Ciao ~
Finalmente arrivo anche qui! Ammetto che era un po’ che volevo passare da queste parti, però non riuscivo a trovare il momento adatto o lo stato d’animo giusto. Tuttavia ho già detto che questa storia mi piace, quindi quando mi capita di vederla – per un motivo o per un altro – m’illumino d’immenso (?) e mi ricordo che sto talmente indietro da far ridere!
Pian piano riuscirò a recuperare tutti i capitoli, sì, ma partiamo proprio da questo!
Kier è sempre Kier. Il modo in cui si approccia con Joanna mi ha stesa. Alla domanda “Occhi?” in special modo! Ho accennato una risata, cosa decisamente difficile per me in questi giorni. Epicamente cinico, proprio come me lo ricordavo. Introspettivo al punto giusto, mai noioso. La narrazione è un flusso che difficilmente si abbandona. Non a caso, pur essendo passato parecchio dall’ultima volta cui mi sono fatta viva, mi ha tenuta ancorata alla sua psiche.
Il fatto che si trovi nel corpo di una ragazzina non lo rende certamente diverso, solo più camaleontico, e credo di avertelo già accennato nel capitolo cinque, quando mi ha sorpresa lo stacco tra il posto di lavoro e la sua doppia vita. Ecco, sì, ne sono pressoché certa. Kier mi piace proprio perché è semplicemente se stesso – in ogni luogo, in ogni momento, in qualsiasi panni lo si metta. Non deve essere un personaggio immacolato per piacermi, anzi – di solito mi piacciono più i personaggi distorti che quelli puri, perciò direi che è sempre più approvato. Se poi ci accostiamo il cinismo delle sue risposte o quello dei pensieri che fa di tanto in tanto, allora, stiamo a cavallo! Occhi? – Due. Oddio, diventerà il mio nuovo tormentone mentale! Quando sarò giù di tono immaginerò Kier nel corpo di questa ragazzina che risponde con fare laconico e scocciato. Grazie per questo piccolo spiraglio di luce nei giorni bui *inchino* ♥
Il tormento della dottoressa Swintoon deve essere atroce. Per certi versi posso capire il perché della sua decisione, ma d’altro canto c’è la disillusione, quel guizzo malinconico che le fa salire le lacrime agli occhi, a frenarmi. Non so bene se al suo posto avrei reso mia figlia un involucro perfetto, sai? Non riesco proprio a pensarlo. Perché sì: può vederla muoversi, può sentire la sua voce, può tutto… Tuttavia sa – e chiunque se ne renderebbe conto dopo aver parlato trenta secondi con Kier – che quella ragazza non è sua figlia. Un dramma scientifico, dunque, o materno. L’ultima speranza, forse. Di recente mi è capitato di leggere il manga Sankarea, una cosa che non c’entra assolutamente niente con il tuo scritto, ma che voglio collegare per via del mio vaneggiamento (?)
In questo manga c’è il protagonista che, per vedere di nuovo il suo gattino in vita, cerca di preparare una pozione di resurrezione. L’esperimento, infine, ha un esito positivo – dopo numerosi fallimenti – ma il gattino presenta dei notevoli cambiamenti: è come prima, ma allo stesso tempo non lo è. Certo, il manga non parla solo di questi micio, ma è al discorso del dare la vita a qualcuno di caro che voglio riallacciarmi.
Non so perché mi sia venuto in mente, forse perché in cuor mio so che avrei fatto la stessa cosa della dottoressa e di quel ragazzo del manga, chissà. Ma nel rifletterci, nel leggere certi crucci, mi viene il dubbio – un seme che a primo acchito non sarebbe germogliato.
E non mi aspettavo che sarebbe stato trattenuto, giuro. Mi hai colta alla sprovvista. Cioè, voglio dire… In un ambiente del genere la prudenza non è mai troppa, ma d’altro canto ho la costante ansia che Kier venga scoperto. Perfino mentre era sotto esame mi è venuto il dubbio che, in un modo o nell’altro, sarebbe scappato fuori qualcosa sul suo conto. Invece no. E dopo aver tirato un sospiro di sollievo, dopo essermi momentaneamente rassicurata sulla sua copertura, iniziano i crucci vero e propri. L’incontro con Mathias è vicino, seppur io sia molto lontana dalla fine di questa storia, e pur arrivando in ritardo ho intenzione di leggermi tutto – capitolo per capitolo.
A ogni modo voglio lasciare una mia piccola riflessione finale, un altro delirio come quello su Sankarea, ecco. Immaginare il dolore della dottoressa è tanto facile quanto immaginare quello di Kier stesso. Perché sì, è vivo, ma non è Kier. Interiormente è lui, esteriormente no. Non ha la stessa abilità di prima o la stessa forza muscolare, meno che mai la prestanza. In qualche modo gli è utile, ma il pensiero Meglio morto che ancora ridotto così dovrebbe essergli passato almeno una volta per la testa – alle prime se non alle seconde mestruazioni, lol.
Insomma: mi dispiace. Mi è capitato svariate volte di leggere come persone sottoposte a interventi di chirurgia estetica si siano trovate a combattere con il proprio apparire, con il non riconoscersi, e tu lo hai reso benissimo in questa storia – pur non parlando, ovviamente, di “mera” chirurgia estetica. È un po’ la fusione del tormento provato da un intervento e un gender diverso, sì, un qualcosa di oltre. Frustrazione è poco, ecco, e non mi risulta difficile intendere tutta la rabbia che prova Kier in questo nuovo corpo cui è ospite.
Ti faccio i miei complimenti: il capitolo è stato più che scorrevole. Se riesco a passare in settimana, magari, finalmente posso vederlo alle prese con la faccenda del teatro – Anna Bolena, uno spettacolo interessante.
Alla prossima,
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