Recensioni per
I miei primi giorni
di Claireroxy

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
08/09/19, ore 14:20

[Valutazione del contest "Un fiume di soulmate!AU"]

Titolo:

Titolo interessante ma che appare forse un po’ forzato: quel “primo” sembra di troppo, e secondo me sarebbe meglio eliminarlo (anche se mi rendo conto che in questo modo si andrebbe a perdere il filo conduttore con le altre storie della raccolta).
In ogni caso è ben collegato alla storia, e anticipa quello che sarà l’avvenimento principale della stessa.



Caratterizzazione dei personaggi:
A inizio storia, in rapida successione, abbiamo come un riepilogo delle impressioni che Todoroki ha avuto di Momo; in queste righe, ho ritrovato esattamente quello che si intuisce anche dal canon. Mi è piaciuto in particolare l’aver sottolineato come Todoroki già la conoscesse per fama – dopotutto sono entrambi studenti raccomandati – e ne riconoscesse il valore, senza tuttavia darle eccessiva importanza: il Todoroki dei primi tempi alla U.A. è un personaggio molto individualista e quindi trovo normale che non avesse prestato tanta attenzione a una sua compagna in particolare.

Questo porta anche a giustificare il suo non essersi accorto della corrispondenza tra i loro numeri nonostante quello di lei fosse in bella vista: un po’ per quella sua tendenza ad essere costantemente concentrato solo su se stesso e un po’ forse perché in fondo le parole di suo padre l’avevano condizionato a credere che l’anima gemella fosse una cosa superflua, è secondo me verosimile che non si sia mai dato la pena di leggere tutte le cifre che compongono il numero di Momo.

E, tuttavia, quando – per caso o per destino – si trova a vedere veramente quei numeri, ne rimane come ipnotizzato e continua a leggere nonostante la situazione decisamente incasinata. È come se, nonostante cercasse di non dar peso a questa faccenda del soulmate, il suo cuore comunque ci sperasse così tanto che non appena ha avuto un accenno di possibilità di trovarlo non ha potuto fare a meno di inseguirlo fino in fondo.

Trovo realistico anche che, dopo, l’abbia lasciata andare senza parlarle della sua scoperta: lui per primo probabilmente doveva ancora digerire questa notizia che potrebbe potenzialmente sconvolgergli la vita, quindi non è così strano che si nasconda dietro scuse quali “magari ho letto male” per ritardare il momento del confronto.
Dopotutto è solo un ragazzo, non possiamo pretendere che affronti di petto qualunque cosa senza la minima esitazione.


Le sue riflessioni al centro commerciale, quando si dice che “lei doveva sapere”, lasciano intendere che non è la prima volta che Todoroki indugia su pensieri del genere: probabilmente, superata la fase di shock/negazione, ha iniziato subito a chiedersi se e come mettere a parte anche Momo della sua scoperta.

Questa sua insicurezza è apparentemente in contrasto con il personaggio che conosciamo, eppure la trovo molto verosimile data la delicatezza della situazione e, soprattutto, la sua totale inesperienza con le relazioni romantiche – e le relazioni in generale.

Mi è piaciuto particolarmente che, dopo aver deciso di parlare con Momo, sottolinea nei suoi pensieri che sarà lei a scegliere cosa fare: nonostante il simbolo sul suo braccio lo leghi a lei, Todoroki non dà per scontato che si appartengono né crede che basti questa rivelazione per cominciare in automatico una storia con Momo.
È un pensiero molto maturo, secondo me, perché in un mondo dove esistono i soulmate non troverei affatto strano se gli adolescenti guardassero alla propria anima gemella come a una persona che in qualche modo “appartiene” loro di diritto… ma Todoroki è sempre stato molto più riflessivo dei ragazzi della sua età.

Ma poi, quando tutti i suoi buoni propositi sono andati in fumo all’arrivo della classe e Todoroki si siede in un angolino a pensare e ripensare a come poter fare per parlare con Momo, è proprio lei a raggiungerlo. Anche questa cosa mi è piaciuta molto, perché Momo non è una ragazza che per indole rimane succube degli avvenimenti, tutt’altro: cerca sempre di avere il controllo della situazione, e questo significa anche affrontare senza indugio – o almeno, senza nessun indugio apparente – quello che secondo lei sarà un discorso spinoso.

Infatti, ovviamente ignara dei turbamenti di Todoroki derivati dalla scoperta del loro legame, lei ha visto il suo allontanamento e la sua freddezza ma non è riuscita a darsi altra spiegazione al di fuori del “ti ho fatto un torto e non me ne sono accorta”.
Questa spiegazione riflette anche quell’insicurezza che abbiamo visto durante l’esercitazione, quella paura – dietro il coraggio e la voglia di mettersi alla prova – di essere un peso per la sua squadra, e l’ho trovata molto coerente col suo personaggio.

Dal canto suo, Todoroki rimane completamente interdetto da questa sua domanda. Anche questo è un atteggiamento molto naturale, secondo me, perché con tutti i pensieri che aveva per la testa è quasi ovvio che abbia cambiato atteggiamento nei confronti di colei che era al centro di tutte le sue riflessioni, e ci sta benissimo che l’abbia fatto senza neppure rendersene conto.

La sorpresa tuttavia non gli fa perdere di vista quello che era il suo obiettivo principale e che finora non era riuscito a portare a termine: nonostante Momo stessa gli avesse dato la possibilità di rimandare ancora, infatti, lui la ferma e le chiede con risolutezza di ascoltarlo.

Va da sé che, per questa rivelazione così importante, utilizza lo stesso tatto di un elefante in una cristalleria. Sul serio, Shoto caro, un minimo di preambolo potevi anche mettercelo!
Scherzi a parte, nonostante la schiettezza quasi lapidaria mi è piaciuto come alla fine Todoroki sia riuscito ad entrare in quell’argomento che ormai era diventato quasi un ossessione, per lui. È un po’ come se avesse voluto seguire la filosofia del “via il dente, via il dolore” mischiata ad una paura inconscia di non riuscire forse a concludere questo discorso se l’avesse preso più “alla larga”.

E arriviamo quindi a parlare della reazione di Momo. Devo dire che l’ho trovata più contenuta di quanto mi sarei aspettata, ma comunque plausibile: dal momento che Todoroki non le ha neanche accennato quale sarebbe stato l’argomento della loro conversazione trovo naturale che non abbia collegato subito quei numeri a quelli che porta sul braccio, senza per questo pensare che per lei non fosse una cosa importante. Tuttavia mi è piaciuto che impieghi veramente pochi secondi per collegare i pezzi e arrivare alla giusta conclusione, perché è una ragazza brillante e dalla spiccata intelligenza e sarebbe stato strano il contrario.

Mi fa sorridere come Todoroki, una volta gettata la bomba, ritorni padrone di se stesso. Lo vediamo infatti pacato e quasi pragmatico apprestarsi ad evitare eventuali fraintendimenti, chiarendo che comunque il fatto di essere soulmate non li obbliga a nulla e in generale tutto quello che aveva maturato in giorni e giorni di continuo rimuginare… e invece, alla fine, Momo non aveva bisogno di nessuna spiegazione.

L’abbraccio delicato in cui lo avvolge è davvero tenero e spontaneo, e nonostante Todoroki non sia evidentemente abituato a questi gesti di affetto mi piace che – dopo un primo momento di tensione – si sia sciolto tanto da stringerla a sua volta: è un gesto apparentemente semplice ma che racchiude tutta l’intensità del crollo di quel muro invisibile che aveva eretto intorno a sé per evitare di soffrire.

Le due battute finali, le uniche parole che si rivolgono in quel momento così intenso, sono davvero perfette: si può toccare con mano l’emozione che emanano, e sembra quasi di percepire quel nodo che chiude loro la gola e impedisce di aggiungere altro.

Non che ce ne sia bisogno, in effetti, perché adesso che si sono finalmente trovati – trovati davvero – le parole non sono poi così importanti: sono lì, sono insieme.

Tutto il resto può aspettare.



Stile e trama:
Prima di iniziare, ti segnalo alcuni errori che ho riscontrato nella storia:
Si era anche trovato, come dire, compiaciuto quando gli avevano accoppiati contro Aizawa […] --> Si tratta di un complemento oggetto plurale (Todoroki e Yaoyorozu), quindi ci vuole la particella pronominale terza persona plurale: “li”.
Come affrontare, un tale discorso? --> Tra predicato e complemento oggetto non va mai messa la virgola.
[…] Todoroki si vergognò di  stesso. --> In caso di particella pronominale riflessiva l’accento (che comunque in questo caso è opinabile essendoci il termine “stesso” che già da solo permette di differenziarsi dalla congiunzione “se”) deve essere aperto: “sé”. È un errore che si ripete altre volte nella storia.
Poteva anche esserci suo padre, per quel che lo importava. --> Complemento di termine, ci vuole “gli” oppure “a lui”.

Ho trovato anche qualche refuso e alcune ripetizioni che infastidiscono un po’ la lettura, interrompendo la fluidità della narrazione. Ti faccio un paio di esempi di quest’ultime:
Doveva avere un’ottima vista se l’aveva visto in quel corridoio laterale.
Fino a poco fa era certo che avrebbe condotto una vita da eroe solitario, e non era certo di poter cambiare mentalità così all’improvviso.


Nonostante la forte componente introspettiva, questa storia non risulta niente affatto pesante da leggere e rimane invece sempre limpida e di immediata comprensione, grazie soprattutto al prevalente utilizzo di proposizioni semplici o coordinate per asindeto.

Di contro, questa strategia – e un utilizzo talvolta eccessivo delle virgole – ha creato in alcuni punti una leggera frammentazione della storia con conseguente interruzione della fluidità della lettura. Tuttavia, l’alternanza di periodi di diversa lunghezza ha contribuito ad attenuare questa sensazione e migliorato il ritmo rendendolo costante e ben cadenzato.


La storia inizia con Todoroki che si ritrova a fare come un riepilogo mentale di quelle che erano state le sue impressioni su Momo a fronte di un qualcosa di nuovo che possiamo forse immaginare, ma non sappiamo con precisione.

Mi è piaciuta questa introduzione perché chiarisce senza forzature uno dei possibili dubbi del lettore sul perché mai Todoroki non si fosse accorto prima della corrispondenza del suo numero con quello di Momo, dato che – come fai notare anche tu – visto quanto è ridotto il suo costume sarebbe quasi impossibile non vederlo. L’ho trovata una spiegazione semplice e verosimile, perché in un mondo dove tutti nascono con un proprio numero sulla pelle questo diventa parte integrante della realtà quotidiana e non è affatto strano che non susciti interesse, portando le persone a percepirne la presenza senza però mettersi a leggerlo tutto (anche perché questo particolare numero è composto da moltissime cifre).


La sfida contro Aizawa è stata probabilmente il primo vero momento di vicinanza che questi due personaggi hanno avuto nel canon, e mi è piaciuto ritrovarla in questa storia arricchita da una lettura tutta nuova in cui elementi già noti si fondono con altri totalmente nuovi con assoluta naturalezza.

In particolare ho trovato un’ottima scelta quella di sottolineare come Todoroki, nonostante si fosse – finalmente – accorto del numero di Momo, continua comunque a rimanere concentrato sulla sfida contro Aizawa: è pur sempre un ottimo studente e quello che sta affrontando è uno dei compiti più difficili che gli siano stati affidati, quindi sarebbe stato strano se si fosse lasciato distrarre da questa scoperta.


Il piccolo time-skip dà modo al lettore di capire senza sforzo che Todoroki ha impiegato molto tempo per accettare l’idea di aver trovato la sua anima gemella in primis, e poi per racimolare il coraggio necessario a decidere di parlarne con lei.

In questo caso sarebbe andata bene una location qualunque, ma la scelta di ambientare questo secondo paragrafo durante un momento realmente presente nel manga ha contribuito a diminuire le distanze tra canon e fanfiction, aumentando di conseguenza il realismo e l’immedesimazione nella storia.

Molto carina, in questo paragrafo, la frase “Il suo cuore aumentò il ritmo, ma Todoroki non era certo per cosa”: mi dà come l’idea dell’impaccio tipico di un adolescente alle prime armi con le faccende di cuore, in bilico tra l’emozione dell’aspettativa per l’incontro con la propria cotta e la paura che qualcosa possa andare storto. Oltretutto, in questo caso c’è il fattore soulmate che amplifica ancora di più le cose.

Il dialogo tra Momo e Todoroki l’ho trovato ben strutturato e realistico sia per quanto riguarda la parte sintattico/lessicale che per i contenuti, e mi è piaciuto che le battute di botta e risposta siano intervallate da frasi indirette che spiegano particolari necessari a capirle al meglio – ad esempio con i pensieri di Todoroki o l’intonazione e la postura di Momo.

Mi è piaciuto anche che Momo, pur avendo capito che Todoroki le nascondeva qualcosa, non abbia insistito ma abbia invece fatto un passo indietro, rendendosi nel contempo disponibile al dialogo.

Invece, non mi ha entusiasmato il paragone “ferma e gentile come una brava padrona di casa”: non mi è sembrato adatto al contesto, dal momento che parliamo di due ragazzini, e non mi convince neppure come paragone in sé perché se penso a una figura femminile “ferma e gentile” non mi viene in mente per prima cosa “una brava padrona di casa” ma ad esempio un’insegnante o una madre (se vogliamo restare in ambito domestico).
Ad ogni modo quest’ultimo è ovviamente un parere meramente soggettivo, e va preso come tale.

Anche nel passaggio successivo c’è un particolare che mi stona un po’: da come è messa la frase sembra che Todoroki esiti ad affrontare quel discorso perché rivelando a Momo che loro due sono soulmate sarebbe automaticamente cambiato tutto, mentre invece in altri passaggi si capisce che per lui la coincidenza dei numeri è solo un punto di partenza, da cui può scaturire una relazione oppure no a seconda delle decisioni delle due parti in causa.

La scena della fatidica dichiarazione – o quel che è – invece l’ho trovata davvero molto carina e coinvolgente: arriva in modo secco e inaspettato, dopo un unico sospiro di Todoroki, e questo è assolutamente perfetto per rendere al meglio la situazione perché così facendo il lettore riesce meglio ad immedesimarsi – sia pur soltanto in parte – nello stupore che deve aver provato Momo nel sentirsi dire una cosa del genere senza neppure uno straccio di preavviso.

Vorrei dire due parole anche sulla scelta del numero in sé: trovo molto particolare l’idea di utilizzare un numero a così tante cifre, e mi è davvero piaciuta la spiegazione che viene data a tal proposito. È qualcosa che non avevo mai letto, e l’ho trovata allo stesso tempo originale e ben costruita; inoltre, cosa che di certo non guasta, viene ben inserita nella trama aggiungendo quella difficoltà di lettura che porta alcuni disguidi al protagonista e che aiuta il soulmate!AU ad amalgamarsi ancora meglio con l’universo canonico in cui la storia è ambientata.

L’abbraccio in cui Momo stringe Todoroki è davvero tenero e fa sorridere il lettore, che – come Todoroki stesso – era un po’ sulle spine per la reazione di lei. Inoltre, ho apprezzato moltissimo l’utilizzo del nome proprio in questo specifico frangente: in Giappone l’utilizzo del nome proprio senza suffissi è qualcosa di molto intimo, riservato soltanto ai familiari e a pochi altri, e conoscendo questo particolare la scena risulta ancora più intensa e pregna di significato.

Vediamo in lontananza un ultimo barlume del fantasma di Endeavor cercare di intrufolarsi di nuovi nei pensieri di Todoroki, ma è come se avesse finalmente trovato il modo di sfuggire alla sua ombra: non c’è odio né voglia di ribellione, adesso semplicemente a Todoroki non importerebbe se ci fosse suo padre perché ha trovato qualcosa – o meglio, qualcuno – che lo fa sentire in pace.

Che lo fa sentire libero.



Gradimento personale:
Sarà banale, ma la scena che mi è piaciuta di più in assoluto è quella dell’abbraccio finale. Non posso farci niente, è davvero troppo dolce e ogni volta che la leggo mi fa sorridere per la tenerezza… davvero tanto, tanto carina.



A presto!
rhys89