Appena furono nella camera buia e fredda si abbatté con lei addosso contro la porta e, ansimando per la stanchezza, si frugò alla ricerca della bacchetta con la quale accese frettolosamente il camino e qualche candela per far luce attorno a loro.
Crollata contro la porta e contro di lui, Iris aveva un aspetto davvero beato mentre lo contemplava da sotto le palpebre socchiuse ma era era mortalmente pallida, coperta di sudore freddo, e sembrava sul punto di venire meno.
«Perché mi guardate così, adesso?» chiese lui piuttosto bruscamente, scuotendosi dal viso i capelli che il sudore vi faceva appiccare: i suoi occhi neri la interrogarono con una punta di ostilità.
Senza riflettere a quel che diceva, Iris mormorò: «Siete bello...» e alzò le mani al suo brutto, scarno viso: non era vero, ma lei lo pensava, e in particolare non la dissuadeva nemmeno quel suo sguardo forastico [...]

Cercò di darsi un contegno, le palme premute sul davanzale, e di contemplare con espressione risoluta le montagne innevate che chiudevano l’orizzonte del panorama alla sua finestra; i fianchi montani erano già debolmente arrossati dal sorgere del sole in direzione opposta e la valle, ai suoi piedi, popolata dai prati gialli e grigi dell'autunno, si andava animando di piccole luci, bagliori di finestre aperte e subito richiuse, ma non abbastanza in fretta perché il sole non vi si riflettesse, dipingendo brevi lame di luce. Sulle strade fangose, carretti privi di cavalli o guidati da Thestral, invisibili ai più, correvano già operosi producendo un lontano rollio che non giungeva fino alla sua finestra, e dai tetti e dalle botteghe di Hogsmeade colonne di fumo azzurro solcavano già il cielo pallido e chiaro del mattino.
Così, questa era l’ultima settimana a Hogwarts.
«Alla malora! - si disse – saprò cosa fare della mia vita; tornerò a Londra, e poi...».
E poi?

"Ma il Torneo, adesso: la Sprout l’aveva invitata, naturalmente, e anche un po’ convinta a tifare per i Tassorosso; la povera, brava donna si era fatta tutta una sua idea della giovane e, oltre a dispiacersi che lavorasse gomito a gomito con Snape, quello screanzato, era convintissima che, se Iris avesse studiato a Hogwarts anziché in Italia, il Cappello Parante l’avrebbe certamente smistata nella sua casa: «Siete una gran lavoratrice, onesta, senza grilli per la testa, leale: io l’ho capito subito, eh sì, voi siete una persona buona e devota, e quindi non potreste star meglio altrove che nella nostra casa! - aveva detto a tavola, davanti a tutti gli altri professori, compreso Snape – Ed è proprio per questo che credo dovreste stare con me nello spalto dei Tassi, questo sabato alla partita contro i Serpeverde» aveva chiosato, strizzando l’occhiolino.
Quando si erano ritirati nel suo studio per rivedere certi conti, dopo aver lavorato in rigoroso silenzio per diverse ore Snape si era calato gli occhialetti che ogni tanto usava – iniziava ad avere un accenno di presbiopia – ed aveva parlato..."
Quarta PWP nella serie Ruota verso di me la tua passione

Continua da Ragazza Prodigio e Eulogio ma si può leggere da sola.
"«Guardate – enunciò quasi solennemente Snape, il quale ogni tanto si lasciava andare a momenti retorici, come se gli piacesse generare aspettativa nel suo uditorio che, poi, avrebbe in qualche modo vilipeso o sbeffeggiato o spaventato – guardate che piccole, viziose creature che importiamo dal continente; piuttosto che in amministrazione, sarebbe forse il caso di affidarle al custode perché le unisca agli altri animali».

"La stanza era deserta, le candele e i lumi spenti, la porta socchiusa sul corridoio debolmente illuminato; fuori dalla riparata quiete della camera in cui si trovava, l'unico suono udibile era quello del vento sotto le altre porte chiuse.
Tutto, senza luce, in assenza di lui, era cupo, livido e sporco: non perché la sua presenza avesse mai potuto illuminare il mondo – non era affatto quel genere di persona: anzi, ne era l’esatto opposto - ma piuttosto perché precisamente nella sua assenza sembrava rivelarsi più chiaramente la sua natura, libera, per così dire, da ogni cautela morale che si potesse nutrire in sua presenza. Così, la natura di Severus Snape saturava quella stanza, quel corridoio; rimaneva come incollata alle cose che aveva toccato, che possedeva, come se potesse iniettarle di una sua propria, triste qualità.
Anche io sono infettata da questa… cosa che è lui?, si chiese Iris[...]".
Iris Rivas, brillante neo-laureata presso il collegio dei Notarmaghi di Cagliari e da poco assunta ad Hogwarts, ha qualche problema a cattivarsi la stima del suo detestabile superiore, Severus Snape, eppure in cuor suo tutto ciò che vorrebbe ricevere è una lode per la sua devozione ad Hogwarts ed al lavoro.

"In quell'ambiente, che si sarebbe detto molto stretto e che la poca luce rivelava rivestito di scaffali colmi di pergamene e tomi rilegati, c'era una sola persona.
In piedi, dava le spalle alla porta e pareva assorta nella lettura di un voluminoso incartamento: avvicinandosi, Iris vide che era un uomo alto, segaligno, con capelli neri e lucidi come se fossero unti e le spalle nervose leggermente incurvate, come accade a chi studia molto.
Teneva un braccio dietro la schiena e la mano, molto pallida e lunga, giocherellava con i passanti della cintura chiusa alla vita della stretta marsina nera, chiaramente un indumento che, un tempo, doveva essere stato di buona qualità ma che appariva ormai piuttosto vecchio e consumato dall’uso.
Un gualcito e lugubre mantello nero giaceva abbandonato sulla sedia dietro lo scrittoio e pareva, più che un indumento, un essere vivente dotato di una propria stanca e malevola intelligenza, che riposasse là in attesa di rimettersi a svolazzare per Hogwarts come un grosso pipistrello."