Ho appena finito di recensire l'ultimo capitolo di “Saboteur”, ed ora passo senza soluzione di continuità a commentare il secondo ed ultimo capitolo di questo tuo bellissimo – e straziante – dittico. Se le mie parole ti sembreranno senza senso considera lo stato di prostrazione in cui mi trovo a scrivere.
Da dove posso cominciare?
Alla fine i nodi sono venuti al pettine, incarnandosi in una rottura alla quale mai nella vita avrei immaginato di assistere (con buona pace del tanto temuto “happil ever after” di matrice disneyana). Nel film questo aspetto non è indagato, tutto viene lasciato all'immaginazione dello spettatore, ma non ho remore ad affermare che questa tua interpretazione degli eventi possa tranquillamente essere considerata canon.
Ho amato tantissimo come hai tratteggiato le differenti personalità di Leia ed Han (anche se ti sei concentrata maggiormente su quest'ultimo) davanti alla scoperta del vero destino del loro adorato figlio. Ti giuro, ho avvertito chiaramente il cuore stringersi in una morsa nel momento in cui Leia si rende conto che il guerriero mascherato che incede tra le truppe del Primo Ordine altro non è che il suo piccolo Ben: Han, da parte sua, non riesce a crederci, ma non può che considerare veritiere le sensazioni della moglie, per via del legame che da sempre esiste fra Leia e Ben, uniti nelle trame della Forza. Ma ciò che più mi ha fatto male, è stata la successiva presa di coscienza di Han che no, non è più possibile salvare Ben, che il giovane (ormai non più) Jedi si è spinto troppo oltre per poter tornare sui suoi passi, che forse non vuole nemmeno farlo. L'attacco di panico che colpisce Han dinanzi all'enormità di questo pensiero terribile ed annichilente mi ha lasciata senza fiato: ho sofferto con lui e per lui. Ho assistito alla sua resa, in parte l'ho compresa, ma, ahimé, proprio come Leia (Leia, che non ha ceduto nemmeno sotto alle torture di Darth Vader in persona, Leia che, come sua madre prima di lei – la scelta di queste parole non è stata fatta a caso – non ha mai ceduto alle lusinghe del potere e del Lato Oscuro – quel “stai seguendo una strada che IO non posso seguire” di Padmé è di una forza straordinaria e terribile, indica la piena consapevolezza di sé della Senatrice, che, pur innamorata, non seguirebbe il marito su una strada che la condurrebbe a perdere se stessa –, quella stessa Leia che, dicevo, non smetterebbe mai di combattere per il figlio, e non avrebbe timore ad affrontarlo, con o senza maschera) ancora non riesco ad accettarla.
Insomma, carissima, mi hai davvero spezzato il cuore, ma si tratta di una di quelle ferite che ogni tanto fanno bene, perché permettono alla luce di entrare.
Storia finita per direttissima tra le preferite ;-)
Un bacio, e a presto :*
padme |