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Autore: MaikoxMilo    26/08/2013    6 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 36

 

UN AIUTO INASPETTATO

 

Il caos regna sovrano nel intorno a noi. Persone di ogni genere e grado cercano di allontanarsi il più velocemente possibile da questa zona e uscire così dall'ospedale in qualche modo; da tutte le parti il terrore dilaga, palesandosi negli occhi vitrei dei bambini e in quelli confusi degli adulti loro famigliari. Chi può prende il proprio piccolo e scappa a piedi, stringendolo a sé con la forza della disperazione, ma già si diffondono nell'aria echi di altri bimbi immobilizzati a letto e impossibilitati a fuggire.

Le loro urla si insinuano con forza all'interno dei miei timpani, trasmettendomi l'impulso di agire immediatamente per aiutarli ma, per qualche motivo, le mie gambe non riescono a muoversi in nessuna direzione. Sono come paralizzata.

"Santo cielo! Efesto mi aveva avvertito che gli sgherri del Mago avrebbero potuto attaccarvi anche in un simile frangente, ma non avrei mai pensato che arrivassero a questo punto! Maledetti!!! Non si fanno problemi ad attaccare un ospedale pediatrico, hanno rigettato davvero la loro umanità!" sibila mia mamma, uscendo anche lei dallo scantinato con lo scatolone in mano. Nel procedimento è aiutata da una forzatamente calma Francesca che sta usando ogni mezzo in suo possesso per rimanere lucida.

'Maneggiare con cura. Fragile' vi è scritto a chiare lettere sul contenitore. Dovremo stare dunque attenti a non scuoterlo troppo, ma come facciamo se siamo sotto attacco?! Anzi, che il piano degli sgherri sia proprio quello di rompere il prezioso medicinale e di bloccarci qui in questa dimensione?! Istintivamente stringo i pugni con forza mentre un qualcosa di atroce, scuro e serpeggiante, si muove dento di me, fomentando la mia rabbia e... la voglia di distruggere!

No, non lo permetterò, maledizione, farò terra bruciata di ogni ostacolo si intrometterà tra me e la salvezza di mio fratello! Li massacrerò, li disintegrerò, non rimarra niente di loro, non rimarrà... sobbalzo, tornando in me nel percepire qualcosa strusciarmi tra le gambe nel tentare di fuggire via da tutto questo sfacelo.

E' un qualcosa di tremendamente piccolo, mi è appena passato oltre, superandomi, per poi dirigersi goffamente verso le scale. Per qualche secondo i miei occhi sono catturati dal suo corpicino avvolto dalle bende: la bambina, perché di questo si tratta, deve avere grossomodo 5 o 6 anni e sta facendo del suo meglio per scappare via da questo inferno... da sola...

Sbatto più volte le palpebre, tentando di scacciare via alcuni ricordi che mi hanno colto nel bel mezzo del pericolo: la bimba che prova a scappare mentre tutto intorno a lei si sgretola, mi ha ricordato una me stessa, più cresciuta, alla disperata ricerca di raggiungere... lui... nel mezzo di una alluvione che tutto travolge. L'effetto che ha su di me il rammentare questa mia memoria, è pari, come intensità di dolore, ad una stangata in pieno stomaco.

Io. La pioggia scrosciante. Il lampo. Il buio. Sola. Proprio come lei.

Prima di riuscire a riprendermi un minimo, un nuovo attacco fa tremare tutto l'edificio, incrinando paurosamente il soffitto proprio sopra la bambina. Un ulteriore tremore, più forte dei precedenti...

NOOOO!!!” grido del tutto impotente, mentre al mio urlo strozzato si aggiunge quello delle mie amiche e di mia madre. Crolla ll'intonaco, crolla, come un macigno, esattamente sopra la testa della bambina.

La vedo istintivamente raggomitolarsi su sé stessa, preparandosi ad essere schiacciata, le mie gambe sono come blocchi di ghiaccio, non si muovono minimamente. Ho giusto facoltà di mettere le mani davanti alla bocca, prima di vedere una luce luminosa ridurre completamente in polvere ghiacciata il calcinaccio che stava precipitando sulla bambina. Una luce dorata, calda, nonostante il potere che ne deriva, due mani che protraggono verso la piccola, prendendola dolcemente da sotto le ascelle per poi sollevarla con grazia, come se fosse un fuscello.

Va meglio?” chiede con dolcezza Dègel, in tono persino più dolce e caloroso del solito

La bimba è salva, lentamente si dischiude dalla posizione che aveva assunto per tentare di proteggersi. Si mette poi ad osservare il Cavaliere con espressione meravigliata, quasi boccheggiando a vuoto.

"Va meglio, vero, piccola?" riprova a rassicurarla Dégel, modulando ulteriormente la voce e regalandole una carezza tra i capelli biondi.

Lei riesce a stento ad annuire, mentre la paura di ciò che ha rischiato torna prepotentemente e spietata ad invaderla, facendola poi scoppiare a piangere con tanto di sighiozzi e lacrimoni fitti fitti. La vedo appendersi al suo collo, terrorizzata, affondando il viso nell'incavo della sua spalla. Trema tutta, piccina... un nodo mi si stringe in gola nel vedermela così, anestetizzando totalmente l'onda nera di distruzione che avvertivo fino a poco fa.

Ti porteremo al sicuro, non hai più nulla da temere, non sei più... sola! - le sussurra ancora Dégel, riportandola teneramente alla calma con leggere pacche sulla schiena - Sei stata molto coraggiosa, sai?"

Rimango a fissarlo inebetita, sia per la tempestività che ha avuto, sia per la tenerezza della scena. Allo stesso tempo però una sensazione di vera e propria amarezza mi investe in pieno di fronte alla mia totale inettitudine. E' vero, i Cavalieri sono abituati a reagire prontamente ai pericoli, del resto loro si allenano da anni, mentre noi solo da pochi mesi. Tuttavia... se oggi non ci fosse stato Dègel insieme a noi, una variabile impazzita che non avrebbe dovuto neanche essere presente in questo tempo storico, una bambina innocente sarebbe morta per via della nostra inesperienza.

Sarebbe. Morta. Già. Perché nessuna di noi avrebbe potuto fare nulla qui e ora.

Oh, Dégel... perché proprio ad una persona meravigliosa come te un destino così angusto nel prossimo futuro?! I-io...

Ehi, Marta!”

Mi volto istantaneamente verso Michela, accorgendomi appena che la mia amica mi sta continuando a dare delle gomitate piuttosto forti al fianco destro. Brillano i suoi occhi; brillano in maniera folgorante, forse secondi solo ai miei che sfiorano la devozione.

Marta, fallo per me: sposati quell'uomo!” mi grida all'orecchio, completamente estasiata, strattonandomi il braccio come se dovesse convincermi.

"Michy, io..."

"Vi amate, lo so, ed è la persona giusta per te, finalmente!" riprova, a voce un poco più bassa nel vedermi sempre più contrita.

Sospiro rassegnata, discostando lo sguardo dolente da lei per poi dare la schiena perfino a Dégel. E' lampante non abbia capito la mia, nostra, situazione, altrimenti queste domande non le porrebbe e... fa davvero tanto male, da togliere il fiato, la mia decisione, ciò che sto perdendo...

"Ehi! - altra gomitata, stavolta il tono si è fatto più acuto e apprensivo - Perché fai così? Non..."

Michy, io... non posso salvarlo. Non... posso! Ti prego, finiamola qui, con questo discorso!” sussurro piano, sorridendo amaramente. Mi viene da piangere, di nuovo, ma non lo farò, no, devo essere radiosa come Seraphina, devo!

Michela è di nuovo sul punto di chiedere spiegazioni, ma indovina qualcosa nel mio sguardo sempre più rassegnato e decide di tacere. Le sono grata, respirare è diventato difficile, mi fa male il petto e...

 

Marta, in battaglia e nelle emergenze, oltre al solito proverbiale sangue freddo, devi ricacciare indietro tutti i ricordi del passato, solo così riuscirai a non distrarti nel mezzo di una lotta potenzialmente mortale. Ricordalo bene, piccola mia, e serba quanto ti ho detto dentro di te: non lasciarti mai imbrigliare dalle emozioni, mai, ne potrebbe andare della tua vita, o di quella degli altri!

 

Sussulto nell'udire la voce forte e chiara di mio fratello dentro di me, come se mi stesse abbracciando.

Camus... riesci ancora a raggiungermi, in qualche modo, malgrado tu sia ad anni luce di distanza, malgrado tu giaccia in fin di vita e stia combattendo la battaglia più dura della tua vita. Riesci ancora a raggiungermi...

E' così caldo e accogliente il suo timbro vocale, sebbene, in fondo, si tratti di un rimprovero; un rimprovero per non essere ancora riuscita a fare ciò che lui ha tentato più volte di insegnarmi. Non capisco comunque se la sua voce giunga a me tramite un ricordo o se, essendo uniti da un legame che trascende il tempo, riusciamo a comunicare per brevi secondi. In ogni caso, mi basta questo per sforzarmi di reagire dal torpore che mi stava avvolgendo: lui sta continuando a combattere, lo stesso farò io!

Stringo con forza i pugni e mi mordo il labbro, più determinata che mai. Ancora una volta, non mollare, fratellino, attendi il nostro arrivo, non manca più molto, ormai: ti salveremo!

"Maledetti vigliacchi, la misura è colma!"

Sobbalzo nel rendermi conto che colui che ha pronunciato una simile frase in un tono così aspro, è Dégel, che adesso ha preso a fremere visibilmente, furioso, sebbene il palmo della mano sia ancora posato protettivamente sulla nuca della piccola.

"Attaccare un ospedale dove si trovano dei bambini malati, solo per colpire noi, è una cosa da barbari sanguinari, non avrò alcuna pietà di voi!" continua, scaldandosi ulteriormente, desideroso di fargliela pagare.

"Fiuuuuu, fiuuuuu! - fischietta Cardia, occhieggiando nella nostra direzione in cerca di complici - Delizioso come arde, no? E poi raccomanda agli altri il sangue freddo!" commenta, divertito, fortunatamente non udito da lui perché l'avanzare intrepido -e inaspettato!- di mia madre catalizza l'attenzione su di lei.

Dégel, le tue parole sono degne dell'uomo meraviglioso che sei, ma non avete più molto tempo, mi capisci? Lasciate a me tutto questo, è mia responsabilità!” lo interrompe infatti, posando istintivamente la sua mano sul braccio della precedente vita di suo figlio.

Per un solo istante, al suo profilo si sovrappone, nella mia mente, quello di Camus, e lo stesso deve capitare a Dégel nel rendersi conto delle notevoli somiglianze tra i due. Gli ci vuole un po' per riprendere il controllo su sé stesso.

Ne sono consapevole, ma... è colpa nostra se hanno attaccato questo luogo, ed è preciso dovere di Cavaliere difendere i più deboli!” ribatte serio, stringendo ancora di più a sé la bambina che tiene tra le braccia.

Per pochi secondi mia mamma apre la bocca in un perfetto 'o' ricco di ammirazione. Anche lei deve aver trovato qualcosa, in Dègel, di Camus, anzi, molto più di qualcosa, ne sono certa. L'anima, lo spirito, è d'altronde la stessa, sebbene siano due persone diverse formate da esperienze altrettanto diverse.

Cosa c'è? Perché mi state osservando così, mia signora?” chiede ad un certo punto Dègel, leggermente imbarazzato dall'occhiata, poi sorriso malinconico, di mia mamma.

Oh, scusami... semplicemente ho pensato che mio figlio Camus deve essere orgoglioso di avere proprio te come precedente vita, inoltre, ne sono sicura, anche lui in tutti questi anni deve aver salvato molte vite umane. Sono... sono fiera di lui, anche se non l'ho potuto vedere crescere" sospira infine, posandosi una mano sul petto.

"E dovete sempre esserlo, mia... mia signora! - acconsente lusigato Dègel, non nascondendo un sorriso triste - E' davvero come dite, ha salvato molte vite umane e... e anche io sono orgoglioso di lui. Il futuro per il quale sto combattendo... è in mani sicure!"

"Ti ringrazio delle belle parole, sei nobile d'intenti e gentile, mi... mi rendi più facile sopportare il peso di averlo lasciato andare in tenera età per intraprendere la strada del Cavaliere - sussurra ancora mia madre e, per un istante, pur avendola sempre reputata una donna forte e risoluta, ho come la sensazione che stia per scoppiare. Ma è solo un attimo di smarrimento – Comunque... proprio per salvare questo futuro che voi tutti state proteggendo, dovete tornare indietro al più presto, Dégel! Affidami pure Matilde, ti prometto che ne avrò cura personalmente, d'altronde è una mia paziente!” afferma con ritrovata energia, rigettando indietro i tentennamenti.

Matilde...” ripete lui, poco prima di affidarla alle braccia della mia maman e chinarsi per prendere la scatola con dentro i medicinali

Sì, è il suo nome! - afferma ancora lei, sorridendogli con calore - Andate, forza, e non voltatevi più indietro. Questo è il mio ospedale, risolverò io la situazione qui!”

Parole che mi fanno letteralmente prendere un colpo.

No, non lo posso permettere!!! Non puoi affrontare gli sgherri del Mago da sola, non sai di cosa sono capaci, non sai quello che quel mostro ha fatto a Camus! Io resto con te, posso difenderti ora, sono abbastanza forte!” mi oppongo con decisione, cercando il sostegno visivo delle altre che infatti alzano di riflesso le braccia come ad indicare che loro sono con me. Sempre.

Tesoro, capisco i tuoi sentimenti in questo frangente, ma so badare a me stessa, dovresti ben saperlo!"

"Lo so bene, Mami, mi hai cresciuta senza mai farti battere dalle difficoltà, ma non hai un cosmo, non hai..."

"E pensi quindi che sia inutile solo perché non sono... speciale... come lo siete tu e tuo fratello?!"

"No, non è questo, è che..." sono di nuovo sul punto di piangere, mi pizzicano gli occhi, dannazione, perché non riesco mai a rendermi utile?!? Perché sono sempre così debole?! Appena... appena mi sembra di essere un poco più forte subito un nuovo ostacolo si pone davanti a me. Io... è tutto così frustrante!!!

Per l'ennesima volta rifiuto le lacrime con tutta me stessa, ma devo avere un'espressione talmente al limite stampata in faccia da spingere mia madre ad accarezzarmi dolcemente i capelli, giocherellandoci un poco come faceva quando ero piccola.

"Non sono io ad aver bisogno di te adesso, mia giovane gabbianella, ma Camus..."

"Mamma..."

"Vai da lui ora, e... - prende una breve pausa, gli occhi le si fanno lucidi - proteggilo come non ho saputo fare io!"

Istintivamente la abbraccio sul lato libero, chiedendomi tacitamente se mai la rivedrò dopo questo brevissimo incontro. Non una parola di più, non occorre. Fisso la mia espressione nella sua, con determinazione sempre pià crescente, voglio che la senta nitidamente su di sé la risolutezza del mio sguardo, voglio che si senta rassicurata, che sappia che darò l'anima, anche di più, per salvare Camus dal suo ingrato destino. Ad ogni costo!

Lei sembra percepire tutto questo, le è arrivato dritto al cuore, lo capisco dalla lucentezza dei suoi occhi. Poi torna a concentrarsi sugli altri.

Uscite dalla porta di emergenza e dirigetevi verso la Lanterna di Genova, quello è un luogo antico, quindi il potere della collana che Dègel porta con sé può funzionare per riportarvi indietro! Oh, tesoro... - si ferma un attimo nel richiedere ancora una volta la mia espressione – sai già come iniettare la cura: due volte al giorno, mattina e sera, braccio o glutei non fa differenza, la vita di Camus e degli altri dipende da questo!”

"Lo so, mami, mi hai insegnato tu!" rispondo, pratica, intravedendo comunque Cardia poco più in là fare una faccia strana e massaggiarsi il fondo schiena come se la puntura gliela avessero fatta a lui.

"Faremo il possibile per essere d'aiuto!" interviene anche Francesca con un pizzico d'urgenza.

Mia madre le sorride, poi fa per andarsene, ma un mormorio della bambina, che allunga il braccio in direzione di Dègel, la blocca momentaneamente. La piccola, agitandosi, insiste, non riuscendo a raggiungere il suo obiettivo con le dita e sbuffando, sul punto di singhiozzare nuovamente.

"Dégel, scusami, potresti..?"

Ma il Cavaliere dell'Acquario, senza bisogno di direttive, affidando i preziosi medicinali a Michela e Sonia, si è già mosso verso di lei, sostenendole delicatamente la manina, così minuscola, se paragonata alla sua, di uomo forte e coraggioso.

"Cosa c'è?" le chiede teneramente, sorridendole con calore.

S-solo... gracie!” farfuglia la piccola, stringendo le dita sul suo palmo prima di esigere una nuova carezza tra i capelli che le viene subito regalata.

Non ho fatto nulla, piccola! Piuttosto... promettimi che crescerai sana e forte e che non dimenticherai mai quanto unico ed irripetibile sia il dono della vita... - le parla, sempre con quel suo modo speciale di modulare la voce - Quando sarai grande, ti renderai conto che puoi fare, o non fare, molte cose, altre invece saranno fuori dalla tua portata, ma non ti spaventare! Sul percorso, ti accorgerai che, persino la fiammela custodita dentro di te può brillare intensamente per qualcuno: sarai luce tu stessa per gli altri, e ne avrai altrettante intorno a te disposte a camminare al tuo fianco. Vivi, piccola Matilde, percepisci tutto quello che puoi di questa vita, il calore, l'affetto, il fresco dell'acqua in estate e il caldo della coperta in inverno. Sai, questo mondo sa essere meraviglioso, anche se tremendamente labile, merita di essere vissuto ogni singolo giorno. A te, per quelle come te, dedico il futuro; per te, per quelle come te, sarà lieto di consacrare la mia esistenza!” mormora ancora con dolcezza, anche se il tono, soprattutto nella parte finale, gli trema un po'. Scaccia comunque via la tristezza appena marcata sul suo viso, dandole un tenero buffetto sulla guancia rosata.

Grazie... grazie davvero a tutti!” ripete mia mamma, poco prima di dirigersi verso le scale di emergenza con la bambina in braccio che fa 'ciao, ciao' con la manina.

Rimango ferma ed immobile, guardandola scomparire dietro un muro mentre un nodo mi si forma in gola. Se non fosse per la mano di Cardia che si posa sulla mia spalla per rinfrancarmi, rimarrei così per sempre!

"Non hai di che temere, ha la pellaccia dura, come te!"

Ma diniego con la testa, sospirando: "Non ho la sua forza..."

"Oh, la hai, la hai, custodita gelosamente dentro di te, come se avessi paura a mostrarla, ma la hai!"

"Cardia..."

Forza e coraggio, dobbiamo andare! - mi incoraggia ancora lui, dandomi pacche sulla spalla – Condividete la stessa audacia e temerarietà, del resto, siete madre e figlia!” aggiunge ancora, facendomi l'occhiolino.

Come riesca a rinfrancarmi in ogni situazione, anche la più disperata, lo sa solo lui...

Bandendo quindi tutti le esitazioni, e organizzandoci a turno per trasporare il prezioso materiale che salverà la vita dei nostri amici, ci avviamo verso l'uscita di emergenza il più velocemente possibile, trovandoci ben presto in un cunicolo abbastanza stretto e scarsamente illuminato, se non qualche luce fioca sulle pareti laterali.

L'odore che si respira di chiuso ha in sé un qualcosa di estraniante e potenzialmente stordente. Qui, prima che costruissero l'ospedale, vi erano ville e giardini, mia madre conosce la struttura a menadito, quando ero ancora una bambina, i nonni non mi potevano tenere e lei aveva un poco più di tempo libero, mi portava a conoscere tutti gli anfratti di questo luogo, e tuttavia qui non mi sembra di esserci mai passata.

Giuro che sto morendo più per il tanfo che si sente qui dentro che per il mezzo infarto di prima, o che per le ferite subite. Diavolo, queste ultime in particolare sembrano una sciocchezza se paragonate alla puzza di codesto sito, ma non è che ci lasciano i cadaveri qui dentro?!” commenta sarcastico il Cavaliere di Scorpio dopo una serie di minuti, innervosito dal nostro continuo camminare in un luogo tanto angusto e uguale a sé stesso in tutte le sue parti.

Cardia, se hai ancora così tanto fiato in corpo, preservalo per le eventualità, non per lagnarti a vuoto, di grazia!” ribatte Dégel, infastidito dal tono del compagno.

Oooohh, già finita la vena dolce?! E' durata poco! O sono le bambine ad ammollarti?!”

Urgh... - non lo posso vedere in faccia, affaccendata come sono a portare lo scatolone insieme a Francesca, ma sono sicura che sia arrossito. Sorrido di riflesso - Era una bimba, chissà cosa ha subito per giungere qui in queste condizioni... ho solo fatto quello che un qualsiasi Cavaliere avrebbe dovuto fare!”

"Ma se avevi tutti gli occhi che luccicavano, a chi vuoi darla a bere?! Tu dove vai compi stragi di femmine, sei un bel tipo, eh!"

"Non è quest... non è questa la situazione, lei era solo.."

"Lei si sognerà di te per il resto della sua vita, sappilo! Non troverà altri uomini come te, si dannerà l'anima e..."

"CARDIA, SMETTILA DI FARNETICARE!!"

"Io professo solo la verità, sono solo la voce della tua..."

"Tu non professi un bel..."

Se voi due la smetteste di litigare, vi accorgereste che l'aria sta cambiando: potremmo essere vicini all'uscita!” interviene Sonia, sovrastando il battibecco dei due dopo averli fulminati con lo sguardo.

Inspiro profondamente, accorgendomi che la mia amica ha proprio ragione: l'aria pesante e polverosa di questo posto sta lentamente cedendo il passo ad una leggera brezza che, per quanto calda, è comunque decisamente più respirabile.

Usciamo quindi dal cunicolo, trovandoci davanti a diverse piazzole d'erba e alberi di ogni tipo, il classico 'giardino all'inglese', in un ambiente che sembra apparentemente dislocato dal caos cittadino e da quello generato dentro l'ospedale.

Ehi, ma... dove siamo? Non è che abbiamo fatto un altro salto temporale, ritrovandoci in lidi sconosciuti?! - chiede Cardia, guardandosi confusamente intorno – Fino ad un attimo fa eravamo in quella specie di sanatorio e ora ci troviamo in un parco?!”

Sì, Cardia, è un parco, ma non ci troviamo in chissà quale habitat estraneo, siamo sempre a Genova e sempre nell'ospedale. Ho inoltre compreso dove, mi ricordo, e so come uscire velocemente, andiamo!" gli sorrido, avvertendo la brezza leggera e il verseggiare lontano dei parrocchetti dal collare scappati alla cattività.

"Sono sbalordito anche io, Marta, un luogo simile dentro un posto così triste..." prende parola Dégel, sollevando dalle mie braccia e da quelle di Francesca la scatola. E' proprio quest'ultima a continuare il discorso per me.

"L'ospedale non è solo un luogo triste, qui ci nascono anche i bambini! - spiega, abbozzando un sorriso nel notare le espressioni sorprese degli amici - Dovete inoltre sapere che in ogni policlinico dell'età contemporanea, almeno qui in Italia, è presente, ove possibile, un'aria verde più o meno ampia dove i malati possono respirare un po' di aria fresca. Non c'è più bisogno di isolarli, o meglio, sì, sono slegati dalle attività quotidiane, ma i parenti possono venirli a trovare in attesa che guariscano e vengano poi dimessi. La mortalità... è diminuita parecchio!"

"Avete fatto parecchi passi avanti in tutto, eh?" commenta Dégel, un poco più sollevato.

"E menomale, aggiungerei! Altrimenti io, per esempio, sarei già morta!" si intrufola anche Michela mentre, sempre camminando, si solleva quanto basta il peplo per mostrare la cicatrice che ha sul fianco destro.

"Bel ricordino! Il mio sul petto è un poco più piccolo! Ma come te lo sei procurata?" commenta Cardia, interessato alle origini di quella cicatrice.

"Appendicite! - cantilena Michela, prima di arrossire di netto - Mi piacciono tanto i dolci e, da piccola, ancora di più. Ho esagerato e mi si è infiammata l'appendice, me l'hanno dovuta togliere, proprio qui, in questo ospedale. Se fossi appartenuta alla vostra epoca probabilmente sarei morta..." finisce la narrazione, rimettendosi a posto la veste lisa dalle battaglie che abbiamo affrontato.

"Michela, mi dispiace contraddirti nel dirti che, se fossi nata nella loro epoca, molto probabilmente non avresti avuto il tempo, né i soldi, né tanto meno la possibilità di sfondarti di dolcetti!" le fa notare Sonia, massaggiandosi le tempie.

"Uh, e andiamo: era solo per rendere l'idea!" si lagna la mia amica più piccola, prima di ridacchiare.

Avanziamo ancora per una serie di secondi senza che nessuno dica più niente, poi però Dégel, dopo un lungo sospiro, trova il coraggio di riaprire il dibattito che si era esaurito prima dell'attacco.

"Potresti pensarci anche tu, Cardia..."

"CO..?! Ancora con questa storia, Dègel?! Mi sembra di essere nato nel 1721, non nel 2001!"

"Lo so, lo so..."

"E allora piantala di crucciarti su questa cosa, pensa piuttosto agli altri!"

Ci sto già pensando, Cardia! Cogito un sacco di cose, come il fatto di ritrovare la strada per la Lant...” inizia piccato l'Acquario, ma un'altra esplosione appena sopra le nostre teste ci fa buttare istintivamente a terra per proteggere noi stessi e soprattutto lo scatolone.

Dove credete di andare, miserabili?!” ci grida contro una voce imponente allo scopo di minacciarci, gesto che, da solo, mi manda il sangue al cervello.

Ho appena il tempo di alzare lo sguardo adirato verso la fonte sonora, che un gigante privo dell'occhio destro e il corpo ricoperto di cicatrici, ci sovrasta con la sua impressionante mole.

E questo chi diavolo è?! Non sapevo che il maghetto del piffero vantasse tra i suoi leccapiedi i peggiori rifiuti umani del mondo!” lo canzona allegramente Cardia, alzandosi istantaneamente in piedi dopo aver protetto Dègel e lo scatolone per prepararsi ad attaccarlo.

Eccoli! Eccoli! Fermiamoli!”

Altre voci intorno a noi, frenetiche. Nell'arco di un secondo siamo già praticamente circondati. Mi sollevo a mia volta, la mascella serrata e la voglia di uccidere nuovamente prorompente.

"Oh, no, siamo in trappola!" biascica Michela, indietreggiando di qualche passo.

"Non ci lascerete andare, vero? - prosegue Cardia, squadrandoli tutti da capo a piedi - Ma siete poco più di un insieme di reietti, non potete certo competere con noi!" li canzona ancora, estraendo l'aculeo dello Scorpione.

"Cardia! Non abbiamo tempo per ingaggiare battaglia, sono troppi!" lo avverte Dégel, con urgenza, indicando il sole che sta calando.

Il tempo... un brivido scorre lungo la mia schiena mentre tento di raccapezzarmi: quanto siamo stati dentro l'ospedale?! Possibile sia già il crepuscolo?! No, non può essere! Devono essere trascorse solo una manciata di ore, non di più, poco fa il sole era molto più alto, non può essere già calato così!"

"Urgh..." biascica Cardia, rendendosi conto anche lui dell'impossibilità di quell'evento.

"Siete stupiti?!- prende parola uno di loro, indicando la clessidra che uno dei giganti tiene tra le mani - E' un nostro piccolo trucchetto... da usare in casi di estrema necessità come questo" ci spiega, imitando con due dita il gesto di tagliare con le forbici.

"Bastardi..."

Maledizione, quindi ci sta dicendo che questi energumeni possono accellerare il tempo a loro piacimento?! No... NO, DANNAZIONE!

"Ma avete dei limiti anche voi, nevvero? - osserva lesto Dégel, mettendosi in posizione di attacco, quasi fremendo - Altrimenti non vedo perché velocizzare il tempo SOLO fino al crepuscolo!"

"Abbiamo dei limiti, sì, hai la vista lunga, Cavaliere... - gli risponde il gigante di prima, quasi sbeffandolo - ma ciò basta per mandare totalmente a monte i vostri progetti: Camus e gli altri due moriranno in ogni caso, non salverete proprio nessuno!"

"Questo è da vedere, STRONZO!" salta su Cardia, pronto all'attacco.

Morire.

Camus.

Camus morirà comunque...

Queste parole prendono a circolarmi ritmicamente in testa più e più volte. Passano davanti a me. Si stampano nella mia mente, unite all'immagine disturbante di mio fratello riverso a terra, esanime, il corpo sfregiato da tante, troppe, strie nere che gli segnano la pelle solitamente chiara.

Camus.

Morirà.

Comunque.

Qualcosa di altrettanto scuro vortica dentro di me. Fa paura, ma io di paura non ne ho al momento, sento solo, rabbia, desiderio di distruggere, di uccidere. E' tutto nero pece, se ci si fa travolgere si rischia di smarrirsi per sempre, ma non importa, non importa più!

Io... disintegrerò chiunque osi fargli del male... CHIUNQUE!

Non è infine la mia voce a palesare le mie intenzioni, ma un'altra, sempre dentro di me, che io non riconosco, sembra quasi uscirmi dalle interiora, fa tremare: "VVV-I-A DALLA MIA STRADAAAAAAAAAAAAA!!!" ululo, mentre facce che non riconosco più si voltano verso di me.

Le loro labbra si muovono a vuoto perché il suono non mi arriva, la loro espressione è snaturata da qualcosa, ma non ne curo: devo solo distruggere, sono nato per questo!

E tuttavia, quando è il momento di balzare per dare finalmente libero sfogo al mostro che è dentro di me, che non ha un nome, ma c'è; qualcosa, anzi, qualcuno, mi da un colpo secco dietro la nuca, prima di proiettarsi in avanti. Non svengo anche se dovrei, data l'intensità del gesto, ma è comunque come se mi alzassi di sobbalzo dal letto dopo un lungo e tormentato sonno. Divarico le gambe per non cadere, il mio respiro è accelerato, quasi mi manca l'aria, ma riesco a rinvenire completamente, sbattendo le palpebre nel ricordarmi chi sono veramente.

"Hai asserito che... mio figlio morirà, lurido verme?! Uhmpf, non è così debole, e comunque... - odo una voce sardonica, mentre un suono netto di qualcosa che si spezza mi fa sussultare - Oh, tanto grosso e poi basta questo per romperti l'osso del collo?! Patetico..."

Istintivamente butto un occhio su Sonia al mio fianco che, proprio come me, ha la medesima espressione sgomenta. Insieme osserviamo la testa del gigante, innaturalmente reclinata indietro, ciondolare tra due mani un poco rugose ma robuste. Esse continuano a stringerlo, irrefrenabili, come se volessero ucciderlo una seconda volta.

Nel frattempo una folata di vento più forte del normale spazza via, quasi smembrando, una cinquina di brutti ceffi, manifestando altresì l'arrivo tempestoso di qualcun'altro di nostra conoscenza.

"Che esagerazione, Efesto! Sai, penso che colui che tieni tra le mani sia già morto da un pezzo senza nemmeno essersene accorto..."

Questi obbrobri mi fanno schifo, Hermes, e poi non parlerei, se fossi al tuo posto: trovo molto più inquietante uccidere con quel tuo solito sorriso bonario che non... così. Questo è un campo di battaglia!” ribatte il più vecchio dei due, gettando ai propri piedi quel che resta del suo avversario.

Con quale foga di umana tempra lo hai... massacrato... e solo perché ha nominato tuo figlio, vero?” ribatte il più giovane, con espressione pienamente soddisfatta.

"Non essere sciocco... mi disgustano e basta! Sono peggio degli umani, delle bestie, dei parassiti e dei batteri: devono essere annientati tutti!"

"Democratico come sempre..."

"Questi nemmeno sanno cosa sia la democrazia, comprendono solo il vessillo della violenza"

"E allora... procediamo, Efesto!"

Papà!!!” grida Sonia, emozionatissima, non aspettandosi di certo il loro arrivo.

Anche io vorrei riuscire a sbloccarmi così, a chiamare mio padre con il nome che gli spetta, ma mi limito a fissarlo da distante, la testa vuota, lo sguardo diffidente.

I nemici restanti compiono intanto un passo indietro, intimoriti.

Efesto ed Hermes, i nostri padri di sangue, anche se ne farei volentieri a meno, sono appena arrivati in grande stile, sorprendendo non poco sia noi che gli sgherri del Mago e apprestandosi alla lotta.

Efesto poi ha l'unico occhio rimastogli di un rarissimo color blu mare, lo stesso che alberga nelle iridi mie e di Camus; il suo volto severo non trasmette altro che un'apparente ventata gelida a tutti quelli che gli stanno intorno, amici o nemici che siano, eppure... è intervenuto in nostro favore, spezzando il collo al nemico solo perché quest'ultimo ha osato dire che suo figlio morirà, è lampante, nonostante faccia il sostenuto.

Hermes, il dio dei viandanti, posizionato poco dietro di lui con espressione assai più cordiale, può essere definito tranquillamente come l'antitesi fisica di Efesto: bello, giovane e con un sorriso bonario sempre stampato sul viso, e tuttavia pure lui ha appena ucciso, con una flemma e compostezza che, mi vedo costretta a concordare con il mio genitore, inquieta assai.

Marta! - è proprio Efesto a parlarmi con voce imperiosa, scoccandomi una breve occhiata - Antoniette, mia moglie, sta bene?”

Domanda che mi prende in contropiede, ma non lo dimostro, limitandomi a ricambiare l'occhiata fredda del suo sguardo con una altrettanto tagliente.

Certamente! Sta facendo di tutto per il suo ospedale, dovresti ben sapere che non è così vulnerabile come sembra!” gli rispondo, rizzando istantaneamente la schiena, quasi soffiando.

Chissà cosa lo ha fatto innamorare di lei, se di innamoramento si può parlare, e a procreare non uno, ma ben due figli. Non so assolutamente nulla di lui, del resto non si è mai curato di mostrarsi. Io, da piccola, credevo ci avesse abbandonato, per certi versi lo avrei pure preferito, eppure vorrei sapere, chiedere, avere un dialogo civile con lui, capire cosa lo abbia spinto a farci nascere in questo mondo. Non saperlo mi tortura oltre l'immaginabile, mi fa rabbia e... si meriterebbe solo la mia indifferenza, costui, perché invece ci patisco ancora così tanto?!

E tu, stai bene? Mi sembri piuttosto malridotta!” mi domanda ancora, frastornandomi ancora di più, prima di ripartire all'attacco senza aspettare una eventuale risposta.

Guardami, maledizione, perché fai così?! Sei venuto ad aiutarci ancora, per Camus, tuo figlio... anche quando ero morta l'ho vista la tua espressione spezzata tramite i sogni che condivido con mio fratello, ma allora perché fai così?! Sono qualcuno per te, oltre che uno strumento?!

"Quindi?" mi incalza di nuovo, come se niente fosse, dopo averne uccisi un'altra manciata nel provocare delle eruzioni dal sottosuolo.

"Perché ti importa saperlo?" il mio tono è glaciale più del necessario, ma il mio sguardo non riesce a sostenere la nuova occhiata che mi imprime.

"Hai una brutta ferita in suppurazione al braccio, sei visibilmente stanca, sporca e..."

Beh, sbagli, Efesto, sto bene, non sono debole come credi!"

Già, non lo sono... non ho avuto bisogno di te prima e ormai è tardi: il tempo perso non è più recuperabile!

Ahahahah!!! - lo vedo scoppiare improvvisamente ridere, il che mi fa prendere un colpo pari solo a vedere anche Camus lasciarsi andare ad una manifestazione di ilarità - L'hai sentita, Hermes?! Ed io che ero preoccupato per lei! Continua a combattere e a reagire nonostante sia ormai allo stremo, è proprio degna di essere mia figlia!” esclama, soddisfatto, riprendendo la battaglia da dove l'aveva lasciata.

Come al solito poche parole ma efficaci, Efesto! Piuttosto: salve, Sonia, è un piacere rivederti!” sorride Hermes, contento di poter incontrare nuovamente la figlia minore.

A-anche io, papà, è così bello sapere che stai bene dopo la battaglia contro il falso Crono” biascica Sonia, gli occhi luminosi nel trattenersi a stento dal correre ad abbracciarlo.

Il piacere è tutto mio! L'ultima volta che ti ho visto non eri per niente in forma, ma hai una tempra d'acciaio pari ai tuoi fratelli. Sono tanto fiero di voi!” aggiunge ancora Hermes, con estrema naturalezza.

"Papà..."

"Hai compiuto imprese incredibili con le tue amiche... ora lascia che tuo padre ti aiuti almeno in quest'ultimo compito!"

Nel vedere gli occhi lucidi di Sonia, Cardia, rimasto sbigottito e confuso ad osservare i due nuovi arrivati, trova infine il coraggio di proferire parola.

Ah... ma voi siete quindi divinità ed, al contempo, padri delle due pesti!”

Buongiorno, Cardia, non mi avevi detto che stavi ancora dormendo!” lo canzona Francesca, ridacchiando tra sé e sé, sollevata da avere un aiuto divino in più.

Oh! Non è colpa mia, sono successe troppe cose tutte insieme, va bene?!” protesta lo Scorpione, fingendosi offeso e girandosi dall'altra parte.

Marta, tu ed i tuoi amici dovete andare, non c'è più molto tempo! Ci sbarazzeremo noi di questi omuncoli!” afferma mio padre, perentorio, non ammettendo repliche. Cosa che mi manda istantaneamente in gangheri perché io, di repliche, ne eccome!

"Noi non..."

Non scappiamo davanti al pericolo!" termina per me Michela, spalleggiandomi.

Lo so, ragazze, ma dovete andare, non avete facoltà di scelta in questa circostanza, mi dispiace!" dice Hermes, alzando il braccio verso di noi con l'intento di teletrasportarci chissà dove.

No, aspettate! Non potete congedarci con queste parole dopo che siamo stati la causa motrice di tutti i guai di questa città! Anche prima, appena atterrati...” interviene Dègel, alzando di due tacche il suo tono di voce.

Ti riferisci alla svista con il Presidente della Repubblica Italiana, Cavaliere dell'Acquario? Se è questo, non hai nulla di cui temere, perché... Ehi, e state fermi, sgorbi! - si interrompe un attimo mio padre, bloccando i movimenti di due nemici facendo cozzare le loro teste una contro l'altra - Ecco, dicevo che non ci sono problemi per quello, poiché sono pochi gli uomini che conoscono il segreto dei Cavalieri e, fortunatamente, i vari Capi degli Stati sono tra quelli!”

Volete dire che...?”

Sì, Dégel, abbiamo sempre vegliato su di voi da lontano, anche se non potevamo intervenire, e ti posso assicurare che lui ha compreso chi siete veramente, pertanto non c'è più alcun problema. La manifestazione delle Frecce Tricolore avrà luogo comunque oggi pomeriggio come da programma!” continua Hermes con naturalezza, sbarazzandosi di altri tre avversari falcidiandoli con i suoi poteri concernenti l'aere.

Va bene, dunque! Prometteteci solo che ristabilirete l'ordine anche in questo ospedale e che tutti i bambini potranno nuovamente essere curati come prima!” asserisce ancora Dégel, con fare solenne.

Va bene, è una promessa, Cavaliere! Ora andat..."

"NO! - insisto io, rendendomi solo minimamente conto di star perdendo ulteriore, prezioso, tempo - Non te la sfanghi così, Efesto!"

A questo punto Hermes da un'occhiata indicativa a mio padre, il quale, sospirando, fa un breve cenno di assenso, come a dire di farlo, di allontanarci comunque dalla battaglia nonostante la mia opposizione.

Io sono fuori di me, mi verrebbe da urlargli di tutto, eppure una parte di me sa bene che non è questo il momento adatto per farlo. Sono così furiosa con tutto e tutti, non riesco minimamente a calmarmi da quando quel mostro ci ha detto che Camus morirà comunque...

"Dovevi aspettare che tuo figlio agonizzasse su un letto per intervenire?! CI HAI LASCIATI SOLI, EFESTO, E NON CI DAI ALCUNA SPIEGAZIONE!!!" gli inveisco contro, riducendo lo sguardo a due fessure. Qualcuno mi prende il braccio per tentare di darmi una calmata, lo percepisco appena, scaccerei anche lui ma inaspettatamente il suo tocco mi placa un minimo..

Efesto socchiude e riapre l'occhio, che mi appare lucido, quasi profondamente triste, prima di esprimere poche, semplici, parole: "Non è questo il momento per parlarne..."

"Non è il tempo... non hai mai avuto tempo per noi, Efesto! E ora Camus... Camus..." quasi singhiozzo, mentre il mio tono di voce si affievolisce fino a scomparire.

"Vai, figlia mia..."

"Cos..?! No, aspe... aspetta!" faccio per avvicinarmi, stordita dal nominativo con il quale si è rivolto a me, ma una folata di vento di Hermes mi spazza via insieme agli altri, quasi smaterializzandomi sul posto.

Tu solo puoi salvarlo... ti affido la vita di tuo fratello!” avverto ancora mentalmente la sua voce, insolitamente calda, prima di sentire con distinzione i miei piedi staccarsi e ritoccare terra nell'arco di un solo istante.

Adesso cosa diavolo..?! Devo bilanciarmi per non finire a terra, fortunatamente qualcuno mi aiuta nel processo.

Santi numi, Marta! E' la Lanterna, è la Lanterna, ricordi?!” si esagita Cardia, entrando prepotentemente nel mio campo visivo per indicarmi qualcosa sulla mia sinistra.

Eh? La Lanterna?” ripeto, confusa, guardandomi smarrita intorno.

Dinnanzi ai nostri occhi, infatti, vi è proprio il simbolo di Genova che svetta con i suoi circa 80 metri in tutta la sua bellezza, così diverso da com'era nel Settecento, se ne rende conto pure lo Scorpione, che la fissa ammirato, ma sempre lei, signora regale della città.

Ma se ci siamo materializzati improvvisamente qui dopo quella folata, può significare solo che...

No, dannazione, no!!!” sobbalzo, frenetica, prima di voltarmi in direzione di dove so che si trovi l'ospedale, con l'ovvio intento di tornare là e... non lo so bene neanche io cosa, ma di certo non stare con le mani in mano.

Faccio quindi per scattare, non degnando più nessuno di un solo sguardo, ma è Dégel inaspettatamente a trattenermi, serrandomi i polsi con un pizzico d'urgenza per impedirmi ogni tipo di azione. Capisco che è stato lui a fermarmi prima.

Lasciami, Dèg! Mia madre e mio... p-padre... sono rimasti là a combattere!”

"Lo so bene, e tuo padre ti ha dato altre direttive, giusto? Ti ha affidato la vita di suo figlio maggiore..."

Ora cosa vuole anche lui, perché mi mette i bastoni tra le ruote, non comprendendo il mio stato d'animo, nonostante la sua immensa empatia?!

"Cosa vuoi che mi importi, di questo?! L-lui non..."

"Marta... - il suo accento assume una nota di severità che mi frastorna più di prima, portandomi ad immobilizzarmi - Io non ho mai conosciuto mio padre, eglì abbandonò mia madre con me ancora in fasce, ed ella morì di tisi che non avevo che 4 anni..."

Lo fisso ammutolita, rendendomi conto che, come Seraphina, già lo sapevo questo, ma è il suo sguardo limpido e determinato al tempo stesso a sconvolgermi fin nei recessi dell'anima. Non riesco a far altro che tacere, mentre, lentamente, torno a respirare regolarmente, riportando forzatamente il mio corpo ad uno stato di calma.

"Comprendo bene la tua fiele, il tuo senso di perdita, di essere mutila, ma... tuo padre, il dio Efesto, vuole davvero bene a te e a Camus, anche se non lo riesce a dimostrare..."

"N-no, quel vecchio è solo..." guardo altrove, non sapendo cos'altro dire.

"Non ho conosciuto mio padre, è vero, ma riconosco una figura paterna, credimi, e... so come ci si sente a non capirsi, ad avere un muro di distanza tra sé e l'altro, apparentemente incolmabile..."

Sta parlando di Krest, mi mordo di riflesso il labbro sottostante, sentendomi quasi in colpa.

"Non comprendersi, sentirsi traditi..." biascico, comprensiva.

"E' proprio così... - acconsente, gli occhi tristi - Ma i suoi comportamenti sono da persona che non sa relazionarsi, nonostante l'affetto che prova per voi, non di certo da canaglia..."

"Vorrei... cominciare a capirlo prima che sia troppo tardi, prima che la distanza diventi davvero incolmabile" mi ritrovo a dire, sospirando.

E' comprensibile, ma non è questo il momento, riesci a seguirmi? Ti prego, cerca di non rendere più difficile il tutto... anch'io vorrei correre ad aiutarli, ma noi abbiamo un'altra missione, lo sai vero, piccola?! Tu sei l'unica che sa come iniettare questi medicinali nell'organismo dei nostri amici!” il suo tono è tornato caldo, mi accarezza dolcemente la guancia con il pollice, forse intravedendo una lacrima che viene prontamente asciugata dalle sue dita.

"I-io... - non so davvero come mi sento, ma lui probabilmente lo sa, ciò mi rincuora - Vorrei... vorrei sapere perché lo ha fatto, perché ci ha lasciati e... e vorrei aiutarlo, combattere con lui, al suo fianco..." confesso ancora, sentendomi esposta.

"E lui ha riposto la vita di Camus nelle tue mani; mani sicure, che possono salvare un uomo, perché tu puoi farlo davvero, rondinella, Efesto crede in te, io... credo in te!"

Lo guardo meravigliata, mentre un fremito sempre più consistente scuote tutto il mio corpo. Infine butto fuori aria, provando a ricondurre tutto sotto ragione come mi hanno insegnato a fare. Mia madre e mio padre sono insieme all'ospedale, Hermes è con loro, il dio Hermes... io non c'entro in questo combattimento, devo salvare gli altri, le voci di tutti mi implorano di farlo. Mi schiafeggio alacremente entrambe le guance, scrollandomi via tutti i pensieri inutili. Il gesto fa sussultare Dégel, ma prima che possa dirmi qualcosa sono io a prendere parola.

Hai ragione! Stavo per anteporre nuovamente i miei sentimenti alla razionalità, e questo è un errore, ancora di più per chi, come noi, domina le energie fredde!” biascico, ritrovando la tanto decantata calma.

Ci sarà tempo dopo per parlare, magari tutti e tre insieme, anzi, quattro: io, mio fratello, mia madre e mio padre, ci diremo tutto, proprio tutto, ma adesso ci sono altre incombenze dar risolvere.

"Bene così, Marta!" annuisce Dègel, soddisfatto, chiudendo poi gli occhi per concentrarsi e compiere così il nuovo balzo.

Guardo per l'ultima volta questo scorcio di Genova, della MIA Genova, ed, esattamente come prima con mia mamma, sento prepotentemente il bisogno di piangere farsi sempre più impellente. Ero partita per andare in vacanza in Grecia con la consapevolezza di tornare, e ora mi ritrovo senza più alcuna certezza. L'unica convinzione, la sola, è che, anche se distante, questo posto rimarrà sempre parte di me, perché è qui che ho le mie radici, sempre ce le avrò, nonostante tutto quello che mi succederà da ora in avanti.

Scuoto con forza la testa, sorridendo tra me e me e ricacciando indietro le lacrime con tutta la forza e caparbietà che possiedo. Non più incertezze, non più pensieri vani, solo l'azione decisa e, prima di tutto, salvare la vita di mio fratello e dei miei amici. E' giunto il tempo di rompere gli indugi!

Va bene, credo di essere pronto! Torniamo nel 1741!” proferisce appena Dègel, mentre un bagliore ci avvolge e il mare attorno a noi diventa solo un'ombra destinata a sparire in un battito di ciglia.

Addio, ancora una volta, Genova...

 

***************************

26 Agosto 1741, sera.

BADABUM!!!

Un tonfo, dolore lancinante alla schiena, imprecazioni varie intorno a me, prima di riuscire a riaprire gli occhi e distinguere il cielo cremisi di Grecia. Devo essere atterrata supina.

Va bene... atterraggio non proprio morbido, chiedo venia!” biascica a stento Dègel, respirando affannosamente. Il nuovo viaggio nel tempo deve avergli fatto esaurire tutte le forze che gli erano rimaste.

"Non proprio morbido?! - esala quasi il suo dolore Cardia, prima di tentare di mettersi quantomeno seduto - Se non ci siamo spaccati qualcosa possiamo gridare al miracolo!"

Mi volto, ancora un poco stordita, in direzione della sua voce. Macerie intorno a noi, a ben vedere si possono distinguere dei capitelli, quindi presumo che siamo caduti -male!- sopra il tetto di un tempio che non deve aver retto il nostro peso. Sbatto le papebre nell'individuare il volto sofferente di Michela a poca distanza, provo faticosamente ad alzarmi.

"Come... state?" chiedo, trattenendomi la spalla destra, quella del braccio già martoriato.

Come un uovo sbattuto parte due! - biascica proprio Michela, acciuffando con non poca fatica l'orlo del mio peplo e sorridendomi come a dire che ce l'abbiamo fatta - Ma siamo riusciti a tornare a casa, vero? Salveremo il Maestro Camus e gli altri!"

Sì, siamo tornati, però... - interviene Francesca, rimettendosi in piedi in apparente tono calmo. Solo apparente. – I medicinali!!!” strepita, gettandosi verso la scatola per aprirla con foga. Il mio cuore perde un battito che recupera solo quando, dopo una prima ispezione, nulla delle preziose fiale pare essersi perso.

Sembra tutto a posto, fortuna che la mamma di Marta è stata previdente e ha messo il rinforzo” tira un sospiro di sollievo Sonia, rilassando la muscolatura.

Per fortuna... ho temuto il peggio!” dico a mia volta, rincuorata.

Per-perdonatemi... questa volta non sono riuscito a controllare bene il potere” biascica Dègel, imbarazzato oltremisura. E' limpidamente stravolto, si accascia a terra, respirando affannosamente gli occhi chiusi.

"Sei stato eccezionale..." lo rassicuro con un sorriso.

"Ditelo... solo quando gli altri si saranno risvegliati!" ribatte lui, riaprendo i bei occhi che si stagliano a guardare i miei per un tempo che a me pare infinito. E. di nuovo, sento forte e chiara l'alchimia che c'è sempre stata tra noi.

Nello stesso esatto momento, quasi a spezzare l'incanto e rammentarci le nostre priorità, arrivano di corsa Manigoldo ed Albafica, probabilmente attirati dal trambusto causato dal nostro arrivo.

Ma porca di quella miseria! Avete buttato giù una parte del soffitto della tredicesima casa!!! - grida il primo, sbracciandosi come un forsennato – Sei proprio orbo, Dègel, per sbagliare così le misure!”

"Uh-oh... - mormora l'Acquario, sforzandosi di rimettersi almeno seduto - Salute anche a te, Manigoldo, mi sembra siano passati secoli dall'ultima volta che ti ho visto"

"E hai pensato bene, come prima cosa, di sfasciare l'ala sinistra dell'ultimo tempio, ora Sage chi lo sentirà più?!" esclama, facendo quelle che a noi sembrano facce buffe allo scopo probabilmente di alleggerire la tensione.

Manigoldo, non è questo il momento per perdersi in simili frivolezze! Controllare il potere del ciondolo non deve essere stato facile, guardali, insomma, sono stremati!!!” lo difende Albafica, scoccando un'occhiata di rimprovero all'amico.

"Tu proprio non hai capito i miei veri intenti, Pisces, eh? Necessiti di vocabolario?!" gli fa notare Manigoldo, regalandogli un'occhiata esasperata.

"Li ho compresi e, come detto poc'anzi, non sono necessari in un momento simile!"

"E cosa è necessario in un momento simile, tagliarci le vene?! Era solo per accoglierli, per alleggerire la tensione, ne avranno bisogno, perché..."

Perché?!

Manigoldo! Albafica! Non avrei mai pensato di essere così felice di rivedervi! Venite qua che vi abbraccio, amici m...” li saluta a sua volta Cardia, gioviale, ma io, condividendo la linea di pensiero di Albafica, mi metto tempestivamente in mezzo, sbilanciandolo di conseguenza e rischiandolo di farlo cadere indietro.

Perdonatemi, ma a dopo i convenevoli! Piuttosto... Regulus? Milo? Camus?” riesco solo a chiedere, con il cuore gonfio di timore.

Entrambi discostano lo sguardo, in palese difficoltà espressiva, portando le mie gambe a tremare maggiormente.

"Marta..." solo il mio nome, nient'altro. Un lungo, lunghissimo, silenzio.

"Albafica... - insisto, prendendolo per i polsi, cosa che lui inaspettatamente si lascia fare - Hai soccorso Camus quando è stato male e so che te ne sarai preso cura per tutto il giorno... dimmi, ti prego, come... come sta!"

"Ecco perché era necessario alleggerire prima l'atmosfera, uff..." butta fuori aria Manigoldo, guardando altrove a corto di parole.

Marta... sono ancora tutti vivi, al momento, ma è poco il tempo che gli rimane. E' già il tramonto, come puoi vedere, e soprattutto Camus è in pessime condizioni..."

"Tu te ne sei preso cura, vero?"

"Sì, ho fatto il possibile, ma..."

"M-ma?"

"Il suo respiro è mutato nelle ultime ore... - mi dice, senza curarsi di indorare la pillola, ed io so cosa significa questo, so che, quando sta per sopraggiungere la morte il respiro muta, l'ho... visto - Si è fatto molto più pesante e difficoltoso. Abbiamo quindi usato delle erbe per tenerlo profondamente addormentato e ho... ho praticato una piccola incisione alla base del collo per esemplificargli la respirazione, perché altrimenti non... non..."

"O-oddio..." mi devo sorreggere a Cardia per evitare di cadere, quest'ultimo fulmina con lo sguardo il compagno di tante battaglie, ma il rimprovero giunge inaspettatamente da Manigoldo.

"Vogliamo dare altri particolari, Pisces?!"

"Mi dispiace, ma non è più una bambina, è giusto che sappia le reali condizioni di suo fratello..."

"Sì, ma..."

"Non ha importanza! - riprendo il controllo io, nonostante il malessere sempre più spietato - Ha funzionato la procedura?"

"Si trattava di una emergenza, avrei preferito non ricorrere ad una cosa simile, ma... sì! - conferma lui, cupo - Sta continuando a combattere, Marta, per te, per voi, e ora che avete portato qui la medicin..."

Non gli do il tempo di finire, semplicemente lo abbraccio di slancio nel vedermelo concretamente così sudato, scarmigliato e sfinito: deve aver dato l'anima per mio fratello, L'ANIMA, ed io gli sarò sempre, sempre, grata!

"Grazie, Albafica, per quello che hai fatto... GRAZIE!!!" lo stringo con forza, alzandomi sulle punte, lui ovviamente si paralizza completamente, ma non importa, dovevo farlo assolutamente.

Non aspetto un secondo di più, dopo avergli regalato un ultimo sorriso e aver udito Manigoldo asserire un: "Beh, vedi che ti ha abbracciato e non è morta?!", seguito puntualmente da un sibilo di Albafica paurosamente rassomigliante ad un "Tu zitto", mi metto a correre verso la stanza dove dovrebbe giacere mio fratello, del tutto incurante dello scricchiolio poco rassicurante delle mie ossa e dai dolori muscolari che cominciano a farsi sempre più pressanti.

Camus!!!” lo chiamo, aprendo la porta violentemente e facendola sbattere contro qualcosa di non ben definito.

Lo vedo, ed è ovviamente un sentirmi morire dentro. Ancora una volta.

Tutto sembra apparentemente come prima e anche Camus si trova nello stessa identica posizione, completamente immobile e con le lenzuola che lo coprono fino all'addome. Alcune pezze, simili ad impacchi, sono state posizionate sopra di lui, esse si alzano e si abbassano con difficoltà, al ritmo del suo stentatissimo respiro.

Fratellino!” lo richiamo, trovando infine il coraggio di avvicinarmi al suo letto per sfiorargli i lunghi capelli oramai sporchi del suo stesso sudore.

Non sembrava, in apparenza, ma è cambiato tutto, in verità, le sue condizioni si sono ulteriormente aggravate, la cute si è fatta più pallida e secca, le costole sono perfino più marcate, e inoltre... quell'incisione nella sua trachea tramite la quale si ode un fischio sinistro; il fischio del suo stentato respiro... fa impressione, mi fa sentire ancora più male per lui. Nonostante questo, sta resistendo con tutte le sue forze, perché è un guerriero.

Esattamente come prima, mi ritrovo nuovamente paralizzata, mentre i miei occhi continuano a non voler accettare come veritiera quell'esile figura che dovrebbe rappresentare mio fratello. Ho... ho quasi paura a toccarlo ulteriormente, così inerme tra le lenzuola, gli occhi e il viso sempre più incavati. Eppure, al di là di tutto, il battito del cuore di Camus c'è, ancora palpita sotto le mie dita, che si sono mosse proprio adesso per posarsi sul suo affannoso torace, regalandomi una, seppur fievole, speranza.

Non arrenderti, coraggio... ti supplico, non arrenderti!

Camus, sono qui con te ora, sono al tuo fianco, capito? Non mollare proprio adesso, ti prego!” gli sussurro, muovendo l'altra mano per prendere la sua, adagiata mollemente sopra le lenzuola.

Gelida... è tremendamente gelida, in perfetta antitesi con il bruciore quasi insostenibile della sua fronte. Sembra un blocco di ghiaccio, dannazione! Anche questo sa di maledettamente già visto, come una storia che si ripete: le prime a perdere calore sono proprio le estremità corporee perché il fisico, portato al limite della sopportazione, tenta comunque di mantenere la termoregolazione dove più serve, ma... molto spesso, quando è così... freddo... è già troppo tardi.

Ingoio a vuoto, scacciando a forza questi pensieri annichilenti nel dirmi che sto parlando di Camus, non di uno qualsiasi, e Camus non si arrende mai, per nulla al mondo!

Avvicino il mio volto al suo per dargli un leggero bacio sulla fronte, tra i capelli. Non un movimento da parte sua e neanche un cambiamento di espressione, il suo volto rimane contratto in una smorfia sofferente, degna parvenza di tutto l'inferno di dolore che sta provando nella sua battaglia contro la morte. La pelle del volto è bagnata, ma secca, le labbra sono screpolate, semiaperte in un ghigno che ha ben poco di naturale. Lava e ghiaccio convergono in lui, trasmettendomi ancora di più la sensazione di essere impotente davanti a questo spettacolo; lo spettacolo di una vita che si sta spegnendo.

NO, NO, NO! ANCORA CON QUESTI PENSIERI?! NO, MALEDIZIONE, LUI CE LA FARA', IO LO SO!

Io... credo in te, Camus! Sono sicura che riuscirai a sconfiggere il destino che il Mago ti ha riservato. E poi... ricordati che non sei solo in questa battaglia, fratellino mio! Siamo tornate, tu sei stato bravissimo a resistere fino ad ora, vedrai che adesso... adesso ci pensiamo noi a te!” lo incoraggio ancora con dolcezza, malgrado l'enorme sforzo che mi costa il pronunciare queste parole.

Le sue condizioni sono sempre più disperate, è chiaro, manca poco allo scoccare della mezzanotte e avverto la speranza agonizzare sempre di più, vinta da un'onda nera di petrolio, ma non posso permettere in alcun modo che essa scompaia, devo aggrapparmi a lei con tutte le forze in mio possesso. Per me... e per mio fratello, che non ha più forze in corpo.

"Resisti... resisti, ti prego!" gli continuo a ripetere, sussurrando, non smettendo un secondo di toccarlo.

Rimango per qualche secondo ad accarezzare con dolcezza i capelli e la fronte di Camus, fino a quando mi rendo conto che è nuovamente zuppo del suo stesso sudore. Mi stacco leggermente da lui, prendo quindi il panno posto sul comodino, che profuma di salvia e di fragranze boscose, passandoglielo poi sul viso e sul collo, stando attenta a non toccare la cannula posizionata trasversalmente. Non un movimento da parte sua, non so neanche se riesca a percepirmi, ma devo continuare a parlargli e incoraggiarlo, perché a qualcosa si deve sorreggere per non sprofondare.

"Sono molto buoni, non trovi? - gli chiedo, riferendomi agli aromi - Nel nostro tempo non siamo soliti usarli spesso, abbiamo perso molto del contatto che c'era tra uomo e natura, eppure so che a te piacciono tanto, fratellino, è una delle prime cose che ho percepito di te, sai, il profumo che emani, di selvatico, balsamico, fresco, non saprei neanche io, ma mi è sempre piaciuto tanto. Sembri... ho avuto come la sensazione che fossi cresciuto in una foresta, prima di diventare padrone della steppa, non so neanche io perchè. Sai di abete, larice, timo, rododentro e altro ancora, sei... sei un essere così speciale..." termino momentaneamente di parargli, tamponandogli un poco il panno sul petto, su quelle ferite maledette ancora così orrendamente marcate.

Così presa nel mio discorso, quasi non mi rendo conto che non sono sola nella camera, me ne accorgo solo quando percepisco un movimento dietro di me.

M-Marta, è molto bello quello che gli stai dicendo, continua, se puoi, senza curarti di me"

"Sisifo!" salto su, arrossendo di netto nel girarmi nella sua direzione.

"E' andato tutto bene il viaggio nel tempo? Sei piena di tagli e abrasioni!” annuisce lui, massaggiandosi di riflesso la guancia destra, gesto che mi porta a comprendere cosa abbia appena combinato.

Oddio, scusami! Eri dietro alla porta ed io, aprendola, te l'ho data dritta in faccia non degnandoti, per altro, di uno sguardo... SCUSAMI DAVVERO!!! Non ho minimamente pensato che avresti potuto essere qua dentro!” esclamo tutto d'un fiato, andandogli appresso, sinceramente mortificata.

Ehm sì, in effetti mi ero addormentato senza rendermene conto. Sai, tutto il pomeriggio che sto dietro a Regulus, avevo un attimo bisogno di staccare, l'ho quindi lasciato alle cure di Marika ed Eleonora e mi sono diretto qui, dando così a mia volta il cambio ad Albafica e Manigoldo” mi spiega Sisifo, un leggero sorriso amaro sul viso gentile.

Sisifo!!! - esclamo, prendendogli le mani e sforzandomi di sorridergli radiosamente – Abbiamo la cura, abbiamo la cura!!! Vedrai che riusciremo a salvare il tuo Regulus! E' un birbantello, basteranno poche dosi per rimetterlo del tutto in sesto!” affermo, tentando in ogni modo di dargli una nuova speranza, perché lo vedo sfiduciato e psicologicamente distrutto.

Anche io sono sfinita e continuo a sentire quella spiacevole sensazione nel petto, ma devo apparire forte come faceva a suo tempo Seraphina. Non posso permettermi di mostrare debolezze e smarrimenti, ora devo tornare ad essere un sostegno per gli altri.

Se bastasse davvero così poco... che gioia! - mi sorride a sua volta Sisifo, mentre i suoi occhi scintillano per un breve istante, prima di incupirsi nel tornare a guardare il corpo di mio fratello – Ma di Camus che mi dici, invece? E' ancora vivo, ma..."

"Albafica mi ha detto che se ne è preso cura per tutto il giorno..."

"Sì, lo ha fatto, con tutte le sue forze - conferma prima di chiudere e riaprire brevemente gli occhi - Ti ha detto anche... cosa abbiamo dovuto fare?"

"Sì, ho visto quella sottospecie di cannula che gli avete messo in gola, urgh..." le parole mi muoiono in gola.

"Tuo fratello non... non riusciva più a respirare da solo..."

"Quando è successo?" chiedo, a fatica, una mano premuta ansiosamente sul petto.

"Primo pomeriggio di quest'oggi... da ieri sera, grazie all'intervento del dio Crono, sembrava essersi stabilizzato, ma poi, improvvisamente, ha avuto un brutto tracollo"

"..."

"Eravamo io, Manigoldo e Albafica ad essere con lui quando è successo, non sapevamo che fare, sembrava che qualcosa gli ostruisse la gola..."

Purtroppo so a cosa si riferisce, l'ho provato sulla mia pelle la notte che abbiamo passato nella casetta di Milo. Speravo di star esagerando, che fosse solo una sensazione, e invece scopro che è vero, che la fame di aria provata era veramente la sua. Mi... mi sento male!

"Camus non ce l'avrebbe fatta da solo, era chiaro a tutti, e allora Albafica ha tentato una procedura di emergenza estremamente pericolosa, ovvero quella di praticargli un'incisione nella trachea per creare una nuova via di accesso per l'ossigeno. Io... avrei voluto evitargliela, Marta, ma..."

"...Ma non c'erano altre scelte, lo so, sarebbe molto altrimenti... - annuisco, comprensiva, prima di strizzare dolorosamente le palpebre e i pugni - Sifo, grazie... per aver permesso ad Albafica di praticare una tracheotomia di emergenza. Camus vi deve tutto!"

"Una tracheo-tomia?" mi chiede, ripetendo la parola, leggermente sorpreso.

"Così si chiama nel nostro tempo, sì... Albafica ha avuto l'intuizione giusta, è un Cavaliere eccezionale!"

"Capisco... sì, lo è!" mi conferma con un fievole sorriso.

"Cos'altro gli... gli avete fatto? Spugnature?" tento ancora, tentando di ricacciare indietro l'immagine di mio fratello che non respirava più.

"Impacchi e spugnature, sì, oltre ad aver pulito i bubboni che, però, si riformano, come puoi ben vedere - mi spiega, una mano sulla mia spalla nel vedermi totalmente disintegrata dalle ultime rivelazioni - Lo abbiamo girato e rigirato come un calzino, prodigandoci per lui; e lui non si è mai lamentato, non un mormorio di protesta, malgrado l'inferno di dolore che sta vivendo, non un grido. Ha davvero una tempra encomiabile tuo fratello, da vero Cavaliere!" lo loda lui, sinceramente ammirato.

Guardo di riflesso il suo corpo, sorridendo mestamente. Le parole di Sisifo non mi meravigliano affatto, so che Camus è così, lui non si lamenta mai, resiste, resiste e resiste, piuttosto che lagnarsi stringe i denti e prosegue, ma una tale apatia è data anche dal fatto che, ormai, è allo stremo delle forze, ha a malapena le energie per continuare a respirare. Mi... si stringe il cuore solo a vederlo!

Sospiro, tremando consistentemente per una serie di secondi. Sembra così debole e indifeso in quelle lenzuola bianche che coprono parzialmente il suo corpo nudo; così fragile che il solo toccarlo nella maniera sbagliata, potrebbe distruggerlo. Ho paura... mi sento totalmente impotente, sono qui, anzi, SIAMO qui, ma se questo non bastasse?

E'... è un po' come era m-mia nonna p-prima di...

 

...Morire, nevvero? Oh, sì, ci siamo quasi, d'altronde! Rimembra, Marta, rimembra... ciò che ti dissi tre giorni fa, io sono dentro di lui, ormai, hai perso. Il suo corpo è mio, è quasi pronto allo scopo!

 

Mi poggio alla parete vicino a me nell'estremo tentativo di non finire a terra. Nello stesso momento, una sensazione immediata di nausea mi investe, facendomi rabbrividire. E, nonostante questo, memore di essere la sorella di un guerriero, digrigno quasi i denti nel devolvere il mio pensiero verso quel mostro.

Abbiamo la medicina... sarai debellato, bastardo, al pari di una qualsiasi malattia! Ricorda tu quello che ti ho già detto: ti farò pagare con gli interessi ogni singola cosa che gli hai fatto patire. VERME!

Nessuna risposta, come se si fosse liquefatto, ma Sisifo deve vedere che qualcosa non va nella mia espressione, perché si mette immediatamente in allarme.

"Marta, che succede? Cosa hai visto? Cosa..?"

Scusami, Sifo, è la stanchezza... - biascico, tornando a concentrarmi sulla realtà - Comunque, esattamente come voi, anche io farò tutto ciò che è in mio potere per salvargli la vita, dovesse anche costarmi il completo esaurimento delle mie facoltà fisiche e mentali!” affermo, decisa come non mai.

Sisifo mi sorride intenerito, scompigliandomi i capelli con affetto, gesto che, pur nella sua brevità, riesce a farmi stare meglio.

Ne sono sicuro, Marta! Camus è in ottime mani!” afferma, certo delle sue parole, mentre dietro di lui si riapre la porta della stanza, rivelando l'entrata trafelata di Michela e Francesca.

Non ho il tempo né di dire nulla né di spiegare che le vedo paralizzarsi seduta stante nel distinguere il corpo di Camus tra le lenzuola. Per un solo istante ho paura che crollino anche loro davanti a quello spettacolo che annienterebbe chiunque, ma riescono a farsi forza quanto basta per avviarsi in direzione del letto.

Maestro!!!” lo chiamano, quasi strozzandosi nel farlo, non sapendo bene se toccarlo oppure no, visto che appare così assurdamente fragile. Alla fine è solo la più grande a trattenersi, mentre la più piccola si inginocchia accanto al letto, quasi buttandosi sul braccio destro di Camus.

Fatti forza, Maestro!!!” biascica ancora Michela, accarezzandolo teneramente con entrambe le mani mentre alcune lacrime capricciose, cadendo, gli finiscono sul palmo semi-aperto del tutto abbandonato.

Accenno due passi nella loro direzione. Vorrei essere in grado di rassicurarle che, da adesso in poi. tutto si evolverà per il meglio, che ce l'abbiamo fatta, siamo tornate, ma... non ne sono in grado! Le parole mi muoiono in gola prima di essere espresse, riesco solo a guardarle disperarsi, Francesca sommessamente, Michela un poco più rumorosamente -non ha mai avuto problemi a manifestare, lei!- e intanto la porta si riapre, rivelando le figure di Dégel e Cardia, che trasportano lo scatolone dei medicinali, seguiti da una traballante Sonia.

Siete brave a sbolognarci la roba, piccole pesti! Quando siamo andati a trovare Milo, poco fa, non erano questi gli accordi precost...” ironizza lo Scorpione, cercando di rompere la tensione, ma quando i suoi occhi si posano sulla figura delle ragazze, piegate in due davanti al calvario del loro maestro, torna serio.

"Cardia, non..." fa per rimproverarlo Dégel, scuotendo la testa, ma è il suo migliore amico a terminare per lui.

"Non è il momento di scherzare, lo so... ma dopo aver visto Milo, pensavo di... - sospira, non ultimando però la frase - Diavolo, Camus è conciato peggio di quanto credessi!"

Ho voglia di addormentarmi e svegliarmi in un giorno migliore, che tutto questo sia un incubo, ma... so che non è così, lo so fin troppo bene.

"Marta..."

E' Dégel a chiamarmi dopo aver posato lo scatolone a terra, mi limito ad alzare un poco lo sguardo, spento, che si imprime a fatica nei suoi occhi blu ancora luminosi di una recondita speranza, nonostante tutto il mondo ci stia cadendo addosso.

Devi spiegarci come inoculare la medicina nei corpi dei nostri amici. Tua madre diceva o braccio o glutei, giusto?" si fa attento e percettivo, cercando di scrollarmi dal torpore, cosa che effettivamente riesce, perché io, come rinsavita, quasi sussultando, mi do la spinta con la pianta dei piedi per azionarmi.

Certo, non c'è più un istante da perdere! Mettetevi tutti intorno a me per vedere meglio" do direttive, aprendo finalmente lo scatolone per controllare minuziosamente il suo contenuto. Gli altri, nel frattempo, fanno come da me richiesto.

Intanto serve una siringa... – comincio, frugando al suo interno fino a trovare quanto cercavo - Ah, prima di iniziare, vi devo avvertire che è di estrema importanza togliere tutta l'aria contenuta all'interno!” li avviso, raddrizzandomi per mostrare meglio il procedimento.

Non è certo la prima volta che pratico iniezioni, in testa ancora le parole di mia mamma quando, all'età di 12 anni, mi spiegò come fare: è basilare, per prima cosa, espellere tutta l'aria tenendo la siringa con l'ago verso l'alto, successivamente, per constatare che effettivamente l'aria sia totalmente uscita, fare una prova. Se premendo lo stantuffo uscirà il liquido, il nostro obiettivo sarà raggiunto!

Perdona la domanda forse sciocca, ma perché bisogna togliere l'aria?” chiede Dègel, concentrato al massimo nel memorizzare i miei movimenti.

Perché altrimenti il paziente rischia un'embolia, ovvero la formazione di una bolla gassosa all'interno dei vasi sanguigni non miscibile allo stesso sangue, può essere letale..."

"COS..! Ci stai dicendo che con quell'arnese puoi causare la morte di colui che stai cercando di salvare?!" strabuzza gli occhi Cardia, seriamente spaventato.

"Purtroppo è così. Sapete, la mamma mi aveva insegnato tutto questo per aiutare i nonni quando... quando sono stati male, ma a volte pure negli ospedali capitano piccole disattenzioni; disattenzioni che talvolta possono essere fatali”

"Come è successo a tua nonna Ines, Marta..." biascica Michela, capendo a cosa io mi riferisca.

"Come a mia nonna, sì..."

Comprendo, sembra una procedura molto rischiosa, anche se necessaria" annuisce Dègel, un poco più cupo.

"Aspettate, e perché di questo si muore?!" insiste Cardia, sempre più pallido, guardando prima me poi l'amico, poi Sisifo, che nega con la testa come a dire che non lo sa e infine le mie amiche.

"Beh, è una bollicina nel flusso sanguigno... quando questa arriva ai polmoni, o al cuore, l'effetto è..." fa per spiegare Francesca, ma le sue parole sono sufficienti per far indirizzare Cardia verso la consapevolezza corretta.

Ah... bello! Praticamente un infarto, eh?! Grandioso! Bene, compagni, lascio a voi la gestione di questa cosa!” afferma lui, dirigendosi verso la porta con l'intento di andarsene.

Cardia! Dove credi di andare? Serve anche il tuo aiuto!” lo richiama l'Acquario, acciuffandolo per il polso.

Cosa potrei fare, Dègel?! Assolutamente nulla! Non riesco a mantenere il sangue freddo come voi, soprattutto se si parla di cuori e medicine! Non voglio sentirmi responsabile di uccidere la mia reincarnazione, o il suo migliore amico, tanto meno Regulus che è poco più di un bambino!” ribatte, in tono pesante.

Cardia, non è così difficile! Io sono convinta che tu possa farlo senza problemi!” lo prova ad incoraggiare Sonia, inutilmente, in cerca di un sostegno morale in più. Perché anche lei, pur rimanendo in disparte e manifestando poco, sta patendo tanto, lo vedo dai suoi occhi lucidi e provati.

No, Sonia, combinerei solo un altro casino! - le risponde lo Scorpione, scompigliandole brevemente i capelli per farle forza - Torno... torno a fare compagnia a Milo per incoraggiarlo, almeno quello so farlo decentemente!” sostiene ancora, uscendo poi dalla stanza senza aggiungere nient'altro.

Cardia... fino a questo punto!” mormora solo Dègel, unico a comprendere totalmente le ragioni più profonde che muovono il suo amico, nell'osservare un poco più lungamente la porta appena richiusasi.

Dicevo... - riprendo il discorso, preoccupata per l'atteggiamento di Cardia, ma non avendo, parallelamente, il tempo per indagare oltre – Una volta preparata la siringa occorre disinfettare la porzione di pelle del paziente in cui vogliamo praticare l'iniezione. Mentre procediamo, è meglio coprirsi con i guanti che ci ha dato in dotazione mia mamma, questo è utile sia per noi, così non entreremo in contatto con i batteri, sia per colui che dobbiamo curare, visto che, versando già in una condizione di debolezza fisica, è più soggetto alle infezioni!”

"Ok, fino a qua ci siamo, Marta, meglio però una dimostrazione pratica" mi incoraggia a suo modo Francesca, facendomi percepire tutta la sua vicinanza in un momento così critico.

Annuisco, avvicinandomi quindi al letto con la siringa stretta nella mano destra e, sotto il braccio sinistro, la scatola dei batuffoli di cotone. A maggior ragione io, che ho una ferita aperta proprio sul palmo della destra, non posso permettere in alcun modo al mio sangue di entrare in contatto con la pelle di mio fratello.

In effetti non è poi così difficile il procedimento ma, dopo aver tolto l'aria, che si fa?” domanda a sua volta Sonia, ansiosa di poter fare qualcosa.

Bisogna inserire l'ago, mantenendo una direzione perpendicolare alla cute, e agire il più velocemente possibile, o meglio: l'iniezione deve essere effettuata lentamente, mentre l'ago va estratto con rapidità per procurare meno dolore possibile al paziente” continuo, tesa.

Va bene, penso di aver compreso anche io, possiamo quindi procedere. Ricordati che noi abbiamo fiducia assoluta in te!” mi incoraggia Sisifo, poggiandomi la mano sulla spalla.

Avete fiducia assoluta in me, beati voi... io invece brancolo nel buio, ma non posso più tentennare, avete ragione!

G-grazie, Sisifo!” provo ad alzare il tono di voce, raschiandomi brevemente la gola.

Poi i miei occhi si incrociano nuovamente con quelli di Francesca e Michela...

Nel loro sguardo leggo paura, ansia e timore, emozioni che ben si confanno alle lacrime che poco fa hanno rigato i loro volti, ora puntualmente scacciate. Tuttavia oltre a questo intravedo anche la speranza, il desiderio di non arrendersi, di essere un sostegno, un aiuto, sebbene questi mesi e gli ultimi avvenimenti ci abbiano scardinato dalle fondamenta.

E, guidata dalle loro sottili voci che mi rimbombano in testa, dal loro stesso volere di non gettare la spugna, finalmente mi decido.

Cammy... abbiamo fatto di tutto per prendervi la medicina, rischiando diverse volte la vita e attraversando mille mila pericoli. Ora siamo qui con voi, al vostro fianco, a combattere, e tu devi farcela assolutamente, fratellino mio, ti prego! - butto fuori aria, prendedogli il braccio sinistro e ruotandoglielo un poco - Abbiamo... abbiamo ancora un disperato bisogno di te!” gli sussurro con dolcezza, guardandolo brevemente per poi passargli delicatamente il batuffolo di cotone, già imbevuto precedentemente d'alcool, per la disinfezione.

In teoria il posto migliore per una iniezione intramuscolare sarebbe la parte superiore dei glutei, ma, in caso di incoscienza del paziente, si può anche fare in uno dei due muscoli deltoidi, esattamente come diceva mia madre” spiego ancora, concentrandomi il più possibile su quello che sto facendo. Le mie mani tremano, devo costringermi ad inspirare ed espirare ancora una volta, riconducendomi alla calma, prima di procedere.

Introduco dunque l'ago nel braccio di mio fratello fino ad inserire completamente il liquido al suo interno, poi lo estraggo subito con gesto meccanico, mentre, con altrettanta lestezza, prendo un altro batuffolo di cotone dal sacchetto.

E ora? Aprirà i suoi meravigliosi occhi blu e ci sorriderà con uno dei suoi rari sorrisi che ci fanno comprendere il suo grande affetto per noi?” domanda ingenuamente Michela, stringendogli la mano destra con una disperazione a stento celata.

No, Michela, ho una brutta sensazione... - proferisce a malapena Francesca, con difficoltà – Io penso... penso che se supererà la notte avrà buone possibilità di farcela, vero, Marta?”

Annuisco senza riuscire a dire niente, incapace anche solo di pensare ad un'eventualità simile, nel frattempo tengo premuto il cotone sul braccio di Camus per arrestare la piccola uscita di sangue. Non ha minimamente avvertito l'ago, né tanto meno le mie parole, la sua espressione non è affatto mutata, persa nel nulla che lo sta risucchiando. Non deve avvertire assolutamente nulla intorno a sé, questo mi provoca una stilettata al cuore. Chissà se le nostre voci possono invece comunicare ancora, come è successo a Genova. Io non voglio... non voglio perderlo!

Come 'se'?! Il Maestro ce la farà sicuramente, vero?! Veroooo?!” esclama Michela, scoppiando nuovamente in lacrime, vinta.

Io... sono convinto che ce la farà, non sarebbe da lui arrendersi! E poi ha voi al suo fianco, le sue luci... - afferma Dègel, avvicinandosi al letto per sfiorare leggermente i capelli della sua reincarnazione - Vero, Camus? Non puoi ancora... morire!" modula poi il tono nel rivolgersi a lui, con una delicatezza che riesce a riscaldare anche a me.

Dobbiamo dare il medicinale anche a Regulus e Milo, lo facciamo insieme?” chiede Sisifo, recuperando un po' di positività.

Voi andate pure, di sicuro Francesca vi potrà rispiegare tutto il procedimento nei minimi dettagli. Io invece rimango vicina a Camus, ha... ha bisogno di assistenza costante e voi avete già fatto tantissimo per lui” mormoro automaticamente, seria in volto.

Devo rimanere assolutamente al suo fianco ad ogni costo, non solo per come l'ho trattato prima che svenisse a terra, ma anche in virtù della brutta sensazione che mi dilania il petto. Non ho cuore di lasciarlo qui da solo, completamente indifeso, sento che qualcosa non va, non capire cosa mi fa impazzire, ma non posso permettermi di cedere: crolleremmo in due. Per sempre.

Va bene, Marta, stasera vengo per il camb...”

No, Fra!” ribatto in tono alto, quasi aggressivo, pentendomi subito dopo.

"Calmati, Marta! - mi rimprovera Sonia, accigliandosi - Francesca voleva solo..."

Lo so, scusatemi. Siete stremate, avete bisogno di riposo dopo le fatiche del viaggio...” aggiungo ancora, stringendo con forza il polso del mio fratellino.

Dal foro praticato per l'iniezione non esce più sangue, ritiro il cotoncino per posarlo sul comodino. Al suo posto, un livido color viola sta già prendendo forma: dovrò farne degli altri, molti altri, per salvarlo, è l'unica via...

Come se tu fossi pulita e riposata come un fiorellino, Marta!!! Non puoi fare tutto da sola, inoltre la ferita...” riprova Francesca, testarda, tentando di convincermi.

La ferita non è che un graffio! Andate, ho detto! Io devo star qui... SENTO di dover star qui, anf, non ho il cuore di abbandonarlo...” ribatto, ancora più cocciuta di lei, in un tono che tuttavia si spezza a metà frase. Mi manca l'aria.

"Lo vedi?! Non riesci neanche a respirare bene, come puoi pensare di..." riparte alla carica la mia amica più grande, sicura di avere molte frecce al proprio arco. Ma la mano di Dègel che pazientemente si muove per stringere la sua, la interrompe prima di ultimare il discorso.

Va bene, se questa è la tua decisione la accettiamo, anche perché... sei irremovile! - osserva, un poco severo - Non sottovalutare però le tue condizioni fisiche, intesi? Camus stesso non lo vorrebbe... se puoi, prenditi anche cura di te, soprattutto di quel brutto taglio!” conclude lui, sfoggiando la sua diplomazia.

"S-sì..."

"Questo me lo devi promettere, Marta..."

Come no. Mi limito ad annuire, non riuscendo comunque a guardarlo in faccia.

Dègel capisce l'antifona, sospira, decidendo per una momentanea ritirata. Domani mattina, all'alba, ce lo avrò a fiatarmi sul collo, già me lo sento. Per il momento, però, l'ho vinta io, lo vedo condurre tutti fuori tranne me.

Sospiro a mia volta, quasi rabbrividendo. Dopo un attimo di esitazione, decido di togliermi solo il guanto dalla mano sinistra, quella sana, avendo altresì cura di disinfettarla con l'alcool etilico. Ritorno tacitamente a guardare il volto stremato di mio fratello, traccio delicatamente con le dita il suo profilo, sperando in cuor mio di fargli percepire tutta la mia vicinanza. Mi manca da morire il suo tocco, i suoi rari sorrisi, la sua voce, i gesti che, parco, mi regalava, sempre un poco sfuggenti, come sfuggente e delicata è la sua essenza.

Il pericolo dovrebbe essere, in teoria, passato, poiché abbiamo preso la medicina e siamo tornati in tempo, eppure... qualcosa di oscuro e imponderabile continua ad opprimermi il petto, mozzandomi il fiato in gola. Il Mago non se ne è mai andato realmente da qui, non fa che ripetermelo con godimento, e tuttavia io non voglio credergli, non POSSO credergli!

Mi poso una mano sul petto, cercando di ricondurmi alla calma perché, di nuovo, stavo sprofondando nella disperazione. Il mio cuore non ne vuole sapere di diminuire i suoi battiti, vittima di quel qualcosa di viscido e serpeggiante che continuo, mio malgrado, a percepire da quando Camus è caduto per la peste, come se il morbo avesse contaminato anche me nonostante, allo stato attuale delle cose, io risulti asintomatica.

Rabbrividisco più volte, mentre fitte sempre più forti mi contorcono lo stomaco. Se continuo così non sarò di nessuno aiuto a mio fratello, devo tranquillizzarmi e... inspirare ed espirare profondamente! Ritorno a concentrarmi sul suo volto, unico appiglio davanti a tutta l'ansia che mi sta avvolgendo sempre di più.

Camus... riesci ad avvertirmi in qualche modo? Io so... io so che la mia voce può raggiungerti ovunque, lo so, lo credo fermamente... - gli sussurro con dolcezza, accoccolandomi al suo fianco, così vicina al suo volto. Ho un bisogno disperato di parlargli, di porgli domande, di toccarlo - Sei insostituibile per me e il sapere... il sapere che hai voluto affrontare l'inferno da solo, senza dirmi niente, mi fa star male, ancora di più se penso a come ti ho trattato poco prima che cadessi a terra a seguito della peste..."

Già... perché lui si è premunito di celarmi tutto fino a quando non è crollato, ed io ho finto che tutto questo andasse bene... NON ANDAVA BENE NIENTE, INVECE!

Continuo a non capire, sai, Cam? Mi hai detto che non mi ha rivelato niente per proteggermi, perché, dopo Crono, non volevi più che qualcuno mi facesse del male, ma io continuo a pensare di non essermi dimostrata all'altezza, sai? Dovevi, per forza, combattere da solo, dopo aver rivelato a Francesca, e solo a lei, a cosa andavi incontro? Saresti stato disposto a sradicare via il mondo, ad assumerti quel peso, pur di salvarci, eppure, sempre poco prima di svenire, qualcosa nelle parole di Dègel ti ha fermato... - mormoro, fremendo vistosamente mentre, a poco a poco, la rabbia torna in me. Ora la riesco a quantificare e... fa paura! - Io non ne sapevo nulla di quello che avevi sofferto, dei passaggi che ti avevano spinto a desiderare di sparire da questo mondo... nulla, non sapevo nulla e, se non avessi avuto le visioni, neanche che avevi rischiato la tua vita per salvare la mia, facendo il gioco del Mago... perché? Perché non mi dici mai nulla?!?” mi esce un tono accusatorio, stringo convulsamente le lenzuola.

Sono ancora tremendamente arrabbiata, ma non riesco minimamente a capire verso chi... verso Camus che, a conti fatti, è la prima vittima innocente? Verso il suo non dirmi niente? Ma a posteriori ha fatto pure bene, considerando le cose terribili che gli ho detto senza nemmeno capirlo! Oppure... ce l'ho con me stessa? Per non essere stata sufficientemente determinata e per non essere riuscita a sostenere mio fratello? Sono così furiosa perché, con le mie parole, sono solo riuscita a farlo sentire peggio?!? Inadeguata... TOTALMENTE. Non faccio altro che pensare a questo, eppure, pur sapendolo, continuo ad essere ottusamente furiosa con lui, come posso essere così vigliacca?!?

Rabbocco l'aria, prendendo altri profondi respiri nel sentirmi in deficit di ossigeno. Automaticamente il mio sguardo si dirige fuori dalla finestra: Venere rischiara già il cielo, mentre una sottilissima velatura rossa-violacea è quanto rimane del giorno appena trascorso; un giorno che non potrà tornare mai più.

Camus... perdonami per essere ancora così assurdamente arrabbiata con te, ma sappi che ho compreso che, ciò che volevi fare, lo facevi per il mio bene, nient'altro che per il mio... bene! Ti prego, svegliatii e torniamo a parlare, insieme! Ho così tanto da chiederti... - gli sorrido con dolcezza, baciandolo brevemente sulla fronte ancora calda e sudata - Aspetterò con trepidante attesa di vedere nuovamente aperti i tuoi meravigliosi occhi, fino ad allora... non avere paura di niente, sono al tuo fianco, non ti lascio andare... non più, te lo giuro!" concludo, solcandogli la guancia con la mano sinistra, prima di riprendere il guanto, rimettermelo e alzarmi in piedi con l'intenzione fare qualcosa per i bubboni nuovamente gonfi.

Agire su di lui, così perso nell'incoscienza, così vulnerabile tra le mie mani... fa impressione, mi sento proprio mancare, ciò mi spinge ad esercitare maggiormente il controllo per rimanere salda nei miei intenti. Mi faccio forza, scostandogli lentamente le lenzuola fino a scoprirgli il basso ventre su cui sono ancora posate delle pezze profumate, che io tolgo e poso al suo fianco.

Mi sforzo di osservarlo con sguardo clinico. Esattamente come sosteneva Sisifo, sotto alle ascelle sono presenti due bubboni piuttosto grossi, devono dolergli alquanto. E' rischioso, ma... mia madre ci ha dato in dotazione anche un bisturi, ho il disinfettante, posso quindi fargli degli impacchi di erbe per velocizzare il processo di cicatrizzazione. Il punto è... ho il cuore di farlo?

Lo fisso ancora per una serie interminabile di secondi, la sua pelle così pallida, l'espressione spezzata, e, infine, tutte le piccole rughe che si sono formate intorno agli occhi, agli angoli della bocca, indicatori della sua sofferenza.

Sospiro: bando alle esitazioni! Prendo tutto l'occorrente, alzandogli poi il braccio sinistro e piegandoglielo sopra la testa. Lui è totalmente alla mia mercé, non si oppone, e questo mi fa ancora più male. Con la mano ancora un poco tremante, dopo avergli sistemato un fazzoletto sotto, pratico finalmente un'incisione netta, ricalcando le precedenti. Ne esce un fluido puzzolente misto a sangue, lo ben sapevo, ma ciò non mi impedisce comunque di avvertire un conato di vomito salirmi dall'esofago. Mi devo fermare un attimo e voltarmi, non ho alternative, altrimenti sbocco! Riesco a buttare giù il sapore acidulo solo dopo tre ampie boccate.

"Anf, anf..."

Rabbrividisco nel percepire il suo respiro mutare d'intensità, il suo corpo si irrigidisce prima di mettersi a vibrare per una serie di secondi, poi si abbandona completamente. Questo lo ha sentito, invece... nettamente...

"Scusami... per il male che ti sto facendo, s-starai presto meglio, Cam, te lo prometto, resisti..." lo supplico gli occhi lucidi, mentre istintivamente gli accarezzo i capelli. Nessuna reazione. Di nuovo. Abbandonato. Forse più di prima.

"Sei così stremato... mi terrorizzi, sai? Ma sono io che ti sto sottovalutando, vero? Non dovrei, sei forte, più forte di ogni altro!" gli dico, con un mezzo sorriso. Se non credo io in lui chi lo farà?!

Riprendo a fatica il procedimento, rigettando la nausea sempre più crescente. Il bubbone si è finalmente sgonfiato, gli disinfetto con premura la zona tamponandogliela con un fazzoletto pulito. Ultimata anche quest'ultima procedura, gli sistemo nuovamente il braccio parallelo al fianco. Dovrò fare lo stesso con l'altra ascella e, dopo quella, con la zona inguinale, soggetta a sua volta alla formazione di bubboni.

Tremo nella paura di non reggere tutto questo, ed è di nuovo il suo viso a darmi la forza. L'altro braccio, coraggio! Glielo piego sopra la testa, tenendoglielo fermo come avevo fatto precedentemente con il destro, e procedo.

Non mi arrenderò mai, MAI, per nessuna ragione al mondo! Il peggio deve essere necessariamente passato... voglio pensarlo fermamente!

 

***********************************

(Poco prima di mezzanotte...)

 

...arta... svegl... svegliati! Devi sv...”

 

Una voce... una voce che stenta a raggiungermi, è appena udibile... ma di chi si tratta? Mi è famigliare...

D-divino Crono, sei forse tu? Ma come...?”

 

Non c'è tempo per spiegarti, Marta! Camus... Camus sta molto male in questo momento!”

 

Sussulto pesantemente, mentre la sensazione di intontimento e assuefazione, lascia presto spazio a dei ricordi più o meno confusi. Certo, ero con Camus, me ne stavo prendendo cura, ma... perché? Mi sento come se... come se mi avessero drogato, è tutto buio intorno a me, dove mi trovo?! Questa è la realtà? O è frutto della mia... testa?

Dovrei forse ridestarmi ma non riesco, le tenebre mi avvolgono, mi paralizzano, e quasi... mi tolgono il respiro! E'... è la sensazione di prima, quella che ho avuto nel momento in cui sono tornata nel passato, ma... più fitta, più acuminata, più... fa tanto male, dannazione! Non respiro, ho male, sono... solo!

 

Il nemico... è stato lui a paralizzarti con le sue tossine. Vuole tuo fratello, lo desidera con tutto sé stesso, solo dopo darà il colpo di grazia a te!”

 

Sbatto più volte le palpebre, del tutto incapace di comprendere pienamente. Dovrei svegliarmi subito... però se lo facessi avrei solo più male, soffrirei di più, invece, se rimango qui, sarà come... sarà come addormentarsi. Per cosa sto combattendo se già da prima è tutto vano? Perché dibattersi, provare ancora dolore, quando l'alternativa non c'è mai stata? Tutto era già scritto, lo sapevio, e allora perché...

 

Non ascoltare le tenebre, Marta! Possono soggiogarti ancora di più, inghiottirti, renderti totalmente impotente. Tu solo puoi salvare tuo fratello, che si trova al di là dell'oscurità che ti circonda... solo un filo lo lega ancora alla vita, solo uno... perché il confine tra l'essere ancora e il non essere più si è ulteriormente assotigliato. Lui ha fatto di tutto per resistergli, lo hai visto anche tu, ma è stremato, non può più farcela da solo, per cui... Marta, ti prego, SVEGLIATI!!! ”

 

Spalanco gli occhi di scatto e mi alzo in piedi con un movimento improvviso, finendo tuttavia, per una qualche ironia della sorte, a terra. Nel movimento così improvviso, perché a quanto pare era poggiata sul letto, picchio la schiena contro il pavimento. La sedia su cui ero seduta fino ad un attimo prima tonfa vicino a me, il suo suono rimbomba tra le pareti, perdendosi.

Riprendo quindi facoltà di me, abbandonando il buio del sonno per ritrovarmi nuovamente avvolta dall'oscurità tetra della stanza. Il respiro mi raschia difficoltosamente in bocca, quasi come se trovasse la via ostruita. Ogni espirazione provoca un dolore lancinante ai polmoni, mentre le inspirazioni rassomigliano a ventate di aria bollente che mi bruciano la gola.

C-che succede, anf? Perché, anf, l'atmosfera è così pesante ora? Non riesco quasi a...” rifletto a bassa voce tra me e me, accorgendomi che tutti i sensi sono annebbiati e che, contemporaneamente, il mio corpo sta risentendo degli effetti di una lunga apnea. Non ho quasi più energie, sono in deficit di ossigeno. Cosa diceva Crono prima? Che ero vittima di un qualche tipo di tossina?! Cosa..?

"I MIASMI!!!" realizzo, in un brivido di paura, tentando di rialzarmi, la bocca sempre più spalancata nel non riuscire minimamente a respirare.

U-urgh!”

Mi paralizzo all'istante nell'atto di sedermi, udendo con distinzione qualcuno ansimare e muoversi convulsamente sul letto cigolante. Sempre più forte... sempre più forte...

Quasi parallelamente il mio cuore accelera i suoi battiti. Probabilmente, di tutto il mio corpo, solo lui ha capito la necessità di agire il più velocemente possibile, ma i miei movimenti sono ugualmente lenti... così innaturalmente lenti!

Con grande difficoltà, annaspando, praticamente gattonando, riesco a raggiungere il comodino, facendo forza sulle braccia per issarmi in piedi. Con la mano sempre più tremante, cerco tutto l'occorrente per fare un minimo di luce nelle tenebre che mi avvolgono.

Presto... Devo fare presto!” ripeto febbrilmente tra me e me, maledicendo le mie mani per non riuscire a prendere le dannatissime candele.

No, è tutto inutile, non riesco! I rantolii che sento provenire dal letto hanno il potere di destabilizzarmi del tutto. La mia presa non è per niente ferrea, la roba mi sfugge di mano, quasi non riesco a stare in piedi, eppure... eppure se non faccio subito qualcosa...

 

Marta, fai presto, ti prego! Sangue freddo, ricorda il sangue freddo!!!

 

Di nuovo la voce di Crono... Sento il suo cosmo dentro di me che mi cede parte delle sue energie, abbastanza per prendere una boccata d'aria e ripartire.

Riesco infine ad accendere la candela e puntarla in direzione del letto, ma quello che vedo mi paralizza nuovamente tutti i muscoli, mentre una sensazione di vuoto in espansione mi invade ogni più piccolo recesso dell'anima. L'ultima speranza alla quale mi ero aggrappata languisce, agonizzando come il sole che si dissangua al tramonto.

 

Potevi rimanere a dormire, povera sciocca, perché dibattersi aspramente e soffrire per una cosa già decretata?! Non ti avrei svegliato, non ora, no... nella mia magnanimità ti volevo risparmiare questo momento; il momento in cui io, il Sommo Artefice, prendo le redini del corpo di tuo fratello. Le tossine del sonno ti avrebbero risparmiato tutto questo, ti avrebbero solo paralizzata, sarei venuto poi io, sotto le vesti di questa persona che tanto ami, a darti il colpo di grazia, forse non te ne saresti nemmeno accorta, o forse sì, dipende... muhahaha! Ma comunque ti sei ridestata, povera pazza, quindi ora ammira... ammira il mio operato, ammira la vita di tuo fratello Camus, Cavaliere dell'Acquario del duecentosessantesimo anno dopo il tracollo di Ipsias, spegnersi tra atroci sofferenze; guardalo... guardalo morire e contempla la sua atroce dipartita... SEI TOTALMENTE IMPOTENTE!”

 

Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile, mentre le parole del Mago mi sibilano, crudeli, in testa. Non percepisco più il mio corpo, tutto è irrilevante, al di là dello spettacolo che ho davanti agli occhi. Non vi sono più le gambe, né le braccia e nemmeno lo stomaco... tutto è azzerato, distrutto, annichilito, come le mie facoltà...

N-no...” riesco solo a mormorare, completamente prosciugata, del tutto inerte.

La vita di Camus sta lentamente scivolando via, lo capisco dal suo respiro sempre più affannoso e dagli spasmi irregolari che gli trasmettono fitte lancinanti, come se il corpo fosse attraversato da innumerevoli scosse elettriche. La sua schiena si arcua più volte, per poi ricadere tra le lenzuola, vinta, e ricominciare a contorcersi. Stringe ancora le coperte sotto di sé, le stringe ancora, in un ultimo, disperato, tentativo di opporsi al nemico, ma è tutto vano, la sua stessa resistenza è vana... tutte le strade conducono qui, nonostante gli innumerevoli nostri tentativi di trovare un'altra via, TUTTE!

E'... la fine, ed io non posso far altro che rimanere qua immobile e impotente a guardare la scena davanti a me, a guardare la vita di mio fratello che gli viene strappata. No... no... non può essere no... quando smetterà?! Quando smetterà di muoversi?! Di soffrire così tanto?!? Ti prego... basta... BASTA!!! SMETTI! Smetti di...

 

Marta, proprio come dice il Mago, guardalo... guarda tuo fratello, lo vedi? Lo vedi come sta provando ancora ad opporsi, malgrado le sue condizioni disperate?! Puoi forse... lasciarlo lì, da solo? No, sei la nostra unica speranza, la SUA speranza! Puoi farlo: liberati dal torpore, dalle tossine, dalle ingerenze del nemico... LUI CREDE IN TE!”

 

Poche parole, ma necessarie per farmi recuperare le mie facoltà mentali e fisiche, per ritornare così ad imbrigliare le mie emozioni. Un lampo di determinazione mi investe, dandomi la spinta per dirigermi in corsa verso il letto di mio fratello.

Camus... CAMUUUUS, non mi arrenderò! Non farlo neanche tu, ti prego, combattiamolo insieme! Noi poss...” lo chiamo con forza, poco prima di prendere il suo corpo tra le mie braccia e sussultare a seguito di quel contatto del tutto innaturale: freddo... è terribilmente e innaturalmente freddo, come se il calore gli fosse stato del tutto estirpato.

Mi sforzo di guardarlo meglio, ora, anche se fa male, tanto. E capisco.

Non c'è più movimento alcuno...

Singhiozzo, mentre alcune lacrime cadono da qualche parte, non so bene dove, non so; so solo che Camus n-non riesce più a respirare autonomamente, le sue dita hanno smesso di stringere la presa sulle lenzuola e sono lì, immote, abbandonate a sé stesse, rassomiglianti sinistramente a lunghe zampe rachitiche di un ragno morto da tempo.

I-il suo cuore... gli tasto il petto, la carotide.... no, non c'è, nemmeno. E' tutto fermo.

Non c'è più battito. Ho tardato troppo a intervenire.

Scaccio a forza le lacrime, testarda, scrollando la testa con forza: non mi arrenderò, NON POSSO ARRENDERMI! NON VOGLIO ARRENDERMI!

"CAMUS, torna indietro; torna indietro, maledizione!!!" gli urlo con tutte le mie forze, alzandomi in piedi di scatto per strappargli in fretta le lenzuola di dosso. E' orrenda la furia del mio gesto, me ne rendo appena conto, ma non posso preoccuparmi di essere delicata. Non adesso.

I secondi per salvare una vita... scorrono già impazienti.

Gli rovescio indietro la testa, gli libero il tronco dalle braccia, che lascio semi-aperte ai due lati del letto: devo essere completamente libera di agire sul suo torace, devo... tentare la rianimazione cardio-polmonare!

Le dita della mia mano si muovono automaticamente, vanno a tappargli il naso, lo forzano ad aprirgli bene la bocca. Forse... non tutto è perduto!

"Non ti perdere... Non ti perdere, fratellino, ti prego!" bisbiglio ancora, prima di chinarmi su di lui per applicare così le procedure di emergenza.

Ho ancora così tanto bisogno di te...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo di MaikoxMilo

 

Salve, è un piacere riavervi qui! Passate bene le vacanze? :)

Lo so, lo so, questo capitolo è il più lungo tra quelli pubblicati e parallelamente è anche quello che mi ha fatto spendere più tempo nella revisione! Cosa ne è venuto fuori? Beh, il capitolo che avete appena finito di leggere! XDIo sono soddisfatta di essere arrivata a questo punto e ormai manca poco alla conclusione di questa seconda storia, eheheheh. Cosa accadrà??? Cosa E' successo?! Per saperlo ovviamente dovrete attendere il prossimo capito(sì, se ve lo state chiedendo mi piace rendere i finali di capitoli sempre così XD). Nel frattempo colgo l'occasione per ringraziarvi nuovamente per tutti quelli che seguono questa storia :) grazia davvero a tutti!!!

  
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