Recensioni per
Save our Souls (Specters)
di Deliquium

Questa storia ha ottenuto 31 recensioni.
Positive : 31
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano

Mi prefiggo di rispettare questo piccolo appuntamento del fine settimana che, tra me e me, ho preso coi tuoi lavori, cascasse il mondo – o mi cascassero una serie di rotture di scatole tra capo e collo, come nelle ultime settimane, oggi incluso. Per un po' è stato un appuntamento coi tuoi signori del Piano di Sotto, presto sarà un appuntamento con altre cose. È un'oasi di bellezza, questa raccolta, anche sulle rovine fumanti di una guerra finita in modo poco soddisfacente per quelli che sulla carta sarebbero tra i vincitori. Mi convince e mi piacela struttura circolare che hai deciso di adottare, a suo modo fa quadrare il cerchio – ho anche fatto la brava e sono andata a rileggermi i primi capitoli, perché a distanza di anni la mia già debile memoria tende a perdere più colpi di quanti non ne perda già a breve termine.

Questi ritratti degli Spettri sono uno più bello dell'altro; e, no, non sono in grado di stilare una classifica. Sono tutti vibranti, ciascuno a suo modo, vivi nella non-vita che descrivi.

Mi piace Felthuz, in questa scena antica: c'è un senso dell'onore, della misura – anche quando la misura dovrebbe essere assoluta, on the hard scale, per dirla coi connazionali di un Rhadamanthys futuro. Non credo di star proiettando (ma è sempre possibile, ché l'osservazione modifica il processo osservato), ma gongolo nella sensazione che l'Inferno, anche qui da te, rimanga una forza tutto sommato bilanciante, senza il trasporto emotivo dello sgozzare per il gusto dello spargimento di sangue, del dolore, del soggiogare.

Ma c'era rispetto. Tra nemici. Erano guerrieri, non bestie assetate di sangue.

In una logica squisitamente shōnen, questi signori sono gente con cui si può ragionare – rigorosamente a cazzotti e a galassie sparate in faccia, magari stringendo un'imperitura amicizia cavalleresca, altrettanto rigorosamente in punto di morte. Ares e i suoi, no. Ora, io credo che il desiderio di sbudellare e giorire dello sbudellamento, di soggiogare il prossimo, o di brindare col sangue e le lacrime nei nostri nemici sia a sua volta tutto sommato umano – dici che ho un malcelato problema con la gestione della rabbia? Naaaah! Ma la Morte è al di sopra di queste piccolezze, è indifferente a queste quisquilie; ha la sua purezza e la sua assolutezza. Non sta forse scritto anche nelle pagine del Cialtronissiomo che Hades è un dio misericordioso? Certo, per bocca dei suoi, ma rimane il fatto che qualcuno abbia potuto dirlo.

Quale chiusa migliore, dunque, di quella che hai scelto? Nessuna. Davvero nessuna, perché su questo sfondo di un'Atene piegata e svuotata di senso da una Guerra brutale che alla Morte non può aver dato alcun piacere vincere solamente sulla carta; sullo sfondo della soggiogazione, anche il lettore (o almeno questo lettore) riesce per un ultimo istante a guardare il tutto con gli occhi degli Spettri, e a scorgerla, la promessa assolutamente preferibile di questa Morte che è una liberazione.

Mi sa che al prossimo giro ci vediamo su in vulcano! Ed anche questa è una promessa!

Un abbraccio, e grazie ancora di aver scritto questa meraviglia!

Recensore Master

Mai fidarsi di Ares.
MAI.
Se Athena ha sempre un asso nella manica, pronto in caso di necessità, Ares ha una spada, una lancia, un pugnale da conficcarti nella gola. Ad Ares piace il chiasso, la paura ed il terrore, lui personifica la guerra nell'accezione più distruttiva che esista. Non è la pianificazione della battaglia, è il sangue versato, la furia che si slega e miete vittime. Per il puro gusto di uccidere.

Che sia successo qualcosa è chiaro, così come è chiaro che la Viverna lo ha cpaito, ma non si azzarda a rivelare questo particolare ad un suo sottoposto. Perché è un sottoposto, e allora svia altrove i suoi occhi che hanno il potere di pietrificare, per evitare che Felthuz rivolga i suoi pugni contro Ares. Insomma, un conto è che qualcosa vada storto e ti venga negato di trionfare sulla tua nemica; un altro è dover fare i conti con Ares!
Che i suoi seguaci mettano a ferro e fuoco Atene. Quella città, adesso, è solo un cumulo di macerie fumanti. Atene cade, ma non gli ateniesi, appesi su quei pali l'uno accanto all'altro. E che cos'è una città prova dello spirito dei suoi abitanti?
Un ammasso di case, strade e alberi e colonne.
Che bruci tutto, allora. Fino all'ultimo granello.