Facciamo una premessa: ma io quanto posso essere rimbambita? Ho preso appunti su tutti i capitoli di questa raccolta ripromettendomi di rielaborarli per le recensioni... e come volevasi dimostrare mi sono dimenticata di farlo *sigh*
Ma a parte i miei noti problemi di memoria... ormai sai molto bene che con Steve ho un rapporto conflittuale. Non lo amo, mi sta a malapena simpatico, ma diciamo che avendo scritto ormai molto di lui mi sono trovata a comprenderlo un po' meglio, e ancora di più tramite le tue parole.
Innanzitutto, un plauso per l'attribuzione di 42 proprio a lui: da grandissima fan di Douglas e della sua saga, non posso che apprezzare la scelta e ciò che la motiva, e il leitmotiv della domanda fondamentale è portato avanti in modo coerente per tutta la narrazione. Steve è davvero un punto interrogativo in mezzo agli altri Vendicatori: creato per un preciso scopo, si risveglia quando questo è stato raggiunto, rimanendo allo sbando e dotato di mezzi inadeguati ai nuovi tempi... insomma, l'ho trovata un'associazione molto calzante.
Molto bella l'introduzione con l'infanzia e la giovinezza di Steve: ricordavo che il padre non fosse esattamente uno stinco di santo, ma non fino a questo punto... abbiamo un altro pretendente in fila per il trofeo di "peggior padre", a cui partecipano praticamente tutti i padri Marvel (e Howard a questo punto è il meno peggio :'D).
Ovviamente ho amato il modo in cui hai gettato le basi per il rapporto tra Steve e Tony, fornendo una motivazione plausibile per il suo essere scostante nei suoi confronti in Avengers. È il figlio di un suo amico, è vero, ma rappresenta anche il legame col passato che preferirebbe troncare, e che continua comunque a vivere nella sua testa. Quel passaggio del suo esitare di fronte alla Tower, e del trovare rifugio prima nel disegno e poi in qualcosa di decisamente più fisico è meraviglioso, e avrei davvero voluto vedere un approfondimento su questo lato del personaggio di Steve, e sulle sue difficoltà a re-integrarsi nella società. È un processo che sta alla base di tutte le decisioni che prende in seguito, giuste o sbagliate che si vogliano considerare. Inoltre, ci si dimentica spesso che Steve è di fatto ancora un ventenne con una mentalità da inizio secolo, nonostante i settant'anni nel ghiaccio... e deve anche gestire un marcato disturbo post-traumatico (e ne ho apprezzato tantissimo la tua menzione).
Il coacervo di eventi ed emozioni che trovano sbocco in Siberia è descritto in modo quasi soffocante, e trasmette benissimo lo stress e la pressione a cui è stato sottoposto Steve in quel frangente... poi, sarò di parte, ma ho trovato giusto e appropriato che Steve riconosca di aver sbagliato e aver peccato di arroganza anche prima di andare fino in fondo con la sua missione di salvataggio, ponendo Bucky sopra a tutti gli altri.
L'ultimo paragrafo è stato straziante da leggere, come lo sarà sempre guardare Infinity War, pur sapendo cosa accadrà in seguito (o forse proprio per questo).
"Steve non aveva mai realizzato prima di quel momento quanto potesse essere terribile il suono del suo nome, soprattutto se proferito come una richiesta d’aiuto, con una leggera traccia di panico nella voce di suo fratello", qui ti riporto, come al solito, l'arma del delitto ai danni del mio cuore. E, come sempre, l'accostamento tra il testo, la musica e ciò che hai scritto è gestito in modo impeccabile, si vede cha l'hai studiato nel dettaglio.
Bravissima come sempre, vedo di ripassare presto di qui, ché odio lasciare le cose a metà :')
Un bacione,
-Light- <3 |