Recensioni per
Uccideteli nel ventre delle loro madri
di Old Fashioned

Questa storia ha ottenuto 42 recensioni.
Positive : 42
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
27/08/17, ore 14:13

Buon pomeriggio, anche qui.
Una narrazione forte e decisa, molto coinvolgente.
Non sbagli mai nulla.
Il tuo è un grande talento travolgente, e io mi auguro che tu voglia continuare a coltivarlo. Poi fare grandi cose.
Detto questo... niente, complimenti. Molto bravo, scrivi benissimo.
Mi lasci sempre senza parole ^^ :)
Buon proseguimento di giornata e buona domenica :) a presto!

Recensore Master
27/08/17, ore 14:10
Cap. 1:

Buon pomeriggio.
Tu sicuramente sei una persona che ha studiato tantissimo, perché sei preparatissimo in tutto... sul serio.
Mai pensato di scrivere un racconto storico? ^^
Comunque, come sempre mi sento un po' inutile come recensore, qui... non c'è niente da dire, i tuoi racconti filano perfettamente, sai sempre gestire bene tutto quanto.
Vado avanti nella lettura :)

Recensore Master
14/08/17, ore 13:56

Ed ecco che ho letto anche la seconda parte. Un finale straziante, che lascia poco spazio per i sentimentalismi. È la fine del mondo, la fine di un'era. La battaglia è finita, ma dopo di essa non restano che macerie e desolazione. Tutti hanno a che vedere con un lutto, sia esso un commilitone, un figlio, un marito, o l'amata patria che si trova catapultata in una vera e propria apocalisse. Sembra quasi di viverli, quei momenti di terrore e incertezza. E sono sicura che un soldato tedesco si sarebbe sentito proprio così, in un momento del genere.
Bellissima e molto suggestiva la comparsa del cavallo nero, personificazione della morte nel folklore tedesco.
(Recensione modificata il 14/08/2017 - 01:57 pm)

Recensore Master
14/08/17, ore 13:06
Cap. 1:

Ciao carissimo^^
Alla fine ho seguito il tuo consiglio.
Sarò ripetitiva, ma voglio farti i miei complimenti anche per questa storia, di tono differente rispetto alle altre, anche se sempre di argomento bellico. Qui siamo nel bel mezzo di una battaglia, terribile e cruenta. Una guerra totale, sanguinosa, spietata, in cui tutto ciò che conta è sopravvivere o morire combattendo. Gli ultimi sussulti agonizzanti della vecchia Germania, e se vogliamo, della vecchia Europa. Koch sa che, al termine di quella battaglia, niente sarà più come prima, ma è determinato a combattere fino alla morte, come tutti quelli della sua squadra. Nel tempo di un sospiro, si vede gente unirsi alla disperata resistenza, e con altrettanta rapidità questi commilitoni improvvisati si vedono cadere in pozze di sangue, sorpresi dalla morte che non guarda in faccia nessuno. Complimenti sia per il realismo e per l'impatto emotivo delle scene, sia per la profonda conoscenza degli apparati bellici del tempo.
Molto suggestiva la citazione, che fa anche da titolo ed è un po' il leitmotiv di questa distruzione, a partire dalla scena d'apertura.
Finalmente una storia sulla fine della guerra, dal punto di vista degli sconfitti, che non è intrisa della solita retorica di "liberazione".
P.S.: Non sapevo che pure le ragazze del BDM prendessero parte ai combattimenti armati.^^

Alla prossima! :)
(Recensione modificata il 14/08/2017 - 01:29 pm)

Recensore Veterano
07/07/17, ore 23:07

Applausi, davvero.
Ho amato la distinzione tra il primo e il secondo capitolo. Un primo tempo che ti destabilizza, ti sconvolge, ti travolge. E un secondo tempo che rappresenta la calma (chiaramente apparente e temporanea) dopo la tempesta. Si, c'è stata una devastante sconfitta, ma la cosa più importante è che il piccolo barlume di umanità non è stato ucciso e tu lo mostri magistralmente in questo capitolo, nella speranza di "salvare il salvabile", la vita di un ragazzo che però può rappresentare la speranza per un futuro.
"Ci sono momenti in cui l’eroismo non consiste nel combattere a oltranza, ma nell’abbandonare la lotta per combattere in futuro." tutto questo capitolo lo hai riassunto benissimo in questa frase che ho adorato.

Recensore Veterano
07/07/17, ore 00:24
Cap. 1:

Allora, sinceramente penso che davanti a quello che hai scritto non vadano sprecate troppe parole.
Vedo il sangue scorrere, lo sento, caldo e appicicoso, tra le mie stesse mani... 
Hai scritto la guerra. Solo la guerra. Solo lo scempio della violenza. 
Chi combatte per cosa? Boh, ha importanza? Per ne no.
Sembra che tu abbia vissuto tutto questo, sicuramente lo fai vivere agli altri.
Solitamente preferisco fare recensioni più articolate, ma a volte, davvero, tante parole non servono. 
Certamente però, non posso non ribadire i miei complimenti. 
Al prossimo capitolo.
 

Recensore Master
04/07/17, ore 19:13
Cap. 1:

Primo Posto
Uccideteli nel ventre delle loro madri
di OldFashioned












Grammatica: 8.1/10

La grammatica è perfetta, per quello che ho potuto vedere. La sintassi, invece, risente della punteggiatura. In molti casi fai lo stesso errore, mentre altri sono dovuti a una confusione d'interpunzione, che va a creare legami logici errati tra le varie parti della frase. Ti riporto di seguito errori e consigli.

PRIMO CAPITOLO
Tossì, si passò una mano sugli occhi, e la ritrasse umida → -0.8 (Questo è un errore che commetti in tutto il testo. Usare la virgola tra congiunzioni è possibile in casi specifici, ma non sicuramente tra coordinati, come in questo caso. Come annunciato, non toglierò penalità per ogni simile errore, ma un generico mezzo punto. In ogni caso, riporto in elenco gli altri trovati.)
zuppa di un pane nero → -0.1 (di pane nero.)
Gli altri T-34 arrestarono la loro avanzata, e virarono →
Non importava. L’unica cosa che importava → -0.1 (È ridondante la ripetizione, userei un sinonimo o muterei la frase.)
Fece per ritrarre la vanga, non ci riuscì, puntò il piede, la lama scricchiolava incastrata in un costato. → -0.2 ("che scricchiolava…". In generale, in questa frase avrei utilizzato una punteggiatura differente, onde evitare l'effetto "elenco")
Koch si alzò in piedi: il dolore al fianco era un pulsare sordo che gli faceva stringere i denti a ogni respiro. Si guardò intorno; Jäger continuava a combattere: ormai sembrava un cinghiale capitato in mezzo a una muta, Zellweger e i suoi erano riversi al suolo in un lago di sangue, la mitragliatrice aveva sparato le poche munizioni di cui disponeva ed era diventata un inerte pezzo di ferro. → -0.3 (Qui c'è stata una confusione di punteggiatura. Sostituirei i due punti iniziali con una virgola o un semplice punto. Dopo "si guardò intorno" elenchi ciò che vide, quindi vanno lì i due punti, mentre vanno assolutamente tolti dopo "continuava a combattere", e la virgola prima di "Zellweger" va sostituita con un punto-virgola, perché è comunque qualcosa che vede Koch, ma è indipendente dalla frase legata a "Jager".)
Friedo Haase/“Frido!” urlò Schirmer, → 0.1 (Ho un dubbio: è un errore di distrazione o è un modo amichevole di Schirmer per chiamare il compagno? Se non è un refuso, tolgo la penalità)

SECONDO CAPITOLO
Poi si rese conto che un posto del genere non c’era più, a Berlino → -0.2 (Di solito, casi simili possono significare un cambio di posto tra "tema" e "rema"; ma in questo caso "a Berlino" è direttamente legato al verbo)
I rossi non avevano voglia di fare le scale → -0.1 (Anche qui credo di non aver capito io, forse. Se sbaglio, correggerò togliendo la penalità. Volevi dire "russi" o intendevi "rossi" per indicare metaforicamente l'esercito russo?) ERRORE ANNULLATO
Reinhardt si era abbandonato, ed era silenzioso in un modo che lo angosciava →
Si chinò avvicinando ad esso la guancia → -0.1 (a esso, soprattutto perché crea un'ambiguità "fonetica" con l'avverbio "adesso")
Carcasse di mezzi tedeschi e soprattutto russi, ingombravano le strade → -0.2 (Mai mettere la virgola tra soggetto e predicato)
Ad esso ne seguì un altro. → -0.1 (a esso. Stesso problema di prima)


Stile: 8.5/10

Io ho la brutta abitudine di dividere la punteggiatura in due casi: quelli che sono errori sintattici riconosciuti e facilmente verificabili, e quelli che "potrebbero" andar bene ma che intaccano sullo stile, poiché io comunque li ritengo nemici di una narrazione fluida.
Ti riporto alcuni esempi, dandoti una motivazione per ognuno e offrendo alcuni consigli da considerare strettamente personali.

- Stringeva ancora in mano il braccio esile di una bambina che sporca e piangente gli si era aggrappata per strada chiamandolo Vati → La frase è lunga e manda il lettore in apnea. Visto che hai usato l'articolo indeterminativo prima di "bambina" si presuppone che la frase che segue logicamente sia una relativa esplicativa, quindi potresti mettere una virgola. Io addirittura metterei "sporca e piangente" tra inciso, poiché sono comunque direttamente legati a "bambina", quindi andando a creare un incrocio)

- Adocchiò i suoi: Bauer giaceva sulla schiena con le braccia aperte, come in una grottesca crocifissione. Il petto squarciato dalle schegge lasciava vedere il ghigno bianco delle coste tranciate. Trautmann era steso bocconi, il cancello di ferro battuto che lo inchiodava al suolo. → In questo caso, o metti sia Bauer e Trautmann in elenco, o non metti i due punti, il che sarebbe la scelta migliore vista la complessità del paragrafo)

- Il primo dei due carri brandeggiò e sparò verso un edificio, che crollò con un rombo cupo sollevando una nube di polvere e calcinacci, l’altro diede tutto gas[…] → (La congiunzione per asindeto va bene quando la prima principale è breve; in questo caso, invece, crea solo un ulteriore affanno alla lettura, che scorre troppo veloce. Sostituirei la virgola con un punto-virgola)

- Non c’era tempo di puntare o ricaricare e la battaglia procedeva all’arma bianca → (Questo è uno dei casi in cui io accetterei la virgola tra coordinate, poiché una è la conseguenza dell'altra. Si crea un rapporto di "sottomissione", se vogliamo chiamarlo così. Inoltre mettere una virgola prima della "e" eviterebbe l'uso continuo di due congiunzioni, visto che prima hai adoperato la "o")

La frase che segue, per me, è bruttissima da leggere, ma ho tentennato nel considerarla un errore di sintassi. In effetti, stai legando diverse principali, creando un rapporto diretto seppur spezzato da una fragile pausa, come quella creata dalla virgola. Ci sono molti cambi di soggetto e le scene che descrivi, anche se strettamente legati da un'azione continua, sono separate tra loro. Il testo, e questo è un esempio, non respira con frasi simili. Hai praticamente legato frasi che compongono un paragrafo in un intero periodo.

- Il soldato crollò all’indietro zampillando sangue dalle carotidi recise, altri si protesero verso le armi individuali, Koch fece saltare un braccio, lo vide volare via in una grottesca parabola, qualcuno urlò di dolore, menò un altro fendente, che andò ad arrestarsi contro qualcosa di molle.

Un'altra cosa che rimprovero è l'incoerenza nello stile. Ti riporto un semplice esempio:

- Quando arrivò a destinazione aveva il fiato corto
- Soltanto quando fu un poco sazio, poté concedersi uno sguardo attorno

Le frasi sono logicamente identiche, ma ciò che ho notato è il modo diverso in cui le hai trattate. Non credo che nessuna delle due sia sbagliata, si tratta di una decisione stilistica dell'autore. Questo "errore" lo commetti anche con l'uso del gerundio: a volte lo leghi alla frase, altre lo separi con una virgola. Quello del gerundio è un caso particolare, perché si tratta di riconoscere la sua funzione rispetto al verbo portante; ma nel tuo caso, anche in casi simili sei indeciso, adottando prima un metodo e poi l'altro. Quello che non mi piace è trovare entrambi i metodi in un unico scritto. Ciò che a volte penalizza qualcuno è l'indecisione: bisogna scegliere e portare avanti un'unica linea stilistica, anche se poi non viene apprezzata. Prima di tutto, coerenti con se stessi.
Ci tengo a precisare che i miei sono solo consigli e che il mio parere è molto soggettivo. Molti degli errori che fai io li ritrovo nei miei stessi scritti. È più facile vederli negli altri e imparare, quindi tratta tutto questo con le pinze e, se inutile, rigettalo.
Un ultimo consiglio che ti do. I numeri! Sono un problema quando si deve scrivere un testo narrativo. Io ho l'abitudine a dividerli in due casi: quelli che servono a indicare una data e quelli che indicano un numero in quanto misura.

- gli assalti agghiaccianti della primavera millenovecentodiciotto

In questo caso, io avrei messo il numero in cifre.

Lo stile di questa storia è molto sintetico, rigido potrei definirlo. Il suo pregio è che sembra di vedere la scena attraverso gli occhi del Feldwebel: lo stesso rigore marziale, la stessa crudele visione della vita. Di conseguenza anche il tono narrativo è perfetto per questo scritto: secco, cupo, fatto da frasi brevi e spezzate. Le descrizioni sono sparse in modo magistrale, non si perdono in dettagli e forniscono un quadro esauriente del contesto. L'ambientazione è stata studiata nei minimi particolari e rende bene, sostenendo con forza la trama e il tipo di caratterizzazione dei personaggi.
Un complimento a parte va al lessico: semplice perché si mantiene su toni diretti e crudi, ma non si priva di termini più ricercati. La proprietà lessicale e lo studio che vi sta dietro sono particolari mirabili. La cura dei dettagli fa quasi paura. Questo permette al lettore di essere catapultato all'interno della storia, di viverla da vicino e in modo vivido. Complimenti.
La frase d'apertura è una grandissima e perfetta metafora di ciò che è Berlino in quel momento: la pura madre dei tedeschi spezzata e ridotta in lacrime silenziose che non riusciranno a fare pietà al nemico. E sotto di lei, c'è la tragedia; e nonostante ciò, il Feldwebel divora una zuppa di fortuna. Il tocco iniziale è davvero impressionante. Ancora una volta, complimenti!
Il resto delle similitudini si mantiene su toni neutri e comuni, ma questa ha spiccato conferendo tutt'altro tono all'incipit, rendendolo accattivante e interessante.
I dialoghi sono ben ponderati: non cerchi di perderti in chiacchiere, ma quelle poche battute sono esplicative dei personaggi e del contesto. Alcuni sono risultati più densi e servi della caratterizzazione – come quelli di Jager – altri invece hanno mantenuto toni più neutri e meno marcati, ma comunque validi.
In definitiva il tuo stile è stato costruito con grande cura attorno alla storia, il che lo rende perfetto per il genere; manca solo un'impostazione decisa su certe pause e una cura più marcata nella punteggiatura.


Originalità e trama: 9.5/10

Parto subito dall'originalità del testo. Il tema "guerra" è uno dei più amati, ironia della sorte, ma permette anche una maggiore flessibilità, perché è terribile e stimola parti della memoria che a volte vorremmo cancellare; tratta argomenti crudi e orribili, ma in qualche modo scrivere su di essi ha un effetto catartico. Qui, però, io l'originalità l'ho vista eccome. Probabilmente non sei il primo che scrive di questo argomento, ma sei comunque il primo di cui leggo, e questo fa la differenza ai miei occhi e sull'impatto che la tua storia ha avuto su di me. Il protagonista e vittima dell'attacco è il tedesco! Si ha uno scontro tra due potenze estreme, che rivoltano il concetto di "giusto" e "sbagliato", di "nemico" e "giustiziere". Il tema principale della tua storia, per me, è che in guerra tutti sbagliano e tutti sono vittime e carnefici. La forza del suo testo sta nel mostrare la logica che sprona i soldati tedeschi a credere e a combattere con un senso di giustizia e onore sconcertante, quanto meno è questo che ha il lettore: la sua mente è ripiegata su se stessa e vede le cose dall'altra parte della barricata. Il tutto fatto senza che l'autore si metta da una parte o dall'altra, senza che si schieri o giustifichi le atrocità. Semplicemente, tu mostri! Complimenti!
La trama offre un'apocalisse originale: non la fine del mondo di per sé, ma la fine del mondo conosciuto dai tedeschi fino a quel momento. L'apocalisse diventa la fine della vita e dei valori del protagonista e dei suoi compagni. La scena inizia in media res, un effetto che io ho gradito tantissimo, perché lancia il lettore subito nella mischia, in un momento di relativa calma, dove la morte ha appena ghermito un altro po' di vittime e il protagonista sembra assuefatto a tal punto che tutto ciò che conta è sopravvivere – vedi come si getta sulla zuppa lanciando solo un misero sguardo ai compagni defunti.
Questo ti permette di sfruttare entrambi gli obblighi di pari passo, fin dal primo istante, in un connubio ben amalgamato. In questo modo continua anche il resto della narrazione, in cui Koch incontra nuovamente personaggi che lui conosce ma che al lettore vengono presentati lungo la lettura, in modo sintetico e diretto. Non solo c'è il confronto tra il giovane e il vecchio, il soldato navigato e colui che si appresta alla guerra dalle file più inesperte, costretto da un mondo arrivato al limite; c'è anche il confronto tra il distruttore e il salvatore, due ruoli che continuano a invertirsi e a scontrarsi nella carta e nella mente del lettore, di cui emblema è la scena in cui Koch si scontra con il prigioniero russo. La descrizione dell'orrore mi ha fatto pensare a un'unica verità: se cresci nell'odio, puoi solo imparare a odiare. Ed è quello che hanno fatto i tedeschi, usciti dalla prima guerra mondiale distrutti e umiliati, gli uomini schiavi costretti a vedere l'orrore e i soprusi indescrivibili sulla parte più tenera e fragile del loro regno: donne e bambini. Hitler ha solo offerto loro l'unica strada che potessero desiderare in mezzo a quell'orrore. Ma restano uomini, sia gli uni che gli altri.
C'è di nuovo morte e di nuovo la perdita di uomini. Sembra arrivare la fine, ma c'è una speranza. E Koch si ostina a portarla avanti. La guerra quindi da protagonista diventa uno sfondo pesante e incombente, un cacciatore che fiuta e stana la preda. In questo contesto Koch arriva alla sua fine: permette al giovane di salvarsi, mentre l'apocalisse esplode e lo raggiunge.
E sopra e intorno a tutto questo, c'è la morte con il suo cavallo nero. Una cosa che ho ammirato e apprezzato dall'inizio è l'escalation delle leggende: dapprima una figura altrettanto reale come loro, ma man mano che si ripresentava e si faceva più definita, ecco che paradossalmente si ammantava di leggenda e incertezza, fino a diventare intangibile anche se reale per Koch. Molto bello il fatto che il cavallo galoppasse indefinito nella nebbia a ogni nuovo morto o attacco, fino a quando si ferma davanti a Koch, annunciando la sua fine.
Il mezzo è stato tolto per obbligo mio, in quanto hai trattato il genere "storico" molto al limite con quello che io accettavo. Grazie ai tuoi appunti, molto è stato facile verificarlo; mentre non ho trovato riscontri sulla canzone. Ho sviscerato il web, ma niente. Ti sei addentrato un po' nel dettaglio, e questo ti penalizza solo agli occhi del bando. Ma la storia merita, eccome.


Titolo e impaginazione: 5/5

Il testo è giustificato, la pagina è pulita e regolare.
Il titolo è accattivante, forte e suggestivo come la storia di cui fa da copertina. Non è solo il motto con cui avanzato i russi, non è solo una parte della loro società e del loro passato, il quale si è già incrociato con quello tedesco; è soprattutto la metafora perfetta di ciò che è accaduto durante la battaglia di Berlino. Il titolo rappresenta lo scontro, avvenuto nel ventre del potere tedesco, durante il quale ha avuto fine la dominazione del Terzo Reich.
Potrei parlare ore di quanto questo titolo sia perfetto, e non solo per la sua attinenza con la storia. Mi ha affascinato e intimorito prima ancora che aprissi il racconto. Di solito i titoli lunghi sono difficili da gestire, ma il tuo possiede le carte in regola per ammaliare e agghiacciare il lettore allo stesso tempo. Persino il tono che esprime è in linea con il genere: il titolo è un ordine di comando, con cui si sono mossi e hanno avuto luogo atrocità e abomini indescrivibili. È suggestivo e ha la stessa potenza che permea anche la trama.


Caratterizzazione dei personaggi: 9/10

Indiscusso protagonista ce n'è soltanto uno: il Feldwebel Koch. Attraverso i suoi occhi ci viene presentata la storia e attraverso di lui conosciamo gli altri personaggi. Devo dire fin da subito che è l'unico di cui si ha un quadro completo, o comunque sfaccettato, della personalità. Tutti gli altri sono chiusi in piccoli mondi stereotipati, unidirezionali, di cui ci vengono fornite solo immagini bidimensionali. Hai curato molto la descrizione fisica e la prima impressione, ma non sei andato oltre la facciata; ed è forse questo aspetto che mancava anche in alcuni dialoghi. Partiamo dai secondari, allora.
Di alcuni, come Friedo Haase, ne dici davvero poco, e va bene perché in una storia servono le comparse. Il suo ruolo è marginale, semplicemente un commilitone del giovane Schirmer che serve per mostrare lo strazio della perdita e il punto di rottura di questo giovane soldato. Lo stesso posso dire di Zellweger: a parte l'aspetto, di lui possiamo dedurre solo l'onore e la forza con cui combatte ed esegue gli ordini.
Poi abbiamo il tenente Von Stachau: il suo parlare è maturo, carismatico e vigoroso, tipico di chi si fa rispettare, cresciuto in fretta a causa del periodo in cui vive. Forse ci avrei visto comunque qualche accenno in più alla sua giovane età, nel senso che per quanto cresciuto in fretta resta comunque un ventiduenne, e invece ho l'impressione di sentir parlare un quarantenne. Per il resto, rimane in ombra.
In un certo senso, la figura di Jäger è più sfaccettata: la descrizione fisica che ne fai è vivida e ne mostra in parte anche la personalità; il suo parlare è emblematico della sua persona e lo caratterizza in modo più profondo e curato. Egli è un omone pratico, fatto per l'azione, diretto e nerboruto sia nel corpo che nella mente. Il suo modo di combattere risalta e lo mostra in azione, e questo fa si che il suo personaggio resti impresso nella mente del lettore.
E poi abbiamo Schirmer: sembrerebbe il classico giovane uomo della Hitlerjugend – dedito all'obbedienza, pronto a morire per la sua patria, cuor di leone e smanioso di far carriera nell'esercito del Reich – ma di lui offri anche il pensiero oltre che lo stampo. Schirmer è un ragazzo che crede fermamente in quello che gli è stato insegnato, i valori del Reich sono profondamente radicati in lui. Questo però non gli impedisce di avere un "crollo" quando muore il suo commilitone, il quale rappresenta la sua umanità e il suo legame alla vita quotidiana, quella che la guerra tende a distruggere con la sua rigidità e orripilante vena mortifera. Anche la ferita mostra la sua debolezza, quella che si nascondeva dietro all'efficiente soldato che distrugge carri armati. Anche quando intende continuare a combattere nonostante la morte annunciata di Hitler, mostri la sua giovinezza, l'ardore di chi ha visto ancora troppi pochi inverni per poter morire per orgoglio e valori.
Gerhild von Oettingen è un altro di quei personaggi che si prestano a marcare la personalità tedesca, ma in lei c'è comunque molto di più: è una vedova, la vita e la guerra le hanno tolto tutto tranne la sua patria. Per lei la morte è solo la giusta fine per una vita dedita all'onorare gli insegnamenti e i valori della sua patria. Inacidita da questi pensieri, non può tollerare una fine diversa. Ma è anche una donna che cura e salva, ed ella non può semplicemente essere distrutta. Anche per questo, credo che salvarla sia stato purificatorio per Koch.
E veniamo finalmente a lui. Koch è il soldato che combatte fino alla fine, ma che a differenza degli altri sembra non essersi dimenticato di ciò che c'è al di là della guerra. Mentre tutti gli altri sembrano muoversi solo per esse e in funziona a essa, il Feldwebel è umano, realistico. Combatte con onore e ha il rispetto di chi lo conosce, perde i suoi uomini ma il bisogno fisico annulla i suoi sensi perché mangiare è impellente; cerca un modo per vincere e protegge e si nasconde e combatte, e odia anche, mostrando il suo passato e le sue idee. Non è un idealista, lui crede in quello che porta addosso perché ha i suoi stessi valori, non li ha appresi, li aveva già. Sa però quanto una battaglia è persa e quanto sia importante non arrendersi nello spirito. È un uomo navigato, che vuole sapere la sua nazione capace di rialzarsi; ed è questo che rappresenta Schirmer, ed è per questo che lo salva. La fine è catartica, degna di chi ha dato tutto e si è meritato il congedo finale, guardando la morte in faccia e salutandola da pari.


Gradimento personale: 4.25/5

La storia mi ha sorpreso fin dalle prime note. La scena iniziale è coinvolgente e sconvolgente, cattura e sorprende, davvero ben costruita. Gli sfondi un po' indefiniti, le parti incerte di chi si muove nel giusto e chi no, quest'incertezza morale mi ha fatto riflettere. E se una storia fa riflettere, allora ha già raggiunto un grandissimo traguardo.
In linea di massima è stata una lettura coinvolgente, a parte alcune pause che hanno reso il testo incespicante in alcuni passaggi. I personaggi sono interessanti ma avrei gradito un approfondimento in questo senso. A parte il protagonista, gli altri si mantengono sullo sfondo, sono un po' delle marionette della scena che servono a far interagire il Feldwebel. In un certo senso, molte comparse e pochi protagonisti tolgono equilibrio, facendo apparire il tutto un po' costruito a una concezione ristretta.
La trama e il modo in cui hai gestito il pacchetto è ciò che mi ha entusiasmato. Hai saputo sfruttarlo in maniera originale, molto distante da quello che io mi aspettavo da esso; e anche questo è un punto a tuo favore.
Insomma, la tua penna l'ho riconosciuta e l'ho gradita come sempre.


Punti bonus: 10+1.5/10+2

Sia la citazione che il bonus sono stati usati in maniera magistrale. Il senso di perdita e disperazione permane in tutto il testo, con una fatalità e un senso di sacrificio stoico finale che ha saputo chiudere questo climax in maniera spettacolare. Il cavallo è stata una figura allegorica, quasi sfuggente, per tutto il testo, il cui significato e ruolo si sono definiti solo alla fine.
Ciò che ho apprezzato maggiormente, e non solo per questo punto, è stata la personalità con cui hai trattato gli elementi che ti sono stati dati: il cavallo non è qualcosa di tangibile, ma è il destriero della morte; la citazione non è solo ciò che fa da sfondo alla storia, ma è anche stata rivisitata in chiave tedesca con una fluidità che mi ha lasciato con un sorriso stupito in faccia. Davvero complimenti!
Infine – non ci sarebbe bisogno neanche di dirlo – la storia si guadagna i 1.5 punti bonus, poiché hai scelto un pacchetto Demoni e hai mantenuto la trama su toni cupi e foschi; nonostante il mettere in salvo Schirmer(una scintilla che rinfranca in parte la fine cupa), non si può negare l'evidenza, ovvero che Koch si arrende alla morte. Inoltre la guerra e le tematiche trattate e il modo in cui le porti avanti rendono la storia logorante, distruttiva, nefasta.

Punteggio: 54.35+1.5/60+2
(Recensione modificata il 04/07/2017 - 08:56 pm)

Recensore Master
02/07/17, ore 20:15

Beh, forse ne sarà risulatoto più corto, ma la divisione tra i due capitoli è ben pensata: il primo è frenetico, pregno di un fiaccola di speranza a cui i tedeschi cercavano di aggrapparsi disperatamente, mentre nel secondo la speranza si è spenta, e nelle giovani leve della prossima generazione resterà indelebile l'eco della sconfitta, specie nel giovane ufficiale che in tutto questo ha rimediato un polmone in meno.
Adolf è morto, tutto è perduto. Non c'è speranza, solo grigio, il vuoto. Persino l'albra ha perso il suo colore, e i verdi campi hanno lascaito il posto a sangue e corpi morti, i profumi della natura al lezzo di morte.
È tutto finito, e non resta che rimettere assieme i pochi pezzi rimasti, di salvare il salvabile. È finita, e anche il cavaliere sul moreno deve intraprendere il suo ultimo viaggio. L'odio dei nemici, la grinta a cui quest'ultimo ha dato sprono, il loro numero. Erano insuperabili, erano già perduti. Non è un caso che il vecchio è caduto in tempo di guerra, e che il giovane e la donna si siano salvati: un uomo per ricordare, una donna per salvaguardare il futuro della Germania stessa; i Bolscevichi non mirano a uccidere i tedeschi, ma i tedeschi che ancora devono nascere.
"Uccideteli nel ventre delle loro madri." Questa frase rappresenta appieno l'odio bolscevica, così come il significato ultimo delle parole che hanno chiuso questa storia.
Ancora una volta complimenti ^^ Questa storia è impeccabile.
Alla prossima
Spettro94

Recensore Master
24/06/17, ore 07:27
Cap. 1:

Ciao ^^
Di prima mattina per commentare un'altra storia storica, e devo dire che questa è stata particolarmente cruenta. Koch è il protagonista che assiste nel giro di poco tempo, forse una giornata, a più eventi, anzi, massacri in sequenza; d'altronde, cosa ci si può aspettare dalla guerra? L'ondata russa sembra inarrestabile, violenta, da fare terra bruciata attorno a sé. Non c'è più quartiere, anche le donne sono costrette a combattere, anche ragazzini; e chissà da quanti anni ha combattuto il giovane ufficiale biondino, per essere così abile con spada e moschetto. Forse moschetto non è il giusto termine, ma poeticamente sembrava calzante xD 
Dunque non c'è un attimo di pace, trovare qualcosa in ordine sembra utopia, e i quartier generali sono tanto imorivvisati che è un miracolo che l'ufficiale in comando non sia esploso a causa di un proiettile vagante; sedere su casse di munizioni non penso sia così salutare, anche se all'occorrenza non può essere altrimenti.
Uccideteli nel ventre delle loro madri questa frase, legata al ricordo di Koch e un'altra scena sono per me i momenti più intensi del capitolo: la rabbia dell'ufficiale nel sentirsi chiamare dal prigioniero compagno, quando i siberiani hanno fanno scempio di donne, bambini e soprattuto bambine, di civili investendoli con i carri, ridendo nel farlo, e secondo la morte delle donne, la casa per antonomasia, di quei tempi, il conforto, il focolore, che probabilmente ha tagliato loro le gambe, ben più dell'assalto a fine capitolo, dove pare siano morti tutti. 
È emozionante la storia, nella sua crudezza, e l'iniziò ne è una premessa assolutamente convincente: il soldato morto come crocifisso, col petto aperto, e quello girato bocconi e schaicciato dalle macerie; racconta molto bene la durezza della guerra e la disperata situazione a cui ormai tutti sembrano aver fatto l'abitudine. Queste situazioni, come i civili che scendono in guerra, sarebbero inconcepibili e disperate anche per un normale soldato, ma loro sono i sopravvissuti, loro hanno visto ogni orrore concepibile, e certe cose ormai non fanno né caldo né freddo. Forse, solo la morte può rapprensentare una sottile sorpresa, ma niente di più. 
Le battaglie sono frenetiche e disorganizzare. Le ho trovate molto realistiche, anzi, assolutamente reali: ormai l'organizzazione è fallace quando si hanno poche risorse, e i siberiani sembrano animali sotto mentite spoglie; in un tale contesto il genere umano torna in uno stato primitivo, ancestrale, dove la follia e la forza del proprio braccio contano più di ogni altra cosa, e solo una parvenza di esperienza e disciplina sembrare rendere ancora umani i combattenti, o forse solo ufficiali come Koch, chiamati a mantenere in riga la marmaglia. 
Ma la domanda sorge spontanea: leggendo che la storia appartiene al contest "Angeli e Demoni", Koch tornerà in vita perdendo la sua umanità? Magari come essere demoniaco? Oppure i demoni sono l'oscura rapprensentazione delle crudeltà dei siberiani, che agli occhi del protagonista di certo non sembrano uomini. 
Non resta che vedere la seconda parte e scoprirlo.
Per ora ti lascio. A presto!
Spettro94
(Recensione modificata il 24/06/2017 - 07:30 am)

Recensore Master
20/06/17, ore 18:16

Questo secondo capitolo è molto meno "da stomaci forti", più legato al personale del protagonista, e ci mostra, grazie alla tua bravura, uno spaccato dei civili in una città, anzi in una nazione, ormai alla rovina. Bellissime tutte le descrizioni su Berlino e sulla casa della donna che trova Koch e il ragazzo ferito. Uno spaccato sul termine di una terribile guerra, che mostra la fine e la disfatta della nazione che l'ha provocata.
Grazie per questo viaggio nella Seconda Guerra Mondiale, vista con gli occhi di chi dominava e poi si è ritrovato con nulla, se non le macerie sia ideologiche che fisiche.

Micia

Recensore Junior
19/06/17, ore 09:35

Ciao Old Fashioned, ho letto tutto d'un fiato questa breve storia a capitoli e ne sono rimasta molto colpita.
Tu hai un dono speciale nella scrittura, perché non solo scrivi benissimo,con molta eleganza, ma sai trasmettere tante emozioni. Mi sono spaventata, commossa, rattristata leggendo questa storia. Hai descritto la crudeltà della guerra che non guarda in faccia a nessuno..ho provato pena per i berlinesi e per la loro triste fine. Non me la sono sentita di odiarli per il nazismo perché so che Hitler non diceva ai tedeschi tutta la verità dei suoi piani, li teneva all'oscuro (ho letto molto sull'argomento): li prendeva in giro in un certo senso.
Koch è un personaggio bellissimo, ha molto coraggioe si comporta da vero soldato fino alla fine.
Ho inserito questa storia tra le mie perferite e me la rileggerò ancora con più calma, perché so già che mi ispirerà altre emozioni.
Ancora complimenti!
caterina

Recensore Master
18/06/17, ore 18:50

Straziante e bellissimo il finale di questa storia. Si apre un piccolo spiraglio poetico in tutto l'orrore che devasta la povera Berlino, quello della morte che cavalca un morello nero come il carbone.
Affascinante metafora della fine, di cui Helmut Koch sembra essere consapevole dalle prime righe di narrazione, alla quale però non si arrende. Non prima di aver fatto qualcosa di buono.
E ci è riuscito in qualche modo, salvando la vita del giovane Reinhardt, insomma salvando il salvabile. Helmut Koch è evidentemente un uomo di buon cuore che ha cercato di fare costantemente la cosa giusta, combattendo per ciò in cui credeva, ed è veramente triste vederlo andare via nonostante lo avessimo conosciuto per breve tempo. In un mondo reso terribile dalla guerra, Helmut riusciva a conservare una profonda umanità che si oppone alla disumanità dilagante di ciò che lo circonda. Un fiore bianco in mezzo a tutto questo nero.

Complimenti (e lacrime) per questo piccolo grande capolavoro.

~Sky

Recensore Master
18/06/17, ore 14:24

Una città invasa merita solo silenzio e preghiere, anche se prima era stata una città nemica, quella da sconfiggere.
Ormai Bertlino è diventata uno spettro, non ha più il brulicare dei suoi cittadini per le vie. Hans Koch ha sempre combattuto, anche nella Grande Guerra, ma ora è stanco, e preferisce farsi sparare addosso... pur di dare una carezza ad un povero cavallo abbandonato e smarrito. Sa di aver fatto il suo dovere fino in fondo, rimanendo fedele alla Germania ed ai suoi ricordi: non ha paura perché è un uomo che sa aiutare.
C'è molta malinconia, molto disincanto in questo splendido epilogo, in cui si avverte tutta la tua profonda sensibilità.
Hai molto cuore, caro Autore: sai mettere bellezza pure in un momento assurdamente tragico come quello di una città violata e distrutta. La bellezza di un gesto generoso, come soccorrere un giovanissimo soldato ferito, come dare una carezza ad un povero animale...
E' questo genere di bellezza che sa sempre riscattarci, alla fine.
Chapeau: mi inchino.
Lou

Recensore Junior
17/06/17, ore 13:48

Devo dire che il passaggio dal completo caos a questa calma quasi asfissiante fa un certo effetto.
I miei complimenti.
Il tuo modo di scrivere così impeccabile, che accompagna la storia rende ogni riga tremendamente piacevole da leggere, e ti costringe a continuare (per quanto, a mio parere, il primo capitolo sia scritto ancora meglio).
Non ero molto sicura di averci preso nel capitolo prima, quindi non ho detto nulla, ma adesso che so per certo che siamo alla fine della seconda guerra mondiale, posso farti i miei complimenti per la scelta di questo punto di vista. La guerra è combattuta da esseri umani da una parte e dall'altra e non sarà mai buona, e vedere tutto con gli occhi di un tedesco ci da una buona di idea di questo.
Ok nella seconda guerra mondiale la Germania ha fatto cose disumane, ma lo stesso è stato fatto dall'altra parte a persone che di quella parte di storia magari non ne sapevano proprio nulla.
Quindi a mio parere questa è stata una scelta geniale.

Mi è piaciuto molto il dettaglio di questo cavallo nero, che persiste sin dall'inizio ma che solo ora si rivela per quel che davvero è, la morte che lo accompagna.
Un'immagine così macabra eppure quasi dolce, gentile, tanto da lasciarlo avvicinare e farsi carezzare il muso.
Se posso fare un unico commento negativo è che mi sarebbe piaciuto poter entrare di più nel personaggio di Koch, per poter sentire più empatia nel proseguire della storia.

In ogni caso non posso far altro se non complimentarmi, la storia è molto, molto bella.
Ti auguro di vincere,
Holy
(Recensione modificata il 17/06/2017 - 01:51 pm)

Recensore Master
17/06/17, ore 13:03

Ciao^^
Sono veramente commossa da questo bellissimo racconto.
Questa parte l'ho trovata più poetica e malinconica, scritta con uno stile molto delicato e ricca di citazioni.
Complimenti, hai descritto alla perfezione la drammaticità di questo momento storico attraverso gli occhi del nostro povero Koch. Un uomo che ha dedicato la sua intera vita a servire il suo Paese, un esperto soldato, ma anche un padre che ha dovuto sopportare il dolore per la perdita di un figlio. Egli ha combattuto due guerre mondiali, ma il suo animo è ancora gentile e caritatevole. Infatti cerca di fare di tutto per salvare il giovane Reinhardt, nel quale probabilmente rivede il figlio morto in combattimento. Un quadro straziante che ritrae la caduta di una Nazione, ma anche la crudeltà con cui è stato sconfitto il popolo tedesco. Un popolo ormai decimato, dove erano sopravvissuti soltanto giovani e innocenti.
Molto toccante la morte di Koch, ucciso mentre da le spalle alla guerra e si rifugia in un gesto di piena umanità.
Ancora tantissimi complimenti per questo splendido racconto :)