Recensioni per
Una settimana a Stanford
di luvsam
Eccomi. Perfetta. Non ci avrei aggiunto altro. Non potrei chiedere altro. |
Ciao. Potrei definirlo un capitolo "di transizione". Più che aggiungere elementi alla storia, dal punto di vista narrativo o di azione, mi aiuta a capire meglio lo stato d'animo di Sam. Anche se è stata una scelta sua abbandonare padre e fratello per realizzare il proprio sogno universitario, la mancanza di Dean si fa sentire prepotentemente. Tagliare i ponti con la propria famiglia non è mai facile. Poi, dall'altra parte, c'è quel sentirsi "anomalia" che è un po' il filo rosso della vita di Sam (molto canon), quel senso di non appartenenza al "modello Winchester". Infine mi piace quel richiamo al subconscio di Sam che, tra un "indizio" e l'altro, percepisce le emozioni di quella notte trascorsa in blackout. Febbre, fantasia e realtà si mescolano, facendogli |
Serata tranquilla dove il pc, una volta tanto, non è acceso per lavoro. Quindi ne approffitto ..rieccomi |
Ciao, rieccomi. Non ho il dono della sintesi ma se dovessi riassumere in una parola questo capitolo direi: intimista. Una descrizione accurata di elementi squisitamente materiali e di gesti usuali si fanno astratti, diventando il passe-partout per "entrare" nel cuore di Sam. Nel suo vissuto dove passato e presente s'intrecciano. La sveglia. Quell'aggeggio "disturbante" che lo strappa al sonno troppo breve. La "sveglia" irruente di suo padre o quella più comprensiva di Dean. La sveglia per gli allenamenti massacranti imposti da John ieri e quel "sentirsi a pezzi" di oggi, non più per la crociata di suo padre ma per una nuova "crociata". La sua: restare a Stanford, Come ti dicevo... profondamente intimista, nel ricordare quando ha cominciato a capire che non apparteneva a una famiglia "ordinaria", con lavori "ordinari". Quelle lacrime inghottite nei bagni della scuola per l'assenza di John agli "eventi" importanti per ogni genitore. Ma non per suo padre, non per un cacciatore. Mestiere tramandato di padre in figlio.Sam quell' "eredità" non la vuole. Sam sogna di poter dimostrare che, anche un Winchester,può scegliere il proprio destino. Diverso da quello pensato per lui. Piccole cose che diventano preziose per definire il vissuto di Sam. Quel pavimento freddo che ricorda la necessità di comprare un paio di pantofole, quella doccia prolungata, per togliersi di dosso la stanchezza e l'odore di chi fatica, di chi si guadagna quel posto a Stanford. Perchè è la possibilità di sovvertire le regole del gioco e di scampare a un destino segnato. Apprezzo il sesto senso di Sam quando, aprendo il cassetto, osserva la pila di ricevute. Qualcosa non torna ma non ha tempo e modo di insospettirsi troppo. Poi c'è la parte "intimista" di John. Quel continuare a "pedinare" suo figlio. Quel lento rendersi conto di aver sbagliato tutto. Sam non li ha lasciati per darsi a una vita di studio ma soprattuto di svago, per dimenticare l'orrore provato in quella prima parte di esistenza. Sam non sgarra. Persegue il suo obiettivo con una tenacia che inorgoglisce e, al tempo stesso, preoccupa. Perchè la magrezza di Sam preoccupa. Perchè oggi non basta prenderlo sulle ginocchia e imboccarlo. Quel tempo è finito. Ne è cominciato un altro, ben più complicato. Un tempo fatto di litigate, frasi pesanti, porte sbattute, recriminazioni. E quella magrezza spaventa Non essere in grado di poter prendersi cura dei propri figli spaventa sempre. Ieri era quel "piatto di pastina" da svuotare, cedendo al "ricatto" del gioco. Oggi è il prendere atto di una giornata frenetica in cui, suo figlio, pare un automa che non ha bisogno di introdurre cibo per recuperare le forze...e John non può inventarsi giochi o lasciarlo canticchiare. Può solo seguirlo sperando che quelle "spalle abbassate", reggano. |
Rieccomi. E' un capitolo che mi fa entrare nel "mondo Winchester" attraverso piccoli, semplici ma significativi quadri di vita familiare che raccontano abitudini, retroscena, ricordi. John che assapora quel prendersi cura di sé. Un uomo che non ha più tempo per guardarsi allo specchio, anche se c'è stato un giovane John che voleva far colpo su Mary. E quel non essere "tappezzeria" identifica a pieno il carattere di entrambi. Così come, per contro, il "mimetizzarsi" di Sam non fa che "raccontare" il Sam che ho imparato ad amare. Timido, riservato, così "altro" da quella famiglia con la caccia nel sangue. E quell' "essere altro" viene evidenziato dal ricordare di John che arriva persino a bruciare i preziosi libri di Sam perchè un cacciatore non può permettersi di tirar tardi la sera, studiando. Perchè vuol dire mettere a repentaglio "la squadra". Ma c'è anche l'orgoglio per quel figlio maledettamente cocciuto, determinato, capace di studiare nei posti più impensati. Capace di entrare a Stanford collezionando ottimi risultati, contando solo su se stesso. Non avendo altro che se stesso. La fatica di Sam, il conciliare lavoro e vita universitaria, quel conquistarsi tutto, ogni giorno con una maturità profonda, caparbia, onesta...così lontana dallo studente "standard" di quella prestigiosa facoltà. Che può permettersi di non conservare un accurato e preciso registro spese. Invece Sam no. Sam deve lottare. Come lottava con John. Per continuare a leggere nel cuore della notte. Mi hai emozionato. |
L'idea mi incuriosisce. Il partire da John, dal suo dolore quando ha in qualche modo perso la "battaglia" più importante: tenere Sam con sé imponendosi di non vederlo più,,,ma la rabbia provata non è sufficiente. Quel "riaggrapparsi alla vecchia furia" non concede a John di proseguire come se niente fosse. Descrivi davvero bene la sofferenza di John. E' come me la sono sempre immaginata. Deve essersi sentito tradito da Sam, in modo profondo e lacerante. Usi parole semplici ma chiare, nette per dar "voce" a quel sentimento che riaffiora prepotente, grazie a un "bicchiere di troppo". Infine è profondamente umano. E' padre. Vuole sapere se suo figlio "sta bene". Anche senza di lui. Anche senza Dean. Anche se ha scelto "fuori"...e John ha dovuto accettarlo. Ma deve sincerarsi che, quel "fuori" sia davvero un bene per il suo ragazzo. La furia della delusione non basta a placare l'ansia dell'amore provato per quel figlio ribelle. Così diverso da Dean. E, forse, così simile a lui. |
Ciao, ho un debole per Sam e mi piace come stai sviluppando la sua vita universitaria,lontano da Dean e dalla figura di John. Mi sono sempre chiesta perché in SPN non avessero mai mostrato anche solo attraverso i ricordi, questa parte della sua vita...adesso mi godo la storia. A presto |