Kael non è tenero. Non consola, non sorride, non chiede. Ma resta. Eliria lo provoca, lo stuzzica, sbuffa, si lamenta, e lui — a modo suo — le risponde: la fa mangiare, la fa riposare, la tollera mentre si intreccia i capelli e gli riempie il letto di sospiri. In un pomeriggio di nausea e noia, con la fatica della gravidanza che preme su ogni respiro, anche la lettura silenziosa accanto a lui diventa una forma d’intimità. Niente carezze. Solo pazienza, presenza, e il tipo di dolcezza che non ha bisogno di parole.

Kael è un conquistatore.
Un sovrano forgiato dalla guerra, temuto da interi continenti, capace di schiacciare imperi senza abbassare la voce.
Il suo potere non conosce opposizione. La sua parola è legge. Ma dietro i suoi occhi, taglienti come lame, vive qualcosa di più antico del dominio: la fame di controllo, il rifiuto della debolezza, il bisogno ossessivo di piegare ciò che non si lascia domare.
Liria non è una minaccia. Non nel modo in cui Kael riconosce i nemici. Non ha un esercito, né un titolo che conti davvero. Eppure, la sua sola presenza disarma. La sua silenziosa fermezza, il modo in cui rifiuta di spezzarsi anche quando le toglie ogni cosa, insinuano in lui qualcosa che non aveva previsto.
Non rispetto. Non pietà. Qualcosa di più pericoloso: una crepa.
STORIA REVISIONATA (resa più soft e meno cruda)