Ciao, Cius!
Finalmente riesco a passare da questa storia, che già durante la challenge mi aveva colpito tantissimo.
Trovo che sia una storia che davvero necessita un po' di tempo, che a una sola lettura rapida rischia di non essere compresa fino in fondo (non fraintesa, solo non colta in tutte le sue implicazioni, in tutti i delicati meccanismi e riflessioni che metti in campo).
Credo che una delle tematiche più interessanti (spesso sottovalutate) della saga sia prorpio il rapporto di Neville con la profezia: perché alla fine è pur vero che Voldemort ha riconosciuto in Harry qualcuno di così simile a sé (per tutti i motivi sbagliati) da aver designato così il suo nemico mortale, ma è anche vero che anche Neville non ha avuto bisogno di una profezia. Perché, proprio come Harry, alla fine Neville non ha combattuto perché costretto da una profezia: lo ha fatto perché era l'unica cosa possibile da fare, l'unica cosa giusta. Combattere era necessario, e lui lo ha fatto, con una sicurezza data forse più dalla necessità che da una reale presa di coscienza. Lo ha fatto, e ora si ritrova a distanza di tempo a cominciare a prendere le distanze dalla guerra e a mettere in prospettiva passato e presente, ed è così bello vederlo stupito della sua stessa siurezza, vederlo passeggiare con una calma tutta nuvoa, sentire i suoi pensieri mentre passo dopo passo prende in mano la propria vita e si tiene stretto la sua sicurezza.
Bellissima poi la scena finale, questo riflesso dell'ingresso di Harry nel mondo magico (che davvero si riflette in Neville, che nel mondo magico ci è cresciuto ma in cui forse non ha mai saputo trovare il proprio posto, in cui forse non si è mai sentito accettato: e invece quel mondo è casa sua, è suo pieno diritto rivendicarla, prorpio da parte sua che ha combattuto fino all'ultimo, anche se non è un pre-scelto ma un post-scelto, perché lui stesso ha scelto di occupare questo ruolo).
Davvero una storia estremamente significativa, che dà spazio a tutta la bellezza del personaggio di Neville.
Complimenti! |