Non è facile parlare del sole con parole così umane, in termini ora graffianti, ora carezzanti. |
La scrittura è quella giusta, con la lingua che batte dove il dente duole. |
Ciao, eccomi di ritorno (sì, ogni tanto trovo ancora la forza di imbarcarmi in questo viaggio chiamato recensioni)! |
Ciao! |
Ciao! :) |
Eccomi di ritorno! "Così presto" avrei aggiunto, se non fosse per il fatto che già l'altra volta mi sono auto-elogiata e credo che la dose di autocompiacimento raggiunta in quella sede sia più che sufficiente. Passando invece alla parte seria della recensione, sai che questo capitolo mi ha ricordato i toni del primo? Ho ritrovato quel senso di opaca insoddisfazione, di frustrazione, il leitmotiv del "non abbastanza" che ritorna e opprime, che schiaccia – in questo senso, ho apprezzato il ripetersi di quell'idea di "piatto", di scarso spessore, richiamato anche dal titolo. Titolo che, in effetti, ribalta un po' la concezione ordinaria della prospettiva: laddove la prospettiva serve a trasmettere profondità, ecco che qui ritorna, marcatamente, ossessivamente quasi, l'immagine di un orizzonte piatto, "bianco" e indistinto, in cui tutto si amalgama e perde il suo senso. Un orizzonte – quello dominato dal bianco dell'assenza e dell'indistinto – chiuso, di cui non si scorge l'uscita (un eterno, insuperabile livello base, appunto). Insomma, come già nel primo capitolo, credo tu abbia svolto anche qui davvero un buon lavoro nel restituire questo senso di piatto grigiore e di insoddisfazione e non posso che continuare a seguire te e questa raccolta con grande interesse. |
Stavolta salto i convenevoli (anche se, lo ammetto, sono davvero fiera di me per non aver fatto trascorrere un paio di mesi prima di tornare^^) e affermo subito che ho adorato questo brano, così pregno di concretezza (ti ci sono volute pochissime righe per immergere il lettore nella scena descritta: sembra proprio di sentire l'odore di soffritto e il rumore dell'olio che sfrigola sul fuoco!). È un brano che definirei particolarmente plastico – mi ha fatto pensare alle nature morte, sin dalle primissime righe. Ma quello che ho adorato ancora di più è come tu abbia saputo avvalerti della materia per scavare in un legame che va ben al di là del piano materiale. Sembra di essere accanto a una madre che guardi sua figlia e, nel farlo, come tutte le madri, non può non vedere oltre il presente, al momento dell'indipendenza di colei che ha generato (indipendenza e crescita che, nel corso naturale della vita, non può che implicare infine l'assenza dello stesso genitore – un po' come se il cordone ombelicale venisse realmente reciso solo con la morte). È uno sguardo, quello materno, che abbatte i piani temporali o, volendo, li abbraccia tutti in un'unica occhiata: passato, presente e futuro assieme (che è da capogiro, in effetti) ed è un modo di mettere in prospettiva che se, da un lato, non può che incutere legittimamente timore, dall'altro alimenta e fortifica l'affetto e l'orgoglio e anche un po' di speranza di immortalità e continuità in quel "Perché sarai mamma /Di te stessa/E mi farai vivere/Nei tuoi gesti" (che, davvero, è una parte bellissima, complimenti!). E forse la madre, con i suoi timori e le sue speranze, anticipa di troppo i tempi, proiettandosi sempre oltre il presente (credo che l'angoscia/ansia della propria assenza sia l'elemento imprescindibile nel rapporto genitore-figlio); perciò, alla fine, lo sguardo materno non può che aggrapparsi all'attimo condiviso, a questa cucina che sa di soffritto e cipolle e pesce che è intimità presente, è un momento in cui l'altro non ha ancora "spiegato le ali". Ecco, in quel "però guardami" ho avvertito tutta l'esigenza di chi, abituato a precorrere i tempi della propria assenza, senta la necessità di ancorarsi all'attimo che si sta vivendo, alla purezza di questo attimo di semplice, concreta intimità. Che dire, come al solito, nelle recensioni a questa raccolta, mi faccio un po' prendere la mano dalle considerazioni, ma – come dicevo su – questo brano mi ha colpito tantissimo. Bravissima, come sempre. Un abbraccio! |
buongiorno, |
Ciao! (Sto forse fingendo che il tempo non sia trascorso così angosciosamente rapido dall'ultima volta – prima e ultima – che sono passata di qui, ripromettendomi di tornare "presto"? Sì, è spudoratamente quello che sto facendo!). Vedi, era da un po' che non mi soffermavo a leggere qualcosa qui sopra e avevo proprio voglia di qualcosa di "bello", semplicemente questo, perciò... eccomi qui! In risposta all'altro mio messaggio avevi parlato di coincidenze e, non so, ho trovato alquanto buffo ritrovarmi poi davanti questo secondo capitolo (o, dovrei dire, davanti alla mia interpretazione di questo secondo capitolo). Insomma, forse tu volevi scrivere di un addio, esprimere quella necessità che abbiamo di "trattenere" la persona con cui si è condiviso qualcosa, ma, non so perché, io ho pensato subito a degli sconosciuti. Ho pensato a incontri casuali e istanti fortuiti, alle piccole coincidenze della vita quotidiana che sembrano insignificanti eppure, in qualche modo, riescono a lasciare un segno: incontri che non sono altro che uno sfiorarsi e che, nonostante tutto, riescono a risvegliare qualcosa in noi. Quante volte un viso incrociato per caso, una persona che magari (per una coincidenza – le nostre giornate sono intessute di coincidenze, di casualità) si ritrova a condividere con noi un tratto di strada, un tratto momentaneo di vita, ci dà da pensare, ci sospinge a osservare quella vita estranea che ci si è seduta davanti in treno o sulla nostra stessa panchina al parco. Sono quei momenti in cui lo sappiamo entrambi – sia noi, che lo sconosciuto vicino – che una volta scesi alla propria fermata, una volta alzati da quella panchina condivisa e una volta che ci si è "persi per strada", non ci rivedremo più. E forse è proprio lì che sta tutto il bello di quei momenti e di quella curiosità reciproca: in quel ritrovarsi casuale (una coincidenza di tempi e luoghi condivisi per qualche momento) minato dall'inevitabilità dell'addio. Credo che questa manciata di parole, letta in un certo modo, sappia cogliere tutta la bellezza di uno scambio autentico, genuino; la parola chiave, per me, è stata quell' "incondizionato" posto alla fine: ho ritrovato in questo capitolo uno scambio, uno di quelli in cui non c'è il peso di un passato che grava sulle persone coinvolte e non ci sono aspettative per il futuro, in cui ci si incontra semplicemente nel presente e finché il presente dura. C'è libertà, in quel sorriso incondizionato, in quel guardarsi per poco, sapendo di perdersi, in quella casualità che ha fatto incrociare giusto per pochi attimi. Sappi che c'è una citazione di Faber che ho avuto in testa, mentre leggevo, questa qui: "A quella quasi da immaginare tanto di fretta l'hai vista passare dal balcone a un segreto più in là e ti piace ricordarne il sorriso che non ti ha fatto e che tu le hai deciso in un vuoto di felicità." Ripeto: forse non era affatto questa la tua intenzione; forse tu volevi parlare di un' "amica persa per strada", di qualche persona conosciuta (che abbiamo vissuto e poi perso, per seguire sentieri diversi), eppure la bellezza di questo testo è la possibilità di lasciarsi interpretare in modi differenti. Al di là dell'interpretazione precisa (e probabilmente avrei fatto meglio a non divagare tanto al riguardo), è "l'atmosfera" creata dalle tue parole che anche stavolta mi ha convinta. Spero che non sia troppo penoso per te leggere queste digressioni e che tu capisca quanto ho apprezzato anche questo secondo capitolo. Ora levo le tende, alla prossima!♡ |
Ciao! |
UNA poesia dell'impossibile,dell'anacoluto.Un insieme di sgorghi,di declamazioni su quadri di vita lasciati a rabberciare come vile sostanza.Non credo sia poesia questa.Spero di leggerti meglio. |
Una poesia che trascende,che vive di piccoli orizzonti.Parli di rubinetti quando fuori la gente muore come gli asparigi,a mazzi.Un saluto. |
Buongiorno, |
Si coglie il senso di una rustica metafora.Quel vago motivo del tempo perduto.La trovo densa di fascino questa bella poesia.Complimenti. |
Nella mia vita ho anche pescato ricci in determinati mesi dell'anno ma non ne ho mai visti aperti.Con i guanti di solito.A mani nude vai a sbattere nel dialogo poco chiaro che hai scritto.Bene comunque.Un saluto. |