Recensioni di Amarie

Queste sono le ultime cinque recensioni che l'utente ha lasciato nella sezione nell'ambito del programma recensioni.


Recensione alla storia In tua assenza - 31/03/19, ore 16:10
Capitolo 1: In tua assenza
Ciao Los! 
Arrivo in ritardo osceno, dopo aver letto questa storia praticamente appena uscita, ma spero vada bene comunque XD
Trovare qualcosa su Tyelko è stato bellissimo, trovare qualcosa su Tyelko nel periodo appena arrivato nella Terra di Mezzo è stato meraviglioso - sono momentaneamente intrippata per bene sulla stessa sponda, e devo dire che leggerti è stato anche frustrante, perché ci ho trovato dei concetti su cui stavo ragionando anche io, solo che boh, li hai scritti molto molto meglio dei miei vaneggiamenti vaghi XD 
Tyelko è un po' il mio guilty pleasure, beautiful disaster, un personaggio che capisco benissimo possa essere odiato dal fandom, ma per il quale non riesco a provare una forte negatività. 
Una delle cose che mi ha colpito di più è come hai raccontato il rapporto tra Tyelko e Orome, su cui non avevo mai riflettuto con la dovuta attenzione. Mi hai fatto vedere chiaramente tutta la natura di Tyelko come cacciatore, ma non come guida - il suo bisogno di avere un capobranco, un riferimento che gli indichi la strada da seguire. Ha abbandonato Orome per seguire il padre, e ora è il padre ad aver abbandonato lui. E per la prima volta si ritrova in una terra ostile, senza una guida, senza uno scopo, neppure - e forse questo spiega anche la ferocia e la furia cieca con cui, più avanti nella narrazione, sarà il più determinato a mettere mano alle armi per recuperare i Silmaril, anche a costo di compiere azioni atroci; perché è ciò che li ha portati su quelle sponde, è la loro caccia, l'unica cosa che dia un senso a tutto ciò che hanno perduto. 
Quella rabbia che lo divora vivo non fa che confermare il fatto che Tyelko è solo più umano di molti altri; in lui è più forte l'istinto della ragione, l'indole del cacciatore che porta l'adrenalina alle stelle e non si fa troppe domande, ma segue il capobranco nella sua caccia. Un'indole che forse Orome ha tentato di domare, o forse dovrei dire ammaestrare (i Valar fanno errori, dopotutto, e non vedrei nulla di strano in un'Orome che tenta di assoggettare Tyelko, di renderlo, seppur inconsciamente, in qualche misura dipendente da lui) ma che viene risvegliata non appena tutto crolla. La morte di Finwe, l'abbandono e il silenzio dei Vala - l'ingiustizia che vede subita dal padre, dalla sua intera famiglia, non solo calpestano il suo orgoglio, ma soprattutto calpestano i suoi sentimenti, e ciò che lui vede è il padre solo contro tutti, l'unico a cui importi del suo popolo, l'unico in grado di guidarli. Per suo padre ha ucciso, ad Alqualonde, senza mettere in discussione il fatto che fosse giusto o sbagliato, perché quando il capobranco attacca, il branco attacca con lui. Con la morte di Feanor, tutto ciò vacilla, ma se solo prova a mettere in discussione il fatto che sia stato tutto un errore, che sia stato tutto inutile, crollerebbe. Definitivamente, ancor peggio di Curvo, ancor peggio di chiunque altro. Perciò non può che andare avanti, nonostante tutto. 
Il rapporto con Huan mi ha fatto stringere il cuore, l'ultima creatura che lo lega ancora alla persona che era, che, come scrivi, gli fa sentire l'odore di casa, e, assieme a quello, la nostalgia per la persona che era, per una vita che è ormai perduta alle sue spalle. Per un mentore che non rivedrà mai più.
Mi ha colpito anche quando pensa di andare da Nelyo ma subito si blocca, sapendo che Nelyo ha "ben altro a cui pensare". Sono tutti insieme, su quelle sponde, ma di fatto sono tutti estremamente soli, come se Feanor fosse stato il sole attorno al quale tutti orbitavano, e ora che si è spento, sono tutti persi nello spazio, a vagare senza più la gravità a tenerli insieme. 
E ora veniamo a Curvo. Il modo in cui Tyelko fa appello al giuramento per ridare uno scopo al fratello mi ha fatto venir voglia di urlare. Perché è vero che forse la sua ferocia deriva da tante cose, ma dopo aver letto quella parte non ho potuto fare a meno di pensare che è in parte anche per Curvo, perché il fratello è ciò che lo tiene aggrappato a quella quotidianità che non avrà mai più, perché se lui è fragile nel fratello vede una fragilità ancora maggiore, e un bisogno intrinseco di trovare uno scopo, uno qualsiasi, che gli permettesse ancora di credere che tutto ciò che aveva compiuto il padre non fosse stato altro che un gigantesco errore. 
Un ultimo dettaglio che ho amato moltissimo è come Curvo lo chiami Turko, e non Tyelko. Non so se questo sia canonico o meno, ma l'ho amato tantissimo in ogni caso - incluso l'uso del nome Tyelkormo nel momento in cui gli serviva per ottenere ciò che voleva, 100% Curvo here.
Il finale è stata la mazzata definitiva, ti dico solo questo.
Grazie intanto per questa incursione nel Mithrim, se decidessi di tornarci prima o poi io ne sarò solo molto molto contenta <3

Un abbraccio e a presto!

Fanny
Recensione alla storia Regina senza Scettro - 02/09/18, ore 17:59
Capitolo 3: Parte III. La pena
Hi Kan!!! Dopo ottantaquattro anni, riesco finalmente a recensire! 
Premessa. Ho amato tutto di questa storia, nonostante ci arrivassi “vergine”, nel senso che sapevo poco o niente di chi fossero i personaggi e del periodo che copre questa storia.
Tu però sei decisamente “writing goals”, puoi scrivere una relazione sul comportamento delle lumache nei giorni di pioggia che mi ci appassionerei comunque XD

È stato bello entrare nella testa di Balkahili, un personaggio “grigio” di fatto, ed arrivare pian piano alla consapevolezza che la “discriminazione” che ha subito - e che sembrava tale all’inizio della storia - non lo era davvero, anche se allo stesso tempo è chiaro che non si tratta di una situazione paritaria.
Insomma, per una come me che non conosce il contesto, non è stato per niente complesso capire il funzionamento della società, anche attraverso un POV per sua natura non affidabile - e obv con il contrappeso del secondo POV che da subito ti dà una seconda prospettiva sulla situazione.
In soldoni, okay, non è stata messa da parte perché era una donna e il fratello era un uomo, ma a ruoli opposti, se lei fosse stata un uomo e il fratello una donna, la vedo durissima sul fatto che la situazione sarebbe stata la stessa (come si vede poi con i figli di Gimilzor, qui qualcuno ha fatto i compiti XD)
Insomma, un mondo complesso, pieno di contraddizioni, che si è fatto scoprire poco a poco, e che sicuramente ha ancora molto da raccontare.
Quello di Balkahili è comunque un POV che di sicuro non annoia, sarà che pure io ho un debole per personaggi femminili testardi, ostinati e orgogliosi e tendenti a fare enormi stupidaggini XD 

In generale, è stato il realismo della storia che mi ci ha portata dentro a capofitto. Okay, la trama principale ruotava attorno ai due protagonisti, però il contesto era un terzo protagonista in un certo senso, non un mero contorno alle vicende ma una parte integrante, con un ruolo di primo piano. Ed è impossibile non esserne attratti, non voler continuamente sapere altre campane oltre a quella di Balka e di Minulzor, chiedersi il perché della sua esclusione dal trono, voler conoscere i pensieri del fratello, ascoltare l’opinione della sorella.
E, soprattutto, il percorso di consapevolezza e maturazione di Balka, che non era nemmeno facile da gestire in una storia tutto sommato breve (non per una come me, che di solito ha bisogno di dieci capitoli solo di introduzione, il che spiega moooolte cose XD). Da principessa viziata che vede complotti e nemici dappertutto, arriva a una più matura consapevolezza di sé stessa e dei propri errori, che le permette di trovare lei stessa una soluzione alla sua “questione”, di trovare un posto in quel mondo di giochi politici dal quale probabilmente, se fosse rimasta com’era all’inizio della storia, sarebbe stata mangiata viva. Ho amato tantissimo lei, le sue contraddizioni, la sua lingua pungente, tutto quanto. 

“Enemies-to-lovers” è uno dei tropes che amo di più quindi figuriamoci se non ci andavo a nozze, se poi ci sono motivazioni politiche di sottotrama è festa grande proprio.
Non puoi non fare il tifo per il lieto fine da metà del capitolo uno, ed è bello come ci si arrivi non cancellando i conflitti, ma affrontandoli uno alla volta e superandoli - nonostante il fato avverso che ci mette sempre quel poco poco di pepe che ci vuole :D

In tutto questo mi è rimasta la curiosità immensa di leggere molto di più su e sul suo regno - tra l’altro essendo lui uno degli ultimi sovrani di Numenor prima di Pharazon, (grazie Wikipedia), e quindi siamo abbastanza vicini alla Caduta, e mi sembra di aver capito che la maggior parte dei fili sono già stati tirati.

Grazie ancora per questa bellissima storia, e perdono per il vergognoso ritardo con cui recensisco ogni benedetta volta <3
Un abbraccio!!!

A.
Recensione alla storia Prigionieri della stessa rete - 02/09/18, ore 17:56
Capitolo 1: Prigionieri della stessa rete
Ciao Los!!
Otto anni dopo arrivo a recensire questa meraviglia di storia che ho voluto rileggere almeno altre due volte prima di poter commentare.
Cerco di dare un filo logico a quelle che sono state le mie tappe nella lettura, prima di esserci tornata sopra per coglierne le sfumature che avevo tralasciato.

Intanto, ti ringrazio per le belle parole su “Close to Home” <3. Il concetto di rinunciare alla propria vita precedente era un aspetto che avevo considerato, ma, in tutta onestà, non avevo valutato quella che ne era la sua naturale conseguenza, che tu hai saputo ritrarre alla perfezione in questa storia, ovvero quello di essere condannati a ripetere sempre gli stessi errori.
Così come non avevo mai pensato fino in fondo a come anni e anni di permanenza in Mandos potessero letteralmente mangiare i ricordi, portare via ogni memoria di una vita passata, fino a che è come se non ci fosse mai stata vita prima delle Aule.
Eppure qualcosa resta, e quel qualcosa è abbastanza da determinare il destino.

Poi. Sono rimasta catturata dai dettagli della vita in Aman, quella lenta decadenza che è nel destino degli Elfi. “Giorni che si susseguono sempre uguali”, il Palazzo del Re ormai in rovina, Feanor conosciuto come “Il Principe Maledetto”... È un immagine crepuscolare, accentuata dal POV di Finrod che, all’inizio della storia, è fin troppo simile a quello che è probabilmente quello di molti altri Elda ritornati da Mandos.
In realtà è un’immagine che mette tristezza, ma è anche quello che Tolkien lascia intendere non molto velatamente mannaggia a lui. Voglio ritornare alla beata ingenuità di pensare ad Aman come alla terra della festazza continua fino alla fine del mondo XD

Un’altra parte che ho amato - e che condivido in pieno - è quella dei ricordi che riaffiorano poco a poco, quando l’anima, probabilmente, è pronta ad accettarli. Oppure quando è la nuova vita, che per un destino scritto nel profondo dello spirito, calpesta gli stessi passi, senza bisogno di ricordarne.

A un certo punto Finno parla di rinascita dello spirito “più affascinante e più attesa di quella del corpo”, e questo è un punto in cui mi sono fermata a rimuginare per venti minuti. Quanto effettivamente un Elda può essere “pronto” al momento della reincarnazione? Mandos può portarti ad accettare le tue colpe, il tempo passato in quello che può essere l’equivalente di un coma molto lungo può davvero offrire qualsiasi forma di conforto diversa da una lenta, abitudinaria accettazione? Il processo di guarigione, in questa prospettiva, non ha nulla a che fare con un corpo nuovo, intatto, quanto sul trovare il proprio posto nel mondo solo una volta ritornatosi.
E così si spiegano i lunghi anni di indolenza di Finrod, di giorni vuoti e piatti, senza alcun desiderio di ricordare il suo passato che non l’avrebbe in nessun modo aiutato ad andare avanti, e allo stesso modo si capisce come uno come Curvo non abbia mai provato il desiderio di fare ritorno prima di trovare una ragione per abitare nuovamente un corpo, uno stimolo al ritorno tra i vivi.

Curvo che forgia la Nauglamir (team-quella-è-la-nauglamir) per Finno, è stato probabilmente il “giro di boa”, il punto di non ritorno in cui è chiaro che per quanto entrambi non nutrano il desiderio di ricordare, per quanto la loro memoria insista nell’escludere enormi porzioni del loro passato, questo si infila prepotentemente nel loro presente, come acqua che entra da una fessura e finisce per invadere tutto.
Non privo, però, di cambiamento.
Ho amato il passo in cui Curvo sente per la prima volta l’orgoglio di essere sé stesso, scevro dal perenne confronto con l’ombra di suo padre, e dal confronto, non meno crudele, con l’arte e il talento del figlio. Che imho è sempre stato uno degli aspetti che mi hanno sempre fatto amare Curvo nonostante tutto (e il “tutto”, lo ammetto, è tanto).

Un altro momento importante è quando i ricordi alla fine sopraggiungono nella loro totalità (o così sembrava), perché ormai sono sì pronti ad accoglierli, ma ne stanno allo stesso modo ricalcando i passi, come se la vita che hanno scelto non fosse più una nuova strada ma si rivelasse null’altro che il naturale proseguimento di quella che avevano già percorso. 
Il richiamo di Finno ad Andreth (sì, sono molto debole sulla faccenda) è stata una pugnalata nelle sue parole, “a suo tempo il loro destino mi appariva triste, ma ora che ho sperimentato il nostro, non lo credo più”. Ciao, è stato bello avere un cuore :(

Questo almeno fino al finale, che ha stravolto tutto, e ha reso tutto ancora più triste di quello che era parso fino ad allora. Dalle parole di Finarfin, “ogni volta è più difficile”, alla promessa chiesta da Finrod, fino alle parole di Curufin nell’epilogo, che rendono chiaro come sia molto di più che ripetere gli stessi errori della propria vita precedente, ma si tratta proprio di ripeterli sempre uguali, perché il proprio stesso spirito rifiuta di riprendere le fila dei propri fallimenti, ma brama quella sensazione di vita, tutto quel caleidoscopio di emozioni che porta - perché l’alternativa, l’apatia, l’accettazione, l’attesa indolente della fine del mondo è di gran lunga peggiore che ripetere tutto quanto in un ciclo infinito.

In questo c’è un immensa tristezza per Arafinwe, spettatore costante di questa tragedia, impossibilitato a dire e fare nulla se non guardare la stessa storia ripetersi sempre uguale nei secoli.
Però penso che in lui - così come negli altri - ci sia anche la consapevolezza che sia quello di cui Finno ha infine bisogno, perché un Elda che ha lasciato tutto ciò che amava per imbarcarsi in un attraversamento senza speranza sul ghiaccio, nonostante non condividesse le parole di Feanor, nonostante si lasciasse alle spalle il massacro del popolo di sua madre, della città in cui era cresciuto, sarebbe svanito via in fretta senza Curvo, senza tutto ciò che lui portava con sé.
Le stesse parole di Curvo e Finno, nel finale, portano a quell’idea. “Gli andava bene così”.

Non so quanto tutto quello che ho scritto possa essere coerente perché mi sa che devo fare ancora ordine nel mio cervello e magari rileggerla altre due volte, perché questa è una di quelle storie che devi leggere e rileggere perché trovi sempre qualche dettaglio che avevi mancato e che, SBAM!, nuova prospettiva, nuova porta che si apre, nuova mezz’ora a rimuginare.

Se esistono delle storie che ti aprono mille porte da esplorare, una è decisamente questa <3 Grazie mille mille <3

Alla prossima!
A.
Recensione alla storia Tenn'Ambar-metta - 06/11/17, ore 14:08
Capitolo 10: Tenn'Ambar-metta
Okay, cercherò di farla breve, perché altrimenti ne esce un romanzo.
Ho amato praticamente tutto di questa storia, dagli aspetti più “tecnici” - penso che una delle cose più rognose dello scrivere Tolkien sia trovare il registro giusto, perché scegliendo il colloquiale si fa presto a suonare troppo moderni, e scegliendo l’aulico si fa ancora più presto a suonare artefatti (e parlo per firsthand experience, ogni volta che devo scrivere un dialogo piango), ma, dicevo, secondo me sei riuscita a trovare un equilibrio perfetto nel linguaggio - a come hai deciso di narrarla, al background che hai dato a quelle decisioni che nel Silm vengono riassunte in una riga o due, dando loro spessore, e dei sentimenti che le muovono.
In ordine,

il conflitto in Nelyo tra il giuramento e la reggenza dei Noldor. Eru Gratias, almeno UNO che capisce fino in fondo che un Re la cui priorità non sia proteggere il suo popolo sarebbe un pessimo Re, e il Beleriand ne ha avuti già un paio. Inoltre sono convinta che Nelyo avesse già la consapevolezza che nessuno avrebbe seguito lui come Re, Finno sì o Finno no. Insomma, era una decisione inevitabile se presa con razionalità, però ho amato come l’hai tradotta in parole.

La descrizione della prigionia di Nelyo. Molto cruda, molto vera, che mette perfettamente in luce come Melkor agisse sulla mente oltre che sul corpo, tentando di plagiare Nelyo prima portandolo alla follia e poi offrendogli un porto sicuro, un’ancora, e per contro la forza della mente di Nelyo che nonostante tutto restava aggrappata alla consapevolezza di non dover cedere al nemico, e tutto l’orgoglio Feanoriano in questo - ad esempio quando gli dice “Io sono figlio di Feanor, quello che ti ha sbattuto la porta in faccia”, cioè, la scena più epica dell’intero Silm, zero storie.

l’odio. Spesso ci si concentra sulle cicatrici del corpo di Nelyo, ma senza soffermarsi sui germogli di tenebra che Melkor poteva avervi impiantato. Il lungo conflitto di Nelyo tra il fuoco di odio che si porta dentro e la sua strada verso la rinascita è imho la cosa più bella di questa storia (e prob ne è la colonna portante alla fine, in parallelo al filo che unisce sentimentalmente Nelyo e Finno). In particolare ho amato la frase

“Le ferite potevano essersi rimarginate, ma l'anima era ancora lacera, esposta spietatamente al mondo. Emozioni, sentimenti, pulsioni, desideri, esplodevano fuori controllo al minimo stimolo.”

che riassumeva perfettamente in una riga quelle che erano le vere ferite della prigionia. Gli Elda guariscono molto velocemente nel corpo, la fregatura è che le ferite dell’anima possono non guarire mai fino alla fine del mondo. Io mi tengo la mia mortalità più che volentieri tbh.
Ho amato anche tutta la parte sul processo di guarigione, e su come il corpo, diversamente dallo spirito, sia molto più veloce a riadattarsi e a guarire, tornando a essere una “solida ed efficiente dimora” seppur per uno spirito ancora danneggiato.

- il dialogo tra Finno e Finwe. Ho riletto proprio l’altro giorno il passo del LaCe in cui si dice che praticamente i Valar non capiscono un bombolo della natura dell’amore, e mi è piaciuto molto come l’hai ricollegato al discorso di Finwe, che di decisioni sceme prese dai Valar in merito ne sa qualcosa eccome. 

il finale. È meraviglioso. Avevo già ribadito come davanti a “tenn’ambar-metta” mi sciolga come un ghiacciolo a luglio, e ho amato il carico che hai dato a queste parole da parte di Nelyo e Finno, in specie

“Quando abiterai nelle terre dell'Est, sarai un pensiero che mai mi abbandona. Quando scenderai in guerra contro il Nero Nemico, sarò il guerriero che combatte al tuo fianco. E se un giorno dovessimo perire in battaglia e alloggiare come ombre nella dimora di Mandos, io sarò lo spirito che attende con te.”

Cioè, okay, addio. Riuscire a non pensare alla Nirnaeth mentre leggevo questa frase era una barzelletta proprio. 
Un’altra parte che ho amato TANTISSIMO è stata la riconciliazione tra Finno e Kano, e le ultime scene, è stato un finale perfetto per questa storia. Sappiamo tutti cosa accadde dopo, ma è bello che finisca con una nota positiva, e di speranza.

Sicuramente mi sono persa qualcosa per strada, ma credo di aver detto circa tutto. Boh, semplicemente ho amato moltissimo questa storia, non sono una grandissima fan della coppia tbh, ma se vengono scritti bene li amo comunque, e questo è stato sicuramente il caso. 

Complimenti ancora, e un abbraccio <3

A.
Recensione alla storia Tenn'Ambar-metta - 30/09/17, ore 16:14
Capitolo 1: Appeso
Ciao Losiliel!
Finalmente riesco a leggere questa storia, che avevo adocchiato già da un po’. Parto col dirti che amo il tuo stile, la cura che ci hai messo nei dettagli - parlo di questo capitolo, ma sono già andata avanti un poco a leggere e vale anche per tutto quel che ho letto finora - e la capacità di essere “cruda” e introspettiva al tempo stesso.
La stessa scelta del POV di Maedhros era difficile - Fingon è senz’altro una scelta più comune, e molto più semplice da gestire - ma l’hai resa magnificamente.
Ci sono alcune cose che ho amato particolarmente in questo primo capitolo.
La prima, è Findekano. È stato il primo personaggio che ho amato quando ho letto il Silm - figurarsi me stessa quattordicenne con gli occhi a cuoricino - e amo il ritratto di Finno giovane, con “pazzo incosciente” come soprannome (l’Ode alla Stupidità mi ha stesa :D )
E amo il contrasto che ne deriva con il Finno della Terra di Mezzo, che ha superato il ghiaccio, il rimorso e il tradimento, e in una certa misura ha ancora meno da perdere del giovane Elda sconsiderato di Aman.
Ho amato la descrizione di Melkor come di un’ombra che si insinua, che si aggrappa come una sanguisuga ai sentimenti negativi per amplificarli ed esasperarli, come era già accaduto in Aman, e come si lega all’odio di Nelyo, per farlo crescere - fino a farlo diventare un’arma nelle sue mani, come aveva già tentato di fare con il padre. Spezzarlo, per poi ricostruirlo e plasmarlo con le sue stesse mani.

La scena del soccorso è cruda e straziante, e anche attraverso il POV di Nelyo riusciamo a percepire il dolore di Findekano, la sua disperazione nell’invocare i Valar. Non hai sorvolato sui dettagli più crudi, ma anzi, gli hai resi vividi, tanto che le immagini parlano da sole in questa scena e la rendono reale - le preghiere di Nelyo di essere ucciso, e la determinazione disperata di Finno nel provare tutto, tutto quello che può per portarlo via da lì, invocando i Valar ai quali ha voltato le spalle, fino alla decisione finale, in cui si delinea perfettamente il coraggio di Findekano e i la sua determinazione a non arrendersi mai, qualunque sia il prezzo da pagare. 

Il flashback l’ho amato, non c’è altro da dire, in particolare la lenta consapevolezza che si fa largo in Nelyo dei suoi sentimenti, in contrasto con il suo senso di responsabilità nei confronti di una famiglia che si sta già sfasciando senza aggiungervi altri attriti. Ho sempre visto Nelyo come quello che sente di più il peso delle tensioni interne alla famiglia, sia tra Feanor e la madre, sia con gli altri figli di Finwe, forse perché tra i pochi che riusciva a percepire quanto profondi fossero i cambiamenti nella natura del padre, e quanto a fondo il suo rancore si stesse radicando. Tutto questo in contrasto con la devozione e il rispetto che ancora prova per il padre - e che lo portano a invocarlo quando pensa di stare per morire- che nemmeno l’odio e il tradimento sono riusciti a scalfire.

Bonus track, amo il titolo. È la mia frase preferitissima in Quenya e mi dà una montagna di feels anche da sola, figuriamoci messa in tandem con l’argomento della storia; non sono una grande fan dei Russingon, più che altro per colpa del fandom che è ampio e purtroppo spesso tratta certe dinamiche in maniera troppo superficiale e semplicistica imho, però mi faccio coinvolgere facilmente se la storia è scritta bene, e direi che è assolutamente questo il caso.

Complimenti vivissimi, e ai prossimi capitoli! <3