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Autore: Relie Diadamat    28/11/2020    2 recensioni
[Post S2 | Johnlock | rating variabile | Raccolta di OS collegate]
Sherlock ha dovuto fingersi morto per salvare John, lasciare Londra e stanare la rete criminale di Moriarty.
Sono di nuovo soli, di nuovo separati, incompleti. John immerso nel lutto, Sherlock divorato dalla malinconia.
Quanto saranno dolorosi questi due anni?
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Un Buco Nell'Anima

And I get lonely without you
And I can't move on
-Cloves


Attenzione: 
In questo capitolo potrebbero essere presenti
scene un po' crude.




II. Incubi



 

Da quando Sherlock era morto, John dormiva più del solito, ma sognava molti più incubi. L'unica differenza, da prima, era che non si risvegliava mai del tutto. Gli incubi continuavano a tormentarlo anche da sveglio. 

La realtà era persino più amara. 

Un bicchiere d'aceto da mandare giù, a corrodere ogni briciola del suo interno. 


«Ha avuto un altro dei suoi incubi?»

Era stanco. Seduto sulla solita poltrona comoda, di fronte alla sua analista, John si sentì esausto, come se non avesse chiuso occhio da secoli.

Ingogliò della saliva, prima di rispondere:«Sì». 

«Ha rivisto l'Afghanistan? Era in guerra?» 

Ella si rigirava la penna tra le mani. John non poteva impedirsi di osservare ogni suo minimo gesto. Problemi di fiducia, sempre avuti, con chiunque. 

Non con Sherlock

Incamerò aria nei polmoni. Fece male. Era a pezzi e senza forze. «No. Ho rivisto il tetto». 

L'espressione della sua analista non cambiò. «Sta parlando del Barts?»

«Sì». 

«Cos'altro c'era, nel suo sogno, John?»

Lo ricordava molto bene. Con lucidità, come se lo stesse rivivendo in quell'attimo esatto. 

Sherlock apriva le braccia… E cadeva, schiantandosi al suolo, proprio dinanzi ai suoi occhi impietriti. E lui tentava di raggiungerlo. 

Qualcuno lo urtava, facendolo cadere. Batteva la testa contro l'asfalto. E poi si rialzava. Sherlock era lì. Circondato da gente. 

C'era sangue ovunque. Sul largo marciapiede, sulla faccia di Sherlock. Due linee rosse sulla pelle bianca, tra gli occhi spalancati. 

Era sempre la solita storia, ma un particolare era cambiato. 

John, in quell'incubo, fece qualcosa di diverso. Si mise a cavalcioni sul corpo senza vita del falso genio e allungò le mani verso il collo lasciato scoperto, lì dove il nodo della sciarpa si era allentato, facendola scivolare in modo innaturale verso il mento. 

Ricordava ogni cosa. 

Le dita che si serravano attorno all'epidermide ancora calda. E stringevano, forte, con disperazione, quasi a spezzare ossa non più utili. E urlava, John, urlava disperato. Bastardo, bastardo, sputava fuori insieme alle lacrime, alla rabbia, al dolore. 

Ti ammazzo. 

Ti sei ucciso da solo e io ti ammazzo. 

Lo odiava, John, lo odiava con ogni fibra di se stesso. Con ogni muscolo, ogni parola, ogni brandello di energia. Lo odiava, perché in realtà non era capace di odiarlo. 

«Lo ricorda, John?»

La voce di Ella lo ridestò da quello stato di incoscienza senza fine. Ma non abbastanza. Perché quell'incubo non mutava mai. E non sarebbe mai cessato. Perché, da quando Sherlock aveva deciso di sfracellarsi al suolo, non c'era più stata differenza tra la realtà e le reminiscenze dell'inconscio onirico. 

Serrò le labbra sottili, ma non scosse il capo. Restò immobile, come un morto. Chiuse la mano destra in un pugno, senza neanche accorgersene. «No, è tutto… Sfocato». 

Forse Ella se la bevve. Forse lo rimproverò. John non seppe dirselo, ma gli importava poco. Perché presto sarebbe tornato a casa, la notte sarebbe calata su tutta la capitale inglese, e avrebbe abbassato le palpebre un'altra volta. 

Avrebbe rivisto Sherlock uccidersi. E forse l'avrebbe strangolato di nuovo. Forse no. 

Ma John non vedeva l'ora. 

Non vedeva l'ora di toccarlo di nuovo. Di sentirlo reale, tangibile, seppur ricoperto di sangue e disteso in quel modo grottesco. 

Avrebbe potuto riavere un contatto con lui. E quella diventava la parte migliore delle sue giornate. 





 

Dormire era diventato quasi impossibile. 

Da quando era andato via da Londra, da quando aveva visto John piangere sulla sua tomba, da quando Mycroft lo aveva munito di passaporto e documenti falsi, chiudere gli occhi era diventata un'impresa titanica. Dormire era più stancante dello stare sveglio. 

Non dormiva mai come una persona normale, questo c'era da riconoscerlo. Ma Sherlock sapeva, nel profondo, che nulla di ciò che lo riguardasse potesse definirsi "normale". 

Poteva passare giornate intere senza riposare, vinto dall'adrenalina di un caso. Restava sveglio anche per tre giorni di fila, rischiando di impazzire, pur di dare un senso alla ragnatela di fili rossi di un omicidio. 

Quella notte non riuscì a dormire, ma fu diverso. 

I capelli ricci gli coprivano la fronte. Se ne stava seduto su un materasso, tra quattro mura scialbe, le ginocchia contro il petto. 

Si ritrovò a posare lo sguardo nel vuoto, senza nessuna corda di violino da poter pizzicare, senza le fiamme di un camino a riscaldarlo da quel gelo che sentiva fin dentro le ossa.

Moriva così un po' tutte le notti, Sherlock. Senza un ago nelle vene. Senza una tazza di tè, senza nessuno smile dipinto sul muro a cui poter sparare. 

Prima o poi, le palpebre sarebbero calate da sole, per lo sfinimento. Si sarebbe addormentato, ma non avrebbe rammentato nulla al suo risveglio. Non era spaventato dai demoni del sonno. Non era terrorizzato dalla malinconia dei sogni. 

Il vero incubo arrivava con le prime luci del mattino, quando la luce colorava e rischiarava i contorni della sua nuova quotidianità. Una nuova ruotine, un nuovo mondo con nuove abitudini… Senza John. 

Non c'era più il caffè bollente da condividere accanto a un tavolo di legno. Non c'era il rumore delle sue dita che scivolavano fameliche sulla tastiera del laptop. Non c'era un giornale da sfogliare, masticando distrattamente un muffin, il respiro pesante di John dall'altro lato. 

Non c'erano i suoi passi pesanti da soldato. Non c'era il suo odore nell'aria. E col nascere del nuovo giorno, rinverdivano le assenze. 

Gli occhi si inumidirono. Sherlock si odiò profondamente. Con tutta l'anima. Si detestò. Avrebbe voluto non dormire mai. Avrebbe voluto che il Sole non sorgesse mai più.



Ok, la raccolta continua... ed è sempre più introspettiva di quanto mi aspettassi. 
L'ho scritta di getto, questa os, in piena notte - quindi direi che il tema del giorno è validissimo, lol.
Spero di scrivere capitoli un po' più dettagliati, in futuro, magari non alle quattro di notte. Per il resto, spero che abbiate gradito: la scena in cui John strangola il cadavere ancora caldo di Sherlock... volevo troppo, troppo metterla. Ma non credo che vada ad alzare troppo il rating della raccolta, in tutta onestà. 
Grazie a chiunque sia arrivato fin qui. Grazie a chi ha aggiunto la storia nelle seguite/preferite/ricordate, e grazie a chi mi ha lasciato il proprio parere.
   
 
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