Ciao, finalmente giungo pure io.
Mi porto avanti di un altro passo in questa raccolta.
Leggendo questa seconda drabble, mi è tornato alla mente paradossalmente Nietzsche e la sua teoria dell'eterno ritorno, l'idea del tempo che alla fine spezza qualsiasi volontà.
Il tuo protagonista sembra arrivato a un punto della vita in cui il peso del tempo si fa sentire, le cose che ha posseduto sembrano scivolare via e così anche il ricordo di essi; eppure, allo sconforto e alla stanchezza abbraccia la consapevolezza che il mondo è un continuo ciclo, che ciò che decade permette il risorgere di qualcosa e che è l'accettazione di questa fatalità, l'amore per questo destino che li fa guardare la vita con stoicismo.
Anche qui, il titolo ritrova una doppia risonanza nel testo: lo fai risuonare come sostantivo per indicare l'età avanzata del protagonista, sia come verbo per indicare l'avanzare inesorabile di questa decadenza nell'anima. Tutto in lui sembra sfiorire, ma a colpirmi maggiormente è stato l'uso della "decadenza" del fiore da cui nasce il frutto e all'interno del quale stanno i semi che generano vita. Insomma, il parallelismo tra uomo e natura, in questo rapporto analogo e simbiotico quasi, ha espresso ancora una volta un'armonia in questo disegno che è la vita, come un ritorno alla madre terra, ma anche alla terra d'origine (e qui mi ricollego alla prima drabble, dove mi parlavi dei campi in cui lo portava il nonno, durante la raccolta del miglio, se non sbaglio), e quindi mi posso immaginare il protagonista come un seme trasportato dal vento e che ha dato i suoi frutti, presumo, e che ora fa ritorno, si consuma per rinascere, anche se non è ancora tempo.
Mi sembra di percepire il personaggio sulla soglia della vita, mi sembra quasi di vederlo seduto metaforicamente sul portico di casa, su una sedia a dondolo, in attesa quasi, mentre ripassa la sua esistenza.
Mi piace il modo in cui inizi la drabble. Ancora una volta sento il peso della maturazione del protagonista, mi piace come renda l'idea che l'acquiescenza sia una condizione che si raggiunge con l'esperienza, con il tempo che avanza, e che indirettamente esalta quindi tutta la ribellione e lo spirito energico che è proprio della vita giovane, di chi ancora è all'inizio del cammino. Mi è piaciuto anche quel "quasi subendola" perché implica quasi un'arresa del protagonista, di un uomo che è stato vinto dalla vita, che ha dato tutto se stesso in questa lotta e che adesso sta incassando l'effetto di ritorno (sì, io ancora sto a Nietzsche, a modo mio... e dire che è uno di quei filosofi che non mi hanno fatto impazzire). Insomma, il suo viaggio è un viaggio che segue la corrente, in cui lui si lascia trasportare, è uno di quei viaggi a tu per tu con "tutto" che sono molto diversi dai "viaggi" che fanno i giovani, in cui sono loro a cavalcare, loro combattono. C'è questo senso del "subire" che si percepisce anche attraverso lo stile, in cui adoperi toni molto calmi, attraverso periodi lunghi, distesi, un lessico curatissimo, abbastanza elevato, che vuole innanzitutto spingere il lettore a riflettere e a metabolizzare la lettura, costringendolo quasi a subirla assieme al personaggio.
Ancora una volta, nella parte di mezzo della drabble c'è un fortissimo senso malinconico, in cui troviamo un altro confronto tra il lui giovane e il lui vecchio: la forza della natura nella giovinezza è uno stimolo a ribellarsi, a fare, mentre adesso nella vecchiaia quella forza sovrasta, viene subita dal personaggio, e di quello stimolo rimane solo un blando ricordo, una sensazione fantasma che con il passare del tempo diventa sempre più flebile, più sfuggente, quasi lui si sia dimenticato cosa veramente si prova. E' nostalgia, la sua, di quanto aveva la forza per gioire della sfida che offre il mondo.
Come ho avuto modo di dire prima, credo, è nel finale che questa malinconia si evolve in consapevolezza e accettazione. Il protagonista sa che anche in questa fase della vita si indispensabili, che il decadimento è una tappa fondamentale per permettere una nuova rinascita. Chiama, secondo me, non solo all'accettazione del tempo che avanza, a questo "amor fati", ma anche invita il lettore e i più giovani ad avere rispetto di questa fase, di questi vecchi, perché loro sono la nostra genesi, e oltretutto sono il nostro futuro, paradossalmente, in un circolo senza fine, in cui tutti noi siamo prigionieri.
C'è un effetto catartico nel finale, che io ho trovato perfetto perché si chiude con la parola "armonia". Non si tratta soltanto dell'esaltare questo equilibrio e questo ciclo perfettamente rodato, non soltanto riferito all'armonia esterna, quella propria della natura del mondo, ma anche dell'armonia dei sensi, di questa pace che il protagonista raggiunge interiormente a suo modo.
Ti confesso che ho trovato questo secondo capitolo a suo modo molto triste, forse perché al contrario del personaggio, empatizzando con lui, io provo quasi questo magone nel vederlo sulla soglia.
Comunque anche qui sei stata brava, ed è stato un piacere tornare a proseguire in questo viaggio assieme al tuo protagonista.
A presto! |