Recensioni per
Forgetfulness
di AmyJane

Questa storia ha ottenuto 38 recensioni.
Positive : 38
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
08/03/20, ore 19:20

"..Risalì...uscì frettolosamente...... un continuo abbassarsi e rialzarsi": il capitolo inizia con uno dei tuoi consueti quadri d'ambiente, in cui fai davvero fondere lo stato d'animo del personaggio con ciò che lo circonda. Tanto più che qui si parla di Gwen, l'empatica, e tu riesci efficacemente a renderci l'idea del suo "essere specchio" della realtà con cui si trova a contatto: una Londra frettolosa ed animata, chiusa nel percorso convulso della quotidianità. E la ragazza, appunto, "sente" dentro di sé l'animazione, indifferente al singolo individuo, che costituisce il cuore pulsante delle grandi città. Oltretutto Gwen è ancora scossa dall'adrenalina che l'esperienza in casa della sconosciuta le ha lasciato e dalla percezione che, quello che ha fatto per il consulting, è qualcosa di poco corretto.
Tuttavia si rende conto che l'esperienza appena vissuta, così difforme dalle sue abitudini, le ha lasciato un gusto di nuovo e di eccitante. Il momento d'indagine introspettiva, con cui hai descritto le emozioni e le riflessioni di Gwen al "Prêt-à-manger", è veramente credibile e ben sviluppato.
Si va delineando, ma ne abbiamo avuto sentore già nei capitoli precedenti, di una complicità emotiva spontanea tra Sh e lei, che sembrerebbe escludere John. Comunque, dalla scena iniziale di "La ballerina", abbiamo percepito la stessa intesa profonda anche con Watson e questo "rompe" quella che è la sintonia granitica della Johnlock.
Al 221b, l'immagine, ormai diventata canonica, di Sh coperto solo da un lenzuolo ci riporta ai "bei tempi" di ASIB, e l'inserimento del personaggio femminile OOC in tale contesto è, a dir poco, molto audace dal punto di vista narrativo. Ciò che dice Watson nel constatare l'abbigliamento del suo coinquilino, suona, alle mie orecchie, espressione di quella che potrebbe essere la normalità visto che, oltre a loro, al 221b, ora c’è un’altra persona. Infatti l'arrivo di Gwen a Baker Street sembra essere stato “assorbito” dal clima balordo, ma accogliente, dell’appartamento.
Però si avverte il sapore dell'incrinatura di "noi due contro il resto del mondo" che diventa concreto ed evidente nella discussione che li impegna a proposito della “missione” che la ragazza ha compiuto per il consulting.
Un'altra scena intensa è quella in cui Gwen è assorta nell'ascoltare Sh che suona e, nel suo animo, grazie alla musica ed alla figura ammaliatrice del consulting, si crea una situazione di profonda empatia con i protagonisti del caso che li sta impegnando. Hai reso in modo veramente efficace il collegamento geniale tra ciò che sta suonando Sh e la foto della "ballerina". Forse questo è stato uno dei momenti meglio costruiti della tua long, con l'inatteso 'ponte" gettato tra le note di un violino ed il quadro di un crimine. Come sempre mi piace molto la scelta lessicale con cui individui le parole più adeguate al contesto e tutte sono contraddistinte da una sfumatura elegante e non consueta. Un altro elemento che gusto con particolare attenzione è il taglio preciso ed originale con cui segui i movimenti di Sh, colpi d’occhio, questi, che hanno tutto il graditissimo sapore dell’IC più puro.
La conclusione del capitolo è un vero e proprio colpo di scena.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:41
Cap. 7:

Con questo capitolo è andata meglio del precedente, una volta considerato che può essere interessante cercare di guardare i fatti che ruotano attorno al 221b da prospettive diverse e, te l’ho già scritto, il nodo da sciogliere, per me, sta nell’interpretazione che hai dato alla figura di John che sfuma nell’OC.
Ma la tua storia merita di essere seguita per vari motivi, tra cui, non ultimo, la tua capacità di scrivere e di raccontare in modo del tutto originale ed incisivo.
Nella prima parte del capitolo c’è ancora l’interazione tra Watson e la ragazza, ma l’elemento che più mi ha colpito è stata la “cornice” naturale in cui hai inserito i personaggi, quel paesaggio di Russell Square che si sta coprendo di bianco. Una descrizione, la tua, che si va delineando con termini scelti con cura che danno, al tutto, un tocco in più di leggerezza e preziosità (“… Bianchi, leggiadri… fluttuavano… dolcemente… un soffice manto…ecc…”). Con la tua precisione nell’orientarti rispetto alla non facile scrematura lessicale da effettuare per avere l’effetto desiderato, sei riuscita a trasmettere il senso del freddo, del sospeso, del trovarsi quasi in una dimensione avulsa dalle vicende che l’hanno portata quasi incoscientemente a Londra, tutto riferito alla ragazza, è lei del resto, secondo me, la protagonista.
Però il punto forte sta, sempre a mio avviso, nel vedere Gwen quasi come una parte di quel paesaggio, in sintonia totale con ciò che la circonda. Infatti ci parli della sua “pelle lattescente”, di fiocchi di neve che sembrano mimetizzarsi tra i suoi capelli. Evidentemente la sua empatia è rivolta anche alla natura che la circonda e di cui si sente parte in modo talmente profondo da non accorgersi dell’ipotermia che la sta insidiando.
Ho trovato molto ben costruita la scena in cui si sviluppa un dialogo interessante tra lei e John, “letto” alla perfezione da Gwen, grazie alla sua speciale caratteristica, l’empatia. La precisione con cui hai individuato la panchina, cioè quella in cui il frustrato reduce Watson si siede vicino ad un suo ex compagno del college, il meraviglioso Mike Stamford, mi ha piacevolmente e, purtroppo anche malinconicamente, riportato allo splendore delle prime due Stagioni BBC, per l’esattezza alla prima puntata, l’inizio di tutto, ASIP.
E da lì, poi, il resto, ormai, per me è mito. Da lì, per John, è iniziato un viaggio aspro e terribilmente coinvolgente dietro ad un elegante cappotto nero svolazzante.
Il resto del capitolo l’ho trovato molto avvincente, ed, in esso, fai muovere, perfettamente a suo agio, Sh, nel bel mezzo di un caso che lo interessa molto.
La scena finale, al 221b, ha in sé degli sviluppi particolari che riguardano i due di Baker Street, più una, che ora vi abitano. Infatti l’analisi visiva implacabile di Sh su come si presenta John, maglione particolare, aria curata, fa nascere nel consulting dei sospetti circa un coinvolgimento sentimentale di Watson nei confronti di Gwen. Penso proprio che si tratti di pura e semplice gelosia, visto che ciò che lega i due, a mio avviso, non è certamente una normalissima condivisione di un appartamento e basta.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:37
Cap. 6:

Mi è piaciuta molto, in modo particolare, la parte iniziale del capitolo con l'approccio tra Gwen e Rosie. Hai fissato, in modo efficace e credibile, uno dei momenti importanti della lallazione della piccola che, evidentemente, è colpita da una figura femminile diversa dalla signora Hudson: dal punto di vista istintivo la ragazza, evidentemente, ha evocato, in Rosie, il bisogno di un punto di riferimento materno.
Per quel che riguarda il relazionarsi di Gwen con John, ci sono momenti di intensità descrittiva che ci presentano delle immagini particolari ed originali.(“…le iridi chiare risucchiarono tutta la luce proveniente dall'estesa vetrata…”). Inoltre hai reso lucidamente l’acutezza con cui la ragazza coglie, da estranea perciò senza conoscenza diretta, ciò che il medico ha nel suo bagaglio di vita: la presenza di Rosie che, essendo sua figlia, sicuramente costituisce un motivo di gioia per lui ma che, allo stesso tempo, è accompagnata da ombre malinconiche e silenzi pesanti riguardanti la madre della bambina; inoltre, l’altro elemento che coglie Gwen, caratterizzante il 221b, è la dissonanza tra John e Sh, un punto interrogativo che l’attrae parecchio.
Il precedente capitolo è quello, fino ad ora, che mi è piaciuto di più per l’azione, la parte descrittiva, il gioco sottile che si stabilisce tra Gwen ed il consulting; questo, invece, mi ha fatto soffermare di più prima di procedere nella lettura e prima di arrivare a concludere una recensione positiva perché te la meriti abbondantemente ma, sinceramente, mi sono rimaste delle perplessità che, comunque, non pesano più di tanto sul panorama complessivo di quello che ho letto fino ad ora di questa tua long.
È la figura di John che non mi convince del tutto, lo trovo distante, non in sintonia con Sh e mi fa venire in mente quel John un po’ particolare della quarta Stagione, il cui ricordo mi fa venire i brividi.
Inoltre l’approccio di Gwen con lui, pur essendo coerente con il carattere singolare della ragazza, ha delle sfumature che mi lasciano un po’ perplessa perché il medico appare mentalmente troppo distante dal 221b e troppo “complice” dell’intromissione della sconosciuta.
L’ultima parte del capitolo mi riporta al “giallo” vero e proprio con la presenza IC di Sh.
Comunque ciò che scrivi mi sta piacendo e la libertà dell’Autore è tutta tua.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:35

La lettura della descrizione dell'elegante teatro è stata per me come gustare qualcosa di pregiato e saporito: vengo attirata da termini scelti con cura (“…pregiato legno…maestoso ed imponente…profondo cremisi…tondeggianti ghirigori scintillanti…”) che rivelano uno spiccato gusto estetico, un chiaro impegno nell’ambientazione dei luoghi in cui far agire i personaggi.
Per me l’attenzione anche alle descrizioni fa parte irrinunciabile di uno stile attento e curato e qui lo trovo.
Dalle impressioni “a caldo” che mi ha lasciato la lettura di questo capitolo, ma non solo, penso di poter intuire che si stia instaurando una qualche forma di complicità e d'attrazione tra Sh e Gwen. Infatti l’algido Sh non è certo generoso di chiari messaggi fisici ma, inconsapevolmente, come nel precedente capitolo egli mostrava che Gwen, nell’azzardare, o meglio, “leggere” certe sue particolarità e debolezze nascoste, coglieva nel segno, così anche qui lascia trapelare, ovviamente a suo modo, che la ragazza non gli è indifferente. Così, per esempio, potrebbe essere significativo il passaggio al “tu” con cui Sh si rivolge a lei, il chiamarla vicino a lui sulla scena del crimine…
Nell’ultima parte del capitolo assistiamo ad una scena che mette in risalto le tensioni che circolano tra i due di Baker Street e la nuova “inquilina”. Sh sente minacciata la sua imperturbabile riluttanza alle relazioni sociali, John è divertito dalla novità.
Torno un attimo a Sh ed a Gwen: evidentemente due persone con il dono dell’empatia soprattutto fra loro, questo è OOC, ma non mi disturba, aggiunge un elemento che arricchisce la storia. Io sono convinta Johnlocker, ma le positive aggiunte potenziali delle storie con nuovi elementi, come quello che hai immaginato per il consulting e la ragazza, può costituire, appunto, un "qualcosa" in più che renda maggiormente variegato il contesto in cui far agire i personaggi.
In più, io penso che la corrente empatica tra due persone non necessariamente significhi uno sviluppo di tipo sentimentale. Quindi, per ora, la parte Johnlocker che è in me dorme sonni tranquilli. Comunque gli Autori, ovviamente, non devono sentirsi legati a determinati canoni solo perché i lettori la pensano in un modo o nell'altro: qualsiasi "svolta" tu voglia dare alla tua long, sono interessata ad andare avanti, nel seguirla, perché la trovo di qualità.
P.S. Anche a te comunico quella che è una mia (disgraziata) caratteristica: come recensore non rispetto spesso l'ordine temporale della pubblicazione delle storie, per motivi che non ti elenco per non annoiarti, ma arrivo, prima o poi, a lasciare qualche osservazione alle ff che ho scelto.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:33
Cap. 4:

Già la denominazione del capitolo ha suscitato il mio interesse. Infatti non hai usato a caso, secondo me, il termine "empatia" che ha una ricchezza di significato singolare, in quanto è spendibile in vari campi, dalla psicologia alla medicina, dalla biologia alla psichiatria. La tua citazione mi ha spinto ad approfondirne le accezioni che potevano essere applicabili al contesto della tua storia e, soprattutto, ai personaggi.
Ho pensato subito a Gwendolyn perché, in effetti, la ragazza sembra strana proprio per delle sue capacità che trascendono i normali rapporti tra le persone che s’incontrano. Contemporaneamente mi è venuto in mente Sh che interagisce con lei in un modo che richiama proprio il significato meno riduttivo del termine. Infatti, in un primo momento, ad “empatia” ho associato il modo di dire più ordinario e cioè “empatico” è colui (o colei) che “si mette nei panni dell’altro”.
Ma, procedendo nella lettura del capitolo ho ritrovato il tuo modo di raccontare assolutamente originale, non semplicistico, dalle indubbie caratteristiche di efficacia, credibilità e arricchito da una certa profondità di gestire le situazioni. Pertanto mi sono convinta, e spero di non sbagliarmi, che tu abbia pensato ad “empatia” come sì alla capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, ma senza una superficiale partecipazione emotiva, proprio per non inficiare l’osservazione e la deduzione di ciò che sta succedendo. Mettersi dunque, nei confronti di chi si ha davanti, come allo specchio e “scannerizzare” ciò che si riesce a vedere, senza lenti deformate dal sentimento, per avere una visione più obiettiva possibile di ciò che si desidera capire. E questo, mi sembra molto adeguato al modo di procedere di Sh che, in quanto a quest’ultimo aspetto del cuore umano, cioè il sentimento, ha pure un’assoluta impermeabilità ed incapacità di comprensione.
Però hai caratterizzato Gwen con delle peculiarità che la distinguono da una ragazza qualsiasi. A parte il suo problema di amnesia dovuta ad un misterioso evento traumatico, dimostra più volte di saper “leggere”, nei silenzi e negli atteggiamenti scostanti ed arroganti di Sh, quello che lui s’impone di nascondere per mascherare qualsiasi parvenza di umanità (“…Comprende bene i sentimenti, ma fa finta di non riconoscerli…”)
…”). A questo proposito mi è piaciuta molto la descrizione che hai fatto degli impercettibili segnali che il consulting lascia palesare inconsapevolmente, colpito dall’analisi lucida cui la ragazza lo sottopone: le pupille che si dilatano, i battiti del cuore che accelerano. Si sente, per la prima volta nella sua vita, probabilmente, dedotto perfettamente nei suoi aspetti più nascosti. Perciò, per riprendere il filo del mio discorso, sì, Sh è empatico ma Gwen non è da meno, anzi, sembra poter andare più a fondo nella testa e nel cuore delle persone senza aver bisogno di molti indizi.
Chiudo questa mia specie di sgangherata analisi psicologica, ma la lettura del capitolo mi ha suscitato interesse, non solo per le vicende “gialle” che si stanno delineando, ma per i risvolti analitici che caratterizzano i rapporti tra i personaggi principali, Sh e la ragazza soprattutto. John è, per ora, sullo sfondo; si percepisce che lui ha un feeling particolare con Holmes ma non è di Watson che ti stai occupando. Molto originale, davvero, quello che ci stai proponendo.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:29
Cap. 3:

Da quello che ho potuto dedurre dai primi capitoli, mi pare che tu abbia una rassicurante conoscenza dei personaggi e che l’impegno, nel non allontanarti troppo dall’IC, ci sia.
Mi piace molto il tuo modo di scrivere, caratterizzato da una scelta accurata dei termini e da una consolante correttezza nelle strutture espressive.
Arrivo al capitolo in questione. Già il titolo è una sferzata d’energia per me, e mi sono sistemata per bene per leggere con calma ed interesse.
E trovo subito, fin dall’inizio, una riprova del piacevole richiamo IC che non perdi d’occhio nemmeno nei personaggi che non sono i due di Baker Street: i tratti con cui rappresenti Molly, per esempio, ne forniscono un ritratto veramente efficace (“… Un suono fioco, appena accennato e pieno d'insicurezza e disagio…sguardo distante ed il capo basso…ecc…”). È proprio lei, la sfortunata anatomopatologa del Bart’s che ha avuto la sfortuna d’innamorarsi, senza un briciolo di speranza, dello scomodo sociopatico dalla presenza troppo “ingombrante”.
Un altro punto forte di ciò che racconti è la costruzione del caso di cui si occuperà Sh con il suo assistente/coinquilino/migliore amico/conduttore di luce; infatti hai saputo suscitare la curiosità di chi legge anche per il mistero che aleggia intorno al personaggio di Gwen Blomst, l’eterea ragazza il cui blocco psicologico riesce ad opporsi persino alla forza devastante della capacità deduttiva del consulting. A proposito di quest’ultimo, trovo molto efficace il modo con cui ne assembli, man mano, un ritratto credibile. Sono colpi d’occhio particolari, registrazione di determinate frasi, messa a fuoco di atteggiamenti che connotano senza sbavature OOC il consulting.
Per esempio, indubbiamente è da Sh tormentare Molly con la sua pedante saccenteria, intromettendosi nelle sue faccende amorose, senza rispetto per ciò che lei prova soprattutto per lui; altri che le sono accanto rappresentano solo degli squallidi tentativi di dimenticare il suo grande, sfortunato, vero amore. È da Sh rispondere con arroganza senza curarsi dell’effetto che ciò potrebbe avere su chi non lo conosce (“…Lo so bene…”). È da Sh unire le dita sotto al mento in una pausa di riflessione…
Dal punto di vista stilistico, la tua prosa scandisce il ritmo angosciante della vicenda che si mostra, sempre più, avvolta nel mistero. Un elemento che accresce l’atmosfera inquietante dello scenario che ci si presenta è la particolarità di Gwen che si rivela spontaneamente con un flusso d’intuizioni riguardo ad un caso che lascia perplesso anche il consulting.
Una lettura, questa, che diventa sempre più interessante e che cattura parecchio l’attenzione.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:25

“Tempesta in arrivo”…E quello che mi ha colpito, è che, secondo me, lo sconvolgimento naturale che si sta abbattendo su Londra non sarà solo di tipo meteorologico ma anche, o meglio, soprattutto segnerà una svolta importante nell’andamento consueto del 221b e dei suoi due occupanti.
Ritrovo, anche in questo capitolo, all’inizio, la voce della radio che , come un sorprendente “fil rouge” usi per condurre la nostra attenzione dal South Yorkshire al centro di Londra ed immagino che “qualcuno” di particolare arriverà a sconvolgere lo scenario fatto di uno che fa praticamente tutto in casa, dalla spesa alla preparazione dei pasti, e dell’altro che partecipa come elemento sicuramente decorativo, almeno in grado di suonare il violino e di far funzionare una mente eccezionale.
Ci accoglie davvero una tempesta che sembra portare con sé il minaccioso mistero di un caso “da dieci”.
“… lo colpirono delle impetuose raffiche…”: l’esordio di John sulla scena della tua storia è davvero adatto al suo destino di persona strapazzata dalla vita che, oltretutto, ha sì incontrato chi gli ha ridato un motivo per vivere ma che è la persona più complicata sulla faccia della Terra.
Teatrale, come gli si conviene, l’apparizione di Sh che si staglia contro la luce delle fiamme nel camino, intento a suonare con grazia il suo amato violino mentre Watson, sconvolto, è reduce da una guerra contro la pioggia e la serratura di casa.
Genio ed umanità, due fattori che si completano in modo perfetto in quei due.
A parte i personaggi principali, cui hai già dato una prima, efficace connotazione, la traccia dell’IC affiora chiara anche nelle figure di contorno, per esempio, in Donovan, espressa nell’arrogante antipatia che scarica su Sh ed in Greg, sinonimo di pacatezza ed equilibrio.
Ff scritta bene, anche in questo capitolo si ritrova il tuo stile particolare, lucido ed attento alla creazione delle giuste atmosfere.

Recensore Master
07/03/20, ore 18:11
Cap. 1:

In un primo momento, in quella fase di lettura in cui, almeno per quel che mi riguarda, si fa una specie di "zapping" con lo sguardo per cercare di avere una prima impressione generale di ciò che si ha davanti, ho avuto una sensazione di cose sconosciute, di atmosfere estranee. Mi sono trovata, in effetti, un po’ spiazzata non riuscendo a cogliere elementi che, ormai, hanno, per me, una calda familiarità.
In questa sezione, infatti, sono abituata ad essere, quasi sempre, accolta subito da Sh, John o da altri personaggi a me noti e che, in qualche modo, ruotano intorno al 221b di Baker Street. Qui ho trovato, invece, una persona non solo non conosciuta ma, addirittura, un po' particolare. Infatti la donna è con il cappotto, a piedi nudi e ha del sangue su di sè, che fai spiccare ancora di più nella sua cruda ed inquietante presenza, grazie al colore candido degli indumenti indossati da lei. Inoltre i suoi occhi sono "vacui" e si sposta con " movimenti passivi".
Dunque l'attenzione di chi legge, a questo punto, è già perfettamente catturata. Poi, attraverso le notizie che giungono dall'autoradio,("....Culverton Smith condannato all'ergastolo...celebre detective..."),
ritrovo una traccia dei personaggi che mi fanno sentire "a casa". E non si tratta, ovviamente, di Smith.
Comunque rimane il gusto inquietante dell’inizio di questa storia. Infatti, quella che vediamo così disorientata e particolarmente “lontana” rispetto all’ambiente dove si trova, non è certamente una donna che ha o ha avuto esperienze nella norma, nella quotidianità, a quanto pare. La ritrai, con precisione, nell’automatismo angosciante dei gesti che la fa sembrare quasi un robot, una macchina senz’anima.
Oltre all'atmosfera particolare che hai saputo creare, ho trovato la tua scrittura particolarmente preziosa nella scelta dei termini ("...coltre di nubi compatte...sfumature cineree...”ecc...) ed efficacemente evocativa di luoghi e circostanze. La lettura si prospetta interessante.

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