Cara Maiko!
Questo capitolo è un colpo al cuore, una corsa sulle montagne russe. Succedono tante, tantissime cose – come in tutti i tuoi capitoli, del resto, tante che è difficile raccogliere le sensazioni e le emozioni che trasmette questa storia e cercare di renderle in una recensione. Marta non sta solo crescendo di capitolo in capitolo, ma sta anche espiando la sua cecità verso il fratello. Anche se nella sua posizione sarebbe stato difficile, per non dire impossibile, capire in che stato versasse Camus, lei si sente comunque responsabile per non aver compreso. Ferita, stanca, estenuata, riesce comunque a raggiungerlo e a cercare di fare del tutto per consolarlo e curarlo. Le cure fisiche e precise, spiegate con dovizia di particolari senza risultare mai pesanti, si accostano alle cure dello spirito, alle carezze e alle attenzioni verso una persona cara, carissima, che versa in una condizione così disperata. Tutto questo sembra non bastare e sembra che nonostante l’intervento di Marta e di tutti i suoi amici e divinità comprese, Camus sia costretto a cadere vittima dei piani del mago. Il finale del capitolo, con lei che tenta il tutto per tutto col massaggio cardiaco, è straziante e bellissimo (e mi sa che finita la recensione vado a sbirciare).
L’altra cosa che mi è piaciuta moltissimo è che nella crescita di Marta c’è sempre più una dose di autocritica. Prendiamo la scena che si svolge nella Genova contemporanea, quando gli sgherri del mago interrompono la fuga dei nostri eroi cercando di ritardarla e appaiono Efesto ed Hermes. Lei non può non nutrire un forte contrasto nei confronti di questo padre divino che non l’ha mai cercata prima e che gioca a fare il padre comparendo, sì, ma troppo tardi. Naturalmente c’è poco tempo per risolvere questioni che meriterebbero, come giustamente dice Marta, di stare seduti tutti e 4 a un tavolo, insieme, ma è interessante che mentre lascia Genova la guerriera analizzi con una certa lucidità ciò che vorrebbe da suo padre. Il momento in cui distruggono il tempio e il buon Manigoldo prova a stemperare la tensione è fantastico e trovo sia perfetto per alleggerire una trama complicata e drammatica – in qualche modo qualche battuta può rendere ancora più esaltanti i momenti topici e tragici proprio perché ci mostra il lato più umano di questi guerrieri comunque condannati a morire nel giro di pochissimi anni. L’altra cosa che ho amato è il senso di urgenza che permea il capitolo, la sensazione di pericolo che non lascia mai Marta e che si rivela solamente alla fine, quando si ritrova a lottare contro qualcosa che paralizza e sente il mago farsi beffe di lei. Dovrei parlare anche di Dègel, naturalmente, e di Cardia. Li adoro, lo sai, ma adesso che Camus è in fin di vita la loro posizione è più defilata, sebbene siano presenti e attivi, con la bambina nell’ospedale e quando Dégel si fa spiegare come eseguire un’iniezione intramuscolo. Confesso di essere del team Michela e di volere disperatamente che Marta e Dègel possano stare insieme (l’accento di Degel oggi mi sfugge, ma se mi fermo a controllare com’è scritto poi mi perdo per strada i pezzi di recensione), ma ho apprezzato che Marta abbia, al momento, liquidato la cosa, proprio perché è concentrata sul poco tempo che le rimane prima di salvare Camus.
L’ultima considerazione vorrei farla su Antoinette, la mamma di Marta: non mi aspettavo di meno dalla madre di due cavalieri (tecnicamente in fondo anche Marta lo è) e credo che Efesto, a suo modo, al modo egoistico degli dèi, l’abbia amata e sia stato riamato, altrimenti una donna così brillante e capace non avrebbe fatto due figli con lui. Sperando di riuscire a passare a stretto giro, ti faccio i miei complimenti per un capitolo intenso, che mi ha fatto battere il cuore e… delirare un po’ in recensione, decisamente!
Un abbraccio forte forte,
Shilyss |