Recensioni di Columbrina

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Recensione alla storia Questa è la mia ragazza! - 22/06/13, ore 00:51
Capitolo 1: Questa è la mia ragazza!
Ti amo.
Posso iniziare solo in questo modo: ti amo di quegli amori incondizionati, di quelli che non ti lasciano nemmeno il tempo di pensare quanto siano grandi, di quelli che ospitano schiere intere di sensazioni che ti fanno toccare il cielo con un dito, così numerose ma così leggere sulla coscienza.
La coppia è una delle mie preferite di Digimon, seconda solo alla Taiora, ma ugualmente efficace, quindi vederla trasformarsi secondo i miei desideri tra mani e pensieri che non siano i miei, così segreti e arcani, mi fa oltremodo piacere. Ma che cavolo... Io ho adorato la tua storia fino a consumare la mia ultima goccia di sangue, una storia da amare, una storia con tutti i tasselli al posto giusto.

"Era stato proprio lui la sera prima a lamentarsi di quanto poco femminile fosse e poi? A vederla, finalmente, in quei panni così sofisticati e differenti dal suo solito, si era messo a fare quelle uscite cretine da esorcista mancato."

Ah Daisuke, così poco delicato con la sensibilità delle ragazze.
L'insicurezza può portare a gesti estremi, come il radicale cambiamento che fa Miyako, una trasformazione tardiva che riprende il prompt della "Barbie", universalmente conosciuto come esempio di una femminilità forzata, plastificata e virtualmente perfetta. Il contrario di una persona irascibile, occhialuta e spasmodicamente informatica come Miyako, unico vero complemento dell'indolente cuore di ameba di Daisuke.
Penso che questa sua "lamentela" circa la poca femminilità della sua "miss uomo" sia dovuta allo spettro redivivo di Hikari, fulgido esempio della dolcezza, della delicatezza, della grazia e della femminilità in una comoda confezione tipicamente color pastello che, come sappiamo, ha saputo arrostire Daisuke per bene.

"Avrebbe dimostrato a mr. sono-fidanzato-con-miss-uomo che la ragazza dei sogni può diventare un incubo."

Adoro il sadismo vendicativo di Miyako, l'unica persona che riesce a tener testa a Daisuke senza il benché minimo sforzo, senza pretendere che lui replichi e basta o che stia a guardare se stesso sprofondare nel peggiore degli incubi da un angelo.
A mio parere, Miyako ha sempre avuto un bel potenziale estetico, eclissato dalla sua follia intellettuale e nascosto sotto un paio di lenti troppo poco spesse. Ma Daisuke ha voluto la Barbie: ora ci gioca.

"-Però preferisco che tu sia così piuttosto che una Barbie. Ti prego, dimmi che il processo è reversibile! Non resisterò altri cinque minuti!!-"

Alla fine capisce che il gioco è davvero bello quando dura poco.
Sebbene gli eventi non siano sviluppati tutti nel dettaglio, si capisce l'esasperazione di Daisuke nel riconoscere che i suoi desideri non si sono rivelati ciò di cui aveva realmente bisogno e questa vale più di qualunque prolissità superflua. Miyako e Daisuke sono fatti di poche parole e tante azzuffate: non sono una coppia costruita sul modello preconfezionato a plastificato di Barbie e Ken; non sono tragici e melanconici come i triti e ritriti Romeo e Giulietta; non si sono immolati al sacrificio come Renzo e Lucia; non sono i Summer e Seth dei Digimon; non sono come Kanye e Kim... Non sono nemmeno miscugli recessivi di queste coppie (stra)fatte.
Sono semplicemente Daisuke e Miyako che si prendono, si azzuffano, si allontanano, si avvicinano progressivamente e si leccano le ferite a vicenda, sorridendo e chiedendosi scusa, per poi arrossire a ogni minimo trapelamento dei reciproci sentimenti, orgogliosi ad ammettere che hanno torto, ma che alla fine si riducono allo stesso, insignificante punto di partenza: la sfida.
Tutto nasce da una sfida: con le sue lamentele, Daisuke ha innestato un terribile spirito competitivo, riassunto in parole efficaci in una giornata all'insegna dell'esasperazione totale che si è conclusa con la resa di entrambi, parafrasando un po' il loro eterno ciclo di dissidi.
Daisuke e Miyako continueranno a sfidarsi perché nessuno dei due vincerà mai.


"Miyako avrebbe davvero avuto il coraggio di vendere la loro collezione? I loro videogiochi erano una delle cose che li tenevano uniti. Amavano stare ore e ore a sbraitare in video ludiche battaglie contro improponibili nemici o a sfidarsi in tornei massacranti a suon di Wiimote. Venderli era come vendere una pietra miliare della loro storia d’amore. Il punto d’incontro fra i loro caratteri fin troppo simili per andare d’accordo.
Perché entrambi erano davvero, decisamente, troppo testardi, infantili e pazzamente propensi a buttarsi a capofitto nelle cose.
Quando caratteri così simili si scontrano, c’è il rischio che la faida si perpetri per anni e anni. Ma Miyako e Daisuke giocavano insieme, combattevano insieme, si azzuffavano e riuscivano, sempre e comunque, a non sfaldare mai il filo rosso che legava i loro destini."

La sintesi di una coppia perfetta. Non intesa nei termini in cui la prerogativa è angustiarsi sul perché ci sia tanto vuoto nella propria vita; si usa convenzionalmente il termine "perfetta" perché non si ha definizione per un rapporto fondato sul sinolo tra sfida (verbale o videoludica) e complicità. Tutto ciò è anche riflesso del mio personale desiderio di trascorrere le sere della mia vita a sconfiggere ai videogiochi la mia anima gemella.
Nell'ultima frase, hai riassunto lo spirito di Daisuke e Miyako sfidanti, amanti, compagni di gioco, complici, nemici, amici, poi...

"-Non sbagli, sceriffo, ma non credere che ti basteranno tutte le tue vite per sconfiggere il malvagio Daisuke Black!-"

Ed ecco che una nuova sfida senza vincitori si riapre.
Chi di sfida ferisce, di sfida perisce.
La sfida non è un pretesto per mantenere interessanti i dinamismi della loro relazione: è un vero e proprio collante che, paradossalmente, li unisce ancora di più fino a farli scontrare nella complicità dell'amore che non riusciranno mai ad ammettere; non sarebbero mai capaci di rivoluzionare l'arma più potente che hanno - la conoscenza delle reciproche debolezze - per compromettere l'altro... E metter così fine alla cosa - invece - più bella che hanno e cioè il forte sentimento che - sì - può essere chiamato "amore".
Di quelli incondizionati, di quelli che non ti lasciano nemmeno il tempo di pensare quanto siano grandi, di quelli che ospitano schiere intere di sensazioni che ti fanno toccare il cielo con un dito, così numerose ma così leggere sulla coscienza.

Grazie per questo piccolo capolavoro che leggerò con piacere per le prossime settimane.
S.
Recensione alla storia Le cronache di Osaka - 06/09/12, ore 07:04
Capitolo 1: Capitolo uno
L'efferato simbolismo dei Taiora lo si ritrova espresso in sottigliezze laconiche e loquaci - è ossimorico, ma rende l'idea - che servono a proiettare il lettore in una nuova visione d'insieme: questa è l'idea che mi sono fatta della tua storia, OOC a parte.

"Ma sorride sempre?, pensai mentre d’istinto sorrisi anche io"

Questa è una delle sottigliezze di cui ti parlavo poc'anzi: le sfumature dei sorrisi di Taichi sono molteplici, ma Sora non risente di quelli che potrebbero essere intenzioni fraintendibili, ma riflette il suo sorriso perchè è così che sente e si sente; nella serie il concetto è un pò diverso, ma - forse e dico forse - non intriso di efficacia come questo poichè si tratta sempre di una serie per ragazzi in età precedente alla pubertà e pubescenti, quindi certi argomenti vanno trattati più "alla leggera", sebbene sia presente quella sottigliezza che te lo fa presagire. Insomma ci deve essere un motivo se già presagivo, all'età di sei anni, un certo legame tra Taichi e Sora in particolare, fuori dall'ambito classico dei "migliori amici"


Questo capitolo non evoca la consapevolezza con cui sono stata cresciuta e "nutrita", però dobbiamo sempre ricordare che il primo capitolo è quello della "chiarezza", dove il mazziere dispone le carte sul tavolo e noi dobbiamo scoprirle, una per una, soffermandoci sempre sul "motivo" inconscio per cui abbiamo fatto quella scelta. Il titolo "cronache" ci sta tutto, poichè - almeno da questo capitolo - si evince una certa oggettività, riccamente intarsiata di dialoghi efficaci e descrizioni costruite su concetti minuziosi, ma semplificati in modo da non appesantire la lettura; soggettivamente, avrei preferito una narrazione onnisciente - poichè le "cronache" nello specifico sono sempre trattate con un certo riguardo e un linguaggio poco confidenziale - però se devo essere obiettiva e cosa che devo essere, la storia in generale mi è piaciuta e non poco.
Hai offerto una nuova prospettiva di idee, poichè mi sono spesso ritrovata a pensare a Sora e Taichi coinquilini e magari in un assetto diverso rispetto a quello in cui siamo abituati a vederli, ma non ho mai avuto l'occasione di vederlo incarnato su carta o concretamente; sono piacevolmente sorpresa. Quindi continuerò nella mia sovversiva campagna di "sostegno Taiora", aspettandomi comunque l'inaspettato, non so se mi spiego...

Perdona questa sinottica visione d'insieme; ho bisogno di farmi un'idea più chiara delle dinamiche che possono avere i loro rapporti, prima di stilare giudizi complessivi. Poi il rapporto tra Taichi e Sora è come lo conosciamo tutti, senza bisogno che io dica niente.

Spero di ritrovarmi presto qui e assistere a un tuo aggiornamento.
Alla prossima,
S.
Recensione alla storia il canto della sirena - 29/08/12, ore 09:01
Capitolo 1: il canto della sirena
Partiamo dal trafiletto introduttivo poichè oltre che a una coda, bisogna dare un capo alle recensioni com'è giusto che sia.
Ho già letto qualche altro tuo scritto e devo dire che questo è quello che mi ha instillato le più drastiche emozioni, incatenandomi alle parole come se fossero cantate da sirene ancora più suadenti, anche se ci calza più tritoni per ovvie ragioni. Non azzardo ad abusare del termine "il migliore" poichè sono certa che avrai altre occasioni per mostrare il tuo estro creativo a vele spiegate, come tutti del resto (io sono ancora minorenne, quindi ho ancora da toccare molte tappe e solo da pochi anni ho superato il momento "peggiore", ovvero quello degli insensati neologismi sgrammaticati).
Però se questo è solo l'incipit del tuo cammino di maturazione stilistica ed emozionale, sono certa che in futuro avrò molte altre occasioni di lasciarti una considerazione degna di nota, continuando a rimirare anche sul passato, ma senza confronti poichè da qui potrai solo subire evoluzioni.
Il mio giudizio positivo non è influenzato dal fatto che ho notato una sola, insignificante svista grammaticale che ha reso la lettura stonata, come se avessero sbagliato un accordo nel mezzo di uno squinternato concerto e tutti se ne fossero accorti:
"il te passato" al posto di "il tuo passato", deduco.


Lasciandoci alle spalle la bassa marea, concentriamoci sulla tempesta imminente che si traduce nel cuore pulsante della recensione, quello che maggiormente interessa - o dovrebbe interessare - l'autore.
Sei partita da un incipit spiazzante, onnisciente, che non ti fa rendere conto della situazione e porta a chiederti cosa sia successo, anche se in parte le motivazioni sono concetti abusivi e navigati secondo un occhio critico, anche se non mi ero mai trovata dinanzi a una storia del genere, basandomi sulla mia esperienza personale; è una tematica forte e trattata in modo lieve per non appesantire i toni della lettura, ma sarei stata felice di assistere a un esito più sconclusionato, in cui Tai perdeva sul serio il controllo del suo coraggio e non riusciva a tornare fermamente indietro, anche se il finale ci lascia presupporre il vago: la dipendenza si chiama tale proprio perchè non sai se vi uscirai o meno, poichè è complice della ricaduta; la prima tende le trappole e la seconda è il carnefice. Mi sarebbe piaciuto anche constatare qualche descrizione in più, giusto per renderti cosciente degli influssi delle sirene che cantavano i loro prodigi.
Degno di nota è, invece, il rapporto sconclusionato che hanno le frasi in corsivo e non, che rappresentano rispettivamente la coscienza semplicistica e la realtà psichedelica di Tai.
Il suo coraggio è in balia tra questi due istinti e avvolto in una spira vorticante che altri non è che la nostra famosa dipendenza.

In un primo momento, può passare per "vizio" ed è da qui che prende vita un dualismo di fondamenta che ti porta dal Paradiso al Purgatorio, come se fossi un angelo che fa i dispetti e se vai avanti non puoi far altro che abbandonarti a una lenta e inesorabile discesa verso le viscere dell'Inferno. E' forse una sintesi calzante della storia, solamente che manca il finale: i cherubini sono poi scesi a riprendere l'angelo dispettoso, ma non sapremo mai se è per redimerlo o per giustiziarlo ai suoi vizi. Questa sensazione di vago mi piace ed è ciò che mi ha fatto apprezzare la storia, al punto di recensirla.


Facendoti conscia di un potenziale portento di cui devi fare tesoro, attendo il momento in cui il tuo cammino di maturazione stilistica sarà completo e penso che quel giorno non sia lontano.
Ancora grazie per la piacevole lettura.


Alla prossima,
S.
Recensione alla storia Unbreakable bond - 15/08/12, ore 19:49
Capitolo 4: Odaiba 2005, Aprile.
Efferrato realismo, stralci di capitoli che ti frustano come un refolo brinato non appena metti il naso fuori di casa, eventi che rifluiscono come parole di un fiume in piena: non è poesia in prosa, ma un incipit che potesse calzare al coinvolgimento emozionale che sentenzia il definitivo flusso di pensieri che scorta Taichi verso il calvario per prendere finalmente coscienza dei suoi sentimenti e smettere di angustiarli, riconoscendoli solo come l'ennesimo ostacolo che attenta al legame tra lui e Sora, che rischia di sfociare oltre la reciproca fratellanza.
C'è realismo in tutto questo, perchè chiunque può riconoscersi in questa stasi che inizia a dar segni di cedimento; prediligo particolarmente questi stili dalla semplicità mordace, quasi efferrata, che sortisce l'effetto di un'arma a doppio taglio: non è mai ciò che ti aspetti.
La storia è costruita su un meccanismo altrettanto precario, che potrebbe deflagrare in un delirio di proporzioni cosmiche, anche se per ora vi è stato un periodo di placidità - infanzia - e ora di quiescenza - prima fase della pubertà, quella della coscienza - quindi non resta che affidarsi al naturale scorrere degli eventi. Il confronto sembra ormai inevitabile, ma come abbiamo appurato dalla serie stessa, Taichi si rifiuta di vedere le sue emotività con gli occhi della realtà e difficilmente si ferma a riflettere sulle sue volubilità; questo il Taichi pubescente, poichè il Taichi bambino - almeno nella serie - si lasciò trasportare da queste riflessioni di pensiero che lo portarono a salvare Sora a tutti i costi dalle grinfie dei malvagi. Questa una delle grandi pecche di Digimon, questa piccola sfumatura che poteva sfuggire agli occhi nudi, si è dissolta definitivamente. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Nella storia questa prerogativa sconosciuta a molti di Taichi, è portata alla luce da Yamato, ma mi soffermerò meglio su questo passaggio man mano che proseguiremo con la recensione - tu con la lettura, io con la stesura.


Andiamo con ordine.
Ci troviamo in un contesto visibilmente adolescenziale: i soliti "heart - to - heart" delle brigate di giovani, che mettono un pò d'ordine nei programmi settimanali e inevitabilmente tutte queste accozzaglie rifluiscono in concetti che sono esclusiva prerogativa dei personaggi e che offrono al lettore un pezzo di vita, anche se sono vogliosi dell'intera porzione (solo leggendo i capitoli, si può davvero assaporare non una razione, ma l'intero pasto), quali la patologica timidezza di Koushirou e Jyou nei confronti del loro amore represso, la passività di Yamato, Taichi e Sora che nelle loro interazioni fanno quasi tenerezza e sono uno spettacolo gradevole sotto ogni aspetto. C'è la semplicità mordace di cui parlavo prima: i loro gesti sono plausibili, del tutto coerenti con la realtà in sé e riescono a scaldare il cuore del lettore. Insomma non è affatto facile, anzi certe volte è considerato un azzardo, confidare nell'efficacia di gesti semplici e quindi gli autori rasentano il ridicolo e cadono in spire ancora più intricate di cespugli di rovi selvatici o trovano lavoro come sceneggiatori di soap opera.
Mi complimento ancora una volta.
Proseguendo per il nostro altrettanto intricato viaggio sulla strada del giudizio, metti subito al corrente il lettore di vari cambiamenti in quel lasso di tempo di cui ci hai tenuti all'oscuro, quali l'assenza di Mimi, l'avvicinamento e la scoperta dei sentimenti dolci tra Takeru e Kari (amen!), il nuovo passatempo di Sora, la band di Yamato e ovviamente le consequenziali gelosie di Taichi, divenuto ancora più simbiotico - non mi piace la parola "morboso", l'ho già detto - nei confronti dell'amica, divenuta nel frattempo una donna.
E Taichi nel rendersi conto che ormai la sua amica è una donna a tutti gli effetti, scopre a malincuore che il loro rapporto non potrà mai più essere come una volta, non solo inerente alla coscienza dei suoi sentimenti - non diversi da quelli che la sorella prova per Takeru - ma anche al fatto di non poter più dormire insieme a lei come quando erano bambini, che lui non sarà l'unico uomo della sua vita essendo il padre venuto a mancare e quant'altro: questi timori amalgamati ai sentimenti per Sora si traducono nella gelosia evidente per Meiji e nella passiva indifferenza nei confronti di Ayako, che hai descritto come una ragazza molto bella, coi suoi occhi chiari estremamente rari nel Sol Levante.

Uno dei miei passaggi preferiti è stato quello dell'arrivo trafelato a casa di Sora, con la stessa noncuranza di sempre, solo che stavolta aveva dei conti in sospeso con una malattia che non aveva niente a che fare con la calura di un febbrone; è molto più permanente e i postumi si fanno sentire quasi subito, è difficile rimarginarli. Quel parallelismo con la febbre è abusato, ma efficace, poichè lo modelli secondo esigenze inevitabili e ti spiego perchè ho trovato il tuo modo di interpretare i principi di un amore adolescenziale: chiunque conosca Digimon, etichetta Taichi come il "non - vedente oggetto del desiderio represso", che si rende conto del valore dei suoi sentimenti solo quando lei se ne va con l'altro; in questo caso è stata Sora l'orba di turno, poichè non ha compreso fino in fondo i sentimenti di Taichi. Ciò è più che plausibile, ma mi è piaciuto che per una volta è stato Taichi quello "frainteso dai fatti".


Altro particolare interessante, che si rifà in modo calzante al fatto che Taichi non considera Sora una "donna" nell'accezione carnale del termine, è il fatto che nel narrare i fatti ti riferisci a Sora con il termine "amica" nei contesti in cui è presente un'interazione tra i due; poche volte ho intravisto il termine "ragazza". Ciò enfatizza ancora più efficacemente la difficoltà di Taichi nel guardarla con occhi diversi, pensare fuori dal quadrato e dalla loro nicchia simbiotica che si lascia alle spalle la fanciullezza una volta per tutte. Che sia intenzionale o meno, poco importa. Di solito le scoperte sono per caso. Io stessa mi trovo davanti a lettori che intravedono "messaggi subliminali" assolutamente casuali nei miei scritti.


Invece nel discorso finale tra Yamato e Taichi vi è un'allusione, seppur patetica, di speculativi risvolti sentimentali da parte di Yamato nei confronti di Sora, mostrandosi ancora una volta il perno focale della miccia emozionale di Taichi, l'unico che riesce a colpirlo nelle sue volubilità proprio per la sua visione quasi ostica della vita; ciò che differenzia Taichi da Yamato, non limitandosi al campo amministrativo dell'estetica, è il fatto che uno agisce per vece delle proprie emozioni, smascherando spesso e volentieri le sue debolezze; l'altro è uno stratega di suddette emozioni, è un ragioniere calcolatore, quasi machiavellico e riesce a piegare a modo suo gli eventi, ma al contempo nasconde una vena profonda che lo porta ad avvicinarsi in modo più concreto al cuore delle persone, inclusa la stessa Sora o anche Taichi, come ha dimostrato questo capitolo.
I ruoli rispettivi di Yamato e Taichi nelle battute finali si rifà in un certo a senso a quello effettivo che ricoprono nella serie, nella prima almeno: Yamato dà le istruzioni e Taichi le effettua, seppur contrariato.
Nella seconda, Taichi matura una nuova concezione che lo porta ad accettare di buon grado la presenza di Yamato nella vita di Sora. E' una sorta di "scambio di favori". Chissà se ciò sarà presente anche nella tua storia, ma sarebbe allettante - per non dire incoraggiante - vedere un Taichi che lotta con le unghie e con i denti per lo struggente amore per Sora, naturalmente rimanendo nella personale semplicità mordace che ti caratterizza.



Un'ultima insignificante postilla; perdona il mio patologico e schizofrenico criticismo: mi spiace notare che hai sbagliato più volte il cognome di Yamato. Dopo il divorzio dei suoi genitori, lui si firma col cognome del padre e quindi Ishida, non Takaishi che è quello di Takeru, affidato alla madre.
E' solo un appunto, un monito per così dire, nessun dito inquisitore o accusatore poiché la stilistica colloquiale calza alla perfezione.



Spero trascorrerai un sereno Ferragosto, che prospererà nuove concezioni e congetture e ti porti a scrivere presto un nuovo, prolifico capitolo che riempirà volentieri le mie giornate di torpore e inerzia.
Alla prossima,
S.
(Recensione modificata il 16/08/2012 - 02:08 pm)
Recensione alla storia Unbreakable bond - 03/07/12, ore 10:49
Capitolo 3: Odaiba 2002, Marzo
Parto da un sentimentalismo assolutamente filler ai fini della recensione in sè, ma ci tengo a fare partecipi tutti, che ci posso fare... Questo capitolo ha una certa importanza 'sentimentale' per me, poichè - inconsapevolmente - l'hai pubblicato proprio il giorno del mio compleanno, nonchè il terzo che passo in questo fandom.
Riguardo all'errore sul cognome di quei due dei biondi, in questo capitolo non mi è parso di scorgere alcuna imprecisione che possa definirsi madornale, anzi non ce ne sono affatto per dirla tutta e di questo me ne compiaccio; tipo c'è quella testa di legno di mia sorella che colleziona 'orrori' di primo stampo nei suoi temi e apriti cielo quando cerchi di farglieli notare, purtroppo il suo metodo d'apprendimento da menomata è tutta causa dei geni difettosi, poichè quelli sani sono andati a me *facepalm*
Ad ogni modo, grazie anche per la costruttiva lezione preliminare di medicina ^.^


Sora è una Mary Sue d'altri tempi.
Naturalmente non la intendo nei canoni bigotti della Mary Sue tradizionale, ma molti - specialmente coloro che non simpatizzano particolarmente il genere Digimon - potrebbero equivocarla.
Leggendo man mano l'evoluzione emotiva di Sora l'ho trovata perfettamente coerente con sè stessa e a dir poco realista, plausibile diciamo. I riflettori del fanatismo esagerato vanno tutti a Taichi: Parlandoci chiaro, penso che tutti, con dialogo lecito e sincero, avrebbero alla fine compreso in un certo senso quelli che sono i desideri della tua migliore amica. Ma le esigenze di copione sono anche concrete e plausibili, quindi non mi permetto mai di criticare la veridicità dei fatti; anche perchè se c'è un luogo in cui le inibizioni vanno a farsi benedire è proprio la scrittura.
Nel complesso mi piace molto come hai trattato l'argomento.
Ho notato che riesci a districare la drammaticità di alcuni argomenti con frasi che spiazziano al colpo, ed è in queste 'chiavi' che si riconoscono le giunture che legano emotivamente il personaggio al lettore, la realtà con la situazione e riesci a immedesimarti appieno, pur non avendo una diretta conoscenza della situazione in sè. Per esempio non ho mai giocato a calcio e tantomeno mi sono ritrovata in ospedale ad affrontare un'operazione.
Campo di singhiozzi e continenze reumatiche :3

Inutile soffermarsi anche con la maestria con la quale tratti il rapporto tra Taichi e Sora.
Yamato lo ha definito 'morboso', ma la parola più calzante sarebbe 'simbiotico'. Basti pensare a cosa ha corso Sora per non vedersi portar via la sua potenziale metà e la cosa è più che comprensibile poichè sintetizza il vero valore dell'amicizia. Sora è l'amica - tipo di cui tutti non potrebbero far a meno. Troppo perfetta, ma senza stonare.
E non ho potuto far altro che sorridere vedendo la palese gelosia di Taichi nei confronti dei compagni di squadra, quasi come un padre o un fratello geloso e - perchè no - un qualche sentimento represso ci potrebbe stare ;)
Un paragone dell'atto di Sora lo si potrebbe fare con quello di Tai nella puntata in cui Greymon superdigievole, rimasta nella storia come la pietra miliare che ha consacrato Taiora nell'Olimpo delle Best Couples Ever!
L'ho considerato come una specie di 'ringraziamento' ;)
E sono stata anche lieta di notare come Digiworld ha modellato la sensibilità di Taichi così superbamente -.-
Purtroppo, il protagonista orbo è una piaga sociale di tutti i prodotti nipponici (L'esempio più calzante lo si ritrova in Cloud Strife di Final Fantasy VII, che mi ha fatto perdere il lume della ragione) quindi dobbiamo adattarci, compensandolo con uno scaltro e sveglio co - protagonista - in genere con munizioni da dio di Valhalla e spasticamente sogghignante - che sovente ricopre il ruolo di terzo incomodo ed è bramato assiduamente dalle fangirl.
Questi uomini di carta!


Il prossimo capitolo sarà ambientato alle superiori. Bene, un ottimo modo per bruciare un pò di carne sulla brace.
Mi aspetto tutto e niente. Che tu ne sappia più del diavolo? ;)
Fatto sta che la storia prende una piega sempre più interessante, ora che sono finiti gli anni dell'amicizia e iniziano quelli dell'amour.
E che qualche Cupido non ci metti lo zampino...


Alla prossima,
S <3