Recensione premio per il contest “Lavoratori allo Sbaraglio”
Quanta tristezza in questa shot.
Mamma mia… che feels. Già, perché non solo Sasha è praticamente il mio personaggio femminile preferito in tutta l’opera – e il mio alterego -, con il suo coraggio e la capacità di tirare fuori il meglio nelle persone, ma perché ci speravo davvero in un futuro sereno anche per lei, con Connie o, in un caso particolare, con Jean (ebbene sì, la vedevo benissimo anche con lui… sono stata sempre in bilico a pensare qualcosa tra la forte amicizia e una relazione amorosa per loro due); e invece, la fine ingloriosa che ha fatto non ha lasciato un buco nel cuore di tutti i fan dell’opera, ma anche nella storia stessa.
Una morte stupida, come viene detto, e per questo ancora più amara: un altro pezzo ignobile di una guerra spietata e dove tutti ci rimettono.
In questo caso l’accento è spostato su Connie: Connie che passa in rassegna la sua vita e quella degli altri, mostrando le diversità accadute a ognuno, senza nascondere le tristezze e le gioie che ognuno ha avuto in vita, la pace intrisa di malinconia, le perdite che il cuore accetta piano piano; ma per lui è diverso, perché se ognuno ha trovato la sua strada, a tentoni, e ha una casa – molto importante questo -, per lui non è così.
La sua era negli occhi di Sasha, la ragazza che c’è sempre stata per ogni bisogno suo e dei suoi amici, ascoltatrice e dolcemente protettiva, un raggio di sole nel mezzo del buio; belli, quindi, i ricordi nel bar che erano soliti frequentare, il dipanarsi di una relazione che da amicizia è divenuta qualcosa di più forte, ma che odio e tristezza hanno spezzato ancor prima che potesse compiersi – con tutti gli effetti del caso.
Inutile dire che è proprio questo il peggio: poteva essere tutto, rimanere amicizia fortissima e realizzare comunque splendide cose, donare felicità all’animo, dare il meritato riposo; invece, è stato privato dalla radice di questa eventualità.
E direi che a questo dolore non possiamo aggiungere nulla, parla da sé.
Manto |