Breve storia triste: avevo letto (e amato) questa storia nei giorni scorsi, l'avevo inserita nelle ricordate per poi ... dimenticarmi di passare a recensirla. Ci vuole del talento, davvero.
Ma, scherzi a parte, passiamo a toni più seri, più consoni alla mia prima recensione a una tua storia.
Dunque, partendo con ordine, innanzitutto ciao!
Sappi che, leggendo le tue, di recensioni, ero rimasta incuriosita e lo sapevo, me lo sentivo , che sarei dovuta passare presto da te (non mi hai delusa, alla fine!).
Partecipando anch'io a questo contest, poi, ed essendo una patita della famiglia Black, non potevo che fiondarmi su questa OS qui e, come dicevo su, io questa storia l'ho amata .
Sarà che ho un debole per le storie cronologicamente "trasversali", che seguono più generazioni, e per i personaggi secondari, ma questa storia mi ha inevitabilmente entusiasmata fin dalle sue premesse (insomma, hai dato vita persino a Pollux e Marius , non potevo non adorarla!).
In primis, ho apprezzato tantissimo come tu sia stata capace, fin dall'esordio (e da questo traspare un'attenzione minuta alla caratterizzazione dei personaggi), di rendere quella tenacia di Walburga menzionata da Sirius nei libri — il suo tenersi in vita per puro dispetto. Ti riporto una frase, che rinvia all'unica immagine che noi lettori abbiamo di lei nei libri (il suo ritratto), che credo sia veramente geniale: "(...) aggrappata tenacemente ad una vita che ormai abitava al chiarore di ricordi lontani; l’ultimo incantesimo di Adesione Permanente era quello alla sua esistenza."
Mi è piaciuto tantissimo - e l'ho trovata una mossa abilissima per sottolineare la caparbia ostinazione di Walburga - il collegamento tra il sopravvivere fisico della donna e un altro tipo di perseveranza e persistenza, quello di una macchia che non vuole saperne di venir via, quello, appunto, di un ritratto posto all'Ingresso che nessuno riuscirà a scollare o a rimuovere.
E, soprattutto, più in generale, mi affascina come tu abbia giocato con i luoghi: anche io sono convinta che quando si parla dei Black, in particolare del nucleo composto da Walburga e figli, la casa costituisca un altro protagonista imprescindibile, qualcosa che contribuisce alla storia tanto quanto i personaggi stessi.
Ecco, questa mia convinzione l'ho ritrovata nelle tue parole, nel rendere Grimmauld Place non solo teatro di drammi e separazioni, ma una presenza concreta, tangibile. Dalla poltrona in cui se ne sta seduta Walburga (ripeto, qualora non lo avessi sottolineato abbastanza: mi è piaciuto tanto il ritratto che ne hai dato, insistendo su quel "non era stata creata col gene della pietà. Moriva così com’era vissuta: ferma, fiera, folle" ) all'enorme arazzo che troneggia nella stanza, che è poi lo stesso luogo, la stessa tappezzeria scura, che ha assistito anche alla scena tra Pollus e Marius; da tutto ciò, Grimmauld Place si percepisce sempre, in ogni scena resta una presenza costante ed è un aspetto che ho apprezzato davvero molto.
Riguardo alla scena tra Pollux e Marius, l'immagine di questi aggrappato al mantello del fratello tanto venerato è estremamente potente, con le sue parole "sbrodolanti di lacrime e suppliche", e sei stata bravissima a soffermarti sulla gradualità con cui Pollux e i suoi genitori hanno osservato la crescita di Marius, sempre più guardinghi, sempre più sospettosi, fino al raggiungimento della consapevolezza finale circa la sua reale condizione. Questo insistere sul "retroscena" di Marius, del suo crescere senza mostrare alcun segno di magia, ha costituito poi un ottimo "ponte" verso la scena di Walburga bambina. Mi è piaciuto come tu, molto coerentemente, abbia ripreso quell'ossessione di Pollux che, reduce dall'esperienza col fratello, osserva crescere la primogenita con attenzione quasi maniacale, pronto a captare ogni presenza (o, cosa inammissibile, assenza) di magia in lei.
Un altro passaggio che mi ha entusiasmata è quello in cui ti soffermi sui figli di Pollux e Irma, ponendo l'accento, da un lato, su Walburga e Cygnus - con la loro "indole tagliente e superba" - e, dall'altro, la "devianza del figlio mediano", che Pollux fa risalire ai geni materni. Ho adorato l'immagine, appena accennata, che tratteggi di Alphard (♡): "il Serpeverde più atipico che Hogwarts avesse conosciuto", trafficante d'arte, al quale Sirius assomiglia tanto da sembrarne il figlio. Vedi, Sirius è uno dei miei personaggi preferiti e Alphard è uno di quelli secondari che mi intriga tantissimo, pertanto non potevo non apprezzare il modo in cui ne hai collegato le esistenze, contestualizzando le uniche informazioni su Alphard che abbiamo nella saga (l'eredità lasciata a Sirius).
Per quanto riguarda l'ultimo spaccato, poi, quello che conduce alla "Scena" (la famosa scena dell'abbandono di Grimmauld Place da parte di Sirius, che non mi stancherò mai di leggere in qualsiasi variante), credo che tu abbia reso veramente bene la graduale discesa di Walburga nella follia, l'incredulità verso la devianza del figlio che addirittura ha "doppie radici nella famiglia Black".
Si vede che sei attentissima agli indizi disseminati dalla Rowling nella saga, si nota la cura con cui hai ricostruito l'intero scenario di Grimmauld Place e mi è piaciuto che, in questa versione, la "leva" del litigio tra madre e figlio sia costituita anche dall'arredamento peculiare della camera di Sirius contro cui Walburga si scaglia in uno dei suoi raptus di follia, portando alla reazione ostile di Sirius. La scena del litigio vera e propria, poi, l'hai resa in maniera fenomenale, con questa ostilità palpabile, mentre i due si fronteggiano "quasi quello fosse un duello" , con le repliche taglienti di entrambi.
È sorprendente il modo in cui sai mantenere fino alla fine tutte le fila del discorso, l'abilità con cui ti destreggi tra le generazioni, soffermandoti al momento giusto sui confronti e i paragoni necessari; come quel: "Walburga, come suo padre, paladina della sua stirpe, alienata nei suoi dettami; Sirius, come Marius" che contribuisce ad accrescere la tensione e la solennità dello scontro fra i due. Si sente tutto il peso "dell'ombra" dei vecchi dissapori che calano "come un monito" sul presente, andando a incidere e ad approfondire le crepe attuali. Ma, soprattutto, proprio perché adoro Sirius, non potevo non amare il ribaltamento di cui è protagonista nelle righe finali. Da perfetto Black, anticipando la madre che, nella sua follia, avrebbe agito allo stesso modo, ossia sradicandolo dalla propria esistenza, è Sirius, qui, ad agire per primo. È Sirius a imporre la condanna dell'oblio, della dimenticanza, e Walburga è quella che deve scontarla (e non viceversa). E niente, credo che anche questa sia stata una mossa geniale!
Devo ammettere che, per quanto in effetti non si sappia praticamente nulla di questi personaggi, mi sono ritrovata totalmente concorde con queste dinamiche da te ricreate e con questi ritratti che hai restituito così efficacemente. Quella che sei riuscita a riproporre qui è una trama fitta e intricata di rapporti, un intreccio di contrasti, ostilità, ma anche somiglianze e "riprese", a distanza di generazioni, di dinamiche simili, e ho ritrovato molti aspetti che anch'io sono solita attribuire loro (il che, devo dire, mi ha reso la lettura ancora più piacevole).
Io ti chiedo davvero scusa per questa recensione che ti apparirà come un infinito blaterare senza capo né coda (entusiasta, certo, ma insensato). Diciamo che mi sono avvalsa di più pause per scriverti queste parole, il che avrà contribuito a rendere il tutto ancora più folle e disomogeneo, probabilmente. Ma, forse, ti avrei scritto comunque una recensione altrettanto stramba e questo perché la tua storia mi è piaciuta e non sono mai capace di essere ordinata e coerente con le cose che mi piacciono.
Che dire, io ti faccio i miei complimenti e sono veramente felicissima di essere finalmente riuscita a "conoscerti", in quanto autrice e non solo come lettrice.
Un bacione, alla prossima! (Recensione modificata il 04/02/2021 - 04:47 pm) |