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Autore: T612    18/03/2019    3 recensioni
Dieci anni di Marvel descritti dalle note e dai testi dei Coldplay, in un crescendo che sfiora la soglia della resa dei conti definitiva:
1. Life in technicolor II - Tony Stark
2. Cemeteries of London - Clint Barton
3. Lost! - Peter Quill
4. 42 - Steve Rogers
5. Lovers in Japan - Stephen Strange
6. Viva la vida - Loki Odinson
7. Violet hill - James “Bucky” Barnes
8. Strawberry Swing - Wanda Maximoff
9. Death and all his friends - Natasha Romanoff
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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42 - Steve Rogers
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Those who are dead are not dead
They're just living in my head
And since I fell for that spell
I am living there as well

Steven Grant Rogers sapeva che non sarebbe mai dovuto venire al mondo, ma contrariamente ai referti dei medici era sopravvissuto… con una lista imbarazzante di malattie e problemi congeniti, consapevole fin dal primo respiro che aveva esalato nel mondo che la traccia di quella morte mancata l’avrebbe seguito come un'ombra fino alla fine dei suoi giorni da sopravvissuto.
Aveva sempre camminato incontro a Morte senza temerla, grato che quest’ultima non l’avesse mai rapito, nonostante la febbre, l’inverno e il poco cibo, donandogli una sana dose di caparbietà ed incoscienza nel correre un qualsiasi pericolo.
Con gli anni si era convinto che la sua ostinata sopravvivenza non si basasse sulla sua buona stella, ma sull’unica lezione che sua madre gli aveva impresso a fuoco nel cervello… aveva un ricordo abbastanza lucido della sua mamma che fronteggiava suo padre quando tornava a casa in licenza ubriaco, lo stesso padre che puzzava di alcol e lo rinchiudeva a chiave nella sua camera ignorando le sue urla contro la porta, ritrovandosi a spiare dal buco della serratura sua madre che sputava sangue e si riempiva di lividi sotto i colpi di suo padre. Steve aveva cinque anni, l’unica cosa che poteva fare era tempestare la porta con i suoi piccoli pugni urlando, fino a quando sua madre la riapriva con i lividi che iniziavano a comparire… le chiedeva sempre perché non restasse a terra, sentendosi rispondere che nella vita bisognava sempre rialzarsi, sempre1.
Era una lezione che aveva continuato a seguire anche dopo che i gas mostarda avevano portato via suo padre. Si rialzava sempre e tornava a casa scalzo ogni volta che gli rubavano le scarpe, si rialzava sempre nonostante le sbucciature alle ginocchia e in quei casi Bucky trafugava i cerotti dalla borsa di sua madre a sua insaputa… si era rialzato, con estrema difficoltà attingendo a forze che non sapeva di avere, quando sua madre era morta di tubercolosi, quando da lì a poco aveva dovuto reggere in piedi Buck quando la malattia e la guerra avevano portato via anche i suoi genitori.
Steve era sopravvissuto, mentre l’ombra di Morte aveva mietuto le anime che gli camminavano a fianco, intestardito a proseguire nella sua strada anche quando Bucky era salpato per l’Europa.
Era stato scelto per gli esperimenti di Erskine, arruolandosi e addestrandosi nell’esercito… non era previsto che sopravvivesse al siero, ma come al solito aveva stravolto le aspettative, non aveva desiderio di seguirla e Morte non l’aveva reclamato a sé.
Aveva cambiato idea quando aveva visto suo fratello precipitare nel vuoto, quando l’ombra della falce era calata anche sull’ultimo membro della sua famiglia, versando lacrime amare in mezzo alle macerie di un pub di Londra.

Time is so short
And I'm sure
There must be something more

Gli ultimi due anni di guerra erano volati, aveva provato più volte a raggiungere i fantasmi che si era lasciato alle spalle, lanciandosi in missioni una più pericolosa dell’altra, sfiorando Morte con un il brivido senza mai raggiungerla sul serio.
Con il tempo aveva abbandonato quella strada, arrendendosi a far riposare i fantasmi, inseguendo l’idea di voltare pagina con Peggy al suo fianco.
Ne aveva sfiorato solamente l’idea che Morte l’aveva colpito alle spalle con un gesto quasi scorretto, tentando di far calare la falce sulla sua anima, ottenendo come unico risultato quello di strappare il velo del tempo, lasciandolo precipitare nell’Artico ghiacciato.
L’idea di rifarsi una vita era sfumata sotto a metri di acqua e ghiaccio, desiderando di chiudere gli occhi sul mondo e non riaprirli mai più.
Morte non l’aveva reclamato a sé nemmeno quella volta, era sopravvissuto di nuovo, tramutandosi in un uomo bloccato tra le pieghe del tempo… arrivato a quel punto, Steve non aveva potuto fare a meno di chiedersi quali fossero i veri piani predisposti per lui, ma quella era una domanda di cui non era ancora meritevole di ricevere risposta.

Those who are dead are not dead
They're just living in my head
And since I fell for that spell
I am living there as well

Quando Steve aveva riaperto gli occhi sul mondo era stato colto dall’orribile sensazione di percepire ogni cosa in modo estremamente familiare, ma allo stesso tempo in maniera profondamente sbagliata… si era sforzato di comprendere i suoni che lo circondavano, cercando di analizzare ciò che i suoi occhi vedevano. Poi l’aveva sentita… la partita alla radio, peccato che lui l’avesse vista quella partita.
Era scappato, precipitandosi all’esterno, confuso e spaventato nel vedere i mega-schermi che illuminavano Times Square.
Allo SHIELD erano stati gentili, gli avevano spiegato cosa fosse successo dopo la sua presunta morte nell’Artico, raccontandogli come l’agenzia fosse figlia e si basasse sui principi dell’SSR.  L’avevano portato alla sede amministrativa indicandogli il monumento commemorativo ai caduti in servizio, leggendo il nome di “James Buchanan Barnes” che si stagliava a chiare lettere sulla lastra di granito, mentre l’Agente Coluson gli spiegava che tutto era nato dalle menti di Peggy Carter e di Howard Stark2.
Lo SHIELD gli aveva recapitato un baule impolverato con dentro le sue cose nell’appartamento asettico che gli avevano fornito, affermando che era stato conservato in un qualche scantinato a Malibu dal ‘45, fornendogli un fascicolo con tutte le informazioni di cui aveva bisogno per integrarsi nel mondo… era stato in quel momento, sfogliando tutti quei documenti, referti e rapporti, che aveva realizzato senza ombra di dubbio di essere l’unico vivo in un cimitero di amici.
Era stato un duro colpo leggere la scheda personale di tutti i membri degli Howlings, tutti con quel timbro vistoso al centro della pagina che imprimeva con l’inchiostro rosso la scritta “deceduto” a caratteri cubitali. Aveva sfogliato i documenti fino a quando il sorriso di Margaret Carter aveva fatto capolino tra le pagine… aveva trattenuto il fiato cercando il timbro rosso in fondo alla pagina, incerto se rattristarsi o sentirsi sollevato nel scoprirla ancora in vita, leggendo l’indirizzo della casa in Inghilterra ed il numero di telefono. Aveva sollevato lo sguardo sul cordless, prendendo in considerazione l’idea di comporre il numero e chiamarla, resistendo all’impulso scrollando il capo… non era una buona idea.
Era passato alla scheda successiva, notando il timbro rosso sotto il nome di Howard… incidente d’auto a dicembre, moglie e marito morti sul colpo, probabilmente la strada che portava al Pentagono era ricoperta di ghiaccio.
Sposta l’ultimo documento dell’SSR, rivelando la scheda SHIELD del figlio di Howard… abitava a Manhattan, aveva comprato un palazzo in centro città ribattezzandolo “Stark Tower”, i giornali non parlavano d’altro e si diceva fosse ancora in costruzione.
Se voleva tornare a camminare tra i vivi doveva iniziare a lasciarsi il passato alle spalle, forse poteva iniziare da lì, tra tutti quanti il figlio di Howard si meritava davvero una visita3.

Time is so short
And I'm sure
There must be something more

Steve aveva preso la metro in direzione di Manhattan, ma una volta raggiunta la Stark Tower non era riuscito a convincersi di un solo motivo per il quale avrebbe dovuto dirigersi a passo spedito fino al centro della hall per poi chiedere di Stark.
Rinuncia al buon proposito, il coraggio perso chissà dove, mentre si ordina un caffè alla caffetteria di fronte alla Tower ragionando sul da farsi. Non sa prendere una decisione, la procrastina di giorno in giorno, recandosi a prendere il caffè di fronte alla Stark Tower ogni mattina, disegnando a tempo perso negli angoli dei giornali fino a quando non decide che è giunto il momento di comprarsi un album da disegno.
Quella è la prima volta che si compra qualcosa di tasca propria, lo SHIELD non sapeva come rifornirlo di fogli dalla grammatura giusta o di grafite dalla pesantezza corretta, optando per procacciarsi il materiale da disegno da solo.
Ma dopo il primo paio di settimane la mancanza di un obbiettivo era diventata lampante, Steve necessitava di uno scopo tanto quanto necessitava di respirare, avvertendo il bisogno fisico di placare il prurito alle mani picchiando le nocche contro il sacco di cuoio… era stato un processo lento e silenzioso, ma non c’era voluto molto perché la frustrazione si trasformasse in rabbia e Steve sapeva qual era l’unico modo per sfogarsi e reprimerla.
Aveva trovato una palestra a Brooklyn, si era fatto firmare un assegno dallo SHIELD e aveva comprato l’immobile… aveva picchiato il sacco per quarantotto ore di fila, incapace di dormire, arrestandosi solo quando Fury aveva varcato la soglia proponendogli l’iniziativa Avengers.
In quel momento Steve aveva compreso quale fosse la risposta alla domanda espressa mentre congelava tra le acque fredde dell’Artico più di settant’anni prima, accettando l’impiego, gettandosi a capofitto nella fossa dei leoni3.

You thought you might be a ghost!
You thought you might be a ghost!
You didn't get to heaven but you made it close
You didn't get to heaven but you made it close

Steve credeva di essersi trasformato irrimediabilmente in un fantasma, ma aveva dovuto ricredersi quando aveva visto i telegiornali, quando aveva ascoltato la voce di decine e decine di persone che lo ringraziavano per aver contribuito alla salvezza di New York.
Pensava di aver trovato il suo posto nel mondo, ma dopo aver deposto lo scudo e le armi si era reso conto di essere tornato al punto di partenza… restava un veterano che soffriva d’insonnia cronica, disoccupato e con una propensione massacrante nel riportare su carta gli incubi troppo vividi di quei fantasmi che non volevano lasciarlo in pace e che lui, sotto sotto, non desiderava scacciare.
Non era cambiato nulla, l’unica differenza concreta era che ora le persone lo riconoscevano per strada, fermandolo chiedendogli foto ed autografi… ma a conti fatti non era molto diverso da ciò che faceva in Europa durante la guerra.
Restavano gli amici… aveva trasformato con un pizzico di rimpianto quelli che avevano combattuto con lui in trincea in fantasmi, interagendo e instaurando nuovi legami con i componenti della mistura chimica assemblata da Fury nelle ultime settimane e che lui si era ritrovato a guidare spalla a spalla con il figlio di Howard… dopotutto gli Avengers erano un buon motivo per restare ancorato al presente e non naufragare nei rimpianti del passato.
Forse era colpa di quella che definivano saggezza della vecchiaia, ma con il passare delle settimane aveva compreso che il concetto di “casa” non era un ammasso di tegole, ma le persone di cui si circondava… se doveva adeguarsi al ventunesimo secolo poteva abituarsi all’idea delle telefonate di Tony a qualunque ora del giorno e della notte, agli ordini di Fury, ad un domicilio a Washington ed alla compagnia di una spia russa estremamente sfacciata.
Steve aveva finito per cedere alla sua inutile lotta contro l’epoca sbagliata adeguandosi, adattandosi ed affezionandosi allo strano mondo in cui si era ritrovato a vivere… non poteva tornare indietro e tutto sommato quella situazione non era così male come credeva.

You thought you might be a ghost!
You thought you might be a ghost!
You didn't get to heaven but you made it close
You didn't get to heaven but you oh-oh oh-oh

Steve aveva visto il suo mondo, quello che si era sforzato di ricostruire negli ultimi due anni, sgretolarsi in mille pezzi sotto ai suoi occhi.
Lo SHIELD era una creatura in fin di vita che era stata brutalmente strangolata dai tentacoli dell’HYDRA… aveva provato un sentimento molto simile al panico quando aveva avuto la conferma che, dietro a quell’intera macchinazione abominevole, ci fossero ancora le dita invisibili del fantasma di Teschio Rosso.
Si era risvegliato in un letto d'ospedale con Sam al suo fianco, indifeso ed esposto, consapevole che lo SHIELD e l’HYDRA si erano combattute annientandosi a vicenda ed ora restava solo l’ombra dei mostri sacri che avevano incarnato una volta.
Senza un capo a guidare i tentacoli, tutti gli affiliati dell’HYDRA erano fuggiti come un'orda di topi, diffondendo la pestilenza approfittando della mancanza dell’aquila dello SHIELD che bloccava gli attacchi, così Stark aveva radunato tutti alla Tower per dare inizio alla caccia ai fantasmi.
Era necessario, non c’era stato un altro modo per arginare la catastrofe… nessuno aveva chiesto un loro intervento, nonostante se lo aspettassero, costringendo gli Avengers a legittimarsi da soli.
Nessuno aveva mai espresso una sola parola in contrario, poi il fiume di parole trattenute fino a quel momento li aveva travolti in pieno, facendo piovere addosso a loro tutte le accuse per Washington, la Sokovia, Lagos… Vienna... e Bucharest.
Steve aveva già avuto la terribile conferma di come sarebbe andata a finire l’intera faccenda molto prima degli Accordi, l’aveva sempre saputo, l’aveva già deciso nel preciso istante in cui aveva riconosciuto Bucky sotto alla maschera del Soldato d’Inverno… uno dei suoi fantasmi, il peggiore di tutti, era tornato per reclamarlo indietro. Morte era un avversaria crudele, ma non poteva sottrarsi al suo volere… ma era determinato a strappare suo fratello dalle ombre dei fantasmi che lo assillavano ancora dopo più di settant’anni, ritrovandosi di nuovo su quel treno che sfreccia tra le Alpi svizzere, davanti al quel bivio che attendeva una sua decisione dal lontano 1944.
Steve non aveva ancora deciso se lasciarsi morire e seguirlo giù nella scarpata, o se lottare con le unghie e con i denti per riportarlo al suo fianco tra i vivi, l’unica certezza era quella di compiere il prossimo passo insieme... perché a conti fatti Bucky era tutto ciò che restava della sua vera famiglia, decidendo di imbarcarsi in quell'impresa suicida, incurante della possibilità concreta di poter morire per mano del fratello o dell’ancora più probabile reclusione per aver disubbidito agli ordini impartiti dal governo americano.
La caccia iniziata a Washington era giunta a termine a Bucharest… era stato inevitabile disertare, poi era stato impossibile non recarsi a Lipsia, dopo era stato fondamentale raggiungere la Siberia, ma quello che era successo dopo… quello che era successo dopo Steve avrebbe potuto evitarlo, se solo avesse avuto un briciolo di coraggio in più e fosse riuscito a soppiantare a tempo debito la paura, il rimpianto e l’orgoglio dalla matassa confusa dei suoi sentimenti.
Quello che era accaduto dopo non sarebbe mai successo se Steve avesse preso le difese di Tony, invece di immolarsi a paladino del fantasma di suo fratello.
Era fuggito in Wakanda, con Bucky e seguaci a seguito, mentre le scelte sbagliate e i rimpianti avevano generato un baratro di silenzio incolmabile che l’avevano allontanato irrimediabilmente da Tony… poi improvvisamente, a distanza di due anni, la suoneria del cellulare a conchiglia aveva infranto il silenzio come una condanna a morte.
Per Steve era stato chiaro fin da subito che in quel momento non importava a nessuno con chi parlava o non parlava… quella era una chiamata alle armi, l’ennesima, alla quale nessuno di loro era in potere di sottrarsi.

Those who are dead are not dead
They're just living in my head

Steve non aveva capito subito cosa fosse successo, sapeva solo che un momento prima era a terra colpito alla tempia e quello immediatamente dopo era in piedi illeso come se non fosse mai successo… poi aveva udito uno schiocco di dita, aveva sentito il grido di Thor, raggiungendolo mentre raccoglieva da terra l’ascia con la lama macchiata di sangue viola.
Si era guardato intorno cercando Thanos, chiedendo spiegazioni… poi si era sentito chiamare.
Steve non aveva mai realizzato prima di quel momento quanto potesse essere terribile il suono del suo nome, soprattutto se proferito come una richiesta d’aiuto, con una leggera traccia di panico nella voce di suo fratello.
Poi il mondo gli era crollato addosso di nuovo, la falce di Morte era calata su tutti loro, mietendo le anime che lo circondavano, ma lasciandolo in vita di nuovo. Non era rimasto altro che cenere e sangue… seduto in mezzo ai resti del fratello con le mani tra i capelli e le lacrime che minacciavano di strabordare, si era chiesto di nuovo il perché non fosse morto, domandandosi quali fossero i veri piani predisposti per lui dall’universo… ma forse quella era una domanda alla quale non era mai stato meritevole di ricevere risposta.



Note:

  1. Lo scenario descritto in questo paragrafo si basa su questa vignetta del primo volume di “Capitan America - Fuga dalla dimensione Z”.

  2. Il “muro degli eroi” è stato istituito dal 1949 in ogni struttura SHIELD, è certificato che tra gli agenti caduti ci sia anche il nome di Bucky ed è visibile nella 1x12 di “Agents of SHIELD”.

  3. Questo paragrafo si ispira/rifà a questa scena tagliata da “The Avengers”.



Commento dalla regia:

Vorrei condividere con voi la spiegazione del titolo della canzone: “42” è un riferimento alla “risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto, un concetto espresso nella serie di romanzi di Douglas Adams “Guida galattica per gli autostoppisti”.
A detta dell’autore il numero non ha nessunissimo significato, quindi è mia opinione credere che questa canzone sia la risposta dei Coldplay alla domanda fondamentale.
Questo per dire che l’associazione mentale al Capitano è stata abbastanza palese, chi meglio del nostro ghiacciolo preferito poteva perdere il sonno alla ricerca di una risposta per spiegare la vita che non ha vissuto? A conti fatti Steve non ha mai avuto il tempo materiale per comprendere davvero gli eventi che gli si scaraventano addosso, affrontandola come una decisione preposta da una entità superiore… considerato che tecnicamente Morte è una entità in “carne ed ossa” nell’universo Marvel e che fumettisticamente parlando il disastro di “Infinity War” è da attribuire come un tributo d’amore da parte di Thanos, ho voluto unire le due cose.
Sono sinceramente curiosa di sentire la vostra opinione in merito, qualunque commento è ben accetto!
_T
   
 
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