Recensioni per
The Heart of the Sea - La vera storia di Davy Jones
di Beauty

Questa storia ha ottenuto 4 recensioni.
Positive : 4
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
12/05/21, ore 00:01
Cap. 1:

Heyla qui è Pok che scrive e accidenti se mi piace, l'inizio è stato wow, mi piace l'impaginazione e mi piace il tuo modo di scrivere.
Ultimamente mi sto riempiendo la testa con sea of thieves quindi sono parecchio attratta.
Leggerò volentieri il resto, ma già da ora ti faccio i complimenti.
Pok

Nuovo recensore
06/05/21, ore 22:29

Questa storia arriva proprio quando ne cercavo una simile, difficile a dirsi eppure non è tanto semplice trovare racconti ben scritti sui pirati nonostante il successo di Jack Sparrow e poi Black Sails ma andiamo al succo della recensione.
Pur essendo al primo capitolo “The heart of the sea” si presenta con una struttura circolare: inizia con una protagonista che ha trascorso l’infanzia ad ascoltare storie e noi la troviamo intenta a raccontare la propria, segno che abbia ottenuto l’avventura tanto desiderata.
Il suo essere una prostituta è una scelta pratica (oltre che originale, di lady innamorata di un pirata abbiamo avuto Marianna Guillonk e da allora nessuna protagonista del genere pare essersi scrollata di dosso la sua caratterizzazione) in quanto era questa categoria di “lavoratrici” ad entrarvi maggiormente in contatto; inoltre penso lasci ampio spazio di manovra per il personaggio e i lettori con maggiori possibilità di essere sorpresi, dopotutto i rapimenti/fughe delle fanciulle di buona famiglia tendono ad assomigliarsi un po’ tutti.
Scrivere in prima persona non è una scelta semplicissima, un po’ perché consente solo una visione parziale (per quanto immersiva) dei fatti narrati, un po’ perché, se si è abituati ad adoperare la terza, si rischia di scivolare in un’eccedenza di dettagli irrealistica perciò ho amato tantissimo l’inizio del capitolo in cui non abbiamo una descrizione dettagliata della protagonista, troppo piccola per ricordarlo e non in una posizione sociale tale da poter avere un proprio ritratto da bambina.
Tra l’altro già nelle prime righe incappiamo già in un’incognita: chi è James?
Per la vaga assonanza per un attimo ho pensato a Davy Jones ma mi pare troppo palese per essere la risposta.
Tra l’altro devo ammettere una colpa: al momento sono più intrigata dalla madre della protagonista anziché da quest’ultima; nonostante ci troviamo nella sua testa a parte l’interesse ovvio per il monile citato nella trama per ora non riesco a trovare una caratteristica interessante in lei. Per meglio dire non ha una sua voce distintiva, ha un tono perlopiù neutro nell’esporre i fatti non si riesce a capire se sia un tipo sarcastico, pessimista o malinconico; di solito la personalità dovrebbe emergere anche da questa sorta di memoriale che stiamo leggendo. Non ha nemmeno un modo particolare di descrivere come nel caso di Circe della Miller (non lo dico per farti pressione, ovviamente. Lei per buttare giù quel libro ci ha messo anni).
Magari potrebbe esserti utile buttare su carta i tratti caratteristici più preponderanti della protagonista e plasmare attorno a quelli la prosa, per darle un po’ di unicità e distinguerla dai dialoghi che inserirai in seguito; magari potresti elaborare dei modi di dire, delle espressioni ricorrenti o qualcosa di simile; l’esempio più immediato che mi viene in mente è il “Grande demone celeste” dell’omonima protagonista in Nana.
Tornando alla madre di Anne mi lascia abbastanza confusa ma in senso buono: mi sembra abile negli affari e particolarmente interessata al guadagno, al contempo però si accolla ben due bocche collaterali da sfamare, non manifesta particolare trasporto per la protagonista eppure le acquista un giocattolo elaborato e costoso come la riproduzione in scala di un’abitazione (fra l’altro quando ho letto “La casa delle bambole” ero convinta fosse un riferimento alle prostitute, non a un balocco vero e proprio) e addirittura le assegna una stanza con terrazza, uno spreco di spazio e denaro se si considera che non verrà usata per i clienti per almeno una decina d’anni.
Lo stesso nome di Miss Esmeralda fa sorgere delle domande: “Sabina Montrose de La Cruz-Sanchéz” una palese mescolanza di tre lingue. Sembra un patchwork e forse lo è, non mi stupirei se se lo fosse inventato da sola. Sembra costruito apposta per richiamare un’idea di nobiltà, una cognome realizzato da qualcuno abbastanza vicino a questa classe sociale da plasmarsene uno pomposo ed elaborato ma non acculturato quanto basta per capire di star accostando due lingue diverse; l’idea di una nobile caduta in disgrazia l’ho accantonata definitivamente quando ha affermato di non aver mai avuto una bambola, in compenso però potrebbe essere la figlia illegittima di un nobile.
Per quanto riguarda l’ambientazione in sé sei riuscita a pennellare un quadro interessante pur mantenendoti moderata con le descrizioni anche se il rischio è che ti penalizzi sul lungo termine perché sarebbe assurdo per una persona profondersi in lunghe dissertazioni dell’ambiente nel mezzo dell’azione; in compenso i personaggi e i racconti che popolano l’infanzia della protagonista riescono a sopperire egregiamente a questo difetto.
L’uso di Mansão Corte-Real pare quasi ironico se si considera come una donna pur di non giacere con un uomo che vedeva come un assassino si sia suicidata; ho apprezzato molto questa sorta di leggenda metropolitana sullo spettro dell’ex conquistadores perché non si limita a fare da folklore per l’infanzia di Anne ma contribuisce a costruire una certa accuratezza storica.
Non vedo l’ora di leggere il capitolo seguente,
A presto <3

P. S. mi accorgo solo adesso che la stanza della protagonista è probabilmente quella da cui si è gettata la moglie di Corte-Real.

Recensore Master
06/04/21, ore 18:10

Ottimo lavoro, con buone descrizioni e uso del linguaggio, sono curioso di vedere i tuoi piani, tanto più che anch'io pianifico di usare Davy Jones presto. A presto.

Recensore Veterano
04/04/21, ore 09:35

Ho trovato questo primo capitolo molto avvincente e ben scritto. Sono riuscita ad immergermi nell’atmosfera colorata di quest’isola caraibica ed in questo luogo così particolare, una casa di piacere in cui cresce (quasi senza che nessuno badi a lei) una bambina curiosa e vivace, il cui destino però pare segnato, come si evince dal regalo che nel finale le fa la madre, una casa di bambole che rappresenta il mondo in cui la piccola e’sempre vissuta e di cui in un certo senso è prigioniera. Eppure quel gesto di strappare il vestitino della bambola mi fa pensare che sarà difficile tenerla imbrigliata a lungo...