Recensioni per
Un Buco Nell'Anima
di Relie Diadamat

Questa storia ha ottenuto 10 recensioni.
Positive : 10
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
30/12/20, ore 15:32
Cap. 3:

Ancora Ella, ancora la struttura simmetrica che ci fa dare uno sguardo agli stati d’animo di John ed a quelli di Sh. Stesso vuoto, stessa solitudine. Ovviamente per il consulting non c’è la disperata ineluttabilità della morte ma la mancanza del suo “conduttore di luce”, che, per lui, è equiparabile ad un lutto importante. E questo senso di soffocante “mancanza”, lo scrivo tra virgolette perché desidero dargli una connotazione il più intensa possibile, lo esprimi efficacemente con un’accurata scelta lessicale (“...noia...angoscia...solitudine...strisciavano...” ecc...).
A fare ancora più male, inserisci un elemento che avrebbe dovuto portare conforto, in quell’attesa di poter ritornare al suo mondo, a Londra, da John. E sono le storie che il medico ha pubblicato sul blog che ripercorrono le loro esperienze. Sh vi si aggrappa per ritrovare il suo blogger ma è ancora più doloroso con l’affiorare, nella sua memoria, della diffidenza e dell’arrogante saccenteria con cui accoglieva i racconti sul web. Ovvio che, qui, si ritrova un prezioso filo conduttore IC che arricchisce la tua storia perché ci riporta le immagini, nostalgia, di quei due vicini, uno a scrivere al pc, l’altro a sbirciare apparentemente disinteressato ma, in realtà, piacevolmente coinvolto. E sono proprio i sentimenti che rompono la corazza difensiva per proteggere un cuore troppo fragile e provato da anni di solitudine. Quel dolcetto austriaco, tra le mani di Sh, perde tutto il suo sapore, diventa fastidioso e terribilmente inutile. Una descrizione, questa che fai di questa tappa dell’ “esilio” di Holmes che mi è piaciuta particolarmente, perché mette in risalto ulteriormente anche la figura di John, che riesce a vincere la mente formidabile dell’altro con la forza della sua umanità.
E poi c’è la parte del capitolo che lo riguarda, appunto, e, come scrivevo sopra, fai ritornare la figura di Ella che usi per farci entrare nel dolore di John. La psicoterapeuta è un elemento importante, secondo me, sia nelle Stagioni dei Mofftiss sia nella tua storia. Infatti l’hai fatta agire molto efficacemente come punto di forza per aiutare John verso l’uscita dal tunnel della disperazione. Bellissima quella frase in cui lei lo esorta a “mettere per iscritto tutto il dolore che sente dentro”. Un’altra cosa, che ho apprezzato molto, é la connotazione della “rinascita” di John con un percorso anche lessicale con cui esprimi perfettamente l’andare verso una liberazione dal dolore. In effetti, nel pezzo che segue all’esortazione di Ella, usi parole che sanno proprio il senso di questo volersi liberare dal peso della disperazione e di avviarsi verso la speranza di una vita meno desolata e desolante (“...voleva andare avanti...guarire...ritrovare una direzione...” ecc...). Mi è piaciuto molto, davvero, perché hai infuso un senso di ottimismo in una situazione che, peggio di così,...
E, giustamente, riconduci tutto a Sh. Su consiglio della psicoterapeuta John si pone di fronte alla pagina ( schermo) bianca del pc ed aspetta che esca qualche parola per liberare il buio che ha dentro. Si arriva sempre al punto d’origine, meravigliosamente: Sh.
È di lui che John vuole parlare, per tentare di recuperarne l’impegnativa, ma decisamente insostituibile, presenza.
Bello quell’intercalare tra i fatti e quelle frasi, evidenziate in corsivo, con cui, molto probabilmente, hai voluto esprimere una specie di voce della coscienza. Un bellissimo capitolo, brava.

Recensore Master
03/12/20, ore 19:54
Cap. 3:

Ciao, aspettavo questo aggiornamento tanto che mi sono messa a leggere il prima possibile. Proseguiamo lungo quella strada che hai intrapreso fin dal primo capitolo ovvero quella di Sherlock e John separati dal piano diabolico di Moriarty, che io credo in buona parte abbia funzionato, e che sono costretti a vivere in una situazione molto più che dolorosa. E se da un lato abbiamo Sherlock che, a Vienna (mi piace molto la scelta delle città, Vienna è suggestiva a mio avviso), conclude il proprio lavoro in quella città, dichiarando alla fine che Vienna è pulita, dall'altra parte c'è John che sprofonda sempre di più nell'abisso. Siamo lontani da una via d'uscita, questo è perfettamente evidente non soltanto dallo stato emotivo di entrambi, ma dal fatto che tutto questo è appena iniziato. John, dal canto proprio, non è ancora riuscito ad accettare la morte di Sherlock. La seduta dalla psicologa che qui ci descrivi in un modo che ci fa capire che non gli sono d'aiuto e che ci va probabilmente più per buon senso che perché creda davvero possa funzionare, lo portano invece molto più giù di quanto non ci si aspetterebbe. Ma come si è detto Sherlock non era solo un amico, era il centro del mondo di John in un modo molto più profondo di quanto John stesso non abbia analizzato e quindi ora il suo dolore non è solo quello per la perdita di un amico o di un collega, ma quella di una persona che ha perso tutto. Prima c'era la guerra e poi, per lui, è finita e allora è tornato a Londra dove si è rifatto una vita e dopo poco più di un anno, quella vita gli è stata strappata via e ora John ha perso la bussola. Deve accettare di dover vivere tutta la propria vita senza Sherlock e non sa cosa fare, perché nel bene o nel male e nonostante i tanti difetti di Sherlock, lui era la persona attorno a cui gravitavano tutte le sue giornate e quindi il lavoro, la vita di tutti i giorni... questa mancanza pesa davvero moltissimo, tanto che le sedute dalla psicologa non sembrano davvero efficaci. Al contrario i consigli di Ella di scrivere quello che prova, di tirare fuori qualcosa cadono a vuoto esattamente come cadevano a vuoto prima che John incontrasse Sherlock. è triste a dirsi, ma è come un cerchio che si chiude. Niente succedeva nella sua vita prima di Sherlock e niente succede nella sua vita, ora.

Sherlock dal canto proprio non sta proprio benissimo. Ha uno scopo, a differenza di John, ma questo non rende leggero il suo animo. Ho amato la parte in cui pensa che vorrebbe mettersi a cercare il blog di John su internet perché gli manca talmente tanto che gli basterebbe anche quello. Lo vorrebbe, anche se sa che cercarlo gli farebbe un male cane. E infatti il telefono lo getta via, forse è meglio così. Certo non fa meno male e anche a noi che leggiamo.

Prevedo che l'angst durerà ancora per molto tempo, anche se spero che questi due si incontreranno di nuovo tra non molti capitoli (questo me lo auguro davvero). Intanto ti faccio i complimenti per la costanza degli aggiormamenti (anche questo lo apprezzo particolarmente) e per questa bellissima storia.
Koa


PS. Ho notato che hai pubblicato dell'altro, arriverò anche lì!