Recensioni per
Giorni di luglio
di Francine

Questa storia ha ottenuto 54 recensioni.
Positive : 54
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
08/11/17, ore 21:16

Ma allora proprio proprio arruginita del tutto non lo sono!
Però. Però anche tu! Era un'Empusa! E ti sei divertita a creare un bel sincretismo mitico! Conoscevo la storia della gamba di bronzo o di quella di sterco. Come le altre varianti di amena natura. Ma le avevo sempre catalogate in forma separata, alternativa. E tu. Tu le hai fuse in una bellissima (?!) creatura che fa accapponare la belle. Delizioso!
Ma adesso veniamo a noi. E a questa seconda parte che sì, mi aspettavo ma al tempo stesso non volevo illudermi. E partiamo dall'incipit. Da quella dissertazione godibilissima che è la tua rilettura del mito di Empusa, appunto. E che, se permetti, stampo e uso in classe. Eccome se la uso! Meglio di certi adattamenti che, onestamente, fanno venire il mal di testa a me e tolgono interesse ai ragazzi. Kerkinos l'ho già citato, e ti è valsa una standing ovation!
Ma non divaghiamo. Questa ragazza dicevamo. Questa ragazza che. Che è una ragazza. Punto. Ci senti il sangue, il palpitare della vita. Ci senti la passione. E la devianza. Quell’attrazione morboso, psicotica, per il sangue. Che glielo fa preferire a tutta quella casistica muscolare di cui l’Ellade è piena (sempre secondo i film, eh!). C'è sospensione dell'incredulità? Sì. Certo. Ci deve essere. Perché di Erzsébet "Elisabeth" Bathory ce n’è stata una sola e di serial killer affette da vampirismo (per fortuna) non se ne hanno tracce. Ma c’è; e te la godi tutta. Appieno.
Segui le pennellate, gli accenni alla vita di una ragazzi che scopri di conoscere, che improvvisamente ti è familiare e ti ritrovi a fare il tifo per lei e a rattristarti con lei per aver osato troppo. Per aver ambito alla preda sbagliata. È sbagliato? Certo. Ma non importa. Il fascino dei monstra sta tutto lì: ci sbattono in faccia quello che non abbiamo il coraggio di ammettere a parole. E che dobbiamo solo accettare. Empusa è la donna che si prende quello che una donna vuole. E lo fa senza guardare in faccia nessuno. Libera. Forte. Potente. Troppo potente per alcuni. E allora va punita. Va fermata. Perché ha sfidato un dio; perché ha sfidato la natura. E la natura non può essere sfidata.
E qui mi fermo, o parto. Davvero. Parto con le Lamie, le Sirene e la simbologia di mantidi mitiche e vagine dentate castranti. E. Dannazione a te! Mi riporti indietro di dieci anni. Ai miei libri di mitologia, alle mie tesi di laurea e a tutte le dissertazioni antropologiche dell’epoca. E ti odio. Sappilo! Ti odio perché adoro la sensazione che mi susciti e il sapere che esiste ancora chi, come me, il mito lo ama. Lo coltiva. E ci gioca. Quindi sì: ti odio! Di quell’odio che è l’estrema forma di ammirazione. Di quell’odio che è solo nostalgia e condivisione.
Ma torniamo a noi. A Rèmy. Allo spaccato di infanzia che ci presenti con un giro di valzer e uno straniamento che ti colpisce come una piuma e ti stende come un rinoceronte. Perché è solo questo, l’accenno a un ricordo labile che emerge con l’Empusa, una madeleine che sa di infanzia e ha la concretezza di un sorriso che uccide. E quel “possono esistere” è. È tutto. È il riassunto stesso di Saint Seiya: sono un mondo che in teoria non c’è, che non ti capiterà mai vedere. Una volta. Un tempo. C’era. Qualcuno ci credeva. Ma oggi. Oggi quel mondo è estinto. Non c’è più perché nessuno ci crede più. Quindi. Quindi tu, bambino, non preoccuparti. Non pensarci, a quel mondo ammantato di mito ed eroismo. Tanto è solo una storia, è solo un’immaginazione.
Detto da un cavaliere! La sublimazione del parossismo! Poco mancava che Rèmy dicesse che a non esistere davvero è lui. Stringendosi Ètienne. Perfetta!
E poi. Via. Nella battaglia. Nelle schermaglie verbali che sanno tanto di duelli omerici, con scambi di titoli onorifici e di stoccate di provocazione. Con tanto di ostaggio in pericolo che ricorda una foglia autunnale nella sua parabola. Ok. Milo non ci fa una bella figura. Ma Milo è Milo. Milo è l’istinto. E per un’Empusa l’istinto è l’occasione. Camus invece. Camus analizza. Camus ragiona (o ci prova. Almeno). Perché è un bambino. Un cavaliere-bambino; un soldato-bambino che si trova davanti, viva vegeta e pronta a fargli la pelle, quel mostro di una storia d’infanzia. E vuole sconfiggerlo. Deve sconfiggerlo. Perché adesso è lui stesso parte di quel mito. Come nel nome, come in quel “Camus di Acquario. Cavaliere di Atena” scandito con autorità.
Un soldo di cacio che si sente uomo; un soldo di cacio che deve credere di essere uomo, di avere una missione, un compito come gli eroi del mito, come Achille ed Ettore. Come altri prima di lui. E allora lo scandisce bene, quel nome. Perché è motivo di vanto; perché si porta dietro l’onore dell’oro dell’armatura. E la responsabilità. Ecco: questa è stata una trovata bellissima.
Camus si preoccupa per Milo non per dovere o necessità, e nemmeno per amicizia o umanità. Se ne preoccupata per responsabilità. Se ne preoccupa perché Milo è parte nella missione. E la missione è la priorità. E per la missione si spinge al massimo. Vince. Consumandosi quasi. Perché è un bambino. Perché non conosce ancora come e quanto calibrare i poteri. E il cosmo. Eh. Il cosmo non è aria. Il cosmo è forte, potente, ti dona un potere quasi assoluto. Ma è come uno scambio equivalente. Come una formula alchemica. Per avere quel potere devi avere la forza per sostenerlo. In cambio delle stelle devi dare la forza del corpo. Non la volontà, chè quello è un altro discorso. Ci vuole il corpo, una specie di physique du rôle. E Camus. Il bambino Camus quel ruolo se lo cuce addosso; come la serietà dei giochi dei bambini. Solo che qui, i giochi, sono veri e si rischia davvero la pelle. E Camus lo sa. Come forse dovrebbe saperlo Milo.
E poi. Poi compare lui. Cancer. Il dissacrante fatto e finito. Il dissacrante in persona. Quello che, a questa storia, restituisce tutta la sua concretezza, tutta la sua visione cinica e obliqua. L’ammirazione sarcastica per la forza e quell’arricciarsi delle labbra che ricorda tanto un gatto sornione. No. Non di quelli da salotto. Assolutamente. Uno di quelli di strada, con il pelo tutto arruffato e quell’aria di insofferenza che non sai proprio cosa fare, con loro. Se regalare una carezza o temere un’artigliata. Ecco. Cancer è così. Regala moine e artigliate con naturalezza. Perché non ha la vocazione dell’eroe, lui. Assolutamente. Ma ha la vocazione dell’uomo. E gli uomini, si sa, sono così: dei bastardi che ti piantano in mezzo ad una strada con un sorriso st****o stampato in faccia. O almeno, gli uomini come Cancer. Che apprezziamo anche per questo!
 
Non saprei che altro aggiungere, se non: complimenti!
Come sempre! Perché come sempre ci (mi) hai regalato una perla! E che gusto contemplarla nelle sue mille sfaccettature!
Un abbraccio forte forte!

Recensore Master
02/11/17, ore 14:43

Idolo assoluto. Deathy, ovviamente. Arriva controvoglia per compiere una missione che fortuna vuole sia stata portata a termine da Camus al posto suo. Il piccolo Acquario però ha altro per la testa e zero tempo per festeggiare, visto che è convinto che il suo amico Milo sia affogato nell'Egeo (ma non era lui a volercelo buttare fino a cinque minuti prima?). Non mi spiego il perché del sonno di Milo. Forse è una qualche maledizione lanciata dall'Empusa? Ad ogni buon conto basta uno sveglissimo Camus ad avere ragione di un essere mitologico che, probabilmente, adesso si è estinto del tutto. E lo credo bene: non è che abbia mostrato tutte 'ste qualità predatorie!
A presto!
S.

Recensore Master
18/10/17, ore 00:04

*gongola tutta*

Che bel capitolo! Mi è piaciuto tantissimo - e trovo lo stile di questa storia davvero rinfrescante! 
L'Empusa non la conoscevo, ma è sempre bello aggiungere qualcosa di nuovo al repertorio: sul momento avevo, in effetti, pensato a una Lamia, ma erano le gambe d'asina a lasciarmi confusa. 
Milo è vivo e vegeto, Death Mask è apparso giusto in tempo per farmi scoppiare le ovaie e il povero Camus saltella di roccia in roccia per recuperare il pirla: ah, che bel quadretto! 

*castagne e tè caldo?*