Scrivere del tormento di un John senza Sh e non occuparsi dei suoi incubi non sarebbe sicuramente un racconto equilibrato. Sì, perché sappiamo che le angosce notturne sono un tratto caratterizzante del dolore di chi ha visto il suo “migliore amico” gettarsi nel vuoto, dell’ansia di chi si è comunque trovato di fronte alla morte violenta, sia in un lontano deserto sia su un marciapiede di Londra. Tu ti occupi di questo aspetto dandogli l’importanza che ha, che caratterizza l’umanità ricca e variegata di John. Inoltre ti occupi anche dell’assordante solitudine di Holmes.
Tu chiedi, nell’introduzione, quanto dolore includano i due anni di separazione dopo il Reichenbach. Giusto, anche perché, come ho osservato più volte, a questo periodo corrisponde un vuoto assoluto nella sceneggiatura dei Mofftiss. Una scelta narrativa, la loro, di tutto rispetto, ma noi del fandom, anzi, per essere precisi, voi Autori, avete pensato a diversi scenari, più o meno tragici su quella che è la vera dimensione del lutto di John e sullo stato d’animo di Sh. Un elemento fondamentale è Ella, che costituisce una specie di specchio in cui Watson può riflettere il suo dolore e prenderne piena consapevolezza. Tante parole sono state spese in questa Sezione del fandom per esprimere la sua disperazione di fronte al vuoto del 221b, ma un’immagine come la tua non l’avevo ancora trovata. Infatti ho sentito come molto forte e coinvolgente quell’ossessivo strangolamento che John mette in atto sul cadavere di Sh, o su quello che crede tale. È una sequenza di gesti che contrasta terribilmente con la situazione, ovvio, però, poi, a mio avviso, ci offri una soluzione diversa, sorprendente: John strangola Sh per sentirne ancora il calore, per sentirlo ancora vicino a sè (“...Non vedeva l'ora di toccarlo di nuovo...”). Questa tua scelta narrativa è originale e, soprattutto, secondo me, coerente ed IC rispetto a John, persona solare ma con zone d’ombra piuttosto contrastanti. Del resto io ho sempre ritenuto giustificabile il risentimento e la rabbia provati da lui di fronte ad un “ritorno” di Sh dal mondo dei morti. Ma, anche fermandoci all’immediatezza post Reichenbach, oggetto appunto della tua storia, si deve sempre tener presente che a John è stato praticamente imposto di assistere, impotente, al suicidio dell’uomo di cui era palesemente innamorato. Pertanto risulta, ripeto, tremendo sì ma coerente quel gesto di violenza su un cadavere che, poi, si trasforma in un ultimo disperato tentativo di agire su una situazione di estrema sofferenza, ammazzando ancora ma travestendo in realtà il bisogno di sentire ulteriormente il calore della vita. Mi scuso della “contorsione” del ragionamento ma, se una cosa che leggo, mi attrae, mi suscita anche il desiderio di tirarne fuori i vari significati. Come in questo caso.
La seconda parte della tua storia riguarda il post Reichenbach di Sh. Uno Sh solo, anche per motivi di sicurezza e di efficacia delle indagini, che è schiacciato da un grande tormento, la mancanza di John, che gli ruba il sonno. Terribile quel dover tenere aperti gli occhi su una realtà che non piace, che ci addolora. John soffre, certo, ma per Sh la situazione non è certo migliore. Tanto più che le sue fragilità lo espongono ad un ripiegamento su se stesso e sui propri demoni.
Hai messo efficacemente in evidenza il percorso buio che porterà i nostri due a rivedersi, forse senza aver più la forza per ritrovarsi. O, almeno, dovrá essere un cammino lungo e pieno di difficoltà per ritrovare la fiducia, John in Sh e quest’ultimo in se stesso. Un suggerimento che, mi sembra di aver colto, ci viene dato dalla S4 che, con il tempo, sto lentamente rivalutando.
Scritta bene, equilibrata, originale. Una bella storia, insomma, brava. |