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Autore: Relie Diadamat    02/12/2020    2 recensioni
[Post S2 | Johnlock | rating variabile | Raccolta di OS collegate]
Sherlock ha dovuto fingersi morto per salvare John, lasciare Londra e stanare la rete criminale di Moriarty.
Sono di nuovo soli, di nuovo separati, incompleti. John immerso nel lutto, Sherlock divorato dalla malinconia.
Quanto saranno dolorosi questi due anni?
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Un Buco Nell'Anima
"Le storie...
i nostri ricordi vanno lì quando dimentichiamo."
- Doctor Who

 


III. Storie 
 

«Scrivere può aiutarla, John». 
«Non vedo come.»
Quella mattina pioveva. 
Lo studio di Ella era più grigio del solito. La pioggia picchiettava contro le grandi finestre, ma John non era sicuro di udire quei rumori. 
Era tutto distante. Irreale. Tutto così spento. Persino il tappeto sul quale ogni tanto posava lo sguardo pareva appesantirgli il petto. 
C'era questa pressione, lì sulla cassa toracica, che John non sapeva scacciare. Tentava di alleggerire quel macigno invisibile con lunghi sospiri avviliti, ma erano solo un disperato palliativo. 
Quel peso restava lì. 
Ella schioccò la lingua contro il palato. 
«Lei non si sta aprendo con me, John, e questo non le permette di andare avanti. Forse una tastiera e una pagina bianca le daranno più forza.»
John sbuffò una risata senza allegria, diffidente, disillusa. «Non credo sia ciò di cui ho bisogno, ad essere sincero. Non so nemmeno cosa dovrei scrivere.»
«Deve lasciar uscire tutti i pensieri che la stanno trascinando verso il basso. Deve mettere per iscritto tutto il dolore che sente dentro». 
 




John voleva andare avanti. Voleva guarire. Voleva riprendere in mano i brandelli della sua esistenza e ridargli un senso. Ritrovare una direzione. Una strada. Una ruotine. 
Ma nonostante tutto, per quanto si impegnasse, ogni singolo gesto e ogni singolo passo lo riportava a Sherlock. 
Le dita rimasero ferme sulla tastiera. 
Da quando era diventato così dipendente da Sherlock Holmes? Da quando la sua intera esistenza ruotava intorno a lui? 
Da quando, alla fine di ogni pensiero, compariva sempre quello strambo consulente investigativo? 
Le morti violente non mancavano nel suo curriculum. In Afghanistan, aveva assistito a urla agghiaccianti; uomini piangere e implorare che un Dio ponesse fine a quello strazio. Aveva conosciuto l'odore di una testa bucata dal foro di un proiettile. 
Ne aveva compiuti di peccati, che per confessarli avrebbe tenuto in piedi un prete per tutta la notte; ne aveva conosciuti di orrori, tanto che un'intera vita non sarebbe bastata per dimenticarli tutti. 
John Watson non era estraneo né alla morte né al dolore, ma ogni volta che la sua mente ritornava al salto dal tetto del Barts, il mondo smetteva di girare.
Scrivere può aiutarla, John. 
Ma cos'era rimasto da scrivere? 
Un tuono in lontananza fece eco alla sua domanda. Tutta Londra s'infracidava d'acqua e John Watson restava paralizzato dinanzi a uno schermo. 
 


Cosa scrivi? 

Di noi. 

Intendi di me. 

Perché? 

Beh, stai scrivendo molto. 
 


E quell'arrogante aveva ragione. Quel bastardo suicida di Sherlock aveva proprio ragione: tutto ciò che scriveva parlava di lui, dalla prima lettera all'ultimo punto. 
John non sapeva raccontare altro. Orbitava tutto intorno a lui. 
Congiunse le mani, portandole accanto alle labbra secche. E non seppe dirsi cosa fosse più patetico: il modo in cui guardava quella pagina bianca… O il semplice fatto che quella pagina rimanesse immacolata. 
Un secondo tuono. 
E qualcosa digitò. Ebbe la tentazione di cancellare tutto, ma represse anche quella vocina interiore. 
 


Da quando è andato via, non so più nemmeno buttare giù qualcosa. 
 


Il peso sul petto si alleggerì di poco, mentre Baker Street veniva lavata dalla pioggia. 








Tenere impegnata la mente era un principio sacro, per Sherlock. Lo era sempre stato. 
Mantenersi occupato preveniva il sopraggiungere della noia, la quale portava con sé fidi alleati: solitudine e angoscia. Consapevolezza di respirare aria di un'epoca che non gli apparteneva. 
E allora strisciavano infimi anche i guai. 
Tenere la mente impegnata era un dovere, un atto di sopravvivenza. 
Sherlock reggeva tra le mani un prepagato. Aveva appena inviato un messaggio a Mycroft, informandolo degli sviluppi: il suo fratellone avrebbe potuto sospirare tranquillo, Vienna era al sicuro. 
L'odore dolciastro dei buchteln gli invase le narici, facendo brontolare il suo stomaco. Forse avrebbe dovuto mandare anche una foto di quei dolcetti ripieni, a Mycroft. Solo per fargli un dispetto. 


John avrebbe preso del gulash. 


Quel pensiero piombò nel cranio come un'ape ubriaca. Sherlock scosse il capo, pur di scrollarselo di dosso. 
Poi lanciò uno sguardo al cellulare che ancora sorreggeva tra le dita. Se avesse avuto una connessione internet, se avesse potuto, si sarebbe fatto del male per bene. 
Come si deve. 
Avrebbe digitato repentino il nome di John e avrebbe scovato il suo blog. La storia di come si erano conosciuti. 
Gliele aveva sempre criticate, quelle storie. 


Smettila di annoiare il mondo con le tue opinioni. (Quella volta non contava, si era sentito offeso dalle parole di John). 

Sul serio, John? 

Perché continui a cercare dei titoli? Non sono utili. 

John. Tramuti in romanzi casi dettati dalla pura logica. Contamini la scienza col romanticismo. 


E il dottore ci credeva, anche se tendeva a ignorarlo, fiero del suo operato da blogger. L'orgoglio dello scrittore. 
Sherlock non glielo aveva mai confessato, ma la verità era che adorava quelle storie. Un sorriso spuntava tra le labbra tutte le volte che, nel suo letto, curiosava tra quelle righe. 
Perché John lo vedeva con occhi diversi. Lo descriveva come nessuno aveva mai fatto. 
Sherlock si sentiva più intelligente, nelle pagine del Dottor Watson. 
Si accorse di non poterne fare più a meno, di quei racconti. Li aveva collezionati nel suo palazzo mentale, riposti in un cassetto e lasciati nella stanza più calda. Erano una dipendenza. 
Un rifugio. Una speranza. 
 
Scrivi ancora di me, John? 
E cosa? 
Come mi vedi, adesso? 
 
Lo schermo del cellulare rimase spento. Sherlock non scandagliò nessun sito web. Distrusse l'apparecchio elettronico e addentò il suo dolcetto. Ma non ebbe più voglia di mangiare. 
 





 
Il tema di oggi sono proprio le storie.
Ricordo che nel canone, appena dopo la reunion con Watson, Holmes confessa di essersi consolato leggendo le storie del dottore, immaginando di essere lì con lui. Ecco, volevo troppo scrivere di una cosa simile. Tra l'altro, anche nella serie Sherlock rilegge le storie di John - la storia di come si sono conosciuti - appena prima di essere spedito verso morte certa e dopo aver detto addio al suo John.

Per quanto riguarda i viaggi di Sherlock... ho rivisto il mini-episodio prequel della terza stagione, ma in questa raccolta John è ancora nel vecchio appartamento. Arriveranno anche quelle destinazioni, giuro. Per il momento, è un po' uno scrivere di getto. Scusatemi.

Informazioni random: i buchteln sono dolcetti viennesi, ripieni di marmellata di albicocca. 

Grazie a chi è arrivato fin qui. Grazie a chi continua a inserire la storia nelle preferite/ricordate/seguite, e grazie a chi mi sta lasciando il proprio parere.
 
   
 
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