Recensioni per
Di attimi perduti, mai avuti
di EsterElle

Questa storia ha ottenuto 30 recensioni.
Positive : 30
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
17/09/20, ore 23:17

Recensione premio

Ciao, cara!
Eccomi qui a rilasciare la recensione premio che hai vinto nell'All Together Contest 2.0 - VII edizione!
Questa storia - che avevo già letto ai tempi del contest di Rosmary - mi è sempre piaciuta, la trovo davvero piacevole (seppure racconti sentimenti per certi versi sgradevoli) e incisiva, rimane impressa. 
Quello che ho apprezzato di più è il modo in cui hai deciso di mostrare Petunia, che per quanto mi riguarda è estremamente originale: in piedi nel cuore della notte a cullare Harry che piange. Dai libri non diresti mai che abbia fatto una cosa del genere, così materna, eppure deve averlo fatto per forza (se non per amore, anche solo per esasperazione!): mi ha molto colpito questo scenario, e non ho trovato fuori luogo i pensieri cupi che Petunia ha mentre stringe tra le braccia quel figlio "che figlio suo non è". Penso che tu ci abbia azzeccato quando la descrivi tormentata dai ricordi, che gli occhi di Harry sicuramente non aiutano, e dai rimpianti, fors'anche dai sensi di colpa. Ci hai mostrato una Petunia debole, molto umana, che amava la sorella ma la detestava anche, perché ne era profondamente gelosa; una Petunia infelice, ligia al suo dovere, ma frustrata e insopportabilmente incapace di affezionarsi a un bambino la cui unica colpa è poi quella di ricordarle quanto abbia sbagliato nel voltare le spalle alla sorella e quanto non sia stata capace di perdonare, non in tempo. Un'introspezione che ho trovato davvero sublime, complimenti.
A presto!


Un bacio,
Mary

Recensore Master
15/04/20, ore 12:40

Valutazione del contest Citazioni in cerca d'autore (Oscar edition)! – II edizione

Grammatica: 9/10

Ottima, solo un paio di sviste:
“Duddley”: -0.50; la grafia corretta è “Dudley”.
“intorno a se”: -0.50; quando non è seguito da “stessa/o”, è indispensabile l’accento, dunque “sé” anziché “se”.

Stile e lessico: 9/10
Dal punto di vista stilistico, la tua storia mi parsa una sorta di zibaldone dove ogni stralcio, isolato dagli asterischi, è a sé. A collaborare a queste sensazioni sono stati la prima persona narrante e l’autonomia di ogni stralcio, che ha un significato compiuto anche se isolato dal contesto. In tal senso, nel tuo caso non potrei parlare di coesione interna né di cornice narrativa, ma di una serie di episodi rievocati dalla memoria del personaggio-narratore che se messi insieme ricostruiscono una certa visione del personaggio stesso – a riguardo, emerge chiaramente l’animo con cui hai scritto questa storia e anticipato nelle note d’autrice, perché è evidente che lo scopo ultimo di questo collage di ricordi autobiografici sia restituire una certa immagine di Petunia.
È una struttura stilistica che ho trovato molto interessante, oltre che poco utilizzata e per questo degna di nota: l’ho chiamato zibaldone perché non è neanche un “diario” auto-riferito, bensì una serie di riflessioni, ricordi, idee che Petunia sembra aver voglia di mostrare a qualcuno, ma timorosa di farlo si rivolge a un bambino di poco più di un anno, incapace di capire la complessità di quei pensieri.
Ancora, è interessante il modo in cui alterni questi stralci: un ricordo affossato nel passato e una riflessione radicata nel presente. Petunia un istante è bambina e adulta un istante dopo, relazionandosi con quel bambino che con la sua sola presenza la scaraventa nei ricordi più antichi e la costringe a rivivere tempi di cui ormai non resta alcuna traccia.
Questi frammenti che cuci insieme hanno comunque, come anticipato, una coerenza interna, perché procedono tutti nella stessa direzione. L’unico “non-frammento” a distaccarsi dagli altri è quello conclusivo, dove riflessioni, ricordi, idee cedono il passo all’emozione, a una debolezza che fa da chiave di lettura per tutto ciò che l’ha preceduta: è la mancanza a disturbare il sonno di Petunia, è la mancanza ad aggrovigliarle i pensieri. Efficace, a riguardo, che questo “non-frammento” sia messo in evidenza dall’allineamento al centro e da una sintassi frammentata in capoversi: quasi come una piccola poesia conclusiva, che parla di emozioni e di un io messo a nudo.
I tempi verbali, in coerenza allo “zibaldone”, variano a seconda dei momenti narrati: è come se il personaggio parlasse, ed è dunque coerente e giusto che oscilli anche il tempo della narrazione.
Gli unici momenti che a livello stilistico ho trovato meno efficaci sono i seguenti:

• “Cosa mi costringe qui in piedi alla finestra a stringere un figlio che figlio mio non è?”: in questo caso, la sequenza un figlio che figlio mio non è? a livello di ritmo mi è parsa inefficace. L’accentazione della “è”, il tono dell’interrogativo e l’inversione in “che mio non è” (anziché “che non è mio”) restituiscono un ritmo che, letto a voce alta, sembra quello di una filastrocca. Credo di interpretare bene il tuo intento dicendo che volessi replicare la sintassi del parlato, ma in questo specifico caso messa su carta funziona poco, e anziché cogliersi il senso dell’espressione, si coglie questo ritmo da filastrocca che stranisce.

• “Fu talmente bello che quando la mattina dopo a scuola mi addormentai sul banco, non ebbi alcun rimpianto”: sono stata indecisa se segnalarti la situazione in questo parametro o in “Grammatica”, ho optato per questo perché credo sia stata una scelta dettata dal ritmo che hai inteso dare alla frase. Dopo “che” dovrebbe esserci una virgola, perché “che” regge “non ebbi”, verbo allo stato attuale isolato rispetto alla congiunzione che lo regge dall’unica virgola presente (che spezza il periodo in due). Se ai fini del ritmo trovi controproducente inserire la pausa, è preferibile omettere anche quella che segue “banco”, così da ovviare al problema.

Arrivando al lessico, ogni singolo vocabolo, e la costruzione sintattica stessa, sembra riprodurre il linguaggio dell’oralità: è una voce narrante che parla e come tale si esprime, ricorrendo a vocaboli di uso quotidiano e a modi di esprimersi che nella loro semplicità riescono a essere straordinariamente diretti, malgrado ci troviamo nella “mente” del personaggio.
A riguardo, ho solo due piccoli appunti da fare: in “sottoporla ad un’operazione” ricorri alla d eufonica, sconsigliabile in un testo in cui è riprodotta l’oralità (poco dopo non la utilizzi, e a ragione!); e in “anch'io li ebbi” dove il passato remoto, che apre lo stralcio, risulta poco coerente a un registro orale: è più istintivo dire “li ho avuti” – che tra l’altro sposa bene con la frase che precede: “Nell'età in cui bambini sono soliti avere incubi”.

Concludendo, in questo parametro hai fatto un ottimo lavoro, motivo per cui malgrado i momenti a mio parere meno efficaci messi in evidenza il punteggio resta alto: 9/10.

Titolo: 5/5
Culla, stanotte, la mia malinconia, ispirato a un componimento di Ungaretti, è un titolo molto evocativo, musicale, in grado di calamitare l’attenzione e molto “personale”, nel senso che non è uno di quei titoli associabili a più storie, ha ragione di essere se associato a quella per cui è stato ideato.
Anche il rapporto titolo-contenuto è pienamente rispettato: la metafora trova spazio nel testo, dove il personaggio – malinconico – culla lei stessa la propria malinconia, e lo fa cullando materialmente, sia pure controvoglia, il bambino che ha scatenato i ricordi responsabili dello stato d’animo.
Non ho davvero nessun appunto da fare in questo parametro, 5/5.

Utilizzo del prompt: 6/10
Hai scelto il prompt C’erano giorni in cui a malapena s’alzava, erano quelli in cui la mancanza pulsava prepotente, sviluppandone soprattutto una parte e trascurando un po’ l’altra. La mancanza è chiaramente il motore che aziona i pensieri della protagonista, e di conseguenza è il concetto su cui poggia l’intera narrazione: una mancanza palesata solo alla fine, in conclusione, ma che pressa lungo tutto l’arco narrativo, inducendo Petunia a indugiare su ricordi e pensieri che non fanno altro che acuire questo sentimento.
Il motivo per cui il punteggio non è superiore a 6/10 è legato all’assenza dell’altra sfumatura della citazione, che nel dire “c’erano giorni in cui a malapena s’alzava” presuppone una mancanza che fiacca, che aliena, che induce in uno sconforto tale da indebolire anche fisicamente il personaggio coinvolto – una mancanza che divora. Nel tuo testo, però, queste sensazioni sono del tutto assenti, la tua protagonista è lucida, vigile, presente a se stessa – sia pure impigliata in queste riflessioni che la disturbano – e questo fa sì che lo sviluppo della citazione scelta appaia parziale.
Il prompt, quindi, è sicuramente presente, ma non nella sua totalità, motivo per cui ho reputato corretto assegnare 6/10 in questo parametro.

Caratterizzazione e IC dei personaggi: 8/10
Il solo personaggio del tuo racconto è Petunia, che essendo anche voce narrante ci consente di entrare in stretto contatto con i suoi pensieri e le sue emozioni. Trovo che tu abbia sviluppato un’introspezione inedita e credibile di questo personaggio, motivo per cui preferisco soffermarmi prima sul motivo per cui il punteggio non è superiore a 8/10.
Ciò che leggendo mi è mancato, e che ha generato una sensazione di perplessità, è la voce di Petunia: nonostante abbia compreso e apprezzato l’idea alla base della caratterizzazione della protagonista, nel suo modo di esprimersi non sono riuscita a cogliere – se non tra le righe e in qualche caso – lo sprezzo, l’invidia e in generale le zone d’ombra di Petunia. Anche in un momento di debolezza in cui si parla a se stessi, trovo poco convincente che il tono e la voce del personaggio in questione non tradiscano modi d’essere che fanno parte di lui in maniera quasi viscerale. Anche i momenti in cui parla a Harry tradiscono più una dolcezza repressa che un istinto di rifiuto. È come se nell’intento di mostrare “l’altra faccia” del personaggio, abbia perso un po’ di vista gli elementi che lo caratterizzano in quanto tale.
Ad ogni modo, malgrado la perplessità espressa, il punteggio resta alto perché, come anticipato, ho compreso e apprezzato la tua prospettiva, che tenta di andare oltre e di mostrare i sentimenti di Petunia, il legame con una sorella perduta da anni, le sensazioni suscitate in lei dal dover crescere proprio suo figlio. Ho apprezzato molto il paragone che fa tra Harry e Dudley, è uno dei momenti – riprendendo il discorso precedente – in cui accenni alla sua ostilità, sia pure con parole che non sono di netto di rifiuto, ma di malinconica accettazione.
La conclusione, dove riesce finalmente ad ammettere la mancanza, sia pure trasportandola su Harry, è il vero climax del racconto e di conseguenza dell’introspezione, dove le parole cadono nel vuoto, i pensieri si ammutoliscono e non resta altro che una consapevolezza scomoda.
Nel complesso, dunque, trovo che sia stata brava e anche originale!

Totale: 37/45