente di fronte ad esso. “Non si parla in punizione,” riuscì a ringhiare.
“Sissignore. Mi dispiace, signore,” replicò Harry in tono di scuse, prima di riportare la sua attenzione al saggio.
Piton soffocò un gemito. Grifondoro. Era assediato dai Grifondoro. Non bastava più che fosse costretto ad avere a che fare con Silente la McGranitt; ora che aveva un pupillo che era un Grifondoro non poteva più isolarsi tra i Serpeverde al di fuori delle lezioni. No, Harry, ovviamente, contava molti Grifondoro tra i suoi amici, e stava mostrando un'allarmante propensione a farsi amici anche tra le altre Case. Almeno Harry era diventato amico anche di Draco, e questo aveva, di conseguenza, fatto entrare nel giro alcuni degli altri Serpeverde. Tuttavia, Piton aveva lo spaventoso presentimento che fosse solo questione di tempo prima del momento in cui si sarebbe trovato a giocare a fare l'ospite con i Tassorosso e gli altri nella sua stessa casa.
Almeno l'erede dei Malfoy stava contagiando gli altri. In classe, qualche giorno prima, Paciock era riuscito a produrre una tagliente replica in risposta ad un insulto di Parkinson, e il moccioso Weasley stava dimostrando un talento sorprendente nel complottare. Inoltre, l'influenza di Draco (insieme alle sue capacità di auto-preservazione perfettamente levigate) avrebbe assicurato che nessuno degli scherzi che i piccoli mostri stavano indubbiamente pianificando sarebbero stati diretti contro Piton o le sue lezioni.
Certo, se Piton doveva essere onesto, non erano i Grifondoro più giovani che lo stavano realmente rendendo pazzo: dopo tanti anni di insegnamento era più o meno immune agli studenti. No, erano il bastardo e il lupo mannaro quelli che desiderava di poter eliminare dalla faccia della terra. A cosa stava pensando quando aveva deciso di assistere gli idioti Malandrini? I Grifondoro – specialmente quei due – avrebbero dovuto essere annegati alla nascita. Ma no, lui li aveva aiutati, e quel mattino tutti i nodi erano venuti al pettine.
Piton aggrottò la fronte e si sforzò di ricordare che, dopotutto, il suo piano aveva avuto successo. Gli Auror erano rimasti pienamente sconcertati davanti alla fuga di Black, e il caos e le lamentele si erano quasi del tutto spente entro poche settimane: Caramell non aveva intenzione di permettere che i fallimenti della sua amministrazione fossero largamente pubblicizzati.
Pochi giorni dopo la fuga, quando l'aveva ritenuto sicuro, Piton aveva provveduto a raccogliere Lupin da un caffè in Italia. Con il senno del poi quello era stato un errore, in quanto il cameriere aveva anche troppo chiaramente dedotto che stesse incontrandosi con il lupo mannaro per una tresca illecita; così, aveva dovuto sopportare gli ammiccamenti irritanti dell'uomo e le sue insistenti gomitate allusive e i sospiri romantici. Fottuti Italiani.
Aveva portato Lupin alla casa di famiglia dei Prince, dove il lupo e il cane si erano abbracciati in una nauseante orgia d'auto-recriminazioni e lacrime. Le cose erano solo peggiorate quando Remus aveva cercato di esprimere la loro gratitudine a Piton. Il professore di Pozioni era riuscito a malapena a fuggire prima di essere abbracciato (abbracciato!) da entrambi i Malandrini. Rabbrividì al ricordo. Avrebbe dovuto usare qualche genere di incanto scrostante sulla propria pelle, se fosse realmente accaduto.
Black l'aveva poi fatto irritare ulteriormente procedendo ad un recupero fastidiosamente veloce; anche se questo, almeno, l'aveva messo in condizione di cominciare ad occuparsi dei Dursley molto più in fretta di quanto Piton si fosse aspettato. Ma anche ciò si era rivelato deludente: i parenti di Harry non avevano opposto resistenza alcuna ai Malandrini.
Severus brontolò. I Babbani di questi tempi avevano così poca resistenza. I disgustosi Dursley erano stati quasi troppo facili da affrontare. Tra l'organizzazione del suo amico d'infanzia e le idee creative di Sirius, erano occorse meno di quattro settimane prima che i Babbani cominciassero ad avere spasmi e tic involontari e a gettarsi a terra ogni volta che udivano un rumore forte. Piton sospirò. Aveva davvero bisogno di trovare qualcuno che potesse offrirgli una sfiga genuina.
Aveva fatto visita ai Malandrini circa dieci giorni prima e li aveva trovati entrambi nel suo maniero, spaparanzati sui divani e intenti ad insegnare agli elfi domestici canzoni d'osteria estremamente volgari. “Vedo che la vostra etica lavorativa non è migliorata con il tempo,” ringhiò Piton. “Perché non state torturando i Dursley?”
Black gli sorrise e gli rivolse quella fastidiosa risata simile ad un abbaiare. “Tutto sotto controllo, ragazzo mio. Oggi è il giorno in cui Petunia pulisce la casa, e noi abbiamo intercettato Vernon sulla via per l'ufficio.”
“E dunque?” Remus gli rivolse un sorrisetto. “Diciamo solo che Petunia non si è accorta che il suo spazzolino per il wc aveva un aspetto vagamente familiare.”
Piton sbatté le palpebre. Doveva ammettere che era un'idea decisamente creativa, specialmente per due cretini che erano a malapena riusciti a superare la lezione della McGranitt sulla trasfigurazione da forme animate ad inanimate. “E'... adeguatamente creativo,” ammise, controvoglia.
I due idioti si illuminarono in viso e batterono il cinque.
“Dal momento che appare ovvio che i Babbani non richiedano la vostra attenzione indivisa, e che il bastardo sembra aver ripreso a sufficienza ad assomigliare a quell'irritante cosa che è solitamente, posso chiedervi quando progettate di liberare la mia casa?” domandò Piton.
Entrambi lo guardarono, i sorrisi che scomparivano. “Ci stai buttando fuori?” chiese Sirius, basito.
“Pensavi che vi avrei dato vitto e alloggio a tempo indefinito?” chiese Piton, il tono egualmente incredulo.
“Be', sì,” ammise Black, lanciando un'occhiata sbalordita a Lupin.
“Progettavi veramente di trascorrere i prossimi cinquant'anni della tua vita all'interno di queste barriere, uscendo fuori solo occasionalmente per maledire i Dursley?” Piton li fissò, incredulo. Era l'unico a comprendere che, con la sua minuscola capacità di concentrazione, Black sarebbe presto diventato annoiato ed irritato in una tale prigionia? Che si sarebbe imbarcato in una qualche ridicola bravata per cercare d'incontrare Harry o di gettare discredito su Caramell o qualunque altra nozione da Grifondoro alloggiasse in quel suo cervello piccolo come un pisello? Che sarebbe stato indubbiamente catturato e ucciso?”
“Ma – ma -” balbettò Black, incoerente.
“E' tutto a posto, Sirius,” intervenne Lupin in fretta. “Severus ha ragione. E' già stato più gentile con noi di quanto avessimo il diritto di aspettarci. Non possiamo continuare ad imporgli la nostra presenza. Sono certo di poter trovare un piccolo appartamento per noi, da qualche parte. Non ho molti risparmi, ma ci sono parecchie aree Babbane dove gli affitti sono piuttosto ragionevoli.”
Piton adocchiò il lupo mannaro con incredulità. “Ho un'idea ancora migliore, Lupin. Perché non vedi semplicemente se Malocchio Moody o Amelia Bones hanno una camera da letta vuota che Black possa usare?” chiese, sarcastico.
Di fronte all'espressione di confusione di Lupin sbottò, “Cosa c'è che non va in te, sciocco? Ai Grifondoro manca qualunque istinto di sopravvivenza? Nell'istante in cui Black lascia queste barriere, non ci sarà posto in Gran Bretagna sicuro per lui. Sei davvero un tale sempliciotto, o hai finalmente realizzato che il cagnaccio è un inutile bastardo ed hai deciso di consegnarlo?”
“Certo che no!” ringhiò Lupin in risposta, la sua tempra normalmente imperturbabile che per una volta si infiammava. “Ma cosa ti aspetti che facciamo ora che ci forzi ad andarcene? Sai perfettamente non abbiamo risorse.”
“Aspetta! Ho un'idea!” intervenne Black. “Ci sono delle caverne nella Foresta, vicino ad Hogwarts. Potrei vivere lì come Felpato, e le Acromantule e le altre creature non mi infastidirebbero.”
Piton si massaggiò stancamente la fronte. Era così stanco di avere a che fare con i Grifondoro. Erano come grossi, stupidi cani che non riuscivano a capire dove la palla fosse scomparsa quando la mettevi dietro la schiena. “E suppongo che sopravviveresti mangiando ratti, o qualunque cosa riusciresti ad acchiappare?” chiese, già conoscendo la risposta.
Black scrollò le spalle con rassegnazione. “Se devo. Magari posso sgattaiolare nelle cucine di Hogwarts una volta ogni tanto.”
“Dove gli elfi domestici ti cattureranno prontamente, per impedirti di minacciare la vita del loro caro Harry Potter, e dove Silente farà quel che fece dieci anni fa e ti consegnerà ad Azkaban. Immediatamente prima di darti al Bacio, il Ministero ti sottoporrà a Veritaserum e poi il lupo mannaro ed io diverremo fuggitivi a nostra volta.” Piton poteva sentire le avvisaglie di un mal di testa in arrivo. Anche i Tassorosso del primo anno non erano ingenui come questi due. Come diavolo i Malandrini erano riusciti ad evitare così tante detenzioni, se questa era la loro idea di piano astuto?
“Er...” Black apparve imbarazzato, ma Lupin stava aggrottando la fronte, pensieroso.
“Forse il Ministro non ci noterebbe se ci travestissimo con -” cominciò il lupo mannaro.
“Basta così!” Era ovvio che Piton avrebbe dovuto pensarci da solo. Oh, quei due potevano essere capaci di tormentare Babbani e ragazzi in età scolastica, ma la nozione di progettazione strategica di Lupin e Black rivaleggiava con quella di Harry – senza la scusa di quest'ultimo di avere a malapena undici anni. No, toccava a Piton. Lasciati a sé stessi Lupin e Black si sarebbero aggirati nei posti più ovvi, praticamente implorando di essere arrestati. Non avevano idea che il mondo proseguisse oltre i confini di Hogwarts e Diagon Alley?
No, non poteva confidare che si sarebbero tenuti al sicuro; e, malgrado fossero idioti, erano entrambi maghi potenti e devoti al ragazzo. Piton intendeva circondare Harry con tutti i maghi e le streghe potenti che poteva, così che, quando l'inevitabile scontro con il Signore Oscuro fosse arrivato, Harry avrebbe avuto alleati in abbondanza e nessun bisogno di contare sul Ministero, su Silente o su chiunque altro. Piton non poteva far conto su Black neanche per dedurre che i toast venivano fuori dal pane, ma sapeva, senza ombra di dubbio, che poteva fidarsi di lui per proteggere Harry, anche a costo della propria vita. Questo era il genere di cose per le quali i Grifondoro vivevano (be', in realtà, per le quali morivano...). Il punto era che il bastardo non ci avrebbe pensato due volte prima di prendere su di sé un'Avada Kedavra destinata ad Harry, e ciò significava che Severus aveva bisogno di tenerlo in libertà.
Oltretutto, Piton aveva bisogno di rendere sicura la libertà di Black per assicurare la propria stessa salvezza a lungo termine. Non aveva intenzione di vivere sotto la minaccia di un Veritaserum amministrato a Black per interrogarlo, e del suo coinvolgimento che veniva alla luce. Aveva bisogno che il bastardo venisse dichiarato innocente e fosse intoccabile, e ovviamente non poteva contare sui Grifondoro per riuscirci da soli. “Ecco cosa farete...”

Diversi giorni più tardi il Mondo Magico della Gran Bretagna venne sconvolto da una rivelazione scioccante: Sirius Black era vivo e vegeto in Svizzera! La Gazzetta del Profeta aveva un'enorme fotografia di un Black che sorrideva e salutava con la mano all'esterno della filiale di Zurigo della Gringott, mentre il titolo che l'accompagnava era:

Al Mangiamorte Black viene garantito asilo politico in Svizzera!


A Sirius Black – a lungo ritenuto un Mangiamorte e il traditore di Lily e James Potter – i genitori del Ragazzo-Che-E'-Sopravvissuto – è stato garantito asilo politico dalla Svizzera dopo la sua audace fuga da Azkaban. L'ex-Auror, ora a capo della Nobile e Antica Casata dei Black, è stato imprigionato poco dopo la morte dei Potter per il presunto assassinio del suo intimo amico Peter Minus e di una dozzina di passanti Babbani. Fonti confidenziali ipotizzano che Minus – che a sua volta era un amico dei Potter – abbia coraggiosamente affrontato Black per il suo tradimento, solo per venire distrutto dal più potente mago. Quando Black ebbe finito con lui, solo il dito di Minus rimaneva. Il Ministero reputò Black una tale minaccia alla società che, dopo la sua cattura, venne immediatamente spedito ad Azkaban.
Ieri, in una sorprendente catena di eventi, il governo svizzero ha confermato che Black ha raggiunto Zurigo ed ha fatto richiesta per l'asilo politico. La Svizzera ha accolto la sua petizione ed ha respinto le decise richieste da parte del Ministro della Magia, Cornelius Caramell, per la riconsegna immediata di Black.
Il Presidente del Concilio Magico Svizzero, Pascal Schlumpf, ha rilasciato una dichiarazione, parte della quale segue: “La Svizzera è orgogliosa di poter assistere il signor Black nel restaurare il suo buon nome. Per dieci anni il signor Black è stato incarcerato illegalmente sulla isola di Azkaban – in una chiara violazione della Dichiarazione dei Diritti Universali del Mago. Inoltre, il trattamento disgustoso del signor Black da parte del governo britannico è eguagliato solo dal suo disgustoso uso dei Dissenatori quali guardie carcerarie sull'isola. Stati civilizzati hanno da lungo tempo condannato l'uso medievale della Gran Bretagna dei Dissennatori a tale scopo, ed è un tributo alla forza mentale e alle capacità magiche del signor Black che sia emerso da una tale ordalia con la sua mente intatta. Il rifiuto di lunga data della Svizzera di firmare un trattato di estradizione con la Gran Bretagna è stato basato in gran parte sulle politiche inumane della Gran Bretagna, e il trattamento del signor Black conferma la correttezza della nostra decisione. E' nostra speranza che il signor Black sceglierà di stabilire la propria casa in Svizzera, un bellissimo Paese i cittadini del quale sono dediti agli ideali di legge e giustizia.”
Il signor Black ha commentato, “Hanno anche della cioccolata favolosa – per non parlare delle donne! Sembra quasi che siano tutte snodabili, o qualcosa del genere. In effetti, le cose che le donne svizzere fanno con la cioccolata sono incredibili...” Il resto dell'osservazione del signor Black è inadatto alla pubblicazione in un giornale per famiglie.
Una fonte vicina al presidente svizzero offre come spiegazione a quest'inspiegabile offerta di rifugio ciò che segue: “Ricordate l'ultimo Summit Europeo, quando il vostro Ministro si è ubriacato ed ha pensato che sarebbe stato divertente far scivolare dell'Amortentia nel calice del Presidente Schlumpf? Ricordate come il vostro giornale abbia stampato quelle fotografie di quel che è accaduto dopo con la delegazione dalla Svezia? Ricordate la reazione della signora Schlumpf quando ha visto quelle fotografie? Non avete un detto che sostiene che “la vendetta è un piatto che va servito freddo”? Perché avete una fissazione, voi inglesi, con questi stupidi scherzi?”
Un altro ufficiale governativo di alto rango del Concilio Magio Svizzero ha commentato, “Qvando capo di una di più vecchie e ricche famiglie magiche in Bretagna ariva a porta di tua casa e chiede ospitalità, cosa altro posiamo noi dire se non 'Vieni dentro e porta tutto tuo denaro con te'? E, dopotuto, voi avete reso cose facili per noi. Voi mai avete dato processo allo uomo, e poi aspetate che noi lo diamo a voi per Bacio? Sì, certo.”
I goblin della filiale della Gringott di Diagon Alley si sono rifiutati di commentare, ma un portavoce goblin della filiale di Zurigo ha affermato, “Siamo felici di permettere al signor Black di attingere dalla sua fortuna. Confidiamo che o il signor Black sarà ritenuto innocente dalla nuova indagine dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia sul suo passato, nel quale caso alla nostra banca inglese sarà permesso di scongelare il suo patrimonio, o saremo in grado di far saldare ogni debito dall'erede del signor Black o dalla sua tenuta. Nell'evento estremamente improbabile che il governo inglese sia sciocco abbastanza da cercare di impadronirsi di tutti i conti del signor Black e di bloccare la Gringott,” qui il portavoce ha fatto una pausa ed ha scoperto numerosi denti affilati e appuntiti, “il Mondo Magico inglese scoprirà per quale ragione sia una così pessima idea infastidire un goblin.”


Quel mattino, quando Piton entrò nella Sala Grande per colazione, colse frammenti di una conversazione bisbigliata tra Silente e la McGranitt. Era ancora molto presto e solo pochi studenti erano seduti alle tavole, ma – stranamente – gran parte del corpo insegnante era già lì.
“Non essere ridicolo... diventerà furioso quando lo scopre... non possiamo mostrarglielo qui... studenti sulla linea di fuoco...” La voce della McGranitt era bassa, ma la sua ansietà era evidente.
Silente emise un verso di disapprovazione, il tono rassicurante. “... un uomo adulto... la prenderà come un adulto... emozioni sotto controllo... certo che starà bene...”
“Oh, Severus,” Lo chiamò la Bumb, dolcemente. “Hai visto il Profeta di oggi?”
“Perché?” chiese sospettosamente, notando come il resto del corpo docente sembrasse ritrarsi da lui.
“Pensavo che potessi trovare questo interessante.” Bumb fece levitare una copia del giornale verso di lui, e il resto degli insegnanti sussurrò in fretta una serie di Protego.
Piton lesse l'articolo di testa e si fece prima bianco in viso, poi rosso. “Er, Severus, ragazzo mio,” iniziò Silente, incerto, la sua fiducia che vacillava bruscamente davanti all'espressione sul viso del professore di Pozioni. “Per favore, non lasciare che questo -”
Il calice di Piton, pieno di succo di zucca, mancò l'orecchio del Preside di pochi centimetri. “QUEL MISERABILE BASTARDO!”
Gli studenti nella Sala fissarono, gli occhi spalancati, il loro professore, normalmente gelido, che lanciava stoviglie piene di cibo e bevande tutt'attorno a sé, mentre il resto del corpo docente cercava riparo sotto al tavolo.
Un paio di elfi domestici comparvero dal nulla per protestare con chiunque stesse sprecando cibo a quel modo: ma un'occhiata all'espressione di Piton bastò a farli svanire all'istante. Solo dopo che ebbe interamente svuotato la tavola degli insegnanti dal cibo, stracciato la copia di Bumb del Profeta e saltato su quel che ne restava, le urla furiose di Piton si fermarono. Teste sbucarono cautamente al di sopra della linea del tavolo, mentre l'uomo traeva un respiro profondo, si aggiustava le vesti e incedeva a larghi passi fuori dalla stanza.
La McGranitt si ritrasformò, abbandonando la forma felina nella quale si era nascosta al di sotto dell'ampio torso di Hagrid, e gettò un'occhiata al Preside, l'espressione compiaciuta che proclamava “Te l'avevo detto”. Silente sospirò e osservò il caos nella Sala Grande. “Be', avrebbe potuto andare leggermente meglio,” ammise, tristemente.

Tornato nelle sue stanze, Piton si lasciò sprofondare in una sedia con uno sbuffo. Quell'imbecille di Black! Come osava improvvisarsi le battute? Quelle osservazioni sulla cioccolata e le donne svizzere? Sarebbe stato fortunato se la gente del luogo non l'avesse appeso per il suo – Hmmm. Le labbra di Piton si torsero in un sorriso. In realtà, questo sarebbe stato poi così terribile?
Costrinse la propria mente lontana da tali, piacevoli immagini mentali ed una volta ancora studiò la sua copia del Profeta. Sì, la dichiarazione per la stampa che aveva scritto era stata usata dal presidente svizzero praticamente parola per parola. Era sorprendente cosa la promessa di un generoso contributo per una campagna elettorale potesse fare. Gli Svizzeri erano sempre così... pratici... riguardo a certe cose. E, certo, l'uomo aveva desiderato pazzamente l'opportunità di farla pagare a Caramell per quella storia della pozione d'amore. Piton ghignò. Ci si guadagnava sempre a tenersi aggiornati sulle politiche internazionali; e, dopo aver tenuto traccia del vertiginoso vortice dei rancori adolescenziali di Hogwarts, conservare traccia delle inimicizie diplomatiche era sorprendentemente facile. Quelle erano piuttosto tranquille rispetto alle alleanze in continuo mutamento degli adolescenti in fase ormonale.
Alzò gli occhi al cielo, al ricordo di quanto sbalorditi Lupin e Black fossero stati al suggerimento di andare all'estero. Cercare alleati al di fuori della Gran Bretagna, apparentemente, non era mai passato per le loro piccole menti. “Pensi che Voldemort si aggiri attorno a Godric's Hollow o nella Foresta Proibita?” chiese, quasi strappandosi i capelli per la frustrazione di fronte alla loro incomprensione. “Sicuramente se n'è andato da un pezzo dalla Gran Bretagna – a cercare nuovi alleati e a recuperare le forze. Tu devi fare lo stesso!”
“Non agirò come qualche Signore Oscuro Serpeverde!” aveva sbottato Black, oltraggiato al suggerimento.
“Bene. Resta qui e fai la fine di un guscio senz'anima, idiota!” ringhiò Piton. “Penso che Caramell monterà la testa di Lupin sul suo muro, quando il boia avrà finito con lui.”
Sirius si era gelato, colpito dal pensiero che Lupin finisse sul patibolo per averlo aiutato, e molte delle sue obiezioni si sciolsero. “Be', perché la Svizzera?” domandò, di malumore. “Fa freddo, lì. Perché non qualche altro posto con un sacco di bikini, come il Brasile, o spiagge nudiste, come la Danimarca?”
Piton serrò i denti. “Solo tu saresti imbecille abbastanza da sceglierti un potenziale rifugio basandoti sui costumi da bagno,” ringhiò. “La Svizzera non ha trattati di estradizione con la Gran Bretagna; il suo attuale presidente disprezza Caramell; la sua popolazione era neutrale in guerra, perciò la tua reputazione sia come Mangiamorte che membro dell'Ordine sarà irrilevante, e il loro sistema bancario è famoso per essere indipendente.”
Poco sorprendentemente, Lupin ci arrivò per primo. “Perciò pensi che la Gringott del posto permetterebbe a Sirius di accedere ai suoi conti?” chiese, gli occhi che gli si illuminavano.
Grifondoro. Piton si massaggiò la fronte e fece del suo meglio per spiegare le cose con parole molto piccole. “E' risaputo nei circoli bancari che tutte le filiali della Gringott sono magicamente connesse. La magia dei goblin è piuttosto abile nel collegare due locazioni distanti. Non hai prestato attenzione nelle lezioni di Storia di Ruf? Come pensi che riuscissero a mettere in atto tutte quelle imboscate?”
Black ridacchiò. “Ascoltavi veramente il fantasma? Che perdente! Prendevi anche appunti?”
“Il punto,” chiarì Piton, “che anche il lupo mannaro sembra afferrare, è che in Svizzera sarai in grado di finanziarti, mettendoti così al sicuro dalle persecuzioni mentre lanci una controffensiva nel mondo della stampa.”
“Oh.” Black ci pensò sopra. “E questo sarebbe bene, giusto?”
Piton si sforzò di ricordare ancora una volta che stava avendo a che fare con i Grifondoro. “Niente ratti,” disse, lentamente e distintamente. “Niente Dissennatori. Denaro. Attenzione. Donne.”
Ora Black sembrava decisamente felice. “Perché non l'hai detto prima?” chiese. “Andiamo! Avanti, Lunastorta! Che cosa stai aspettando?”
E ora, guardando la prima pagina del Profeta, Piton vedeva i risultati dei suoi sforzi. Doveva ammettere che Black aveva un buon aspetto. Lupin e gli elfi domestici erano riusciti a riparare a molti dei danni causati da Azkaban, ed ora Black appariva il ritratto del nobile sofferente, magro ma ancora rudemente affascinante, piuttosto che sporco ed emaciato. Nessuna meraviglia che i paparazzi europei ci fossero andati a nozze. Era ricco, bello, giovane e disponibile: il sogno di ogni giovane strega.
Piton fece una smorfia al pensiero di quante donne stessero in quel momento sicuramente strisciando ai piedi di Black. Conoscendo il bastardo, avrebbe in fretta realizzato quanto efficace la storiella del “torturato dai Dissennatori” sarebbe stata nell'attrarre le donne. Si poteva sempre far conto su Black per usare una prigionia ad Azkaban come un modo per attirare gallinelle.
Anche Remus era in Svizzera, anche se lui stava seguendo gli ordini e mantenendo un basso profilo. Sarebbe stato maggiormente in grado di usare Passaporte per fare avanti e indietro, così, continuando a somministrare la giustizia dei Malandrini ai Dursley e a negoziare con la Bones all'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia per conto di Black.
Piton fece Evanescere rapidamente la sua copia quando un tamburellare cauto risuonò contro la sua porta. “Che c'è?” ringhiò, aprendo per trovare un Silente dall'aspetto piuttosto preoccupato.
“Volevo solo assicurarmi che tu stessi bene, ragazzo mio,” disse Silente in un tono inteso a placare l'altro. “Ho già protestato con Rolanda per averti mostrato il giornale in modo tanto brusco.” “Sono assolutamente disinteressato alla locazione di Black o alla sua condizione,” disse Piton, freddamente. “Se questi idioti svizzeri hanno intenzione di offrire rifugio alla feccia Mangiamorte, allora si meritano tutto quel che ne deriverà.”
Silente sospirò. “Sì, be', sembrerebbe che possa esserci stato un... errore.”
Le sopracciglia di Piton si inarcarono. “Cosa?”
“Anche se non è ancora apparso sui giornali, i miei contatti al Ministero mi hanno informato che Sirius ha reso disponibili copie delle sue memorie per Pensatoio. Stanno venendo esaminate dagli Indicibili per assicurare che siano genuine e non adulterate; ma, se vere, sembrerebbe che uno spaventoso errore sia stato commesso.” Albus dimostrava tutto ad un tratto ciascuno dei suoi molti anni.
“Intendi dire che non ha tradito Potter e Minus?” domandò Piton, proseguendo la recita.
Silente chiuse gli occhi per un attimo, e la sua voce suonò pesante di colpa. “No. Sembra che non l'abbia fatto.” Aprì gli occhi e guardò Piton con espressione quasi supplichevole. “Non ho mai pensato che Lily e James avrebbero cambiato il loro Custode Segreto senza dirmelo; ma, per dare ascolto a Sirius, loro tre decisero che Sirius era una scelta troppo ovvia. Fecero cambio con Peter Minus ma lo tennero segreto, pensando che gli attacchi avrebbero continuato a concentrarsi su Sirius. Decisero di non dirlo a nessuno, neanche a me,” aggiunse, con inconscia arroganza. “Quando morirono, io presunsi naturalmente che Sirius fosse responsabile, e quando Peter si costruì quell'alibi... Non ne ho mai dubitato. Sapevo che Peter non era mai stato capace di preparare piani elaborati, e perciò non mi passò mai per la mente di chiedermi perché Sirius si sarebbe unito così al Signore Oscuro. Certo, Peter non stava agendo da solo – aveva avuto il Signore Oscuro e i Mangiamorte a guidarlo – e ovviamente aveva imparato bene quel che serviva. Bene abbastanza da essere in grado di incastrare Sirius e di assicurarsi che nessuno di noi parlasse in sua difesa.” L'espressione di Albus era tormentata dal disprezzo di sé. “Volevo tenere Harry al sicuro e mettermi alle spalle l'intera, orribile tragedia... E così ho condannato Sirius a dieci anni di tormento.”
“Considerando che aveva condannato me a sette anni di tormento, mi perdonerai se non mi unisco alla tua orgia di senso di colpa,” intervenne Piton, acidamente. “Forse ti farà sentire meglio ricordare che il tentato omicidio è spesso punito con un decennio ad Azkaban. Grazie al tuo intervento, a Black sono stati garantiti diversi anni di libertà dopo avermi spinto dal lupo mannaro; ma le cose sembrano essersi concluse in maniera soddisfacente, alla fine.”
Per un attimo pensò di aver esagerato, perché gli occhi di Silente s'incendiarono di furia, brevemente: ma poi le spalle del Preside crollarono, e i suoi occhi si fecero meramente stanchi e tristi. “Ah, povero Severus. Sei il più ferito di tutti noi, non è così?”
Insultato, Piton cominciò a protestare, ma Silente alzò una mano per imporgli il silenzio. “Non sono venuto qui per discutere della prigionia di Black con te, Severus. Sono qui meramente per avvertirti che i ricordi di Sirius probabilmente saranno condivisi con la stampa entro un giorno o due. Harry ne sentirà parlare sicuramente, e se – come sembra sempre più probabile – Sirius sarà esonerato, senza dubbio cercherà di vedere il suo figlioccio.”
Piton scrollò le spalle con tutta la noncuranza che riuscì a racimolare. “Bene. Lascia che si prenda la tutela del mocciosetto. Lo considererei una gradita liberazione.”
L'espressione di Silente gli disse che l'uomo non si era lasciato trarre in inganno dall'affermazione di Piton. “Dubito che si arriverà a questo, Severus; ma penso che Harry dovrebbe essere preparato a ricevere le notizie ed all'eventuale incontro. Forse sarebbe nei suoi migliori interessi che Sirius gli fosse presentato prima, invece che dopo, e mostrerebbe a Sirius, anche, che non ha bisogno di cercare di ottenere la tutela del ragazzo per poterlo vedere.”
Piton lanciò un'occhiataccia al Preside. “Se pensi che io abbia intenzione di andare incontro a quel bastardo di Black in qualunque modo -”
Silente apparve severo. “Mi aspetto, Severus, che tu farai quel che è meglio per Harry.” E con questo rimprovero, si volse e lasciò le stanze.
Piton lanciò un'occhiataccia alla porta per pochi istanti, puramente per l'effetto scenico; poi buttò giù una lettera veloce. Chiamando un elfo domestico, disse alla piccola creatura di recuperare il gufo di Harry dalla Guferia, e studiò distrattamente la pergamena mentre aspettava.
La fase uno ha avuto successo. Indici una conferenza stampa con memorie in Pensatoio entro una settimana. Pretendi un incontro con il ragazzo subito dopo. Incoraggia Felpato a giocare allo scoperto.
Quando l'elfo riapparve con il gufo appollaiato sulla testa, Piton porse la pergamena ad Edvige. “Al lupo, se non ti dispiace,” disse brevemente. Lei fischiò e l'adocchiò con aria d'attesa.
“Esosa,” brontolò lui, dandole un biscottino gufico. “Sei manipolativa come il tuo padrone.”
Lei gli lanciò un'occhiata che poteva essere descritta solamente come un sogghigno, e lui si girò verso l'elfo. “Riportala alla Guferia.” Difficilmente il gufo poteva partire dal sotterraneo privo di finestre.
L'elfo squittì felice, “Sì, Maestro di Pozioni Professore Signore!”
Quel pomeriggio, Piton stava camminando lungo i corridoi, godendosi un raro momento d'esistenza privo di studenti, quando colse risatine d'adolescente. Girò l'angolo per trovare Harry e diversi altri studenti del primo anno che esaminavano con attenzione il giornale di giornata. Avevano evidentemente finito la storia di copertina e stavano leggendo il profilo di Black nelle pagine interne.
Harry sbirciò al di sopra della spalla di Seamus, spingendo a gomitate Vince e Greg da una parte. I due dinosauri gli fecero doverosamente spazio, mentre Draco reggeva il giornale un po' più in alto.
“Non è il tuo padrino, Harry?” chiese Neville.
“Lui?” chiese Terry Boot, il tono acutamente invidioso.
“Ecco, aspetta – lo sta facendo di nuovo!” Ernie Macmillan ridacchiò, indicando la foto.
Harry osservò l'alto uomo dai capelli scuri nella fotografia sorridere al largo gruppo di ammirate giovani streghe, diverse delle quali reggevano cartelli che dicevano: “IO AMO SIRI”. Un oggetto giunse volando verso di lui dall'esterno del raggio della macchina fotografica, e Sirius l'afferrò, poi se lo avvolse attorno alle dita, guardando direttamente verso la macchina fotografica e inarcando suggestivamente le sopracciglia. Il suo pubblico di ragazze gridò e sospirò.
“Cos'è quello?” chiese Ron, perplesso.
“Un tanga,” rispose Piton in tono rigido, coprendo gli occhi di Harry con una mano e sottraendo il giornale dalle mani di Draco con l'altra.
“Ehi -” L'acuta protesta di Draco si interruppe bruscamente quando questi si volse e vide chi gli aveva confiscato il quotidiano.
Piton lanciò un'occhiataccia circolare ai ragazzi. “Se tanto siete carenti in cose da fare da sentire il bisogno di immagini pornografiche per intrattenervi, sarò lieto di assegnarvi tante punizioni quante saranno necessarie per rimediare.”
“N-no, signore!” gli assicurò Draco in fretta, strattonando gli altri ragazzi, che stavano ancora cercando di afferrare cosa l'uomo avesse detto. “Non abbiamo bisogno di essere messi in punizione!”
Quello gli altri ragazzi potevano capirlo, ed un coro di assensi risuonò in fretta.
“Allora fuori dai piedi!” ringhiò Piton, e i ragazzi si dispersero, svanendo quasi alla stessa velocità degli elfi domestici.
Harry alzò gli occhi verso il suo tutore, ansioso. L'uomo era sembrato terribilmente irritato, ed aveva accartocciato il giornale di Draco quasi avesse voluto lanciargli un Incendio. “Um, non intendevo guardare qualcosa di brutto,” tentò, docilmente. “E' solo La Gazzetta del Profeta.”
“Una porcheria è una porcheria,” replicò Piton. “Se decidono di pubblicare una simile immondizia, mi aspetto che tu abbia il cervello di evitarlo.” Sapeva perfettamente bene di starsi comportando ingiustamente, ma era tutto a posto. Il moccioso aveva sicuramente sentito parlare del suo scoppio d'ira alla tavola della colazione, e Potter avrebbe dovuto sapere che era meglio non irritare il suo tutore quand'era di Cattivo Umore. Se il piccolo idiota non aveva ancora imparato quella fondamentale lezione della vita, allora non c'era momento migliore di quello presente.
“Mi dispiace,” disse Harry in fretta. Sembrava che le voci avessero ragione, e che il suo professore fosse spaventosamente stizzito per qualcosa. Tuttavia, aveva notato che l'uomo non aveva veramente assegnato una punizione ad Harry o ai suoi amici. Aveva solo minacciato di farlo. Harry sorrise tra sé e sé. Il professor Piton era un uomo così buono.
“Hmf.” Piton lanciò al ragazzo un'occhiata malvagia. “Suppongo che saresti interessato ad incontrare il tuo padrino?”
Harry scrollò le spalle. “Gli altri ragazzi dicono che sembra un sacco forte.” Fece una pausa. “Non mi dispiacerebbe incontrarlo, ma non è poi così importante,” disse, badando bene a mantenere un tono casuale. L'ultima cosa che voleva era che il suo professore pensasse che gli preferiva un qualche sconosciuto.
“Bene. Considererò l'ipotesi di organizzare la cosa. Ora torna alla tua Sala Comune – la tua punizione non è conclusa, e se ti scopro nuovamente qui fuori lo rimpiangerai. O hai bisogno di uno scapaccione per ricordarti l'importanza dell'obbedienza?” minacciò.
“Stavamo tornando dalle lezioni quando Draco ci ha mostrato il giornale,” protestò Harry; ma scappò via in fretta verso la Torre prima che il professore potesse riconsiderare la propria indulgenza. Piton lo osservò allontanarsi con la fronte aggrottata, poi andò a lamentarsi amaramente con Minerva e Albus riguardo a cosa il Profeta si stesse abbassando a pubblicare di questi giorni.
Sfortunatamente, lungi dal commiserarlo, la McGranitt l'aveva incastrato con la sua richiesta di supervisionare la punizione dei suoi leoni: ed ora era qui, la sua reputazione da Malvagio Pipistrello in prezzi, la sua nemesi d'adolescente divenuto l'idolo d'Europa e il suo protetto che si aspettava fiducioso che lui organizzasse un incontro con il più famigerato mago della Gran Bretagna. Poteva andare peggio?
“Oh, Severus?” Albus si affacciò dalla cornice della porta. “Minerva ti ha accennato alla tua nomina nel Comitato per l'Amicizia tra le Case e per le Decorazioni Natalizie?”



Note alla traduzione: Ho realizzato che non ce la faremo mai ad arrivare ai capitoli natalizi sotto Natale. x°°°D Forse febbraio. In compenso, sono arrivata talmente avanti con la traduzione nel tentativo di farcela che ho capitoli pronti, adesso, fino alla fine di dicembre.
Bisogna sempre vedere il lato positivo delle cose.

Un grazie a tutti voi che vi fermate sempre, con tanta pazienza, a mostrarmi che non traduco per me stessa.

Un grazie speciale a ElePads, che ha ri-Trasfigurato correttamente un Pesatoio, evidentemente un qualche magico equivalente di quello strumento di tortura post-medievale che è la bilancia, in un Pensatoio.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***







“Ehi, amico – che c'è che non va?” chiese Ron, lasciandosi cadere sul divano della Sala Comune accanto ad Harry.
Il suo amico scrollò le spalle. “Niente.”
“Oh, avanti, Harry,” lo incitò Hermione, sedendosi dall'altro lato. “Sei strano già da qualche giorno. Che succede?”
“La punizione è quasi finita – dovresti essere felice,” gli ricordò Ron, cercando di tirare su di morale Harry; ma l'altro ragazzo annuì solo.
Hermione lo studiò. Harry stava tenendo il muso per via della punizione? Certo non sarebbe stata la prima persona a cominciare ad irritarsi per una punizione lunga una settimana. Lei si era aspettata che Ron iniziasse a lamentarsi giorni prima, ma lui era ancora così arcicontento per via della nuova bacchetta da non essersi veramente accorto di molto altro. Ma no, Harry non sembrava il tipo. Allora cos'era? “Tu e il professor Piton avete discusso?” azzardò un'ipotesi.
Lui sbuffò. “E come? Praticamente non l'ho mai visto, in questi giorni.”
La faccia di Ron si piegò nella confusione. “Uh? Ma lo vediamo alle lezioni di Pozioni e ci ha tenuti d'occhio l'altra notte e-”
“Non lo vedo più da solo,” spiegò Harry. “Non è come se potessimo discutere in classe.”
“Oh. Giusto.” Ron annuì.
Anche Hermione annuì. “Ti manca,” disse, il tono saputo.
Harry si fece scarlatto in viso. “Certo che no! Pensi che io sia un bambino?” chiese rabbiosamente, il temperamento stranamente aggressivo.
La ragazza ne venne colta di sorpresa. “No, Harry! No! Voglio solo dire che – be', tu e il Professor Piton non avete avuto molto tempo per conoscervi. E' solo ragionevole che ci siano un sacco di cose delle quali volete parlare. Non volevo dire che – che avevi nostalgia di casa o qualcosa del genere.” Ron guardò ad occhi spalancati, mentre Hermione cercare di placare l'amico.
“D'accordo, allora,” borbottò Harry, pacificato. Fissò irritato il fuoco per alcuni minuti, durante i quali i suoi amici si scambiarono occhiate nervose al di sopra della sua testa, ma la sua coscienza non gli permise di rimanere zitto molto a lungo.
“Scusa,” bofonchiò in tono colpevole, senza guardare Hermione. Non era molto giusto che se la prendesse con uno qualunque dei suoi amici. Hermione semplicemente doveva risolvere ogni problema che si trovava davanti, e solo perché lui era un po' imbarazzato che Piton gli mancasse non voleva dire che avrebbe dovuto replicarle sgarbato a quel modo. E Ron era stato il suo primo amico di sempre – anche se Harry dubitava che sarebbe rimasto un amico se lui avesse continuato ad ignorarlo a quel modo.
“E' tutto a posto, amico,” rispose Ron per entrambi, gettando un braccio attorno alle spalle di Harry. “E' come dice Hermione, noi abbiamo avuto undici anni con i nostri genitori – non è poi una gran cosa per noi stare lontani da casa. A te non mancano i Dursley, no?” Harry rabbrividì e scosse la testa. “Vedi? E' solo che Piton è nuovo. Ecco perché ti manca. Del tutto ragionevole, vero?” chiese ad Hermione.
“Assolutamente,” assentì lei, felice di vedere che Harry ora sorrideva timidamente.
“Grazie,” disse lui, grato di avere amici tanto meravigliosi. “E' solo che quando siamo andati a trovarlo le ultime volte era troppo occupato per parlare. Voglio dire, posso stare nella mia stanza, se voglio, ma lui non mi permette di stare con lui, neanche per tagliare ingredienti per pozioni.” Le sue spalle crollarono. “Magari si è stancato di me.”
“Nah, amico!” Ron scosse la testa. “Perché dovrebbe?”
“Non lo so. Ma non è come se avessi qualcosa di interessante del quale parlargli. Lui è sempre impegnato con qualcosa di davvero importante, come, ricordate l'altro giorno, quando il Preside l'ha messo in quel comitato? Lui è sempre impegnato con cose così. Ed ha lavorato un sacco su qualche progetto segreto, ultimamente...” Lui scrollò ancora le spalle, scoraggiato. “Io cosa faccio, a parte andare a lezione?”
“Non credo che tu sia giusto con te stesso, Harry,” puntualizzò Hermione, come sempre la voce della ragione. “Voglio dire, siamo stati in punizione per tutta la settimana scorsa. Si sarebbe arrabbiato se tu avessi fatto qualcosa di interessante.”
“Già. Una volta che potrai volare di nuovo, allora avrai un sacco di cose da raccontargli!” disse Ron, il tono incoraggiante.
Harry sembrava ancora dubbioso. “Immagino di sì... se non fosse che lui non è davvero molto interessato al Quidditch.”
L'espressione di Ron si riempì d'orrore. “Non è interessato al – Stai scherzando?”
Harry ed Hermione si scambiarono un'occhiata divertita. “Be', voglio dire, vuole che la sua Casa vinca la Coppa e tutto il resto, ma non è come se spendesse un sacco di tempo a leggere i punteggi di Quidditch nel Profeta o qualcosa del genere.”
Ron scosse la testa, sbalordito. “Miseriaccia.”
“Be',” disse la sempre pratica Hermione, “perché non fai qualcosa che lui troverebbe interessante?”
Harry si illuminò. “Questa è una grande idea!”
“Già! … Uh, tipo?” chiese Ron dopo un attimo.
“Be', potresti fare una ricerca per dei crediti extra in Pozioni,” iniziò Hermione, il tono animato. “O magari -”
“Nah,” Harry mise da parte le sue idee, eccitato. “Risolveremo un mistero!”
L'espressione di Hermione si fece preoccupata. “Che mistero? Sarà meglio che tu non stia parlando del terzo piano -”
Harry alzò gli occhi al cielo. “No, Hermione. Non sono stupido, d'accordo? Il Professor Piton mi ucciderebbe se andassi lassù dopo che il Preside ci ha detto di non farlo e che era pericoloso. E, anche peggio, il Preside potrebbe decidere di rimandarmi dai Dursley per avergli disobbedito.”
“Ma quale altro mistero c'è?” chiese lei, perplessa.
“Il professor Raptor!”
“C'è un mistero sul professor Raptor?” fece ecò Ron, confuso.
“Sicuro!” Gli occhi di Harry erano scintillanti. “Voglio dire, il Professor Piton non lo sopporta – gli lancia sempre L'Occhiata – e questo deve voler dire qualcosa. E ora è stato in Infermeria sin dalla partita di Quidditch – anche questo deve voler dire qualcosa!”
Hermione alzò gli occhi al cielo. Ragazzi! Sempre in cerca di un segreto là dove non c'era. “Vuol dire che il pover'uomo è caduto dagli spalti nel mezzo della confusione. Il Preside ha detto che è stato ferito gravemente e che sarebbe dovuto rimanere lì per un po', ricordi?”
Harry sbuffò, incredulo. “Avanti! Madama Chips ha sistemato il tuo polso in un attimo – cosa potrebbe essersi fatto che abbia bisogno di più di una settimana per essere guarito? Se fosse così ferito, perché starebbe qui? Non dovrebbe essere in un ospedale?” Si interruppe bruscamente, un poco incerto. “Ci sono ospedali per i Maghi, vero?”
Ron parve pensieroso. “Ha ragione, Hermione. Se qualcuno venisse ferito sul serio, dovrebbe essere portato all'ospedale magico, il San Mungo. Voglio dire, Madama Chips è davvero brava, ma lei è una persona sola, e questa è solo l'infermeria di una scuola. Il San Mungo ha un sacco di personale e di incantesimi speciali e tutto il resto.”
“Hmmmmm.” Harry vide quello sguardo negli occhi di Hermione e seppe che anche lei era interessata.
“E poi c'è il più grosso mistero di tutti,” disse Harry in tono allettante. “Cosa c'è sotto il suo turbante?”
Ron sbuffò, divertito. “E' come chiedere cosa c'è sotto al kilt?”
Hermione gli lanciò un'occhiata di sussiegosa disapprovazione, ignorando le risatine di Harry. “Sono certa di non sapere cosa intendi dire, Ronald.”
“Sul serio, però,” insisté Harry. “Ho sentito qualcuno degli studenti più grandi che ne parlavano, e lui non ha mai indossato un turbante, prima, perciò perché ha iniziato? Magari ci sta nascondendo dentro qualcosa!”
Hermione lo guardò, dubbiosa. “Perché? Se aveva qualcosa da nascondere, perché non metterlo semplicemente nella Gringott o in qualche altro posto che sia sicuro?”
“Magari non può. Magari è qualcosa che è su di lui,” suggerì Ron. “Come – come una cicatrice da maledizione!” esclamò, lo sguardo che scivolava su quella di Harry.
“E' un insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure. Perché dovrebbe sentire il bisogno di nascondere una cicatrice da maledizione?” obiettò Hermione.
“Magari perché ha perso lo scontro e non vuole che qualcuno faccia domande e lo scopra?” propose Ron, un po' fiaccamente.
“Scommetto che sta solo diventando calvo ed è vanitoso,” disse Hermione, il tono definitivo. “Gli uomini possono essere davvero sciocchi quando si tratta di perdere i capelli.”
Ron alzò gli occhi al cielo. “Già, davvero. E le ragazze non sono sciocche per quanto riguarda i loro capelli per niente.” Mimò l'acuta voce di Lavanda ed il suo tono petulante. “Ooooh, non so davvero cosa devo fare, Calì! I miei capelli semplicemente non stanno nel modo in cui voglio. Sei così fortunata che i tuoi capelli siano così perfetti. Vorrei averli io lisci come i tuoi!”
Harry si unì a lui. “Oooooh, Lavanda, non so di cosa stai parlando! Io amo i tuoi capelli. Hai tutti quei ricci adorabili. Vorrei averli io i capelli ricci!” Mise insieme Harry in una passabile imitazione di Calì.
Hermione sbuffò. “Aspettate e vedrete, voi due. Qualche anno e sareste anche voi di fronte allo specchio – cercando di apparire carini e di impressionare le ragazze!”
Harry e Ron collassarono in preda alle risate. “Noi? Specchi? Ragazze? Sì, certo!”
Hermione sbuffò di nuovo e alzò gli occhi al cielo. Certe volte era così dura essere quella matura.

***



Piton adocchiò le pile di pergamene ancora da correggere e sospirò. Il lavoro si era accumulato nel corso dell'ultima settimana, per colpa di tutto il tempo che aveva speso organizzando dietro le quinte la riemersione di Black nel Mondo Magico; per non menzionare del tempo occorso per convincere Silente che bisognava fare qualcosa riguardo a Raptor. Dopo l'ultima partita di Quidditch aveva detto ad Albus in termini estremamente decisi che doveva liberarsi di quel rottame balbuziente, ma il Preside si era dimostrato sorprendentemente recalcitrante.
All'inizio Piton aveva presunto che, ancora una volta, l'incapacità di Albus di vedere il lato oscuro di chiunque lo stesse rendendo cieco alla minaccia che l'uomo costituiva per Harry; ma una conversazione ulteriore aveva reso chiaro che Silente voleva semplicemente sapere chi stava dando ordini a Raptor.
“Tu ed io sappiamo entrambi che il Professor Raptor non ha né il cervello né l'ambizione necessari ad attaccare Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto per sua decisione,” aveva detto Silente, il portamento per una volta tetro. “Voglio sapere chi ha l'audacia di attaccare uno dei miei studenti su questi stessi terreni.”
Piton aveva ammesso di malavoglia che c'era della logica dietro ad un simile piano – avrebbe potuto essere Lucius? O uno dei Lestrange, che manovravano da Azkaban? O magari... Fu costretto ad ammettere che non saperlo era semplicemente troppo pericoloso. “Molto bene. Ma come hai intenzione di impedirgli di attaccare Harry di nuovo o – nella improbabile possibilità che non sia un piano di Mangiamorte – un altro studente?”
“Rimarrà in Infermeria, per riprendersi dalla sua terribile caduta,” replicò Silente, gli occhi nuovamente scintillanti. “Sembra che nel caos il povero Professor Raptor abbia perso l'equilibrio ed abbia riportato alcune ferite veramente gravi in una caduta dalle scale.”
Piton acconsentì di malavoglia. Almeno avrebbe dato loro un po' di tempo. Il piano teneva Raptor isolato ed Harry al sicuro, mentre non – necessariamente – metteva sul chi vive chiunque fosse a manovrare Raptor dietro le quinte. Ma non si fidava del tutto di Albus, ed aveva preso l'abitudine di aggirarsi nei corridoi circostanti l'Infermeria durante la notte, assicurandosi che il professore di Difesa contro le Arti Oscure non sgattaiolasse fuori mentre Madama Chips dormiva.
Tra la sorveglianza a Raptor, la stesura delle conferenze stampa di Sirius, le lezioni e il controllo sulla sua Casa, si stava sentendo più che un po' stanco. Non aveva prestato nemmeno molta attenzione ad Harry, anche se, almeno, lo vedeva in classe e nella Sala Grande per i pasti, per non parlare delle sere nelle quali supervisionava la loro punizione. Per alcuni giorni il ragazzo era parso un poco quieto: ma ora lui ed i suoi piccoli amici tenevano costantemente le teste vicine, bisbigliando e borbottando. Ovviamente stavano complottando qualcosa per celebrare la fine della punizione e, se non fossero stati cauti, in punizione ci sarebbero tornati dritti filati, pensò Piton, furioso. Non aveva alcuna intenzione di permettere ad Harry di fare tutto quel che voleva come aveva fatto suo padre; anche se doveva ammettere di non essere stato, ultimamente, un tutore particolarmente bravo. Forse doveva fare qualcosa con il moccioso, giusto per ricordare alla piccola minaccia che era sotto stretto controllo.

***



“NO! No no no no. No.”
Albus sorrise. “Voglio solo che tu ci pensi sopra, ragazzo mio.”
“Sei diventato sordo, Preside? Ho detto no. L'idea è assurda. Quando ho sollevato l'argomento, stavo pensando, per esempio, di far fare i compiti al moccioso nelle mie stanze, una sera,” sbottò Piton, prendendosi mentalmente a calci per aver anche solo menzionato le sue riflessioni ad Albus.
“Così che lui possa lavorare ad un tavolo e tu ad un altro? Certo questo non è trascorrere del tempo con lui.”
“Di sicuro è trascorrere del tempo con lui. Sarebbe in mia presenza, no? E' questo che significa 'con lui'. E la tua idea è evidentemente ridicola. Non ho intenzione ad incoraggiare il piccolo mostro a celebrare la fine di una punizione. Questa sarebbe l'epitome di un incoraggiamento a comportarsi male!”
“Non ho suggerito nulla di simile, Severus -”
“Portare fuori il ragazzo per un gelato il primo giorno dopo la fine della sua punizione è senza dubbio una celebrazione delle conclusione della stessa. Non ho intenzione di comprargli dolci e farne un dramma quando con le sue azioni tremende si è meritato ogni giorno di quella punizione.” Piton s'imbronciò. “Sarebbe lo stesso che dirgli che la punizione è stato troppo dura.”
“Non stai né celebrando né scusandoti per la punizione,” obiettò Silente, calmo. “Stai commemorando il fatto che, ora che ha concluso la sua punizione in maniera soddisfacente, gli sono consentiti nuovamente i suoi normali privilegi. Ancora di più, gli stai ricordando alcuni di questi privilegi, quali una gita in città ed un dolce.” Fece una pausa, lo scintillio dei suoi occhi sostituito da un bagliore astuto. “In un certo senso, sarebbe piuttosto crudele, sai, mostrargli cosa si è perso durante l'ultima settimana e ricordargli cosa rischia di perdere, se si comporterà male di nuovo.”
L'espressione di Severus si smosse leggermente, e Silente approfittò del vantaggio. “E lo allontanerebbe dal castello e dal Professor Raptor in un giorno del fine settimana durante il quale sarebbe altrimenti difficile tenerlo d'occhio. Potrebbe, per esempio, aver voglia di farsi un giretto dopo essere stato al chiuso così a lungo. Si è comportato bene, no? Senza sgattaiolarsene qua e là a dispetto della punizione?”
“No,” ammise Piton, controvoglia. Ne era stato piuttosto sorpreso. James Potter non avrebbe mai accettato una punizione così docilmente, ma Harry e gli altri avevano obbedito alle restrizioni, avevano consegnato i loro saggi ed anche assistito alla preparazione degli ingredienti per pozioni senza lamentele e piagnucolii.
“Ecco, vedi?” disse Albus allegramente, come se Piton avesse appena acconsentito alla sua ridicola proposta. “Divertiti, ragazzo mio.”
“Preside, anche se io avessi intenzione di allontanare il ragazzo dai terreni scolastici, non c'è ragione di portarlo fino a Diagon Alley. Hogsmeade è perfettamente adeguata per -”
“No, no, ragazzo mio. Diagon Alley. Harry ha bisogno di sperimentare la Gelateria di Florian Fortebraccio,” Albus sorrise mentre si allontanava, lasciando Piton ad infuriarsi con sé stesso.
Be'? Avrebbe dovuto fare quel che la vecchia gazza evidentemente voleva, portando il ragazzo in gita? Gli avrebbe dato un'altra cosa che avrebbe potuto sottrargli durante una punizione, e la scopa aveva funzionato spettacolarmente bene in tal senso...
Oh, d'accordo. Poteva acconsentire, già che c'era, dal momento che Silente non gli avrebbe dato un attimo di pace finché non l'avesse fatto. Oltretutto, in questo modo poteva recuperare alcuni ingredienti mentre erano in giro e vedere se c'era qualche nuova rivista di Pozioni al Ghirigoro. Ma di certo non aveva intenzione di portarsi dietro un intero branco di mocciosi. Rabbrividì al pensiero di guidare Neville Paciock, Draco Malfoy e il resto degli amici di Harry in giro per Diagon Alley. No, pensò severamente, questo non era una gita per la piccola corte di Harry. Se il moccioso si rifiutava di andare senza i suoi amici, allora avrebbe imparato cosa significava starsene seduto nelle sue stanze e copiare righe per tutto il giorno. Questo gli avrebbe mostrato che c'erano cose peggiori che non dover accompagnare il suo severo tutore in giro per Londra e comportarsi bene. Se Potter pensava che una gita senza i suoi amici fosse un'ipotesi troppo noiosa da contemplare, allora avrebbe imparato in fretta la verità. Piton annuì, soddisfatto. Avrebbe reso chiaro che non era in alcun modo un premio per il ragazzo, ma un obbligo riguardo al quale avrebbe fatto meglio a non lamentarsi.

***



Harry trotterellava contento al fianco del suo tutore. Era così fortunato! Il Professor Piton lo aveva portato con sé per tutta la strada fino a Londra! Solo lui, Harry. Nessun altro. Non Flint o Jones e neanche Draco – no, il Professor Piton aveva preferito scegliere lui prima che tutti i suoi serpenti. Anche Hermione, con i suoi voti migliori, sarebbe stata in un certo senso una scelta più ragionevole, ma no, il suo professore aveva voluto lui.
Harry scintillava di gioia. Non aveva mai avuto un adulto che volesse trascorrere del tempo con lui, prima d'allora; eppure non c'era nessun'altra spiegazione per il comportamento di Piton. Harry si sentiva come se fosse sul punto di esplodere dalla felicità.
Anche il momento scelto dal Professor Piton era perfetto. Era il primo giorno dopo la fine della punizione, e quella mattina Hermione aveva aspettato fuori dalla porta che Madama Pince aprisse la biblioteca: progettava di trascorrere lì la giornata, in mezzo ai libri, per recuperare l'assenza dell'ultima settimana. Harry scosse la testa. Ragazze.
Nel frattempo, i gemelli avevano promesso di portare Ron di soppiatto nelle cucine e di convincere gli elfi domestici a dargli tutti i dolci che si era perso durante l'ultima settimana. Harry sospettava che stessero sperando che Ron avrebbe mangiato fino a sentirsi male; ma lui aveva più fede nell'enorme appetito del suo migliore amico. Sospettava che i gemelli avrebbero potuto finire delusi quando la loro “buona azione” si sarebbe dimostrata essere precisamente quello, ma magari il suo era solo un pensiero ingiusto. La loro promessa riguardo alla visita di oggi aveva permesso a Ron di superare alcuni tra i lunghi, lunghi pasti durante i quali aveva potuto solo fissare i dolci con muto desiderio. Harry aveva detto a Ron di non soffermarsi al tavolo quando i dolci venivano serviti, sapendo dalla sua amara esperienza tra i Dursley che era molto peggio essere in grado di vedere e fiutare i cibi che non avevi modo di assaggiare; ma Ron preferiva torturarsi così.
Il suo atteggiamento aveva fatto in modo che il resto della scuola venisse a sapere tutto riguardo alla punizione, e, come risultato, Harry era stato il destinatario di più di uno sguardo di simpatia da parte di studenti che, ovviamente, consideravano il suo tutore come un uomo spaventosamente severo. Gran parte degli altri insegnanti si sarebbero accontentati di assegnare punizioni e, magari, righe da scrivere, dicevano. Solo Piton avrebbe scelto delle penalità così mirate e dolorose.
Harry aveva accettato allegramente la sollecitudine dei suoi compagni di scuola – era un bel cambiamento dall'essere definito “quello strambo ragazzino che vive con i Dursley” – ma era, in realtà, piuttosto orgoglioso che il suo tutore non si limitasse a dargli un sacco di botte (come avrebbero fatto i Durlsey) o ad usare un approccio indifferente sul genere del “la stessa cosa va bene per tutti” (come il resto del corpo docente sembrava fare), quando lui sbagliava. Trovava piuttosto bello che il suo professore passasse del tempo a riflettere su cosa l'avrebbe impressionato maggiormente e a scegliere punizioni che gli insegnavano qualcosa, in effetti, come il saggio, o che bilanciavano l'infrazione, come la proibizione di volare. Non era sicuro del perché gli altri studenti non vedessero le cose a questa maniera, ma supponeva potesse essere una cosa da Maghi, e non se ne preoccupava troppo.
Ed ora, come per rassicurare tutte le sue paure sul fatto che il suo Professore potesse essere ancora arrabbiato con lui, questi lo stava portando a Diagon Alley come premio speciale ! Il Professor Piton aveva messo in chiaro che stava andando a Diagon Alley per sbrigare alcune faccende, e che in genere non portava nessuno con sé, ma che aveva intenzione di permettere ad Harry di accompagnarlo! Si era anche preso un po' di tempo per spiegare esattamente come Harry avrebbe dovuto comportarsi, cosa che aveva reso Harry ancora più felice. L'ultima volta che era stato a Diagon Alley con Hagrid era stata divertente: ma lui era stato anche troppo consapevole del fatto di spiccare come un elefante in una cristalleria, non sapendo come vestire o parlare o comportarsi. Questa volta il Professor Piton si era assicurato che Harry fosse ben preparato e che non avrebbe fatto figuracce. Stava persino permettendo ad Harry di camminargli accanto, invece che farlo restare diversi passi dietro di sé come i suoi parenti l'avevano sempre costretto a fare. Harry si strinse tra sé e sé per la delizia. Questo era uno dei più bei giorni della sua vita.

Piton lanciò un'occhiata al monello che gli camminava accanto. Almeno il moccioso, ora, stava tenendo il passo. All'inizio la piccola minaccia gli aveva camminato alle spalle: ma, dopo che Piton l'aveva afferrato per un polso e trascinato con sé, tenendogli la mano come fosse un bambino disobbediente, il moccioso aveva imparato la lezione. Ora se ne stava appiccicato al suo fianco e – stranamente – sorrideva.
Piton ammirò controvoglia la capacità del demonietto di accettare un rimprovero. La maggior parte dei suoi Serpeverde – incluso, se proprio doveva essere onesto, lui stesso – avrebbe tenuto il muso per ore dopo un simile trattamento; ma Harry sembrava semplicemente accettare il punto di vista di Piton ed andare avanti. Si era comportato similarmente dopo che Piton l'aveva fatto sedere e gli aveva spiegato in maniera tormentosamente dettagliata come si aspettava, precisamente, che Harry si comportasse. Aveva sottolineato tutti i comportamenti inaccettabili e l'aveva addestrato sul galateo di base finché non si era aspettato che il ragazzo sarebbe esploso: aveva undici anni, dopotutto, e non poteva apprezzare il fatto di ricevere le lezioni su cose elementari quali l'uso degli incantesimi per lavare le mani nei bagni pubblici o la necessità di scusarsi se si fosse trovato a passare, per strada, tra un mago e il suo animale1.
Tuttavia Harry aveva ascoltato, apparentemente con rapita attenzione, e Piton non aveva avuto successo nel cercare di dimostrare che il ragazzino lo stava facendo con sarcasmo. Anche il suo “grazie”, dopo aver ascoltato Piton recitare in tono monotono i saluti appropriati per i goblin della Gringott, era suonato sincero ed interessato. Piton decise che Albus doveva aver sussurrato qualcosa al moccioso riguardo alla gelateria di Forbebraccio, e che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di fare qualcosa che potesse mettere a rischio il suo premio, non importava quanto insultato potesse veramente sentirsi.
Piton era stato sorpreso che il moccioso non avesse nemmeno chiesto di poter portare con sé i suoi amici; ma, di nuovo, forse Albus l'aveva avvertito. Doveva ammettere che il ragazzo stava – per ora – comportandosi veramente molto bene. Non si era neanche sentito male dopo la Smaterializzazione, con grande sorpresa di Piton.

***



Harry era in paradiso. Aveva amato la sensazione della Smaterializzazione Congiunta, specialmente perché gli aveva dato una ragione socialmente accettabile di abbracciare il suo tutore. Piton l'aveva guardato un poco stranamente ma non aveva obiettato, e gli aveva anche assestato una piccola pacca sulla spalla, accompagnata da un “ben fatto”, quando Harry era rimasto in piedi durante il trasferimento. Ed adesso avevano passeggiato per Diagon Alley per ore.
Piton continuava ad entrare nei negozi più affascinanti – con strani ingredienti per pozioni e meravigliosi libri – ed aveva comprato qualcosa ad Harry nella maggior parte di essi. Era una cosa assolutamente senza precedenti nell'esperienza di Harry, che aveva protestato; ma il suo professore aveva insistito al solito modo. “Potter! Ne ho abbastanza della tua impertinenza! Avere questa guida d'accompagnamento al tuo libro di testo di Pozioni ti renderà in grado di sviluppare i temi per i tuoi saggi in maniera molto più approfondita. Basta discussioni. Io comprerò questo libro e tu lo leggerai. Hai capito?”
Ed ora Harry continuava a sfogliare il meraviglioso libro – che aveva illustrazioni animate per mostrare passo dopo passo la differenza tra tagliare ed affettare e perché girare il mestolo in senso antiorario fosse importante e come si potevano distinguere gli occhi di salamandra dagli occhi di tritone e... “Potter! Fa' attenzione! Sei quasi finito addosso a quel chiosco!”
“Mi dispiace, signore. Signora...” disse Harry in fretta, rivolgendo un cenno del capo alla proprietaria del chiosco. La vecchia signora si accorse della sua cicatrice e trattenne il fiato, deliziata.
“Ooooh, signor Potter, signore! Ecco, accettatene uno da parte della casa!” Gli cacciò un bastoncino in mano e respinse con un gesto della mano i suoi ringraziamenti.
Harry si affrettò a tornare dove il Professo Piton stava aspettando con un'espressione acida sul viso.
“Che cos'è, signore?” chiese, alzando il bastoncino per permettergli di ispezionarlo.
“Un Lecca-lecca Tutto-Il-Giorno,” sbottò Piton. “Ha il sapore di qualunque cosa sia appropriata a seconda dell'ora – frittelle al mattino, tè a mezzogiorno, e via discorrendo.”
“Fantastico!” disse Harry, cacciandoselo in bocca. “Mmm!”
Piton sbuffò. “Proprio quel di cui hai bisogno – altro zucchero.”
Harry fece per togliersi di bocca il lecca-lecca, ma Piton scosse la testa, fissandolo con aria di rimprovero. “Sarebbe stato estremamente scortese rifiutarlo, e suppongo che tu abbia ancora bisogno di un supplemento aggiuntivo di calorie per rimediare alle carenze del passato.”
Harry si rimise in bocca il lecca-lecca, allegramente, e porse il suo libro al professore perché lo riponesse insieme al resto degli acquisti.
“Potter,” disse Piton, un poco a disagio, mentre proseguivano lungo la strada, “stai... bene?”
“Huh? N'n mi sono f'tto male contro il ch'osco, dici in qu'sto senso?” disse Harry, perplesso.
“Non bofonchiare attorno al dolce in questa sciatta maniera,” lo rimproverò Piton in tono tagliente. “Toglitelo dalla bocca quando parli.”
“Sì, signore. Mi dispiace, signore. Cosa vuoi dire, chiedendo se sto bene?”
“E' una domanda abbastanza semplice.” La voce di Piton era dura, rivelando quanto si sentisse a disagio. “Hai sperimentato molti cambiamenti nella tua vita nel corso di questi pochi mesi. Sarebbe naturale sentirsi – scombussolato.”
“Oh.” Harry ci pensò su. La sua vita di certo era cambiata un sacco, ma erano stati tutti cambiamenti in meglio. Aveva un nuovo posto dove vivere, amici, per la prima volta, più che a sufficienza da mangiare, e – meglio di tutto ciò – aveva un tutore che si occupava di lui e che lo viziava con gite e regali. Stava imparando ad usare la magia e nessuno l'aveva chiamato mostro da mesi. Anche quando finiva nei guai, qui, non doveva preoccuparsi di essere picchiato... La vita poteva migliorare? “Non penso di sentirmi scombussolato. Va tutto bene,” assicurò al suo professore.
“L'attenzione attorno al tuo padrino è stata,” Piton si schiarì la voce, a disagio, “difficile da sopportare, per te?”
Harry ci pensò su. L'unica vera difficoltà era sorta quando Piton l'aveva sorpreso a guardare quella che si era rivelata essere una fotografia volgare. Harry ancora non sapeva se il suo padrino aveva aiutato ad uccidere i suoi genitori oppure no – immaginava che il suo professore gliel'avrebbe detto, quando tutto fosse stato risolto ed una decisione fosse stata raggiunta sull'argomento – ma, anche se non era stato lui, qualcuno aveva aiutato ad ucciderli e loro sarebbero rimasti comunque morti a prescindere. Harry sospettava che, se avesse ancora vissuto con i Dursley, allora gli sarebbe importato molto di più sapere della colpa o dell'innocenza del suo padrino, dato che questi avrebbe potuto fornirgli un modo di sfuggire alla custodia dei suoi parenti; ma, dal momento che ora aveva il suo professore, tutto diventava molto meno rilevante.
Oltretutto non sapeva come fosse questo padrino. Per la maggior parte della sua vita la fortuna di Harry aveva fatto piuttosto schifo, e lui sapeva di non doversi aspettare che le cose andassero bene per lui. E se il suo padrino fosse stato cattivo o prepotente come i Dursley? O anche solo molto meno tollerante del suo tutore? Harry ne aveva abbastanza di venire sgridato ferocemente e di essere picchiato (picchiato davvero, non le piccole pacche che somministrava il suo professore) e di essere costretto a pulire i pavimenti. Sapeva che il suo professore non avrebbe mai fatto nessuna di queste cose – ma con questo nuovo sconosciuto tutto sarebbe stato possibile. No, Harry era molto felice precisamente lì dov'era.
Sapeva che il suo professore era ancora in attesa di una risposta; così, scrollò le spalle. “Non molto.”
Piton aggrottò la fronte. Il moccioso era in una fase di diniego? Stava nascondendo i suoi veri sentimenti? Hmmm. Avrebbe dovuto cercare qualche altro libro sulla psicologia dei bambini. Magari quei libri Babbani per i quali aveva fatto un ordine speciale erano finalmente arrivati al Ghirigoro. “Vieni, Potter,” lo condusse nel negozio. “Puoi scegliere due libri da acquistare,” disse, severamente. “Solo due, bada bene!”
La bocca di Harry si spalancò “M-ma, Professore -”
“Niente discussioni,” sbottò Piton. Avido piccolo demonietto! “Due!”
“Ma mi hai già comprato un libro! Non devi comprarmene altri!” protestò Harry. Era già costato così tanto al suo professore, oggi.
Piton sbatté le palpebre, riadattando i suoi preconcetti. “Potter,” disse, il tono decisamente meno talgiente, “so perfettamente che non 'devo' comprarti questi libri, ma è d'uso permettere qualche regalo durante un'uscita per acquisti – se ti comporti come un giovane mago dovrebbe,” aggiunse in fretta, per evitare che il moccioso pensasse che aveva diritto a tali regali.
Il sorriso si spanse sul viso di Harry come la luce del sole. “Perciò sono stato bravo? Mi sono comportato bene?”
“Non l'ho appena detto? Devo farti controllare l'udito da Madama Chips?” chiese Piton, tagliente. “Ora vai a cercare i tuoi libri. Non me ne starò qui seduto ad aspettare mentre perdi tempo!”
Harry schizzò via, dritto verso la sezione riservata al Quidditch. Prevedibile. Piton alzò gli occhi al cielo e si mosse verso il bancone sul retro del negozio.
Aveva appena finito di pagare i propri libri ed era sul punto di andare in cerca del mostriciattolo quando una voce alle sue spalle mormorò, “Severus. E' bello rivederti.”
“Lucius.” Si girò, il viso attentamente neutro.
“Signor Malfoy! Salve!” Harry apparve al suo fianco, sorridendo a Malfoy. “C'è anche Draco?”
“No. Presumo che Draco sia al sicuro ad Hogwarts,” replicò Lucius, lanciando un'occhiata significativa a Piton. “L'anno scolastico è ancora in corso, giusto?”
Gli occhi di Severus si assottigliarono, ma lui non abboccò. Harry, d'altra parte, fu ingenuo come sempre. “Oh, sicuro. Ma il Professor Piton doveva fare compere, così mi ha portato con sé. Non è stato gentile da parte sua?”
“Certamente,” rispose Malfoy; ma il sorriso non si estese ai suoi occhi. “Deve prendersi cura di te in maniera eccezionale.”
Harry annuì energicamente. “E' fantastico!”
“Ecco perché sono stato sorpreso nell'udire delle tue ultime avventure,” proseguì Malfoy, finalmente girandosi per guardare direttamente il ragazzo. “Un troll, signor Potter?”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Come lo sa – Oh! Draco gliene ha parlato?”
“L'ha fatto, anche se ne avevo già letto nei giornali.”
La bocca di Harry formò una “O” di sorpresa. “I giornali! Sul giornale c'era scritto del troll?” Si girò per fronteggiare Piton. “Lo sapevi?”
“Be', signor Potter, certo che i giornali erano interessati nell'apprendere che gli studenti di Hogwarts sono stati minacciati da un troll,” rispose Lucius, prima che Piton potesse. “Hogwarts sembra essere diventata un luogo molto pericoloso.”
“Eppure, malgrado gli sforzi del troll, il ragazzo sta bene,” rispose Piton, freddamente. “Faresti bene a ricordartelo.”
“Hanno scritto tutto?” chiese Harry, ignaro del discorso sottinteso in corso tra i due uomini. Guardò Piton, l'espressione implorante. “Hanno scritto di... hai capito?” Davanti all'espressione di incomprensione di Piton, lanciò un'occhiata agonizzante al di sopra di una spalla, verso Lucius, poi bisbigliò, “Sai. Sulla nostra punizione e tutto il resto?”
Piton alzò gli occhi al cielo. Bambini! “No, Potter, malgrado io sia anche troppo consapevole che l'insaziabile curiosità del pubblico nei tuoi riguardi implica indubbiamente che a loro sarebbe piaciuto sapere che hai ricevuto uno scapaccione e sei stato messo in punizione -” Harry si agitò, lanciando un'occhiata mortificata davanti all'espressione divertita di Lucius. “- nessuna informazione del genere era contenuta nell'articolo. Questo segnalava semplicemente che un troll era entrato ad Hogwarts e aveva minacciato diversi studenti prima d'essere neutralizzato. Gran parte dell'articolo si concentrava sull'ovvia necessità di migliorare le barriere della scuola per impedire che qualcosa di simile accada di nuovo.”
“Oh.” Harry era sollevato. Non voleva che tutti conoscessero dettagli così imbarazzanti sulla sua vita. Era abbastanza brutto che gran parte della scuola lo sapesse! “Perciò lo saranno? Le barriere, voglio dire. Migliorate.”
“Oh, sì,” replicò Piton, calmo. “La reazione del pubblico è stata notevole. Caramell ha autorizzato le spese aggiuntive la settimana passata, e credo d'aver capito che il Preside farà mettere le nuove barriere al loro posto molto presto.”
Se si fosse trovato a dover scrivere qualche altra dichiarazione per la stampa, avrebbe dovuto aggiungere “giornalista” al suo curriculum; ma, dopo che Albus aveva estromesso tutti i giornalisti dai terreni scolastici, il Profeta era stato anche troppo lieto di accettare il suo resoconto degli eventi, sotto un nome d'arte: e questo gli aveva offerto l'opportunità di migliorare le barriere della scuola, salvaguardando ulteriormente il suo protetto. Aveva detto a Silente per anni che le barriere stavano consumandosi, ma in assenza di una minaccia credibile le sue parole erano cadute nel vuoto. Il mantenimento di altre aree del castello era sempre stato visto come un problema più immediato.
Be', non più. Ora Albus stava installando alcune tra le più potenti e globali barriere a disposizione, aiutato dal meglio della Gringott.
Sembrava che Lucius avesse fiutato qualcosa di sgradevole. “Capisco,” disse, brevemente. “E riguardo alla partita di Quidditch? Cos'è successo lì?”
Anche quello è finito sul giornale?” chiese Harry, incredulo.
“No. Ne ho avuto notizia da Draco,” ammise Lucius.
“Hai trovato i tuoi due libri?” intervenne Piton, prima che il moccioso potesse rispondere alla domanda di Lucius.
“Erm – uno solo,” ammise Harry.
“Allora vai a cercare l'altro. Sbrigati!” il tono di Piton non lasciava spazio alle discussioni, ed Harry si affrettò ad allontanarsi. Il professore di Pozioni si volse verso Malfoy, adocchiandolo con un'occhiata che pareva volerlo valutare. “E cosa ne sai, tu, della partita di Quidditch?” chiese freddamente.
Malfoy allargò le braccia in un gesto derisorio. “Oh, nulla, Severus. Solo che sembra che – di nuovo – il tuo protetto sia stato vittima di un attacco. Questo genere di cose sembrano accadergli piuttosto di frequente, non trovi?”
“Mm. E malgrado questo il ragazzo sta bene, e sono i suoi assalitori a soffrire di una pessima salute, ora.” Piton stava facendo tutto quel che era in suo potere per rigirare gli eventi in maniera tale che supportassero il suo messaggio: più forte e più invulnerabile appariva il ragazzo, meno Mangiamorte avrebbero avuto il coraggio di attaccarlo, specialmente in assenza di Lord Voldemort che li spronasse.
Malfoy aggrottò la fronte. “Ho pensato a quel che mi hai detto,” affermò, cambiando bruscamente argomento.
Piton inarcò un sopracciglio. “E?” “Ammetto che hai messo in luce alcune idee che sono... nuove... per me, ma difficilmente puoi aspettarti che lanci me e i miei al fianco di un ragazzino sulla base di pochi scontri fortunati.”
Gli occhi di Piton si assottigliarono. “E' così che definiresti sopravvivere alla Maledizione Che Uccide?”
“Nessuno sa se sia stato il ragazzo oppure sua madre, o se si sia trattato di un qualche errore da parte del -” Lucius si guardò attorno ed abbassò la voce. “- Signore Oscuro.”
“E il troll? E l'ultimo attentato?”
“Interessante, ma non inoppugnabile,” disse Lucius sprezzante. “Il ragazzo deve fare altro per dimostrare di essere in grado di fronteggiare... Be'. Tu capisci quel che voglio dire.”
“Il ragazzo ha a malapena undici anni ed ha già fatto quel che nessun altro mago ha fatto mai.”
“Non sono ancora convinto. Quando lo sarò, te lo farò sapere.”
Piton reclinò il capo in avanti e si allontanò. In realtà aveva ottenuto una concessione maggiore da Malfoy di quanto si fosse aspettato. Era evidente che la sconfitta del Signore Oscuro, dieci anni prima, l'avesse scosso profondamente, per non parlare del quasi totale disastro che la sua scelta di alleanze aveva causato alla sua famiglia. I metodi di Voldemort potevano aver combaciato con alcuni dei gusti piuttosto inusuali di Lucius, e la sua nozione di superiorità purosangue senza dubbio aveva soddisfatto la vanità dell'uomo: ma la prima lealtà di Lucius sarebbe sempre andata innanzitutto e soprattutto al nome dei Malfoy. A differenza di sua cognata, il fanatismo della quale per il Signore Oscuro non conosceva limiti, Malfoy si era sottomesso solo per le torture e per il potere. Non aveva mai avuto alcun interesse di portare avanti la filosofia di Voldemort a costo dei suoi stessi interessi... ecco perché aveva dichiarato d'essere sotto Imperius, mentre l'imperitura fedeltà di Bellatrix a Voldemort le aveva assicurato la cella accanto a quella di Black.
Certo, mentre Malfoy era indubbiamente propenso a cercare il miglior lato al quale unirsi, per sé stesso e per la sua famiglia, fino a che non fosse stato convinto che era nei suoi interessi allearsi con Harry e non contro di lui, rimaneva pericoloso. Piton non era certo di cosa Lucius avesse inteso dire con il suo commento riguardo alla necessità di Harry di dimostrarsi capace. Suonava come qualcosa di inquietante, anche se Piton era rassicurato al pensiero delle nuove barriere che presto sarebbero state al loro posto.
Prese Harry, controllò e approvò con riluttanza la sua scelta di libri (uno era sui Cercatori famosi mentre l'altro, intitolato “Andata e Ritorno”2, sembrava essere la cronaca di un viaggio), poi lo portò in gelateria. Aveva saputo fin dal principio che sarebbe stato un incubo, ma fu genuinamente sorpreso nel vedere la maniera spaventosa nella quale il ragazzo si comportò.
Gli occhi di Harry erano enormi mentre fissava tutti i differenti gusti di gelato. Cambiò la sua ordinazione tre volte, correndo da una parte all'altra del bancone in un'agonia di indecisione. Alla fine la pazienza di Piton raggiunse il fondo, e lui ordinò al ragazzo di andarsene ad un tavolo sotto minaccia di un Incantesimo Incollante.
Pochi momenti più tardi arrivo al tavolo portando l'enorme coppa del ragazzo e la sua più modesta pallina. “Ti sei calmato?” brontolò irritato, spingendo la coppa di fronte al mostriciattolo. “Ti stai comportando come se non avessi mai – oh.” Bruscamente, comprese la ragione per l'eccitazione del ragazzo.
Harry arrossì, ma non confermò i sospetti di Piton. Non ce n'era bisogno.
“Be'.” Piton si sforzò di ritrovare un po' dell'irritazione di prima, per evitare che un'inutile ondata di pietà lo sopraffacesse. Anche il suo stesso padre – nelle poche occasioni nelle quali non era stato ubriaco e violento – l'aveva portato fuori per un gelato. “Oserei dire che avremo molte opportunità di comprare un gelato, in futuro,” informò il moccioso, “ e mi aspetto che tu lo tenga a mente e che ti comporti con un minimo di dignità.”
L'imbarazzo di Harry scivolò via. Il Professor Piton gli aveva appena promesso che l'avrebbe portato a mangiare il gelato un sacco di volte! E il gelato magico aveva un aspetto molto migliore di quella noiosa roba da Babbani. Harry desiderò quasi di poter tornare indietro e dire a Dudley cosa si stava perdendo. “Posso – voglio dire, potrei3 iniziare?” chiese.
Piton annuì e Harry affondò il cucchiaio con gusto. MmmmmmmmMMMMMMMMmmm. Era davvero buono, esattamente come aveva sognato. Sì, c'era stata la piccola pallina di gelato qua e là insieme al dolce ad Hogwarts, ma mai una coppa, e mai questi gusti eccitanti.
Harry se ne cacciò un'altra cucchiaiata in bocca e gemette deliziato. Il professor Piton gli aveva perfino permesso di prendere un banana split4. Harry aveva desiderato di poterne avere uno sin da quando ne aveva letto, molti anni prima. Aveva commesso l'errore di dire al suo grasso cugino quanto desiderasse provarne uno, e da quel momento in poi aveva dovuto guardare Dudley ordinarne ancora e ancora. Inutile dire che Dudley si era assicurato che Harry non potesse neanche leccare il cucchiaio, non importava quanto a lungo pregasse o quanto duramente lavorasse per cercare di guadagnarne uno.
Harry sospirò, contento. Il Professor Piton non gli aveva fatto fare dei lavori in più per portarlo con sé. Oh, aveva detto ad Harry che, se si fosse comportato male, non avrebbe avuto il gelato, ma Harry quello l'aveva capito anche senza bisogno che gli fosse detto. E poi, anche quando aveva fatto diventar matto il professore con i suoi balbettii eccitati e il suo saltellare avanti e indietro, il professore gli aveva comunque dato il suo desiderato premio. Sì, ne era valsa la pena di aspettare, non solo per il puro gusto d'ambrosia del gelato, ma anche per il fatto che se ne stava seduto lì a goderselo con il suo professore.
Fu solo dopo che ebbe raccolto l'ultima goccia del gelato ormai sciolto che si girò verso il suo professore con una domanda, il tono per metà imbronciato, per metà divertito. “Non mi avresti davvero incollato alla sedia, vero?”
“Certo che l'avrei fatto,” disse Piton al moccioso, il tono altezzoso. “Quando mai non ho mantenuto la mia parola?”
“Ma -” Harry fece per protestare, giusto per amor di forma, perché riteneva che avere il sedere incollato ad una sedia fosse una punizione decisamente lieve, in confronto a quelle che i Dursley avevano spesso applicato a quella stessa area; ma poi un'idea lo colpì e la sua voce si perse.
Piton fissò il ragazzo con lieve preoccupazione. Il piccolo mostro, ora appropriatamente satollo di gelato, aveva cominciato a lamentarsi per qualcosa, solo per ammutolirsi quando i suoi occhi si erano focalizzati su qualcosa dentro di lui. La minaccia di Piton gli aveva riportato alla mente qualche orribile atrocità che i Dursley avevano commesso? Cercò di immaginare cosa potessero aver fatto che fosse stato rievocato dalla minaccia di Incollare il ragazzo da qualche parte... Forse l'avevano costretto a restare seduto su una sedia per ore o per giorni, senza permettergli di alzarsi per occuparsi delle proprie necessità? Forse l'avevano legato con sistemi Babbani? Forse... Piton scoprì che aveva piegato il cucchiaio in due, e che ora Harry lo stava fissando sbalordito.
La mente di Harry lavorò in fretta. Un Incantesimo Incollante! Certo! Ecco cosa serviva! Lui ed i suoi amici avevano cercato per giorni interi un modo per togliere il turbante a Raptor, ma erano solo riusciti a produrre idee sciocche che anche Ron riteneva fossero stiracchiate – uncini volanti, corrompere Pix, quel genere di cose. Ma Raptor era in infermeria, e ciò significava che doveva essere a letto; anche se avevano sentito dire da un Tassorosso, che aveva avuto bisogno di farsi visitare da Madama Chips per una maledizione andata di traverso, che l'uomo si era tenuto in testa il turbante anche in quelle circostanze. Tuttavia, se avessero Incollato il turbante al letto, poi fossero riusciti a farlo saltar su... Harry sorrise tra sé e sé. Questo poteva funzionare.
Ora tutto quel che doveva fare era convincere il suo professore ad insegnargli l'incantesimo. Si girò verso l'uomo solo per scoprirlo con la più orribile espressione torva che si potesse immaginare in viso e il cucchiaio torto come una ciambella tra le sue mani. Harry inghiottì a vuoto. Era stato lui a provocare l'uomo così tanto?
“Mi dispiace,” disse automaticamente, prima di ritrarsi ulteriormente nella sedia quando un nuovo spasmo di furia attraversò le fattezze dell'uomo.
Piton si trattenne a malapena dal lanciare il cucchiaio contro il muro. Sempre a scusarsi! Sempre a presumere che fosse colpa sua! Quei bastardi Babbani avevano molto del quale rispondere. Si calmò pensando a quale sarebbe stata la reazione dei Malandrini quando gliel'avrebbe raccontato. Remus aveva preso a chiedersi pigramente cosa avrebbero fatto i Dursley se avessero ricevuto notizia di aver vinto un viaggio nelle foreste della Romania, e se i domatori di draghi fossero mai a corto di cibo per i loro protetti. Sirius aveva replicato suggerendo che nelle foreste veramente profonde della Transilvania c'erano cose delle quali anche i draghi avevano paura... per non parlare del fatto che i lupi mannari potevano correre in libertà in quelle foreste, e di certo i draghi, essendo creature del cielo, potevano facilmente sbucar fuori dove meno li si aspettava, in particolare se un giovane domatore di draghi altamente motivato avesse mostrato loro la direzione da prendere. Remus era apparso intensamente pensieroso e aveva menzionato il fatto che i Babbani stessero cominciando a pensare alla Transilvania come ad una nuova località di vacanze alla moda.
All'epoca Piton aveva ricordato loro che non aveva intenzione di permettere ai Babbani di cavarsela così facilmente, e l'idea era stata fatta cadere; ma ora si stava chiedendo se non fosse stato troppo frettoloso. Che fossero sbranati da un lupo mannaro, con incenerimento per mezzo di fuoco di drago a seguire, suonava come un'ipotesi sempre più allettante.
“Non hai nulla di cui scusarti,” sbottò al ragazzo, allungandosi per potergli pulire la faccia piuttosto rudemente dal gelato. Si rifiutava di ammettere di aver bisogno di toccare il ragazzo per esserne rassicurato lui stesso: era solo che era stanco di guardare la crema al cioccolato che pareva rivestire le fattezze del ragazzo.
Harry sopportò le cure gentili dell'uomo, ricacciando indietro un senso di delizia. Molto tempo prima aveva realizzato che, indipendentemente da quanto la zia Petunia aveva mille attenzioni per Dudley, pulendogli il mento e tagliandogli la carne e baciandogli le guance, lui non avrebbe mai ricevuto lo stesso trattamento. Ma ora... D'accordo, in nessun modo avrebbe potuto accettare i bacini sulle guance (be', eccetto dalla Zietta Molly) o il taglio della carne, ma il suo professore voleva nascondere il suo gesto amorevole sotto ad un monologo brontolato riguardante “i ragazzini sporchi”, lui era più che disposto a tollerarlo.
Fece la sua parte contorcendosi per sfuggirgli – aspettando attentamente fino a quando non ritenne che il suo professore avesse comunque praticamente finito – e protestando. “Professore! Ho undici anni! Non sono un bambino!”
“Se tu usassi opportunamente il tuo fazzoletto non verresti sottoposto ad una simile indegnità,” replicò Piton, ostinato. “Ora, che cosa nella nostra conversazione ti ha tanto sconvolto?”
Harry batté le palpebre. Sconvolto? “Erm, non sono certo di capire,” replicò, confuso.
Piton serrò i denti. Ovviamente il ragazzo era troppo traumatizzato per parlare dell'incidente. O magari aveva appena avuto un momento di dissociazione e davvero non ricordava? O, semplicemente, era troppo imbarazzato per rivelare quanto miseramente fosse stato trattato? Piton ricordava la cocente vergogna che aveva sentito al pensiero che chiunque vedesse i suoi tagli e i segni delle cinghiate. Aveva spesso sopportato diversi giorni di agonia all'inizio di ogni semestre, sedendosi a lezione su un sedere dolorante e duramente segnato, piuttosto che dover ammettere la verità a Poppy così da poter essere curato.
“Potter, devi imparare che il modo in cui i tuoi parenti ti hanno trattato è stato disgustoso e innaturale. Non hai ragione di vergognarti di ciò che è accaduto.”
Le sopracciglia di Harry si corrugarono. “D'aaaaaccordo,” acconsentì, lentamente.
“Non cercare di placarmi, Potter!” si infuriò Piton, nuovamente rabbioso davanti all'acquiescenza automatica del moccioso. “Tu mi dirai che cos'è stato a sconvolgerti quando ho menzionato l'Incantesimo Incollante.”
“Oh!” Gli occhi di Harry si illuminarono d'una luce di comprensione. “Non ero sconvolto, Professore. Stavo solo pensando che -” realizzò bruscamente che non poteva certo dire al suo professore dei loro piani per investigare sul Mistero del Turbante di Raptor; doveva aspettare fino a quando non l'avessero risolto, e dopo avrebbe avuto un sacco di cose interessanti delle quali discutere con l'uomo. “-erm, che sarebbe stato un buon incantesimo da usare durante un duello.”
Piton sbatté nuovamente le palpebre, una volta, poi due. “Oh?”
“Già!” Ora che ci rifletteva sopra, Harry scoprì di apprezzare davvero l'idea. “Voglio dire, se Incolli i piedi del tuo avversario a terra, lui non può più schivare, giusto?”
“Un'eccellente osservazione,” assentì Piton, segretamente impressionato. Forse tutte quelle lezioni in più stavano davvero dando i loro frutti.
Harry gli lanciò un'occhiata astuta. “E' perspicace, no?”
Ora Piton era anche più sorpreso – il moccioso gli aveva prestato davvero attenzione? “Suppongo,” ammise sbrigativamente. Sarebbe stato meglio non permettere al moccioso di montarsi troppo la testa. “Anche se certo non puoi aspettarti – o volere – una Cioccorana, subito dopo aver ingerito quella montagna di gelato.”
“No, va bene così,” assentì Harry, “ma mi potresti mostrare quell'incantesimo, invece?”
Piton ci pensò su. L'incantesimo aveva un enorme potenziale per fare danni, ma Harry non aveva mostrato predisposizione a tirare scherzi, né era al momento incastrato in qualche vendetta infantile... E il ragazzo si meritava un premio – non che Piton avesse alcuna intenzione di ammetterlo.
“Oh, d'accordo,” brontolò, lanciando un Muffliato per avere un po' di privacy. “Ora, guardami attentamente...” Dimostrò l'incantesimo, in un certo senso sconcertato dal modo in cui gli occhi del ragazzo scintillarono mentre questi osservava con una concentrazione che era quasi inquietante. Piton ricacciò indietro i suoi dubbi. Era solo un Incantesimo Incollante, dopotutto – anche Potter certo non poteva finire nei guai con qualcosa di così benigno.



Note alla traduzione:
(1): In inglese, familiar. Ero tentata di lasciarlo come nell'originale, perché è un termine di una certa diffusione anche in italiano.
(2): Come giustamente fatto rilevare da Volpotta, The Hobbit, or There and Back Again è il vero titolo de Lo Hobbit. Il gioco dei malintesi è sfortunatamente intraducibile, perché in italiano non è conosciuto così. Che Tolkien mi perdoni, non mi sarebbe mai venuto in mente. x°D
(3): E' l'intraducibile binomio can/may. Il can indica capacità, possibilità; il may viene adoperato per richiedere un permesso. Il professor Piton - sopraffino conoscitore delle sottigliezze linguistiche della grammatica inglese - ha cercato evidentemente di instillare in Harry un qualche apprezzamento per la distinzione.
(4): Banana split. Solo guardarlo fa ingrassare.


Natale si avvicina zompettando. Tra un preparativo e un altro, un acquisto e un altro, vi ringrazio come sempre per l'appoggio che dimostrate a questa traduzione... e vi informo che nel tradurre il prossimo capitolo ho messo tutto il mio imperituro amore.

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***







“... E suppongo che questo dimostri che qualche volta, anche quando qualcosa sembra andar male, può rivelarsi una benedizione,” concluse Poppy. “Non so quanto a lungo Quirinus avrebbe potuto continuare a farcela da solo.”
Piton fissava corrucciato la scrivania. Sentire che aver spinto il balbuziente imbecille giù per le scale aveva effettivamente recato beneficio all'uomo era distintamente irritante. Certo non aveva avuto intenzione di fare all'idiota un favore – tutto il contrario!
“Cosa pensi che l'abbia fatto ammalare? C'è qualche tipo di rischio per gli studenti, per una malattia magica o babbana?” chiese Albus. Gli altri insegnanti emisero versi di preoccupazione mentre Piton alzava gli occhi al cielo, irritato. Comunque, dato che quello era il suo comportamento abituale durante gli incontri tra gli insegnanti, nessuno vi prestò troppa attenzione.
Poppy sospirò. “Davvero non lo so. I miei incantesimi non mostrano nulla di anormale, ma vi è qualcosa di... confuso in essi. Non sono certa di cosa lo stia causando. Viste le sue condizioni in continuo peggioramento, sto iniziando a chiedermi se non abbia preso un qualche genere di parassita babbano mentre girava per le foreste in Albania. Ha perso molto peso, è anemico e debole... ma insiste di non soffrire di flatulenze o di diarrea, com'è normale con i parassiti, anche se penso che se usassi uno strumento babbano che mi consentisse di guardargli su per il -”
Ora le espressioni del corpo docente mostravano quanto essi rimpiangessero di aver incoraggiato la strega, e Piton colse l'opportunità al volo. “Poppy, gentilmente, evita di discutere le abitudini intestinali della gente. Non siamo i tuoi colleghi del San Mungo di di certo non siamo interessati alla mer-”
“Sono certo che tutti noi auguriamo a Quirinus una rapida guarigione,” intervenne Albus in fretta. “Per favore, digli questo da parte nostra ed assicuragli che non deve preoccuparsi per le sue lezioni.”
Poppy smise di fissare ferocemente Severus sufficientemente a lungo da annuire. “Mi dispiace di non poter dare una stima di quanto occorrerà perché stia abbastanza bene da riprendere i suoi doveri di insegnante; ma, finché non capirò cos'è che lo sta prosciugando di tutte le sue energie, dubito che sarebbe ad ogni modo un professore molto efficiente.”
Silente ignorò lo sbuffo di derisione di Piton e si limitò ad annuire e sorridere. “Allora farà meglio a restare in infermeria finché non avrai risolto il mistero. Mi sto divertendo molto a seguire le sue lezioni – è passato troppo tempo dai giorni in cui interagivo tutti i giorni con gli studenti.”
La Chips parve a disagio. “Penso che dovrebbe essere trasferito al San Mungo -”
“No.” Il tono di Silente era adamantino. Piton lanciò un'altra occhiataccia al tavolo. Lui non si sarebbe sentito al sicuro finché Raptor non avesse lasciato il castello e non avesse più avuto accesso ad Harry; ma Silente insisteva nel tenere l'uomo vicino finché non avessero avuto una miglior comprensione delle sue alleanze.
Poppy parve sul punto di ribellarsi. Poi, sospirò. “Be', per ragioni che si rifiuta di esporre, anche Quirinus insiste per restare. Suppongo che, dal momento che non sta peggiorando, non ci sia danno... Ed è un po' più forte, ora che può restare a letto e conservare le energie; ma vorrei solo sapere cos'è stato a causargli questo problema. Non posso supportarlo per sempre tramite pozioni ed altri sistemi artificiali!”
“Sono certo che troverai una spiegazione,” disse Albus in tono di conforto, e Poppy riuscì a sorridere.
Piton rifletté. Sembrava che Quirinus non avesse fretta di lasciare le cure di Poppy, e questo poteva dare ad Albus la possibilità di seguire la scia dei suoi movimenti durante il tempo trascorso in Albania. La loro miglior teoria, finora, era che si era trovato in contatto con qualche Mangiamorte durante i suoi viaggi e che questi, sapendo che Harry sarebbe entrato ad Hogwarts quell'anno, avesse convinto Raptor ad unirsi alla loro piccola cabala. Piton non pensava che molti dei seguaci di Voldemort nell'Europa dell'Est fossero sopravvissuti alla sua scomparsa: ma tutto quel che occorreva erano uno o due dei suoi fedeli più pericolosi – come Bellatrix – per scatenare nuovamente l'inferno.
“Altre questioni?” chiese Albus.
Gli altri scossero la testa, e l'incontro si aggiornò. Mentre uscivano, Vitious tirò da parte Piton per commentare i rapidi progressi di Harry nelle sue lezioni aggiuntive. “Estremamente impressionante, Severus! Ho anche introdotto il ragazzo ad alcuni esercizi di magia senza bacchetta molto elementari, e sono rimasto sbalordito dalla predisposizione di Harry. E' un ragazzino decisamente potente,” concluse Filius, ammirato.
Piton sbuffò. Ecco un altro membro del Fan Club di Potter – tipico! Pensavano tutti che il moccioso fosse la reincarnazione di Merlino, piuttosto che fermarsi a pensare che Piton potesse essere intento ad addestrare il moccioso durante numerose sessioni pratiche alla settimana. Oh, no, non poteva essere il suo duro lavoro ad esserne la causa – molto meglio guardare Il Moccioso Sopravvissuto come un prodigio.
Hmf. Gran prodigio, poi. Erano occorsi due rimproveri e cinque Cioccorane prima ancora che il piccolo mostro acconsentisse a provare ad usare la magia senza bacchetta – e tutto perché aveva letto che era qualcosa che solo i maghi più potenti riuscivano ad usare. Dal momento che Harry aveva ancora l'autostima di un Vermicolo, si era prontamente convinto che non ci sarebbe mai riuscito, e Piton era stato costretto ad indulgere ad un'abbondanza di sdolcinatezze per persuadere il ragazzo del contrario. Quasi gli era occorsa una Pozione Calmante per lo Stomaco, dopo aver dovuto sputar fuori tutti quei nauseanti complimenti: ma alla fine l'astuzia Serpeverde aveva (come sempre) prevalso sull'ostinazione Grifondoro, e il moccioso ci era cascato, e subito dopo avere prontamente – e senza sforzo – fatto levitare una piuma senza bacchetta.
Ma Vitious l'avrebbe apprezzato? No. Certo che no. “Allora, se il ragazzo ha tanto talento, presumo che tu lo stia rapidamente facendo avanzare attraverso il materiale? Vorrei che iniziasse a duellare, più tardi, quest'anno.”
Vitious, lui stesso un campione duellista, sbatté le palpebre. “Così presto? Be', sono certo che la sua magia sia all'altezza, ma...”
“Eccellente. Se lo introdurrai agli appropriati incantesimi di offesa e difesa, io mi assicurerò che sia consapevole di cosa, precisamente, gli accadrà se userà mai uno dei suddetti incantesimi al di fuori di una lezione supervisionata.”
Vitious emise un suono di disapprovazione. “Harry appare essere un ragazzo molto responsabile, Severus. Sono certo che tu non debba preoccuparti di cose simili, e io davvero non credo che un approccio pesante sia indicato.”
Piton sbuffò, ma non rispose. Ad essere sincero, era un bel sollievo apprendere che almeno qualcuno tra gli insegnanti ancora pensava che fosse severo con il moccioso: aveva temuto che le ingenue rivelazioni di Harry avessero interamente demolito la sua reputazione da Pipistrello Malvagio, ma evidentemente alcune condizioni faticano a morire. “Non tutti i bambini rispondono bene alle punizioni corporali, Severus,” sta proseguendo Filius, con cautela, sempre prudente di fronte alla tempra del suo più giovane collega, “e, a giudicare dalla mia esperienza con Harry, anche pochi scapaccioni sonori gli farebbero probabilmente più male che bene. E' molto diverso da suo padre, sai.”
Piton rivolse al mago più basso un'occhiataccia letale. “E questo cosa vorrebbe significare?” mormorò, il tono pericoloso.
Vitious non si lasciò scomporre. “Significa,” replicò, chiaramente, “che, da ragazzo, James era – malgrado il suo fascino – eccessivamente confidente, al punto d'essere arrogante, e un po' un bullo. Un paio di correzioni taglienti al suo comportamento non avrebbero fatto danno, e avrebbero potuto contenere i suoi eccessi ben prima che maturasse, finalmente, per conto suo. Harry, d'altra parte, è estremamente timido e incerto in molte situazioni, ed io penso che complimenti ed incoraggiamenti, piuttosto che minacce e botte, siano il modo migliore di fargli esprimere il suo potenziale.”
Piton fissò Vitious, sorpreso. Mai, prima, aveva realizzato che il piccolo uomo fosse consapevole delle pecche nel carattere di James; e doveva ammettere che la sua valutazione del carattere di Harry era altrettanto precisa. Il che rendeva ancor più sorprendente che fosse così cieco davanti a quello di Severus.
Ad essere onesti, era insieme irritante e gratificante – irritante che fosse tanto facilmente percepito dai suoi pari come un bastardo crudele, ma gratificante che il moccioso non fosse riuscito a convincere tutti, a scuola, che lui fosse un gran cuor di burro. “Posso assicurarti che il ragazzo riceverà da me esattamente quel che si merita,” disse a Vitious in tono altezzoso, prima di girarsi con uno svolazzare di vesti.
Era bello sapere che la magia del ragazzo non era stata ritardata o bloccata dal tempo trascorso con quei disgustosi Babbani; se ciò fosse accaduto, lui davvero avrebbe ritirato fuori alcuni degli incantesimi più Oscuri dei suoi giorni da Mangiamorte. Ma se Vitious era convinto che Harry era potente, allora doveva essere un potente mago, invero. Filius poteva essere tollerante fino alla nausea verso gli scherzi e i guai degli studenti, ma era brutalmente accurato quando si trattava di valutare il talento magico. Non avrebbe mai esagerato in tal senso, e ciò significava che Harry davvero stava andando bene e facendo rapidi progressi. Severus cominciò a catalogare mentalmente tutti gli incantesimi che Harry avrebbe dovuto imparare, dalla Fattura Gambemolli fino al Sectumsempra ed all'Avada Kedavra. Oh, non sarebbe arrivato a quelle letali ancora per un po', ma Piton non aveva alcuna intenzione di spedire il suo protetto a fronteggiare Voldemort armato con nulla più che l'Expelliarmus.
Si era sentito a disagio per aver insegnato ad Harry quell'Incanto Incollante la settimana passata; ma, con suo sollievo, non aveva trovato nessuno dei compagni di classe del piccolo mostro Incollati ai pali delle porte di Quidditch, né nessuno degli altri professori si era lamentato di aver trovato i suoi possedimenti appiccicati misteriosamente alle cattedre, anche se una piccola voce nel fondo della sua testa continuava ad insistere che quella era solo la pace prima della tempesta. D'altra parte, se aveva seriamente intenzione di insegnare al bambino la magia offensiva molto prima di quanto non accadesse con i suoi coetanei, allora aveva bisogno di qualche prova dell'autocontrollo e del giudizio del moccioso. Se non ci si poteva fidare di Harry neanche con un semplice Incanto Incollante, allora come diavolo avrebbe potuto insegnare al ragazzo gli incantesimi dei quali aveva bisogno per difendersi?

***



Harry sorrise luminosamente a Ron ed Hermione. “Ce l'avete fatta! Così!” Ora tutti e tre erano regolarmente in grado di produrre un efficace Incantesimo Incollante.
“Ron, è davvero stupefacente quanto più in fretta tu riesca ad afferrare le cose, ora che hai una bacchetta nuova,” si complimentò Hermione con lui.
Ron arrossì al complimento. “Sembra tutto molto più facile, sapete?”
“Mi chiedo se l'incantesimo potrebbe essere usato per tenere a posto i miei capelli...” si interrogò Hermione, spingendo indietro la sua chioma arruffata per quella che poteva essere la millesima volta nel corso della giornata.
“Penso che sarebbe più divertente incollare Malfoy al bagno dei ragazzi al terzo piano!” ridacchiò Ron.
“Oi!” Harry aggrottò la fronte, fissando l'amico. “Non pensarci nemmeno. E non dirlo ai gemelli. Il professor Piton ci ucciderebbe.”
Ron impallidì e si serrò il sedere, apprensivo. “Okay, okay. Diamine, Harry. Stavo solo scherzando."
“Sì, be', non voglio che qualcuno sappia che conosciamo l'incantesimo. Non finché non avremo risolto il Caso del Turbante di Porpora.”
Hermione ridacchiò. “Scusa, Harry, ma questo suona tanto come uno di quei casi dei detective in televisione.”
Harry rise, tanto dell'espressione perplessa di Ron quanto delle parole di Hermione. “Già, lo so. Ma è così che penso alla cosa.”
“Okay. Be', ora che conosciamo tutti l'incantesimo, che facciamo?” chiese Ron.
“Dobbiamo andare in Infermeria e capire dove si trova lui.”
“Intendi dire che vuoi 'esaminare la scena del crimine'?” Le risatine di Hermione minacciarono nuovamente di sopraffarla, ma le successive parole di Ron misero bruscamente fine al suo divertimento.
“Può farlo Hermione. Può andare a trovare Madama Chips e guardarsi intorno mentre è lì.”
“Perché io?” chiese l'amica. “Perché non Harry?”
“Raptor mi fa sempre dolere la cicatrice,” protestò Harry. “C'è qualcosa di strano, in lui, e il Professor Piton mi ha già detto di stargli alla larga. O sono guai.”
“Non vuoi che Harry finisca nei guai per aver disobbedito al suo papà – erm, al professore, no?” Ron fissò Hermione con aria d'accusa.
Lei sospirò e si arrese. Aveva sentito cosa Piton aveva fatto ai ragazzi per via della scappatella con il troll, e sospettava che avrebbe pagato negli anni a venire la fortuna che aveva avuto nello sfuggire agli scapaccioni. “Oh, d'accordo. Ma che cosa devo dire a Madama Chips?”
Ron arrossì. “Non puoi andarci per – sai – problemi di ragazze?”
Hermione alzò gli occhi al cielo. “Problemi di ragazze? E' il meglio che sai proporre?”
Il ragazzo dai capelli rossi stava arrossendo violentemente, ma rimase testardamente attaccato alla sua idea. “L'hai chiesto tu. Avanti – è un'idea perfettamente buona.”
“Bene,” sbuffò lei. Perché diamine si era scelta due ragazzi come migliori amici?
Harry, che aveva evitato lo scambio di battute come la peste, sorrise sollevato. “Grazie, Hermione. Oltretutto, sai che sei l'unica che possa andare senza essere sospettata da nessuno. Se io o Ron chiedessimo di lasciare la classe per andare da Madama Chips, penserebbero solo che stiamo cercando di saltare la lezione.”
“Non riesco a immaginare perché lo sospetterebbero,” replicò Hermione, sarcastica, ma senza alcuna malizia reale. Il punto sollevato da Harry era valido, e lei lo sapeva. “Quanto a lungo resterà in ospedale, comunque?”
Harry scrollò le spalle. “Ho chiesto al Professor Piton e lui ha detto che non sarebbe tornato per un bel po'. E il Professor Silente ha parlato di cosa faremo la prossima settimana per Difesa Contro le Arti Oscure, perciò suonava come se stesse pensando di continuare ad insegnare almeno fino ad allora.”
“D'accordo, perciò andrò e scoprirò dov'è – e poi?”
“Poi, la prossima volta che penseremo che sia solo, sgattaioleremo là,” suggerì Ron.
“Già,” assentì Harry, entusiasta. “Voi due potete fingere di volerlo visitare o di volergli fare una domanda per Difesa, ed io entrerò senza farmi vedere e incollerò il suo turbante al muro o al letto o qualcosa del genere.”
“Harry.” Per quanto Hermione bramasse di risolvere un enigma – qualunque enigma – si sentì comunque obbligata a puntualizzare qualcosa ai suoi amici più impolsivi. “Non pensi che il Professor Piton si arrabbierà, quando scoprirà cosa abbiamo fatto al Professor Raptor? Voglio dire, so che non gli piace, ma è sempre un professore quello che stiamo infastidendo.”
La mascella di Harry si serrò. “E' un mistero, e noi lo risolveremo; e scommetto che sarà troppo interessato a quel che scopriremo per essere arrabbiato.” Davanti alle occhiate incredule degli amici, sospirò. “Be', d'accordo. Sarà arrabbiatissimo, ma pensò che vorrà anche sapere cosa abbiamo scoperto. E non è come se avesse detto davvero di non infastidire il Professor Raptor, perciò non è come se gli stessi disobbedendo; e, anche se il Professor Raptor fosse davvero arrabbiato, quando il suo turbante verrà via, non gli è permesso di colpirmi – ed io non devo lasciarlo fare, se ci prova – perciò il peggio che mi capiterà sarà una punizione. E voi ragazzi potete dire semplicemente che non sapevate cosa stessi facendo.”
Ron parve dubbioso. “Pensi davvero che qualcuno ci crederà?”
Harry sembrava irremovibile. “Sarà il mio incantesimo, perciò non saranno in grado di provare nient'altro. E il Professor Piton non mi farà niente di terribile. Voglio dire, probabilmente mi porterà via la scopa, di nuovo, e forse mi farà scrivere un saggio o qualche riga. Ma odia tanto Raptor che probabilmente non mi punirà troppo. E, quando sarò in punizione con lui, potremo parlare di qualunque cosa sia quella che Raptor stava nascondendo, e dopo non penserà più che io sia un ragazzino noioso.” Harry arrossì. Non aveva avuto davvero intenzione di dire quell'ultima frase, ma si era un poco lasciato trascinare.
Hermione gli lanciò un'occhiata comprensiva. “Sono certa che il Professor Piton non pensi che sei un ragazzino noioso, Harry. Penso che lui voglia semplicemente che tu sia un bravo studente e che ti comporti bene.”
Ron alzò gli occhi al cielo. “Oh, avanti, Hermione – stai morendo dalla voglia di sapere cos'è che Raptor sta nascondendo, esattamente come noi!”
“Non ho mai detto che non fosse così, Ronald! Solo, non voglio che Harry finisca di nuovo nei guai:”
Harry arrossì. “Non è così male, Hermione. E, avanti. Sarà molto divertente scoprire qualcosa che neanche gli insegnanti sanno. E il resto della scuola penserà che sia uno scherzo fantastico.”
La ragazza sospirò. “Non penso che al Professor Piton piacciano molto gli scherzi, Harry. Ron non ha detto qualcosa sul fatto che diventa davvero furioso con i gemelli per i loro scherzi?”
“Sì, ma i loro sono stupidi,” obiettò Ron. “Voglio dire, hanno colorato di verde i capelli degli studenti della sua Casa e cose del genere. Noi stiamo facendo una cosa importante, come scoprire che cosa stia facendo un professore meschino e perché si nasconda in Infermeria e cosa abbia sotto il turbante. Non lo facciamo solo per far ridere la gente, giusto?”
Hermione si arrese. Bruciava di curiosità, e nessuno avrebbe potuto dire che non ci aveva provato. “D'accordo, salirò ed andrò subito a trovare Madama Chips.”

***



Erano trascorsi due giorni da quando Hermione aveva fatto una ricognizione in Infermeria ed aveva fatto rapporto al resto dei servizi segreti dicendo che Raptor sembrava trascorrere la maggior parte del suo tempo dietro a paraventi mobili, pisolando, infastidendo gli elfi domestici con richieste di cibo, libri, cuscini confortevoli, tipi speciali di tè, ed in ogni modo comportandosi come una peste lamentosa. Hermione era – prevedibilmente – oltraggiata per conto degli elfi domestici, e la sua ira non si attenuò quando Ron le assicurò che le piccole creature amavano quel genere di cose. Anche Madama Chips appariva un po' stressata, in particolare perché i suoi incantesimi diagnostici continuavano a dar esito negativo e le infinite, piagnucolose richieste del professore agli elfi cominciavano a darle sui nervi.
Due giorni sono, ovviamente, un'eternità agli occhi di un undicenne; e i tre stavano diventando sempre più ansiosi di mettere in atto il loro piano. Poi, nel mezzo di Incantesimi, mentre Ron guardava fuori dalla finestra, sognando ad occhi aperti, invece di esercitarsi con i suoi incantesimi, vide qualcosa che quasi lo fece saltare giù dalla sedia.
“Psssst, Harry!” riuscì ad attrarre l'attenzione dell'amico e gli indicò la finestra.
Harry si sporse all'indietro con un gesto deliberatamente casuale per vedere cosa Ron stesse cercando di mostrargli, ed i suoi occhi si illuminarono. “Hermione!” punzecchiò la strega che aveva accanto.
“Cosa?” chiese lei, irritata, il movimento della bacchetta ora rovinato dall'interferenza di lui.
“Guarda!”
Hermine lanciò un'occhiata fuori dalla finestra e vide la figura di Madama Chips attraversare il prato di fronte e puntare verso la capanna di Hagrid. “E' ora! Il piano ha inizio!” sibilò Harry. Si sentiva precisamente come il capitano di una squadra di soldati di un film che era riuscito ad ascoltare dall'interno del suo ripostiglio. Aveva avuto spesso motivo di apprezzare che sia lo zio Vernon che Dudley amassero sentire la televisione ad alto volume.
Hermione odiava ammetterlo, ma sentì a sua volta un piccolo brivido d'eccitazione. “Roger,” sibilò in risposta, avendo visto a sua volta molti degli stessi film. Riordinò le sue cose e si avvicinò al Professor Vitious.
Harry e Ron non riuscirono a sentire cosa stesse sussurrando al mago: ma l'uomo avvampò vivacemente quasi subito, ed annuì energicamente. Hermione gli sorrise, grata, e lasciò la stanza.
“Diamine, sta diventando brava,” borbottò Ron, impressionato.
La lezione terminò quindici minuti più tardi, e il Professor Vitious fu piacevolmente sorpreso quando Ron ed Harry si presentarono e si offrirono di portare ad Hermione i libri in Infermeria.
“Cinque punti per essere volenterosi compagni di Casa,” li lodò. “Sono certo che la signorina Granger apprezzerà il pensiero. Ecco qui una nota, nel caso in cui doveste tardare di qualche minuto alla vostra prossima lezione.”
“Grazie, signore!” dissero loro in coro, le espressioni sospettosamente angeliche; poi, schizzarono verso l'Infermeria per evitare che Madama Chips ritornasse prima che l'Operazione Turbante fosse stata portata a termine con successo.
Hermione li stava aspettando ansiosamente all'ingresso dell'Infermeria. “E' lì dietro, dorme,” sibilò. “Lo potete sentire russare. Madama Chips non è ancora tornata. Adesso?”
“Voi due restate qui,” ordinò Harry, la voce bassa. “Quando do il segnale, Ron, tu grida 'Troll!' come hai fatto in biblioteca l'altra notte. Forte, d'accordo?” Il ragazzo dai capelli rossi annuì. “Questo dovrebbe spingerlo a mettersi seduto, ed io vedrò cosa c'è sotto al turbante. Se esce dai paraventi, Hermione, comincia a rimproverare Ron per aver cercato di farti uno scherzo. Magari non si accorgerà neanche, all'inizio, che il suo turbante non c'è più. Io sarò pronto a cancellare la maledizione una volta che sarà con la testa scoperto, e magari penserà solo che gli è caduto, invece che capire che gliel'ho tolto io. D'accordo?”
Ron annuì ansiosamente. Immaginò che avrebbe potuto finire nei guai per aver cercato di fare uno scherzo ad un'amica in Infermeria, ma c'erano buone possibilità che Raptor sarebbe stato così scosso che li avrebbe lasciati andare tutti via.
Gli occhi di Hermione scintillavano. Questa era ricerca sul campo – ed era molto più interessante che non leggere semplicemente quello che qualcun altro aveva scoperto. “D'accordo, Harry! E se Madama Chips ritorna diremo solo che mi sono sentita male in classe e che voi siete venuti ad aiutarmi, e che stavate controllando se lei era con il professor Raptor.”
Harry si illuminò in viso ed annuì. La sua coscienza cercò di fargli notare che stavano raccontando davvero un sacco di bugie e che c'erano modi più semplici per avere una conversazione con il suo tutore; ma, nell'eccitazione del momento, fu facile ignorare la piccola voce.
Si tolse le scarpe e si mosse silenziosamente verso l'area schermata, grato per il fatto che un decennio trascorso con i Dursley gli avesse insegnato a spostarsi senza far rumore. I paraventi erano nulla più che tre pannelli separati su ruote: perciò fu facile, per Harry, sbirciare oltre di essi. Evitò attentamente di toccare gli schermi, avendo imparato abbastanza sulle barriere da sapere che, se Raptor ne aveva alzate – era un professore di Difesa Contro le Arti Oscure, dopotutto, ed una salutare dose di paranoia era praticamente uno dei requisiti per il lavoro – le barriere sarebbero state probabilmente ancorate agli schermi.
Sbirciando attraverso una fessura, Harry vide che Raptor era profondamente addormentato e stava russando sonoramente, il ridicolo turbante sul suo capo che premeva contro i cuscini e gli spingeva il mento contro il petto con un'angolazione innaturale. Harry lanciò furtivamente tre incantesimi adesivi, due per incollare i cuscini al letto ed uno per incollare il turbante ai cuscini. Il russare di Raptor proseguì.
Si tirò indietro ed alzò il pollice verso gli amici. Hermione controllò il corridoio per vedere se Madama Chips stava tornando; poi, vedendo che la strada era libera, annuì a Ron. Con un enorme sorriso che quasi gli andava da orecchio ad orecchio, Ron mandò giù, allegramente, un respiro profondo, e strillò: “TROLL TROLL!”
Quel che ne derivò fu tutto quel che il trio avrebbe potuto desiderare: Raptor balzò bruscamente in piedi, la bacchetta estratta e tesa di fronte a sé in un istante. Mentre la forza del suo Protego lanciava via i paraventi, l'uomo stava già controllando la stanza in cerca della fonte delle grida.
Il piano di Harry aveva funzionato perfettamente. Il turbante era rimasto indietro, Incollato al cuscino, e la testa nuda di Raptor era ora pienamente in mostra. O avrebbe dovuto dire... teste?
Gli occhi di Harry rimasero incollati all'orribile vista che aveva di fronte, ogni pensiero di cancellare gli incantesimi ormai dimenticato. Poteva essere nuovo nel Mondo Magico, ma sapeva per istinto che questa creatura simile a Giano che gli stava davanti era qualcosa di molto, molto anormale. Anche la magia che veniva emanata dalla figura in ondate crepitanti sembrava corrotta e sbagliata. L'aura soffocante di malvagità era eguagliata solo dall'odore di putrefazione: ora che il puzzo di aglio che l'aveva coperto era stato rimosso, Harry non poté non ricordare il fetore della carne andata a male. Era disgustoso, come quel povero gatto morto, investito da una macchina, che era rimasto nel canaletto di scolo di Privet Drive finché la zia Petunia non si era lamentata con il Consiglio.
Il semplice odore di rancido spinse Harry a ricacciare indietro la bile; ma, quando gli occhi rossi e scintillanti del viso sul retro del capo di Raptor si concentrarono su di lui, quasi vomitò il pranzo sul posto. “E cossssì il ragazzo viene a sssssfidarmi...”
Ron ed Hermione si ritrassero quando i paraventi crollarono a terra. In altre circostanze, la vista del loro professore dalla testa calva, intento a brandire selvaggiamente la sua bacchetta, li avrebbe fatti ridere; ma, qui e adesso, non c'era nulla di divertente nella visione che avevano di fronte.
Ron era deluso. Hermione aveva avuto ragione – Raptor era calvo, ma non riusciva a vedere nulla di simile ad una cicatrice da maledizione. Oh, be'. Con un po' di fortuna l'uomo non sarebbe stato troppo arrabbiato.
Gli occhi acuti di Hermione notarono immediatamente la mancanza di capelli sul cranio di Raptor; si pavoneggiò tra sé e sé per la propria supposizione corretta, ma continuò a studiare il mago in cerca di un qualunque indizio che spiegasse perché indossava il turbante. C'era qualcosa di strano nella forma del suo cranio... Si spostò per riuscire a vedere meglio e si gelò, nell'esatto momento in cui un sussurrò sibilante fluì nell'aria. “E cossssì...”
Harry inghiottì, convulsamente. “Ch-chi sei?”
Il volto contorto rise silenziosamente, deridendolo. “Ssstupido ragazzo. Non mi riconosci?”
Raptor, ormai rassicurato sul fatto che non vi fosse alcun troll in infermeria, si girò, incerto. “Padrone?”
Ron si lasciò sfuggire un gridolino pieno di orrore alla vista delle teste deformi. “Que-que-quello è-” balbettò, afferrando la manica di Hermione.
“Voldemort,” esalò lei, fissandolo con terrore. “E' vivo.”
“Penso, Quirinus, che tu mi debba un favore per aver trascinato questa cosa fin qui. Ho detto ad Hagrid che l'uva era il dono tradizionale per gli ammalati, ma lui ha insistito che ti portassi una delle sue zuc- In nome di Merlino, cos'è QUELLO?” Madama Chips entrò, spingendosi attraverso le porte doppie dell'Infermeria con un'enorme zucca stretta al petto. Le sue allegre chiacchiere si interruppero con un sussulto quando Raptor girò il capo, tenendo il corpo parzialmente voltato così che entrambi i volti potessero vedere l'intruso.
Duro!” Prima che la strega potesse muoversi, Voldemort se ne uscì con un incantesimo e il corpo di Raptor fece scattare la bacchetta in avanti, lanciando un raggio nero contro Poppy.
Il raggio colpì la zucca con uno splash, ed il suo potere si disperse prima di raggiungere la strega indifesa. La forza dell'incantesimo, tuttavia, era così forte da lanciare Poppy indietro, facendole travolgere due sedie prima di sbattere contro il muro. Aveva perso conoscenza ancor prima di toccare terra. Nel frattempo, l'incantesimo aveva trasformato l'enorme zucca in solida roccia: crollò al suolo pesantemente, aprendo una crepa nel pavimento di pietra sotto di sé.
Terrorizzati, Hermione e Ron spostarono lo sguardo dal corpo rannicchiato della strega al professore, che rideva morbidamente dall'altro lato della stanza. “Poppy, vacca noiosa. Ho desiderato di poterlo fare per giorni interni,” ghignò Raptor, la sua balbuzie del tutto assente.
“Tu – tu hai cercato di ucciderla,” balbettò Hermione, incredula.
“E' il meglio che sai dire, piccola saputella?” Raptor ridacchiò, agitando pigramente la bacchetta contro di loro. “Una ragazza così stupida.”
Gli occhi di Voldemort erano ancora fissi su Harry. “Non mi riconosci, ragazzo? Io ho maledetto il tuo nome ogni giorno per gli ultimi dieci anni. Tu non hai fatto lo stesso? Non sai chi sono io?”
Harry si sforzò di tenere la voce ferma, malgrado sentisse le sue interiora trasformarsi in ghiaccio. “Io ti conosco. Tu sei Lord Volauvent.”
“Sì! Io sono quello che ha ucciso i tuoi genitori. Io sono Colui Che – Aspetta. Come mi hai chiamato?” gli occhi di Voldemort si assottigliarono.
Approfittando della momentanea distrazione del Signore Oscuro, Ron estrasse la sua nuova bacchetta. “Cerca aiuto!” ordinò ad Hermione, spostandosi di fronte a lei ed alzando la bacchetta.
Raptor mosse distrattamente la bacchetta, e Ron venne lanciato in aria: si schiantò contro il soffitto, poi ricadde pesantemente al suolo. Gemette per il dolore, il sangue che gli colava dal capo.
“Non muoverti,” disse Raptor ad una pietrificata Hermione; poi, abbassò gli occhi, rispettosamente, al suolo. “Cosa devo fare con i mocciosi, Padrone? Posso ucciderli?”
Harry riusciva vagamente a percepire la conversazione che proseguiva di fronte a lui; ma quegli orribili occhi rossi avevano riempito il suo campo visivo, la sua mente, la sua anima. Tutta la luce e la speranza e il coraggio erano fuggiti. Era un mostriciattolo inutile, non voluto. La disperazione lo trascinò verso il basso, e lui soffocò un singhiozzò. Era lì da solo – completamente abbandonato e vuoto – di fronte al Signore Oscuro. Voldemort era risorto e, questa volta, Harry sarebbe morto.
“Tra un attimo,” disse Voldemort, il tono assente, gli occhi ancora fissi in quelli di Harry. “Prima finirò quel che ho iniziato dieci anni fa. Porta i miei saluti ai tuoi genitori, Potter. Sectumsempra!”
Sentir nominare i suoi genitori poté quello che nient'altro aveva potuto. La semplice parola fece balzare la mente di Harry dapprima a Severus, poi, un attimo dopo, alle immagini dei suoi genitori. Per la prima volta, grazie alle fotografie che Piton aveva ottenuto dal resto degli insegnanti di Hogwarts, lui aveva potuto vedere i suoi genitori, riconoscere le menzogne dei Dursley per ciò che erano. I suoi genitori erano stati maghi coraggiosi, amorevoli, forti, che l'avevano amato più della vita stessa. Lui non era un mostro. Era un tesoro – la cosa più preziosa del loro mondo. Anche ora, Piton aveva reso chiaro che il benessere di Harry – la sua salute e la sua felicità – erano più importanti, per lui, di qualunque altra cosa.
Harry pensò a Piton, all'espressione che aveva avuto quando aveva pulito il viso di Harry o a quando gli aveva dato la sua scopa. Pensò alla foto che Minerva aveva avuto di James e Lily abbracciati ad un piccolo Harry: Piton l'aveva posta in una cornice sul comodino di Harry (anche se in seguito aveva dichiarato che fosse stato un elfo domestico a farlo, Harry l'aveva in effetti visto mentre lo faceva), e quel ricordo dell'amore dei suoi genitori era la prima cosa che Harry guardava al mattino, e l'ultima che i suoi occhi vedevano la notte.
Le immagini sorsero e cancellarono gli occhi rossi della figura che aveva davanti. L'amore, non solo l'amore che era evidente nel modo in cui i suoi genitori l'avevano coccolato da bambino, ma anche l'amore che il suo professore aveva mostrato nel fare tutta quella fatica per rintracciare le foto per lui, riempì il vuoto nulla che aveva dentro di sé con una calda sensazione di sicurezza.
Il pensiero dei suoi genitori – tutti e tre – spezzò la presa di Voldemort su Harry: e la bacchetta del ragazzo gli volò in mano, scivolando dalla guaina da polso. “PROTEGO!” gridò Harry.
Il suo scudo comparve nell'esatto momento in cui la maledizione di Voldemort schizzava contro di lui. La potente barriera respinse l'incantesimo Oscuro, spedendola, innocua, sul letto.
“Dove – dove l'hai imparato?” boccheggiò Raptor. “Io non te l'ho mai insegnato!”
“Sei morto, Volauvent,” ringhiò Harry, scivolando in una posizione difensiva.
“E' VOLDEMORT!” urlò il Signore Oscuro, furioso. “Io sono Lord Voldemort! Tu ti inchinerai di fronte a me!”
“Sei solo uno stupido fantasma,” sbottò Harry in risposta. “Troppo scemo per capire che sei morto!”
Furibondo per quel nuovo coraggio del ragazzo, Voldemort ordinò, “Prendilo! Lo porteremo nella Camera, e mi divertirò grandemente nello strappargli la lingua ed altre parti del corpo a mio piacimento.”
“Come desideri, Padrone,” replicò Raptor, ubbidiente, sporgendosi per afferrare Harry.
Harry cercò di trattenerlo con un Furnunculus insegnatogli da Draco; ma Raptor bloccò senza sforzo l'incantesimo ed afferrò il polso di Harry. Un attimo dopo emise un urlo d'agonia e lasciò andare Harry come se si fosse ustionato.
“Padrone! Brucia, brucia! Quando lo tocco, brucio!” protestò Raptor, reggendosi la mano coperta di vesciche.
“E' colpa della sua maledetta madre. Molto bene – dovremo ucciderli qui e ora,” disse Voldemort, il tono sprezzante. “Uccidili tutti.”
Harry si guardò il polso. Non era bruciato come quello di Raptor, ma, quando l'uomo l'aveva toccato, era stato doloroso – come se qualcosa stesse strappandogli via la pura forza vitale. Ogni istinto gli diceva di allontanarsi il più possibile da Raptor, ma la sua mente aveva già afferrato il fatto che Raptor era ferito. Che il solo toccare la sua pelle per un attimo aveva causato una bruciatura livida sulla mano dell'uomo.
Harry non seppe mai, in seguito, se la sua fosse stata una ragionata decisione di agire o se, nell'istante in cui il pensiero gli era passato per la testa, si fosse mosso di conseguenza; ma, in quell'infinitesimale istante trascorso tra il momento in cui Voldemort aveva ordinato che lui fosse ucciso e quello in cui Raptor aveva alzato la bacchetta, la domanda si era fatta strada nella sua testa: “Se il mio tocco può fare questo alla mano di Raptor, cosa può fare alla sua faccia?” E non appena l'ebbe pensato, balzò in avanti ed afferrò il capo di Raptor – una mano sul viso del professore e l'altra fermamente piantata nel mezzo degli occhi rosso sangue di Voldemort.
Lo strillo che ne risultò fece emergere Hermione, con un salto, dalla sua paralisi; e lei corse in avanti, determinata ad aiutare l'amico. Harry era appeso al mago come la tetra morte, la testa china e le spalle curve per cercare di proteggere il viso dalle mani dell'altro, che si agitavano convulsamente.
Raptor l'afferrò, strillò di nuovo e lo lasciò andare, poi cercò ancora di respingere Harry senza toccarlo realmente. Nel frattempo Voldemort stava urlando ordini e gridando per il dolore, mentre le dita di Harry affondavano nei suoi bulbi oculari in uno sforzo di restare aggrappato all'uomo che si contorceva e agitava.
Raptor cadde in ginocchio, trascinato in basso dal peso di Harry, la pelle che già si anneriva e si disintegrava là dove Harry lo stava toccando. Nel far questo presentò ad Hermione un irresistibile bersaglio. Il padre di lei si era sempre assicurato che la sua piccola ragazza sapesse come proteggersi, e – con una tecnica che avrebbe reso orgoglioso David Beckam – lei balzò in avanti e calciò Raptor dritto in mezzo alle gambe.
Anche quelli che erano posseduti da un Signore Oscuro trovavano certe fonti di dolore impossibili da ignorare. Lo strillo di Raptor raggiunse frequenze generalmente riservate alle banshee e, lasciando cadere la bacchetta, lui si serrò la parte ingiuriata tra le mani e cadde su un fianco.
Il movimento lo strappò dalla presa di Harry, e il ragazzo esitò per un attimo, respirando affannosamente per cercare di dare stabilità ad un mondo che continuava a ruotare intorno a lui. Hermione gli lanciò un'occhiata e sentì il fiato mozzarlesi in gola: Harry pareva esausto – quell'orribile creatura stava in qualche modo risucchiando la sua stessa anima – ma lei sapeva, senza ombra di dubbio, che il ragazzo aveva intenzione di lanciarsi di nuovo sull'uomo per cercare di sconfiggere ancora Voldemort.
“Ron!” strillò, guardando al di sopra di una spalla. “Fa' qualcosa! Dobbiamo aiutare Harry!”
Ron riuscì, barcollando, a rimettersi in piedi, aggrappandosi ai resti di una delle sedie sfasciate dal corpo di Madama Chips. I suoi occhi, cercando freneticamente un'arma, finirono sulla zucca rocciosa: e con un movimento della bacchetta – che era riuscito in qualche modo a tenere in mano – la fece levitare. Non era certo di cosa farci, ma si ricordò il modo in cui Harry aveva usato la picca contro il troll, e pensò che avrebbe potuto avere un'idea del genere. “Harry!” urlò.
Harry alzò la testa e vide l'enorme vegetale galleggiare in aria. Immediatamente pensò ad una recente esercitazione di squadra dov'era stato quasi decapitato da un Bolide. “Mandamela qui!” gridò.
Malgrado la leggera concussione, il corpo di Ron conservava perfettamente tutte le sue conoscenze delle mosse di Quidditch. Afferrò una delle gambe della sedia e, usandola come una mazza, colpì la zucca a mo' di Bolide e la spedì verso Harry.
Hermione, che in qualche modo afferrò quel che stavano pensando di fare, lanciò in fretta un Incantesimo Incollante, trascinando Raptor, ancora gemente, sdraiato sul dorso contro il pavimento. “Fetida, piccola mezzosangue,” il volto di Voldemort ruotò per fissarla con odio. “Purificherò il mondo dagli abomini come te!”
“Non oggi,” sputò lei in risposta, nell'esatto momento in cui Harry usava la bacchetta per catturare la pietra in arrivo, innanzitutto, poi per cancellare l'incantesimo di levitazione.
Raptor, il capo necessariamente rivolto verso Harry mentre Voldemort ringhiava ad Hermione, colse il movimento con la coda dell'occhio ed alzò lo sguardo. “PADRONE!” Il suo stridio di terrore venne bruscamente troncato da un forte rumore bagnato, quando la gravità ebbe rinserrato la presa sull'enorme roccia.
I tre ragazzini fissarono la scena che avevano di fronte. A tutti gli intenti e propositi, il corpo del professore terminava ora all'altezza del collo. Dove la sua testa (e quella di Voldemort) era stata, adesso c'era la zucca di pietra, mentre una pozza di rosso si allargava gocciolando da sotto di essa.
“E' il peggior suono che abbia mai sentito,” disse Ron, nauseato, la sua faccia verde in un contrasto interessante con i capelli rossi.
Hermione inghiottì convulsamente. “Una volta ho visto uno spettacolo, in televisione, dove c'era un uomo che colpiva cocomeri con un martello piatto. Faceva – faceva lo stesso suono.”
L'espressione di Harry era puramente tetra, senza la minima traccia di nausea. “Sembra che non fosse poi così difficile da uccidere, dopotutto.”
E poi due cose accaddero nello stesso momento.
Le porte dell'Infermeria si spalancarono, e quello che sembrava essere l'intero corpo docente di Hogwarts accorse attraverso di esse. Il Preside – sorprendentemente – correva in testa a tutti, ma Piton era dritto dietro di lui, con la McGranitt ed un Hagrid armato d'arco proprio dietro di lui. Il piccolo Vitious – per una volta senza il caratteristico sorriso – stava volando sopra tutti gli altri, la bacchetta tesa avanti a sé che scintillava con un Protego sul punto d'essere lanciato.
Nello stesso momento in cui i ragazzini si giravano per guardare l'incredibile scena, un'orribile nebbia rossa si addensò al di sopra dei resti mortale di Raptor. “Potter!” Stridette una voce inquietante, disumana, mentre la nuvola evanescente prendeva le sembianze del viso da serpente di Voldemort. “Io tornerò, Potter – e tu e i tuoi amici scoprirete cos'è il dolore.”
Harry lanciò la prima cosa sulla quale riuscì a mettere le mani contro la massa di ectoplasma: si trattava di un vaso da notte – il che riassumeva in maniera eccellente la sua opinione sull'uomo. “******!” urlò in risposta.
“Tom Riddle!” ruggì Silente, la voce terribile nel suo potere. “VATTENE!” Il corpo insegnante lanciò un caleidoscopio di incantesimi variamente colorati contro lo spettro; ma la maggior parte gli passò dritta attraverso senza effetto.
L'immagine di Voldemort si torse per l'odio e la furia, ma poi fuggì, spostandosi tra i ragazzini e gli insegnanti e poi fuori dalla più vicina finestra. Una freccia d'oro dalla bacchetta di Silente lo inseguì; ma l'ombra parve scomparire nel nulla.
Vi fu un momento di assoluto silenzio, poi: “Ehm... perciò... se n'è andato, allora?” chiese Ron, cauto.
Silente e Vitious erano stati impegnati fino a quell'istante a borbottare incantesimi; ma, alla domanda, si scambiarono un'occhiata, poi sospirarono e annuirono. “Sì. Se n'è andato. Per ora,” disse il Preside, stancamente.
Piton, una mano serrata attorno all'avambraccio sinistro, avanzò verso i ragazzini. “State bene?” chiese, guardando Harry.
Harry alzò lentamente gli occhi per incontrare quelli del suo professore. Per un lungo istante la sua espressione gelida non mutò: poi, le sue fattezze si rilassarono lentamente in un sorriso sollevato. “Professore. Sei venuto,” disse piano.
E poi svenne.
Occorse un po' per placare il caos che seguì. I Guaritori dovettero essere chiamati con la Metropolvere dal San Mungo, una volta che il corpo ancora inconscio di Poppy venne scoperto, ed Auror dal Ministero furono contattati quando il cadavere di Raptor venne, alla fine, notato.
Ron, che soffriva di una concussione, venne cacciato in un letto, così come Hermione, malgrado quest'ultima protestasse di essere illesa. Piton si rifiutò di permettere a chiunque non fosse lui stesso o il capo dell'equipe pediatrica del San Mungo di toccare Harry; poi insisté per rimanere con il ragazzo anche dopo che il Guaritore gli ebbe assicurato che non si trattava di nulla più che un leggero caso d'esaurimento magico, accoppiato ad un grave choc emotivo. Alla fine il Guaritore forzò una dose di Pozione Senza Sogni giù per la gola dello stesso Piton, commentando in offeso al Preside che non aveva mai incontrato un genitore così impossibile.
Alla fine il Preside insisté che, viste le circostanze, non si sarebbe parlato di nulla fino al giorno successivo: era sufficiente sapere che Voldemort era stato – di nuovo – sconfitto, e che l'immediata minaccia era scomparsa. Il suo potere magico e la sua influenza politica, sia ad Hogwarts che nel Wizengamot, schiacciarono ogni opposizione, e presto l'Infermeria venne lasciata in pace, con i Guaritori del San Mungo a controllare i pazienti addormentati.



Note alla traduzione: Nulla da segnalare, se non che mi scuso per il ritardo - e che questo è il capitolo. Se non fosse stato per questo capitolo probabilmente non avrei mai deciso di imbarcarmi in un'impresa lunga sessantaquattro capitoli.
Ne approfitto per ripetere anche qui che, malgrado i rallentamenti, malgrado i sobbalzi, malgrado le pause, malgrado tutto, ci vorrà un qualche grosso incidente per costringermi a bloccare la pubblicazione di questa traduzione. Non ho intenzione di interromperla né di lasciarla qui incompleta, visto che l'autrice si è impegnata tanto e tanto meravigliosamente per terminarla.

Un grazie a tutti voi - tutti voi, che siete tanti - per le bellissime recensioni, per l'apprezzamento, per il supporto.
Ed ElePads fa vincere 15 punti alla sua Casa (a che Casa appartieni, ElePads?) per aver segnalato uno sfarfallio di errori qua e là per tutto il capitolo. Grazie mille!

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***







Harry si svegliò lentamente, il mattino dopo, prendendo poco alla volta consapevolezza del fatto che l'ambiente che lo circondava era diverso dal suo solito letto. Da una parte poteva sentire il russare di Ron, che lo spingeva a pensare di essere nella Torre; d'altro canto, il letto sembrava diverso, e non c'erano tende a bloccare all'esterno la pallida luce dell'ora prossima all'alba. Girò la testa e, scoprendo che il suo tutore dormiva nel letto accanto al suo, per un attimo non riuscì capire dove si trovasse e perché. Si sentiva al sicuro – dopotutto il suo professore era proprio lì con lui – ma non riusciva a comprendere dove fossero.
Si sentiva stanco, anche se si era appena svegliato. Nulla gli faceva male, ma si sentiva esausto, come se avesse giocato a Quidditch per ore ed ore il giorno prima.
Quidditch.
Bolidi.
Zucche di pietra.
E poi Harry ricordò tutto, e non riuscì a trattenere un singhiozzo di angoscia.

Piton si stava godendo un riposo ben meritato. Con tutto il lavoro che aveva da fare con i Malandrini e la scuola e i suoi serpenti ed Harry, era stato più occupato del solito. Per quanto avesse urlato quando il Guaritore gli aveva cacciato in gola la Pozione Senza Sogni, doveva ammettere che era passato troppo tempo da quando era riuscito ad avere una buona notte di sonno. Ancora meglio, la pozione sarebbe stata l'unica cosa che avrebbe impedito al suo sonno di venire disturbato dagli incubi.
Era stato impegnato a valutare i compiti durante un'ora libera nel momento in cui ognuna delle barriere (da poco migliorate) del castello erano improvvisamente impazzite; e Severus sapeva anche troppo bene che l'unica cosa che avrebbe potuto causare quel genere di risposta era l'Oscuro Signore In Persona. Voldemort era risorto, proprio lì ad Hogwarts: e Piton aveva saputo in quel momento, con una spaventosa certezza che gli aveva gelato il cuore in petto, che Lui era a caccia di Harry.
I ritratti urlanti di antiche streghe e maghi Guaritori, che avevano farfugliato freneticamente di mostri intenti ad aggredire gli studenti in Infermeria, gli avevano semplicemente fornito la prova finale. Era corso più in fretta di quanto pensasse umanamente possibile, puntando all'Infermeria, solo per trovare Silente, che si muoveva ancora più in fretta.
Chi avrebbe mai pensato che sotto a quelle ridicole vesti fluorescenti, capaci solo di causare mal di testa, il vecchio pazzo indossasse scarpe da corsa?
Ogni professore nel castello sembrava essere stato richiamato dalle barriere o dai ritratti o da entrambi, ed una compatta falange di professori aveva invaso l'Infermeria. Il povero, minuto Vitious aveva realizzato che, con tanta adrenalina nell'aria, Hagrid non si sarebbe mai accorto di averlo calpestato, ed aveva perciò usato astutamente un incantesimo di levitazione per tenersi fuori dai piedi e per fornire, se necessario, copertura aerea.
Piton non aveva mai – neanche durante la guerra – visto Silente apparire così pericoloso, e l'espressione della McGranitt avrebbe potuto essere sufficiente a far scomparire qualunque Signore Oscuro abbastanza sciocco da trovarsi sul suo cammino. Si era accorto dell'assenza della Sprite e di Sinistra ed aveva presunto (correttamente, come saltò fuori) che stessero proteggendo gli studenti; ma l'attimo dopo erano oltre le porte dell'Infermeria, e Piton ebbe occhi solo per Harry.
I suoi occhi frenetici corsero attraverso l'Infermeria, rilevando la mobilia rotta, il più giovane dei Weasley che barcollava, il viso ridotto a una maschera di sangue, e la Granger, con i capelli arruffati che volavano in ogni direzione mentre la ragazza si girava, la bacchetta sollevata, per fronteggiarli. Il suo sguardo pieno d'orrore si fermò sul cadavere sanguinolento solo il tempo sufficiente a notare che era quello di un adulto e, di conseguenza, di nessun interesse immediato per lui. Poi – grazie, Merlino – aveva visto Harry.
Il ragazzo era in piedi, innaturalmente fermo e quieto, e stava fissando il corpo senza testa con un'espressione neutra in una maniera inquietante; ma era lì, in piedi, e respirava, con tutti gli arti attaccati. Non aveva sangue addosso – a differenza di Weasley – e si stava muovendo di sua volontà.
Piton sentì un'ondata di sollievo quasi intollerabile scivolare sopra di lui, così forte che le ginocchia quasi gli cedettero; ma venne immediatamente seguita da una vampata di rabbia così potente che lui si mosse in avanti per afferrare il ragazzo e per scrollarlo ferocemente. Come osava, quel ragazzino, dargli ragione di provare tutto quel terrore?
Ma, prima che potesse superare il Preside – che aveva mantenuto, stranamente, una posizione da battaglia – il suo Marchio Oscuro tornò bruciando in vita. Piton boccheggiò quando l'agonia quasi dimenticata del marchio arse di nuovo, l'altra mano sollevata ad afferrare l'avambraccio bruciante. Come poteva essere accaduto? L'unica cosa che poteva svegliare il suo Marchio era -
Potter!” Oh, no. No no no no no no. Non era pronto. I suoi piani erano pronti solo a metà. Non ancora. Il mostro non poteva essere già tornato. Era troppo presto. Harry era solo un ragazzino. Non era pronto a fronteggiare un immortale Signore Oscuro. No no no. Non ancora, buon Merlino, per favore, non ancora!
Ma Piton avrebbe riconosciuto quella voce ovunque, quella voce sibilante, piena d'odio, carica di potere: e l'ascoltò, intorpidito dal terrore, mentre minacciava l'unica cosa che avesse importanza nella sua vita; mentre minacciava un undicenne con un'eternità di dolore e tutto quel che lui poteva fare era serrarsi l'avambraccio e sforzarsi di respirare.
Fortunatamente, incredibilmente, impossibilmente, l'undicenne in questione era fatto di un materiale più solido del suo1: Harry gridò una parola per la quale Piton avrebbe decisamente dovuto parlare con lui, poi lanciò un vaso da notte attraverso la forma incorporea di Voldemort.
Questo infranse la paralisi di Piton, che sollevò la bacchetta nello stesso istante in cui Albus ruggiva contro Voldemort, il potere della sua magia che increspava l'aria della stanza. Piton si unì agli altri professori nel tentativo di assoggettare l'ombra – anche Hagrid le lanciò una freccia – ma, con poca sorpresa di tutti, il Signore Oscuro, o quel che di Lui restava, riuscì a fuggire.
E poi quel cretino dalla testa rossa aveva balbettato qualcosa e Piton era accorso verso Harry. Dapprima era stato un Harry poco familiare, che appariva molto più vecchio dei suoi anni, quello che aveva alzato gli occhi per guardarlo: ma poi qualcosa negli occhi del ragazzo si era smosso ed Harry l'aveva riconosciuto improvvisamente. Giusto in tempo per svenire.
Piton non voleva ricordare mai più quell'orribile momento, quello che aveva preceduto l'istante in cui Minerva gli aveva assicurato che Harry stava respirando, quando lui era stato certo che Voldemort fosse riuscito a lanciare un'ultima Avada Kedavra prima di andarsene.
Quella era probabilmente la ragione per la quale era stato così inusualmente... agitato... quando i Guaritori erano arrivati. Non era come se gli importasse sul serio del moccioso, era semplicemente che, essendo collegato a lui da due Voti Infrangibili, voleva ovviamente assicurarsi che il demonietto ricevesse la miglior cura possibile. Non aveva nulla a che vedere con qualche più sentimentale nozione, malgrado quel che Silente o la McGranitt potevano aver lasciato intendere. Era solo che quello era, dopotutto, Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto, e lui non aveva intenzione di permettere a qualche Guaritore in addestramento appena nominato, ancora con il latte sulle labbra, di fare pratica sul bambino.
Forse era stato lievemente brusco con il Capo Guaritore, quando questi si era finalmente degnato di arrivare (Piton non si era lasciato impressionare dal fatto che il Guaritore avesse dichiarato di essere stato trattenuto da un incidente con diverse vittime che aveva coinvolto il Nottetempo), ma questo certo non dava all'uomo il diritto di drogarlo con la Senza Sogni, né di accusarlo (pubblicamente, oltretutto!) di essere un genitore iperprotettivo. Piton sbuffò alla memoria. Che coraggio! Come se lui fosse stato colpevole di coccolare il moccioso! Ovviamente, malgrado i suoi molti titoli, il Capo Guaritore era troppo ottuso per realizzare che Potter era un bambino speciale ed aveva bisogno di un trattamento d'eccezione. Dopotutto, non era cosa da tutti capire perché il moccioso fosse sopravvissuto ad una Maledizione Che Uccide – era evidente che ci fosse qualcosa di speciale nella sua fisiologia, e dei test extra sarebbero stati richiesti, naturalmente, per assicurarsi che fosse davvero illeso.
Era stato più o meno a quel punto, mentre lui metteva eloquentemente in chiaro l'incompetenza del Capo Guaritore che non voleva lanciare di nuovo gli incantesimi diagnostici, che l'uomo gli aveva forzato la pozione giù per la gola. Piton aveva avuto a malapena il tempo di lanciare ad Albus uno sguardo di rimprovero per aver deviato la Maledizione Oscura che lui aveva spedito al Guaritore, prima che la pozione lo facesse scivolare nell'inconsapevolezza.
Ed ora era ovviamente mattino e la pozione aveva finalmente esaurito il suo effetto. Giacque quietamente per un attimo, godendo del silenzio e chiedendosi se poteva permettersi, magari, di riassopirsi: poi udì un singhiozzò di angoscia che identificò istintivamente come proveniente da Harry, ed i suoi occhi si spalancarono.
“Potter,” sussurrò, consapevole di essere in Infermeria e ricordandosi quanto malmesso fosse apparso il ragazzo Weasley – per non parlare di Poppy. “Che c'è?”

Harry guardò il suo professore, gli occhi gonfi di lacrime. Non era neanche certo di cosa ci fosse che non andava, precisamente. Solo, tutto sembrava terribile. L'orribile testa che era spuntata fuori dal cranio di Raptor. Lo scontro e Ron coperto di sangue. Le disgustose minacce rivolte da Voldemort ad Hermione. L'ordine di ucciderli in tono casuale, noncurante, dato dal Signore Oscuro a Raptor. L'improvvisa comprensione di come dovessero essere stati gli ultimi momenti dei suoi genitori. L'orribile consapevolezza che Voldemort era tornato davvero ed era intenzionato ad ucciderlo. Il nauseante suono che la zucca Trasfigurata aveva causato quando aveva sfracellato il cranio di Raptor come un guscio d'uovo. La colpa per aver quasi provocato la morte dei suoi amici con il suo stupido “Caso del Turbante Misterioso”; o il fatto che di colpa non ne provava affatto per aver effettivamente ucciso un altro essere umano. Forse lui non era migliore di Voldemort?
Piton aggrottò la fronte di fronte all'incapacità del moccioso di spiegarsi. Il ragazzo aveva un anno o undici? Aveva posto a Potter una semplice domanda, e il ragazzo sembrava impossibilitato a fare niente che non fosse fissarlo con le labbra tremolanti. Ovviamente spettava a lui prendere il controllo della situazione. “Vieni qui,” ordinò fermamente, scostando le coperte. Certo non poteva continuare a sibilare verso il letto vicino e, se Harry aveva deciso di ignorarlo, a cos'altro poteva ricorrere? L'azione naturale era portare il ragazzo a sé. Dopotutto, perché avrebbe dovuto andare lui dal ragazzo? Piton era l'adulto. Che fosse il ragazzino ad uscire dal suo bel letto caldo.
Harry non attese di essere invitato due volte. Filò giù dal suo letto e dritto in quel del suo professore prima che l'uomo potesse ripensarci. Si raggomitolò contro il professore che, per una volta, non era vestito nel solito nero: come Harry, Piton aveva addosso un pigiama ospedaliero standard, anche se il suo aveva un piccolo emblema di Serpeverde sul petto.
Harry abbracciò strettamente il suo professore, posando il capo sul torace dell'uomo e lasciando che il suono dei suoi battiti lo calmasse. Sentì una potente ondata d'amore invaderlo quando le braccia di Piton gli circondarono le spalle e lo tennero vicino.
Piton mantenne una presa ferma sulla piccola creatura. Non aveva intenzione di permettere ad Harry di scappar via e nascondersi come un animale spaventato: meglio tenerlo strettamente fino a quando non avesse realizzato che opporsi o fuggire era inutile. Non aveva niente che a che vedere con un desiderio di rassicurare il ragazzo o di essere sentimentale. Semplicemente, Piton non aveva intenzione di ritrovarsi a trascinarsi in giro per il castello in cerca di un qualunque posto in cui un traumatizzato studente del primo anno potesse nascondersi o, come l'ultima volta, di doverlo trascinare fuori da sotto il letto dell'ospedale.
“Sul serio, Potter,” lo rimproverò Piton, una volta che il moccioso ebbe smesso di tremare. “Non mi aspetto che tu sia eloquente, ma semplici risposte non dovrebbero essere un problema per te. Ti senti male?”
“No, signore,” rispose Harry, obbediente. Era così fortunato! Il suo professore si prendeva cura così bene di lui.
“Sei spaventato?”
Harry si agitò. “Un po',” ammise.
Piton sospirò. Era sgradevole che il ragazzo dovesse apprendere così presto della minaccia che Voldemort costituiva per lui, ma non c'era modo di girarci attorno. Nessuno scopo ad indorare la verità. “E' vero che il Signore Oscuro è un avversario potente, Potter,” disse infine, scegliendo le parole con cura. “Ma se n'è andato, per ora, ed hai visto con i tuoi occhi che è in uno stato debole ed incorporeo. Non devi temere per la tua sicurezza, qui e adesso.”
“Non è questo,” disse Harry, contorcendosi per guardare verso il suo professore, sorpreso. “So che mi terrai al sicuro.”
“Lo farò, certo,” assentì Piton, facendo del suo meglio per ignorare la calda sensazione d'orgoglio che lo sciocco commento del ragazzo aveva causato. “Ma allora di che cosa hai paura?”
“Di me,” ammise Harry. “Penso che crescerò per diventare come Lui.”
Piton poté quasi udire la lettera maiuscola. “Come il Signore Oscuro? Perché diamine pensi questo?” “Perché sono un assassino, proprio come lui,” sussurrò Harry, affondando la faccia nel petto di Piton. “L'ho ucciso. Be', ho ucciso Raptor, ad ogni modo.”
“Potter!” La voce di Piton tremava per la furia, ed Harry alzò lo sguardo, spaventato. Il suo professore l'avrebbe scacciato, ora che sapeva quel che Harry aveva fatto? “Riconosco che sei un Grifondoro, ma, cortesemente, non essere ancora più imbecille di quanto sia necessario! Certo anche tu puoi afferrare la natura fallace dell'argomento che porti a sostegno di una simile equivalenza morale?”
Harry si limitò a sbattere le palpebre, fissandolo a bocca aperta. Piton sospirò ancora. Grifondoro, Severus. Ricorda come sono i Grifondoro. “Potter, non riconosci la differenza tra uccidere ed assassinare?”
“Ummm....” Harry aggrottò la fronte, pensieroso. “Per assassinare devi volere che qualcuno muoia; ma per uccidere non è necessario. Per esempio, se investi per errore qualcuno con una macchina?” “Un esempio Babbano, ma ragionevole,” concesse Piton.
“Ma io volevo ucciderlo, Professore,” obiettò Harry, infelice. “Volevo che morisse. E non mi sento neanche in colpa per questo.”
“Idiota.” Piton aggrottò la fronte. Che cosa insegna, la McGranitt, in quella Casa? “Certo che volevi che morisse, Potter. Raptor era un volenteroso tirapiedi del Signore Oscuro. Presumo che stesse cercando di ferire te ed i tuoi amici?” Davanti all'assenso di Harry, proseguì, “Perciò puoi immaginare quale sarebbe stata la mia reazione se tu non avessi cercato di ucciderlo. Che cosa ti ho detto riguardo al fatto di difendere te stesso?”
“Ch-che dovrei farlo,” riconobbe Harry. “Ma questo non significa che fosse necessario ucciderlo.”
“Potter, tu hai undici anni. Ti sei scontrato con un mago pienamente adulto che non solo era a tutti gli effetti un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, ma aveva anche una qualche forma di collegamento con il più potente Signore Oscuro dell'ultimo mezzo secolo. In una situazione come quella tu non devi cercare di ferire o catturare. Tu uccidi per non essere ucciso.”
“M-ma quello è assassinio,” Harry tirò su con il naso.
Piton si mise a sedere e tirò Harry finché anche questi non fu seduto, faccia a faccia con lui. “Potter. Questo è molto importante, perciò ascoltami bene. Quello non è assassinio. Assassinio è l'omicidio deliberato di un innocente che non intendesse recarti danno. Tu non hai assassinato nessuno, anche se hai, in effetti, ucciso.” Il labbro di Harry riprese a tremare e Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Potter. Non hai ragione di essere sconvolto. Ora ascoltami bene. C'è un detto Babbano che mi aspetto che tu tenga a mente: 'Se qualcuno si prepara ad ucciderti, svegliati presto ed uccidilo per primo.'” Harry sbatté le palpebre, sorpreso, il labbro ora fermo. “Adesso, cosa significa questo?”
“Si-significa che se sai che qualcuno sta cercando di ferirti, dovresti alzarti dal letto ed ucciderlo prima che lui uccida te?”
“Esattamente. Significa che, se sai che qualcuno intende farti veramente del male, hai l'obbligo di proteggerti. Non devi startene seduto sul letto e rannicchiarti e gemere e sperare che accada qualcosa che lo dissuada. Non devi aspettare per vedere se cambia idea all'ultimo minuto, perché ci sono ottime possibilità che non lo farà. Devi alzarti e muoverti prima che l'altra persona possa danneggiarti.” Piton gli lanciò un'occhiata estremamente severa. “Ciò non significa che se pensi che qualcuno potrebbe ferirti, allora hai il permesso di ferire lui. Significa che, se hai prove evidenti del fatto che qualcuno stia cercando praticamente di ucciderti, dovresti sbarazzarti della minaccia prima che tu – od altri – possano essere feriti.”
Harry tirò su con il naso. “Ma se io voglio uccidere Lui così come Lui vuole uccidere me, questo non mi rende malvagio come Lui?”
“Non c'è equivalenza morale tra le due azioni, Potter.” Di fronte all'espressione vacua del ragazzo, Piton riformulò la frase. “Non è affatto la stessa cosa. Il Signore Oscuro sta cercando di uccidere un bambino per i propri fini e il proprio piacere. Ha ucciso i tuoi genitori nella vaga possibilità che tu potessi un giorno portare a termine una Profezia. Tortura ed uccide le persone a causa dei loro genitori o delle loro convinzioni. E' una abietta e malvagia creatura che gode nel creare dolore e terrore negli altri. Tu cerchi di ucciderlo per proteggere te e gli altri dalla vera, reale minaccia della violenza del Signore Oscuro. Non c'è nulla di simile nelle vostre motivazioni.
Voldemort aveva l'abitudine di andare nei villaggi Babbani solo per uccidere la gente. Cercava di uccidere quante più persone possibile. Prendeva di mira uomini, donne e bambini indiscriminatamente. Non faceva distinzione alcuna tra Auror e civili. Voleva che ci fossero molte vittime e, quando attaccava, usava i Babbani come scudi umani. Non è mai accettabile uccidere deliberatamente persone che non abbiano intenzione di danneggiarti e che si stiano innocentemente occupando degli affari di ogni giorno.”
“Gli Auror, al contrario, possono uccidere quando sono sul campo, ma lo fanno per proteggere civili. In guerra, non prendevano di mira deliberatamente i bambini dei Mangiamorte, mentre il Signore Oscuro e i suoi seguaci hanno attaccato molte famiglie, precisamente come hanno fatto con la tua. E' ridicolo dire che ogni morte è una tragedia o che tutte le morti sono moralmente equivalenti. Ci sono persone che, per le loro azioni, meritano di morire, ed uccidere qualcuno per proteggere te stesso od un innocente non è omicidio.”
Harry prese un respiro profondo. Le parole del suo professore avevano senso. Forse non sarebbe cresciuto per diventare un Signore Oscuro, dopotutto. “Perciò non sei arrabbiato con me?” chiese cautamente.
“Per aver ucciso Raptor? Certo che no.” Piton lanciò un'occhiataccia minacciosa al ragazzo. “Cosa ti aspetti che ti faccia se mai mancherai di proteggerti tanto vigorosamente quanto hai fatto ieri?”
Le labbra di Harry si piegarono in un sorriso. Amava quando il suo professore diventava furioso e protettivo. “Mi darai uno scapaccione.”
“Precisamente."
“Perciò... se io non avessi ucciso il Professor Raptor, tu mi avresti sculacciato?” chiese Harry, maliziosamente.
“Direi proprio di sì.”
“Perciò posso avere una Cioccorana per essermi difeso propriamente?”
“Niente Cioccorane prima di colazione,” disse Piton, severamente.
Harry tenne il broncio per un attimo, prima di rischiararsi in viso. “D'accordo, te lo chiederò di nuovo dopo colazione.”
“Hmmmm.” Piton cominciò a guardarsi intorno.
“Che c'è, Professore?” chiese Harry, curioso.
“Sto cercando la mia bacchetta.”
“Oh.” Anche Harry si mise a cercarla, desideroso d'essere d'aiuto. “A cosa ti serve, Professore?”
“Credo sia necessario introdurti all'Incantesimo Insaponabocca,” replicò Piton placidamente.
Gli occhi di Harry si spalancarono per l'orrore. “Cosa! Ma perché? Cosa ho detto?”
“Non ricordi quel che hai detto al Signore Oscuro, un attimo prima di tirargli un vaso da notte?”
Harry arrossì. “Oh.” Lanciò un'occhiata furtiva al suo tutore, cercando di valutare quanto indulgente l'uomo potesse essere. Anche se l'espressione cupa di questi non era incoraggiante, decise di cercare comunque di obiettare. “Ma, Professore, era Voldevont! Non dovrebbe essere così terribile imprecare contro di Lui. Non è come se l'avessi detto in classe, o qualcosa del genere,” disse, supplichevole.
“Se mai dovessi sorprenderti ad usare un simile linguaggio lontano dalla presenza del Signore Oscuro -” iniziò Piton.
“Non accadrà!” promise Harry, in fretta.
“Oh, molto bene,” concesse Piton di malavoglia. Harry si afflosciò contro di lui, sollevato. Whew! Che fortuna, per lui, che il suo tutore fosse così gentile! Si accoccolò più vicino all'uomo e chiuse gli occhi. Si sentiva sicuro ed amato e – per la prima volta – orgoglioso di sé. Si poteva far conto sul suo tutore per rassicurarlo del fatto che non fosse un orribile mostro assassino. Harry sentì la tensione scivolare fuori dai suoi muscoli e la fatica insinuarsi all'interno.
Piton guardò il ragazzino, allarmato. Certo il moccioso non progettava di addormentarsi su di lui. Non era un cuscino per i Potter! “Potter, alzati immediatamente e torna nel tuo letto, se vuoi rimetterti a dormire.”
“No,” mormorò Harry, già quasi assopito.
Oh, disobbediente mocciosetto! Ovviamente aveva bisogno che gli venisse ricordato che cosa si poteva aspettare per un simile, ostinato comportamento. Piton alzò una mano dal punto in cui era posata sulla schiena del ragazzo e gli assestò uno scapaccione sul sedere. “Potter! Vattene nel tuo letto!”
Harry si limitò ad affondare più profondamente contro l'uomo e ad emettere un sospiro di contentezza. Era così carino da parte del Professor Piton prenderlo in giro in quel modo. Certo la gentile pacca sul sedere rendeva chiaro che stesse solo scherzando. Harry serrò la stretta attorno al suo professore. Come aveva potuto immaginare di assomigliare a Lord Volauvent? Il suo tutore l'amava, e questo dimostrava che Harry non era una qualche spaventevole, malvagia creatura.
Harry scivolò nel sonno, sicuro nella sua certa consapevolezza di essere una brava persona che aveva svolto un necessario, anche se spiacevole, compito. L'approvazione del suo tutore lo confermava – non c'era bisogno di preoccuparsi od angosciarsi ulteriormente. L'aveva detto il Professor Piton, e perciò era così.

Be'. Ciò era decisamente seccante. Era evidente che, con il raggio d'azione della sua mano limitato dalle coperte, i suoi scapaccioni non facevano alcuna impressione al moccioso: avrebbe potuto sfilare la mano da sotto il lenzuolo, ma a quel punto le coperte nel mezzo avrebbero provveduto a formare un'imbottitura per il sedere del piccolo disgraziato, e non sarebbe stato un miglioramento. Poteva far levitare il ragazzo – Ma, aspetta. Forse stava sottovalutando qualcosa. Perché il ragazzino era così sonnolento? Di certo, alla sua età, il moccioso avrebbe dovuto saltellare fuori dal letto e chiedere cibo, non cercare di dormire fino a mezzogiorno come un pigro adolescente.
Piton sbuffò. Lo sapeva. Aveva avuto ragione sin dal principio. Ovviamente il ragazzo era stato più danneggiato dagli eventi del giorno prima di quanto quell'idiota di un Guaritore avesse rilevato. Be', evidentemente era una buona cosa, dopotutto, che Harry si fosse addormentato proprio là. Piton avrebbe dovuto controllare il sonno di Potter per essere certo che non si sviluppassero complicazioni, nel frattempo. Avrebbe cominciato monitorando la respirazione del ragazzo. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Certo, sembrava piuttosto regolare. Piuttosto tranquillizzante, davvero. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Molto rilassante, in effetti. Dentro... e fuori. Dentro... e fuori. Dentro... e...

Venti minuti dopo, la strega del San Mungo e il preside di Hogwarts guardarono la coppia addormentata, divertiti. La testa di Harry era posata sul petto di Piton, e le braccia del professore di Pozioni circondavano il ragazzo in un gesto protettivo. “Le mie barriere mi hanno informata che due dei pazienti si erano svegliati, Professore, ecco perché l'ho chiamata. Ma vedo che la mia chiamata è stata prematura. Magari tra un'ora, più o meno, possiamo svegliarli tutti, ma preferirei che dormissero il più possibile.”
“Sì, certo,” assentì Silente, estraendo una macchina fotografica dalle sue vesti voluminose. “Ma mi lasci solo prendere un paio di scatti prima che me ne vada. Sono certo che il Professor Piton sarà lieto di vederli, così come il resto del corpo docente.”



Note alla traduzione:
(1): the eleven year old was made of sterner stuff, dove la traduzione più italiana sarebbe stato l'undicenne era fatto di una pasta diversa. Tuttavia, mi sembrava che quest'espressione mancasse di una sfumatura che trovavo assolutamente necessaria: ossia più solido, migliore, rispetto a quello di Piton. Era una sfumatura che volevo risaltasse esplicitamente.


E rieccomi qui! Sto traducendo i capitoli 33 e 34, che progetto di mettere online entro la fine di febbraio: tuttavia, sono in periodo d'esami e non riesco a tenere un ritmo proficuo. Spero tuttavia (ma è una pia speranza) che per giugno, al massimo luglio, tutta la storia sarà online... in tempo per lasciarmi imbarcare in un progetto ancora più grosso.

Come sempre, grazie a tutti voi che vi fermate a lasciare all'autrice (e alla traduttrice) prova del vostro passaggio.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***







Quando Harry si svegliò per la seconda volta, fu alla sensazione della mano gentile di una guaritrice del San Mungo che gli strofinava la schiena. Sbatté le palpebre e alzò la testa, realizzando che aveva sbavato sul cuscino: se non che, non era un cuscino, era il suo professore. “Potter.” Il dono severo dell'uomo mise in chiaro che lui aveva notato la pozza di bava che al momento gli intrideva la camicia del pigiama.
“Buongiorno, Professore,” disse Harry, il tono colpevole.
“Venite, ragazzi,” disse la guaritrice, il tono professionale e allegro. “Siete gli ultimi ad alzarvi, stamattina. Lavatevi e vestitevi – gli altri vi stanno aspettando.”
Piton le lanciò la migliore delle sue occhiatacce letali - “ragazzi”, invero! – ma seguì Potter verso i bagni alla fine dell'ala dell'Infermeria.
Dopo che ebbero terminato in maniera soddisfacente le loro abluzioni, la guaritrice li scortò ad una stanza riservata per i colloqui accanto all'ufficio del Preside. Entrando nella stanza, Piton trovò una certa folla assembrata attorno ad un lungo tavolo da conferenze.
Caramell era lì con la Bones, la Skeeter, e, prevedibilmente, Lucius Malfoy. La McGranitt e il Preside fiancheggiavano la ancora pallida Poppy. Una fiammata di rosso attirò l'attenzione di Piton, che si girò per trovarsi davanti Arthur e Molly Weasley; quest'ultima teneva Ron in grembo. Accanto a loro sedevano due adulti sconosciuti, ai quali Ron continuava a lanciare occhiate nervose. A giudicare dal fatto che stessero affaccendandosi solleciti attorno ad Hermione, Piton dedusse che si trattava dei dottori Granger.
“Zietta Molly! Zio Arthur!” cinguettò Harry allegramente al suo fianco, prima di schizzare via mentre Arthur spalancava le braccia.
Harry venne strizzato in un abbraccio da togliere il fiato dallo zio onorario, la stretta del quale pose efficacemente termine ai suoi timori riguardo al fatto che gli Weasley l'avrebbero incolpato per la ferita di ron. “Oh, Harry!” Nell'istante in cui Arthur lo lasciò andare, Molly l'avvolse con un braccio, tenendo Ron stretto con l'altro. “Stai bene?”
“Sissignora,” rispose Harry una volta che fu riuscito a riprendere fiato. Ron gli sorrise, un poco vergognoso per il fatto di essere visto mentre veniva abbracciato e tenuto in grembo da sua madre. Harry gli sorrise in risposta, ma decise che, se Ron non l'aveva visto mentre se ne stava sdraiato come un neonato sulla pancia del suo tutore, lui non aveva intenzione di dire niente.
“Harry, vieni ad incontrare i miei genitori,” lo chiamò Hermione, eccitata. “Mamma, papà, questi sono il mio amico Harry e suo pa – uh – il suo tutore, il Professor Piton.”
“Come state?” Piton dovette ammettere che i Babbani avevano modi eccellenti, e si chiese perché il ragazzo dei Weasley apparisse così ansioso nelle loro vicinanze. Ah, be', chi poteva capire come funzionava il cervello dei bambini?
“Buongiorno,” Silente rivolse un sorriso scintillante agli ultimi arrivati. “Gli elfi hanno gentilmente preparato la colazione contro la parete di fondo, se volete servirvi. Poi, magari, potremo cominciare. Sono certo che siamo tutti interessati a determinare esattamente cosa sia successo qui ieri.”
Harry si concentrò immediatamente sulle tavolate in fondo alla stanza. “Ooooh, pasticcini!” squittì, precipitandosi verso i dolcetti zuccherosi.
Piton si lanciò in un inseguimento ravvicinato e fermò il mocciosetto prima che questi potesse servirsi un piatto pieno di cibarie poco salutari. “Cosa ti ho detto riguardo alle tue abitudini alimentari, signor Potter?” chiese, la voce pericolosamente quieta.
“Ma ho combattuto Voldesnort!” protestò Harry. “Non c'è un premio per me, per questo?”
“Solo dopo che avrai consumato una colazione salutare.” Piton riempì il piatto del ragazzo di frutta, uova, pane tostato ed un pomodoro grigliato. Davanti all'espressione depressa di Harry, si ammorbidì lievemente. “Puoi scegliere un pasticcino, ma se ti vedo mangiarlo prima che tu abbia svuotato il resto del piatto -”
“Non lo farò!” Harry si illuminò, scegliendo immediatamente il più grosso, appiccicoso pasticcino con il rivestimento più zuccheroso.
Quando Harry riportò il suo piatto sul tavolo, fu sorpreso nel non vedere niente che non fosse salutare frutta sul piatto di Ron. Si sarebbe aspettato che l'amico l'avrebbe riempito con una pila di dolci, dal momento che appariva improbabile che i suoi genitori gli avrebbero negato qualcosa oggi. Entrambi continuavano ad accarezzargli i capelli e ad abbracciarlo. Ron pareva simultaneamente imbarazzato e deliziato dal loro comportamento – dopo undici anni trascorsi a farsi mettere in ombra dai gemelli o da Ginny, per non menzionare il resto dei suoi fratelli, per una volta stava crogiolandosi nell'attenzione indivisa dei suoi genitori.
Come figlia unica, Hermione era più abituato a che l'attenzione dei suoi genitori fosse su di lei, ma i Granger, mentre ovviamente affettuosi con la figlia, non sembravano provare lo stesso, frenetico sollievo dei Weasley. Era scarsamente sorprendente, certo. In quanto Babbani, non potevano davvero capire che cosa la bambina avesse affrontato il giorno prima, mentre i Weasley erano anche troppo consapevoli di cosa sarebbe potuto accadere.
C'erano due sedie tra i Granger ed i Weasley, e Piton guidì Harry verso di esse. Una volta che si furono seduti, Albus sorrise raggiante.
“Ed ora siamo qui, tutti insieme, sani e salvi. Dovremmo ringraziare per -”
“Sì, sì, grazie, Merlino, e tutto quel che segue,” lo interruppe Caramell, seccato. “Ma quel che voglio sapere è cos'è accaduto? Tutte queste voci sul Signore Oscuro e su professori uccisi e vampiri e zucche assassine causeranno presto il panico!”
Harry guardò verso il suo tutore. Vampiri?
Piton fece una smorfia ed alzò gli occhi al cielo. Caramell era un tale idiota. Tenne la propria attenzione sul suo piatto.
“Sì, certo, Cornelius, ed ecco perché abbiamo invitato te e Madama Bones. Lucius è qui come rappresentante del Consiglio di Amministrazione, e la signorina Skeeter assicurerà che un accurato -” lanciò alla giornalista un'occhiata tagliente e lei mise il broncio ma annuì “- resoconto sia reso disponibile al pubblico.”
Albus si rivolse educatamente ad Harry. “Harry, ragazzo mio? Saresti per caso così gentile da cominciare il racconto? I tuoi amici hanno suggerito che la storia fosse tua da raccontare.”
Tutto ad un tratto Harry non era più così affamato. Mise giù la forchetta e lanciò occhiate preoccupate ai suoi amici. Erano arrabbiati con lui? Ma sia Hermione che Ron gli lanciarono sguardi d'incoraggiamento; perciò lui prese un respiro profondo e cercò di capire come spiegare le cose in maniera tale da evitare di cacciare chiunque nei guai. Sapeva che era praticamente un compito impossibile, ma almeno voleva evitare che anche Ron ed Hermione finissero nel ginepraio con lui.
“Harry?” lo spronò Silente.
Harry sospirò e lanciò al Professor Piton un'occhiata cauta da sotto la frangia. Era piuttosto certo che il suo professore non si sarebbe lasciato ingannare da qualunque scusa, ma aveva intenzione di fare comunque un tentativo.
“Erm, be', eravamo ad Incantesimi quando Hermione – ah – ha detto al Professor Vitious che non si stava sentendo bene, e così -”
“Stavi male, Hermione?” intervenne il padre di Hermione, guardando la figlia con preoccupazione.
Hermione arrossì quando tutti gli occhi si girarono verso di lei, e lanciò un'occhiata disperata alla madre. “Mamma...”
“Hm? Ah!” La signora Granger afferrò il silenzioso Linguaggio delle Adolescenti ed annuì al marito. “E' tutto a posto.”
“Oh? Oh! Giusto.” Il signor Granger lasciò cadere in fretta l'argomento.
“Uh, già,” Harry si sentì in colpa per aver messo in imbarazzo a quel modo la ragazza, ma non era riuscito a pensare ad alcun modo per girarci attorno. A giudicare dall'occhiataccia che Hermione stava dirigendo verso Ron, era il ragazzo dai capelli rossi che lei stava incolpando per il suggerimento originale. “Così, comunque, una volta che la lezione è finita, io e Ron abbiamo avuto il permesso di portarle i libri, e quando siamo arrivati in Infermeria Hermione era lì ed aspettava Madama Chips -”
“Oh, cielo!” esclamò la guaritrice. “Devo averti mancata di poco mentre scendevo da Hagrid. Mi dispiace tanto, cara; ma perché non hai usato la campana magica per farmi sapere che stavi aspettando? Sarei tornata immediatamente! Non l'hai vista sulla mia scrivania, con il cartellino che spiegava come usarla?”
“Em... S-sì, ma non era nulla di davvero urgente, Madama, e non volevo creare problemi se lei si stava occupando di qualcuno che stesse veramente male,” mentì Hermione a disagio.
“Perciò, quando siamo arrivati lì, io – ummm – ho detto che avrei guardato se Madama Chips era impegnata dietro gli schermi. Hermione non aveva voluto sbirciare, ed ho visto che il Professor Raptor era lì.” Harry cercò di pensare a come fare a raccontare nel modo migliore la parte che seguiva. “E – e allora Ron ha pensato di, erm, fare uno scherzo ad Hermione e così lui – ah – ha gridato che c'era un troll in arrivo, ed immagino che il Professor Raptor l'abbia sentito, perché è saltato su e -”
“Aspetta.” La gelida parola, proveniente dalla sedia accanto alla sua, fece sobbalzare Harry. Sgomento, si girò verso il suo professore.
“Sì, signore?” chiese, esitando.
“Stai omettendo una parte fondamentale della storia, signor Potter. Per caso puoi spiegare perché il turbante del Professor Raptor è stato trovato Incollato al suo letto?” Gli occhi irritati di Piton informarono Harry che l'uomo non si era lasciato ingannare per niente dalla storia attentamente costruita.
Harry inghiottì a vuoto. Giusto. Non era mai riuscito a cancellare l'incantesimo, vero? “Ah, be'...”
“Che differenza fa il copricapo di quell'idiota?” sbottò Lucius. “Quel che io voglio sapere è da dove è saltato fuori Colui Che Non Deve Essere Nominato!”
Albus lanciò ad Harry un'occhiata di sconcertante consapevolezza. “Sospetto che le due cose siano collegate, Lucius. Vedi, quando ho esaminato il turbante del deceduto professore, ho scoperto che conteneva strati su strati di incantesimi schermanti. Stava venendo usato per nascondere qualcosa di molto potente e molto Oscuro.”
Lucius aggrottò la fronte, riflettendoci sopra, mentre lo sguardo di Caramell rimase vacuo, la Bones sbiancò e la Skeeter bisbigliò eccitata alla sua piuma automatica.
“Er...” Harry si arrese. Doveva ammettere almeno parte del piano. “Be', potrei avere, erm, incantato il turbante mentre lui dormiva,” confessò, lo sguardo fisso sulla sommità del tavolo. Sentì Piton inspirare furiosamente e si rannicchiò, preparandosi per il rimprovero del secolo.
Prima che il suo professore potesse parlare, comunque, la voce del Preside si fece sentire. “Ma perché, Harry? Non hai mai mostrato, prima, molto interesse negli scherzi o nel Professor Raptor. Giocare uno scherzo ad un professore malato non è da te, ragazzo mio.”
Harry arrossì vivamente. Non aveva mai pensato alla cosa in questo modo, ma se Raptor fosse stato solo un professore un po' strano e puzzolente, la sua azione volta a spaventare il poveruomo mentre giaceva a letto malato sarebbe stata un atto veramente detestabile. “Io – io – um...” Lanciò un'occhiata supplichevole al suo tutore. “Io sapevo che c'era qualcosa che non andava.”
Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto Benedetto Dalla Seconda Vista,” la Skeeter sospirò, presa. “Fiuta il Signore Oscuro Malgrado Le Barriere Protettive!”
Piton serrò i denti. Che quella donna impicciona scrivesse pure la cosa sbagliata: a lui era spiacevolmente consapevole che Harry dovesse aver colto il suo disprezzo per Raptor e – data la natura del ragazzo – che avesse deciso di “aiutare”. Chi avrebbe mai pensato che i bambini potessero essere tanto percettivi? Giurando di fare un miglior lavoro, d'ora in avanti, nel nascondere le proprie opinioni, Piton lanciò un'occhiataccia al moccioso. “Ne discuteremo più tardi, tu ed io,” promise freddamente.
Harry si afflosciò. Be', almeno il suo professore non stava esigendo risposte proprio lì di fronte a tutti, o togliendogli il permesso di volare mentre la signora giornalista prendeva appunti.
“Per favore, Harry, continua. Prenderemo come assunto il fatto che tu abbia avuto la sensazione che non tutto fosse come sembrava.” Albus annuì verso di lui.
“Uhm, okay. Perciò, comunque, quando il Professor Raptor si è alzato così in fretta, il suo turbante è stato tirato vi, e – e c'era una seconda faccia che sporgeva da dietro la sua testa,” Harry rabbrividì, nauseato. La memoria di quell'orribile visione era ancora troppo fresca.
La mascella di Caramell crollò, e le sopracciglia di Lucius schizzarono fino alla linea dei capelli. Amelia Bones perse il monocolo. Minerva si strozzò ed Albus apparve molto, molto tetro. Gli Weasley stavano entrambi abbracciando Ron, i loro visi pallidi, mentre i Granger, malgrado la loro ovvia confusione, colsero l'atmosfera nella stanza ed afferrarono strettamente le mani di Hermione.
Harry lanciò un'occhiata nervosa al Professor Piton. Il viso dell'uomo era una maschera severa, come sempre: perciò fu una sorpresa quando protese le braccia forti e si tirò Harry in grembo.
Dopo lo choc iniziale – e il sollievo che non stesse venendo tirato di traverso alle gambe dell'uomo per una sculacciata pubblica – Harry si rilassò e si appoggiò al petto del suo professore. Fu sorpreso di sentire il cuore dell'uomo battere furiosamente. Il suo professore poteva essere davvero preoccupato o arrabbiato?
“Professore?” azzardò, gli occhi spalancati.
“Sciocco ragazzino!” sbottò Piton automaticamente, serrando la presa attorno ad Harry finché non rivaleggiò la stretta dei Weasley su Ron. Neanche nelle sue peggiori fantasie aveva mai, mai pensato a questo. Possessione? Parziale manifestazione corporea? Nessuna meraviglia che la cicatrice del ragazzo avesse pizzicato ogni qualvolta Raptor gli era passato accanto! E quale immenso potere doveva essere occorso per mantenere due anime in un corpo solo – senza parlare dello schermare l'aura del Signore Oscuro dalle barriere della scuola.
Poppy rabbrividì. “Ora capisco perché il suo corpo stava consumando sé stesso. Pensare che quel – quell'abominio lavorasse qui, camminasse per le stanze, insegnasse ai bambini!” Avvolse le braccia attorno a sé stessa, come se sentisse improvvisamente freddo, e Minerva le posò un braccio sulle spalle in un gesto di conforto. “Non mi permetteva di toccare il suo turbante, ma io pensavo si trattasse solo di qualche fissazione, o che stesse diventando calvo!” gemette Poppy. “Non avrei mai immaginato...”
“Su, su, Poppy,” cercò di placarla la McGranitt. “E' un bene che tu non ricordi niente.”
Poppy scosse la testa. “Assolutamente niente, dal momento in cui ho lasciato la capanna di Hagrid fino a quello in cui mi sono svegliata con lo staff del San Mungo attorno al letto,” spiegò lei, tirando su con il naso, agli altri.
“E' stato – è stato molto spaventoso,” intervenne Hermione. “Avevamo appena visto V-Voldemort e, Madama Chips, lei è entrata in quel momento con una grossa zucca e ha detto che Hagrid l'aveva mandata al Professor Raptor.”
“Ah, Hagrid – sempre così premuroso,” disse Silente in tono affezionato, ignaro dell'occhiataccia impaziente che Lucius lanciò nella sua direzione.
“Già, Madama – stava dicendo qualcosa al professore mentre entrava, e aveva le mani occupate, e non appena lui l'ha vista, lui – be', loro – le hanno lanciato un incantesimo,” spiegò Ron. “Miseriaccia! E' stata una spaventosa luce nera che è puntata dritta verso di lei!”
“Lui ha detto 'Duro',” intervenne Hermione, e Poppy si fece grigia in volto.
“Stava cercando di uccidermi, allora,” sussurrò la Chips, parzialmente parlando tra sé e sé. “Non ci credevo davvero...”
Piton sbuffò. Sciocca ingenua. Voldemort era un Signore Oscuro. Pensava davvero che qualcuno si meritasse il titolo solo per essere poco puntuale agli appuntamenti o irriguardoso dei sentimenti altrui? Cara Associazione dei Signori Oscuri, mi piacerebbe fare richiesta per diventare un vostro membro. Per cortesia, vorrei avere qualche informazione sui vostri criteri d'ingresso. E' davvero necessario uccidere dozzine di persone, o posso semplicemente usare un Incantesimo Pungente davvero malvagio su di loro? La Cruciatus è un requisito obbligatorio, o potrei passare insultando le parentele di qualcuno e dicendo loro che il loro gusto nel vestire lascia molto a desiderare? Mi impegno anche a togliere tutte le gelatine buone dalle Tuttigusti + 1 e a lasciare tutte quelle al sapore di moccio e di vomito per gli altri. Ho inventato una maledizione che causa a chi viene colpito diversi, dolorosissimi tagli da carta – ottengo punti per quello?
“Già, è stata una buona cosa che lei avesse in mano quella zucca,” aggiunse Ron. “La maledizione l'ha colpita ed è diventata di pietra, ma il potere dell'incantesimo era ancora forte abbastanza da farla volare indietro. Ha distrutto anche un paio di sedie.”
“E poi Raptor ci ha detto delle cose terribili, e Voldemort -” Hermione ignorò il modo in cui gran parte della stanza sussultò a quel nome “- stava parlando ad Harry, ed Harry ha detto qualcosa che l'ha fatto davvero arrabbiare.
Ora tutti gli occhi erano di nuovo su Harry- “Io – er – io –” lui balbettò e si fermò, imbarazzato.
Uno spaventoso sospetto si affacciò alla mente di Piton, e l'uomo chiuse gli occhi, stringendosi la radice del naso tra due dita. “L'hai chiamato Lord Vol-au-vent, non è così?” chiese, il tono rassegnato.
Sì udì chiaramente Lucius boccheggiare, mentre la Bones si sforzava di non sorridere.
“Er, già,” ammise Harry.
Caramell sembrava diviso tra l'orrore e la riluttante ammirazione, mentre la Skeeter stava praticamente contorcendosi nella sedia per la gioia. “Harry Potter Si Riferisce al Signore Oscuro Chiamandolo Come un Pasticcino Croccante. L'Eroe della Luce Ride in Faccia al Pericolo.
Gli occhi di Albus scintillavano pazzamente. “E poi?”
Hermione parlò prima che Harry potesse farlo. “Ron è stato così coraggioso!” esclamò lei. “Mentre Tu sai Chi era distratto, lui ha cercato di affrontarlo.”
Molly singhiozzò e serrò Ron più strettamente.
“Ma Raptor l'ha lanciato contro il soffitto e poi l'ha lasciato cadere. E' stato così che si è ferito,” concluse Hermione, lanciando a Ron un'occhiata che lo fece arrossire. Il ragazzo poteva essere un po' un cretino, certe volte, pensò lei, ma era senza dubbio un vero Grifondoro.
Gli occhi di Piton si assottigliarono. Affrontare non uno ma due Maghi Oscuri armato con nulla più che una bacchetta nuova e una dose di insana audacia? Il ragazzo era senza dubbio un vero Grifondoro.
“E poi?”
“Io ho avuto per qualche secondo troppa paura per muovermi, e Voldemort continuava a parlare con Harry. Sembrava che lo stesse ipnotizzando, o qualcosa del genere.
Harry annuì. “Ha fatto qualcosa, e mi sono sentito malissimo. Solo e senza speranza e sapevo che stava per uccidermi. Ma poi ha detto qualcos'altro, e mi sono arrabbiato.”
Ora tutti gli adulti (eccetto i Granger) lo stavano fissando sbalorditi. Il ragazzo aveva respinto il controllo mentale di Voldemort? Maghi adulti, inclusi Auror perfettamente addestrati, non erano riusciti in una simile impresa!
“Che cos'ha detto che ti ha fatto arrabbiare?” riuscì a chiedere Piton, la voce innaturale alle sue stesse orecchie. Precisamente, quando potere aveva questo ragazzino? Colse l'occhiata che Lucius gli lanciò, soppesandolo. Potter poteva reggere il confronto contro lo stesso Voldemort, e qui c'era Piton che, oh, con tanta noncuranza, lo rimproverava e gli schiaffeggiava il sedere?
Harry parve a disagio. “Lui – lui ha detto qualcosa di crudele sui miei genitori. Ma questo mi ha fatto pensare a te, e dopo non mi sono sentito più solo,” ammise, la voce che si abbassava così che solo Piton colse le sue ultime parole.
Piton inghiottì a fatica e si sforzò di mantenere imperturbabile la propria espressione; ma Harry poté sentire le sue braccia serrarsi in un gesto protettivo, e una calda sensazione gli fiorì nuovamente in petto. Per quanto il suo professore potesse essere arrabbiato, e per quanto potesse rimproverarlo, Harry sapeva che l'uomo lo amava ancora, e il suo abbraccio lo provava. Il Professor Piton si stava comportando precisamente come i genitori di Ron ed Hermione, come gli occhi acuti di Harry potevano constatare.
Per la prima volta nella sua vita, Harry non doveva guardare i suoi compagni di classe venire coccolati dai loro genitori, mentre lui si sentiva solo e messo in disparte. In effetti, il Professor Piton era anche meglio che i genitori di Ron ed Hermione – non era rimasto in Infermeria con Harry?
“Be', poi ha usato un 'secum' qualcosa su di me,” proseguì Harry dopo essere stato gentilmente spronato dal Preside.
Piton si irrigidì. “Sectumsempra?” chiese, la voce che tremava un poco.
“Già, quello!” Harry era impressionato. Il suo professore sapeva tutto!
Piton chiuse gli occhi, usando la sua Occlumazia per spingere via le immagini indesiderate di quel che l'incantesimo – il suo incantesimo – avrebbe potuto fare ad Harry.
“Ma, vedi, ero arrabbiato allora, perciò ho tirato fuori la bacchetta – quelle guaine sono grandi, Professore! – ed ho usato un Protego.”
“Il tuo Incanto Scudo ha resistito al Sectumsempra del Signore Oscuro?” boccheggiò Lucius. La Skeeter rabbrividì per l'estasi e sussurrò alla sua piuma.
“Già. Erm, voglio dire, sì, signore, signor Malfoy,” si corresse in fretta Harry, che non voleva apparire sgarbato davanti al papà di Draco. Draco aveva detto che suo padre era un fervente sostenitore di quel genere di cose. “E poi lui ha detto una cosa maleducata, ed io sono stato maleducato in risposta, e lui ha detto al Professor Raptor di prendermi per portarmi in qualche camera e –”
“Harry. Ha detto che voleva andare nella Camera? La Camera dei Segreti?” Silente si sporse in avanti, il tono urgente.
Harry scrollò le spalle. “Ha detto solo 'la camera'. Non so quale intendesse.”
Silente e Piton si scambiarono un'occhiata. Se il Signore Oscuro sapeva dov'era la Camera nascosta di Salazar Serpeverde...
“Perciò, Raptor ha cercato di afferrarmi, ma quando mi ha toccato la sua pelle è bruciata,” proseguì Harry, ignaro delle espressioni sui visi degli adulti. “Voldevont ha detto che aveva qualcosa a che fare con la mia mamma e ha detto a Raptor di usare l'Avada Kedavra su tutti noi e basta.”
Questa volta fu il turno di Arthur di sussultare e di tirar via Ron da Molly, trascinandolo sul proprio grembo. “Papà!” protestò Ron, felicemente indignato.
“Ma io ho pensato che, se gli faceva male quando lui toccava me, gli avrebbe fatto male se io toccavo lui, perciò l'ho afferrato,” spiegò Harry, semplicemente.
“Ha cominciato a bruciare,” aggiunse Hermione. Ron stava abbracciato troppo strettamente per parlare. “Potevi fiutarlo – voglio dire, aveva un cattivo odore anche prima -”
Silente annuì. “Usava l'aglio per cercare di mascherare l'odore di morte e decomposizione che era rimasto aggrappato ai resti dell'anima di Voldemort.”
“- ma, dopo che il turbante è venuto via, era semplicemente disgustoso. Poi, quando Harry l'ha afferrato, potevi sentire la carne bruciare.” Hermione sembrava nauseata, e tutti nella stanza decisero tra sé e sé di cenare con un'insalata, quella notte.
“Stava funzionando. Lui gridava, ed è caduto in ginocchio,” aggiunse Harry.
“E non ti ha fatto male?” chiese Piton.
“Non mi sono bruciato,” rispose Harry, circospetto.
“No, ma c'era qualcosa che non andava,” si intromise Hermione, ignorando il gemito di fastidio di Harry. Perché le ragazze dovevano sempre rovinarti la storia?
“Potevo vedere che stava facendo male ad Harry, perciò io – erm – sono corsa avanti e, uh, più o meno l'ho... preso a calci?” concluse lei, incerta.
“Oooh, se l'ha fatto!” esultò Harry, pronto a prendersi la sua rivincita. “L'ha calciato dritto tra le gambe!”
“Miseriaccia, se ha strillato!” riuscì ad aggiungere Ron.
Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto Salvato dalla Ragazza Che Ha Calciato Tu-Sai-Chi Tu-Sai-Dove,” sibilò la Skeeter.
Hermione si illuminò in viso, decisamente affascinata da questo nuovo titolo.
“E questo l'ha fatto allontanare da me, e io mi stavo sentendo un po' confuso,” riprese a raccontare Harry, “perciò è passato un momento prima che potessi afferrarlo di nuovo.”
“Stava prosciugando il tuo nucleo magico,” disse Piton, furiosamente, assestando alla spalla di Harry un piccolo scrollone. “Tu, sciocco, idiota ragazzino!”
“Era questo che stava facendo?” chiese Harry, sorpreso. “Sembrava come se ci fosse una parte di me che stava venendo tirata dentro di Lui.”
Hermione proseguì, “Perciò ho detto a Ron di fare qualcosa, e -”
“- ed io ho visto la zucca. Pensavo che magari Harry poteva usarla, perciò l'ho fatta levitare e allora lui mi ha gridato di lanciargliela, così io ho preso un pezzo della sedia rotta ed ho finto che fosse un Bolide e l'ho colpita per mandarla verso di lui.”
Bambino Prodigio del Quidditch Aiuta Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto a Sconfiggere l'Oscuro Signore,” sussurrò la Skeeter alla sua piuma freneticamente al lavoro.
“E 'Mione l'ha Incollato al pavimento e lui era così occupato ad insultarla che non ha visto quel che stavo facendo. Così io ho portato la zucca sopra la sua testa e poi l'ho lasciata cadere,” concluse Harry quietamente.
Ci fu un momento di silenzio mentre tutti ricostruivano la scena nelle loro teste. E poi: “Potere alle Zucche – Il Debito Segreto con i Vegetali del Ragazzo Che E' Sopravvissuto.
“Oh, per -” Minerva ne aveva avuto abbastanza. “Ancora un altro assurdo titolo, signorina Skeeter, e Trasfigurerò la sua sedia in un cactus!”
“Hmf!” La Skeeter fece una smorfia oltraggiata, ma Piton la vide lanciare una Bolla Silenziante attorno a sé.
“E' stato a questo punto che i professori ed io siamo arrivati, dopo essere stati richiamati dalle barriere del castello,” spiegò Silente a Caramell. “Credo che, nel momento in cui il turbante sia venuto via, Voldemort sia uscito allo scoperto e le nostre barriere, da poco rinforzate, ne siano state messe in allarme. Nessuno che non fosse un Mago Oscuro di enorme potere – in questo caso, Voldemort – potrebbe aver causato una reazione tanto forte; perciò, ovviamente, gran parte dei docenti sono corsi ad affrontarlo. Pochi secondi dopo la morte di Raptro, l'ombra di Voldemort, per mancanza di un termine migliore, ha lasciato il suo corpo. Non so se stesse cercando un nuovo ospite, ma, con tutti noi proprio lì, è fuggita.”
Caramell si lasciò sfuggire il fiato trattenuto, gli occhi spalancati. “Questo – questo -”
“- è estramente preoccupante,” intervenne abilmente la Bones. “Anche se sembrerebbe che, con la scomparsa di Colui Che Non Deve Essere Nominato, il problema sia irrilevante, almeno per il momento.”
“Sì!” Caramell si aggrappò a quel salvagente. “Esattamente! Sia certa di scriverlo nel giornale,” disse alla giornalista. “Tu Sai Chi se n'è andato. Il pubblico non deve preoccuparsi. Abbiamo tutto sotto controllo.”
La Skeeter annuì e bofonchiò – inudibile – tra sé e sé, mentre Silente si alzava in piedi, segnalando la fine dell'incontro. Tutti gli altri seguirono l'esempio del Preside e, durante le strette di mano e i saluti, Piton lanciò un'occhiata a Lucius. In che modo questi eventi avrebbero indirizzato l'alleanza dell'uomo?
Lucius si accontentò di lanciare a Piton un'occhiata imperscrutabile, mentre Caramell e la Bones salutavano Silente. Poco dopo, gli altri se n'erano andati, lasciando indietro solo gli insegnanti di Hogwarts, gli studenti e i genitori. Lucius aveva, com'era prevedibile, declinato l'opportunità di parlare con suo figlio, dichiarando di avere un importante incontro d'affari ad aspettarlo in città.
“Magari ai tuoi genitori piacerebbe un giro della scuola, signorina Granger? E, signor Weasley, un paio di cose sono cambiate dai giorni in cui i tuoi genitori erano qui – perché voi tre non accompagnate i Granger? Dopo, magari, potete riunirvi al resto della scuola per pranzo, prima di andare,” suggerì agli adulti.
I Granger e gli Weasley acconsentirono, e Minerva si offrì di accompagnarli in giro. Albus scortò Poppy, ancora convalescente, in Infermeria, lasciando Piton ed Harry da soli.
“Sei davvero arrabbiato?” chiese Harry, infelice.
“Tu cosa pensi?” replicò Piton. “Fare scherzi al Signore Oscuro, nientemeno!”
“Non sapevo che fosse Lui,” protestò Harry.
“Oh, perciò fare scherzi ad un professore è un comportamento accettabile?” domandò Piton, beffardo.
“No,” ammise Harry, arrossendo. “ma non è pericoloso. E' solo – sai – impertinente.”
“Se pensi che non sarai punito per la tua oltraggiosa condotta -”
“Ma non volevo fare niente di pericoloso. Voglio dire, era Raptor,” obiettò Harry. Non voleva che il suo professore pensasse che lui avesse sfidato deliberatamente le sue regole più importanti. “Pensavamo che fosse solo un po' strano e puzzolente. Tu non sapevi che aveva Voldevert nella testa, vero?”
“Certo che no!” sbuffò Piton, insultato. Il moccioso pensava che avrebbe permesso ad una simile minaccia di rimanergli nei pressi?
“Be', allora non capisco perché sei arrabbiato con me perché non lo sapevo.” Harry si sentì piuttosto audace a discutere così con il suo tutore: non avrebbe mai, prima, osato protestare, ma aveva il sospetto che a Piton non dispiacesse.
“Suppongo che suggerirai ancora che sia stata colpa del Preside?” chiese Piton, tra sé e sé piuttosto compiaciuto che Harry non si stesse più comportando come un cucciolo bastonato, rannicchiandosi di fronte alla punizione. Ovviamente quegli impudenti Grifondoro lo stavano influenzando.
“Be', non è compito suo assicurarsi che siamo al sicuro? E scegliere i professori che insegnano qui?” puntualizzò Harry, ragionevolmente.
“Stai cercando di confondere la questione,” dichiarò Piton. “Il problema che ci troviamo davanti è il tuo atroce comportamento. Come pensi che i tuoi amici si sentano, sapendo che hai sfruttato l'indisposizione della signorina Granger come una scusa per attaccare Raptor? Non pensi che si senta ferita dalla tua mendace espressione di preoccupazione?” La mancanza di reazione di Harry lo convinse che i suoi sospetti erano ben fondati. Tutta la cosa era stata programmata e gli altri due erano stati complici sin dal principio.
Piton si sentì un poco commosso – il primo complotto del suo protetto, ed era piuttosto Serpeverde. Nulla a che vedere con gli atteggiamenti “faccia a faccia” di suo padre e del suo padrino: questo era stato astuto e sottile, ed Harry era anche riuscito ad ingannare sia Silente che la McGranitt riguardo ai suoi motivi e ai suoi alleati. Il ragazzo aveva davvero del potenziale.
Soffocò il proprio sentimento d'orgoglio e aggrottò la fronte, guardando il moccioso. “Non pensare che non sarai punito, signor Potter. Gli altri genitori potranno anche essere tanto sollevati – e tanto ciechi alla verità – da scusare i tuoi compagni, ma tu non sarai così fortunato. Non ho intenzione di permetterti di comportarti male impunemente e di crescere per diventare un sempliciotto irresponsabile.”
“Awwww,” Harry mise il broncio; anche se, dentro di sé, stava esultando di fronte all'ulteriore evidenza che Piton teneva a lui. Aveva perfino detto “altri genitori”, come se si fosse sentito il papà di Harry.
“Sarai in punizione tutti i giorni per una settimana, signor Potter. Con me, dato che sembra che nessun altro sia in grado di vedere attraverso le tue piccole menzogne.” Forse entro la fine della settimana non avrebbe più avuto quest'opprimente bisogno di tenere il moccioso a portata d'occhio tutto il tempo; se così non fosse stato, comunque, avrebbe semplicemente dovuto trovare un'altra scusa per assegnare altre punizioni. “Farai meglio a portare parecchie piume e pergamene, dato che dovrai scrivere numerosi saggi. Se sei così determinato a cominciare a combattere contro il Signore Oscuro così presto, avrai bisogno di studiare seriamente tattiche e strategia.”
“Forte!” esclamò Harry. Poi, di fronte agli occhi di Piton che si assottigliavano, si corresse in fretta. “Uh, voglio dire, è ingiusto.” Si sforzò di cercare qualcosa di cui lamentarsi. “Erm... se nessun altro sta venendo punito -”
Piton inarcò un sopracciglio. “Sarò felice di assegnare alla signorina Granger ed al signor Weasley una settimana di punizione, se insisti. Al signor Gazza possono far sempre comodo un paio di assistenti.”
“No, no!” Harry fece in fretta marcia indietro. “E' stata tutta una mia idea. Hai ragione.”
“Hmf.” Piton l'adocchiò. “Forse parecchie centinaia di righe di 'Io non farò scherzi al Signore Oscuro' saranno appropriate, inoltre.” Harry gemette. “Basta con queste recite, giovanotto. Vieni qui.”
Harry sospirò, facendo del suo meglio per mantenere le apparenze. Saltò giù dalla sedia e raggiunse il punto in cui Piton aveva spostato la sua sedia dal tavolo. “Solo uno scapaccione, giusto? Per aver disobbedito e infranto le regole e fatto scherzi a un professore. Perché davvero non sapevo che fosse pericoloso,” ricordò al suo professore, ansiosamente. Il professor Piton era arrabbiato con lui?
Piton era ancora tormentato dalle immagini del corpo rosso e sanguinante di Harry – torturato e lasciato a morire nella Camera dei Segreti, lo sguardo senza vita dopo un Avada Kedavra, fatto a pezzi dal suo stesso incantesimo – e non poté fare a meno di tirarsi il ragazzo in piedi in mezzo alle gambe, così da poter far scorrere le mani sulle sue spalle e le sue braccia. Non aveva intenzione di coccolare il moccioso – Potter avrebbe certo apprezzato poco il fatto d'essere palpeggiato da un Piton, per amor di Merlino – ma semplicemente doveva toccare il ragazzo, per essere certo che fosse davvero vivo, sano e intero e salvo. Era stato più scosso dal racconto degli eventi dei ragazzi di quanto chiunque, anche lui stesso, avesse realizzato; ma ora che era solo con Harry le possibilità di cosa avrebbe potuto facilmente accadere lo stavano facendo tremare.
Harry guardò il suo guardiano con espressione interrogativa. Gli occhi di Piton erano ancor più indecifrabili del solito – forse era davvero arrabbiato? Non solo per le azioni di Harry verso il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, ma anche per il fatto che avesse discusso e replicato? Harry si morse le labbra. Magari aveva protestato troppo? Non era come se non si fosse aspettato di essere punito e, dopotutto, aveva raggiunto il suo obiettivo. Ora avrebbe avuto una settimana di tempo da trascorrere da solo con il suo tutore e, a giudicare da come i compiti assegnati erano suonati, avrebbero avuto un sacco di cose delle quali parlare.
Si girò leggermente e si appoggiò alla coscia del professore. “Sono pronto, Professore,” offrì, sperando che la sua disponibilità ad accettare quel che stava per accadergli avrebbe compensato le proteste di prima.
Piton serrò i denti. Sapeva di dover sculacciare il bambino: era una conseguenza prevedibile per il suo comportamento sbagliato. Harry era ovviamente preparato ad accettarla; e il moccioso aveva deliberatamente affrontato il Signore Oscuro – o almeno un professore di Difesa Contro le Arti Oscure, non che quello fosse molto meglio. Ma, proprio in quel momento, tutto quel che Piton avrebbe voluto fare sarebbe stato abbracciare il demonietto e sentirlo respirare ed ascoltare il suo battito e rassicurarsi che Harry realmente e veramente stava bene.
Ma Piton aveva un sacco di pratica nel non fare quel che voleva fare: perciò alzò una mano ed assestò al disgraziato un sonoro scapaccione sul posteriore dei suoi calzoni.
“Ouch!” Harry schizzò dritto, afferrandosi il sedere. Non faceva veramente male, ma non voleva che il suo professore pensasse di non stare facendo un buon lavoro. Il professor Piton ci stava provando davvero molto; Harry doveva aiutarlo ad essere più sicuro di sé.
Piton imprecò contro sé stesso. Troppo forte! Era ovvio che ancora non avesse un'idea precisa di cosa fosse un appropriato scapaccione ammonitorio. Aveva pensato di essere stato appropriatamente gentile, ma, certo, lui stava comparando ogni cosa al trattamento che il suo stesso padre gli aveva riservato, ed ovviamente il risultato era ancora quello sbagliato.
Harry si strofinò il punto che gli doleva e si chiese se fosse il caso di piangere. Aveva undici anni, dopotutto, e si trattava di un solo scapaccione, perciò decise che andava bene restare con gli occhi asciutti. “Ehm, Professore?” azzardò cautamente. Il suo professore appariva ancora spaventosamente tetro e irritato.
“Che c'è?” Ora il moccioso se ne sarebbe voluto andare sicuramente a dire piagnucolando al Preside o agli Weasley quanto lui fosse stato ingiusto e crudele. O forse aveva intenzione di chiedere a Poppy di curargli il sedere?
“Pensi che andrebbe bene se ci unissimo agli altri per il giro del castello?” Harry alzò gli occhi verso il suo guardiano, speranzoso. Ora che aveva un genitore tutto suo – più o meno – voleva davvero mostrarlo in giro, e prendere parte ad una tale attività genitore/figlio era il genere di cosa che aveva sempre sognato di fare.
Piton aggrottò la fronte, fissandolo. Il moccioso voleva davvero che lui lo accompagnasse? Certo aveva capito male. Perché Potter avrebbe dovuto voler essere accompagnato dall'untuoso pipistrello dei sotterranei?
“Per favooooooore?” lo pregò Harry, dimenticandosi di fingersi ancora dolorante.
“Oh, d'accordo,” sbuffò Piton. Non era assolutamente in grado di negare al moccioso qualcosa. Vuole semplicemente che vada con lui così da fargli avere una scusa per evitare le lezioni del mattino, si disse. Dev'essere per questo.
Harry si illuminò in viso. Afferrando la mano del suo professore, lo tirò fuori dalla sua sedia e lo trascinò verso la porta. “Cosa mi farai leggere in punizione?” chiese, curioso. “Dovrò scrivere saggi su tutto o possiamo parlare di qualcosa? Posso prestare i libri ad Hermione e Ron quando li ho finiti? Dove pensi che Voldequelcheè sia andato? Hai visto il Professor Vitious volare, ieri? Tu puoi farlo? Puoi insegnare a me a farlo? Cos'era quell'incantesimo che Raptor ha usato sulla zucca? Cosa sarebbe successo a Madama Chips se la zucca non fosse stata lì? Pensi che Hagrid sarà sconvolto per essere stato gentile con Voldesnort? E...”
Piton brontolò mentre veniva tirato via. Piccolo mostro. Gli permetteva di farlo solo perché era ovvio che il ragazzo fosse traumatizzato. Potter non avrebbe mai voluto essere visto in pubblico con lui, se non avesse sofferto per uno choc a scoppio ritardato. Meglio lasciare semplicemente che l'isteria seguisse i suoi tempi: e, magari, godersela solo un po' finché durava. Una volta che il ragazzo fosse tornato in sé sarebbe stato indubbiamente imbronciato e furioso per la sua punizione – perché quale ragazzino non lo sarebbe stato? - ma, solo per ora, Piton poteva fingere che al ragazzo piacesse davvero stare con lui, e che la sua custodia sarebbe durata anche una volta che Black fosse stato esonerato.
Piton sapeva, nel profondo del suo cuore, che non sarebbe mai stato in grado di competere con il bastardo. Black era divertente ed allegro e affascinante, tutte cose che lui non era. E, oltretutto, Black aveva l'imprimatur dei genitori di Potter: ovviamente il ragazzo avrebbe voluto onorarli andando a vivere con il tutore scelto da loro.
Sapere che Potter avrebbe voluto vivere con Black non significava che Piton non avrebbe lottato con le unghie e con i denti per tenere il ragazzo: significava semplicemente che, se avesse vinto, Harry sarebbe stato pieno di amarezza e di risentimento per essere tenuto lontano dal suo padrino; e, se avesse perso, non avrebbe mai più rivisto il ragazzino, perché sia Black che Harry l'avrebbero visto come un nemico. In entrambi i casi Harry non avrebbe mai più riso e sorriso e tirato la sua mano come stava facendo proprio adesso. Non che importasse. Non che ci tenesse al moccioso. Ma, solo per pochi istanti, poteva immaginare come sarebbe potuto essere...



Note alla traduzione: Non ricordo se ci fosse qualcosa da notizzare in particolare. Nel caso, segnalatemi se ho dimenticato qualcosa, per cortesia, cercherò di recuperare: sto traducendo a tutta birra e, se tutto va bene, prima della fine della settimana avrete un altro capitolo (che, tra parentesi, io ho pazzamente adorato - anche se quello che preferisco ancor di più è quello che seguirà)!

Grazie a tutti voi che vi fermate a lasciare qualche parola. Mi date lo sprint per tradurre, e tutto l'entusiasmo che mi serve per finire questa traduzione il prima possibile e gettarmi nel mio nuovo progetto... ahi, ahi, quanto fa male dover aspettare!
P.s.: Un enorme grazie a bambolinazzurra e a JediKnightMarina55
per le correzioni che hanno segnalato.
Riguardo alla traduzione che sto seguendo: io resto fedele a quella di Marina Astrologo e Beatrice Masini che, malgrado le sue pecche, le mancanze e i lavori-in-corso disseminati qui e lì, è quella con la quale ho seguito e amato i libri. Oltretutto la traduzione Bartezzaghi (alla quale ho avuto modo di dare solo una scorsa, per ora, e chiedo pertanto scusa in anticipo per il mio solo parziale parere) ha tradotto l'avvertimento sulla soglia della Gringott in una maniera che... brrrr. Letterale lo sarà, forse, ma perde qualunque poesia e sonorità. Oltretutto, Grifondoro, Serpeverde, Corvonero... e Tassofrasso? No, grazie. Io sono del parere che, dopo alcuni anni, le scelte della traduzione finiscono per contare (quasi) quanto quelle della storia stessa: se dico
Gauvain la gente mi guarda probabilmente perplessa, ma se dico Galvano, tutti sanno a chi mi sto riferendo. Non approvo tutte le scelte della traduzione fatte nella prima versione della Salani, ma penso che ormai quel che è fatto è fatto: i veri appassionati sanno dove andare a cercare informazioni dettagliate sulle possibili traduzioni, e per tutti gli altri le traduzioni degli ultimi tre libri sono sufficienti a "mettere una toppa", per così dire, agli errori causati dal fatto che le traduttrici non hanno avuto sottomano tutti e sette i libri sin da subito. Questo è il mio parere personale, ovviamente, e non pretendo che sia condiviso!

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***







Harry e il suo professore trovarono gli altri nella stanza dei trofei. Harry fece una gran mostra di unirsi al gruppo, assicurandosi che tutti vedessero che il Professor Piton era con lui. “Mi dispiace, Professoressa,” disse alla McGranitt. “Il mio tutore doveva parlare con me. Ecco perché ci abbiamo messo un po' a raggiungere lei e gli altri genitori.” Si sentiva come se il suo petto fosse stato sul punto di scoppiare dalla felicità – questo pareggiava abbondantemente il fatto di non aver mai avuto nessuno che si sedesse accanto a lui in alcuna delle “notti dei genitori” alla sua scuola nel Surrey.
Minerva McGranitt ricacciò indietro un sorriso tutto suo. Santo cielo, non poteva proprio. Severus non era il solo con una reputazione da difendere: eppure, l'orgoglio e la felicità sul viso di Harry mentre oh, così casualmente, stringeva la mano di Piton era impossibile da non notare; né lei non si era accorta del fatto che, malgrado tutta la sua studiata noncuranza, Piton non stava facendo alcuno sforzo per liberarsi dalla stretta del ragazzo.
Arthur e Molly se ne accorsero e si fecero cenni l'un l'altro, così come Ron ed Hermione. Solo i Granger non avevano realizzato che stava accadendo qualcosa: ma loro si stavano ancora adattando ai fantasmi vaganti e ai ritratti parlanti.
Mentre il tour muoveva attraverso il castello, Ron riuscì a tirare da parte Harry. “Tutto a posto, amico? Ti ha... sai?” Ron mimò uno scapaccione e Harry annuì, impacciato. “Ouch! Mi dispiace, amico. Non avresti dovuto essere il solo a prendercele.”
“E' stata una mia idea,” osservò Harry, “e, oltretutto, tu hai preso una botta in testa. Non sarebbe stato giusto che tu venissi sculacciato, oltre a quello.”
“Be', non è la mia testa che ce le avrebbe prese,” fece notare Ron, il tono asciutto, “ma non obietterò. Ha dato fuori di testa?”
“Era piuttosto arrabbiato,” ammise Harry. “Ho una settimana di punizione e delle righe da scrivere, ma, considerando quel che abbiamo fatto, sarebbe potuta andare molto peggio.”
“Già! E almeno ti ha punito da sé e non ti ha dato al Preside!”
Harry rabbrividì. Il Preside l'avrebbe probabilmente rimandato dai Dursley, se il suo professore non fosse stato lì.
Poi un altro pensiero colpì Ron. “Miseriaccia, Harry, farai meglio a stare alla larga dai genitori di Hermione, dopo quello che hai mangiato a colazione. Non avevi capito chi erano, prima di riempirti il piatto?”
Harry lo fissò, confuso. “Di che cosa stai parlando?”
Il ragazzo purosangue impallidì e si sporse verso di lui per bisbigliare: “Sono dentisti! E tu hai mangiato uno di quei pasticcini! Farai meglio a stare attento che non ti prendano e non ti facciano dei buchi nei denti.”
Harry ricacciò indietro una risatina. Era per questo che Ron era stato così educato per tutta la mattina? Perché era maledettamente spaventato?
La signora Granger si volse verso il Professor Piton. “Mi sembra di aver compreso che i bambini siano finiti coinvolti in qualcosa di molto pericoloso. Pensa che sia sicuro per loro rimanere qui? Devo ammettere che stavamo prendendo in considerazione l'ipotesi di portare Hermione a casa con noi e di cercare un'altra opzione per lei. Voglio dire, una cosa è che lasci casa per una scuola, ma se è pericoloso, qui...” Lei lo guardò con l'aria di chi cerca un consiglio. “E' tutto così nuovo per noi. Vogliamo fare la cosa giusta, ma certamente non vogliamo mettere a rischio la nostra bambina. Mi sembra di vedere che lei provi la stessa cosa per il suo Harry – che cosa progetta di fare?”
Piton quasi si strozzò. Il SUO Harry? Ovviamente la Babbana era davvero confusa. “Credo che sua figlia sarà al sicuro se rimane qui. Gli eventi di ieri erano... impossibili da prevedere.”
La signora Granger sospirò. “Spero sia così. Hermione non vuole andarsene. Per la prima volta ha sia degli amici che dei buoni voti... Ed io sono molto impressionata da quanto educati e rispettosi siano i bambini qui. Anche se sembrano un po' nervosi: specialmente il giovane Ron, lì.”
Mentre parlavano, la campana che segnalava la fine delle lezioni suonò e gli studenti si riversarono nel corridoio. Come sempre, schivarono il professore di Pozioni, ma furono molto meno attenti per quanto riguardava gli altri adulti: questo, cioè, finché non videro Hermione tenere la mano si suo padre e non realizzarono chi dovesse essere l'alto uomo. Immediatamente, la maggior parte degli studenti – specialmente i purosangue – sbiancarono e si irrigidirono sull'attenti. “Ciao, Hermione. Salve, signore,” esclamarono in fretta, schiacciandosi contro le pareti per lasciare ai Granger ampio spazio di manovra.
“Vede cosa intendo?” bisbigliò la signora Granger a Piton. “Non ho mai visto niente del genere! Una tale cortesia!”
“Ciao, Draco!” Harry si avvide del biondo, che stava cercando di nascondersi dietro Flint. “Vuoi unirti a noi?”
“No, no!” Draco scosse il capo veementemente, per poi impallidire quando la signora Granger lo guardò con curiosità. Si affrettò ad esclamare, “Grazie comunque,” ed aggiunse un inchino per buona misura, così come fece un egualmente nervoso Flint.
Piton aveva sentito la Storia dei Dentisti – avendo dovuto rassicurare diversi dei suoi Serpeverde più giovani sul fatto che non avrebbe permesso mai e poi mai a Granger o ai suoi genitori di avvicinarsi ai loro denti – ma sentiva che spiegare la questione avrebbe fatto poco per migliorare le relazioni tra Maghi e Babbani. “Sì, diamo un alto valore all'etichetta, qui ad Hogwarts,” disse blandamente. “E penso che troverete il Mondo Magico in qualche modo più formale che quello Babbano,” aggiunse, mentre una tremante Millicent Bulstrode si esibiva in una veloce riverenza al loro passaggio.
“Che dolce ragazzina!” esclamò la signora Granger, e la corpulenta Millicent quasi se la fece addosso per il sollievo. “Lei e gli altri professori sarete abituati a simili dimostrazioni di rispetto, ma io non penso di aver mai visto nulla del genere,” spiegò lei a Piton.
“No, non direi che ci sono abituato,” sottolineò Piton, osservando tre Corvonero che litigavano per essere quello che avrebbe aperto la porta della Sala Grande per il gruppetto.
L'unica crisi a pranzo si ebbe quando gli elfi domestici scoprirono che il dolce non era stato praticamente toccato: ma per allora gli Weasley e i Granger se n'erano andati, con molti abbracci e raccomandazioni di scrivere a casa, e il Trio era stato rispedito ad unirsi alle lezioni.
Lì, dovettero raccontare quel che era successo ancora e ancora ai loro compagni sbalorditi. Tutti erano sia sorpresi dal sentire che cos'era accaduto al loro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che deliziati dallo scoprire che Raptor non sarebbe ritornato ad insegnare. Anche quelli che venivano da famiglie di Mangiamorte erano compiaciuti di essersi liberati di un professore impopolare e incompetente, e perciò i tre non ricevettero che complimenti e gratitudine per le loro azioni.
La fama di Harry tra gli studenti non fece che aumentare quando, più tardi quella stessa notte, venne scoperto nella Sala Comune di Grifondoro mentre scriveva “Io non prenderò in giro nessun Signore Oscuro” 200 volte. Certo, copiare delle frasi era una punizione comune, ma quella frase?
Nel corso della settimana successiva, il resto della punizione di Harry trascorse tanto piacevolmente quanto aveva sperato. I libri che il suo tutore gli assegnò erano affascinanti, e Piton fece uno splendido lavoro (anche se un po' pungente) nello spiegare i complessi argomenti. Harry cominciò a capire quant'era stato fortunato nell'infermeria e perché i piani preparati a metà erano così pericolosi per tutti quelli che ne venivano coinvolti. Le lezioni si incastrarono perfettamente con le strategie nei duelli che il Professor Vitious stava cominciando a descrivere durante le ore che passavano insieme, e fu sorprendentemente facile per il felice undicenne lasciarsi fermamente alle spalle gli eventi con il Professor Raptor.
Piton era meno felice. Anche se non poteva lamentarsi del comportamento del moccioso, stava diventando sempre più preoccupato riguardo a Black: il bastardo aveva fatto tutto quel che Piton gli aveva detto di fare e, per la rassegnazione e il disappunto del professore di Pozioni, tutto stava funzionando esattamente come aveva inteso.
Sirius aveva mostrato al mondo della stampa copie delle sue memorie in un Pensatoio, oltre a spedirle a Madama Bones: dopodiché non c'era stato modo, per il Ministero, di fingere che Black fosse colpevole, e Caramell aveva ordinato al suo staff di fare tutto quel che serviva per far zittire Black e farlo andare via.
Piton, Black e Lupin si impegnarono insieme e poco dopo un ringhiante Caramell dovette scusarsi pubblicamente per gli errori commessi verso Black: un considerevole rimborso accompagnò le scuse, così come un pieno perdono per Black e per tutti i suoi complici (senza nome) che avevano contribuito alla fuga da Azkaban. Anche se la Bones, Moody e gli altri Auror morivano dalla voglia di sapere come il loro ex collega fosse riuscito a sgattaiolarsene dall'isola, una spiegazione non faceva parte dell'accordo, e tutti loro (anche Moody) si vergognavano talmente tanto di sé stessi per aver creduto il peggio di Sirius, che non se la sentirono di chiederglielo.
Il risultato fu tale che, una settimana dopo la fine dell'ultima delle punizioni del moccioso, Piton dovette sedersi con Harry, spiegare che Black era stato discolpato, spiegare che cosa significasse “discolpato” e infine informare il ragazzo che la sera dopo loro due avrebbero preso una Passaporta per la Svizzera, cosicché Harry potesse incontrare il suo padrino.

***



“Lui com'è? Gli piacerò? Come lo devo chiamare? E' simpatico? E se non gli piaccio?” L'eccitazione di Harry ribolliva, mentre Piton trafficava con la sua cravatta in attesa di prendere la Passaporta dall'ufficio di Albus.
Silente li osservava, sorridendo con affetto al bambino eccitato. Solo il viso tetro di Piton e le sue labbra strettamente serrate toglievano gioia al momento: lui si era offerto di accompagnare Harry, pensando di risparmiare al suo professore di Pozioni la sgradita necessità di incontrare il suo odiato nemico, ma, con grande sorpresa di Albus, Piton gli aveva detto chiaramente di no. Silente sospirò. Era ovvio che avesse perso molta della fiducia di Severus, con la sua pessima gestione della situazione di Harry: e, in tutta onestà, Albus non poteva fargliene una colpa.
Non solo aveva lasciato Harry a quegli assolutamente inadatti Babbani – e poi non aveva avuto neanche la lungimiranza di controllare regolarmente che stesse bene – ma aveva mal giudicato Sirius ed aveva anche mancato di scoprire Voldemort quando l'uomo – be', la creatura – era stato proprio sotto al suo naso! Albus sospirò. Forse il suo piano per adescare Voldemort nella scuola usando la Pietra Filosofale non era stata poi una grande idea, dopotutto. Be', la Pietra era ora di nuovo da Flamel, che era riuscito a tenerla sicura per tutti questi anni, e loro avevano chiara prova che Voldemort fosse tornato. Albus guardò verso Piton. Pover uomo. Aveva un cuore talmente buono sotto a tutti quegli strati protettivi taglienti e ringhiosi, ma tutti gli sforzi di Albus per aiutarlo ad emergere da dietro a quegli scudi avevano fallito: almeno fino ad ora. Guardandolo mentre sistemava attentamente la cravatta di Harry, malgrado stesse rimproverando il ragazzo per essere un eccitabile babbuino farfugliante, Albus pensò che la sua idea di mettere insieme quelle due anime ferite potesse essere stato uno dei suoi momenti di genialità: poteva sentire quanto profondamente entrambi desiderassero di essere amati, ed era sembrato che le cose stessero funzionando brillantemente... fino ad adesso. L'arrivo di Sirius era destinato a mettere le cose sottosopra e, per quanto ci provasse, Albus non riusciva proprio a pensare ad un modo per impedire che Piton venisse – ancora una volta – ferito profondamente.
Considerando l'assoluta mancanza di aiuto fornitogli da Albus dieci anni prima, difficilmente Sirius avrebbe apprezzato un qualunque consiglio o supplica da parte del suo antico mentore: e, mentre Albus sperava che Sirius amasse ancora Harry malgrado i danni che una decade ad Azkaban dovevano avergli causato, dubitava decisamente che l'impudente, aggressivo e spesso involontariamente sconsiderato Black sarebbe stato il tutore migliore per il problematico, fragile e straordinariamente vulnerabile Harry. Ma lui non riusciva nemmeno ad immaginare che Black avrebbe accettato che Piton ricoprisse quel ruolo. Non per un secondo. In effetti, quando Sirius avesse scoperto che Piton stava agendo de facto come tutore, era anche troppo probabile che avrebbe preteso immediatamente di avere custodia del ragazzo; Albus poteva solo sperare che Sirius non avrebbe rimosso del tutto Harry da Hogwarts, anche se, dato tutto quel che era accaduto, e considerata l'enorme ricchezza di Sirius, non era così improbabile che decidesse di far istruire privatamente il ragazzo o che lo facesse ricominciare a Beauxbatons. E, se ciò avesse avuto il bonus aggiuntivo di ferire Piton, era anche troppo probabile che Black lo facesse anche solo per questa ragione.
Albus sospirò, sentendosi estremamente vecchio e stanco. Avrebbe dovuto fare molto di più per impedire a Sirius di comportarsi da bullo con Severus, quand'erano stati entrambi studenti. Avrebbe dovuto lavorare per incoraggiare un'amicizia tra di loro, ma era stato così deliziato nel pensare che almeno uno dei Black si era allontanato dalla Magia Oscura, che aveva dato al ragazzo anche troppa libertà in altre cose: e ora il fatto che non fosse mai riuscito a controllare il disprezzo di Sirius verso Severus non solo stava per ferire Piton di nuovo, ma anche per recare danno alla nuova generazione, coinvolgendo lo stesso Harry.
I suoi poveri ragazzi. I suoi poveri, poveri ragazzi, che lui aveva ferito così profondamente. “Severus, forse se fossi io ad accompagnare Harry, Sirius sarebbe più disposto a negoziare...?” si offrì delicatamente, sentendosi spinto a fare un ultimo tentativo per proteggere Piton dal vetriolo di Black.
Piton, che fino a quel momento era stato intento a rimproverare un Harry desolatamente poco colpito, si girò. Ovvio, il ragazzo ha già realizzato che non ha più bisogno di ascoltarmi. Il suo padrino sta per prendersi l'incarico di occuparsi di lui. “No, Preside. Lo porterò io.” Doveva assicurarsi che quell'idiota bastardo sapesse che non avrebbe ottenuto Harry senza uno scontro; oltretutto, voleva essere aggiornato su cosa i Malandrini avessero fatto ai Dursley quella settimana.
Silente si arrese, sconfitto, e porse a Piton un pinguino giocattolo. “Toccatelo e dite 'Black' per arrivare lì, 'Casa' per tornare.”
“Vieni qui,” ordinò Piton, ed Harry si aggrappò immediatamente al suo tutore, abbracciandolo. Era così eccitato... e un po' apprensivo, anche. Non era veramente preoccupato, dato che il suo professore sarebbe stato lì con lui, ma il suo padrino sembrava un po' spaventoso. La professoressa McGranitt aveva detto che aveva amato il piccolo Harry come fosse stato figlio suo, ed aveva cominciato a raccontargli altre storie sul suo padrino: ma poi il suo naso era diventato tutto rosa e lei aveva dovuto allontanarsi in fretta.
Il professor Piton aveva detto che un sacco di persone dovevano al suo padrino delle grosse scuse per averlo giudicato male, e che tutti si vergognavano per non averlo aiutato dieci anni prima. Harry aveva pensato, piuttosto indignato, che era semplicemente giusto. Se i suoi amici e professori avessero lasciato lui a marcire in prigione per qualcosa che non aveva fatto, avrebbero fatto meglio a sentirsi in colpa per questo. Il professor Piton aveva anche spiegato che lui ed il padrino di Harry non si erano mai piaciuti – neanche un po' – perciò se il suo padrino avesse detto delle cose sgarbate su di lui, Harry non doveva esserne sorpreso. Harry pensava che questo, più o meno, giustificasse il fatto che neanche il professor Piton avesse aiutato il suo padrino: se qualcuno non ti piaceva, ti saresti aspettato da lui che potesse fare cose spaventose come far saltare in aria una strada ed uccidere delle persone, ma se qualcuno ti piaceva – e tutti dicevano che al Professor Silente e alla Professoressa McGranitt Black fosse piaciuto – allora ti saresti dovuto fidare di lui.
Harry non pensava di fidarsi molto del Preside. Aveva commesso troppi sbagli con troppe persone; aveva pensato che i Dursley fossero gentili o che Raptor fosse un bravo (o almeno normale) professore o che il suo padrino fosse cattivo. Harry era felice che il Preside non fosse più responsabile per il suo benessere e di avere il Professor Piton che si occupava di lui, adesso. Anche se il suo professore lo sgridava per essere troppo eccitato quando, be', chi avrebbe potuto fargliene una colpa? Stava per incontrare il suo padrino!
Piton alzò gli occhi al cielo quando il moccioso, invece che prendere semplicemente il suo braccio come ogni persona normale avrebbe fatto, gli piantò la fronte appuntita nello sterno. Il demonietto sembrava divertirsi a fingere che un semplice viaggio via Passaporta fosse un'avventura pericolosa. Onestamente. Ma questo non gli impedì di avvolgere un braccio strettamente attorno al ragazzo mentre con la mano libera attivava la Passaporta.
Harry sentì uno strappo dietro allo stomaco e si lasciò scappare un gridolino di sorpresa, il suono soffocato contro le vesti del professore. Subito dopo, erano improvvisamente in piedi in una strana stanza riempita dalla luce del sole e da mobili dall'aspetto confortevole, seppur costoso. Alte montagne incappucciate di neve potevano essere viste fuori dalla finestra.
“E' – è lui? E' Harry?” chiese una voce rotta alle sue spalle.
Harry poté sentire il sospiro esasperato del suo tutore quando l'uomo ghignò, “No, Black. Ho portato uno studente di Hogwarts a caso. Mi vuoi dire che ne volevi uno in particolare?”
“Sta solo scherzando! Sono io, Harry,” rise Harry, girandosi all'interno dell'abbraccio del suo tutore. Il suo professore poteva essere davvero divertente quando lo voleva!
Strano – il suo professore non l'aveva ancora lasciato andare. In genere lo lasciava non appena erano arrivati, ed era Harry che prolungava il contatto: ma, stavolta, Piton tenne un braccio attorno ad Harry, quasi fosse spaventato che non avrebbe avuto presto l'opportunità di abbracciarlo ancora. Oh, be'. Harry scrollò mentalmente le spalle. Gli adulti erano strani.
Si ritrovò a guardare l'uomo della fotografia nel giornale (senza il tanga). Il suo padrino era alto, con capelli scuri ed occhi blu che Hermione insisteva fossero “bellissimi”. Il suo viso era segnato, ma in quel momento era illuminato da un enorme sorriso. “HARRY!” si lasciò scappare un grido gioioso che era quasi un latrato.
“Uhm, salve,” disse Harry, sentendosi improvvisamente timido.
“Vieni qui – lasciati dare un'occhiata!” ordinò l'uomo, spalancando le bracia.
Harry sentì la presa del suo professore stringersi per un secondo; ma poi Piton ritrasse le braccia del tutto, ed Harry, obbediente, fece un passo avanti verso il suo padrino: solo per gridare, sorpreso, quando fu afferrato e lanciato in aria.
“Lo facevo sempre quando eri un cucciolo!” sorrise Sirius, acchiappandolo ed abbracciandolo strettamente. “Te lo ricordi?”
“Felpato, Harry era solo un bambino allora. Dubito che si ricordi di noi,” disse un altro uomo, sorridendo, mentre avanzava da dietro il divano. “Ciao, Harry. Io sono Remus Lupin.”
“Ehm, salve,” tentò Harry. Lanciò un'occhiata al suo professore. “Uhm, erano amici di mio padre, sì?” chiese incerto.
Piton suonò acido. “Già. L'idiota e il lupo mannaro.”
“Ehi!” protestò Sirius. “Chi stai chiamando idiota?”
Piton lo guardò, semplicemente, e dopo un attimo Sirius scrollò le spalle, rassegnato, e si rivolse ad Harry. “Be', d'accordo. Ma sono migliorato un sacco, adesso.”
Harry ridacchiò.
“Vi lascio da soli,” disse l'altro uomo, quietamente. Harry notò che non aveva fatto alcun tentativo di avvicinarsi di più.
“Aspetti,” disse Harry, girandosi per guardarlo. “Signor – uh – Lupin? Perché se ne sta andando?”
“Già, Lunastorta,” protestò Sirius. “Non andare.”
“Penso che i tuoi visitatori sarebbero più a loro agio se io non fossi qui.” Remus lanciò a Sirius un'occhiata eloquente.
“Oh!” Sirius apparve combattuto, mentre spostava lo sguardo da Harry a Remus e viceversa.
Harry sembrava perplesso. “Perché ci farebbe sentire a disagio?” chiese dubbioso.
“Lupin sta facendo il martire, presumendo che tu condivida i pregiudizi contro i lupi mannari che sono largamente diffusi nel Mondo Magico,” commentò Piton in un tono annoiato. “Crede che tu sarai spaventato da lui e che non vorrai essere toccato.”
Remus lanciò a Piton un'occhiataccia. “Be', dal momento che evidentemente qualcuno ha pensato fosse opportuno informare Harry della mia condizione,” replicò, “il meno che posso fare è non interferire nel suo incontro con il suo padrino.”
Harry si contorse finché il suo padrino non lo lasciò andare, poi camminò verso Lupin. “Non ho paura di lei, signore,” disse, offrendogli una mano. “So che era uno dei migliori amici di mio padre.”
Sorpreso, Lupin strinse la mano di Harry, le lacrime che gli colavano dagli occhi. Guardò verso Piton, che se ne stava con le braccia incrociate sul petto. “Severus, ancora una volta mi spingi a vergognarmi. Grazie per questo regalo.”
Piton brontolò irritato. “Non so di che cosa tu stia parlando, lupo. Certo non avevo intenzione di spaventare a morte il moccioso con qualche propaganda insensata, anche se non ho neanche finto che tu fossi un piccolo cucciolo inoffensivo.”
“Quello sono io!” Sirius, che non era mai stato in grado di permettere alle luci della ribalta di allontanarsi da lui a lungo, si trasformò prontamente nella sua forma di cane, lasciando Harry senza parole.
Remus sospirò. “Ci si può sempre fidare del tuo padrino per tenere un segreto. Felpato, pensavo fossimo d'accordo sul fatto che fosse meglio, per Harry, non sapere della tua forma segreta da Animagus.”
“E' fortissimo!” gridò Harry, accorrendo per accarezzare il suo padrino. Felpato rotolò prontamente sul dorso così che Harry potesse grattargli la pancia. “E' proprio come la Professoressa McGranitt! Wow!”
“Brillante, Black,” ringhiò Piton. “Pensi davvero che confidare in un undicenne sia il modo migliore per salvaguardare il tuo segreto? Lasciamo indovinare – l'hai fatto vedere almeno ad una dozzina di donne del posto, anche.”
Sirius si ritrasformò e sorrise al professore di Pozioni. “Piton, ragazzo mio, fidati di me: riesco ad impressionare le donne perfettamente anche solo con la mia forma umana, anche se ammetto che anche lì viene coinvolta una certa trasformazione,” concluse, malizioso.
Harry parve perplesso, e Piton serrò i denti. “Risparmiami le tue oscenità, Black.”
“Geloso?”
Remus intervenne prima che Severus potesse rispondere. “Sirius, dubito che tu voglia intraprendere questo tipo di confronto con un Serpeverde. Ricordi cosa ti ha detto Missy Rogers?”
“Oh.” Sirius aggrottò la fronte. “Giusto.”
Piton sbatté le palpebre. Chi era - ? Oh, sì. Rogers. Una Serpeverde un anno più giovane di lui. Ma che cosa aveva a che fare, lei, con...?
Remus si accostò a Piton, che riuscì (a malapena) a controllare un sobbalzo. Il lupo mannaro abbassò la voce nel tono di una confidenza. “Sirius è uscito con Missy per qualche settimana durante il nostro sesto anno. Quando hanno rotto, lei ha fatto qualche commento riguardo alle sue, ehm, prodezze, e gli ha detto che, ah, la mascotte di Serpeverde aveva uno speciale – uh – significato per i maschi nella vostra Casa. Che vi venivano insegnati speciali incantesimi per – er – emulare un serpente con, ehm, una certa parte della vostra anatomia e che, uh,” Remus era di un rosso brillante, ma continuò coraggiosamente con la sua bisbigliata spiegazione. “be', era difficile per una ragazza tornare indietro, dopo aver avuto un ragazzo Serpeverde. Sirius ha tenuto il muso per tre giorni di fila.”
Gli occhi di Piton si spalancarono, e solo il suo severo autocontrollo gli impedì di stringersi le braccia attorno al busto. Era questo che le altre Case dicevano dei Serpeverde? Dove diavolo era stato, lui, quando questi incantesimi erano stati insegnati?
“Qualche settimana dopo Missy mi ha detto che se l'era inventato solo per dare una lezione a Sirius, ma per qualche ragione io non ho mai trovato l'occasione di condividere la notizia con lui,” Remus sorrise all'espressione di Piton. “Fa bene costringere Sirius a sentirsi un po' umile.”
“Non l'ha mai capito?” chiese Piton, stupefatto.
“Be', ha cercato di convincere suo fratello ad insegnargli gli incantesimi, ma, certo, lui e Regulus erano due estranei, per allora, perciò Reg gli ha detto semplicemente di andare al diavolo.” Gli occhi di Remus erano circondati da piccole rughe mentre si sforzava di trattenere una risata, e Piton trovò improvvisamente difficile disprezzare la creatura tanto come prima.
Sirius era tornato a parlare ad Harry, dopo che Remus aveva interrotto la sua piccola discussione con Piton, e adesso si lasciò scappare un'altra risata latrante. “Certo che puoi imparare ad essere un Animagus, Harry! Voglio dire, tuo papà l'ha fatto, perciò perché tu no? Non eravamo molto più vecchi di te quando abbiamo iniziato ad imparare.”
“Il mio papà era un Animagus? Forte! Puoi scegliere la tua forma? Perché io voglio essere un serpente parlante.”
Quelle parole vennero accolte da un momento di scioccato silenzio; poi, Piton fece due passi avanti. “Un serpente parlante? Che cosa intendi dire?” chiese, la nuca percorsa da un brulichio di panico. Sirius e Remus si scambiarono occhiate preoccupate.
“Sai,” spiegò Harry, innocentemente, “dato che i maghi possono parlare con i serpenti, penso che sarebbe una buona scelta. Potresti essere un animale, ma parlare ancora con le persone che non fossero Animagusi.”
“Animagi,” lo corresse Piton automaticamente, i suoi pensieri impazziti. Sirius e Remus si stavano scambiato occhiate piene d'orrore. “Tu puoi parlare con i serpenti?”
Harry annuì.
“Fammi vedere.” Piton evocò bruscamente un serpente. Sorpresi, i Malandrini tirarono fuori le bacchette, ma, prima che potessero far niente, Harry aveva fatto un passo avanti. “Salve,” disse educatamente al cobra sibilante. “Felice di conoscerti. Il mio nome è Harry.
Un parlante! Salve, parlante1,” il serpente piegò il capo in un saluto. “Perché mi hai convocato?
Il mio tutore voleva vedermi parlare con te. Spero che non ti dispiaccia.
No, affatto. C'è qualcuno che vorresti che io mordessi, prima che io me ne vada?
No, grazie. Ma, pensi che riusciresti a trovare la strada per il Surrey? Io ho -” Ma Piton, avendo sentito abbastanza, aveva fatto scomparire il serpente, ed ora tutti e tre gli adulti stavano fissando Harry.
Che c'è?” chiese lui, per poi realizzare che stava ancora parlando nella lingua del serpente. “Scusate. Che c'è?”
“E' un Rettilofono?” Sirius inghiottì a vuoto. Sembrava sentirsi male. “Quand'è successo?”
“Se qualcuno lo scopre...” Remus fissò Piton, preoccupato. “Potrebbe esserci una brutta reazione. Le persone sanno essere crudeli.”
Piton annuì, l'espressione assente, già occupato a calcolare tutti i benefici che quel talento poteva recare, se sfruttato propriamente. Forse Harry poteva sfidare il Signore Oscuro per il controllo di Nagini? O ottenere un suo serpente, ancora più potente? Hmmm. Quanto tempo ci voleva per far crescere un basilisco...?
“Piton!” Sirius stava abbracciando Harry, protettivo, e il ragazzo stava cominciando ad apparire preoccupato. “Cosa dobbiamo fare?”
“Ovviamente, bisogna tenere nascosta la cosa,” replicò Piton, lanciando a Sirius un'occhiataccia assassina. “E con questo intendo dire veramente nascosta. Non come quella tua ridicola forma da Anumagus.”
“Perché? Cosa c'è di sbagliato nel parlare con i serpenti?” chiese Harry.
“E' un talento molto raro e potente,” replicò Piton prima che uno qualunque dei Malandrini potesse. “Meno persone lo vengono a sapere, più valore avrà durante il tuo scontro con il Signore Oscuro. Tenerlo segreto è di conseguenza nel tuo migliore interesse e ti aiuterà a proteggere meglio tu e i tuoi amici. Non vuoi permetterGli di ferire di nuovo Ron ed Hermione, vero?”
Harry scosse la testa, gli occhi spalancati. “Non lo dirò a nessuno. Neanche voi, vero?” chiese a Sirius e Remus.
“No! A nessuno,” giurò Sirius, abbracciandolo di nuovo.
“Neanche a Silente?” chiese Remus.
“NO!” esclamò Harry, nello stesso momento in cui Piton scuoteva il capo. I Grifondoro guardarono Harry, sorpresi.
“Perché non dirlo al Preside?” chiese Remus ad Harry. “Lui non ti piace?”
Harry scrollò le spalle goffamente, guardando il pavimento. “E' gentile e tutto il resto, mi dà sempre le caramelle, ma non ha aiutato il signor Black e -”
“Il signor Black!” ripeté Sirius, pieno d'orrore. “Perché mi chiami così?”
Harry lo guardò, nervosamente. “Mi dispiace. Come vuole che la chiami, signore?”
“Signore! Mi hai appena chiamato signore?” Il grido di Sirius era anche più forte, ed Harry cominciava a sembrare spaventato.
Alzando gli occhi al cielo, Piton si fece avanti e tirò Harry via da Black. “Smettila di strillare come un Tassorosso del primo anno,” ordinò bruscamente, posando un braccio sulla spalla del moccioso. “Non hai mai detto al ragazzo come doveva chiamarti, perciò non allarmarti quando dimostra che gli è stata insegnata la giusta educazione.”
“Sì, ma 'Signore' o 'Signor Black'?” chiese Sirius in tono lacrimevole. “Non puoi essere serio.”
“No, ma tu sei serius1,” intervenne Remus, ridacchiando, solo per essere raggiunto dalle occhiatacce degli altri.
“Harry, non potresti chiamarmi Sirius? O Felpato?” chiese lui, speranzoso.
“Ehm, d'accordo, Felpato,” assentì Harry, timidamente. “Non volevo farti arrabbiare.”
“Non sono arrabbiato, Harry; è solo che... voglio essere tuo amico. Non un adulto a caso nella tua vita, d'accordo? Voglio dire, quanti padrini hai?”
Harry sorrise.
“E puoi chiamare me Remus o Lunastorta, Harry,” intervenne Lupin. “E non diremo niente al Professor Silente, d'accordo?”
“Grazie!” esclamò Harry, sollevato. Non era ancora certo che Silente non l'avrebbe rispedito dai Dursley se avesse pensato che Harry era troppo strano per Hogwarts. “Dunque, quando posso imparare a diventare un serpente?”
“Be', Harry, non è precisamente così che funziona. Non puoi scegliere la tua forma da Animagus. Mi spiace,” spiegò Sirius in tono di scuse.
Harry fece il broncio. “Ma se la mia forma è qualcosa di stupido?”
“E' sempre forte essere un animale, Harry,” lo blandì Sirius. “Non tutti possono farlo, sai.”
Harry guardò verso il suo professore. “Tu puoi?”
“No,” ammise Piton freddamente.
“Allora magari possiamo imparare insieme!” disse Harry, eccitato.
Piton quasi sbuffò in tono derisorio. Black disposto ad insegnargli qualcosa? Impossibile!
“Sì, d'accordo,” assentì Sirius, ignorando l'espressione scioccata di Piton. “Così potete aiutarvi a fare pratica l'uno con l'altro. E' stato più facile per James, Peter e me imparare insieme.”
“Um,” un pensiero passò per la testa di Harry, che guardò verso il suo professore con aria nervosa. “Non sei ancora arrabbiato con il mio professore, vero?” chiese a Sirius. “Voglio dire, so che ci sono un sacco di persone con le quali sei ancora arrabbiato per aver creduto che tu avessi fatto tutte quelle cose che il Ministero diceva che avevi fatto, ma il Professor Piton non è una di quelle, giusto?” Diventare un Animagus suonava difficile e forse un po' pericoloso, e se il suo padrino era ancora irritato con il suo tutore...
Sirius fissò Harry. “Vuoi dire che non te l'ha detto?” boccheggiò. La testa di Piton si alzò di scattò, ma non fece in tempo ad impedire le successive parole di Black. “Piton è quello che mi ha fatto uscire di prigione!”
Gli occhi di Harry si spalancarono. Il professor Piton? Il suo tutore era stato quello che aveva fatto scappare il suo padrino da quella prigione dalla quale tutti dicevano che era impossibile scappare? Il suo tutore era stato quello che aveva infranto le leggi in quel modo? “Ma – ma perché?” deglutì lui, fissando Piton.
Piton aveva le dita che gli prudevano per il desiderio di strangolare il bastardo. Black aveva l'autocontrollo di un kumquat! Non c'era niente che non si lasciasse scappare immediatamente? Come poteva Lily aver mai pensato di usare quel cretino come loro Custode SEGRETO?
“Ora, Severus,” disse Remus, interpretando correttamente la rabbia di Piton, “in questo siamo tutti insieme. Tenere segreti tra noi quattro non è davvero necessario, no?”
“Nel caso in cui tu non l'avessi notato, Lupin, Harry ha undici anni,” sbottò Piton. “E' un bambino. Non deve essergli data l'incombenza di tenere nascosti i segreti degli adulti! Ha abbastanza da preoccuparsi senza bisogno di ricevere altre preoccupazioni che sono ben oltre il suo controllo e egualmente oltre la sua maturità per considerarle razionalmente!”
“Io sono maturo abbastanza!” protestò Harry.
“No, non lo sei,” replicò Piton. “Mentre non nego che tu sia almeno maturo quanto Black, ciò non vuol dire molto.”
“Oi!” esclamò Black, ma Piton lo ignorò.
“E' un bambino, Lupin, non un cospiratore. Mentre non c'è guadagno alcuno a tenerlo nella completa ignoranza di questioni che lo riguardano, è egualmente pericoloso trattarlo come se fosse un mago pienamente cresciuto, con l'esperienza e il giudizio di un adulto. Deciderò io che cosa deve essergli detto, quando e come. Ecco perché sono qui.” Almeno finché Black non mi sostituisce, aggiunse silenziosamente.
Harry cominciò a tenere il broncio: ma poi si ricordò che aveva cose anche più interessanti da chiedere. “Perché hai aiutato Sirius a scappare?” chiese, tirando la manica del suo tutore. “Pensavo che lui non ti piacesse.”
“Non mi piace,” disse Piton, brevemente. Sirius alzò gli occhi al cielo.
Harry aggrottò la fronte, pensieroso. “Quando l'hai aiutato?”
“Che differenza fa?” replicò Piton al ragazzo in tono secco, sperando di interrompere il filo logico delle domande. Tra tutte le occasioni che Harry avrebbe potuto avere di essere finalmente percettivo, questa era decisamente la peggiore!
“E' stato prima o dopo il momento in cui hai detto che ti saresti preso cura di me?” chiese Harry, sospettoso.
“Posso rispondere io,” disse Sirius, dolcemente, ignorando il “STA' ZITTO, BASTARDO!” di Piton. “E' stato subito dopo.”
Piton si afflosciò. Ecco che cosa ne ricavava dal frequentare Grifondoro. E infatti il moccioso aveva rimesso insieme i pezzi e lo stava fissando con sfrenata adorazione. “L'hai fatto per me?” squittì. “Hai riportato indietro il mio padrino per me?”
Piton brontolò e bofonchiò qualcosa mentre il ragazzo – ovviamente – gli si lanciava addosso, ricoprendogli ulteriormente di lividi lo sterno e riempiendo le sue vesti di moccio. Black e Lupin osservarono la scena, sorridendo orgogliosi del disastro che avevano causato.
“D'accordo, d'accordo,” ringhiò Piton, tirando finalmente il ragazzo via da sé e ripulendo tutto quel moccio con un fazzoletto. Tutti i bambini perdevano liquido dal naso, quando erano felici, come faceva questo moccioso? “Ora ascoltami bene, Potter, non devi parlare della fuga del tuo padrino né della mia parte in tutto ciò a nessuno. Ciò include tutti gli Weasley, i Granger, il Preside e chiunque altro. Mi hai capito?” Harry annuì vigorosamente. “Non devi neanche lasciarti scappare una parola riguardo alla forma di Animagus di quell'idiota del tuo padrino, del fatto che Lupin è un lupo mannaro o che tu sei un Rettilofono – che puoi parlare con i serpenti. Mi hai capito? Se lo fai -”
“Lo so,” Harry sorrise nel mezzo delle lacrime, “mi darai uno scapaccione.”
“No, signor Potter. Metterai tutti – noi e tutti i tuoi amici – a rischio di essere feriti dal Signore Oscuro.” Harry perse il suo sorriso. “Non stiamo nascondendo queste notizie per un puerile senso d'avventura: sono informazioni che possono aiutarci nello scontro contro Tu Sai Chi. Se le riveli, metterai le vite di persone a rischio e danneggerai le nostre capacità di proseguire la battaglia contro di Lui. Capisci?”
Harry annuì sobriamente. “Non lo dirò a nessuno. Davvero. Sono bravo a tenere segreti.”
Questo Piton non lo dubitava. Harry aveva mantenuto i segreti di quei bastardi di Babbani anche troppo bene. “Molto bene. Allora non ne parleremo più.”
“Aspetta un attimo,” intervenne Sirius. “Cosa intende dire Harry quando dice che gli darai uno scapaccione? Hai alzato una mano sul mio figlioccio? Dopo quello che hai detto che quei fottuti Babbani gli hanno fatto?”
Gli occhi di Harry si spalancarono. Oooooh, il suo padrino aveva imprecato! E proprio di fronte a lui!
“Felpato!” lo rimbrottò Remus. “Linguaggio!”
“Lunastorta! Ha picchiato Harry!”
Remus sospirò. “Te lo meritavi?” chiese quietamente, piegandosi per guardare Harry negli occhi.
Harry annuì.
“Quanto tempo è passato prima che potessi sederti di nuovo?”
Harry arrossì. “Ehm, forse un minuto o due,” esagerò, preoccupato che il suo professore avrebbe fatto brutta figura, altrimenti.
Remus sbatté le palpebre. “Tutto qui?”
“Ehm... forse erano tre o quattro,” tentò Harry.
“Perciò non suona come una sculacciata davvero severa?”
Harry scosse la testa. “Non è davvero bravo a dare scapaccioni, a dire il vero. Non gli piace colpire e non sa come fare. Per la maggior parte del tempo mi rimprovera solo e mi fa scrivere saggi o righe, ma non mi fa fare troppo neanche quello. E' – è davvero gentile con me. Anche più gentile del signor Weasley!”
“E ti colpisce solo sul sedere, giusto? Con la mano?”
Harry annuì.
“Non ti colpisce la faccia o da nessun'altra parte?”
Harry scosse la testa.
“Non usa la bacchetta?”
Harry aggrottò la fronte, perplesso. “Vuoi dire, per colpirmi con quella?”
Remur ricacciò indietro un sorriso. “No, per lanciarti una maledizione.”
“Oh, non abbiamo ancora cominciato a duellare. Il Professor Piton dice che non sono ancora pronto.”
“No, no. Voglio dire, usa le maledizioni per punirti?”
Harry spalancò gli occhi. “Vuoi dire, usare la magia per ferirmi?” Davanti all'assenso di Remus, sbuffò oltraggiato. “Professore!” si girò verso Piton, scandalizzato. “Remus chiede se mi hai mai lanciato una maledizione per punizione! Le perone – cioè, i maghi – lo fanno davvero?”
Una parte di Piton – la parte che non era occupata a scambiare insulti ad alta voce con Sirius – sentì una vampata d'orgoglio e trionfo perché era lui quello del quale Harry si fidava. Il moccioso non credeva ancora alla parola del lupo mannaro: no, era Piton, il malvagio Serpeverde, che aveva vinto la sua lealtà per primo.
Sfortunatamente la piccola voce nella sua testa puntualizzò che questo non sarebbe durato ancora molto a lungo, e la dolcezza si trasformò in cenere. “Sì, sì, Potter,” disse seccato. “Alcune famiglie del Mondo Magico usano la magia per punire la loro prole. Sono certo che alcuni dei tuoi compagni di classe siano molto familiari con la pratica.”
“Hu.” Harry incrociò le braccia sul petto e lanciò un'occhiataccia a Remus. “E' disgustoso.”
Remus decise che non aveva bisogno di chiedere se Piton aveva mai usato qualche Maledizione Oscura sul bambino. “Perché hai ricevuto uno scapaccione, l'ultima volta?”
Harry si agitò, tornando nuovamente imbarazzato. “C'era questo professore di Difesa contro le Arti Oscure a scuola...”
Remus sbatté le palpebre. “Vuoi dire Raptor?”
Harry parve sorpreso. “Già! Hai sentito parlare di quello?”
Remus ridacchiò. “Tutti hanno sentito parlare di quello. Sei stato sculacciato per quello?”
“Be', ho avuto uno scapaccione, comunque,” ammise Harry. “E poi sono stato messo in punizione e ho dovuto scrivere delle righe.”
Remus si raddrizzò, cercando senza riuscirci di mantenere una faccia seria, e guardò verso il punto in cui Sirius stava ancora strillando a Piton. “Felpato!”
“Che c'è?”
“Chiedi ad Harry come ha ottenuto il suo ultimo scapaccione.”
Sirius camminò verso di loro, brontolando sempre. “Non importa perché, Lunastorta. Questo malvagio bastardo non dovrebbe picchiare il mio figlioccio. Il povero ragazzino. Non merita di essere – Harry?” La sua voce si ammorbidì decisamente. “Mi puoi dire, per favore, per che cosa quel vecchio pipistrello di Piton ti ha picchiato? Prometto che non mi arrabbierò.”
Harry scrollò mentalmente le spalle. Gli adulti erano strani. “Ho avuto uno scapaccione per aver usato un Incanto Incollante sul turbante del professor Raptor e sul letto dell'infermeria e per aver lasciato uscire Lord Voldesnort.”
Gli occhi di Sirius si fecero enormi. “Come hai chiamato – Aspetta. Uno scapaccione? Hai ricevuto UNO scapaccione per Raptor? Solo uno? Uno?” Harry annuì, l'espressione vacua. “Merlino! Fortunato piccolo bastardo! Tuo nonno ti avrebbe ricoperto il sedere di vesciche per qualcosa del genere! Quando io e tuo padre siamo entrati con le scope nella Foresta Proibita lui si è assicurato che non potessimo sederci per una settimana! E tu hai ricevuto UNO SCAPACCIONE per aver affrontato Tu Sai chi?”
“Il Professor Piton non colpisce per far male,” disse Harry con sussiego, “solo per assicurarsi che io sappia di aver sbagliato.” Si sentì sollevato pensando che era il suo professore ad occuparsi di lui: sembrava che, malgrado tutta la sua giocosità, il suo padrino potesse non essere altrettanto indulgente. “Nessuno mi ha fatto male in quel modo dopo i Durlsey.” Ed ho intenzione di tenere le cose così.
Piton lanciò un'occhiataccia ai Malandrini ed al suo protetto. “Se avete finito di insultarmi e di obiettare ai miei metodi disciplinari...”
Sirius sbuffò. “Non avrei mai pensato che tu potessi essere indulgente,” brontolò.
“Harry è molte cose, ma imbecille non è una di queste,” replicò Piton. “Non mi devo preoccupare che lui compia scorribande notturne nella Foresta Proibita.”
Harry si raddrizzò, orgoglioso. Quello era decisamente un complimento!
“Non stavamo facendo una scorribanda,” protestò Sirius, che ovviamente ancora teneva il muso per la cosa dopo vent'anni. “Stavamo effettuando una ricognizione per cercare buoni posti dove portare Lunastorta durante la luna piena, ma certo non potevamo dirlo, questo, quando Gazza ci ha beccati; perciò Silente ha chiamato il padre di James e lui ci ha preso per bene a cinghiate sul sedere.”
Piton lanciò un'occhiataccia ad Harry. Il ragazzo pareva quasi simpatetico. “Harry sa perfettamente che, se fosse lui a finire in guai simili, potrebbe venire a dirmi la completa e semplice verità, così che io possa decidere cos'è meglio fare,” disse, lanciando al ragazzo un'occhiata esplicita.
Harry sorrise ed annuì. Gli sembrava un po' strano che suo padre avesse dovuto tenere delle cose segrete al suo stesso papà, ma il Professor Piton aveva detto che i maghi erano bizzarri sulla questione dei lupi mannari: perciò, magari era per quello.
“Be', se tutto quel che lo aspetta è un piccolo buffetto sul sedere per aver affrontato Tu Sai Chi, perché non dovrebbe dirti tutto?” tenne il broncio Sirius.
Remus nascose un sorriso dietro alla mano. “Sai, Felpato, penso che sia precisamente questo il punto di Severus,” spiegò.
Harry ne aveva avuto abbastanza delle divagazioni senza senso degli adulti, e riportò la conversazione su quello che lo interessava veramente. “Perciò, com'è essere un Animagus?” chiese, tirando il braccio del suo padrino. “E' difficile trasformarsi?”
Il broncio di Sirius si sciolse alla vista del viso ansioso del suo figlioccio. “Ti piacerebbe vedere la forma di Animagi di tuo padre e del resto di noi? Devo andare a prendere il Pensatoio?”
Harry annuì, gli occhi scintillanti. “Certo! Cos'era il mio papà? Era un orso? Un leone? Un falco?”
“Era un cervo,” gli disse Sirius, orgoglioso.
Piton quasi sbuffò per il divertimento di fronte all'espressione di assoluto disgusto che apparve sul viso di Harry. “Un cervo? Mio padre era un cervo? Non hanno neanche i denti!”
“Harry!” protestò Sirius. “La forma di tuo padre era fantastica! Era un magnifico cervo con grandi corna e -”
“Sei sicuro che uno non possa scegliere la sua forma?”gemette Harry.
Remus mise un braccio attorno alle spalle del ragazzo. “Aspetta di vedere Ramoso in azione, Harry. Certe volte era il solo che riuscisse a tenere il lupo a bada. Quelle corna possono causare un sacco di danni, sai, ed era un enorme animale.”
Harry sospirò. “Immagino...” concesse di malavoglia.



Note alla traduzione:
(1): In inglese, speaker, che non è precisamente traducibile con parlante. La sfumatura che più ci si avvicina è un giro di parole (Colui che parla), che però era ancora meno rispondente. Per cui, parlante sia.
(2): "You can't be serious."
"No, that would be you"

Sfortunamente intraducibile. In inglese, Sirius e serious (serio) si pronunciano allo stesso modo.

Ho una buona notizia e una cattiva. La cattiva è che per stasera ho finito di tradurre. La buona è che oggi ho tradotto due capitoli, per cui il prossimo aggiornamento sarà online questa domenica... ma. Ma. Questa traduzione riceve quasi mille visite a capitolo (l'ultimo capitolo ne ha ricevute 817), e mi sembrerebbe di venire meno all'entusiasmo e alla gentilezza dell'autrice (quella vera), se non vi punzecchiassi verbalmente per invitarvi a raggiungere le 360 recensioni prima del prossimo capitolo.
Vi lascio con questa sfida: e ringraziando sempre, ogni volta, tutti voi che vi fermate, che spendete cinque minuti del vostro tempo per regalare un parere, un incoraggiamento, un po' di sostegno a questa storia.

Rispondendo ad una domanda della gentile Mocchi: il progetto del quale ho parlato al termine dello scorso capitolo è un altro progetto di traduzione (sì, non faccio pubblicità alle mie storie nelle note alla traduzione x°D), ancora più corposo e consistente di questo. Qualche mese fa mi sono trovata a parlare con la magnifica GreenGecko, autrice della saga che inizia con Resonance, e che io trovo una piccola gemma... e non solo nell'ambito della scrittura amatoriale... ed è emersa la possibilità di tradurre le tre storie di questa serie. Tuttavia, si tratta di due storie complete di, rispettivamente, 79 e 41 capitoli (estremamente corposi), e di una storia in corso d'opera (e che io spero duri ancora molto, molto a lungo) che si prepara a raggiungere gli 80 capitoli; senza contare una one-shot addizionale. Il totale raggiunge, approssimativamente, un milione e seicentomila parole: una bella sommetta, per cui dovrò riflettere molto attentamente sulla possibilità di cominciare davvero a tradurla. Tutto vorrei, meno che trovarmi a dover interrompere la traduzione a metà. In ogni caso, Harry's New Home ha la precedenza e non inizierò niente prima di aver terminato di tradurla.

Un grazia a bambolinazzurra e a Leliwen per le puntuali correzioni! Riguardo alla correzione di quest'ultima... non so da dove mi sia uscito fuori il "concussione": sospetto sia nato dalla somiglianza con il termine originale inglese. O_O Lì per lì mi sembrava anche ragionevole. Non sarebbe neanche traducibile con "contusione", quanto con "commozione" (cerebrale)... che però in italiano suona molto più forbito che non in inglese. Ho corretto!

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***







Remus andò a recuperare il Pensatoio ed Harry lo accompagnò per un giro della casa.
Piton prese un respiro profondo e si costrinse ad avvicinarsi a Black. Aveva un favore da chiedergli, ed avrebbe fatto meglio a farla finita subito. Anche se sarebbe stato ragionevole cominciare con un argomento piacevole, prima: “Che cosa avete fatto per torturare i Babbani, ultimamente?”
Sirius si illuminò. “Abbiamo parlato con quelli della Compagnia di Bertie Bott – sai, quelli che fanno le Gelatine Tuttigusti + 1?” Piton annuì. “Essere una celebrità rende tutto molto più semplice. Ho dovuto semplicemente spedire loro un gufo e si sono sbracciati per aiutarmi. Comunque, ci hanno mostrato gli incantesimi che usano per ottenere i gusti veramente disgustosi, e noi abbiamo corretto il cibo dei Babbani. Più o meno tutto quel che mangiano sa di vomito, cacca di maiale, cipolle andate a male, carcasse di animali investiti da settimana, ratti morti, cerume di orecchie, marmellata di piede... Anche quei due piccoli ciccioni stanno perdendo peso. Dursley deve essere calato di più di sei chili, ormai.” Il sorriso malvagio di Sirius era un po' troppo simile all'espressione che aveva avuto mentre inseguiva Piton per i corridoi di Hogwarts. Piton dovette combattere l'impulso di estrarre la bacchetta.
Tuttavia, era una punizione brillante per quei golosi. “Piuttosto inventivo. Forse potrei darvi un paio di suggerimenti per i gusti tratti dal mio lavoro con gli ingredienti di Pozioni?” offrì.
“Sì, sicuro.”
Incoraggiato dal tono piacevole di Black, Piton decise di richiedere il suo favore. Dubitava che il Malandrino avrebbe acconsentito, ma non poteva correre il rischio di non chiedere: se Black fosse stato maggiormente un Serpeverde, come il resto della sua arretrata famiglia, Piton avrebbe potuto contrattare – nell'universo dei Serpeverde tutto aveva un prezzo, perciò tutto era negoziabile – ma i Grifondoro non pensavano a quella maniera. Loro ghignavano davanti agli accordi. Se gli piacevi, avrebbero fatto qualunque cosa per te; se non gli piacevi, avrebbe nevicato nell'Ade, prima che anche solo sputassero sul tuo cadavere in fiamme.
Piton forzò la sua voce a rimanere fretta e indifferente mentre diceva, “Desidererei chiederti di rimandare l'azione legale fino alla fine dell'anno scolastico.”
Ecco fatto. L'aveva detto. Molto educatamente, anche: nessuno avrebbe potuto sostenere che avesse cercato di inimicarsi il bastardo.
Black parve confuso. Stupido Grifondoro. “Quale azione legale? Pensavo avessi detto che il punto di trovare un accordo con Caramell ed accettare le sue scuse fosse evitare che le cose finissero ad impantanarsi con il Wizengamot.”
Piton riuscì a non alzare gli occhi al cielo. “L'azione legale per la custodia, Black. Quello per ottenere la tutela del ragazzo.
“Quale ragazzo? Harry?”
“No, Weasley. O magari Malfoy? Non avevo idea che tu considerassi i mocciosetti tanto interscambiabili.”
Black aggrottò la fronte. “Molto divertente, Mocc – er, Piton. Di cosa stai parlando? Non sto cercando di avere Harry.”
Sì, certo. Ora Piton non poté resistere all'impulso di alzare gli occhi al cielo. “Perciò hai semplicemente intenzione di lasciare il figlio orfano del tuo migliore amico negli untuosi artigli del tuo peggior nemico? Sparane un'altra, Black.”
Ah! Sapeva che si trattava di uno stratagemma. Black, ora, pareva imbarazzato: ovviamente non si era aspettato che il suo piccolo trucco fosse così trasparente. “Ehm, tu non sei untuoso. Non più, comunque.”
Piton mise da parte quell'incoerente balbettio. “Black, il primo anno di Harry non è certo iniziato nel migliore dei modi. Ha dovuto adattarsi ad una nuova scuola, ad una nuova cultura, ad un nuovo tutore, a nuovi amici, tutto dovendo contemporaneamente avere a che fare con attentati alla sua vita, scontrandosi prima con un troll e poi con il Signore Oscuro... Dargli un poco di stabilità aggiuntiva per il resto dell'anno scolastico andrebbe a suo vantaggio, mentre coinvolgerlo in una battaglia per la tutela che sarebbe sicuramente sbattuta sulla prima pagina del Profeta non -”
“Piton!” Suonava come se Sirius stesse digrignando i denti. “Mi vuoi ascoltare, dannato pipistrello? Non ho intenzione di richiedere la custodia di Harry!”
Severus si limitò a lanciargli un'occhiata di gelida incredulità, prima di continuare: “Come stavo dicendo, una battaglia per la tutela lo distrarrà dagli esami e lo spingerà a preoccuparsi riguardò al luogo dove trascorrerà le vacanze estive.” Non sapeva cosa Black stesse sperando di ottenere con i suoi ridicoli dinieghi, ma era un dilettante di basso livello in simili giochi mentali. Piton era stato manipolato dai migliori – Silente, Voldemort, il suo stesso padre... Anche durante i loro anni a scuola Sirius non era mai stato tipo da sottili complotti e torture: in contrario a gran parte dei suoi antenati, avrebbe disprezzato un'irrintracciabile pozione ad azione lenta; il suo stile era il faccia a faccia puramente Grifondoro. Black aveva sempre voluto vedere il sangue e il dolore che i suoi tormenti stavano causando, e non aveva avuto nessuna pazienza di aspettare per questo. Nei loro giorni ad Hogwarts non aveva mai giocato con la mente di Piton come stava facendo ora: ovviamente aveva appreso qualche nuovo trucchetto ad Azkaban.
Piton sospirò e proseguì, desiderando farla finita con questa farsa prima che il moccioso tornasse. “Può non sembrare così, ma Harry è ancora molto preoccupato di essere rimandato da quei Babbani, ed una mancanza di stabilità percepita porterà-”
“PITON! Mi vuoi ascoltare, imbecille?! Inalare i fumi delle pozioni ti ha reso stupido? Ti ho DETTO che -”
“Ohi!” Harry e Remus erano tornati in tempo per afferrare l'ultimo commento, ed un Harry dall'espressione minacciosa marciò verso il suo padrino. “Non insultarlo!”
Sirius si passò le mai tra i capelli con esasperata irritazione. “Mi sta facendo diventare matto, Ramosino1! Non vuole ascoltarmi!”
“A me dà ascolto,” replicò Harry fieramente, dando a Piton ragione di pavoneggiarsi. Poi Harry fece una pausa. “Come mi hai chiamato?”
“Ramosino. O Piccolo Ramoso. Il nome da Animagus di tuo padre era Ramoso, perciò, quando sei nato, abbiamo tutti cominciato a chiamarti Piccolo Ramoso e Ramosino...” Sirius sorrise. “Ti piace?”
Harry sorrise in risposta, la sua irritazione dimenticata, con grande fastidio di Piton. Sleale piccola vipera.
“Sì.” Poi sollevò un dito ammonitorio. “Ma solo finché non avrò una forma tutta mia. Perché io potrei avere le zanne,” osservò speranzoso.
“Su che cosa stavate urlando?” chiese Remus, sempre la voce della placida ragione.
“Oh!” Sirius si girò verso Harry. “Ehi, Ramosino -” ignorò i furiosi segnali di Piton, che gli intimavano di chiudere il becco “- vuoi venire a vivere con me?”
Harry aggrottò la fronte con l'aria di qualcuno che non capiva. “Uh? Io vivo con il Professor Piton ora. Quando non sono ad Hogwarts, cioè. Cioè, quando non vivo nel dormitorio con gli altri ragazzi e tutto il resto.”
“Sì,” assentì Sirius pazientemente, “ma non preferiresti vivere con me? I tuoi genitori mi hanno nominato tuo padrino.”
Harry parve combattuto, e lanciò un'occhiata al suo professore. Piton era riuscito a riguadagnare la propria compostezza, ma stava ribollendo di rabbia dietro all'espressione gelata. Si poteva contare su Black per fare esattamente quel che lui aveva sperato di evitare, ossia coinvolgere il ragazzo. Il bastardo non aveva alcuna discrezione o – piuttosto probabile – nessuna funzione cerebrale di livello superiore.
Harry si morse il labbro nervosamente. Non voleva offendere nessuno, e pensava che il suo padrino potesse rivelarsi davvero divertente, ma tutto questo parlare di portarlo via dal suo professore lo stava rendendo nervoso.
Piton vide il labbro masticato e sentì una sensazione nauseante farsi strada nel suo stomaco. Ovviamente il ragazzo stava cercando di pensare a come dirgli che voleva vivere con il suo maledetto padrino. Bene, ottimo. Non era come se lui si fosse aspettato qualcosa di diverso.
“Be',” disse Harry cautamente, accostandosi al Professor Piton nel caso in cui il suo piuttosto eccitabile padrino reagisse male a quel che lui stava per dire, “Non mi dispiacerebbe visitarti, sai, come con i Weasley.”
“Ma non vuoi vivere con me? Invece che con Piton?” insisté Sirius.
Piton serrò i denti. Ovvio, Black stava cercando di farlo dire ad Harry a chiare lettere e di fronte a lui. Costrinse le sue fattezze a rimanere prive d'espressione. Non avrebbe dato loro la soddisfazione di vedere quanto quella rinuncia l'avrebbe ferito. Era colpa sua, comunque: avrebbe dovuto sapere che non era una buona idea permettersi di provare sentimenti per qualcuno, meno ancora per un altro Grifondoro. Non aveva imparato niente dall'agonia della sua relazione con Lily? Questo era ciò che accadeva quando lasciavi bassa la tua guardia: era stato un idiota sentimentale e adesso ne avrebbe pagato il presso. Si preparò quando il ragazzo cominciò a parlare.
Harry aveva provato. Davvero, ci aveva provato. Ma ovviamente Sirius non aveva intenzione di lasciarsi distrarre da educati giri di parole. Sii un Grifondoro, Harry! Mostra loro che hai del coraggio! Anche se il suo padrino si fosse infuriato e non avesse mai più voluto rivederlo non sarebbe stato poi così male, giusto? La professoressa McGranitt l'avrebbe probabilmente aiutato a diventare un Animagus, se lui glielo avesse chiesto. E, anche se non per lui, lei l'avrebbe probabilmente fatto se fosse stato il Professor Piton a chiederglielo.
Harry sentì una fitta di dolore al pensiero di perdere questo legame con i suoi genitori: ma adesso aveva sentito così tante storie che li riguardavano da Hagrid e dalla professoressa McGranitt e dalla zietta Molly e dallo zio Arthur e dal professo Vitious... Non appena il suo professore li aveva informati che i suoi parenti non gli avevano mai raccontato niente, le persone avevano cominciato a condividere i loro ricordi e a spedirgli fotografie e... Harry sospirò felice. Era solo un altro esempio di quanto bene il professor Piton si prendesse cura di lui. Si assicurava che Harry sapesse precisamente quante persone si preoccupavano per lui: era così circondato di amore, adesso, che perdere una o due persone – anche se era il suo padrino – non faceva poi tanta differenza. Perciò si preparò e parlò. “No, signore. Non voglio vivere con te. Preferirei vivere con il professor Piton.” C'era uno strano rumore ruggente. Piton si domandò debolmente se ci fosse un oceano nelle vicinanze, ma erano in Svizzera, giusto?
“Oh, per – ACCHIAPPALO!” Sentì Black gridare a qualcuno: cercò di guardarsi intorno, ma c'era una mano solida sul retro del suo collo, e tutto quel che riusciva a vedere era il pavimento.
Gli occorse un momento per realizzare che era seduto sul divano e che qualcuno gli stava tenendo la testa tra le gambe. Si divincolò per liberarsi e si trovò naso a naso con un Harry molto pallido.
“Stai bene, professore?” chiese il ragazzo ansiosamente. “Sembravi proprio strano, per un minuto.”
“Ha solo bisogno di una tazza di tè,” disse Remus in tono confortante. “Vieni ad aiutarmi a chiamare gli elfi domestici.”
Black si lasciò cadere a sedere accanto a lui, con un sorriso a quarantotto denti, ma Piton era così confuso, al momento, che tutto quel che riuscì a fare fu sbattere le palpebre verso di lui. “Visto?” disse Black, allegramente. “Ti avevo detto che eri un imbecille. Perché dovrei cercare di ottenere la tutela? Harry vuole stare con te.”
“Ma – ma – ma -” Piton si sentiva come se qualcuno l'avesse colpito con un Confundus. Aveva davvero sentito il ragazzo scegliere lui piuttosto che il suo padrino? E Black non era in preda ad una furiosa crisi isterica per questo?
“Diamine, Piton, a sentir te sembrerebbe che fossimo ancora ragazzini e ci odiassimo,” disse Black, ridendo un po' a disagio. “Voglio dire, ti aspettavi davvero che ti portassi via Harry dopo tutto quel che hai fatto per noi? Che razza di bastardo pensi che io sia?” Poi aggiunse in fretta, “No, non rispondermi.”
Si passò di nuovo le mani, nervosamente, attraverso i capelli. “Ascolta, so che non ho precisamente dei buoni precedenti, per quanto ti riguarda, ma io pensavo veramente quel che ho detto ad Azkaban. Mi dispiace per tutte le cose che noi – che io – ti ho fatto, e ti sono davvero grato per esserti preso cura di Harry e per avermi tirato fuori di lì e... be', anche se fossi abbastanza bastardo da ignorare tutto quel che hai fatto, non sarei comunque nelle condizioni adatte per occuparmi di Harry.” Per un momento l'espressione negli occhi di Black ricordò a Severus il rottame che aveva visto nella cella ad Azkaban. “Ho ancora un sacco di incubi e mi arrabbio davvero in fretta, e la mia memoria fa schifo...” Black sorrise, improvvisamente e selvaggiamente. “Ma i Dursley sono una cosa spettacolare per aiutarmi a sfogare quelli che Remus chiama i miei 'problemi di rabbia', ed io sto facendo del mio meglio per divertirmi e per rimediare al tempo perduto in altri modi – è davvero sorprendente cosa riescono a fare queste pollastrelle Svizzere con la cioccolata – ma non sono in grado di essere un papà per Harry, adesso, e questo è ciò di cui lui ha bisogno. E, dal momento che ha già trovato un padre, certo non ho intenzione di fare niente per distruggere la felicità di Remosino. Oltretutto, se io fossi abbastanza stupido da pensare di farlo, James ritornerebbe dalla tomba per prendermi a calci nel sedere. E Lily sarebbe proprio dietro di lui.”
Piton aveva onestamente creduto che niente potesse scioccarlo quanto il fatto che il ragazzo avesse preferito lui a Black, ma sentire Black riferirsi a lui come al padre di Harry ci riuscì. Si ritrovò con la testa dritta tra le ginocchia, mentre Black gridava a Remus di sbrigarsi con quel tè.
“Stai bene, professore? Magari dovresti mangiare un biscotto,” propose Harry, sporgendosi preoccupato su di lui. “Vuoi che vada a chiamare Madama Chips? O... hanno dei dottori maghi qui in Svizzera?”
L'orgoglio di Piton riapparve. Non aveva intenzione di starsene seduto lì come un troppo emotivo Tassorosso! Riuscì a raddrizzarsi, ignorando i punti di luce che danzavano davanti ai suoi occhi. “Sto bene, signor Potter, e non pensare che fossi così sopraffatto da non vederti intascare quelle tortine alla crema. Cortesemente, toglile immediatamente.”
Harry arrossì con aria colpevole. “Non erano per me,” protestò, tirando fuori le tortine ora schiacciate. “Le avevo messe da parte per Ron ed Hermione.”
“Hmf.” Piton sorseggiò il suo tè e fece una smorfia. Il lupo mannaro aveva svuotato la zuccheriera nella sua tazza?
“Lo zucchero fa bene allo choc.” Remus interpretò correttamente la sua espressione. “Accelererà la tua ripresa. Fidati di me.”
Piton sbuffò ancora, ma stava cominciando a sentirsi un po' meglio. Gli eventi erano semplicemente stati... inaspettati.
Harry era seduto sul divano accanto a lui: non precisamente sulle sue ginocchia, ma definitivamente più vicino di quanto il decoro suggerisse. Assestò al moccioso una gomitata, ma questi rimase ovviamente inconsapevole di fronte ad un tanto sottile suggerimento. Piton si arrese con un sospiro. Ci sarebbe stato molto tempo, poi, per qualche lezione di etichetta, e – se doveva essere sincero – in quel momento gradiva molto avere il ragazzo così vicino.
Harry si assicurò di sedere molto vicino al suo professore, così da poter tenere d'occhio l'uomo. Non gli era piaciuto per niente vedere il professore diventare così strano, ma Remus aveva insistito che sarebbe stato bene e che si trattava probabilmente solo di qualcosa che aveva mangiato. Tuttavia, Harry aveva intenzione di restargli vicino per il resto della visita. Il suo professore doveva averlo notato, perché gli diede un'amichevole piccola gomitata quando Harry gli si sedette accanto, come per dirgli “grazie per essere qui”. Harry scivolò ancora più vicino. Sapeva quanto fosse terribile stare da soli quando si stava male, e certo non voleva che il suo tutore si sentisse così. “Se hai bisogno di qualcosa, dimmelo,” disse a Piton, severamente. “Resta seduto e riposati, d'accordo?”
Piton cercò di comprendere cos'era appena accaduto mentre sorseggiava il suo tè troppo dolce. Black era stato... gentile. Aveva appoggiato l'affetto del moccioso per Piton (per quanto insensato) ed era apparso piuttosto sincero nelle sue intenzioni di non assumere la custodia del bambino. Piton non avrebbe potuto essere più sorpreso se un elfo domestico l'avesse preso a pugni nel naso.
Certo, Black l'aveva chiamato “imbecille”, ma per Black questo era praticamente un vezzeggiativo.
Sirius riuscì finalmente a trascinar via Harry, che continuava ad incombere su Piton, e cominciò a tirar fuori ricordi dalla sua testa e a lasciarli cadere nel Pensatoio, mentre il ragazzo lo guardava con affascinato disgusto. Remus si sistemò accanto a Piton, e che il Serpeverde non si ritraesse dalla vicinanza del lupo mannaro diede la misura di quanto sconvolto si sentisse.
“Sembri un po' confuso,” disse Remus, la voce quieta.
“Black ha recentemente sofferto di un trauma cranico?” chiese Piton seriamente.
Remus soffocò una risata. “No, ma mi stavo chiedendo se non fossi stato tu a soffrirne. In genere sei molto più svelto ad afferrare le cose.”
“I meccanismi delle menti Grifondoro – quali che siano – sono un mistero per me,” replicò Piton, lanciandogli un'occhiataccia.
Remus sorrise. “Meglio che ti abitui. Vivi con uno di essi, adesso.” Lanciò un'occhiata verso il punto in cui Harry stava cautamente sbirciando nel Pensatoio. “Ma non vedo cosa ci sia di così poco chiaro.”
“Non ci vedi niente di strano nel fatto che Black – Sirius Black – abbia acconsentito a permettere al suo figlioccio, l'orfano di James Potter, di essere cresciuto da un untuoso Serpeverde la mera esistenza del quale è offensiva?”
Remus ebbe il buon gusto di arrossire. “Merlino, Severus, quanti anni avevamo, sedici? Avrei pensato che tu avessi dimenticato, dopo tutto questo tempo.”
“E tu hai la memoria tanto corta per quelli che ti insultano, lupo?”
Remus sospirò. “Touche. Era inescusabile allora e adesso, ma Sirius rimpiange veramente di averlo fatto, sai. Come me.”
“Lui si è scusato,” commentò Piton, con riluttanza.
Remus percepì quel che Piton non aveva, consapevolmente, inteso dire. “Per cortesia, lascia che io faccia lo stesso. Severus, mi dispiace sinceramente per le mie azioni. Ti abbiamo trattato in maniera abominevole e non siamo mai stati propriamente puniti per questo. Il modo in cui hai trattato Harry prova che tu sei – ed eri – l'uomo migliore.”
Questo non giovò alla salute mentale di Piton. Grifondoro che si scusavano? Ripetendo le stesse frasi che il suo sé stesso adolescente aveva desiderato sentire? Forse non c'era bisogno che lui si preoccupasse di Voldemort, dopotutto – certamente l'Apocalisse era prossima. Di quanti altri Segni della Fine del Mondo avevano bisogno?
Remus percepì la sua confusione. “Severus, io posso essere quello che ha il lupo dentro di sé, ma Felpato ha sempre mostrato una fedeltà canina per i suoi amici. La sua lealtà, una volta data, è così forte che avrebbe fatto di lui un buon Tassorosso, se non fosse stato necessario tanto ovvio coraggio per tagliare i ponti con il resto della sua famiglia ed unirsi alla Luce.”
“E si suppone che questo abbia qualcosa a che fare con il fatto che non mi ha lanciato una maledizione o non si è preso Harry?” domandò Piton, caparbiamente.
“Qual è la cosa più importante nella vita di Sirius?” chiese Remus, apparentemente senza una ragione.
“Il sesso occasionale,” replicò Piton prontamente.
Remus si strozzò, prima di ridere deliziato. “In realtà, quella è la seconda. La prima è Harry – è tutto quel che ci è rimasto di James e Lily, ma, ancor più, Felpato aveva giurato di occuparsi di Harry se qualcosa fosse accaduto loro.”
“Ed ha fatto proprio un buon lavoro, finora,” ghignò Piton.
“E' precisamente questo il punto, Severus. Una volta che Sirius ha realizzato cos'era accaduto ad Harry ed ha visto quel che avevi fatto per lui – e per Sirius stesso – ha compreso quando malamente ti avessimo giudicato. Tu l'hai fatto uscire di prigione quando hai appreso che era innocente: non sei stato fermato dal fatto che lo odiavi – o dal fatto che lui non ti poteva sopportare; hai fatto la cosa giusta a prescindere dai tuoi sentimenti personali. E' ovvio che ti sia grato. E poi, realizzare che, quando hai scoperto la situazione di Harry, hai fatto lo stesso per lui? Severus, tu hai salvato l'unica cosa a questo mondo della quale Felpato si curi veramente. L'hai fatto quando Silente non l'avrebbe fatto, e Sirius non poteva farlo, e -” Remus inghiottì a fatica, ma costrinse le parole fuori, la voce carica di colpa, “- ed io non l'ho fatto2. Tu sei stato il solo ad essere lì per Harry, anche se non gli dovevi nulla e avevi solo odio verso la sua famiglia. Sirius ed io sappiamo quanto ti dobbiamo e che sei – nonostante tu sia un 'untuoso Serpeverde bastardo' – una persona molto buona. Molto migliore di noi, infatti... Che ti piaccia o no, Severus, sei un Malandrino anche tu, ora. Sei parte del nostro Branco.”
Che ignominia. Piton rifletté tetramente sul fatto che questo era terribile tanto quanto essere un Weasley onorario. Quale altra umiliazione il moccioso avrebbe avuto in serbo per lui? Tutto quel che voleva fare era impedire al Signore Oscuro di assassinare il ragazzo: ma, a questi ritmi, sarebbe stato un fottuto Grifondoro prima che Harry fosse al suo terzo anno.



Note alla traduzione:
(1): Pronglet nell'originale. Prongs sarebbe, in teoria, rebbi o punte, ma nella traduzione italiana è stato reso come Ramoso. Perciò ho deciso di usare il diminutivo della traduzione italiana, non quello del termine originale.
(2): "[...] You did it when Dumbledore wouldn't, and Sirius couldn't, and [...] I didn't.: Sfortunatamente la traduzione non può rendere giustizia a questa linearissima costruzione. Il wouldn't, in particolare, è pressoché intraducibile nel giusto modo senza mutare la proposizione: non è precisamente un non avrebbe voluto, e pertanto non ho voluto tradurlo come tale (non era che Silente non volesse, era che non credeva fosse giusto). Spero che la resa sia comunque piacevole.

Oggi non avrei avuto il tempo di pubblicare... ma avete risposto al mio appello con tanto entusiasmo che non me la sono sentita di deludervi. Spero di ritornare presto con un nuovo aggiornamento della traduzione: oggi formatto il pc, e questo comporta sempre - sempre - difficoltà che sorgono nel mezzo dell'operazione.
In compenso, il capitolo 38 è tradotto e pronto. x°D

Un grazie a tutti voi che vi fermate sempre ed a chi si premura di farmi sapere quando commetto degli errori nella traduzione. Cercatevi nelle Note, se dovessi dimenticarmi di segnalarvi la cosa di persona, siete lì!

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***







“Avanti!” Li chiamò Black. “Ho tirato fuori qualche ricordo per far vedere ad Harry le nostre forme da Animagus. Andiamo.”
“Meraviglioso,” brontolò Piton mentre Remus e lui si alzavano dal divano. “Percorrere la Strada della Memoria con i Malandrini. Proprio come volevo trascorrere il pomeriggio.”
Anche troppo in fretta dal punto di vista di Piton, tutti e quattro si trovarono immersi nel ricordo, guardando un grosso cane e un cervo giocare in una radura nella Foresta Proibita. Improvvisamente un ululato attraversò la notte ed Harry si aggrappò alla mano di Piton. “Cos'era quello?” chiese nervosamente.
“Forse questa non è stata una buona idea,” disse Remus, andando leggermente nel panico al pensiero della reazione di Harry. “Questo non può essere piacevole per Severus -”
Piton era impegnato a non farsela sotto per il terrore, ma non aveva intenzione di farlo sapere agli idioti Malandrini. “Sto bene.”
“E' davvero solo un ricordo?” bisbigliò Harry, il viso bianco per la paura.
“Sì,” lo rassicurò Piton, cercando di convincere sé stesso allo stesso tempo. “Non puoi essere ferito.”
Harry pareva ancora incerto, e si avvicinò di più. Come sempre, Piton trovò che era più facile fingersi calmo quando quelli intorno a lui erano pietrificati. “Non sei in pericolo,” disse ad Harry fermamente.
“L-lo so,” assentì Harry con un'assoluta mancanza di sicurezza nel tono; poi, il lupo mannaro entrò nella radura.
Il cane e il cervo si mossero immediatamente per raggiungerlo e, con gran sorpresa di Piton, il lupo mannaro saltellò giocosamente in avanti, piuttosto simile a un cucciolo nel suo entusiasmo. “Lunastorta, sei tenero,” disse Harry, sorpreso, avvicinandosi un po' per poter vedere meglio.
Remus si rilassò visibilmente. “Non dimenticarti mai che in questa forma sono molto, molto pericoloso, Harry. Se mi accorgo dell'odore di un essere umano divengo... ossessionato.”
“Ma non c'è qualcosa che aiuti?” Harry alzò gli occhi verso il suo professore. “Non abbiamo studiato una pozione che fa qualcosa per i lupi mannari?”
“L'Antilupo,” Remus annuì. “Mi aiuta a mantenere una mente umana ma, anche con quella, rimango molto pericoloso e inaffidabile, Harry. Non avvicinarti mai a me durante la luna piena. Non importa per quale ragione. Mi dovrai colpire con uno Stupeficium se mai mi vedrai in questa forma fuori da un ricordo. Hai capito?” Per una volta il gentile mago parve molto severo.
Harry annuì seriamente. Gettò un'occhiata al suo professore. “Ma tu ti assicuri che lui abbia la sua pozione, giusto?”
Piton annuì, ancora sorpreso nello scoprire che trovava il lupo mannaro piuttosto tenero in questo ricordo. Certo, tutti i suoi ricordi della maledetta bestia avevano luogo mentre questa cercava di strappargli la milza, non mentre stava giocando al tiro alla fune con un ramo secco insieme alla forma canina di Black. “Sì. Ma questo non cambia ciò che il signor Lupin ti ha appena detto. Tu gli obbedirai in questo.”
Va bene,” disse Harry, suonando un po' esasperato. “Sai, non è come se fossi stupido o qualcosa del genere. Perché vi comportate tutti come se non ne sapessi abbastanza da stare alla larga dalle cose pericolose?”
Piton inarcò un sopracciglio. “Era un altro studente del primo anno quello che si è quasi schiantato contro le mura del castello? Che si è offerto di affrontare da solo un troll? Che ha lanciato un vaso da notte a -”
“Va bene, va bene,” lo interruppe Harry, rosso in viso. “Prometto, d'accordo?”
Piton si esibì in un sorrisetto, prima di tornare ad osservare il ricordo. Era davvero piuttosto stupefacente che tre studenti fossero riusciti nella trasformazione in Animagus senza alcun aiuto da parte dei professori, per non parlare dell'essere riusciti ad aiutare a controllare un lupo mannaro per sette anni.
“Ewww!” Gridò Harry, indicando. “Felpato, hai un ratto sulla testa! Ti farà la pipì addosso!” Poi, lo guardò più attentamente. C'era qualcosa in quel ratto...
“Felpato! Dove hai la testa?” Domand Remus, riducendo la sua voce ad un furioso sussurro. “Perché hai mostrato ad Harry un ricordo con dentro Peter?”
“Non ci sono poi tanti ricordi di noi nelle nostre forme dove Peter non sia presente,” replicò Sirius sulla difensiva.
“E quella volta che ha avuto il vaiolo di drago? O il mese in cui è stato in punizione con Gazza per -”
“Va bene, d'accordo, ce n'era qualcuno,” brontolò Sirius.
Piton alzò gli occhi al cielo mentre i due bisticciavano. Idioti. “Torna qui,” chiamò Harry, che si era spostato per vedere meglio gli animali che rotolavano sul terreno. Anche se sapeva che si trattava solo di un ricordo, la vista di Harry così vicino a un lupo mannaro gli faceva accapponare la pelle.
Harry trotterellò indietro, ubbidiente, la fronte aggrottata nella perplessità. Si aggrappò al gomito di Sirius, interrompendo la sua discussione con Lupin in corso. “Come mai avevi Crosta con te?”
“Chi?” chiese Sirius.
“Crosta. Il ratto di Ron. E' seduto sulla tua testa.”
“Quello non è Crosta, Harry. Quello era un altro studente la forma di Animagus del quale era un ratto. Il suo nome era Peter Minus, anche se noi lo chiamavamo Codaliscia. Era... un nostro amico, all'epoca,” disse Remus, cautamente.
Harry scosse la testa. “Quello è Crosta.”
Sirius negò. “No, è Codaliscia. Lui è -” Lanciò un'occhiata a Piton, prima di proseguire dopo aver ricevuto il cenno d'assenso dell'uomo “- è la persona che ha tradito i tuoi genitori, Harry. Era il loro Custode Segreto, e ha detto a Tu Sai Chi dove trovarli.”
“No,” insisté Harry. “Quello è Crosta. Voglio dire, ha ancora un dito e tutto, e il suo pelo non è così grigio, ma quello è il ratto di Ron.”
“Harry, i ratti si assomigliano tutti molto,” obiettò Remus.
Harry si rabbuiò in viso. “Ho detto...” iniziò, la voce che cominciava ad alzarsi pericolosamente: ma, prima che potesse lanciarsi in un'esclamazione a piena forza, Piton lo interruppe.
“Che cos'hai detto riguardo al suo dito?”
Distratto dalla domanda, Harry alzò gli occhi verso il suo tutore. “A Crosta manca un dito. Ron dice che è sempre stato così, sin da quando Percy l'ha trovato tanti anni fa.”
Gli uomini si scambiarono un'occhiata. “Non può essere,” fu Remus ad interrompere il silenzio per primo. “Impossibile.”
“Gli Weasley, tra tutte le famiglie?” chiese Sirius. “Perché loro? Peter doveva sapere che erano forti oppositori di Tu Sai Chi. Perché non cercare rifugio presso i Malfoy o presso qualche altra famiglia di Mangiamorte?”
“Perché quello era il primo posto in cui sarebbero andati a cercarlo, se il suo tentativo di incolpare te non avesse avuto tanto successo. Non solo nessuno avrebbe preso in considerazione l'ipotesi di cercare un Mangiamorte alla Tana, ma Minus deve avere anche saputo che la condizione economica degli Weasley avrebbe reso altamente probabile che loro avrebbero accettato un cucciolo 'trovato'. Un'altra famiglia potrebbe aver scelto di acquistare un animale domestico; gli Weasley sarebbero stati anche troppo contenti di evitare la spesa in più,” replicò Piton.
“Perciò mi credete?” chiese Harry.
“Non lo so, Harry,” disse Sirius, dubbioso. “E' terribilmente difficile crederlo...”
“Sono d'accordo,” disse Remus in tono di scuse. “Penso che tu abbia solo commesso un comprensibile errore, Harry.”
Il viso di Harry si rabbuiò.
Piton aggrottò la fronte a quella vista. “Perciò, dove credi che sia Minus?” chiese a Black.
“Uh?” Prevedibilmente, Black batté le palpebre stupidamente, guardandolo.
“Se dobbiamo crederti, Black, tu non hai ucciso Minus e tutti quei Babbani; invece, sei stato incastrato dal ratto. Ergo, Minus è ancora vivo. Dov'è? Dov'è stato negli ultimi dieci anni?”
Black scrollò le spalle, incerto. “Come faccio a saperlo? Magari lui è in Brasile a godersi i bikini.”
“Perciò Minus era tipo da aver preparato un piano tanto elaborato da permettergli, nel caso assolutamente inaspettato della sconfitta del Signore Oscuro, di fuggire senza fatica dall'Europa e di nascondersi tanto abilmente che neanche una voce sulla sua presenza sia emersa negli ultimi dieci anni?”
Remus si strofinò il mento e scambiò un'occhiata con Sirius. “No... Non penso che Peter potrebbe aver pianificato in anticipo a questo modo. E' sempre stato il tipo da seguire gli altri. Aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse cosa fare, o andava nel panico e si agitava qua e là.”
“Considerando che la sconfitta del Signore Oscuro a Godric's Hallow ha colto anche Lucius Malfoy di sorpresa, e lui è – sarete d'accordo con me? – un consumato Serpeverde e, di conseguenza, ha piani di riserva per i piani di riserva, è davvero difficile immaginare che Minus ne sia stato similarmente scioccato? E che, in seguito a ciò, abbia cercato rifugio nella sua forma da Animagus e, come hai detto tu, si sia 'agitato qua e là' fino a quando non ha trovato un nascondiglio presso un'inconsapevole famiglia dalle credenziali impeccabili? Molly Weasley ha perso i suoi fratelli gemelli durante la Guerra – nessuno avrebbe pensato neanche per un istante che potessero ospitare un Mangiamorte, anche senza saperlo.”
Harry si illuminò in viso. Il suo professore gli credeva! E stava convincendo gli altri: Harry riusciva a vederlo dalle loro espressioni.
Sirius e Remus si dimostrarono recalcitranti, ma alla fine Piton vinse lo scontro con la sua caustica domanda: “Perciò preferireste rischiare la vita di Har – ehm, di Potter – ignorando le sue preoccupazioni e non facendo niente? E' il solo tra di noi che abbia visto sia Codaliscia che Crosta, ma, certo, voi preferite accantonare la sua opinione. Non vi è passato per la testa che, rifiutando di assecondare i sospetti del ragazzo, state rinforzando la sua scarsa opinione degli adulti e non dandogli nessuna ragione di fidarsi di voi? Pensate davvero che questo sia il modo giusto per convincerlo a rivolgersi agli adulti in cerca di aiuto, invece che cercare di affrontare il Signore Oscuro per conto suo, o con l'aiuto dei suoi piccoli amici? Chiaramente non considerate la sua salute meritevole di sprecare un po' di fatica in investigazioni.”
Quello naturalmente soffocò ogni obiezione, mentre entrambi i Malandrini, travolti dalla colpa, si scusavano profusamente con l'ora compiaciuto Harry. Poi, il concilio di guerra ebbe inizio.
Ovviamente Sirius era dell'opinione di andare direttamente ad Hogwarts ed acchiappare il ratto, mentre l'unica variazione al piano di Remus era che fosse lui a dovere andare, nel caso in cui l'assoluzione di Sirius non avesse raggiunto tutte le orecchie in Gran Bretagna. Piton sentì le prime avvisaglie di un mal di testa e si chiese come i Grifondoro riuscissero a sopravvivere nel selvaggio mondo.
“Non sospettate che Minus possa forse essere informato del vostro arrivo, magari da uno dei migliaia di fantasmi, ritratti o studenti? E che, una volta avvisato in tal senso, possa essere in grado di scappare in un enorme castello magico?” ringhiò alla fine Piton.
Loro lo fissarono sbattendo le palpebre. “Ma – ma – ma questo non sarebbe giusto,” obiettò Sirius. “Dovrebbe restare ed affrontarci come un Grifondoro!”
Ora anche Harry pareva disgustato, e Sirius arrossì. “D'accordo. Be', era stupido. Ma ho appena passato dieci anni circondato dai Dissennatori!” piagnucolò. “Non sono al mio meglio!”
“Che cosa suggerisci, Severus?” intervenne Remus, serenamente.
Severus scivolò inconsapevolmente nella sua modalità insegnante, e Remus – facendo l'occhiolino ad Harry – Evocò piume e pergamene per tutti loro. “Sarà fondamentale che il ratto non sospetti che niente sia fuori posto,” iniziò, la sua mente da Serpeverde occupata a pianificare. “Black terrà, perciò, una conferenza stampa...”
“Ottimo!” Sirius si illuminò in viso.
“... durante la quale farai alcuni commenti decisamente denigratori sulla Gran Bretagna e su Caramell e su come, malgrado la tua assoluzione, tu non abbia alcuna intenzione di mettere mai più piede sul suolo della Gran Bretagna.”
“Cosa, mai?” chiese Sirus, preoccupato.
Severus sospirò. Grifondoro. “Questo è quello che dirai,” replicò con esagerata pazienza. “Non ti è familiare il concetto di menzogna? Pensalo come uno scherzo al pubblico della Gran Bretagna.”
“Be', sì, ma pensa a tutte quelle streghe a casa che prenderanno il lutto alla notizia,” Sirius sorrise. “Probabilmente bruceranno la foto di Caramell.”
Harry ridacchiò e Remus gemette, mentre Piton si massaggiava la fronte. “Per continuare,” ringhiò, “questa dichiarazione rassicurerà Peter sul fatto che tu non ti farai vivo ad Hogwarts per far visita ad Harry, rischiando di conseguenza di incontrarlo. Renderà meno probabile un suo tentativo di fuga. Nel frattempo noi prepareremo i nostri piani per la sua cattura. Innanzitutto, ovviamente, dobbiamo spostare Potter fuori dal suo dormitorio.”
“Cosa?” gridò Harry. “Perché?”
Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Pensi che ti permetterò di continuare a dormire nella stessa stanza con la creatura che ha consegnato i tuoi genitori al Signore Oscuro? Hai dimenticato che il bersaglio del Signore Oscuro, quella notte, non erano i tuoi genitori, ma tu? Se Minus, malgrado i nostri sforzi, comincia a sentirsi poco al sicuro e decide di fuggire, potrebbe facilmente decidere di ferirti o di rapirti quando se ne va. Oppure tu potresti lasciarti sfuggire qualcosa che lo renderebbe sospettoso -”
“Non lo farei!” Obiettò Harry, accalorandosi. “E se io me ne vado dal dormitorio tutti ne parleranno e questo lo renderà di sicuro sospettoso! Dobbiamo acchiapparlo, ed io resterò nel dormitorio e lo terrò d'occhio!”
“Oh, no, tu non lo farai!” Le voci dei tre adulti uscirono fuori all'unisono, e gli uomini si scambiarono un'occhiata in qualche modo imbarazzata prima di concentrarsi sul ragazzo dall'espressione determinata che avevano davanti.
“Tu ti sposterai nelle mie stanze immediatamente dopo il nostro ritorno ad Hogwarts.”
“No.”
“Harry,” tentò Remus, “è troppo pericoloso. Peter è troppo imprevedibile.”
“No!”
“Avanti, Ramosino,” lo spronò Sirius. “Devo ammettere che Piton ha ragione. Acchiappare quel traditore non è importante quanto tenerti al sicuro.”
NO!”
“Potter, una disobbedienza risulterà solo in -”
“Non mi interessa se mi picchi,” ringhiò Harry, con un'espressione aggrottata che assomigliava notevolmente a quella del suo guardiano. “Io non me ne andrò dal dormitorio! Io aiuterò a catturare il ratto che ha tradito i miei genitori!”
Piton lanciò un'occhiataccia al moccioso. Tanta ostinazione da Grifondoro. Ah, be', era una buona cosa che non fosse all'altezza dell'astuzia Serpeverde. “Molto bene, Potter,” disse, calmo.
Harry sbatté le palpebre, colto di sorpresa dall'improvvisa capitolazione. “Cosa?”
“Ho detto, molto bene.” ripeté Piton. Ora tutti e e tre i Grifondoro lo stavano fissando. “Se ti rifiuti di collaborare al piano, allora ne useremo un altro.”
“Aspetta un attimo,” protestò Sirius. “Non possiamo rischiare la sicurezza di Harry -” cominciò, ignorando la smorfia del suo figlioccio.
“Sono d'accordo. Perciò, invece che sviluppare un piano complesso ma a prova di idiota che richiederebbe un notevole sfoggio di astuzia da parte del ragazzo ma garantirebbe, in pratica, la cattura di Minus, saremo invece costretti ad adoperare un piano molto più semplice che non richiederà l'aiuto di Potter.”
Harry pareva alternativamente intrigato e angosciato. “Aspetta. Che vuoi dire dicendo che l'altro piano richiederebbe che fossi astuto e tutto il resto? Pensavo avessi detto che dovevo spostarmi dal dormitorio.”
“Potter,” Severus alzò gli occhi al cielo, “certo non puoi complottare la cattura di Minus di fronte a lui, né puoi partecipare agli incontri per il piano insieme a noi tre da un divano nella tua Sala Comune. Ma, dal momento che preferisci restare con i tuoi piccoli amici invece che unirti agli adulti nel progettare e mettere in pratica il piano, dovremo usare un approccio più diretto. Mi limiterò a chiamare via Metropolvere gli Auror da qui e riferirò loro la tua osservazione. Con un po' di fortuna, malgrado la loro storia di inettitudine, decideranno di investigare seguendo le accuse di un bambino basate sui ricordi in Pensatoio di un criminale fuggitivo -”
“Ohi! Sono stato assolto!”
“- e si recheranno ad Hogwarts con sufficiente rapidità e scaltrezza da catturare il ratto mentre ancora inconsapevole. Certo, è decisamente più probabile che tergiverseranno, decideranno di contattare gli Weasley, che di conseguenza chiederanno a Ron di Crosta, ma sono certo che Ron non avrà alcuna difficoltà nel nascondere quest'informazione...”
“Aspetta, aspetta!” protestò Harry. Ron poteva essere il suo migliore amico, ma Harry non si illudeva minimamente sulla capacità del ragazzo dai capelli rossi di dissimulare. Né, per essere brutalmente onesti, Ron era poi così veloce ad afferrare le cose. Avrebbe sicuramente rivelato tutto a Minus. “Questo è un piano terribile,” obiettò. “Minus scapperà di certo.”
Piton scrollò le spalle. “Dal momento che non sei disposto a partecipare all'altro -”
“No, no. Sono disposto. Solo, non voglio lasciare il dormitorio!”
Piton si sporse in avanti finché non furono naso a naso. “La tua sicurezza non è negoziabile,” disse, nel tono di un'indiscutibile decisione.
Harry inghiottì a vuoto e lanciò un'occhiata agli altri due. Remus, le braccia incrociate sul petto, scosse la testa implacabilmente. Sirius aveva un'espressione maggiormente di scuse, ma anche lui scosse la testa. Harry si morse il labbro. Ovviamente non avrebbe vinto questa battaglia... ma, magari, poteva riuscire ad ottenere almeno una o due concessioni.
“D'aaaaaccordo,” disse, riluttante. “Ma poi posso aiutare, giusto?”
Piton gli lanciò una lunga occhiata, considerandolo, mentre Harry si esibiva nei suoi migliori 'occhi da cucciolo'. Alla fine il professore di Pozioni annuì una volta. “Molto bene,” disse, brevemente, con grande sollievo di Harry. Ciò voleva dire che il suo professore non era davvero irritato con lui.
“Perciò, la questione diventa: come spostiamo Harry dal dormitorio senza che l'azione in sé renda Peter sospettoso?” chiese Remus.
Un vivace dibattito ne seguì, ma alla fine fu Remus ad uscirsene fuori con l'idea migliore: Harry avrebbe fatto qualcosa di così esagerato e pubblico che tutti ad Hogwarts avrebbero capito perché stava venendo rinchiuso nelle stanze del suo tutore come punizione.
Piton era meno che compiaciuto del piano, poiché sentiva che questo andava a creare un pericoloso precedente: ma Sirius fu prevedibilmente deliziato al pensiero di progettare un così grande scherzo. Per il resto della giornata Sirius ed Harry sussurrarono e ridacchiarono in un angolo della stanza, mentre Remus e Severus complottavano nell'altro.
Agli inizi della serata, mentre Harry e Piton si preparavano a ritornare a scuola, il Serpeverde chiese di sapere che cosa Harry avrebbe fatto per assicurare la sua rimozione dalla Torre di Grifondoro.
“E' meglio se sei sorpreso,” Sirius sorrise. “Comportati normalmente,” si raccomandò.
Prima che Piton potesse protestare ulteriormente, Harry – il piccolo traditore! – attivò la Passaporta, proprio come Albus li aveva istruiti.
“Bene, bene. Vi siete divertiti?” chiese Albus quando riapparvero nel suo ufficio.
Piton era troppo occupato a cercare di placare la nausea dopo l'inaspettato trasporto per replicare immediatamente, perciò Harry disse: “Sì, signore. Posso andare, per favore?” e, senza aspettare per una risposta, schizzò fuori dall'ufficio. Per quando Piton fu in grado di parlare, il moccioso se n'era andato da un pezzo.
“Stai bene, ragazzo mio?” Il tono di Albus era molto gentile.
“Bene,” replicò lui, brevemente.
Albus si sentì triste. Poteva immaginare quale tormento dovesse essere stata per Piton la giornata, ma era ovvio che l'uomo, profondamente riservato, non aveva alcun desiderio di parlarne. “E' quasi ora di cena, mi accompagneresti?” lo invitò.
Piton voleva scendere nei suoi sotterranei e cominciare a mettere in pratica la prima parte del loro piano: ma riconobbe lo scintillio risoluto negli occhi di Silente. L'anziano mago era determinato a confortarlo a prescindere. Con un inudibile sospiro, decise che era meglio farla finita in fretta, ed annuì in tacito consenso.



Note alla traduzione: Ho provato a dormire, ma sono stata colta da un attacco di insonnia che mi ha fatta trascinare davanti al pc per riaccenderlo nel mezzo della notte. Gorsh. Dovete alla mia insonnia l'aggiornamento notturno, sappiatelo!

Ne approfitto per segnalarvi che quasi tutti i capitoli che seguiranno (almeno fino al Capitolo 40!) si aggireranno tra le sei e le otto pagine.
... il che, se non altro, rende più veloce la traduzione!

Grazie a tutti voi che vi fermate, che mi aiutate segnalandomi gli errori da correggere nella traduzione, che lasciate un po' del vostro supporto a me e un po' del piacere che avete provato nel leggere all'autrice. Grazie davvero.

E perciò grazie a flopi (alla fine non ho usato la tua versione, ma spero che quella nuova ti soddisferà egualmente!) che ha rimesso Severus letteralmente al suo posto, e a Maky Slytherin e a picabo che hanno ritrasfigurato Piton in Peter. Per una delle tre ho pressoché la certezza della Casa alla quale assegnare i cinque punti di rito (si può dire che ce l'abbia nel nome! x°D), per le altre...?

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***







Quaranta minuti più tardi Piton stava maledicendo sé stesso: non a causa del continuo flusso di chiacchiere insensate che Albus considerava, ovviamente, di conforto, ma perché erano nella Sala Grande già da venti minuti e non c'era segno del moccioso, malgrado il resto degli studenti si fosse radunato già da tempo.
Che cosa gli era passato per la testa? Il piccolo demonio era un Grifondoro, ed uno già pieno di sé a causa delle sue abilità, essendo sopravvissuto ad un incontro sia con un troll che con il Signore Oscuro. Perché mai aveva creduto che il moccioso avrebbe fatto come gli era stato detto? Senza dubbio si era precipitato dal ratto del ragazzo Weasley, o maledicendo a morte un inoffensivo animale o venendo brutalmente ucciso dal mago che aveva tradito i suoi genitori.
Restare seduto lì era pazzia. Si alzò in piedi per correre alla Torre di Grifondoro.

Nel frattempo, seduti ad una delle tavolate degli studenti, Ron, Draco ed Hermione erano profondamente immersi in una discussione sulla recente partita dei Cannoni. Per l'irritazione dei ragazzi (e la gioia della ragazza), la punizione di Hermione dopo il troll aveva fatto sì che lei fosse in grado, adesso, di intervenire e di correggere le statistiche che citavano. “Sto solo dicendo, Ronald, che il fatto che i Cannoni non siano riusciti ad acchiappare il Boccino durante le ultime ottantasette partite indica che il loro Cercatore non è particolarmente talentuoso!” puntualizzò lei.
“Sono state solo ottantatré partite, 'Mione!” obiettò Ron con tutto il fervore di qualcuno che sa che (a) ha torto e (b) il punto che sta cercando di sostenere è comunque inutile.
“Oh, come se questo facesse una gran differenza,” Draco alzò gli occhi al cielo. “Perché continui a insistere che questo è il loro anno, Weasley? Non hanno – ehi, guardate! C'è un Boccino libero nella Sala!” Lo indicò, e gli altri seguirono il suo sguardo.
“Già!” Gridò Ron. “Che ci fa qui un Boccino?”
Le loro grida attirarono presto l'attenzione sia degli studenti che degli insegnanti: ma, prima che chiunque potesse muoversi, Harry schizzò nella Sala... sulla sua scopa.
Harry volava all'accalorato inseguimento del Boccino, apparentemente ignaro dei disastri che stava compiendo nel frattempo. Rovesciò piatti da portata con le sue basse picchiate, arrivò vicino a sfracellarsi il cervello in più di un brusco cambio di direzione, rimbalzò contro il soffitto ad un certo punto e perse diversi ramoscelli quando strisciò contro il muro di fondo per quattro secondi da fermare il cuore.
Nel frattempo gli studenti gridavano e facevano il tifo e si buttavano a terra per mettersi al riparo mentre lui schizzava sopra e in mezzo alle tavolate all'inseguimento della piccola sfera dorata. Gli elfi domestici apparvero per protestare, ma dopo che uno di essi fu quasi travolto (investito?) da Harry, decisero di ritirarsi nelle cucine. Diversi insegnanti, Piton compreso, cercarono di acchiappare il ragazzo con un incantesimo, ma questi schivò la magia con la stessa efficacia di come schivava gli ostacoli più fisici.
Trascorsero quattro elettrizzanti minuti, fino a quando la mano di Harry non si chiuse attorno al Boccino: e tutti trassero un sospiro di sollievo quando lui atterrò al sicuro nello spazio aperto tra la tavola degli insegnanti e quelle degli studenti. Harry sorrise agli studenti ed agitò orgogliosamente il Boccino, scatenando un ululato di approvazione. (Da notarsi, Hermione rimase seduta, la fronte aggrottata, nel mezzo dei festeggiamenti.)
Le esultanze si interruppero bruscamente quando Piton, pallido di rabbia, si alzò in piedi. Vedendo che tutti gli sguardi erano improvvisamente puntati su qualcosa dietro di lui, Harry si sentì decisamente come un personaggio in un Babbano film dell'orrore. Si girò lentamente e sussultò di fronte all'espressione sulle fattezze del suo guardiano. Mentre il resto della scuola guardava con il fiato sospeso, Piton avanzò verso il ragazzino, che tutto ad un tratto sembrò anche più piccolo nel contrasto; a posteriori, sia gli insegnanti che i professori si dissero d'accordo sul fatto che non avessero mai visto prima Piton così arrabbiato.
Non appena il moccioso fu a portata di mano, Piton lo afferrò per un braccio, lo fece girare e piazzò uno risonante scapaccione sul posteriore di Harry che fece fece sussultare l'intera Sala empaticamente.
Con sua grande umiliazione, Harry non riuscì a trattenere un sonoro gridolino davanti al pungente dolore che esplose sul suo sedere. Quello era stato un vero scapaccione!
Che cosa credevi di fare?” Il sibilo di Piton fu perfettamente udibile attraverso l'enorme sala, e il suo tono bastò da solo a far singhiozzare e rannicchiare diversi studenti del primo anno. La maggior parte di quelli che stavano guardando furono convinti che l'incontro di Harry con Raptor/Voldemort non potesse essere stato neanche lontanamente così terrificante come il suo confronto, adesso, con il furioso professore di Pozioni.
“Mi dispiace,” Harry inghiottì a vuoto, “ma era una scommessa. Dovevo farlo. Era una questione d'onore!”
“CHI TI HA SFIDATO?” Di fronte al mugghio di Piton, tutti gli studenti impallidirono.
“Io – io non posso dirlo,” riuscì a balbettare Harry. Anche sapendo che il suo professore era consapevole che era tutta una recita, lui era comunque spaventato a morte.
“Oh, tu lo dirai, signor Potter, questo posso assicurartelo.” La serica promessa di Piton spinse numerosi – del tutto innocenti – ragazzini a cominciare a piangere, e quando il suo sguardo malevolo scivolò sulle tavole degli studenti, la Sala si fece mortalmente silenziosa.
Dentro di sé Piton ghignò mentre osservava diversi probabili sospetti tremare e scuotere le teste nel disperato tentativo di provargli la loro innocenza. Gli Weasley, Baston, Flint e Draco sembravano particolarmente pietrificati al pensiero che lui avrebbe creduto che fossero i colpevoli, e Piton si assicurò di lanciare verso di loro occhiatacce particolarmente feroci. Non ho ancora perso il tocco, pensò, orgoglioso, osservando tutti gli studenti – tranne il moccioso che ancora si contorceva nella sua presa – tremare di fronte a lui.
“Lo scoprirò,” ripeté, la sua voce che riecheggiava attraverso la sala silenziosa, “e quando lo farò, delle oscure e orrende conseguenze se ne parlerà per anni.” Ora la maggior parte dei Tassorosso più giovani stavano piangendo per il terrore, ed anche le sue serpi erano decisamente verdi. Loro sapevano, meglio di chiunque altro, cosa accadeva precisamente a quelli che incorrevano nella sua ira.
Dopo aver fatto scorrere sulla Sala un'ultima, minacciosa occhiataccia, Piton si rivolse nuovamente ad Harry. Strappò la scopa dalla mano del ragazzo e la rimpicciolì prima che il moccioso potesse fare più che emettere un uggiolio di protesta. “Questa resterà con me, signor Potter!” annunciò lui, piazzando la scopa in miniatura nella tasca della veste. “E, dal momento che sei ovviamente troppo cretino per ignorare le sfide suicide che ti vengono lanciate da altri piccoli imbecilli, ne consegue che sei anche troppo immaturo perché ti sia permesso di restare a scuola come gli altri studenti. Resterai nelle mie stanze come lo sciocco ragazzino che sei finché non ti sarai dimostrato meritevole della fiducia necessaria a vivere senza la mia costante supervisione.”
“Noooooo!” gridò Harry in rumorosa disapprovazione, nello stesso momento in cui il resto della Sala cominciava a bisbigliare eccitata. Piton ignorò tutti loro e trascinò fuori il ragazzo, che ancora protestava amaramente. Quando le porte si chiusero alle loro spalle, il livello di rumore salì alle stelle mentre studenti e insegnanti cominciavano animatamente a discutere di cosa era appena accaduto.
Silente si alzò in fretta, intenzionato a seguirli. Avrebbe dovuto pensare che qualcosa del genere sarebbe accaduto. Esporre Harry al suo padrino avrebbe sicuramente provocato il ragazzo a combinare qualche guaio, e Albus aveva il forte sospetto che fosse stato Sirius a sfidare Harry a comportarsi così male: doveva aver capito che la cosa avrebbe fatto infuriare Severus, e che la punizione – che Severus non avrebbe avuto altra scelta se non infliggere – avrebbe solamente allontanato il ragazzo dal severo professore e dritto nelle braccia in attesa del suo “giocoso” padrino. Albus sospirò. Sirius aveva senza dubbio ragione di essere amareggiato, ma lui aveva sperato che non avrebbe coinvolto Harry nella sua vendetta. Rivolgere il ragazzino contro Severus poteva ferire profondamente il professore di Pozioni, ma alla fine avrebbe danneggiato anche Harry.
Be', di qualunque cosa lui potesse sospettare o dovesse sospettare Sirius, doveva raggiungere le stanze di Severus immediatamente. Si fidava implicitamente del Serpeverde, ma qualunque genitore poteva perdere la testa e dire o fare qualcosa di cui si sarebbe più tardi pentito. Dubitava che Severus avrebbe ferito Harry fisicamente – quel certo episodio a parte, Piton era troppo terrificato di tramutarsi in suo padre per fare largo uso di punizioni fisiche – ma la lingua dell'uomo praticamente gocciava acido quando lui era arrabbiato, e, malgrado notevoli miglioramenti che Harry aveva compiuto dal suo arrivo ad Hogwarts (o, per essere giusti, dal momento in cui era stato preso sotto la protezione di Severus), era ancora molto fragile. Il vetriolo verbale di Piton poteva avere conseguenze devastanti.
Severus era troppo irato per essere lasciato da solo con il povero ragazzo, in questo momento: e, mentre Albus poteva condividere l'opinione di Severus riguardo alla suscettibilità di Harry alle sfide, non poteva permettere al malconsigliato uomo di privare Harry dei suoi amici nel dormitorio. Di certo una punizione più tradizionale, e magari una sottrazione di punti, avrebbero – Con sua sorpresa, una mano ferma lo afferrò per il retro delle vesti e lo strattonò, costringendolo a fermarsi prima che potesse lasciare la tavola.
“Oh, no, Albus,” gli disse la McGranitt, uno scintillio d'acciaio negli occhi. “Adesso tu ti rimetterai a sedere.”
“Ma – ma, Minerva –” protestò lui, così sorpreso dall'interferenza di lei da ricadere automaticamente nella sua sedia. Di certo lei avrebbe dovuto trovarsi a bussare sulla porta di Piton proprio ora, chiedendo il ritorno del suo piccolo leone!
“Tu hai avuto la custodia del ragazzo per dieci anni, Albus, e noi non parleremo di quel risultato. Adesso darai a Severus la possibilità di provvedere ad Harry come ritiene opportuno.”
Silente spalancò la bocca per obiettare: ma, di fronte all'espressione di Minerva, la richiuse docilmente e rivolse in silenzio la sua attenzione al cibo. Poteva anche essere potente, ma non aveva raggiunto la sua veneranda età senza apprendere un paio di abilità fondamentali alla sopravvivenza: e qualcosa gli diceva che discutere con Minerva sull'argomento sarebbe stata un'idea davvero, davvero pessima.

Nel frattempo Piton lanciò praticamente Harry attraverso la porta delle loro stanze, prima di superarla a sua volta e di lanciare una barriera dietro di sé. Una volta che furono al sicuro, ma prima che lui potesse cominciare a gridare contro il ragazzo per la sua potenzialmente letale idiozia, Harry si girò verso di lui.
“Quello ha fatto male!” disse Harry in tono d'accusa, reggendosi il sedere che ancora doleva. “Voglio una pozione guaritrice! E' stato quasi come uno degli scapaccioni dello Zio Vernon.”
“Te lo sei meritato,” replicò Piton, richiamando comunque con un Accio la pozione appropriata. “La tua sconsideratezza avrebbe potuto ucciderti. Volare su una scopa – E INSEGUIRE UN BOCCINO – negli spazi stretti del castello? Hai perso quel poco cervello che normalmente possiedi?”
Harry mandò giù la pozione e fece una smorfia. “Urgh. Be', dovevo fare qualcosa di grosso. Scommetto che tutti stanno parlando di questo, adesso,” aggiunse con un sorriso. “I ragazzi ne parleranno e ne parleranno stanotte nel dormitorio, e Minus lo sentirà e non sarà sorpreso che io non sia lì.”
“L'esatto proposito di farti uscire dal dormitorio era tenerti al sicuro,” lo rimproverò Piton. “Romperti l'osso del collo volando nel castello rende inutile tutto il lavoro.”
“Era la Sala Grande,” protestò Harry. Odiava che il professore fosse arrabbiato con lui.
“Non importa! Le scope – in particolare una scopa come la Nimbus 2000! – accelerano troppo in fretta per essere usate in uno spazio così ristretto. A che cosa stavi pensando, disobbediente ragazzino? Maledirò quell'idiota di Black per averti suggerito qualcosa di così pericoloso!”
“Felpato ha detto solo che avrei dovuto volare in giro per un po'. Il Boccino è stata una mia idea,” ammise Harry. Il suo umore migliorò quando ricordò il suo volo nella Sala e le bocche di tutti spalancate nell'ammirazione mentre lui atterrava con il Boccino. D'accordo, lui era stato piuttosto disobbediente, ma nessuno poteva negare che fosse stato uno scherzo fantastico.
“COSA?” sbottò Piton, allungando la mano. “Ridammi la pozione. Ti meriti un posteriore dolorante.”
Harry sorrise sfacciatamente, mostrando la fiala vuota. “Troppo tardi! Il bruciore se n'è andato!”
Piton inarcò un sopracciglio. “In tal caso devo semplicemente riapplicare la causa del bruciore,” disse, freddamente.
Harry inghiottì a vuoto e si sedette in fretta sul divano vicino. “Non è giusto punirmi due volte per la stessa cosa,” obiettò con tono riprovatorio, assicurandosi che il suo sedere fosse premuto contro i cuscini. Non pensava che il suo professore avrebbe mantenuto la minaccia, ma non voleva metterlo alla prova. “Mi dispiace, professore. Davvero. E ricordati che hai detto che non colpisci per far male. E poi, lo sai che l'ho fatto solo per via di Minus, vero? Che non farei qualcosa così solo per uno scherzo.”
Piton sbuffò: ma, dentro di sé, sotto a tutta l'irritazione che provava verso il moccioso, era compiaciuto di vedere che i Weasley avevano invero fatto effetto. Harry non era più il ragazzino calpestato che accettava docilmente ogni punizione, non importava quanto severa o immeritata.
“Uhm, professore?” azzardò Harry, confortato dal fatto che non sembrava che avrebbe ricevuto un altro scapaccione. “Quando posso riavere la mia scopa?”
“Il giorno del tuo trentesimo compleanno,” replicò Piton.
Harry fece il broncio. “Non è giusto! Era tutta una recita!”
“Avresti potuto facilmente farti male con quella ridicola acrobazia, e se pensi che non sarai punito per un'idea tanto stupida, di certo hai sbattuto la testa mentre ti mettevi in mostra! Un comportamento tanto sconsiderato è proprio un classico tentativo alla James Potter di procacciarsi la gloria!” sbottò.
Harry si afflosciò di fronte a quest'ultima dimostrazione della disapprovazione del suo tutore. Sapeva che suo padre aveva spesso preso di mira Piton con i suoi scherzi, ed Harry si sentiva depresso per avere – per quanto involontariamente – riportato alla memoria del suo amato professore tanto spiacevoli ricordi. Aveva pensato che il suo professore potesse essere almeno un pochino compiaciuto dalle sue abilità nel volo, per non menzionare impressionato dalla sua capacità di pensare a un comportamento tanto oltraggioso da far parlare di sé tutta la storia Aveva solo cercato di dimostrare che non era troppo giovane per aiutare, ma – come sempre – aveva rovinato tutto. Adesso il suo tutore era arrabbiato con lui, e Sirius e Remus lo sarebbero stati a loro volta, probabilmente. Le spalle di Harry crollarono in sconfitta.
Piton se ne accorse. Un ragazzino tanto fastidiosamente fragile, brontolò tra sé e sé. James non avrebbe smesso di tenere banco e di congratularsi con sé stesso per giorni per una tale esibizione; ma poche parole taglienti, ed Harry è praticamente in lacrime. Davvero – il ragazzo ha bisogno di indurirsi un po', sbuffò lui, sentendosi terribilmente colpevole. Chi avrebbe pensato che la sua pura disapprovazione potesse influire in tal modo sul moccioso?
“Il tuo comportamento è stato atroce, Potter,” disse in tono burbero. “Se tu non fossi il giocatore di Quidditch più talentuoso che Hogwarts abbia visto in molte generazioni, ti saresti di sicuro ucciso con quella sciocchezza.”
Harry si illuminò al complimento. Il suo professore non poteva essere così arrabbiato, se stava sprecando tempo a dire delle cose gentili su di Harry. Oltretutto, non era stata la violazione delle regole della scuola quella alla quale aveva obiettato, ma il fatto che Harry si fosse messo in pericolo. Questo mostrava che a lui davvero piaceva Harry, malgrado tutto. Harry sorrise timidamente al suo tutore.
“Vieni, moccioso problematico,” lo rimproverò Piton. “Pensi che ti lascerò saltare la cena? Siediti in cucina mentre ti ordino un piatto di fegato e di cavolini di Bruxelles.”
“Ugh!” protestò Harry, sapendo che quella del suo tutore era una vuota minaccia. Anche se Piton avesse ordinato un pasto tanto disgustoso, Harry sapeva che gli elfi domestici che lo adoravano avrebbero spedito qualcos'altro. “Niente fegato, professore! Sarò buono!”
Come previsto, come per rimediare al dramma nella Sala Grande, gli elfi domestici inviarono il pasto preferito di Harry, a base di carne arrosto con pastella al forno e due verdure. Piton sbuffò quando apparve sulla tavola ed ignorò volutamente l'esclamazione deliziata di Harry.
I due si sistemarono comodamente di fronte alla loro cena. Harry si agitava sulla sedia, esultando al pensiero che, anche se era stato così furioso da avere gli occhi fuori dalle orbite, il professor Piton gli aveva comunque dato la pozione guaritrice per essere sicuro che non soffrisse e si era preso del tempo per mostrare che aveva notato quanto bravo a volare fosse Harry. Harry sorrise raggiante al suo piatto. Un sacco di altri genitori non erano neanche lontanamente così gentili. Aveva ascoltato i suoi compagni lamentarsi dei loro genitori abbastanza da sapere che c'erano parenti che, quando si arrabbiavano, dicevano terribili, dolorose cose ai loro figli, o li picchiavano finché non erano doloranti per giorni o – peggio – non si interessavano affatto a loro. Harry aveva sperimentato tutte queste cose con i Dursley, ma aveva presunto che loro si comportassero tanto orribilmente con lui perché non era veramente loro figlio. Dopotutto, lo zio Vernon e la zia Petunia non trattavano mai Dudley così.
Era rimasto sbalordito nello scoprire che alcuni genitori facevano quello ai loro veri figli. Remus aveva detto che nel Mondo Magico c'erano anche genitori che maledivano i loro bambini. Harry rabbrividì al pensiero. Come potevano degli adulti comportarsi a quel modo?
Lanciò un'occhiata verso il professor Piton, che stava sorseggiando il suo tè. Lui era così fortunato. Il professor Piton era una delle persone più gentili mai esistite: aveva salvato Harry dai Dursley e liberato il suo padrino per lui e non gli importava neanche di sfidare il Preside e infrangere la legge nel farlo. Era coraggioso e nobile ed eroico ed era gentile anche verso le persone che non gli piacevano – per esempio, preparava quella pozione per Remus ogni mese. Non perdeva mai la calma – anche se aveva messo in piedi una recita spaventosamente buona, ammise Harry, silenziosamente, e non aveva picchiato Harry davvero forte neanche quando avrebbe dovuto: per esempio, quella volta dagli Weasley. Si occupava della sua Casa, poi, meglio di quanto facesse qualunque altro professore – i professori Vitious e Sprite e McGranitt forse non insistevano sugli orari per andare a letto e tutto il resto, ma non offrivano neanche lezioni in più o si assicuravano che i prefetti soffocassero ogni atto di bullismo prima che avesse il tempo di iniziare.
Durante la sua settimana in punizione dopo l'incidente con Raptor, Harry aveva avuto parecchie occasioni di vedere il suo tutore interagire con i suoi piccoli serpenti – e lui e i suoi amici avevano preso l'abitudine di fermarsi nella Sala Comune di Serpeverde per fare i compiti. Non solo era molto più tranquilla e molto più adatta allo studio della rumorosa bonomia della Sala Comune di Grifondoro: ma ci si aspettava anche, davvero, che i Serpeverde più grandi aiutassero i più giovani, invece che seguire la filosofia “ogni mago per sé stesso” dei Grifondoro. Anche meglio, ciò dava ad Hermione e Draco la possibilità di discutere tra di loro sui punti più sottili dei compiti, risparmiando di conseguenza Harry, Ron, Neville, Vince e Greg.
All'inizio Ron ed Harry si erano preoccupati che, senza Hermione ad aggrottare la fronte con aria di rimprovero, i loro compiti potessero risentirne: ma il professor Piton – e i prefetti Serpeverde – non permettevano loro di cavarsela consegnando esercizi sciatti. Ron l'aveva scoperto una sera quando un prefetto gli aveva dimostrato che: (1) scarabocchiare Boccini e scope era un modo inaccettabile di trascorrere l'ora di studio e (2) essere seduti non proteggeva in alcun modo il sedere di qualcuno da un Incanto Pungente. Ron aveva cominciato a lamentarsi con gli altri, accalorandosi, dicendo che il prefetto stava prendendosela con lui perché era un Grifondoro: ma Neville aveva quietamente osservato che lo stesso prefetto che aveva appena dimostrato la sua disapprovazione verso le abitudini di studio di Ron stava amministrando la stessa correzione a due Serpeverde del quarto anno alla tavola accanto, che avevano scelto di discutere del fine settimana ad Hogsmeade in arrivo invece che lavorare sui loro compiti di Aritmanzia. Ron aveva fissato, a bocca aperta, mentre i due studenti più anziani strillavano e si agitavano proprio come lui, prima di ritornare, piuttosto pensierosi, a controllare i loro saggi. (Come i due Serpeverde, anche Ron aveva scoperto che era più confortevole trascorrere il resto della serata lavorando in piedi.) Il risultato finale fu che, mentre non avrebbero mai potuto rivaleggiare Hermione e Draco per le posizioni in cima alla classe, sia gli sforzi accademici di Harry che quelli di Ron erano drammaticamente migliorati – e i loro voti lo dimostravano. La zietta Molly o lo zio Arthur erano stati al settimo cielo per la delizia, quando la professoressa McGranitt li aveva contattati per informarli che Ron si era meritato un encomio speciale per il suo ultimo saggio di Trasfigurazione.
Harry aveva anche scoperto che aiutare Vince e Greg con i loro compiti era davvero divertente e l'aiutava a capire molto meglio il materiale. Neville aveva anche smesso di essere tanto spaventato da Pozioni quando aveva realizzato che, per quanto scarsa fosse la sua comprensione della materia, era infinitamente superiore a quella di Greg. Oltretutto, Harry aveva notato che il suo tutore apprezzava quando c'erano Serpeverde nel gruppo di studenti che si faceva vivo con Harry per aiutare Piton a preparare degli ingredienti. Era una buona mescolanza anche in altri sensi; le famiglie purosangue erano più familiari con i vari ingredienti magici, mentre i Nati Babbani erano spesso bravi nel preparare le cose, grazie al fatto che erano cresciuti in famiglie che preparavano il cibo alla maniera Babbana. Tutti odiavano ripulire i calderoni, tuttavia, ed impararono in fretta che ogni discussione o cattivo comportamento durante la preparazione degli ingredienti nel sotterraneo portava ad un'approfondita conoscenza con la spugnetta ruvida per scrostare di Piton – e con il lato affilato della sua lingua. Anche Hermione e Draco impararono ad evitare di discutere dei diritti degli elfi domestici dopo aver trascorso alcune serate immersi fino ai gomiti in un calderone sporco.
Harry sorrise di nuovo. Il suo tutore non solo si prendeva cura di lui nelle sue stanze, ma si assicurava anche che lui e i suoi amici fossero i benvenuti nella sua Casa e che fossero trattati proprio come gli altri piccoli serpenti. Il professor Piton controllava i suoi compiti, e non solo quelli di Pozioni, e si preoccupava che Harry mangiasse le sue verdure e dormisse abbastanza. E, certamente, andava fuori di testa ogni volta che Harry faceva qualcosa di imprudente.
Harry sapeva che c'erano un sacco di altri studenti i genitori dei quali non erano neanche lontanamente altrettanto preoccupati per loro. Il professor Piton non era forse stato il solo a rimanere con lui in Infermeria dopo l'incidente di Raptor, cosicché potesse essere lì quando Harry si fosse svegliato sentendosi turbato?
Piton sorseggiò il suo tè, sperando che alla fine il suo stomaco si sarebbe calmato a sufficienza da permettergli di mangiare qualcosa. Guardare Harry sbandare attorno alla Sala Grande, quasi schiantandosi contro la solida pietra con una ridicola picchiata da dare la nausea dopo l'altra aveva fatto serrare e rimescolare il suo stomaco. Ovviamente non era niente più che un poco di nausea da movimento causata dal suo tentativo di seguire il moccioso abbastanza a lungo da afferrarlo con una fune magica. Cos'altro avrebbe dovuto essere?
Doveva ammettere, tuttavia, che, per quanto imbecille e follemente pericolosa fosse stata, la bravata del ragazzo aveva anche brillantemente ottenuto il suo scopo. Nessuno – studenti, insegnanti o ritratti – avrebbe potuto evitare di sentirne parlare, o si sarebbe fatto domande sull'assenza di Harry dal dormitorio. Ed Harry aveva portato avanti l'intera recita in maniera impeccabile! Era apparso spaventato in una maniera convincente quando Piton era calato su di lui, e le sue grida di protesta mentre veniva trascinato attraverso i corridoi avevano fatto riecheggiare le orecchie di Harry. Era chiaro che era stata solo una recita, tuttavia, viste le chiassose pretese di Harry non appena erano stati dietro alle loro barriere personali. Chi avrebbe pensato che il mocciosetto potesse essere tanto falso? Piton avrebbe giurato che anche Silente fosse stato tratto in inganno dall'esibizione di Harry. Era... decisamente Serpeverde.
Realizzare ciò fece tremare le labbra di Piton verso l'alto: e, malgrado lui avesse nascosto in fretta la cosa dietro alla sua tazza di tè, Harry colse il fuggevole sorriso d'approvazione e si riscaldò al suo calore. Visto? Il suo professore era compiaciuto di lui.
Questo rese ancor più inaspettato il momento in cui il suo professore gli ordinò di tornare nella sua stanza immediatamente dopo il pasto. “Cosa! Ma perché?” si lamentò Harry. “Voglio restare seduto qui con te per un po'.”
Piton inarcò un sopracciglio, nascondendo lo scintillio di piacere che le parole del ragazzo gli diedero. “Davvero, signor Potter? Forse hai dimenticato la tua piccola esibizione nella Sala Grande, ma ti assicuro che io non l'ho scordata – né ho scordato il fatto che tu non sei ancora stato punito per questo.”
“Mi hai sculacciato!” gridò Harry.
“Ti ho guarito,” obiettò il suo tutore.
“Mi hai tolto la scopa,” tentò il ragazzo.
“Sì, ed ora ti sto mandando nella tua stanza, dove potrai abbondantemente riflettere sulla tua sconsideratezza.”
Harry aggrottò la fronte. “Non è giusto.”
“E' assolutamente giusto, signor Potter. Hai presto l'inaccettabile piano del tuo padrino e l'hai unilateralmente abbellito sino al punto di renderlo un'idiozia sconsiderata. Una serata trascorsa da solo nella tua stanza -” Piton evitò accuratamente di usare termini come “chiuso nella” “- ti aiuterà a riconsiderare la saggezza di tali azioni. La stupidità,” disse severamente, “sarà sempre punita, così come il mettersi in pericolo.”
Harry si imbronciò, ma non poté impedire di agitarsi un po'. Alcune di quelle virate erano state un po' troppo strette...
“Ancor di più, mi aspetto che da un momento all'altro il primo di una lunga serie di studenti e insegnanti busserà alla nostra porta per assicurarsi che tu non sia stato appeso per i pollici e torturato con i carboni ardenti.” Harry dovette ridacchiare. “Non gioverebbe alla nostra piccola recita se ti trovassero confortevolmente seduto sul mio divano a smangiucchiare biscotti, quando si suppone che tu sia in guai seri.”
“Ma io non voglio andare nella mia stanza,” tentò Harry un'ultima volta, esibendosi nella sua migliore imitazione del piagnucolio di Dudley assieme ai suoi sperimentati “occhi da cucciolo”.
Gli occhi di Piton si assottigliarono; poi, l'uomo scrollò le spalle. “Allora, prego, signor Potter, puoi rimanere qui.”
“Posso?” Harry si illuminò in viso.
“Certamente. Se sei così ferocemente contrario ad essere confinato nella tua stanza, puoi trascorrere la serata in piedi nell'angolo, lì, dove tutti i tuoi visitatori potranno osservare ed apprezzare la tua punizione.”
Harry si strozzò per il terrore. In piedi nell'angolo? Come un bimbo disobbediente? Dove le persone potevano vederlo? “No, no, va bene,” balbettò in fretta, arretrando. “Penso tu abbia ragione a mandarmi nella mia stanza. E' una buona 'cosa da papà' da fare. Sto andando. Sto andando!”
Piton ghignò alle spalle del ragazzo in fuga. Grifondoro – non presentano alcuna sfida.



Note alla traduzione: Sono state tre settimane piuttosto caotiche e non molto felici, ma non volevo lasciar trascorrere altro tempo prima di aggiornare. Il prossimo aggiornamento sarà, se tutto va bene, domenica sera. Non mi lasciate a tradurre solo per me stessa, tuttavia... x°D

Un grazie a tutti voi che come sempre vi fermate a lasciarmi un commento, un pensiero, un'opinione o una correzione.

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***







Meno di dieci minuti più tardi, la prima persona bussò alla porta. “Buonasera, Severus,” disse Minerva in tono calmo, superandolo per entrare nella stanza.
“Entra pure,” disse Piton, sarcastico, preparandosi per quella che era certo sarebbe stata una rumorosa tirata.
“Confido che tu abbia spiegato al signor Potter i suoi sbagli?” chiese lei.
“Invero.”
“Ed è ancora più o meno integro?” proseguì lei.
Severus alzò gli occhi al cielo. “Potter! Rassicura il Capo della tua Casa sul fatto che sei ancora nel mondo dei vivi,” chiamò.
“Salve, professoressa McGranitt.” La replica scivolò fuori dalla camera da letto dietro di lui e giunse – Piton fu piacevolmente sorpreso nel scoprirlo – in un tono di profonda malinconia.
La McGranitt annuì bruscamente. “Bel lavoro, Severus.”
Piton strabuzzò gli occhi. “Chiedo scusa?” riuscì a boccheggiare.
“La tua reazione ha reso estremamente improbabile che qualche altro studente sia così sciocco da emulare lo scherzo del signor Potter,” spiegò lei. “Certo non possiamo permettere che gli studenti volino attraverso le sale su manici di scopa. Ora, dunque,” cambiò discorso lei, mentre Piton stava ancora sbattendo le palpebre, sorpreso, “riguardo alla punizione del signor Potter...”
Ah. Bene. A questo era preparato. “Dal momento che gli altri piccoli idioti non riescono ovviamente a resistere al pensiero di provocare Il Ragazzo Che E' Sopravvissuto,” disse Piton, con il sarcasmo che sgocciolava dal titolo, “e che Potter è troppo orgoglioso per ignorare una sfida, non rientrerà nel suo dormitorio fino a quando il suo comportamento non migliorerà.”
“Sì, sì,” Minerva agitò una mano in un gesto impaziente. “Non sono qui per quello.”
“No?” Piton si interruppe a metà della sua tirata. “Oh. Be', se sei qui per il modo in cui ho gestito Potter nella Sala Grande,” riprese lui, recuperando un tono belligerante.
“Severus, cerca di concentrarti,” La McGranitt suonava esasperata. “Certo non ho intenzione di interferire tra un genitore e suo figlio per via di un unico, ben meritato scapaccione sul posteriore.”
Piton scosse la testa, cercando di schiarirsi le orecchie. Certo non poteva aver sentito la McGranitt dire quel che pensava che lei avesse detto.
“No, sono qui per qualcosa di importante.” Lei lo adocchiò con aria significativa. Di fronte alla sua occhiata di assoluta confusione, lei sospirò. “La sua scopa, Severus. Per quanto a lungo l'hai confiscata?”
Piton riuscì a non sbuffare. Non avrebbe giovato alla sua immagine. “Quidditch.” Davvero, avrebbe dovuto capirlo.
“Esattamente,” annuì lei, compiaciuta dal fatto che lui avesse finalmente afferrato la cosa. “Come Capo della Casa di Harry, devo insistere che, se è stato rimosso dal suo dormitorio, gli sia permesso di continuare a giocare a Quidditch come un modo per mantenere i suoi legami con Grifondoro.”
“E la partita in arrivo contro Corvonero non ha niente a che vedere con questo,” osservò Piton, asciuttamente.
La McGranitt si limitò ad inarcare un sopracciglio. “Dunque?”
“Oh, d'accordo,” Piton si arrese con poca grazia. Non era come se avesse voglia di venire infastidito dal piccolo disgraziato mentre questi teneva il muso nelle sue stanze, piagnucolando perché si stava perdendo le partite e gemendo perché voleva indietro la sua scopa. Entrambi i professori ignorarono il grido soffocato d'esultanza dalla camera da letto sul retro. “Gli permetterò anche di seguire le lezioni e di consumare i suoi pasti insieme agli altri studenti, ma non deve entrare nella Torre finché non dimostra di essersi veramente pentito delle sue azioni.”
La McGranitt annuì una volta, risolutamente. “Capisco. Buonanotte, signor Potter,” chiamò lei, mentre si muoveva verso la porta.
“Buonanotte, professoressa!” rispose Harry, la sua voce significativamente più allegra di quanto non lo fosse stata prima. Piton sbuffò infastidito.
Entro breve, Silente, Vitious ed Hagrid erano passati uno alla volta, spronando Piton ad essere pietoso verso il furfantello. Con grande sorpresa di Piton, Silente non cercò di discutere con lui sulla questione della punizione, ma incoraggiò Severus a “dare al giovane Harry cose da fare per mostrare che sta guadagnandosi la tua fiducia, ragazzo mio, e di conseguenza guadagnandosi la via del ritorno dagli amici nella sua Casa.” Piton aveva acconsentito di malavoglia a questo – no c'era ragione per non farlo, e serviva a fare contento il Preside.
Non appena la parata degli insegnanti ebbe termine, quella degli studenti iniziò. Poco sorprendentemente, Ron ed Hermione furono i primi.
“Ehm, salve, Professore,” Ron deglutì a vuoto, studiando la sua espressione sardonica. “Noi – uh – pensavamo solo... be'...”
“Volevamo solo essere sicuri che lei ed Harry steste bene,” intervenne Hermione rapidamente.
Piton ghignò. Almeno la so-tutto-io aveva il cervello di fingere di essere preoccupata per entrambi. “Il vostro compagno di classe non sta venendo torturato sul cavalletto, se è questo che state chiedendo.”
Hermione arrossì. “Non abbiamo mai pensato fosse così, professore,” protestò lei, suonando poco convincente. “Noi – noi eravamo solo preoccupati. Per entrambi,” insisté.
Piton alzò gli occhi al cielo. Non si sarebbe mai liberato di loro fino a quando Potter non avesse dimostrato di non essere stato picchiato fino a perdere i sensi. “Potter! Rassicura i tuoi amici.”
“Sono a posto, ragazzi,” giunse la pietosa risposta dalla camera da letto. “S-sul serio...” Piton era impressionato. Quello era quasi suonato come un singhiozzo strozzato.
“Quello è stato davvero volare di prima classe, amico!” Ron non riuscì a trattenersi al suono della voce di Harry. “L'intera squadra è gelosa da morire e quell'ultima picchiata sopra ai Tassi è stata fantastica! Tu – OHI!” La voce di Ron si interruppe con uno strillo mentre una Hermione dall'espressione feroce gli assestava un pugno feroce nel braccio.
Di fronte al grido di dolore del suo migliore amico, Harry uscì alla carica fuori dalla sua stanza, sospettando il peggio. “Pa'! L'hai appena schiaffeggiato?” domandò, accalorandosi.
Si bloccò di scatto quando vide Ron massaggiarsi il braccio, non il sedere: ma, prima che potesse dire qualunque altra cosa, Hermione aveva eruttato come il Vesuvio. “Harry James Potter! Che cosa ti è passato per la testa?! Hai perso il cervello? Che razza di bravata idiota era quella? Accettare una sfida? Hai cinque anni o cosa? Come hai potuto -” urlò lei, avanzando verso di lui.
Gli occhi di Harry si spalancarono per la paura e lui barcollò all'indietro. “Her-Hermione! Sono in p-punizione! Non posso parlare con te!” Si interruppe con un verso gracchiante quando la mano di lei scattò e gli afferrò la camicia.
“Ascoltami bene, Harry Potter!” sbottò lei, suonando terrificante quasi quanto il suo tutore. “Se MAI rifarai qualcosa del genere, ti ucciderò!”
Harry inghiottì a vuoto ed annuì vigorosamente. Dopo un'ultima occhiataccia, Hermione lo lasciò andare, e lui schizzò nuovamente nel rifugio della sua stanza. “Andiamo, Ronald,” ordinò lei, girando i tacchi.
Ron sapeva che non era il caso di discutere. Si affrettò verso la porta prima che Hermione potesse rivolgere contro di lui il proprio malumore (di nuovo). Hermione fece per seguirlo, solo per essere trattenuta dalla mano del professor Piton sulla sua spalla. Sorpresa, lei alzò gli occhi verso di lui.
“Signorina Granger, mentre apprezzo i tuoi sentimenti,” disse, severamente, “ti suggerisco di ricordare che non sei la madre del signor Potter, ma piuttosto sua amica. Odiose so-tutto-io possono essere tollerate per l'assistenza che forniscono in ambito scolastico, ma le megere vituperose si troveranno presto senza amici. Il tuo intelletto può essere formidabile, ma le tue capacità sociali lasciano molto a desiderare. Devi imparare che, solo perché sei nel giusto, ciò non significa che gli altri accetteranno con piacere il tuo consiglio, la tua disapprovazione o la tua interferenza. E' più probabile il contrario, in effetti. Far sentire le altre persone stupide o piccole è un approccio sciocco, e se tu non vuoi essere condannata a priori come una sgradevole, se pur brillante, strega, devi porre più attenzione nel mostrare rispetto ai tuoi compagni. Non sto in alcun modo obiettando alla tua opinione dell'ultima bravata del signor Potter, ma io sono più che capace di convincerlo del suo errore di giudizio. Non ha bisogno che tu ti comporti come un genitore, signorina Granger, né sei adatta al ruolo. Ti sei già dimostrata una coraggiosa e leale amica: ti suggerisco di lavorare sull'offrire anche conforto e simpatia.” Detto questo, la spinse fuori dalla porta, che chiuse fermamente alle sue spalle.
Hermione se ne stette in piedi, la bocca spalancata e gli occhi scintillanti di lacrime. I suoi pensieri erano nel caos più assoluto: l'uomo l'aveva chiamata una “odiosa so-tutto-io”! Ma l'aveva anche chiamata una “coraggiosa e leale amica”, per non parlare di “brillante”. Lei non era sicura se fosse il caso di scoppiare in lacrime per la mortificazione o per la gioia.
La faccia preoccupata di Ron incombette di fronte a lei. “Uh, tutto bene, 'Mione?”
Hermione tirò su con il naso, pietosamente. “P-pensi che io sia una bisbetica, Ron? O una so-tutto-io?”
“Ehm...” Gli occhi di Ron guizzarono attorno selvaggiamente in cerca di una via di fuga. Le sue peggiori paure vennero realizzate quando Hermione scoppiò in lacrime e si lanciò addosso a lui.
“Mi dispiace!” pianse lei contro la sua spalla. “Non avrei dovuto colpirti! Mi dispiace! Non voglio essere tanto prepotente.”
“Eeeeehm, be', è solo perché sei così intelligente, 'Mione,” disse Ron, battendole goffamente sulla schiena. “Non c'è da meravigliarsi che il resto di noi ti faccia impazzire.” Inghiottì a fatica. Non pensava di essersi mai sentito così a disagio in tutta la sua vita. “Tu – tu devi solo ricordarti di essere più, uhm, paziente.”
“Tu pensi che io sia intelligente?” chiese Hermione, speranzosa.
“Be', sì!” Ron alzò gli occhi al cielo. “E sei anche coraggiosa,” aggiunse, sentendosi generoso. “Prendere a calci in quel modo Tu-Sai-Chi? Diamine! Io non avrei potuto farlo in un milione di anni!”
Gli occhi di Hermione ora stavano scintillando nell'adorazione, non nelle lacrime. Nessun altro (a parte i suoi genitori) le aveva mai detto cose tanto gentili. “Oh, Ron!”
“Ehmmmm, stai meglio, ora?” chiese lui, speranzoso, piuttosto turbato dallo sguardo negli occhi della ragazza.
Lei annuì e afferrò la sua mano. “Uh-hu.”
Ron si fece rosa in viso. Non era certo di volere tenere la mano di una ragazza – non ancora, almeno – ma il braccio gli faceva ancora un po' male, e lui pensò fosse più sicuro non obiettare. “Be', uhm, andiamo, allora.”
Lei annuì felice.

Il pellegrinaggio di Ron ed Hermione alle stanze di Piton fu seguito a breve da visite da parte di Baston, Jones e Percy, Flint ed anche Draco e Neville – una coppia che Piton non si era aspettato. “Stavamo studiando Erbologia e Neville voleva – ehm – chiedere una cosa su Pozioni,” spiegò Draco al Capo della sua Casa, il tono poco convinto, mentre il Grifondoro allungava il collo per cercare di guardare attraverso la stanza nella direzione della camera di Harry.
Piton sospirò. Con un po' di fortuna i ragazzi avrebbero imparato un po' di scaltrezza entro breve. “Il signor Potter è confinato alla sua stanza. I suoi organi non sono stati usati per una pozione. Si unirà agli studenti per colazione. Ora, avevi altre domande, signor Paciock?”
“No, signore,” ammise Neville, rosso in viso.
“Bene. Signor Malfoy?”
“No, signore,” disse Draco, impacciato.
“Allora buonanotte."
Piton chiuse la porta alle loro spalle e prese un respiro profondo. I minuti che sarebbero seguiti non sarebbero stati piacevoli, ma lui sapeva di non potersi sottrarre a quel dovere.
“Potter.” Rimase in piedi di fronte alla porta aperta del ragazzo. Era stato attento a non chiuderla, né a confinare il bambino in maniera diversa da un'istruzione verbale, per evitare che ad Harry fosse ricordato il tempo trascorso nel ripostiglio dei Dursley.
Harry alzò la testa e inghiottì a vuoto. Aveva sperato malgrado tutto che il suo professore potesse non aver notato il suo errore, ma era ovvio, a giudicare dall'espressione di Piton, che così non era. Harry abbassò lo sguardo e si rimproverò. Stupido! Sei così STUPIDO, Harry! Come hai potuto?
Be', d'accordo, poteva aver occasionalmente pensato al suo professore in quel modo (be', un po' più che occasionalmente), ma non aveva mai, mai progettato di usare quel termine di fronte all'uomo. Era solo che, dopo la conversazione di oggi con il suo padrino, ci aveva pensato sempre più: e poi si era arrabbiato così tanto sentendo lo strillo di Ron e pensando che il suo tutore avesse dato al suo amico uno scapaccione per aver espresso ammirazione per la bravata di Harry... gli era solo scappato.
Sapeva che chiamare così il suo professore era l'impudenza definitiva. Il professor Piton aveva mostrato un'enorme generosità nell'acconsentire ad essere il suo tutore e poi nell'acconsentire a tenerlo con sé invece che spedirlo a vivere con il suo padrino, quand'era stato chiaro che era quello che Felpato si aspettava. Un sacco di persone sarebbero state contente di liberarsi di un protetto inaspettato alla prima cocasione, ma quando Harry aveva detto che non voleva andare con Sirius, Piton non aveva discusso neanche una volta. Aveva solo acconsentito a tenere Harry. E come ripagava Harry la sua generosità? Comportandosi tanto presuntuosamente da chiamarlo “Pa'”, come se Piton avesse voluto che qualche orfano strambo lo chiamasse così.
Harry sapeva perfettamente che il suo professore ci teneva a lui – l'uomo lo mostrava chiaramente in tutto ciò che faceva – ma ciò non dava ad Harry il diritto di chiamarlo in quel modo. Harry aveva chiaramente oltrepassato i limiti di ciò che era appropriato. Anche il suo padrino non aveva voluto che Harry lo chiamasse con un titolo familiare come “Zio”, e chi poteva fargliene una colpa? Chi avrebbe voluto fingere di essere legato a lui in altro modo se non per via di un obbligo preso deliberatamente? Una cosa era accettare nobilmente il dovere di occuparsi di un orfano, un'altra lasciar pensare a chiunque di essere veramente imparentato con un tale mostriciattolo.
“Mi dispiace averti chiamato così,” disse Harry in fretta, sperando di prevenire un aspro rimprovero o – peggio – una spiegazione delicatamente posta del perché un simile termine non fosse né appropriato né apprezzato. “Non accadrà più. Lo giuro.”
Piton non finse di non sapere di che cosa il ragazzo stesse parlando. Harry era rosso per l'imbarazzo, e Piton poteva capire il perché. Il ragazzo doveva pensare – così come stava pensando Piton – che il suo vero padre si sarebbe rotolato nella tomba al sentire che cosa era scappato fuori dalla sua bocca. Come il moccioso avesse potuto confondersi tanto da chiamarlo “Pa'”, lui non l'avrebbe mai saputo. Forse l'incontro con Black e Lupin lo aveva fatto pensare a James e Lily?
“Io non penso che tuo padre sarebbe... arrabbiato... con te, Potter,” disse Piton, cauto, mentendo spudoratamente. Il James che lui aveva conosciuto avrebbe probabilmente strangolato il ragazzo per averlo confuso con un untuoso Serpeverde. “Hai avuto una giornata lunga ed emotivamente intensa. E' comprensibile che tu abbia commesso quest'errore.”
Harry si sentì un poco sollevato, ma anche molto depresso. Era bello vedere che il suo professore non sembrava furioso per la sua audacia, ma un minuscolo angolo del suo cuore aveva sperato che il professor Piton potesse fingere di essere stato almeno un poco compiaciuto: non lusingato, precisamente, ma almeno non disgustato dall'idea di avere Harry per figlio. Harry schiacciò fermamente un tale insolente pensiero e si ricordò di quanto il suo professore avesse fatto per lui.
“Dirò a Ron Hermione di non raccontarlo a nessuno,” promise. In questo modo il professore avrebbe visto che lui capiva e che non avrebbe cercato di offendere ulteriormente la sensibilità dell'uomo.
Piton inarcò un sopracciglio. Il moccioso pensava che i suoi amici l'avrebbero deriso per quello? “Dubito che ne faranno menzione.”
“Sì, be', glielo dirò giusto per stare sul sicuro. Voglio dire, so che non vorresti che qualcuno pensasse che sei davvero il mio papà.” Harry riuscì a produrre un veloce sorriso. “So che non è come se qualcuno potesse davvero volermi. Come figlio, voglio dire.”
“Cosa?” chiese Piton, la voce indurita dallo sbalordimento.
“Voglio dire, tu sei stato fantastico,” disse Harry, spaventato di fronte all'espressione sul viso dell'uomo. Il suo professore aveva pensato che lui si stesse comportando da ingrato? “Ti sei comportato proprio come un – un padre vero avrebbe fatto, e così io ho solo, sai, finto nella mia testa che fosse vero – solo per un minuto,” disse in fretta, realizzando che si stava scavando una fossa sempre più profonda. “So che non vuoi che io sia niente più che il tuo protetto, e questo è molto, davvero. Voglio dire, solo essere il tuo protetto è davvero, davvero forte. Non ce l'ho con te per non volere che il figlio di qualcun altro ti chiami “Pa'” - voglio dire, lo so che è scortese. Lo so questo, davvero. E non ti chiamerò... così... di nuovo. D'accordo. So che sono un mostriciattolo,” balbettò Harry, ora talmente tanto sconcertato dall'espressione di Piton da essere solo parzialmente consapevole di quel che stava dicendo, “e tu stai solo comportandoti gentilmente e tutto il resto...”
“Harry.” Piton riuscì finalmente a far funzionare di nuovo la sua voce. Uscì fuori piuttosto rauca, e lui si schiarì la voce e tentò di nuovo. “Potter. Vieni qui.” Ecco. Così andava molto meglio.
Controvoglia, Harry si mosse per mettersi in piedi di fronte a lui. Era ovvio, a giudicare dalla sua postura, che si stava aspettando – nella migliore delle ipotesi – che lui gli urlasse contro. Teneva gli occhi fissi sul terreno, le spalle piegate in attesa del rimprovero.
“Intendi insinuare che -” Piton si dovette schiarire la voce. “- che pensi a me come ad un padre? Come a tuo padre?” “Mi dispiace,” bisbigliò Harry, chiedendosi se era possibile morire di umiliazione.
“Questa non è una risposta,” replicò il suo professore, freddamente.
Harry serrò gli occhi. Oh, Merlino, poteva andare peggio di così? “Sì,” ammise alla fine, la sua veoce a malapena udibile.
Piton si rifiutava di cedere al ruggito che rumoreggiava nelle sue orecchie. Quasi svenire di fronte a Black era stato abbastanza brutto. “Tu – tu vuoi chiamarmi... 'Pa'?” La parola suonava bizzarra sulla sua lingua.
“Stavo solo fingendo,” disse Harry, supplichevole. “Non volevo dirlo ad alta voce. Non volevo farti arrabbiare.”
“Perché pensi che una cosa del genere mi farebbe arrabbiare?” chiese Piton, vacuamente.
Harry scrollò le spalle, scoraggiando. “Perché dovresti volere uno strambo, inutile ragazzino come me per figlio? Voglio dire, tutti sanno che ti prendi cura di un protetto perché è tuo dovere, ma non sei, sai, imparentato.”
Piton fissò il ragazzino. Il ragazzo pensava davvero che avrebbe contaminato gli altri. Che chiamando Piton “Pa'” avrebbe in qualche modo insozzato Piton. Severus ricacciò indietro una risata selvaggia. Come se lui non fosse già stato insozzato oltre ogni redenzione dal tatuaggio sul suo avambraccio.
“Potter, tu hai... frainteso... la situazione.”
Questo spinse Harry ad alzare il capo, la fronte corrugata nell'incomprensione. “Uh?”
“Io non sono arrabbiato con te perché mi hia chiamato “Pa'”, sciocco ragazzino,” disse Piton, riuscendo a mantenere la sua voce ferma. “Ma affiliarti in quel modo a me andrebbe a tuo danno, non mio.” “Uh? Ma questa è una stupidaggine,” protestò Harry, troppo scioccato per accorgersi della propria maleducazione. “Voglio dire, tu sei fantastico. Sei un professore di Pozioni e Capo di Serpeverde e hai combattuto Voldesnort e nessuno se la prende con te e hai salvato me e-” Harry si interrompe “- e anche altri, e non hai paura di nessuno, neanche del Preside! Tutti sanno quanto sei intelligente e forte, e anche Fred e George non cercano di fare scherzi nella tua classe! Tutti gli altri professori ci dicono di comportarci bene o ti chiederanno ti fare lezione al posto loro per un giorno. E quella signora giornalista ha fatto quel che le hai detto e la zietta Molly e lo zio Arthur dicono che sei come il miglior genitore di sempre ed anche il Preside e Draco ti ascoltano. E tutte le ragazze stanno appendendo la tua foto sul muro, come fanno con quella di Felpato,” aggiunse Harry, arricciando il naso. “Madamam Bumb ne ha anche una nel suo ufficio, accanto alle scope.”
Piton sbatté le palpebre, Ascoltare questa visione esterna di sé stesso era, per metterla gentilmente, sconvolgente. Har- Potter pensava che lui fosse intelligente? E forte? E rispettato? E le ragazze lo consideravano un fusto? Come poteva una qualunque sua descrizione omettere termini come “untuoso”, “con un grosso naso”, “crudele”, “Mangiamorte”, “ingiusto”, “cattivo” e “malvagio”?
“Ma io? Voglio dire, io sono solo Harry. Nessuno vuole un orfano. I miei stessi zii non mi potevano sopportare, neanche quand'ero un bambino, prima che diventassi strambo. Ed ora che posso parlare con – be', lo sai – è solo peggio. Ed io continuo a combinare guai ed a finire nel giornale ed ora Voldesnort è arrabbiato con me, anche più di quanto non lo fosse prima, e io continuo ad aver bisogno che tu e la professoressa McGranitt veniate a salvarmi e -”
Piton interruppe la litania di auto-accuse di Harry grazie al semplice espediente di tirarlo contro di sé in un abbraccio. Non riuscì a reprimere un sussulto quando quell'appuntita piccola fronte sbatté contro il suo sterno, ma poi Harry era aggrappato alle sue vesti e stava singhiozzando. “Mi dispiace! Mi dispiace! So che nessuno mi vuole! So che non mi vorrai mai bene come ti voglio bene io! Mi dispiace aver finto che fosse così!”
“Zitto, ridicolo moccioso!” ordinò Piton, la voce che gli tremava. “Quei disumani Babbani hanno piantato solo bugie nella tua testa. Non capisci quanto tu sia speciale e pieno di talento? L'intero Mondo Magico praticamente si prostra ai tuoi piedi. Tu, impossibile da amare? Ci sono molte persone che ti amano, sciocco bambino.”
“Ma tu no!” pianse Harry. “E a me non importa degli altri!”
“Idiota. Certo che ti v-voglio bene,” sbottò Piton, serrando la sua stretta attorno al ragazzo.
I singhiozzi soffocati di Harry si interruppero come se qualcuno avesse premuto un pulsante. Lentamente, senza osare respirare, Harry alzò il viso e guardò verso la faccia severa del professore. “D-davvero?” bisbigliò, incredulo.
Piton si sforzò di non agitarsi davanti a quei penetranti occhi verdi. “Sì. Ti voglio bene.” Ah. Stavolta ci sono riuscito senza balbettare.
Gli occhi di Harry erano enormi nel suo viso bianco. “Davvero? Sul serio?”
Piton alzò gli occhi al cielo. “Sì. Devo ripetermi ancora?” Davanti all'assenso tremante di Harry, lui sbuffò. “D'accordo. Ti voglio bene. Sei soddisfatto?”
E poi Harry stava piangendo ancora più forte ed abbracciandolo così forte che Piton pensò che le sue costole si sarebbero spezzate. “E' un altro esempio di 'lacrime felici'?” chiese alla fine Piton, con diffidenza.
Harry riuscì a ridere e singhiozzare allo stesso tempo. “Uh-hu.”
Piton sospirò e continuò ad aspettare che la tempesta passasse. Finalmente sentì il ragazzo inghiottire a vuoto e singhiozzare debolmente. “Hai quasi finito?”
Harry annuì di nuovo contro al suo sterno. “Uh-hu. Ehm... Sei arrabbiato con me?”
Piton quasi gemette. Il ragazzino non aveva nessuna autostima? “Perché dovrei essere arrabbiato con te, signor Potter? Non abbiamo stabilito che sono contento se mi chiami 'Pa'?”
“S-sì, immagino di sì.” Harry non riuscì a impedire al suo sorriso di filtrargli nella voce.
“Bene. Perché, mentre non ho nulla in contrario a che tu mi chiami così, decisamente ho qualcosa in contrario a che tu ti riferisca a te stesso come ad un 'mostriciattolo'. Mi sembra di avertene già parlato in passato.”
Harry inghiottì a vuoto e affondò il viso ancor di più nelle vesti di Piton. Oh-oh. “Sissignore,” bofonchiò, anche se, a onor del vero, non si era neanche accorto di averlo fatto. Non che gli dispiacesse che Piton ne fosse infastidito: non si supponeva che i papà si assicurassero che nessuno ti insultasse? Neanche tu stesso. “Niente sapone, d'accordo? Non lo farò più,” promise, il viso contratto al pensiero di una bocca piena di sapone.
Un leggero scapaccione gli venne assestato contro il sedere, facendolo squittire per la sorpresa ed alzare il capo verso il suo professore. “Se ti sento di nuovo, non te la caverai così facilmente,” gli disse Piton, severamente.
Harry chinò il capo di nuovo, nascondendo il suo sorriso contro le vesti dell'uomo. Anche mentre aveva assestato lo scapaccione con una mano, l'altro braccio di Piton aveva continuato a serrare strettamente Harry. “Sissignore,” disse lui, obbediente.
“Mettiti il pigiama. Credo che sia il caso di andare a letto presto, stasera,” ordinò Piton. “Sei evidentemente sovreccitato.”
Harry tirò su con il naso e diede al suo tutore un ultimo abbraccio prima di lasciarlo andare. Si asciugò il naso con una mano e si strofinò il sedere con l'altra. Non che lo scapaccione avesse fatto male per niente, ma era solo per il principio della cosa.
Piton afferrò il viscido piccolo monello per la (relativamente asciutta) spalla e lo spinse verso il bagno. “Lavati e cambiati, signor Potter. Tornerò presto, e farai meglio ad essere a letto.”
“Sì... papà.” Harry racimolò tutto il suo coraggio e testò la nuova parola, mordendosi un labbro ansiosamente, felice di non poter vedere il viso dell'uomo.
Una pacca sulla spalla gli rispose, e lui si rilassò con un sorriso, puntando verso la doccia.
Piton guardò la porta del bagno chiudersi dietro al demonietto: poi si diresse dritto verso il suo armadietto delle scorte, dove trangugiò due Pozioni Calmanti in rapida successione; ci pensò su, poi ne prese una terza. Fu solo allora che le sue mani smisero di tremare.
Era sorpreso di scoprire che la sua contentezza – oh, d'accordo, la sua ridicola gioia – di fronte alla dichiarazione del ragazzo superava, in effetti, l'allegra anticipazione della reazione del bastardo. Anche se, dopo l'inaspettato e poco caratteristico discorso di oggi di Black, supponeva che il Grifondoro potesse non esserne poi tanto sorpreso. O, almeno, non tanto sorpreso come lo era stato Piton stesso.
Quando ritornò nella stanza del ragazzo venti minuti più tardi, trovò il moccioso a letto, i suoi occhi verdi speranzosi. “Possiamo fare gli esercizi di Occlumanzia stanotte, papà?” chiese Harry, deliziato dal suono della parola e dal modo in cui gli scivolava sulla lingua.
Il suo profess- padre brontolò, ma poi si sedette sull'orlo del letto di Harry. “Oh, d'accordo. Rotola sulla pancia e comincia a svuotarti la mente.”
Harry si lasciò sfuggire un verso di pura felicità quando le forti dita di suo padre cominciarono a massaggiargli la schiena e la voce vellutata dell'uomo lo guidò attraverso l'iniziale rilassamento. Meno di cinque mesi prima aveva vissuto in un ripostiglio, senza un solo amico, odiato dai suoi unici parenti. Ora aveva una nuova vita, completa con un in qualche modo peculiare (ma benintenzionato) padrino, meravigliosi amici, e il miglior padre nel mondo intero.
Piton massaggiò la schiena del ragazzo, notando distrattamente in un angolo della propria mente che il ragazzo stava cominciando a costruire delle barriere mentali di tutto rispetto. La testa gli girava mentre, in tono assente, recitava ad Harry le parole dell'esercizio di visualizzazione. Meno di cinque mesi prima aveva vissuto nei suoi sotterranei, senza un solo amico, e disprezzato da gran parte del Mondo Magico britannico. Ora aveva una nuova vita, completa con adolescenti in preda ad una cotta per lui, colleghi che da poco lo ammiravano ed un figlio che lo amava. Permise ad un ghigno di apparire sul suo volto; quello stupido Signore Oscuro pensava davvero che Piton avrebbe permesso che qualcosa di male accadesse a questo bambino? Voldemort non avrebbe mai saputo che cos'era stato a colpirlo1.



Note alla traduzione:
(1): Voldemort would never know what hit him. Sfortunatamente intraducibile pienamente. Spero d averlo reso nel miglior modo possibile.

Porto mazzetti di scuse per il ritardo osceno. Ho deciso che non darò più un appuntamento per gli aggiornamenti: mi rendo conto che in questo periodo non sempre sarei in grado di mantenere quel che prometto. Ad ogni modo, il prossimo aggiornamento sarà online sicuramente dopo martedì 1 Maggio.

Stavolta, oltre a ringraziare tutti voi per il supporto e il sostegno che dimostrate a questa storia, facendomi venir voglia di tradurre ogni volta di più, ho una richiesta per voi che traducete.
Quando avrò terminato di tradurre Harry's New Home, presumibilmente entro la fine dell'estate, vorrei iniziare la traduzione di un'altra storia, traduzione alla quale avevo accennato in precedenza e per la quale ho ottenuto il permesso della magnifica autrice. Poiché si tratta di una storia estremamente lunga - si tratta di una serie, ancora in aggiornamento, costituita al momento di tre storie... la prima delle quali comprende oltre settanta capitoli - mi rendo conto che è un onere che non posso portare avanti da sola. Di conseguenza, vorrei sapere se c'è qualcuno di voi che è interessato a lavorare con me per tradurla. L'ideale sarebbe un gruppetto formato da tre o quattro persone: tuttavia, mi sento in dovere di dirvi che cercherò di essere il più selettiva possibile nella scelta dei traduttori, poiché questa storia è estremamente complessa e preferirei che non fosse tradotta affatto piuttosto che vederla tradotta con metodi e sistemi che non condivido. Io stessa traduco come traduco... offrire qualcosa meno di questo mi sembrerebbe un'offesa all'autrice.
Allo stesso modo e per la stessa ragione sono anche in cerca di beta: anche qui l'ideale sarebbe un gruppetto di tre o quattro persone... se i traduttori stessi non si portano "la beta da casa", certo. x°D
Se siete interessati e volete saperne di più, potete mandare un messaggio al mio account, ed io vi spedirò tutte le informazioni relative.

Ne approfitto anche per ringraziare di cuore theclansman95, che ha segnalato questa storia per l'inserimento tra le Scelte di EFP. Grazie davvero.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***







Il mattino dopo, Piton fu sorpreso nello scoprire che Harry non era affatto imbarazzato dal crollo emotivo della notte prima. Lui stesso aveva trascorso gran parte della notte rimproverandosi per essere un tale sciocco sentimentale. Sul serio! Anche la Sprite – malgrado fosse la Tassorosso in capo – sarebbe arrossita nel pronunciare le sciroppose affettuosità che erano in qualche modo emerse dalla sua bocca.
E tuttavia... e tuttavia non riusciva a rimpiangere l'ammissione che aveva fatto – malgrado potesse apparire imbarazzante alla chiara luce del giorno. E guardare il viso scintillante di Harry quel mattino lo convinse ulteriormente che aveva fatto la cosa giusta, qualunque fosse il costo per il suo orgoglio o per la sua malvagia reputazione.
“Ricordati,” rammentò in tono severo al ragazzo mentre si preparavano a lasciare le loro stanze, “sei nei guai più totali. Hai trascorso l'ultima notte singhiozzando nel tuo cuscino dopo il trattamento feroce che ti ho riservato.”
Harry sorrise. Amava il senso dell'umorismo del suo tutore. Ancor più, il suo petto si riempì d'orgoglio quanto pensò a quanto il suo tutore confidasse che lui avrebbe recitato la sua parte. Troppo spesso gli adulti non si sarebbero affidati ad un bambino per fare niente: si limitavano a batterti una pacchetta sulla testa e a dirti di andartene. Ma non il professor Piton. Lui era disposto a coinvolgere Harry in qualcosa di importante.
Harry giurò che avrebbe reso il suo tutore orgoglioso di lui. “Me ne ricorderò,” promise.
“Hai un'esercitazione di Quidditch, oggi?”
Harry sbatté le palpebre di fronte all'apparente non sequitur. “No.”
“Allora subito dopo la tua ultima lezione tornerai qui,” gli disse Piton.
Harry aggrottò la fronte. Quello non se l'era aspettato. “Sono in punizione?” chiese, sgomento.
Piton alzò gli occhi al cielo. “Tu cosa pensi?”
Harry sospirò. “Suppongo di doverlo essere,” assentì, tristemente, dopo un attimo di considerazione. “E devo scrivere un saggio?”
“E delle righe,” disse Piton in un tono che non invitava alla discussione. “Le inizierai durante le tue ore di studio. Cinquecento righe di 'Non inseguirò Boccini sulla mia scopa all'interno del castello'.”
Harry aprì bocca per protestare per la lunghezza della frase, ma ci ripensò. Non gli era sfuggito il fatto che il suo professore avesse scelto una frase che si riferiva specificatamente alla sua personale variazione dello scherzo autorizzato, e mentre Harry sospettava che la punizione e lo scherzo potessero essere per mostra, le righe non lo erano. “Sissignore,” bofonchiò. “Mi dispiace, papà,” aggiunse, desideroso di far sapere all'uomo che rimpiangeva veramente di averlo fatto arrabbiare.
Piton ricacciò indietro il caldo sentimento sdolcinato nel suo petto che le parole del moccioso avevano causato – per non parlare dei suoi addolorati occhi da cucciolo. “E sarai indubbiamente anche più pentito dopo le trecento righe,” replicò fermamente.
Harry spalancò gli occhi. Trecento? Ma non aveva appena detto cinquecento? Colse l'accenno di imbarazzo nello sguardo del suo tutore e la sfumatura rosata sulle sue orecchie e si illuminò in viso. Sì, il suo professore stava facendo di nuovo quella cosa del 'nonimo benefattore1'. “Sisignore. Trecento righe, signore,” gli fece eco in fretta. “Le inizierò oggi pomeriggio.” I suoi occhi si accesero al pensiero di come gli altri studenti l'avrebbero fissato. “Li prenderemo tutti in giro,” disse, eccitato.
“Questa è l'idea di base,” assentì Piton, afferrando l'incontenibile ragazzino per una spalla, fermamente, e spingendolo fuori dalla porta.
Il loro arrivo nella Sala Grande causò una certa agitazione. Gli studenti li fissarono, e alcuni arrivarono al punto di alzarsi in piedi per controllare da sé che Harry avesse ancora tutti gli arti. Harry lanciò a Piton un'occhiataccia prima di muoversi per unirsi ai suoi amici, mentre Piton raggiungeva la tavola dei professori. Lì finse di ignorare le occhiate di sollievo sul viso di Hagrid e di Vitious, così come l'espressione divertita e malamente nascosta su quello di Minerva. “Buongiorno, Severus,” disse l'anziana strega in tono riservato.
“Hmf,” brontolò lui, allungandosi verso il suo caffè del mattino. Rimase sbalordito quando un elfo domestico gli apparve di fronte, lo fissò con espressione di rimprovero e gli tolse la caffettiera da sotto le mani. “Cosa diavolo -” Lui fissò il punto in cui l'elfo era scomparso con stupore.
Minerva riuscì a ricacciare indietro una risatina. “Be', Severus, sembrerebbe che gli elfi domestici non siano molto contenti del modo in cui hai trattato il loro studente preferito. Apparentemente hai perso il privilegio del caffè.”
Lui la fissò, oltraggiato. “Cosa! Come osano -”
“Sai quanto le piccole creature siano protettive,” lo interruppe lei, calma. “E ovviamente sentono che te lo meriti.” Lei accennò con un cenno del capo verso il tavolo di Harry.
Lo sguardo di Piton seguì il suo, e lui fu allibito nel vedere Harry – teatrale piccolo demonio! - che si sedeva lentamente sulla panca con una smorfia di dolore. Gli studenti che lo circondavano lo guardarono con espressioni miste di simpatia e sorpresa mentre Harry cambiava cautamente posizione, come trovasse acutamente doloroso sedersi.
Sleale, infido piccolo cospiratore! Ringhiò Piton tra sé e sé. Non c'era da meravigliarsi che gli elfi domestici fossero furiosi con lui. A tutte le apparenze aveva picchiato Il Ragazzo Che Era Sopravvissuto praticamente a morte. Piton stava ricevendo, ora, occhiate di panico e di terrore da gran parte degli studenti in Sala, e da più di un membro del corpo insegnante. Anche Silente lo stava fissando con dolorosa disapprovazione.
Accanto a lui, Minerva nascose le labbra che le tremavano verso l'alto dietro a una tazza di tè. “Questa è forse la prima volta che ho visto tanto di James in Harry,” commentò lei a Piton, così quietamente che anche la Sprite, che le era seduta accanto dall'altro lato, non riuscì a sentirla.
Piton smise di guardare male il ragazzo per il tempo sufficiente a chiedere, “Di che cosa stai parlando?”
“Non ricordi, Severus? James – e Sirius – erano sempre i più felici con un pubblico. Fino ad ora mi sentivo sicura che Harry avesse ereditato la natura più riservata di Lily, ma questa mattinata è un bel cambiamento, non pensi?”
Piton sbatté le palpebre mentre le parole della McGranitt affondavano in lui. Certo. Il moccioso lo stava facendo solo per farlo apparire come un orco. Harry stava recitando la sua parte – e facendo un lavoro decisamente migliore di quanto Piton avrebbe mai immaginato.
Lui sapeva – meglio di molti altri – quanto Harry odiasse le luci della ribalta. Teneva la sua famosa cicatrice nascosta dalla frangia ed era diventato color porpora per l'imbarazzo quando era stato riconosciuto ed aveva ricevuto tutta quell'attenzione durante la sua gita a Diagon Alley.
Oltretutto, ricordò Piton, Harry aveva fatto di tutto per riuscire a nascondere quanto dolorante fosse stato dopo le cinghiate prese da suo zio. L'unica ragione per la quale avrebbe ora finto un disagio che Piton sapeva perfettamente che non esisteva, attirando di conseguenza l'attenzione di tutti su di sé, era per fare come Piton gli aveva detto e convincere il resto della scuola del fatto che Harry era stato sonoramente punito dal suo furibondo tutore.
Dare un'immagine di sé tanto fuorviante era... la quintessenza del Serpeverde. Piton si sentì riempire d'orgoglio di fronte al talento del suo protetto e, come Minerva, ebbe la necessità di nascondere la propria espressione dietro ad una tazza di tè. Avrebbe sentito la mancanza del suo caffè del mattino – il tè non gli procurava mai la spinta della quale aveva bisogno in mattinata – ma la disapprovazione degli elfi domestici era un piccolo prezzo da pagare per avere Minus cullato in un falso senso di sicurezza.

Harry si trovò circondato da un attento pubblico di avidi visi non appena entrò nella Sala. Ci siamo, si disse, atteggiando le sue fattezze in un broncio arrabbiato, come se avesse appena ricevuto un altro rimprovero dal suo tutore. Si allontanò in fretta e furia dal suo professore con tutta l'irritazione che osò mostrare, puntando verso il tavolo dove Hermione, Draco e gli altri erano già seduti. Poteva sentire praticamente gli occhi di tutti su di sé, e si agitò interiormente, odiando la sensazione di essere fissato: ma si ricordò che faceva parte del piano, e che il suo professore contava su di lui per far credere a tutti che lui fosse in grossi, grossi guai.
Cominciò a sedersi, poi ebbe un'idea brillante e sussultò, bloccandosi, come per il dolore. Vide gli occhi dei suoi amici spalancarsi per lo choc mentre lentamente e rigidamente posava il sedere sulla panca, facendo grosse smorfie come se fosse stato sculacciato a sangue.
“Diamine – ti fa ancora male?” se ne uscì fuori Ron, così sbalordito che il toast nella sua mano destra venne momentaneamente dimenticato. Vince approfittò della distrazione del ragazzo dai capelli rossi per riuscire a rubargli dal piatto la salsiccia che gli restava.
“Sto bene,” replicò Harry in fretta, e riuscì a malapena a sopprimere una risatina quando vide l'incredulità su tutti i visi.
“Ce le hai prese per davvero questa volta, Potter,” osservò Draco, ma il suo tono strascicato conteneva una nota di genuina ammirazione. “Nessuno ha mai visto il professor Piton furioso come lo era la scorsa notte.”
Harry sbuffò. “E tu non hai visto niente,” replicò lui, lanciando un'occhiataccia alla tavola dei professori, dove il suo tutore sembrava essere impegnato in una discussione con un elfo domestico.
“Merlino, Harry,” intervenne Katie Bell. “Cosa pensavi di fare inseguendo il Boccino a quel modo?”
“Già, Potter,” si intrufolò Flint. “Vuoi morire o cosa? Come sei riuscito a fare alcune di quelle virate?”
“Non era così difficile,” obiettò Draco. “Scommetto che io avrei potuto farlo!”
Ci fu un momento di silenzio: poi, Flint si sporse verso di lui. “Vuoi davvero fare questa scommessa, Malfoy?” disse, il tono vellutato.
Draco inghiottì a vuoto, spostando lo sguardo da Flint alla tavola dei professori e infine ad Harry. “Ehm, no. Immagino di no,” ammise, arrossendo.
“Pensavo che fossi finito quando hai perso metà dei ramoscelli della scopa sul muro,” continuò Katie. “Come hai fatto ad uscirne?”
Harry cominciò a raccontare il suo volo in tono animato, e presto anche Draco smise di tenere il broncio e cominciò a fare domande.
“Ehi, e se preparasimo una corsa ad ostacoli – fuori, intendo dire!” aggiunse Katie in fretta. “Potrebbe essere un buon addestramento per le squadre!”
Gli occhi di Flint si illuminarono. “Non è una cattiva idea, Bell.”
“Perché tutte le cose forti sono solo per le squadre di Quidditch?” piagnucolò Ron. “Non è giusto che non possiamo volare per niente al primo anno – se non per quelle classi sceme con Madama Bumb.”
“Già – sono inutili,” assentì Draco in tono petulante, troppo preso dal suo dolore per realizzare che stava appoggiando pubblicamente Ron. “Non è giusto!”
“Be', perché non costruire una corsa ad ostacoli che tutti possano usare?” chiese Hermione, ragionevolmente. “Potremmo fare delle gare per vedere chi riesce a superarla più velocemente.”
“Potreste preparare alcuni percorsi più facili degli altri, così che gli studenti del primo e del secondo anno non dovrebbero competere con quelli del sesto e del settimo,” propose Neville.
“Questa è una buona idea!” disse Ron, eccitato. “Altrimenti i giocatori di Quidditch vincerebbero tutte le volte.”
“Non avreste neanche bisogno delle squadre,” disse Hermione. “Potreste lasciare semplicemente che chiunque competa individualmente senza tutte quelle sciocche rivalità tra Case.”
Le sue parole, eretiche nelle vaste sale di Hogwarts, provocarono un momento di allibito silenzio.
“Be',” disse finalmente Ron, un poco cautamente, “se stiamo pensando di fare cose fuori dalle Case, allora perché non organizziamo qualche partita di Quidditch per quelli come Draco e me che non sono nelle squadre? Ancora!” aggiunse, in fretta.
“Intendi dire come un club di Quidditch?” chiese Harry intorno ad un boccone di farinata. “Mi sono sempre chiesto perché Hogwarts non ha una cosa del genere, come ce l'hanno nelle scuole Babbane. Voglio dire, ci devono essere un sacco di persone che giocano ma che non entrano nella squadra della loro Casa.”
“Non è una cattiva idea, Donnola,” gli occhi scintillanti di Draco contrastavano con il suo tono casuale. “Non mi dispiacerebbe far squadra con te. Potremmo chiedere anche a Zabini – gioca piuttosto bene.”
“Giocano bene anche Thomas e Macmillan” aggiunse Ron, entusiasta.
“Dal momento che l''idea è stata nostra saremo i primi a formare una squadra e potremo prendere i migliori giocatori da tutte le case. Saremo certi di vincere tutte le partite,” disse Draco, compiaciuto.
Flint e Katie si scambiarono uno sguardo ironico di fronte ai complotti degli studenti del Primo Anno. “Magari Madama Bumb, poi, potrà usare le ore di lezione per aiutare la gente che ha bisogno di essere seguita, invece che dover inseguire quelli che già volano molto bene,” aggiunse Hermione acidamente. Lei e Nevill avevano in più di un'occasione condiviso la propria frustrazione per una classe di volo che era poco più che una serie di partite informali di Quidditch.
“Non ti preoccupare, 'Mione. Se mettiamo insieme un club sono certo che ci saranno persone disposte a dare lezioni,” offrì Harry a mo' di conforto.
Lei si illuminò in viso. “Magari dovrebbe essere parte delle attività del club! Potremmo avere uno statuto e...”
“Harry.” Mentre gli altri si lasciavano trascinare dai loro progetti per un club di Quidditch, Neville abbassò la voce e si sporse verso Harry. “Davvero, stai bene? Voglio dire, il professor Piton non... Be', non ti ha lasciato dei lividi, vero?”
Harry guardò l'ampia, preoccupata faccia di Neville e si sentì incredibilmente fortunato ad avere simili amici. “Nah,” rassicurò il ragazzo biondo. “Voglio dire, mi ha picchiato e tutto il resto, ma non è così male. Era davvero arrabbiato, però, e non so quando mi lascerà tornare nel dormitorio. Sono di nuovo in punizione ed ho delle frasi e anche dei saggi da scrivere.”
“Be',” Neville si sforzò di trovare qualcosa di positivo da dire, “almeno staremo insieme quando aiuteremo a preparare ingredienti per pozioni, giusto? Una volta che non sarai più in punizione, voglio dire.”
Harry sospirò. A questo non ci aveva pensato, ma essere in punizione significava che non gli sarebbe stato permesso di partecipare ai piacevoli incontri di preparazione degli ingredienti che avevano luogo nella classe del suo tutore diverse volte alla settimana.
La sua camera nelle stanze di Piton era fantastica, perciò lasciare il dormitorio non era così male; e Harry doveva ancora esplorare il contenuto di tutti gli scaffali, per non parlare di leggere tutti i libri, perciò non gli dispiaceva davvero non essere autorizzato ad attardarsi nella Sala Comune: ma gli sarebbe mancato incontrarsi con gli altri nei sotterranei e schiacciare e pelare e tagliuzzare ed ascoltare storie sui famosi Maestri di Pozioni e sentire Piton parlare dei diversi ingredienti... “Già,” sospirò. “Spero solo che non durerà troppo a lungo.”
Neville gli batté una pacca sulla spalla. “Non ti preoccupare. Assomiglia a mia nonna: può arrabbiarsi davvero un sacco ed essere spaventosa, anche, ma in genere non rimane così molto a lungo.”

***



Il giorno trascorse con sorprendente facilità: Piton fu sia sorpreso che divertito nel vedere quanto bene si comportassero le sue classi; era chiaro che la sua spaventosa reputazione era stata pienamente rimessa a nuovo nelle ultime ventiquattr'ore. Se non fosse stato per la doccia fredda gli elfi domestici sarebbe stato piuttosto compiaciuto per lo stato delle cose. Tuttavia all'ora di pranzo Minerva aveva pensato di passargli una tazza di caffè, e questo aveva aggirato piuttosto bene il complotto degli elfi: per quanto essi potessero essere annoiati con lui, non avevano intenzione di rischiare di irritare la Vicepreside.
Quando l'ultima lezione del giorno terminò, Piton si recò a trovare il Preside. “Severus, ragazzo mio, è bello vederti. Come stai?” chiese Albus, spedendo un piatto di caramelle al limone a levitargli incontro.
Piton si lasciò cadere in una sedia, spingendo le caramelle fuori dal suo percorso. “Preside. Ho deciso di assegnare un premio ai miei studenti dell'anno dei M.A.G.O. e dei G.U.F.O. alla fine di questo semestre. C'è la speranza che un simile evento motivi i piccoli cretini a continuare a studiare durante le vacanze invernali, così da non farci perdere del prezioso tempo durante le lezioni a ripassare gli argomenti quando saranno tornati.”
Silente sbatté le palpebre, sorpreso. Piton non aveva mai, prima, appoggiato gli incoraggiamenti con un metodo d'insegnamento. “E' molto gentile da parte tua, Severus. Suona come un'idea eccellente.”
“Ho anche deciso che è tempo per la scuola e per il Ministero di riconoscere l'importanza del corso di Pozioni nel curriculum. E', dopotutto, un prerequisito richiesto per un certo numero di carriere, inclusa quella di Medimago e di Auror.”
“Sì, è così,” assentì Albus cautamente, senza sapere bene dove il suo professore di Pozioni aveva intenzione di andare a parare. “E tuttavia, malgrado la fondamentale importanza del corso di Pozioni nel loro campo, queste professioni non hanno neanche una volta durante la mia permanenza qui riconosciuto il debito che hanno verso Hogwarts e verso di me per aver trasformato bambini ignoranti in abili pozionisti!” Piton si sporse in avanti, irritato. “Questa assoluta mancanza di rispetto deve cessare! Mi aspetterò che entrambe le professioni spediscano loro rappresentanti alla consegna del premio, come una dimostrazione d'apprezzamento verso i miei sforzi e di incoraggiamento agli studenti.”
Silente sbatté le palpebre. E questo da dove sbucava fuori? Prima di allora Severus non era mai parso tanto infastidito riguardo al fatto di lavorare in relativa segretezza. Poi, Silente colse lo sguardo dell'uomo vagare sulla sua copia dell'ultima edizione della Gazzetta del Profeta. Ma certo! La prima pagina mostrava una grande foto di Sirius Black durante l'ennesima conferenza stampa.
“Sirius sembra essere piuttosto popolare,” commentò Silente con gentilezza, spingendo il giornale verso Severus.
Severus arrossì e distolse lo sguardo. “A me non interessa se il Mondo Magico ritiene opportuno adulare un degenerato mentre ignora, invece, i lunghi anni di importante servizio di altri,” dichiarò in tono poco convincente. “Questo non ha niente a che vedere con Black. La Skeeter e quelli della sua razza possono considerare opportuno elevarlo ad uno status di celebrità, ma ciò ha tutto a che vedere con la sua ricchezza e con il suo comportamento oltraggioso e niente a che vedere con il suo reale valore per la società.”
“Certo che no,” disse Silente, cercando di placarlo. “Il tuo lavoro qui con i bambini – per non parlare del tuo coraggioso servizio durante la guerra – dimostra quanto tu sia prezioso sia per Hogwarts che per il Ministero.”
“Precisamente!” sbottò Piton, raddrizzandosi. “Ed ecco perché mi aspetto che tu convinca il San Mungo e il Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica a mandare i loro capi ad Hogwarts per la consegna del premio durante le mie lezioni.”
“Ora, Severus, sai che sarà difficile per queste persone trovare il tempo di venire, specialmente con così poco preavviso...”
“Bene. Allora terremo due consegne del premio – una alla fine di questo semestre e l'altra alla fine dell'anno. Gli Auror possono venire ad una e i Medimaghi all'altra,” dichiarò Piton. “Questo renderà loro difficile declinare apertamente l'invito.”
Silente sospirò. Quando Piton si metteva in testa qualcosa diventava come un Crup con un osso. “Farò del mio meglio, ma -”
“Dal momento che Madama Bones ha gentilmente puntualizzato che il ritorno di Voldemort è 'nulla del quale preoccuparsi',” Piton emise un suono di derisione, “sono certo che i suoi Auror abbiano bisogno di cose da fare. Possono venire alla consegna del premio questo semestre, mentre i Medimaghi al San Mungo saranno informati che la loro presenza è attesa il prossimo semestre.”
Hmmm. Questa poteva essere la cosa migliore, rifletté Albus. Il capo del reparto di pediatria al San Mungo era ancora piuttosto contrariato per via di quella baruffa con Piton dopo l'incidente di Raptor: far passare un altro po' di tempo prima di riportare i due in contatto aveva senso, decise Albus. E, con le sue antiche connessioni dell'Ordine, c'erano buone possibilità che riuscisse a far venire almeno uno o due Auror alla scuola, anche con breve preavviso. “Molto bene, Severus, contatterò Madama Bones e le rivolgerò l'invito, e userò tutto il mio fascino per cercare di convincerla a venire,” disse, gli occhi che gli scintillavano. “Sono d'accordo sul fatto che meriti un riconoscimento per il tuo appassionato servizio. E' il caso di far ritornare anche la signora Skeeter?” Forse un po' di pubblicità avrebbe lenito l'offeso amor proprio dell'uomo.
Piton annuì rigidamente. “Grazie. Per cortesia, informa entrambi che progetto di tenere la cerimonia questo venerdì, durante l'ultimo giorno di lezione prima delle vacanze.” Si alzò in piedi, annuì una volta e lasciò la stanza in un turbinio di vesti.
Albus guardò tristemente il giornale sulla sua scrivania. Black stronca la Gran Bretagna! Strillava il titolo di testa. Giura di non fare più ritorno nel Paese che l'ha ingiustamente imprigionato. Povero Sirius. Sembrava che fosse molto amareggiato – e chi poteva fargliene una colpa? Ma Albus aveva paura di cosa avere un padrino che nutriva un simile rancore avrebbe potuto fare ad Harry. Suonava di certo probabile che Sirius avrebbe fatto del suo meglio per rimuovere Harry da Hogwarts, se non altro per rendere più semplice per sé stesso fare visita al ragazzo, e questo cosa avrebbe significato per la Profezia? O per il bambino? O per il professore di Pozioni?
Albus sospirò ancora. Sospettava che grandi dolori attendessero i suoi poveri ragazzi, e c'era – malgrado tutto il suo potere – molto poco che lui poteva fare per proteggerli. Be', almeno avrebbe fatto quel che poteva per portare a Severus un po' di piacere a breve termine. Prese una piuma e cominciò a scrivere.

Piton scese lungo i corridoi, sforzandosi di non strofinarsi le mani per la soddisfazione. Era andata anche meglio di quanto avesse sperato! Lui non aveva osato suggerire di invitare la stampa, ma la presenza della Skeeter avrebbe fatto sì che il Ministero non potesse mettere a tacere la questione.
Di ritorno nelle sue stanze, trovò Harry felicemente piazzato nella sua stanza, intento a leggere uno dei libri che Albus aveva scelto per lui. “Ciao, papà!” chiamò il ragazzo, vedendo l'uomo sulla soglia. “L'hai letto questo? E' davvero bello.”
Piton aggrottò la fronte guardando il moccioso. Avrebbe dovuto sapere che non doveva leggere per piacere personale prima di aver terminato il lavoro che gli era stato assegnato. “Hai finito le tue frasi?” chiese in tono minaccioso.
Harry sorrise. “Sì!” rispose audacemente, tirando fuori la pergamena dalla sua borsa e porgendola all'uomo. “Ed ho anche le dita che mi fanno male a dimostrarlo!” aggiunse, scrollando la mano con la quale scriveva.
“Avresti dovuto pensarci prima di meritarti questa punizione con il tuo sciocco comportamento,” sbuffò Piton: ma non perse tempo prima di afferrare la mano del ragazzo e di esaminarla gentilmente in cerca di qualunque segno di infiammazione.
“Pa'! Stavo solo scherzando. Sono a posto,” protestò Harry, cercando – senza riuscirci – di nascondere la propria delizia di fronte alla sollecitudine del suo tutore.
Piton non lo ascoltò. Era anche troppo consapevole della tendenza di Harry a minimizzare ogni disturbo fisico. Richiamò con un Accio un barattolo di crema e la strofinò sulla mano del ragazzo. “Non c'era bisogno di completare tutte e trecento le righe in un unica seduta,” lo rimproverò. “E' naturale che le tue dita siano rigide.”
“Be', potrei aver accennato a tutti, più o meno, che avevi detto che mi avresti picchiato di nuovo se non le finivo,” ammise Harry.
Piton rivolse mentalmente un addio al pensiero del suo caffè mattutino. “Non esagerare,” lo avvertì.
“Io?” chiese Harry, sorpreso. “Dopo il modo in cui sei apparso ieri, tutti quanti erano sorpresi che io non fossi finito come un cumulo di ingredienti per pozioni!” Fece una pausa, mentre un ampio sorriso gli appariva sul viso.
“Che c'è?” chiese Piton, preoccupato al pensiero di che cosa potesse essere a far ghignare il moccioso a quel modo.
“Il professor Vitious e la professoressa Sprite mi hanno anche dato una proroga per tutti i miei saggi,” gli disse Harry, compiaciuto. “Hanno detto che immaginavano che 'avrei potuto non essere in grado di concentrarmi' al momento.”
Piton alzò gli occhi al cielo. Era una buona cosa che il piccolo mostro non avesse davvero organizzato uno scherzo. Poteva prevedere che, se mai avesse avuto veramente ragione di punire il disgraziato, sarebbe stato contrastato continuamente dai suoi colleghi professori.
Harry stava ancora ridacchiando al pensiero di quanto creduloni fossero alcuni degli insegnanti. Davvero! Pensare che il suo professore gli avrebbe davvero fatto del male – quanto era scema questa idea? “Visto? Perciò sei stato tu, non io, a far preoccupare tutti così tanto.”
Piton serrò le labbra. “Hmmmmmmm. Be', sospetto che Minus sia più che disposto a credere il peggio di me: perciò sembrerebbe che il nostro piano abbia avuto successo, finora. Pare che anche il tuo padrino abbia fatto la sua parte – ha tenuto una conferenza stampa o la notte scorsa o questa mattina, promettendo di non tornare mai più.”
“Forte!” cinguettò Harry. “C'è una sua foto sul giornale? Quello gli piace sul serio.”
“Certo che gli piace, all'esibizionista,” disse Piton, acidamente. “Molto bene, signor Potter – basta chiacchierare. A letto subito.”
La mascella di Harry crollò per lo sbalordimento. “Cosa!” gridò. “Ma è praticamente metà pomeriggio!”
“E tu fari un pisolino,” replicò Piton, spingendo inesorabilmente il ragazzo verso il letto.
“I pisolini sono per i bambini!” piagnucolò Harry, suonando, in effetti, come un bimbo di quattro anni. “Perché devo fare un pisolino? Cosa ho fatto?”
“Non è una punizione, Potter,” disse Piton, esasperato, spingendolo sul letto e sporgendosi per tirare via le scarpe del moccioso.
“Ma allora perché?” disse Harry, quasi in lacrime di fronte all'indegnità di un pisolino.
Piton fissò il ragazzo, crucciato. Non sarebbe mai riuscito a capire i bambini: lui avrebbe ucciso per la possibilità di fare un pisolino, ma no, doveva correggere compiti e supervisionare l'ora di studio dei suoi serpenti. Tutto quel che il mocciosetto doveva fare era godersi un po' di beato riposo, ed eppure era più stravolto di fronte alla mera prospettiva di un pisolino di quanto non lo fosse stato dopo essere stato sculacciato di fronte all'intera scuola. “Potter, hai dimenticato che siamo impegnati in una campagna per catturare il ratto?” chiese. “Tu ed io saremo occupati con un'operazione segreta, stanotte sul tardi, e perciò è importante che tu riposi, ora, per non essere esausto dopo, quando sarà vitale che tu sia lucido.”
Gli occhi di Harry si spalancarono. “Davvero?” esalò. “Una missione segreta?”
“Sì. Nella Foresta Proibita. E se pensi che porterò con me un irritabile, sonnacchioso bambino che attirerà ogni Acromantula nella foresta con i suoi rumorosi sbadigli -” Ma Harry si era già girato e si era tuffato sotto le coperte.
“Sto dormendo! Sto dormendo!” gridò Harry, serrando gli occhi. “Però non andare senza di me!”
Piton alzò gli occhi al cielo. Incostante piccolo bastardo. “Ti sveglierò tra qualche ora per cena,” informò il moccioso.



Note alla traduzione:
(1): nonimo benefattore. Non è un errore di battitura, è proprio il povero Harry che non ha ben chiaro come si pronunci anonimo. x°D

Oltre a continuare a dirmi speranzosa che l'intera storia sia tradotta entro la fine di agosto - anche se, forse, gli aggiornamenti proseguiranno un poco più in là verso la fine dell'anno - rinnovo il mio invito a quanti fra di voi che abbiano già qualche esperienza nelle traduzioni (e tanta voglia di impegnarsi in un lungo progetto) a buttare un occhio alle Note del capitolo precedente ed alla proposta che si trova lì.

Ringraziando, come sempre, tutti voi che vi fermate a lasciare un parere a questa bellissima storia... al prossimo capitolo!

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***







“Harry, è ora di alzarsi.” Pausa. “Harry.” Pausa. “Potter.” Pausa. “POTTER!”
“Mmmrglph.” Harry sprofondò ancor di più nel suo soffice cuscino, desiderando che quell'irritante voce se ne andasse e lo lasciasse in pace.
“Potter, alzati immediatamente!” Uno scapaccione atterrò sul suo posteriore, ma la spessa coperta attenuò tutta la sua forza, ed Harry si limitò ad agitare il sedere in una sonnolenta protesta.
“Harry, se non ti alzi immediatamente andrò nella Foresta Proibita senza di te,” una soffice, serica voce parlò direttamente nel suo orecchio, ed Harry brontolò in risposta.
“Bene,” disse, la voce impastata. “Vai senza -” e poi il suo cervello processò cosa in effetti stesse accadendo e lui schizzò a sedere con un grido. “NO! ASPETTA! SONO SVEGLIO!” strillò, agitandosi selvaggiamente in cerca dei suoi occhiali. Il suo professore non se n'era andato senza di lui, vero?
No. Phew! Il professor Piton era ancora lì, lanciandogli furiose occhiatacce mentre si sosteneva al comodino di Harry con una mano premuta sul cuore.
“Non c'è alcun bisogno di emulare una banshee, Potter!” disse Piton severamente, sforzandosi di rallentare i battiti martellanti del suo cuore. Chi si aspettava che il moccioso passasse da un apparente coma profondo ad una piena isteria urlante in un batter d'occhio?
Harry arrossì. “E' solo che non volevo che mi lasciassi indietro,” spiegò lui, saltando giù dal letto. Fece del suo meglio per cercare di appiattirsi i capelli che, ovviamente, erano ritti in tutte le direzioni.
“Mettiti le scarpe e lavati,” lo istruì Piton. “La cena è già sul tavolo.”
“Forte!” Harry cacciò i piedi nelle scarpe e schizzò giù per il corridoio, ignaro della fronte aggrottata di Piton.
Veramente! I ragazzi in età prepubere erano un agglomerato di contraddizioni – prima protestavano contro l'idea di un pisolino con la stessa veemenza che gran parte degli adulti riservavano alla pratica della tortura, poi si addormentavano profondamente mentre ancora insistevano che non sarebbero stati neanche in grado di sonnecchiare.
“Allora, qual è la nostra missione segreta?” chiese Harry, ansioso, dopo che si furono seduti nella piccola cucina di Piton.
“Non parlare con la bocca piena,” lo ammonì Piton automaticamente.
“Scusa.” Harry inghiottì e ripeté la domanda.
“Andremo nella Foresta in cerca di serpenti.” Harry sbatté le palpebre. “Vuoi dire di Serpeverde?” chiese, trovando difficile immaginare che un qualunque membro della Casa di Piton sarebbe stato sufficientemente sciocco da sgattaiolare nella foresta. Se i loro Prefetti non li avessero colti sul fatto, il Capo della loro Casa ci sarebbe riuscito di sicuro.
“No, no, sciocco ragazzino. Veri serpenti. Mi aspetto che tu parli con loro e che ti assicuri la loro collaborazione.”
Harry gonfiò il petto per l'orgoglio. Wow! Lui aveva una parte veramente importante nell'operazione. Suo padre si doveva fidare davvero di lui. “D'accordo,” acconsentì in fretta. “Cosa vogliamo che facciano?”
“Quando Minus sarà scoperto farò del mio meglio per tenerlo sotto controllo: ma, nel caso in cui sia in grado di tornare alla sua forma di Animagus, è fondamentale assicurarsi che non sia in grado di scappare. Questo castello è vecchio ed ha molte fessure e crepe dove un ratto potrebbe facilmente infilarsi. I serpenti saranno presenti per evitare che questo accada.”
“Ooooh.” Harry guardò il suo tutore con ammirazione. Che piano fantastico! “Perciò se cerca di scappare come ratto, i serpenti lo mangeranno?”
“Esattamente. Sospetto che Minus ritornerà nella sua forma umana piuttosto che permettere che questo accada: ma, poi, non sarà più in grado di sgattaiolare via.”
“Questa è un'idea fantastica!” disse Harry, sincero. “Perciò io spiegherò solamente ai serpenti cosa abbiamo bisogno che facciano?”
“Precisamente. Ho saputo da Hagrid che ci sono molti serpenti magici nella Foresta che rimangono attivi per tutto l'inverno. Sospetto che se un Rettilofono si avventurerà nella Foresta nel cuore della notte, chiamandoli, usciranno allo scoperto per investigare.”
“Forte! Ehm, che ore sono, comunque?”
“Quasi le due del mattino. E' ovviamente importante che entrambi non ci facciamo vedere durante quest'operazione. Finisci la cena ed andremo. E' molto freddo, fuori, perciò copriti bene; io lancerò un Incanto Riscaldante su di te prima che lasciamo il castello.”

Poco prima dell'alba, uno stanco ma immensamente compiaciuto undicenne rientrò nel castello. Dietro di lui, Piton portava un ampio cesto che sibilava sospettosamente.
“Scommetto che ci sono trenta serpenti là dentro,” bisbigliò Harry allegramente al suo tutore mentre ripercorrevano la strada giù per le aule scure.
“Indubbiamente,” replicò Piton, sforzandosi duramente di non pensare alle diverse dozzine di serpenti che stava trasportando a pochi centimetri dalla sua persona. La Foresta aveva praticamente brulicato di serpenti dopo che Harry aveva cominciando a sibilare, e Piton aveva trovato veramente difficile non arrampicarsi sull'albero più vicino in preda al panico mentre i serpenti, in preda all'eccitazione, scivolavano sui suoi piedi per la fretta di raggiungere Harry. Era stata una buona cosa che non l'avesse fatto, comunque, dato che un momento più tardi altri serpenti avevano cominciato a cadere dall'alto; Piton rabbrividì ricordando come un serpente grosso come la sua gamba aveva usato il suo corpo per scendere più in fretta dall'albero.
Qualunque cosa il ragazzo avesse detto loro aveva conquistato la loro immediata cooperazione, e Piton era stato in grado di scegliere tra una vasta gamma di volontari. Era certo che all'interno del cesto vi fossero serpenti abbastanza piccoli da inseguire la forma di ratto di Minus a prescindere da dove questi si fosse infilato, ma comunque grossi a sufficienza da essere in grado di ucciderlo e divorarlo. Si permise un piccolo sorriso di pura crudeltà al pensiero di che cosa aspettava il traditore.
Al suo fianco, Harry sbadigliò. “Posso fare un pisolino prima di colazione?” chiese in tono implorante. “Per favore?”
Piton alzò gli occhi al cielo di fronte all'incoerenza dei bambini. “Molto bene,” disse al moccioso. “Ma se non ti svegli quando ti chiamo, sii preparato per un Aguamenti.”
Harry annuì, assonnato, e si appoggiò confortevolmente al suo tutore, sorridendo quando l'uomo si sporse per drappeggiargli un forte braccio attorno alle spalle.
Piccola peste, sbuffò Piton, guidando il ragazzino semi-addormentato attraverso i corridoi. Mi stupisco che non si aspetti che io lo porti in braccio per il resto del tragitto. Com'era prevedibile, non appena ebbero raggiunto le stanze di Piton, Harry si mosse direttamente verso il divano e vi cadde sopra, prono e addormentato ancor prima che la sua testa toccasse i cuscini. Piton sbuffò e posò il cesto, prima di sollevare il ragazzo tra le sue braccia.
“Papà,” bofonchiò Harry, aggrappandosi al suo tutore e riposando la testa contro il collo dell'uomo. Piton rimase perfettamente immobile, un lampo di pura felicità ad attraversargli il corpo. Chiuse gli occhi, serrando la stretta attorno al ragazzo e desiderando che quel momento potesse durare per sempre: Harry al sicuro e felice tra le sue braccia, tutte le minacce ed i pericoli distanti.
Ma poi il sibilare dei serpenti lo ridestò, e lui si riscosse. Sciocco sentimentale!, si rimproverò, trasportando il bambino nella sua stanza. Sdraiò Harry sul suo letto, assestando al moccioso addormentato un rapido scapaccione sul sedere per essere un simile fastidio. Il ragazzo non si mosse neanche, ma la leggera pacca fece molto per ristorare l'autostima di Piton. Visto? Sono ancora un Pipistrello Malvagio, capace di prendere a scapaccioni poveri, innocenti bimbi. Non sono uno sdolcinato, adorante genitore, sopraffatto dal mero profumo dei capelli del mio bambino.

Quando svegliò il ragazzo tre ore più tardi, Harry si era ripreso completamente, mentre Piton si stava sentendo sempre più stanco dopo la sua notte insonne: di conseguenza, il rifiuto degli elfi domestici di fornirgli un bricco di caffè lo condusse a nuovi livelli di invettiva.
“Qual è il problema?” chiese Harry, entrando in cucina con le mani sopra le orecchie e fissando il punto in cui suo padre stava strillando ad un impassibile elfo domestico.
“No, malvagio Padrone Professore di Pozioni, te non deve avere caffè,” rimproverò l'elfo domestico. “Caffè fa solo il Padrone Professore di Pozioni più irritato. Te non deve avere caffè oggi, malvagio Padrone Professore di Pozioni.”
Prima che Piton potesse maledire l'orribile, piccola creatura, Harry intervenne. “Perché?” chiese all'elfo in tono innocente. “Cos'ha fatto?”
Piton si costrinse ad abbassare la bacchetta mentre il suo bambino era nella linea di fuoco.
“Il malvagio Padrone Professore di Pozioni è stato orribile con il povero Padron Harry Potter Signore,” la rivoltante piccola creatura rivolse uno sguardo di nauseante ammirazione al moccioso. “Gli elfi domestici decide che il malvagio Padrone Professore di Pozioni non deve avere caffè finché è così cattivo con il povero Padrone Harry Potter Signore.”
Harry sbatté le palpebre. “Be',” disse, lentamente, “sapete che il professor Piton è il mio tutore, ora, giusto?”
Il piccolo elfo annuì vigorosamente. “Oh, sì, noi sa. Noi vede quanto è felice il Padrone Harry Potter Signore!”
“E avete visto quel che ho fatto nella Sala l'altro giorno, giusto?”
“Ooooh, sì. Padron Harry Potter Signore stava volando la sua scopa nel castello e facendo un gran disastro! Cattivo Padron Harry Potter Signore!” Con grande irritazione di Piton, l'elfo agitò un dito quasi amichevolmente contro il moccioso. A differenza del tono di accusa che l'elfo aveva usato riferendosi a Piton, la sua voce era piena di divertita indulgenza mentre parlava al ragazzo.
“Già,” assentì Harry. “Non avrei dovuto davvero farlo, giusto?” L'elfo annuì. “E perciò dovevo essere punito, sì?” L'elfo annuì ancora, anche se con un poco meno di certezza rispetto a prima. “Ed ecco perché il mio papà l'ha fatto.”
“Non è il Padron Harry Potter Signore arrabbiato con il Padrone Professore di Pozioni?” chiese l'elfo, sorpreso. “Anche se il malvagio Padrone Professore di Pozioni ha picchiato il povero Padron Harry Potter signore così forte che il povero Padron Harry Potter Signore non si è potuto sedere a colazione, ieri?”
“Ehm, be',” Harry arrossì. “Potrei aver esagerato un po',” ammise.
L'elfo aggrottò la fronte. “Ma se Padron Harry Potter Signore non stava così male, allora non avrebbe dovuto far arrabbiare tanto gli elfi con Padron Professore di Pozioni!”
“Non sapevo che sarebbe stati arrabbiati con lui,” protestò Harry. “Non è come se vi avessi chiesto io di punirlo.”
“Cattivo Harry Potter Signore!” ripeté l'elfo, con molta meno indulgenza. “Ora gli elfi domestici sono stati cattivi con il povero Padrone Professore di Pozioni senza ragione! Noi adesso si deve andare a punirsi per essere così malvagi!”
“Papà!” Harry cercò con gli occhi il professor Piton, nel panico.
Piton ringhiò. Non gli sarebbe dispiaciuto vedere le piccole creature sbattere le teste contro le pareti del castello come penitenza per aver osato privarlo del suo caffè mattutino; nonostante ciò, il rumore avrebbe probabilmente riecheggiato nei suoi sotterranei e interrompere le sue lezioni. Ed avrebbe disturbato terribilmente Harry. “No, non dovete punirvi,” ordinò, il tono tagliente. “Apprezzo che teniate così tanto per il mio protetto, anche se lui è un terribile moccioso che si meriterebbe molte più pacche sul sedere,” aggiunse, lanciando un'occhiata eloquente ad un imbarazzato Harry. “Portatemi il mio caffè e la nostra colazione e non ne riparleremo più.”
Eccetto, ovviamente, che gli elfi domestici erano assolutamente incapaci di dire mai più, ed una processione di quel che sembrò essere ogni elfo domestico nel castello seguì, ciascuno con una lunga e lacrimevole apologia, accompagnata da peana di elogi per la gentilezza e la tolleranza di Padron Professore di Pozioni. Piton si sentiva nauseato, alla fine, mentre Harry si apriva allegramente un percorso masticando tutte le piccole delicatezze e squisitezze che i penitenti elfi domestici avevano portato per fare ammenda.
Piton si costrinse a guardare al lato positivo. Non solo Harry si stava assicurando che lui non avrebbe dovuto mangiare tutto quel cibo; ma era anche chiaro che gli elfi domestici non serbavano alcun rancore verso il bambino. Nell'eventuale conflitto contro Voldemort era ovvio che gli elfi domestici si sarebbero alleati con Harry e, malgrado le piccole creature fossero spesso sottovalutate, non si poteva negare che possedessero una potente magia tutta loro. Piton era certo di poter trovare modi per sfruttarla a beneficio di Harry.
“Mmm, è stato grande!” Disse Harry, alla fine, producendo felici cinguettii tra gli elfi domestici rimasti. “Sono pieno!”
“E così dovresti essere, considerando cos'hai mangiato,” disse Piton severamente. “Niente dolce per te stanotte.
Harry annuì filosoficamente. Il suo papà era piuttosto adamantino riguardo al non permettergli di mangiare troppi dolci, perciò la restrizione non arrivò come una grande sorpresa. “Ho un'esercitazione di Quidditch oggi pomeriggio – posso studiare in biblioteca con gli altri, prima?”
“Sì, ma non devi -”
“- andare nella Torre di Grifondoro. Lo so, papà!” Harry alzò gli occhi al cielo. Adulti!
“Molto bene, allora. Vai pure.”
Harry sorrise e se ne andò, afferrando la sua borsa sulla via per la porta. Piton finì il suo caffè prima di dirigersi al suo ripostiglio delle scorte per mandar giù una Pozione Pepata. C'erano poche speranze che riuscisse a superare le lezioni senza aiuto magico.

“Ah, Severus!” Silente entrò nella sua classe proprio prima che iniziasse la sua prima lezione. “Ho delle eccellenti notizie. Gli Auror Moody e Shacklebolt verranno qui venerdì insieme alla signorina Skeeter della Gazzetta del Profeta.”
Piton aggrottò la fronte. “Ed Amelia Bones?”
Silente allargò le braccia. “Madama Bones ha espresso il suo dispiacere, ma ha detto di essere troppo occupata per partecipare. Ma mandare due dei suoi migliori Auror...” Piton ignorò il resto delle chiacchiere del Preside. Il suo piano poteva aver successo anche senza la presenza di Madama Bones, ma sarebbe andato tutto molto più liscio se lei fosse stata lì. D'altra parte, il rifiuto della donna era una rassicurante dimostrazione che non tutto il Ministero e tutto il Wizengamot erano sotto il controllo di Silente. Queste potevano essere notizie molto buone se mai fosse venuto un giorno in cui lui ed il Preside si fossero trovati seriamente in disaccordo riguardo ad Harry.
Hmmm. No, decise lui, il suo piano necessitava davvero della presenza di Bones. Avrebbe semplicemente dovuto adoperare il suo metodo di riserva per costringerla a presenziare.
“Grazie, Albus,” interruppe educatamente il mago più anziano. “Apprezzo molto la tua assistenza e sono ansioso di incontrare venerdì gli Auror e la signorina Skeeter. Ma ora, se mi vuoi scusare, devo prepararmi per la mia lezione con i Tassorosso e i Corvonero del primo anno.”
Silente sorrise, sollevato che Piton stesse prendendo il diniego della Bones così bene. “Ma certo, ragazzo mio, ma certo.”

Poco dopo gli studenti del primo anno entrarono praticamente in punta di piedi nella classe del sotterraneo, con il terrificante attacco d'ira di Piton del giorno passato fresco nelle loro menti. Fortunatamente per loro, lui sembrava essere il suo solito, tagliente sé stesso, freddo e sarcastico piuttosto che furioso e spaventoso.
La lezione iniziò in modo piuttosto tranquillo, con il solito controllo dei compiti assegnati. “E qual è il terzo ingrediente nella crema contro le bruciature?” chiese Piton. “Signorina Bones?”
“Occhi di tritone sotto aceto,” rispose Susan prontamente, lieta di aver speso del tempo in più sul proprio saggio.
“Chiedo scusa?” Piton si alzò lentamente in piedi.
“O-occhi di tritone sotto aceto?” ripeté Susan, la voce che le tremava di fronte all'espressione sul viso del professore.
“Hai appena detto occhi di tritone sotto aceto?” chiese Piton, incredulo, calando in picchiata sulla ragazza, ora terrorizzata.
“S-sì, signore,” riuscì a gracciare Susan.
“Occhi. Di tritone. Sotto aceto.” Piton alzò gli occhi al cielo. “Dimmi, signorina Bones: mentre sono consapevole che la tua Casa non è famosa per le sue capacità intellettuali, non ti turba minimamente essere la ragione per la quale la tua Casa diventerà rinomata per l'incompetenza accademica?” chiese. Ignorando il singhiozzo della ragazza si sporse più vicino e domandò in tono serico: “Ti sei anche solo preoccupata di acquistare il libro di testo assegnato, signorina Bones? Lo chiedo semplicemente perché è evidente che tu non ti sia mai preoccupata di leggere il tomo, e perciò mi domandavo se avessi almeno mostrato la pura decenza di risparmiare alla tua famiglia la spesa del libro.”
“M-ma, signore, io l'ho letto,” protestò Susan in lacrime. “Davvero!”
Piton sbuffò rumorosamente, incredulo. “Risparmiami le tue mendaci proteste, signorina Bones! Sono perfettamente consapevole che la tua mancanza di rispetto verso me e verso la mia materia è una conseguenza del disprezzo dei tuoi parenti per l'argomento.”
Susan lo fissò ad occhi sgranati, assolutamente confusa. “Co-cosa? Signore?”
“Tua zia, signorina Bones,” Piton abbassò la voce sino a renderla un sibilo minaccioso, “ha reso abbondantemente chiaro il suo disprezzo per le mie lezioni. Ha respinto un mio invito, mostrando a tutti in quanto scarsa considerazione tenga lo studio delle Pozioni. E il tuo comportamento ha reso egualmente chiaro il tuo desiderio di seguire i suoi passi e disprezzare sia i miei insegnamenti che il mio corso.”
“No, signore! No!” lo pregò Susan, scuotendo la testa per l'orrore.
“Piton ignorò le sue proteste. “Permettimi di assicurarti, signorina Bones, the la mancanza di rispetto di tua zia ti costerà cara. Puoi riparare all'oltraggiosa insolenza che hai mostrato quando hai scelto di non leggere il materiale del corso copiando – prima della prossima lezione – i primi due capitoli del testo nella loro interezza. Sono certo che uno dei tuoi compagni di classe sarà in grado di prestarti la sua copia del libro. Se quello che avrai copiato non sarà leggibile, trascorrerai le tue vacanze invernali copiando l'intero libro di testo. Se non completerai quest'esercizio nel tempo assegnato, vedremo se trascorrere la prima settimana del nuovo semestre in punizione ti insegnerà a migliorare la tua gestione del tempo. Hai capito, signorina Bones? O hai bisogno di ricevere un ulteriore incoraggiamento per trattenerti dal mostrare con tale ovvietà il disgusto della tua famiglia verso Pozioni?”
“Sì, signore! Voglio dire, no, signore! Voglio dire...” Susan scoppiò in lacrime, terrorizzata. Piton le lanciò un'occhiata disdegnosa.
“Patetico. Una Tassorosso isterica,” commentò malvagiamente. “Puoi andare, signorina Bones. Cerca di ricomporti prima della prossima lezione.”
Susan schizzò fuori dalla stanza. Al cenno di assenso di Piton, Hannah Abbott corse dietro di lei, riuscendo, alla fine, a trovare l'amica, che stava piangendo nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
“Oooooh, Susan, mi dispiace tanto! Piton è semplicemente orribile!” si infuriò Hannah, stringendo l'altra ragazza in un abbraccio.
“Cosa devo fare, Hannah? L'hai sentito! Sono condannata!” Susan singhiozzò. “Non so neanche che cos'è che la zia Amelia gli ha fatto, ma lui me la farà pagare per i prossimi sette anni! Non voglio essere costretta a copiare il nostro libro di Pozioni – è spesso quindici centimetri!” concluse lei, con un lamento di disperazione.
Hannah rifletté furiosamente. “Be', se ad averti messa in questo guaio è stata tua zia, magari può tirartene fuori. Andiamo a parlare con la professoressa Sprite: se le dici che è un'emergenza forse ti lascerà chiamare tua zia via camino, così potrai dirle che lei deve semplicemente fare quello che vuole il professor Piton.”

E fu così che le lacrime isteriche di sua nipote riuscirono in quello che nessuna delle manipolative lusinghe del Supremo Pezzo Grosso del Wizengamot aveva potuto ottenere. Di venerdì, una furibonda Amelia Bones emerse dalla Metropolvere accanto a Kinglesy Shacklebolt ed Alastor Moody.
“Madama Bones!” Le sopracciglia di Silente si inarcarono. “Non la stavamo aspettando!”
“Si è inaspettatamente liberato dello spazio nei miei programmi,” disse Bones a denti stretti. Poteva aver perso questa battaglia con Piton, ma non aveva intenzione di lasciare i terreni della scuola prima di aver messo le cose in chiaro con il bastardo Mangiamorte dal naso adunco. Piton forse era in grado di spaventare le ragazzine, ma avrebbe scoperto in fretta che cercare di ricattare il capo del Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica era una cosa ben diversa.
Il camino ruggì, rianimandosi alle loro spalle, e Rita Skeeter si fece elegantemente strada per uscire di lì.
“Bene. Ora che siamo tutti qui, magari possiamo scendere nei sotterranei,” suggerì il Preside, offrendo a Madama Bones il braccio. Lei lo accettò controvoglia, e lui, sorridendo, guidò gli altri fuori dal suo ufficio.
Shacklebolt e Moody seguirono doverosamente il Preside e Madama Bones. Nessuno dei due era particolarmente felice al pensiero di sprecare una giornata osservando un branco di adolescenti brufolosi distillare puzzolenti intrugli; ma la loro fedeltà verso Silente era grande, ed oltretutto era stata Madama Bones ad ordinarlo.
Nessuno dei due era certo del perché il loro capo fosse di un umore tanto pessimo, ma entrambi stavano facendo del loro meglio per starle fuori dai piedi: Amelia Bones era una strega potente anche in situazioni normali. Nel pieno della sua furia, poteva tener testa anche a Silente, e nelle sue attuali condizioni psicologiche – be', Moody stava seriamente contemplando un lungo viaggio in Groenlandia. La “vigilanza costante” era fantastica, ma non ti aiutava molto quando il tuo capo era dell'umore giusto per staccare a morsi il sedere di qualcuno.
Dietro di loro, Rita Skeeter si chiese se sarebbe stata in grado di tirar fuori un po' di scheletri dall'armadio mentre era qui. Anche qualche fotografia “dietro le quinte” di Potter avrebbe potuto andare bene, come piano di riserva; in genere non sarebbe stata spedita a seguire qualche insignificante, piccola consegna dei premi, ma erano accadute talmente tante cose ad Hogwarts nei mesi passati che, quando Silente aveva contattato il suo editore, lei non si era mostrata affatto scontenta del compito assegnatole. Chi sapeva cosa poteva accadere? Zuffe letali, troll nei corridoi, Signori Oscuri che risorgevano, il Bambino della Luce che veniva consegnato ad un Mangiamorte per essere cresciuto da questi... Buon Merlino, lei non avrebbe rinunciato ad un invito ad Hogwarts per tutte le Penne Prendiappunti della Gran Bretagna! Sarebbe andata anche se l'offerta fosse stata quella di vedere quel cretino di gigante tirar fuori dal terreno un'altra zucca. Lei si leccò le labra, chiedendosi cosa si preparava per lei oggi... e se avrebbe avuto bisogno di assestare alla situazione una piccola spintarella per mettere in moto le cose.
“Eccoci qui, professor Piton,” il Preside aprì la strada all'interno della classe vuota di Pozioni, e il mago dai capelli neri levò lo sguardo dalla sua scrivania.
“Eccellente. Sono lieto di vedere che siete riusciti tutti a venire,” disse Piton, il vaghissimo accenno di un ghigno nella sua espressione mentre lanciava un'occhiata alla Bones. Il Capo degli Auror serrò i pugni e promise a sé stessa che gliela avrebbe fatta pagare prima della fine della giornata.
“Credo che troverete istruttivo vedere come si insegna Pozioni qui ad Hogwarts,” annunciò Piton. “Osserverete come gli Auror che assumete apprendano le tradizioni delle Pozioni, e questo vi farà avere un punto di vista interno su quanto duramente gli studenti dei G.U.F.O. e dei M.A.G.O. Abbiano studiato. La classe alla quale ci uniremo a breve è un gruppo di studenti del primo anno, che preparerà una pozione di base, e -”
“Si aspetta che sediamo qui tutto il giorno mentre guardiamo i suoi studenti durante le lezioni?” chiese la Bones, la sua voce fredda per la furia. Era abbastanza brutto essere costretta al compito di consegnare una medaglia scolastica a qualche adolescente idiota; ma ora ci si aspettava che lei se ne stesse lì attorno ed osservasse Piton pavoneggiarsi ed atteggiarsi di fronte alle sue classi per tutto il giorno?
“Ma, Madama Bones, se trova l'argomento poco interessante sono certo che lei non abbia alcun obbligo di restare,” replicò Piton in tono serico.
Lei serrò la mascella tanto che fu certa di aver sentito un dente incrinarsi, ma riuscì ad impedirsi di rispondere.
“Dal momento che i piccoli imbecilli troverebbero senza dubbio la vostra presenza distraente, causando così la fusione di numerosi calderoni, ho deciso che sarebbe meglio per voi restare dietro ad una barriera invisibile. Potrete vedere, ma non essere visti. Preside, se volesse essere così gentile da chiedere al castello di allargare l'angolo anteriore della stanza e poi di innalzare la barriera invisibile? In questo modo i bambini non saranno consapevoli della vostra presenza.”
Silente fece come gli era stato chiesto, e ben presto i visitatori si trovarono sistemati su alcune sedie nell'angolo espanso da poco, riparati dalla vista di coloro che erano nella stanza.
La Skeeter osservò con interesse mentre Piton apriva la porta della classe e i bambini cominciavano a riempirla. Il ragazzino con i capelli rossi doveva essere un Weasley, e lei era piuttosto sicura che il biondo dalle fattezze appuntite fosse un mini-Malfoy. E... sì! Lei quasi si abbracciò per la contentezza. C'era Potter! Sapeva di aver fatto bene ad accettare l'incarico. Con un simile gruppo di personaggi era certo che qualcosa di grosso sarebbe accaduto...



Note alla traduzione: Innanzitutto... non sono morta! So di aver dato quest'impressione, ma no, respiro ancora. La cattiva notizia è che la sessione estiva non è ancora finita, e dovrò partire subito dopo per il lavoro, tuttavia, per cui non confido che gli aggiornamenti torneranno frequenti entro breve. La buona notizia, invece, è che sto finendo di tradurre il capitolo 48. L'ottima notizia è che altre tre persone si sono offerte di lavorare a quel progetto di traduzione che dicevo, e siamo in attesa della risposta dell'autrice.

Continuo a confidare che per la fine di agosto la traduzione di Harry's New Home sarà, se non online nella sua interezza, quantomeno completa sul mio hard disk. Un grazie a tutti voi che continuate a seguire questa traduzione.

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***







Gli studenti si affrettarono ad entrare, la maggior parte di essi trasportando gabbie di qualche tipo. Piton avanzò verso la parte anteriore della stanza e gli studenti si fecero subito silenziosi.
“Come sapete, oggi distilleremo la pozione Animalis Fide, che misura il legame tra voi e il vostro animale. Vedo che la maggior parte di voi è stata in grado di eseguire le mie istruzioni e di portare il vostro animale in classe. Dopo aver distillato la pozione, la userete per controllare quanto strettamente siete legati al vostro animale.”
“P-professore?” Neville sollevò una mano timidamente.
Piton sbuffò, impaziente. “Be'? Che c'è, Paciock?”
“Signore, danneggerà il nostro animale? Trevor è piuttosto vecchio per essere un rospo, e...”
“La pozione – se preparata correttamente – è del tutto innocua, Paciock. Gli animali sono qui esclusivamente per aiutarvi a focalizzare su di essi la vostra mente. La pozione fi quanto legati voi siate all'animale, non quanto l'animale sia legato a voi. Qualcun altro desidera fare una domanda idiota e rivelare quando sia imperfetta la vostra conoscenza del materiale?”
Stranamente, nessun altro accolse l'offerta, e la classe si ritrovò in fretta concentrata sulla preparazione della posizione. “Ohi! Harry!” una rumorosa esclamazione ruppe il silenzio, e Piton lanciò un'occhiataccia al più giovane dei ragazzi Weasley, che stava stringendo il suo ratto con aria protettiva. “Tieni il tuo gufo lontano dal mio ratto! Lo sta guardando come se fosse una cena!”
“Weasley! Lavorare in silenzio è al di sopra delle tue capacità?” lo rimbrottò Piton. “Sposta le tue cose in quest'angolo, e forse sarai in grado di restare concentrato sul tuo lavoro.”
“Ma Edvige voleva mangiarsi Crosta,” piagnucolò Ron, protestando.
“Preferisci lavorare nell'angolo o restarci1?” gli chiese Piton, con voce troppo bassa perché gli altri bambini potessero sentirlo, e Ron smise immediatamente di discutere, atterrito dall'idea di essere costretto a stare in piedi in un angolo – di fronte all'intera classe, oltretutto!
“Sì, zio Sev,” bisbigliò in fretta, affrettandosi a spostare le sue cose al nuovo tavolo e, di conseguenza, perdendosi l'occhiata di orrore che attraverso il viso di Piton di fronte al nuovo titolo riservatogli.
Silente e gli altri si muovevano a disagio dietro le barriere, osservando i bambini con diversi livelli di educato interesse. Finalmente le pozioni furono pronte e gli studenti si misero ad attendere con aria d'aspettativa ai loro tavoli.
“Potter,” chiamò Piton. “Porta qui quel gufo insieme alla tua pozione.”
“Il suo nome è Edvige,” gli ricordò Harry in tono di rimprovero, posizionando il suo trespolo sulla scrivania del professore e posando la fiala accanto ad esso.
Piton gli lanciò un'occhiataccia. “Silenzio, Potter. Prendi una goccia di pozione e lasciala cadere sulla testa del tuo gufo, poi bevi tu stesso il resto.”
Harry obbedì, ed un attimo più tardi un intenso raggio di luce dorata prese forma tra i due. La classe emise “oooh” ed “aaah” d'ammirazione. “Questo rappresenta un legame molto forte,” spiegò Piton. “Sia il colore della luce che l'ampiezza del raggio misurano la forza. Torna al tuo posto, Potter. Zabini, vieni qui con quella creatura.”
Blaise, poi Millicent, poi Dean si fecero avanti con diversi risultati. In tutti i casi, tuttavia, l'animale si limitò a starsene lì e a fischiare o miagolare o a squittire, apparentemente assai poco impressionato da tutta quell'eccitazione.
“Paciock!”
Neville lanciò un'occhiata alla pozione blu chiaro di Hermione e poi un'altra alla sua melma grigio scuro. “Ehm, professore, penso che sarebbe meglio se non venissi.”
Piton lanciò un'occhiata disgustata alla pozione. “Sospetto che tu stia compiendo una saggia scelta, Paciock,” sbottò. “Zero per oggi!”
Neville abbassò le spalle, l'espressione miserabile, e abbracciò un placido Trevor, mentre Piton spostava gli occhi attraverso la stanza. “Weasley! Porta il tuo ratto!”
“Sissignore.” Ron obbedì, posando Crosta sulla scrivania e armeggiando per recuperare la sua pozione.
Il ragazzo non fu mai certo di cosa fosse accaduto subito dopo: un attimo prima stava tirando fuori la fiala di pozione dalla sua veste, mentre il professor Piton aspettava, impaziente, dall'altro lato della cattedra; e l'attimo dopo ci fu un acceso lampo di luce e tutto ad un tratto c'era un piccolo omino grasso a sedere, sbattendo le palpebre con aria stupida, dove Crosta era stato fino a quel momento. “Ohi! Dov'è il mio topo?” chiese Ron; poi, Harry lo afferrò per il retro della veste e lo strattonò via dalla scrivania.
La barriera che rendeva invisibile il retro della classe cadde quando Silente e gli altri emersero dall'angolo. “Peter?” Silente boccheggiò, sbalordito.
Minus si lanciò un'occhiata turbata alle spalle; poi si scagliò contro Piton, puntando verso la porta.
La Bones non aveva idea di cosa stesse accadendo, ma sapeva che un uomo di mezza età travestito per prendere il posto dell'animale domestico di un ragazzino piccolo non era una buona cosa. Le cose che certi bastardi malati sono disposti a fare, sospirò tra sé e sé nello stesso momento in cui sollevava la bacchetta e gridava: “Prendetelo!”
Moody – costantemente vigilante! - si fece avanti, con Shacklebolt dritto dietro di lui; ma, in una stanza piena di bambini urlanti, erano comprensibilmente nervosi riguardo alla possibilità di lanciare incantesimi. “Arrenditi al Ministero!” abbaiò Moody, zoppicando in avanti con tutta la velocità che la sua gamba gli consentiva.
Minus ringhiò e rovesciò un tavolo, bloccando loro la strada, e proseguì nella sua corsa verso la porta. Un attimo prima che la raggiungesse una forma apparve di fronte ad essa, quasi materializzandosi dal nulla. “Salve, Severus. Sono venuto per la mia pozione,” disse Remus, sorridendo, per poi boccheggiare quando si trovò faccia a faccia con il suo amico d'infanzia.
“Peter Minus!” gridò Remus, l'espressione scioccata.
“COSA?” Gli Auror si bloccarono sul posto, per un attimo, sbalorditi, nello stesso momento in cui Peter annaspava: “Remus?”
Amelia Bones prese il riconoscimento reciproco come un'ammissione di colpa, ed esclamò: “Peter Minus! Ti dichiaro in arresto per l'omicidio di -”
Minus lanciò un'occhiata disperata da destra a sinistra, ma gli Auror si stavano avvicinando in fretta alle sue spalle e Remus era tra lui e la porta. Un attimo dopo un ratto schizzò verso una stretta fessura nel muro.
“Prendetelo!” gridò la Bones, sapendo che non c'era speranza che ci riuscissero; ma un istante dopo il ratto stava correndo fuori dal muro anche più in fretta di quanto vi fosse entrato, inseguito da un serpente che sibilava e faceva schioccare le fauci.
I ragazzini strillarono e saltarono sui banchi quando altri serpenti schizzarono fuori dalle fessure nelle mura e nel pavimento, tutti apparentemente intenti ad acchiappare il terrorizzato ratto in fuga.
Minus fu rapidamente circondato dai serpenti e, trovandosi nel pericolo imminente d'essere mangiato, tornò nuovamente nella sua forma umana. “Aspettate, aspettate!” pregò, agitando le braccia. “Non volevo farlo!”
“Peter, come hai potuto?” chiese Remus, la bacchetta estratta e puntata verso l'uomo più piccolo.
“Remus, amico mio, per favore!” pianse Minus. “Abbi pietà! Sicuramente tu tra tutti capisci! Sono stato costretto a farlo! Non ho avuto scelta! Mi avrebbe ucciso!”
“E allora saresti dovuto morire prima di tradirli!” sputò Remus. “Io l'avrei fatto!”
“Oh, nobile Remus,” ringhiò Peter in risposta, abbandonando la sua postura supplichevole, “sempre intento a mostrare quanto tu sia buono e umano! Sempre pronto a disprezzare chiunque non fosse intelligente o forte o bello come te e gli altri Malandrini! Cosa ti aspettavi che facessi? Pensi che non sapessi di essere tenuto con voi solo per divertimento? Pensi che non sapessi quanto mi disprezzavate in segreto?”
“Di che cosa stai parlando?” chiese Remus. “Ci fidavamo di te! James e Lily ti hanno affidato il loro segreto! Le loro vite! La vita di Harry!”
“Solo perché erano convinti che fossi una creatura tanto patetica che nessun altro mai avrebbe immaginato che fossero così stupidi da rendermi il loro Custode Segreto! Era un insulto, non un onore! Pensi che fossi troppo stupido per capirlo? Ma il Signore Oscuro ha visto il mio talento? Ha lodato la mia intelligenza e la mia astuzia? Mi onorava per quello che ero! Mi rispettava!”
“Ti ha usato, sciocco illuso,” disse Piton, freddamente, strascicando le parole. “Come usa chiunque. Non rispetta nessun altro se non sé stesso, men che meno un inutile, tremante, piccolo roditore che venderebbe i suoi migliori amici per un complimento insincero per poi spendere dieci anni nascondendosi come un animale domestico.”
La faccia di Ron passò furiosamente da un'emozione all'altra quando lui afferrò la situazione. “Crosta!” urlò, rabbiosamente. “Cattivo ratto! Lo dirò a Percy!”
“E' finita, Minus,” ringhiò Moody, sollevato nel notare che i serpenti erano scomparsi tanto misteriosamente quanto erano apparsi. “Arrenditi. Non puoi andare da nessuna parte.”
“No!” urlò Peter. I suoi occhi si mossero freneticamente attraverso la stanza per poi cadere sul viso dagli occhi spalancati di Harry. “Harry!” si sporse verso il ragazzo, sapendo che, prendendolo in ostaggio, sarebbe stato al sicuro. “Vieni qui!”
Harry squittì e cercò di arretrare, ma Minus stava aprendosi la strada attraverso i tavoli ad un'inaspettata velocità, guidato dall'assoluta disperazione. Gli adulti imprecarono e cercarono di seguirlo, sempre cercando di evitare di usare incantesimi in una stanza piena di bambini urlanti, ingredienti instabili per pozioni e serpenti pericolosi.
Edvige volò contro l'uomo, puntando agli occhi di lui con gli artigli, mentre Neville afferrava Harry e lottava per tirarlo via, così come Harry aveva trascinato prima Ron al sicuro. Peter agitò le braccia, scacciando il gufo, nello stesso momento in cui il gomito di Neville sbatté contro il suo calderone, rovesciandolo e spedendo il contenuto fangoso addosso al basso mago.
La pozione rovinata si rovesciò addosso a Minus, e l'uomo strillò in agonia prima di cominciare a circolare incontrollabilmente tra una forma e l'altra: anche gli induriti Auror si ritrassero con orrore dalla disgustosa vista di fronte a loro. Era una trasformazione finita terribilmente male, e dopo alcuni orribili minuti da incubo di urlante agonia, Minus giacque immobile, ridotto ad un contorto grumo di carne deformata, mezzo uomo e mezzo ratto. La sua testa in particolare era incastrata tra le due forme, con la metà sinistra rimasta umana e la metà destra roditore. Nel mezzo dei due diversi crani la materia cerebrale gocciolava fuori, e c'erano diversi altri... acquosi... pezzi dove la carne torturata si era liquefatta sottoposta allo stress di troppe trasformazioni.
I bambini stavano strillando come maniaci e nascondendosi le facce – tutti tranne Harry, che aveva osservato l'intera scena con espressione tetra.
“Dannazione!” ringhiò la Bones, riuscendo finalmente a farsi largo fino al cadavere. “Volevo prenderlo vivo!”
“Considerando quanto facile in maniera allarmante sia diventato ultimamente fuggire da Azkaban, se anche Bella Faccia Black c'è riuscito, forse è meglio così. Ora non dobbiamo preoccuparci più di questo – per sua stessa dichiarazione – seguace del Signore Oscuro,” commentò Piton in tono tagliente.
La Bones gli lanciò un'occhiataccia. “Aveva molte domande alle quali rispondere,” replicò lei. “E non vedo come possiamo dichiarare pienamente innocente Black senza la confessione di Minus.”
Le sopracciglia di Piton si inarcarono. “Chiunque in questa stanza, inclusi numerosi studenti, il capo del Wizengamot, due Auror anziani, il capo del Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica e un amico d'infanzia del defunto, ha sentito la confessione di questi e può identificarlo e fornire ricordi per un Pensatoio. Non riesco ad immaginare cos'altro potrebbe volere.”
“Senti, bastardo Mangiamorte,” iniziò Bones, accaldandosi, per poi fermarsi quando realizzò che i bambini – ora che si trovavano di fronte ad un passatempo molto più affascinante – avevano smesso di strillare e stavano seguendo la sua discussione con Piton con acceso interesse. Dopotutto, malgrado fosse divertente strillare a tutta gola e saltare sui banchi (e nella classe di Piton, nientemeno!), era ancora più divertente guardare il più temuto tra i loro professori affrontare l'altrettanto spaventosa capo del Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica.
Madama Bones si schiarì la voce e ricominciò da capo. “In assenza di una confessione sotto Veritaserum da parte dell'accusato ci sono alcuni che potrebbero opporsi alla testimonianza.”
“Ad esempio?” la sfidò Piton. Indicò la stanza con un gesto pigro. “Questa è una classe del primo anno di Grifondoro e Serpeverde. Chi, nello spettro politico, non crederà all'una o all'altra parte? O sta seriamente suggerendo che Lucius Malfoy – o Arthur Weasley – si opporrebbero alla dichiarazione dei loro stessi figli e li forzerebbero a sottoporsi al Veritaserum, malgrado i potenziali danni al cervello che questo può causare se amministrato prima della pubertà?”
La Bones studiò la stanza e realizzò che aveva ragione. Chiunque avesse voluto negare quel che era appena accaduto – fossero essi ex Mangiamorte, il Ministro Caramell o la famiglia di Minus – sarebbero stati assolutamente incapaci di farlo. Le famiglie rappresentate in quella camera erano l'élite del potere in entrambi i lati dell'ultima guerra, e praticamente la sola cosa che li avrebbe spinti a serrare i ranghi e a formare un'alleanza sarebbe stata una minaccia ai loro bambini. Nessuno sarebbe stato così sciocco da mettere in dubbio quel che era appena accaduto, non se nel far questo avrebbe rischiato di attirare le ire sia dei Malfoy che dei Weasley. L'inganno di Minus (e, di conseguenza, l'innocenza di Black) sarebbe stato immediatamente accettato.
Ma c'era qualcosa che non andava. Amelia Bones non era diventata il capo del Dipartimento per l'Applicazione della Legge Magica senza avere un eccellente istinto, e qualcosa le diceva che c'era in questa situazione più di quanto apparisse agli occhi. Era tutto un po' troppo chiaro.
Si rivolse verso Remus con aria speculativa. “Hmmm. Signor Lupin, non è stata una fortuna che lei fosse qui e che potesse identificare con certezza il fuggitivo? Perché lei è qui, ora? Non dovrebbe essere in Italia?”
Remus sostenne lo sguardo di lei placidamente. “Sono venuto a recuperare una pozione della quale ho bisogno con estrema urgenza dal professor Piton. Sapevo che sarebbe stato in classe a quest'ora, e mi è sembrato ragionevole entrare e fargli sapere che ero qui.”
Le labbra della Bones si atteggiarono ad un'espressione scettica. “Oh, davvero? Il professor Piton certo non mi pare tipo da apprezzare un'interruzione delle sue lezioni. Quale pozione è così urgente da spingerlo a permettere un'intrusione del genere?”
L'espressione calma, vagamente disgustata, di Piton non cambiò, ma internamente l'uomo sentì il suo cuore sprofondare. Non avevano previsto che la presenza di Remus sarebbe stata analizzata tanto da vicino.
Almeno Lupin era riuscito ad emergere da sotto il Mantello dell'Invisibilità mentre l'apice del caos si scatenava, cosicché nessuno aveva realizzato che lui fosse stato nella stanza per tutto quel tempo – nascosto sotto al mantello e dietro all'alto armadio delle scorte, pronto a colpire il ratto con un incantesimo se il piano di Piton fosse andato storto. Il Mantello – che Silente aveva dato a Piton quando il professore di Pozioni aveva accettato la custodia di Harry – era ora riposto in salvo nella tasca della veste di Lupin e sarebbe con un po' di fortuna rimasto lì fino a quando Piton non avesse potuto reclamarlo e riporlo in un posto sicuro. Oh, Albus aveva accennato a qualche pazza idea di dare il Mantello ad Harry per Natale – come se un undicenne incline ai guai avesse davvero bisogno di un Mantello dell'Invisibilità! - ma Piton aveva accantonato il suggerimento con il disgusto che meritava. Tuttavia, se l'interrogatorio di Bones avesse turbato Lupin, questi avrebbe potuto lasciarsi sfuggire qualcosa...
Non c'era bisogno di preoccuparsi. Remus sollevò il mento e lanciò a Bones un'occhiata di sfida mentre rispondeva con calma: “L'Antilupo.”
L'intera classe trattenne rumorosamente il fiato, scoppiando subito dopo in bisbigli eccitati, mentre gli studenti reagivano alla rivelazione. L'espressione di Remus non cambiò, ma un accenno di rossore gli scivolò su per il collo.
La Bones ebbe il buongusto di apparire imbarazzata. “Le chiedo scusa,” disse, il tono sinceramente apologetico. Poi si girò verso i ragazzini e si schiarì la voce per attirare la loro attenzione. “Come avete sentito, il signor Lupin soffre di licantropia; tuttavia, ciò in alcun modo si riflette negativamente su di lui. Si è registrato presso il Ministero e, come avete sentito, fa in modo di avere una scorta mensile di Antilupo. Dovete accordare a lui la medesima cortesia che accordereste ad un qualunque altro mago. Non è d'accordo, Preside?”
“Assolutamente,” disse Silente, fermamente
“Ed è come fosse mio padrino, oltretutto, perciò farete meglio a non essere sgarbati con lui,” aggiunse Harry in tono di sfida, lanciando un'occhiataccia a Pansy Parkinson. Aveva sentito qualche commento bisbigliato sul genere di “Creature oscure” provenire dalla sua direzione; di fronte all'occhiata belligerante di lui, la ragazzina tirò su con il naso e scrollò i capelli.
Remus parve sorpreso e compiaciuto dall'appoggio inaspettato. Piton ricacciò indietro un attacco di nausea prima di ritornare all'attacco: “Posso riavere indietro la mia classe, ora, Madama, o è troppo occupata a fare domande stupide e imbarazzanti per decidersi a spazzare via le sue prove e ad andarsene? C'è forse qualche altro errore giudiziario che io e la mia classe possiamo aiutare a chiarire per lei?”
Gli studenti ridacchiarono. Oooh, ecco il loro professore! Era sarcastico con chiunque. Erano piuttosto orgogliosi di Piton. Ricevere una lavata di capo dall'uomo era praticamente un rito di passaggio, ad Hogwarts, e non dovevano avvilirsi troppo per questo se anche Madama Bones aveva la peggio in uno scontro con lui.
Sfortunatamente la Bones non era una sciocca e, a differenza di Caramell, non lasciava che la sua attenzione fosse facilmente distolta da pochi acidi commenti. “Sono colpita dal fatto che Minus sia stato piuttosto convenientemente ucciso da una pozione prima di poter essere interrogato propriamente.”
Piton inarcò un sopracciglio, guardandola, malgrado dentro di sé stesse mentalmente imprecando contro la strega, insistente in una maniera tanto inopportuna: “Sta seriamente suggerendo la possibilità che Paciock, invece che produrre la pozione che gli era stata assegnata, abbia creato deliberatamente una versione letale di una pozione al livello di un Maestro di Pozioni?”
Prima ancora che le parole fossero del tutto uscite dalla sua bocca, l'intera classe – incluso Neville – scoppiò a ridere. Anche Silente nascose una risatina dietro ad una mano educatamente sollevata.
La Bones ed i suoi Auror non si unirono all'ilarità generale: la Bones perché stava ancora analizzando la situazione e gli uomini perché erano ancora preoccupati di mettere alla prova l'umore del loro capo. Oltretutto le intuizioni della Bones si erano rivelate giuste troppo spesso, in passato, anche in casi che erano sembrati ancora più evidenti di questo.
“Potrebbe averla creata lei,” suggerì la Bones una volta che le risatine si furono spente. “E' un Maestro di Pozioni2. Potrebbe aver scambiato la pozione del ragazzo o averla adulterata per convertirla in una pozione letale.”
“Capisco,” ghignò Piton. “E si suppone che io abbia provveduto a questo gioco di prestigio sotto all'occhio magico dell'Auror Moody? Magari non l'ha notato perché era impegnato a sognare ad occhi aperti? O forse mi è tanto affezionato da pensare di poter rilassare la propria 'vigilanza costante' mentre era nella mia classe?” domandò sarcastico.
“E allora qual è la sua spiegazione per questi eventi?”
“Dal momento che non sono sul suo libro paga, Madama, non vedo alcun bisogno di offrire una spiegazione,” replicò Piton freddamente. “Ad ogni modo, vorrei puntualizzare che è risaputo che gli studenti si divertono a farsi scherzi l'un l'altro facendo scivolare cose nelle rispettive pozioni. Detto questo, non riesco ad immaginare che lei proporrebbe seriamente di interrogare ogni studente in quest'aula.”
Draco, che aveva seguito lo scambio di battute con la stessa attenzione del resto della classe, reagì a questa sfida in maniera prevedibile. “Mio padre non permetterebbe mai una cosa del genere!” annunciò in tono arrogante, perfettamente in linea con l'erede dei Malfoy.
“Neanche il mio!” assentì Pansy in tono stridulo.
“Non penso che i miei genitori vorrebbero che fossi interrogata!” esclamò Padma Patil, allarmata, spingendo Lavanda Brown ad assecondarla ad alta voce.
Mentre sia i Serpeverde che i Grifondoro cominciavano ad intervenire, la Bones realizzò che sarebbe stato un suicidio politico cercare di approfondire la questione – e che sarebbe stato comunque improbabile riuscire a provare qualcosa di utile. Lanciò un'occhiata a Moody, domandandogli silenziosamente se avesse visto Piton fare qualcosa.
L'ingrigito, vecchio Auror scosse la testa: e, conoscendo l'odio dell'uomo verso Piton, lei accettò la cosa e decise di ritirarsi con grazia. Dopotutto, non era come se lei fosse turbata dallo svolgersi degli eventi: un Mangiamorte morto in più – e il traditore dei Potter, oltretutto – era qualcosa per cui festeggiare, e con quell'imbecille di Caramell in carica, per non parlare di Voldemort che se ne andava in giro chissà dove, era decisamente meglio avere il ratto Animagus morto con certezza.
Tuttavia, le formalità dovevano essere osservate, specialmente con un giornalista lì per documentare tutta la scena e con lo scandalo di Sirius Black che rendeva tutti anche troppo consapevoli di cosa poteva accadere quando non si provvedeva a mettere in piedi equi processi. “Sembrerebbe che sia stato un incidente,” dichiarò lei. “Cercando di afferrare Potter ha decretato la propria fine – c'è una specie di giustizia poetica in tutto ciò, suppongo.” Lanciò un'occhiata ad Harry. “Stai bene, giovanotto?”
“Sì, Madama Bones,” rispose Harry educatamente; ma lei si accorse che diversi ragazzini, incluso uno dei figli di Arthur Weasley e il nipote di Augusta Paciock, si erano mossi per fiancheggiarlo con aria protettiva.
“Ringraziamo Merlino che nessuno dei bambini sia rimasto ferito,” disse Silente in tono gentile. “L'incidente con la pozione è stato evidentemente solo questo: uno spaventoso incidente.” Batté le mani. “Ed ora penso che sia tempo per gli studenti di affrettarsi a raggiungere la loro prossima lezione. Viste le circostanze, la consegna del premio dovrà essere cancellata, non sei d'accordo, Severus?”
“Invero, sì,” replicò Piton con calma.
I ragazzini, che sapevano riconoscere un ordine quando ne sentivano uno, anche se era gentilmente posto, raccolsero i propri libri e cominciarono ad uscire, facendo larghi giri attorno alla pozza di viscidume e cartilagine che era stato Minus.
Harry si fermò di fronte al suo tutore, uscendo, guardando negli occhi scuri e insondabili dell'uomo. “Vai, Potter,” disse Piton fermamente; ma la mano che si posò sulla spalla del ragazzo era gentile. “Ci vedremo stasera nelle nostre stanze.”
Harry si rilassò ed annuì, seguendo Hermion e Ron fuori dalla porta.
“Remus, scorteresti per caso la signorina Skeeter fino al mio ufficio, così che possa usare il camino per raggiungere la sede del giornale? Sono certa che la aspetti un pomeriggio impegnato.” Gli occhi di Silente scintillavano.
La Skeeter non alzò neanche la testa quando Remus la prese gentilmente per un braccio e la guidò fuori dalla porta; era troppo occupata a dettare la storia alla sua Penna Prendiappunti. Di questo passo, sarebbe stata pronta per essere nominata Giornalista dell'Anno!
“Arrivederci, Preside. Arrivederci, Professore.” Come un perfetto piccolo purosangue, Draco piegò il capo educatamente mentre passava di fronte a entrambi uscendo dalla classe.
“Signor Malfoy,” replicò Piton in tono neutrale. Scambiò una speciale occhiata consapevole con il ragazzo, il cui scoppio assolutamente tempestivo di aristocratica arroganza si era rivelato estremamente conveniente. L'espressione di Draco non si mosse di un millimetro – Lucius gli aveva insegnato bene – ma i suoi occhi argentati scintillarono.
“Un attimo, signor Paciock.” Piton fermò il ragazzo rotondetto mentre l'ultimo studente si preparava a lasciare la classe. “Considerando il fatto che il tuo potenziale di distruzione involontaria ha raggiunto nuovi livelli,” disse, acidamente, “contatterò tua nonna più tardi, oggi, per suggerire che tu venga esentato dal seguire le normali lezioni di pozioni con effetto immediato. Invece, suggerirò che tu studi privatamente, da solo, con un insegnante speciale di recupero per Pozioni. Forse un'istruzione individuale, congiunta con un curriculum che enfatizzi gli stretti legami tra Erbologia e Pozioni, si assicurerà che nessun altro muoia nel corso della tua educazione.”
Gli occhi di Neville si fecero enormi per la delizia. “Davvero, signore? Lo farà?” Si accorse che Madama Bones era ancora lì e cambiò in fretta la sua replica. “Ehm, sì, signore. Mi spiace, signore.” Pareva incapace di celare, tuttavia, l'allegro saltellare nei suoi passi mentre, stringendo Trevor, fuggiva dalla classe sperando fosse l'ultima volta.
Shacklebolt, che era il più giovane Auror presente, aveva cupamente accettato lo sgradevole incarico di raccogliere quel che Moody aveva chiamato il “Minuschifo”, e la Bones e Moody erano pronti ad andarsene.
Madama Bones si fermò brevemente sulla soglia della classe per lanciare a Piton un'occhiata speculativa. “Riguardo ai risultati di mia nipote nella sua materia,” iniziò lei, lentamente. “Susan?” replicò Piton, gentilmente. “Un'eccellente studentessa. Sono certo che conseguirà ottimi risultati quest'anno.”
“Hmmmm.” L'espressione della Bones si fece ancor più pensierosa, ma lei se ne andò senza un'altra parola.
Moody fece per seguirla, poi si fermò, spostando lo sguardo da Silente a Piton e viceversa. Inaspettatamente si sporse e strinse la mano di Piton, dicendo: “Ho sentito dire che sta andando bene con il ragazzo Potter.”
Piton sbatté le palpebre, incredulo. Una parola gentile da Moody era uno choc grande quasi quanto le scuse di Black lo erano state.
“Suppongo che offriresti una buona sfida anche ad Artful Dodger3!” commentò l'Auror, oscuramente, prima di zoppicare al seguito del suo capo.
Il Preside fissò la schiena del vecchio Auror per un attimo prima di girarsi e di lanciare a Piton un'occhiata piuttosto tagliente. Il professore di Pozioni sostenne lo sguardo con espressione blanda, e un attimo dopo Silente sospirò.
“Spero che tu sappia che non sono io il nemico, ragazzo mio,” disse il vecchio mago, tristemente.
Piton annuì in silenzio, ma tra sé e sé pensò: Non essere un nemico non necessariamente significa essere un amico, Albus. I Dursley dovrebbero averti insegnato questa lezione.
Silente sospirò ancora. “Qualche volta, ragazzo mio, mi preoccupa il fatto che tu veda tutto in bianco o in nero. Per favore, ricorda che tutti noi meritiamo un po' di pietà.” Con un'ultima occhiata rivolta al punto dove Shacklebolt stava cautamente raccogliendo i resti del Grifondoro morto, Silente se ne andò.
L'occhiataccia di Piton lo seguì; era stato un giorno lungo e difficile e sarebbe stato simpatico ricevere un piccolo riconoscimento per quanto brillantemente aveva portato avanti l'intera cosa. Ma che cosa poteva aspettarsi da qualcuno che non era un Serpeverde?
E comunque Silente era semplicemente troppo legato alla sua nozione di finali felici – la sua più grande debolezza era il suo rifiuto di ammettere che alcuni erano semplicemente oltre la redenzione e l'aiuto... e di agire di conseguenza.
Nessuno sapeva meglio di Piton che la redenzione faceva male, e che poche persone erano disposte ad affrontare tutto il duro lavoro e il dolore che richiedeva, non importava cosa essi potessero desiderare e/o dire. Rivolse un'occhiata dura ai resti di Minus. A prescindere dalle preferenze di Albus, Piton non era disposto a rischiare il benessere di Harry nella speranza che qualcuno che aveva già dimostrato di essere un nemico potesse tornare alla Luce. Se questo faceva di lui – grato beneficiario della pietà del Preside – un ipocrita, così fosse. Era preparato ad accettare quell'etichetta, se significava che Harry sarebbe stato salvo.
Piton sapeva perfettamente che Silente non aveva voluto che Minus morisse, non più di quanto desiderava la morte di qualunque altro Mangiamorte – da cui il fatto che l'Ordine si affidasse ad incantesimi che sottomettevano ma non uccidevano. Ed ecco perché Piton non aveva intenzione di rivelare ad Albus quanta premeditazione aveva preceduto lo “spaventoso incidente” di oggi. Ma se il Preside pensava che Piton avrebbe spontaneamente lasciato in vita e libera di agire una tale minaccia ad Harry, allora la vecchiaia lo aveva reso veramente e pienamente pazzo.
Piton osservò spassionatamente Shacklebolt cercare di raccogliere Minus in una borsa per le prove: pezzi continuavano a sgocciolare dai lati, con grande disgusto dell'alto Auror.
Silente poteva essere un alleato potente, ma lo sarebbe stato nei termini di Piton – non nei suoi. Piton non poteva più ciecamente fidarsi del Preside, non solo per gli errori passati dell'anziano mago – dai Dursley a Sirius – ma anche perché era ovvio che avevano due opinioni completamente diverse su come meglio preparare e proteggere Harry per la battaglia che lo aspettava.
Piton sapeva di aver scelto una strada lunga e solitaria per sé stesso, una sulla quale avrebbero potuto esserci degli alleati, ma nessuno con cui poter condividere il quadro generale. Non confidava che nessuno sarebbe stato in grado di prendersi cura di Harry bene come lui poteva, neanche quelli che erano veramente devoti al ragazzo, come Sirius o gli Weasley o forse anche il Preside. No, solo lui era disposto a fare tutto quel che serviva per proteggere il ragazzo – fosse eliminare senza pietà una minaccia come Minus o privare Harry di alcuni dei dubbi piaceri dell'infanzia, come l'innocenza riguardo al suo ruolo finale nella caduta di Voldemort.
Malgrado tutto, ne sarebbe valsa la pena se, alla fine, Voldemort fosse morto ed Harry fosse rimasto vivo. Piton si sarebbe occupato della sua coscienza a quel punto, e pagato qualunque penitenza dovesse pagare. Se Harry fosse sopravvissuto, ne sarebbe valsa la pena.



Note alla traduzione:
(1): Alias, standing in the corner, una delle più classiche punizioni riservate ai bambini. In Italia non abbiamo un preciso corrispettivo, credo, ma spero di aver reso l'idea.
(2): Di nuovo, Potion Master. dierrevi, durante una discussione in un soleggiato pomeriggio in Firenze assieme a ferao e Iurin, ha proposto un Mastro Pozionista che io trovo una traduzione interessante: dopotutto si diceva mastro vetraio, in un'epoca in cui i vetrai erano solo due gradini sotto gli alchimisti.
(3): E oscuramente giunse quest'Artful Dodger anche a me, finché Wikipedia non accorse in mio aiuto. Artful Dodger è un personaggio di Oliver Twist, un astuto borseggiatore dalla mano svelta.

Non ero morta neanche stavolta. Il prossimo aggiornamento arriverà la settimana prossima, quando avrò (speranzosamente) concluso la traduzione del Capitolo 50. I mesi di agosto e settembre sono passati in una nuvola di studio matto e disperatissimo, per chi volesse cogliere la citazione, e l'orologio delle mie priorità è stato meramente spostato in avanti di settanta giorni e qualche cosa.
Abbiate fede, tuttavia: questa traduzione NON sarà interrotta. A meno che io non finisca sotto ad un tir, sicuro.

Si ringrazia Shaitan per aver ri-Trasfigurato Harry in Piton dove necessario. Se dovessi aver scordato di segnalare e ringraziare qualcuno di voi, ditemelo! Ho perso un po' il filo, perdonatemi... @_@

Altri ringraziamenti a dierrevi, che ha segnalato errori sparsi su e giù per il capitolo, rimettendo a posto lettere fuori posto qui e lì. Cattive lettere, sempre a sparpagliarsi dove non dovrebbero.

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***







Più tardi quello stesso pomeriggio Piton stava correggendo alcuni compiti, seduto al tavolo nelle sue stanze, quando Harry si scaraventò nella camera. Piton si alzò in piedi ma, prima che potesse rimproverare il moccioso per il suo ingresso rumoroso, Harry lanciò la cartella sul divano e lo strinse ai fianchi. “Ce l'abbiamo fatta, Pa'!” strillò il piccolo mostro, deliziato. “L'abbiamo preso! Il tuo piano è stato fantastico! Hai visto come i serpenti l'hanno inseguito per tutta la stanza? Hai visto quant'erano sorpresi tutti? Cos'era quell'incantesimo che hai usato per farlo ritornare umano? Non ti ho neanche visto pronunciarlo! Hai visto che ho fatto quel che mi hai detto di fare e che sono rimasto fuori dai piedi? Cos'è successo alla pozione di Neville? Ha detto che tu hai detto che non deve più seguire Pozioni, è vero? Il Preside ha capito cos'è successo? Lunastorta non è stato fantastico? Madama Bones fa paura, vero? Per un minuto, tipo, ho pensato che ti avrebbe lanciato una maledizione! Perché non le piaci? Sono stato bravo? Eh? E' stato un bene che Draco abbia fatto il permaloso, non è vero? Sapevi che l'avrebbe fatto? E adesso che succede? Felpato potrà venirci a trovare qui ad Hogwarts, adesso? Non sono stato bravo? Hai visto come non ho fatto niente – neanche quando ha cercato di afferrarmi? Me ne sono solo stato lì ed ho fatto il sorpreso come tutti gli altri!”
“Certo che ho visto tutto, sciocco ragazzino. Ero proprio lì, no?” Piton sbuffò, ma non riuscì a convincersi a rimbrottare aspramente il ragazzo come il suo disdicevole comportamento meritava. Dopotutto era la prima persona a fare davvero i complimenti a Piton per il suo astuto piano. “Siediti.”
Harry si sedette sul divano, obbediente, ma era troppo eccitato per restare fermo: cominciò a saltellare sul posto. “Hai visto quant'erano sorpresi Ron ed Hermione? Ron è ancora abbastanza arrabbiato per via di Crosta e Percy è davvero arrabbiato. Il Preside è venuto a prendere Ron ad Incantesimi, questo pomeriggio, per parlare ancora con gli Auror. Lo sapevi? E parleranno anche con il resto degli Weasley. Non finiranno nei guai, vero? Cosa chiederanno gli Auror? Pensi -”
“Potter!” Piton si era seduto accanto al moccioso e quel costante saltellare gli stava dando il mal di mare. Un Incantesimo Incollante più tardi ed Harry si bloccò di scatto con una comica espressione di sorpresa. “Ohi!” gridò, scoprendo che il suo posteriore ora era come inamovibilmente incollato al pesante divano. Si agitò, ma non riuscì a liberarsi.
“Smettila di contorcerti,” disse Piton, severamente. “Ho bisogno di parlare con te e non posso farlo finché ti comporto come se fossi seduto su un nido di calabroni in fiamme. Sai perfettamente che l'incantesimo non ti fa male.”
“Non ho detto che mi faceva male,” protestò Harry, distratto efficacemente dai suoi sforzi per scollare il proprio sedere dal divano dalla sorpresa causata dalle parole di Piton. “So che non mi faresti del male.”
Piton si schiarì la voce, facendo del proprio meglio per ignorare il nodo alla gola che l'espressione piena di fiducia del ragazzo aveva causato. “Sì, be', allora non c'è bisogno che tu ti contorca in quel modo. Scioglierò l'incantesimo quando dimostrerai di saperti sedere propriamente come un giovane gentiluomo e portare avanti una conversazione civile.”
“Sissignore.” Harry si sistemò, obbediente, e si posò anche le mani in grembo.
“Così va meg-” cominciò Piton, solo per essere interrotto da Harry, gli occhi del quale scintillavano ancora una volta per l'eccitazione.
“Ma hai visto quel che è successo, giusto? Voglio dire, quando Minus ha cercato di afferrarmi e tutto il resto? E' stato un sacco bravo da parte di Neville tirarmi lontano da lui, non è vero?”
Piton sospirò. Stava cominciando a provare una certa simpatia per Lucius Malfoy e i suoi metodi drastici per insegnare a suo figlio le maniere adatte a un purosangue. “Sì, ho visto quel che Paciock ha fatto. E' stato piuttosto... utile.”
“Gli assegnerai dei punti?” chiese Harry, uno scintillio da monello negli occhi. Conosceva la reputazione di suo padre di non assegnare punti a nessuna Casa se non a Serpeverde.
“No,” disse Piton, interrompendo seccamente quella linea di pensiero prima che potesse svilupparsi ulteriormente. “Tuttavia ho intenzione di premiare te.”
Le chiacchiere eccitate di Harry si interruppero mentre il bambino tratteneva il fiato per la sorpresa. “Me? E per cosa?” chiese.
Piton aggrottò la fronte. Stupidi libri, sempre ad insistere sul premiare il buon comportamento. “Hai seguito le mie istruzioni, non è così? Ed hai resistito all'impulso di compiere una qualunque assurda bravata grifondoresca? Non hai cercato di catturare Minus da solo e non hai interferito in nessun modo con gli adulti nella stanza.”
Harry annuì, gli occhi spalancati. “Tu mi avevi detto di non farlo.”
“Esattamente.” Piton non aggiunse quanto sorpreso era stato dall'obbedienza del ragazzo. James Potter non sarebbe mai stato capace di evitare di mettersi in mezzo una volta che il caos fosse apparentemente esploso, né ci sarebbe riuscito quell'idiota di Black. Ecco perché – malgrado le rumorose proteste del bastardo – solo Remus aveva partecipato al complotto. Piton non aveva fiducia nella capacità di Black di rimanere da parte e di intervenire solo se il plano fosse fallito ed Harry fosse stato in immediato pericolo.
“E, dato che hai fatto quel che ti era stato detto, ti sei meritato un premio.” Ignorò l'incredula gioia che si espanse sul viso del ragazzo e richiamò con un Accio una piccola scatola. “Ecco qui.”
Harry strappò via entusiasticamente l'incarto. “Wow!” esclamò. “Un'intera scatola di Cioccorane! Grazie, pa'!” Si lanciò addosso all'uomo, in qualche modo messo in difficoltà dall'Incantesimo Incollante ancora al suo posto.
“Sì, sì, prego,” bofonchiò Piton, imbarazzato. Il moccioso si stava comportando come se gli fosse stato dato qualche tesoro senza prezzo, non solo un paio di dolci. Assestò un paio di pacche frettolose sulla spalla del ragazzo prima di farlo sedere di nuovo.
Harry fissò la scatola di Cioccorane con un miscuglio di incredulità e delizia. Non aveva mai, prima d'allora, ricevuto nessun tipo di regalo per essersi comportato bene: nella sua esperienza, fare quel che gli era stato detto era stato l'unico modo per evitare di trovarsi con un sedere dolorante o di ricevere un furioso rimprovero. Non aveva mai pensato di venire premiato per questo!
Harry ricacciò indietro lacrime di gioia. Il suo papà era sorprendentemente buono con lui: non solo gli dava regali senza ragione alcuna – come la sua scopa – e gli somministrava solo le più leggere delle punizioni quando Harry si comportava male, ma il suo professore gli stava anche dando regali, adesso, solo per aver seguito gli ordini? Quanti altri ragazzini erano tanto fortunati da ricevere premi per quello?
Piton osservò il ragazzo accarezzare la scatola con aria meravigliata, come fosse un qualche fragile bocciolo, e si sforzò di non lasciare che la pietà che sentiva si riflettesse sul suo volto. Era anche troppo evidente che il ragazzino aveva ricevuto pochi, preziosi regali nella sua vita sino ad allora. “Il fatto che tu abbia aderito al nostro piano mi ha permesso di concentrare la mia attenzione sulla cattura di Minus, invece che sulla necessità di proteggere te dalle conseguenze di un'azione sciocca,” disse al ragazzo. “Sono... soddisfatto... di come ti sei comportato.”
Harry alzò gli occhi, a quelle parole, un enorme sorriso sul suo viso. “Davvero?” Si sentiva come se il suo cuore gli sarebbe scoppiato fuori dal petto per la felicità. Il suo papà era soddisfatto di lui! Gliel'aveva anche detto. Lì ed in quel momento Harry giurò di fare qualunque cosa potesse per far sì che il suo papà fosse di nuovo soddisfatto di lui. Il sentimento era semplicemente troppo meraviglioso.
“Mmf,” Piton si schiarì di nuovo la voce. “E le tue istruzioni ai serpenti sono state egualmente appropriate. Hanno svolto il loro compito estremamente bene. Se non fosse stato per loro, Minus sarebbe sicuramente fuggito.”
Harry si illuminò in viso.
Più tardi Piton avrebbe stabilito che quegli occhi verdi l'avevano reso temporaneamente matto: perché lui non aveva avuto alcuna intenzione di pronunciare le parole che uscirono subito dopo dalla sua bocca, ma, ovviamente, una volta che l'ebbe fatto non c'era più speranza di rimangiarsele. “E perciò ti sei meritato un secondo premio. Che cosa ti piacerebbe?”
La bocca di Harry si spalancò. DUE premi? Ne poteva avere DUE? E tutto perché aveva fatto quel che il suo professore gli aveva detto di fare? Questo era fantastico. Sicuro, sapeva che Ron aveva ottenuto un galeone in più per le sue piccole spese da parte dello zio Arthur per essere andato così bene nel suo saggio di Trasfigurazione, ed Hermione aveva detto che i suoi genitori in genere la premiavano per i suoi buoni voti con una gita in libreria, ma non aveva mai immaginato che lui potesse ricevere un trattamento del genere – specialmente non quando il suo tutore non era stato del tutto certo che Harry avesse avuto ragione nel riconoscere Crosta! Era solo che il professor Piton non era stato disposto a correre il rischio di affrontare le conseguenze, e perciò aveva discusso con Lunastorta e con Felpato ed aveva preparato il suo fantastico piano per intrappolare il ratto... E adesso, dopo che aveva funzionato e che l'affermazione di Harry era stata verificata, il suo professore pensava davvero che Harry meritasse altri premi?
Harry era solamente sollevato per aver avuto ragione. E se avesse avuto torto, come Remus e Sirius avevano pensato? Era stato agitato tutto il giorno, ripensandoci. E se si fosse semplicemente confuso con due ratti simili? Il suo professore sarebbe stato furibondo per tutti gli sforzi sprecati. E se il Preside l'avesse scoperto – Harry rabbrividì. Probabilmente avrebbe rimandato Harry dai Dursley per essere un simile stupido, problematico idiota e per aver causato tanto caos.
Anche se il professor Silente non fosse mai venuto a conoscenza della questione, Harry immaginava comunque che, se Crosta si fosse rivelato essere solo un ratto straordinariamente simile al vecchio compagno di classe di Sirius e Remus, a lui sarebbe toccato passare cinque spiacevoli minuti. Il suo padrino e Remus erano probabilmente troppo gentili per dire ad Harry “Te l'avevamo detto”, ma lui aveva il vago sospetto che almeno Felpato avrebbe probabilmente preso in giro Piton per questo. E lui sapeva che al suo professore non piaceva avere torto – ancor meno che i suoi errori gli fossero fatti notare.
Harry aveva pensato che il suo tutore non l'avrebbe picchiato alla maniera dello zio Vernon anche per una ragione tanto meritata, ma si era mentalmente preparato per un aspro rimprovero sul fatto che solo i piccoli ragazzini idioti saltavano alle conclusioni. Non si era davvero rilassato fino a quando l'uomo grassoccio non era apparso sulla scrivania del professor Piton.
Ma, mentre Harry si era sentito immensamente sollevato per aver avuto ragione nel riconoscerlo, aveva semplicemente presunto che ciò significasse che non sarebbe stato rimproverato. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato ricompensato.
“Un – un premio?” fece eco, incredulo. “E lo posso scegliere io?”
Piton alzò gli occhi al cielo, furioso con sé stesso. Cosa sei, un Tassorosso? Hai già abbracciato e lodato il ragazzino! Vizierai il moccioso con simili offerte aperte! Merlino solo sa che genere di bizzarro premio il mocciosetto chiederà adesso! “Ho detto così, non è vero?”
Rabbrividì mentalmente, immaginando che genere di premi Weasley o Malfoy avrebbero potuto desiderare. Ovviamente doveva ottenere una risposta da Harry prima che questi si potesse consultare con gli altri ragazzi. “Be'?”
“P-potremmo...” Harry lasciò sfumare la voce, incerto, abbassando gli occhi. E' troppo! Sarebbe avido chiedere qualcosa del genere!
L'irritazione di Piton crebbe di fronte all'ovvia auto-censura del ragazzo. Come se lui non avesse avuto da fare niente di meglio che starsene lì ed aspettare che il piccolo produttore di moccio pensasse a regali ancor più elaborati. Già rimpiangeva la propria generosità, e se il moccioso pensava che lui avrebbe trascorso il resto della giornata cercando di estrargli una risposta... “Cosa vuoi, Potter?” domandò duramente. “Parla!”
Harry sobbalzò per la sorpresa. “Ehm... Non lo so,” balbettò, scegliendo la facile via d'uscita.
Con sua grande sorpresa, sentì dita forti sotto al proprio mento che lo forzavano ad alzare gli occhi per incontrare quelli del suo papà.
“Non tollererò menzogne, giovanotto,” disse Piton, irritato. “E' evidente che hai pensato a qualcosa. Sputa il rospo!”
Harry inghiottì a vuoto. Sarebbe suonato così avido e ingrato! “Ehm, be', io – io mi chiedevo solamente... se non è troppo disturbo... se tu avessi il tempo, potremmo... voglio dire, va bene lo stesso se non possiamo!”
“COSA?” domandò Piton, la sua pazienza giunta al termine.
“Possiamoandaredinuovoaprendereungelato?” disse Harry di getto, gli occhi abbassati malgrado le dita sotto al suo mento. Davvero non voleva vedere l'espressione annoiata del suo papà quando avesse realizzato che pretese aveva Harry.
Piton sbatté le palpebre. Era quella la richiesta del ragazzo? Un altro giro in gelateria? Era tutto quel che voleva? E con lui? La maggior parte dei bambini della sua età non voleva evitare di essere vista in pubblico con i loro genitori?
Piton si rifiutò di mostrare quanto commosso fosse dalla richiesta del ragazzo. “Molto bene, Potter. Tu ed io faremo un giro a Diagon Alley e godremo di un altro dei gelati del signor Fortebraccio.”
Gli occhi scintillanti del ragazzo si agganciarono ai suoi. “Grazie, papà!” esalò Harry. Merlino, ma il suo papà era buono con lui!
“Puoi partecipare al Banchetto d'Addio di stanotte, anche se mi sembra di comprendere che sarà in qualche modo più quieto del solito, visti gli eventi di oggi. Domani prenderai l'Espresso di Hogwarts con i tuoi amici quando questi partiranno verso casa per le vacanze estive, poi mi incontrerò con te alla stazione e andremo a fare il nostro giro prima di tornare ad Hogwarts.”
“Grazie!” Harry si sarebbe contorto per la delizia se non fosse stato ancora Incollato ai cuscini. Adesso poteva anche prendere il treno con tutti i suoi amici!
Piton si consolò con il pensiero che avrebbe potuto sempre comprare qualche ingrediente per pozioni che i negozi ad Hogsmeade non avevano in magazzino. Il moccioso aveva mostrato durante il loro precedente giro di essere inusualmente paziente in simili occasioni. “Mi aspetto che ti comporti in maniera decorosa,” lo avvisò severamente. “Un qualunque misfatto o pasticcio sul treno e ti riporterò dritto qui per trascorrere il resto della giornata scrivendo righe.”
“Sì, signore,” replicò Harry in tono obbediente; ma, dentro di sé, sbuffo. Come se Jones e gli altri prefetti avrebbero mai permesso qualunque misfatto sull'Espresso. Oltretutto, Natale stava arrivato e i loro genitori li aspettavano alla stazione. Quale studente sarebbe stato così sciocco da rischiare una nota per cattivo comportamento in circostanze del genere?
“Molto bene.” Piton lanciò al ragazzo sospettosamente docile un'occhiata tagliente, ma non riuscì a trovare alcun'altra ragione per uscirsene fuori con oscure minacce. Fece una pausa. “Sei in grado di sederti propriamente, adesso?”
“Sì, signore,” Harry rimase fermo mentre il suo papà agitava la bacchetta, poi si contorse un po' – quel che bastava per essere certo che il suo sedere fosse dis-Incollato. “Ehm, papà...”
“Sì?” Piton l'adocchiò con aria torva. Cosa c'era, ora? Voleva forse lamentarsi per essere stato sottoposto ad un Incantesimo Incollante?
Harry parve improvvisamente serio. “Sapevi quel che sarebbe accaduto oggi in classe? A Minus, intendo dire? Sapevi che sarebbe finito – così?”
“Intendi morto?”
Harry annuì con aria seria.
Piton ci pensò su. Quanto avrebbe dovuto rivelare? Voleva che il ragazzo imparasse a pensare come un Serpeverde – dal momento che era ampiamente risaputo che i Grifondoro non pensavano; si limitavano a strillare ed a balzare avanti – ma, allo stesso tempo, Harry aveva solo undici anni. Non era troppo presto per spiegargli come faceva qualcuno a complottare la morte di qualcun altro? “Tu cosa pensi?”
“Be',” disse Harry, cautamente, “Io stavo pensando a quel che hai detto prima.”
“Riguardo...?”
“Riguardo al fatto che se qualcuno sta venendo ad ucciderti tu devi alzarti presto ed ucciderlo per primo. E, be', Minus stava più o meno venendo ad uccidermi, giusto? Voglio dire, quando Voldesnort ritornerà -” Piton fu addolorato dal realizzare che Harry accettava il ritorno del Signore Oscuro come un dato di fatto. Aveva ragione, certo, ma il professore di Pozioni sentiva egualmente una fitta al cuore nell'ascoltare il ragazzo parlarne con tale rassegnazione, “- allora lui avrebbe fatto del suo meglio per aiutarlo ad uccidermi, giusto? Perché sono ancora arrabbiati perché non sono morto quando ero un bambino, vero?”
“Non ho dubbio che il Signor Oscuro continuerà a cercare la tua morte,” disse Piton, tanto gentilmente quanto poteva. “E che richiederà l'aiuto dei suoi seguaci per raggiungere quest'obiettivo.”
Harry annuì. “Perciò tu ti sei alzato presto ed hai ucciso Minus prima che potesse uccidermi,” disse semplicemente.
Piton annuì, assentendo, osservando il ragazzo attentamente.
“Così ci sarà una persona in meno ad aiutare Voldesnort a farmi del male.” Sospirò, abbassando lo sguardo. “Vorrei che ci lasciassero in pace. Non è come se io volessi combattere lo stupido, vecchio Volauvent. Sono solo un bambino!”
C'era un dolore acuto nel petto di Piton mentre una volta di più afferrava il mento di Harry, costringendo lo sguardo del ragazzo ad incontrare il suo. “Io non permetterò a nessuno di farti del male!” disse, ferocemente. “Farò tutto quel che sarà necessario per garantire la tua sicurezza!”
Harry lo guardò, sorpreso. “Oh, questo lo so, papà. Spero solo che la prossima volta il povero Neville non finisca così preso nel mezzo. Era veramente sconvolto, dopo.”
Piton sbatté le palpebre. Non aveva davvero pensato a quale potesse essere la reazione del ragazzo Paciock per essere stato etichettato come l'inconsapevole causa della morte di Minus. Considerando quanto fosse già ipersensible, il ragazzino avrebbe potuto necessitare davvero di un qualche genere di guarigione per la mente. “Era sconvolto?” fece eco, chiedendosi con una sensazione di leggera colpa se non fosse il caso di parlare con la nonna del ragazzo e di suggerire una visita al San Mungo.
“Già, ha detto che se avesse messo la sua pozione su Trevor ed avesse fatto sciogliere lui, si sarebbe sentito davvero terribile.”
“Paciock era preoccupato per il suo rospo?” ripeté Piton, stupidamente. “Non per Minus?”
Harry lo fissò con un'espressione strana. “Perché avrebbe dovuto preoccuparsi di Minus? Non sai quel che è successo ai genitori di Neville? Lui odia i Mangiamorte.”
“Paciock ti ha detto dei suoi genitori?” Piton sapeva di star suonando come un idiota, ma sembrava incapace di impedirsi di ripetere ogni volta quel che Harry gli aveva già detto. All'inizio dell'anno, Silente aveva detto a tutti i professori che il ragazzo dei Paciock apparentemente si rifiutava di parlare dei suoi genitori con chiunque. Sua nonna aveva detto che aveva praticamente una fobia dell'argomento e che scoppiava in lacrime ogni volta che veniva anche solo indirettamente affrontato. Ecco perché, malgrado i suoi molti, feroci commenti rivolti all'imbecille, Piton era stato straordinariamente attento a non alludere neanche ai suoi genitori, mai, malgrado fosse una tentazione il pensiero di chiedere se l'idiozia di Paciock fosse genetica.
“Be', sì. Voglio dire, mi hanno visto tutti scrivere quelle cinquecento frasi sui miei parenti, perciò sapevano che non erano stati molto gentili e cose del genere, e che adesso vivevo con te. E Neville mi ha detto che viveva con sua nonna e con il suo prozio e che qualche volta desiderava di poter vivere da qualche altra parte anche lui. Non che siano terribili come lo zio Vernon: è solo che certe volte non capiscono davvero di che cosa un bambino ha bisogno, no?” aggiunse Harry, interpretando correttamente l'espressione preoccupata sul viso del suo tutore. “Perciò gli ho chiesto cos'era successo ai suoi genitori, e lui me l'ha detto. Odia davvero i Mangiamorte, papà. Voglio dire, sono la ragione per la quale vive con sua nonna e non ricorda i suoi genitori più di quanto io ricordi i miei. Perciò, mentre stavamo parlando dopo la lezione e tutti dicevano che Minus era stato un Mangiamorte e che Sirius era innocente e tutto il resto, Neville ha detto che era davvero contento che Minus si fosse sciolto. Era solo preoccupato di quel che la pozione avrebbe potuto fare a Trevor se l'avesse messa su di lui per primo."
Piton sbatté le palpebre di nuovo. Oh. Bene. Queste erano... buone notizie. “Capisco. Mh. Be', è quasi ora di cena. Dovresti incamminarti. Voglio che tu lasci qualcosa alla Torre di Tassorosso da parte mia sulla strada per la Sala Grande.”
“D'accordo,” cinguettò Harry piacevolmente. Gli piaceva fare cose per il suo papà.
“Ecco qui.” Piton porse al ragazzo una pergamena sigillata. “Da' questa alla signorina Bones.”
“Susan? D'accordo.” Harry lanciò improvvisamente un'occhiata tagliente al suo tutore. “Non è qualcosa di brutto, vero? Perché questi Tassi piangono per niente.”
Piton ghignò. Il ragazzo suonava sempre più come lui ogni giorno che passava. “No. E' qualcosa di simile ad un'amnistia natalizia. Ti assicuro che la signorina Bones sarà davvero grata di riceverla.”
Quello stesso giorno la ragazza aveva ammesso, in lacrime, di essere stata in grado di copiare solo un capitolo e mezzo del suo testo di Pozioni nel tempo concessole. Vista la lunghezza di ogni capitolo, questo era stato più di quanto Piton si fosse aspettato. Anche se le aveva detto ghignando che sarebbe stata ovviamente occupata durante le vacanze, sapeva perfettamente che avrebbe dovuto sollevarla dalla sua punizione – se non altro per evitare che sua zia emergesse dal camino come un Babbo Natale impazzito e che gli staccasse le braccia con una maledizione.
La pergamena che Harry avrebbe consegnato conteneva una breve nota che informava Susan che aveva meritato un Eccezionale nel suo ultimo esame del semestre. Vista la situazione, sembrava che lei avesse, in effetti, compiuto uno sforzo accettabile di studiare il materiale, e che Piton fosse disposto di conseguenza, solo per questa volta, ad annullare il resto del compito assegnatole per punizione. Aveva anche aggiunto una nota in cui le segnalava di rileggere le pagine 445-447, che trattavano delle differenze tra occhi estratti di salamandra e occhi estratti di rana.
Era stato onesto con Harry quando gli aveva detto che Susan avrebbe apprezzato il messaggio; ma era stato in qualche modo falso riguardo alla probabilità che la ragazzina piangesse. Essendo stato introdotto da Harry al concetto di “lacrime felici”, Piton era tetramente certo che anche i Tassorosso fossero propensi ad esplodere in simili reazioni, e non aveva nessuna intenzione di trovarsi nelle vicinanze nel caso in cui Susan Bones avesse accolto la sospensione della pena con uno scoppio di moccio e di altri fluidi corporei.
“Ciao, papà! Ci vediamo dopo il Banchetto!” esclamò Harry, uscendo.
Piton lo seguì con lo sguardo, chiedendosi se il ragazzo avesse qualche intenzione di fare domande riguardo ai loro progetti natalizi. Sospettava che Harry stesse evitando l'argomento per evitare di essere deluso, come indubbiamente era accaduto negli anni precedenti.
Tuttavia, Piton era – grazie ai suggerimenti dei Weasley – ragionevolmente certo che il moccioso sarebbe stato soddisfatto. Harry sarebbe rimasto con lui ad Hogwarts fino al giorno di Natale – gli Weasley si erano offerti di tenerlo con loro per l'intera durata della vacanza, ma Piton non aveva avuto intenzione di permettere questo. Diverse settimane con quelle minacce dai capelli rossi avrebbero corrotto il ragazzo oltre ogni speranza di redenzione, costringendo Piton a ricorrere a severe contromisure per restaurare gli adeguati comportamenti; e, ovviamente, il bastardo si aspettava di vedere anche lui il moccioso. Mettere insieme queste due cose significava che Harry avrebbe diviso il suo tempo tra Hogwarts, la Tana e la Svizzera.
Ciò non aveva niente a che vedere con il fatto che Piton fosse determinato ad avere il moccioso per sé la mattina di natale. Da solo – ah! Come se Albus e gli altri professori non stessero probabilmente complottando di abbattersi sulla sua soglia poco dopo l'alba solo per poter vedere l'espressione di Harry quando avesse visto tutti i regali sotto all'albero.
Non che lui intendesse dare al ragazzo tutti i regali che il resto dei professori avevano procurato. Quelli da Albus erano abbastanza numerosi da permettere ad Harry di aprire un proprio negozio di giocattoli. La stanza del ragazzo era già piena di sciocchezze non necessarie. Lui avrebbe permesso ad Harry di avere solo qualche giocattolo in più – quelli dal chiaro valore educativo.
I suoi regali per il moccioso, ad esempio, erano di natura puramente scolastica. Sarebbe stato scandaloso se il protetto di un professore di Pozioni non avesse eccelso in Pozioni, e il kit deluxe per Pozioni che aveva acquistato avrebbe fatto sì che la tecnica di Harry fosse impeccabile. E gli oggetti per il Quidditch servivano solamente a proteggere il moccioso mentre se ne guizzava intorno al campo, cosicché Piton non dovesse sprecare il proprio tempo a preparare pozioni guaritrici e Ossofast. E l'album di fotografie che aveva disseppellito dall'attico dei Dursley dopo aver fatto silenziosamente visita a Petunia una notte sul tardi serviva solo ad impedire che il ragazzo piagnucolasse per non poter competere con Draco quando il piccolo purosangue si vantava della sua famiglia. Non era come se gli avesse fatto piacere usare la Legillimanzia sulla Babbana dalla faccia di cavallo... Be', in realtà sì. Sapere che avrebbe sofferto per almeno una settimana di accecanti emicranie era stato decisamente un allettamento, una volta che gli era passata per la testa l'idea di far avere ad Harry qualche fotografia dei suoi nonni.
Ma era ovvio che tutti i suoi regali per il moccioso fossero motivati da necessità, non da sentimento. Anche le Cioccorane e i buoni per la Gelateria Fortebraccio gli offrivano semplicemente premi da poter sottrarre al ragazzo, rinforzando di conseguenza la sua severa reputazione. Non era come se avesse intenzione di lasciar perdere tutto e accompagnare il ragazzo a Diagon Alley ogni volta che questi avesse voluto una di quelle ridicole coppe di gelato, e prima Harry l'avesse realizzato, meglio sarebbe stato per lui.
No, i suoi regali erano chiaramente pensati per insegnare al ragazzo l'obbedienza ed il rispetto e per aiutarlo con i suoi compiti. Erano Albus e il bastardo e il lupo mannaro, per non parlare degli altri piccoli idioti, che l'avrebbero ovviamente sommerso con ogni genere di beni inutili e di contrabbando. Piton si ricordò di controllare tutti i regali di Harry prima che finissero sotto l'albero. Visto il piano di Albus (ora mandato a monte) di dare al ragazzo un Mantello dell'Invisibilità, lui non aveva fiducia nella capacità degli altri di discriminare tra regali appropriati ed inappropriati, ed avrebbe preferito intercettare i regali inaccettabili prima che Harry li vedesse, piuttosto che doverli strappare dalle grinfie avide del mostriciattolo quando fosse stato troppo tardi.
Piton sospirò. Era abbastanza terribile che avesse acconsentito a portare Harry alla Tana per il giorno di Santo Stefano e di unirsi alla famiglia per un pranzo festivo. Apparentemente il signore e la signora Weasley avevano pensato in origine di lasciare i ragazzi più giovani a scuola, poi di visitare Charlie in Romania o di andare a trovare qualcun altro dei membri della loro enorme famiglia; ma, dopo gli eventi degli ultimi mesi, con Ron che era stato quasi colpito dalla Cruciatus di quel Corvonero e che aveva poi affrontato Voldemort in Infermeria, avevano deciso che era meglio riportare tutta la famiglia a casa per le vacanze. Piton sbuffò. Sospettava che gli eventi di oggi – quando avessero appreso di avere involontariamente ospitato per un decennio un pericoloso fuggitivo – avrebbero solo reso Molly più determinata a raccogliere tutti i suoi pulcini sotto alle proprie ali.
Oltretutto, sarebbe stato utile se i due ragazzi più grandi avessero aiutato i loro genitori a rinforzare le barriere della Tana. Le barriere attualmente presenti erano state innalzate quando Minus era già all'interno della casa, un ospite benvenuto in famiglia; dovevano adesso essere ricostruite, presumibilmente dopo che gli Auror avessero confermato che non c'era nessun altro Mangiamorte che si nascondeva nel loro pollaio o mascherato da gnomo da giardino. Piton sospettava che anche Albus avrebbe visitato la Tana per rafforzare le barriere – un'utile precauzione ed una che lui era fiducioso sarebbe stata presa prima della visita di Harry.
Aveva con riluttanza acconsentito a lasciare lì Harry sino alla vigilia di Capodanno. Molly aveva messo da parte con noncuranza tutte le sue preoccupazioni riguardo a nostalgia di casa, pessimi comportamenti e potenziale per guai, chiedendo infine e di punto in bianco: “Severus – sei più preoccupato di poter mancare ad Harry o che Harry possa mancarti?”
Piton aveva ovviamente accantonato un simile, assurdo commento con il disprezzo che meritava; ma aveva anche deciso che, forse, le sue preoccupazioni erano leggermente eccessive. Aveva anche dato il suo assenso all'idea che la visita dai Weasley potesse essere un buon momento per Harry di utilizzare il suo ultimo regalo da parte di Piton. Era una gita per cinque persone al “Fluttuante Parco dei Divertimenti e Arena delle Scope di Featherbee” - un “parco avventura” che la Bumb gli aveva assicurato che Harry avrebbe adorato. Aveva ogni genere di percorso di volo, giochi di duelli magici e tutto ciò che avrebbe stimolato oltre ogni senso gli impressionabili pre-adolescenti. Harry avrebbe senza dubbio invitato ad accompagnarlo Weasley, Malfoy, Granger e Paciock, ignaro del fatto che gli ultimi due non fossero affatto fanatici del volo come gli altri. Malgrado ciò, Piton sospettava che Granger e Paciock avrebbero accettato piuttosto che essere esclusi dai (presunti) divertimento ed entusiasmo.
Era stato un po' preoccupato quando Molly gli aveva detto che lei ed Arthu avrebbero, con parte del denaro che Silente depositava ora, regolarmente, nel loro acconto, comprato biglietti per il resto della loro prole, così che il resto della famiglia potesse godersi l'uscita con Harry e i suoi amici. Piton aveva chiesto, piuttosto dubbioso, come Molly intendesse mantenere l'ordine senza la sua minacciosa presenza, ma lei gli aveva assicurato con noncuranza che Bill ed Harry sarebbero stati lì, puntualizzando che un domatore di draghi ed uno Spezzaincantesimi avrebbero dovuto essere in grado di gestire un pugno di bambini. Lui era rimasto poco convinto fino a quando lei non aveva aggiunto che Percy avrebbe sicuramente invitato ad accompagnarli anche quella sua adorabile nuova ragazza. Avendo sentito che Davidella Jones avrebbe seguito la gita, Piton non si preoccupò più che Malfoy, Weasley e i gemelli potessero condurre Harry sulla cattiva strada con le loro malefiche tendenze.
Charlie e Bill non si sarebbero fatti problemi riguardo al prendere a scapaccioni Ron o i gemelli, se necessario – o anche la giovane signorina Weasley, se lei avesse dimostrato di seguire le orme dei suoi fratelli più anziani, come Piton temeva decisamente. Allo stesso modo Jones non avrebbe esitato ad adoperare il proprio status di prefetto per gestire Draco, se il purosangue si fosse lasciato trascinare fino al punto di comportarsi male in pubblico. Questo escludeva solo la Granger e Paciock, ed anche la pessimistica immaginazione di Piton non riusciva ad immaginare che nessuno dei due potesse causare qualche problema. Aveva avuto la parola di Molly che, se Harry si fosse comportato male, lei l'avrebbe contattato immediatamente, ma tendeva a raggruppare Potter insieme alla Granger e a Paciock. Poteva essere un “magnete acchiappaguai”, ma a differenza dei gemelli Potter non faceva in modo di creare lui stesso il caos. Piton era ragionevolmente certo che Harry sarebbe stato troppo esterrefatto sia per il regalo che da quel che si trovava attorno per cacciarsi nei guai, ed aveva perciò acconsentito al piano di Molly.
Alla vigilia di Capodanno sarebbe tornato alla Tana ed avrebbe recuperato il moccioso; poi avrebbero preso una Passaporta per la Svizzera, dove avrebbero trascorso i giorni successivi celebrando il nuovo anno con Black e Lupin. Piton poteva solo tremare al pensiero di quali oltraggiose baldorie quei due avevano progettato, ed aveva piattamente rifiutato di permettere loro di avere Harry senza supervisione. Certo, con sua grande irritazione ciò significava che lui sarebbe rimasto incastrato lì con loro. Tuttavia, era meglio che affidare Harry alle cure del suo padrino e doverne gestire poi le conseguenze, che potevano consistere in qualunque cosa: da Black che “perdeva” Harry mentre era impegnato a chiacchierare con qualche strega ad Harry che tornava ad Hogwarts in uno stato confusionale causato dal Whisky Incendiario e dalla polvere di Folletto della Cornovaglia.
Piton ringhiò tra sé e sé. Le cose che faceva per quel moccioso!
Brontolando, si drappeggiò la veste indosso e si preparò a presentarsi al Banchetto d'Addio. Prima che potesse raggiungere la porta, tuttavia, giunse da essa un soffice, cauto bussare.
“Cosa c'è?” sbottò lui, in qualche modo sconcertato dal trovarsi Percy sulla soglia. Ancor di più, il prefetto Grifondoro pareva tormentato da qualcosa: i suoi occhi erano cerchiati di rosso e le mani gli tremavano.
“P-posso parlare con lei, Professore?” chiese timidamente.
“Oh, d'accordo.” Poco graziosamente, Piton spinse il ragazzo verso il divano, chiedendosi che cosa ci facesse lì. Sicuramente non aveva appena rotto con Jones ed era venuto a pregare Piton per ottenere aiuto o consiglio.
“Cosa c'è, signor Weasley?” sbottò non appena il ragazzo si fu seduto.
Percy prese un respiro profondo. “Sono qui così che lei possa – possa -” Si interruppe, gli occhi che gli si riempivano di lacrime.
Oh, Merlino, non un altro. Piton gemette mentalmente. “Se è un consiglio, quello che stai cercando, forse saresti più a tuo agio parlando con il Capo della tua Casa o con tuo padre?” suggerì speranzoso, sperando di prevenire una confidenza non voluta.
“No,” Percy parve sorpreso. “Sono qui così che lei possa picchiarmi.”
Le sopracciglia di Piton si aggrondarono. Una cosa era avere una reputazione di terrificante professore. Ben altra cosa era essere considerato un torturatore di bambini. “E perché, di grazia, pensi che farei una cosa del genere?” chiese, cercando di non mostrare quanto fosse profondamente offeso.
“Perché ho quasi fatto morire Harry. E se ha picchiato lui così tanto che non poteva star seduto per aver volato sulla sua scopa nella Sala Grande, immagino che probabilmente mi b-bastonerà per quel che ho fatto io.” Percy parve decisamente verde di fronte a quella prospettiva; Piton maledisse la recita iperdrammatica di Harry a colazione.
“E precisamente come avresti messo in pericolo il signor Potter?” insisté Piton, anche se aveva un'idea piuttosto precisa di quale sarebbe stata la risposta. Maledetti Grifondoro con il loro maledetto sovrasviluppato senso di responsabilità!
“Sono stato io a trovare Crosta,” bisbigliò Percy, fissandosi le mani, strettamente serrate. “Ho pregato mamma e papà finché non hanno detto che potevo tenerlo. E' colpa mia se era alla Tana. E mi sono lamentato tanto quando ho ottenuto la mia spilla da Prefetto, dicendo che avevo bisogno di un nuovo animale. Ecco perché Ronnie ha avuto Crosta: è stato tutto perché pensavo di essere troppo importante per avere ancora un vecchio ratto. Ho fatto sì che i miei genitori lo dessero a Ronnie, e questo avrebbe potuto far uccidere il mio fratellino. Minus stava vivendo nel dormitorio con loro. Avrebbe potuto uccidere Ronnie od Harry in qualunque momento negli ultimi mesi.”
Piton sentiva un'emicrania approssimarsi. “Signor Weasley, eri meramente un bambino quando hai incontrato per la prima volta Minus. Certamente non puoi incolpare te stesso per non aver riconosciuto un Animagus nascosto.” Ma, guardando il viso del ragazzo, seppe che questo non era vero: il ragazzo, ovviamente, non solo poteva, ma lo stava anche facendo.
“Mentre hai ragione nel sostenere che io sono generalmente altamente mal disposto verso tutti coloro che mettano il signor Potter a rischio, anche io non posso ritenerti colpevole in questo caso, signor Weasley.”
“Ma chi altro potrebbe incolpare?” Esplose Percy, gli occhi scintillanti di lacrime. “Non c'è nessun altro da accusare tranne me!”
“E i tuoi genitori?” intervenne Piton. La mascella di Percy crollò.
“I miei genitori?” fece eco, il tono vacuo.
“Sì, signor Weasley. Perché trovi bizzarro il pensiero che potrei rivolgermi agli adulti in casa, invece che accusare un ragazzino piccolo? Ritieni che i tuoi genitori siano in qualche modo mentalmente mancanti? Che non siano familiari con il concetto di Animagi? Che non ci sia nulla di negligente nel permettere ad un bambino di adottare un animale selvatico senza nemmeno far sì che l'animale sia esaminato per assicurarsi che non sia portatore di una qualche malattia, per non parlare di un Mangiamorte travestito in fuga?”
Percy aveva gli occhi sgranati. “Ma – ma -”
“Oh, per amor di Merlino.” Piton si alzò in piedi e raggiunse il caminetto. Afferrando una manciata di Metropolvere, gridò: “La Tana!” e cacciò la testa tra le fiamme. “Molly, Arthur. Ho bisogno che veniate qui. Adesso.”
“No, no – Non voglio vederli!” farfugliò Percy, preso dal panico. “Devono essere furiosi con me.” Si girò per fuggire e Piton l'afferrò per il retro della veste.
“Oh, no. Tu resterai qui e non ti muoverai,” ordinò al ragazzo, ma il Grifondoro lo ignorò, sforzandosi di raggiungere la porta.
Adesso basta. Giocare al terapista con i Grifondoro non era nel contratto di lavoro di Piton, ed un pesante scapaccione sul posteriore dell'adolescente segnalò la fine della pazienza di Piton.
“Ow!” strillò Percy, scioccato. Si girò per fronteggiare Piton, entrambe le mani strette attorno al sedere. Merlino, ha fatto MALE. E' passato così tanto tempo, avevo dimenticato com'è ricevere uno scapaccione. Notò lo sguardo inferocito del professore e realizzò bruscamente che la sua aperta disobbedienza era stata una pessima idea.
“Siediti.” Piton indicò il divano.
Percy inghiottì a fatica. “Sì, zio Sev. Ehm – p-posso per favore rimanere in piedi? Preferirei non sedermi, in questo momento.”
La reazione di Piton all'uso di Percy del nome “zio Sev” venne felicemente bloccata da Molly ed Arthur che emergevano dal camino. “Che c'è, Severus? Che cos'è successo?” Entrambi avevano, comprensibilmente, gli occhi sgranati, mentre cercavano di immaginare quale nuova catastrofe potesse essere accaduta nelle poche ore trascorse da quando erano stati informati dell'ultima.
“Vostro figlio,” Piton indicò Percy, che ora se ne stava in piedi, il viso rosso, di fronte al divano, “è convinto che la possibilità, per Minus, di mascherarsi da animale domestico sia stata interamente colpa sua. Si è convinto che lo riteniate responsabile per il pericolo corso dalla vostra famiglia.”
Molly boccheggiò. “Percy! No!”
“E' proprio così, figliolo?” chiese Arthur, gentilmente. “Sicuramente sai che non è così.”
Percy fissò il terreno. “E' stata tutta colpa mia. Sono stato io a fare le bizze quando avete cercato di dirmi che un ratto sconosciuto poteva non essere un buon animale domestico. Ero così preoccupato di essere l'unico ragazzino ad Hogwarts che non avrebbe avuto un animale, che non vi ho permesso di fare altro. Vi ho costretti a tenerlo.”
“Oh, Percy!” Molly avvolse l'adolescente sconvolto nel suo capace abbraccio, come fosse un bambino molto più piccolo. “Non devi incolpare te stesso! Tu non ci hai costretti a fare niente. Siamo stati noi a decidere di permetterti di tenerlo.”
“Ma io ho strillato e pianto e -”
“Be', sì, amore, è quel che i bambini fanno. Non ricordi quando volevi che vendessimo Ronnie al circo così che tu non fossi più costretto a dividere una stanza con lui? Hai strillato e pianto e fatto i capricci anche allora, ma non hai ottenuto quel che volevi.” Molly gli toccò una guancia, gentilmente. “O quella volta in cui -”
“Sì, d'accordo!” disse Percy in fretta, interrompendo ulteriori ricordi imbarazzanti. “Ricordo.”
Arthur sorrise. “E' vero che hai fatto i capricci per tenere il ratto, figliolo, ma non è stato quel che ci ha convinti. Pensavamo solamente che sarebbe stata una buona idea, per te, avere un cucciolo. Meritavi un premio per il tuo aiuto con i bambini più piccoli, e ci è sembrato come un regalo innocuo. Se non avessimo voluto che tu tenessi Crosta, nessuna quantità di urla ci avrebbe fatto cambiare idea. Sicuramente non hai dimenticato come la maggior parte delle bizze finivano?” chiese, sorridendo.
Percy si strofinò il sedere con l'aria di qualcuno che ricordava. “Sì,” ammise.
“Perciò, vedi, amore, non è dipeso da te. Non è stata tua né la decisione né la colpa,” insisté Molly.
“Esattamente,” affermò Piton con voce strascicata. “La colpa è interamente di Minus. Tuttavia, se insisti nel distribuire la colpa, la logica stabilisce che tu debba cominciare con i tuoi genitori. Dopotutto, ben prima che Ronald o Harry fossero a rischio, lo sei stato tu.”
Ora tutti e tre lo stavano fissando con vari livelli di sorpresa. “Io! Ma perché Minus avrebbe dovuto uccidermi?” chiese Percy.
Piton alzò gli occhi al cielo. Alla Cronaca dell'Educazione Magica Superiore. Quando vi trovate a fronteggiare un'ingenuità che è ovviamente di origine genetica, e che si trova affiancata con il posizionamento in una Casa che apparentemente considera coincidenti l'apparenza e la realtà, è mai accettabile alzare la mani al cielo e dichiarare uno studente senza speranza? La professionalità richiede che uno continui i propri sforzi per incoraggiare colui che è volontariamente cieco, o è permesso cessare ogni sforzo prima di sviluppare un'ulcera?
“Sei il figlio di traditori del loro sangue che hanno combattuto contro il Signore Oscuro,” disse Piton, parlando lentamente e chiaramente. “I tuoi zii materni sono stati uccisi in guerra. Né la famiglia Prewett né la famiglia Weasley sono amate presso i Mangiamorte. Se Minus ti avesse ucciso nel sonno e si fosse poi rivolto ad un Mangiamorte conosciuto, la tua morte gli avrebbe probabilmente procurato la protezione che cercava.”
“Aaaaaack, mamma!” squittì Percy in protesta quando le braccia di Molly gli si strinsero di riflesso attorno.
“Percy,” Arthur si rivolse in tono d'urgenza al figlio (una volta che fu possibile prevenire ulteriori soffocamenti materni), “devi capire che non è stata colpa tua. Hai fatto quel che qualunque bambino avrebbe fatto – adottare un animale amichevole come cucciolo. Il Mangiamorte ti ha ingannato, così come ha ingannato tutti noi, ma tu sei stato il più innocente di tutti.”
Percy tirò su con il naso. “Sì, ma io ero – be' – arrabbiato con voi per aver portato Harry a casa. Pensavo che avessimo abbastanza figli e che Harry ci avrebbe solo messi in pericolo se Tu-Sai-Chi fosse mai tornato.” Piton aggrottò la fronte. “Ma in tutto questo tempo, sono stato io a mettere davvero in pericolo la Tana. Ho accusato Harry, ma ero più in colpa di quanto non lo fosse lui!”
Arthur sospirò. “Figliolo, non è giusto incolpare Harry per essere un bersaglio più di quanto non lo sia ritenerti colpevole per non aver riconosciuto Minus per quel che era. Siete entrambi bambini, presi in mezzo in eventi che sono interamente oltre il vostro controllo. Ci sono cose a questo mondo che non possiamo controllare, Percy. Cose che non seguono le regole.”
Percy tirò fuori un fazzoletto e si asciugò gli occhi. “Ma non è giusto,” si lamentò, suonando anche più piccolo di Ginny.
Piton serrò i denti e ringraziò Merlino del fatto che Harry sembrasse afferrare l'essenziale ingiustizia della vita molto meglio del Grifondoro medio.
“No, non è giusto,” assentì Arthur. “Ma è così che è il mondo. E questa è la ragione per la quale ci sono volte in cui le persone di buona coscienza devono prendere posizione, anche se farlo le mette ancora più a rischio.” La sua voce divenne più severa. “Questa è la ragione per la quale tua madre ed io abbiamo scelto di accogliere Harry nella nostra famiglia. Non sei grande abbastanza per comprendere pienamente il nostro pensiero, ma mi aspetto che tu abbia fiducia che noi faremo quel che è giusto per l'intera famiglia. Non voglio sentir più dire che Harry non è uno di noi. Hai capito?”
“Sì, signore,” disse Percy, il viso un poco vergognoso. “Mi dispiace.”
Arthur si ammorbidì ed arruffò i capelli del figlio. “So che ti dispiace. Ora – abbiamo reso chiaro il fatto che non devi sentirti responsabile per Minus?”
Percy riuscì a liberarsi dall'abbraccio di Molly e a raddrizzarsi, le spalle diritte. “Sì, papà. Grazie. Grazie, mamma.”
“Di nulla,” replicò Molly, spingendo indietro i capelli dal suo viso e trattenendosi visibilmente dall'abbracciarlo di nuovo. “Vuoi usare la Metropolvere per tornare adesso con noi alla Tana, caro? Sembra che tu abbia avuto una giornata molto stressante. A nessuno dispiacerà se lasci Hogwarts un po' prima.” Guardò Piton per ricevere conferma e questi scrollò le spalle. A lui sicuramente non sarebbe importato.
Percy arrossì. “Ehm, be', io – ah – ho più o meno promesso di sedermi con Davidella al Banchetto,” spiegò goffamente.
Molly ed Arthur si scambiarono un'occhiata divertita. “Be', allora, sicuramente non vuoi farla aspettare,” disse Arthur, assestando una piccola pacca alla spalla del figlio. “Ci vedremo domani in stazione."
I due adulti Weasley si girarono verso il camino. “Grazie, Severus,” disse Arthur con un sorriso.
“Prego,” disse Piton, riuscendo – a malapena – a mantenere un tono educato. Sfortunatamente, la sua replica educata ad Arthur spinse Molly ad afferrarlo, e lui si ritrovò afferrato in un abbraccio stritolante e rumorosamente baciato prima che potesse trovare rifugio dietro ad un mobile sufficientemente massiccio.
“Sei un uomo talmente buono, Severus Piton!” annunciò Molly, prima di seguire suo marito nel camino.
Piton ringhiò mentre combatteva per raddrizzare le proprie vesti; poi, rivolse un'occhiataccia mortale verso il giovane Grifondoro che era la causa di tutta questa sua irritazione.
“Ehm, ah, uh...” Percy bofonchiò, in completa confusione.
“Hai sufficientemente disturbato la mia serata, signor Weasley, o c'è qualche altra assurda confessione che desideri fare? Sei forse la persona responsabile del Grande Furto della Gringott del 1673?”
Sorprendentemente, malgrado il più maligno dei toni di Piton, il demone dai capelli rossi ebbe la temerarietà di sorridere. “No, signore. Grazie, signore. Cercherò di non essere così sciocco in futuro.”
“Non fare promesse che non puoi mantenere,” sbottò Piton, raggiungendo la porta a gran passi e spalancandola con un gesto che anche un Grifondoro non avrebbe potuto male interpretare.
“Ehm, giusto. Uhm, be', grazie di tutto. Be', di tutto tranne che per lo scapaccione,” aggiunse Percy impudentemente, suonando quasi come uno dei gemelli.
Piton afferrò la porta con più forza, resistendo all'impulso di dare al moccioso, nuovamente irritante, un vero scapaccione. “Fuori.”
Anche a Percy non avrebbe potuto sfuggire l'espressione negli occhi di Piton. “Giusto.” Si affrettò ad uscire dalla porta, fermandosi solo quel che serviva a dire, “Buonanotte, Zio Sev!”
Non chiamarmi così!” urlò Piton dietro di lui, sapendo nel momento stesso in cui lo faceva che era inutile. Gli Weasley erano come un'infestazione di gnomi da giardino; era praticamente impossibile convincerli a sloggiare una volta che avevano cominciato a diffondersi.



Note alla traduzione: Capitolo 50 tradotto; sto lavorando adesso intorno al 51. Voglio ribadire, prima di scusarmi infinitamente per il ritardo (allucinante), che non ho la benché minima intenzione di interrompere questa traduzione: mi mancano solo una decina di capitoli e poco più da tradurre, e poi avremo concluso. Ci si può fermare in vista del traguardo...? Ma certo che no!
Oltretutto, mi sentirei veramente un po' cozza dentro se lasciassi la storia tagliata a metà. ò_ò

Come sempre, un grazie a chi continua a seguire questa traduzione; doppio con cioccolata calda a chi si ferma a lasciare a me e specialmente all'Autrice pareri, opinioni, dubbi; triplo con spruzzata di cacao e panna a chi mi segnala errori nella traduzione.

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